S
UPPLEMENTI
Patrimonio, attività e servizi
culturali per lo sviluppo di
comunità e territori attraverso
la pandemia
11
IL CAPITALE CULTURALE
Studies on the Value of Cultural Heritage
eum
Rivista fondata da Massimo Montella
Dall’analisi al cambiamento
della realtà
Anna Chiara Cimoli, Musei, territori, comunità interpretative: le nuove sfide della partecipazione / Museums, territories,
interpretative communities: the new challenges of participation
«Il capitale culturale», Supplementi 11 (2020), pp. 249-266
ISSN 2039-2362 (online); ISBN 978-88-6056-670-6
DOI: 10.13138/2039-2362/2528
Musei, territori, comunità
interpretative: le nuove sfide della
partecipazione
Anna Chiara Cimoli*
Abstract
Il seguente articolo si concentra sulle sfide della partecipazione culturale nel contesto
definito dalla pandemia Covid-19. Mentre un rumore di fondo caratterizzato da un invito
all’interazione digitale forzata e compulsiva ha accompagnato i mesi di blocco, facendo
esprimere a molti un rinnovato ottimismo verso un interesse il patrimonio come forma di
resistenza, l’impoverimento del settore sta gettando una nuova luce sulle possibilità di una
sua effettiva capacità generativa e di un suo impatto sociale nel prossimo futuro. Tuttavia, in
tempi confusi, è utile isolare alcune pratiche sostenibili e innovative e osservarle nel tempo,
come fossimo in un laboratorio scientifico. L’articolo si concentra su due questioni relative
al concetto di “partecipazione” e le articola attraverso una selezione di recenti casi di studio
afferenti all’ambito museale: il ruolo dei musei come specchi in tempi di crisi e il loro capacità
di “rapid response”, e le comunità interpretative del patrimonio come mezzo per rafforzare
il tessuto sociale e culturale attraverso un approccio intergenerazionale. Sebbene l’attenzione
sia rivolta al contesto italiano, vengono descritte anche alcune esperienze internazionali
come potenziali fonti di ispirazione in termini di strategia e metodo.
* Anna Chiara Cimoli, progettista culturale per ABCittà-Area Musei e Società; docente a
contratto di Storia Sociale dell’Arte, Università degli Studi di Milano, via Noto 8, 20141 Milano,
e-mail: anna.cimoli@unimi.it.
Grazie a Maria Chiara Ciaccheri e a Maria Elena Colombo per aver riletto il testo e per i
preziosi consigli.
250
ANNA CHIARA CIMOLI
The following article focuses on the challenges of cultural participation within the
context defined by the Covid-19 pandemic. While a background noise characterized by a sort
of forced, compulsive digital interaction has been accompanying the months of lockdown,
making many express a renewed optimism towards the massive interest in heritage as a form
of resistance, the impoverishment of the sector is casting new light on the possibilities of its
agency and social impact in the next future. Still, in confused times it is paramount to isolate
a few sustainable and innovative practices and to observe them throughout time, much as in
a scientific lab. The article concentrates on two issues pertaining to the umbrella-concept of
“participation”, and articulates each of them through a selection of recent case-studies from
within the museum field: the role and agency of museums as mirrors in times of crisis and
their capability of a “rapid response”, and heritage interpretation communities as a means
for strengthening the social and cultural tissue through an intergenerational approach.
While the focus is on the Italian context, a few international experiences are also described
as potential sources of inspiration in terms of strategy and methodology.
Il seguente articolo prova a riflettere sulle trasformazioni del concetto di
partecipazione in ambito museale in un contesto drammatico e pieno di
incognite come quello attuale, cercando di isolare alcuni modelli e approcci
che presentano caratteri di sostenibilità, visione prospettica e misurabilità
sul medio-lungo periodo. Mi concentrerò in particolare su due aspetti che ho
trovato relativamente nuovi rispetto al contesto italiano e particolarmente
generativi: la dinamica di rapid response e la possibilità di creare reti
interpretative intergenerazionali. Da practicioner, per entrambe questi ambiti
presenterò alcune esperienze sia internazionali che italiane che appaiono oggi
particolarmente fruttuose in termini di effettivo impatto sociale; alcune di esse
riguardano progetti a cui ho partecipato in prima persona. Un breve ma, credo,
importante appunto a margine: data l’eccezionalità della situazione penso, in
coscienza, che sia necessario un approccio dubitativo e aperto, in sintesi umile,
che si proponga di osservare e ascoltare prima di prendere posizione in modo
netto, sapendo che i processi culturali richiedono tempi lunghi (di gestazione,
disseminazione, valutazione) e che la fretta non si addice alla comprensione e
alla metabolizzazione del cambiamento.
Nei mesi del lockdown, un fuoco di fila di iniziative hanno messo in luce
la vitalità del panorama italiano nell’ambito delle arti contemporanee visive e
performative, della rigenerazione urbana, dell’innovazione culturale in senso
lato. Oltre all’attività delle istituzioni, e mi riferisco in particolare a quelle
museali, abbiamo assistito a seminari, streaming, progetti curatoriali online,
mostre digitali proiettate sui muri, nascita di radio indipendenti, insomma
una miriade di azioni che hanno invocato la “partecipazione” in quanto rito
collettivo di lotta e sopravvivenza, affermazione della propria esistenza e volontà
di far sentire la propria voce, anche se chiusi nelle quattro mura di una stanza1.
1 La proposta di una “Netflix della cultura”, lanciata dal Ministro Franceschini lo scorso aprile,
lascia intendere un futuro neanche troppo breve in cui si potrà scegliere se portare fisicamente il
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
251
Bisogna ora chiedersi come rendere il nostro ruolo di mediatori e di
facilitatori davvero efficace e coerente con le sue premesse scientifiche e
metodologiche, coltivate, nonostante resistenze e scetticismi, grossomodo
nell’arco degli ultimi vent’anni. Inutile negare che la domanda sul futuro
della partecipazione in assenza di presenza fisica appare inquietante, se con
partecipazione intendiamo l’interlocuzione attiva con i luoghi della cultura (la
co-curatela di mostre, l’espletazione dell’attività educativa verso tutte le fasce di
pubblico, la costruzione di interpretazioni e di significati condivisi). Proviamo
dunque ad immaginare un futuro possibile e a indicare, tentativamente, alcune
strade praticabili.
Costituisce uno sfondo fondamentale di questa esplorazione di pratiche
il recente Museums and Social Change. Challenging the Unhelpful Museum,
curato da Adele Chynoweth, Bernadette Lynch, Klaus Petersen e Sarah Smed.
Il volume tocca alcuni nodi di metodo fondamentali, soprattutto quando mette
in guardia dal paternalismo di una malintesa partecipazione che finisce per
consolidare, più o meno consapevolmente, dinamiche di asimmetria di potere
e letture sclerotizzate dei binomi centro-periferia, beneficiario-operatore,
“vittima-salvatore”. È l’ambiguità del concetto stesso di “inclusione”, che ci
auguriamo di vedere presto sparire dal vocabolario museale e sociale. Come
scrive Bernadette Lynch, «il compito del museo non è quello di essere di aiuto
– operando “per” o “al posto di”, il che non è chiaramente di alcun aiuto. Si
tratta piuttosto di creare le condizioni attraverso cui le persone possano aiutarsi
da sole, costruendo le proprie capacità»2.
proprio corpo nei luoghi della cultura oppure se seguire quello che accade al loro interno dal divano
di casa: ma chi ne beneficerà? Le grandi istituzioni o anche gli operatori free-lance, gli educatori,
coloro il cui lavoro “atipico” è stato più colpito dalla pandemia? La proposta è stata lanciata il
18 aprile 2020 nell’ambito della trasmissione Aspettando le parole su Rai3. Parte dell’intervento
può essere letta qui: <https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblicaamministrazione/2020/04/dare-vita-netfli-cultura-proposta-ministro-franceschini/>, 06.08.2020.
2 Bernadette Lynch, Neither helpful nor unhelpful – a clear way forward the useful museum,
in Chynoweth et al. 2021, p. 3, trad. mia. Non mi occupo qui specificatamente di partecipazione
attraverso gli strumenti del digitale, pur partendo dal presupposto che questi ultimi non
costituiscono né una galassia semantica autonoma né un ambito professionale a sé ma che sono,
per l’appunto, degli strumenti, e che dunque rappresentano una potente sfida e occasione. Come
da anni suggerisce tenacemente Maria Elena Colombo, nei mesi del lockdown «si è appalesata
la totale strumentale (quanto diffusa in ambito giornalistico) irrilevanza della contrapposizione
on-line/fisico: è stato un unico ecosistema istituzionale, un unico organismo, che ha reagito alla
chiusura dei musei (Colombo 2020, p. 223). Cfr. anche Mandarano 2019.
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ANNA CHIARA CIMOLI
1. Comunità?
Negli ultimi mesi, una retorica giornalistica dalle evidenti motivazioni
psicologiche è andata ripetendo il mantra della ricerca della “bellezza” come una
panacea che, grazie alla tecnologia, avrebbe salvato, se non il mondo, almeno
i pomeriggi di molti cittadini improvvisamente interessati a siti archeologici,
musei e città d’arte.
Simmetricamente, agli operatori del settore è diventato sempre più chiaro
che quella ridondanza avrebbe rischiato di appiattire e depotenziare la portata
“politica” della tutela e valorizzazione del patrimonio, se non si fossero levate
voci capaci di ribadire che la cultura non è una via di fuga, ma un reagente capace
di evidenziare i nessi che tengono in piedi le società. L’etimo stesso delle parole
“di-vertimento”, di “di-versivo”, rimanda a un concetto di allontanamento e
di deviazione. La cultura intesa principalmente come divertissement – e può
certamente essere anche quello, senza giudizio né snobismo – genera malintesi
profondi e duraturi. L’attribuzione dei fondi alle istituzioni, l’indirizzo della
ricerca scientifica (per esempio relativa alla curatela di mostre), la valutazione
quantitativa dei luoghi di cultura (bigliettazione, etc.), il discorso politico in
generale non devono essere orientati da questo malinteso, ma evitarlo con gli
strumenti dell’educazione.
Alla luce del periodo trascorso e ancora in essere, è importante ribadire in
ogni sede che la cultura della sanità pubblica, del vivere collettivo, della presa
in carico delle fasce più fragili della popolazione da parte delle istituzioni ha
lo stesso statuto di quella patrimoniale e artistica: è un’unica spina dorsale
che attraversa la società e la regge, irradiandosi dagli ospedali alle RSA, dai
musei alle scuole alle università e oltre. Scindere l’una cultura dall’altra significa
perpetuare il colpevole malinteso di cui si è parlato sopra e abdicare a un
fondamentale compito educativo e di governo.
Due saggi recenti hanno commentato, in modo forse involontario ma
tempestivo, il periodo del lockdown, ancora una volta evidenziando il contributo
fondamentale dell’antropologia per la comprensione delle dinamiche della
cultura e delle forme di rappresentazione in cui si traduce. Parlo di Classificare,
separare, escludere. Razzismi e identità, di Marco Aime, e di Somiglianze. Una
via per la convivenza, di Francesco Remotti. Quali “comunità” (rigorosamente
al plurale, sulle orme di Benedict Anderson)3 sono emerse in questa stagione?
Quali configurazioni socio-economiche si sono evidenziate, reagendo al liquido
di contrasto della pandemia? Quali solitudini?
Mentre gli anziani, anche di classe media o agiata, sono rimasti completamente
isolati in assenza di parenti, si sono attivate reti di solidarietà soprattutto a
livello dei condomini e dei quartieri popolari (ho seguito l’esperienza del centro
sociale Scighera con la Brigata Lia, attive nel Municipio 9 di Milano per la
3
Anderson 1986.
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
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distribuzione di spesa e medicinali alle persone sopra i 65 anni e ai senza dimora,
contemplando la capillarità del servizio e la forza di una rete già consapevole
dei bisogni e delle urgenze di quello specifico territorio).
La vera ricchezza è stata, in questo contesto, non tanto economica quanto
relazionale: la possibilità di entrare in un programma di distribuzione ha
voluto dire anche la certezza di visite regolari, la possibilità di un’interazione
personale, insomma tutto quello che contrasta l’isolamento e l’invecchiamento
che ne deriva.
Comunità al plurale, dunque: gli anziani del Municipio 9 e gli operatori
(mediamente 30enni) della Brigata Lia costituiscono una comunità fluida e
variegata, ma coesa. Al di là delle generazioni e del reddito, si è tessuta nei mesi
una tela robusta, che varrebbe davvero la pena raccontare con gli strumenti
della public history (quale museo del territorio potrebbe essere pronto ad
accogliere questa pagina di storia locale?).
Conviene dunque ripensare alle categorie “solide” con cui i musei hanno
spesso immaginato il proprio pubblico (o i propri “pubblici”) e lanciare
l’immaginazione oltre le segmentazioni per età, provenienza geografica etc. che
ancora caratterizzano il pensiero museale, mostrando quanto siamo, più o meno
inconsapevolmente, vittime di un’interpretazione appiattita e semplificatoria
della società.
Remotti e Aime, da prospettive diverse ma con premesse sovrapponibili,
forniscono una lettura della società europea, e italiana in particolare, da cui
emerge come la perdita della coscienza dell’interconnessione fra tutto e fra tutti
sia la precondizione per lo sfilacciamento sociale, la dismissione dell’ “altro”
in quanto fardello e non risorsa, la deresponsabilizzazione collettiva. Non c’è
bisogno, in questa sede, di citare gli esiti tragici di questo atteggiamento su scala
nazionale e mondiale: l’approccio negazionista dei presidenti di alcuni stati (in
particolare USA e Brasile) rispetto alla pandemia parla da solo.
Ecco allora che, entro un discorso politico aggressivo e dettato da logiche
economiche, le sfumature si perdono, le posizioni si polarizzano, le società si
frammentano in macro-blocchi in crescente frizione fra loro, fino all’esplosione.
La sovrapposizione temporale fra il Covid, la cui incidenza è altissima fra la
popolazione nera degli Stati Uniti4, e le proteste seguite all’uccisione di George
Floyd e di altri afrodiscendenti, ha messo in luce ancora una volta quanto alto
sia il prezzo della discriminazione, e quanto i non-detti e i non-risolti possano
pesare per molte generazioni, se non affrontati e “rappresentati”.
4 I dati raccolti dall’APM Research Lab al 21 luglio 2020, e pubblicati nell’ambito del progetto
The Color of Coronavirus (<https://www.apmresearchlab.org/covid/deaths-by-race>, 06.08.2020,
in periodico aggiornamento) dicono che il numero di afroamericani morti di coronavirus negli USA
è 2,3 volte superiore a quello dei bianchi e degli asiatici. Un’altra fonte indipendente e attendibile
è il COVID Tracking Project promosso dal quotidiano «The Atlantic» con il Boston University
Center for Antiracist Research (<https://covidtracking.com/race>, 06.08.2020).
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ANNA CHIARA CIMOLI
Ecco il ruolo della cultura, e della cultura visiva in particolare5. Ecco,
dunque, il ruolo dei musei: quando esploderà la rabbia dei discendenti degli
africani colonizzati dagli italiani? Forse non prestissimo, si direbbe, visto che il
dibattito sulla statua di Indro Montanelli ai giardini pubblici di Porta Venezia a
Milano è stata appannaggio soprattutto degli italiani6. Ma prima o poi accadrà,
se non ci lavoriamo7.
Separazioni o somiglianze, esclusione e inclusione, per tornare ai concettichiave dei saggi citati sopra: giacché quella identitaria è la questione centrale
su cui si gioca il futuro delle nostre società. Come scrive Remotti, tuttavia (e lo
conferma Aime con una lettura storica inoppugnabile) l’identità è una finzione,
«un espediente ideologico per contrastare tutto ciò che può essere chiamato
fluidità, instabilità, precarietà»8. È un trucco della mente – individuale e
collettiva – per contrastare le proprie paure più profonde.
Mentre lo spettro della povertà, che avevamo ricacciato in un angolo buio
nella memoria dopo la crisi del 2008, torna a guardare in faccia molti di noi9,
si tratta dunque di affrontare nuovamente la questione della/e comunità di
riferimento, di chi sono (e chi sono diventate) quelle persone a cui vogliamo
rivolgerci come musei e istituzioni culturali, prendendone in conto anche la
rabbia e la frustrazione, l’inquietudine per il futuro, le domande aperte sulla
mancata presa in carico in termini di informazione, accesso alle cure sanitarie,
possibilità di elaborare dolore e lutto, e così via.
Pensiamo ancora che il pubblico della cultura esista in quanto comunità
omogenea, al massimo frammentata per età, o le dinamiche di disuguaglianze
sociali ed economiche che la pandemia ha evidenziato richiedono nuove letture?
Siamo pronti, come musei, a rinunciare ad una rassicurante classificazione per
“comunità”, dettata tendenzialmente dall’età o da una specifica fragilità, per
scendere a un livello più profondo, che intercetti i nuovi bisogni, che sappia
stare entro gruppi misti, consolidandoli e dando loro una voce? (Fig. 1).
5 Si pensi a un’esperienza molto nota, anche se non da tutti riconosciuta come scientificamente
inoppugnabile: quella delle “costellazioni familiari” messe a punto dallo psicologo Bert Hellinger,
che ha permesso a diverse generazioni di tedeschi di venire a patti con il passato nazista dei propri
genitori o nonni proprio attraverso una rappresentazione spaziale delle dinamiche familiari. Un
bellissimo articolo che racconta questa esperienza in prima persona è quello scritto da Burkhard
Bilger, Bilger 2016.
6 Cfr. Scego 2020.
7 Il Museo Italo Africano “Ilaria Alpi”, che nascerà in seno al Museo delle Civiltà di Roma,
pare muovere da premesse molto articolate e consapevoli in termini di relazione con le “comunità
di origine” e di disponibilità alla pluralità delle interpretazioni. Cfr. Gravano, Grechi 2020.
8 Remotti 2019, p. 38.
9 Secondo il report di Oxfam Dignity Not Destitution, pubblicato il 9 aprile 2020, mezzo
miliardo di persone potrebbe cadere nella povertà a livello mondiale a causa della pandemia. Cfr.
<https://www.oxfam.org/en/research/dignity-not-destitution>, 06.08.2020.
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
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2. Rapid response
La domanda è dunque in che modo i musei abbiano rappresentato
– e rappresentino – il disagio (sociale, identitario, collettivo) di questi tempi
dialogando con il proprio pubblico. Come si è espressa la partecipazione attiva
dei cittadini alla vita dei musei? Quali strategie innovative sono state messe in
campo per raccogliere i vissuti del pubblico, facendosene carico?
Tralascio le numerose forme di mediazione online più tradizionali e
“frontali” sviluppatesi durante la pandemia (visite guidate, tour virtuali,
webinar etc.) e mi concentro su alcune fra quelle in cui la dimensione dell’ascolto
e della partecipazione è fondante. La dinamica del rapid response collecting,
ovvero della reazione pressoché in tempo reale da parte dei musei a eventi,
manifestazioni di piazza, forme di protesta, rituali di ribellione10 si è diffusa in
modo strategico solo a partire dai primi anni 2000: cito per esempio la raccolta
di oggetti appartenuti a persone coinvolte a vario titolo nel crollo delle Twin
Towers nel 2001 raccolti dalla New York Historical Society11. Interessante
anche la disputa fra vari musei londinesi (in particolare il Museum of London
e il British Museum) su chi fosse più titolato a esporre il Baby Trump balloon
comparso per le strade della città durante la visita del presidente statunitense nel
luglio del 2018, mentre un’associazione di Liverpool chiamata Rapid Response
Unit ha bandito un concorso per la realizzazione di opere sulla medesima visita
presidenziale che hanno integrato la collezione del Newseum di Washington. Il
Victoria & Albert Museum applica da tempo in modo sistematico la strategia del
rapid response colleting, e dal 2014 le ha dedicato un dipartimento curatoriale
e una sala permanente12.
La premessa metodologica è che si tratta di un lavoro di ascolto, di raccolta
e organizzazione, più che di espressione13: in questo caso siamo vicini al lavoro
archivistico, per suo statuto meno “autoriale” di quello curatoriale (anche se
ben sappiamo che la componente autoriale è comunque presente). Nel caso
del rapid response collecting ha grande valore la voce dei cittadini che donano
– in forma fisica o virtuale – un oggetto caricato di forti valori affettivi e simbolici
e la sua amplificazione da parte del museo, che svolge il proprio compito con gli
strumenti della curatela.
Altro aspetto fondamentale è lo spostamento del cursore dal passato,
convenzionalmente sentito come il campo di esplorazione proprio dei musei, al
presente. Questo potrebbe esporre al rischio di un certo voyeurismo o alla fretta
Cfr. Aime riprendendo Max Gluckman, Aime 2020, p. 130.
Il progetto, tuttora attivo, si chiama History Responds.
12 Cito, per esempio, gli oggetti creati o esposti alla Women’s March di Washington del 17
gennaio 2017, il giorno successivo all’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, oppure
il prototipo di logotipo del movimento Extinction Rebellion. Cfr. <https://www.vam.ac.uk/
collections/rapid-response-collecting>, 26.10.2020.
13 Cfr. Cimoli 2020a; Cimoli 2020b; Cimoli, Vlachou 2020.
10
11
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ANNA CHIARA CIMOLI
di “accaparrarsi” oggetti e testimonianze: tuttavia non si tratta di accumulare
oggetti da silenziare quasi fossero cimeli da esporre, ma di interpellarli come
simboli, pretesti, quasi cartine tornasole di una pagina del vivere collettivo.
Perciò è utile interrogarsi sull’opportunità, la sensatezza e l’utilità di un progetto
di questo tipo14. In linea generale, tuttavia, l’attenzione all’attualità, se condotta
con rigore e senza smanie di “presentismo”, può contribuire ad avvicinare un
pubblico diversamente scettico o poco motivato.
In che modo i musei hanno attuato una rapid response in termini di
sollecitazione della partecipazione, sia dal punto di vista delle acquisizioni
che da quello della rappresentazione? La Wellcome Collection di Londra,
un’istituzione innovativa dedicata alla storia della medicina, ha promosso per
esempio la scrittura da parte del pubblico per la sezione Stories del proprio
sito15. Il Rubin Museum of Art di New York, che conserva una collezione di
arte orientale e svolge una mediazione centrata sull’attualità delle pratiche
spirituali asiatiche, ha invitato a partecipare a The Lotus Effect, un’installazione
d’arte collettiva che in occasione della futura riapertura raccoglierà gli origami
realizzati dal pubblico16. Il Museu do Amanhã di Rio de Janeiro, uno sciencecenter, ha promosso una ricerca sulla percezione della pandemia presso un
migliaio di visitatori17. Spostandoci sul fronte dell’attivismo, per citare solo un
esempio fra i numerosi, dal mese di giugno il Queens Museum di New York ha
organizzato in collaborazione con associazioni del terzo settore una raccolta
alimentare che ha permesso di servire mille famiglie alla settimana, con una
grande chiamata al volontariato18.
E in Italia? La risposta immediata alla pandemia, se non in termini di
trasferimento massiccio su piattaforme digitali in forma di erogazione di visite,
seminari e tour, non è stata molto rilevante: basta un’esplorazione veloce dei
siti dei principali musei per constatarlo. Per citare qualche eccezione – e non
è un caso che le prime due esperienze vengano descritte in questo medesimo
supplemento – esemplare e coraggioso mi sembra il progetto Non recidere
forbice quel volto promosso dalla GAMeC di Bergamo, articolato in una serie
di laboratori di “mediazione umanistica” volti alla rielaborazione del dolore e
alla condivisione della memoria in una città straziata dal lutto.
14 Il London Transport Museum ha redatto, a questo proposito, Contemporary Collecting. An
Ethical Toolkit for Museum Practitioners, disponibile a questo link: <https://www.ltmuseum.co.uk/
assets/downloads/Contemporary_collecting_toolkit.pdf>, 06.08.2020.
15 <https://wellcomecollection.org/stories>, 06.08.2020.
16 <https://rubinmuseum.org/events/exhibitions/the-lotus-effect>, 06.08.2020.
17 Pandemia e visão de futuro, disponibile qui: <https://museudoamanha.org.br/pt-br/pesquisapandemia-e-visao-de-futuro-realizada-pela-equipe-do-museu-do-amanha>, 06.08.2020.
18 <https://queensmuseum.org/2020/06/la-jornada-and-together-we-can-food-pantry-atqueens-museum>, 06.08.2020. Altri casi di studio interessanti sul sito di NEMO-Network of
European Museums Organisations: <https://www.ne-mo.org/advocacy/our-advocacy-work/
museums-during-covid-19.html>, 06.08.2020.
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
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Il Museo Diocesano Tridentino, sempre all’avanguardia nell’attenzione alla
contemporaneità anche nei suoi aspetti più scomodi e controversi, ha progettato
il Museo della Quarantena: una raccolta online di immagini degli oggetti che
hanno accompagnato la quotidianità domestica in lockdown, con la relativa
descrizione, esposti in forma fotografica anche in piazza Duomo nel mese di
giugno 202019.
Palazzo Grassi ha proposto Laboratori per tutti, un palinsesto di proposte
messe in campo con designer, illustratori e scrittori, che hanno sollecitato la
partecipazione e l’interazione attraverso la possibilità di esprimere il proprio
punto di vista sulla nuova quotidianità e di condividerlo sui canali social della
Fondazione20. Palazzo Strozzi a sua volta ha orientato le attività didattiche
legate alla mostra di Tomàs Saraceno attualizzandole alla luce della pandemia
e valorizzandone i numerosi spunti, in questo contesto quasi profetici. Anche
qui i lavori prodotti dai ragazzi sono stati recepiti in una dinamica dialogica
all’interno del progetto e del blog In contatto. Per una nuova relazione con i
nostri pubblici21.
Per citare un ultimo esempio, la cooperativa per cui lavoro come progettista
e facilitatrice, ABCittà, ha condotto una riflessione con il MICR, il Museo
Internazionale della Croce Rossa di Castiglione delle Stiviere (MN) nell’ambito
del progetto Historytelling. Un percorso di formazione e progettazione
partecipata per le collezioni di Croce Rossa22. Il progetto, articolato in una serie
di incontri di formazione per il personale del museo, gli operatori dipendenti o
volontari di Croce Rossa e quelli di altre realtà museali lombarde, era finalizzato a
creare una maggiore consapevolezza sui temi dell’accessibilità e della mediazione
culturale, nonché sulla metodologia della progettazione partecipata. Se la parte
principale si è svolta in presenza, la chiusura del percorso ha richiesto di attivare
delle strategie per una riflessione condivisa online. Abbiamo proposto un focus
sulle loan boxes o “musei in scatola”, qui considerati uno strumento utile a far
riflettere sulle potenzialità comunicative delle collezioni. Durante la pandemia,
è sembrato naturale e quasi necessario modellare la riflessione sull’attualità, e
in particolare sulla creazione di loan boxes centrate sul presente, andando ad
attingere al patrimonio di informazioni e oggetti sulla cura proprie di Croce
19 <http://opere.lockdownmuseum.it>, 06.08.2020. A livello internazionale, moltissimi sono
i musei che hanno attivato progetti di raccolta, fisici o virtuali, di oggetti legati al Covid, in una
dinamica di rapid response: si vedano per esempio il Corona Collection Project del Wien Museum,
il Pandemic Objects di V&A, la già citata History Responds Series della New York Historical
Society, #Moments of Resilience all’Anacostia Museum di Washington, e numerosi altri.
20 <https://www.palazzograssi.it/it/eventi/tutti/workshops-for-all-online/>, 06.08.2020.
21 <https://www.palazzostrozzi.org/archivio/mostre/in-contatto/>, 06.08.2020.
22 Il progetto, di ABCittà e Rataplan, è stato promosso da Croce Rossa Italiana-Comitato
Lombardia e dal MICR con il contributo di Regione Lombardia (Bandi Cultura 2019). Cfr.
ABCittà, Rataplan 2020.
258
ANNA CHIARA CIMOLI
Rossa e attualizzandole attraverso inserti contemporanei, in una logica di
capacitazione e di partecipazione alla costruzione di un racconto multivocale
(Figg. 2-4).
3. Generazioni, interpretazioni
In una società come quella italiana, in cui gli over 65enni rappresentano il
22,8% della popolazione totale23, è evidente che la vera emergenza è quella
dell’accompagnamento e della cura. Durante la pandemia è emerso quanto
invece, a livello di società, siamo scollegati, segmentati per età, provenienza
geografica e grado di “produttività”.
Negli scorsi anni diversi musei, anche italiani, si sono interrogati su come
accogliere il pubblico anziano24. Con ABCittà abbiamo immaginato un passo
successivo: una residenza intergenerazionale con 25 appartamenti per genitori
single con bambini, studenti e anziani nella periferia di Milano25, con portineria
sociale e presenza regolare di profili professionali dedicati. Il progetto, oltre alla
gestione della residenza, comprende la riqualificazione delle arcate ferroviarie
della stazione Greco-Pirelli e numerosi progetti di coinvolgimento della
comunità, come l’orto condiviso autogestito dai cittadini grazie a un patto di
collaborazione con il Comune di Milano.
Su e “da” questa realtà nascerà un museo: grazie a un bando della
Fondazione di Comunità, infatti, avremo la possibilità di realizzare un “museo
di comunità” che racconti in modalità partecipativa il quartiere di Greco, uno
dei borghi storici annessi alla città nel 1923. Nostri partner in quest’avventura
sono Stazione Radio e la Pinacoteca di Brera.
Non ci interessa tanto realizzare un museo sulla storia del quartiere,
quanto piuttosto uno specchio del presente che attraverso l’apporto delle arti
contemporanee sappia intercettare i bisogni, i desideri, le aspettative dei cittadini.
Uno spazio in ascolto, capace di stare con curiosità fra le relazioni, i nodi, le
mappe immateriali, le istanze che attraversano il quartiere, e di rappresentarle
con l’aiuto di artisti ed esperti. Ci interessa dar voce a chi non l’ha avuta fino
a questo momento: in questo senso intendiamo la partecipazione. Il principio
di fondo è tentare, sulla scorta dei suggerimenti di Bernadette Lynch, di evitare
Fonte: ISTAT (<https://www4.istat.it/it/anziani>, 06.08.2020).
Su questo tema abbiamo organizzato un corso e un workshop presso l’associazione Il
Lazzaretto di Milano. Su quell’esperienza cfr. Ciaccheri, Cimoli 2020, pp. 120-129. Cfr. anche il
link <https://www.illazzaretto.com/virus-2019/diventare-anziani-rimanere-pubblici/>, 06.08.2020.
25 BIG-Borgo Intergenerazionale Greco, <https://bigreco.it/>, 26.10.2020.. Il progetto iniziale,
BinG | Binari Greco, finanziato dal Bando alle Periferie 2018 del Comune di Milano, ha permesso ai
cittadini di riappropriarsi di spazi marginali grazie anche a un accordo con la Società Borgo Cascina
Conti S.r.l. e con altri partner. Cfr. Zanelli 2020.
23
24
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
259
il paternalismo dell’“inclusione sociale” e di costruire reti interpretative miste,
che siano specchio fedele della realtà di un quartiere popolare in cui stranieri
e italiani, giovani e anziani, lavoratori e pensionati convivono e intrecciano
quotidianamente i propri percorsi.
Durante il lockdown, spesso abbiamo pensato che quello di BIG può diventare
– ce lo auguriamo – un modello “utile”26, capace di rispondere al bisogno di
compagnia, accudimento, scambio, apprendimento reciproco trasversale alle
diverse generazioni. Se la situazione di stallo e isolamento dovesse protrarsi o
ripetersi, ci auguriamo che questa rete possa ammortizzare l’urto ed esprimere
le proprie potenzialità. (Fig. 5).
4. Conclusioni e proposte
Concludo con alcuni spunti di riflessione e proposte che mi hanno
accompagnato nelle ultime settimane, sempre in dialogo con i miei colleghi. Mi
auguro che possano essere utili agli operatori, e particolarmente ai giovani che
si affacciano alle professioni della cultura.
La cultura non è “divertimento” in senso etimologico, non è distrazione,
ma coinvolgimento in un discorso politico e luogo di costruzione di un comune
sentire. Senza questa consapevolezza si perde di vista l’obiettivo educativo
fondamentale dell’educazione al patrimonio, che è quello dell’edificazione di
una coscienza civica collettiva.
Chi insegna storia dell’arte o materie affini, in qualunque ordine scolastico,
si senta tenuto a evidenziare i nessi che collegano passato e presente, processi
di formazione delle società e loro rappresentazione, dinamiche di potere e di
giustizia sociale; altrimenti starà adempiendo solo a una parte del proprio
compito.
I musei si propongano di diventare luoghi di educazione civica, di debating,
di formazione di una coscienza politica: individuino i temi fondamentali che
emergono dalle collezioni e li declinino a uso dei giovani (la scuola secondaria
di secondo grado ne ha un gran bisogno) e di tutta la collettività.
La partecipazione, oggi più che mai, va dunque intesa come arte del dibattito
e del confronto: si tratta di imparare a discutere; mettere a contatto i linguaggi
affinché, anche se diversi, possano interagire; affrontare i propri limiti e
fantasmi; sviluppare arti antiche quali l’oratoria e la retorica (oggi diremmo il
public speaking); vincere la paura del giudizio; esporsi in un ambiente “sicuro”
o perlomeno protetto; esprimere le proprie opinioni appoggiandosi agli oggetti
delle collezioni; entrare in contatto con “le vite degli altri” e farle un po’ nostre.
Esistono delle tecniche che possono essere apprese e trasmesse: diversi musei
26
Faccio di nuovo riferimento a Chynoweth et al. 2021.
260
ANNA CHIARA CIMOLI
ospitano sessioni di questo tipo (per esempio il Museum of London, l’Islamic
Museum of Australia di Melbourne, l’HKW di Berlino).
Infine, la partecipazione non è estetica ma politica: troppo a lungo, in Italia,
abbiamo coltivato comunità interpretative omogenee per età o provenienza,
realizzando progetti importanti, ma che vanno fatti evolvere prendendo in
considerazione anche i fattori di frustrazione, rabbia, oblio forzato, mancata
rappresentazione. Questi progetti vanno spinti oltre le barriere dell’appartenenza
identitaria per generare comunità miste e intersecate, che conoscendosi meglio
possano stabilire nessi di fiducia e rafforzare il tessuto sociale: i musei sono
attori di una rete di riabilitazione della memoria e della agency – tanto quella
individuale quanto quella collettiva – che va tenuta viva ogni giorno27.
Anche l’università deve contribuire a far evolvere il concetto di
“inclusione sociale” aprendo, nell’ambito delle humanities, percorsi di
studio multidisciplinari che prendano in conto i metodi della public history,
gli strumenti dei visitor studies, dell’antropologia, della sociologia, delle
neuroscienze, delle scienze dell’educazione (il modello della facoltà di Museum
Studies dell’Università di Leicester, UK, costituisce un punto di riferimento
essenziale). Chi si laurea in materie legate alla tutela e valorizzazione del
patrimonio, e alla museologia in particolare, deve sviluppare una maggiore
consapevolezza dell’impatto sociale dei mestieri che potrà andare a svolgere. È
importante che una dinamica di apprendimento più laboratoriale, comprendente
visite sul territorio, indagini di campo, esperienze di progettazione, integri
la preparazione storica e teorica, formando professionisti più strutturati e
consapevoli del proprio ruolo nella società.
Riferimenti bibliografici/References
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progettazione partecipata per le collezioni di Croce Rossa, <http://www.
openmlol.it/>, 30.07.2020.
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Nationalism, London: Verso, 1986; trad. it. Comunità immaginate. Origini
e fortuna dei nazionalismi, Bari-Roma: Laterza, 2018.
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familienaufstellung-germanys-group-therapy>, 30.07.2020.
27
Cfr. Bodo et al. 2019.
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
261
Bodo S., Mascheroni S., Panigada M.G. (2016), Un patrimonio di storie. La
narrazione nei musei, una risorsa per la cittadinanza culturale, Milano:
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Chynoweth A., Lynch B., Petersen K., Smed S., a cura di (2021), Museums and
Social Change. Challenging the Unhelpful Museum, London and New York:
Routldege.
Ciaccheri M.C., Cimoli A.C. (2020), Diventare anziani/rimanere pubblici, in
In memoria. Il valore del passato nel tempo dell’iperpresente, Milano: Il
Lazzaretto, pp. 120-129.
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all’ascolto, «AGCult», 5 febbraio, <https://agcult.it/a/14626/2020-02-05/
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museums, 11 maggio, <https://icom.museum/en/news/who-includes-whomlistening-before-story-telling-in-museums>, 30.07.2020.
Cimoli A.C., Vlachou M. (2020), Società e cultura post Covid-19: lontane,
vicinissime, «AGCult», 31 marzo, <https://agcult.it/a/16696/2020-03-31/
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Colombo M.E. (2020), Musei e cultura digitale. Fra narrativa, pratiche e
testimonianze, Milano: Editrice Bibliografica.
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sul futuro riallestimento al Museo delle Civiltà di Roma, intervista a Rosa
Anna di Lella, «Roots-Routes. Research on Visual Culture», X, n. 33,
maggio-agosto,
<https://www.roots-routes.org/mostrare-una-collezionecoloniale-riflessioni-sul-futuro-riallestimento-al-museo-delle-civilta-diroma-intervista-a-rosa-anna-di-lella-a-cura-di-viviana-gravano-e-giuliagrechi/>, 30.07.2020.
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Remotti F. (2019), Somiglianze. Una via per la convivenza, Roma-Bari: Laterza.
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«Internazionale», 9 giugno, <https://www.internazionale.it/opinione/
igiaba-scego/2020/06/09/tracce-passato-colonialismo-razzismo-fascismo>,
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Zanelli C. (2020), Il nulla che si trova in mezzo: la trasformazione del quartiere
Greco di Milano, «cheFare», 13 luglio, <https://www.che-fare.com/grecomilano-progetto-abcitta/>, 30.07.2020.
262
ANNA CHIARA CIMOLI
Appendice/Appendix
Fig. 1. Mohini Dutta, COVID Tracking Project, 2020
MUSEI, TERRITORI, COMUNITÀ INTERPRETATIVE: LE NUOVE SFIDE DELLA PARTECIPAZIONE
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Fig. 2. Un oggetto confluito nella collezione online del Museo della Quarantena, Museo
Diocesano Tridentino, Trento, 2020
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ANNA CHIARA CIMOLI
Fig. 3. Giulio Iachetti, Timidi piccoli e fragili percorsi espositivi domestici, nell’ambito del
progetto “Laboratori per tutti”, Palazzo Grassi, Venezia, 2020
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Fig. 4. La progettazione delle loan-boxes nell’ambito di Historytelling, il percorso di
formazione promosso da ABCittà e Rataplan per Croce Rossa Italiana, 2020
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ANNA CHIARA CIMOLI
Fig. 5. Veduta di BIG-Borgo Intergenerazionale Greco, Milano, 2020
JOURNAL OF THE DIVISION OF CULTURAL HERITAGE
Department of Education, Cultural Heritage and Tourism
University of Macerata
Direttore / Editor in-chief
Pietro Petraroia
Texts by
Stefano Baia Curioni, Giovanna Barni, Claudio Bocci, Giovanna
Brambilla, Salvatore Aurelio Bruno, Roberto Camagni, Roberta
Capello, Silvia Cerisola, Anna Chiara Cimoli, Paolo Clini, Stefano Consiglio,
Madel Crasta, Luca Dal Pozzolo, Stefano Della Torre, Marco D’Isanto,
Margherita Eichberg, Chiara Faggiolani, Pierpaolo Forte, Mariangela
Franch, Stefania Gerevini, Maria Teresa Gigliozzi, Christian Greco,
Marta Massi, Armando Montanari, Marco Morganti, Umberto
Moscatelli, Maria Rosaria Napolitano, Fabio Pagano, Elisa Panziera,
Sabina Pavone, Carlo Penati, Tonino Pencarelli, Pietro Petraroia,
Domenica Primerano, Ramona Quattrini, Corinna Rossi, Valentina
Maria Sessa, Erminia Sciacchitano, Emanuela Stortoni, Alex Turrini,
Federico Valacchi
http://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult/index
eum edizioni università di macerata
ISSN 2039-2362
ISBN 978-88-6056-622-5
Euro 25,00