POLIFONIA
REVISTA INTERNACIONAL DA ACADEMIA PAULISTA DE DIREITO
N. 6
NOVA SÉRIE 2020 PRIMAVERA/VERÃO
LE NUOVE SFIDE DELLA DEMOCRAZIA: I DIRITTI DELLA NATURA
NELL’UMANESIMO ECOLOGICO
NEW CHALLENGES OF DEMOCRACY: RIGHTS OF NATURE IN ECOLOGICAL
HUMANISM
OS NOVOS DESAFIOS DA DEMOCRACIA: OS DIREITOS DA NATUREZA NO
HUMANISMO ECOLÓGICO
Livio Perra1
Orcid: https://orcid.org/0000-0002-1045-1206
Submissão: 18/02/2020
Aprovação: 07/03/2020
Ark:/80372/2596/v6/011
RIASSUNTO: Nel presente articolo l’autore analizza l’influsso dei valori culturali nel diritto.
Le democrazie moderne si trovano ad affrontare importanti sfide: ascoltare la voce dei popoli
che chiedono il riconoscimento dei propri valori culturali e inserire questi valori all’interno
dell’ordinamento giuridico. Nell’era dell’Umanesimo Ecologico la cosmovisione indigena fa
ingresso nel diritto e contribuisce alla formazione dei nuovi sistemi di protezione ambientale.
Il riconoscimento della natura o delle sue entità come soggetto di diritti o persona giuridica è
frutto del dibattito politico e giuridico tra i popoli che compongono gli Stati. L’affermazione
dei diritti della natura comporta notevoli conseguenze in termini giuridici e sociali. L’autore,
per analizzare le nuove sfide delle democrazie moderne che hanno accolto le istanze dei
popoli indigeni volte al recupero della sensibilità ambientale della tradizione, esamina le
esperienze di Ecuador, Bolivia, Nuova Zelanda, Colombia e India. L’analisi critica è
focalizzata sul modo in cui i valori culturali del rispetto per la natura hanno fatto ingresso
negli esempi concreti.
1
A.A. 2019/2020 Professore a contratto di Legislazione dei beni culturali, Università degli Studi di Sassari
(Italia). BIÊNIO 2019-2021 Pesquisador Associado do Centro Internacioanl de Direitos Humanos de São Paulo
(CIDHSP/APD), vinculado à Cadeira San Tiago Dantas da Academia Paulista de Direito. 2019 Diplomado en
Diseño de Políticas Públicas, Laboratorio de Innovación Pública de la Facultad de Derecho de la Universidad
Austral. 2017 Diplomado en Defensa Internacional de los Derechos Humanos, Escuela de Práctica Jurídica de la
Universidad de Zaragoza y Centro Latinoamericano de Derechos Humanos. E-mail: lperra@uniss.it
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PAROLE CHIAVE: Democrazia. Umanesimo Ecologico. Soggetto di diritti. Persona
giuridica. Diritti della natura.
ABSTRACT: In this article the author analyses the influence of cultural values in law.
Modern democracies are facing important challenges: listening to the voice of peoples who
ask for the recognition of their cultural values and introducing these values within the legal
system. In the era of Ecological Humanism, indigenous cosmovision enters law and
contributes to the formation of new environmental protection systems. The recognition of
nature or its entities as a subject of rights or a legal person is the result of the political and
juridical debate between the cultures of the peoples that make up the States. The affirmation
of the rights of nature has significant consequences in legal and social terms. The author
observes the experiences of Ecuador, Bolivia, New Zealand, Colombia and India to examine
the new challenges of modern democracies that have accepted the demands of indigenous
peoples aimed at recovering the environmental sensitivity of tradition. The critical analysis is
focused on the way in which the cultural values of respect for nature entered in the concrete
examples.
KEYWORDS: Democracy. Ecological Humanism. Subject of rights. Legal person. Rights of
nature.
RESUMO: Neste artigo, o autor analisa a influência dos valores culturais no direito. As
democracias modernas estão enfrentando desafios importantes: ouvir as vozes dos povos que
pedem o reconhecimento de seus valores culturais e inserir esses valores no sistema jurídico.
Na era do Humanismo Ecológico, a cosmovisão indígena entrou no mundo do direito e
contribuiu para a formação de novos sistemas de proteção ambiental. O reconhecimento da
natureza ou de suas entidades como sujeito de direitos ou pessoa jurídica é resultado do
debate político e jurídico entre as culturas dos povos que compõem os Estados. A afirmação
dos direitos da natureza tem consequências significativas em termos jurídicos e sociais. O
autor observa as experiências do Equador, Bolívia, Nova Zelândia, Colômbia e Índia para
examinar os novos desafios das democracias modernas que aceitaram as demandas dos povos
indígenas que visam recuperar a sensibilidade ambiental da tradição. A análise crítica está
focada na maneira pela qual os valores culturais do respeito à natureza entraram nos exemplos
concretos.
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PALAVRAS-CHAVE: Democracia. Humanismo Ecológico. Sujeito de direitos. Pessoa
jurídica. Direitos da natureza.
SOMMARIO: 1 Introduzione. 2 Democrazia, diritti e cultura. 3 Come accedono i valori della
cultura nel diritto? 4 Valori culturali indigeni e diritto. 5 I diritti della natura e delle entità
naturali. 6 Cosa comporta la previsione dei diritti della natura? 7 Conclusioni. Bibliografia
SUMMARY: 1 Introduction. 2 Democracy, rights and culture. 3 How do the values of culture
access in law? 4 Indigenous cultural values and law. 5 The rights of nature and natural
entities. 6 What does the provision of nature’s rights entail? 7 Conclusions. Bibliography.
SUMÁRIO: 1 Introdução. 2 Democracia, direitos e cultura. 3 Como os valores culturais
entram no direito? 4 Valores culturais indígenas e direito. 5 Os direitos da natureza e das
entidades naturais. 6 O que implica a provisão dos direitos da natureza? 7 Conclusões.
Bibliografia.
1. INTRODUZIONE
Le democrazie odierne stanno attraversando una nuova epoca che può essere
definita “Umanesimo Ecologico”, cioè l’era in cui la natura e l’essere umano hanno il
medesimo valore. In un quadro multiculturale dove ogni cultura trova la possibilità di
esprimersi in egual misura, il compito dello Stato diviene quello di conciliare i diversi valori
culturali di cui viene chiesto il riconoscimento. In alcuni casi accogliere le istanze dei popoli
indigeni, che chiedono ai governi di sposare una sensibilità ambientale più simile al rapporto
armonioso che essi stessi hanno tradizionalmente radicato nella propria cosmovisione, diventa
un efficace metodo per proteggere la natura e dare una risposta alla problematica ambientale. I
valori culturali che si sono affacciati in alcuni Paesi, che hanno accolto le istanze dei popoli
indigeni, hanno portato all’identificazione della natura o delle sue entità come soggetto di
diritti o come persona giuridica con veri e propri diritti. La sfida accettata da queste
democrazie si è concretizzata nel cambiamento del modo di scrivere le norme, nelle
interpretazioni adottate dai giudici che sono state orientate ai valori culturali del rispetto della
natura, trovando l’appiglio nel diritto interno o nel diritto internazionale. L’affermazione dei
diritti della natura e delle sue entità costituisce l’esempio compiuto della trasposizione dei
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valori culturali e del sentire sociale nel mondo giuridico. Non si è trattato di un facile
emergere dei valori culturali dei popoli indigeni, in quanto occorreva liberarsi dei preconcetti
di epoca coloniale che identificavano queste espressioni culturali come subculture. Il primo
passo è stato quello di permettere ad ogni popolo che compone un singolo Stato di esprimere
la propria voce, le proprie opinioni ed i propri valori. Molti movimenti e partiti indigeni
hanno reclamato il riconoscimento della cultura di appartenenza e la pari espressione
all’interno dei loro Paesi. Il clima di dialogo ha permesso ai numerosi dibattiti relativi ai
valori delle cosmovisioni indigene di sorgere in campo accademico e di emergere nei palazzi
della politica, fino ad approdare nella sede delle assemblee costituenti andine. Le Costituzioni
di Ecuador e Bolivia e le leggi in materia ambientale portano al loro interno i chiari influssi
del dialogo paritario tra le culture dei popoli che compongono i Paesi. Un fenomeno analogo è
osservabile in Nuova Zelanda, dove il popolo Whanganui River Iwi ha visto accogliere dal
governo neozelandese le proprie istanze tese al riconoscimento del fiume Whanganui come
una entità viva e persona giuridica con propri diritti. In Colombia il riconoscimento del fiume
Atrato come soggetto di diritti arriva dalla giurisprudenza ed in maniera analoga, sempre in
forma giurisprudenziale, in India i fiumi Ganga e Yamuna divengono persone giuridiche con
propri diritti.
In un’ottica di razionalizzazione, per la cura degli interessi, a cui da soli tali
nuovi soggetti e persone non possono provvedere, viene adottato il meccanismo della tutela e
della rappresentanza. La previsione di questa categoria di nuovi diritti porta con sé una nuova
concezione di cittadinanza. Gli individui sono chiamati ad essere cittadini che orientino il
proprio agire in funzione della ecosostenibilità, o meglio nel rispetto dei nuovi affermati diritti
della natura o delle entità naturali.
2. DEMOCRAZIA, DIRITTI E CULTURA
Nei primi anni del Novecento Giuseppe Rensi (1902, p. 15) scriveva che “il
comune e generalissimo criterio di distinzione tra le forme di governo è quello della loro
rispondenza o non rispondenza alla volontà popolare e del fatto che esse lascino o no libero il
corso all’influenza di questa volontà popolare nella compagine dello Stato”. Lo stesso autore2
rintraccia questo criterio nel pensiero di Aristotele. In una visione aristotelica i governi
possono essere distinti tra quelli monarchici, dove primeggia la volontà del sovrano e non vi è
2
Si veda in tal senso: RENSI, 1902, p. 15.
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spazio per la volontà popolare, quelli aristocratici, dove è riservato ben poco spazio per il
popolo, inteso nella accezione generale e predomina la volontà della classe che esercita il
potere, e quelli democratici dove trionfa la volontà popolare.
Una distinzione così netta sembra non conoscere le varie gradazioni di grigio
contenute tra il bianco ed il nero delle due forme di governo poste agli antipodi. Questa
impostazione parrebbe porre un confine tra i governi di antica memoria, fino al 1789, ed i
“nuovi governi” costituzionali, parlamentari e rappresentativi, salutati ai loro albori come
emblema di libertà e dove si scorge il fascino della vittoria della volontà popolare. Rensi nella
sua analisi ricorda che una distinzione di tal sorta, esatta in astratto, deve fare i conti con la
sua applicazione concreta3. Le lotte, le manifestazioni per reclamare il riconoscimento dei
diritti dei cittadini dinnanzi alle monarchie assolute, studiate nei libri di scuola da generazioni
di studenti come periodi bui per la volontà popolare, si ripetono all’epoca del Rensi contro i
nuovi governi e compaiono ancor oggi in forme più o meno intense, pacifiche o meno, davanti
ai palazzi del potere anche negli Stati che accolgono una impostazione democratica. Anche
negli esempi maggiormente democratici presenti sullo scenario globale vi sono luoghi dove il
popolo porta le proprie istanze per il riconoscimento di nuovi diritti, frutto del sentire sociale.
Quello che appare dall’osservazione empirica distinguere il livello di democraticità di un
Paese non è l’omnicomprensività della manifestazione della volontà popolare, ma i processi e
le forme con cui la società rivendica i suoi diritti. Più il sistema si pone come democratico, più
vi è spazio per il dialogo. Lo scontro abbandona la configurazione delle lotte cruente dei
cittadini esasperati negli anciens régimes, dove in quegli oscuri tempi il popolo doveva
conformarsi alla volontà di un sovrano, che a suo piacimento poteva decidere le sorti del
regno e di ogni singolo cittadino4.
Tale strada pacifica assume diverse declinazioni nell’esperienza democratica,
grazie all’esplicarsi della garanzia delle libertà civili. È utile sottolineare le parole di Norberto
Bobbio (1995, p. 25) riguardo a questo punto:
3
Si veda in tal senso: RENSI, 1902, p. 15-30.
Argomento fondato sul principio individuato da Karl Popper secondo il quale in una democrazia il mutamento
delle persone al potere avviene in maniera pacifica. In tal senso si vedano: POPPER, 1947, p. 149-150: “the
criterion of a democracy is this: if the men in power do not safeguard those institutions which secure to the
minority the possibility of working for a peaceful change, then their rule is a tyranny”; POPPER, 2011, p. 368:
“the criterion of a democracy is this: In a democracy, the rulers— that is to say, the government—can be
dismissed by the ruled without bloodshed. Thus if the men in power do not safeguard those institutions which
secure to the minority the possibility of working for a peaceful change, then their rule is a tyranny”.
4
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la precondizione necessaria di ogni governo democratico
è la protezione delle libertà civili: ebbene, la libertà di
stampa, la libertà di riunione e di associazione, sono tutte
vie attraverso le quali il cittadino può rivolgersi ai suoi
governanti per chiedere vantaggi, benefici, facilitazioni,
una più equa distribuzione delle risorse.
Tra le varie domande presentate dai cittadini è interessante osservare nella
nostra epoca l’intensa attività dei cittadini, dei movimenti e dei partiti, tesa al riconoscimento
della cultura di appartenenza e con essa dei valori che la caratterizzano.
La nostra epoca può essere definita l’era dei diritti. Infatti, come rileva
Francesco Viola (2001, p. 319): “ben pochi altri valori o ideali del passato possono vantare
quel consenso universale che oggi riscuotono i diritti”. Nello scenario delle rivendicazioni
relative al “diritto alla propria identità individuale e collettiva” (VIOLA, 2001, p. 319), Viola
intravede proprio nei diritti lo strumento comunicativo tra diverse famiglie culturali,
ideologiche e spirituali, inserite in uno scenario pluralistico. Il linguaggio comune diviene il
rispetto dei diritti altrui, le cui parole sono comprese grazie al fatto che gli stessi parlanti sono,
a loro stessa volta, coloro i quali reclamano il rispetto dei propri diritti5.
I diritti umani sono “l’affermazione della dignità della persona di fronte allo
Stato”6 (NIKKEN, 1994, p. 15) e quest’ultimo deve garantirli, difenderli e permetterne la
piena realizzazione. Il criterio tradizionalmente inteso della universalità dei diritti umani è
insito nel fatto stesso che si tratta di diritti riconosciuti a tutti gli individui, per il solo fatto di
appartenere al genere umano, senza rilevare le differenze che possono esservi tra essi,
comprese quelle culturali7.
Occorre, ora, comprendere in che termini si pongano le richieste delle nazioni
che compongono gli Stati tese al riconoscimento delle proprie culture e di conseguenza dei
valori che esse portano con sé. Per prima cosa, si rende necessario definire il ruolo che la
cultura assume nella vita degli individui. A tal fine sono illuminanti le parole di Juan Ansión.
Egli afferma che:
5
Si veda a tal proposito: VIOLA, 2001, p. 319.
“Afirmación de la dignidad de la persona frente al Estado”.
7
Si veda in tal senso: PLA RODRÍGUEZ, 2005 p. 90.
6
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le culture non sono cose, appartengono al mondo interiore
delle persone. Una cultura è un insieme di modi consueti e
condivisi di vedere il mondo, di fare le cose, di risolvere i
problemi, di relazionarsi con gli altri, con la natura e con
se stessi. È un modo di vedere e conoscere il mondo, se
per conoscere non comprendiamo solo la relazione con il
mondo attraverso il nostro intelletto, ma anche mediante i
nostri affetti, il nostro senso etico ed estetico e, in
generale, tutto il nostro corpo8 (ANSIÓN, 1994, p. 12).
Da queste parole si ricava l’importanza della cultura di appartenenza nella vita
dell’uomo, nel suo modo di pensare, nel suo stile di vita e, più in generale, nel suo modo di
essere.
Non dare il giusto peso alla cultura sarebbe il palesarsi di una cecità del mondo
giuridico nei confronti delle diversità culturali presenti nel territorio statale. Se il valore della
cultura è trascurato, tale fatto si traduce nel “disconoscere l’uomo, aggredire l’uomo” ed in tal
modo, negando l’uomo, è lesa essenzialmente la democrazia9.
3. COME ACCEDONO I VALORI DELLA CULTURA NEL DIRITTO?
Il riconoscimento del valore paritario delle culture non è sempre un percorso
facile. Per prima cosa va osservato che in alcuni scenari postcoloniali l’ostacolo da superare
era lo schema gerarchico su cui furono posizionate le culture dei colonizzatori al vertice e in
subordine, come se fossero subculture, quelle delle popolazioni locali. È stato, cioè,
necessario vincere tutti i pregiudizi provocati dalla presenza in epoca coloniale della
“dicotomia civilizzazione barbarie”10. La cultura ammessa nelle realtà coloniali era solo
“Las culturas no son cosas, pertenecen al mundo interno de las personas. Una cultura es un conjunto de
formas acostumbradas y compartidas de ver el mundo, de hacer las cosas, de resolver problemas, de
relacionarse con los demás, con la naturaleza y con uno mismo. Es una manera de ver y conocer el mundo, si
por conocer no entendemos solamente la relación con el mundo mediante nuestro intelecto, sino también a
través de nuestros afectos, nuestro sentido ético y estético y, en general, todo nuestro cuerpo”.
9
Si veda a tal proposito: PLA RODRÍGUEZ, 2005, p. 92: “desconocer el peso y el valor de la cultura equivale a
desconocer al hombre, a agredir al hombre. No importa que sean muchos o que sean pocos. Está en juego el
hombre y, por tanto, afecta vitalmente a la democracia”.
10
Espressione tratta da BONFIL BATALLA, 1982, p. 142: “dicotomía colonial entre “civilización y
barbarie””.
8
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quella importata dalla madre patria, e la cui imposizione, in alcuni casi anche attraverso l’uso
della forza, alle popolazioni locali era intesa come mezzo di civilizzazione. Per gli individui
non fu sempre facile vincere il preconcetto insinuato dal vento coloniale circa la mancata
dignità della propria cultura e chiederne il riconoscimento alle autorità statali. In alcuni casi,
anche recenti, la cultura di una minoranza etnica non viene accolta con entusiasmo e fatica ad
ottenere un posto sullo scalino della pari dignità all’interno del Paese di appartenenza.
L’uomo con le sue forze non sempre riesce a far sentire la propria voce che reclama il
riconoscimento della propria cultura, per questo motivo occorre che la voce per essere udita
sia più forte, abbia l’energia, la costanza e l’instancabilità che proviene solo da una
moltitudine di persone. Per questo motivo l’uomo comprende che l’unione dei suoi sforzi con
quelli di altre persone che condividono i medesimi fini può essere la soluzione ed in questo
modo si esplica il fenomeno dell’associazionismo11.
Numerose sono le associazioni, i movimenti ed i partiti politici che hanno
portato avanti le richieste tese al riconoscimento della pari dignità delle culture indigene, dei
valori delle stesse e dei diritti di tali popoli. I popoli indigeni, nei vari continenti, da decenni
lottano contro il razzismo, l’emarginazione e la loro voce, che grida all’unisono per
l’affermazione dei propri diritti, riecheggia nelle orecchie di interlocutori nazionali e
internazionali. Non stupisce l’attenzione particolare riposta tra queste tonalità sulla questione
ambientale: il rispetto della natura e la vita in armonia con essa costituisce un vero e proprio
valore culturale di tali popoli, posto alla base del loro concetto di buon vivere.
Le culture autoctone ritrovano la propria dignità, perduta nei secoli della
dominazione europea, non solo nelle lotte di classe e sociali nate dal basso, ma i valori
indigeni si affacciano in campo accademico. La cosmovisione dei popoli indigeni andini, i
loro valori, ad esempio, hanno fatto la loro comparsa nel mondo accademico grazie agli
importanti spunti di riflessione introdotti dagli studiosi indigeni12. In seguito, queste idee
hanno affascinato anche studiosi non indigeni, animando squisiti dibattiti accademici e, come
il vento attraversa il mare, sono giunte in terra europea per fornire nuovi spunti di riflessione.
In tal senso si veda: PERRA, 2019, p. 338: “L’uomo come singolo non sempre ha gli strumenti o la possibilità
di porre soluzioni od approcciarsi alle questioni, che anche lo interessano, in maniera efficace. Per questo motivo
l’uomo si associa ad altri individui che vedono nell’arginare un determinato fenomeno un fine comune”.
L’autore nel testo suddetto pone l’accento sull’importante ruolo delle associazioni per preservare la cultura e
fronteggiare il fenomeno dello spopolamento, ma si tratta di un concetto applicabile ogniqualvolta gli individui
avvertono la necessità di associarsi per perseguire un fine comune che uti singuli sarebbe non solo più arduo da
raggiungere, ma in alcuni casi impossibile.
12
Si vedano ad esempio: YAMPARA HUARACHI, 2001; VITERI GUALINGA, 2002. Si veda a tal proposito:
PERRA, 2018, p. 4.
11
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La ritrovata parità delle culture dei popoli che compongono i Paesi ha
influenzato il mondo del diritto ed è stato avvertito il bisogno di porre mano ai testi normativi.
Questo si è tradotto in alcuni casi nella riforma di testi normativi esistenti, in altri casi nel
nuovo slancio assembleistico che riorganizzasse con una nuova Carta Costituzionale gli
equilibri del Paese all’insegna del multiculturalismo. Il dialogo paritario tra le diverse culture
ha contribuito alle riflessioni che si sono poste l’obiettivo di trovare una soluzione a
problematiche generali come la difesa ambientale, la condizione umana e, più in generale, il
rafforzamento, la garanzia e la difesa dei diritti umani.
In materia di diritto ambientale si trova, senza dubbio, un buon esempio per
comprendere il rapporto intercorso tra la cultura ed il diritto. Attualmente nel mondo le
espressioni del fenomeno si moltiplicano ogni giorno e anche se presentano declinazioni
diverse in base all’area geografico-culturale, possiedono alcuni caratteri comuni. In alcuni
casi dell’incontro culturale paritario è data traccia nelle Costituzioni, nelle leggi, mentre in
altri il faro che illumina il nuovo cammino da seguire giunge dai provvedimenti dei giudici.
A simboleggiare la parità delle culture che hanno preso parte alle riflessioni
prima e alla redazione poi di atti, documenti e, più in generale, testi, sono i chiari riferimenti
ai concetti ed ai valori delle culture indigene. La scelta linguistica a volte ricade sull’utilizzo
di alcune parole proprie delle lingue indigene accanto alla lingua europea. La cosmovisione
indigena è accolta dal diritto, il quale porta nello scenario giuridico una particolare attenzione
verso la natura che diventa in alcune esperienze un soggetto con i suoi diritti, in altre un’entità
quasi sacrale da amministrare secondo le usanze e le consuetudini radicate nella tradizione dei
popoli che abitano da tempo immemore i territori dei propri antenati.
4. VALORI CULTURALI INDIGENI E DIRITTO
I valori dei popoli indigeni hanno trovato terreno fertile in vari Paesi (ad
esempio in Ecuador, Bolivia, Nuova Zelanda, Colombia, India) e hanno offerto importanti
spunti di riflessione utili per preservare e difendere la natura o le sue componenti. Le
riflessioni dei legislatori e dei giudici si sono formate in un contesto dove i movimenti
indigeni chiedevano il riconoscimento dei propri diritti, l’emancipazione della propria cultura
dall’etichetta attribuita in epoca coloniale di “subcultura” e reclamavano la difesa del
territorio alla luce del valore sacrale, che nella loro cultura riveste. In questo scenario, da un
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punto di vista squisitamente sociologico, si potrebbe ritenere che la volontà dei legislatori e
l’attività interpretativa dei giudici sono state il frutto del “determinismo universale dei fatti
sociali”13, nel senso inteso da Jean Carbonnier (1983, p. 121). I legislatori ed i giudici investiti
delle
questioni
relative
alla
problematica
ambientale,
in
termini
carbonnieriani
(CARBONNIER, 1983, p. 121), sono stati espressione del proprio tempo e contesto,
influenzati consciamente o meno dai movimenti indigeni e dalle loro rivendicazioni.
Per comprendere la portata del fenomeno è utile esaminare, seppur brevemente,
i valori della cultura indigena e la loro trasposizione in alcuni testi costituzionali, legislativi e
giurisprudenziali.
Dall’osservazione delle Costituzioni di Ecuador e Bolivia e dalle leggi in
materia ambientale emergono i concetti del Buen Vivir, Sumak Kawsay nella lingua quechua,
e del Vivir Bien, Suma Qamaña in aymara. Questo concetto è posto dai due Paesi andini come
un obiettivo da perseguire, un fine verso cui deve essere orientata l’attività dello Stato. Si
tratta del concetto del buon vivere o vivere bene della cosmovisione andina. Non si tratta
dell’accumulazione delle ricchezze intesa come il fine per essere felici o vivere bene, ma la
“buona vita” o “vita in pienezza” (HUANACUNI MAMANI, 2010, p. 13), che si consegue
solo attraverso l’armonia, cioè mediante il vivere in armonia tra esseri umani e con la natura.
Scorrendo tra i nuovi testi costituzionali e le leggi in materia ambientale di
Ecuador e Bolivia salta agli occhi come nel mondo del diritto abbia fatto ingresso la natura
con tutto il carico sacrale e simbolico proprio delle culture dei popoli indigeni andini.
Il concetto ripreso dalla tradizione indigena è quello di Madre Terra
[Pachamama]. L’individuo concorre a formare un tutto vivo con le altre entità naturali. Esso
è, dunque, parte della natura e quest’ultima è vitale per l’esistenza umana. In tal senso il
Preámbulo della Costituzione dell’Ecuador afferma: “celebrando la natura, la Pacha Mama,
della quale siamo parte e che è vitale per la nostra esistenza”14. L’importanza della natura è
evidenziata anche nella Costituzione della Bolivia, dove nel Preámbulo, essa diviene colei
che dà la forza necessaria a rifondare il Paese. Infatti, a tal riguardo il Preámbulo della
Costituzione boliviana dichiara che: “adempiendo il mandato dei nostri popoli, con la forza
della nostra Pachamama e grazie a Dio, rifondiamo la Bolivia”15. Anche la forma nella quale
viene introdotto il concetto di Pachamama di matrice indigena non parrebbe casuale: esso non
è subordinato al concetto occidentale di natura, ma lo affianca (GUDYNAS, 2011a, p. 87;
“Déterminisme universel des faits sociaux”.
“Celebrando a la naturaleza, la Pacha Mama, de la que somos parte y que es vital para nuestra existencia”.
15
“Cumpliendo el mandato de nuestros pueblos, con la fortaleza de nuestra Pachamama y gracias a Dios,
refundamos Bolivia”.
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2011b, p. 241) e ciò potrebbe sottolineare l’intento di esprimere parimenti entrambe le forze
culturali che hanno contribuito e mediato per formare i nuovi testi costituzionali e le leggi in
materia ambientale.
L’influsso della cultura dei popoli indigeni risulta essere innegabile quando si
osserva che la natura entra nei nuovi testi come un soggetto con propri diritti, perdendo quella
emarginazione nella sfera degli oggetti che la aveva caratterizzata nel mondo del diritto
usualmente antropocentrico. Si tratta dell’accoglimento da parte del diritto della
personificazione della natura, intesa come una entità vivente e sacra. L’importanza che la
natura ha nella società, nella cultura tradizionale si traduce nell’importanza per il mondo
giuridico, il quale offre ad essa una collocazione importante ed il grado di meritevolezza di
tutela più alto possibile: il riconoscimento dei suoi diritti ed i meccanismi perché questi non
siano solo inchiostro su carta, ma abbiano una tutela concreta.
In Nuova Zelanda, Colombia e India l’attenzione è stata concentrata non su
tutta la natura, ma su particolari entità naturali, le quali per il valore che rivestono nelle
società locali da tempo immemore divengono persone giuridiche o soggetto di diritti con
propri e veri diritti.
In Nuova Zelanda il fiume Whanganui River [Te Awa Tupua] è riconosciuto
come essere vivente con la firma il 5 agosto 2014 di un accordo tra i rappresentanti del popolo
Whanganui River Iwi ed il governo della Nuova Zelanda16. Con successivi atti ed accordi il
medesimo fiume è identificato come una persona giuridica [legal person]. Esaminando il Te
Awa Tupua (Whanganui River Claims Settlement) Act del 2017, emergono densi riferimenti
alla cultura della popolazione maori che vive nei territori che circondano lo stesso fiume. Nei
testi che riguardano il fiume Whanganui è utilizzata accanto alla lingua inglese quella maori e
vi sono continui richiami ai valori della cultura indigena. Il fiume nella subpart 2 della Part 2
del Te Awa Tupua (Whanganui River Claims Settlement) Act del 2017 è descritto come una
entità viva ed indivisibile in tutta la sua interezza, dalle montagne al mare. Il fiume è definito
a più riprese nel medesimo atto portatore di valori intrinseci. Esso è inteso come fonte di
spiritualità e fornisce sostentamento per il fisico, favorisce la vita, contiene le risorse naturali
e contribuisce alla salute ed al benessere dei popoli che abitano nei territori limitrofi alle sue
sponde. Nella concezione indigena il fiume è fonte di ora: vita, salute e benessere.
Il forte legame tra il popolo indigeno ed il fiume Whanganui traspare in vari
punti dei testi grazie ai continui richiami ai valori ed ai concetti della cultura dei popoli
16
Si veda a tal proposito: SALMOND, 2014, p. 285-286.
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indigeni, ma raggiunge il suo apice quando in alcuni testi, come ad esempio nel Tūtohu
Whakatupua del 30 agosto 2012 e nel Te Awa Tupua (Whanganui River Claims Settlement)
Act del 2017, è riportato un detto in lingua maori: “io sono il fiume, il fiume è me [Ko au te
Awa, ko te Awa ko au]”. Questo detto testimonia la grande importanza che riveste il fiume per
il popolo Whanganui River Iwi ed è denso di una simbologia che sembra riassumere una
cosmovisione indigena, uno stile di vita, un importante valore culturale. Secondo il popolo
Whanganui Iwi, essi ed il fiume Whanganui hanno due antenati comuni: Paerangi e Ruatipua
e per questo motivo un legame così forte diventa il fondamento del desiderio dei Whanganui
Iwi di prendersi cura del fiume Whanganui17.
In Colombia la Corte Costituzionale con la sentenza T-622 del 2016 riconosce
il fiume Atrato come soggetto di diritti [sujeto de derechos].
La Corte sottolinea la differenza che intercorre tra la visione dei popoli
indigeni ed i popoli occidentali. La cultura indigena ed afro-colombiana avverte un forte
legame con il proprio territorio. Esso, oltre alla dimensione legata a fornire i mezzi di
sussistenza della comunità, caratterizza la sfera religiosa, sociale, economica, politica e
ludica18. La stessa Corte in una sentenza precedente ha sottolineato come il territorio per tali
popoli trascenda il piano materiale caratterizzato dalla “occupazione e appropriazione della
foresta e delle sue risorse”19 ed abbia una ricca connotazione spirituale, che si riflette
nell’utilizzo delle risorse che la natura offre e, più in generale, in ogni interazione tra popolo e
natura.
In India la High Court of Uttarakhand at Nainital nel 2017 riconosce i fiumi
Ganga e Yamuna come persone giuridiche/persone viventi [legal persons/living persons] e
connessi a tale status vi sono diritti, doveri e responsabilità20.
L’importanza dei fiumi nella cultura indù è legata ad un forte simbolismo, ad
importanti significati religiosi, e manifestata con rituali millenari. I fiumi in questa cultura
svolgono una funzione purificatrice ed il Gange è il fiume purificatore per eccellenza. Il
Gange discende dalla chioma della dea Shiva e ne rappresenta una sua manifestazione21.
Inoltre, è chiamato anche Madre Gange perché si crede che, attraverso le sue acque sacre,
Si veda in tal senso: Whanganui Iwi and the Crown, Tūtohu Whakatupua, 30 August 2012, paragrafo 1.3. Si
veda a tal proposito: HSIAO, 2012, p. 371.
18
Si veda a tal proposito: Sentenza T-622/16 della Corte Constitucional de Colombia, p. 74-76.
19
Sentenza SU-383/03 della Corte Constitucional de Colombia, 116. Cfr. FRANKY CALVO; MAHECHA,
2000, p. 205.
20
Si vedano a tal proposito: High Court of Uttarakhand at Nainital, March 20, 2017, Mohd. Salim v. State of
Uttarakhand & others, Writ Petition (PIL) No. 126 of 2014, p. 11; PERRA, 2020, p. 347.
21
Si veda a tal proposito: ANGELINI; RE 2012, p. 14.
17
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porti la vita22. I fiumi Ganga e Yamuna sono considerati come esseri viventi dalla cultura dei
popoli che li venerano e con essi hanno un legame inscindibile a livello religioso, sociale ed
emotivo23.
5. I DIRITTI DELLA NATURA E DELLE ENTITÀ NATURALI
L’attribuzione del carattere di soggetto di diritti o di persona alla natura o alle
entità naturali da parte di alcuni ordinamenti giuridici costituisce una scelta che rientra nel
campo della politica del diritto. La riflessione è stata caratterizzata dai valori culturali portati
avanti dai movimenti dei popoli indigeni. Per questo motivo si deve osservare da vicino il
riconoscimento della natura e delle sue entità come soggetto di diritti o come persona
giuridica. In seguito, questa nuova tipologia di diritti va esaminata nelle esperienze giuridiche
dei vari Paesi. Infine, occorre verificare a quale categoria siano essi riconducibili.
La Costituzione dell’Ecuador nell’articolo 10, comma 2, stabilisce che “la
natura sarà soggetto di quei diritti che le riconosce la Costituzione”24.
I diritti previsti nella medesima Costituzione possono essere ricondotti a due
tipologie ben distinte: i diritti all’esistenza della natura nell’articolo 71 e quelli relativi alla
restauración nell’articolo 72.
Ora, occorre comprendere se si tratti di nuove categorie di diritti o se gli stessi
siano inquadrabili in categorie già esistenti. L’Ecuador sceglie, già nella propria Carta
Costituzionale, di stabilire due categorie di diritti ben distinte25: i diritti della natura e i diritti
ad un ambiente sano in capo agli individui.
Le due categorie corrono su due binari diversi perché tra le stesse differisce
l’interesse difeso ed il modo in cui la natura trova protezione nelle due categorie.
L’articolo 14 della Costituzione dell’Ecuador afferma il “diritto delle persone a
vivere in un ambiente sano e ecologicamente equilibrato che garantisca la sostenibilità e il
buen vivir, sumak kawsay”26. In questa tipologia di diritti, che possono essere denominati
“diritti ambientali”27, ad essere oggetto di protezione è la salute degli esseri umani e la natura
riceve una tutela indiretta, in quanto finalizzata al benessere degli uomini. Nella categoria dei
22
Si veda a tal proposito: SINGH, 1994, p. 211.
Si veda a tal proposito: SINGH, 1994, p. 212.
24
“La naturaleza será sujeto de aquellos derechos que le reconozca la Constitución”.
25
Si veda in tal senso: GUDYNAS, 2011a, p. 87-88.
26
“Derecho de la población a vivir en un ambiente sano y ecológicamente equilibrado, que garantice la
sostenibilidad y el buen vivir, sumak kawsay”.
27
Si veda a tal proposito: ACOSTA, 2011, p. 355.
23
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diritti della natura, che possono essere chiamati “diritti ecologici”28, la natura è presa in
considerazione come un ente a sé stante, come il vero titolare dei diritti e di conseguenza
riceve tutela a prescindere da qualsivoglia interesse umano. La natura è, cioè, protetta in
quanto tale e non per la funzione che possa esercitare in favore degli individui.
Nel caso dei diritti ecologici si tratta della comparsa di nuovi diritti che
differiscono per titolarità e interessi protetti dalle categorie giuridiche preesistenti, per questo
motivo devono essere considerati come una nuova categoria autonoma rispetto alle categorie
che concernono diritti ascrivibili agli esseri umani.
In Bolivia l’articolo 5 della Ley n. 71 del 2010 [Ley de derechos de la Madre
Tierra] riconosce la natura come soggetto collettivo di interesse pubblico.
I diritti della natura sono previsti nell’articolo 7 della medesima legge e sono: il
diritto alla vita [a la vida], alla diversità della vita [a la diversidad de la vida], all’acqua [al
agua], all’aria pulita [al aire limpio], all’equilibrio [al equilibro], al ripristino [a la
restauración], a vivere senza contaminazioni [a vivir libre de contaminación]. Questi diritti
non sono un catalogo chiuso, infatti nell’articolo 5 della stessa legge è specificata una apertura
verso altri diritti della natura che potranno essere ulteriormente previsti nell’ordinamento
giuridico boliviano.
Nel caso dei diritti della natura previsti in Bolivia la titolarità dei diritti è in
capo alla natura ed essa riceve una protezione diretta, a prescindere dagli interessi umani. Per
questo motivo tali diritti possono essere inquadrati in quella stessa nuova categoria, che va
sotto il nome di “diritti ecologici”.
Sia l’Ecuador che la Bolivia prevedono il meccanismo della rappresentanza per
ovviare al problema relativo all’incapacità della natura di curare i propri interessi. Nella
Costituzione dell’Ecuador all’articolo 71 è previsto che “ogni persona, comunità, popolo o
nazione potrà chiedere all’autorità pubblica l’adempimento dei diritti della Natura”29. La
Costituzione della Bolivia all’articolo 34 afferma che: “qualunque persona, a titolo
individuale o in rappresentanza di una collettività ha la facoltà di esercitare le azioni giudiziali
in difesa del diritto ambientale, senza pregiudizio dell’obbligo delle istituzioni pubbliche di
28
Si veda a tal proposito: ACOSTA, 2011, p. 355.
“Toda persona, comunidad, pueblo o nacionalidad podrá exigir a la autoridad pública el cumplimiento de los
derechos de la naturaleza”.
29
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attuarle d’ufficio di fronte agli attacchi contro l’ambiente”30. Di conseguenza gli esseri umani
agiranno per far valere i diritti della natura nelle opportune sedi.
In nuova Zelanda il Te Awa Tupua (Whanganui River Claims Settlement) Act
del 2017 riconosce il fiume Whanganui come una persona giuridica [a legal person]. Inoltre,
da questa qualificazione del fiume discendono i suoi diritti, poteri e doveri. Nello stesso testo
è istituito il Te Pou Tupua. Esso è definito il “volto umano” del fiume Whanganui [human
face of Te Awa Tupua] e, dunque, agisce in suo nome. Per svolgere questa attività, tale ente
utilizza i poteri e doveri attribuiti dalla legge a tal fine.
Il riconoscimento del Whanganui River trova il proprio fondamento nella
cultura del popolo Whanganui Iwi, infatti come è affermato nell’Agreement tra i Whanganui
Iwi e la Crown, Tūtohu Whakatupua del 30 agosto 2012, vi è il desiderio del popolo radicato
nella propria cultura di proteggere e prendersi cura del fiume con i propri riti, usanze e
consuetudini. In tal senso il paragrafo 1.3. precisa che è insito in tal popolo: “il desiderio dei
Whanganui Iwi di prendersi cura, proteggere, gestire e utilizzare il fiume Whanganui
attraverso il kawa e il tikanga31 conservati dai discendenti di Ruatipua e Paerangi”32 e,
dunque, in tal senso questo desiderio parrebbe assumere la forma della nuova categoria
emergente nel mondo giuridico dei diritti bioculturali33.
La Corte Constitucional de Colombia nell’ambito di una questione riguardante
i danni provocati al fiume Atrato, al suo bacino ed ai territori circostanti, dall’attività
mineraria illegale, con la sentenza T-622 del 2016 risolve la questione relativa alla protezione
del medesimo fiume.
In primis la Corte sostiene che in tale caso debba trovare applicazione il
“principio di precauzione in materia ambientale e per proteggere il diritto alla salute delle
“Cualquier persona, a título individual o en representación de una colectividad, está facultada para ejercitar
las acciones legales en defensa del derecho al medio ambiente, sin perjuicio de la obligación de las instituciones
públicas de actuar de oficio frente a los atentados contra el medio ambiente”.
31
Le parole ʻkawaʼ e ʻtikangaʼ sono spesso considerate sinonimi, ma occorre precisarne il significato ad esse
connesso. Il termine kawa è utilizzato per designare “rituali o azioni cerimoniali o protocolli che guidano il
modo in cui viene ordinata la vita di Maori”. Con il termine tikanga si fa riferimento alle consuetudini, alle
regole ed ai metodi del popolo Maori e, più in generale, allo strumento che dà ordine alla società. Si veda a tal
proposito: MAJUREY; ATKINS; MORRISON; HOVELL, 2010, p. 274. Cfr. WILLIAMS, 1971, p. 416-417;
MEAD, 2003, p. 12.
32
Whanganui Iwi and the Crown, Tūtohu Whakatupua, 30 August 2012, paragrafo 1.3.: “the desire of
Whanganui Iwi to care, protect, manage and use the Whanganui River through the kawa and tikanga maintained
by the descendants of Ruatipua and Paerangi”. Si veda a tal proposito: HSIAO, 2012, p. 371.
33
Con il termine diritti bioculturali è identificata una categoria di diritti umani, diritti collettivi posti a tutela del
ruolo tradizionale delle comunità o gruppi dei popoli indigeni di proteggere e amministrare il proprio territorio.
Si veda a tal proposito: ZANETTI, 2019, p. 269.
30
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persone”34. Questo principio che si trova sia nelle fonti del diritto interno colombiano35, sia
nelle fonti internazionali36, prevede l’utilizzo di misure di precauzione volte ad evitare il
verificarsi di eventuali danni, anche in mancanza di una certezza scientifica che ricolleghi lo
svolgimento dell’attività e l’utilizzo di determinati metodi con i danni che possono verificarsi.
Di conseguenza, risulta chiaro che l’applicazione di questo principio si concretizzi nel
proibire l’utilizzo di determinate sostanze nell’attività estrattiva anche se non vi è una certezza
assoluta relativa al verificarsi degli eventuali danni.
In secundis la Corte individua nel riconoscimento del fiume Atrato come sujeto
de derechos il mezzo idoneo attraverso il quale proteggere, conservare il fiume e provvedere
alla restaurazione quando vi siano presenti danni. In tal senso, la Corte Constitucional de
Colombia “dichiara che il fiume Atrato è soggetto di diritti che implicano la sua protezione,
conservazione, mantenimento e, nel caso concreto, la restaurazione”37.
Per la tutela di tali diritti la Corte prevede il meccanismo della tutela e della
rappresentanza legale del fiume. Questi strumenti sono utilizzati dallo Stato colombiano e
dalle comunità etniche che vivono nei territori in prossimità del fiume Atrato, pertanto, il
fiume ed il suo bacino sono rappresentati da un membro delle comunidades accionantes e da
un delegato dello Stato.
La Corte stabilisce la formazione, entro tre mesi dalla notifica della sentenza,
di una commissione di guardiani del fiume Atrato [comisión de guardianes del río Atrato] da
parte dei rappresentanti legali del fiume, al fine di proteggere, recuperare e custodire lo stesso
fiume.
In India, la High Court of Uttarakhand at Nainital riconosce legal
persons/living persons i fiumi Ganga e Yamuna nel 2017. Il riconoscimento dello status di
Sentenza T-622/16 della Corte Constitucional de Colombia, p. 138: “precaución en materia ambiental y para
proteger el derecho a la salud de las personas”.
35
Si veda a tal proposito: articolo 1, numero 6 della Ley 99 del 22 dicembre del 1993 [Ley General Ambiental de
Colombia]: “la formulación de las políticas ambientales tendrán cuenta el resultado del proceso de
investigación científica. No obstante, las autoridades ambientales y los particulares darán aplicación al
principio de precaución conforme al cual, cuando exista peligro de daño grave e irreversible, la falta de certeza
científica absoluta no deberá utilizarse como razón para postergar la adopción de medidas eficaces para
impedir la degradación del medio ambiente”.
36
Si veda a tal proposito: principio n. 15 della Declaración de Rio sobre el Medio Ambiente y el Desarrollo del
1992: “con el fin de proteger el medio ambiente, los Estados deberán aplicar ampliamente el criterio de
precaución conforme a sus capacidades. Cuando haya peligro de daño grave o irreversible, la falta de certeza
científica absoluta no deber utilizarse como razón para postergar la adopción de medidas eficaces en función de
los costos para impedir la degradación del medio ambiente”.
37
Sentenza T-622/16 della Corte Constitucional de Colombia, p. 143, punto 9.32: “declarará que el río Atrato
es sujeto de derechos que implican su protección, conservación, mantenimiento y en el caso concreto,
restauración”.
34
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persona vivente è prospettato dalla stessa Corte come il riconoscimento di un carattere già
esistente nella società38.
In conseguenza del riconoscimento dei due corsi d’acqua in termini di legal
persons sono, inoltre, sanciti i relativi diritti, doveri e responsabilità.
Per la protezione, la conservazione e la cura dei due fiumi e dei loro affluenti la
Corte afferma che il Director Namami Gange, il Chief Secretary of the State of Uttarakhand e
l’Advocate General of the State of Uttarakhand se ne occuperanno in loco parentis. Nei
procedimenti giudiziari l’interesse dei fiumi Ganga e Yamuna verrà rappresentato
dall’avvocato generale.
6. COSA COMPORTA LA PREVISIONE DEI DIRITTI DELLA NATURA?
Nel mondo giuridico l’impostazione che ha imperato per secoli e millenni è
quella antropocentrica. Secondo l’antropocentrismo l’universo è creato in funzione dell’uomo,
il quale può lecitamente appropriarsi delle risorse naturali a proprio piacimento ed utilizzarle
per i suoi fini. Il diritto in questa concezione è modellato solo ed esclusivamente in funzione
dell’uomo.
Ora, nel mondo del diritto dei Paesi che hanno accolto le cosmovisioni
indigene, che predicano la pari dignità di uomo e natura, si è reso necessario mutare il modo
di scrivere il diritto e le norme. Lo sfondo da tener presente non è più solo ristretto alla
dimensione umana, ma l’universo giuridico deve essere pensato, ideato e fissato su carta in
funzione della natura. La natura in questione è quella di cui fa parte l’uomo e con la quale egli
concorre a formare la categoria degli esseri meritevoli di tutela agli occhi del mondo
giuridico. La natura o le sue entità sono, perciò, nobilitate a soggetto o a persona giuridica.
Questo fatto ridisegna i rapporti tra uomo e natura, ne cambia le logiche di una concezione
antropocentrica fino ad allora dominanti.
Nello specifico la natura e le sue entità sono considerate nel mondo giuridico
meritevoli di una particolare tutela. Esse ricevono quella protezione che deriva dalla
previsione di specifici diritti e dei meccanismi che ne garantiscano l’attuazione e ne puniscano
le eventuali violazioni. Queste impostazioni giuridiche parrebbero contemplare una svariata
serie di situazioni che si potrebbero verificare e sembrerebbero non aprirsi spazi a vuoti di
tutela. Il mondo giuridico ha scardinato la concezione secondo cui i diritti sono appannaggio
38
Si veda a tal proposito: High Court of Uttarakhand at Nainital, March 20, 2017, Mohd. Salim v. State of
Uttarakhand & others, Writ Petition (PIL) No. 126 of 2014, p. 11.
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dei soli esseri umani ed ha, inoltre, stabilito nuovi obblighi e responsabilità in capo allo Stato
ed ai cittadini.
Nell’ottica di un puro spirito critico, occorre muovere i passi dell’analisi del
fenomeno dell’affermazione dei diritti della natura considerando anche le perplessità che
possono emergere.
In uno scenario dove i Paesi hanno operato tale scelta per difendere al meglio
la natura emerge un quadro multiculturale molto intenso. La cosmovisione dei popoli indigeni
è stata posta alla base del riconoscimento della dignità della natura e delle sue entità e della
conseguente attribuzione di veri e propri diritti. All’affermazione di nuovi diritti, come
avviene in ogni settore del diritto, corrisponde il formarsi di nuovi obblighi, di nuove forme di
responsabilità per la violazione dei diritti, di nuovi limiti. È necessario, per questo motivo,
riflettere su cosa ciò comporti nella vita di tutti i giorni. Le norme giuridiche sono poste come
generali e astratte, ma allo stesso tempo hanno ripercussioni pratiche. Senza dubbio
l’affermazione dei diritti della natura comporterà nuovi limiti in capo ai proprietari degli
animali, ai proprietari terrieri e a chiunque svolga una attività economica che ricavi un profitto
dalle risorse naturali39. I punti di equilibrio tra gli interessi economici di alcuni soggetti e gli
interessi della tutela ambientale dovranno essere stabiliti dopo un attento bilanciamento
operato caso per caso.
Non si può pensare, però, che questa nuova era dei diritti della natura si fermi
agli aspetti relativi alla libera iniziativa economica, ma tocca da vicino il concetto di cittadino,
le abitudini e, più in generale, gli stessi stili di vita degli individui. Ora, in concreto il
fenomeno di un mutamento negli stili di vita è già presente, seppur in maniera diversa, in vari
angoli del Pianeta. Il pensiero corre alle tante pratiche che vari Paesi cercano di incentivare o
disincentivare. Molti Stati con finanziamenti di varia natura e sgravi fiscali cercano di
incentivare l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia e le cosiddette energie pulite. In altri Paesi
si cerca di ridurre l’utilizzo delle materie plastiche, in quanto costituiscono un rischio per
l’ambiente per via del loro difficile smaltimento. L’affermazione dei diritti della natura si può
ascrivere in questa immensa gamma di fenomeni. Tutti i cittadini che compongono gli Stati
che hanno optato per la scelta della personificazione giuridica della natura o delle entità
naturali dovranno maturare una coscienza ecologica: alcune delle pratiche di uso comune, fino
ad ora neutre per il diritto, potrebbero porsi in contrasto con i diritti della natura. Per questo
39
Si veda a tal proposito: ZAFFARONI, 2011a, p. 25-26; 2011b, p. 134-135.
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motivo, molti Paesi oltre ad affermare i nuovi diritti si preoccupano di fornire l’informazione
adeguata, di sensibilizzare la popolazione, utilizzando i più svariati strumenti.
Si è in presenza, utilizzando le parole di Francesco Viola (2019, p. 22), di
quell’arduo compito di dover fondare la società intera su di un “ethos” comune. Non è sempre
facile nella società moderna abbandonare gli schemi del consumismo, diffusi a macchia d’olio
su tutto il Pianeta, per riscoprire una convivenza armoniosa e rispettosa della natura. A parte
casi eclatanti, non si tratta di un problema di volontà degli individui, ma molto spesso questa
difficoltà è dovuta alla mancata consapevolezza che un comportamento o una abitudine non
siano ecosostenibili. Dall’affermazione dei diritti della natura consegue una nuova etica, un
nuovo modo di essere cittadini, un nuovo modo di vivere le città ed il territorio. Si è aperta
l’era di quello che può essere definito “Homo Ecologicus”. Gli uomini dovranno prediligere
un orientamento delle proprie azioni che non contrasti con i diritti della natura. Si tratta di una
nuova prospettiva, di una nuova concezione a cui lo Stato aspira: il vivere bene inteso come
armonia tra gli uomini e con la natura. Questa concezione non sembra tradursi in forme di
ecologismo o ambientalismo estremo. La consapevolezza di vivere in un ambiente dove
l’essere umano è parte della natura e dove contribuisce con le altre entità naturali a formare un
tutto vivo porta ad evitare gli sprechi inutili ed ingiustificati. L’utilizzo delle risorse naturali
non dovrà essere condotto all’estremo e oltre ogni ragionevole criterio solo per il guadagno
personale. Inoltre, occorrerà evitare l’impiego di sostanze nocive, inquinanti o pericolose.
La portata dell’affermazione dei diritti della natura o delle sue entità, poggiata
sulle solide basi della cosmovisione indigena, è tale da costituire un fenomeno, che
utilizzando le parole di Henryk Skolimowski40, può essere ricondotto all’Umanesimo
Ecologico. Per prima cosa occorre analizzare le caratteristiche individuate da Skolimowski
dell’Umanesimo Ecologico per verificare, poi se il fenomeno del recepimento della
cosmovisione indigena nei testi giuridici in materia ambientale possa essere ascritto in questa
categoria di pensiero.
Nell’Umanesimo Ecologico Skolimowski (1981, p. 54) individua un
collegamento, una unione tra la filosofia dell’uomo e la filosofia della natura. Vi è, cioè, una
unità tra il mondo naturale e quello umano. In questa visione è riconosciuto ai due mondi lo
stesso valore. L’equilibrio umano è strettamente connesso a quello ecologico.
Skolimowski (1981, p. 54-55) individua i principi dell’Umanesimo Ecologico
ed essi sono:
40
Si veda a tal proposito: SKOLIMOWSKI, 1981, p. 53-89.
229
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•
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Il concetto di governare e sfruttare la natura e le sue risorse deve essere
abbandonato per quello di gestione/amministrazione. Si tratta di una gestione che presuppone
il mantenimento e la cura, la “trasformazione creativa” e noi uomini dobbiamo portare avanti
“la fiaccola dell’evoluzione”41, cioè l’uomo deve provvedere ad una gestione ecosostenibile
che garantisca il perpetuarsi dei cicli vitali della natura ed il loro rafforzamento;
•
Il mondo è un santuario: l’habitat in cui viviamo è la fonte “della nostra
cultura”, “del sostentamento spirituale”, si tratta di “luoghi in cui noi ci stupiamo del
mondo”42. Inoltre, noi uomini siamo i sacerdoti del santuario, nel senso che dobbiamo
mantenere la santità dei luoghi e aumentarne la spiritualità43, in altri termini: rispettare quei
luoghi e favorirne il prosperare;
•
La conoscenza non deve essere tesa allo sfruttamento spietato della
natura, ma deve aiutare l’essere umano a mantenere l’equilibrio fisico e spirituale ed aprire la
strada ad ulteriori evoluzioni personali44.
Vi sono in questi principi numerose similitudini con i valori delle cosmovisioni
indigene: la gestione coscienziosa ed equilibrata delle risorse naturali, la protezione di una
natura considerata come se fosse sacra e la funzione riconosciuta alla natura di essere
sostentamento e forza per l’essere umano in quanto aiuta a mantenere e conseguire
l’equilibrio fisico e spirituale. L’ingresso di queste concezioni nel mondo giuridico dei Paesi
che hanno riconosciuto alla natura o alle sue entità il carattere di soggetto di diritti o di
persona giuridica, con la conseguente affermazione dei relativi diritti, ha dato avvio ad una
nuova fase. Si tratta di un fenomeno ascrivibile ad una nuova era che può essere definita
“Umanesimo Ecologico”.
7. CONCLUSIONI
In uno scenario dove la cultura sembrerebbe aver trovato posto come valore
fondante la persona umana, le democrazie moderne stanno offrendo la possibilità ai popoli
che compongono i Paesi di vedere accolte le proprie istanze. I popoli indigeni, anche grazie
all’intensa attività dei propri movimenti e partiti, portano avanti i propri valori e ne chiedono
il riconoscimento da parte dello Stato. In tale quadro si sviluppa una nuova epoca che può
41
Cfr. SKOLIMOWSKI, 1981, p. 54.
Cfr. SKOLIMOWSKI, 1981, p. 54-55.
43
Cfr. SKOLIMOWSKI, 1981, p. 55.
44
Cfr. SKOLIMOWSKI, 1981, p. 55.
42
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essere definita “Umanesimo Ecologico”. I valori della cosmovisione indigena che nobilitano
la natura ad essere vivente, posta su un livello di dignità pari a quello dell’essere umano,
fanno il loro ingresso nei testi giuridici e nella giurisprudenza. La natura e le sue entità
divengono in alcuni ordinamenti giuridici soggetti o persone con propri diritti. Tale fatto
comporta non pochi mutamenti: cambia il modo di scrivere il diritto, emerge una nuova
concezione di cittadinanza e si appresta un inedito sistema di protezione ambientale.
Nel presente lavoro sono state analizzate le esperienze di Ecuador, Bolivia,
Nuova Zelanda, Colombia e India, perché in esse si scorge un intenso influsso dei valori
culturali delle proprie tradizioni negli innovativi sistemi di protezione ambientale.
L’introduzione dei diritti della natura, oltre ad aver dato risposte alle istanze di
riconoscimento dei valori culturali, pongono nuovi stili di vita ed un nuovo concetto di
cittadinanza. L’essere umano è ora chiamato ad impostare la propria esistenza in chiave
ecosostenibile, nel rispetto dei nuovi diritti emersi. Di certo si tratta di un fenomeno nascente
che non sembrerebbe conoscere confini, si sviluppa in Paesi distanti culturalmente e
geograficamente tra loro.
L’analisi nel presente lavoro ha esaminato il rapporto tra diritto e cultura ed i
meccanismi con cui la sensibilità ambientale ha fatto il proprio ingresso nei sistemi giuridici
di alcuni Paesi. Volendo porre le basi per ulteriori riflessioni, si potrebbe formulare un
importante interrogativo: i valori delle culture dei popoli che compongono uno Stato
potrebbero portare all’innovazione giuridica al pari di quanto avvenuto in materia ambientale?
Si tratta di una questione che non può trovare risposta nel presente lavoro, ma soltanto il
tempo e l’emergere di fenomeni analoghi potranno dimostrare se l’innovazione giuridica
possa essere fondata sui valori della cultura tradizionale in ogni settore o se resterà solo
appannaggio della materia ambientale.
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