Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
DIRITTO DEL LAVORO Si può affermare che il lavoro nelle varie epoche è stato inteso come un mezzo per acquisirne altri di sostentamento per la vita e la riproduzione della specie. Con i primi processi di massificazione e di aggregazione urbana si cominciano ad attuare forme coordinate di lavoro:alle grandi coorporazioni compaiono i primi modelli di organizzazione e divisione del lavoro e le prime forme di sovraordinzione u subordinazione. La parola lavoro è stata intesa come forma di impiego di energie per vivere scambaire prodotti e arricchirsi. A partire alla fine del 400 il mercantilismo creò una nuova fascia di produttori e di mercanti che scambaindo merci favorirono il fenomeno chiamato della "accumulazione del capitale" cioè quell'arricchimento o tessuto di capitali foriero della rivoluzione industriale. E' dalla prima metà dell'700 in poi che in Inghileterra si può parlare di "lavoro subordinato" e come di vedrà di "disciplina del lavoro subordinato". Il diritto del lavoro si interecciò con la rivoluzione industriale e si sviluppò per rispondere alle esigenza di disciplinare il lavoro subordinato. La regolamentazione del lavoro industriale nacque dall'esigenza di rispondere alla luna crescente sviluppo capitalistico della produzione, basato su un'organizzazione una divisione del lavoro riguardanti masse sempre più grande di lavoratori che si riunivano in uno stesso posto, il capannone industriale, accomunati dagli stessi problemi fisici, morali, esistenziali, anche sul piano dei riflessi sociali della vita nuova delle famiglie. Queste nuove collettività cercarono un riconoscimento dei propri interessi o comunque una protezione anche indiretta attraverso le leggi dello Stato, le quali ai primordi della rivoluzione industriale, ma non prevedevano una tutela del lavoro. Anzi le legislazioni dei paesi Inghilterra per prima approntarono una difesa dei capitalisti. Si rivelarono infatti le esigenze dei datori di lavoro deve l'estrema discrezionalità nell'organizzare i mezzi di produzione al fine di massimizzare i risultati. Sono tristemente note delle leggi liberticide inglesi tra le quali l'importanza notevole assume il Conbination Act del 1799 che vietava ai lavoratori di coalizzarsi per rivendicare migliori condizioni di lavoro retribuzioni migliori. In questo panorama una svolta fu segnata dall'editto di Le Chapelier del 1791 che se da un lato vietava con sanzioni penali ogni forma di coalizione dall'altro consentì lo sviluppo delle libertà individuali sancendo l'abolizione delle corporazioni che ormai limitavano troppo la libera espressione dell'individuo nelle poche occasioni in cui era sopravvissuta. Non passarono molti decenni per accorgersi che il liberismo sfrenato alla completa mano libera offerta ai capitalisti alla lunga finiva col procurare un effetto boomerang. Lì per sfruttamento della forza lavoro delle macchine finivano col ridurre la qualità e la quantità della produzione, smentendo così l'facile postulato secondo il quale utilizzando 24 ore su 24 un lavoratore una macchina si ottiene il massimo risultato: il lavoratore e/o la macchina finiscono per esaurire la loro potenzialità. Questi problemi non sfuggirono ad un governo che per primo nella storia mostrato sensibilità a più moderne esigenze liberali e liberisti: corona inglese. In Inghilterra comparve infatti la prima legislazione sociale e nell'ottocento vennero approvate le leggi protettive contro gli infortuni in fabbrica e di regolamentazione del lavoro delle donne di fanciulle. È' questa la genesi della legislazione sociale prima fase dell'intervento del legislatore nel mondo del lavoro. IL COTTIMO a partire dalle più antiche forme di lavoro del periodo romano, dall'alto medioevo della città mercantili, fino ad arrivare al sistema capitalistico, il cottimo è stato giustamente ritenuta una tipica espressione del lavoro individuale di gruppo che secondo le diverse situazioni organizzative da autonomo si trasforma in un subordinato dovendosi intendere questo termine come lavoro ordinato sotto una logica organizzativa aziendale proprio del committente appaltante, responsabile dal risultato. Nel primo caso il cottimo sarebbe insieme un "modello" di lavoro subordinato e una "forma di mercede" come al tempo si scriveva; nel secondo il cottimo propriamente detto sarebbe il prezzo della locatio operis. Il primo Codice Civile del Regno del 1865 continuava a distinguere tra normale locazione di opere e locazione di opere per appalto e cottimo. Un esempio illuminante quanto essenziale è dato dalla promulgazione del 1926 in Italia della fondamentale legge sul contratto di impiego privato detta anche "legge" Orlando dal nome di uno dei più grandi statisti del secolo scorso. IL CONSIGLIO SUPERIORE DEL LAVORO circa un secolo fa, con la legge del 22/6/1902 numero 246 si istituiva il consiglio superiore del lavoro insieme ad esso l'ufficio governativo del lavoro. La legge sul consiglio superiore del lavoro era il frutto di innovazioni profonde che, avevano scosso il tessuto produttivo cambiando velocemente modi di vivere di lavorare. Con il governo tende si pose la prima pietra per un'organica legislazione sociale che prevedesse una risposta, fino ad allora solo sporadica, alla proposta di creare un organismo con ampi poteri consultivi e parzialmente propositivi sui problemi del lavoro: il consiglio superiore del lavoro. Il consiglio superiore del lavoro infatti di composto da 43 componenti tra i rappresentanti delle categorie professionali ed i funzionari dello Stato, non riuscì ad essere un interlocutore realmente condizionante per le decisioni politiche che venivano prese dai governanti sottoposte al vaglio, allora tanto ridotto quanto vivace, del Parlamento. Nel 1946 il grande sindacalista Rinaldo Rigola, (primo leader del movimento sindacale segretario generale della Cgil) a proposito del regio decreto legge 15/3/1923 numero 692 scriveva: "dopo trent'anni l'utopia delle otto ore diventa realtà". Queste parole erano state già scritta proposto dal contratto collettivo nazionale gran vitalità e sindacati nazionali e degli metalmeccanici che, il 20 febbraio 1919, sottoscrivendo un famoso accordo postbellico, sancirono per la prima volta le otto ore quotidiane massime di lavoro e le 48 e settimanali, per sei giornate lavorative. Questo risultato si intrecciava con la possibilità di prolungare il lavoro giornaliero massimo fino a 10 ore, con due ore di straordinario, ponendo quindi militi allo sfruttamento della forza lavoro e l'Inghilterra fino a due secoli prima in Italia per tutto il primo novecento aveva causato drammatiche conseguenze sulla salute dei lavoratori. IL FASCISMO E IL SISTEMA CORPORATIVO Già durante il primo dopoguerra si conclusero trattati internazionali nacque infatti la Società delle nazioni e si sviluppò l'organizzazione internazionale del lavoro. Contemporaneamente in Italia la rivoluzione industriale, anche se con notevole ritardo, muoveva i suoi primi passi in parallelo con le prime forme di lotta operaia. Nell'ambito dei sindacati i riformisti si contrapponevano ai massimali, mentre l'esperienza dei consigli di matrice gramsciana si sviluppava nelle fabbriche al di fuori si assisteva la nascita del partito comunista. Così come il regio decreto del 1865 sulla pubblica amministrazione sulla disciplina degli enti pubblici ha condizionato per oltre un secolo l'assetto della pubblica amministrazione italiana, allo stesso modo, nel campo del diritto del lavoro la legge del 1923 e sulla l'orario di lavoro e la legge sul contratto di impiego privato (più minuta come il regio decreto Orlando del 1924) hanno segnato una svolta decisiva. La legge del 1923 ha regolato il rapporto individuale di lavoro nel suo peso quantitativo, determinando. La durata della prestazione lavorativa; invece ha delineato la distinzione di fondo tra impiego pubblico e privato e all'interno di quest'ultimo la distinzione fra lavoro impiegatizio e lavoro operaio. Il periodo dell'immediato dopoguerra segnato dalla crisi economica, dai consigli di fabbrica, dal primo contratto collettivo nazionale per l'industria metalmeccanica (1919) da forme anche violente di intervento della classe operaia per cambiare gli equilibri, perfino istituzionali e di potere del paese e ancora da ultimo dalla vittoria delle sinistre nelle elezioni delle commissioni interne alla Fiat. Nella primavera del 25 tali eventi indussero il capo del governo del tempo, Benito Mussolini, a contestare alla Confindustria di non aver assunto un atteggiamento più favorevole alle organizzazioni fasciste e di avere invece continuato a contrattare solo con i sindacati del tempo. Tutto ciò portò ad un accordo, avvenuto come patto di palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925 che segnò la storia anche legislativa dei sindacati del lavoro del nostro paese. Qualcuno ha addirittura visto in questo patto o indirettamente poste le basi per cementare alcuni valori (o disvalori) quali quelli della contrattazione collettiva erga omnes e del sindacato, più che maggiormente esclusivamente e unitariamente rappresentativo. Il patto di palazzo B tu mi riconobbe come uniche ed esclusive rappresentanze valide per industriali e lavoratori, rispettivamente la confederazione generale dell'industria e la confederazione dei sindacati fascisti ed abolì l'istituto delle commissioni interne. Il patto istituzionalizzò l'esclusività, poi consacrata a livello legislativo, della rappresentanza delle strutture sindacali centralizzate, uniche e legate espressamente ad un sistema quello corporativo che del fascismo cercava di essere la spina dorsale ed istituzionale. Più specificatamente, dopo il patto di palazzo Vidoni con la legge del 3 aprile 1926 n. 563 si stabiliva che per le varie categorie di lavoratori e dei datori di lavoro si riconoscesse soltanto un'organizzazione professionale, attribuendo alla stessa personalità di diritto pubblico. Poiché il sistema era regolamentato da una legge dello Stato, l'eventuale mancato rispetto delle norme del contratto corporativo comportava l'irrogazione di sanzioni di carattere civile e disciplinare, nonché penale. Questo condizionamento ideologico nella determinazione della rappresentanza di interessi e quindi l'esigenza di prevedere una politica sindacale contrattuale centralizzata, si riunirono ancora leggendo l'accordo Buozzi Mazzini del 1943 (Buozzi era leader della Rinascente confederazione generale del lavoro, Mazzini il rappresentante della Rinascente Confindustria democratica, ormai libera da un matrimonio forzato con il regime fascista). In tale accordo sulla ricostituzione delle commissioni interne si riproponeva un sindacalismo di fabbrica che garantiva nuova rappresentatività alle commissioni interne: a tale organo sindacale di base infatti aderente alle politiche del vertice sindacale si sottraeva ogni funzione di sindacalismo autonomo ed ogni potere contrattuale a livello di fabbrica non accettandoci ancora un sistema di democrazia capillare e di base i rapporti sindacali pertanto contrattuale. Il periodo corporativo o comunque si sarebbe chiuso nelle sue esperienze infelici di guerra con una "felix culpa": nel 1942 il guardasigilli Grandi consegnava al re la relazione con la presentazione del codice civile. Tale codice non era certamente ispirato condizionato dal regime fascista ormai giunto proprio in quell'anno alla sua fine politica ideologica ed istituzionale ma era frutto del lavoro di grandi giuristi anche di respiro liberale. SIGNIFICATO E RILEVANZA DELLE NORME COSTITUZIONALI Nel campo dei rapporti economici, certamente più che in altri campi, la norma giuridica (cioè la costituzione) pone sempre il problema della sua effettività della sua immediata applicabilità. Il problema ben noto a i costituzionalisti trova una risposta nella forse semplicistica ma comunque necessaria distinzione tra norme con un valore programmatico e norme con valore precettivo. LA TUTELA DEL LAVORO IN TUTTE LE SUE FORME In verità l'articolo 35 che apre il titolo terzo della costituzione dedicato ai rapporti economici, ha un respiro più ampio del pur drammaticamente attuale tema delle emigrazioni o immigrazione. Il comma uno, che riprende puntualmente il dettato dell'articolo uno della nostra carta dei diritti e doveri, recita: "l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro" ponendo espressamente tra i compiti della Repubblica la tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazione. L'art. 35, utilizzando nella stesura definitiva il termine del lavoro e ponendo esplicitamente l'esigenza per la repubblica di tutelarlo in tutte le sue forme ed applicazioni, oltre a richiamare i valori del precedente articolo 4, permette oggi di superare la lettura restrittiva o classicista della tutela del lavoro subordinato. Venne quindi approvato il dettato oggi vigente che, nella sua ampiezza programmatica, ha permesso al legislatore ordinario anche di intervenire in modo più specifico: "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni". Particolarmente importante è anche il comma due dell'articolo 35 in tema di attività pubbliche e strumentali per lo sviluppo della personalità individuale nell'ambito del lavoro. Formazione ed elevazione professionale sono strettamente connessi alla preparazione scolastica, nonché all'aggiornamento continuo dei cittadini rispondono alla costante esigenza di conservare il processo interattivo tra individui società in rapida evoluzione. L'articolo 35, al successivo comma tre, rinvia espressamente alla promozione degli accordi internazionali e delle organizzazioni internazionali intesi ad affermare che regolare i diritti del lavoro. Con una certa lungimirante preoccupazione, questo comma venne osteggiato in sede di costituente da un parlamentare dell'estrema sinistra, l'economista Pesenti il quale in polemica con l'Onorevole Repelli sostenne che, in mancanza di accordo fra tutti gli Stati in tema di regolamentazione internazionale del lavoro, se l'Italia si fosse impegnata comunque a rispettare una convenzione internazionale, avrebbe potuto subire un danno alla sua economia produttiva. Si trovò allora una soluzione che parlava di promozione e favore per gli accordi internazionali, esaltando esplicitamente l'ipotesi di partecipazione attiva collaborazione dell'Italia agli accordi ed alle attività proprie di organizzazioni internazionali preposte espressamente alla tutela alla disciplina del lavoro quali O.I.L. e l'allora rinascente organizzazioni delle Nazioni Unite. È da notare anche il comma quattro dell'articolo 35 che da qualche anno si palesa particolarmente importante per il nostro paese e soprattutto per il mezzogiorno dal momento che l'Italia è diventata sempre più negli ultimi anni da madre dell'emigrazione a madre dell'immigrazione per i cittadini del mondo che hanno lasciato le loro parte per le più diverse ragioni. In sostanza nell'articolo 35 mentre si riconosce espressamente il carattere programmatico dello stesso si prevede la tutela del lavoro italiano all'estero creandosi così una tutela piena dell'immigrazione attraverso la protezione anche fuori dal suolo della madrepatria degli italiani. Appare necessario chiudere l'analisi dell'articolo con un rinvio all'evoluzione legislativa avvenuto sull'argomento grazie alla legge Napolitano della 13ª legislatura e alla legge Bossi Dini della 14ª legislatura in tema di tutela, controllo e limitazioni di flussi di immigrazione in Italia. (Legge Bossi fini: 30/07/02 N. 189: "prevede che le espulsioni sia immediatamente eseguita con l'accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell'ordine".) IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO C.N.E.L. Concludiamo l'analisi delle norme costituzionali concernenti i temi del lavoro analizzando brevemente il consiglio nazionale dell'economia del lavoro, organo di notevole rilevante significato istituito il 5/01/1957 è previsto dall'articolo 99 della costituzione. Non si può negare che il C.N.E.L. abbia inciso sulla situazione economica del paese molto meno dal consiglio superiore del lavoro. Nei suoi 45 anni di vita invece il C.N.E.L. non ha avuto la traumatica esperienza dello scioglimento, subita invece dal consiglio superiore del lavoro ad opera del fascismo, ne ha vissuto la fase della guerra del nostro paese, avendo potuto agire sostanzialmente in una fase di pace internazionale ed in un equilibrio proprio di una democrazia in crescita. Questo consiglio, costituito da 79 componenti, di cui 59 rappresentanti delle categorie produttive e 20 esperti, nel dicembre del 1986 ha visto crescere nel numero dei suoi componenti a 111 con uno squilibrio a favore delle categorie produttive che hanno oggi 99 rappresentanti a fronte di 12 esperti. È pur vero che tra essi molti sono, per lo più ex leader sindacali o politici delle varie forze rappresentate o ancora esperti nominati direttamente dalle categorie. Tuttavia nei processi decisionali sulle politiche del lavoro e su criteri di gestione, di controllo e di orientamento dell'economia del nostro paese, questo organo costituzionale potrebbe oggi continuare ad avere una sua determinante utilità soprattutto in ragione del potere di iniziativa legislativa e delle funzioni consultive attribuitegli. È organo di consulenza nelle camere del governo per la materia secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. All'iniziativa legislativa può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge. Gli atti riguardanti la costruzione del C.N.E.L. emanati dall'assemblea costituente dalla commissione ristretta danno l'impressione che ad esso si volesse attribuire quella funzione che oggi viene chiamata di "concertazione". Sulla linea di altri modelli di paesi europei, il C.N.E.L. avrebbe dovuto incidere sull'attività formativa dello processo legislativo sulla stessa linea del governo organizzando la concertazione fra parti sociali. La costituzione attribuisce alla C.N.E.L. espressamente per funzioni la prima consuntiva che si esplica con i pareri obbligatori sulle proposte e di progetti di legge nel campo del lavoro dell'economia; la seconda di autonoma iniziativa legislativa. Grazie a queste due funzioni esso costituiva ed avrebbe dovuto costituire la prima è corretta forma di concertazione nel nostro paese. FONTI DEL DIRITTO E DEL LAVORO è possibile distinguere per una maggiore chiarezza le fonti del diritto del lavoro in tre gruppi all'interno di ciascuno dei quali è ulteriormente possibile individuare diverse fattispecie di produzione normativa: 1 fonti internazionali o sovranazionale; fonti statuali o legislative; fonti contrattuali e \ o sindacali. Per ciò che concerne la fonte normativa sovranazionale è opportuno distinguere tra: DIRITTO INTERNAZIONALE; DIRITTO COMUNITARIO. Il diritto internazionale trova ingresso nel nostro ordinamento giuridico attraverso l'articolo 35 il quale al comma tre così statuisce: "La Repubblica... Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro". L'Italia ha sottoscritto diversi trattati internazionali fra cui ricordiamo la carta internazionale del lavoro (Versailles 1919) la dichiarazione di Filadelfia 1944 il patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali. Il diritto comunitario è costituito dai trattati istituti di delle tre comunità europea ovvero CECA 1951 TRATTATO DI PARIGI 1952 TRATTATO DI ROMA DI CEE ED EURATOM 1957 e dalle norme emanate dagli organi comunitari ossia regolamenti, direttive e raccomandazioni che in diversa misura costituiscono parte integrante dell'ordinamento giuridico italiano. Tra le fonti statuali e del luogo annoverare: la costituzione della Repubblica; la normativa precedente alla codificazione del 1942; il codice civile del 1942; la legislazione laboristica; usi e consuetudini. La costituzione della Repubblica già nel suo primo articolo riconosce al lavoro un'importanza di un valore fondante garantendo ed assicurando nei successivi articoli sistemi di tutela sia retributive, articolo 36 ,e di sicurezza sociale ,articolo 38, ed al lavoro in tutte le sue forme d'applicazione, l'articolo 35. L'articolo 117 così come modificato dalla legge costituzionale n. 3/2001 indica tra le materie soggette a legislazione concorrente alla tutela la sicurezza del lavoro relativamente alle quali la legislazione statale determina i principi fondamentali ai quali dovrà poi attenersi la potestà legislativa regionale. (Articolo 117: la potestà legislativa è esercitata dallo Stato dalle regioni nel rispetto della costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Spetta alle regioni la potestà legislative in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.) Per quanto concerne gli unici bisogna richiamare l'articolo 2078 il quale prevede che: "in mancanza di disposizioni di legge di contratto collettivo si applicano gli usi. Tuttavia gli unici più favorevoli agli prestatori di lavoro prevalgono sulle norme dispositivo di legge. Gli unici non prevalgono sui contratti individuali di lavoro". La regolamentazione del rapporto di lavoro subordinato prevista dalla legge avviene attraverso la contrattazione individuale e la contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva fonte del diritto nella misura in cui di fatto i contratti di lavoro individuale finiscono con riprodurre le clausole dei contratti collettivi. Laddove venga stipulato un contratto individuale contenente clausole che violino i contratti collettivi vi sarà un'integrazione ex lege (cosiddetta inderogabilità in io sono, avente natura reale) in virtù della quale i rapporti tra i due contraenti sono disciplinati dalle clausole inserite di diritto dalla contrattazione collettiva del settore economico produttivo nel quale si colloca il singolo rapporto di lavoro. Capitolo II IL DIRITTO DEL LAVOTO DELL'UNIONE EUROPEA Secondo il Mortanti il lavoro nella lettera del peso e repubblicana è titolo di appartenenza alla comunità fondata espressamente su di esso ed è nello stesso tempo alla base della partecipazione dei cittadini all'organizzazione della stessa nelle sue strutture politiche economiche e sociali. Ha inizio in Europa a partire dagli anni 40 a prendere forma un disegno politico volto configurare stati sovranazionali o forme federative o confederali quali l'unione europe. Nel mondo del lavoro esistono norme di diritto sovranazionale che creano in un quadro generale di riferimento per tutti i paesi del mondo. Tra le fonti del diritto internazionale le convenzioni hanno efficacia indiretta, necessitando di essere notificate da parte degli Stati membri e regolamentano, in particolare modo, le condizioni di lavoro e libertà sindacali e le sicurezze sociali; diversamente le raccomandazioni consistono in esortazioni puramente indicative e non vincolanti nelle stesse materie. Nonostante il carattere non vincolante di questa tipologia di atti essi non sono del tutto privi di effetti giuridici, atteso che i giudici nazionale devono comunque tener conto ai fini della risoluzione della controversia sottoposta a loro giudizio le raccomandazioni hanno un proprio effetto giuridico, cosiddetto di liceità, rendendo così la recita una condotta dello Stato che non lo sarebbe. Pertanto la violazione di una raccomandazione da parte di uno stato membro fa nascere in capo al cittadino dello stesso stato membro il diritto di risarcimento del danno dinanzi all'autorità giudiziaria nazionale competente. Più cogente è invece la funzione del diritto dell'unione europea, specialmente in relazione alle esigenze ineludibile di riclassificare le fonti del diritto del lavoro e soprattutto di ricostruire la gerarchia delle stesse. Il trattato di Roma del 25 marzo 1957 può ritenersi il punto di partenza non solo politico ma anche istituzionale giuridico di un primo disegno di comunità a livello europeo. L'unione europea ne induce sempre più i legislatori statali non solo ad una ricezione obbligata di norme che trascendono i confini dei vari paesi ma costringe al riadattamento della normativa interna facendosi che sia il lavoro a garantire il titolo di appartenenza alla comunità questa volta europea. Con il trattato di Lisbona l'articolo sei in parte tre ha sancito che riflettere: "l'unione riconosce i diritti le libertà ai principi sanciti dalla carta dei diritti fondamentali dell'unione europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo" che ha lo stesso valore giuridico delle dei trattati, devolvendo viceversa all'attività della corte di giustizia dell'unione europea il compito di promuovere ad applicare i principi generali con essa affermati alla luce del trattato di Lisbona. La pluralità delle fonti e diversi ordinamenti nazionali sovranazionale sono rappresentati dal lento cammino verso una nuova gerarchia che vedrà sempre più la fonte comunitaria (di diritto dell'unione europea) sovraordinata rispetto al dettato costituzionale alla legge ordinaria e alle altre fonti del sistema. L'organizzazione internazionale del lavoro (O.I.L) è un'istituzione il cui compito fondamentale e di promuovere sul piano internazionale il miglioramento delle condizioni dei lavoratori soprattutto attraverso convenzioni e raccomandazioni. Le norme di diritto internazionale possono inserirsi infatti negli ordinamenti statuali solo con leggi di ratifica di esecuzione dei vari trattati.........RIVEDI PAG 67/68 per una breve ricostruzione storica che delinea evoluzione del diritto dell'Unione Europea nel campo del lavoro sia partendo dal trattato di Roma il 25 marzo 1957 volto a creare un mercato libero del lavoro delle merci. Nei decenni successivi pian piano sono state emanate direttive di grande rilievo primo fra tutte la direttiva CEE del 10 febbraio 1975 che imponeva l'uniformità delle legislazioni nazionali degli Stati membri in tema di applicazione del principio di parità di retribuzione fra i lavoratori di sesso maschile e femminile.Nel febbraio dell'anno successivo fu emanata la seconda direttiva dal consiglio in tema di parità di trattamento fra uomini e donne per l'accesso al lavoro (legge di parità). Entrata in vigore nel 1987 l'atto unico europeo o introdotto il principio del miglioramento la sicurezza del lavoro. Questo organo al fine di favorire coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati a istituire fondi cosiddetti strutturali per riequilibrare lo sviluppo economico dei paesi membri e all'interno degli stessi a garantire l'incremento dell'occupazione. Il 7 febbraio 1982 a Maastricht si sono create le basi per un nuovo politica sociale comunitaria malgrado gli ostacoli frapposti da uno Stato membro tra i più importanti fondatori: il regno unito. Noto passo estremamente importante è stato il trattato di Amsterdam all'articolo 12 ha ricostruito e rigenerato gli stessi articoli dei trattati precedenti però anche in una versione definitiva indiretta applicazione. Fondamentale è richiamare tutti i contenuti più salienti del trattato di Amsterdam e rappresenta il punto di riferimento per intero diritto comunitario nel campo del lavoro. Con il trattato di Amsterdam si è realizzato un grande rafforzamento ossia della libertà di circolazione dei lavoratori sia del sistema pensionistico avranno diritto dell'unione europea. Inoltre si è perseguito un controllo molto limitativo delle politiche statuali a sostegno di imprese decotte o in crisi. Il trattato stabilisce in cui il principio della libertà per i singoli Stati di legiferare nel campo di lavoratori extracomunitari della sicurezza sociale, della risoluzione dei contratti di lavoro, delle forme di stimolo all'occupazione, lasciandosi invece solo spazio ad un intervento eccezionale sussidiario con votazione a maggioranza. Con il trattato di Lisbona (13 dicembre 2007) la carta dei diritti fondamentali hanno efficacia diretta al pari degli stessi trattati istituti. In Italia si è assistito ad una vivace discussione sull'orario di lavoro su riposo settimanale in quanto tale tematiche implicano delicate problemi di convivenza fra tradizioni culturali, politiche e religiose quando si pone in discussione, per legge, il principio della identificazione del riposo settimanale con la festività domenicale. Per completare il quadro generale delle normative occorre un riferimento ad altre fonti più generali quali le convenzioni numero 87 e 98 dell'O.I.L. Queste ultime sono concernenti rispettivamente dell'una libertà di organizzazione dei sindacati e l'assoluta libertà di adesione gli stessi dell'altra la protezione contro ogni discriminazione antisindacale posta in essere dal datore di lavoro. Va ricordato che l'uno, il 16 dicembre del 1966 portò alla sottoscrizione di un patto internazionale sui diritti economici sociali culturali. Questo patto si è trasformato nel nostro ordinamento della legge 25 ottobre 1977 numero 881 volta garantire la tutela dello sciopero che è avrebbe trovato un regolamentazione effettiva nei pubblici servizi nel nostro paese con la legge numero 146 del 1990. ORGANI FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO DELL'UNIONE EUROPEA. VINCOLATIVITÀ DELLE FONTI DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA E' opportuno proporre ora un quadro sinottico delle istituzioni comunitarie, delle fonti di diritto comunitario di primo grado e di quelli di secondo grado. Istituzioni comunitarie: commissione Europa: organismo indipendente dai governi nazionali con funzioni esecutive col compito di elaborare proposte per nuove leggi ovvero sottoporta Parlamento europeo; Consiglio: con compiti legislativi, è costituito da un rappresentante per ognuno degli Stati dell'unione che attualmente hanno raggiunto il numero di 27; Parlamento europeo: con funzione di controllo sia verso la commissione e verso il consiglio collaborando con quest'ultimo per la promozione legislativa dell'unione; consiglio europeo che è con il trattato di Lisbona da semplice organo intergovernativo è stato istituzionalizzato al pari delle altre istituzioni con compiti di individuazione degli interessi e degli obiettivi strategici dell'unione nella della politica estera e della sicurezza comune composto dai capi di Stato di governo degli Stati membri, dopo presidente dal presidente della commissione europea;Corte di Giustizia europea: organo costituito da un magistrato per ogni Stato membro funzione di applicare, interpretare in modo uniforme e sanzionare la violazione di norme comunitarie. Passando alle fonti del diritto dell'Unione Europea possiamo distinguere le stesse in due gruppi, secondo la loro vincolatività. Le prime, immediatamente vincolanti o, comunque, di rilievo cogente diretto un diretto per i singoli Stati sono: i trattati istitutivi delle comunità; gli atti emanati dalle istituzioni comunitarie; gli accordi dell'unione europea con i Stati terzi. La prima di queste due fonti del diritto dell'unione europea è quella dei trattati istituti che, insieme agli accordi con i Stati terzi, sono fonti di primo grado e sono prevalenti sulle legislazioni statuali precedenti e anche successive. Il primo trattato, firmato a Roma il 25/3/1957 è entrato in vigore il 1 gennaio successivo. Notevole altresì che il rilievo di tre atti: il primo è lato unico europeo dell'87 con lo sviluppo del mercato interno alla comunità come spazio senza frontiere nel quale assicurata la libera circolazione delle merci delle persone di servizio di capitali. Il trattato sull'unione europea con il protocollo allegato di Maastricht invece, ponendo le basi fondamentali dell'Europa unita interviene in campi essenziali come quelli della protezione del consumatore della sanità pubblica. Nell'ambito della distinzione tra fonti, anche il nonno è possibile individuare come vincolanti: il regolamento: atto di portata generale e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri di rilevanza diretta nella formazione di soggettivi in capo ai singoli destinatari; la direttiva: vincola gli Stati membri al raggiungimento di un risultato salvo restando la possibilità di scegliere le forme i mezzi di attuazione compatibilmente con i sistemi giuridici interni; la decisione: gli atti che diventano obbligatorie nei loro contenuti applicabili direttamente ai loro destinatari siano essi persone fisiche o Stati membri adottati dal consiglio, dal consiglio europeo e dalla commissione. Tra le fonti non vincolanti invece possibile individuare due fondamentali: la raccomandazione: proviene dal consiglio dalla commissione fornisce indicazioni agli Stati membri per adeguare i sistemi interni a modelli comunitari predisposti; il parere: può essere obbligatorio facoltativo ma mai vincolante. PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA' in caso di conflitto di incompatibilità o contraddizione tra norme nazionale norme di diritto comunitario queste ultime prevalgono. Ove il magistrato avesse dubbi nell'interpretazione di norme di carattere generale diritto comunitario, la questione può essere devoluta alla corte di giustizia. Il diritto del lavoro regola i rapporti tra datori di lavoro e lavoratori dei paesi membri nazionalmente considerando gli stessi datori di lavoro e lavoratori diretti destinatari e fruitori delle norme.Al riguardo va sottolineato che l'articolo 136 del trattato di Amsterdam pone per i Stati membri fondamentalmente due grandi obiettivi: la promozione dell'occupazione e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori. Siamo sempre parlando di forme indirette di sostegno che agiscono comunque sull'evoluzione del diritto del lavoro. Da molti è stato sostenuto che il vero tema centrale del diritto comunitario del lavoro sia appunto quella della circolazione lavoratore all'interno degli Stati membri. Così il principio di sussidiarietà delle norme di diritto del lavoro dell'Unione Europea rispetto a quelle degli Stati membri va interpretato nel senso che le prime vanno soltanto in ausilio alle seconde quando vi sono vuoti normativi lacune superabili con l'interpretazione dei principi legislativi vigenti nell'unione stessa. LICENZIAMENTI COLLETTIVI il legislatore comunitario tenendo conto degli interessi tipici coinvolti nella gestione delle eccedenze di personale nelle aziende, dal 1975 fino ad oggi è intervenuto emanando direttive al fine di regolamentare la delicata materia di licenziamenti per riduzione del personale onde assicurare il regolare funzionamento del Mercato comune di tutti i paesi aderenti alla CE. La direttiva 98/59/CE del 20/7/1998 a regolamentato con una codificazione specifica e unitaria le norme comunitarie contenute nelle direttive 75/129 (10/2/1975) e 92/56 (26 06 1992) in materia di licenziamenti collettivi. Perché il licenziamento possa essere considerato colui deve rispondere al duplice requisito di essere effettuato da un datore di lavoro e di attenere ad uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore oltre ovviamente a riguardare più lavoratori. Il datore di lavoro deve procedere alla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori con cui esaminare le possibilità di ridurre i disagi derivanti dagli stessi utilizzando strumenti di carattere sociale tendenti alla riqualificazione degli stessi (cosiddetti ammortizzatori sociali). Si è data attuazione nostro ordinamento alla prima direttiva CE 75/129 soltanto con la legge 23/7/1991 numero 223 che regolamenta tutto licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la messa in mobilità dei lavoratori e la cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria. IL DIRITTO DEL LAVORO NEL TRATTATO DI LISBONA il trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009, pone fine a 13 anni di negoziazioni sulla riforma istituzionale dell'unione europea. Esso viene definito trattato mortificante poiché non rappresenta un nuovo trattato bensì comporta una modificazione del trattato di Roma del 1957 e del trattato di Maastricht del 1992; di conseguenza il T. C. E. Assume la nuova denominazione T.F.U.E. (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea). L'attribuzione di un valore giuridico vincolante la carta costituisce un passaggio di primaria importanza nell'identificazione dei diritti umani mai come oggi tutelati dall'equiparazione della Carta ai Trattati. E' articolo 45 paragrafo del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ad assicurare la libera circolazione dei lavoratore all'interno dell'unione europea cioè il diritto allo svolgimento di attività di lavoro subordinato in qualsiasi stato membro. Dunque la libera circolazione dei lavoratori come per i cittadini fondata sul principio di non discriminazione molto aderenti lo fa in tale trattamento tra le persone quali che siano nazionalità, il sesso, razza l'origine etnica, religione o le credenze. Il concetto di libera circolazione dei lavoratori autonomi si sostanziano nella diritto di stabilimento articolo 49 e 55 e di libera prestazione dei servizi articolo 56 e 62 del T. F. U. E.. Libera prestazione di servizi implica lo svolgimento di una determinata attività professionale, industriale o commerciale in un altro Stato membro alle stesse condizioni professionisti ivi residente , senza il vincolo della stabilità. Parte II DIRITTO SINDACALE il termine relazioni industriali connota l'insieme delle relazioni non solo contrattuali nelle quali è coinvolto il sindacato come attore è organo di rappresentanza. Nel corso del 20º secolo le relazioni industriali si sono avvicinate al sistema politico creando talvolta fratture drammatiche; in altri momenti hanno attraversato fasi di evoluta conflittualità in cui si sono diffuse lotta di classe. Gino Giugni nell'Italia dei primissimi anni 60 agli ultimi giorni della sua vita in contatto con il "padre dello statuto dei lavoratori" può considerarsi in Italia il maestro che ha segnato la storia delle relazioni industriali, interagendo costantemente e con ricca e profonda osmosi, con i grandi maestri nordamericani ed europei del diritto sindacale, primo fra tutti, Freund. In un suo diritto sindacale istituisce nello fondamentale punto di riferimento, ancora oggi, per chi voglia comprendere la storia della vita delle relazioni industriali nel nostro paese. Per poter adeguatamente aprire un discorso sul sistema di relazioni industriali è opportuno richiamare un altro grande autore, Giovanni Tarello forse unico nella sua collaborazione al mondo della cultura accademica cavallo fra la filosofia del diritto, il diritto del lavoro e la teoria dei sistemi giuridici il quale ha avuto il merito di leggere nature significato del diritto sindacale italiano restando fondamentale unico riferimento nostra cultura giuslavoristica. Il modello di relazioni industriali di Dunlop vedeva sempre costantemente un ruolo stabile dei tre soggetti (datore di lavoro, lavoratore è stato) in cui lo Stato oggi non solo come pubblica amministrazione e quindi come datore di lavoro ma soprattutto, come terzo soggetto regolatore è l'arbitro ultimo per la soluzione dei conflitti sociali letti in modo post marxiano in un sistema sostanzialmente metastorico. L'attuale sistema di relazioni industriali dovrà essere interpretato nel senso di ridimensionare il rispetto dei ruoli dei datori di lavoro, di lavoratori e sindacati e dello Stato chiamato nuovamente ricoprire il ruolo di mediatore o arbitro. LIBERTA' DI ORGANIZZAZIONE SINDACALE l'articolo 32 della costituzione nel suo primo comma recita: "organizzazione sindacale è libera". L'ordinamento corporativo istituito con la legge 3/4/1926 numero 563 prevedeva infatti il sindacato unico: l'articolo sei della legge al comma tre recitava: "non può essere riconosciuta legalmente per ciascuna categoria di datori di lavoro, lavoratori, artisti o professionisti, che una sola associazione". I sindacati con il riconoscimento acquisiamo personalità giuridica di diritto pubblico che consentiva il controllo dello stato di loro statuti, sui loro organi interni, sul loro finalità ed attività. Se il contratto collettivo non veniva concluso tra le parti o se si delineano delineava un contrasto interpretativo sui contenuti le finalità delle norme di contratto collettivo corporativo la magistratura del lavoro aveva il potere di definire con sentenza e nuove condizioni di lavoro, risolvendo le vertenze anche collettive. L'ordinamento corporativo fu soppresso con regio decreto legislativo numero 9/8/1943 numero 721 e successivamente il decreto legislativo 23/11/1944 numero 369 avranno sistema contrattuale collettivo dispose con l'articolo 43 l'ultrattività delle norme di i contratti collettivi corporativi in attesa di successive modifiche. L'esigenza vera o presunta di garantire omogenee certe condizioni di lavoro in un paese lacerato dalla guerra e da una frattura soprattutto sociale porto il costituente all'elaborare articolo 39 con un'anima tutta da decifrare. Il primo comma dell'articolo 39 potrebbe definirsi una tutela rafforzata del principio di libertà associativa. Garantisce l'esistenza di un sindacato libera e non ingabbiate in valori, nomine, metodi e criteri direttivi predeterminati dallo Stato per legge come era avvenuto nel passato regime. D'altronde lo stesso comma due impone un unico obbligo: l'eventuale registrazione presso gli uffici locali o centrali del ministero del lavoro secondo le norme di legge. Va precisato tuttavia che in ragione della mancata attuazione dell'articolo 39 i sindacati sono privi di personalità giuridica e ad essi si applica quanto previsto dal codice civile in materia di associazioni non riconosciute. Il fine della registrazione sarebbe quello di ottenere, così come previsto dal comma quattro, una personalità giuridica di diritto privato atta a permettere la stipulazione di contratti erga omnes. Storicamente e propriamente il sindacato rappresenta la singolare categoria in senso verticale orizzontale che si raggruppa per due categorie di lavoratori in confederazione. Tra i maggiori studiosi del sindacalismo ricordiamo i coniugi Sidney la cui analisi sociologica del sindacalismo costituito un punto di riferimento per molti studiosi specialmente in Europa. E' di quest'ultimo la sistemazione delle organizzazioni sindacali in tre possibili modelli: territoriale, professionale ed industriale. Attualmente le tre confederazioni principali (Cisl Cgil Uil) nonostante le solite tensioni tra loro hanno dimostrato una volontà di riunificare il sindacato mentre l'azione politico generale conducono iniziative o dialogano con le istituzioni congiuntamente o separatamente anche in ragione del variare delle maggioranze politiche che governano in sede centrale periferica. IL SINDACATO il sindacato, quale organizzazione di rappresentanza nell'interesse di lavoratori dipendenti, è un attore sociale destinato ad entrare direttamente in relazione con altri attori, spesso in chiave conflittuale, promuovendo iniziative collettive per la tutela dei diritti dei propri iscritti. Il sindacato è un'organizzazione non riconosciuta non avendo ottenuto il riconoscimento secondo quanto previsto dalla normativa vigente dal canto suo il legislatore non ha provveduto alla istituzione di un organo che acquisisca la registrazione dei sindacati, ex articolo 39 secondo comma della costituzione. Il sindacato, come ogni associazioni qui diritto è previsto dall'articolo 18 della costituzione, con fondo comune appartenente tutti i soci articolo di comproprietà. Tale fondo ha una sua autonomia patrimoniale nel senso che i creditori potranno favorire i loro diritti su questo patrimonio e non su quello dei soci. Si possono identificare più figure di sindacati come quelle della sindacato di mestiere, del sindacato generale, industriale, di impresa e territoriale. Il sindacato di mestiere (craft union) è formato dai lavoratori che esercitano lo stesso mestiere ovvero la stessa professione. Una parente importante del sindacato di mestiere è quella del cosiddetto sindacato occupazionale formato dagli appartenenti ad una categoria professionale come gli impiegati nei settori pubblici o privati. Oggi i sindacati si definiscono di categoria anche se non si limitano semplicemente ad una mera distinzione come quella riportata per le categorie legali dei lavoratori ma raggruppano i lavoratori in uno specifico settore industriale, artigianale, commerciali o che terziario. Cosicché la dizione sindacato di categoria non può equipararsi all'istituto delle categorie di lavoratori utilizzato dal codice civile. Si definisce sindacato territoriale la struttura che organizza i lavoratori in un territorio prescindendo dai diversi settori produttivi di appartenenza . Altro tipo e il sindacato generale favorito dall'avvento della produzione di massa definibile con un sindacato che organizza qualunque categoria un gruppo di lavoratori attraverso le proprie capacità organizzativa. I sindacati generali sono tipiche forme di sviluppo dei sindacati di mestiere in risposta allo sviluppo della contrattazione collettiva. Il sindacato industriale e il protagonista per eccellenza delle relazioni industriali contemporanea è l'attore fondamentale del sindacalismo moderno, che inizia a farsi strada negli ambienti industriali agli inizi del secolo e si afferma con il diffondersi dell'industria produzione di massa altamente meccanizzata. Vi è anche il sindacato di impresa ossia quello che raccoglie lavoratore appartenente ad un tipo di impresa. IL SINDACALISMO Secondo l'autorevole dottrina del sindacalismo si riferisce all'organizzazione, alla cultura,alla rappresentanza come al movimento, al rapporto interno con i lavoratori esterno con le controparti e dei partiti politici. Il sindacalismo può esservi Stato, competitivo, negoziale, di opposizione e partecipativo. Il sindacalismo di Stato, dipendente dal partito politico è strettamente legato agli apparati dello Stato tanto da assumere dei fatti funzioni quasi pubbliche. Il sindacalismo competitivo e caratterizzato da rapporti di interdipendenza con i partiti politici. Compare sulla scena delle relazioni industriali e di quelle pluralistiche con un forte associazioni imprenditoriali comunque disponibili alle intese contrattuali. Altro tipo comprende il sindacalismo negoziale nato nel Nordamerica quando si diffonde in Europa il sindacalismo di opposizione. Centrato sulla contrattazione e autonomo dei partiti politici, è rimasto limitato all'esperienza americana. Il sindacalismo d'opposizione organizzato su prevalente base territoriale, consiste nella capacità di mobilitazione dei lavoratori e della loro organizzazione per manifestazioni politiche o elettorali. Il sindacalismo partecipativo prevalgono laddove si impongono assetti di relazioni partecipative-collaborative definiti neo-corporativi. Accetta le relazioni di tipo tripartitico con imprenditori governi avvantaggiandosi delle relazioni strette con i partiti politici di sinistra. L'informazione la consultazione la concertazione si collocano nell'ambito dei diritti di partecipazione sindacale alle attività programmatica delle aziende. L'informazione consiste nel far conoscere le motivazioni di un provvedimento o di una scelta fatta dal datore di lavoro mentre permette di seguire l'evoluzione dei contenuti devozionali in tema di politica di impresa, nonché di conoscere i rapporti raggiunti dagli attori collettivi nelle relazioni industriali. Secondo l'articolo 2 del decreto legislativo 25 2007 per l'informazione si intende "ogni trasmissione di dati da parte del lavoro e rappresentanti dei lavoratori, finalizzato alla conoscenza all'esame di questioni attinenti all'attività di impresa". Successivamente si realizza la fase della cosiddetta consultazione, momento in cui le parti sociali convocate al fine di essere informate, esprimono i loro pareri che tuttavia non sono vincolanti. Sempre l'articolo 2 del decreto legislativo 25 2007 al punto F stabilisce che per consultazione si intende "ogni forma di confronto, scambio di opinioni e di dialogo tra rappresentanti dei lavoratori datori di lavoro su questioni attinenti all'attività d'impresa". Risultato di tale attività la concertazione cioè l'impegno delle parti (governo e parti sociali) che partecipano al tavolo delle trattative per trovare una soluzione mediata sulla base di proposte in comune. La concertazione e ritenuta la più concreta forma di democrazia diretta. Tale strumento indica una serie di trattative negoziali che vedono interessate governo e parti sociali finalizzate alla sottoscrizione di preventivi accordi che quei tengono conto delle indicazioni fornite da tutti i partecipanti al lavoro delle trattative. Tuttavia con la 14ª legislatura il governo ha esplicitamente contestato e rifiutato il modello delle concertazioni ritenendo che il sistema di relazioni industriali valido per il nostro paese debba basarsi su informazioni, consultazioni ed infine contrattazione. Se la concertazione si conclude positivamente, produrrà un accordo che dovrà essere rispettato a cui seguirà la contrattazione; al contrario se non è raggiunto un'intesa i lavoratori avranno la possibilità di tornare a rivendicare i loro diritti attraverso gli strumenti riconosciuti dalla legge (esempio allo sciopero). Ultima fase in cui la contrattazione momento decisivo perché indica una serie di scelte deve essere prestato il consenso di tutte le parti sociali. La contrattazione consiste nel permettere ai lavoratori di partecipare all'adozione delle decisioni strategiche dell'impresa che realizza il coinvolgimento degli stessi in tema di investimenti di occupazione, con una richiesta di interventi decisionali. Da ultimo va evidenziato che il diritto all'informazione e alla consultazione si parla anche in riferimento ai lavoratori delle imprese di dimensioni comunitarie. Il decreto legislativo 2/4/2002 numero 74 ha recepito la direttiva CE 94 95 per l'istituzione del comitato aziendale europeo per la procedura di informazione di consultazione lavoratori delle imprese di dimensioni comunitarie. Oggi si parla anche di dialogo sociale quale necessità sentita da più parti per meglio valutare proprio col diavolo le varie problematiche che possono rispettivamente presentarsi a carico delle stesse parti sociali. Capito IV LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Dopo 10 anni dall'entrata in vigore della carta costituzionale si è continuato a discutere sull'eventuale necessità di una contrattazione collettiva erga omnes costituzionalmente prevista ma non ancora prevista. A partire dagli anni 60 un processo di relazioni industriali che, toccando temi quali l'auto regolamentazione dello sciopero (il primo accordo e del 1960 a Cornigliano) così come la struttura dei contenuti della contrattazione collettiva portava l'Italia ad assumere un posto di assoluto primato nei sistemi di democrazia industriale più avanzata proprio sui temi del sindacato e dalla contrattazione collettiva visto come elemento dialettico dello sviluppo. Si aprivano così nuove prospettive per la rilettura della libertà di organizzazione sindacale che della funzione e del ruolo della contrattazione collettiva articolata. Era così possibile verificare nei fatti l'effettiva rappresentanza e rappresentatività sindacale prescindendo da sistemi "octroyies". Tornando a specifiche considerazioni sui valori propri dell'articolo 39 è opportuno riprendere due argomenti. Il primo concerne i temi dell'ambito di applicazione e bella vincolatività del contratto collettivo. Secondo argomento concerneva la problematica del riconoscimento per il sindacato di una personalità giuridica di diritto privato necessaria per riconoscerli il ruolo di agente contrattuale esclusivo per la collettività dei lavoratori.----------------rivedi pag.114------- Per dare concreta attuazione a quanto disposto dall'articolo 36 della costituzione la legge 14/7/1959 numero 741 legge Vigorelli("norme per garantire minimi di trattamento economico e normativo dei lavoratori") stabiliva delle norme transitorie per garantire minimi trattamenti economici / retributivi dei lavoratori recependo i contenuti economici delle clausole dei contratti collettivi fino ad allora stipulati attraverso lo strumento dei decreti legislativi. Si trattava tuttavia di un regime essenziale transitorio che a seguito di una legge di proroga dell'anno successivo venne di fatto accantonato con una famosa sentenza della corte costituzionale (106 / 1962). A parere della corte una contrattazione di carattere privato poteva divenire erga omnes solo con l'applicazione dello stesso articolo 39 che prevedeva che prevede una legge atta a dare concreta attuazione nel nostro ordinamento. La contrattazione collettive è costituita dai metodi adottati ai fini della composizione dei conflitti sindacali ed elabora costantemente nuovi modelli al fine di superare i limiti di applicabilità del contratto collettivo e per creare sempre nuovi livelli che ingoblino soggetti specializzati. Inoltre stabilisce quali siano i trattamenti minimi garantiti e le condizioni di lavoro da prevedere nei contratti collettivi di categoria. Secondo quanto stabilito dal protocollo del 23 luglio 1993 nel sistema delle relazioni industriali italiani e attribuito allo strumento del contratto collettivo un ruolo centrale nel componimento delle controversie in corso. IL PROTOCOLLO DEL 23 LUGLIO 1993 il 23 luglio 1993 si firmava in Italia un importante accordo interconfederali definito protocollo tra le parti sociali ovvero sindacati, associazioni imprenditoriali e governo. I principali punti riguardavano politica dei redditi, la struttura della contrattazione, le rappresentanze sindacali sui luoghi di lavoro. Importante protocollo del 23/7/1993 ha riformato la struttura contrattuale confermando i due livelli di contrattazione (nazionale e aziendale o territoriale) con ridefinizione delle competenze tra i livelli la durata dei contratti: quattro anni per la parte normativa e due per quella retributiva. Con l'accordo del 93 trovano regolamentazione i cosiddetti di atti di raffreddamento che consistono in un preventivo raffreddamento del conflitto sindacale tre mesi prima della scadenza del contratto collettivo da rinnovare in un mese dopo dalla sua approvazione, al fine di realizzare il cosiddetto dovere di pace sindacale. LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE ED ARTICOLATA La contrattazione collettiva può articolarsi a più livelli in particolare a livello interconfederali, nazionale di categoria ed aziendale. Al primo livello si raggiungono gli accordi interconfederali (o i cosiddetti protocolli d'intesa) che partecipano le confederazioni più rappresentative dei lavoratori oltre alle associazioni delle imprese e degli industriali. A livello nazionale di categoria si producono i contratti collettivi nazionali di lavoro relative ai lavoratori iscritti i sindacati partecipanti di uno specifico settore produttivo nazionale. Infine, a livello aziendale, sono stipulati accordi relativi ai lavoratori di una determinata impresa purché siano anch'essi iscritti e sindacati firmatari dell'accordo medesimo. Il 15 luglio 1962 veniva sottoscritto l'accordo istitutivo del sistema di contrattazione articolata consistente in un'articolazione dei livelli contrattuali tramite una serie di rinvii dall'uno all'altro. In esecuzione della carta sociale europea con la legge numero 30/1999 sono state ratificate le disposizioni riferite ai criteri di negoziazione collettiva. L'articolo sei della predetta legge così recita: "per garantire l'effettivo esercizio del diritto di negoziazione collettiva, le parti s'impegnano: a favorire consultazioni paritetiche tra lavoratori datori di lavoro; a promuovere le procedure di negoziazione volontaria dei datori di lavoro e le organizzazioni datori di lavoro dal lato e le organizzazioni di lavoratori dall'altro lato per disciplinare con convenzioni collettive le condizioni di lavoro; a favorire l'istituzione e l'utilizzazione di adeguate procedure di conciliazione di arbitrato volontario per la soluzione della vertenza di lavoro; riconoscere il diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro di intraprendere azioni collettivi in caso di conflitti di interesse compreso il diritto allo sciopero fatti salvi gli obblighi eventualmente derivanti dalla convenzione collettivi in vigore. CONTRATTO COLLETTIVO: PARTE NORMATIVA E PARTE OBBLIGATORIA Il contratto collettivo si inserisce in un fenomeno più grande definito contrattazione collettiva che costituisce l'attività fondamentale attraverso la quale il sindacato tutela gli interessi dei soggetti che rappresenta in un sistema equilibrato di relazioni industriali. Esso costituisce l'accordo raggiunto liberamente con autonomia contrattuale ex articolo 1322 codice civile, tra i rappresentanti dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori sul trattamento economico e sulle condizioni di lavoro. L'attuale contratto collettivo di diritto comune assolve alla funzione normativa in quanto discipline rapporto individuale di lavoro e alla funzione obbligatoria che vincono le parti stipulante il contratto. La funzione del contratto collettivo coincide con quella normativa. Secondo la dottrina scopo principale dei contratti collettivi e la regolamentazione del rapporto di lavoro anche se bisogna tener conto che l'obiettivo altrettanto importante è quello di uniformare il trattamento economico in favore del lavoratore. I contratti collettivi di diritto comune vincono esclusivamente gli associati alle organizzazioni sindacali che le hanno stipulati (articolo 1372 codice civile) e prevedono norme di diversa natura. Nei contenuti interni si distinguono due parti: quella normativa (economica) e quello obbligatoria. La prima è così chiamata perché fissa con procedimenti particolari (recessione, adesione...) Le regole ineludibili e i contenuti dei contratti individuali applicabili nei settori a cui il contratto collettivo fa espresso riferimento e determina le clausole da applicarsi nei singoli rapporti di lavoro (esempio orario di lavoro, ferie, retribuzione). La parte normativa e quindi costituita da norme contenutistitche di natura gestionale vincolanti soltanto per le parti che hanno sottoscritto il contratto o vi aderiscono. La funzione obbligatoria è costituita da norme sull'arbitrato che riguardano la fase obbligatoria del contratto collettivo. Essa vincola le rispettive associazioni di categoria stipulati a determinate condotte. Il contratto può anche avere efficacia diversa e pertanto soggettiva (limitata, poiché, sui soggetti che aderiscono sindacato) o oggettiva (con applicabilità estensibile anche non aderente al contratto). La parte economica del contratto può essere presa in considerazione quale parametro per stabilire criteri retributivi del lavoratore nel caso in cui il datore di lavoro non si è scritto da alcuna organizzazione sindacale firmatari dei contratti collettivi. Il contratto collettivo nazionale di lavoro va interpretato secondo quanto stabilito dal codice civile agli articoli 1662 e seguenti ai quali si rinvia. CONTRATTAZIONE NEL PUBBLICO IMPIEGO A seguito della privatizzazione del pubblico impiego attuata dal decreto legislativo del 3/2/1993 numero 29 la contrattazione collettiva assunto il ruolo di fonte di regolamentazione della materia riguardante rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti e relativi rapporti sindacali. I livelli della contrattazione sono: contratto di collettivi nazionali di comparto; contratti integrativi. I contratti sono stipulati tra l'agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione (A.R.A.N.) a una personalità giuridica e per conto di lavoratori dipendenti sono ammessi i sindacati con rappresentatività del comparto inteso come ogni settore omogeneo della pubblica amministrazione non inferiore al 5% considerando la media tra il dato associativo e il dato elettorale e purché, complessivamente le organizzazioni sindacali rappresentino almeno 51% del dato associativo e del dato elettorale. L'articolo 7 D.LGS 396/1997 istituisce presso l'ARAN un comitato paritetico cui partecipano rappresentanti delle parti contrattuali. È solo il compito di verificare le deleghe i voti nonché di dirimere eventuali controversie che insorgono in merito. L'articolo 40 del D.lgs. 165/2001 si riferisce all'oggetto della contrattazione collettiva prevede che essa determina i diritti e gli obblighi pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative alle relazioni industriali. Sono costituiti comitati di settore che formulano atti di indirizzo da trasmettere all'Aran ai fini della contrattazione collettiva nazionale ed esprimere il proprio parere sul testo contrattuale in riferimento agli oneri finanziari a carico delle pubbliche amministrazioni. Il procedimento per la stipulazione del contratto collettivo all'Aran e le organizzazioni sindacali è previsto dallo D.lgs. N. 29/1993 così costituito dallo D.lgs. n. 150/2009 che recita: "1)gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale negli altri casi in cui è richiesta un'attività negoziale dall'Aran. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo stato sottoposto governo che è non oltre 10 giorni può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.2) l?ARAN informa costantemente i comitati di settore e il governo sullo svolgimento delle trattative3) raggiunta l'ipotesi di accordo, L'ARAN acquisisce il parere favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale sugli oneri finanziari diretti e indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate.............. RIVEDI PAGINA 124 l'articolo 53 del D.lgs. 29/1993 stabilisce i criteri di interpretazione dei contratti collettivi del pubblico impiego. Nel caso in cui insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi dei partiti li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa l'accordo conseguito sostituisce con effetto retroattivo la clausola contrattuale oggetto della controversia. RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI Con l'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori e del suo articolo 19 che ha costituito le rappresentanze sindacali aziendali RSA sono stati modificati i criteri direttivi i poteri di rappresentanza dei sindacati. L'articolo 19 attribuisce alle RSA diritti sindacali riconosciuti dal Titolo III della legge 20/5/1970. In particolare le R.S.A. possono essere costituiti da iniziative di lavoratori nell'ambito delle associazioni sindacali che siano firmatari dei contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. La norma richiede che tra i rappresentanti dei lavoratori all'interno dell'azienda il sindacato vi sia un legame che i rappresentanti siano investiti su iniziativa dei lavoratori. Nelle aziende con più attività produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento. RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE Si dovette attendere il 23 luglio 1993 affinché venissero introdotte nelle rappresentanze sindacali unitarie. La differenza tra R.S.A. e RSU si può rilevare sin dalle procedure per la loro rispettiva costituzione: le prime sono costituite esclusivamente da lavoratore appartenente all'associazione sindacale la seconda invece sono democraticamente elette da tutti i lavoratori operanti in azienda pur se non iscritti ad alcuna associazione sindacale. Di regola ogni tre anni i lavoratori sono chiamati ad eleggere propri rappresentanti in seno all'azienda è in numero proporzionale ai dipendenti possono dotarsi di organismi funzionali alle esigenze. Le procedure elettorali sono gestite dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e in assenza possono essere comunque organizzate da associazioni sindacali che annoverino un numero di iscritti non inferiore al 5% dei lavoratori aventi diritto al voto. Sono costituite RSU in unità produttive che vedono operanti un numero superiore a 15 dipendenti. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle R.S.A. Rivedi pagina 128 SINDACATI "COMPARATIVAMENTE RAPPRESENTATIVI" i sindacati dei lavoratori godono di 1+ ampia ed articolata strutturazione utile per l'analisi dei modelli organizzativi. I sindacati si articolano in una struttura tanto orizzontali quanto verticali. I sindacati orizzontali sono quelli che riuniscono quasi tutte le categorie di lavoratori (metalmeccanici, edili,ecc) quelli verticali invece sono organizzazioni sindacali territoriali di categoria (ad esempio il sindacato provinciale di chimici e si aggregano o in un sindacato di carattere nazionale denominato anche federazione la massima espressione di una determinata associazioni di categoria. Dalle organizzazioni sindacali che costituiscono le federazioni nazionali si passa poi alle confederazioni che sono l'unione generale di tutti gli associati. Le confederazioni maggiormente rappresentative sono (o meglio sono state) tre: la confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) la confederazione sindacati lavoratori italiani (Cisl) e l'unione italiana del lavoro (U.I.L.). Per quanto riguarda poi i criteri di maggiore rappresentatività va detto che con il referendum dell'11 giugno 1995 o parzialmente abrogato l'articolo 19 della legge numero 300/70 con conseguente mutamento delle condizioni per la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali. Nonostante l'espressione "confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale" sia stata abrogata dal referendum indetto con decreto d.p.r. del 5 aprile 1995 numero 312 il criterio del grado di rappresentatività continua ad avere una sua rilevanza in forza all'autrice previsto la stessa norma che fa riferimento ad associazioni sindacali firmatari i contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. E così valorizzata l'effettività dell'azione sindacale quale presunzione di detta maggiore rappresentatività. Oggi si individuano quindi le associazioni nazionali comparativamente più rappresentative. Una volta di lavoratore abbia diritto alla sindacato scatta nei suoi confronti un meccanismo di rappresentanza che specie per il sindacato industriale e fondato sulla contrattazione collettiva. Le esperienze che mi si avvicinano al Polo del pluralismo organizzato e partecipativo presentano forme diverse di rappresentanza degli interessi, riescono meglio a reagire alle tensioni alle difficoltà che hanno origine da i mutamenti della composizione della forza lavoro e della trasformazione del potere di mercato delle diverse categorie di lavoratori. Per quanto attiene ai criteri di rappresentanza la contrattazione è portata a premiare una rappresentanza di tipo unitario rispetto alla pluralità di gruppi. RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITÀ Rappresentanza è un istituto che regolamenta la sostituzione per il compimento di un'attività di un soggetto con un altro. Il rappresentante agisce in nome e nell'interesse rappresentato i limiti delle facoltà conferitegli di contratti che conclude producono direttamente effetti nei confronti del rappresentato (art.1388 cod.civ.) il rappresentante sindacale aziendale riceve l'incarico del suo rappresentati per far valere i diritti sindacali degli stessi lavoratori in azienda. Le rappresentanze sindacali aziendali R.S.A. possono essere così istituite ad iniziative di lavoratori nell'ambito della associazione sindacali che siano firmatari dei contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. Infatti l'art. 19 L. 300/70 richiede primo luogo che tra i rappresentanti di lavoratori all'interno delle aziende e il sindacato vi sia un legame in secondo luogo i rappresentanti siano investiti su iniziativa di lavoratori. A seguito del referendum abrogativo del 1995 l'articolo 19 è stato ridotto nel teste quindi modificato il contenuto. Oggi è possibile avere una rappresentatività effettiva poiché il sindacato, oltre a dover essere firmatari dei contratti collettivi, di avere tra i lavoratori dipendenti alcuni propri iscritti, finché all'interno dell'azienda possa costituirsi una rappresentanza aziendale. Sarà necessario il sindacato sottoscriva un contratto collettivo anche provinciale purché concreto la parte normativa in quella economica. ACCORDO INTERCONFEDERALI DEL 28 06 11 SULLA RAPPRESENTATIVITÀ E SULL'EFFICACIA DEI CONTRATTI COLLETTIVI AZIENDALI uno storico accordo è stato sottoscritto dalle parti sociali il 28 06 2011. Cisl e uil Cgil e Confindustria hanno concordemente stabiliti i criteri per la misurazione della rappresentatività per l'efficacia dei contratti collettivi aziendali in particolare per quanto concerne la misurazione della rappresentatività delle OO.SS. È stato previsto che si terrà conto del dato soggettivo e del dato elettorale il primo certificato dall'Inps in riferimento alle deleghe e ai contributi sindacali conferiti dai lavoratori e il secondo riferito ai consensi ottenuti nelle elezioni periodiche triennali delle RSU da rinnovarsi ogni tre anni. È necessario raggiungimento di una rappresentatività superiore al 5% del totale dei lavoratori di categoria per ottenere la legittimazione a negoziare. L'accordo interconfederali di giugno 2011 ha previsto i criteri di per l'efficacia dei contratti di collettivi aziendali. Nel caso in cui l'azienda non siano presenti RSU ma soltanto R.S.A. i contratti collettivi aziendali saranno efficaci soltanto se approvati dalla rappresentanze sindacali aziendali destinatari della maggioranza delle deleghe ai fini dei contributi sindacali. In quest'ultimo caso i contratti collettivi aziendali potranno essere oggetto di referendum a cui parteciperanno tutti i lavoratori. La richiesta di referendum va presentata entro 10 giorni dalla conclusione del contratto almeno da un'organizzazione sindacale firmatari dell'accordo interconfederali oppure dal 30% di lavoratori dipendenti di quell'azienda. L'estate del 2011 ha visto un'importante decisione intorno massimo livello della contrattazione collettiva, quella dell'accordo interconfederali. Con l' accordo del 28 giugno 2011, successivamente ratificato il 21 settembre, con con una successiva postula confermativa di riserva ha ricostruito un sistema ancora da affinare che sulla base di un'esperienza decennale nel settore del pubblico impiego, ha ridimensionato i confini in tema di contrattazione rappresentanza sindacale. I sindacati confederali sottoscrivendo con Confindustria un importante documento hanno privilegiato il criterio della maggiore rappresentatività per riconoscere pienamente alle forze sociali il potere di regolare la gerarchia delle fonti contrattuali di ipotizzare attraverso l'uso del referendum eventuali deroghe peggiorative. Con questo accordo le forze sindacali vengono ormai inutile storicamente e caduco ritorno alla discussione sull'articolo 39 della costituzione. Da segnalare la sempre maggiore importanza riservata alla rappresentanza unitaria (RSU) sui posti di lavoro ,diretta forma di un rinnovato sindacato unitario, nella rivendicazione della contrattazione. I DIRITTI DEI LAVORATORI DELL'ATTIVITÀ SINDACALE Attraverso le lotte del cosiddetto autunno caldo del 1968 si arrivò all'emanazione dello statuto dei lavoratori (legge 20 05 1970 numero 300: norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e sul collocamento). Le essenziali tale normativa subito definita costituzionale nel senso che è si iniziava concretamente garantire lavoratore nella sua persona e dignità a fronte dell'elemento della subordinazione che enuclea definisce il sinallagma contrattuale del rapporto di lavoro subordinato. La legge numero 300/1970 riconosce ai lavoratori subordinati una serie di diritti soggettivi e di strumenti che, contemperano nell'ambito delle attività economiche e nelle esigenze datoriali, le istanze di lavoratori e delle loro strutture sindacali......rivedi pag.141 legge Biagi ALL'ATTIVITÀ SINDACALI IN AZIENDA Diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi di svolgere attività sindacale garantito l'articolo 14 lo statuto dei lavoratori, a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro. All'articolo 25 lo statuto dei lavoratori, mentre esercizio dell'attività sindacale in azienda da parte dell'R.S.A. e dei lavoratori stessi attraverso l'esercizio del diritto di affissione. All'uopo il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre appositi spazi per consentire al R.S.A. di affiggervi pubblicazioni, testi in comunicazioni inerente materia di interesse sindacale e del lavoro. A seguito del referendum numero 195 stato demandato alla contrattazione collettiva il metodo di versamento dei contributi alla sindacato da parte dei lavoratori. GLI ATTI DISCRIMINATORI articolo 15 lo statuto dei lavoratori, così come modificato l'ultimo comma dell'articolo 13 così recita: "è nullo qualsiasi patto o atto diretto a subordinare l'occupazione del lavoratore alla condizione che aderiscono aderiscano associazione sindacale o cessi di farne parte; licenziare un lavoratore discriminarlo nell'assegnazione di qualifiche e mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari o precari altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione all'attività sindacale. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti ai figli discriminazione politica religiosa razziale di lingua o di sesso, di vendita, di età o basato sull'orientamento sessuale sulle convinzioni personali. Il successivo articolo 16, perché discriminatorie anche la concessione dei trattamenti economici in forma di maggior favore per alcuni lavoratori a danno di altri. Altro diritto è previsto l'articolo 17 dello statuto che non consentono datore di lavoro di costituire o sostenere con mezzi finanziari le associazioni sindacali dei lavoratori in modo da ottenere disponibilità o benevolenza. Trattasi di sindacati di comodo o "sindacalismo giallo" fenomeno particolarmente noto nel passato specialmente la storia di altri paesi quali quelli anglosassoni. Al fine di tutelare il lavoratore da eventuali trattamenti discriminatorie il legislatore ha emanato il D.lgs. 9/7/2003 numero 216 finalizzato a realizzare il principio di parità di trattamento fra i lavoratori. Il principio della parità di trattamento comporta che non debba essere praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta fra i lavoratori. La discriminazione diretta si verifica tutte le volte in cui religione, per convinzioni personali, per etica, per età o per orientamento sessuale, una persona trattata meno favorevolmente di quanto sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga (art.2); quella indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi apparentemente neutri possono mettere le persone che professano determinata religione o ideologia di altra natura in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone. Non costituiscono atti di discriminazione le differenze di trattamento basato sulla professione di una determinata religione o di determinate condizioni personali che siano praticate nell'ambito di enti religiosi organizzazioni pubbliche o private qualora tale religione per i comizi personali per la natura della attività professionale svolte da detti enti costituiscono requisito essenziale legittimo e giustificato (art.3). IL REFERENDUM Come risulta da un'attenta lettura dell'articolo 21 dello statuto dei lavoratori il referendum è uno strumento di partecipazione diretta spettante ai dipendenti dell'azienda indipendentemente dall'iscrizione un sindacato che deve essere indetto congiuntamente da tutte le rappresentanze sindacali aziendali. Si tratta sostanzialmente di un diritto sindacale esercitato da parte dei lavoratori rispetto al quale il datore di lavoro ha l'obbligo di consentirne lo svolgimento offrendo la sua specifica cooperazione dal senso (per esempio messa a disposizione un locale, dell'illuminazione………) Al datore di lavoro devono essere preventivamente comunicati la data dell'oggetto del referendum affinché possa adempiere ai propri obblighi. Il referendum tatticamente disciplinato può avere ad oggetto argomenti riguardanti la materia sindacale, ossia tutto ciò che attiene all'organizzazione e al funzionamento dell'auto tutela collettivo-professionale. Tale esercizio non potrà essere espletato durante l'orario di lavoro affinché non sia pregiudicato in alcun modo il normale svolgimento dell'attività aziendale. Il referendum è utilizzato sia per la discussione e la deliberazione di ipotesi di accordi collettivi prima della stipula definitiva o delle cosiddette "piattaforme rivendicative" (referendum preventivi di approvazione) sia dopo la relativa sottoscrizione definitiva (referendum successivi di approvazione). In tempi recenti pur conservando le tradizionali preoccupazioni per ogni forma. I PERMESSI SINDACALI Di articoli 23,24,30 dello statuto dei lavoratori regolano la concessione in favore dei lavoratori, rappresentanti sindacali dei relativi permessi. In realtà il termine permesso e impropriamente usato dalla legge in quanto come vedremo non era la manifestazione di consenso del datore di lavoro che produce l'effetto giuridico di esonero dalla prestazione lavorativa ma la richiesta dell'interessato, nel presupposto della sussistenza delle condizioni legale contrattuali previste per la fruizione del privilegio in discorso, all'esercizio di un diritto potestativo. Hanno diritto a i permessi retribuiti: un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nell'unità produttiva che occupano fino a 200 dipendenti; un dirigente ogni trecento o frazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale……… I permessi sindacali costituiscono oggetto di un diritto potesse tipo del dirigente sindacale dal cui esserci discende una situazione di soggezione del datore di lavoro, non essendo richiesto il consenso di questi per produrre l'effetto giuridico di esonero della prestazione lavorativa. Va rilevata una differenza che emerge dallo stesso testo degli articoli relativi permessi sindacali previste dall'articolo 30 L. 300/1970 per i dirigenti provinciali nazionali delle organizzazioni sindacali quali possono utilizzare per i permessi soltanto per la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi. L'articolo 24 prevede permessi non retribuiti in misura non inferiore a otto giorni non hanno in favore di dirigenti sindacali aziendali che partecipino a trattative sindacali o congressi dei convegni di natura sindacale. VERSO LO STATUTO DEI LAVORATORI Ministero del lavoro, della salute delle politiche sociali il 15 06 2009 ha pubblicato il libro bianco sul futuro del modello sociale intitolato: "la vita buona la società viva". Il nuovo libro contiene un riferimento interessante allo statuto dei lavori la cui linea embrionale era contenuta c'è nel libro bianco sul lavoro dell'ottobre del 2001. Tale documento del ministro dell'vuol far, elaborato dal compianto professor Marco Biagi si proponeva infatti di realizzare uno statuto dei lavori avendo ritenuto insufficiente ed in parte superato lo statuto dei lavoratori limitato solo alla tutela di lavoratori dipendenti. Nel libro di Marco Biagi la proposta dello statuto dei lavori era sentita quale esigenza di un'opera di complessivo ammodernamento dell'intera organizzazione dell'ordinamento dell'approccio regolatorio e contrappone il lavoro dipendente a quello autonomo. Tale progetto si inserisce perfettamente nella desiderio di intervenire ad una concezione di un diritto del lavoro unitario nel quale possano confluire tutte le tipologie contrattuali allo stesso tempo sviluppare un concetto di attività lavorative intese nel senso ampio tale da tutelare i diritti dei lavoratori sia autonomi che subordinati. Lo statuto dei lavori deve essere inviato nel rispetto di tre principi cardini: salute sicurezza; apprendimento continuo; equa remunerazione. Art.2094 c.c.: è prestatore di lavoro subordinato che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, restando fra lavoro intellettuale manuale alle dipendenze sotto la direzione dell'imprenditore. Art.2103 c.c.: il potere direttivo consiste nella possibilità di stabilire per tutta la durata del lavoro, le concrete modalità di esecuzione della prestazione lavorativa nell'ambito delle mansioni previste nel contratto di assunzione. Art.2106 c.c.: il potere disciplinare viene esercitato dal datore di lavoro facendo rispettare le disposizioni impartite alle regole interne attraverso l'irrogazione, in caso di trasgressione, di sanzioni, commisurate alla gravità dell'infrazione. Art.2222 c.c.: con il contratto d'opera una persona si obbliga a compiere, in cambio di un corrispettivo, un'opera un servizio, con lavoro prevalentemente proprie senza vincoli di subordinazione, nei confronti del committente. Con la legge 4/8/2000 siti numero 248 con cessione normative cosiddette "pacchetto Bersani" si è proceduto alla cosiddetta liberalizzazione delle professioni intervenendo nelle attività di concorrenza per consentire una tutela e favore dei consumatori. CAPITOLO VI IL DIRITTO DI SCIOPERO E LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE non deve sorprendere se di Vittorio nei lavori della costituzione abbia fermato dello sciopero che è stato obiettivamente nostro in Italia di tutti i popoli d'Europa uno stimolo progresso industriale la progresso economico in generale. Sembra di leggere le parole degli economisti americani Dunlop, Ford… Questa lettura della storia veniva controbilanciata da alcune considerazioni in auto parlamentare costituente l'onorevole Cingolani per il quale era necessario riflettere sull'uso del diritto allo sciopero, talvolta avventato o settario, comunque sproporzionato rispetto agli interessi in gioco. Cingolani sosteneva che lo sciopero è un'arma di guerra. Il parlamentare costituente Rodi, pur tra le file dei conservatori, ebbe a dichiarare che lo sciopero è un'arma nelle mani del lavoratore per la tutela degli interessi e della sua dignità. Bisogna partire dal 1889 anni in cui la promulgazione del codice penale Zanardelli, l'Italia arrogava reato di sciopero. Fino ad allora lo sciopero era stato punito dal codice penale sardo che prevedeva come specifico reato alle intese degli operai allo scopo di sospendere, ostacolare o far rincarare il lavoro senza ragionevole causa. In Italia l'eliminazione del reato di sciopero non costituiva una legittimazione dello stesso giacché esso, realizzando una sospensione del rapporto di lavoro o un suo rifiuto, di per sé costituiva inadempimento al contratto di locazione di opere o di lavoro. Tuttavia perché si realizzasse in Italia la fioritura e quindi lo sviluppo del principio di libertà che potesse trasformarsi in diritto pieno di sciopero, si sarebbe ancora dovuto attendere la causa è da ricercarsi nel brusco il radicale passaggio da un ordinamento liberaldemocratico ad un sistema, quello dell'ordinamento corporativo (legge 3/4/1926 n. 563) che reintrodusse con il codice penale Rocco del 1930 forme depressive. Con notevole capacità l'onorevole Tupini propose in commissione che, proposto lo sciopero, la legge ne regolamentasse le modalità di esercizio per quanto atteneva : alla procedura di programmazione; all'esperimento preventivo di tentativi di conciliazione; al mantenimento dei servizi assolutamente senza la vita collettiva. Tuttavia la preoccupazione di alcuni parlamentari costituenti è costituita dal fatto che siccome riportate, l'articolo sullo sciopero sarebbe risultato formulato in modo da costituire un pericolo gravissimo. Si giunse così alla formulazione definitiva con un rinvio di una disciplina legislativa specifica enorme soltanto all'esercizio del diritto di sciopero, dopo averne sancito in una dichiarazione solenne l'esistenza piena in una norma precettiva. ESERCIZIO DEL DIRITTO DI SCIOPERO la sciopero costituisce una forma di auto tutela dei diritti dei lavoratori. È un diritto individuale che si esercita collettivamente nell'ambito delle leggi che lo regolano (art. 40 Cost.). E se lo sciopero garantito quale diritto della nostra costituzione il mancato espletamento dell'attività lavorativa non comporta alcun inadempimento contrattuale ma consente al datore di lavoro di non retribuire quel periodo durante il quale i lavoratori si siano astenuti dall'espletamento della loro attività. I vari interventi da parte della corte costituzionale chiamata più volte a pronunciarsi sulle molteplici questioni di legittimità relative alle norme penali del codice 1930 hanno determinato notevoli novità del processo interpretativo del dettato costituzionale contenuto nell'articolo 40. Tuttavia la palese dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'articolo 502,c.p. che prevedeva un'ipotesi di reato nell'abbandono del lavoro unitamente all'estrema genericità del disposto costituzionale ha reso inevitabile l'opportuno l'opposizione di limiti all'esercizio, pur legittimo del diritto di sciopero. Le difficoltà al riguardo sono stati inizialmente superate alla luce della cosiddetta corrispettività o meglio bilanciamento dei sacrifici, principio in forza del quale la garanzia del rispetto dell'articolo 40 della costituzione trova attuazione ed insieme il limite nella condizione di necessario equilibrio tra astensione dell'attività lavorativa ed effetti negativi da questa derivanti. Tuttavia tale orientamento non ha avuto successo. Fu così che l'emanazione della legge del 20 maggio 1970 ha corroso tale orientamento in cui veramente stato sancito dalla rilevante sentenza n. 711/1980 dalla suprema corte di cassazione che volando qualunque apposizione di limiti interni al diritto di sciopero ha introdotto il suo principio del rispetto della produttività di impresa in forza del quale in ogni sciopero legittimamente organizzato occorre tutelare l'integrità del patrimonio aziendale la tutela dei diritti, individuale generali, costituzionalmente rilevanti come e più dello sciopero. Tale ultimo principio rende sanzionabile sul piano civilistico l'esercizio di uno sciopero che eventualmente si dimostri lesivo dell'interesse del datore di lavoro a proseguire l'attività lavorativa. Dubbi permangono sulle cosiddette forme tipiche di protesta, dove l'astensione dal lavoro assume caratteri di sospensioni peculiari. Parliamo dello sciopero delle mansioni, lo sciopero del rendimento, dello sciopero dello straordinario dello sciopero bianco… La dottrina ritiene che dette forme di protesta vengono impropriamente ritenuto come appartenenti alla categoria dello sciopero generale ad eccezione dello sciopero bianco. Limiti legali sono stati posti all'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali la buio originaria disciplina è stata innovata con l'introduzione dell'obbligo di rispetto delle prestazioni indispensabili, del preavviso minimo e del previo ed obbligatorio tentativo di conciliazione. È noto come frequentemente si è cercato di ovviare ai disagi provocati dai lavoratori che aderivano sciopero sostituendoli con altra forza lavoro impiegata che temporaneamente (crumiraggio). LO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI Occorre una prima spiegazione riguardo al dibattito in assemblea costituente sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Dopo la discussione si concluse che limitazioni costituzionale del diritto di sciopero nei al suo esercizio sono entrati estremamente difficile, dato che grandi problemi si ponevano persino la stessa esatta definizione di pubblici ufficiali o funzionari pubblici… In giurisprudenza in dottrina. Non è un caso che solo dopo la sentenza numero 31 del 1969, la corte costituzionale ha riconosciuto il diritto di sciopero economico a i pubblici dipendenti e che la stessa corte il 13 gennaio 1977, abbia ritenuto comunque legittimo in potere del prefetto di ordinare al personale in sciopero di riprendere il servizio per motivi di sanità e di sicurezza pubblica, nel rispetto degli articoli 2 e 32 della costituzione. D'altronde solo nel 1990, con la legge numero 146 e più di recente con la legge 11/4/2000 numero 83 sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali si sono operate le prime concrete precisazioni in tema di essenzialità di alcuni servizi pubblici. Queste leggi operano un con temperamento tra principi costituzionali pieni e coessenziali in modo da garantire nel godimento. LA COMMISSIONE DI GARANZIA La commissione di garanzia, autorità amministrativo i cui membri sono scelti tra esperti di diritto costituzionale, del lavoro delle relazioni industriali, nominati dal presidente della Repubblica su designazione del presidente della camera, è destinataria delle comunicazioni dell'accordo collettivo concluso, al fine di valutare l'idoneità della proclamazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali. Prima di esprimere la propria valutazione la commissione è tenuto a consultare le organizzazioni dei consumatori degli utenti stante la previsione dell'articolo 3 della legge 83/2000 innovativa della disciplina antecedente che prevedeva il solo parere delle parti contrattuali, per loro natura presuntivamente imparziali. La norma prevede alcuni limiti intrinseci relative alla quantificazione delle prestazioni indispensabili che devono essere contenuti in misura non inferiore al 50% delle prestazioni normalmente erogate riguardare quote di personale di almeno 1/3 rispetto a quello normalmente utilizzato. L'articolo 2-bis prevede che le misure minime diretti a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili siano previste nei codici di autoregolamentazione emanati dall'associazione o associazione di categoria. Ad essi la commissione deve dare una valutazione di adeguatezza in mancanza della quale dispone un regolamentazione provvisoria. Le amministrazione delle imprese hanno l'obbligo di comunicare agli utenti, almeno cinque giorni prima dell'inizio dello sciopero tempi e modi di erogazione dei servizi pubblici. Per quanto riguarda invece l'indicazione degli intervalli minimi decorrenti dall'uno sciopero all'altro (cosiddetto di rarefazione oggettiva) la legge dispone che siano i contratti collettivi a prevederne. Infine devono essere disciplinate espressamente dalla contrattazione anche le procedure di raffreddamento è conciliazione le quali, in pendenza del cosiddetto periodo di raffreddamento, non consentono ai sindacati di poter proclamare scioperi. LA PRECETTAZIONE Un limite all'esercizio del diritto di sciopero è costituito dall'Istituto della precettazione previsto la norma riguardante lo sciopero nei servizi pubblici essenziali e modificato dalla legge 83/2000. Qualora sussista un grave pericolo per l'utenza verrà promosso il procedimento di precettazione ad opera delle autorità competenti quale il capo del governo o un ministro delegato o anche il prefetto per gli scioperi di rilevanza regionale che inviteranno datore di lavoro i sindacati a tenere una conciliazione. In mancanza di revoca dello sciopero rispettivamente il Comune, la prefettura o il ministero del lavoro, per le singole competenze, convocheranno obbligatoriamente le parti che saranno tenuti a presentarsi. L'ordinanza di precettazione deve essere adottata entro quarantott'ore dello sciopero. È un potere fortemente vincolato in quanto subordinato si ad aspetti di carattere sostanziale che ha vincoli di carattere procedurale per quanto concerne i primi la legge espressamente stabilisce che è necessario che lo sciopero provochi il fondato pericolo di un pregiudizio grave diritti della persona costituzionalmente tutelati. I vincoli di carattere procedurale prevedono che sia la commissione a segnalare la pubblica autorità l'esistenza di tale pericolo. LA SERRATA La serata consiste in un'attività di ritorsione del datore di lavoro nell'ambito della lotta sindacale che si realizzano con la sospensione totale o parziale dell'attività lavorativa da parte dell'imprenditore. Con una serrata infatti il datore di lavoro nega l'accesso ai lavoratori una propria azienda. La serrata può distinguersi offensivo difensiva. La prima ricorre quali misure di rappresaglia del datore di lavoro alle rivendicazioni dei lavoratori di modificare in anticipo le condizioni contrattuali mentre la seconda si realizza quando, viceversa, sono i datori di lavoro che intendono opporsi alle rivendicazioni poste in atto dai propri lavoratori. REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE Con l'articolo 28 dello statuto dei lavoratori il legislatore ha introdotto un procedimento aderenti effettiva del principio di libertà sindacale e l'esercizio dei diritti dei lavoratori sancito dall'articolo 39 della costituzione che garantisce la libertà di organizzazione sindacale. Viene coinvolto un pluralità di soggetti che si organizza come gruppo associativo chiamato sindacato, perché tutela dei diritti di una determinata categoria di lavoratori. Il legislatore ha ritenuto necessario riconoscere la legittimazione attiva l'organizzazione sindacale il quale ha il diritto a un ricorso nell'interesse collettivo dei lavoratore appartenente a quella categoria che si ritiene lesa, sul piano locale, da un comportamento datoriale pubblico o privato. Viene proposta in questo modo un'azione collettiva di classe class action a tutela dei diritti sindacali lesi dalla datore di lavoro. La condotta antisindacale è attuale qualora si accerti che il comportamento illegittimo del datore di lavoro perdute nel tempo ed è atto a produrre i suoi effetti. L'articolo 28 L. n. 300/1960 espone dettagliatamente il particolare procedimento giudiziale da esperirsi per reprimere il comportamento antisindacale posta in essere dal datore di lavoro. La competenza a conoscere decidere questo tipo di controversia è del magistrato del lavoro del luogo ove ha sede l'azienda o dove si è consumata la condotta antisindacale. Le particolarità di questo procedimento sono: la specialità delle regole processuali del tutto sui generis; l'attribuzione dell'azione di un soggetto attivo, il sindacato; l'adozione di un particolare strumento sanzionatorio. Il comportamento antisindacale denunziato deve essere attuale e i suoi effetti visivi in atto di conseguenza, in sede giudiziale, la reazione del sindacato dev'essere immediata. L'articolo 28 legge N. 300/1970 individua il legittimato passivo riferendosi direttamente al comportamento datoriale che dovesse essere idoneo ad ostacolare o almeno limitare l'attività sindacale ed intenzionalmente diretto a conseguire detto scopo illecito. Secondo l'articolo 28 il procedimento dovrebbe esaurirsi in due giorni con l'emissione del decreto da parte del giudice del lavoro. Il datore di lavoro che non ottempera a quanto disposto con decreto del giudice, è punito ai sensi dell'articolo 650 c.p. con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda sino a euro 206,58 oltre alla pena accessoria della pubblicazione del decreto. RAPPORTO INDIVIDUALE DI LAVORO È possibile rinvenire nelle fonti del diritto romano ed in particolare nelle Istituziones del giurista Gaio la distinzione tra locatio operarum e locatio operis. Con la prima si realizzava la locazione di opere da parte di una persona a favore di un'altra mediante pagamento di un compenso. Pertanto il lavoratore-locatore ci obbligava fornire personalmente i servizi per i quali la sua prestazione era stata locata. La seconda, invece, pur costituendo anch'essa una locazione, si diversificavano per l'oggetto non è costituito da una prestazione di opere bensì dal risultato dell'opera pattuita è convenuta tra le parti. Soltanto nel 1865 fu prevista una normativa sul lavoro che rappresentava il primo passo verso una vera e propria disciplina unitaria del rapporto di lavoro. Infatti con il codice civile del 1865 si disciplinava l'allocazione delle opere così delineando per la prima volta in un sistema codicistico l'assunto normativo delle figure della locatio operarum (lavoro subordinato) è bella locatio operis (lavoro autonomo). La distinzione fino alla dottrina pandettistica assunto importanza al solo scopo di individuare a quale delle parti imputare i rischi derivanti dalla realizzazione dell'attività lavorativa. In conclusione nel codice del 1865 ai fini della distinzione tra lavoro autonomo lavoro subordinato, occorreva guardare la prestazione lavorativa sotto due distinti profili: quella della locatio operarum in cui si aveva riguardo alle energie lavorative erogate dal datore per un periodo predeterminato e quello della locatio operis dov'era rilevante risultato cui tali energie tendevano, con riferimento all'opera pattuita che poteva consistere tanto in una cosa materiale quanto in un servizio. LAVORO AUTONOMO-LAVORO SUBORDINATO Le obbligazioni, sia nel rapporto di lavoro subordinato che in quello autonomo, possono essere di mezzi o di risultato. Nel lavoro subordinato a cottimo è ravvisabile un'obbligazione di risultato mentre, in quello autonomo è ravvisabile un'obbligazione di mezzi o di opere. L'ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE Sì che hanno particolari rapporti di lavoro con la costituzione di cooperative di lavoro ed associazione in partecipazione. In questi rapporti associativi non sussiste una contrapposizione tra datore di lavoro e lavoratore ma vi è l'interesse comune tra tutte le parti affinché l'attività economica raggiunga buoni risultati. La differenza tra il contratto di associazione in partecipazione, che preveda la prestazione lavorativa dell'associato e il contratto di lavoro subordinato, seppur collegato agli utili dell'impresa, emerge dal fatto che nel primo caso sussiste l'obbligo del rendiconto periodico dell'associante e per l'associato l'esistenza del rischio d'impresa, nel secondo caso vi è un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell'associante di impartire istruzioni al cointeressato. VOLONTARIATO LAVORO GRATUITO La legge 11 08 1991 n. 266 disciplinano l'attività espletata organizzazioni di volontariato, demandando alle regioni e le province il compito di regolamentare i rapporti tra le organizzazioni medesime e le istituzioni, secondo i principi dettati dalla stessa legge. L'attività di volontariato in quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito tramite l'organizzazione senza fini di lucro di cui lo volontario fa parte per fini di solidarietà. LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI ALLE PROBLEMATICHE DELL’AZIENDA Art. 46. Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. CODICE DELLE PARTECIPAZIONE il codice della partecipazione voluto dal ministro del lavoro e pubblicato il 7/07/2010 si presenta come una raccolta di leggi riguardanti i modelli di partecipazione lavoratori all'impresa e teleologicamente orientata fornirà le parti sociali uno strumento atto di individuare ed eventualmente correggere o eliminare quanto impedisca la prima attuazione degli istituti partecipativi. IL CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO Il contratto di lavoro è un contratto oneroso per il quale il datore di lavoro, ricevuta la prestazione, eroga la paga pattuita, quale corrispettivo dell'attività lavorativa espletata dal lavoratore. Scambio si cristallizza nell'ordinamento nella "causa" negoziale ovvero il sino all'arma dal rapporto. Le fasi del contratto sono solitamente due: La prima è quella in cui colui che vorrebbe prestare la propria opera formalizza un'istanza diretta l'azienda privata tramite una domanda di assunzione; mentre la seconda fase l'azienda destinataria di tale istanza, se interessato, invierà al proponente lettera confermativa di assunzione. Soltanto quando l'istante avrà ricevuto tale conferma il contratto si intende ha concluso. La forma del contratto di lavoro è libera anche se esistono fattispecie mi sono richieste particolari modalità di espressione del consenso. Gli elementi essenziali del contratto sono l'accordo delle parti, la causa, oggetto della forma, quanto richiesto dalla legge. La cosa del contratto di lavoro consiste in uno scambio di una prestazione d'opera verso un corrispettivo. L'oggetto, ai sensi dell'articolo 1346 cod.civ. che deve essere lecito, possibile, determinato o determinabile, è individuato dalle mansioni da espletare e dalla retribuzione da percepire. Affinché possa validamente costituito un rapporto di lavoro è necessario che i soggetti stipulante abbiamo capito giuridica e pertanto possono essere titolari di diritti e doveri. La capacità giuridica, in generale, si acquista ex lege dalla nascita: nel campo del lavoro è previsto per l'acquisto di tale capacità a prendere di mettere il 15º anno di età, in alcuni casi 16º con il requisito dell'adempimento dell'obbligo scolastico. Per i rapporti di lavoro il legislatore ha previsto un'opportuna coincidenza tra capacità giuridica incapacità di reagire che si acquista il verbo a compimento della maggiore età. I VIZI DELLA VOLONTÀ NEL CONTRATTO nell'ambito della formazione dell'accordo tra le parti, nel momento dell'incontro tra domanda ed accettazione, la volontà dei contraenti potrebbe risultare inficiata da vizi. Il codice civile tipizzare discipline vizi del consenso del contratto agli articoli 1427-1440. Nel contratto di lavoro l'errore di fatto deve essere essenziale e riconoscibile dall'altro contraente. Di contro l'errore di diritto consente invece l'annullamento del contratto quando sia riferito motivo unico principale del rapporto stesso, purché riconoscibile dall'altra parte. L'articolo 1427 cod.civ. dispone che "il contraente, il cui consenso fu dato per l'errore, estorto con violenza o carpito con dolo può chiedere l'annullamento del contratto". IL PERIODO DI PROVA È LA FORMA SCRITTA all'inizio del rapporto di lavoro è possibile prevedere un periodo di prova al superamento le parti decidono di non subordinare l'eventuale prosecuzione del rapporto instaurato. Ai sensi dell'articolo 2096 cod.civ. l'assunzione del prestatore di lavoro con un periodo di prova deve risultare da atto scritto e precedere o al più, risultare contestuale alla stipulazione del contratto. Tale forma scritta richiesta ad substantiam , anche se la giurisprudenza più risalente a parlato di prova scritta ad probationem per cui il rapporto di lavoro si intenderà a tempo indeterminato essendo la nullità assoluta del patto di prova. L'atto da cui si origina il rapporto di lavoro può senz'altro essere assimilato contratto sottoposto ad una condizione sospensiva potestativa. DALLO COLLOCAMENTO PUBBLICO ALLE AGENZIE PRIVATE PER IL LAVORO il d.lgs. 10 09 2003 numero 176 ha abrogato la vetusta legge sul collocamento del 29/4/1949 n.264 che aveva già molto tempo dimostrato tutti i suoi limiti. La funzione di mera mediazione nel collocamento la manodopera, svolta dai decreti del 1928/29 N progressivamente trasformandosi in un vero proprio collocamento obbligatorio, soprattutto attraverso la richiesta numerica esclusiva, da parte dei datori per l'assunzione dei lavoratori affermatasi durante il regime fascista. Una richiesta numerica i vettori stessi potranno solo indicare agli organi di collocamento in onore di prestatori necessari, poi mi concretamente individuati sulla scorta di liste compilate. Dopo questa deliberazione, progressivamente, si riprese ad attribuire ai sindacati un compito di controllo di gestione del collocamento. La svolta in favore dell'adesione sindacale dell'collocamento viene realizzata in una riunione del comitato corporativo centrale, tenutasi nel dicembre del 1937. Nella deliberazione, infatti viene dichiarata la natura tipicamente sindacale della funzione dell'collocamento. Sulla scia di tale orientamento l'anno seguente legislatore, con regio decreto legislativo 21/12/1938 numero 1934 intervenne riordinare l'intera materia dell'collocamento a cui si riconobbe la funzione pubblica nell'interesse della produzione Nazionale dello Stato. Come dopo la prima guerra mondiale la fine del secondo devastante conflitto il paese dovette affrontare il problema di una nuova mediazione tra domanda di lavoro, esigo da parte degli industriali, ed offerta cospicua di lavoro da parte di giovani che s'combattenti meno giovani che avevano perso il lavoro per gli effetti della guerra. Il 29 04 1949 venne promulgata la legge n. 264 per i provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati. Siamo così giunti alla definizione dell'attuale sistema di regolamentazione dello scambio tra domanda e offerta di lavoro di cui all'articolo 9-bis della legge 608/1196 che stabilisce che le assunzioni di lavoratori possono essere effettuati direttamente mediante comunicazione di assunzione diretta lavoratore ed indipendentemente dalla tipologia del rapporto di lavoro instaurato, mentre unico obbligo che permane quello dell'iscrizione lavoratori nelle liste di collocamento. Contestualmente all'assunzione incombe sul datore di lavoro l'obbligo di registrare il nominativo del prestatore nel proprio libro matricola, consegnandone attestazione sottoscritta contenente i dati registrati. La modalità di assunzione prevista dalla legge numero 608/1996 è stata di recente riformata dalla d.lgs. 19/12/2002 numero 297 che ha conferito maggiore organicità alla mediazione tra domanda e offerta di lavoro. Come traspare chiaramente dalla norma una grande novità consistono possibilità per il datore di lavoro, privato o pubblico, di assumere direttamente lavoratori mediante qualsiasi tipologia contrattuale anche diverse del rapporto a tempo indeterminato. Altra importante novità di riforma si inoltre realizzata con il D. P. R. 7 07 2000 N. 442 che ha introdotto l'elenco anagrafico informativo, nonché le schede professionali, sostitutive del vecchio libretto di lavoro abrogato con tutto il vecchio impianto normativo. Con il nuovo sistema di assunzione diretta l'unico onere in capo al datore di lavoro ha l'obbligo di comunicazione dell'avvenuta assunzione uffici pubblici di collocamento di tutte le successive variazioni del rapporto di lavoro instaurato. Oggi a seguito della delega dell'11 02 2003 il collocamento si presenta sostanzialmente libero svincolato dai vincoli della legge 264/1949 ai fini dell'assunzione di personale dipendente dell'azienda. L'articolo quattro d.lgs. 276/03 ha istituito le agenzie per il lavoro, operatori abilitati con autorizzazione rilasciata dal ministero del lavoro e della iscritti in appositi albi informatici ai fini dello svolgimento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e di supporto alla ricollocazione professionale. L'agenzia per il lavoro, costituirsi in forma di società di capitali, deve essere interconnessa alla Borsa Continua Nazionale del Lavoro, per avere una sede legale con una dipendenza del territorio statale e personale privo di condanne penali. LIMITI ALLA LIBERTÀ CONTRATTUALE: COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO DISABILI La legge N. 482 del 2/4/1968 prevedeva forme di assunzione per le categorie protette (gli inabili, i disabili gli orfani di guerra ecc) tramite il cosiddetto collocamento obbligatorio. Con la legge N. 68/1999 il vetusto sistema di collocamento obbligatorio delle categorie protette è stato rivisitato il aggiornato con norme per il diritto al lavoro di disabili. Questa legge ha consentito l'assunzione per chiamata diretta numerica in modo da creare una collaborazione tra il datore di lavoro e l'ufficio competente ad avviare gli invalidi. L'attuale normativa impone ai datori di lavoro che occupano un numero superiore a 15 dipendenti l'assunzione obbligatoria di disabili e la loro formazione durante il rapporto di lavoro. La legge 68/1999 prevede all'articolo 1 che i soggetti beneficiari di tale assunzione siano coloro i quali anni un'invalidità appare superiore al 45% e gli invalidi per ragioni di lavoro con un'invalidità a partire dal 33%. RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO L’art.2103: "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o quella corrispondente alla categoria superiore a successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolta, senza alcuna diminuzione della retribuzione". Le categoria, che possono essere legale contrattuali, raggruppano i vari profili professionali rappresentando dunque il sistema di classificazione. Circa le categorie legali, l'articolo 1095 del codice civile individua quattro, in relazione, l'attività di lavoro sta: dirigenti, quadri (svolgono funzioni con un carattere continuativo di prima importanza ai fini dello sviluppo e dell'attuazione degli obiettivi dell'impresa, esercitando il compito di raccordo collegamento tra due categorie naturalmente portata conflitti, la categoria dirigenziale quella operaia) impiegati, operai. Le categorie contrattuali, introdotto dalla contrattazione collettiva, si aggiungono quelle di tipo legale si distinguono in: funzionari, intermedi. I funzionari sono particolari categorie di impiegati, previsti nel settore bancario e assicurativo, che esplicano la propria attività con funzioni direttive. Gli intermedi rappresentano una categoria costituente un tertium genus tra gli impiegati e gli operai si colloca al grado superiore a questa categoria essendo preposti come capi operai. INQUADRAMENTO UNICO DEL LAVORATORE DIPENDENTE inquadramento consiste nella classificazione professionale del lavoratore subordinato all'interno dell'organizzazione aziendale ai fini del relativo trattamento economico e normativo e del raggruppamento per due categorie di cui all'articolo 2095 cod.civ. la contrattazione degli ultimi decenni ha assegnato ai lavoratori un livello di professionalità ordinato in un'unica scala numerica superando la stessa distinzione tra impiegati e operai che con la contrattazione è stata sostiruita da una scala di classificazione unica, realizzando un ridotto numero di livelli. Il raggruppamento delle mansioni attribuite rileva ai fini retributivi. L'ORARIO DI LAVORO normativamente la disciplina che regola i limiti massimi durata dell'orario di lavoro ha subito una notevole evoluzione. Infatti mentre originariamente il R.D.L. 15 03 1923 n. 692 prevedeva 8 giornaliere e 48 settimanali quale limite massimo, l'articolo 13 della legge 24 gelosie 1997 numero 196 ha ridotto tale limite settimanale a 40 ore. Il legislatore, programmi limite della quarantott'ore, si è limitato stabilire la durata massima settimanale e non già quella giornaliera, demandando alla contrattazione collettiva la facoltà di stabilire una data minore dell'orario lavorativo ordinario settimanale. Per lavoro straordinario, ai sensi dell'articolo 1 comma 2 d.lgs. 66/2003 si intende il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro come definito all'articolo 3 e cioè quello che eccede le 40 ore settimanali. FERIE, FESTIVITÀ, RIPOSI E POSE la disciplina delle ferie di lavoratori è fondata su due principi inderogabili: la irrinunciabilità e la continuità del periodo feriale. La costituzione infatti all'articolo 36 di comma tre dispone espressamente che "il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi". Il prestatore ha diritto di 11 ore di riposo consecutivo ogni ventiquattr'ore ad eccezione dei casi di reperibilità. Qualora il lavoro giornaliero superi le 6 ore consecutive sarà obbligatorio concedere delle pause ex.art.8 d.lgs. 66/2003 × 1 breve periodo allo scopo di tutelare le esigenze psicofisiche del lavoratore. L'articolo 9 d.lgs. 66/2003 stabilisce che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni ad un ulteriore periodo di riposo di almeno 24 ore. PARITÀ DEI DIRITTI PER I LAVORATORI per riequilibrare l'eventuale eccesso di femminismo nella lettura di questo primo comma costituzionale con sentenza 11 07 1991 numero 341 ha modificato in parte l'articolo 7della legge 903 del 1977 sulla parità dei sessi nel mondo del lavoro. Art. 37.La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. Con la convenzione dell'Oil del 29/6/1951 numero 100 si era avuta una prima consacrazione sul piano sostanziale dell'effettiva uguaglianza retributiva. Nel 1975 venne scelto come anno internazionale della donna. Dopo quattro anni la convenzione dell'Onu atto un drastico cambiamento per ciò che riguarda la condizione inferiore della donna prevedendo espressamente un diverso modo del lavoro nei sistemi legislativi più avanzati. L'articolo 119 del trattato di Roma (divenuto articolo 141 del successivo trattato di Amsterdam) sancì principio della pari retribuzione in uno spazio più ampio, non concernendo più solo lo Stato italiano, ma trovando ampia attuazione all'interno dell'unione europea. Tutta la materia trovato infine una sistematica definizione nel testo unico sulla tutela e sostegno della paternità maternità ( d.lgs. 26 3 2001 numero 151 oggi integrate modificato dal decreto legislativo 18/07/2011 n. 119) nel quale si precisa l'effettiva parità uomo donna ed equa attribuzione paritetica del ruolo genitoriale e di ogni garanzia, tutte le protezioni legislative contrattuale, per il lavoro e la carriera. I CONGEDI PARENTALI il rapporto di lavoro si sospende anche in caso di congedo per maternità o per paternità. Il D.lgs. n. 151/2001 distingue tra astensione obbligatoria estensione facoltativa per maternità. Segnatamente nei due mesi precedenti la data presunta del parto e le tre mesi successivi al parto diritto assoluto di adibire al lavoro delle donne in maternità. Durante tale periodo al lavoratore riconosciuta un'indennità pari all'80% della retribuzione. Lo stesso testo unico prevede poi che nei primi otto anni di vita del bambino, ciascun genitore abbia diritto ad una estensione facoltativa dal lavoro per un periodo che non ecceda, salvo casi eccezionali, il limite di 10 mesi. Il periodo in cui il genitore usufruisce di tale concilio parentale, ha diritto ad un'indennità pari al 30% della retribuzione per un periodo complessivo massimo di sei mesi fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. Prima con la legge dell’8/03/2000 n. 53 e successivamente con il D.lgs 151/2001 si è proceduto alla stessa ora del lavoratore padre di una restituzione sostanzialmente già previste soltanto in favore della lavoratrice madre, meglio regolarizzando i congedi di genitori. Va poi chiarito che fuori dalle ipotesi di estensione assoluta dal lavoro, durante la gestazione ogni sette mesi successivi al parto, la lavoratrice non può essere adibita a lavori faticosi, pericolosi insalubri in quest'ottica dev'essere destinata a svolgere diverse mansioni eventualmente inferiori purché con uguale retribuzione. Per sottolineare la parità di trattamento di genitori va detto che lo stesso testo unico riconosce al padre lavoratori congedi paternità, ovvero il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo di tre mesi dalla nascita del figlio nei casi di infermità grave morte della madre, abbandono del figlio da parte di quest'ultimo nel caso in cui il padre si era il solo affidatario del bambino. IL PATTO DI NON CONCORRENZA prescindere dall'obbligo di fedeltà di qui l'articolo 2105 cod.civ. il datore di lavoro o pattuita espressamente con il prestatore di lavoro un obbligo di non concorrenza. All'uopo l'articolo 2125 codice civile prevede la possibilità di sottoscrivere un patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività della prestatore di lavoro per il tempo successivo alla cessazione del contratto, al fine di evitare danni all'azienda. In tal caso non puoi sottoscritto viene stabilito un vincolo, contenuta entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo, col quale si vieta lo svolgimento di attività della prestatore di lavoro dopo la cessazione del rapporto per un periodo non superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti e a tre anni per gli altri lavoratori dipendenti. Sempre a pena di nullità del patto di non concorrenza deve essere previsto un adeguato corrispettivo in denaro in favore del lavoratore. In sostituzione del libro matricola libro paga è stato istituito il libro unico del lavoro che dovrà obbligatoriamente essere tenuto ciascun datore di lavoro di contenere i nominativi di tutti i lavoratori, con i loro dati personali e quelli strettamente connesse all'attività lavorativa. LA PRIVATIZZAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO nell'impostazione tradizionale affermatasi per circa un secolo, definito da d'Antona il cosiddetto secolo breve del pubblico impiego, lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione caratterizzato dei seguenti elementi: posizione di supremazia del datore di lavoro pubblico rispetto al lavoratore; discipline regolamentazione dello stesso affidato esclusivamente fonti pubblicistiche e ad unilateralmente impostate dalla pubblica amministrazione, con conseguente devoluzione di tutte le controversie. Tale orientamento si basava sulla convinzione che il dipendente, dovendo contribuire con la sua opera di taluni interessi di tipo pubblico, subiva in realtà una sorta di immedesimazione organica, diventando egli stesso un elemento dell'organizzazione pubblica amministrazione. Il successivo lavoro della dottrina è stato quello di introdurre una rilettura dell'articolo 97 della costituzione che smentisse la riserva pubblicistica di cui innanzi, cercando di ridefinire l'interesse della collettività anche attraverso la diversa forma di organizzazione delle risorse umane, dell'amore del rapporto con i dipendenti senza la prevaricazione della pubblica amministrazione. Il primo passo di tale processo cosiddetta di contrattazione ovvero di privatizzazione del pubblico impiego è stato quello di introdurre anche in tale tipo di rapporto pari o privato, lo strumento contrattuale, sia individuale e collettivo o la fonte regolatrice dello stesso. Ci si lamentano scioperi passare apposizione ancora maggiormente privatistiche dettata dall'esigenza di porre un adeguato rimedio alle conseguenze di una gestione dell'intero settore pubblico. A tale scopo fu emanato il primo di tanti decreti legislativi: il n. 29 del 3/02/1993 sulla razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina materia di pubblico impiego con cui si dava un'ampia delega al governo per completare l'integrazione tra disciplina del rapporto di lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa. Il d.lgs. 30 marzo 2001 numero 165 rappresenta il testo normativo di riferimento per la disciplina dei pubblici uffici del lavoro nelle pubbliche amministrazioni; tuttavia su alcune sue parti si è intervenuti successivamente mediante la legge delega 4 marzo 2009 numero 15 e il d.lgs. attuativo 27 ottobre 2009 n. 150 (riforma Brunetta). L'esigenza di tali ulteriori interventi è stata avvertita per soddisfare l'interesse al miglioramento del grado di economicità, efficienza, efficacia produttività trasparenza dell'azione amministrativa di contrastare il fenomeno dell'assenteismo con la conseguente valorizzazione del merito. Articolo 35 d.lgs. 165/2001 ha affermato che l'assunzione di amministrazione viene con contratto individuale, che diventa quindi la fonte disciplinante in un rapporto di lavoro in sostituzione del vecchiotto di nomina. Esso regola le condizioni di svolgimento della prestazione specifica che rapporto di lavoro è regolato dalla disciplina del contratto collettivo di gente. Sotto il primo profilo di innovazione risiede nell'essere ora il rapporto individuale costituito non più con un atto amministrativo bensì in forza di un vero proprio contratto individuale di lavoro. Potremmo agevolmente assumere gli esiti di questo particolare fenomeno che ha così delineato i profili del lavoro nella pubblica amministrazione innanzitutto attraverso di riferimento alle norme cardini in materia di pubblico impiego privatizzato, considerando l'attuale, l'ultima collocazione, nella cornice normativa del D.lgs. 165/2001, cosiddetto testo unico del pubblico impiego. L'attuale articolo due comma 2 e 3 del decreto legislativo fissa il principio della decontrattualizzazione di rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, inteso come possibilità per la contrattazione collettiva di derogare ad eventuali disposizioni di legge solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge. Discorso diverso per quanto concerne i rapporti individuali di lavoro che vengono regolati dal contratto individuale. Secondo la nuova normativa il rapporto di lavoro è regolamentato dal codice civile in particolare dall'articolo 2104 (sulla diligenza richiesta all'lavoratore nell’esecuzione bella sua prestazione e sull'obbligo di obbedienza) dell'articolo 2105 (sull'obbligo di fedeltà) nonché da quello che dal datore di lavoro possibilità di infliggere sanzioni disciplinari articolo 2106. Si può quindi ritenere che le responsabilità dei pubblici dipendenti siano di diversa natura e pertanto: civile quando la condotta del dipendente di un danno patrimoniale ad un terzo; amministrativa quando l'inosservanza doloso compose gli obblighi di servizio provoca un danno patrimoniale alla pubblica amministrazione penale quando la condotta del dipendente e inquadrabile in ipotesi di reato contabile in riferimento che gestisce in maniera errata cosi ho valori della pubblica amministrazione. IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE NEL P.I. Vittima del sistema sanzionatorio disciplinare si inserisce nell'alveo della materia che hanno formato oggetto della cosiddetta riforma Brunetta. Si rilevano non trascurabile novità in relazione al ruolo del dirigente in tema di semplificazione dei tempi del procedimento, di regime inquinatore, di rapporto tra procedimento disciplinare procedimento penale, di definizione della tipologia di infrazioni comportanti l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento di configurazione di alcuni inadempimenti come reati o illeciti erariali. In ogni caso le controversie relative a procedimenti alle sanzioni disciplinari restano devolute al giudice ordinario. L'articolo 68 d.lgs.150/2009 prevede che ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche si applichi l'articolo 2106 c.c., norma che costituisce l'affondamento del potere disciplinare e quindi della facoltà del datore di lavoro di irrogare sanzioni all'lavoratore che venga meno ai suoi doveri contrattuali. Altro rilevante norma è quella contenuta nell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori che ha sancito il principio della necessaria predeterminazione delle norme disciplinari relativa alla sanzione alle infrazioni; della pubblicità di tale codice di norme, cosiddetto codice disciplinare; della breve contestazione dell'addebito; della possibilità del lavoratore di farsi assistere e della non applicazione di sanzioni che comportino mutamenti definiti del rapporto. Per quanto concerne il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale per aspetto interessato dalla riforma si rilevano che si prevedono dei regimi diversi in relazione alla minore maggiore gravità dell'infrazione. La sospensione cautelare del pubblico dipendente può essere adottata a prescindere dall'avvio del procedimento disciplinare o lo stesso lavoratore sia sottoposto al giudizio penale per gravi reati e comunque obbligatoriamente nel caso in cui il predetto venga colpito da misura restrittiva della libertà personale. Trattasi di un provvedimento amministrativo provvisorio di carattere conservativo con effetto immediato. La sospensione cautelare è un istituto privo di connotazioni sanzionatorie che mira ad allontanare l'impiegato dal servizio quando la gravità dei fatti a lui ascritta in sede penale o disciplinare lo richieda, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare in relazione alla possibile pregiudizio che la sua presenza potrebbe arrecare alla regolare funzionamento dell'ufficio al prestigio dell'amministrazione. Quindi la sospensione natura obbligatoria quando nei confronti del dipendente sia stata adottata, codice penale, la misura cautelare coercitiva o interdittiva comportanti impossibilità di rendere la prestazione lavorativa. Viceversa il provvedimento natura facoltativa e discrezionale e come tale non richiede altro per la sua applicazione se non una motivazione che dia contro delle ragioni di pubblico interesse che ne sorreggono l'attuazione. IL DIRIGENTE PUBBLICO E LO SPOILS SYSTEM Il processo di privatizzazione del lavoro pubblico interessato anche il profilo concernente la diligenza. Il legislatore ha fortemente voluto operare una netta separazione tra i poteri di indirizzo politico amministrativo, riservate al governo, i poteri di organizzazione gestione uffici di rapporti di lavoro che aspettano la diligenza. In tale contesto va segnalato che il dibattito circa la natura fiduciaria o meno della dirigenza pubblica e all'applicazione meno dello spoil system è molto aspro. Trattasi del meccanismo di cessazione automatica degli incarichi dirigenziali e 18 discrezionale del dirigente da parte dei vertici politici, teso a garantire un costante rapporto fiduciario tra le due classi. OBBLIGHI E POTERI DEL DATORE DI LAVORO LA SICUREZZA E LA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO I poteri del datore di lavoro con i quali la sua posizione di supremazia si esplica, hanno natura di poteri giuridici in senso stretto necessità di direttamente dal datore di lavoro a tutela di interessi imprenditoriali. I poteri del datore di lavoro sono strettamente connessi tra loro ed esercitabili soltanto se previsti dalla legge. Trattasi con i nipotini giuridici in senso stretto che devono espletarsi nelle forme dei limiti previsti dalla normativa in contrattazione vigente. La legge 20 maggio 1970 numero 300, più nota come statuto dei lavoratori, ha inteso tutelare i diritti del lavoratore ponendo dei limiti ben definiti e poteri del datore di lavoro. La dottrina suddiviso i limiti (legali), posti all'esercizio discrezionale di poteri datoriali, in due categorie: da una parte dei limiti interni, cioè la tutela aziendale, dall'altra i limiti esterni. Sono interni quelli posti al datore di lavoro al fine di realizzare gli stessi interessi per cui il legislatore conferisce i poteri datoriali; sono invece esterni quelli posti dal datore di lavoro al fine di consentire la salvaguardia di interessi diversi di natura costituzionale. Lo statuto per la tutela della libertà e la dignità dei lavoratori limitato la facoltà di imprenditori di controllare dipendenti durante lo svolgimento dell'attività lavorativa con interventi specifici delle guardie giurate (articolo 2 terzo comma) con impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori (articolo 4). Accanto a questi limiti assumono particolare rilievo quelli relativi agli accertamenti sanitari: al riguardo l'articolo 5 dello statuto sancisce il divieto di accertamenti eseguiti direttamente o datore di lavoro sulla idoneità al lavoro e/o sull'infermità per malattia l'infortunio del dipendente. Il datore di lavoro può richiedere che gli accertamenti sanitari siano svolte da strutture pubbliche o dal medico competente. Il datore di lavoro ha il diritto di verificare anche in modo diverso dalle accertamenti sanitari, circostanze che dimostrino l'insussistenza della malattia in modo che il comportamento del lavoratore possa essere valutato sotto il profilo disciplinare. Il con temperamento tra l'interesse la tutela del patrimonio aziendale quella della vita e la libertà del lavoratore, trova una risposta nell'articolo cita lo statuto che stabilisce il divieto delle visite personali di controllo sui lavoratori: "…… Purché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti". L'obiettivo della tutela della riservatezza del lavoratore, viene raggiunta attraverso l'articolo 8 dello statuto che fa espresso divieto di indagini sulle opinioni politiche, riduce sindacali del lavoratore nonché e più in generale su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attività professionale. IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE di lavoratore subordinato e sottoposto sia al parere direttivo di cui l'articolo 2086 del C.C. che a quello disciplinare del proprio datore di lavoro. Quest'ultimo potere discende dal primo essendo funzionalmente attribuito all'imprenditore quale capo dell'impresa. In forza di esso il datore di lavoro deve emanare un regolamento o codice aziendale, gli obblighi di servizio ed ogni altra disposizione necessari al corretto funzionamento della propria azienda. Lavoratore dipendente è tenuto ad essere diligente e finire nell'espletamento delle sue mansioni. Il potere disciplinare deve essere esercitato secondo i principi di correttezza di buona fede, soprattutto per evitare che si ingenerino nel lavoratore, soggetto procedimento disciplinare, condizioni equivoche che si possono impedire l'espletamento corretto delle proprie difese. Perché se di procedimento disciplinare è necessario che il lavoratore sia stato preventivamente edotto dalla sussistenza di un regolamento interno da rispettare e dalle relative sanzioni in caso di inadempienza. Il datore di lavoro nel corso del procedimento disciplinare, può cautelativamente sospendere i lavoratori dello svolgimento attività lavorativa per evitare che lo stesso possa impedire o condizionare l'accertamento di fatti l'acquisizione degli elementi di prova. La sospensione cautelare non è la sanzione disciplinare ma una decisione provvisoria che consentono datore di lavoro di poter espletare attività istruttorie del procedimento avviato con maggiore serenità. Le sanzioni sono rimprovero verbale, munizioni scritta, diffida, mutano da quantificare con detrazione dalla retribuzione oraria, sospensione licenziamento disciplinare da adottarsi in casi estremi. IL MOBBING differenza di altri paesi europei con la Svezia Norvegia Francia e Germania nei quali il mobile è stato da tempo regolamentato, in Italia non esiste una normativa specifica che disciplini il fenomeno ancora carente la sua identificazione. Poi di individuare nel nostro ordinamento riferimenti di natura normativa a cui ricondurre la fattispecie del mobbing occorre richiamare in primis l'articolo 2087 c.c. attuativo del principio generale tutela della salute nonché l'articolo 32 della costituzione afferente il diritto alla salute conseguente danno biologico nonché gli articoli 2 e 3 e articolo di 35 della costituzione disciplinanti la tutela del lavoro in tutte le sue forme. IL DOVERE GENERALE DI SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO conformemente all'articolo 32 della costituzione, che del generale tutela la salute come diritto del singolo, articolo 2087 c.c. dispone che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure che l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoro. Nella successiva elaborazione giurisprudenziale il diritto costituzionale alla salute ha assunto progressivamente un significato più ampio della mera garanzia dell'incolumità fisica, configurandosi come diritto ad un ambiente di lavoro. Le disposizioni comunitarie in particolare recepite dal d.lgs. 626/1994 avevano definito un sistema generale di prevenzione e sicurezza, che assegnava per la prima volta un ruolo attivo ai lavoratori e ne stabilire il diritto all'informazione e consultazione. IL TESTO UNICO SULLA SICUREZZA DEL LAVORO il 15 maggio 2008 entrato in vigore il d.lgs. 81 del 9 aprile 2008 attuativo dell'articolo uno della legge delega 123/2007 meglio conosciuto come testo unico in materia di salute sicurezza nei luoghi di lavoro, composto da ben 300 di articoli 51 allegati che ha abrogato diverse disposizioni legislative tra le quali il d.lgs. 626/1994. Le parole chiave del nuovo testo unico possono essere sinteticamente individuato in: riordino, innovazione, coordinamento, semplificazione, per il perseguimento di una maggiore prevenzione, di controlli più efficaci e di una più incisiva diffusione della cultura della sicurezza. Tra le novità più rilevanti il sensibile ampliamento del campo di applicazione soggettivo della normativa estesa a tutti i settori di attività e da tutti i lavoratori delle lavoratrici, anche immigrati, indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il datore di lavoro con il committente non solo ai rapporti di lavoro subordinato ma anche quelli di lavoro flessibili ed autonomo. L'elemento determinante che caratterizza il testo unico nella semplificazione intesa come ricerca di misura, per le più piccole medie imprese, idonee garantire la sicurezza in azienda non più intesa semplicemente come obbligo da adempiere ma come parte integrante della gestione aziendale obiettivo da perseguire realizzare. Tra i punti innovativi figurano le previsioni riguardanti la riformulazione razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio penale amministrativo che ha mantenuto l'applicazione delle sanzioni penali nell'ipotesi in cui rilevi un rischio sostanziale per la salute della sicurezza dei lavoratori ed introdotto sanzioni amministrative per le violazioni di natura puramente formale. I principali destinatari della disciplina sono i lavoratori che secondo la definizione di cui all'articolo 2 lettera a) d.lgs. 81/2008 sono da identificarsi come quei soggetti che indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, una che una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Principio di effettività: al fine della corretta individuazione tra dirigente e preposto(caposquadra o caporeparto), onde stabilire il soggetto destinatario degli obblighi e delle responsabilità in materia di salute sicurezza, sarà quindi sempre necessario qualificare tali soggetti tenendo conto delle attività delle mansioni in concreto svolte dagli stessi. Il preposto sarà responsabile per tutto quanto si presenti come strettamente collegato all'esecuzione delle singole prestazioni lavorative e le tenuto a sorvegliare, rispondendo verosimilmente anche per culpa in vigilando. RESPONSABILE DEL SERVIZIO PREVENZIONE E PROTEZIONE per servizio di prevenzione e protezione S.P.P. S'intende l'insieme delle persone, sistemi e mezzi interni ed esterni all'azienda, che concorrono attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali dei lavoratori. Compito principale del S.P.P. È l'individuazione a valutazioni di fattori di rischio. Il testo unico all'articolo 2 lettera g) fornisce anche la definizione di addetto al servizio di prevenzione protezione identificando il soggetto che fa parte del servizio di prevenzione protezione risulta essere in possesso delle capacità i requisiti professionali specificamente indicati nell'articolo 32 del medesimo decreto. La responsabilità del rappresentante del S.P.P. L'essere valutata da un magistrato del lavoro in base alle circostanze che hanno condotto l'infortunio. Verosimilmente vi dovrà rispondere dell'evento quale corresponsabile con il datore, non abbia mancato di individuare un pericolo poi manifestatosi di indicare al datore di misure da adottare per scongiurarlo. E RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA TERRITORIALE DI SITO PRODUTTIVO articolo 47 del D.lgs. 81/2008 prevede in tutte le aziende o unità produttive l'elezione o la designazione, dalla rappresentante dei lavoratori per la sicurezza R.L.S. la cui istituzione dovrà avvenire a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo. Secondo il disposto di cui all'articolo 2 lettera i) RRLS si intende la persona eletto designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute della sicurezza durante il lavoro. Nelle aziende unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori rappresentante dei lavoratori è eletto designata direttamente dai lavoratori stessi al loro interno mentre in quelle con più di 15 lavoratori tale elezione designazione avverrà nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda R.S.A. ove presenti o tra gli stessi lavoratori. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale esercita nelle aziende o unità produttive del territorio del comparto di competenza, nelle quali non sia stato eletto o designato i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, le funzioni a queste spettanti. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo è stata creata proprio per far fronte alle particolari necessità di taluni difficili realtà portuali quali Napoli e Genova. Essa agisce in quelli specifici contesti caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri quali per l'appunto porti, centri intermodali di trasporto, impianti siderurgici, cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, contesti produttivi con complesse problematiche legate all'interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti superiore a 500 mediante operanti nell'aria. RESPONSABILITÀ, VIGILANZA SANZIONI La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, prima di competenza esclusiva degli ispettorati del lavoro, viene affidata secondo il disposto di cui all'articolo 13 d.lgs. 81/2008, alle aziende sanitarie locali competenti per territorio, al corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore minerario all'ministero dello sviluppo economico per l'industria estrattiva di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano. In caso di accertati illeciti di natura penale il compito di vigilanza è affidato ad ufficiali di polizia giudiziaria. Sistema sanzionatorio prevede una serie di sanzioni di carattere penale, civile amministrativo che costituiscono uno dei capitoli più tormentati del diritto penale del lavoro. Ad opera dello correttivo numero 106/2001 è stato introdotto l'istituto della disposizione che consiste in un'indicazione impartita dagli organi di vigilanza in materia di salute sicurezza per l'applicazione delle norme tecniche delle buone prassi nei casi in cui le stesse sono state volontariamente adottato datore di lavoro espressamente richiamati si indispettiva né si è riscontrata la non corretta adozione, sempre che il fatto non costituisca reato. Una ulteriore misura finalizzata a far cessare il pericolo per la tutela della salute la sicurezza dei lavoratori, tipo cautelare a carattere sanzionatorio, è la sospensione o dell'attività imprenditoriale in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalla rivelazioni quando venga riscontrato l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Tale provvedimento di sospensione consegue quello di interdizione di competenza del ministero delle infrastrutture trasporti, alla contrattazione con la PP.AA. e alla partecipazione a gare pubbliche. MANCA UNA PARTE DA PAG.311 A 373 LA TUTELA DEI LAVORATORI NEI LICENZIAMENTI COLLETTIVI nell'ambito di licenziamenti collettivi della procedura di mobilità, la tutela del lavoro interessati si articolo su due diversi fronti: quello dell'interesse collettivo allo corretto espletamento della procedura di mobilità; quello dell'interesse individuale di chi sia stato privato del posto di lavoro. Il primo però che procedura sindacale amministrativa disposta dalla legge numero 223/1991 cui è stata affidata la vocazione della scelta compiuta dal datore di lavoro, oltre che dalla correttezza delle conseguenze che da essi derivino. Il lavoratore coinvolto in queste procedure e portatore di un diritto individuale conoscere ad ottenere la verifica in sede giudiziale delle ragioni del proprio licenziamento. INTEGRAZIONE SALARIALE, MOBILITÀ E PREVIDENZA Gli ammortizzatori sociali, gli ammortizzatori in deroga Integrare da 375 a 384 La mobilità La mobilità è l'istituto attraverso il quale si consente ai lavoratori che non tutto licenziamenti collettivi da parte delle aziende in crisi di prestare il proprio lavoro a favore di altre imprese in cerca di manodopera, tramite una speciale liste di collocamento (liste di mobilità) usufruendo nell'attesa di reinserimento nel mercato del lavoro e il sostegno del reddito a carico dello Stato la mobilità opera in due casi nei confronti delle imprese autorizzate al trattamento di integrazione salariale straordinaria, che non possono impiegare i propri lavoratori sospesi; in occasione di licenziamenti collettivi per riduzione di personale riguardanti aziende che superino i 15 dipendenti. Per tanti lavoratori subordinati a tempo indeterminato che durante il trattamento straordinario di integrazione salariale non possono essere impiegati coloro per i quali deve effettuarsi licenziamento collettivo, potranno essere collocati in mobilità. È dalla correlazione di tutti quanti gli elementi (regioni dell'esubero, numero e profili professionali) che alla fine si vincerà anche il nome di coloro che saranno collocati in mobilità. Chiusa la prima fase si passa alla seconda, in cui, della destra denunciati oltre il lavoro si procede alla completa di tutti i singoli lavoratori. A tal fine l'articolo cinque della legge 223/1991 prospetta una procedura articolata da seguire tenendo presenti i criteri adottati nei contratti collettivi vigenti in quel momento sia, in alternativa, quelli previsti dalla legge: i carichi di famiglia, anzianità e le esigenze tecnico produttive ed organizzative.