Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
LA V I T A SECONDO GLI INSEGNAMENTI DELLA TEOSOFIA PRESENTAZIONE Nella serie dei lavori collegati al commento della Dottrina Segreta di Helena Petrovna Blavatsky, abbiamo dedicato tra articoli a quelli che sono i fondamenti della religione indù: Dharma, Karma, Reincarnazione. Si rende ora necessario procedere ad una seconda trilogia, essendo il Dharma legato alla Vita, il Karma legato alla Morte, mentre il Devachan occupa il periodo intercorrente fra la Morte e la Reincarnazione. Si tratta di tre argomenti scottanti, sui quali il dibattito è in atto da sempre, con esiti spesso fantasiosi e contraddittori. La vita viene spesso definita attraverso i suoi effetti, senza che si dica chi produce tali effetti. La morte rimane un tabù, una paura latente che spesso condiziona l’esistenza, una domanda senza risposta adeguata. Dire che dopo la morte tutto è finito è sbagliato, ed altrettanto sbagliato è porre dopo la morte il Tribunale di Dio, con le sue condanne eterne, che a paura aggiunge paura. Quanto poi alla sopravvivenza dei principi umani che lasciano il corpo fisico dopo la morte per poi reincarnarsi, essi non possono essere dati per dispersi, ma sono oggetto di processi coerenti con il passato ed il futuro. Traguardi ambiziosi che persone esperte hanno trattato con dovizia di informazione e rigore logico. Abbiamo voluto evitare di fare uno spezzatino dei concetti più importanti per poi riunirli in un polpettone finale (che tanto bene fa al narcisismo di chi scrive), decidendo invece di pubblicare gli articoli per intero in modo da facilitare la lettura e la comprensione. Gli articoli sono stati raggruppati sotto tre titoli principali: VITA, MORTE, DEVACHAN. Il presente lavoro è il primo dei tre, gli altri seguiranno a breve. Le risposte che vengono date dagli autori hanno la loro radice nell’antica saggezza, sono già presenti nelle opere indù più importanti (Veda, Upanishad, Purana, ecc.) e sono giunte in Occidente, come è noto, con le opere di Helena Petrovna Blavatsky. Tali risposte non pretendono di essere pronunciate come dogma, ma vengono svolte seguendo il pensiero della Teosofia e dei suoi insegnamenti. La completezza degli articoli, proprio in questo caso, è preziosa perché permette al lettore di costruirsi una propria opinione, senza ricorrere ad atti di fede. Molti lettori avranno a ridire sull’esposizione di argomenti in lingua italiana non del tutto in linea con le regole della buona scrittura. Hanno certamente ragione, ma doverosamente bisogna informarli del fatto che, alcuni originali scritti a cavallo dell’Ottocento usano una lingua che possiamo definire “americana”, ricca di frasi idiomatiche, di modi di dire, di termini inventati ad hoc, di periodi estremamente lunghi, ecc. Inoltre, talvolta trattano argomenti scientifici in modo approfondito, sconosciuti al traduttore, con termini noti solo agli addetti ai lavori. Spesso ci si è trovati davanti ad una scelta: rispettare il testo e tradurre nel miglior modo possibile, oppure rielaborare il testo ed usare bene la lingua italiana. A seconda dei casi è stata fatta la prima scelta o la seconda, tenendo sempre presente di non falsare il pensiero dell’autore. Altro argomento di probabile disaccordo, se non di ironia, riguarda gli argomenti scientifici. Molte di queste discipline hanno avuto nel Novecento uno sviluppo incredibile ed il livello di conoscenza raggiunto rende banali le affermazioni, o le spiegazioni degli antichi autori. Tuttavia, va considerato il fatto che la scienza, negli ultimi tempi, si è molto avvicinata all’esoterismo, se non all’occultismo, recuperando gran parte del pensiero antico. Mi riferisco in particolare all’astronomia, alla fisica quantistica, alla stessa filosofia ove, come diceva HPB, possiamo trovare “vino vecchio in botti nuove”. Il lettore intelligente saprà individuare i concetti da aggiornare ed anche trovare spunti interessanti per una riflessione personale. Si ringrazia la Rivista SUNRISE per averci concesso due contributi ed alcune immagini meravigliose. Non pretendiamo di fare proselitismo, né con questi lavori né con i precedenti, ma solo di diffondere delle idee che a qualcuno piaceranno ad altri no. Siano benvenuti entrambi ed il loro consenso o dissenso sarà per noi una sicura lezione di libertà di pensiero. Come al solito, lo scrivente è a disposizione di quanti vorranno avere dei chiarimenti, sia attraverso i messaggi del sito sia direttamente alla mail personale che qui ricordiamo: michele.zappala1@virgilio.it. Buona lettura. L A V I T A - Introduzione Quante volte l’uomo si pone queste domande: CHE COS’E’ LA VITA? CHI L’HA CREATA? QUANDO E’ NATA? Chi ha trovato le risposte a queste domande, ha risolto tutti i suoi problemi esistenziali. Quanti sono ancora in cerca, si sono resi conto che se non conosciamo l’origine della vita non conosciamo l’uomo, e neanche tutto il resto essendo tutto il mondo intorno a noi reso vivo dalla vita. Anche se su questa strada ci inoltriamo in una terra incognita piena di affermazioni e priva di certezze, certamente viviamo meglio di chi queste domande non se le pone. A lungo il nostro pianeta è stato pensato come l'unico luogo dove la vita si potesse sviluppare. La teoria dell'abiogenesi (dal greco a-bio-genesis, "origini non biologiche"), studia come la vita sia comparsa e si sia sviluppata sulla Terra e, ipoteticamente, in altri luoghi dell'universo conosciuto, a partire dal big bang (datato 13,7 miliardi di anni fa) fino ai giorni nostri. L'origine della vita sulla Terra è databile entro un periodo compreso tra i 4,4 miliardi di anni fa, quando l'acqua allo stato liquido comparve sulla superficie terrestre, e i 2,7 miliardi di anni fa quando la prima incontrovertibile evidenza della vita è verificata da isotopi stabili e biomarcatori molecolari che mostrano l'attività di fotosintesi. Il concetto di origine della vita è stato trattato fin dall'antichità nell'ambito di diverse religioni e nella filosofia; con lo svilupparsi di modelli scientifici spesso in contrasto con quanto letteralmente affermato nei testi sacri delle religioni, l'origine della vita è diventata tema di dibattito tra scienza e fede. Dal punto di vista scientifico, la spiegazione dell'origine della vita parte dal presupposto fondamentale che le prime forme viventi si originarono da materiale non vivente, attraverso reazioni che, attualmente, non sono più in atto sul nostro pianeta. L'interrogativo su come si originò la vita sulla Terra si pose soprattutto in seguito allo sviluppo della teoria della evoluzione per selezione naturale, elaborata in modo indipendente da A.R. Wallace e da C.R. Darwin nel 1858, la quale suggeriva che tutte le forme di vita sono legate da relazioni di discendenza comune, attraverso ramificati alberi filogenetici che riconducono ad un unico progenitore, estremamente "semplice" dal punto di vista biologico. Il problema era capire come si originò questa semplice forma primordiale, presumibilmente una cellula molto simile agli attuali procarioti, contenente l'informazione genetica, conservata negli acidi nucleici, oltre a proteine e altre biomolecole indispensabili alla propria sopravvivenza e riproduzione. Il processo evolutivo che ha portato alla formazione di un sistema complesso e organizzato (ovvero il primo essere vivente) a partire dal mondo prebiotico è durato centinaia di milioni d'anni, ed è avvenuto attraverso tappe successive di eventi che, dopo un numero elevato di tentativi e grazie all'intervento della selezione naturale, ha portato a sistemi progressivamente più complessi. La prima tappa fondamentale è stata la produzione di semplici molecole organiche, come amminoacidi e nucleotidi, che costituiscono "i mattoni della vita". Gli esperimenti di S. Miller ed altri hanno dimostrato che quest'evento era realizzabile nelle condizioni chimico-fisiche della Terra primordiale, caratterizzata da un'atmosfera riducente. Inoltre, il ritrovamento di molecole organiche nello spazio, all'interno di nebulose e meteoriti, ha dimostrato che queste reazioni sono avvenute anche in altri luoghi dell'universo, tanto che alcuni scienziati ritengono che le prime biomolecole siano state trasportate sulla Terra per mezzo di meteoriti. La questione più difficile è spiegare come, da questi semplici composti organici, concentrati nei mari in un brodo primordiale, poterono formarsi delle cellule dotate dei requisiti minimi essenziali per poter essere considerate viventi, cioè la capacità di utilizzare materiali presenti nell'ambiente per mantenere la propria struttura, organizzazione e potersi riprodurre. Molti scienziati hanno cercato di chiarire, attraverso ipotesi ed esperimenti, le tappe fondamentali che hanno condotto alla vita, tra cui l'origine dei primi polimeri biologici e, tra questi, di una molecola capace di produrre copie di se stessa, il "replicatore", dal quale derivano i nostri geni, e la formazione delle prime membrane biologiche, che hanno creato dei compartimenti isolati dall'ambiente esterno, nelle quali si sono evoluti i primi sistemi di reazioni e le prime vie metaboliche catalizzate da enzimi. Nonostante ciò, la ricostruzione della storia della vita presenta ancora molti interrogativi, concernenti soprattutto la successione degli eventi. I progressi in questo campo di ricerca sono ostacolati dalla carenza di reperti fossili e dalla difficoltà di riprodurre questi processi in laboratorio. Che cosa unisce in modo indissolubile tutti gli esseri del nostro pianeta? La VITA. Tutti gli esseri, infatti, hanno la necessità di vivere, sono energizzati dalla stessa forza, hanno lo stesso compito, si battono per lo stesso scopo, e tutti sono inseriti in una lotta per sopravvivere, essendo allo stesso tempo prede e predatori. La vita si nutre di vita (la catena alimentare) ed il più grande nemico della vita è la vita: per vivere si combatte fino alla morte. Grande signore di questo immenso macello è l’uomo, l’essere cui Dio affidò il creato affinché se ne prendesse cura, che della catena alimentare ha fatto una industria, generando una serie di danni planetari che potranno portare all’estinzione non solo animali e piante, ma la stessa umanità. La natura ha sviluppato infinite forme che dopo essere nate, si sono sviluppate e sono poi sparite, Toccherà anche all’uomo? I segnali che possiamo vedere attorno a noi forniscono una risposta positiva, ma rimane l’incognita relativa all’uso che l’uomo riuscirà a fare della sua mente. Se egli riuscirà ad essere un capo, capace di governare la natura in tutte le sue diversità, forse la sua fine si allontanerà, non sappiamo di quanto. Altrimenti la sua fine è prossima. Ed allora diventerà reale quanto da molti saggi è stato detto: Dio fece il mondo e lo fece perfetto; per bilanciare la situazione creò l’uomo, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma la domanda “che cos’è la vita?” non è territorio riservato della scienza e fin dall’antichità si è posta davanti alla mente umana senza avere una risposta. Gli studiosi di ogni tempo si sono schierati su due fronti opposti: i vitalisti che considerano la vita un fenomeno originario, irriducibile alla materia ed i meccanicisti che ritengono la vita un fenomeno derivato che trova nella materia la ragione per apparire. Dalla lontana antichità ad oggi la vita è stata ritenuta un fenomeno originario che nasce da Dio il Logos, l’Uno o, come pensava Aristotele, si trattava di un fenomeno primario. Veniva anche chiamata “principio vitale”, la causa che produce tutti i fenomeni della vita nel corpo umano. Ma i nomi assegnati sono stati tanti e non aiutano a capire meglio, conviene piuttosto andare a vedere come i due schieramenti sostengono le loro tesi. I vitalisti basano i loro principi sui seguenti argomenti: - L’essere umano è diverso dalla macchina perché possiede capacità di autocostruzione, autoconservazione, autoregolazione, autoriparazione, che la macchina non ha; - Le macchine funzionano anche molto bene solo in condizioni per esse ideali, l’essere umano ha una grande capacità di adattamento; - La macchina è costruita dall’uomo e quindi non potrà mai raggiungere la perfezione del suo costruttore; il vitalismo precede il meccanicismo sotto tutti i punti di vista. I meccanicisti, a loro volta, sostengono che: - Si possono applicare alla vita modelli meccanici ed anche fisici in genere; - Parte degli organismi umani sono simili alle macchine (ossa, cuore, polmoni, ecc.); - Il vitalismo è solo superstizione e pregiudizio, privo di dimostrazioni scientifiche; - Il vitalismo è una forma di antropomorfismo perché si fonda in larga parte sul fatto che noi siamo esseri viventi; - Il vitalismo è una maschera che serve per portare avanti concezioni metafisiche, etiche e religiose delle cose, ed anche a sostenere certe teorie politiche, particolari valori morali, ecc. Anche dopo un'osservazione superficiale si può rilevare che nessuna delle due posizione ha una base scientifica sperimentale, si tratta di due modi diversi e contrastanti di vedere la stessa cosa, che per alcuni aspetti sono anche conciliabili. Il recente sviluppo tecnologico soprattutto in campo informatico e gli studi sull’intelligenza artificiale sembrano per il momento favorire i meccanicisti, ma anche per loro la strada è preclusa. E’ doveroso poi aggiungere che la vita non è un fenomeno peculiare dell’uomo ma si manifesta in tutte le altre cose, nessuna esclusa, poiché la vita inorganica non esiste. Se la vita è potere di crescita e di sviluppo, di rispondere agli stimoli esterni, potere di riprodursi secondo la propria specie, allora anche un blocco di marmo è vivo. Il movimento è vita, anzi è la vita dell’universo. E’ questa vita universale che si innesta nella materia secondo regole eterne e gestisce quel funzionamento che noi chiamiamo “vita”, ma in realtà è un effetto della vita, quella universale. Se poi la vita ha come suo ultimo principio l’anima, essa non può originarsi dal basso, dalla materia, dallo spazio, poiché è la vita che crea lo spazio e non viceversa. Scartato l’intervento di Dio come creatore e gestore della vita, non essendo possibile una sua generazione spontanea né un'evoluzione casuale, non rimane che la visione più antica, quella indù che ritroviamo nella Teosofia. La vita dell’uomo, in particolare, è diversa da quella dei corpi appartenenti ai regni inferiori poiché contiene, oltre alle componenti intellettuale, sociale, politica, ecc. una componente spirituale che gli altri regni non hanno. La coscienza, la consapevolezza, la conoscenza dell’essere umano abbraccia uno spazio-tempo maggiore, si estrinseca attraverso una grande varietà e con ricchezza di contenuti che sono propri dell’uomo, puntando sempre in avanti ed in alto. Ermete Trismegisto aveva visto giusto. Per meglio indagare i quesiti riportiamo alcuni articoli, scritti in epoche diverse, tutti improntati a questa linea di pensiero. H. Travers : Che cos’è la Vita (The Theosophist, N. 6, Dicembre 1913) E’ certamente compito della scienza fisica esaminare, analizzare e classificare i processi che si svolgono in Natura, al fine di sistematizzare le informazioni così ottenute e quindi applicare metodi logici alla scoperta di principi e nuovi fatti. È anche accaduto che alcune persone siano andate al di là di questi limiti e abbiano elaborato teorie sulla vita partendo dagli organi fisici. Così procedendo sono caduti in una confusione logica, sostituendo il fenomeno con la sua causa, dando luogo a quello che può essere definito un regno di astrazioni. E’ proprio quello che è accaduto con la parola " vita", per esempio, e il modo in cui è stata utilizzata. Questa parola può indicare sia il gruppo di fenomeni manifestato dagli esseri viventi, ma anche l'invisibile causa di questi fenomeni. Ne è nata una confusione che ha portato a rilasciare dichiarazioni nelle quali si diceva che i fenomeni della vita sono la causa della vita. I processi elementari non furono inseriti negli organismi viventi senza alcun ordine, ma uniti da un invisibile filo o catena, e questa invisibile catena è la forza che mantiene l'ordine tra i processi elementari e rappresenta la vera differenza tra la vita così come viene intesa e gli altri processi della natura inferiore. Questo legame venne chiamato "Lebensprinzip." I singoli processi sono accessibili all’analisi del fisiologo; non altrettanto il Lebensprinzip. Pertanto, i processi elementari formavano una parte della vita della creatura ; il Lebensprinzip costituiva l'altra parte. Quest'ultima, aggregato degli organi necessari a formare un'unità vivente, che veniva chiamata “individuo”, continuava oltre l'individuo stesso, nella sua prole. Il Lebensprinzip viene definito come la connessione ordinata dei meccanismi elementari all'interno del corpo vivente, per cui l’efficacia del suo ordinamento esclude una accidentale aggregazione dei meccanismi elementari nel corpo delle piante e degli animali. Il Lebensprinzip non è né forza né potere : è un principio di successione, di ordine, di regolazione, di armonia. Sfortunatamente, ci troviamo davanti ad un'astrazione, perché, l’ultima frase sembra contraddire ciò che precede: come può un semplice principio di ordine realizzare qualcosa ? A parte quest’ultima confusione del pensiero, il " Lebensprinzip " risponde abbastanza bene a quella parte della numerazione teosofica dei Sette Principi dell’Uomo, che si chiama Jiva, o Prana, o Principio Vitale. O, ancora meglio, corrisponde a due principi, il Prana ed il Linga Sarira, ai quali necessariamente se ne deve aggiungere un terzo, il Kama Rupa (Vedi Nota 2). E 'evidente, quindi, che su questo terreno abbiamo bisogno di postulare qualcosa della stessa specie che esiste nel regno minerale. Per quale motivo dovremmo supporre che combinazioni chimiche e aggregazioni cristalline si verifichino per caso e non sotto la direzione di un certo potere ordinatore? È vero, c'è una differenza tra il regno minerale e quello vegetale, o tra quello che viene chiamato inorganico e quello che viene chiamato organico ; ma questo potrebbe significare che il secondo ha qualcosa in più che primo non ha. In breve, tutta la materia è “vivente”, ma la vita nei vari regni è a un diverso livello di evoluzione. Parlando di Lebensprinzip non è stata evidenziata la differenza fra il regno vegetale e quello animale; ma è evidente che esiste una grande differenza tra di essi ; il regno animale ha un ordine di vita più elevato; in esso sono sviluppati più principi che nel regno vegetale. Ma, dopo tutto, un " principio vitale " è una mera astrazione, a meno che il termine venga usato come equivalente di “essere vivente”. Cosa, dopo tutto, può essere più reale di un essere vivente e cosciente? Tutto il resto è semplicemente una qualità, o un attributo o una funzione, pertinente a un essere. Anche la mente è solo l'attributo di un essere ; un essere può essere cosciente, ma “coscienza” è un'astrazione ( a meno che il termine non venga utilizzato come equivalente di “essere cosciente”). Quindi si tratta di questo: anche le piante sono in qualche modo la manifestazione di esseri viventi. Nel caso degli animali ciò è più facilmente comprensibile per il motivo che essi sono più simili a noi stessi. Ed è ancora più facile da credere che i nostri compagni uomini siano “esseri viventi”. Quando la nostra attenzione converge sulle pietre e sulle sostanze chimiche, la cui vita e la cui essenza sono così diverse dalle nostre, siamo portati a negare ad essi qualsiasi individualità, e ad inventare neologismi per descriverne la natura. Ma questo non è molto logico. Il problema che molti pensatori pongono a se stessi è questo : se un corpo vivente è dato per morto, come spiegare il motivo per cui esso è vivo? Gli scienziati dovrebbero iniziare ad accettare come un postulato primario che anche gli oggetti naturali sono esseri viventi, e poi proseguire per analizzare le varie manifestazioni e le modalità caratteristiche di ogni vita e di ogni coscienza. (Vedi Nota 3). L'ipotesi che abbiamo così suggerito potrebbe forse essere definita ingiustificata. Se è così, allora perché fare mille altre ipotesi sugli oggetti naturali considerandoli morti? La prima cosa da fare è scegliere una ipotesi, considerarla buona ed accettarla. Alcuni potrebbero preferire di postulare la "materia " come punto di partenza. Ma che cosa è la materia ? ci si può chiedere. Si può iniziare con la materia (ammesso che la si conosca) e da essa costruire tutto fino alla mente; si può iniziare con la mente e da essa derivare tutto fino alla materia. Si può iniziare con le percezioni dei sensi fisici come fornitori primari dei dati; ma posso anche iniziare con il postulare 'me stesso’ come punto di partenza della mia filosofia. Il problema che sorge quando si inizia con " la materia " è che la materia stessa si scopre essere risolvibile in qualcosa di molto imponderabile e molto vivente; quindi è non è un buon starting-point. E la "forza" ? Qu al e migliore definizione può essere data dicendo che essa è la manifestazione visibile della volontà, che deve in qualche modo essere connessa con la presenza di un'idea in una mente ? A parte questo, la forza viene ridotta ad una semplice astrazione ; non siamo in grado di capire come ha origine né come viene messa in moto. E quali sono le leggi e le proprietà della materia , se non i piani e le idee in fase di elaborazione per poi essere realizzati da esseri, viventi e consapevoli ? Se studiamo la realtà, poi dobbiamo studiare la mente e la volontà; e sarà conveniente per la biologia e la fisica accettare questi come assiomi per studiare i loro effetti in natura. Un più alto ramo della scienza si può occupare dello studio della mente e della volontà e del modo in cui essi si manifestano nell'essere umano. Nel corso di un Congresso, un oratore affermò che, essendo possibile produrre con mezzi chimici e fisici certi composti complessi che vengono automaticamente prodotti dal corpo umano e dalla materia vivente in genere, si potrebbe tentare una sintesi della vita in laboratorio. In questo caso, però, la meraviglia non è diminuita, dal momento che dobbiamo attribuire alle suddette forze chimiche e fisiche tutte i meravigliosi attributi , che fino ad ora sono stati attribuiti soltanto ad esseri dotati di intelligenza e volontà. COMMENTI NOTA 1 – Il linguaggio usato da H. Travers per svolgere i suoi argomenti, prevalentemente basato sul glossario teosofico, può aver creato dei problemi a quanti non hanno confidenza con alcuni termini. Proviamo allora a svolgere lo stesso tema con un linguaggio laico e, per quanto possibile, scientifico. La Natura comprende quattro Regni: Minerale, Vegetale, Animale, Umano. Qualcuno storcerà il naso perché ritiene l’Umano al di sopra della Natura, ma la mia convinzione è che l’Uomo come parte della Natura, ha una sua origine, un suo ruolo, un suo futuro; posto al di fuori è un alieno. I primi due regni vengono definiti “inanimati”, al terzo viene attribuito un qualche rudimento di “anima”, mentre il quarto è quello che veste l’Anima per intero. Ma, religioni a parte, che cos’è l’anima? Per quanto mi concerne la risposta è: capacità di sentire l’ambiente in cui l’essere vive e relazionarsi con esso. Un sasso è un corpo del Regno Minerale, è formato di elementi presenti in forma composta, ma anche di elementi aggregati; si relaziona con l’ambiente nel senso che cede parte di sé, ma anche si appropria di materia dal luogo in cui si trova. Fortemente influenzato dall’esterno (pioggia, vento, corrosione, ecc.), ha anche un'intensa attività interna: composizione e scomposizione di composti, arricchimento o perdita di materia, oltre ad avere, in certi casi, proprietà radioattive, magnetiche, ecc. Tutto ciò è dovuto al fatto che, ridotto a livello atomico ed osservato con strumento idoneo, possiamo vedere che i suoi atomi non sono corpi morti, ma ricchi di protoni, elettroni, neutroni ed altro, e godono di un movimento continuo. Elettroni in movimento generano campi elettrici che, a loro volta, generano campi magnetici: questi due campi occupano uno spazio attorno al corpo, quello in cui avvengono le interrelazioni fra il corpo e l’ambiente. Non si può negare che un “sasso” sente l’ambiente in cui si trova, il che, detto in modo diverso, significa che ha “coscienza”, con la quale partecipa in modo attivo e passivo agli eventi che lo circondano nella misura in cui è necessario. Da tutto ciò risulta evidente che il sasso ha un’”anima”, limitata al suo “essere” ed alle sue necessità: non è “inanimato”. Ma la vita che anima il Regno Minerale, nascosta agli occhi del profano, si manifesta in tutta la sua grandezza nel Regno Vegetale. Qui assistiamo a macrofenomeni ed a microfenomeni che hanno del meraviglioso: la struttura di una pianta, l’equilibrio della sua ramificazione con i rami che si riducono in spessore man mano che si procede verso la cima in un preciso rapporto matematico, la rete delle radici che danno alla pianta alimentazione e stabilità; la struttura di una foglia, anch’essa provvista di una rete di vasi che si diramano da una condotta centrale a tutte le cellule, anche le più periferiche, con proporzioni via via decrescenti; la bellezza dei fiori, sia nel loro disegno che nella struttura dei petali, il profumo, la delicatezza; la bontà dei frutti dalle perfette forme geometriche, le esatte proporzioni, la giusta quantità. Tutti questi fenomeni sono gli effetti visibili della vita che scorre nella pianta, il risultato di un ordine perfetto che si potrebbe identificare con il Lebensprinzip di cui abbiamo parlato in precedenza, un ordine di cui ha scritto anche Fibonacci con la sua serie numerica. Anche il Regno Vegetale è un mondo animato che, dalla pianta di alto fusto ai piccoli fiorellini che emergono da minuscoli ciuffi d’erba, emerge in modo prepotente. Esso è sensibile al mondo esterno al quale dà un contributo fondamentale, ha una coscienza che abbraccia il suo territorio, riceve i benefici dell’ambiente nella misura sufficiente. L’Universo è UNO, pieno di corpi “animati” in ragione della loro natura, collegati l’un l’altro in una rete infinita di relazioni che fanno capo all’UNO (Tutto è collegato al Tutto), formando in tal modo un piano fenomenico fatto di pensieri ed azioni che rispecchiano nella materia ciò che nei piani superiori è “pura conoscenza”. Non è difficile a questo punto individuare una relazione diretta fra movimento, anima e “vita”, essendo quest’ultima più che un epifenomeno del manifestato, l’energia che sostiene l’universo, la Forza Una dalla quale nascono le singole forze che noi conosciamo. Detto questo, possiamo proseguire. Per capire il mondo non abbiamo più bisogno della superstizione, tutti gli esseri del mondo sono vicini a noi, ognuno nella bellezza e nella perfezione che gli è stata assegnata, con la “necessità di vivere” che caratterizza tutti gli esseri viventi: ognuno di essi è come me ed io sono come ognuno di essi. Siamo tutti compagni di viaggio di una grande avventura e viaggiamo su un supporto comune: la Vita. Ogni corpo che si trova nell’universo ha un suo scopo e lo persegue secondo la sua “vita”: esso è fatto per la vita e la vita è fatta per esso. Anche l’Universo ha la sua vita, attraverso il “movimento” persegue uno scopo che noi non potremo mai capire perché è legge che una parte non potrà mai avere conoscenza dell’intero. Qualcuno afferma che la vita è “sacra”. Se così fosse, non avrebbe senso che il peggior nemico della vita sia la vita stessa, dal momento che la vita si nutre della vita e tutto l’Universo potrebbe essere considerato come una immensa catena alimentare di vita. Bisogna cambiare il punto di vista. La vita nutre la mente, il luogo della comprensione, ma anche della sofferenza; se qui non esiste alcuna spiegazione, crolla l’intero Universo. Tocca all’Uomo, l’essere più emancipato, studiare la natura delle cose, individuare le ragioni, stabilire le regole che trasformino questa apparente brutalità in un processo di evoluzione e perfezionamento. Le regole sono la sede privilegiata ove si affermano i “valori”, per cui la vita, che per quanto si mostra, è un semplice momento di sopraffazione, diventi in realtà un contenitore di valori, questi sì “sacri”. Il compito dell’Uomo non è solo l’affermazione di questi valori, ma anche quello di far sopravvivere questi valori attraverso comportamenti idonei: la fratellanza e l’altruismo. Sono importanti i valori che l’uomo possiede ( e li possiede solo lui), e non la vita che alimenta la sua esistenza; l’uso della ragione rende le cose trasparenti allo spirito e serve a sanare la violenza del tempo. Ogni vita nell’Universo è importante per sé ma anche per il Tutto ed è solo in quest’ottica che si possono superare tutti i significati negativi che alla vita spesso si addebitano. Forse vale la pena di riportare quanto Helena Petrovna Blavatsky ha scritto per definire la vita: “Nel punto centrale del cuore di ogni essere umano giace il germe della Vita Universale. Ogni Essere Umano può scoprire questa Scintilla Divina attraverso un graduale sviluppo degli aspetti superiori della sua coscienza. Il punto di arrivo di questo processo, che è di necessità graduale, si chiama <Illuminazione>”. NOTA 2 – I SETTE PRINCIPI DELL’UOMO L’uomo è un’entità composta che è in grado di pensare, agire, desiderare, muoversi, emozionarsi, progettare, amare, ecc. Tutte queste facoltà sono possibili perché il suo corpo è dotato di sette Principi, ciascuno dei quali è dedicato a particolari funzioni. Schematicamente questa è la gerarchia dei Principi: La Monade ATMAN BUDDHI La Triade Superiore MANAS S. Personalità Corpo fisico MANAS I. KAMA PRANA LINGA-SARIRA SHTULA-SARIRA Quaternario Inferiore Il significato del Sette Principi è il seguente: ATMAN – Puro Spirito, il Sé Spirituale che deriva dal Sé Universale, la fonte di tutti i Sé di tutte le cose. E’ il nostro senso di esistenza: “Io sono”, che giace nel cuore. BUDDHI – In sanscrito significa “essere sveglio”; è il primo veicolo attraverso il quale il Puro Spirito emana le sue energie su tutti i piani, fino a quello fisico. Permette il risveglio dell’uomo alla conoscenza ed alla verità. E’ la dote che crea il Buddha ed i Grandi Maestri. MANAS – La Mente, anello di congiunzione con la sua parte superiore ai due principi spirituali, così formando la Triade immortale che si reincarna. La sua parte inferiore è legata a Kama con la quale forma la Personalità: “Io sono Io”. E’ il Principio sul quale l’uomo può e deve lavorare per elevarsi ed evolvere. KAMA – Significa “desiderio” e rappresenta la forza trainante della costituzione dell’uomo. E’ la sede degli impulsi elettrici, da cui emana l’energia dei desideri, delle passioni, delle aspirazioni. Quando il Manas si installa in Kama si ha quello che si chiama Egoismo. PRANA – Significa “Principio di Vita” ed è la fonte dell’energia universale nella quale siamo immersi e forniti di quella forza che chiamiamo “Vita”, che alimenta tutti i principi inferiori. Ogni essere che nasce contiene una dote iniziale di questa energia. LINGA_SARIRA - Il modello del corpo, la struttura virtuale sulla quale viene costruito il corpo umano. Qui si trova il corpo astrale, materia quasi fisica, nella quale gli atomi del corpo fisico sono apposti in costruzione ed energizzati da Prana. E’ settuplice e luminoso. STHULA_SARIRA – Il corpo fisico vero e proprio, grossolano e visibile. Ricordiamo che Sarira significa “facilmente dissolvibile”. E’ il mezzo attraverso il quale ciascun essere umano opera nell’Universo manifestato. Esso è composto da una miriade di corpuscoli (cellule, atomi) la cui evoluzione è fortemente accelerata dal fatto di appartenere al corpo fisico, che essi considerano un Dio. Per molti questo corpo è un impedimento sulla via della perfezione (talvolta viene chiamato “il carcere dell’Anima), in realtà è uno strumento insostituibile ed essenziale per dare all’Essere tutte le opportunità di perfezionarsi. La complessa costituzione del corpo non è prerogativa esclusiva della Teosofia ma la si trova anche in alcune religioni (Indù, Giudaica, Cristiana, ecc.), nella filosofia Greca, in molte tradizioni africane, e perfino in Freud. Cambia, ovviamente, il numero dei Principi, ma le funzioni sono pressappoco le stesse. NOTA 3 Secondo la comune conoscenza, esistono oggetti naturali ed oggetti artificiali. Sono oggetti naturali quelli creati dalla natura: nuvole, montagne, fiumi, ecc.; sono oggetti artificiali quelli creati dall’uomo per un certo scopo. La differenza fra i due consiste nel fatto che, mentre i primi nascono dal libero gioco delle forze della natura, gli altri nascono per una prestazione pensata e poi realizzata mediante un progetto. Questo perché la natura è cieca e costruisce senza coscienza, mentre l’uomo è intelligente e con la sua attività proiettiva produce solo cose utili, destinate a soddisfare le sue necessità. C’è, poi, da precisare altre due caratteristiche molto importanti: gli oggetti naturali sono irregolari nelle forme e non sono ripetitivi, mentre quelli artificiali hanno quasi sempre strutture geometriche e, spesso, rispondono anche a criteri estetici. Questo è quanto ci insegnano a scuola e, come gran parte dell’insegnamento, è errato. Esistono forme naturali che sono regolari e ripetitive: i cristalli, le cui forme sono geometriche perfettamente definite, e chi si riproducono autonomamente mediante interazioni interne. Essi non sono fatti dall’uomo, non sono forgiati da forze esterne, non dipendono da nessun altro oggetto. Gli alveari sono strutture geometriche semplici e ripetitive, costruiti dalle api, animali dotati di una simmetria semplice e di una struttura molto complessa. E che dire delle dighe costruite dai castori? Abbiamo scelto fra numerosi esempi, tre casi relativi uno al regno minerale, e due del regno animale. Sulle piante ci si può scrivere un libro; basti pensare al bosco ceduo, al rinnovo della vegetazione con il cambiare delle stagioni, alla sintesi clorofilliana, ecc. Domanda: gli oggetti, i fenomeni, che abbiamo citato sono da annoverare fra quelli naturali o sono manufatti, artefatti? La risposta sarà immediata: naturali. Siamo in una contraddizione perché le caratteristiche del cristallo, dell’alveare, del bosco sono quelle dei manufatti, non solo, ma presentano strutture molto complesse che denotano di essere il prodotto di una attività deliberata, costruttiva, di tipo raffinatissimo. E che dire delle nuvole prodotte per portare le piogge, del vento che muove l’atmosfera, delle montagne che si innalzano imperiose sotto la spinta del sottosuolo, delle maree, dei vulcani e di tanto altro che la natura mette in atto per garantire le condizioni di vita del pianeta? Non si tratta di un progetto intelligente che, attraverso strutture complesse, svolge operazioni di enorme importanza? Forse è venuto il momento di ripensare l’arroganza dell’uomo che si appropria di facoltà che certamente ha (anche se le usa male) negandole ai regni inferiori. La vita, l’intelligenza, l’ordine, la precisione è della natura, e nella natura, e l’uomo ha saputo solo copiarla, e neanche bene. E’ stata avanzata l’ipotesi che le forze interne che conferiscono agli esseri viventi la loro struttura microscopica abbiano la stessa natura delle interazioni microscopiche delle morfologie cristalline. Da un’altra parte si fa notare che, se la caratteristica degli esseri viventi è quella di essere “oggetti” dotati di progetto, rappresentato nelle loro strutture e realizzato mediante le loro prestazioni, allora anche il minerale che ha un suo progetto è da considerare un essere vivente. Per quanto concerne piante ed animali il concetto è più facile da assimilare. La teleonomia, termine inventato da Monod (Il caso e la necessità, Edizioni EST, 1970), spiega come all’interno delle strutture degli esseri viventi, esiste un’azione finalistica, causata dalla selezione naturale, diretta a favorire le funzioni vitali. Ma, forse, anche la Natura, la nostra madre ha un suo progetto, una sua finalità: l’evoluzione di tutti i suoi figli. Chi volesse farsi una cultura in proposito è invitato a leggere una vasta letteratura che ha per titolo: IL PRINCIPIO ANTROPICO. Katherine H. BUNKER : Il significato della vita (Universal Brotherhood, Febbraio 1898) Spencer definisce la vita come un continuo aggiustamento delle relazioni interne di un corpo con quelle esterne; la vita perfetta è fatta di accurate corrispondenze. La vita si distingue dalla morte in un punto infallibile: è crescita. Non possiamo concepire la crescita senza una associata evoluzione, ovvero un dispiegamento. La crescita, nelle forme inferiori di vita, è solo un'apparente modificazione della forma, modificazioni che debbono essere necessariamente accompagnate da un incremento di esperienza. L’espressione usata nella filosofia evolutiva, “adattamento all’ambiente”, porta con sé questa idea. L’uccello o l’insetto che ha perso l’uso delle ali perché non ne ha avuto bisogno lascia ipotizzare che egli abbia aggiunto qualcosa alla sua esperienza, ossia una esperienza di questo tipo: la conoscenza acquisita in una certa limitazione sulla terra viene pensata come un qualcosa che si è aggiunta a quella di essere creatura dell’aria. Prendete questo esempio come una situazione i cui dati non vanno al di là dell’evoluzione. Vediamo tratti e capacità evolversi per necessità in un singolo individuo. Per esempio, un bambino o un uomo diventa cieco; facendo di necessità virtù egli sviluppa il potere di distinguere attraverso il senso del tatto cose che non potrebbero essere riconosciute da una persona che ha il dono della vista. Egli ha aggiunto alla sua esperienza di uomo che vede quella di un nuovo potere di percezione. In questo caso si verifica un aggiustamento continuo delle relazioni interne, ovvero quelle con cui aveva iniziato seguendo gli impulsi della vita, e le relazioni esterne che forniscono l’esperienza attraverso ciò, e solo quello, che può arrivare come conoscenza allargata. Con la sola semina non si può ottenere il raccolto. Per fare ciò il seme deve fornire l’espressione di una pianta all’impulso vitale che è bloccato in esso. Le relazioni interne che non solo forniscono la forza impellente di crescere, ma determinano anche le specifiche caratteristiche del tipo, varietà e specie, debbono essere continuamente aggiustate in modo armonioso alle relazione esterne di clima, suolo, stagione. La corrispondenza dev’essere continua ed armonica. Durante la crescita della pianta, ogni sforzo della sua intera esistenza, ogni sforzo del suo impulso di vita, è ceduto alla manifestazione fisica del suo essere uno stelo di pianta, un ramo, una foglia, un fiore, a turno, in stretta armoniosa sequenza prima che lo forze si girino verso l’interno per culminare come seme nella completa fruizione della sua vita. La quantità e la qualità del seme così prodotto per far crescere future piante dipende interamente e sempre dalla perfezione della sua manifestazione fisica, detto altrimenti, dalle sue relazioni con l’esterno. Se l’agricoltore o qualche predatore animale o insetto preclude la nascita del ramo o della foglia, non ci sarà raccolto o seme come risultato della crescita. Lo stelo nudo rimane come sola evidenza degli impulsi vitali contenuti nel seme originale. Così, quando la manifestazione esterna di vita si mostra in una eccessiva crescita fisica in virtù di mancate regolazioni delle relazioni esterne con le interne, si ha ugualmente un raccolto infruttuoso, perché tutti gli impulsi di vita sono stati dissipati nella produzione di ciò che perisce. Questo dimostra che, senza una perfetta corrispondenza fra l’impulso di vita interno e la manifesta-zione reale non si ottiene un uguale bilanciamento, o regolazione armoniosa, fra l’interno e l’esterno, e viceversa. In caso di sbilanciamento non può esserci alcun completamento del ciclo attraverso il quale si può misurare la sola esistenza. Ogni cosa procede attraverso l’Universo in virtù di una assoluta armonia; nulla è isolato completamente, sia all’interno che all’esterno. Tutte le forme di esistenza sono interdipendenti. Ciascun pianeta ha il proprio ciclo, ma potrebbe non mantenere il suo corso indipendente dall’influenza degli altri pianeti non più di quanto possa procedere separatamente dall’influenza del sole. Un pianeta che cerchi di iniziare un ciclo da solo, perfino sotto l’influenza del sole, è una assurdità. Nell’uomo vediamo l’azione della stessa immutabile e incrollabile legge. Nella struttura fisica dell’uomo troviamo che ciascuna cellula ha la sua propria distinta funzione nel costruire colonie di cellule che hanno il proprio lavoro nel mantenere l’integrità delle funzioni fisiche separate del corpo. Questo non può crescere e nemmeno mantenere la sia vitalità se tali relazioni diventano non armoniose. La Natura si sforza sempre di restaurare delle perfette regolazioni quando si verifica qualche falla: essa prova ad eliminare le cellule, o le colonie di cellule, che non è in sintonia con il sistema. Se fallisce, il risultato è la malattia, la decadenza, la morte. Questa legge universale della regolazione armoniosa si applica all’esterno del fisico o alle relazioni evidenti che debbono essere equamente applicate alle relazioni interne, causative e reali, e diventa pertanto una necessità sia per crescere che per cambiare o, in altre parole, per la vita. La necessità di una regolazione armoniosa fra le relazioni interne e quelle esterne, le relazioni esterne con le altre interne ed esterne che si trovano negli altri regni (vegetale ed animale), le relazione fra tutte queste forze e quelle de sole, sono fondamentali per tutte le forme di vita e si esaltano quando le applichiamo alle relazioni dell’uomo con l’uomo. Stabilire di vivere in modo indipendente e separato da tutti gli altri non solo significa vivere in opposizione con tutte le leggi della natura ma è anche un crimine contro i nostri fratelli. L’armonia è la legge perfetta. Vivere contro di essa o non sincronizzarsi con essa è un crimine. Ogni tentativo di un singolo, sia esso un individuo o una cellula, uomo o pianeta, sia sotto l’aspetto fisico che individuale, di mantenere la propria individualità senza tener conto di tutto il resto, quel tutto di cui si è parte, oppure esprimere se stesso come unità che impone la sua legge, infligge a se stesso una punizione identica a quella di una cellula che si oppone al corpo fisico. La Voce del Silenzio dice :”Vivere per il bene dell’umanità è il primo passo”. “ Non immaginare che tu puoi stare a fianco di un malvagio o di un folle. Egli è te stesso anche se in misura inferiore del tuo amico o del tuo maestro. Ma se tu permetti che l’idea di una separazione con un qualsiasi uomo cattivo o persona, cresca dentro di te, così facendo crei karma che ti legherà a quella cosa o a quella persona fino a quando non avrai capito che esso non può essere isolato. Ricordati che il peccato e la vergogna sono il tuo peccato e la tua vergogna, perché tu sei parte di esso; il tuo karma è inestricabilmente intrecciato con il grande Karma”. La Luce sul Sentiero David PRATT: I ritmi della vita (SUNRISE, Giugno/Luglio 1994) Secondo la principale teoria evolutiva, l’origine e l’evoluzione della vita è il risultato di casuali processi psicochimici. Il primo organismo vivente sarebbe sorto per caso negli oceani primitivi e si è gradualmente evoluto in complessità sempre maggiore ed in diversità attraverso mutazioni genetiche casuali, con variazioni sempre ben adeguate, epurate dalla selezione naturale. Il cosmologo Fred Hoyle e il collega Chandra Wickramasinghe (nel loro libro Our Place in the Cosmos: The Unfinished Revolution, M.Dent, London, 1993) così commentano: “Questo pensiero, al momento attuale, incorpora come prova fatti incontestabili, ma in realtà è poco più di un dogma che ha finito per fossilizzarsi nel nostro sistema educativo”. Per la scienza moderna, la Terra ha circa 4,6 miliardi di anni, mentre il primo organismo unicellulare è apparso 3,8 miliardi di anni fa, non appena il giovane pianeta divenne abitabile. Se la vita si è evoluta per caso, è difficile capire come ciò possa essere avvenuto così rapidamente, sapendo quale sia la straordinaria complessità delle molecole organiche. Facciamo un esempio. La proteina histone-4 essenzialmente ha la stessa struttura dell’aminoacido in tutte le forme di vita. Se voi fate un tentativo a caso per l’assemblaggio di questa particolare struttura con il supporto di un singolo aminoacido, uno qualsiasi a vostro piacimento, un tiro per ogni atomo in ciascuna stella di ogni galassia visibile nel più potente telescopio, la probabilità di trovare un histone-4 è uguale alla scommessa su un cavallo 1 a 5x10 elevato a 132 (come dire 5 seguito da 132 zeri); e l’histone-4 è solo una delle proteine molto critiche. Hoyle e Wickramasinghe sono dell’opinione che la vita si sia evoluta dapprima nelle profondità dello spazio per poi essere seminata sulla Terra dalle comete. Secondo loro è evidente, suggeriscono, che le comete e le nubi interstellari possano contenere non solo molecole organiche ma anche virus e batteri congelati in ghiaccio secco. Questi ultimi possiedono proprietà notevoli che permettono di sopravvivere nello spazio e sopportare l’ingresso nell’atmosfera terrestre. Essi, per esempio, possono sopravvivere a temperature vicine allo zero, pressioni fino a 10 tonnellate per centimetro quadrato e lampi di calore fino a 700 gradi centigradi. Sono resistenti anche alle intense radiazioni. Se i batteri evolvono in un ambiente terrestre è difficile capire come abbiano acquisito queste proprietà. Gli astronomi credono che il sistema solare sia circondato da una sfera di circa 100 miliardi di nuclei cometari, conosciuta come nube di Oort. Di tanto in tanto, singole comete vengono deviate fuori dalla nube verso le regioni interne del sistema solare a causa dell’interferenza di una stella che passa vicino alla nube molecolare. Quando la cometa si avvicina al sole, i suoi strati esterni cominciano ad evaporare, liberando il materiale biologico, parte del quale cade giù intatta sulla superficie dei pianeti, Terra inclusa, fornendo i blocchi genetici fondamentali da cui poi evolve la vita. La Terra è eternamente avvolta da un alone di materiali evaporati recentemente dalle comete, e circa 1000 tonnellate di questo materiale dragato dall’atmosfera ogni anno, sufficiente a fornire circa 10alla21 batteri e 10alla25 virus, cade sul nostro pianeta. Nel 1976 due sonde spaziali, Viking 1 e 2, furono inviate dalla NASA su Marte per fare degli esperimenti con gli strumenti di bordo progettati per cercare la presenza di microrganismi sul suolo marziano. Poiché Marte possiede abbastanza atmosfera da permettere un atterraggio soffice dei microrganismi, gli esperimenti avrebbero dovuto dare risultati positivi se la teoria di Hoyle e Wickramasinghe fosse stata corretta. Ufficialmente è stato annunciato che nessun segno di vita è stato trovato. In realtà, ciò non è vero, poiché sono stati fatti due esperimenti: uno ha dato esito positivo, l’altro negativo. La NASA, tuttavia, ha dichiarato che il risultato positivo fu probabilmente dovuto alla presenza di qualche agente fortemente ossidante che si trovava suo suolo marziano, pertanto era anch’esso negativo e doveva dedursi che nessuna traccia di vita era stata trovata su Marte. I progettisti dell’esperimento, Levin e Straat, avevano speso dieci anni per trovare un modo di riprodurre con mezzi non biologici, gli effetti ottenuti su Marte, ma senza alcun successo. Intanto, l’altro esperimento fu successivamente testato sul suolo Antartico – comparabile con lo sterile terreno di Marte – e fallì nell’individuare materiale organico di origine biologica che era noto si trovava in quel posto. Questo esperimento fu migliaia di volte meno sensibile dell’esperimento che aveva dato risultato positivo. Levin e Straat, quindi, sostennero che gli esperimenti condotti su Marte trovarono forme di vita microbica, mentre la NASA continua a negarlo. La presenza di microrganismi su Marte non prova definitivamente che le teorie di Hoyle e Wickramasinghe siano corrette, come è concepibile anche delle altre spiegazioni. Una prova cruciale si avrà nei primi anni del 2000 quando la navetta spaziale ROSETTA si incontrerà con una cometa e depositerà su di essa una sonda per prendere del materiale dalla sua superficie. Intanto, le teorie di Hoyle & colleghi ha ricevuto il supporto di altri scienziati. Le teorie sull’origine della vita tendono ad accertare se esiste una materia morta. Dal punto di vista materialistico, un organismo vivente è composto di una o più cellule: le cellule sono considerate viventi, gli atomi che le compongono sono considerati morti, mentre la vita viene valutata nulla più che un sottoprodotto dei complessi processi psicochimici. La riproduzione è talvolta citata come una delle caratteristiche essenziali della vita, perfino i virus – che sono considerati vivi – non si possono riprodurre da se stessi, ma solo innestandosi in un cellula. Altre proprietà della vita sono dette complessità, metabolismo, e interazione con l’ambiente. Esiste qualcosa in natura che non possegga queste proprietà? Perfino le “fondamentali” particelle subatomiche, per esempio, sono considerate dai fisici ben lungi dall’essere semplici, qualcosa di puntiforme priva di struttura, che in termini di fisica diviene un complesso simile ad un pianeta o al sole, ma oscurato dal fatto che è minuscolo e vive ad una tale velocità che è incomprensibile se confrontata con la nostra vita. I Teosofi respingono l’idea di una netta divisione fra sistemi viventi e non viventi. HPB scrive : “L’occultismo non accetta che nel Cosmo ci sia qualcosa di inorganico. L’espressione usata dalla scienza “sostanza inorganica”, significa semplicemente che la vita latente sonnecchia nelle molecole di una cosiddetta “materia inerte” che è inconoscibile. TUTTO E’ VITA, ogni atomo ed ogni granello di polvere è dotato di VITA, anche se tutto ciò è al di là della nostra comprensione e della nostra percezione … Da un certo punto di vista, il segno che distingue ciò che è chiamato organico dall’inorganico sta nella funzione “nutrizione”, ma se non vi è nutrizione come possono questo corpi chiamati inorganici sottostare al cambiamento? Il cristallo è soggetto ad un processo di accrescimento, che in esso può essere considerato funzione della nutrizione. In realtà, come la filosofia occulta insegna, ogni cosa che manifesta cambiamento è organica, ha in sé il principio di vita e possiede tutte le potenzialità delle vite superiori”. Vita e Coscienza sono universali: ogni cosa è viva e conscia, anche se il grado di manifestazione della vita e della coscienza varia notevolmente. La materia fisica è una forma dormiente, cristallizzata, della vita-coscienza. Forme fisiche complesse non creano vita ma permettono semplicemente un alto grado di vitalità interiore che viene espressa attraverso la forma fisica. Se la materia “inorganica” sembra possedere un'innata tendenza ad auto organizzarsi in forme “organiche”, ciò avviene perché esiste un impulso creativo che nasce dal mondo interiore ed opera dall’interno verso l’esterno. Blavatsky, quindi, respinge l’idea che il primo germe della vita sia arrivato sulla terra con una meteora, una teoria avanzata ai loro tempi dagli scienziati Helmholtz e Thomson. Ma ciò non preclude la possibilità che materiale trascinato dalla terra nei suoi movimenti nello spazio possano avere un importante ruolo nell’evoluzione fisica. Il processo dell’agire, alla fine, porta alla morte, ma non vi è alcun meccanismo fisico conosciuto che controlla questo processo. Teosoficamente, un organismo fisico funziona come un insieme integrato che va avanti finché è animato ed è sostenuto da un campo di energia interiore, o anima, composto di materia sottilissima, gradazione non fisica della sostanza spirituale. Un organismo nasce con una certa riserva di energia vitale e, quando questa si esaurisce, l’entità interiore si sottrae per un periodo di riposo ed il corpo fisico muore. Quando le singole molecole vengono liberate dai vincoli imposti dalle forze coordinatrici, esse diventano più attive e piene di vita ed intraprendono le loro strade separate: questo causa la decadenza del corpo. Per quanto concerne l’evoluzione degli organismi viventi, i reperti fossili contraddicono le convinzioni Darwiniane circa le ramificazioni dell’albero evolutivo, nel quale tutte le creature sarebbero discese a piccoli passi da un comune antenato. L’albero della vita si divide in diversi livelli, a cominciare dai Regni (il gruppo più vasto), proseguendo con i fila, le classi, gli ordini, le famiglie, i generi e finalmente le specie (i ramoscelli dell’albero della vita). Ma è solo ai livelli più bassi – generi e specie – che fossili significativi evidenziano le forme intermedie che sono state scoperte, ed anche qui i collegamenti non sono così prossimi e graduali come richiederebbe la teoria di Darwin. L’evoluzione del moderno cavallo monoungulato dal cavallo che aveva la dimensione di un cane con quattro unghie nelle zampe anteriori e tre in quelle posteriori, è una delle sequenze più complete che sono state scoperte, ma tutto quello che spiega è che un particolare tipo di creatura evolveva in un simile tipo di creatura. Cavalli e orsi appartengono a diversi ordini di mammiferi e si suppone discendano da un comune antenato, ma non esiste alcuna evidenza fossile di creature antenate che fossero in parte cavallo ed in parte orso. Questi esempi appartengono alla serie infinita di “mancati collegamenti” e le spiegazioni fornite per spiegare questi vuoti, attribuite alla imperfezione del reperto fossile, sono di uno spessore alquanto sottile. Hoyle e Wickramasinghe arguiscono che le specie si possono adattare entro limiti molto stretti usando solo i mezzi interni; per produrre grandi distinzioni che si estendano agli ordini ed alle classi, le specie debbono acquisire un improvviso input attraverso virus provenienti dalle comete che, allo stesso modo in cui possono causare disastri, possono occasionalmente aggiungere nuovi geni da un organismo oppure mettere in attività geni dormienti. Ma l’iniezione casuale di geni dall’esterno della Terra può produrre con maggiore facilità l’incredibile bellezza, ingegnosità, diversità delle forme contemporanee di vita, di quanto non faccia la lenta accumulazione delle casuali mutazioni genetiche? La Teosofia sostiene che l’evoluzione è guidata non tanto dall’influsso della materia organica proveniente dallo spazio esterno come anche dalle influenze non fisiche che agiscono dallo spazio interno: l’evoluzione è guidata da forze spirituali, intelligenti e semintelligenti che agiscono dai piani che trascendono quello fisico. Un numero sempre maggiore di biologi riconosce la necessità di coinvolgere qualche tipo di principi o forze organizzative per spiegare la finalità insita nell’evoluzione. Tuttavia, pochi sono quelli preparati per andare tanto lontano quanto il naturalista Wallace, vissuto nel XX secolo, che sviluppò una propria teoria della selezione naturale diversa da quella di Darwin, in cui, prevedeva che gli esseri umani non avrebbero potuto evolvere senza la guida di intelligenze superiori. Ben lontana dall’essere caratterizzata da un progresso lento e uniforme, l’evoluzione sulla Terra è stata punteggiata da estinzioni di massa ed improvvise apparizioni di nuove specie. Il primo organismo multicellulare (o metazoano) apparso in un reperto fossile risale a 700 milioni di anni fa, secondo la datazione convenzionale, ma erano relativamente pochi a confronto dell’incredibile proliferazione degli organismi comparsi 570 milioni di anni fa, all’inizio del periodo Cambriano. Partendo dalla “esplosione cambriana” non è apparso nel mondo animale alcun nuovo progetto base anatomico; infatti il numero è diminuito da circa 49 a 28 e la tendenza generale volgeva verso un numero sempre maggiore di specie basate su una composizione base del corpo sempre minore. Per esempio, vi sono milioni di specie di insetti che vivono ancor oggi, ma solo tre progetti base di artropodi, a fronte degli oltre venti del Cambriano medio. La causa dell’esplosione del Cambriano non è stata spiegata a sufficienza. Secondo i nostri due autori, risulterebbe che in quel tempo la Terra fosse bombardata da uno sciame di corpi cometari che conteneva non solo batteri e virus ma anche uova ghiacciate di creatura metazoane, che potrebbero essersi sviluppate all’interno di enormi laghi acquosi di grandi comete. La Teosofia diffonde una luce diversa su quest’argomento. Il globo nel quale stiamo vivendo è il più materiale dei 12 globi che, tutti assieme, formano la catena planetaria della Terra; gli altri globi sono situati su piani più eterici e spirituali che sono a noi invisibili. Le diverse onde di vita o regni della natura – dagli elementali agli umani ed agli spirituali – formano i globi di una catena planetaria e su ciascuno di essi le monadi o centri di coscienza che compongono le onde di vita si incarnano nelle forme adeguate e passano attraverso stadi diversi di sviluppo evolutivo. Su ciascun globo, in qualsiasi momento, un regno domina, e la massa delle sue monadi si incarna in quel globo. Ciascun regno rimane sul globo per molti milioni di anni e passa sette volte attraverso tutti i globi, in successione, durante ciascuna incarnazione nella catena planetaria. Quando un’onda di vita lascia un globo si lascia alle spalle molti rappresentanti in stato avanzato (spesso riferendosi ad essi si usa il termine sanscrito sishtas, che significa “residui”). Quando ritorna in quel globo, nella ronda successiva, le monadi risvegliano questo seme di vita eterico, detto anche radice di tipo astrale, che comincia a materializzarsi e a differenziarsi in una varietà di stirpe appropriate all’evoluzione di quel regno. (Vedi NOTA). L’attuale ronda della Terra, la quarta, ha avuto inizio con il periodo Laurenziano (quello che precede il Cambriano), circa 700 milioni di anni fa (320 milioni secondo la Teosofia). L’apparizione di metazoani è avvenuta 700 milioni di anni fa, e la loro improvvisa proliferazione 570 milioni di anni fa fu il risultato del risveglio della radici di tipo astrali provocato dall’arrivo delle monadi sul nostro globo, provenienti dal globo precedente; il loro numero era relativamente scarso per avviare rapidamente la piena quando venne il momento. Dall’avvio della quarta ronda fino al punto mediano del ciclo di vita planetario (circa 4,5 miliardi di anni fa) la tendenza evolutiva era diretta all’ingiù, nella materia, con il risultato che si ebbe una profusione di nuove specie che svilupparono i progetti fondamentali attivati all’inizio della ronda secondo una varietà di forme specializzate. Tuttavia, il centro del ciclo segnò l’inizio dell’arco ascendente verso lo Spirito e da quel momento in poi moltissime monadi animali furono spinte a passare nel riposo nirvanico non essendo state in grado di evolvere a sufficienza lungo la linea psicologica e spirituale. Scopo dell’evoluzione è il dispiegamento delle facoltà latenti e delle capacità, il sonnecchiante divino potenziale, bloccato in ciascuna monade, attraverso la costruzione di veicoli sempre più idonei a permettere l’autoespressione. Le mutazioni all’interno di una specie avvengono in risposta sia alle stimolazioni interne che a quelle ambientali, costruite sul piano astrale fino a quando sono in grado di ardere nella manifestazione fisica come “mutazione improvvisa”. Quando è necessaria la costruzione di un nuovo veicolo fisico per lo sviluppo della monade, viene fornito un idoneo prototipo ricavato dai progetti dei cicli precedenti conservati nel campo di memoria della Terra o nella Luce Astrale (quella che Rupert Sheldrake chiama il ‘campo morfico di Gaia’). D’altra parte, se una particolare specie di piante o di animali non è più necessaria come veicolo per la esperienza evolutiva, la monade non rimane incarnata in essa, ma lascia che muoia o diventi estinta. Questo processo può essere accelerato da cambiamenti ambientali derivanti da catastrofi naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, impatti con comete e asteroidi. La più vasta estinzione conosciuta avvenne alla fine del periodo Permiano, circa 245 milioni di anni fa (46 milioni secondo la Teosofia), quando il 96% delle specie marine furono prosciugate. Un’altra estinzione di massa avvenne alla fine del periodo Cretaceo, circa 65 milioni di anni fa (9 milioni secondo la Teosofia); metà di ogni genere di animali sparì, oltre a tutte le specie che superavano i 25 Kg di peso (55 libbre), compresi i dinosauri. La spiegazione scientifica più favorevole è che la Terra fu colpita da un asteroide o una cometa che generò una enorme massa nuvolosa che bloccò la luce del sole e portò al collasso della catena alimentare. Nonostante questa ipotesi sia stata parzialmente sostanziata dall’evidenza geologica, la sopravvivenza di alcuni tipi di dinosauri per oltre un milione di anni dopo il presunto impatto suggerisce che anche altri fattori siano intervenuti. Un’altra teoria lega l’estinzione all’abbassamento della quantità di ossigeno nell'atmosfera avvenuto alla fine del Cretaceo, probabilmente dovuto all’attività vulcanica. Hoyle e Wicksaramasinghe credono che ci sia sta anche una infezione di virus letali, poiché l’estinzione non si limitò ai grandi animali, ma giunse fino ai microrganismi, allargandosi a tutti gli habitat, fino alle profondità marine. Qualunque sia stata la causa, o le cause, questa estinzione fu seguita da una rapida diversificazione e portò al dominio dei mammiferi. I due autori dicono che il loro libro ha lo scopo di fornire “un ingresso che porti ad un diverso panorama che sarà privilegio della prossima generazione, o generazioni, esplorare”. Loro già oggi presentano molte sfide al pensiero scientifico ortodosso aprendo nuove strade verso future ricerche, allo stesso tempo lavorano dall’interno di una struttura materialistica (Hoyle, in precedenti libri, aveva proposto l’idea che una superiore intelligenza è al lavoro nell’Universo). Molto interessante la loro affermazione che da quando il Buddhismo vide la vita e la coscienza come fenomeni cosmici, l’universo fu legato inestricabilmente al Tutto; in tal modo le antiche tradizioni Buddhiste fornirono una adeguata traccia per liberare la scienza da quanto rimaneva delle sue pastoie medioevali. Buddha abbandonò questa vita con il seguente messaggio che fornì un eccellente consiglio per le prospettive della giovane scienza e, si potrebbe aggiungere, per tutti gli esseri umani: “Siate come una lanterna dentro voi stessi. Mantenete salda la luce della Verità. Rifugiatevi nella Verità. Non cercate rifugio in chiunque si trovi accanto a voi … E quanti oggi vivono il mio tempo e quelli che mi seguiranno, diventeranno grandi nella misura in cui saranno desiderosi di conoscenza”. NOTA Quanti non hanno frequentato studi teosofici, faranno fatica a capire il lungo processo che porta la monade, attraverso globi e ronde a seguire il suo percorso evolutivo. L’argomento è trattato da HP Blavatsky in modo esteso nelle pagine della Dottrina Segreta, edizione originale in lingua inglese (The Theosophical Publishing Company, London, 1888), dalla pagina 140 alla pagina 162. Nell’edizione italiana pubblicata dalla Società Teosofica Italiana nel 1881, l’argomento è svolto nel Volume I, da pagina 183 a pagina 187, da pagina 198 a pagina 203. L’argomento è stato trattato anche nel Commento alla VI Stanza della Cosmogenesi, che si può trovare su questo stesso sito. Per quanti volessero attingere ad ulteriori spiegazioni, rimane sempre disponibile sia la mail del sito Academia.edu che quella personale: michele.zappala1@virgilio.it Jim BELDERIS – Rispondere alla vita (Sunrise. Aprile/Maggio 1994) Un'antica tradizione sostiene che ogni forma di esistenza è veicolo di una coscienza. A partire dal regno minerale, agli elementi della natura, fino ai pianeti e alle stelle, ogni cosa ha il suo tipo di consapevolezza. Ciascuno risponde alla vita in un modo sottile che fluisce oltre i sensi umani. Sono forze viventi la cui consapevolezza è fondamentale più della nostra coscienza ed è ben lontana dall’essere limitata. Alcune di esse sono più evolute e, quindi, in grado di rispondere meglio al largo spettro della natura, sia ai regni superiori che a quelli inferiori. Ogni forma di vita evolve sulla stessa scala evolutiva (catena planetaria), per cui i nostri centri di coscienza sono già passati attraverso i regni inferiori, esprimendo il nostro potenziale e sviluppando i veicoli per esprimerlo. Durante questo passaggio abbiamo sperimentato la vita fra le forze elementali della natura, nel corpo della Terra, e poi come piante e come animali. Ancora adesso nella nostra forma umana alcuni dei nostri stati di coscienza sono intimamente legati agli altri regni. Questi regni sono particolarmente sensibili ad altre forme di vita perché sono strettamente legati ad esse e ne seguono l’evoluzione. Un modo per prendere coscienza di questi legami è quello di guardare più attentamente alle cose dalle quali noi abbiamo tratto la nostra esistenza. Queste cose esistono nell’area della nostra percezione fisica, esistono nei nostri pensieri e nelle nostre emozioni, con intangibili qualità molto reali. Possiamo anche sorprenderci mentre rispondiamo ad esse quasi fossero vive. Non è inusuale avere tali relazioni con la terra, ed anche con l’acqua, il vento il fuoco. Siamo noi in grado di sentire la vitalità degli invisibili esseri che informano gli elementi della natura? E’ possibile anche avere una speciale tenerezza per certe forme della natura. Una formazione geologica, una roccia gigante, un sasso speciale, questi ed altri membri del mondo minerale potrebbero attirarci per una qualsiasi ragione. Ci sono momenti in cui li sentiamo rispondere in modo cosciente a ciò che li circonda, alla luce e al calore, al buio ed al freddo, ai cambiamenti del tempo e perfino alle nostre emozioni. Se non sentiamo alcuna risposta, è possibile che il nostro naturale affetto venga sostituito da qualche preoccupazione artificiale. La stessa domanda si potrebbe porre per qualsiasi essere degli altri regni. La nostra mente potrebbe essere dominata dal privato a tal punto che i pensieri astratti non sono in grado di sentire la vita che è attorno a noi. Possiamo liberarci da questo dominio lasciando le preoccupazione e dedicando la nostra attenzione a ciò che ci circonda. In tal modo non solo allarghiamo la nostra consapevolezza, ma alziamo anche il livello di coscienza delle cose di cui ci prendiamo cura. Pensate alle piante e agli animali che ci sono particolarmente cari ed al modo in cui reagiscono alla nostra presenza, alle nostre azioni, allo stato della nostra mente. Il loro comportamento rappresenta una espansione di coscienza ed in tal modo noi, esseri umani, li aiutiamo ad evolvere. Già, ma chi aiuta noi nella nostra evoluzione? Quali esseri superiori, collegati con l’umanità e con i loro pensieri e le loro azioni, portano in alto i nostri cuori e le nostre menti? Sono i maestri spirituali dell’umanità, che ispirano saggezza e compassione, i Grandi Saggi e Veggenti che apertamente condividono la loro visione con il mondo, coloro che conducono la vita segreta del servizio. Questi Esseri sono i fondatori delle religioni del mondo, gli iniziatori del pensiero filosofico, degli studi scientifici, le anime dal gran cuore che risvegliano le nostre più profonde aspirazioni. Chi è in grado di misurare l’influenza che questi maestri hanno sull’umanità? E questa influenza può essere così pervasiva che, quando apriamo ad essa la nostra consapevolezza viene da Saggi toccata con un lampo di illuminazione? Possiamo non riconoscerli nella loro forma fisica, anche se alcuni di loro possono condurre un'esistenza cosciente che noi non siamo in grado di percepire, tuttavia dentro di noi avvertiamo che il nostro centro di risveglio della più alta coscienza è legato a loro. E loro, con la loro espressione, ci aiutano a crescere. L’intero scopo della vita sembra essere proprio questo processo di svolgimento del potenziale interiore dell’uomo, strettamente legato a quanti hanno già sviluppato tale potenziale. Noi evolviamo con la nostra partecipazione alle altre vite, sia superiori che inferiori alla nostra, perché siamo collegate ad esse. La nostra natura inferiore è costruita attorno a centri di evoluzione che fanno ancora parte dei regni della natura. Nel prenderci cura degli animali, delle piante, e della terra, noi non facciamo altro che prenderci cura della nostra famiglia. Il nostro Sé superiore essenzialmente dipende dal reame dello Spirito. Mentre coltiviamo il collegamento fra noi e le grandi anime che elevano la razza umana, esse ci ispirano a risvegliare le nostre proprie divine possibilità. Qual è la natura di questi poteri divini? Un illimitato interesse per la vita. Vi sono esseri che hanno sviluppato una saggezza ed una compassione superiore a tutte le vite di tutti i cicli della Terra. Come Spiriti più alti che ispirano l’umanità, loro ci guidano in segreto su vie invisibili, richiamando le grandezze che giacciono dormienti in ciascuno di noi, quelle grandezze che sprizzano dal cuore caritatevole e dalla mente comprensiva. Ci insegnano poi che c’è qualcuno che sorveglia ancora di più poiché osserva tutte le vite di questo globo. Nelle epoche passate, quando le menti di una umanità ancora allo stato infantile era poco stimolata, ci fu qualcuno che emanò un profondo senso di quella unità che pervade ogni cosa, che si prese molta cura dei regni inferiori e, perfino, collegò il senso dell’essere con gli Dei. Quando quegli esseri divini furono mossi dalla compassione di assistere le menti dell’umanità, questa grande anima divenne veramente il primo essere umano ad essere illuminato, il primo nel quale si elevò la benedetta unità delle pure coscienze a beneficio di tutti quelli che avevano bisogno della ispirazione divina. Questa gerarchia umana ha vissuto attraverso le ere come una forza autocosciente in mezzo a noi, una presenza tanto responsiva e caritativa da sorvegliare ciascuno di noi con silenziosa compassione. Chiunque sia stato divinamente ispirato ha sentito l’influenza di questo meraviglioso essere che è nello stesso tempo il più alto dentro di noi, il collegamento fra noi e la divinità, il culmine della nostra gerarchia e la nostra connessione con gli Dei. Per ultimo, la prospettiva di evoluzione della coscienza è infinita. Sopra di noi ci sono grandi sfere di crescita della consapevolezza, come ce ne sono di più piccole inferiori a noi. C’è perfino dentro di noi una gerarchia di crescita, gli ospiti delle vite che hanno costruito i livelli della nostra composita natura. Ciascuno di questi “regni interiori” ha un suo modo di reagire a ciò che percepisce, e tutti imparano ad interagire con altre forme di vita ed a diventare più sensibili verso gli altri esseri. Ciascuno di loro ha il potenziale di aiutare o ritardare tutto il resto, il regno della mente. Tutte le volte che la nostra mentalità si preoccupa delle percezioni fisiche, i pensieri tendono a dilungarsi all’interno delle limitazioni della materia. La nostra realtà cristallizza in forme solide visibili che non hanno profondi significati dal momento che noi dipendiamo dai nostri limitati sensi per capire qualcosa del mondo che sta intorno a noi. Simile attitudine congela la crescita delle altre facoltà, della cui vitalità noi abbiamo bisogno per evitare apatie o noia, oppure una visuale rigida e fredda. Tale ristretta mentalità contiene i semi che possono vitalizzare la nostra esistenza. Un singolo pensiero di cura può dare forma ad una realtà molto più vasta, ci può far diventare più reattivi verso ciò che è vivente. Pensieri compassionevoli permettono talvolta di intuire il vero significato della vita, soprattutto quando ci identifichiamo con l’oggetto di cui ci prendiamo cura. Quanto più questa identità diventa inclusiva, tanto più ci rendiamo conto che la forza vitale presente in ogni essere vivente è sempre la stessa. Intuizioni di questo tipo si trovano nella mente degli esseri superiori che fanno parte del regno umano, quelli che hanno innalzato il livello della loro coscienza e la qualità dei loro pensieri. Sono gli ispiratori di saggezza e di compassione più vicini a noi; possono gettare le basi per una scienza ed una filosofia più intuitiva, possono iniziare l’umanità ad una esperienza religiosa più profonda. Una tale intuizione di unità ha il potere di influenzare tutte le coscienze. Forse non riusciremo a sperimentarne per intero gli effetti nella nostra vita, mentre questi esseri superiori lavorano per cambiare l’umanità su vie invisibili, ma certamente il lavoro di queste guide spirituali indirizzerà quelli che ci seguiranno verso una visione dell’universo sempre più unitaria. Certamente già oggi la nostra mente è in grado di vedere molto di più, quella parte che vive gli affetti ed opera in silenzio. Assieme alla nostra natura complessiva, il nostro Osservatore Silenzioso ha capito le nostre limitazioni, ma guarda oltre, al potenziale illimitato. Con infinita compassione, la parte più profonda della nostra mente osserva il modo in cui cediamo alle nostre illusioni, ponendo il massimo della nostra attenzione sui nostri corpi, le nostre emozioni, il nostro intelletto. Nel gran calderone dei nostri errori, ci sono momenti in cui avvertiamo che questa parte sta guardando lontano, oltre la nostra illusoria visione della vita, verso il nostro Sé reale. Questo Sé è quello che gradualmente si espande nella nostra coscienza, guarda agli altri esseri perché sa che sono legati a noi da legami interiori. Tutte le volte che permettiamo azioni tendenti alla separatività fra noi e gli altri, noi avvertiamo lo sguardo critico del Grande Iniziatore che è dentro di noi. In tal modo aumentiamo il nostro risveglio ed acceleriamo la realizzazione di ciò che veramente siamo. Questa comprensione nasce nella nostra coscienza nei confronti del mondo che ci attornia. Essa evolve man mano che impariamo a rispondere ai dettami della nostra nascosta identità, un insieme di dettami che si trova all’interno di tutte le cose. Queste leggi si manifestano nelle relazioni che ciascuno di noi ha con ciò che si ama. Esse permeano il nostro pensiero sotto forma di una misteriosa forza vivente e ci collegano con il pensiero infinito dell’universo. Questo è il legame con il grande Uno che ispira la mente, il Guardiano dello Spirito, la divinità che in modo silenzioso opera all’interno di ogni essere vivente, gli dà vita, lo sostiene. Quanto siamo distanti da questa divinità? Giusto un pensiero! R. MACHELL : Vivere, perché? ( The Theosophical Path, N. 2, Febbraio 1922) Una volta ho sentito una storia che mi è sembrata strana : un uomo si era ucciso per evitare la monotonia della vita. Un giorno cominciò a meravigliarsi del perché gli era comandato ad alzarsi al mattino, svolgere le comuni e necessarie funzioni, sempre le stesse, vestirsi, mangiare e così via, solo per continuare ad essere vivo. Guardando al futuro poté vedere che il suo lavoro non sarebbe stato mitigato, che il cumulo delle sue faccende lo sgomentava, per cui decise di suicidarsi, non vedendo alcuno scopo per la vita che potesse giustificare la sottomissione ad una simile tirannia. Per molte persone l’esistenza non sembra così desiderabile da giustificare tutte le quotidiane esercitazioni per preservare la vita e prolungarla. Apparentemente la vita è tanto desiderabile che nessun crimine è più grande di una offesa capitale e nessuna punizione è considerata più severa della morte. Per questo motivo i suicidi sono in continuo aumento in molti paesi e pochi sono quelli dove non accadono. Se la vita è il bene massimo, perché cercare uno scopo nella vita per giustificare tutti i nostri sforzi per mantenerla? Se la vita è il bene più grande, quale scopo sarebbe migliore di quello di “vivere”? E bisogna considerare un rimprovero dire che una persona non ha scopi nella vita. E’ la vita lo scopo della vita? Oppure essa è un mezzo per raggiungere uno scopo? Se è così, qual è questo scopo più grande? Queste domande ci costringono a considerare qual’è il significato che noi diamo alla vita e quale scopo ci proponiamo, per poi indagare come mai cerchiamo di conoscere il significato della nostra propria esistenza. Una tale indagine è impossibile se l’uomo non è un essere complesso superiore, con un Ego ed un centro di autocoscienza capaci di identificare se stesso come separato da sé, ed anche i vari elementi che costituiscono la settuplice entità di ciò che viene chiamato “uomo”. Anche gli animali apparentemente vivono per conservare la vita, e l’uomo è una animale in tutta la sua natura. Detto questo, se l’uomo vive senza alcun scopo la sua è una vita animale, il che dimostra che la sua pretesa superiorità nella scala dell’evoluzione è sbagliata. Se l’uomo vuole dimostrare la sua superiorità sugli animali, egli lo deve fare sul terreno della sua approssimazione a quegli esseri che sono superiori a lui, a meno che la sua vanità non sia tale da ritenersi l’ultimo gradino della scala dell’evoluzione, il che è assurdo. Dalla semplice speculazione su questa questione, l’uomo moderno dimostra attualmente la sua superiorità su quella natura animale che è in sé, che si accontenta di salvare la vita; questo perché meditare sullo scopo dell’esistenza significa differenziare il proprio sé da quello degli altri viventi, ed il potere di fare questo evidenzia che il suo Sé interiore è superiore al Sé dell’esistenza animale. Individuare uno scopo nella vita significa prendere coscienza della tendenza che ha l’evoluzione ed accettarla come influenza diretta in tutte le sue scelte nel corso della vita, così come gli ideali che guidano la condotta, i quali debbono necessariamente modellati in accordo con la concezione dello scopo della vita, ovvero la tendenza dell’evoluzione. Avere uno scopo nella vita è qualcosa che è superiore alla stessa vita. Qual è la vita superiore alla vita ? Spesso confondiamo la nostra mente con quella degli altri attraverso una perdita di pensiero superiore perfino alla perdita della parola. Questo ci porta a parlare della vita come se non esistesse altro modo di vivere diverso da quello del mondo fisico. Parliamo di vita e di morte come se fossero due diversi stati dell’essere. Sarebbe più ragionevole parlare della vita come esistenza dell’universo, visibile o invisibile, conosciuto o sconosciuto, nel quale la morte è una porta che si apre e si chiude allo scopo di permettere all’anima di passare da uno stato di vita ad un altro. Per “anima” intendiamo “entità autocosciente”, l’Ego, che può abitare per un certo tempo nel corpo fisico durante il quale può essere temporaneamente identificata con esso. L’evoluzione dovrebbe essere vita come propositivo sviluppo dell’Ego, per mezzo dell'esperienza, che è poi la vita, o ciò che impensabile senza di essa. Questa tendenza dell’evoluzione deve, nella sua essenza, essere impersonale e universale; quando l’Ego umano comincia ad averne coscienza e tende di adattarsi alla corrente evolutiva, l’individuo comincia a trasformare la sua vita in propositiva. Ciò vale a dire che l’Ego umano desta in sé la consapevolezza del suo posto nell'evoluzione; ed il desiderio di realizzare e mantenere questo stato diventa uno scopo per l’individuo. La vita diventa propositiva, cosa che prima era solo a livello istintuale. Quando l’Anima si rende conto che la sua vita è propositiva, essa prova ad imprimere questo alto ideale negli strati inferiori del cervello-mente, compito abbastanza lungo. Il cervello-mente, esaltato nel sentire questo potere ed influenzato da tutte le passioni della natura inferiore, si attacca a qualche oggetto del desiderio, e prova a fare dell’ottenimento di questo oggetto lo scopo della vita. E’ questa degradazione della propositività che fa diventare l’uomo talvolta inferiore agli animali, i cui desideri sono limitati dalla Natura e controllati dagli istinti, il che significa obbedienza alle leggi naturali. Questo è un vizio peculiare dell’uomo, perché l’uomo è il punto di svolta fra l’istinto e lo scopo, fra l’animale ed il divino; l’uomo può aggiungere uno scopo al desiderio, abbassando le sue divine facoltà di immaginazione per intensificare il suo scopo distorcendo il desiderio, cominciando in tal modo a divenire demoniaco. A me sembra che avere uno scopo nella vita sia la principale differenza fra l’uomo animale e l’uomo umano. La natura di questo scopo indica la classe della mente ossia lo stadio di evoluzione raggiunto dall’individuo. Sono le motivazioni viziose che si oppongono alle tendenze evolutive, contrarie alle leggi della Natura; l’uomo è in grado di aggiustare la sua volontà per seguire la gratificazione dei desideri personali che non sono naturali e adeguati a lui come essere umano, oppure altro. Essendo capace di pensare su se stesso, egli può scegliere il suo sentiero, e la scelta ha i suoi effetti sull'esperienza; può essere sofferente e degradato, o felice e beneficiato, a seconda che sia guidato da un corretto concetto che gli permetta di scegliere ciò che è appropriato fare. In tutte le cose c’è un aspetto corretto ed uno sbagliato, tocca all’uomo imparare la natura delle cose e scegliere in modo giusto. Se non agisce in questo modo egli è senza una guida. La sua complessa natura può essere vita come una dualità, un essere autocosciente, capace di scegliere fra ciò che è superiore e ciò che è inferiore. Questa capacità può essere verificata osservando l’esperienza di ognuno di noi in qualsiasi momento. L’idea su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato può cambiare in qualsiasi momento, ma un uomo normale avverte intuitivamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ed il potere di scelta fra i due è sempre in suo possesso. Quando su questo si hanno dubbi o incertezze, l’uomo perde il suo normale equilibrio e tende a perdere il suo vero posto nella scala dell’evoluzione. Quando il suo senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato si paralizza egli diventa pazzo e non può più essere considerato come un essere umano in pieno possesso delle sue facoltà. La caratteristica principale dell’essere umano è il suo potere di saper riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e saper scegliere fra i due. L’esistenza di questo potere è spiegata negli insegnamenti della Teosofia, nei quali l’evoluzione dei vari principi dell’uomo viene tracciata fino al punto di congiunzione nell’essere umano, così come lo conosciamo. Ma l’esperienza è la grande maestra, nessun uomo ha bisogno di mettere in dubbio il proprio potere di scelta, sebbene molti scelgono deliberatamente di cancellare la loro volontà. Il suicidio dimostra come ciò sia possibile sia sul piano mentale che su quello fisico. L’uomo può distruggere il suo corpo, può distruggere la sua mente, ma non può realmente distruggere se stesso se non per quanto riguarda il suo Sé personale temporaneo. Il vero Sé è quello che sceglie, ed il crimine dell’autodistruzione è forse più corretto chiamare deprivazione o sospensione del potere di scelta. Questa automutilazione è possibile, lo sappiamo attraverso l’osservazione dell’esperienza. Se tutto ciò è abbastanza comune, è vero d’altra parte che il potere dell’autoperfettibilità è anch’esso uno scopo per l’uomo, per quanto raro possa essere raggiungerlo. La perfezione è lo scopo dell’evoluzione, lo scopo della vita dev’essere quello di lavorare per tale scopo. Se si riconosce questo ideale come una vera aspirazione della vita, diventa di primaria importanza acquisire una vera conoscenza della natura dell’uomo, dei suoi precedenti passi nell’evoluzione e della sua attuale posizione; è evidente che esiste una grande ignoranza su questi punti, che va dalle tante affermazioni contraddittorie e dogmatiche alla cancellazione totale di ogni scopo nella vita. Naturalmente, se la vita è propositiva di per sé, e se l’uomo ha un potere di scelta come individuo, il suo primo dovere è quello di acquisire la conoscenza di se stesso, mentre il passo successivo dovrebbe essere la coltivazione della volontà spirituale, in cui risiede il potere di scelta. Secondo gli insegnamenti teosofici l’uomo mai è senza guida, anche se l’individualità possa non riconoscere il suo maestro e seguire falsi insegnamenti. Ci hanno detto che la Teosofia, la Dottrina Segreta, la Religione Saggezza, la Scienza Sacra, o qualsiasi altro nome si voglia dare in tempi diversi, non vengono mai persi interamente, sebbene essi vengano continuamente oscurati e pervertiti da falsi intendimenti e rappresentazioni negative, o vengono abbassati nei ristretti ambiti di religioni settarie da piccole menti ansiose di dare una forma finale all’eterna verità. La Divina Saggezza, essendo eterna e indistruttibile, deve rimanere necessariamente superiore alle limitazioni di qualsiasi forma, o qualsiasi credo, o religione, o chiesa; ogni religione settaria può essere una temporanea formulazione di alcune parti della verità, non può fare più di tanto. Le religioni possono rappresentare un sentiero che in qualche modo vanno verso la verità, rimangono però temporanei espedienti che debbono essere continuamente ritagliati delle escrescenze. La Teosofia dev’essere continuamente riscoperta e rivelata essendo la verità eternamente velata dall’illusione o dalle apparenze delle forme esteriori; l’uomo deve continuamente scegliere fra il vero ed il falso. Egli non può guardare verso la perfezione se non è costantemente alla ricerca del punto di riposo delle forme cambianti del mondo. Se scopre questi punti e si accasa in essi, il flusso dell’evoluzione spazza tutto e lo lascia arenato fino quando il castello delle illusioni crolla, o la sua roccia di salvezza si ribalta nel letto del fiume. La legge del mondo è il Cambiamento. Tutti i corpi viventi debbono cambiare continuamente forma e la morte è solo un cambiamento nel modo di vivere. Il tentativo dell’uomo di indicare lo scopo della vita significa porre se stesso al medesimo livello della intelligenza suprema che controlla l’universo e con la volontà dirige l’evoluzione dei suoi abitanti. Ed ancora, per quanto irrazionale possa sembrare un simile tentativo, esso è esattamente ciò che ogni autocoscienza ambisce di fare, e la giustificazione del tentativo giace nella essenziale unità dell’universo, e nel fatto che l’uomo è egli stesso una manifestazione della divina intelligenza che sottende l’universo. Quindi la mente dell’uomo, per quanto limitata possa essere, derivando dalla divina essenza, è capace di formare un limitato concetto dell’illimitabile, e creare ad uso proprio una teoria di vita, che potrebbe essere come il modello di lavoro di una grande macchina, un giocattolo per esempio, ma in questo caso vero modello della grande realtà. Così, mentre l’uomo fa di se stesso uno schema dell’evoluzione in accordo con le leggi che governano il suo proprio essere, egli sta obbedendo alla legge della sua divina intelligenza, pagando un prezzo alla grande legge della vita che, alla fin fine, è l’estrema espressione delle autocoscienza. Se, poi, l’uomo postula l’evoluzione come un processo verso la perfezione, l’obiettivo dell’uomo nella vita dovrebbe essere quello di vivere in accordo con la legge dell’evoluzione e in tutti i modi sforzarsi verso la perfezione. Se questa meta è assunta come una ambizione della sua esistenza, sarà duro per lui vagare lontano dal sentiero che porta eventualmente alla perfezione umana, anche commettendo molti errori, ed essere ingannato continuamente nella sua scelta dei mezzi per raggiungere la lontana meta; questo perché sul sentiero avrà la guida del suo Sé Superiore, tutte le volte che lui permette alla luce spirituale di illuminare il suo apparato di pensiero. La Teosofia è la registrazione degli insegnamenti di quelli che hanno percorso il sentiero della perfezione nelle ere passate; questo insegnamento è tuttora nel mondo; ma il mondo sbaglia nel capire il suo valore, e così lascia che esso giaccia latente fino a quando un nuovo Maestro richiamerà l’attenzione dell’umanità sulla antica saggezza che dovrà aiutarla a rendere la vita più bella e intellegibile. Gli insegnamenti della Teosofia rinnovano la speranza degli uomini perché mostra loro le possibilità che hanno davanti; allora essi raccoglieranno tutti i loro sforzi e le loro aspirazioni per dimostrare la ragionevolezza delle più alte aspirazioni umane, e giustificheranno la loro intuitiva fede nella perfettibilità umana. In altre parole vorrei dire che la Teosofia rivela lo scopo dell’esistenza come ottenimento della perfezione attraverso l’evoluzione e l’esperienza. Per questo essa si appella all’uomo per vivere la sua vita secondo le più alte leggi della natura che riesce a raggiungere. Lo scopo della vita è quello di vivere correttamente. Da Focus Extra, N. 5, Primavera 2001 A.A. BEALE : La Vita, che cos’è? (The Theosophical Path, n. 5, Novembre 1928) La forza Una Secondo la filosofia teosofica e come ha detto H.P.Blavatsky, la Vita è una forza universale, creativa, che pervade ogni cosa ed ha una coscienza formativa inerente ad essa. La Vita avvolge e penetra ogni manifestazione nel Cosmo, ed in essa è vestito il piano di tutte le cose che sono state e di quelle che sono. Questa non è una definizione ma una descrizione. Prima che il nostro mondo esistesse Essa c’era, e da essa venne in esistenza il nostro mondo. Sembra quasi la descrizione di un Divinità, e in un certo senso lo è. HP Blavatsky mostra come funziona questa meravigliosa forza, un continuo flusso attraverso tutti i regni della manifestazione: minerale, vegetale, animale, umano, dotando ciascuno del grado di coscienza idoneo per esso, marcando in ciascuno il dispiegamento del suo avanzamento, o evoluzione, della sua natura. Essa poi spiega come ciascun regno spicca separatamente come pietra miliare; nel regno minerale si manifesta con un solo aspetto, in quello vegetale con due, nell’animale si ha la dotazione di due aspetti aggiuntivi e quindi si presenta con quattro, nell’uomo se ne aggiunge uno e fa cinque. Ciò avviene in analogia con la nostra familiare concezione delle dimensioni dello spazio, ma sono dimensioni di coscienza. Abbiamo quindi un livello di coscienza nel regno minerale, due in quello vegetale, quattro in quello animale e cinque in quello umano, che possiede anche la facoltà dell’autocoscienza. Questa straordinaria rivelazione è stata riconosciuta dalla scienza moderna con le sue scoperte. Ma essa non è in grado di considerare il misterioso percorso del soggetto se non in modo grezzo, indefinito, insoddisfacente. Le menti più progredite in scienza e filosofia, che sviscerano i misteri della Natura, osservano l’infinitamente grande con i telescopi e l’infinitamente piccolo con i microscopi, l’infinitamente espanso con delicate applicazioni elettriche, e l’infinitamente profondo con la mente dell’uomo, hanno raggiunto un punto dove scarsamente hanno successo, quello dove astronomia, biologia, elettricità, fisica, psicologia, convergono su un comune terreno, l’Infinito, vicino a quello che è un principio per la Teosofia: l’Universale Unità e Causazione. Questa super analisi non si ferma agli elementi, ma riconosce che tutti gli elementi sono senza tempo, sono solo forme assunte dalle unità da questi elementi, e si può provare sperimentalmente che sono intercambiabili. Ne consegue che siamo arrivati ad un punto, come è stato ben definito da HP Blavatsky, che bisogna pensare in termini di protile. (Vedi Nota 1). Quando fu scoperto il radio si supponeva trattarsi di un nuovo elemento, successivamente si scoprì che si trattava di una sostanza riducibile in molti semplici “raggi” (sebbene complessi), alcuni dei quali non potevano essere distinti dalla forza o energia che avevano in sé. Seguendo questa traccia siamo arrivati in un punto comune di energia e materia. Nel regno della biologia il concetto di Huxley sul protoplasma come “comune base della vita” , e della cellula come il più primitivo stato base dell’organismo, è stato superato dalla comprensione che la cellula, invece di essere l’ultima parola è la prima di un nuovo regno, un vasto significato, un nuovo cosmo, e che al di là di tale regno vi sono altri regni. E noi siamo a malapena alla soglia di tali regni. La cellula stessa apre un vasto significato, come gli stessi cicli. Al loro interno vi sono gerarchie di entità con anatomia propria, attività propria, forme di coscienza proprie, con potere esecutivo di formare, analizzare, regolare, ricreare, che può essere giudicato di vasta estensione. Nella “semplice” cellula è custodita gelosamente la potenzialità di tutte le cose organiche ed organizzate, dalle inferiori fino all’uomo; e, se mi è permesso di rischiare, ciò dimostra una costituzione base di vite nelle vite, ed altre ancora più interne, che sono logicamente tracciabili in una esistenza nella quale alla fine, fin dove la ragione può arrivare, sono identiche a quelle degli stessi minerali. Così, per la prima volta diventa possibile pensare ai minerali, alle piante, agli animali come tutti collegati al filo dell’evoluzione e la differenza consiste soltanto nei diversi tipi di coscienza. E fu la Blavatsky a dare una immagine di tutto ciò prima ancora che la scienza si sognasse concetti del genere. In Fisica tutti i fenomeni sono più o meno ridotti a formule elettriche, i cui ultimi fondamentali non sono pezzi grezzi o indefiniti che imperversano come forze al vento, ma protoni ed elettroni, identificati con gli ultimi fondamentali della Vita da un lato ed il Sistema Solare dall’altro. In pochi anni siamo giunti ad un buon punto e gli studenti di Teosofia possono ben meravigliarsi di quanto gli scienziati diranno quando si renderanno conto che prima che i loro moderni ed intensivi studi avessero inizio, HP Blavatsky aveva già evidenziato le loro conclusioni. Prendiamo in considerazione alcune recenti scoperte che gettano molta luce sul modus operandi del lavoro che la forza-vita compie nel corpo fisiologico dell’uomo in tutti i suoi dipartimenti di cellule crescenti, assimilazione ( e disassimilazione), operazioni del cervello, azioni muscolari, circolazione. Alcuni anni or sono il defunto Arthur E. Baines, un ingegnere elettrico impiegato presso il Governo Inglese in Sud Africa, nel controllare il tempo di transito dei cablogrammi per Aden ed altri posti, riscontrò degli errori nei suoi calcoli che riuscì a rintracciare attraverso sottili interferenze elettriche con il proprio corpo. Un'indagine sulla natura di queste interferenze portò ad una scoperta di grande importanza: tutte le attività del corpo sono condotte su base elettrica. Il corpo umano, infatti, e incidentalmente anche quello animale e vegetale, è un meraviglioso e complicato apparato elettrico e i metodi delle varie attività sono identici a quelli già conosciuti ed accettati che hanno luogo al di fuori del corpo. Questi esperimenti sono stati successivamente confermati da esperimenti sulle piante condotti da Sir Jagadis Chunder Bose, in India. Baines fu capace di rintracciare all’interno della struttura del suo corpo degli arrangiamenti per generare, accumulare, condurre e utilizzare questa forza. Questa è una prova del genio lungimirante dell’uomo che provò a rintracciare l’apparato generatore nei polmoni e, sebbene egli fosse solo un ingegnere elettrico, cercò qualcosa che corrispondesse ai generatori elettrici delle macchine elettriche. Anche se parliamo di dinamo e di generatori, la parola può essere un uso errato del nome, tuttavia queste macchine catturano ed utilizzano la forza che è nell’aria. E la stessa cosa avviene con gli animali; attraverso il meraviglioso lavoro costruttivo dei polmoni, l’animale cattura la forza dall’aria e la introduce nel corpo mediante il sangue. Gli accumulatori del corpo sono i grandi centri nervosi ed i gangli. La distribuzione è trasportata per mezzo dei nervi ed è simile ed analoga, quasi una imitazione, ai fili usati dagli elettricisti. E’ meraviglioso come i fili con i loro isolatori siano così simili ai nervi fisiologici. I terminali periferici dei nervi sono dotati di complicati arrangiamenti adeguati per dirigere l’energia conscia nelle varie funzioni di apprezzamento, ricezione ed esecuzione. Da un lato abbiamo, attraverso i nervi sensori, l’evoluzione dei sensi, in analogia con strumenti come il telefono, anche se molto più complessi, dall’altro ci sono i muscoli che sono come un elettromotore meccanico. In tutto questo vi sono congegni costruiti per l’adattamento di propaggini altamente organizzate, costituite da materiale elettrico o dielettrico, attraverso le quali sono possibili alterazioni di potenziale; ciò è essenziale per sfruttare le piccole esplosioni di questa forza neuro-elettrica. La stessa organizzazione è rintracciabile, in miniatura, in ogni cellula del corpo, attraverso la quale sono possibili microscopiche attività di assimilazione e di crescita. Ci sono perfino esempi di induzione di correnti scoperte in alcuni terminali nervosi, le sinapsi, che si pensa abbiano a che fare con certi aspetti della memoria. Si dice che l’alcoolismo interferisca con la memoria di eventi recenti mandando queste sinapsi fuori giri: ciò è interessante per gli studenti di Teosofia perché suggerisce una base scientifica per alcune connessioni fra il cervello e la mente vera e propria, non ancora escogitate dalla scienza. La temperatura del corpo ha qualche relazione non ancora scoperta con il sistema della forza neuro-elettrica, pyrexia o febbre che viene sempre associata con una qualche forma di corto circuito. E’ stato recentemente suggerito che il controllo della temperatura si trova nella sua natura psicologica e noi troviamo qui un accenno della relazione tra l’apparato fisico e la mente non fisica. Le infiammazioni locali, come gli ascessi e i foruncoli, sono chiaramente un caso di rottura della superficie dielettrica (isolante) del corpo nella pelle e, come Baines ha provato, la cosa migliore è intervenire applicando artifici dielettrici fino a quando il corpo è in grado di rimediare alla rottura, allo stesso modo in cui noi interveniamo per una emergenza nell’avvolgimento elettrico isolando il nastro. In tutti questi casi c’è una grande dispersione nella centrale di accumulo della forza, ed anche una perdita generale su grande scala che può provocare una rottura. Funzionamento delle cellule Vorrei ora attirare l’attenzione sulla forza-vita Pranica nelle stesse cellule sottili, specialmente nella funzione di assimilazione, così dimostrata in modo ammirevole dal Maggiore A. White-Robertson, un attento studioso dei lavori di Baines. Allo scopo di rendere l’argomento il più chiaro possibile, bisogna prima considerare la natura delle cellule. Ciascuna di queste piccole entità ha una propria esistenza e l’intera comunità è rappresentata dai componenti di ogni tessuto, alterata nella natura e nella forma perché possa compiere il suo speciale destino nelle varie funzioni del corpo. Ogni cellula è organizzata secondo lo stesso principio, vale a dire: un involucro che la circonda (isolativo) e contiene la sostanza della cellula. Questa è composta da una chimica piuttosto complicata e da una sostanza vitale chiamata protoplasma, che è contrattile, sensibile, discriminativa e reattiva. La cellula ha una ulteriore complicata suddivisione nel nucleo e nei nucleoli, questi ultimi essendo il santo dei santi dove vivono quelle minute entità psicologiche, i chromatin rods (barre di cromatina), così detti perché assumono il più profondo colore. Sia il nucleo che i nucleoli hanno pareti dielettriche, la cui presenza permette la direzione dei sottili cambiamenti elettrici che avvengono nella cellula e rendono possibile la produzione di differenti potenziali di carica elettrica necessaria a determinare l’agitazione discreta e gli spostamenti di energie che culminano nell’evoluzione e la fabbricazione di sostanze che formano l’essenza del metabolismo. Senza entrare in dettagli tecnici, è sufficiente dire che nel processo del metabolismo cellulare sono coinvolte alcune sostanze chimiche chiamate lipoidi, di cui i più importanti sono i cholosterin i phosphatides, i galactoxides. Ed è proprio attraverso l’interscambio di vari elementi, come i risultati delle scariche elettriche emesse attraverso il nucleo e i nucleotidi, con differenti gradi di potenziale, che vengono prodotte le sostanze necessarie a mantenere il corpo integro ed in buona salute. Le vitamine, spesso citate per ultime, sono probabilmente formate dagli stessi processi e sono unità elettricamente cariche fornite al corpo attraverso il cibo. Non è difficile vedere come, dalla assimilazione impropria possibile, anche se non probabile, della interferenza diretta dei processi elettrici attraverso le correnti mentali, le tossine di vario grado emesse dalle cellule dove sono state prodotte entrano nel flusso del sangue con danno per chi occupa il corpo. Un’altra forma dell’attività delle cellule esibisce l’aspetto di una funzione aggiuntiva che si somma a quelle già menzionate, è quella della divisione della cellula mediante il processo kar yokinesis, che molto semplicemente dimostra la natura elettrica delle attività che preparano per questa eventualità marcando i cambiamenti del nucleo. La parete del nucleo sembra dissolversi, i chromatin rods per un certo tempo perdono la loro individuale conformazione e si mescolano come una massa confusa, poi appaiono nel citoplasma due centri chiamati centrosomes. I filamenti vengono strappati dal nucleo e formano due gruppi attorno a ciascun centrosome, assomigliando molto a fili di ferro avvolti ai poli di un magnete. I due campi di filamenti si fissano in basso a formare due nuclei freschi, e le due cellule vengono divise. La forza pranica Le attività del cuore sono state argomento di studi intensivi negli ultimi anni e molti cardiogrammi sono stati fatti per visualizzare le sue aberrazioni; elaborate apparecchiature elettriche sono state installate in vari istituti di istruzione che, fra le altre cose, registrano le reazioni cardiache ad ogni esposizione muscolare anche in parti distanti del corpo. Viene generalmente accettato che questa complicata funzione operi sul piano elettrico. La conclusione che deriva da quanto detto sopra è che la forza pranica, quella che ci dà la vita, che ci permette di muoverci, che è la padrona del nostro essere, è di natura elettrica e che il suo metodo di azione è basato su principi elettrici. Baines ammette che mentre risolveva molti dei misteri di questa connessione, non è mai riuscito a scoprire il Generatore. E’ proprio su questo che gli insegnamenti teosofici gettano la loro luce. Baines sospetta che i polmoni possano essere gli agenti attivi in questo processo, ed oggi possiamo dire che era molto vicino alla verità. Nel Glossario Teosofico, Prana è descritto come il “Soffio della Vita”. La respirazione è sempre associata con la vita, e la concreta esistenza del neonato si considerata iniziata solo dopo che è stato inalato il primo respiro. L’atmosfera è il grande serbatoio dell’energia elettrica ed anche il grande assorbitore della stessa. Con riferimento ai corpi degli animali e delle piante, è la territorialità dove l’energia viene assorbita mentre passa. Come gli ingredienti fisici dell’aria sono presi dai polmoni e assorbiti dal sangue, circondano il corpo e vengono assorbiti dai tessuti organici, per poi essere restituiti all’atmosfera dai polmoni, così l’energia sottile o forza pranica viene presa dal corpo, assorbita, conservata e usata per le funzioni, finché scappa attraverso la pelle, i polmoni, i canali alimentari, e torna nell’atmosfera. I tre componenti importanti dell’aria sono l’ossigeno, l’idrogeno, l’azoto. Nella Dottrina Segreta HP Blavatsky chiama l’ossigeno “l’Elemento Fuoco, che è il Creatore (ed anche il Distruttore)”. Poi aggiunge che gli antichi chiamavano questi elementi la “Sacra Triade della Vita”, la “Prima Nata”. Al riguardo vi sono anche altre significative considerazioni. Due di questi elementi, ossigeno e idrogeno, formano l’acqua che è essenziale per la vita quanto l’aria e più del cibo. Una persona può vivere quasi indefinitamente senza cibo, ma senza acqua appassisce come una pianta. Il terzo elemento, l’azoto, è essenziale per i cibi proteici perché, combinato con l’acqua, fornisce una altra strada al Prana, in forma solida, attraverso i canali alimentari. L’immissione dell’ossigeno avviene per mezzo dei globuli rossi, corpuscoli che si trovano nel sangue, i quali lo assorbono attraverso il ferro che essi contengono e lo distribuiscono alle cellule. I globuli rossi sembrano unità cariche elettricamente. La loro naturale tendenza è generare forme rugginose all’esterno del corpo perché la superficie è attratta da un principio elettrico o magnetico, positivo o negativo. Inoltre gli scienziati vedono nel flusso del sangue che attraversa il corpo un mezzo ionico, ovvero il miglior conduttore di elettricità. E’ la corrente della vita, così forte che assiomaticamente è detta “la vita corre via con il suo sangue”. Per questo motivo l’antica pratica del salasso veniva usata quando nel corpo veniva rilevato un surplus di energia elettrica o neuroelettrica e si rendeva necessario regolarla. L’importanza dell’attività polmonare si mostra nel fatto che una bassa capacità polmonare è sempre associata a stati devitalizzati come la tubercolosi. Di conseguenza un miglioramento materiale di energia vitale può essere compiuto mediante un riuscito sforzo per incrementare la capacità respiratoria. Riassumendo: Prana è la manifestazione di una forza spirituale emanata dalla Monade; essa subisce una metamorfosi evolutiva e delle permutazioni, provenienti da un lungo processo di adattamento, una specie di cristallizzazione o materializzazione attraverso i regni astrali, da quello più alto (Spirituale), giù fino al regno fisico dove si inserisce nella triade. In tal modo gli elementi della triade formano uno scudo che circonda la Terra, che costituisce la riserva universale. Da qui sono nati i sostanziali regni del mondo: minerale, vegetale, animale umano. --- ===oooOooo===--Nota 1 - Il Protile La Vita Una, eterna, onnipresente, senza principio né fine, periodica nelle sue manifestazioni regolari, Coscienza Assoluta, unica Realtà auto esistente, Movimento esterno ed incessante, detta anche Il Grande Soffio, è quella che genera il movimento perpetuo dell’Universo nel senso di Spazio illimitato e onnipresente. Essa è l’Esistenza Una, Fuoco vivente, Presenza invisibile i cui attributi manifesti sono la Luce, il Calore, l’Umidità. E’ la causa di ogni fenomeno in Natura, del movimento intracosmico, è attiva durante il Manvantara (Giorno di Brahma), dormiente durante il Pralaya (Notte di Brahma). Il Risveglio dal Pralaya, ossia l’inizio di una nuova Manifestazione, ha inizio con il cerchio (Spazio infinito astratto) ed un punto al centro (Spazio infinito potenziale). Lo Spirito (Causa inconscia) mette in moto Parabrahman, Principio infinito supremo e immutabile, dal quale “sboccia” l’Universo: la Manifestazione, infatti, procede dall’interno verso l’esterno. HPB sintetizza tutti i processi della Manifestazione nei Tre Principi fondamentali della Teosofia. Lasciato Parabrahman, il Primo Logos, (Realtà Unica, Sat, Essere Assoluto, Non Essere), scendiamo di un gradino e troviamo la Causa Prima, l’Incosciente, il Logos non manifestato; ancora un gradino più giù troviamo lo Spirito dell’Universo, la Vita manifestata, Purusha e Prakriti, lo Spirito e la Materia. Ormai siamo in piena manifestazione: l’Ideazione Cosmica impersonata da Mahat, è l’Anima Universale del Mondo, il Noumeno Cosmico della Materia, la base delle operazioni intelligenti che sviluppano la manifestazione. Lo Spirito, o Ideazione Cosmica, e la Sostanza Cosmica (di cui uno dei “principi” è l’Etere), non sono che uno e includono gli Elementi, . Questi Elementi sono le sintesi velate che rappresentano i Dhyan Chohan, i Deva, i Sefiroti, gli Amshaspend, gli Arcangeli, ecc. L’Etere della scienza costituisce, per così dire, il materiale relativamente grezzo col quale i summenzionati “Costruttori” formano i Sistemi del Cosmo, seguendo il piano tracciato eternamente nel Pensiero Divino. La Forza che sostiene l’opera dei Costruttori è Fohat, il cui movimento sorregge l’Universo nascente. Questa premessa si rende necessaria per mettere a fuoco il momento in cui sorge la domanda: dove si trovano i Centri Laya? Diciamo subito che i Centri Laya sono i sette punti zero, uno per ognuno dei sette piani in cui si suddivide esotericamente l’Universo e rappresentano i punti in cui ha inizio la differenziazione degli elementi che entrano nella costituzione materiale del Cosmo e, quindi, anche del Sistema Solare. Si chiamano anche i Sette Punti Zero, perché è qui che la materia diventa sostanza indifferenziata e successivamente si trasforma in quella eterogeneità che noi osserviamo nel mondo. Questo punto di svolta non è solo materiale poiché ha bisogno delle forze spirituali a sostegno del processo di differenziazione, e non è solo spirituale perché nulla è possibile differenziare se non c’è la materia. Si rende necessario allora individuare un piano della materia, prima che diventi materia per la manifestazione, dove questa operazione mista si renda possibile: HPB assume un nome giù usato da un illustre chimico: William Crookes. Vediamo innanzitutto come HPB ci spiega le operazioni con il Protile: L’impulso manvantarico comincia col risveglio dell’Ideazione Cosmica, della Mente Universale, unitamente e parallelamente all’emergenza primordiale della Sostanza Cosmica dal suo stato indifferenziato del Pralaya, essendo quest’ultima il veicolo manvantarico della prima. La Saggezza Assoluta si riflette allora nella sua Ideazione, la quale, per un processo trascendentale, superiore alla Coscienza umana ed incomprensibile per essa, di trasforma in Energia Cosmica, Fohat. Vibrando in seno alla Sostanza inerte, Fohat la sospinge all’attività e dirige le sue differenziazioni primarie su tutti e sette i piani della Coscienza Cosmica. Vi sono così Sette Protili , come vengono chiamati attualmente, mentre l’antichità ariana li chiamava Sette Prakriti o Nature, che servono, separatamente, quali basi relativamente omogenee, che nel corso della crescente etero-geneità, nell’evoluzione dell’Universo, si differenziano nella meravigliosa complessità presentata di fenomeni sui piani della percezione. Il termine “relativamente” è usato di proposito, poiché l’esistenza stessa di un simile processo avente per risultato la separazione primaria della Sostanza Cosmica indifferenziata nelle sue basi settenarie di evoluzione, ci costringe a considerare il Protile di ciascun piano come se fosse soltanto una fase intermedia, assunta dalla Sostanza nel suo passaggio dall’astratto alla completa oggettività. Il termine Protile è dovuto a W. Crookes, eminente chimico, che ha tale nome alla pre-materia , se così si può chiamare la sostanza primordiale puramente omogenea, che è sospettata, anche se attualmente non ancora scoperta, dalla scienza nella composizione ultima dell’atomo. Ma la separazione incipiente della materia primordiale in atomi e in molecole si inizia soltanto susseguentemente all’evoluzione dei nostri Sette Protili. Crooks è alla ricerca dell’ultimo di questi sette, avendo egli recentemente scoperto la possibilità della sua esistenza sul nostro piano. E poi come Crookes spiega il Protile e la funzione: “Protile è una parola analoga a protoplasma, per esprimere l’idea della materia prima originaria esistente anteriormente all’evoluzione degli elementi chimici. La parola che mi sono permesso di adottare per questo scopo è composta da pro (prima di) e ulè (la sostanza di cui sono fatte tutte le cose). La parola non si può dire di nuovo conio, poiché 600 anni fa Ruggero Bacone scrisse nel suo Arte Chymiae ‘Gli elementi sono fatti di ulè ed ogni elemento si trasforma nella natura di un altro elemento’ … Partiamo dal momento in cui venne in esistenza il primo elemento. Prima di questo momento, la materia, come la intendiamo noi, non esisteva. E’ ugualmente impossibile concepire della materia senza energia, come dell’energia senza materia; da un certo punto di vista, sono due termini convertibili. Prima della nascita degli atomi, tutte quelle forme di energia, che diventano evidenti quando la materia agisce sulla materia, non avrebbero potuto esistere; esse erano racchiuse nel protile solamente come potenzialità latenti. Contemporaneamente alla produzione degli atoni, tutti quegli attributi e proprietà che costituiscono i mezzi per distinguere un elemento chimico da un altro, entrano in esistenza, pienamente dotati di energia”. Altrove Crooks scrive : “Prima che fossero nati degli atomi a gravitare gli uni sugli altri, non si poteva esercitare pressione; ma ai limiti della sfera infuocata, entro la quale tutto è protile (sul cui involucro le tremende forze implicate nella nascita di un elemento chimico hanno pieni poteri) il calore intensissimo sarebbe accompagnato da una gravità sufficiente a trattenere gli elementi nuovi nati dallo sfuggire nello spazio … La scienza fisica, ora che ha accertato, attraverso il suo ramo della chimica, la legge invariabile di questa evoluzione degli atomi, dal loro stato di protile fino a quello di particelle fisiche e poi chimiche, o molecole, non può respingere questi stati come legge generale … Una volta che sia accettato e riconosciuto il Protile, la chimica avrà virtualmente cessato di vivere; essa riapparirà in una nuova reincarnazione come Nuova Alchimia o meta-chimica”. HPB ci informa che “Martanda”, il Sole, si è aggregato ed evoluto, insieme con i suoi sette fratelli minori, dal seno della madre Aditi, il quale seno è prima materia, il Protile primordiale.” Il Fuoco Spirituale è quello che fa dell’Uomo un’entità perfetta e divina. Questo Fuoco in Alchimia lo chiamarono Idrogeno, nome che rimase poi anche in chimica. In realtà è emanazione dei Dhyani del Primo Elemento, un raggio che procede dal Noumeno, i Dhyani appunto. L’idrogeno è un gas solo sul nostro pianeta terrestre, ma anche in chimica esso “sarebbe la sola forma esistente di materia” ed è prossimo al protile, che è il nostro layam. E’ il padre ed il generatore, l’Upadhi (base) tanto dell’aria che dell’acqua ed è in realtà “fuoco, aria, acqua”, uno sotto tre aspetti, la trinità chimica ed alchemica. Nel Mondo della Manifestazione, o Materia, è il simbolo oggettivo e l’emanazione materiale dell’Essere individuale soggettivo e puramente spirituale, nella regione dei Noumeni. L’Uno sul piano delle Emanazioni è il riflesso dell’Uno Assoluto ed emana da sé i Sette Raggi o Dhyan Chohan (come dalla Triade Sephirotale Superiore sono emanati i Sette Sefiroti inferiori): ciò vuol dire che l’Omogeneo diventa Eterogeneo , il Protile si differenzia negli elementi. La sostanza indifferenziata (Protile), come esistente al punto zero, non rientra nell’Universo manifestato, per cui giace oltre Mulaprakriti. Poiché in qualche modo ha anche l’aspetto della materia, la sua azione non ha alcun rapporto con le Entità spirituali. La scienza, per quanto possa progredire, non potrà mai andare oltre il punto zero, o punto laya che dir si voglia. Anche l’Occultista è cosciente di trovarsi sull’Anello “Non Passare” e non può fare altro che immaginarlo come esistente su qualche piano. H. T. EDGE : Vita e Morte (The Theosophical Path, n.3, Settembre 1922) La dualità della natura umana è spesso citata negli scritti teosofici; dovrebbe essere menzionata molto di più in considerazione della sua suprema importanza. Qualcuno potrebbe avere la tendenza a sottovalutarla perché come tante profonde verità, sembra troppo semplice. Per prendere in prestito qualcosa di simile che c’è familiare, possiamo compararla con l’oceano, che è poco profondo alla spiaggia ed i bambini vi possono giocare, mentre nelle sue profondità esso potrebbe contenere tutte le montagne del mondo. Così la dualità dell’umana natura si manifesta in forme semplici e familiari alle osservazioni più stupide; mentre questa grande verità può essere usata come chiave per risolvere i problemi più profondi che toccano l’umana natura. Prendiamo ad esempio il problema dell’immortalità. Il nostro giudizio non consente l’idea che la nostra presente personalità terrestre, con tutte le sue imperfezioni, possa essere preservata con l’immortalità; d’altra parte, non siamo in grado di cancellare il pensiero che noi saremo completamente estinti. Gli insegnamenti sulla dualità dell’uomo ci fanno capire come una parte della nostra anima sia mortale, mentre l’altra è immortale. Il Sé personale, o Ego personale, che noi chiamiamo IO, non è il vero Sé, ma solo una specie di riflesso di quello vero. Spiegando questi concetti, HP Blavatsky ha usato la similitudine di una lampada che illumina una parete. La lampada rappresenta il Sé reale, la luce sulla parete il Sé fittizio, e la parete il corpo. Il Sé reale, che nella propria sfera è unico, nella reincarnazione diventa duale. La parte inferiore si attacca al cervello del nascituro e diventa la sede dell’Ego personale per tutta l’incarnazione. Attorno ad essa crescono le impressioni ricevute attraverso i segnali che i sensi del corpo prelevano dal mondo esterno. La sua fonte e la sua origine vengono dimenticate, ed esso si risveglia (per modo di dire) al nuovo mondo della sua vita terrestre. Nella terminologia teosofica, il Sé reale è chiamato Manas, termine sanscrito che significa “Pensatore”, mentre all’Ego personale si assegna il nome di Manas inferiore. In molte antiche allegorie si dice che il Sé sacrifica se stesso caricandosi dei peccati del Sé inferiore. Il significato di ciò è che si trova nel destino dell’uomo il compito di “innalzare il sé inferiore, mediante il Sé superiore”, così è scritto nella Bhagavad Gita; è il suo destino conscio quello di compiere la propria evoluzione innalzando l’ego personale con aspirazioni orientate verso la sua divina controparte, il Sé superiore. Questo insegnamento costituisce l’essenza di tutte le religioni e le grandi filosofie pratiche della vita. Lo troviamo abbondantemente nella Bibbia. Giovanni, riferendosi ad esso, frequentemente cita il “Padre” ed il “Figlio”. Il Figlio viene inviato da Dio nel mondo per salvarlo; il Figlio vi renderà liberi; chi avrà il Figlio avrà la vita; e così via. Paolo è pieno di questa dottrina nei suoi insegnamenti sull’uomo naturale e l’uomo spirituale. Gesù interviene su Nicodemo, un inquisitore che va da lui per prendere istruzioni, è d’accordo sullo stesso argomento; egli parla della seconda nascita; di come un uomo nasce dapprima in modo naturale, e poi fa un passo avanti diventando uomo spirituale. Ovviamente, sarebbe possibile fornire numerosi esempi, tratti da molte altre fonti, con i quali si potrebbero riempire interi volumi. Ciò viene donato dagli scritti teosofici, specialmente da HP Blavatsky. Come esempio molto noto possiamo citare il mito dei divini gemelli, Castore e Polluce, separati quando stanno sulla terra, altrimenti uniti; ovviamente essi rappresentano il Manas superiore ed il Manas inferiore. Siamo tutti “Figli di Dio” anche se questo termine viene usato con significato particolare per i Maestri e gli Iniziati che hanno acquisito l’unione della coscienza fra il più alto ed il più basso manas. Le parole di Gesù rivelano che egli era un “Maestro di Saggezza” e che il suo obiettivo era guidare i discepoli sul sentiero che egli stesso aveva calpestato. La Parola “Sentiero” ci porta al punto successivo: tra il Manas e la sua controparte inferiore terrestre c’è un ponte, un collegamento, spesso chiamato misticamente “Il Sentiero” o “La Via”. E’ questo sentiero che rende possibile all’uomo raggiungere la salvezza, completare la sua più alta evoluzione. Il Sé, con la sua incarnazione nel corpo, e con la sua connessione con la vita terrestre, può mietere un raccolto di esperienze che possono essere ottenute soltanto nella vita terrestre, e assimilare queste esperienze. Dal punto di vista dell’esperienza personale sulla terra, il vero Sé raccoglie l’aroma delle aspirazioni e delle imprese più belle, più pure, più nobili, più delicate. Ciò rende chiaro che, anche nella nostra preparazione terrestre, ci sono molti elementi che sono immortali; ed anche che il grado della nostra immortalità dipende dall’uso che noi facciamo delle nostre presenti opportunità. Possiamo concentrare le nostre passioni e le nostre energie sulle cose deteriorabili di questa vita, oppure alzare i nostri pensieri a ciò che non à deperibile. Attenzione, tutto questo non dev’essere assunto come un amaro senso ascetico, che ci fa escludere le armonie e le grazie della vita, né fissare i nostri tristi pensieri sulla morte e sul paradiso. Nulla di tutto questo, si tratta piuttosto di allontanare da noi ciò che è ristretto, sordido, egoistico, ed invece abbracciare pensieri generosi, spaziosi, altruisti. La morte non è la distruzione dell’Individualità. Essa significa che la nostra fugace immagine, il Sé personale, svanisce lasciando il vero Sé splendente come un Sole introiettato. E significa anche che l’Anima, che è stata rilasciata, porta con sé le ricchezze che ha raccolto dai migliori pensieri nella sua vita terrestre. In questo stato scopriamo un lampo dell’eternità del vero Amore. Le passioni sono evanescenti, ma in un puro amore genuino, sono state abbandonate le semplici attrazioni, tutto è ruotato verso esperienze positive che ci fa sentire di essere nella qualità eterna. Diventa poi evidente che il simulacro evocato nelle stanze della scienza non è l’uomo reale, ma un'immagine costruita da decadenti resti di una personalità deceduta, o forse semplicemente una personificazione di alcuni degli abitanti non umani che vivono nel piano astrale. L’Anima non può essere evocata o trascinata giù sulla terra. Piuttosto che provare a tirarla giù nella nostra oscura atmosfera, dobbiamo sforzarci di salire noi sui piani in cui essa riposa. Oggi il mondo è pieno di strane teorie e nuove pazzie; la gente sta provando a trovare qualche nuovo punto d’appoggio per sostituire quello appena perso nella recente confusione. La dottrina che andiamo spiegando qui non è una nuova teoria, una moda passeggera. Essa è semplicemente un vecchio e ben noto insegnamento, che tuttavia è stato perso di vista durante i cicli bui della storia umana, da cui non siamo ancora emersi. L’intelletto umano è un grande pensiero ma ha speso le sue energie in grande quantità intrappolato in uno stretto canale. E’ stato occupato nella ricerca di qualche traccia dell’eredità dell’uomo quando era ancora un animale primitivo. E se le sue conclusioni rispetto a ciò siano vere o false, in entrambi i casi ha praticamente ignorato la più alta natura dell’uomo. Ciò nonostante questa alta natura è un fatto ed esso non può essere sicuramente ignorato ancora a lungo più di quanto non lo siano altri fatti. Se l’uomo non impara nulla circa la natura della sua meravigliosa intelligenza di cui è dotato, egli rimarrà in balia di manie e di superstizioni. La parte del Manas che è chiusa ermeticamente nel cervello umano acquista una meravigliosa acuta intelligenza, ma essa è solo un lato del carattere. E’ competente per sistematizzare ed organizzare la conoscenza e adattarci a far fronte alle condizioni del mondo fisico. Ma essa non è capace di rispondere alle domande relative ai più profondi problemi della vita. Essa non può trattare con i problemi della fine: riesce a porre dei dubbi ma non trova risposte. Evolve sistemi agnostici e materialistici e non ispira la fede e la certezza così essenziali per il nostro benessere. Ed allora dobbiamo andare a cercare la luce da qualche altra parte. Dobbiamo metterci in testa che esiste un più alto aspetto della nostra mente che perfino le religioni maggiori ignorano, ma che noi cominciamo a capire come potere di conoscere le menzogne all’interno della nostra capacità. Senza dubbio ci sono persone che trovano soddisfazione in modo semplice nella fede e nella religione; il loro numero è comparativamente basso e la maggioranza della gente vive in uno stato di tenebre per quanto riguarda il significato della vita. Loro non sanno cosa sia l’uomo, perché si trova qui, quale potere gioca in un universo che sembra cieco e crudele e per di più senza leggi. Ma questo stato delle cose non è corretto, e bisogna che non lo sia. Le vie del Signore sono imperscrutabili, è possibile per l’uomo entrare nel sentiero che porta molto vicino alla luce ed alla liberazione. Questo sentiero è antico, insegnato da tutte le grandi filosofie: salvare il Manas dalla sua prigione e portarlo in comunione con il suo prototipo spirituale. L’importanza del lavoro educativo, specialmente nei primi stadi, è supremo. E’ nei giovani che la Mente prende la sua prima lezione nella nuova vita che ha davanti. E’ molto importante che questi primi passi siano nella giusta direzione. L’ignoranza o la disattenzione dei genitori tratta con soverchia indulgenza l’egoismo animale istintivo dei figli, perché nella tenera età le manifestazioni dei bambini sembrano inoffensive e graziose. Ma esso si radica e cresce molto forte, fino a quando negli anni successivi diventa il tiranno della vita. Una piccola conoscenza, un piccolo amorevole auto sacrificio, da parte dei genitori lo, o la, rende capace di discriminare fra il bene ed il male, e aiuta l’uno mentre diminuisce l’altro. Al bambino bisogna insegnare presto ad aver riguardo per il suo Sé superiore come vero frutto di saggezza e di autorità, e come richiamare la sua volontà al superamento della sua debolezza. Molti filosofi materialisti non riescono a separare la mente dal cervello, perché manca in loro la consapevolezza della dualità della Mente. Loro studiano soltanto il suo aspetto inferiore, quella che risiede nel cervello. Ma i veri filosofi fin dall’antichità sapevano della dualità del Manas. Le condizioni che chiamiamo vita e morte sono soltanto dei cambiamenti di stato. Né la prima è vera vita, né la seconda è vera morte. La vera vita è una “conscia esistenza nello Spirito, non nella Materia” (HP Blavatsky); la vera morte è la totale perdita della suddetta vita. Da qui l’attaccamento alla vita reale vista come indipendente dagli altri stati alternativi che chiamiamo vita e morte. In che modo questo altera il problema dell’immortalità? “Io vi darò la vita eterna!”. Questa frase è stata costruita per significare una promessa di perpetua esistenza in cielo. Ciò che realmente significa è la promessa di raggiungere la coscienza spirituale, sia durante la vita sia durante il periodo che noi supponiamo di essere morti. Una persona ragionevole non deve pensare che stiamo tentando di mostrare qualche scorciatoia sulla via della beatitudine. La Teosofia nulla ha a che fare con i falsi metodi di autosviluppo o meditazione che promettono stati estatici o vantaggi personali di qualsiasi tipo. Queste cose le lasciamo ai ciarlatani e agli eccentrici. Ciò che la Teosofia fa è indicare il vero traguardo per l’umanità. Tuttavia, per realizzare i nostri ideali di perfezione, è necessario che tali ideali siano corretti e mantengano il nostro sguardo fisso su di essi. Gli uomini possono avere ideali di ogni tipo ma, se non sono corretti, sono errati. E’ sufficiente sapere che la gente che vive nella tenebre ed è quasi disperata, a causa della loro mancanza di fede nella vita ed in se stessi, con gli insegnamenti teosofici riescono a riguadagnare lo loro speranza e la loro fiducia. E’ ben detto che, se non sei capace di vedere alcunché di buono in te e negli altri, è perché non hai cercato abbastanza in profondità. Cercate sempre più in fondo, lì troverete la fontana della fede, della speranza e della carità, nel vostro cuore, ed anche in quello degli altri. Le leggi fondamentali dell’universo sono giuste, ed il male è solo superficiale ed impermanente. Man mano che ci ipnotizziamo con la nozione della nostra impotenza, non siamo più in grado di far nulla; ma una volta che ci mettiamo in testa l’idea che il Sentiero dev’essere trovato da quanti lo cercano in profondità, cominciamo a rialzare noi stessi di molti gradi al di sopra dello scoraggiamento. Manas è il principio che diventa duale durante l’incarnazione poiché è attratto dall’alto dal divino e dallo spirituale, e dal basso dall’animale. L’anima dell’uomo si può dire sia triplice: spirituale, umana, animale. L’ultima è puramente animale, piena di istinti, interessata solo a quello che vuole. Se prende il predominio, l’uomo diventa un tipo sensuale e di basso livello poiché il suo cervello diventa servo della parte animale. La mente dovrebbe essere sempre unita al suo prototipo divino, allora le regole della Saggezza dominano e la parte animale diventa il servo. Concludiamo con una citazione tratta di HP Blavatsky: “ Il raccolto della vita” consiste dei più delicati pensieri spirituali, della memoria, dei più nobili e più altruistici atti della personalità, e la costante presenza durante la sua beatitudine dopo la morte di tutte le cose che ha amato con devozione divina e spirituale. Ricorda l’insegnamento: L’anima umana, il Manas inferiore, è il solo e diretto mediatore fra la personalità e l’Ego divino. Ciò che va a costruire la personalità, erroneamente chiamata individualità dalla maggioranza della gente, è la sommatoria di tutte le caratteristiche mentali, fisiche e spirituali, che essendo impresse sull’anima umana, producono l’Uomo. Fra tutte queste caratteristiche, solo i pensieri purificati possono essere impressi sull’Ego Superiore Immortale. Questo viene fatto dall’anima umana che si fonde di nuovo nella sua essenza alla sua fonte madre, mescolandosi con il suo divino Ego durante la vita, e riunendosi interamente con esso dopo la morte dell’uomo fisico”. T. HENRY : La nascita non è l’inizio, la morte non è la fine (TheTheosophical Path, n.3, Marzo 1913) La frase usata come titolo, breve e concisa, la disse il grande filosofo cinese Chuang-Tzu che visse nel terzo-quarto secolo dell’evo antico, ed è un ottimo punto di partenza per fare alcune riflessioni. Essa mostra quanto sia sbagliato assumere atteggiamenti scettici e materialistici nei confronti dei filosofi solo perché deridono il formalismo religioso mentre la virtù è incerta e colpita. I loro insegnamenti, come anche quelli di altri filosofi della scuola di Lao-Tzu, trattano della possibilità di sperimentare anche nella presente vita un più profondo e vero significato dell’Essere. Il Tao (misteriosa parola che può essere tradotta con “Esso” o “La Via”, ma non rendono esattamente l’idea) è lo scopo da conseguire che può essere raggiunto solo da chi è capace di distinguere il vero dal falso, l’impermanente dal permanente. La maggioranza dei filosofi del Tao insegna con sublime semplicità, il rifiuto degli ornamenti e della vanità; non l’ammucchiare delle virtù. L’uomo deve per prima cosa svuotare se stesso, ridiventare com’era, prima di poter divenire un tempio per la verità. Questi filosofi si resero conto che la rimozione di così tante funzioni della nostra personalità attraverso la morte non potrebbe distruggere l’essenzialità del nostro Essere; è logico dedurre che la nascita non è l’inizio della vita dell’uomo reale. Il “filo conduttore dell’anima”, che viene considerato il collegamento con le nostre nuove vite sulla terra, come i grani di una corona, deve giacere in profondità nel substrato della nostra coscienza; per raggiungerlo bisogna mettere in atto qualcuno dei processi di auto-purificazione, o di rifinitura mentale, prescritti dai Taoisti. Questa operazione richiede una triplice analisi dell’umana natura per poter scegliere una cosa fra tre cose diverse (tre anime), una operazione del Manas nella sua relazione con l’Anima Spirituale da un lato e quella animale dall’altro. Quello che chiamiamo il nostro “Sé”, non è quello che esisteva prima della nascita, né quello che sarà dopo la morte. Il nostro attuale Sé personale è cresciuto in questa vita e, per di più, è fluttuante e mutabile. E’ una illusione, un’idea sbagliata; possiamo paragonarlo al disegno di una luce che brilla attraverso una superficie trasparente e crea figure su uno schermo: le figure cambiano ma la luce permane. In un certo modo è la stessa cosa del misterioso senso “Io sono”, o identità, o riconoscimento di sé, che brilla fuoriuscendo dalla sua nascosta sorgente attraverso i vari stati d’animo e le immagini mentali che costituiscono il nostro carattere; da qui nasce l’illusione della personalità. Questa è composta così abbondantemente di elementi deperibili, che non possono sopravvivere alla dissoluzione del corpo, per cui spesso noi ci meravigliamo se qualcosa viene persa dopo che gli elementi sono stati dissolti. Ma la nostra mente si ribella a questa idea che nulla possa rimanere, e sono in tanti a pensare che il nostro vero potere di riflettere sulla immortalità implica che qualcosa in noi sia immortale. Qual è questo fattore immortale in noi? Non è forse quello che i filosofi del Tao cercano di rivelare, rimuovendo le bucce della mente, lasciando solo ciò che è reale ed essenziale? Se vogliamo avere successo nell’ottenere questo obiettivo mentre siamo ancora nella carne, sicuramente dobbiamo aver risolto il mistero della nascita e della morte. La nostra ignoranza su questi misteri è la causa che ci fa sembrare la vita una maligna farsa o un paradosso inesplicabile. Alla morte di una persona cara non si consola chi coltiva sicure speranze. Siamo destinati a rimanere per sempre ignoranti? Non la pensavano così gli antichi saggi e neanche i grandi Maestri di Saggezza dai quali sono nate le grandi religioni del Mondo. Qualcuno pensa, o pensa che altri pensino, che dopo la morte si cada nel nulla. Ma cos’è il nulla? Si tratta di un modesto buon nome per lo stato in cui dovremo andare a cadere; noi, infatti dovremo lasciare molto di quello che consideriamo di valore ed è quello che lasciamo che viene considerato il “nulla”. E’ questo il vero nulla e la vacuità può provare di essere vera pienezza, come in Oriente simile ad un tamburo, la cui efficienza dipende dalla sua vacuità. Cosa accade quando noi sprofondiamo in un sonno profondo? Ci vuotiamo e proviamo una profonda gioia in tale processo : ci risvegliamo con riluttanza. Indubbiamente la mente, durante il sonno profondo, riguadagna uno stato di riposo e di purezza che non conosce durante la vita da sveglia; e sebbene ogni cosa dal nostro punto di vista da svegli sembra annichilita, la connessione di identità viene mantenuta. Il conseguimento della conoscenza attraverso la auto-purificazione contiene una futura promessa di soluzione di molti misteri. I nostri amici dipartiti hanno raggiunto uno stato nel quale non possiamo più riconoscerli, perché noi viviamo in un’altra sfera. Forse non li abbiamo mai conosciuti neanche quando erano con noi. La loro forma esterna, molti dei loro pensieri e dei loro sentimenti, li conosciamo; ma la loro Anima era un mistero e rimane un mistero. E così la loro perdita diventa definitiva ed irreparabile. Però si tratta di una delusione. Dobbiamo sempre ricordarci che non possiamo tirare giù l’Anima liberata dall’alto posto in cui si trova per racchiuderla nella nostra stretta casa; né possiamo trasportare la nostra sporca mente nelle pure dimore del cielo. La Giustizia Eterna e la Grazia non possono essere limitate dalla nostra ignoranza; una saggia acquiescenza alle leggi universali può esaltare la nostra natura, e porre i nostri piedi sul sentiero della conoscenza. Una chiara comprensione delle leggi della vita (in sintonia con la nostra intuizione) potrebbe mitigare gli effetti delle molte manie sociologiche oggi tanto diffuse, che minacciano di portarci all'adozione di misure imprudenti. Se pensiamo agli uomini ed alle donne come Anime immortali, che hanno vissuto prima e vivranno ancora, non dovremmo essere insensibili in alcune delle nostre suggestioni circa il modo di trattarli. Non altrettanto prontamente dovremmo spezzare la canna scheggiata! La loro casa odierna può essere domani la tua, si dice in un libro di antica saggezza; tu potresti probabilmente essere costretto ad indossare i panni sporchi che prima hai disprezzato. Infatti, la grazia e la conoscenza vanno mano nella mano; mentre la cosiddetta giustizia che il semplice apprendimento del libro farebbe emergere, è come quella di Shylock conformabile non alla saggezza ma all’errore dell’uomo. Sarebbe troppo lungo entrare nei dettagli circa l’applicazione di una più vasta conoscenza ai vari aspetti relativi alla vita; ma, lasciando da parte i dettagli, che andrebbero riempiti, possiamo dire in linea generale che una tale conoscenza cambierebbe completamente la visione dei problemi della vita. Ed è proprio tale nuova visione che la gente va cercando; una grande rivelazione che sia una chiave universale atta a risolvere tutti i problemi con un colpo solo. Se questa chiave esiste, essa è l’antica Saggezza, oggi ristabilita sotto il nome di Teosofia; e se è vero che la Teosofia sia una tale chiave, essa dimostrerebbe sicuramente il suo diritto al titolo di dispensatrice di ciò che la gente sta cercando. Qual è la chiave del successo della Teosofia? Si può riassumere in una parola : autodisciplina, la vera qualità che tutti i maestri ed i riformatori sentono sia la più essenziale e che vanamente essi provano ad instillare nei loro discepoli. La difficoltà più grande è che non si può fondare una filosofia praticabile su una conoscenza prevalentemente limitata circa i concetti di vita e di morte; non resta che rivolgere un efficace appello al potere di autocontrollo che è in ogni uomo. Dobbiamo innanzitutto convincere la gente della realtà della propria anima, e facendo questo convincere anche noi stessi. S. W. STANLEY : Lo scopo della vita (The Theosophical Path, n.2, Febbraio 1927) “Un uccello bianco svolazza nel buio esterno alla chiara luce della stanza; per pochi momenti gira attorno alla luce abbagliante; poi agita con fremenza le dorate ali, si rigira e svanisce nella notte …..”. Il periodo che spendiamo sulla terra è più o meno quello speso dall’uccello per orbitare attorno alla sorgente di luce; è breve in relazione a ciò che è noto e a ciò che non lo è, ci acceca cambiando dalle tenebre alla luce della nascita e poi, di nuovo, dalla luce alle tenebre della morte; pochi anni di chiasso e di sforzi, poi il grande Silenzio che tutto abbraccia. Un simile inesplicabile prologo per una prospettiva infinita di disincarnata inattività, potrebbe sembrare una follia e senza alcun significato qualora, alla fine, questa fosse la sola vita di un uomo sulla terra. Gettati in mezzo alle meraviglie della Natura, su questo meraviglioso pianeta, vengono concessi settanta, ottanta anni per poterlo conoscerlo interamente!. Va bene, i rettili stiano lontani! La provenienza e la destinazione della parte che sopravvive all’uomo sembra siano ordinariamente di minor considerazione reale per lui di quanto non siano i bisogni nella vita del suo semplice corpo. Ovviamente, questo è “naturale", come le facoltà fisiche servono a ribadire l’attenzione all’ambiente. Solo nel suo aspetto materiale, si accetta che la frazione della Natura da noi conosciuta sia di gran lunga inferiore a quella sconosciuta; la differenza è perfino maggiore su ciò che vive dietro il mortale, l’Anima e lo Spirito, aspetti immortali della coscienza, “La vita ha uno scopo?” chiede l’ignorante viandante affamato di verità. “Può essere dimostrato? Chiede la scienza. “Se no, preferiremmo non speculare”; e la religione ortodossa alza la sua mano arcigna. Nulla è ovvio, bisogna cercare; un mistero, si. Ci sono persone sempre pronte ad illuminare i cercatori. Un pensiero così prezioso e magnifico non può essere esposto al cattivo uso, all’abuso, alle mani del profano. Gesù Cristo, fra i tanti, fu un uomo molto realistico e sostenne un messaggio molto realistico; Gautama-Buddha era anche lui molto realistico con quei milioni di orientali che fecero della sua etica il movente delle loro vite. Ci sono, come sempre, altri uomini ed altre donne con caratteri di eminente compassione e potenza, caratteri che brillano come stelle di prima grandezza nel firmamento della storia del mondo. Agli occhi dei Teosofi, queste rare e nobili anime sono, singolarmente e nell’insieme, portatori all’umanità di una Saggezza che potrebbe rendere l’uomo libero. Loro offrono se stessi, la loro vita, i loro sacrifici, i loro corpi, sull’altare della loro eroica impresa. Vengono insultati, spesso subiscono ogni inconcepibile indegnità e persecuzione, ma non retrocedono; l’amore disinteressato per l’umanità li porta verso la gente che potrebbe dare loro ascolto, ed il Messaggio viene donato. La storia si ripete fino al giorno d’oggi. Helena Petrovna Blavatsky, colei che portò la Conoscenza Segreta delle epoche arcaiche nel mondo occidentale sotto il nome di Teosofia, ha condiviso il destino dei suoi predecessori, La sua difesa gravò su W. Q. Judge che la sostenne nobilmente fino a quando la persecuzione morale la portò ad una morte precoce. Successivamente, in una linea diretta di discendenza, Judge assunse il compito di mantenere viva la fiamma preziosa della verità fino all’avvento di Katherine Tingley, guardiana e maestra di oggi. Cos’ l’eroica lotta procede sempre più, attraverso le epoche. Quando la luce brilla in modo debole e le tenebre morali e spirituali minacciano il mondo, un Maestro sorge per riportare alta la luce. Dopo molte epoche la luce si affievolisce di nuovo ed allora arriva qualcuno che la sostiene coraggiosamente di fronte a tutti. Tali sono oggi i nostri tre condottieri HP Blavatsky, WQ Judge, K. Tingley, ed il loro messaggio, come fu quello di Gesù Cristo, è la fratellanza universale, l’amore universale, l’Antica Saggezza. Questo messaggio coinvolge tutta la vita, e lo si può osservare in qualsiasi momento. Sarebbe privo di valore se fosse solo una raccolta di parole; c’è molta più virtù in un buon precetto che in un sacco di vento, purché esso sia vissuto; puri ideali non seguiti dall’azione non trovano il cammino nella giungla della vita. Per quanto riguarda le leggi sul modo di comportarsi, gli insegnamenti teosofici sono inapprezzabili. Ci sono persone che negano qualsiasi scopo per l’esistenza; c’è chi sostiene che l’Universo e le meraviglie della Natura siano di origine inconoscibile e, semplicemente, una opportunità per fare dello sport; che nessuna legge benevola e giusta governi la vita umana. Nel cuore di ciascuno le verità della Teosofia rispondono duramente come un’eco, dimostrando loro che la vita non è una insignificante calamità né un indulgente egoismo. In una tale oscurità spirituale, la Teosofia lancia una luce penetrante. Mettendo da parte gli incubi di cambiamento, essa dichiara e prova l’intera orchestrazione dell’essere sotto la direzione di leggi spirituali e inalterabili. Questo granello di polvere cosmica che chiamiamo Terra è solo un punto della struttura dell’Essere. Astronomicamente, da questo punto di vista, siamo abbastanza trascurabili; allo stesso modo è trascurabile il nostro sistema solare; è concepibile che lo Spazio finisca solo dove arrivano a vedere i nostri telescopi? E’ risaputo che inviolabili processi, chiamati “leggi”, governano i movimenti dei pianeti attorno al sole, e quelli dei sistemi solari attorno al loro sole; l’immaginazione, alleata con la logica, concepisce un ancora più potente centro spaziale con un sole più grande come satellite. Dov’è l’evidenza del cambiamento in tutto questo? Ed è forse inferiore l’evidenza del ritmico nascere, crescere, propagarsi di una pianta? L’alternarsi della notte e del giorno, delle stagioni, il sorgere e perire delle nazioni e quant’altro può essere considerato un “accidente”? Dove si trova la barriera che permette di accettare un uguale profondo e potente scopo nella vita umana? Allargando la nostra visione, esiste qualcosa di più eminentemente improbabile nel ritmico ritorno, ancora ed ancora, dell’anima umana alla vita sulla terra, dopo un alternarsi di periodi di sonno a noi noti come morte, che nell’ordinato oscillare della Terra nella sua orbita attorno al sole, e l’inevitabile alternarsi del giorno e della notte? Per esempio, il concetto della responsabilità umana per le azioni individuali, ed il successivo bilanciamento degli effetti e delle cause, incompatibile con il perfetto bilanciamento preservato in Natura, considerando che ciascuno è parte del grande piano della Natura, è logicamente pensabile? In Teosofia vi sono due insegnamenti che costituiscono delle pietre miliari: la Reincarnazione ed il Karma. Un terzo concetto, forse più importante, è quello della essenziale divinità dell’uomo, che è il fulcro sulla Terra di questo maestoso ciclo della vita cosmica. Possono le infallibili ruote planetarie attorno al sole diventare caotiche senza alcuna ragione? L’ Uomo, il pensatore, è coinvolto senza scampo in questa ragione, poiché ne è parte intrinseca. Deve tornare indietro alla terra afflitta, in un nuovo vestito di carne e con una nuova provvista di vita, più e più volte, fino a quando non si sia purgato delle sue follie e abbia riportato la Terra alla sua iniziale purezza a dolcezza; e così sarà finché il veleno dell’odio e della paura e la cupidigia non vengano bruciati nel suo cuore dal fuoco ardente della sua essenziale bontà, ed egli torni a guardare tutte le persone come suoi fratelli, raggi spirituali come lui della Vita Universale. Il pellegrinaggio nell’incarnazione deve continuare finché l’uomo abbia ripagato fino all’ultimo soldo i debiti contratti con i pensieri, le parole, gli atti delle vite precedenti, ristabilendo quel bilanciamento che egli stesso ha danneggiato. Questa è la più grande giustizia, la sola giustizia. Nel profondo della coscienza spirituale dell’uomo è conservata tutta la saggezza di cui ha bisogno, il frutto delle vite precedenti, il suo diritto alla nascita. Perciò, se cercate lo scopo della vita, cercate bene e lo troverete nei posti segreti del cuore. Sintonizzate la vita su una nota costruttiva della spiritualità e la vita vi trasformerà in un Essere essenzialmente Divino, un potenziale Maestro della Natura, arbitro del suo proprio destino. H. CORYN : La vita è gioia ( Universal Brotherhood, Giugno 1900) E’ notevole l’idea e la frase “La vita è gioia” anche se non sembra essere una verità lampante ….. Molti conoscono il detto, ma nove persone su dieci lo contestano. Si confonde la vita con gli eventi che accadono in essa. E’ l’uomo che ha la vita; gli eventi sono solo un panorama che si svolge al suo interno. Ognuno, poi, ben sa che quanto più dura la vita tanto più lo diverte. La sua gioia è proporzionata alla sua vita. Il piacere o il dolore che riceve dagli eventi è dovuto al fatto che questi eventi possono in questo momento aumentare o diminuire la quantità di vita. Eventi eccezionali mettono in moto la vita dalle sue profondità e sono devastanti. Gli uomini sanno, vedono e accolgono i primi fenomeni, quelli piacevoli, i secondi li conoscono in modo imperfetto o li ignorano. Essi prendono la gioia e dimenticano la reazione. In questo modo acquistano molte cattive abitudini, molte incarnazioni, e non riescono a superarle senza grandi difficoltà; oppure pensano di non essere in grado di superarle, per cui ricadono negli stessi errori. In realtà, la ricerca della gioia è la ricerca della vita, ed è legittima solo a certe condizioni. Detto in termini di gioia, essa si legittima quando il suo ottenimento non ha un ritorno di amarezza, e non richiede una reazione. Detto in termini di vita, essa si legittima quando la vita non è chiamata a devastarsi, ovvero quando il processo di ricerca non si trasforma in un passo verso la morte. Sia la gioia fisica che quella spirituale sembra essere una fiamma più brillante di quella coscienza che vive nel cuore. Gli Indu esprimono la suprema condizione con un triplice mondo, Sat-child-ananda, che significa Essere-Coscienza-Gioia; ma credo non ravvisino la possibilità di mantenere questo stato durante la vita normale sulla terra. Non dobbiamo aspettare che si verifichino certi eventi per avere gioia. Se lo facciamo, necessariamente avremo un dispiacere quando gli eventi che hanno portato la gioia se ne vanno. La gioia è piena di toni che debbono essere tutti suonati altrimenti lo strumento (il veicolo uomo) risulta stonato. Illuminarsi di gioia nel cuore rende felici anche gli altri che rispondono risonando con le stesse note. Il trillo passa e ripassa, da e per, ed il doppio supertono insiste sulle corde che continuamente si arricchiscono dalla risonanza che trasmettono agli altri esseri. Se l’uomo suona solo le note della sua parte inferiore, la natura personale, ( per esempio, la sensazione di egoismo) il suo intero veicolo diventa esausto; egli sta allevando se stesso dentro di sè e diventa spiritualmente cretino. Dev’essere una gran bella cosa la pratica di generare gioia nel cuore, indipendentemente dagli eventi, solo pensando “La vita è gioia”. Per un lungo tempo si ha la sensazione di non avere alcun successo ma in momenti strani dei quotidiani tentativi si raccoglie del potere e un giorno, finalmente, si scopre di avere una grande quantità di potere, tanto che il cuore si sentirà in quel momento come se una calda fiamma dorata bruciasse al suo interno. E’ probabile che la sensazione sparisca in poco tempo, ma se si insiste, diventerà sempre più lunga, permanente, e brillerà in tutte le attività. Perfino in quei pochi minuti egli è andato al di là della sua personalità, pervenendo in un qualcosa simile all’anima ( che comincia a svilupparsi come un sole dorato), quello che è il mondo del cuore. Si suol dire “Dio geometrizza”. Questo è il mondo della mente; il mondo del cuore energizza l’amore produttivo; la geometria è la forma condizionante di questa energia. Studia questa ultima forma o avvizzisci, anche se alla fine saranno raggiunte entrambe. Saggezza, Amore e Gioia debbono rappresentare la nostra trinità da raggiungere ed inserire nella nostra Vita. CONCLUSIONE Per l’uomo, la vita è il primo ed il fondamentale dei Misteri. Sarà sempre, perciò, come la Sfinge della mitologia greca, il mostro che pone dinanzi all’uomo uno dopo l’altro tutta una serie infinita di problemi più o meno complicati e difficili da risolvere, adattati su misura al suo stato mentale ed al suo grado di evoluzione e della cui indovinata soluzione dipende, da un lato, la sua capacità di progredire e dall’altro la realtà sostanziale di un tale progresso da non rendere possibile che la medesima questione torni a presentarglisi innanzi. Quantunque la ragione della vita e delle sue esperienze sfugga in gran parte, nella sua quasi totalità al nostro intendimento, la realtà dell’una come delle altre ci si impone in modo tale che non ci è possibile trovare mezzo alcuno per uscire da essa definitivamente. Il fatto “che viviamo” e “che dobbiamo vivere”, quantunque non si sappia con esattezza per quale ragione dobbiamo farlo, è tanto importante che di esso unicamente si occupa la stragrande maggioranza dell’umanità, dimenticandosi totalmente del problema fondamentale, pure accettando per cotesto alcune spiegazioni molto superficiali. In stretta relazione con problema generale dell’esistenza, si pongono parallelamente alla nostra considerazione altri due fatti non meno problematici per la loro ragione di essere: la Nascita e la Morte, le quali ci si presentano come limitazioni e condizioni definitive, inseparabili dalla vita in sé; come le due porte per mezzo delle quali si entra e, rispettivamente, si esce dalla vita terrena. Al di là di queste porte, per alcuni vi è il nulla; per altri un mistero insondabile, un abisso che difficilmente possono riempire le interpretazioni che ordinariamente vengono offerte. In ambo i casi, chiaramente, vi è una più o meno sincera dichiarazione di ignoranza, dato che può darci la certezza solo ciò che è comprovato dalla nostra propria e diretta esperienza. Può qualcosa sorgere dal nulla ed avere in ciò solamente il suo destino ineluttabile? Può l’essere (quello che siamo) scaturire da ciò che non è, e non ha coscienza di essere, per poi sommergersi nuovamente nell’abisso della non esistenza? Può la nostra individualità cosciente, e tutto il fenomeno meravigliosamente complesso dell’esistenza personale, con le qualità, le possibilità e le tendenze che ci caratterizzano, i nostri ideali, le nostre speranze e le nostre aspirazioni, essere semplicemente il risultato del gioco casuale ed automatico dei fenomeni con cui esteriormente sembra manifestarsi? Il problema della vita si allaccia così intimamente, non solo con i due termini dell’esistenza che sono la nascita e la morte, ma ancora parimenti con la propria attuale natura dell’essere dell’uomo. Qualunque idea particolare si abbia di essa e qualunque spiegazione ci soddisfi di più, la vita non può essere altra cosa, nella sua realtà sostanziale, se non l’espressione di ciò che l’uomo è interiormente e, ciò che l’uomo è, si pone in relazione con il problema “da dove vengo?” e “dove vado?”. In altre parole, l’enigma della nostra vita si va rendendo intelligibile in proporzione alla nostra capacità di risolvere in modo soddisfacente il problema di “ciò che siamo” ed, inversamente, la nostra soluzione personale di “ciò che siamo” sarà più o meno saggia e conforme al vero a seconda della luce che possa penetrare nel problema più grande dell’esistenza. Ogni idea o concetto relativo all’essere dell’uomo deve passare attraverso la prova indispensabile della sua capacità di spiegare gli enigmi dell’esistenza. Meditando e studiando su ciò che siamo comprenderemo meglio “da dove veniamo”, ed allorquando avremo acquisito in maniera soddisfacente questa doppia conoscenza, potremo incamminarci con fondate speranze di conseguimento verso una conoscenza VERA e non solamente ipotetica o dubbiosa di “dove andiamo”. Dato che “ciò che siamo” deve, in ogni caso, essere un certo effetto risultante o prodotto di ciò “da cui proviene”, i due termini debbono di conseguenza collaborare per dirci “dove andiamo”. Non possiamo provenire da qualcosa che sia interamente distaccato od estraneo da ciò che siamo attualmente, né possiamo dirigerci, se non verso quello che è in certa maniera il coronamento, il prodotto, il risultato, e d’altra parte, il proposito e la meta della nostra esistenza attuale. Il nostro Essere attuale è un risultato complesso di tutto quello che siamo stati che, quantunque lontano dalla nostra memoria, si trova nella situazione di prodotto nelle nostre qualità, nelle nostre facoltà, nelle nostre tendenze ed esperienze, ed è nel medesimo tempo la base ed il fondamento necessario donde deve iniziare per portarsi a compimento “quello che saremo”. Allorquando avremo conseguito la possibilità di avere una prospettiva più centrata di questi problemi della vita e dell’essere, vedremo come la nostra esistenza, attualmente inquadrata entro limiti determinati di tempo e di spazio, sia semplicemente un frammento della nostra esistenza più grande e vera, al medesimo modo che la nostra limitata personalità, è semplicemente un aspetto parziale del nostro essere più vero che trascende quelle limitazioni. Una delle tante definizioni di uomo è la seguente: “L’essere umano si manifesta essenzialmente come una persona che esiste insieme con altri nel mondo per realizzarsi, personalmente e socialmente, mediante la ricerca della verità e dei valori nella costruzione storica di un mondo più umano”. Sembra facile, ma non lo è. Innanzitutto è costretto a “stare con gli altri” che sono diversi da lui, il che crea un conflitto permanente; poi deve “realizzarsi”, compito quasi impossibile perché l’uomo tutto conosce meno se stesso; deve ricercare la verità, compito impossibile perché la verità, a questo mondo non c’è; infine deve costruire un “mondo più umano” cosa negata in modo assoluto dalla storia. Tralasciando le altre definizioni (religiose, sociali, antropologiche, ecc.) che servono solo a complicare le cose, pare a chi scrive che, in fondo, la vita dell’uomo sta tutta nella condanna a dover “stare con gli altri”, un posto fatto di passato, presente, futuro, tre divisioni del tempo in netto contrasto l’uno con gli altri. Immaginate la vita dell’uomo come un pendolo che oscilla fra due estremi: il passato ed il futuro. Il primo comprende tutto ciò che l’uomo ha vissuto dalla sua nascita al momento presente (un 5% nella memoria, il 95% nell’inconscio), il secondo totalmente affidato alla speranza e collocato nell’ignoto. Al centro un presente che non esiste, un attimo che nessuno riesce a percepire, una morsa che non perdona. Il pendolo oscilla fra il dolore del passato e l’angoscia del futuro, la voglia di dimenticare e l’ansia dell’attesa. E’ un gran minestrone che come liquido di cottura si condensa in due sillabe : il male. Il cammino umano è costellato da parziali vittorie e da numerosi tentativi per lo più falliti. La frustrazione derivante dai fallimenti è di gran lunga superiore alla soddisfazione delle poche vittorie ed alimenta la sofferenza della quotidianità avvelenando i suoi rapporti “con gli altri”, tenendo vivo un senso di colpa soffocante, la certezza di non conoscere mai la verità. Alla minaccia della certa morte, assolutamente inevitabile, si aggiungono le numerose minacce non legate alla metafisica o al destino, ma intricate con le vicende quotidiane. Fallimento e Male sono le cause prime del tormento psichico che feriscono incessantemente il cuore e la mente dell’uomo. Per non parlare delle malattie che sono in larga parte effetti di un disagio psichico (stress), ma anche di tenori di vita strambalati che cercano un qualche sollievo in espedienti tanto inutili quanto dannosi. Se poi aggiungiamo anche il peccato ed i vari decaloghi delle religioni, allora possiamo veramente definire che cos’è la vita: “Un lungo viaggio che si concluderà certamente in un naufragio”. Qualcuno si azzarda a dire: “La lotta contro il male in tutte le sue espressioni è stata il grande motore della civiltà”. Solo a pensare la quantità di male prodotta da questa lotta, respingiamo al mittente l’infelice frase di cui sopra. Più apprezzabile il pensiero di chi dice che è necessario comprendere il male per razionalizzarlo, renderlo meno dannoso, cercando di dare ad esso un senso. Leibniz sosteneva che noi viviamo nel migliore dei mondi (come sarà quello peggiore?), S.Agostino affermava che Dio permette dei mali per realizzare in tal modo un bene maggiore (non sarebbe meglio ridurre un po’ il bene?), altri, molto più pratici, leggono il male come un castigo. Ma ciò che ci amareggia non sono le definizioni, è il male, funzionale per la Natura, necessario per l’ascesi dell’umanità, inevitabile esito del gioco della selezione e della lotta. Teilhard de Chardin vede il mondo come “un immenso tentativo, una immensa ricerca, un immenso attacco; i suoi progressi possono realizzarsi unicamente al prezzo di molti insuccessi e molte ferite”; poi, quasi con compassione aggiunge: “Universo che pena, Universo che pecca, Universo che soffre, …”. In una visione tenebrosa dell’opera di Dio, apre uno spiraglio: “Il recupero del male nell’Universo e specie nell’umanità, può essere reso intellegibile mediante la nozione di evoluzione”. E come non bastasse, scrive: “l’Universo è in stato di cosmogenesi”. E per concludere: “L’Anima è immortale. Senza l’immortalità dell’Anima l’evoluzione non significherebbe, per l’uomo, un recupero del male. Essa sarebbe invece assurda, perché la morte sarebbe il fallimento completo dell’intero movimento evolutivo”. E’ molto importante che siamo davanti a due tipi di male: l’incompiutezza della creazione, il peccato dell’uomo. Bergson non perdona: “Nell’uomo stesso, la sofferenza fisica è dovuta spesso all’imprudenza ed alla imprevidenza, o a gusti troppo raffinati, o a bisogni artificiosi. Quanto alla sofferenza morale, anch’essa e, almeno altrettanto spesso, causata dai nostri errori e, in ogni modo, non sarebbe tanto acuta se non avessimo sovreccitato la nostra sensibilità al punto di renderla morbosa; il nostro dolore è indefinitamente prolungato e moltiplicato dalla riflessione che facciamo su di esso”. Secondo Hegel ed il marxismo, “i mali storici e la coscienza infelice sono tappe obbligatorie nella realizzazione di una totalità perfetta (spirito universale, regno della libertà, storia autentica, ecc.)”. Non esiste una spiegazione puramente razionale del male sotto il profilo della totalità e della universalità. Le varie teorie che imperversano nella civiltà moderna sono pannicelli caldi, sedativi teorici che non eliminano il problema. Se si cambia la prospettiva e si guarda alla singola persona, la domanda è :”Il singolo, nonostante la sofferenza ed il male, può realizzare il senso della propria esistenza? E’ possibile individuare nel fallimento totale un barlume di speranza?”. Forse qualche risposta c’è se andiamo ad indagare il problema del significato fondamentale ed ultimo dell’esistenza umana; detto altrimenti, “il senso finale di ogni singola esistenza umana può essere raggiunto nonostante i fallimenti parziali dell’esistenza e quello finale della morte?”. Nella disperazione derivante dal limite insuperabile della nostra mente e dalla considerazione della miseria in cui viviamo, ognuno cerca una strada per continuare a vivere, per non compiere gesti insani, per non fare danni a se stesso ed ai suoi cari. In un tentativo modesto, non certo esaustivo, di affrontare il significato dell’esistenza umana, abbiamo cercato di evidenziare in questa riflessione alcuni punti che meritano di essere evidenziati: 1) La Creazione non è finita, l’uomo è chiamato a collaborare; l’Evoluzione è il grande progetto dell’Universo; 2) L’esistenza umana è estremamente importante sia per chi la vive che per l’umanità nel suo complesso (l’uomo è mezzo e funzione nel divenire di una totalità impersonale); 3) In tutte le epoche uomini e donne straordinari non hanno esitato ad affrontare sofferenze, mali, fallimenti pur di promuovere il bene degli altri. Alla luce di questi pensieri, che meritano una più profonda riflessione, non possiamo non avvertite il dovere di vivere la nostra esistenza malgrado tutto il male del mondo, utilizzando fallimenti e sconfitte per la realizzazione personale, integrata in quella dell’umanità. Gli articoli che costituiscono il presente lavoro, spero abbiano fornito abbastanza materiale per rendere evidente che le domande relative all’esistenza trovano nella Teosofia e nei suoi insegnamenti, risposte logiche e coerenti,. Anche per questo motivo vogliamo ringraziare la nostra Maestra, la fonte da cui partono tutti i nostri pensieri, e gli autori che, spesso, utilizzando le loro conoscenze professionali, hanno illustrato le loro idee in modo semplice e comprensibile.