Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                

I patti parasociali

2003, La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative, a cura di Farina, Ibba, Racugno, Serra

I patti parasociali nella s.r.l., ove il legislatore non li ha regolati . . .

Ê 1"6Ê-°,°° >ÊVÕÀ>Ê`ˆ ito re *, Ê //1, Ê*,"*"-/ Ê / ,*, //6 G iu ffr e’ Ed , "Ê, ]Ê ,"Ê ]  ,  Ê, 1 "]Ê /" "Ê- ,, -),!./ $ /4 4 !  ' ) 5 & & 2 µ % $ ) 4 / 2 % © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore  INDICE ROMANO MAMBRINI e GAVINO SINI, Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . ROBERTO MALAVASI, Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 11 43 51 73 85 107 121 147 165 193 225 279 293 327 361 371 377 G iu ffr e’ Ed ito re ANTONIO SERRA, Sguardo d’insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ELISABETTA LOFFREDO, La struttura dell’atto costitutivo e il sistema delle clausole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CARLO IBBA, I limiti dell’autonomia statutaria (note preliminari) . . . . . . . MONICA COSSU, I patti parasociali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VALENTINO SANNA, La società non iscritta nel registro delle imprese . . . . . . CRISTIANO CINCOTTI, I conferimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DINO CAGETTI, Le quote di partecipazione: spunti di riflessione . . . . . . . . ALESSIO D. SCANO, Il conflitto fra più acquirenti della stessa quota . . . . . . MANUELA TOLA, Usufrutto, pegno e sequestro di quota . . . . . . . . . . . . . IVAN DEMURO, Il recesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FABIO NIEDDU ARRICA, L’esclusione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ALBERTO PICCIAU, Appunti in tema di amministrazione e rappresentanza . . CLAUDIO MANNONI, I controlli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FABIANA MASSA FELSANI, Le decisioni dei soci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIUSEPPE PAOLO ALLECA, L’invalidità delle decisioni dei soci . . . . . . . . . . GABRIELE RACUGNO, Le operazioni sulle proprie partecipazioni . . . . . . . . . FRANCO FARINA, Nuova s.r.l. e mercato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DIONIGI SCANO, I finanziamenti dei soci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PAOLO CONGIU, La rappresentazione della fiscalità anticipata e differita nel nuovo bilancio d’esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LILIANA PINTUS, Lo scioglimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . BARBARA BANCI, Nuova s.r.l. e società miste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ANTONELLO ANGIONI, L’arbitrato societario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XV XVII © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 409 439 465 473 MONICA COSSU I PATTI PARASOCIALI SOMMARIO: 1. Premessa e antecedenti del dibattito. — 2. Le convenzioni parasociali nella riforma delle società di capitali, con cenni alle s.p.a. — 3. Le convenzioni parasociali nella società a responsabilità limitata. — 4. Conclusioni. re 1. Premessa e antecedenti del dibattito. G iu ffr e’ Ed ito Il dato di partenza della nostra analisi è l’assenza, nella riforma societaria, di una disciplina dei patti parasociali in società a responsabilità limitata. Questa constatazione impone da un lato di affrontare, anche alla luce di un’analisi sistematica, la questione preliminare dell’ammissibilità dei patti e della loro compatibilità con il tipo societario in questione; dall’altro di verificare la loro eventuale “utilità” entro l’assetto organizzativo della s.r.l. È necessario cioè accertare, anche in ragione dell’ampiamento dell’autonomia statutaria, se abbia (ancora) un senso la stipula dei patti in questione, e dunque se essi rispondano ad esigenze meritevoli di tutela non conseguibili, alternativamente, attraverso una disciplina statutaria di analogo contenuto. La pratica dei patti parasociali in società a responsabilità limitata è risalente, e la giurisprudenza, avallata da un’autorevole dottrina, si è trovata in più occasioni a giudicare della validità di scritture private (1) in vario modo collegate al contratto sociale di s.r.l. (2). (1) Il termine “scrittura privata” con riferimento al patto parasociale era frequentemente in uso (e v. la giurisprudenza citata in nt. seg.). (2) Gli accordi parasociali avevano molto spesso ad oggetto, in passato, la definizione delle prestazioni dovute dai soci alla società: cfr. Cass. 6 maggio 1961, n. 1058, in Dir. fall., 1961, II, p. 282 ss., con riferimento al patto parasociale stipulato da tre soci di una s.r.l. con la società per l’integrazione e la precisazione delle rispettive obbligazioni da conferimento; Id., 29 gennaio 1964, n. 234, ivi, © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 52 MONICA COSSU re Curiosamente, il fenomeno era tanto noto alla pratica quanto negletto dalla dottrina, pure se qualche voce si è levata a sottolineare che l’esigenza di ricorrere ad accordi parasociali doveva ritenersi meritevole di tutela sia per l’elemento personalistico che spesso anima il tipo societario in questione, sia per la natura largamente dispositiva delle norme sulla sua organizzazione (3). Il discorso deve essere affrontato, dunque, essenzialmente alla luce dell’autonomia statutaria e contrattuale, e quindi della misura di derogabilità della disciplina legale consentita al tipo s.r.l. Quanto al primo aspetto, patti statutari e patti parasociali appartengono entrambi al ceppo comune delle regole di autonomia privata (4), e se pure i secondi hanno, in linea di principio, una rilevanza solo interindivi- G iu ffr e’ Ed ito 1964, II, p. 69, ove si ritenne valido il contratto parasociale con il quale gruppi di soci “antagonisti” si obbligavano ad effettuare determinate prestazioni a favore della società. Cfr., ancora, App. Roma, 8 maggio 1962, in Giur. it., 1962, I, 2, p. 703 ss., con nota critica di G. OPPO, Contratto parasociale a favore della società, che negò la qualifica di contratto a favore di terzo al patto parasociale stipulato fra soci di s.r.l., pure se vincolava costoro ad effettuare prestazioni a favore della società; Trib. Roma, 29 agosto 1958, in Dir. fall., 1959, II, p. 133 ss., con nota di G. RAGUSA MAGGIORE, Convenzioni parasociali e contratto a favore di terzi, con riguardo al patto parasociale nel quale un socio di s.r.l. si obbligava, nei confronti della società, ad effettuare un finanziamento e una fornitura a titolo di comodato, e ad espletare gratuitamente le mansioni di amministratore unico. In questo caso, diversamente dal precedente, il Tribunale definiva il patto quale contratto a favore di terzo, secondo un’interpretazione che si era andata diffondendo in dottrina, ovviamente con riferimento ad ipotesi nelle quali il patto avesse ad oggetto una prestazione da effettuare a favore della società e non dei soci paciscenti: in argomento cfr. G. OPPO, op. cit., p. 704 ss. Più recentemente nello stesso senso Cass. 11 dicembre 1975, n. 4143, in Giur. comm., 1976, II, p. 309, che confermava App. Roma, 10 luglio 1973, ivi, 1974, II, p. 347, con osservazioni di P. FERRO-LUZZI, dove il S.C. giudicò valido il patto parasociale stipulato a favore di una s.p.a. non ancora costituita, estendendo poi le proprie considerazioni a tutte le società con personalità giuridica. In dottrina v. pure G. OPPO, I patti parasociali, Milano, 1942, spec. p. 9 ss.; R. PROVINCIALI, Contratti sociali e parasociali, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, p. 1318 ss., anche in Studi in onore di Biondo Biondi, Milano, 1964. (3) G. RACUGNO, voce Società a responsabilità limitata, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, p. 1054. (4) C. ANGELICI, Vicende associative e attività giuridiche, in G. B. FERRI-C. ANGELICI, Studi sull’autonomia dei privati, Torino, 1997, p. 327, e già D. CORAPI, Gli statuti delle società per azioni, Milano, 1971, p. 36 ss. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 53 I PATTI PARASOCIALI duale, piuttosto che metaindividuale ed organizzativa (5), all’atto pratico incidono spesso sul funzionamento della società (6). Quanto al secondo aspetto, le opinioni sono sostanzialmente concordi nel senso della tendenziale elasticità dello schema legale (7), e del predominio assoluto dell’autonomia privata (8). G iu ffr e’ Ed ito re (5) C. ANGELICI, op. cit., p. 328 ss. (6) Sull’interferenza del “parasociale” sul “sociale” v. D. CORAPI, op. cit., p. 187; R. COSTI, Il problema della validità dei sindacati di voto alla luce della legislazione più recente, in Sindacati di voto e sindacati di blocco, a cura di Bonelli e Jaeger, Milano, 1993, p. 25 ss. Osserva questa interferenza anche C. ANGELICI, op. cit., p. 328, testo e nt. 81: l’A. precisa che in questi casi le norme parasociali disciplinano la posizione del socio “... tramite e con riferimento all’assetto organizzativo della società”, ma comunque ammette che l’elemento parasociale “... può rappresentare un momento della (esterno, ma influente sulla) valutazione per applicare le regole organizzative societarie”; da ultimo in argomento v. R. RORDORF, I sindacati di voto, in Società, 2003, p. 26. Quanto poi alla rilevanza dell’elemento parasociale nel procedimento interpretativo delle regole statutarie il tema è stato ripreso, recentemente, da C. ANGELICI, op. cit., p. 337 ss., e anche da C. IBBA, L’interpretazione degli statuti societari fra criteri oggettivi e criteri soggettivi, in Riv. dir. civ., 1995, I, p. 536. In giurisprudenza v. recentemente Cass. 21 novembre 2001, n. 14629, in Società, 2002, p. 1246 ss., con commento di D. PROVERBIO, Brevi note in tema di rapporto tra sociale e parasociale, dove il S.C. si trovò a valutare della violazione, prospettata dalla ricorrente, degli artt. 1420 e 1466 c.c., in tema, rispettivamente, di nullità dei conferimenti in conto aumento di capitale (a pagamento) e di risoluzione del contratto sociale per impossibilità sopravvenuta. Il giudice di legittimità respingeva la tesi della ricorrente circa il fatto che l’illiceità di taluni conferimenti in conto aumento di capitale — oltre a determinare la nullità del patto parasociale in esecuzione del quale erano stati effettuati, a cagione della loro essenzialità — si riverberasse anche sull’aumento di capitale deliberato dall’assemblea straordinaria in esecuzione del patto. E ciò proprio in ragione della separatezza tra i due piani, il piano sociale, rappresentato dalla delibera di aumento, e quello del patto parasociale, nell’ambito del quale era stata assunta la determinazione relativa all’aumento del capitale. E osserva infatti, in proposito, il commentatore che “... dichiarare la nullità della delibera di aumento del capitale in quanto atto meramente esecutivo di un patto parasociale nullo — così da poter conseguentemente affermare la nullità del versamento effettuato dalla ricorrente — avrebbe significato legittimare l’idea che, in presenza di sindacati di voto, le delibere sociali siano ... nulla più che atti esecutivi di quanto convenuto in sede parasociale e non già atti retti da una volontà e regole autonome e a queste ultime soltanto rispondenti ...”, ivi, p. 1251. (7) Sul punto, pure se con specifico riferimento alle ipotesi di recesso del socio, G.C. RIVOLTA, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, XXX, t. 1, Milano, 1982, p. 353 s.; G. ZANARONE, Società a responsabilità limitata, in Trattato © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 54 MONICA COSSU ito re La contiguità funzionale fra i due ambiti, parasociale e statutario, è particolarmente evidente nel raffronto fra sindacati di blocco e clausole statutarie preclusive, o comunque limitative, della circolazione delle azioni, ivi comprese le clausole di gradimento. E ciò non solo perché le une come le altre sono accomunate dall’effetto sostanziale di limitare la circolazione della quota, ma anche perché in presenza di clausole statutarie preclusive o limitative della circolazione — si pensa in particolare alle clausole di gradimento — fino a quando la società non consenta l’alienazione l’acquirente è titolare di una posizione giuridica (meramente) parasociale (9). Né è da dimenticare che la linea distintiva fra clusole statutarie limitative della circolazione e patti di blocco non è semplicissima da tracciare, se parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza ha potuto sostenere e tuttora sostiene la natura parasociale delle clausole di prelazione (10). G iu ffr e’ Ed di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da Galgano, VIII, Padova, 1985, p. 31 ss., dove riferimenti al metodo tipologico, mutuato dalla dottrina tedesca, che segnala la rilevanza costruttiva, a fianco degli elementi propri del tipo giuridico, di elementi propri del “modello vivente” di società. Entro questo contesto l’A. valorizza la distinzione fra norme dispositive e norme cogenti, che sarebbero entrambe essenziali alla ricostruzione del “tipo legale” — ossia del tipo tenuto a mente dal legislatore — secondo il metodo tipologico. Si v. pure O. CAGNASSO-M. IRRERA, voce Società a responsabilità limitata, in Digesto disc. priv., sez. comm., XIV, Torino, 1997, p. 186, che evidenziano un modello di società “... adattabile ad una pluralità di esigenze, sul presupposto di una disciplina flessibile”. (8) Sul tema, fra molti, G. MARASÀ, Modifiche del contratto sociale e modifiche dell’atto costitutivo, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, 6, Modificazioni statutarie-Recesso-Riduzione del capitale, t. 1, Torino, 1993, p. 87; ANGELICI, op. cit., spec. p. 324 ss. (9) In questi termini, con riferimento alle s.p.a., C. ANGELICI, La circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato delle società per azioni, cit., 2, AzioniGruppi, t. 1, Torino, 1991, p. 178. (10) Si v., per una sintesi recente sull’argomento, M. CENTONZE, Sulla delibera maggioritaria di eliminazione della clausola di prelazione dallo statuto delle s.p.a., nota a Trib. Milano, 11 ottobre 2001, in Banca, borsa, 2003, II, p. 188 ss. Nella pronuncia in questione, peraltro, il Tribunale ribadisce l’orientamento prevalente, e quindi ritiene la natura sociale della clausola di prelazione, sulla base del fatto che le norme sociali perseguirebbero sempre e solo interessi del gruppo dei soci uti socii, piuttosto che uti singuli, mentre le norme parasociali perseguirebbero sempre e solo interessi dei singoli. Ma in realtà proprio quest’ultima considerazione, come del resto osserva lo stesso commentatore (ivi, p. 193), sarebbe poco © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 55 I PATTI PARASOCIALI Comunque sia, poiché la dottrina quasi unanime e la giurisprudenza prevalente ritenevano ammissibile, già prima della riforma e sulla base dell’art. 2479, 1° co. (11), un regime statutario di totale intrasferibilità delle quote (12), sarebbe stato incoerente, dal punto di vista sistematico, vietare una pattuizione parasociale di “blocco” (13). Alle ragioni di tecnica giuridica, le quali potevano G iu ffr e’ Ed ito re esatta e non decisiva secondo la dottrina maggioritaria, che com’è noto sostiene l’efficacia reale della clausola di prelazione. Sullo specifico punto v. R. RESCIO, La distinzione del sociale dal parasociale (sulle c.d. clausole statutarie parasociali), in Riv. soc., 1991, p. 615 ss.; sull’ampio dibattito, che non può essere certo riassunto in questa sede, e per una prospettazione riepilogativa delle varie posizioni si rinvia a G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Vª ed., Torino, 2001, p. 241 ss., testo e note; per una più ampia ricognizione in argomento v. diffusamente V. MELI, La clausola di prelazione negli statuti delle società per azioni, Napoli, 1991. Con specifico riferimento al diritto di prelazione sulle azioni inoptate spettante al socio in sede di aumento del capitale a pagamento si v. Trib. Trieste, 27 luglio 2002 (ord.) e Id., 3 settembre 2002 (ord. G.D.), in Società, 2003, p. 608 ss., con nota di M. SANTORO, Ammissibilità del sequestro giudiziario a seguito di violazione del diritto di prelazione ai sensi dell’art. 2441, terzo comma. In entrambe le pronunce il Tribunale ritiene, in controtendenza rispetto all’orientamento giurisprudenziale dominante, la natura obbligatoria e non reale della clausola di prelazione là dove la legge non la accompagni ad un diritto di riscatto; al di fuori di quel caso, infatti, il titolare del relativo diritto potrebbe vantare unicamente una pretesa di tipo risarcitorio. E questa sarebbe, appunto, l’ipotesi di cui all’art. 2441, 3° co. c.c., pure se di prelazione legale si tratta. La prima delle due pronunce, inoltre, esclude che ai diritti di credito nascenti dal possesso di azioni possa riconoscersi una tutela reale: sul punto V. MELI, op. cit., p. 42. (11) Dispone l’art. 2479, 1° co., ovviamente nella sua formulazione originaria, che “le quote sono trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo”. (12) Sul punto v. G.F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 553, testo e nt. 1. In senso favorevole, fra gli altri, G. SANTINI, op. cit., p. 106; L. F. PAOLUCCI, Le società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 17, Impresa e lavoro, t. III, Torino, 1985, p. 279, testo e nt. 89; ma in senso contrario L. BUTTARO, Sull’ampiezza e sulle conseguenze delle limitazioni alla circolazione delle quote di società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 1992, p. 489 ss. (13) Più esattamente si è osservato, in proposito, che “... potendosi stabilire addirittura l’intrasferibilità delle quote, sarebbe incongruo ritenere invalide clausole di limitazione della trasferibilità ...”, anche considerando che “il campo di applicazione dell’art. 22 della legge 281/1985 è, inoltre, limitato alle sole società per azioni”: O. CAGNASSO-M. IRRERA, op. cit., p. 192. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 56 MONICA COSSU Ed ito re indurre a preferire il sindacato di blocco ad una clausola statutaria di intrasferibilità delle quote, ex art. 2479, perché il primo (diversamente dalla seconda) non incide sull’assetto organizzativo dell’ente (14), si sommavano poi le ragioni pratiche più diverse, essendo fuor di dubbio, comunque, che i patti sottendevano “interessi meritevoli di tutela” (15). Non è fuori luogo, poi, ricordare che nell’evoluzione normativa, e prima ancora dottrinale, in materia di s.p.a. la possibilità di limitare la circolazione azionaria cresce mano a mano che la società si allontana dal mercato, fino a raggiungere la massima estensione nella società “chiusa”, là dove l’aggettivo è precipuamente riferito alle modalità di circolazione della partecipazione. E non è un caso, infatti, che proprio per le società quotate in borsa da un lato il legislatore abbia sancito l’illegittimità delle clausole di gradimento (16), dall’altro taluni Autori abbiano sostenuto e tuttora sostengano l’inammissibilità — o comunque l’inopportunità delle convenzioni parasociali di voto e blocco (17). G iu ffr e’ (14) G. RACUGNO, op. loc. cit.: “l’elasticità del modulo legale della società a responsabilità limitata consente che una medesima clausola possa essere inserita nell’atto costitutivo (per esempio, intrasferibilità delle quote, ex art. 2479 c.c.) o sia contenuta in un patto parasociale (sindacato di blocco), con conseguente assoggettamento a diversa disciplina, stante l’incidenza che soltanto la prima riveste nell’assetto organizzativo della società. Problema ulteriore è stabilire se la clausola statutaria, invalida per incompatibilità con il modello legislativo, possa considerarsi valida come patto parasociale”. (15) G. SANTINI, Società a responsabilità limitata, Art. 2472-2497-bis, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, 3ª ed., Bologna-Roma, 1984, p. 55, testo e nt. 4, che fa riferimento, in particolare, agli accordi parasociali di finanziamento della società, o stipulati per garantire ad essa il godimento di certi beni o brevetti; cfr. G. RACUGNO, op. loc. cit., con riguardo, parimenti, ai patti parasociali “... che incidono sui finanziamenti dell’iniziativa o sull’apporto dei conferimenti”. (16) Il percorso di progressiva delegittimazione delle clausole di gradimento nel settore delle società quotate è troppo noto per essere ricordato: si rinvia, per tutti, a C. ANGELICI, op. ult. cit., p. 131 ss. (17) G. ROSSI, Le diverse prospettive dei sindacati azionari nelle società quotate e in quelle non quotate, in Riv. soc., 1991, p. 1353 ss., sostiene in proposito che dette clausole “... sottraggono all’investitore medio non solo la garanzia della separazione dei poteri fra gli organi sociali, ma anche il rigoroso trasparente © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 57 I PATTI PARASOCIALI Anche senza prendere partito su quest’ultima opinione, non si può negare che nelle società “aperte” al mercato dei capitali l’introduzione di una disciplina parasociale che limiti la negoziabilità delle partecipazioni certamente richiede una ponderazione più attenta, e G iu ffr e’ Ed ito re rispetto di tutte le formalità di funzionamento degli organismi stessi e minacciano di conseguenza i soli suoi strumenti di protezione”, ivi, p. 1363. L’A. ritiene, più in generale, l’assoluta intolleranza della disciplina di mercato alle pattuizioni fondate sull’intuitus personae piuttosto che sull’intuitus pecuniae, anche in ragione dei poteri di gestione “indiretta” che l’azionista partecipante ad un sindacato di comando è in grado di esercitare rispetto all’investitore qualunque. E non manca di richiamare gli esempi di ordinamenti nordamericani nei quali alle società rette da patti parasociali di voto o blocco è precluso il public offering: in particolare il § 342(a)3 del Delaware Code, ed i §§ 55-73(b) del North Carolina General Statute. Sostanzialmente concordi A. CERRAI-A. MAZZONI, La tutela delle minoranze, in Riv. soc., 1993, p. 65. Cfr. pure più recentemente, nello stesso senso e anche con riferimento alla riforma societaria, C. FOIS, Le clausole generali e l’autonomia statutaria nella riforma del sistema societario, in Giur. comm., 2001, I, p. 442 ss.; ID., I patti parasociali, in corso di pubblicazione in Diritto societario: dai progetti alla riforma, Atti del Convegno di studi, Courmayeur, 27-28 settembre 2002, p. 11 del dattiloscritto [recentemente pubblicato per i tipi della Giuffrè]; A. TOFFOLETTO, Patti parasociali e società quotate, in Scritti giuridici per Guido Rossi, I, Milano, 2002, p. 292 ss.; G. NICOLETTI, Le minoranze di controllo nelle società quotate, ivi, p. 368 ss. Critico rispetto a questa impostazione, in specie per la presunta incertezza dei suoi risultati, R. RESCIO, I sindacati di voto, in Trattato delle società per azioni, cit., 3, Assemblea, t. 1, Torino, 1994, p. 715 ss., il quale, in particolare, osserva che i problemi che i patti parasociali possono generare in società quotate sono tutti risolvibili attraverso un’adeguata trasparenza dei patti stessi e del loro contenuto. Nello stesso senso R. COSTI, La Cassazione e i sindacati di voto: tra dogmi e “natura” delle cose, nota a Cass. 23 novembre 2001, n. 14865, in Giur. comm., 2002, II, p. 674, che anzi valuta l’opportunità di considerare le norme sulla pubblicità dei patti parasociali di cui all’art. 122 t.u.f. quale espressione di un principio generale. Cfr., con riguardo alle clausole di gradimento, B. LIBONATI, Clausola di gradimento e appello al risparmio diffuso, in Riv. dir. comm., 1983, I, p. 228, il quale osservava, con riferimento al regime previgente la l. n. 281/85, che “la clausola di gradimento si presenta meno accettabile quando si tratta di grandi società con azioni diffuse fra il pubblico ...”, ed evidenziava l’utilità de jure condendo di pensare, in ordine al punto, ad una disciplina differenziata di “grandi” e “piccole” società per azioni, giacché le prime si connotano per una struttura “aperta” al possibile accesso di potenziali investitori e non possono, poi, tradire questa dichiarata caratterizzazione. Non è difficile comprendere, dunque, che “da sempre la clausola di gradimento è stata sentita come contraddittoria con la quotazione in borsa”, ivi, p. 239. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 58 MONICA COSSU severi contrappesi in termini di trasparenza del patto, laddove quella stessa disciplina è naturalmente congeniale alle società “chiuse”. 2. Le convenzioni parasociali nella riforma delle società di capitali, con cenni alle s.p.a. ffr e’ Ed ito re Queste prime conclusioni trovano una chiara conferma nel regime differenziato previsto, sul punto, per le società i cui titoli siano diffusi presso il pubblico in maniera rilevante (18) e per le società non “aperte” al mercato dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (19), che tra l’altro reca una disciplina dei patti parasociali inedita per la sua collocazione sistematica (20). Per i (soli) patti stipulati nelle prime, infatti, operano limiti all’autonomia privata quanto alla durata del patto, come emerge dall’art. 2341-bis, 2° co. E difatti con riguardo ai patti che abbiano il fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società, descritti al 1o co., si impone il limite massimo di cinque anni, con un’eventualità di rinnovo alla scadenza che non è automatica. Si richiede, cioè, un’esplicita manifestazione di volontà dei paciscenti onde non trasformare quello che è per legge un patto a tempo determinato rinnovabile in un patto a tempo indeterminato con annesso diritto di recesso esercitabile ogni cinque anni (21). È da ritenere che l’art. 2341-bis, 1° co., nella parte in cui prevede che i patti che hanno il fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società non possono eccedere in nessun G iu (18) Art. 2325-bis. (19) In G.U. 22 gennaio 2003, n. 17, suppl. ord. n. 8/L. (20) L’art. 2341-bis delimita le convenzioni parasociali “rilevanti” per il legislatore: i patti, “... in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società: a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano; b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano; c) hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società, non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza”. (21) In questi termini G. SEMINO, I patti parasociali nella riforma delle società di capitali: prime considerazioni, in Società, n. 2-bis, 2003, p. 349, testo e nt. 19, dove richiami alla dottrina favorevole al rinnovo espresso del patto alla scadenza. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 59 I PATTI PARASOCIALI G iu ffr e’ Ed ito re caso la durata di cinque anni, sia norma inderogabile; e perciò se le parti dovessero prevedere un termine maggiore essi si considererebbero stipulati per cinque anni. Volendo assicurare una qualche coerenza interna alla disciplina, allora, l’espressa previsione, a tenore del 2° co., di patti a tempo indeterminato non può che riferirsi alle sole convenzioni che non rispondono ai fini di cui sopra, ossia a patti diversi da quelli che mirano al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società. Quanto al regime pubblicitario l’art. 2341-ter prevede espressamente, per i patti in società “aperte”, un obbligo di comunicazione alla società ed un obbligo di dichiarazione in ogni assemblea; ulteriormente prevede che la dichiarazione sia trascritta nel verbale e che quest’ultimo sia depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese, con funzioni, riteniamo, di mera certificazione anagrafica e pubblicità-notizia (22). Gli obblighi di trasparenza e pubblicità imposti ai patti di società non quotate che fanno appello al mercato dei capitali di rischio testimoniano che l’organizzazione del potere corporativo, non appena l’ente si affacci sul mercato dei capitali, cessa di essere (meramente) una “questione privata” fra i soci. E le norme eteronome si sovrappongono all’autonomia privata al punto che se manca la dichiarazione del patto in apertura dell’adunanza i possessori delle azioni sindacate non sono ammessi al voto, mentre la delibera eventualmente assunta resta instabile, ai sensi dell’art. 2341-ter, 2° co., ossia annullabile se non superi la “prova di resistenza”. Complessivamente, dunque, il regime pubblicitario dei patti in società con titoli diffusi è più severo rispetto a quello delle s.p.a. “chiuse”, e meno severo rispetto al dettato dell’art. 122 t.u.f. (23), (22) Arg. da G. OPPO, Patti parasociali: ancora una svolta legislativa, in Riv. dir. civ., 1998, II, p. 218, ora anche in Scritti giuridici, VI, Padova, 2000, p. 431, con riferimento al regime pubblicitario dei patti nelle società quotate. (23) Ai sensi dell’art. 122 t.u.f. “1. i patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni quotate e nelle società che le controllano sono: a) comunicati alla CONSOB entro cinque giorni dalla stipulazione; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana entro dieci giorni dalla stipulazione; c) depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sede legale entro quindici giorni dalla stipulazione. 2. La CONSOB © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 60 MONICA COSSU re riservato alle s.p.a. quotate (24). In quest’ultimo caso, tra l’altro, la violazione degli adempimenti pubblicitari causa la nullità del patto, laddove per le società con titoli diffusi la sanzione consiste nell’inibizione del voto mentre non è toccata la validità dell’accordo sottostante. Lo stesso dubbio sulla necessità o meno di applicare ai patti di s.p.a. non “aperte” gli obblighi pubblicitari imposti dalla novella al codice — punto che in verità non risulta completamente chiaro dalla lettura congiunta degli artt. 2341-bis e 2341-ter — scaturisce dalla considerazione, contenuta nella legge delega, che tutte le società per azioni, a prescindere dall’appello attuale al risparmio diffuso, sono in potenza società “aperte” (25). Si spiega, allora, perché secondo taluni commentatori gli obblighi pubblicitari dovrebbero essere estesi alle società non “aperte” (26), anche se la G iu ffr e’ Ed ito stabilisce con regolamento le modalità e i contenuti della comunicazione, dell’estratto e della pubblicazione. 3. In caso di inosservanza degli obblighi previsti dal comma 1 i patti sono nulli (...)”. (24) Questa ricostruzione è condivisa da G. SEMINO, op. cit., p. 351 s., che sottolinea la scelta legislativa “... di modulare un regime di disclosure sempre più penetrante man mano che la società si apre al mercato ...”. Tra l’altro il nuovo regime dei patti in società con titoli diffusi è oggetto di critiche per la sua inattitudine a portare a conoscenza il contenuto del patto, oltre che la sua esistenza: R. RESCIO, Dei patti parasociali, in Parere dei componenti del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in diritto commerciale interno ed internazionale, Università Cattolica di Milano, in Riv. soc., 2002, p. 1461. (25) Si v. in tal senso l’art. 4, 1° co. l. 3 ottobre 2001, n. 366 (in G.U. 8 ottobre 2001, n. 234): “la disciplina della società per azioni è modellata sui principi della rilevanza centrale dell’azione, della circolazione della partecipazione sociale e della possibilità di ricorso al mercato del capitale di rischio. Essa, garantendo comunque un equilibrio nella tutela degli interessi dei soci, dei creditori, degli investitori, dei risparmiatori e dei terzi, prevederà un modello di base unitario e le ipotesi nelle quali le società saranno soggette a regole caratterizzate da un maggiore grado di imperatività in considerazione del ricorso al mercato del capitale di rischio”. E in argomento v. G. ZANARONE, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, p. 67, che evidenzia come la s.r.l. si differenzi dalla s.p.a. non quotata, ossia da una società che “... pur non facendo ricorso al mercato del capitale di rischio, si riservi tuttavia la “possibilità” di tale ricorso: ipotesi nella quale la pur mera potenzialità della presenza del socio risparmiatore fa sì che lo spazio dell’autonomia statutaria, benché suscettibile di ampliamento rispetto a quello concesso nel previgente ordinamento, debba pur sempre essere ritagliato in un contesto di strutture organizzative date ...”. (26) Espressamente in questo senso le Osservazioni di Borsa italiana s.p.a., in Riv. soc., 2002, p. 1568. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 61 I PATTI PARASOCIALI legge delega e la relazione illustrativa al decreto sembrano deporre in senso contrario (27). 3. Le convenzioni parasociali nella società a responsabilità limitata. G iu ffr e’ Ed ito re Un primo, chiaro indizio a favore dell’ammissibilità delle convenzioni parasociali in s.r.l. anche nel nuovo quadro normativo ci viene proprio dall’art. 2341-bis, appena esaminato, che disciplina determinate tipologie di patti — ed in particolare quelli di voto e blocco — con riferimento a tutte le s.p.a. ed alle “società che le controllano”, senza precisare che la controllante debba essere a sua volta una s.p.a. (28). Un secondo indizio « forte » proviene dalla Relazione illustrativa al decreto, ove si evidenzia che la “disciplina, inserita nel capo relativo alle società per azioni, ha inteso regolare la fattispecie con riferimento a quel tipo sociale [la s.p.a., n.d.r.], perché in esso è più sentita l’esigenza di garantire regole certe e definite in considerazione della maggiore rilevanza per il pubblico e per il mercato finanziario; essa, ovviamente, non intende escludere la possibilità che analoghi patti riguardino altre forme di società, per le quali ovviamente resterà applicabile la disciplina generale dell’autonomia privata e dei contratti, così per esempio per le società a responsabilità limitata come anche per le società di persone”. E così anche per le cooperative, ci sentiamo di aggiungere. Ma veniamo alla disciplina specifica: la legge delega, il cui art. 3 è dedicato alla società a responsabilità limitata, pone al centro della riforma un’ampia autonomia statutaria e una larga libertà di forme (27) L’art. 4, 7° co., lett. c) della legge delega effettivamente circoscrive alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ai sensi del 2° co., lett. a), una disciplina dei patti parasociali che “... ne assicuri il necessario grado di trasparenza attraverso forme adeguate di pubblicità”. La relazione illustrativa, al § 2, rimarca che la legge delega richiede forme di pubblicità per i (soli) patti delle s.p.a. che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. (28) Per il testo dell’art. 2341-bis v. supra, nt. 20. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 62 MONICA COSSU ffr e’ Ed ito re organizzative (29). L’autonomia statutaria è chiamata ad operare, in particolare, “…riguardo alle strutture organizzative, ai procedimenti decisionali della società e agli strumenti di tutela degli interessi dei soci…” (30). E proprio la “libertà di forme organizzative” evoca le convenzioni parasociali di voto, poiché esse consentono di ovviare alla rigidità del modello legale delle società di capitali (31); tanto più che la riforma mira a svincolare la s.r.l. dall’archetipo della s.p.a. anche affrancandola dall’obbligo di adottare un’organizzazione rigidamente corporativa (32). E vi è un parallelismo evidente fra l’autonomia statutaria nei procedimenti decisionali, che si esprime innanzi tutto nella liberalizzazione e facoltizzazione del metodo assembleare (33), e l’autonomia contrattuale parasociale: la derogabilità del metodo assembleare, esplicazione di autonomia statutaria, è certamente favorita dall’autonomia parasociale, come si desume agevolmente dal fatto che le convenzioni di voto sono in grado di ridurre metodo assembleare e principio maggioritario ad un mero, se pure irrinunciabile, rituale (34). Ed allora, se si accetta il dato reale che nelle s.p.a. il patto parasociale, ed in specie il sindacato di voto, può condurre ad una sostanziale eterodeterminazione delle scelte gestorie (e che i poteri extra-assembleari dell’azionista controllante spesso si esplicano proprio tramite una convenzione di voto) (35), a maggior ragione deve ammettersi che questa evenienza G iu (29) Art. 3, 1° co., lett. b) e c). (30) Art. 3, 2° co., lett. e). (31) Da ultimo R. RORDORF, op. cit., p. 19. (32) G. ZANARONE, op. ult. cit., p. 68, il quale osserva essere venuto meno per la s.r.l. “... ogni obbligo di adozione della struttura corporativa, cioè di un sistema basato sulla procedimentalizzazione dei momenti deliberativi e sulla rigida ripartizione delle competenze fra diversi organi sociali: strutture organizzative e meccanismi decisionali — in altre parole — devono essere lasciati integralmente all’autonomia statutaria”. (33) Cfr. artt. 2379 e 2379-bis. E sul punto, pure se con riferimento ai progetti di legge-delega Mirone e Veltroni, V. AFFERNI, “Progetto Mirone” e modelli organizzativi per la piccola e media impresa, Milano, 2001, p. 167 s. (34) Sul punto C. FOIS, Le clausole generali e l’autonomia statutaria nella riforma del sistema societario, cit., p. 454. (35) Sul punto, per le s.p.a., cfr. A. SERRA, L’assemblea: procedimento, in © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 63 I PATTI PARASOCIALI ito re possa verificarsi nelle s.r.l., dove la distanza tra soci e amministratori è ancora più ridotta, ed anzi si assiste alla normale coincidenza fra gli uni e gli altri (36). A ciò si aggiunga che la legge delega prescrive “…un autonomo ed organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci” (37). Ove si voglia valorizzare al massimo questa menzione dei rapporti contrattuali fra i soci non si deve confinarla, ci sembra, all’ambito dei rapporti corporativi, che riguardano i soci in quanto membri della persona giuridica, e bisogna piuttosto estenderla ai rapporti che coinvolgono i soci uti singuli. Se questa interpretazione fosse corretta non vi sarebbe ragione, allora, di escludere dal novero dei “rapporti contrattuali fra i soci” cui si riferisce la legge delega i patti parasociali, che dei primi sono una specie, e fra le più rilevanti nella pratica (38). La giurisprudenza di legittimità, tra l’altro, ha G iu ffr e’ Ed Trattato delle società per azioni, cit., 3, t. 1, cit., p. 55 s.; P. SCHLESINGER, I poteri extra-assembleari dell’azionista di controllo, in Riv. dir. priv., 1996, p. 449 ss.; G. ROSSI, Il mito della corporate governance, in Atti del Convegno di Studi, Courmayeur, 28-29 settembre 2001, Milano, 2002, p. 15. (36) Cfr. L.F. PAOLUCCI, op. cit., p. 292; O. CAGNASSO-M. IRRERA, op. cit., p. 196; RACUGNO, op. cit., p. 1065; con riferimento alla riforma societaria cfr. G. ZANARONE, op. ult. cit., p. 66 ss. (37) Art. 3, 1° co., lett. a) della legge. Sottolinea il peculiare profilo della “personalizzabilità” della s.r.l. entro la riforma P. RESCIGNO, Osservazioni sul progetto di riforma del diritto societario in tema di società a responsabilità limitata, in corso di pubblicazione in La riforma del diritto societario, Atti del Convegno di studi, Courmayeur, 27-28 settembre 2002, cit., p. 11 del dattiloscritto, che in particolare segnala che questa forma societaria si presta ad essere strumento ideale per la costituzione di joint ventures paritarie. In questa prospettiva l’A. osserva, per la verità senza approfondire il punto, che fra le forme convenzionali (contrattuali) di risoluzione delle situazioni di impasse derivanti dalla struttura paritaria della partecipazione quella del patto parasociale sarebbe poco consigliabile, in quanto “problematica”. Ma l’osservazione è chiaramente ambivalente, essendo il piano dell’opportunità diverso e distinto da quello dell’ammissibilità. (38) Si v. V. SALAFIA, Lo schema di legge delega per la riforma del diritto societario, in Società, 2000, p. 7. Con riferimento al Progetto Mirone l’A. esplicitamente osserva: “la prevista centralità dei rapporti contrattuali tra i soci, che riguarda, secondo me, i patti parasociali, serve ad ulteriormente rafforzare l’autonomia che viene ampiamente riconosciuta alla società a r.l., come è anche dimostrato dal fatto che, a differenza di quanto lo schema prevede a proposito dei patti © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 64 MONICA COSSU recentemente ribadito l’appartenenza dei patti al generale alveo dei contratti atipici meritevoli di tutela, ex art. 1322, 2° co. c.c., e la conseguente applicazione diretta agli stessi della disciplina generale sui contratti, anche per l’aspetto della recedibilità ad nutum da quelli stipulati a tempo indeterminato (39). Nel sottolineare la centralità dei rapporti contrattuali fra i soci, dunque, la legge delega pone l’autonomia contrattuale al fianco dell’autonomia statutaria (40): entrambe infatti, al di là delle inne- G iu ffr e’ Ed ito re parasociali inerenti alla società per azioni, nessuna limitazione, se non quella discendente dall’applicazione delle norme generali, viene posta alla loro contrattazione”. Nel senso della generale ammissibilità dei patti parasociali in s.r.l. anche F. KUSTERMANN, Considerazioni critiche sui patti parasociali, come previsti nella legge delega n. 366 del 2001, ivi, 2002, p. 170 ss.; R. RESCIO, La disciplina dei patti parasociali dopo la legge delega per la riforma del diritto societario, in Riv. soc., 2002, p. 857 ss., che parimenti riporta l’ammissibilità dei patti direttamente all’art. 3, 1° co., lett. a) l. delega, ed ulteriormente osserva che “... sebbene ... nulla sia previsto per la società a responsabilità limitata, non può ignorarsi che per i fruitori di tale tipo sociale i patti parasociali costituiscono una realtà di rilievo. Né v’è motivo di ritenere che detta realtà cessi o divenga scarsamente rilevante con la riforma, nonostante l’ampliamento dell’autonomia statutaria che si promette. Certe esigenze soddisfatte soltanto nei patti parasociali rimarranno immutate: si pensi ... a intese che non si vogliono palesare agli estranei alla società con il loro inserimento nello statuto sociale”. Decisa anche la posizione di G. SEMINO, op. cit., p. 350, testo e nt. 23, dove precisamente è detto che “ragioni di ordine sistematico portano a non poter dubitare della stipulabilità di accordi parasociali relativi a tipi sociali diversi dalla società per azioni”. Esplicitamente favorevole ai patti in s.r.l., società di persone e cooperative G. LOMBARDI, I patti parasociali nelle società non quotate e la riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, p. 279. (39) Si allude a Cass. 23 novembre 2001, n. 14865 (v. supra, nt. 17 e infra, nt. 43), la quale, in tal modo, ha “corretto” l’opposta valutazione di nullità dei patti stipulati a tempo indeterminato espressa da Cass. 20 settembre 1995, n. 9975, in Giur. comm., 1997, II, p. 58 ss., con interventi di V. BUONOCORE, V. CALANDRA BUONAURA, F. CORSI, R. COSTI, A. GAMBINO, P.G. JAEGER. Qui il S.C. osserva, in aggiunta, che “... il ricorso allo strumento del recesso ad nutum, per assicurare la temporaneità del vincolo negoziale, nei contratti, anche atipici, a tempo indeterminato, (od a termine eccessivamente protratto) risponde, d’altra parte, anche ad una non eludibile esigenza di conformazione del contratto a buona fede che si impone in fase esecutiva in virtù del disposto dell’art. 1375 c.c... e per via stessa di integrazione del contratto, in ragione della riconducibilità della clausola di buona fede al dovere costituzionale di solidarietà, operante ... anche all’interno del rapporto negoziale e con forza di norma inderogabile, immediatamente e direttamente precettiva”. (40) V. anche supra, inizio § 1. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 65 I PATTI PARASOCIALI ito re gabili diversità strutturali (41), sono espressione di autonomia privata, ed entrambe, nel contesto della nuova s.r.l., sono autorizzate a dettare legge fra le parti (42). E di questa specie di rapporti contrattuali, del resto, anche la pratica recente fornisce qualche esempio, a breve distanza dal varo della riforma societaria (43). Nel complesso, dunque, può dirsi che la riforma ha instaurato una sorta di complementarietà fra patti sociali, frutto dell’autonomia statutaria, che sono destinati a regolare il funzionamento della società in ragione della loro intrinseca attitudine metaindividuale ed organizzativa, e patti parasociali, manifestazione di un’autonomia privata di stampo più soggettivistico (contrattuale), che sono destinati essenzialmente a regolare l’esercizio di taluni diritti sociali (44). Spetta, poi, ai soci stessi e a nessun altro la scelta di implementare l’una o l’altra specie di autonomia, e anche se si potrebbe forse ipotizzare che il forte G iu ffr e’ Ed (41) Non è dubbio che l’autonomia statutaria è fonte di norme che presentano un gradiente di oggettività ben superiore a quello dei comuni contratti, in quanto norme dell’organizzazione (societaria), come tali improntate a quella rilevanza metaindividuale di cui si è già discorso (v. supra, § 1): in argomento si rinvia a C. ANGELICI, Vicende associative e attività giuridiche, cit., p. 300 ss. (42) ZANARONE, op. ult. cit., p. 84, e v. anche supra, inizio § 1, testo e nt. 4. (43) Si allude al caso deciso da Cass. 23 novembre 2001, n. 14865, cit. (supra, nt. 17, 39), pubblicata anche in Società, 2002, con nota di L. PICONE, p. 431 ss., e in Corr. giur., 2003, p. 323 ss., con nota di G. LOMBARDI, Questioni in tema di durata dei patti parasociali. Nella fattispecie il S.C. (confermando App. Milano, 24 luglio 1998, in Giur. it., 1998, p. 2336 ss.), riteneva validi due patti parasociali stipulati per la nomina degli amministratori in due s.r.l., delle quali l’una era interamente posseduta dall’altra, ed in virtù dei quali uno dei soci della controllante, già amministratore della stessa, veniva nominato amministratore delegato della controllata. In una situazione di perdita dell’intero capitale nelle due società il S.C., considerando l’estraneità del patto parasociale sulla nomina degli amministratori all’organizzazione sociale, e sulla base dunque di una distinzione formale tra i due piani — sociale e parasociale — riteneva che il primo (così come la parallela scrittura privata sulla disciplina dei rapporti finanziari fra le due società) non avrebbe potuto inficiare il funzionamento della seconda, ed in particolare del suo organo assembleare. In altre parole, l’assemblea della controllata (pure se composta unicamente dai soci sindacati) avrebbe comunque dovuto (potuto) procedere alla riduzione del capitale per perdite, alla revoca dell’amministratore e all’esercizio dell’azione di responsabilità nei suoi confronti. (44) N. ABRIANI-L. CALVOSA-G. FERRI jr, Diritto delle società di capitali [Manuale breve], Milano, 2003, p. 119. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 66 MONICA COSSU incremento dell’autonomia statutaria abbia reso superfluo il ricorso ai patti (45), questa ipotetica conclusione atterrebbe, comunque, al piano dell’opportunità, in nulla incidendo sull’ammissibilità in via di principio delle convenzioni parasociali, come chiariremo fra poco. Ben più rilevante è, semmai, il problema di individuare i limiti dell’autonomia statutaria, dando per presupposto che detti limiti ci siano anche ora, ma che debbano essere rideterminati alla luce della riforma (46). 4. Conclusioni. ito re Possiamo concludere che i patti parasociali in s.r.l. non solo sono validi alla luce della riforma, ma anzi proprio per l’assenza di una disciplina espressa non soffrono alcuna limitazione di tipologia e contenuto (47): la visibile opzione per una valorizzazione della G iu ffr e’ Ed (45) Ipotesi che, peraltro, non convince, sia perché l’autonomia statutaria — per quanto ulteriormente ampliata — non è illimitata, sia perché resta ferma l’innegabile eventualità che i soci semplicemente preferiscano non dare dignità e rilievo di norma statutaria a determinati accordi: sul punto già G. RACUGNO, op. cit., p. 1054. (46) Sulla questione dei limiti all’autonomia statutaria si rinvia al contributo di C. IBBA, in questo Quaderno. E. v. pure ID., In tema di autonomia statutaria e norme inderogabili, in Atti del convegno di Padova-Abano Terme, 5-6-7 giugno 2003: Le grandi opzioni della riforma del diritto societario e del processo societario, di prossima pubblicazione per i tipi della Cedam. (47) Sul punto v. G. ZANARONE, op. loc. ultt. cit. Più radicalmente, taluna giurisprudenza onoraria ipotizza, persino, che il patto concluso fra tutti i soci di una s.r.l. abbia una rilevanza “reale”, e che ragionare altrimenti significherebbe optare per una concezione esasperatamente realista della persona giuridica: in tal senso Collegio Arbitrale, Lodo 7-12 giugno 2000, G.B. PORTALE-L.A. BIANCHI-R. SACCHI, in Giur. it., 2001, p. 1208, che richiamandosi ad una certa giurisprudenza anni ’80 del Bundesgerichtshof, seguita più recentemente anche dalla Suprema Corte austriaca, ritiene che il patto parasociale stipulato fra tutti i soci in società a base spiccatamente personalistica sia, come tale, opponibile alla società. La dottrina italiana è in larga prevalenza contraria a quest’impostazione: sul punto si rinvia a R. RESCIO, I sindacati di voto, cit., p. 557; C. ANGELICI, op. ult. cit., p. 329, testo e nt. 83, dove si osserva che sul piano assiologico non può attribuirsi “rilievo reale” (societario) a tutto ciò che non riguarda oggettivamente l’agire della società e dove l’A. propone la classica e formale distinzione “... tra la posizione del soggetto uti socius e uti singulus, la distinzione, se si vuol dire, tra l’ipotesi in cui ci si pone nei confronti dell’organizzazione societaria come “terzo”, seppur ovviamente ad essa interessato, o come membro della compagine sociale ...”. E solo tramite il riconoscimento della © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 67 I PATTI PARASOCIALI G iu ffr e’ Ed ito re fonte contrattuale rispetto alla fonte legale in materia di disciplina dei rapporti fra i soci, resa esplicita all’art. 3, 1° co., lett. a) l. delega (48), opera infatti in un duplice senso. Essa “…va intesa innanzi tutto in senso formale, a significare cioè che, sul piano dei rapporti tra i soci, l’autonomia privata non ha bisogno di esplicita autorizzazione né per regolare una materia non regolata dalla legge, né per regolarla in modo diverso dalla legge, incontrando l’unico limite dell’eventuale natura imperativa di quest’ultima…” (49). Va intesa, poi, in senso sostanziale, e da questo punto di vista “…parlare di centralità dei rapporti contrattuali tra i soci significa sottolineare l’esigenza che, in tema di rapporti interni, il legislatore debba fare un passo indietro e dunque o non regolare la materia o regolarla con norme prevalentemente dispositive” (50), ciò che vale in primo luogo per la tipologia delle convenzioni ed il relativo contenuto. Quanto, poi, alla durata, sembra da riaffermare l’applicazione diretta agli stessi della disciplina generale sui contratti, come ha recentemente ribadito la Suprema Corte, ivi compresa la recedibilità ad nutum da quelli stipulati a tempo indeterminato (51). Vero, infatti, che la s.r.l. rappresenta, entro il novero delle società di capitali, il prototipo della società “chiusa”, e vera la circostanza che lo statuto può precludere (anche) interamente la circolazione delle quote, non v’è ragione alcuna di imporre un limite massimo alla durata dei patti, ed in particolare di ipotizzare un’applicazione per analogia dell’art. 2341-bis, 1° co. c.c. (52) e del relativo limite personalità giuridica si può assegnare un significato metaindividuale all’assetto di interessi societario; ciò che esclude in radice l’attribuibilità di questo carattere alla convenzione parasociale, che non coinvolge la persona giuridica, mentre è irrilevante, a riguardo, il numero dei soci partecipanti al patto, quand’anche, appunto, dovesse trattarsi della totalità di essi. (48) V. supra, § 3, testo e nt. 37. (49) G. ZANARONE, op. loc. ultt. cit. (50) G. ZANARONE, op. loc. ultt. cit. (51) V. supra, fine § 3. (52) Si può incidentalmente ricordare che pure se la s.r.l. è stata “affrancata”, per così dire, dai richiami sistematici alla disciplina delle s.p.a., ciò non preclude, secondo i princìpi generali, il ricorso analogico a quest’ultima, là dove se ne ravvisi l’opportunità: sul punto v. G. ZANARONE, op. ult. cit., p. 83 s. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 68 MONICA COSSU e’ Ed ito re quinquennale di durata (53). Tanto più che lo stesso art. 2341-bis, al 2° co., contempla l’ipotesi del patto stipulato a tempo indeterminato, pure se subordina ad un preavviso di sei mesi l’eventualità del recesso dal medesimo (54). Resta, piuttosto, da dire che i patti sono destinati a restare occulti, in assenza di uno specifico regolamento normativo sulla loro pubblicizzazione (55); ed allora gioverebbe interrogarsi sull’utilità di norme imperative in tema di trasparenza, le quali intervengano, eventualmente, ad imporre idonee misure di pubblicità, inderogabili dall’autonomia privata e adeguatamente calibrate sull’organizzazione della s.r.l., specie in materia di procedimenti decisionali (56). È proprio questa assenza di conoscibilità, infatti, l’unica vera obiezione all’ammissibilità dei patti, poiché per il resto la scelta di un accordo contrattuale piuttosto che di una clausola statutaria per la disciplina di talune materie deve restare rimessa, come si è detto, alla volontà dei soci. E ciò per la ragione fondamentale che non parrebbe autorizzata qualunque interpretazione che volesse limitare questa libertà di scelta sulla base di una valutazione aprioristica per cui qualunque accordo contrattuale potrebbe (dovrebbe) tradursi in una corrispondente clausola dello statuto. G iu ffr (53) Si segnala, anzi, in proposito, che proprio la s.r.l. è, fra i tipi di società di capitali, quello che si presta a disciplinare rapporti contrattuali fra i soci a tempo indeterminato, o comunque superiore ai cinque anni: G. LOMBARDI, op. cit., p. 280. (54) Ma in proposito è opportuno richiamare l’opinione che ritiene comunque praticabile, anche se non espressamente previsto, il recesso ad nutum: G. SEMINO, op. cit., p. 350, nt. 20. (55) L’osservazione è di F. KUSTERMANN, op. cit., p. 169; critico sulla mancata menzione dei patti nella legge delega anche R. RESCIO, La disciplina dei patti parasociali dopo la legge delega per la riforma del diritto societario, cit., p. 857, testo e nt. 24, che tuttavia ritiene non irrimediabilmente preclusiva la norma delegante, nonostante l’insoddisfacente tenore letterale; esplicitamente nel senso dell’ammissibilità anche G. SEMINO, op. cit., loc. ult. cit. (56) È chiaro, ad esempio, che non si potrebbe fare affidamento su una dichiarazione in assemblea dell’esistenza del patto, secondo la disciplina dettata per le s.p.a., per la ragione già evidenziata che la presenza dell’assemblea — come di una struttura corporativa in genere — è solo eventuale. Da questo punto di vista il problema della pubblicità delle convenzioni in s.r.l. a struttura non corporativa e in società di persone potrebbe forse essere affrontato e risolto in termini analoghi, come analoghi sono, nei corrispondenti modelli, i procedimenti decisionali. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 69 I PATTI PARASOCIALI e’ Ed ito re Bisogna infatti prendere atto che, allo stato, appare decisamente più calibrata, appunto sotto il profilo della trasparenza, la disciplina delle limitazioni statutarie alla circolazione della quota: la presenza di una clausola di intrasferibilità della partecipazione, ex art. 2469, 2° co., autorizza, infatti, il socio al recesso (57), la cui regolamentazione è affidata poi — per la prima volta tra l’altro — all’autonomia statutaria proprio al fine di controbilanciare gli effetti delle clausole di mero gradimento (58). L’assenza di una disciplina sui patti, specie in termini di trasparenza degli stessi, appare problematica anche con riferimento alla tutela dei soci di minoranza: pure se il tipo s.r.l. postula, di norma, un rapporto stretto fra tutti i soci, è anche vero che non è, quest’ultimo, un elemento costitutivo della fattispecie, ossia del tipo giuridico, e che la sua “normalità” non equivale alla sua indefettibilità bensì soltanto all’id quod plerumque accidit (59). Può dunque capitare che i soci di minoranza si trovino ad ignorare l’esistenza, il contenuto e la composizione dei patti, ovvero, pur conoscendoli, nell’impossibilità di autotutelarsi rispetto a quei mutamenti dell’organizzazione del potere, e delle sue regole, che solitamente l’esistenza dei patti porta con sé (60). A ciò si aggiunga che non solo i soci di minoranza possono essere interessati a conoscere i patti, ma G iu ffr (57) Art. 3, 2° co., lett. f) l. delega, ai sensi del quale fra i criteri direttivi rientrano quelli di “ampliare l’autonomia statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento della partecipazione sociale, nonché del recesso, salvaguardando in ogni caso il principio di tutela dell’integrità del capitale sociale e gli interessi dei creditori sociali; prevedere, comunque, la nullità delle clausole di intrasferibilità non collegate alla possibilità di esercizio del recesso”. (58) M. RESCIGNO, op. cit., p. 4 del dattiloscritto. (59) Sul punto si rinvia diffusamente, e per tutti, a P. SPADA, La tipicità delle società, Milano, 1974, cui adde, per le s.r.l., G. ZANARONE, Società a responsabilità limitata, cit., p. 19 ss. (60) F. KUSTERMANN, op. cit., p. 171 ss., il quale evidenzia che l’unica “arma” residuale a disposizione dei soci non sindacati è, nel caso in cui ravvisino l’illiceità del patto o la sua lesività per la società, provare in giudizio prima di tutto la sua esistenza, e secondariamente la sua invalidità per contrasto con le norme imperative, l’ordine pubblico o le regole di correttezza contrattuale. Altri osservano che una tutela più incisiva dei patti potrebbe essere garantita dall’applicazione del principio di buona fede al rapporto sociale e dal ricorso al giudizio arbitrale secondo equità: R. RESCIO, op. ult. cit., p. 862. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 70 MONICA COSSU ffr e’ Ed ito re anche i creditori della società, ed in particolare quella specie qualificata di creditori che con la riforma fanno ingresso nelle s.r.l., e cioè i “titolari di titoli di debito” (61). Le obiezioni suaccennate non sono inverosimili, se si considera che è vero che la riforma ha chiaramente indicato la s.r.l. come il prototipo della società “chiusa” e a ristretta base sociale, ma in primo luogo questo “suggerimento” non determina alcuna equivalenza fra s.r.l. ed impresa di piccole dimensioni, e in secondo luogo non è detto che verrà seguito alla lettera: in altre parole il legislatore non impone — come invece in altri ordinamenti — ma soltanto suggerisce una corrispondenza fra dimensioni dell’impresa e opzione per un certo tipo societario (62). Non è dunque da escludere che anche imprese medio-grandi continuino a ricorrere — come è sempre avvenuto nella realtà italiana — al tipo s.r.l., ed anzi è facile che l’opacità dei patti rappresenti un incentivo a ricorrere al tipo in questione per occultare gli accordi negoziali fra i soci di controllo (63) e i conflitti d’interesse di costoro, e degli amministratori da loro prescelti, con la società (64). Né è da tralasciare, infine, che pure nelle s.r.l. si pone un problema di disciplina del gruppo societario (65): il gruppo di s.r.l. resta interamente sottratto a qualunque obbligo di trasparenza e pubblicità, salvo che non vi partecipino anche s.p.a. e che la controllante sia una società a G iu (61) R. RESCIO, op. ult. cit., p. 858. Ai sensi dell’art. 2483, 1° co., la società, se l’atto costitutivo lo prevede, può emettere titoli di debito; precisa il 2° co. che i titoli in questione potranno essere sottoscritti unicamente da investitori professionali sottoposti a vigilanza prudenziale secondo le leggi speciali. È rimessa, poi, all’autonomia statutaria la determinazione delle condizioni del prestito (3° co.). (62) Sul punto v. V. AFFERNI, op. cit., p. 164. (63) F. KUSTERMANN, op. cit., p. 173. (64) Ciò è quanto si è verificato nel caso deciso da Cass. 23 novembre 2001, n. 14865, cit., dove la mancata revoca dell’amministratore, responsabile di non avere evitato la perdita del capitale nelle due società, si doveva principalmente al fatto che questi fosse stato nominato da un’assemblea composta unicamente da soci sindacati. (65) V. la sentenza citata da ultimo in nt. prec. Va anzi sottolineato che la s.r.l. si presta non meno della s.p.a., specie nel sistema italiano, a fungere da strumento di concentrazione economica, per il perseguimento di un disegno economico unitario all’interno di una struttura di gruppo: v. G. RACUGNO, op. cit., p. 1043. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore 71 I PATTI PARASOCIALI re responsabilità limitata. L’assenza, nelle s.r.l., di una disciplina sulla trasparenza dei patti parasociali — che peraltro era abbozzata nel Progetto “Veltroni”(66) — e più in generale di qualunque accordo contrattuale (non statutario) sul controllo corporativo genera anche un’incoerenza sistematica rispetto al t.u.f. Vero, infatti, che la nuova disciplina delle società quotate, con titoli diffusi e non quotate, azionarie e non, è frutto di un processo unitario e coerente (67), lo “scarto” normativo appena segnalato rischia di compromettere la riuscita complessiva di questa riforma intesa in senso ampio (68), specie se si considera che l’economia italiana, notoriamente, è l’economia delle molte, moltissime s.r.l., mentre poche sono, in rapporto, le s.p.a. (69), e ancor meno le società “aperte”, come del resto i grandi mercati. G iu ffr e’ Ed ito (66) Si v. la proposta di legge della Camera dei Deputati, n. 6751, d’iniziativa Veltroni e altri, presentata il 10 febbraio 2000, nel corso della XIIIª legislatura, pubblicata in appendice a ASSOGESTIONI, La riforma del diritto delle società nella prospettiva del risparmio gestito, Milano, 2002, p. 147 ss. Così disponeva l’art. 6, 1° co., lett. i) del Progetto, che è rubricato “assemblee e patti parasociali”: “ la riforma della disciplina dell’assemblea e dei patti parasociali deve essere ispirata ai seguenti principi e criteri direttivi: (...) estendere a tutte le società la disciplina dei patti parasociali dettata per le società quotate dal testo unico emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, con l’eccezione degli obblighi di comunicazione per estratto sulla stampa quotidiana e di comunicazione alla ... CONSOB. Potranno prevedersi forme alternative di pubblicazione per via telematica per le società con strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o diffusi tra il pubblico”. È da dire, però, che la Relazione introduttiva alla Proposta (pubblicata ivi, p. 161 ss.) confinava le poche considerazioni in materia di patti parasociali alle s.p.a. (67) M. STELLA RICHTER JR, Dalla riforma del diritto delle società quotate alla riforma del diritto delle società di capitali e ritorno, in ASSOGESTIONI, La riforma del diritto delle società nella prospettiva del risparmio gestito, cit., p. 11. (68) Sul punto v. R. RESCIO, op. loc. ultt. cit., evidenziando che l’interesse alla conoscenza dei patti si pone in modo analogo nelle s.p.a. non quotate come nelle s.r.l.: “pertanto, se si conviene sul punto che l’interesse generale alla conoscibilità dei patti relativi a società non quotate esista e, quantunque non rivesta la stessa importanza riconosciuta per le quotate, meriti riconoscimento giuridico, una adeguata forma di pubblicità andrebbe prevista per tutti i rapporti parasociali tra soci di s.r.l. e di s.p.a. non quotate; pur se con sanzioni per mancata pubblicità maggiormente efficaci per quelle società non quotate che fanno ricorso al mercato dei capitali”. (69) Dati numerici puntualissimi sono forniti, su questo punto, da G. ZANARONE, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, cit., p. 59. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore