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Il Monumento alla Resistenza di Udine e la festa del 25 aprile nell’anno 2020. In questo anno pandemico segnato dalla reclusione e dalla distanza sociale la celebrazione della Festa della Liberazione il 25 aprile potrà rendere problematica la consueta deposizione di una corona d’alloro all’interno del Monumento alla Resistenza in piazzale XXVI luglio, ma non impedirà ai cittadini di cogliere l’icastico significato della parola “Liberazione”. Un vocabolo che oltre al doveroso ricordo della conclusione della seconda guerra mondiale e la sconfitta del fascismo, evoca l’agognata liberazione dalla quarantena che da settimane ha privato i cittadini di un bene prezioso, lo spazio pubblico che all’improvviso è diventato vuoto. Per fortuna ci sono i monumenti a sfidare la moderna peste e da veri resistenti non si sono piegati ma sono ancora al loro posto, aspettando che torni a scorrere la vita di comunità, che prevede anche cerimonie, sfilate e parate. Il recinto quadrato sospeso su tre pilastri e proteso sulla vasca semicircolare nella quale l’acqua continua a scorrere a balzi, tracimando dal bordo con un effetto cascata che si disperde nell’ampiezza dei gradini che vanno scalarmente verso il fondo, rimane al centro della piazza semmai esaltato dal vuoto che si è creato, grazie anche al diradamento del traffico. Si coglie appieno la valenza urbanistica del monumento, qualità che venne apprezzata da tutta la commissione chiamata a scegliere il vincitore del concorso indetto dal Comune di Udine nel 1958, in particolare da Francesco Tentori. Nell’esprimere il suo parere positivo inoltre Tentori sottolineava il “purismo e la conseguente capacità di arrivare ad una semplicità che può garantire sulla sua validità artistica e sulla sua durata nel tempo”. Il progetto “Forra” prescelto era quello ideato da Gino Valle (capogruppo) con Federico Marconi e Dino Basaldella. L’essenziale intersecarsi di cerchio e quadrato, l’integrazione tra architettura e scultura, la scelta di operare con segni necessari e indispensabili hanno consentito al monumento di affrontare il tempo senza perdere la sua valenza simbolica, che è tornata a risuonare dopo il restauro effettuato nel 2016. Nella relazione del progetto la scelta della forma è motivata come funzionale al significato della Resistenza che “sorge dallo squilibrio nazionale, come sforzo costruttivo che coraggiosamente sfidava quello squilibrio, che per costruirsi doveva cercare di costruire là dove costruire sembrava impossibile”. La valenza strutturale del Monumento si percepisce sostanzialmente nei tre pilastri che sorreggono il quadrato lungo 21,5 metri e alto 3 che si protende a sbalzo verso la vasca semicircolare, efficace metafora di un equilibrio generato dalla tenacia di coloro che hanno fermamente creduto nella costruzione. Il compito di realizzare la struttura e di affrontare le complessità dei calcoli di travi e pilastri venne felicemente risolta dall’ingegnere Giuseppe Crapiz che aveva già collaborato con Valle negli stabilimenti Zanussi a Porcia. Vero e proprio omaggio al paradosso statico le 450 tonnellate di calcestruzzo armato delle quattro travi ripartite sui tre pilastri hanno superato indenni il terremoto del 1976, dando una concreta prova di resistenza e confermando il progetto strutturale dell’ingegnere. La scelta di lasciare il calcestruzzo faccia a vista iscrive il monumento nell’alveo dell’architettura brutalista ma a differenza di alcuni celebrati esempi britannici, il tempo non ha intaccato il materiale, accentuandone l’obsolescenza e condannandolo all’irrilevanza, al contrario la purezza della forma permane, grazie anche alla qualità del materiale impiegato che il restauro ha restituito puntualmente. Così il monumento continua a raccontare la storia della Resistenza e emoziona ancora leggere le parole di Pietro Calamandrei che con semplicità descrivono il momento in cui si sceglie di comportarsi da uomini. Impossibile restare indifferenti a questo simbolico monumento che tenendo fede alla sua doppia etimologia di “ricordo, memoria” e “ammonimento” ci sprona a avere il coraggio di pensare a costruire nei momenti più difficili, a diventare resilienti. Da Monumento alla Resistenza a Monumento alla Resilienza, almeno per il 2020. Diana Barillari