Esperienze, Marketing e Territorio
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
Dottorato di ricerca Impresa e Mercato – XVII Ciclo
ESPERIENZE, MARKETING E TERRITORIO
Uno schema logico per l’analisi e la gestione dei sistemi d’offerta turistica
territoriali
Tesi di dottorato di
Fabio Forlani
Anno 2004
1
Fabio Forlani
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
Dottorato di ricerca Impresa e Mercato – XVII Ciclo
ESPERIENZE, MARKETING E TERRITORIO
Uno schema logico per l’analisi e la gestione dei sistemi d’offerta turistica territoriali
Tesi di dottorato di
Fabio Forlani
Coordinatore
Chiar.mo Prof. Gianni Cozzi
Tutore
Chiar.mo Prof. Tonino Pencarelli
Anno 2004
2
Esperienze, Marketing e Territorio
3
Fabio Forlani
A Claudia
4
Esperienze, Marketing e Territorio
In copertina
Fatidicus
OplasTeatro di Umbertine (Pg) e Li Zanzeri di Mondaino (Rn)
Palio de lo Daino, Mondaino, Agosto 2001
5
Fabio Forlani
INDICE
INTRODUZIONE
I
1.1
1.2
1.3
1.4
I
1.5
1.6
LA NATURA DELLA SCIENZA E LA VISIONE DEL MONDO
Thomas Kuhn e la natura della scienza
Tre questioni di fondo: Ontologia, Epistemologia e Metodologia
Le visioni del mondo nella ricerca sociale
L’ontologia di Humberto Maturana: verso una fondazione biologica delle
scienze sociali
La terza via sistemica: verso la “scienza della vita”
L’ epistemologia e la metodologia di Francisco Varela
II
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
2.8
2.9
L’APPROCCIO SISTEMICO: LA TERZA VIA DELLA RICERCA SCIENTIFICA
L’evoluzione del pensiero sistemico
La teoria dei sistemi complessi dinamico
L’autopoiesi, l’organizzazione della vita
I sistemi sociali
La dimensione sociale della coscienza e la mente incarnata
Un modello sistemico per la realtà sociale
L’importanza dello schema: le reti piccolo mondo
Il processo d’emersione e le proprietà sistemiche
L’identikit di un sistema complesso dinamico
III
3.1
3.4
3.5
3.6
I SISTEMI E L’IMPRESA
L’approccio sistemico negli studi di economia e gestione delle imprese
3.1.1 L’impresa come sistema meccanico
3.1.2 L’impresa come sistema vivente
3.1.3 L’impresa come sistema vitale
L’impresa e le teorie dei sistemi complessi dinamici
Il concetto di prodotto come chiave per interpretare i fenomeni imprenditoriali
nella prospettiva sistemica
L’impresa e i rapporti con i sovra-sistemi
L’impresa e il sovra-sistema territorio
L’impresa e i sistemi d’offerta territoriali
IV
IL CONTRIBUTO DEL MARKETING ALLA COMPRENSIONE E ALLA GESTIONE DEI
3.2
3.3
1
8
9
14
20
23
29
32
33
36
38
40
42
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55
59
59
60
63
69
73
76
78
80
SISTEMI SOCIOECONOMICI
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
L’evoluzione del rapporto dell’impresa con il sovra-sistema mercato
Gli elementi logici di base del marketing concept
Le opportunità e i limiti dell’applicazione del marketing alla gestione di
sistemi socioeconomici diversi dall’impresa
Il concetto di mercato nella prospettiva sistemica
Il marketing concept nella prospettiva sistemica
Lo schema e il processo di marketing assunto a riferimento
103
Il ruolo della funzione di marketing
6
86
90
93
96
100
106
Esperienze, Marketing e Territorio
V
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
L’ESPERIENZA COME PRODOTTO
La definizione di esperienza
Marketing esperienziale
Il prodotto-esperienza e la progressione del valore economico
Le caratteristiche dei Servizi, delle Esperienze e delle Trasformazioni
Economia delle esperienze vs marketing esperienziale?
L’azienda e il modello teatrale: da business a show business?
VI
IL PRODOTTO TURISTICO: DA PRODOTTO TURISTICO GLOBALE AD ESPERIENZA
111
114
118
122
128
130
TURISTICA
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
6.6
VII
7.1
7.2
7.3
7.4
7.5
7.6
VIII
Il fenomeno turismo nella prospettiva dell’economia dell’esperienza
La necessità di un salto concettuale: da prodotto turistico globale ad
esperienza turistica
Le specificità del prodotto-esperienza turistica
Un modello d’analisi dei prodotti esperienze turistiche
La necessità di un nuovo modello di riferimento per la produzione
turistica: il teatro
Elementi per la progettazione dell’esperienza turistica
IL TERRITORIO COME “PALCOSCENICO” DEI SISTEMI TURISTICI
Il territorio come “palcoscenico” del sistema economico locale
Le componenti fondamentali del sistema politico-territoriale
Il ruolo strategico dell’organo di governo del sistema politico-territoriale
Il circolo virtuoso formazione, attrattività e valore
Il marketing territoriale
L’applicazione del marketing management ai sistemi territoriali.
Opportunità e limiti.
139
144
148
151
156
162
171
174
177
180
184
187
UN MODELLO DI GESTIONE ORIENTATO AL MERCATO PER I SISTEMI D’OFFERTA
TURISTICA TERRITORIALI
8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
Dalla competizione fra imprese turistiche alla competizione fra
sistemi d’offerta turistica
Località, sistemi d’offerta, distretto e destinazione. Il dibattito nella
letteratura italiana
Un nuovo schema concettuale: i sistemi d’offerta turistica territoriali (SOTT)
Un modello di gestione dei sistemi di offerta turistica territoriali
8.4.1 La visione strategica (La finalità del sistema)
8.4.2 Lo schema organizzativo (La forma)
8.4.3 La struttura operativa (La materia da cui emerge il sistema)
8.4.4 Il processo d’emersione del sistema d’offerta
8.4.5 L’immagine complessiva del sistema
Un modello di marketing per l’emersione (progettazione,
commercializzazione, produzione) delle esperienze turistiche
8.5.1 Il marketing nei sistemi d’offerta
8.5.2 L’innovazione concettuale nel marketing mix: l’esperienza
come “prodotto emergente”
8.5.3 Il marketing mix nelle tre fasi (sogno, sensazioni, ricordo)
dell’emersione dell’esperienza. Ipotesi di ricerca
8.5.4 Il controllo (feedback) dei risultati
7
192
193
197
199
200
201
205
210
210
211
211
212
215
218
Fabio Forlani
IX
9.1
9.2
9.3
9.4
9.5
9.6
9.7
9.8
I CASI STUDIO
Obiettivi dello studio e metodologia utilizzata
La legislazione di riferimento della Regione Marche
Il S.T.L Urbino e il Montefeltro
Il S.T.L Altamarina – Spiagge e castelli tra Pesaro e Gabicce Mare
Il S.T.L MarcaBella – Natura Vestita di Storia
La legislazione di riferimento della Regione Emilia-Romagna
Il distretto-sistema turistico della Provincia di Rimini
Marketing e management delle destinazioni turistiche: luci
ed ombre dei sistemi turistici locali
BIBLIOGRAFIA GENERALE
222
225
227
230
233
236
238
247
254
8
Esperienze, Marketing e Territorio
INTRODUZIONE
Il presente lavoro si caratterizza per l’approfondimento dei tre concetti richiamati nel titolo
(Esperienze, Marketing e Territorio) e del loro risultato sistemico: il prodotto esperienza
turistica.
L’esperienza (o prodotto-esperienza) è il concetto che si è utilizzato per analizzare i fenomeni
turistici. Tale concetto ci ha consentito di studiare la vacanza, in quanto esperienza di vita di
una persona in un dato periodo temporale e in un dato luogo, come unità d’analisi autonoma e
distinta dal concetto dei servizi turistici. Facendo leva sul concetto di prodotto-esperienza e
sul modello del teatro [Pine e Gilmore, 2000; Pencarelli e Forlani, 2002] si sono, infatti,
interpretati i fenomeni turistici come attività umane (processi) che emergono attraverso
l’interazione degli attori dell’offerta e della domanda su di un “territorio-palcoscenico”.
Analizzando i fenomeni turistici, così definiti, dalla prospettiva dell’economista d’impresa si è
sottolineato, inoltre, che essi non devono semplicemente “succedere”, ma devono essere
progettati, prodotti e venduti (generati e governati). Il marketing, in quanto filosofia
gestionale e corpus di strumenti strategici e operativi [Cozzi e Ferrero, 2004] diviene, allora,
un riferimento chiave per la gestione dei sistemi di produzione (d’offerta) turistica che
competono sui mercati nazionali e internazionali.
Obbiettivo dello studio è stato pertanto duplice: in primo luogo delineare uno schema logico
per l’analisi manageriale dei fenomeni turistici; in secondo luogo, con riferimento a tale
schema, proporre un modello di gestione dei sistemi di offerta turistica a dimensione
territoriale (SOTT) capace di tener conto del rapporto esistente fra prodotto (esperienza
turistica) e produttore (sistema d’offerta turistica)1.
Dal punto di vista metodologico il lavoro è il risultato dell’analisi della letteratura di
economia e gestione delle imprese, della letteratura turistica di matrice economico aziendale e
delle ricerche empiriche aventi ad oggetto i fenomeni turistici dei territori delle Province di
Rimini e di Pesaro e Urbino.
Il percorso di studio qui descritto si è svolto in due fasi. In una prima fase il tentativo di
superare i limiti che sono emersi dai concetti di prodotto turistico globale2 [Rispoli e Tamma,
1995; Casarin, 1996] e dall’applicazione del marketing dei servizi al turismo ci ha portato a
sviluppare il concetto di esperienza turistica [Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002] e ad
intraprendere lo studio del pensiero sistemico3. Si è ritenuto opportuno assumere l’approccio
sistemico (scelta di campo o visione del mondo [Kuhn, 1978]) a riferimento dell’attività di
ricerca, poiché, ci è sembrato capace di fornire un quadro unitario, articolato e coerente, della
natura umana, del comportamento umano e delle dinamiche sociali. In base a tale logica si è
1
La necessità di approfondire e chiarire le implicazioni che il passaggio dalla produzione di servizi turistici alla produzione
d’esperienze determina sulle attività di marketing e sulla gestione delle imprese turistiche è stato quindi lo spunto iniziale del
presente lavoro. Tali implicazioni possono essere così schematizzate:
necessità di capire la natura e le specificità del prodotto-esperienza;
necessità di capire la natura e le specificità del produttore d’esperienze;
necessità di ridefinire il management e il marketing delle organizzazioni turistiche in modo coerente alla natura e
alla specificità del prodotto offerto.
2
La presente tesi di dottorato nasce e si sviluppa a partire da un’ipotesi di ricerca, in tema di marketing turistico, emersa
durante la stesura della tesi di laurea di chi scrive: “Il marketing turistico nella prospettiva dell’economia delle esperienze”.
In tale occasione si è ipotizzato che il prodotto turistico sia un’esperienza di vita di una persona in un dato momento ed in un
dato luogo, o in altre parole che l’esperienza di vacanza sia il prodotto offerto dal sistema turistico.
3
“Un sistema, come tale, non esiste nella realtà. Esso è frutto di un operazione cognitiva che un osservatore compie
distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un significato proprio. … non è
possibile giungere ad una conoscenza oggettiva e completa, ma solo ad una conoscenza soggettiva e approssimata. In molti
percorsi di conoscenza ciò che conta per lo studioso non è tanto cogliere la realtà nella sua oggettiva interezza, quanto
piuttosto assicurarsi che la prospettiva di indagine assunta e le relative osservazioni siano coerenti con le premesse logiche e
con le finalità della ricerca.” Golinelli [2000, p.75-76].
9
Fabio Forlani
applicata la matrice concettuale (di analisi imprenditoriale) dell’impresa sistema vitale
[Golinelli, 2000 e 2002] ai distretti-sistemi turistici [Pencarelli e Forlani, 2002]. In questa fase
[2002-2004] si sono verificate empiricamente le capacità interpretative di tali assunti teorici
analizzando il distretto turistico della Provincia di Rimini [§ 9.7] e i Sistemi Turistici Locali
della Provincia di Pesaro e Urbino [§9.4, §9.5, §9.6; Pencarelli e Forlani, 2005]. Allo stesso
tempo, si è cercato di comprendere la complessità e la natura delle dinamiche
socioeconomiche territoriali attraverso lo studio e l’applicazione del marketing territoriale ad
alcuni centri storici della provincia di Pesaro e Urbino [Forlani, 2003]. I risultati di queste
ricerche hanno confermato la validità descrittiva e interpretativa del concetto di prodottoesperienza e di esperienza turistica, ma, allo stesso tempo, hanno evidenziato alcuni limiti di
applicazione dello schema organizzativo del Sistema Vitale. Nella nostra attività di ricerca si
è, infatti, verificato che l’organizzazione sistemica definita come “in via di compimento”,
manifestava segni di vitalità uguali, se non superiori, a quelle classificate come sistemi vitali.
La necessità di individuare un modello d’analisi che riuscisse a spiegare come possano
esistere, sopravvivere e svilupparsi dei sistemi che non assumono la forma di sistemi vitali, ci
ha quindi spinto ad esplorare le teorie dei sistemi viventi (“scienza della vita” o dei sistemi
complessi dinamici) [Varela e Maturana, 1985 e 1987; Maturana, 1990, Capra, 1997 e 2002].
L’analisi dei fenomeni turistici e dell’organizzazione della produzione turistica territoriale alla
luce dei concetti dei sistemi complessi dinamici (viventi) ha costituito la seconda fase di
ricerca. Il corpus teorico del presente lavoro è, dunque, il frutto di questo ultimo momento di
studio. I casi studio riportati nell’ultimo capitolo sono stati elaborati, invece, utilizzando i dati
raccolti con riferimento alla prima fase di ricerca. Per tale motivo le evidenze empiriche non
vanno intese come casi esemplari [Kuhn, 1978], ma come stimoli intellettuali che segnalano
la necessità di definire un quadro teorico che superi i limiti interpretativi dei concetti ora in
auge. Per quanto concerne la metodologia di rilevazione empirica dei dati, sono state
utilizzate tecniche qualitative quali l’intervista qualitativa, l’osservazione partecipante,
l’osservazione dissimulata, e l’analisi dei documenti pubblici dei sistemi osservati [Corbetta,
1999].
Dallo studio svolto sono emersi diversi elementi di interesse per la gestione dei fenomeni
turistici in una prospettiva imprenditoriale e manageriale:
- Si è verificato che l’utilizzo del concetto di prodotto-esperienza permette di reinterpretare
i fenomeni turistici e consente di effettuare il salto concettuale da prodotto turistico
globale a esperienza turistica [cap. 6; Pencarelli e Forlani, 2002].
- Si sono evidenziate le specificità del prodotto esperienza turistica e si sono ipotizzate
possibili modalità di analisi, progettazione e gestione di tale prodotto [cap. 6].
- Si è verificata la capacità descrittiva e normativa del modello teatrale. L’evidenza che
l’esperienza turistica nasce dall’interazione su di un dato palcoscenico (territorio, luogo)
degli attori della domanda (turisti) e dell’offerta (operatori e popolazione locale) permette,
infatti, di concepire la vacanza come uno spettacolo teatrale. Si sottolinea così che, come
ogni spettacolo, anche l’esperienza turistica va sceneggiata e diretta (regia).
- Si è riscontrato che la prospettiva d’analisi sistemica-territoriale sottolinea che la
competizione rilevante e strategicamente prioritaria per l’industria turistica di un territorio
è sempre più fra sistemi d’offerta turistica piuttosto che fra singole imprese turistiche4.
- Si è verificata l’applicabilità e la validità descrittiva e interpretativa dei concetti elaborati
all’interno del pensiero sistemico e delle teorie dei sistemi viventi ai fenomeni turistici. Si
è, infatti, evidenziato come le nozioni di struttura, schema di organizzazione, processo
(emersione) e significato permettono di comprendere e interpretare il divenire dei sistemi
4
Queste ultime competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda di servizi turistici, ma nel
contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti gli altri attori presenti in una località e in
un distretto turistico) a formare l’offerta di esperienze di una destinazione turistica.
10
Esperienze, Marketing e Territorio
-
sociali e quindi anche dei sistemi turistici. Attraverso tale modello si è constatato che
possono essere vivi e sopravvivere sia sistemi d’offerta territoriali che hanno un organo di
governo legittimato e riconosciuto (sistemi vitali), sia sistemi d’offerta che hanno al loro
interno un rapporto di cooperazione-conflitto fra i sub-sistemi e che non hanno un unico
organo di governo fisso e definito (sistema vivente) [cap.9].
Si è verificato, in tema di governo dei sistemi territoriali a vocazione turistica [cap.7 e
cap.8] che la separazione della gestione e della valorizzazione del territorio-palcoscenico,
(responsabilità di natura politico-istituzionale) dalla progettazione, produzione e
commercializzazione dei prodotti-vacanze (responsabilità tipicamente imprenditoriale)
facilità l’elaborazione delle politiche e delle azioni manageriali e di marketing5 [cap.9].
In base a tali considerazioni la proposta che si avanza in questa sede, in tema di destination
management, è suddividere le responsabilità di governo dei fenomeni turistici fra i sistemi
territoriali e i sistemi d’offerta nel seguente modo [cap.8 e cap.9]:
- Al sistema territoriale politico-istituzionale avente natura pubblica (Provincia, Comunità
montana, Città metropolitana, ecc.) va assegnata la responsabilità del governo politico
dell’intera comunità territorialmente localizzata6, compreso il rafforzamento dell’identità
del sistema territoriale e la promozione delle offerte economiche dell’intero sistema [vds
cap.7].
- Ai sistemi d’offerta turistica territoriali di natura imprenditoriale (Club di prodotto,
Consorzi, Cooperative, Sistemi d’offerta, STL, SLOT, ecc.) va assegnata la responsabilità
di progettare, produrre e vendere le esperienze turistiche (centrale diviene in tale ottica
l’attività dei tour operator incoming) [vds cap.8].
In tale prospettiva sembra particolarmente interessante e meritevole di approfondimenti il
caso della Provincia di Rimini, in cui si cerca d’integrare la legge regionale E.R. 7/98
orientata a favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti turistici da parte di
aggregazioni di operatori turistici privati con la legge nazionale 135/2001 orientata alla
creazione di sistemi territorialmente localizzati.
Il lavoro sviluppa i temi appena presentati attraverso nove capitoli.
Nel primo capitolo si riflette sui temi della natura della scienza, dell’epistemologia e della
metodologia della ricerca. In particolare nel paragrafo 1.1 si sottolinea il ruolo che la visione
del mondo assunta (consapevolmente o inconsapevolmente) dal ricercatore ha sul suo
processo di conoscenza (osservazione dei fenomeni). Si chiarisce, quindi, che il termine
paradigma viene utilizzato per indicare una matrice disciplinare che poggia su una visione del
mondo e che è attraverso tale matrice che il ricercatore percepisce i fenomeni osservati. Nel
corso del primo capitolo, conseguentemente, vengono brevemente presentate le tre matrici
disciplinarie dominanti nelle scienze sociali che si collegano a tre distinte visioni del mondo
[Corbetta, 1999]: pensiero positivista, pensiero costruttivista e pensiero sistemico [Corbetta,
1999; Capra, 1997; Maggi, 2003]. In base alle conoscenze possedute, alle esperienze di
ricerca, di vita e alle scelte morali di chi scrive si è, quindi, scelto di assumere a riferimento il
pensiero sistemico. Fra gli autori più significativi di tale pensiero ci si è soffermati sui
5
Dall’indagine di alcuni STL delle Marche e dell’Emilia Romagna, tenendo conto che si tratta in ogni modo di esperienze
assai recenti e che per essere comprese e valutate compiutamente richiedono una lettura lungo un orizzonte temporale più
esteso, risulta, infatti, che nei STL vi è scarso e comunque insufficiente orientamento al marketing strategico ed operativo.
Un maggior orientamento al marketing implicherebbe, infatti, una maggiore attenzione ai processi di segmentazione e
posizionamento ed alle attività volte a progettare, produrre, comunicare e vendere sul mercato prodotti-esperienze (output del
sistema) [cfr Pencarelli e Forlani, 2005]. Emerge, piuttosto, un’eccessiva attenzione al perseguimento di finalità sistemiche di
natura politica, ciò che comporta attività di promozione generalizzata del territorio e massimizzazione del consenso.
6
Si apre quindi il dibattito su quale sia la dimensione territoriale che consente un governo efficiente ed efficace di una
comunità territorialmente localizzata e sue dinamiche turistiche. Di conseguenza occorre riflettere se sia o meno il caso di
ridiscutere la distribuzione delle responsabilità fra i vari livelli di governo del territorio: Comuni; Comunità Montane, Città
metropolitane, Unioni, ecc.; Province e Regioni.
11
Fabio Forlani
contributi di Maturana e Varela [1985 e 1987] e Capra [2002]. L’impostazione ontologica di
Maturana [1993], in particolare, sembra indicare la necessità di una fondazione biologica
delle scienze sociali. Fondazione biologica che, partendo dallo schema biologico dei sistemi
viventi, permette di studiare i sistemi sociali attraverso le tematiche della cognizione e del
linguaggio e quindi dell’esperienza [§1.4, §1.5 e §1.6].
Nel secondo capitolo vengono ripresi alcuni temi sollevati nel primo capitolo e si mostra
come possano essere integrati all’interno del paradigma di ricerca assunto nel presente lavoro:
l’approccio sistemico [Capra, 1997, 2002]. Studi sistemici sono oramai consolidati nelle
scienze naturali, nelle neuro-scienze, nei contesti sociali, a dimostrazione delle potenzialità di
tale prospettiva di ricerca. Attraverso il pensiero di Maturana e Varela, Capra ed altri, si è
cercato di presentare uno schema di sintesi che applica le teorie dei sistemi dinamici (sistemi
viventi) alla realtà sociale [§2.6] [Capra, 2002]. Tale modello si sviluppa attraverso i concetti
di struttura (materia), schema organizzativo (forma), processo (emersione) e significato
(finalità dell’agire umano). L’estensione della visione sistemica della vita ai fenomeni sociali
si basa sull’assunto (scelta ontologica) che esista un’essenziale unità nell’ambito della vita e
che sistemi viventi fra loro diversi presentino schemi organizzativi simili (reti). Questo
assunto è avvalorato dalle ultime ricerche sull’evoluzione della vita [Capra, 1997, 2002] sul
nostro pianeta, che affermano che essa si è sviluppata per miliardi di anni seguendo sempre
gli stessi schemi. In corrispondenza all’evolversi della vita questi schemi divengono sempre
più complessi, ma si tratta pur sempre di variazioni sugli stessi temi fondamentali. In
particolare uno degli schemi fondamentali di organizzazione diffuso in tutti i sistemi viventi è
quello reticolare. Il capitolo si chiude sottolineando che estendere al dominio sociale la
visione sistemica della vita significa, quindi, applicare alla realtà sociale la conoscenza degli
schemi e dei principi di organizzazione della vita stessa e specialmente la comprensione delle
reti viventi.
Nel terzo capitolo si dimostra che il pensiero sistemico è presente anche negli studi
economico-manageriali [Vicari, 1991; Golinelli, 2000]. Partendo dagli studi sistemici
dell’impresa (impresa sistema vivente, §3.1.2, e impresa sistema vitale, §3.1.3), si cerca
quindi di interpretare l’impresa come sistema complesso dinamico [§3.2] utilizzando lo
schema concettuale mostrato nel capitolo 2. L’applicazione del pensiero sistemico, nato in un
contesto biologico, ci consente di interpretare l’impresa o i sistemi d’imprese attraverso lo
schema organizzativo proprio sia dei sistemi vitali che dei sistemi viventi. In questo lavoro si
arriva, quindi, a ipotizzare che i primi possano essere ritenuti un caso specifico dei secondi
[§3.2]. In seguito si evidenzia come l’utilizzo dell’approccio sistemico e la scelta di porre al
centro delle pratiche d’impresa il concetto di prodotto, inteso come qualsiasi output del
sistema di produzione [Rispoli e Tamma, 1992], esalta il ruolo delle modalità intersistemiche
di creazione e trasferimento dei prodotti con e a sistemi terzi. Quindi, partendo dalla
constatazione che il sistema impresa è inserito all’interno di sistemi di diversa natura,
vengono esplorati i rapporti delle imprese con i sovra sistemi [§3.4] e con il sovra sistema
territorio in particolare [§3.5]. Il capitolo si chiude con la descrizione di uno schema utile per
comprendere i sistemi d’offerta territoriali (SOT) [§3.6] che si fonda sui nodi concettuali dei
sistemi viventi.
Nel quarto capitolo si analizza il contributo che la filosofia e gli strumenti (strategici e
operativi) di marketing possono fornire alla gestione e al governo dei sistemi d’offerta che
emergono dal territorio. Lo studio parte dall’evoluzione del rapporto impresa-mercato [§4.1]
[Cozzi e Ferrero, 2004], dai principi del Marketing concept [§4.2] e dalle opportunità e dai
limiti dell’applicazione di tale concetto alla gestione dei sistemi socioeconomici diversi
dall’impresa [§4.3]. Si arriva, così, a evidenziare la necessità di analizzare, in una prospettiva
12
Esperienze, Marketing e Territorio
sistemica, sia il concetto di mercato [§4.4] sia alcuni passaggi logici della disciplina di
marketing [§4.5]. Coerentemente agli assunti teorici, in questo capitolo, si arriva a delimitare
il significato e il ruolo del marketing, definendolo come una filosofia e una strumentazione
gestionale valida per la progettazione e la produzione di output da commercializzare sul
mercato. In tale ottica il marketing va inteso come disciplina creativa (insieme di tecniche che
cercano di creare le condizioni per uno scambio di mercato vantaggioso) e non come
disciplina scientifica. In seguito si presenta brevemente lo schema e il processo di marketing
[Cozzi e Ferrero, 2000 e 2004; Kotler et al., 2002; Gummesson, 1999] assunto a riferimento
nel proseguo del lavoro, a cui si affida il compito di riduzione e di gestione della complessità
ambientale.
Nel quinto capitolo si definisce l’esperienza come prodotto distinto dai servizi o dai beni
[§5.1 e §5.3]. In tale prospettiva si dimostra, innanzitutto, che il marketing esperenziale
[Schmitt, 1999b] è concettualmente differente [§5.2 e §5.5] dall’impostazione dell’economia
delle esperienze di Pine e Gilmore [2000 e 2002]. Il primo, infatti, teorizza l’utilizzo delle
tecniche esperienziali per differenziare l’offerta dei beni e dei servizi, mentre i secondi
teorizzano la necessità di concepire l’esperienza come prodotto e come business a se stante. In
questo capitolo, partendo dal modello della progressione del valore economico [Pine e
Gilmore, 2000] vengono mostrate le peculiarità e le caratteristiche delle esperienze e delle
trasformazioni [§5.4]. Vengono quindi poste in evidenza le implicazioni manageriali che
comporta la loro produzione e si sottolinea che la specificità del prodotto offerto richiede un
nuovo modello di riferimento: il modello teatrale [§ 5.6]. Attraverso il modello teatrale si
ipotizza, infine, che le imprese o i sistemi imprenditoriali che vogliono produrre esperienze
devono preparasi a fare il salto dal mondo del business al mondo dello show business.
Il sesto capitolo affronta lo studio del fenomeno socio-economico oggetto di questo studio: il
turismo (§6.1). Si dimostra innanzitutto, che l’utilizzo del concetto di prodotto-esperienza
permette di reinterpretare il fenomeno turismo e consente di effettuare il salto concettuale da
prodotto turistico globale a esperienza turistica [§6.2] [Pencarelli e Forlani, 2002]. Questo
passaggio logico permette di evidenziare le specificità del prodotto turistico [§6.4] e di
ridefinire modalità di analisi, progettazione e gestione del prodotto esperienza turistica.
Utilizzando il modello teatrale si sottolinea che l’esperienza turistica nasce dall’interazione su
di un dato palcoscenico (territorio, luogo) degli attori della domanda (operatori e popolazione
locale) e dell’offerta (turisti). Concependo la vacanza come uno spettacolo da sceneggiare si
riesce così a comprendere, e quindi progettare, le vacanze che si vogliono offrire (gli ambiti
dell’esperienza turistica [§6.4]) e si riescono a ipotizzare dei modelli di produzione della
stessa [§6.5 e §6.6]. L’analisi svolta nel capitolo, anche grazie all’utilizzo dei modelli di
produzione teatrale, consente di mettere a fuoco alcune problematiche di governo dei
fenomeni turistici. Tali modelli permettono, infatti, di affrontare due questioni chiave: chi
scrive la trama (o dramma) della vacanza?, chi cura la regia della rappresentazione? La
risposta a tali domande ci consente, quindi, di pervenire a tre possibili percorsi di messa in
scena dell’esperienza: l’esperienza su copione, l’esperienza su canovaccio, l’esperienza
improvvisata.
Nel settimo capitolo si è affrontato lo studio del rapporto esistente fra sistemi d’offerta
territoriali e i sistemi politico-istituzionali territoriali. Attraverso lo studio delle componenti
fondamentali del sistema politico territoriale [§7.2], del ruolo assunto dal suo organo di
governo [§7.3] e del rapporto dinamico fra gli elementi del sistema territoriale si evidenzia
così la necessità di distinguere fra “circolo politico” e “circolo economico”. L’esistenza di due
circoli distinti che operano con finalità distinte, anche se collegate, porta a sostenere la
necessità di una separazione fra sistemi finalizzati al governo del territorio (sistemi politico13
Fabio Forlani
istituzionali) e sistemi finalizzati alla produzione economica di output (sistemi
imprenditoriali). In tale prospettiva si dimostra, anche attraverso lo studio del marketing
territoriale [§7.5], che il territorio non deve essere concepito come un prodotto da porre sul
mercato (e quindi oggetto delle politiche di marketing), ma come un “palcoscenico” su cui
emergono differenti sistemi socio economici (sistemi territoriali e sistemi d’offerta
territoriali).
Nell’ottavo capitolo si applicano i concetti di sistema e di esperienza sia per comprendere il
funzionamento dei sistemi d’offerta turistica territoriali (modello di analisi), sia per proporre
un modello di gestione degli stessi.
Attraverso la prospettiva d’osservazione utilizzata in questa tesi si indica che nel turismo è
oramai evidente il passaggio dalla competizione fra imprese turistiche alla competizione fra
sistemi d’offerta turistica. Si sottolinea, inoltre, come l’approccio presentato permette di
prendere posizione nel dibattito sul destination management (Distretti turistici, Sistemi
Turistici Locali, Club di prodotto, ecc ) in corso nella letteratura economico aziendale.
L’approccio sistemico territoriale consente, infatti, di chiarire il rapporto esistente fra prodotto
turistico (esperienza), produttore di turismo (sistema d’offerta turistico) e territorio
(palcoscenico).
In chiusura di capitolo viene proposto un modello di gestione orientato al mercato (§ 8.4) dei
sistemi di offerta turistica territoriali che fa leva sui concetto di sistema vitale (e quindi anche
vivente). Tale modello poggia sull’integrazione coerente delle dimensioni: Significato
(finalità o visione del sistema), Schema Organizzativo (organizzazione e gestione delle
relazione inter e sovra sistemiche), Struttura (componenti strutturali quali l’attrattività,
l’accessibilità, l’accoglienza, l’ambientazione e l’animazione) e Processo (emersione del
sistema e quindi dell’esperienza). Infine, si ipotizzano e si abbozzano delle linee guida per un
modello di marketing per la progettazione, la commercializzazione e la produzione delle
esperienze turistiche [§8.5] che faccia leva sui modelli teatrali evidenziati nel capitolo 6.
Nel nono e conclusivo capitolo si riportano una serie di materiali empirici derivati dalla
ricerca sul campo. In particolare si analizzano i casi dei Sistemi Turistici Locali “Urbino e il
Montefeltro”, “Altamarina” e “Marcabella” delle Provincia di Pesaro e Urbino e il Sistema
Turistico Locale “Riviera di Rimini” della Provincia di Rimini. Il lavoro si conclude con
alcune riflessioni in merito alla legge 135/2001 e sulle problematiche di management e di
marketing dei STL da essa promossi.
Anche se la struttura di questo lavoro e le argomentazioni in esso contenute sono frutto di
elaborazioni personali, alle quali solamente attribuire la responsabilità di eventuali errori o
omissioni, un sincero ringraziamento va a tutti coloro che variamente hanno concorso nel
processo di redazione di questo lavoro. “Esperienze, Marketing e Territorio” è, infatti, il frutto
dell’interazione sistemica di chi scrive con se stesso, con le persone che ha frequentato e con
il modo che lo circonda.
Fabio Forlani
Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
Marzo 2005
14
Esperienze, Marketing e Territorio
I
LA NATURA DELLA SCIENZA E LA VISIONE DEL MONDO
“La verità emerge più facilmente dall’errore che dalla confusione” F.Bacone.
1.1
Kuhn e la natura della scienza
La riflessione di Khun, esposta nel suo celebre saggio The Structure of Scientific Revolution7
[1962 e 1970], ha per oggetto lo sviluppo storico delle scienze, e costituisce un rifiuto della
concezione tradizionale della scienza intesa come accumulazione progressiva e lineare di
nuove acquisizioni. Secondo la tradizionale concezione cumulativa, infatti, le singole
invenzioni e scoperte scientifiche si aggiungerebbero al corpo conoscitivo precedente, alla
stregua di mattoni che si sovrappongono nella costruzione di un edificio a più piani.
Dallo studio di Kuhn della storia della scienza8 emerge che questo è il processo tipico della
scienza in tempi <<normali>>, in tali periodi la ricerca è guidata da un paradigma. L’autore
evidenzia, però, che esistono anche dei momenti <<rivoluzionari>> nei quali il rapporto di
continuità col passato s’interrompe a sé assiste alla contesa fra teorie scientifiche che
competono per affermare un nuovo paradigma scientifico.
Per Kuhn un paradigma scientifico è “una costellazione di conclusioni – concetti, valori,
tecniche eccetera – condivise da una comunità scientifica, e usate dalla comunità per definire
problemi e soluzioni leciti. […] Un paradigma è ciò che viene condiviso dai membri di una
comunità scientifica, e, inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che
condividono un certo paradigma”. [Kuhn, 1978, p.213]
Nei periodi rivoluzionari o preparadigmatici si assiste allora ai seguenti comportamenti :“… i
primi stadi di sviluppo della maggior parte delle scienze sono stati caratterizzati da una
continua competizione tra numerose concezioni della natura, diverse le une dalle altre,
ciascuna parzialmente derivata dai dettati dell’osservazione e del metodo scientifici, e tutte
più meno compatibili con essi. Ciò che differenziava le varie scuole non era questo o quel
difetto di metodo - tutte erano <<scientifiche>> - ma ciò che chiameremo le loro
incommensurabili maniere di guardare al mondo e di praticare la scienza in esso.” [Kuhn,
1978, p.22]
Nei periodi rivoluzionari i paradigmi scientifici raggiungono la loro posizione perché riescono
meglio dei loro competitori a risolvere alcuni problemi che il gruppo degli specialisti ha
riconosciuto come urgenti.
Secondo Kuhn riuscire meglio, però, non significa riuscire completamente per quanto
riguarda un unico problema o riuscire abbastanza bene per moltissimi problemi.
L’autore citato evidenzia, infatti, come il successo di un paradigma è all’inizio, in gran parte,
una promessa di successo e “la scienza normale consiste nella realizzazione di quella
promessa, una realizzazione ottenuta estendendo la conoscenza di quei fatti che il paradigma
indica come particolarmente rilevanti, accrescendo la misura in cui questi fatti si accordano
con le previsioni del paradigma.”[p.44]
7
La versione originale in lingua inglese è Kuhn T., [1970], The Structure of Scientific Revolution, The University of Chicago.
La versione utilizzata da noi è stata la traduzione italiana del 1978 pubblicata da Einaudi [Kuhn, 1978].
8
Occorre ricordare che lo studio di Kuhn fa riferimento soprattutto alle scienze naturali e in modo particolare alla fisica e alla
chimica.
15
Fabio Forlani
In base alla struttura rivoluzionaria della natura della scienza si può quindi affermare che le
operazioni di ripulitura e perfezionamento di teorie esistenti costituiscono l’attività che
impegna la maggior parte degli scienziati nel corso di tutta la loro carriera. Queste operazioni
di perfezionamento del paradigma costituiscono quella che Kuhn definisce scienza normale.
Nella concezione di Kuhn della natura della ricerca scientifica si può quindi evidenziare che
“Nessuna storia naturale può venire interpretata in assenza di un insieme anche implicito di
credenze metodologiche e teoretiche intrecciate tra loro che permetta la scelta, la valutazione
e la critica.” [Khun, 1978, p.36], o in altre parole che non c’è ricerca normale senza
l’esistenza di un paradigma di riferimento. Spingendo ulteriormente oltre il pensiero
dell’autore assunto qui a riferimento possiamo affermare che non c’è ricerca scientifica in
assenza di una teoria da verificare o da invalidare: “L’esistenza di questa solida struttura di
assunti – concettuali, teorici, strumentali e metodologici – è una delle principali
giustificazioni della metafora che paragona la scienza normale alla soluzione di rompicapo.
Poiché essa fornisce le regole che gli dicono che cosa sono il mondo e la sua scienza, colui
che svolge attività di ricerca in un campo specializzato maturo può concentrare con sicurezza
la propria attenzione sui problemi esoterici che queste regole e il livello di conoscenza
raggiunto stabiliscono per lui. Ciò che allora costituisce per lui una sfida personale è come
risolvere i rompicapo rimasti insoluti. Sotto questo e sotto altri aspetti, una discussione di
rompicapo e di regole illumina la natura della pratica della scienza normale. […] La scienza
normale è un attività altamente determinata, ma essa ha bisogno di essere interamente
determinata da regole. […] Le regole, suggerisco, derivano dai paradigmi, ma i paradigmi
possono guidare la ricerca anche in assenza di regole.” [Khun, 1978, p.64]
Kuhn definisce quindi l’indispensabilità del paradigma nella ricerca scientifica, e ragionando
sul rapporto tra scienziati e paradigma ritiene che sovente non si parli di paradigmi perché
questi vengono dati per scontati. Per Kuhn, infatti, “Il fatto che gli scienziati di solito non si
chiedono, o non discutono, che cosa renda legittimo un particolare problema o una particolare
soluzione ci induce a supporre che, almeno intuitivamente, essi conoscono la risposta. Ma può
anche semplicemente indicare che né la domanda né la risposta sono considerate rilevanti per
la loro ricerca. I paradigmi possono essere anteriori, più vincolanti e più completi di ogni
insieme di regole di ricerca che si possa inequivocabilmente estrarre da essi.”9 [Kuhn, 1978,
p.68].
Secondo Kuhn la scienza normale è quindi un attività di risoluzione dei rompicapo,
un’impresa altamente cumulativa. La scienza normale non ha, però, per scopo quello di
trovare novità di fatto o teoriche e, quando ha successo, non ne trova nessuna.
Tuttavia, la ricerca scientifica mette in luce ripetutamente fenomeni nuovi e insospettati, e
continuamente teorie radicalmente nuove. La storia indica che l’impresa scientifica ha
sviluppato una tecnica straordinariamente potente per produrre sorprese. Se ne ricava che la
9
Kuhn ritiene infatti che i paradigmi debbano avere uno status di priorità rispetto a quello di regole e assunti. Per poter
sostenere tale tesi egli a individuato quattro ragioni su cui poggiare il proprio ragionamento: [1978, p.69-70]:
•
La grande difficoltà di scoprire le regole che hanno guidato le particolari tradizioni delle scienze normali.
•
La natura dell’educazione scientifica.
•
La scienza normale procede senza regole solo fin tanto che la comunità scientifica relativa accetta senza discutere
le particolari soluzioni di problemi che sono già state raggiunte. Le regole acquistano importanza ogniqualvolta i
paradigmi o i modelli sono sentiti insicuri. Il periodo preparadigmatico è, infatti, contrassegnato da frequenti e
profonde discussioni circa la legittimità di certi metodi, problemi e modelli di soluzione, sebbene che tali
discussioni servano piuttosto a definire scuole che a proporre un accordo.
•
Regole esplicite, quando ne esistano, sono di solito comuni a una comunità scientifica piuttosto vasta, ma i
paradigmi non lo sono necessariamente. Coloro che svolgono attività scientifica in campi molto lontani,
raggiungono la loro cultura assimilando nozioni abbastanza differenti esposte in testi molto differenti.
16
Esperienze, Marketing e Territorio
ricerca governata da un paradigma deve essere una maniera particolarmente efficace di
introdurre cambiamenti di paradigma.
Le innovazioni fondamentali di fatto e teoriche portano, infatti, al superamento delle regole
del gioco e alla iscrizione di tali regole. Quando accade ciò, secondo Kuhn, si può parlare di
rivoluzione scientifica. Le rivoluzioni scientifiche sono prodotte dalla natura stessa della
scienza e costituiscono il motore della ricerca scientifica.
Prodotte inavvertitamente da un gioco che procede secondo un certo insieme di regole, la loro
assimilazione richiede, infatti, l’elaborazione di un altro insieme di regole. Una volta che
queste sono diventate parti della scienza, l’impresa scientifica, non è mai esattamente la stessa
di prima, almeno per quanto riguarda quegli specialisti nel cui particolare campo di ricerca
sono state scoperte le novità.
Le novità e le scoperte scientifiche emergono secondo uno schema che si è ripetuto nel
tempo: la previa presa di coscienza di un anomalia, la graduale e simultanea emergenza del
loro riconoscimento sia sul piano delle osservazioni che su quello dei concetti, ed il
conseguente mutamento, spesso accompagnato da resistenze, di procedimenti e categorie
paradigmatiche.
Secondo Kuhn [1978, p.89] “la novità di solito emerge soltanto per colui che, conoscendo con
precisione che cosa dovrebbe aspettarsi, è in grado di rendersi conto che qualcosa non
funziona. L’anomalia è visibile soltanto nello sfondo fornito dal paradigma. Quanto più
preciso è tale paradigma e quanto più vasta è la sua portata, tanto più riuscirà a rendere
sensibili alla comparsa di un’anomalia e quindi di un occasione per cambiare il paradigma.
Nella forma normale in cui una scoperta ha luogo, perfino la resistenza al cambiamento ha
un’utilità. Tale resistenza, assicurando che il paradigma non si arrenderà troppo facilmente, è
una garanzia che gli scienziati non verranno distratti facilmente e che le anomalie che portano
a un cambiamento del paradigma metteranno in discussione tutto l’insieme di conoscenze
acquisite fino ad allora.”
Le scoperte non sono però le sole fonti di questi mutamenti, insieme distruttivi e costruttivi di
paradigmi. Cambiamenti analoghi, ma di solito di portata molto più vasta derivano anche
dalla invenzione di nuove teorie.
Una nuova teoria emerge soltanto dopo un clamoroso fallimento dell’attività volta a
risolvere problemi nell’ambito della scienza normale. La nuova teoria si presenta, allora,
come una risposta diretta alla crisi.
Secondo Kuhn [1978, p.101] “Fin tanto che gli strumenti forniti dal paradigma continuano a
dimostrarsi capaci di risolvere i problemi che questo definisce, la scienza si muove molto
velocemente e penetra assai profondamente usando con fiducia questi strumenti. La ragione è
evidente. Come nel processo di fabbricazione così anche nella scienza il cambiamento di
strumenti è una stravaganza che va riservata per l’occasione che lo richiede. Il significato
delle crisi sta nell’indicazione, da esse fornita, che l’occasione di cambiare strumenti è
arrivata.”
Quanto affermato ci consente di ricordare, ancora una volta, che per Kuhn la ricerca
scientifica è sempre guidata, consciamente oppure no, da un paradigma: [1978, p. 103] “Una
volta raggiunto lo status di paradigma, una teoria scientifica è dichiarata invalida soltanto se
esiste un’alternativa disponibile per prenderne il posto. […] il giudizio in base al quale gli
scienziati decidono di respingere una teoria precedentemente accettata si basa sempre su
qualcosa di più di un semplice confronto di quella teoria col mondo. La decisone di
abbandonare un paradigma è sempre al tempo stesso la decisione di accettarne un altro, ed il
giudizio che porta a quella decisione implica un confronto sia dei paradigmi con la natura, sia
di un paradigma con l’altro.” e ancora [1978, p.105]10 “Abbandonare un paradigma senza
10
Grassetto nostro.
17
Fabio Forlani
al tempo stesso sostituirgliene un altro equivale ad abbandonare la scienza stessa. Se uno
scienziato sceglie questa via, la sua azione si riflette non sul paradigma ma su lui stesso. Sarà
inevitabile che i suoi colleghi lo considerino come <<il carpentiere che da la colpa ai suoi
strumenti>>.
La stessa argomentazione può essere svolta, quasi con la stessa efficacia, in senso contrario:
non si può parlare di ricerca senza controfatti. Infatti, in che cosa si differenzia la scienza
normale dalla scienza in stato di crisi? Non certo per il fatto che la prima non si trova di fronte
a controfatti. Al contrario, ciò che abbiamo definito rompicapo che costituisce la scienza
normale esiste soltanto perché nessun paradigma, che fornisca la base alla ricerca scientifica,
riesce mai a risolvere completamente tutti i suoi problemi.”11
Attraverso la visione rivoluzionaria della scienza Khun riesce, così, a sottolineare il contributo
dato dalle crisi nel processo di sviluppo scientifico. Per suscitare una crisi del paradigma, una
anomalia deve, di solito, essere qualcosa di più di un’incongruenza pura e semplice. C’è
sempre qualche difficoltà nel contatto fra il paradigma e la natura. Però, la maggior parte di
queste difficoltà presto o tardi vengono risolte e spesso, mediante processi che non avrebbero
potuto essere previsti. Si ha la transizione alla crisi e alla scienza straordinaria quando una
anomalia, per diverse ragioni, viene a presentarsi come qualcosa di più che semplicemente un
nuovo rompicapo della scienza normale. L’anomalia, per aprire una crisi e decretare il
passaggio da scienza normale a scienza straordinaria, deve essere riconosciuta come tale da
parte della maggior parte degli specialisti.
Nel periodo di ricerca straordinaria, lo scienziato, apparirà corrispondere all’immagine che
l’opinione corrente ha di lui. In primo luogo assumerà l’aspetto di colui che cerca a caso,
tentando diversi esperimenti per vedere semplicemente che cosa accade. Al tempo stesso,
poiché nessun esperimento può essere concepito senza una teoria di qualche genere, lo
scienziato in crisi tenterà costantemente di produrre teorie speculative che, se accompagnate
da successo, possono aprire la via a un nuovo paradigma, e, se seguite da insuccesso, possono
essere abbandonate con relativa facilità.
Il passaggio da una visione teorica all’altra è così globale e ha conseguenze così radicali sulla
disciplina coinvolta, che Khun lo definisce rivoluzione e parla appunto di rivoluzione
scientifica. In queste fasi si produce un cambiamento dei problemi da porre all’indagine
scientifica e dei criteri con i quali la professione stabilisce che cosa si deve considerare come
un problema ammissibile o come soluzione legittima. Si realizza, inoltre, un riorientamento
profondo della disciplina che consiste “nella trasformazione della struttura concettuale
attraverso la quale gli scienziati guardano il mondo” [Kuhn, 1978, p.151].
In periodi di rivoluzione, perciò, la tradizione della scienza normale muta, e la percezione che
lo scienziato ha del suo ambiente deve essere rieducata: in alcune situazioni che gli erano
familiari deve imparare a vedere una nuova Gestatl12. Dopo di che il mondo della sua ricerca
gli sembrerà, in varie parti incommensurabile con quello in cui era vissuto prima. Questa è
11
Secondo Kuhn si possono notare due ragioni per le quali la scienza è parsa fornire un’illustrazione così adeguata della
generalizzazione secondo cui la verità e la falsità sono unicamente ed inequivocabilmente determinate dal confronto delle
affermazioni con i fatti [cfr. Popper, 1970] :
- La prima è che la scienza normale si sforza continuamente di portare la teoria ed i fatti ad un accordo sempre più stretto,
ed una simile attività può facilmente venire considerata la ricerca di una prova che confermi o invalidi le sue teorie.
- La seconda è che il suo obbiettivo è quello di risolvere un rompicapo, il quale esiste proprio perché si accetta la validità
del paradigma. L’insuccesso nel raggiungere una soluzione getta discredito, nell’ambiente scientifico, soltanto sullo
scienziato e non sulla teoria.
12
Dagli studi della Gestalt [Kuhn, 1978, p.141] risulta che ciò che uno vede dipende sia da ciò a cui guarda, sia da ciò che la
sua precedente esperienza visivo-concettuale gli ha insegnato a vedere.
18
Esperienze, Marketing e Territorio
un’altra ragione per cui tra scuole guidate da paradigmi differenti sorgono sempre
incomprensioni13.
Il tema dell’incommensurabilità delle diverse visioni del mondo che guidano la ricerca
scientifica è ancora oggi cruciale nel dibattito sulla natura della ricerca [Maggi, 2003].
Secondo Kuhn [1978, p.180-185] i sostenitori di teorie in contrasto fra di loro (candidate a
divenire paradigma) sono condannati a fallire nei loro tentativi di comprendere fino in fondo
il punto di vista dell’avversario per le seguenti ragioni:
1. I sostenitori di teorie in contrasto saranno spesso in disaccordo sui problemi concreti
che dovrebbero essere risolti. I loro criteri e le loro definizioni di scienza non sono gli
stessi.
2. Poiché un nuovo paradigma sostituisce il vecchio, di soliti esso contiene gran parte
del vocabolario e dell’apparato, sia concettuale che operazionale, appartenuto al
precedente paradigma. Ma raramente essi usano questi elementi ereditati nella
maniera tradizionale. Questo genera una incomprensione fra scuole in competizione
(tra vecchia e nuova o tra nuove scuole).
3. I sostenitori di teorie differenti praticano i loro “affari” in modo differente. Svolgendo
le loro attività in modi differenti, i gruppi di scienziati vedono cose differenti quando
guardano dallo stesso punto nella stessa direzione.
Per queste ragioni prima che possano sperare di comunicare completamente, uno dei due
gruppi deve fare l’esperienza di “conversione” che viene chiamata appunto spostamento di
paradigma. Proprio perché è un passaggio tra prospettive incommensurabili, il passaggio da
un paradigma ad uno opposto non può essere realizzato con un passo alla volta. Ma, come nel
riorientamento gestalico, esso deve compiersi in una volta oppure non si compirà affatto.
La ricerca straordinaria è caratterizzata, allora, dal conflitto fra teorie che cercano di
“convertire” gli scienziati in crisi. I singoli scienziati abbracciano un nuovo paradigma per
ogni genere di ragioni, e di solito per parecchie ragioni allo stesso tempo14.
In questi dibattiti sulla scelta del paradigma il punto cruciale in discussione è quello di
decidere quale paradigma debba guidare la ricerca in futuro, su molti problemi dei quali
nessuno dei due competitori può ancora pretendere di risolvere completamente. Bisogna,
infatti, decidere tra forme alternative di fare attività scientifica e, date le circostanze, una tale
decisione deve essere basata più sulle promesse future che sulle conquiste passate.
Lo scienziato che effettua la sua scelta deve cioè aver fiducia che il nuovo paradigma riuscirà
in futuro a risolvere i molti vasti problemi che gli stanno davanti, sapendo soltanto che il
vecchio paradigma non è riuscito a risolverne alcuni. Una decisione di tal genere può essere
presa soltanto sulla base della fede. Per tale motivo si parla di conversione.
Parlare di fede e conversioni può apparire troppo irrazionale per degli scienziati, ma Kuhn
argomenta la questione nel seguente modo: una teoria riesce a svilupparsi e alla fine trionfare
se conquista un primo gruppo di sostenitori che lo svilupperanno fino al punto in cui molte
solide argomentazioni potranno venire prodotte e moltiplicate. Ciò che si verifica non è quindi
una unica conversione di gruppo, quanto un progressivo spostamento della distribuzione della
fiducia degli specialisti.
La struttura per rivoluzioni, della natura della scienza, ci permette di far luce anche sul
concetto di progresso scientifico. Il termine scienza è stato sempre, infatti, riservato a campi
che progrediscono in maniera evidente.
13
Sull’incommensurabilità delle visioni del mondo vds anche Maggi [2003].
Secondo Kuhn la pretesa di essere in grado di risolvere i problemi che hanno provocato la crisi del precedente paradigma è
una delle ragioni principali, ma non vanno dimenticate anche ragioni che non derivano dalla capacità del paradigma a
risolvere problemi. A volte le nuove teorie vengono preferite perché <<più eleganti>>, <<più adatte>>, <<più semplici>>
delle precedenti.
14
19
Fabio Forlani
In base alla lettura di Kuhn della natura della ricerca scientifica si possono evidenziare le
seguenti caratteristiche che la distinguono da altre discipline:
• Il progresso scientifico non è generalmente diverso da quello che avviene in altri
campi, ma l’assenza per la maggior parte del tempo di scuole in competizione fra loro,
ognuna delle quali metta in discussione gli scopi e i criteri delle altre, fa sì che il
progresso di una corporazione governata da una scienza normale sia più facile da
vedere.
• Si riscontra un isolamento senza eguali che una comunità scientifica matura mantiene
rispetto alle richieste del mondo dei profani e della vita di ogni giorno15. Proprio
perché lavora soltanto per un pubblico di colleghi, un pubblico che condivide i suoi
valori e le sue convinzioni, lo scienziato può affidarsi ad un unico insieme di criteri.
• L’educazione scientifica, soprattutto nelle scienze naturali, viene fatta su manuali e
non sulle fonti originali. Si tratta di una forma di educazione specializzata, rigida e
limitata che in qualche modo costituisce un iniziazione al paradigma. Questa
preparazione è perfetta per la ricerca all’interno della scienza normale, per risolvere
rompicapi all’interno della tradizione definita dal paradigma.
• L’esistenza stessa della scienza dipende dall’affidare il potere di scegliere il paradigma
ai membri di una comunità di tipo specifico.
• Una comunità di tale genere considera un mutamento di paradigma come un
progresso.
Kuhn [1978, p.205] concepisce, quindi, il progresso scientifico come “un processo di
evoluzione a partire da stadi primitivi: un processo i cui stadi successivi sono caratterizzati da
una comprensione sempre più dettagliata e raffinata della natura. Ma nulla di ciò che abbiamo
detto, ne fa un processo di evoluzione verso qualcosa.” e sostiene che il motore del progresso
sta appunto nei concetti stessi di comunità scientifica e di paradigma: “Le comunità
scientifiche (per sua natura) è uno strumento straordinariamente efficace per massimizzare il
numero e la precisione dei problemi risolti attraverso il mutamento di paradigma. … la novità
per se stessa non è un desideratum nelle scienze, come lo è in tanti altri campi creativi. Di
conseguenza, sebbene i nuovi paradigmi posseggano raramente, o quasi mai, tutte le capacità
dei loro predecessori, conservano di solito in misura notevole le più concrete conquiste
passate, e permettono sempre di ottenere nuove soluzioni concrete di problemi” [1978, p.203].
Nel descrivere la natura della scienza Kuhn fonda la sua analisi sui concetti di paradigma e di
comunità scientifica. Egli lega assieme questi concetti utilizzando il termine paradigma per
indicare la matrice disciplinaria di cui un ricercatore, appartenente ad una data comunità
scientifica, deve essere fornito. Una matrice disciplinaria (paradigma) è allora definibile come
“una costellazione di conclusioni – concetti, valori, tecniche eccetera – condivise da una
comunità scientifica, e usate dalla comunità per definire problemi e soluzioni leciti” e
ancora “Un paradigma è ciò che viene condiviso dai membri di una comunità scientifica,
e, inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che condividono un certo
paradigma” [Kuhn, 1978, p.213, grassetto nostro].
La matrice disciplinaria assume per Kuhn [1978, p.219-226] il seguente significato:
<disciplinaria> poiché si riferisce al possesso, comune a coloro che sono impegnati nella
ricerca, di una particolare disciplina, <matrice> poiché è composta di elementi ordinati di
vario genere, ciascuno dei quali esige un ulteriore specificazione. Tutti o la maggior parte
degli oggetti che costituiscono l’insieme di credenze condivise dal gruppo (che nella prima
versione del 1962 Khun chiamava genericamente paradigma) sono gli elementi costitutivi
della matrice disciplinaria e, in quanto tali, formano un tutto unico e funzionano assieme.
15
Questo isolamento non è mai completo, ma quel che interessa è il grado d’isolamento.
20
Esperienze, Marketing e Territorio
Una matrice disciplinaria, così concepita si compone dei seguenti elementi:
o Generalizzazioni simboliche: espressioni usate senza discussione o dissenso dai
membri del gruppo. Essi costituiscono i componenti formali o facilmente
formalizzabili della matrice disciplinare16.
o Modelli particolari: dogmi condivisi che forniscono al gruppo analogie e metafore
privilegiate o ammissibili.
o Valori: Sebbene essi agiscono sempre, a loro importanza si manifesta quando i
membri di una particolare comunità scientifica si trovano di fronte a una crisi, o più
tardi, devono scegliere tra maniere diverse e incompatibili di praticare la loro
disciplina. I valori più profondamente sentiti sono quelli che riguardano le previsioni e
quelli da usare per giudicare intere teorie (devono permettere la risoluzione di
rompicapo, devono essere semplici, coerenti, plausibili).
o Esemplari: le concrete soluzioni di problemi che gli studenti incontrano nella loro
educazione scientifica.
Il paradigma è inoltre definito da Kuhn [1978, p.226-230] anche come esempio condiviso da
un gruppo: “una sorta di elemento di quella costellazione, le concrete soluzioni di rompicapo
che, usate come modelli o come esempi, possono sostituire regole esplicite come base per la
soluzione dei rimanenti rompicapo della scienza normale.” Attraverso i problemi esemplari
(paradigmatici) lo studente scopre un modo di vedere il suo problema come simile a un
problema che ha già incontrato. E’ in grado di vedere le situazioni che affronta come
scienziato attraverso “le stesse lenti” (matrice disciplinaria) degli altri membri del suo gruppo
specializzato entro una comunità scientifica.
In estrema sintesi, per Kuhn la natura della scienza si può descrivere nel seguente modo:
Una comunità scientifica consiste, di coloro che praticano una specializzazione scientifica. In
una misura che non ha eguali in altri campi, costoro hanno ricevuto educazione e
addestramento simili. Di solito i confini, infatti, della letteratura codificata segnano i limiti di
un campo di ricerca. I membri di una comunità scientifica vedono se stessi e sono visti dagli
altri come gli unici responsabili del perseguimento di un insieme di finalità condivise,
compreso l’addestramento dei successori. I paradigmi (matrice disciplinaria e esempi
paradigmatici) sono qualcosa che viene condivisa dai membri di tali gruppi.
Presi come gruppo o in gruppi, coloro che svolgono attività all’interno delle scienze
sviluppate sono fondamentalmente dei solutori di rompicapo (ricerca normale). La dimostrata
capacità di formulare e risolvere dei rompicapo presentati dalla natura è, nel caso di conflitto
fra valori (ricerca straordinaria), il criterio dominante per la maggior parte dei membri di un
gruppo scientifico. Le teorie scientifiche posteriori sono migliori di quelle anteriori per
risolvere rompicapo nelle circostanze spesso molto differenti alle quali vengono applicate.
Una posizione del genere non è dunque relativistica e mostra come la teoria di Kuhn sia
coerente con il concetto di progresso scientifico.
1.2
Le tre questioni di fondo della ricerca scientifica: Ontologia, Epistemologia,
Metodologia
16
Se non fosse per la generale accettazione di espressioni simboliche, non vi sarebbero punti a cui i membri del gruppo
possano attaccare le potenti tecniche di manipolazione logica e matematica usate nella loro attività volta alla soluzione di
rompicapo. La potenza di una scienza sembra generalmente aumentare in proporzione al numero di generalizzazioni
simboliche che i studiosi hanno a disposizione.
21
Fabio Forlani
Prima di approfondire le diverse visioni del mondo (concezioni generali sulla natura della
realtà sociale, sulla natura dell’uomo, sul modo col quale questo può conoscere quella) che si
candidano a divenire paradigmi della ricerca scientifica e chiarire la posizione che si assumerà
in questa sede, occorre porsi tre grandi interrogativi di fronte ai quali si trova sempre la
ricerca scientifica:
- La realtà esiste?
- E’ conoscibile ?
- Come può essere conosciuta ?
Occorre affrontare, quindi le tematiche dell’Essenza, della Conoscenza, e del Metodo nella
ricerca scientifica; O, in altri termini, la questione Ontologica, Epistemologica e
Metodologica [Corbetta, 1999, p.21; Macri e Tagliavento, 2000, p.25].
La questione ontologica17: E’ la questione del “che cosa”. Essa riguarda la natura della realtà
(fisica e sociale) e la sua forma. In questa fase ci si chiede se il mondo dei fatti sia un mondo
reale e oggettivo dotato di una sua autonoma esistenza al di fuori della mente umana e
indipendentemente dall’interpretazione che ne dà il soggetto. Ci si domanda, cioè, se i
fenomeni fisici e sociali siano “cose in se stesse” ( cioè realtà preesistenti rispetto alla ricerca
e che attenderebbero solo di essere “scoperte” da un ricercatore neutrale) oppure
“rappresentazione di cose”(costruzione percettiva del ricercatore che non esistono al di fuori
della percezione stessa del ricercatore. In quanto tali il ricercatore può solamente descrivere e
interpretare l’esperienza da esso vissuta). Il problema, chiaramente, si collega alla più
generale questione filosofica dell’esistenza delle cose e del mondo esterno.
La questione epistemologica18: E’ la questione del rapporto fra il “chi” e il “che cosa” (e
dell’esito di questo rapporto). Essa riguarda la conoscibilità della realtà e pone, innanzitutto,
l’accento sulla relazione fra studioso e realtà studiata. E’ evidente la dipendenza di questa
questione dalla risposta data alla precedente problematica ontologica. Se il mondo reale
(fisico e sociale) esiste in quanto tale indipendentemente dall’agire umano, sarà legittima
l’aspirazione a raggiungerlo, a conoscerlo con obiettivo distacco, senza timore di alterarlo nel
coso del processo conoscitivo. Altrimenti, se la realtà è un costrutto individuale, ciò non sarà
possibile e il ricercatore dovrà descrivere e interpretare il mondo che appare ai suoi occhi.
Strettamente legati alla risposta data a questo problema sono i caratteri (la “forma”) che la
conoscenza può assumere: questi possono andare da “leggi naturali” deterministiche dominate
dalle categorie di causa-effetto, a leggi meno cogenti (probabilistiche), a generalizzazioni di
differente forma (i tipi ideali weberiani), a nessuna forma di generalizzazione (solo
conoscenze specifiche e contingenti).
La questione metodologica19: E’ la questione del “come” (come la realtà sociale può essere
conosciuta). Riguarda quindi la strumentazione del processo conoscitivo. Anche in questo
caso le risposte sono strettamente dipendenti da quelle date alle questioni che la precedono.
Una visione della realtà sociale come oggetto esterno non influenzabile dal processo
conoscitivo dello scienziato accetterà più plausibilmente tecniche manipolative (per esempio
l’esperimento, il controllo delle variabili, ecc.) di quanto non possa accettarle una prospettiva
che sottolinei l’esistenza di processi interattivi fra studioso e oggetto dello studio.
Le tre questioni sono dunque intrecciate fra loro, non solo per il motivo che le risposte date a
ognuna di esse sono fortemente influenzate dalle risposte date alle altre due, ma pure nel
17
Ontologia: quella parte della filosofia che studia l’essere in quanto tale, dal greco ontos (essere, ente) e logos (discorso,
riflessione).
18
Epistemologia: riflessione sulla conoscenza scientifica, dal greco epistème (conoscenza certa).
19
Metodologia: dal greco méthodos (strada con cui, metodo). Questione metodologica in quanto ha a che fare con i metodi
della ricerca scientifica, intesi come corpo organico di tecniche.
22
Esperienze, Marketing e Territorio
senso che talvolta risulta difficile distinguerne i confini. Queste componenti del pensiero
confluiscono, infatti, congiuntamente e in modo inscindibile sul piano sostantivo, in quella
che si può definire una visione del mondo.
1.3
Le visioni del mondo nella ricerca sociale
Riconoscere la natura della scienza e il dibattito ontologico ed epistemologico in tutte le sue
dimensioni implica riconoscere l’incommensurabilità delle visioni del mondo e delle scuole
di ricerca che da esse discendono [Kuhn, 1978; Maggi, 2003; Maggi e Solé, 2003].
Ciascuna è valida, ciascuna ha una sua coerenza e legittimamente può essere definita scienza.
Il ricercatore non può che scegliere fra una di esse, ma, per far quest’operazione deve
conoscere le varie alternative. In definitiva, la conoscenza dell’esistenza di più visioni del
mondo permette al ricercatore di essere consapevole delle proprie scelte.
La maggior parte degli autori che si sono occupati di epistemologia nelle scienze sociali
riconducono le varie scuole a due grossi filoni: la visione “empirista” e quella “umanista”.
Come evidenzia Corbetta [1999, p.21] le etichette a questo proposito sono fra le più varie, si
possono citare fra le altre <oggettivismo> e <soggettivismo>; in questa sede si utilizzerà il
termine canonico <positivismo> e quello, anche se meno consolidato di <interpretativismo>
[Corbetta, 1999, p.21]. Altri autori, anche se per la verità la minoranza, appartenenti a
discipline scientifiche differenti fra loro [Maggi, 2003; Varela, 1996; Golinelli, 2000] ed a
culture di ricerca differenti, parlano invece di tre visioni del mondo. Si tratta, comunque, di
visioni della realtà sociale e dei modi per conoscerla organiche al loro interno e contrapposte
fra loro che hanno generato blocchi differenziati di metodologie e tecniche di ricerca.
Nelle scienze sociali, ad oggi, è oramai consolidata la contrapposizione fra due matrici
disciplinarie ben distinte [Corbetta, 1999; Macrì e Tagliaventi, 2000]. Le scelte ontologiche,
epistemologiche e metodologiche portano infatti ad individuare attualmente le seguenti due
posizioni:
• Il postpositivismo (evoluzione “popperiana” del positivismo ottocentesco);
• L’interpretativismo o costruttivismo;
Il postpositivismo assume la realtà come concreta e preesistente20 alle indagini (posizione
ontologica) e svelabile attraverso queste, i suoi sostenitori sostengono che la conoscenza si
sviluppi attraverso un processo di osservazione distaccato e neutrale del ricercatore21
(posizione epistemologica) che porta alla formulazione di leggi naturali e di relazioni di causa
20
In termini ontologici sia al positivismo sia al postpositivismo è associato il concetto di realismo: realismo pieno nel primo
caso realismo critico nel secondo caso. Per i positivisti la realtà è conoscibile in maniera certa attraverso la ricerca empirica
che, in qualche modo giunge alla verità, secondo i postpositivisti (Popper [1934] e il suo concetto di falsificazione) invece
non sapremo mai di essere arrivati alla “verità”, ma il processo della conoscenza è comunque cumulativo: produce un
sistematico miglioramento del sapere. La falsificazione di una congettura e la sua sostituzione con un’altra, non ancora
falsificata, rappresentano il carattere evolutivo di questo progresso. Una teoria sopravvive, in tal modo, fintantoché un
ulteriore tentativo di confutarla e di sostituirla con una nuova e più potente congettura non abbia successo. Con questo modo
di procedere la prova può essere data solo in negativo: se le relazioni tra i dati non corrispondono alla congettura, allora si
può ragionevolmente pensare alla sua falsità, mentre non si potrà mai dimostrare di essere giunti o meno alla “verità”. Le
teorie basate su ricerche quantitative sopravvivono fintantoché un ulteriore tentativo di confutarle non abbia successo. A
motivo della centralità del processo di falsificazione, le ricerche sono tanto più credibili quanto più ampio è il campione di
riferimento e quanto più numerose sono, nel tempo, le reiterazioni di questo processo.
21
Poiché la realtà esiste ed è predeterminata, ricercatore ed oggetto di studio sono non soltanto distinguibili, ma scissi,
separati. Si parla di dualità fra ricercatore ed oggetto di studio e di oggettività delle informazioni raccolte e dei risultati delle
analisi o anche, di sistema predeterminato o determinismo. L’ipotesi di distacco fra realtà studiata e ricercatore significa
piena sostituibilità del ricercatore e oggettività dei dati, cioè indipendenza di questi dal ricercatore e dalla sua azione. Occorre
però evidenziare che il postpositivismo corregge un po’ tali posizioni parlando di dualismo-oggettività modificati, poiché vi è
la consapevolezza che il soggetto studiante introduce degli elementi di disturbo sull’oggetto studiato.
23
Fabio Forlani
effetto. Essi ritengono, in altri termini, che sia possibile generalizzare e sviluppare capacità
predittive22. La possibilità di generalizzare è coerente con l’assunto che ricercatori diversi
possano, osservando gli stessi fenomeni in uno specifico contesto o, addirittura, in contesti
diversi e in tempi diversi, pervenire a elaborare la medesima legge di causalità. Dal punto di
vista del metodo di ricerca nel postpositivismo il ricercatore formula ipotesi di ricerca che
sottopone poi al tentativo di falsificazione. E’, per cui, un comportamento deduttivo in cui il
disegno della ricerca23 va specificato prima che questa abbia inizio. Una ricerca quantitativa
fa proprie le scelte epistemologiche della matrice disciplinaria postpositivista, anche se non
viene escluso il ricorso alle tecniche qualitative. I teorici del positivismo e i loro discepoli
sostengono inoltre che c’è un'unica scienza e che debba esistere un unico paradigma valido sia
per le scienze fisico naturali che per le scienze sociali.
Il costruttivismo assume che non esiste un'unica realtà, in particolare quella sociale, ma la
realtà è sempre creata dai significati attribuiti dagli attori sociali (posizione ontologica)24. La
conoscenza, in tal caso, diventa specifica non solo in relazione all’oggetto studiato (“quello”
specifico attore sociale in “quello” specifico momento e in “quello” specifico contesto), ma
anche con riferimento allo stesso ricercatore (ricercatori diversi “vedono”, sia pure nelle
stesso contesto, fenomeni diversi e interpretano in modi differenti quanto vedono). Consegue,
da una tale doppia specificità, un’idea di non cumulabilità della conoscenza, una conoscenza
che può essere solo “locale” e che si contrappone , pertanto, all’idea di generalizzabilità prima
descritta. La premessa epistemologica del costruttivismo è che il ricercatore cerca di
comprendere, piuttosto che di spiegare o prevedere i fenomeni25. Metodologicamente nessuna
ipotesi teorica è presente all’inizio di una ricerca costruttivista. Il ricercatore può solo “porsi
di fronte” o meglio “entrare” nel contesto studiato per comprendere quale sia il senso ad esso
attribuito dagli attori che lo vivono. Poiché ogni contesto sociale è unico e irripetibile, egli si
prefigge di cogliere le peculiarità. Le tecniche di ricerca qualitative sono il logico sbocco
metodologico della matrice disciplinaria costruttivista.
Il costruttivismo partendo dalle posizioni di Dilthey [Corbetta, 1999, p.33; Maggi, 2003, p.21]
sostiene la necessità di distinguere le scienze in “scienze della natura” e in “scienze dello
spirito”26. Le prime sono orientate a trovare leggi generali che spieghino la natura (“scienze
22
Va evidenziato però che col passaggio dal positivismo al postpositivismo le teorie vengono a perdere la natura stretta
mente determinista per assumere il connotato di probabilità. Si passa cioè da leggi deterministiche a leggi probabilistiche che
introducono elementi di accidentalità, disturbi e fluttuazioni.
23
Un disegno di ricerca è un insieme flessibile di linee guida che esplicita la matrice disciplinaria. Si mettono in evidenza in
tal modo i collegamenti fra il paradigma teorico, le strategie d’indagine e i metodi per la raccolta dei dati empirici.
24
La realtà è, allora, il risultato di un’irripetibile e specifica costruzione umana che affonda le radici nei progetti e nelle
credenze, nei valori degli attori e nelle loro interazioni. Non esiste, pertanto, un’unica realtà sociale immutabile e
indipendente da chi la osserva e da chi la vive. Più realtà coesistono e mutano nel tempo a seguito delle interazioni tra gli
attori e dei cambiamenti nei loro sistemi di credenze, aspettative, valori. L’assunzione ontologica del costruttivismo è che le
persone non possano essere comprese al di fuori del contesto delle loro attuali relazioni con altre persone o separate dalla loro
connessione con il modo. La ricerca costruttivista non considera il mondo come realtà oggettiva, dichiara bensì il primato dei
processi soggettivi di conoscenza. Poiché chi osserva è parte integrante di ogni processo di conoscenza, l’osservazione perde
il suo primato di “banco di prova”, di tribunale super partes al cui cospetto presentare le teorie scientifiche.
25
Spiegare significa ricondurre al semplice, al lineare, ciò che “è piegato”. La spiegazione affronta la complessità
riducendola progressivamente, riportandola, per l’appunto, a elementi via via più semplici. La spiegazione ha a fondamento
l’idea che anche i fenomeni più complessi siano analizzabili attraverso una scomposizione progressiva alla cui base si
troverebbero invariabilmente i “mattoni” elementari della spiegazione. Il costruttivismo non parla di spiegazione, bensì di
comprensione. Il processo di comprensione del costruttivismo è il risultato di un osservazione d’insieme, cioè non
frammentabile, dei fenomeni sociali e della loro specifica dinamica. Sono proprio le relazioni esistenti tra ricercatore e realtà
osservata che consentono la costruzione, da parte del ricercatore, di risultati e di significati. Per comprendere il senso che gli
attori sociali danno alla realtà il costruttivismo rifiuta il riduzionismo e assume un approccio olistico. In assenza di congetture
pre-definite e da sottoporre ad analisi critica (al tentativo cioè di falsificazione), l’attenzione del ricercatore non può, infatti,
essere pre-indirizzata, deve bensì abbracciare il contesto sociale nella sua interezza, senza un’aprioristica circoscrizione o
selezione dei fenomeni: deve, per l’appunto configurarsi come un approccio olistico.
26
Il dibattito sul metodo nacque per reazione all’estensione del principio del determinismo causale allo studio della società.
Questa reazione (antipositivismo) mise in luce la singolarità degli eventi umani e la contrappose alla regolarità degli eventi
naturali e cercò di mostrare come le società, le istituzioni politiche, economiche e giuridiche e le altre forme di
24
Esperienze, Marketing e Territorio
nomotetiche”), le seconde sono orientate a cogliere l’individualità dei fenomeni, la loro
unicità e irripetibilità (“scienze idiografiche”).
Tab 1.1 Le visioni del mondo nelle scienze sociali
Ontologia
Epistemologia
Metodologia
Postpositivismo
La realtà sociale è concreta ma conoscibile
solo in maniera imperfetta.
Dualismo / Oggettività.
Risultati probabilisticamente veri.
Scienza sperimentale in cerca di leggi,
soprattutto di causalità. Generalizzazione.
Conoscenza nomotetica.
Obbiettivo: spiegazione.
Sperimentale
Osservazione / Rilevazione di dati
Prevalentemente deduzione (falsificazione
delle ipotesi)
Tecniche
principalmente
quantitative,
residualmente qualitative.
Costruttivismo
La realtà è socialmente costruita quindi
esistono realtà multiple.
Assenza di separazione fra ricercatore e
realtà studiata. Risultati “costruiti”.
Scienza interpretativa alla ricerca di un
significato.
Conoscenza idiografica.
Obbiettivo: comprensione
Interazione fra ricercatore e realtà studiata.
Osservazione / Interpretazione
Induzione
Tecniche
principalmente
residualmente quantitative.
qualitative,
Fonte: Macrì e Tagliaventi, 2000, p.27.
Come precedentemente accennato, fra queste due visioni del mondo storiche e largamente
riconosciute, esiste anche una terza via alla ricerca sociale che si distingue tanto dal
positivismo che dal costruttivismo.
Nelle scienze dell’organizzazione Bruno Maggi [Maggi, 2003; Maggi e Solé, 2003] parla
consapevolmente di terza via alla ricerca scientifica delle scienze sociali basando il suo
ragionamento dal “Methodenstreit” o dibattito sul metodo. Questo autore evidenzia, come
altri, che il dibattito si svolse sull’opposizione tra una visione oggettivista delle “scienze della
natura” e una visione soggettivista delle “scienze dello spirito”, ma nel suo contributo egli
evidenzia che nel dibattito era presente anche una terza visione del mondo (Weberiana),
distante sia dall’oggettivismo che dal soggettivismo.
Secondo Maggi c’è, appunto, una terza via che parte da Max Weber tra la spiegazione
positivista e la comprensione che rifiuta la spiegazione. Per Weber le scienze storiche e sociali
sono caratterizzate per un orientamento verso la singolarità, ed in tal senso esse devono
innanzitutto comprendere il senso degli avvenimenti umani, ma questa comprensione non
deve derivare da un atto di intuizione, una semplice partecipazione empatica, è necessaria
invece una convalida razionale e intersoggettiva. Il tentativo di Weber è quello di sviluppare
la comprensione del senso soggettivo dell’agire umano e la spiegazione dei fenomeni sociali
attraverso un processo oggettivo e verificabile. La verifica dell’interpretazione non si realizza
con metodologie positiviste. La spiegazione di un avvenimento fa riferimento alle
“condizioni” che l’hanno reso oggettivamente possibile e al giudizio che possiamo dare di
“cause adeguate” e “cause accidentali” che consiste nella definizione del grado di necessità di
ogni condizione per la produzione dell’evento.
Quindi comprendere e spiegare sono tutte e due necessarie secondo l’epistemologia
Weberiana, questo perché egli vede l’agire sociale come processo evitando la dicotomia tra
organizzazioni umane non siano governate da leggi analoghe a quelle della natura. A partire da quella visione ontologica
Diltey definì le scienze dello spirito come quelle scienze caratterizzate per la “comprensione soggettiva” come metodo di
ricerca che consisteva nel tentativo di rivivere l’esperienza soggettiva di altri soggetti per comprendere il senso delle loro
azioni. In tal modo emerse la differenza fra “spiegare” e “comprendere”, la spiegazione secondo Diltey era riservata ai
fenomeni naturali, mentre era impossibile per i comportamenti umani che dovevano essere invece compresi. I discepoli di
tale scuola arrivarono quindi a rigettare l’unicità della spiegazione ed indicarono che nelle scienze storiche e sociali non vi sia
un solo modo di spiegare i fenomeni.
25
Fabio Forlani
l’individuo e la società e, quindi, la scelta di uno o dell’altro polo come principale questione
dell’analisi.
L’epistemologia di Weber in particolare considera la comprensione come il punto di partenza
dell’analisi scientifica, tuttavia essa richiede di procedere ad una spiegazione dell’agire
sociale su delle basi empiricamente verificabili. La comprensione concerne quindi il senso
dell’azione; la spiegazione serve a rendere conto della dimensione causale (come causa
adeguata) delle condizioni empiriche dell’azione. La valutazione della possibilità oggettiva di
relazioni causali tra le azioni e gli eventi individuali nel corso del processo, si appoggia, sulla
comparazione dei processi reali (compresi o descritti) con dei processi d’azione ipotetici
idealmente costruiti.
Per Weber i tipi ideali sono delle “forme di agire sociale che possono venir riscontrate in
maniera ricorrente nel modo di comportarsi degli individui umani […] uniformità tipiche di
comportamento […] costituite attraverso un processo astrattivo che, isolando entro la
molteplicità del dato empirico alcuni elementi, procede a coordinarli entro un quadro coerente
e privo di contraddizione” [Rossi, 1958, in Corbetta, 1999, p.36]. Il tipo ideale è dunque
un’astrazione che nasce dalla rilevazione empirica di uniformità.
“Weber non parla dunque di leggi causali ma di connessioni causali o per meglio dire,
utilizzando un’espressione ripresa da Boudon di enunciati di possibilità (se accade A allora il
più delle volte si verifica B). Non è raggiungibile quindi l’obbiettivo di arrivare a stabilire i
fattori determinanti di un certo evento sociale o di un certo comportamento individuale, ma è
raggiungibile quello di tracciare le condizioni che lo rendono possibile” [Corbetta, 1999, p.36]
Alle leggi causali di impianto positivista dotate di generalità e di obbligatorietà (anche se
attenuate in senso probabilistico nell’impianto postpositivista) si contrappongono dunque
enunciati, connessioni segnati dai caratteri della specificità e della possibilità.
Nell’epistemologia di Weber si può inoltre evidenziare l’avalutatività delle scienze storicosociali come un caposaldo irrinunciabile: “La capacità di realizzare la distinzione tra il
conoscere ed il valutare, cioè tra l’adempimento del dovere scientifico di vedere la realtà dei
fatti e l’adempimento del dovere pratico di difendere i propri ideali – questo è il principio al
quale attenerci più saldamente” [Weber, 1904 in Corbetta, 1999, p.34] .
Maggi e Solé [2003] forti dell’impostazione epistemologica weberiana sostengono che le
molteplici teorie esistenti della decisione (e quindi del comportamento umano) possono essere
ricondotte a tre correnti di ricerca che corrispondono a tre diverse visioni del mondo. Nella
loro analisi, questi autori sostengono, infatti, che esistono tre visioni del mondo definite dal
loro posizionamento rispetto a questioni fondamentali quali la libertà, la realtà, la razionalità,
l’incertezza.
Le caratteristiche principali di queste tre visioni del mondo sono [Maggi e Solé, 2003]:
Oggettivismo (Positivismo): “E’ il punto di vista secondo cui la decisione è funzione di
vincoli esterni, è dettata da vincoli esterni. E’ una logica di adattamento dell’impresa al suo
ambiente. Secondo questo approccio le decisioni d’impresa possono, e dunque devono essere
razionali: esse sono valutabili in termini di efficienza. Si crede che, grazie a una analisi
obiettiva, l’incertezza può essere eliminata, e che quindi le decisioni possono essere
oggettivamente buone e pertinenti. Il punto di partenza del processo di decisione è l’analisi
della realtà, poiché la realtà è considerata come un vincolo oggettivo esterno. La libertà del
decisore è trascurabile: la sua decisione è determinata dalla realtà, alla quale cerca di adattarsi.
Si tratta di una razionalità oggettiva e a priori.”
Soggettivismo (Costruttivismo): “E’ il punto di vista secondo cui la decisione esprime
l’irriducibile e piena libertà umana. Non esiste un problema di rapporto tra vincoli esterni e
decisioni: la realtà non è un dato che si impone agli attori, non è un vincolo esterno; la realtà è
costruita, cioè creata, dalle loro convinzioni, dai loro sogni, dalle loro angosce … Non si
26
Esperienze, Marketing e Territorio
tratta di rappresentazioni ma di costruzioni della realtà. Secondo questo approccio, le
decisioni dell’impresa esprimono le convinzioni personali dei dirigenti, i loro modi di
pensare, le loro paure, i loro desideri … il loro potere, il quadro istituzionale nel quale si situa
l’impresa. Generalmente, le decisioni sono sempre imprevedibili: l’incertezza è totale. La
razionalità è, di fatto, una razionalizzazione, cioè una giustificazione a posteriori della
decisione. Secondo questo punto di vista, una buona decisione è una decisione che va bene al
decisore, che gli conviene.”
La terza via “NeoWeberiena” “E’ il punto di vista secondo cui il processo di decisione non
è né determinato né indeterminato. Ogni decisione vincola le decisioni seguenti, ma questi
vincoli sono anche delle risorse per lo sviluppo del processo decisionale. In ogni circostanza
c’è uno spazio di libertà. Non v’è una realtà, vi sono sempre diverse rappresentazioni della
realtà. Secondo questo approccio, le azioni e le decisioni sono sostenute da intenzioni, benché
il fine che si cerca di perseguire non sia né dato né chiaro: evolve, si trasforma man mano che
il processo decisionale si costruisce. Le azioni e le decisioni cercano di far fronte
all’incertezza, sempre esistente, ma che può essere più o meno influente. Non vi sono
decisioni oggettivamente buone, ma si può valutare il rapporto tra i fini desiderati e i mezzi
utilizzabili per cercare di raggiungerli. Si tratta quindi di una razionalità intenzionale e
limitata, come è limitata la ragione umana.”
Per concludere la presentazione delle diverse visioni del mondo presenti nelle discipline
sociali, si evidenzia che anche negli studi di economia e gestione delle imprese alcuni studiosi
ritengono che vi sia una terza via fra soggettivismo (olistico) e oggettivismo (riduzionista),
anche se non tutti concordano sull’incommensurabilità di tali visioni.
Golinelli [2000, p.21] afferma che “l’approccio sistemico non coincide con l’approccio
olistico e non si contrappone all’approccio analitico-riduzionistico” [Tagliagambe e Usai,
1999, in Golinelli, 2000, p.21] e che “l’approccio per sistemi costituisce una terza via tra
riduzionismo e olismo: ciò che pare più rilevante in tale approccio, ed è particolarmente fertile
dal punto di vista scientifico, non è certo l’esclusività dell’analisi delle singole parti
concernenti il tutto, ma non è neppure l’esplorazione di quest’ultimo interpretato
indipendentemente dall’esistenza delle singole parti. […] esso rappresenta un percorso che
ponendosi all’interno del continuum che ha nel riduzionismo e nell’olismo i suoi estremi, sia
in grado di conciliare entrambi.” [Golinelli, 2000, p.21].
Cozzi e Ferrero evidenziano la conflittualità esistente fra le diverse scuole di marketing e
sottolineano la necessità di una strada di ricerca che superi i limiti manifestati dalle teorie
dominanti. I due autori parlando di basi epistemologiche del marketing affermano [1996, p.7]:
“Su questo aspetto sono stati pubblicati, a partire dagli anni ottanta, numerosi contributi, molti
dei quali, in buona sostanza, auspicano la demolizione dei sistemi teorici affermatisi in
passato in quanto non ne condividono le basi epistemologiche sottostanti, caratteristiche di
una cultura <<modernista>>, nella quale vengono privilegiati il positivismo e l’empirismo
logico. A questa base epistemologica, per molti aspetti effettivamente discutibile, vengono
contrapposti approcci relativistici di vario tipo, che meglio si connettono con le molteplici
manifestazioni della cosiddetta cultura <<postmoderna>>, insofferente di qualsiasi
generalizzazione e di qualsiasi nomenclatura che aspiri ad avere fondamenti oggettivi. Questa
insofferenza – a ben vedere – ha però nociuto alle posizioni relativistiche emergenti nelle
scienze sociali, che hanno finora contribuito, anche negli studi di marketing, più a sottoporre a
critiche distruttive i paradigmi consolidati che a proporre nuovi paradigmi alternativi, anche
perché, come è stato osservato, partendo da queste posizioni <<ciascuno può affermare ciò
che vuole e questo può essere fatto da tutti. Alcune cose che vengono affermate sono senza
dubbio interessati ed affascinanti, altre possono essere assurde o ridicole, ma, nella cultura
27
Fabio Forlani
postmoderna, non c’è alcun criterio condiviso che consenta di distinguere le une dalle altre>>
(Rosenau, 1992)”.
1.4
L’ontologia di Humberto Maturana: verso una fondazione biologica delle scienze
sociali
Abbiamo precedentemente mostrato come le “scienze dello spirito” siano nate in opposizione
alle “scienze della natura”, e di conseguenza abbiamo mostrato le principali matrici
disciplinarie della scienza sociale. A questo punto è opportuno però chiedersi se nel XXI
secolo esistano ancora le condizioni per parlare di ricerca scientifica in questi termini
dualistici.
Una risposta a tale dibattito sembra emergere dall’articolo di Dell [1986]: “Bateson e
Maturana: verso una fondazione biologica delle scienze sociali” .
Nell’articolo, l’autore, fa un confronto fra l’ontologia biologica di Maturana e l’epistemologia
cibernetica di Bateson, arrivando a sostenere, come afferma il titolo stesso, l’esistenza di una
fondazione biologica delle scienze sociali. Tale fondazione dovrebbe garantire il consolidarsi
di una matrice concettuale comune a tutte le scienze della vita (scienze sociali comprese).
In questa sede si riportano i principali contributi apportati da Maturana allo sviluppo della
conoscenza dei sistemi viventi, in quanto si ritiene possano essere una base ontologica solida
su cui costruire il successivo ragionamento epistemologico e metodologico delle scienze
sociali.
Humberto Maturana nel corso delle sue ricerche ha affronta due questioni fondamentali:
1. Che cosa avviene nel fenomeno della percezione ?
2. Che cos’è l’organizzazione del vivente ?
La sua intuizione chiarificatrice è stata quella di vedere che i due fenomeni sono, in realtà, la
stessa cosa. Egli afferma, infatti, che “la cognizione è un fenomeno biologico e può essere
compresa solo come tale” [Maturana e Varela, 1985] . Da questa affermazione se ne ricava
che ogni entità biologica ha ed è un modo di conoscere: “vivere, come processo, è un
processo cognitivo. Questa asserzione è valida per tutti gli organismi, con e senza sistema
nervoso”.
Per Maturana, allora, conoscere equivale a vivere e vivere equivale a conoscere. L’idea
centrale di Maturana sull’organizzazione del vivente è la seguente: “è la circolarità della sua
organizzazione che rende un sistema vivente un’unità di interazioni, ed è questa circolarità
che esso deve mantenere per rimanere un sistema vivente”. Questa affermazione, secondo
Dell [1986] è l’intuizione profonda di Maturana che lo ha portato a tracciare un ontologia ed
una epistemologia dei sistemi viventi.
Maturana sostiene che se l’organizzazione di un sistema vivente è circolare, allora si tratta di
un organizzazione chiusa non tanto dal punto di vista termodinamico, ma organizzativo. Il
fatto che un sistema vivente sia chiuso a livello organizzativo, implica direttamente che esso è
autonomo [Maturana e Varela, 1985].
Maturana e Varela utilizzano il termine autopoiesi, che deriva dal greco”auto” (sé) e “poiesis”
(creazione), per indicare quella che per loro è la caratteristica fondamentale dei sistemi
viventi e cioè il fatto di possedere una struttura organizzata capace di mantenere e
rigenerare nel tempo la propria unità e la propria autonomia rispetto alle continue
variazioni dell’ambiente circostante, tramite la creazione delle proprie parti costituenti,
che a loro volta contribuiscono alla generazione dell’intero sistema. I sistemi viventi
quindi mantengono se stessi grazie alla produzione dei propri “sottosistemi” che producono a
loro volta l’organizzazione strutturale globale necessaria per mantenerli e produrli. I sistemi
28
Esperienze, Marketing e Territorio
viventi sono visti come strutture autonome e dotate di chiusura operazionale, in cui il
sistema si trova in una situazione di completo autoriferimento, in cui cioè pensa solo al
proprio mantenimento e tutte le azioni che sembra compiere verso l’esterno sono in realtà atte
a mantenere la propria integrità rispetto alle perturbazioni ambientali.
Se ogni sistema vivente ha la propria individualità autonoma, poiché la natura della sua
struttura determina interamente come il sistema si comporterà in tutte le sue interazioni, le
interazioni non determinano come si comporterà il sistema, ma è il sistema che determina il
proprio comportamento. Più precisamente la struttura del sistema determina come esso si
comporterà.
Se assumiamo che un sistema si autodetermina, si può sostenere che, poiché le interazioni con
l’ambiente non possono determinare il comportamento di un sistema vivente
organizzativamente chiuso, tali sistemi non possono ricevere informazioni [Dell, 1986]. In
base questo ragionamento Maturana arriva alla conclusione che, poiché tutti i sistemi viventi
sono chiusi, non esista una cosa come l’informazione.
Nella nostra esperienza di vita siamo, però, convinti che l’informazione esiste e che riceviamo
informazioni da un’infinità di fonti. Tuttavia sappiamo anche che persone diverse ricevono
“differenti informazioni” dallo stesso input. La ragione è semplice: ogni persona è differente
dall’altra e proprio per questo risponde diversamente allo stesso input.
La posizione di Maturana sull’informazione, che a prima vista può apparire assurda, afferma
proprio questo. E’ il sistema a determinare il proprio comportamento, non l’informazione
esterna. L’informazione esterna, quindi, non ha esistenza o significato se non quello che le
attribuisce il sistema con cui interagisce: “Interazioni comunicative e linguistiche sono
intrinsecamente non informative; l’organismo A non determina e non può determinare la
condotta dell’organismo B perché, data la natura dell’organizzazione autopoietica ogni
cambiamento che un organismo subisce è necessariamente e inevitabilmente determinato
dalla sua propria organizzazione” [Maturana e Varela, 1985, p.180].
Secondo Maturana i nostri concetti di informazione e comunicazione sono mistificati perché
ci portano a considerare la comunicazione e l’informazione come qualcosa di simile al tocco
del Re Mida, capace di trasformare in oro qualunque oggetto. Come il Re Mida poteva fa sì
che gli oggetti esaudissero i suoi desideri, così troppo spesso riteniamo che l’informazione e
la comunicazione possano determinate e specificare come si comporterà un organismo
vivente. Ma non è così. La cosiddetta “informazione” non prescrive e non può prescrivere il
comportamento di un sistema vivente. Ciò che definiamo informazione è semplicemente
qualcosa che osserviamo interagire con il sistema. In ogni interazione il sistema si comporterà
sempre conformemente alla sua struttura.
In altre parole i sistemi viventi sono deterministici, nel senso che sono determinati dalla
propria struttura. Maturana parla a questo proposito di determinismo strutturale.
Nell’analisi che ne fa Dell [1986] Maturana è partito dal determinismo dei sistemi viventi per
arrivare ad un determinismo strutturale più generale che si applica sia ai sistemi viventi che a
quelli non viventi. In tale ottica il determinismo è la condizione sine qua non della scienza.
Senza questo determinismo la scienza non potrebbe progredire. L’esistenza di un mondo
ordinato dipende dal determinismo. Senza una qualche forma di determinismo ontologico non
ci sarebbe che caos ed ogni cosa si comporterebbe in modo privo di significato.
L’asserzione ontologica di Maturana è allora la seguente: il mondo è strutturalmente
determinato [Dell, 1986]. Con questo egli intende dire che il comportamento di tutte le unità
composte, sia che si tratti di sistemi viventi o di oggetti inanimati, è interamente determinato
dalla loro struttura (cioè dalle componenti dell’unità e dalle relazioni tra queste componenti).
Il comportamento di un sistema vivente nel suo medium non è altro che un caso particolare di
29
Fabio Forlani
una realtà più generale, cioè, che noi viviamo in un mondo di entità strutturalmente
determinate.
In questa prospettiva la struttura di un oggetto ne determina il comportamento, nel senso che
ne stabilisce quali sono le interazioni a cui esso può partecipare. Determina, inoltre, quali
sono gli eventi nel suo medium con cui esso può interagire e come esso si comporterà in
ciascuna di queste interazioni. La struttura dei sistemi non è però qualcosa di statico, essa si
modifica con ciascuna interazione a cui partecipa. Questo vale in particolar modo per i
sistemi complessi dinamici, come i sistemi viventi, che subiscono cambiamenti continui
nelle loro componenti e nelle relazioni tra queste componenti27.
A questo punto occorre porre la questione della spiegazione, come possiamo spiegare la
nostra convinzione (ed esperienza) che una cosa ne causa un’altra?
Per Maturana, la parola “causa” è sinonimo di “interazione istruttiva”28, come tale è quindi un
fenomeno impossibile. In una interazione istruttiva A determina unilateralmente la risposta di
B: la lezione tenuta da un professore determina in tutti gli studenti un identico livello di
comprensione e fa quindi sì che essi diano agli esami risposte identiche. Perciò, quando
Maturana afferma che la causalità è impossibile, intende dire che la lezione del professore non
determina le risposte degli studenti (il che significherebbe che si tratta di un’interazione
istruttiva), essa seleziona le risposte degli studenti, ma è la loro struttura che le determina.
Selezionare è qualcosa di simile a premere il pulsante “acqua naturale” di un distributore
automatico. La pressione del pulsate seleziona la risposta della macchina, ma non determina il
fatto che la macchina vi dia dell’acqua quando premete il bottone.
L’idea di Maturana è che le nostre convinzioni sulla causalità siano una conseguenza
epistemologica del nostro stato ontologico: noi esistiamo nel mondo fisico (1) e operiamo in
questo mondo come osservatori (2). Come osservatori punteggiamo ciò che vediamo in
termini di causalità, e quindi caratterizziamo il mondo in cui viviamo come universo causale:
“La nozione di causalità appartiene al dominio delle descrizioni, e come tale, è rilevante solo
nel metadominio nel quale l’osservatore fa i suoi commenti e non può essere ritenuta
operativa nel dominio dei fenomeni, che sono l’oggetto della descrizione” [Maturana e
Varela, 1985]. Come osservatori noi attribuiamo una priorità causale all’aggettivo attivo, che
“causa” (ma in realtà semplicemente seleziona) in un altro oggetto un particolare
cambiamento (ad esempio, nel biliardo, la palla colpita dalla stecca del giocatore “fa fare”
carambola alla palla che era ferma). Punteggiando in tal modo l’interazione, ignoriamo il fatto
che è la struttura del secondo oggetto (la palla che era ferma) a determinare che esso può
essere messo in movimento, e in che modo, da parte di altri oggetti: “Gli stati e le transizioni
di stato di un sistema sono determinati dalla sua organizzazione (oggi Maturana direbbe
struttura29 ndr). Di conseguenza, gli stati degli organi di senso e dell’organismo così come le
loro transizioni sono necessariamente determinati dalla loro organizzazione, e l’ambiente
come agente perturbante può rappresentare solo l’occasione storica del loro
verificarsi”[Maturana in Dell, 1986]
27
Secondo Dell, Maturana, prima di introdurre il concetto di determinismo strutturale pensava come un biologo a
orientamento epistemologico, da allora però egli ha cominciato a ragionare come uno studioso di ontologia ed epistemologia
a orientamento biologico. A conferma di tale affermazione si ricorda che nella targa dell’ufficio di Maturana c’è scritto
“Laboratorio sperimentale di epistemologia”.
28
“L’interazione istruttiva” di Maturana, per inciso, non è altro che la causalità lineare di impostazione positivista e
postpositivista.
29
Maturana definisce l’organizzazione come “una rete di relazioni tra componenti che definiscono il sistema come unità
composita di un tipo particolare” e la struttura come “la serie di componenti effettivi e relazioni effettive che realizzano
concretamente un sistema particolare come un membro particolare della classe a cui appartiene in virtù della sua
organizzazione”. In questo modo Maturana definisce l’organizzazione come ciò che garantisce l’identità del sistema, come
sistema autopoietico. La struttura è data, quindi, dalle “relazioni che caratterizzano una particolare unità composita di un
certo tipo in un certo istante della sua vita”.
30
Esperienze, Marketing e Territorio
In base alla teoria di Maturana tutte le interazioni tra sistemi implicano accoppiamenti
strutturali. Quindi anche le nostre interazioni con l’ambiente implicano accoppiamenti
strutturali. Quando siamo in grado di interagire con degli oggetti in modo da ottenere il
risultato desiderato o previsto, viviamo l’esperienza psicologica della causalità. Tuttavia
questa esperienza non comporta mai un interazione istruttiva. Le interazioni consistono (o
possono consistere) in un fenomeno di adattamento reciproco o accoppiamento. Per poter
avere l’esperienza psicologica (ed epistemologica) di causare un evento, dobbiamo adattarci
alla situazione. Dobbiamo cioè adattare la nostra struttura alle strutture con cui interagiamo.
Dall’ontologia di Maturana, Dell [1986], trae sei implicazioni fondamentali:
• La conseguenza epistemologica che ne deriva è che una conoscenza oggettiva è
impossibile. Non possiamo ricevere alcuna informazione oggettiva sul mondo. Ciò
che conosciamo è sempre funzione dell’interazione tra le operazioni del nostro
corpo strutturalmente determinato e il mondo “esterno”. Noi possiamo conoscere il
modo solo attraverso le “lenti” strutturalmente determinate del nostro corpo.
• Una causalità che implichi una interazione istruttiva è ontologicamente
impossibile.
• Il controllo è impossibile. I sistemi possono accoppiarsi l’uno con l’altro, ma il
controllo è ontologicamante impossibile.
• I sistemi strutturalmente determinati sono necessariamente “perfetti”, nel senso che
non commettono mai errori; essi si comportano sempre secondo la propria
struttura. Perciò, ogni volta che affermiamo che un organismo ha commesso un
errore, usiamo come referente l’obiettivo che non è stato raggiunto, anziché la
struttura dell’organismo stesso.
• Un sistema strutturalmente determinato funziona unicamente in base alla sua
struttura e non in vista di scopi30.
• Il determinismo strutturale implica direttamente il fenomeno dell’accoppiamento
strutturale. L’accoppiamento strutturale organizza ed è costitutivo di ogni sistema
complesso che sia mai esistito. Sul piano epistemologico è il fondamento che
produce la scienza. Sul piano ontologico è sinonimo di esistenza: Ciò che esiste
deve essere accoppiato strutturalmente con il mondo (in cui esiste); ciò che non è
accoppiato strutturalmente con il mondo non può esistere (in quel mondo).
L’accoppiamento strutturale è il fenomeno che sottende e, di fatto, costituisce ciò che di solito
chiamiamo “cognizione” o “intelligenza”. Essere accoppiato strutturalmente significa avere
comportamenti intelligenti. Il comportamento fondamentale è esistere; la conoscenza
fondamentale è “conoscere come” esistere. Per un organismo vivente la conoscenza chiave
è sapere come sopravvivere. Se un organismo è in grado di continuare a funzionare come
unità vivente, autopoietica, significa che esso è accoppiato strutturalmente con il suo medium.
Cioè, le sue interazioni con il medium in cui esiste non portano alla sua distruzione. Perciò
come ha sottolineato Maturana, conoscere è vivere ed esistere come essere vivente significa
comportarsi con “intelligenza”.
Tutto il lavoro di Maturana implica che l’ontologia include la conoscenza di base: “come
esistere”.
Sulla base delle considerazioni di Maturana occorre, quindi, chiedersi se c’è qualcosa nella
natura dell’accoppiamento strutturale di un mammifero con il suo ambiente che ci spinge a
30
Discuteremo in seguito questo punto, cercando di mostrare come numerosi autori [Capra, 1997 e 2002] ritengono che nei
sistemi complessi di ordine superiore, come l’homo sapiens, il determinismo strutturale abbia fatto emergere l’esistenza di
comportamenti finalizzati. Cercano di dimostrare in tal modo che l’esistenza di finalità non è in contraddizione con il
determinismo strutturale di Maturana e che può essere inclusa come caratteristica dei sistemi sociali [Capra, 2002, cfr §2.5 e
§2.6].
31
Fabio Forlani
definire intelligente questo tipo di animali, mentre ci opponiamo all’idea che rocce o protozoi
siano intelligenti. Qual è la differenza fra questi sistemi?
La differenza che balza immediatamente agli occhi è che i mammiferi sono più complessi di
altre forme inferiori di organismi viventi o di entità non viventi. Tuttavia la complessità non è
la differenza cruciale. Lo è invece il fatto che tale differenza si fonda sulla plasticità
strutturale. Un sistema è plastico a livello strutturale quando è in grado di subire
cambiamenti strutturali in seguito ad interazioni con se stesso, con il suo ambiente o con altri
sistemi strutturalmente plastici. Sebbene la struttura del sistema determini in che modo esso
“reagirà” ad una certa perturbazione in un dato istante, l’interazione porta, a sua volta, a
cambiamenti strutturali, che altereranno il comportamento futuro del sistema. Cioè un
sistema strutturalmente plastico è un sistema che apprende. Quando un sistema
strutturalmente plastico è accoppiato con il suo ambiente, il suo comportamento ci appare
intelligente, poiché la sua plasticità fa si che esso mostri continui cambiamenti nelle sue
risposte all’ambiente. E’ la plasticità strutturale che determina la differenza di comportamento
tra un mammifero e una roccia che fa definire intelligente il primo e l’altra no.
Questo fenomeno è di estrema importanza per i sistemi sociali, poiché l’accoppiamento
strutturale costituisce il fondamento di tutti i sistemi interattivi animali e quindi anche dei
sistemi sociali umani. Un sistema plastico a livello strutturale, finché sopravvive, diventerà
automaticamente e rapidamente accoppiato in modo sempre più ricco con il suo ambiente.
Essendo l’ambiente formato da altri sistemi strutturalmente plastici, essi risulteranno
accoppiati l’uno con l’altro con sempre maggior complessità31.
Secondo Dell dall’ontologia di Maturana nel campo delle scienze sociali appare evidente che:
i sistemi viventi strutturalmente determinati si organizzano automaticamente in sistemi
interattivi. Ogni volta che due o più sistemi viventi strutturalmente plastici interagiscono, essi
cominciano a co-creare uno schema chiuso di interazione. Essi formano un sistema. Il sistema
emerge naturalmente dal modo in cui le sue componenti strutturalmente plastiche si
adattano l’una con l’altra. Tale sistema deriva da ed è l’accoppiamento strutturale delle sue
componenti. Il sistema è il modo in cui le sue componenti si adattano reciprocamente.
I sistemi viventi, fino che vivono e interagiscono, automaticamente si accoppiano.
Dall’ontologia di Maturana emerge dunque che il mondo vivente è organizzato in modo
sistemico perché l’organizzazione sistemica (cioè l’accoppiamento strutturale) è una
necessaria conseguenza dell’interazione dei sistemi viventi strutturalmente determinati, così
da formare un sistema interattivo chiuso autopoietico che ha una schema o pattern reticolare.
Secondo la logica sistemica in un mondo strutturalmente determinato nessun oggetto può
determinare il comportamento di un altro oggetto. Questa considerazione è confermata
dall’affermazione di Bateson [in Dell, 1986]: “una parte non può controllare il tutto”. Bateson
ha in questo modo compresso il concetto di determinismo strutturale e l’impossibilità di
interazioni istruttive. L’impossibilità di un controllo unilaterale all’interno di un sistema è
solo un caso specifico del fenomeno del determinismo strutturale. La parte non può
controllare il tutto, poiché la parte è, di fatto, parte del sistema ed è quindi soggetta essa stessa
ai processi causali circolari a cui partecipa. Tuttavia, anche se la parte fosse esterna al sistema,
non potrebbe ugualmente esercitare un controllo su di esso, poiché in base al determinismo
strutturale le interazioni istruttive sono ontologicamente impossibili.
Secondo Dell [1986], basandosi sulle teorie di Maturana e Bateson è possibile dare una solida
base ontologica ed epistemologica alle scienze sociali, base che parte dallo studio della vita
(sistemi viventi). La necessità di fondare le scienze sociali su un solido corpo di conoscenze
31
Vedremo in seguito come questo meccanismo è la base del processo evolutivo dei sistemi complessi [cfr. cap.2].
32
Esperienze, Marketing e Territorio
era particolarmente sentita da Dell [1986] poiché egli riteneva che i tentativi di fornire le
fondamenta alle scienze sociali e a quelle del comportamento non avevano avuto particolare
successo. Infatti, egli ricorda che per Bateson [in Dell, 1986] le scienze sociali al contrario
della fisica o della chimica, sono composte da un dedalo di concetti:
• “definiti con scarsa precisione”;
• mal collegati l’uno con l’altro;
• privi di una comune base.
In altri termini nelle scienze sociali non pare essere presente una matrice disciplinaria [Khun,
1978] condivisa. I teorici delle scienze del comportamento hanno, infatti, oscillato fra tentativi
(infruttuosi) di emulare le scienze esatte (positivismo e post-positivismo, [cfr §1.4]) e
insistenti dichiarazioni circa la radicale diversità delle scienze sociali (dello spirito) dalle
scienze della natura [cfr §1.4].
L’ontologica biologia di Maturana (secondo Dell assieme all’epistemologia cibernetica di
Bateson), può fornire una base alle scienze sociali, poiché fa riferimento
contemporaneamente:
a) al problema dell’osservatore;
b) allo status epistemologico dell’oggettività;
c) alla relazione fra scienza sociale (Geisteswissenschaften) e scienze naturali
(Naturwissenschaften).
L’ipotesi generativa di Maturana, del funzionamento strutturalmente determinato
dell’unità autopoietica in accoppiamento strutturale con il suo medium, fornisce
un'unica coerente spiegazione di come nasce il linguaggio, in che cosa esso consiste, e dei
tre problemi sopra citati.
Maturana ha mostrato, in particolare, che il linguaggio non è localizzato nel cervello. Esso
nasce ed esiste unicamente come elaborazione concreta del nostro accoppiamento strutturale
con altri organismi, anch’essi altamente plastici a livello strutturale, nel medium in cui
viviamo. Questa forma particolare di accoppiamento strutturale (coordinare i comportamenti
relativi al coodinamento dei comportamenti) è costitutiva della nostra esistenza in quanto
esseri umani ed appare possibile, in certe circostanze anche negli scimpanzé e nei gorilla.
Un organismo capace di fare distinzioni (poiché coordina il comportamento relativo al
coordinamento del comportamento con altri organismi) è un osservatore. Data la chiusura del
sistema nervoso ne deriva che le osservazioni di un qualunque osservatore non possono essere
oggettive. Le osservazioni non possono cogliere verità oggettive sul mondo perché esse sono
sempre soltanto interazioni fra la struttura dell’organismo osservatore e il medium. Quindi, le
distinzioni che compaiono nel linguaggio mediante la percezione sono determinate dalla
struttura dell’organismo e non dal medium che egli osserva. Ma questo non vuol dire che
l’osservatore non può fare alcune osservazione scientifica. Egli può fare solo le distinzioni
consentite dal suo modo di operare in accoppiamento strutturale con il proprio medium.
Quello che è importante chiarire è che la percezione non è e non può mai essere oggettiva e,
nondimeno, tutte le osservazioni hanno uguale validità. Tutte le realtà che noi produciamo
sono legittime. Ne consegue che noi, in quanto esseri umani che viviamo nell’ambito del
linguaggio, abitiamo in un multiverso più che in un universo.
In un multiverso la verità non è né oggettiva né unitaria, bensì molteplice. La verità, quindi, si
manifesta all’osservatore in ciascuna e in tutte le distinzioni che egli opera.
I sistemi sociali, come le famiglie, le imprese, ecc. sono delle distinzioni tracciate
dall’osservatore che individua un modello organizzativo di interazione tra organismi viventi.
33
Fabio Forlani
Non esiste nessun sistema sociale oggettivo, esistono solo le molteplici distinzioni introdotte
da differenti osservatori.
Il lavoro di Maturana è costituito da una serie di distinzioni tracciate da un osservatore che
opera in accoppiamento strutturale con il proprio medium. Al pari di tutte le altre distinzioni,
quelle di Maturana possiedono una loro specifica legittimità, ma non pretendono di avere lo
status della verità oggettiva, anche se rappresentano un insieme di proposte enormemente
comprensivo ed efficace. Con piena consapevolezza della propria impossibilità, quale
osservatore, di evitare le illusioni o di operare al di fuori del linguaggio, Maturana ha
elaborato un’ipotesi generativa: noi siamo unità autopoietiche strutturalmente
determinate che operano in accoppiamento strutturale con il proprio medium. A sua
volta, questa ipotesi si è dimostrata in grado di spiegare:
i. La relazione tra l’organismo e il suo ambente;
ii. La natura dell’accoppiamento strutturale degli organismi;
iii. La natura dei sistemi sociali;
iv. Il modo in cui nasce il linguaggio;
v. La natura dell’osservatore;
vi. Il modo in cui noi creiamo delle realtà;
vii. In che modo Maturana stesso, in qualità di osservatore, ha potuto sviluppare quella
ipotesi generativa che specifica tutto quanto sopra, incluso il proprio
funzionamento quale essere umano, che fa certe distinzioni e avanza determinate
ipotesi.
Maturana ha quindi elaborato una teoria che, basandosi sulla comprensione della vita, può
essere assunta a riferimento per le scienze sociali e comportamentali.
Per concludere si può sintetizzare la posizione ontologica di Maturana nel seguente modo:
• La realtà oggettiva non esiste, esistono tante realtà che dipendono dalla prospettiva
dell’osservatore.
• Esiste però una spiegazione del funzionamento della vita: “Il mondo vivente è
organizzato in modo sistemico perché l’organizzazione sistemica (cioè
l’accoppiamento strutturale) è una necessaria conseguenza dell’interazione dei sistemi
viventi strutturalmente determinati. Fino che vivono e interagiscono i sistemi viventi,
automaticamente, si accoppiano strutturalmente l’uno con l’altro, così da formare un
sistema interattivo chiuso autopoietico che ha una schema o pattern reticolare.”
[Maturana, 1990].
1.5
La terza via sistemica: verso la “scienza della vita”
Sull’ontologia elaborata da Maturana ancorano il proprio ragionamento epistemologico e
metodologico numerosi autori che fanno riferimento all’approccio sistemico e allo studio dei
sistemi [Varela, Capra, Gandolfi, Golinelli, ecc.]. Sono inoltre collegabili a (o comunque
coerenti con) gli assunti ontologici di Maturana anche numerosi contributi che fanno
riferimento alle teorie della complessità [Buchanan, Barabàsi, ecc.].
In questo paragrafo, a tale proposito, si cercherà di evidenziere che sembra emergere
un’epistemologia e una metodologia di studio “sistemica”, distinta tanto dal pospositivismo
che dal costruttivismo. Tale impostazione metodologica ha invece, a nostro avviso, numerosi
punti in comune con la terza via Weberiana [Maggi, Solé, ecc.]. In questo studio si ipotizza,
34
Esperienze, Marketing e Territorio
allora, di poter accomunare le due “terze vie” in un unico approccio sistemico allo studio dei
sistemi viventi32.
Si riportano, qui di seguito, alcuni dei principali passaggi che evidenziano i collegamenti fra
gli autori citati:
Secondo Varela [1996 e 2001]: “La rivoluzione cognitiva consiste nel dire che l’approccio
puramente comportamentista non sembra sufficiente a rendere conto di tutto quello che si
osserva nella vita degli animali e degli uomini, e bisogna fare l’ipotesi – l’ipotesi cognitivista
appunto – che da qualche parte ci siano strutture interne, contenuti propri alla vita della
mente, processi mentali non riducibili a meri comportamenti, come la memoria, la
pianificazione, l’associazione e via di seguito.” Nel suo articolo “Neurofenomenologia, una
soluzione metodologica al problema difficile”, Varela [1996] evidenzia come, camminando su
questa strada, sia possibile e importante appropriarsi della tradizione di studi chiamata
fenomenologia: “La fenomenologia può essere descritta anche come un particolare tipo di
riflessione o un modo di pensare alla nostra capacità di essere consapevoli. […] Il punto
archimedeo della fenomenologia è di sospendere gli assunti abituali e di promuovere
un’analisi di nuovo tipo, donde lo slogan di Husserl “torniamo alle cose stesse!” che per lui
significa il contrario dell’oggettivazione in terza persona, un ritorno al mondo che viene
esperito nella sua immediatezza percepita. La speranza di Husserl, così come l’ispirazione alla
base della ricerca fenomenologia, era che si potesse stabilire gradualmente una vera scienza
dell’esperienza, la quale non solo potesse stare alla pari con le scienze della natura, ma
potesse anche fornire loro una base di cui avevano bisogno, dal momento che la conoscenza
emerge necessariamente dalla nostra esperienza vissuta.”
Capra [1997 e 2002] parte dall’ontologia di Maturana (rafforzata dalla epistemologia
cibernetica di Bateson) per descrivere una teoria dei sistemi sociali come sistemi dinamici
complessi: “Il mio secondo libro, il punto di svolta, mostrava come la rivoluzione nella fisica
contemporanea avesse preannunciato una rivoluzione simile avvenuta poi in molte altre
scienze – con una corrispondente trasformazione, nell’ambito della società, dei valori e della
visione del mondo. In particolare, mi soffermavo sui cambiamenti di paradigma in biologia,
medicina ed economia. Nel corso di questa mia indagine, giunsi a comprendere che tutte
queste discipline avevano a che fare - in un modo o nell’altro – con la vita, con i sistemi
viventi (biologici o sociali che fossero), e che la <nuova fisica> risultava pertanto
inappropriata come paradigma e come fonte di metafore nel trattare questi ambiti. Il
paradigma della fisica, cioè, andava sostituito con un orizzonte concettuale di più ampio
respiro, con una concezione della realtà che ponesse al proprio centro la vita stessa.” [Capra,
2002, p.19].
Buchanan [2003], partendo anch’esso dalla teoria della complessità, ma utilizzando una
bibliografia socio-economica differente, conferma la necessita di un fondamento ontologico
delle scienze sociali che assuma la struttura a rete come forma propria dei sistemi viventi:
“[…] molte delle complessità intrinseche alla società umana non sono in realtà correlate con
la complessità psicologica degli uomini, in quanto seguono un modello (schema di
organizzazione, ndr) che è lo stesso anche in diversi contesti in cui gli esseri umani e la loro
coscienza non hanno alcun ruolo” [2003, p.5]. “Tali scoperte hanno aperto la strada alla nuova
scienza delle reti, […] . E’ singolare che sia nel mondo fisico sia nel mondo umano, valgano
identici principi organizzativi. Reti che si sono sviluppate in condizioni diverse per venire
32
Questo passaggio richiederebbe maggiori e più specifici approfondimenti. Comunque allo stato delle conoscenze acquisite
in questo studio si ritiene che vi siano le condizioni per inserire i due approcci in una terza proposta distinta tanto dal postpositivismo quanto dal costruttivismo.
35
Fabio Forlani
incontro a esigenze del tutto diverse presentano quasi la stessa struttura (schema di
organizzazione, ndr). […] . Per secoli gli scienziati hanno “smontato” la natura analizzandone
i pezzi con crescente precisione. Ormai è superfluo sottolineare come questo processo di
“riduzione” permetta di comprendere solo fino a un certo punto la realtà. […] Oggi il
problema più affascinante e pressante è quasi sempre quello di comprendere la sottile e
intricata alchimia organizzativa delle reti molto complesse.” [2003, p.9].
Buchanan M. [2003, p. 12] “Lo studio delle reti rientra in un settore della scienza denominato
“teoria della complessità”. In senso astratto, qualsiasi insieme di parti interagenti – atomi,
molecole, batteri, pedoni, agenti di cambio o nazioni – rappresenta una “sostanza”.
Indipendentemente dai suoi componenti, tale sostanza soddisfa certe leggi formali, scoprire le
quali è compito della teoria della complessità. […] Per il filosofo greco Platone, la realtà e
tutti gli oggetti reali non sono propriamente veri, ma solo copie di “forme” o “idee”
eternamente identiche a sé, e scopo dell’intelletto è comprendere le idee anziché essere
fuorviato dalle ombre ingannevoli della realtà fisica. Anche il filosofo tedesco Immanuel Kant
era convinto che dietro le apparenze si celasse una realtà più profonda, ovvero che dietro i
fenomeni, cioè gli oggetti in rapporto a noi, vi fossero le “cose in sé”, gli oggetti veri e propri,
non conoscibili. Alla base della nuova teoria di rete e, più in generale della teoria della
complessità, vi è un concetto idealmente affine a quelli platonici e kantiani, anche se si ispira
alla matematica e alla scienza empirica anziché alla filosofia. Per la prima volta nella storia,
la scienza sta imparando a decifrare la struttura delle varie reti e a riconoscere modelli e
regolarità importanti là dove in passato non vedeva nulla.”
Barabàsi [2004, p.8-9]:”Dopo aver speso miliardi, nell’ultimo secolo, per disassemblare la
natura, ora ci rendiamo conto che non sappiamo andare avanti se non continuando a
smontarla. Il riduzionismo è la forza che ha guidato gran parte della ricerca scientifica del XX
secolo. Per comprendere la natura, affermano i suoi sostenitori, occorre anzitutto decifrare le
componenti. L’assunto è che, una vola comprese le singole parti, sarà facile afferrare
l’insieme. […] La realtà è che il riassemblaggio si è rivelato molto più difficile di quanto gli
scienziati si aspettassero, e per una semplice ragione: inseguendo il riduzionismo ci siamo
imbattuti nel muro della complessità. […] Nei sistemi complessi le componenti possono
combaciare in così tanti modi diversi che ci vorrebbero miliardi di anni per provarli tutti.
Eppure la natura assembla i suoi pezzi con una grazia e una precisione perfezionate nel corso
di milioni di anni. Lo fa sfruttando le leggi onnicomprensive dell’autorganizzazione, le cui
radici continuano a essere per noi un profondo mistero. […] E’ in atto una rivoluzione dove
scienziati di ogni disciplina scoprono che la complessità ha un architettura ben precisa. Siamo
arrivati a capire l’importanza delle reti.”. E inoltre, a conclusione del suo lavoro, afferma che
[2004, p.201] “Nel loro insieme la rete metabolica e quella proteica, entrambe con la stessa
topologia ad invarianza di scala, testimoniano un alto grado di armonia nell’architettura della
cellula: a qualsiasi livello di organizzazione guardiamo, veniamo accolti da una topologia a
invarianza di scala. Da questi viaggi all’interno della cellula si deduce come sia Hollywood da
una parte sia il Web dall’altra non abbiano fatto altro che riscoprire una topologia già
inventata dalla vita 3 miliardi di anni fa. Le cellule viventi sono davvero dei piccoli mondi, e
hanno la stessa topologia di molte altre reti non biologiche. Come se l’architetto della vita non
sapesse disegnare altro.”
Vedremo in seguito come l’analisi dello schema a rete (schema di organizzazione o forma) sia
solo una parte degli elementi del modello di analisi dei sistemi sociali [Capra, 2002] e che
quindi il contributo di Barabàsi e di Buchanan sia solo un elemento di un sistema più
complesso. In questa fase è comunque da ritenersi un ulteriore contributo che si aggiunge alla
costellazione di opinioni che confermano come siano maturi i tempi per superare la frattura
fra scienze sociali e scienze naturali. In molti ritengono, per cui, più opportuno parlare di
36
Esperienze, Marketing e Territorio
un'unica scienza della vita, fondata sui concetti della dinamica non lineare (teoria della
complessità), che Capra [2002, p.22] illustra nel seguente modo: “Nella mia estensione
dell’approccio sistemico al dominio sociale è esplicitamente incluso anche il mondo
materiale. Ciò suonerà strano, dato che solitamente che si dedica allo studio della società non
è interessato al mondo della materia. Per il modo in cui sono state organizzate le nostre
discipline accademiche, le scienze naturali si occupano delle strutture materiali, mentre le
scienze sociali studiano le strutture sociali (intese essenzialmente come regole di
comportamento). In futuro, però, una divisione così marcata non sarà più possibile, proprio
perché la sfida principale del nuovo secolo – per gli scienziati della società, per quelli della
natura e per chiunque altro – sarà quella di costruire delle comunità che siano ecologicamente
sostenibili, progettate in modo tale che le loro tecnologie e le loro istituzioni sociali non
vengano a minare quella capacità di sostenere la vita che una proprietà intrinseca del mondo
naturale.”
1.6
L’epistemologia e la metodologia di Francisco Varela33.
Lo studio delle teorie di Francisco Varela è particolarmente utile al fine di questa tesi, poiché
tale autore, partendo dalle teorie elaborate assieme a Maturana [Maturana e Varela, 1985], suo
maestro, mette a punto una metodologia per lo studio dell’esperienza umana. Essendo
l’esperienza vissuta dalle persone uno dei tre pilastri centrali di questo studio ci sembra
opportuno analizzare la prospettiva epistemologica e metodologica di questo scienziato: la
neurofenomenologia.
“<<Neurofenomenologia>> è la denominazione che uso in questa sede per designare la
ricerca di una maniera per sposare la moderna scienza cognitiva con un approccio rigoroso
all’esperienza umana, ponendomi così lungo la linea della tradizione filosofica europea della
fenomenologia.” [Varela, 1996, p.1]
Secondo Varela nei ricercatori continua a prevalere uno spirito, una tendenza un riduzionista
[cfr. §1.3], nel tentativo di ricondurre il “problema difficile” dell’esperienza cosciente (della
coscienza) a una spiegazione puramente materialista e neurobiologica, eliminando
completamente il polo dell’esperienza. Questo è il programma delle neuroscienze cognitive
classiche che sostengono di aver scoperto che l’individuo, con la sua vita, la sua esperienza,
“non è altro che un ammasso di neuroni.”.
Varela pensa, invece, che la questione dell’esperienza umana non possa essere posta in
termini esclusivamente riduzionistici; la ragione è molto semplice: il vissuto in quanto tale
non è riducibile e spiegabile solamente in termini di sistema neuronale.
Nella tradizione fenomenologia, a cui Varela fa riferimento, il punto di partenza è la natura
irriducibile dell’esperienza cosciente: l’esperienza vissuta.
La coscienza non appartiene, per così dire, a un gruppo di neuroni, appartiene a un organismo,
appartiene a un essere umano, a un’azione che si sta vivendo. Non si può, per cui, avere una
nozione della coscienza e della maniera in cui emerge, se non si prende in considerazione il
fatto che il fenomeno della coscienza appare in un organismo legato ad almeno tre cicli
permanenti di attività:
1) In primo luogo è connesso in permanenza con l’organismo. Il cervello non è un fascio
di neuroni sezionati in laboratorio, ma esiste all’interno di un organismo impegnato
essenzialmente nella propria autoregolazione, nella nutrizione e nella conservazione di
sé, che ha fame e sete, che ha bisogno di rapporti sociali. Alla base di tutto ciò che
33
Francisco Varela ha portato importanti contributi alla ricerca scientifica nei campi delle neuroscienze, della biologia
teorica, dell’immunologia, della cibernetica, dell’intelligenza artificiale, della teoria dei sistemi complessi e
dell’epistemologia. Primo fra tutti il concetto fondamentale di autopoiesi elaborato insieme al suo maestro Humberto
Maturana [cfr 1.4].
37
Fabio Forlani
2)
3)
perviene all’integrità degli organismi, c’è il sentimento dell’esistenza, il sentimento di
esserci, di avere un corpo dotata di una certa integrità, appunto. Per un aspetto
essenziale la coscienza rientra nell’attività permanente della vitalità organistica che,
muovendosi sullo sfondo del sentimento di esistere, è continuamente permeata,
attraversata, da emozioni, sentimenti, bisogni, desideri.
In secondo luogo è evidente il collegamento diretto con il mondo, o in interazione col
mondo, attraverso tutta la superficie sensorio-motrice. Un soggetto ha coscienza del
bicchiere nel senso che, quando vede il bicchiere, dice: ho coscienza di questo bicchiere.
Ma il bicchiere non è un immagine nella sua testa, di cui egli debba prendere coscienza
dall’interno. In molti studi si è scoperto che il bicchiere è inseparabile dall’atto di
manipolarlo. L’azione e la percezione costituiscono una unità e il mondo non esiste, se
non in questo ciclo, in questo collegamento permanente. Varela sostiene che c’è un
interazione col mondo e che il mondo emerge solo grazie a questo collegamento
(accoppiamento strutturale [cfr. §1.4]) che è una fonte permanente di senso. Quando una
persona parla di contenuti di coscienza, e dice di vedere un bicchiere, il volto di un
amico, il cielo, non parla di un tratto di circuito neuronale che capta un’informazione dal
mondo e ne fa un correlato della coscienza, ma sta parlando di qualcosa che è
necessariamente decentrato, che non è nel cervello, ma nel ciclo, tra l’esterno e
l’interno, non esiste che nell’azione e nel ciclo, nello stesso modo in cui il sentimento
d’esistenza vive nel ciclo tra apparato neurale e il corpo.
Una terza dimensione, valida soprattutto per l’uomo ma anche per i primati superiori, è
il fatto di essere strutturalmente concepiti per aver rapporti con i nostri congeneri,
con individui della stessa specie, l’abilità innata, di un’importanza assolutamente
centrale, che costituisce l’empatia, di mettersi al posto dell’altro, di identificarsi con
l’altro non è all’interno della mia testa che tutto questo si svolge, ma in modo
decentrato, nel ciclo.
Secondo Varela la coscienza e quindi l’esperienza umana non è nella testa. La coscienza è
un’emergenza che richiede l’esistenza di questi tre fenomeni, di questi tre cicli: con il
corpo, con il mondo e con gli altri. I fenomeni di coscienza possono esistere solo nel ciclo,
nel decentramento che esso comporta. Il cervello ha allora un ruolo centrale in quanto è la
condizione di possibilità.
Varela ritiene che “La nozione di emergenza è una nozione assolutamente centrale, in
mancanza della quale si continua a restare, come accade nella maggior parte dei casi, in una
visione dualista del genere mente/corpo, e non si arriverà mai a comprendere come un’attività
di tipo sia cognitivo, sia cosciente possa essere collegata a una base materiale, senza essere
ridotta a un’influenza materiale, come sia possibile un approccio non riduzionista alle basi
materiali. […] La nozione di emergenza ha avuto molti sviluppi teorici e in biologia si trova
che i fenomeni di emergenza sono assolutamente fondamentali. Perché ci permettono di
passare da un livello più basso a un livello più alto. Quello che era un ammasso di cellule
improvvisamente diventa un organismo, quello che era un insieme di individui può diventare
un gruppo sociale, quello che era un insieme di molecole può diventare una cellula. Dunque
la nozione di emergenza è essenzialmente la nozione che ci sono in natura tutta una serie
di processi, retti da regole locali, con piccole interazioni locali, che messi in condizioni
appropriate, danno origine a un nuovo livello a cui bisogna riconoscere una specifica
identità. Qui la parola identità è importante.” [Varela, 2001]
L’epistemologia di Varela, pur studiando i fenomeni umani nella sua totalità e nella sua
complessità, non è possibile definirla olista. In quanto egli parla piuttosto di una terza strada
capace di conciliare la necessaria soggettività dell’esperienza con la necessità della scienza di
pervenire a risultati oggettivi [cfr le similitudini con l’impostazione neoweberiana del §1.3].
38
Esperienze, Marketing e Territorio
Varela descrive infatti tale problematica nel seguente modo: “Il termina olista è superato, a
mio avviso, perché risale all’epoca in cui c’è stato lo scontro tra l’idea che si potesse
realizzare un programma riduzionista forte e una nozione filosoficamente motivata
dall’esigenza di reagire contro quel programma. Qui non si tratta di olismo, ma di buona
scienza. Si tratta di osservare una gran quantità di processi naturali, lo sviluppo e il
funzionamento del cervello, l’organizzazione del sistema immunitario, l’organizzazione
dei sistemi ecologici, che non possono essere capiti se non si prende in considerazione la
dialettica tra i due livelli, che l’olismo non ha mai veramente compreso. Dunque il
termine olismo non è veramente appropriato. Quando parlo di emergenza, parlo di
qualcosa che è centrale nella ricerca scientifica contemporanea, anche se molti non ne
hanno ancora colto l’importanza. E’ un problema assolutamente essenziale perché ciò che
c’è di geniale nella nozione dei emergenza è che, se da un lato un gruppo di neuroni in
interazione con il mondo danno origine a una attività cognitiva, dall’altro, come in tutti i
processi di emergenza naturale, una volta che ha avuto luogo l’emergenza di una nuova
identità, quella identità ha degli effetti, ha delle ricadute [causalità discendente] sulle
componenti locali. […] Questo vuol dire che c’è un vero va-e-vieni tra ciò che emerge e le
basi che ne rendono possibile l’emergenza, che impone di fare una descrizione completamente
diversa del posto della coscienza e della cognizione in generale nell’universo, non come un
livello fluttuante, ma come parte intrinseca della natura, come parte intrinseca del mondo
naturale. E’ questo che mi piace e che ci fa avanzare rispetto alla perenne ripetizione di un
dualismo che non porta da nessuna parte, senza dover ricorrere al riduzionismo, e senza che la
coscienza perda il suo statuto fenomenologico, il suo statuto proprio.” [Varela, 2001]
Utilizzando le fondamenta ontologiche dei sistemi viventi e la nozione di emergenza Varela
assume una sua peculiare posizione sulla diatriba se la scienza debba spiegare e prevedere o
comprendere e descrivere: “E’ abbastanza diffusa l’idea che il compito essenziale della
scienza, di qualsiasi scienza, è di fare previsioni, di prevedere i fenomeni. Però nel campo
delle scienze della natura diverse dalla fisica, per esempio nella scienza del vivente, non è
questo che ci interessa. […] Ci sono nella scienza due approcci: l’approccio predittivo e
quello che possiamo chiamare l’approccio costruttivo. Per avere ragione dovete essere in
grado di costruire un apparecchio capace di movimenti come quelli del cane. E’ qualcosa di
assai più convincente che anticipare il movimento della zampa destra del cane. Questo è il
punto: non bisogna dimenticare che è questo il modo con cui procede oggi la scienza. […]
Non è interessante tanto prevedere il punto esatto in cui effettuerà un certo movimento,
quanto che la capacità qualitativa di compierlo emerga e si manifesti. Dunque la prova
mediante l’emergenza, la prova dell’emergenza è la costruzione, non la previsione.”
La sfida lanciata da Varela consiste quindi nell’indicare una terza strada tra la spiegazione
riduzionista positivista e la descrizione costruttivista. Tale posizione, coerentemente con il
concetto di emergenza indica nell’effettiva costruzione di un sistema la prova della
comprensione scientifica dei fenomeni. Così facendo non si riporta la scienza alla verifica
positivista, in quanto il fatto di riuscire a fare emergere un sistema significa semplicemente
aver compreso le condizioni di possibilità dell’emersione. L’emersione poi è sempre un
processo creativo contingente.
In altre parole, l’emersione prodotta dal ricercatore dimostra la validità delle ipotesi teoriche
sul funzionamento del sistema studiato e nel contesto studiato. Dimostrare di aver compreso
le dinamiche di funzionamento (o schema di organizzazione) di un sistema non vuol dire,
però, saper prevedere con precisione cosa emergerà e quando emergerà, significa aver
compreso come farlo emergere. Essendo l’emersione un atto creativo la scienza può capire
quali siano le strutture e lo schema organizzativo che consentano la creazione. La creazione,
39
Fabio Forlani
poi in quanto atto creativo del mondo vivente non è mai uguale a se stessa, ma ha schemi
comuni per genere [anche qui ci sono delle similitudini con gli idealtipi weberiani, cfr §1.3].
Questo passaggio è ulteriormente chiarito da Varela [2001] con riferimento alla sua
concezione sul determinismo: “Tutto dipende da che cosa si intende con “determinismo”. Se
“determinismo” vuol dire che si conoscono le leggi fondamentali dell’universo, che ci
permettono di comprendere come certi fenomeni – tra cui mettiamo la coscienza – emergano,
allora sì effettivamente da questo punti di vista si tratta di un approccio determinista. Ma non
è determinista nel senso laplaciano del termine, perché la previsione non è né interessante né
possibile. Sono fenomeni complessi: la maggior parte dei fenomeni emergenti sono detti “non
lineari”, perché funzionano appunto su basi che non permettono la previsione, sono di tipo
caotico. In questi casi la previsione in quanto tale non è interessante. Io non posso calcolare
quello che un dato individuo penserà in un istante successivo, perché questo fa parte appunto
della logica, della legge di emergenza del suo pensiero.”
La neurofenomenologia è, quindi, una proposta metodologica che cerca di analizzare e
comprendere l’attività cerebrale (descrizioni in terza persona) in termini compatibili con
l’esperienza soggettiva stessa (descrizioni in prima persona).
La domanda che si pone è: come si può mettere insieme il descritto neuronale e il vissuto?
Come si può passare da un discorso di qualcosa conosciuto oggettivamente a un discorso
conosciuto personalmente, dalla terza alla prima persona?
L’unità corpo-mente dietro l’apparente eterogeneità delle proprietà fisiche-mentali è spiegata
appunto tramite il concetto di “proprietà emergente” e di “autoorganizzazione”: la coscienza è
una proprietà emergente derivante da una base fisico-naturale.
La teoria di Santiago della cognizione [Maturana e Varela, 1987], ha permesso di chiarire [cfr
§1.4] come la cognizione non consista nella semplice rappresentazione di un mondo esistente
indipendentemente dal soggetto, quanto piuttosto nel “far emergere” un mondo attraverso il
processo della vita. Questo ci consente di dire che la dimensione soggettiva è sempre
implicita nella pratica della scienza anche se non viene esplicitata34.
Nella scienza della coscienza alcuni dei dati su cui si fondano le ricerche sono di natura
soggettiva, poiché sono delle esperienze interiori. Per raccogliere e analizzare questi dati
occorre, quindi obbligatoriamente, ricorrere ad un esame metodico dell’esperienza soggettiva
fatta in prima persona. Ciò non significa, però che si debba abbandonare il rigore scientifico
[Kuhn, 1978]. Quando si parla di una “descrizione oggettiva” in ambito scientifico, si fa
riferimento innanzitutto a un corpo di conoscenze che sia ben definito e strutturato secondo le
regole della ricerca scientifica collettiva [Maturana, 1990], piuttosto che non a una semplice
raccolta di osservazioni individuali.
Una delle caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento fenomenologico, infatti, consiste
nel cercare di non opporre il soggettivo all’oggettivo, ma di superare la loro dicotomia in
nome della loro correlazione fondamentale. La riduzione fenomenologica ci dimostra subito
evidente che la conoscenza è inestricabilmente collegata a ciò che va al di là di se stessa [cfr
l’accoppiamento strutturale §1.4]. La coscienza non è cioè qualcosa di interno e privato
poiché alla base possiede lo stesso tipo di esistenza del mondo esterno, privo di coscienza [cfr
§1.4].
34
Un sistema come tale non esiste nella realtà. Esso è frutto di un’operazione cognitiva che un osservatore compie
distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un significato proprio. Cfr Maturana e
Varela [1987]. Dunque “ […] i sistemi non “sono”, ma si “osservano” e ciò presuppone che sia specificato anche
l’osservatore. Di fronte alla stessa struttura, osservatori diversi possono osservare sistemi diversi e lo stesso sistema può
essere descritto in forme alquanto differenti” Mella P., [Dai sistemi al pensiero sistemico. Per capire i sistemi e pensare con i
sistemi, Franco Angeli, 1997, p.27-28] in Golinelli [2000, p.75].
40
Esperienze, Marketing e Territorio
In questo senso l’analisi fenomenologica proposta da Varela non è un “viaggio privato”
poiché è concepita come indirizzata ad altri, attraverso una convalida intersoggettiva: “Grazie
all’evidenza empirica e intuitiva, possiamo facilmente convincerci che la nostra esperienza
umana segue qualche fondamentale principio strutturale che, come lo spazio, impone la
propria legge alla natura di ciò che ci è dato come contenuto dell’esperienza.” e ancora “Non
abbiamo a che fare con un’ispezione privata, ma con un ambito di fenomeni in cui il
soggettivo e l’oggettivo, nonché il soggetto e gli altri, emergono naturalmente
dall’applicazione del metodo e dal suo contesto. […] L’esperienza è chiaramente un evento
personale, ma ciò non significa che sia privato, nel senso di una sorta di soggetto isolato che
viene paracadutato in un mondo oggettivamente predeterminato”.
La posizione di Varela è quindi chiaramente quella di una terza via che possiamo
riassumere con le sue stesse parole: “La tradizionale opposizione tra l’analisi in prima e
in terza persona è fuorviante. Ci induce a dimenticare che le cosiddette analisi obiettive
in terza persona vengono in realtà eseguite da una comunità di persone concrete che si
incarnano nel proprio mondo naturale e sociale grazie alle loro analisi in prima persona.
La linea di demarcazione tra rigore o meno, non va tracciata fra analisi in prima o in
terza persona ma va determinata piuttosto accertandosi se ci sia o meno un preciso
terreno metodologico che conduca a una convalida in comune e a una conoscenza
condivisa.” [Varela, 1996, p.15]
Varela si pone, in questo modo, nella corrente delle scienze cognitive dinamiche. Secondo
l’ipotesi dinamica gli agenti cognitivi sono sistemi complessi dinamici. Tali sistemi possono
essere descritti mediante modelli dinamici astratti e la teoria dei sistemi complessi dinamici
che si estende a qualunque tipo di cambiamento descrivibile. L’attenzione si concentra sulle
proprietà strutturali del flusso, ossia l’intera gamma delle possibili traiettorie. L’idea chiave
delle teorie dinamiche è che i fenomeni si possono studiare più efficacemente non come
controllati e diretti da un computer che invia istruzioni sotto forma di simboli al momento
giusto ma come una proprietà emergenti di un sistema dinamico che si auto-organizza.
Per gli studiosi che si avvicinano allo studio della coscienza intrecciando assieme
l’esperienza, la neurobiologia e la dinamica non lineare, il “problema difficile” si trasforma
nella sfida di comprendere e integrare due nuove teorie sistemiche: la teoria della complessità
(dinamica non lineare) [Capra, 1999; Barabàsi, 2004, Buchanan, 2003] e lo studio
fenomenologico dell’esperienza vissuta [Varela, 1996].
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42
Esperienze, Marketing e Territorio
II
L’APPROCCIO SISTEMICO:
LA TERZA VIA DELLA RICERCA SCIENTIFICA
“La scienza si fa con i fatti come una casa si fa con i mattoni, ma l’accumulazione dei fatti
non è scienza più di quanto un mucchio di mattoni non sia una casa.” Henri Poincaré
Nello studio fin qui condotto sullo dello stato dell’arte della ricerca sociale [Corbetta, 1999] è
emersa con chiarezza l’esistenza di tre grosse linee di ricerca che si collegano a tre distinte
visioni del mondo [Maggi, 2003]. Per cercare di valutare queste tre visioni del mondo si è
scelto di metterne in luce peculiarità e limiti cercando degli studiosi che hanno operato delle
comparazioni fra ricerca sociale e altre correnti di ricerca (scienze biologiche e della
cognizione, fisiche, ecc.).
L’approccio di ricerca trasversale a tutte le scienze che emerso come più strutturato e
pervasivo è sembrato l’approccio sistemico [Capra, 1997 e 2002; Gandolfi, 1999]. Tale
approccio è abbondantemente presente anche nelle scienze sociali e negli studi economicomanageriali [Vicari, 1991; Golinelli, 2000]. Studi sistemici nelle scienze naturali, nelle neuroscienze, nei contesti sociali, unitamente alla formalizzazione della cosiddetta matematica della
complessità, sono, infatti, la chiara manifestazione della portata e della diffusione attuale del
pensiero sistemico.
Fra gli autori più significativi del pensiero sistemico si è analizzato il contributo ontologico,
epistemologico e metodologico di Maturana e Varela, che hanno indicato chiaramente la
necessità di una fondazione biologica delle scienze sociali. Fondazione biologica che partendo
dallo schema biologico dei sistemi viventi permetta di studiare i sistemi sociali attraverso le
tematiche della cognizione e del linguaggio e quindi dell’esperienza.
Ritenendo che la visione sistemica di Maturana e soprattutto quella di Varela, in quanto
processuale ed emergente, sia alternativa sia al postpositivismo-riduzionista, sia al
costruttivismo-olistico, proveremo ad evidenziare l’esigenza di individuare l’approccio
sistemico come terza via alla ricerca scientifica.
In questo capitolo, partendo dall’evoluzione storica del pensiero sistemico, si cercherà di
presentare uno schema di sintesi che applica le Teorie dei Sistemi Complessi Dinamici
(Sistemi Viventi) alla realtà sociale [Capra, 2002; Gandolfi, 1999]. Si vedrà infine che esiste
una compatibilità fra questa terza via e la terza via indicata per le scienze sociali dalla teoria
dell’agire umano di Weber [Maggi, 2003].
2.1
L’evoluzione del pensiero sistemico
“La tensione fondamentale è quella fra le parti e il tutto. Il risalto dato alle parti è stato
chiamato meccanicismo, riduzionismo o atomistico; il risalto dato al tutto, olistico,
<<organicistico>> o ecologico. … Essa è una conseguenza inevitabile dell’antica dicotomia
fra sostanza (materia, struttura, quantità) e forma (schema, ordine, qualità).”[Capra, 1997,
p.27].
Il pensiero sistemico [Capra, 1997; Golinelli, 2000] trae origine dalla riflessione sulla
dicotomia sostanza (materia, struttura, quantità)-forma (schema, ordine, qualità). Da un punto
di vista epistemologico la tensione fondamentale è se si debba studiare il tutto come aggregato
di parti (meccanicismo e riduzionismo) o in quanto tale (olismo, organicismo).
Nella storia del pensiero occidentale come osserva [Capra, 1997, p.28-29] “Aristotele, il
primo biologo della tradizione occidentale, faceva una distinzione fra materia e forma, ma allo
43
Fabio Forlani
stesso tempo le legava attraverso un processo di divenire. In contrasto con Platone, Aristotele
pensava che la forma non avesse alcuna esistenza separata ma che fosse immanente alla
materia. Né pensava che la materia esistesse separatamente dalla forma. La materia, secondo
Aristotele, contiene la natura essenziale di ogni cosa, ma solo in potenza. Per mezzo della
forma questa essenza diventa reale ovvero si fa atto. … Materia e forma sono le due facce di
questo processo, separabili solo per astrazione.
Aristotele creò un sistema di logica formale e un insieme di concetti unificati che applicò alle
discipline principali del suo tempo: biologia, fisica, metafisica, etica e politica. Dopo la sua
morte , la filosofia e la scienza di Aristotele dominarono il pensiero occidentale per duemila
anni […] Nel sedicesimo e nel diciassettesimo secolo […] La concezione di un universo
organico, vivente e spirituale venne sostituita da quella del mondo come macchina e la
macchina-mondo divenne la metafora dominante dell’era moderna”
Le prima forte opposizione al paradigma meccanicistico cartesiano venne dal movimento
artistico, letterario e filosofico romantico. Kant, in particolare, sostenne che “gli organismi, a
differenza delle macchine, sono complessi che si autoriproducono, che si auto-organizzano. In
una macchina le parti esistono solo una per l’altra, nel senso che si sostengono a vicenda in un
tutto funzionante. In un organismo, le parti esistono solo una per mezzo dell’altra, nel senso
che si producono a vicenda.” [Capra, 1997, p.32].
Nel corso del XIX secolo un passo importante nel sorgere (o nel risorgere) del pensiero
sistemico si deve ai biologi organicisti. L’organicismo si oppone alla riduzione della biologia
alla fisica e alla chimica, in quanto il comportamento di un organismo vivente come un tutto
integrato non può essere compreso solamente con lo studio delle sue parti: il tutto è maggiore
della somma delle sue parti35.
Dagli studi degli organicisti il “sistema” ha assunto il significato di un tutto integrato le cui
proprietà essenziali derivano dalle relazioni fra le sue parti, e “pensiero sistemico” definisce la
comprensione di un fenomeno (sistema) nel contesto di un insieme (sistema) più ampio. In
natura ogni sistema forma un tutto rispetto alle sue parti, mentre allo stesso tempo è parte di
un tutto più ampio, creando strutture di sistemi dentro sistemi.
Capire le cose in maniera sistemica significa, allora, letteralmente porle in un contesto,
stabilire la natura delle loro relazioni.
Negli anni ‘20 del XX secolo il filosofo C.D. Broad [Capra, 1997, p.39] coniò la definizione
di “proprietà emergenti” per quelle proprietà che emergono a un certo livello di complessità
ma che non esistono a livelli inferiori.
Sin dalla sua nascita il pensiero sistemico non si concentra sui mattoni elementari dei
fenomeni osservati, ma piuttosto sui principi di organizzazione fondamentali. Il pensiero
sistemico è “contestuale”, cioè l’opposto del pensiero analitico. Analisi significa smontare
qualcosa per comprenderlo; pensiero sistemico significa porlo nel contesto di un insieme più
ampio.
Queste caratteristiche del pensiero sistemico che emersero e si svilupparono nella biologia nei
primi anni del XX secolo, si diffusero poi in molte altre discipline: fisica quantistica,
psicologia della forma (gestalica), ecologia.
Riassumendo, i principi del pensiero sistemico [Capra, 1997, p.48] sono:
• Spostamento dalle parti al tutto: i sistemi viventi sono totalità integrate le cui
proprietà non possono essere ricondotte a quelle di parti più piccole. Le loro proprietà
essenziali, o “sistemiche” sono proprietà del tutto, che nessuna delle parti possiede.
Esse traggono origine dalle “relazioni organizzanti” delle parti cioè da una
configurazione di relazioni ordinate che è tipica di quella classe di organismi o di
35
In quel periodo su tale tema si creò un dibattito fra organicismi e vitalisti. I vitalisti affermavano che bisogna aggiungere
alle leggi della fisica e della chimica un’entità immateriale, una forza, un campo, per comprendere la vita. I biologi
organicismi sostenevano che l’ingrediente aggiuntivo è il concetto di <organizzazione> o di <rapporti organizzati>.
44
Esperienze, Marketing e Territorio
•
•
•
sistemi. Le proprietà sistemiche vengono distrutte quando un sistema è sezionato in
elementi isolati;
Capacità di spostare l’attenzione tra i vari livelli di sistema. In tutto il mondo vivente
troviamo sistemi inseriti dentro altri sistemi, e applicando gli stessi concetti a diversi
livelli di sistema, spesso, si riesce a raggiungere importanti intuizioni. D’altra parte,
livelli differenti di sistema rappresentano livelli di complessità variabile. Le proprietà
sistemiche di un particolare livello sono dette “emergenti”, dato che emergono a
quel particolare livello.
Le proprietà delle parti non sono proprietà intrinseche, ma si possono comprendere
solo nel contesto di un insieme più ampio. Il pensiero sistemico è allora un pensiero
“contestuale”.
Non esistono parti. Ciò che chiamiamo parte non è altro che uno schema in una trama
inscindibile di relazioni. Possiamo considerare lo spostamento dalle parti al tutto come
uno spostamento dagli oggetti alle relazioni.
Fig 2.1: Spostamento figura/sfondo dagli oggetti alle relazioni.
Tratto da Capra, 1999 p. 50.
La percezione del mondo vivente come rete di relazioni ha reso il ragionamento in termini di
reti una caratteristica fondamentale del pensiero sistemico.
Nel nuovo pensiero sistemico, la rete sostituisce l’edificio36 nella metafora della conoscenza.
Dato che percepiamo la realtà come rete di relazioni, anche la descrizione che ne diamo forma
una rete interconnessa di concetti e di modelli in cui non esistono fondamenta.
Poiché nella rete non ci sono fondamenta, i fenomeni descritti dalla fisica non sono per nulla
più fondamentali di quelli descritti, per esempio, dalla biologia o dalla psicologia. Essi
appartengono a livelli sistemici diversi, ma nessuno di questi livelli è più importante di altri.
Nel paradigma positivista e meccanicista si riteneva che le descrizioni scientifiche fossero
obbiettive. Il nuovo paradigma implica che l’epistemologia (la comprensione del processo di
conoscenza [cfr §1.2; §1.3]) debba essere inclusa in modo esplicito nella descrizione dei
fenomeni naturali. Se immaginiamo una rete intricata, possiamo renderci facilmente conto del
fatto che isolare una configurazione in una tale rete complessa tracciando un confine attorno
ad essa e definirla un “oggetto” è un procedimento alquanto arbitrario. “Ciò che osserviamo
non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi d’indagine.” [Heisemberg, in
Capra, 1996, p.52].
Nel pensiero sistemico, allora, la natura è vista come una trama interconnessa di relazioni, in
cui l’identificazione di configurazioni specifiche con gli “oggetti” dipende dall’osservatore e
36
Per secoli gli scienziati hanno parlato di leggi fondamentali, principi fondamentali, mattoni elementari, che l’edificio della
conoscenza deve essere costruito su solide fondamenta.
45
Fabio Forlani
dal processo di conoscenza. Nella scienza dei sistemi ogni struttura è vista come una
manifestazione di processi sottostanti. Il pensiero sistemico è sempre un pensiero di
processo.
I primi studiosi che elaborarono (indipendentemente) una cornice teoretica dei sistemi furono
Bogdanov (tectologia) e Ludwig Von Bertalanffy, in particolare del secondo autore vanno
ricordati i concetti di:
• Apertura e chiusura dei sistemi. Un sistema si dice aperto se intrattiene con
l’ambiente scambi, oltre che di energia, anche di materia e informazioni. Il
funzionamento di un sistema aperto può essere rappresentato mediante la seguente
successione logica: flussi in input – trasformazione – flussi in output.
• Omeostasi e auto-regolazione. Tipicamente gli organismi viventi, grazie
all’apertura, sono in grado di conservare le proprie caratteristiche di vitalità e stabilità
anche in condizioni di non equilibrio.
• Equifinalità. Possibilità che un sistema raggiunga uno stesso stato finale partendo da
condizioni iniziali differenti e/o mediante processi alternativi.
• Causalità circolare, feedback o retroazione. Un anello di retroazione è una
disposizione circolare di elementi connessi causalmente, in cui una causa iniziale si
propaga lungo le connessioni dell’anello, così che ogni elemento agisce sul
successivo, finché l’ultimo propaga di nuovo l’effetto al primo elemento del ciclo. La
conseguenza i questa disposizione è che la prima connessione “input” subisce
l’effetto dell’ultima “output”, il che da come risultato l’autoregolazione dell’intero
sistema.
2.2
La Teoria dei sistemi complessi dinamici
Negli ultimi venti anni da queste prime teorie il pensiero sistemico e lo studio dei sistemi si è
arricchito di numerosi contributi che ruotano attorno al rapporto schema-struttura.
Capra descrive nel seguente modo la crucialità di questo rapporto [1997, p.95]: “La chiave per
una teoria completa dei sistemi viventi sta nella sintesi di questi due approcci molto diversi, lo
studio della sostanza (o struttura) e lo studio della forma (o schema). Nello studio della
struttura misuriamo e pesiamo le cose. Gli schemi, però, non possono essere misurati o pesati;
bisogna darne una rappresentazione grafica. Per comprendere uno schema, dobbiamo
disegnare una configurazione di relazioni. In altre parole la struttura coinvolge le quantità,
mentre lo schema coinvolge le qualità […] Le proprietà sistemiche sono le proprietà dello
schema. Ciò che viene distrutto quando si seziona un organismo vivente è il suo schema”.
Ma esiste uno schema di organizzazione che si può individuare in tutti gli esseri viventi?
Tre contributi, in particolare sono risultati determinati per rispondere a tale quesito:
La comparsa del concetto di auto-organizzazione37. [Maturana. e Varela, 1987].
La teoria delle strutture dissipative [Prigogine, in Capra, 1997 e 2002].
La scoperta della matematica della complessità [Capra, 1997 e 2002; Buchanan,
2003];
La fusione di queste correnti di ricerca ha determinato la nascita della Teoria dei Sistemi
Complessi Dinamici38.
37
Caratteristiche comuni ai modelli di auto-organizzazione:
•
Prevedono la creazione di nuove strutture e di nuovi modi di comportamento nel processo di auto-organizzazione.
•
Tutti hanno a che fare con sistemi aperti che agiscono lontani dall’equilibrio. Perché abbia luogo l’autoorganizzazione è necessario che un flusso costante di energia e materia attraversi il sistema.
•
La connessione non lineare fra i componenti del sistema.
38
Cfr Pievani [2003]
46
Esperienze, Marketing e Territorio
Come evidenziato da Maturana e da altri ricercatori: “Ogniqualvolta incontriamo sistemi
viventi – organismi, parti di organismi, comunità di organismi – possiamo osservare che i loro
componenti sono disposti a mo’ di rete. Ogniqualvolta osserviamo la vita, osserviamo reti”
39
. [Capra, 1997, p. 97, grassetto nostro], e ancora “La chiave della definizione sistemica della
di vita sta proprio qui: le reti viventi creano o ricreano se stesse, trasformando o sostituendo i
propri componenti. In questo processo, esse vanno incontro a degli incessanti cambiamenti
strutturali, ma – al tempo stesso – preservano i propri modelli reticolari di organizzazione.
[…] Il concetto di autopoiesi unisce in sé le due caratteristiche definitrici della vita cellulare
(sistema vivente più semplice, ndr): la presenza di una membrana come limite fisico e
l’esistenza di una rete metabolica.” [Capra, 2002, p. 36]
Per studiare le reti e il loro sviluppo occorre però una matematica diversa da quella lineare
classica, questa matematica è, appunto, la matematica della complessità. La matematica della
complessità è una matematica delle relazioni e delle configurazioni, che utilizza nuovi
concetti quali il caos, i frattali ecc. [Capra, 1999, p.130-173], ed è stata resa possibile
dall’invenzione di computer sempre più potenti, capaci di elaborare una quantità incredibile di
interazioni fra fenomeni.
Rimandando l’approfondimento della matematica della complessità alle sedi più appropriate,
in queste sede ci concentreremo sulla comprensione dello schema dei sistemi viventi e non.
Occorre quindi approfondire il concetto di autopoiesi.
2.3
L’autopoiesi, l’organizzazione della vita40
Seguendo lo schema concettuale proposto da Capra [2002] si affronterà lo studio dei sistemi
sociali iniziando dalla comprensione del sistema vivente uomo e sulla modalità con cui esso si
connette (cognizione e linguaggio)41.
Il concetto fondamentale su cui si poggia la teoria sistemica del vivente è l’Autopoiesi.
Autpoiesi deriva da Auto:“da sé” e Poiesi: “produzione”. Autopoiesi significa, quindi,
“produzione da sé”.
Maturana creò tale termine quando, cercando le risposte alle due distinte domande: Che cos’è
l’organizzazione del vivente? e Che cosa avviene nel fenomeno della percezione?, si rese
conto che in realtà il vivere ed il percepire sono le due facce della stessa medaglia.
Maturana [Cfr. 1.4] ipotizzo, allora, che l’organizzazione circolare del sistema nervoso fosse
l’organizzazione base di tutti i sistemi viventi: “I sistemi viventi […] sono organizzati in un
processo circolare causale chiuso che permette il cambiamento evolutivo nel modo in cui è
mantenuta la circolarità, ma non la perdita della circolarità stessa”.
Poiché tutti i cambiamenti nel sistema avvengono all’interno di questa circolarità di base,
Maturana poté sostenere che gli elementi che determinano l’organizzazione circolare devono
essere prodotti e mantenuti da essa.
39
Come abbiamo visto questa posizione grazie all’intuizione di Maturana [1990] è assumibile come posizione ontologica del
pensiero sistemico [1.4]: “La prima e più ovvia proprietà di ogni rete è la sua non linearità: la rete si estende in tutte le
direzioni. Quindi le relazioni di uno schema a rete sono relazioni non lineari. In particolare, uno stimolo, o messaggio, può
viaggiare lungo un percorso ciclico, che può diventare un anello di retroazione. Il concetto di retroazione è intimamente
legato allo schema a rete. Poiché le reti di comunicazione possono generare anelli di retroazione, esse possono acquisire la
capacità di regolare se stesse. […] In effetti, l’auto-organizzazione si è rivelata essere forse il concetto centrale nella visione
sistemica della vita, e come i concetti di retroazione e di autoregolazione, esso è strettamente legato alle reti. Lo schema della
vita, potremmo dire, è uno schema a rete capace di auto-organizzazione.”
40
L’autopoiesi è, secondo Maturana e Varela, l’organizzazione della vita. Utilizzare questo concetto ci fornisce, per cui, un
chiaro e preciso criterio per distinguere tra sistemi viventi e sistemi non-viventi.
41
Tale impostazione è coerente con l’ontologia di Maturana [Cfr 1.4].
47
Fabio Forlani
In base a questo ragionamento egli poté concludere per prima cosa che questo schema a rete,
in cui ogni componente ha la funzione di aiutare a produrre e a trasformare altri componenti
mantenendo nel contempo la circolarità globale della rete, costituisce la vera
“organizzazione del vivente”.
La seconda conclusione che trasse Maturana dalla chiusura circolare del sistema nervoso
equivaleva ad una concezione radicalmente nuova della cognizione. Egli ipotizzo, infatti, che
il sistema nervoso non soltanto si auto-organizza ma fa continuamente riferimento a se stesso.
La percezione, allora, non si può considerare una rappresentazione di una realtà esterna, ma si
deve intendere come la creazione continua di nuove relazioni all’interno della rete neurale:
“Le attività delle cellule nervose non riflettono un ambiente indipendente dall’organismo
vivente e quindi non permettono la costruzione di un mondo esterno che esiste realmente”
[Maturana, 1970, in Capra, 1996, p.112]. Nelle parole di Maturana [in Capra, 1996, p.294]: “I
sistemi viventi sono sistemi cognitivi, e il vivere in quanto processo è un processo di
cognizione. Questa dichiarazione è valida per tutti gli organismi, con o senza un sistema
nervoso.”
La comprensione dello schema è fondamentale per l’interpretazione scientifica della vita.
Tuttavia, per ottenere una conoscenza completa di un sistema è necessario capire anche la
struttura del sistema42. Secondo Capra [1996, p.178]: “E’ mia convinzione che la chiave per
una teoria completa dei sistemi viventi stia nella sintesi di questi due approcci: lo studio dello
schema (ovvero di forma, ordine e qualità) e lo studio della struttura (ovvero sostanza,
materia, quantità).”
Capra [1996, p.179, grassetto nostro] definisce lo schema, la struttura ed il legame che emerge
tra loro nel divenire dei sistemi viventi nel seguente modo43:
• “Lo schema di organizzazione di qualsiasi sistema, vivente o non vivente, è una
configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che ne determina le
caratteristiche essenziali.” Per poter definire qualcosa come una sedia piuttosto che come
una bicicletta o un albero è necessario che siano presenti determinate relazioni. Per
schema di organizzazione intendiamo, allora, quella configurazione di relazioni che
conferisce a un sistema le sue caratteristiche essenziali [cfr Maturana, §1.4].
• “La struttura di un sistema è la materializzazione fisica del suo schema di
organizzazione. Mentre la descrizione dello schema di organizzazione implica una
rappresentazione astratta di relazioni, la descrizione dello struttura implica la
rappresentazione dei reali componenti fisici del sistema: la loro forma, la loro
composizione chimica ecc.” [cfr Maturana, §1.4].
• “In un sistema vivente i componenti cambiano di continuo. Un flusso incessante di
materia attraversa gli organismi viventi. C’è crescita sviluppo ed evoluzione. Così fin
dalla nascita della biologia la comprensione delle strutture viventi è stata inseparabile
dalla comprensione dei processi metabolici e di sviluppo. Questa straordinaria proprietà
dei sistemi viventi suggerisce di utilizzare il processo come terzo criterio per una
descrizione completa della vita. Il processo della vita è l’attività necessaria alla continua
materializzazione dello schema di organizzazione del sistema. Dunque il criterio di
42
L’organizzazione di un sistema vivente è l’insieme delle relazioni fra i suoi componenti che definiscono il sistema come
appartenente a una certa classe (per esempio un batterio, un girasole, un gatto o un cervello umano). La descrizione di questa
organizzazione è una descrizione astratta di relazioni e non identifica i componenti.
La struttura di un sistema vivente è costituita dalle relazioni reali fra componenti fisici. In altre parole la struttura del sistema
è l’incarnazione fisica della sua organizzazione.
L’organizzazione del sistema è indipendente dalle proprietà dei suoi componenti, cosicché una data organizzazione può
essere tradotta in una struttura fisica in molti modi differenti, attraverso molti tipi diversi di componenti.
Una caratteristica importante dei sistemi viventi è che la loro organizzazione autopoietica comporta la creazione di un
confine che specifica il campo delle operazioni della rete e definisce il sistema come unità.
43
Capra utilizza le definizioni di Maturana e Varela [1987, p.56].
48
Esperienze, Marketing e Territorio
processo costituisce il legame fra schema e struttura”[cfr il concetto di emergenza di
Varela nel §1.6].
La teoria dell’autopoiesi è un importante contributo alla comprensione dei sistemi viventi
poiché identifica nel modello delle reti autogenerative lo schema della vita, ma non ci fornisce
una descrizione dettagliata di come effettivamente queste reti siano organizzate e funzionino
(fisicamente e chimicamente). Per affrontare questo tema, il punto di partenza è dato, secondo
Capra, dall’osservazione per la quale tutte le strutture viventi, come ad esempio le strutture
cellulari, esistono in condizioni molto distanti da quelle dell’equilibrio termodinamico: “I
sistemi viventi sono chiusi a livello di struttura organizzativa - sono reti autopoietiche -,
ma aperti dal punto di vista materiale ed energetico: per restare in vita hanno bisogno di un
continuo flusso di materia ed energia dall’ambiente esterno. D’altro lato le cellule – come tutti
gli organismi viventi – producono incessantemente dei rifiuti, e da questo flusso ininterrotto
di materia (elementi nutritivi e rifiuti) dipende la loro posizione nella catena
alimentare.”[Capra, 2002, p.40, grassetto nostro].
Gli studi sul flusso di materia ed energia nei sistemi complessi sono stati sistematizzati da Ilya
Prigogine nella teoria delle strutture dissipative: Una struttura dissipativa è un sistema
aperto che si mantiene in uno stato che, pur essendo lontano da un punto di equilibrio,
gode tuttavia di una propria stabilità: la struttura rimane complessivamente la stessa,
nonostante un costante flusso di materia e un continuo cambiamento dei propri
componenti.
La dinamica di queste strutture dissipative include lo spontaneo emergere di nuove forme di
ordine. Quando il flusso di energia aumenta, è possibile che il sistema incontri un punto di
instabilità (punto di biforcazione) in corrispondenza del quale il sistema stesso può entrare in
uno stato completamente nuovo, dove possono emergere nuove strutture e nuove forme di
ordine. Questo spontaneo emergere di nuovo ordine in prossimità di un punto critico di
instabilità è uno dei concetti più importanti nell’ambito della nuova visione delle vita. Spesso
si fa riferimento ad esso semplicemente come a una “emergenza”, anche se è più appropriato
parlare di “auto-organizzazione”. Esso è stato riconosciuto come l’origine dinamica dello
sviluppo, dell’apprendimento e dell’evoluzione44.
Come evidenzia Capra [2002, p.43] l’integrazione della teoria dell’autopoiesi con la teoria
delle strutture dissipative è un notevole passo in avanti per la comprensione dei sistemi
viventi. Però nel fare questo ci si rende, anche, conto che esse non sono del tutto
corrispondenti: se è infatti vero che tutti i sistemi autopoietici sono strutture dissipative, non è
però vero che tutte le strutture dissipative sono sistemi autopoietici. Le strutture dissipative
non sono, quindi, necessariamente dei sistemi viventi.
Si può quindi sintetizzare il pensiero di Capra, attraverso le tre prospettive che rappresentano i
“nodi” principali che costituiscono la “tela” del suo ragionamento:
• La prospettiva della forma (o schema): lo schema di organizzazione è la
configurazione di relazioni tra i componenti del sistema stesso, che ne determina le
caratteristiche essenziali. In un sistema vivente lo schema di organizzazione è quello
di una rete autogenerativa;
44
Per approfondimenti vds Capra F [1997 e 2002]. Secondo Margulis L. e Sagan D. [in Capra, 2002, p.65] la storia del
dispiegarsi delle diverse forme di vita mostra come la creatività dei sistemi viventi si sia espressa (e si esprima) attraverso i
percorsi evolutivi della mutazione, dello scambio genetico, e della simbiosi e viene poi limitata dai processi di selezione
naturale. Seguendo tali percorsi evolutivi la rete planetaria della vita si è espansa e si è diversificata, assumendo forme via via
più complesse.
49
Fabio Forlani
•
•
La prospettiva della materia (o struttura): la struttura del sistema è l’incarnazione
materiale dello schema di organizzazione. In un sistema vivente la struttura
materiale è una struttura dissipativa, ossia un sistema aperto che opera in condizioni
lontane dall’equilibrio;
La prospettiva del processo: il processo è il processo continuo nel quale si realizza
l’incarnazione della forma nella materia (emersione). I sistemi viventi sono sistemi
cognitivi nei quali il processo di cognizione è strettamente connesso al modello
dell’autopoiesi.
Queste prospettive possono essere rappresentate come i vertici di un triangolo, in modo da
evidenziare come esse siano essenzialmente interconnesse. E’ possibile riconoscere la forma
di uno schema di organizzazione solo a patto che si incarni nella materia, e nei sistemi viventi
questa incarnazione è un processo continuo (emersione). Per comprendere qualsiasi fenomeno
biologico, dobbiamo integrare tutte e tre queste prospettive.
Fig. 2.2 - I nodi concettuali dei sistemi viventi
PROCESSO
FORMA
MATERIA
Tratto da Capra, 2002, p. 118.
La caratteristica fondamentale che distingue i sistemi viventi da quelli non viventi – ad
esempio il metabolismo cellulare – non è infatti una proprietà della materia, né tantomeno
qualche “forza vitale”. Si tratta invece di uno specifico schema di relazioni tra processi. E, pur
coinvolgendo relazioni tra processi che producono componenti materiali, questo schema
reticolare non è, in se stesso, qualcosa di materiale.
I cambiamenti strutturali che avvengono all’interno di questo schema reticolare vengono
intesi come processi cognitivi che, alla fine, daranno origine all’esperienza cosciente e al
pensiero concettuale. Tutti questi fenomeni cognitivi non sono materiali, ma sono tuttavia
incarnati, ossia nascono a partire da un corpo e da esso vengono modellati. Pertanto, la vita
non è mai separata dalla materia, anche se le sue caratteristiche essenziali – l’organizzazione,
la complessità, i processi e così via – sono immateriali.
2.4
I sistemi sociali
Al fine di estendere la concezione sistemica della natura della vita alla dimensione sociale
(oggetto di questo studio e successivo passaggio logico) occorre però affrontare i temi del
pensiero concettuale, dei valori, dei significati e degli scopi, tutti quei fenomeni che
appartengono alla dimensione della coscienza e della cultura degli uomini. Per fare questo
occorre sviluppare i temi della mente e della coscienza.
Come evidenziato più volte precedentemente, il tema della cognizione è la seconda faccia
della teoria dell’autopoiesi. Elaborando tale tema Maturana e Varela hanno sviluppato il
rapporto fra mente e coscienza in quella che viene definita Teoria di Santiago della
Cognizione.
L’intuizione centrale della teoria di Santiago consiste nell’identificazione della cognizione (il
processo della conoscenza) con il processo della vita. [cfr §1.4]. La cognizione, secondo
50
Esperienze, Marketing e Territorio
Maturana e Varela, è l‘attività dispiegata nei processi di autogenerazione e autoconservazione
delle reti viventi. La cognizione coincide con il processo stesso della vita. L’attività
organizzativa dei sistemi viventi, a qualunque livello di vita, è pertanto un’attività mentale. Le
interazioni di tutti gli organismi viventi – piante, animali o uomini – con il loro ambiente sono
interazioni cognitive. La vita e la cognizione sono quindi inscindibilmente connesse: la mente
o, per essere precisi, l’attività mentale è immanente alla materia, a tutti i livelli della vita45.
Secondo la Teoria di Santiago un sistema vivente si accoppia strutturalmente [cfr §1.4] col
proprio ambiente, ossia mantiene con esso delle ricorrenti interazioni, ciascuna delle quali
innesca cambiamenti strutturali all’interno del sistema, rimanendo autonomo.
Quando un organismo vivente risponde agli stimoli dell’ambiente attivando dei cambiamenti
strutturali, questi cambiamenti modificheranno poi, a loro volta, il suo comportamento nelle
occasioni future. Ne deriva che un sistema strutturalmente accoppiato col proprio ambiente è
un sistema che impara. Se un sistema impara ciò ci consente di definirlo anche intelligente
[cfr §1.4].
L’accoppiamento strutturale secondo Maturana [vds §1.4] implica che il comportamento dei
sistemi viventi è “determinato dalla loro struttura”
Secondo Maturana il comportamento dell’organismo vivente è determinato dalla struttura
dell’organismo stesso, quella struttura che si è formata in seguito a una serie di cambiamenti
strutturali autonomi. Il comportamento dell’organismo vivente può dirsi quindi sia
determinato sia libero: I sistemi viventi rispondono autonomamente agli stimoli
dell’ambiente mettendo in atto una serie di cambiamenti strutturali.
Secondo Maturana e Varela, per cui, non possiamo mai dirigere un sistema vivente. Possiamo
soltanto fornirgli degli stimoli, tenendo però conto che un sistema vivente, non solo specifica
da sé i propri cambiamenti strutturali, specifica anche quali stimoli provenienti dall’ambiente
possono attivare questi cambiamenti (quelli che agiscono su di una data struttura).
In questa ottica il sistema strutturalmente determinato conserva quindi la libertà di decidere a
che cosa porre attenzione e che cosa sarà in grado di disturbarlo. Specificando quali stimoli
ambientali attiveranno i cambiamenti, il sistema viene a delimitare i confini del proprio
ambito cognitivo: esso “fa emergere un mondo”.
Per Maturana e Varela “vivere è conoscere”, apprendimento e sviluppo non sono altro
che le due facce di una stessa moneta.
L’idea di identificare la mente o la cognizione con la vita è quindi l’idea chiave di Maturana e
Varela. Nella loro teoria viene abbandonata la visione cartesiana della mente come “realtà
pensante”, la mente non è infatti una cosa, una realtà, bensì un processo: quello della
cognizione che si identifica col processo stesso della vita. Il cervello, poi, è una particolare
struttura attraverso la quale questo processo opera. La relazione tra mente e cervello, quindi, è
una relazione tra processo e struttura. Inoltre il cervello non è la sola struttura attraverso la
quale il processo di cognizione opera: a questo processo, infatti, partecipa l’intera struttura
dell’organismo – indipendentemente dal fatto che questo abbia un cervello e un sistema
nervoso evoluto.
A qualunque livello della vita mente e materia, processo e struttura, sono inscindibilmente
connessi.
2.5
La dimensione sociale della coscienza e la mente incarnata
45
In questa nuova visione, la cognizione è qualcosa che riguarda l’intero processo della vita – includendo percezioni,
emozioni, e comportamento -, e non richiede neppure necessariamente l’esistenza di un cervello e di un sistema nervoso.
51
Fabio Forlani
Come abbiamo visto la cognizione è un processo che riguarda tutti i livelli della vita e,
pertanto è un fenomeno molto più ampio della coscienza. La coscienza, ossia l’esperienza
vissuta consapevolmente, si dischiude solo a certi livelli di complessità cognitiva, che
richiedono l’esistenza di un cervello e di un sistema nervoso evoluto. La coscienza, è quindi,
un particolare tipo di processo di cognizione che emerge quando la cognizione raggiunge un
determinato livello di complessità.
Gli scienziati e filosofi che si occupano di scienze cognitive sono sufficientemente concordi
nel distinguere due tipi di coscienza (o di esperienze cognitive):
• La “coscienza primaria”; sorge quando i processi cognitivi sono accompagnati da un
esperienza percettiva, sensoriale ed emozionale di base.
• La “coscienza di ordine superiore” o “coscienza riflessiva” [Capra, 2002, p.76];
include autocoscienza, ossia la conoscenza di se stesso da parte di un soggetto capace
di pensiero e riflessione.
Nella coscienza riflessiva si manifesta un livello di astrazione cognitiva che include la
capacità di usare immagini mentali, capacità in base alla quale possiamo formulare valori,
credenze, scopi e strategie46. Questo stadio evolutivo della vita è di cruciale importanza,
perché il “mondo interiore” dei concetti e delle idee della coscienza riflessiva è emerso, nel
corso dell’evoluzione, assieme al linguaggio e alla realtà sociale delle relazioni organizzate e
della natura.
Humberto Maturana è stato uno dei primi scienziati a collegare in modo sistematico la
biologia della coscienza umana al linguaggio. Secondo tale scienziato la comunicazione non
consiste nella trasmissione di informazioni, quanto piuttosto nella coordinazione del
comportamento fra due organismi viventi attraverso un mutuo accoppiamento strutturale47. In
queste ricorrenti interazioni, gli organismi viventi vengono a mutare assieme, innescando
reciprocamente, l’uno nell’altro, dei cambiamenti strutturali. Una tale coordinazione reciproca
è la caratteristica chiave della comunicazione per tutti gli organismi viventi (dotati o meno
che siano di un sistema nevoso), e si fa sottile ed elaborata man mano che cresce la
complessità dei sistemi nervosi. La nascita del linguaggio si ha quando si raggiunge un livello
di astrazione nel quale si realizza una comunicazione intorno alla comunicazione stessa, o in
altri termini quando c’è una coordinazione delle coordinazioni comportamentali. Il
linguaggio, in questa visione, è un sistema di comunicazione simbolica. I suoi simboli –
parole, gesti e altri atti – servono come segni per la coordinazione linguistica delle azioni. Ciò
a sua volta crea la nozione di oggetti, e così i simboli entrano in associazione con le nostre
immagini mentali degli oggetti.
Successivamente, non appena i nomi e gli oggetti vengono creati attraverso la coordinazione
delle coordinazioni comportamentali, essi diventano la base per ulteriori coordinazioni, che
generano una serie di livelli ricorsivi di comunicazione linguistica. Non appena distinguiamo
gli oggetti, noi creiamo dei concetti astratti che servono a indicare le proprietà o le relazioni
fra oggetti diversi.
Il processo di osservazione, secondo Maturana, consiste di simili distinzioni di distinzioni48.
L’osservatore, quindi, appare quando distinguiamo tra le osservazioni e, infine, quando
usiamo la nozione di oggetto – e i concetti astratti a esso associati – per descrivere noi stessi,
allora sorge l’autocoscienza: l’osservazione dell’osservatore.
46
In quanto esseri umani, non ci limitiamo a fare esperienza degli stati integrati di coscienza primaria, infatti, noi pensiamo e
riflettiamo, comunichiamo attraverso il linguaggio simbolico, esprimiamo giudizi di valore, nutriamo delle credenze e
agiamo intenzionalmente, sapendo di farlo e facendo esperienza di una libertà personale.
47
Si veda anche §1.4.
48
Si veda anche §1.4.
52
Esperienze, Marketing e Territorio
Il nostro dominio linguistico, quindi, si espande fino a includere la coscienza riflessiva. A
ciascuno di questi livelli ricorsivi vengono creati nomi e oggetti, e la loro distinzione offusca
poi le coordinazioni che essi coordinano.
Maturana sottolinea come il fenomeno del linguaggio non si realizzi nel cervello, ma in un
flusso ininterrotto di coordinazione di coordinazioni comportamentali. Esso si realizza allora
“nel flusso di interazioni e relazioni del vivere assieme”.
Secondo Maturana e Varela come esseri umani, noi esistiamo nel linguaggio e continuiamo a
tessere quella rete linguistica nella quale siamo avvolti. Nel linguaggio coordinato il nostro
comportamento, e sempre nel linguaggio, facciamo emergere il nostro mondo. Secondo questi
autori, allora, “il mondo che ognuno vede […] non è il mondo ma un mondo, che noi
facciamo emergere insieme agli altri.”. Questo mondo umano include, in una posizione
centrale, il nostro mondo interiore costituito da pensieri astratti, concetti, credenze, immagini
mentali, intenzioni e autocoscienza. Durante una conversazione umana, i concetti e le idee, le
emozioni e i movimenti corporei si saldano in una complessa coreografia di coordinazione
comportamentale.
Questa teoria del linguaggio, unitamente a recenti scoperte sull’origine del linguaggio [Capra,
2002] ci consente di condividere una recente scoperta degli scienziati della cognizione: il
pensiero concettuale nel suo complesso, è fisicamente incarnato nel corpo e nel cervello.
Recenti studi nel campo della linguistica cognitiva [Lakoff e Johnson in Capra, 2002, p.104],
inoltre, indicano con forza che la ragione umana non trascende il corpo, bensì è
strutturalmente regolata dalla nostra natura fisica e dalla nostra esperienza corporea. Ed è
proprio in questo senso che possiamo dire che la mente umana è essenzialmente incarnata. La
struttura stessa della ragione sorge dal nostro corpo e dal nostro cervello.
Lakoff e Johnson [in Capra, 2002; e in Zaltman, 2003] mostrano come la maggior parte del
pensiero appartiene alla dimensione dell’inconscio, operando a un livello che resta
inaccessibile alla nostra coscienza ordinaria. Questo “inconscio cognitivo” non include
soltanto tutte le operazioni cognitive che esercitiamo in modo automatico, ma anche le nostre
conoscenze e le nostre credenze che rimangono inespresse. Senza che ne siamo consapevoli,
l’inconscio cognitivo struttura e modella ogni nostro pensiero cosciente.
Come direbbero Maturana e Varela, un organismo vivente fa emergere un mondo attraverso il
proprio operare distinzioni.
Il modo in cui di fatto gli organismi viventi operano le loro classificazioni dipende dal loro
apparato sensoriale e dal loro sistema motorio; detto in altri termini dipende da come sono
incarnati.
Anche se alcune nostre categorie, in quanto esseri umani, sono il risultato di ragionamenti
consapevoli, la maggior parte di esse vengono formate in modo automatico e inconscio, in
dipendenza dalla natura del nostro corpo e del nostro cervello.
Le strutture del nostro corpo e del nostro cervello determinano i concetti che possiamo
formare e i ragionamenti in cui possiamo immergerci.
Secondo Lakoff e Johnson il pensiero umano per elaborare concetti astratti utilizza il processo
di proiezione metaforica49 e molte metafore confermano la “cognizione incorporata”, vale a
dire il riferimento al nostro sistema sensoriale e motorio per esprimere i nostri processi
cognitivi [Zaltman, 2003, p. 41]. Quando, ad esempio, diciamo frasi del tipo “Non credo di
riuscire ad afferrare questa idea”, “Ciò va al di là della mia portata ”, “voglio che queste idee
tocchino persone con diversi punti di vista”, usiamo la nostra esperienza corporea “tattile” per
ragionare sulla comprensione di un’idea.
49
La metafora è la rappresentazione di un concetto per mezzo di un altro. Zaltman [2003, p. 40] evidenzia che “Secondo una
stima recente, noi utilizziamo circa sei metafore ogni volta che parliamo per un minuto”. Secondo Capra, la scoperta che la
maggior parte del pensiero umano è metaforico va annoverata tra i principali progressi nel campo delle scienze cognitive.
53
Fabio Forlani
Quanto detto può essere riassunto con le parole di Lakoff e Johnson : “La mente è
profondamente incarnata nel corpo. Il pensiero è in maggior parte inconscio. I concetti astratti
sono in larga misura metaforici.” e inoltre “La ragione, anche nelle sue prime forme più
astratte, si serve della nostra natura animale piuttosto che trascenderla. In questo senso, lungi
dall’essere un’essenza che ci separa dagli altri animali, la ragione – al contrario- ci pone in un
rapporto di continuità rispetto a essi”.50
La nuova concezione scientifica della vita, del suo emergere e del suo evolversi, ci
permette di capire quanto sia stretto il legame che ci unisce all’intera “fabbrica della
vita”: “Quando guardiamo il mondo che ci circonda, ci accorgiamo di non essere gettati
nel caos e nel disordine, ma di far parte di una grande sinfonia della vita.” e ancora “Noi
condividiamo col resto del mondo vivente non soltanto le molecole della vita, ma anche i
principi fondamentali della loro organizzazione.” [Capra, 2002, p. 115].
2.6
Un modello sistemico per la realtà sociale
Come osserva Capra, quando si prova a estendere la nuova visione sistemica della vita
all’ambito della realtà sociale, ci si imbatte subito in una serie di fenomeni (regole di
comportamento, valori, credenze, intenzioni, scopi, strategie, relazioni di potere) che, pur non
rivestendo alcun ruolo nella maggior parte del mondo non umano, sono tuttavia essenziali nel
campo della vita sociale degli uomini.
Tutte queste diverse caratteristiche della realtà sociale hanno però un tratto fondamentale in
comune: l’autocoscienza. L’autocoscienza51, infatti, emerse durante l’evoluzione umana
assieme al linguaggio, al pensiero concettuale e al mondo sociale, costituito da una cultura e
da un insieme di relazioni organizzate. Di conseguenza la comprensione della coscienza
riflessiva è inscindibilmente connessa a quella del linguaggio e del suo contesto sociale.
L’essere in grado di utilizzare immagini mentali ci permette infatti di scegliere fra diverse
alternative, cosa indispensabile per poter formulare giudizi di valore e regole sociali di
comportamento.
Le nostre intenzioni, l’essere consapevoli di propositi, disegni e strategie volti a raggiungere
determinati fini, sono tutte caratteristiche che richiedono la proiezione di immagini mentali
nella dimensione del futuro.
Secondo Capra è possibile allora estendere la visione sistemica della vita al dominio sociale
aggiungendo la prospettiva del significato alle altre tre prospettive sulla vita. Nel far questo,
si utilizza il termine “significato” come di un abbreviazione per indicare tutto il mondo
interiore della coscienza riflessiva, che contiene una moltitudine di caratteristiche fra loro
correlate.
Integrare le quattro prospettive significa riconoscere che ciascuna di esse contribuisce in
modo significativo alla comprensione dei fenomeni sociali. A titolo di esempio in un territorio
(materia) la cultura52 è creata e sostenuta da una rete (forma) di comunicazioni (processo),
nella quale viene generato un significato. Le concretizzazioni materiali della cultura
includono artefatti e testi scritti (materia) attraverso i quali il significato viene trasmesso
(processo) di generazione in generazione.
Fig. 2.3 - I nodi concettuali dei sistemi sociali
50
In Capra [2002, p.109 e p.111].
Vds sopra § 2.5.
52
E’ evidente che la nascita di cultura è un fenomeno di emersione che segue le logiche della dinamica non lineare. Il vivere
sociale in quanto processo emergente che produce significato è analizzabile quindi utilizzando la metodologia di ricerca
messa appunto dalla Teoria dei Sistemi Complessi Dinamici.
51
54
Esperienze, Marketing e Territorio
SIGNIFICATO
PROCESSO
FORMA
MATERIA
Tratto da Capra, 2002, p. 118.
Le componenti del modello, che verrà sviluppato nel proseguo della tesi, sono:
• Materia (Chi ? e Dove ? elementi materiali che compongono il sistema )
Si approfondirà il tema della componenti materiali (o strutturali) dei sistemi sociali e
della loro articolazione territoriale nel seguito della tesi.
• Schema : (Come ? le diverse tipologie di schemi di organizzazione a rete)
Si approfondirà il tema delle diverse forme reticolari nel prossimo paragrafo [§ 2.7]
• Processo (Cosa ? l’emergere del sistema e l‘esperienza del vivere)
Si approfondirà il tema dell’emersione del sistema nel paragrafo §2.8. Si analizzerà,
invece, l’emergere dell’esperienza umana come processo che emerge da sistema
sociale nello sviluppo della tesi.
• Significato (Perché ? fine, scopo e libertà umana)
Le strutture sociali sono create in vista di un certo scopo, secondo qualche progetto e
incorporano dei significati. Per comprendere le attività dei sistemi sociali, è di
fondamentale importanza affrontarli a partire da questa prospettiva.
Il significato (perché) è qualcosa di essenziale per gli esseri umani che sono sempre
alla ricerca di un senso sia nel nostro mondo interiore, sia in quello esterno. L’uomo
cerca un significato nel mondo che lo circonda e nelle relazioni che lo lega agli altri
per poi agire in accordo con questo significato. L’uomo avverte il bisogno di agire
avendo in mente un preciso scopo, un fine da raggiungere. Vedremo nel proseguo
della tesi il ruolo fondamentale che riveste il significato nell’emersione dell’esperienza
umana e dei sistemi sociali.
Si ritiene opportuno ricordare, a questo punto, che l’estensione della visione sistemica della
vita ai fenomeni sociali si basa sull’assunzione (scelta ontologica) che esista un’essenziale
unità nell’ambito della vita e che sistemi viventi fra loro diversi presentino schemi
organizzativi simili (reti). Questo assunto è avvalorato [Capra, 2002] dal fatto che
l’evoluzione si è sviluppata per miliardi di anni seguendo sempre gli stessi schemi. In
corrispondenza all’evolversi della vita questi schemi divengono sempre più complessi, ma si
tratta pur sempre di variazioni sugli stessi temi fondamentali. In particolare uno degli schemi
fondamentali di organizzazione diffuso in tutti i sistemi viventi è quello reticolare. Estendere
al dominio sociale la visione sistemica della vita, quindi, significa applicare alla realtà sociale
la conoscenza degli schemi e dei principi di organizzazione della vita stessa e specialmente la
comprensione delle reti viventi.
Occorre però ricordare che il passaggio dai sistemi viventi ai sistemi viventi sociali è un salto
di complessità. Per cui i concetti elaborati nella teoria della complessità (es. emergenza) si
55
Fabio Forlani
riveleranno senz’altro validi ed importanti, ma siccome i nodi e i collegamenti delle reti
sociali non sono solamente delle realtà biochimiche, per comprendere le reti sociali sarà
necessario confrontare ed integrare tali concetti con quelli specifici messi a punto negli studi
delle scienze sociali53. Lo stesso ragionamento vale per l’applicazione dell’approccio
sistemico agli studi di organizzazione54, e di economia e gestione delle imprese55.
2.7
L’importanza dello schema: le reti piccolo mondo
“L’atomo è stata l’icona del XX secolo. (…) Il simbolo del nuovo secolo, (…) è la rete. La
rete non ha centro, non rispetta orbite, non rassicura perché non esprime certezze. La rete è la
nuova metafora per rappresentare l’interdipendenza e l’interconnettività della conoscenza, dei
circuiti, delle cose, delle persone, delle imprese, delle istituzioni, dei sistemi paese che
convergono tutti insieme in un nuovo mondo che li rende distinti ma più che mai uniti fra
loro. Mentre l’atomo esprime un esempio di semplicità, la rete comunica invece la
complessità.” Valdani [2001, p.27].
Uno dei risultati più affascinanti della ricerca scientifica degli ultimi anni è la scoperta che un
gran numero di sistemi così vari e diversi come Internet, il WWW, le catene alimentari, le
relazioni sociali presentano una struttura organizzativa (schema di organizzazione) a rete
comune sorprendentemente robusta a sollecitazioni esterne.
Tale struttura organizzativa a rete è rappresentabile attraverso dei grafi, strumenti della
matematica della complessità (o della dinamica non lineare)56 utilizzati per rappresentare i
sistemi complessi. Nel gergo matematico, infatti, un certo numero di punti (o vertici) collegati
da linee (o archi) sono un “grafo”. I grafi sono strutture così grandemente stilizzate da poter
essere utilizzate in quasi ogni circostanza. I punti possono rappresentare ad esempio dei
computer server e gli archi i collegamenti via cavo; in questo caso il grafo è una
rappresentazione di Internet. Altrimenti si può pensare ai vertici come persone collegate da
archi che sono relazioni interpersonali di amicizia o parentela; in questo caso il grafo
rappresenta una comunità.
La grande e recente scoperta, avvenuta in molti campi, è che nonostante i differenti casi reali,
tutti i grafi dei sistemi viventi mostrano le stesse proprietà [Buchanan, 2003]: la proprietà
piccolo mondo.
53
Capra [2002] poggia la sua ipotesi d’estensione dell’approccio sistemico sul raffronto con le teorie di Anthony Giddens e
Manuel Castell.
54
Su questo punto riteniamo sia possibile e utile confrontare i nodi concettuali dell’approccio sistemico allo studio delle
organizzazioni sociali con la teoria dell’agire organizzativo di Bruno Maggi. Tale raffronto si ritiene metodologicamente
corretto in quanto Maggi si dichiara sostenitore di una terza via, rispetto a oggettivismo positivista e soggettivismo
costruttivista, alla ricerca sociale che ha molti punti in comune con l’approccio sistemico [cfr §1.3]. L’autore sostiene, infatti,
che “un’organizzazione non è una cosa, ma un processo d’azione e di decisione” [Maggi, 2003, p.XIII]. Considerando come
buona base di vicinanza la natura processuale di entrambi gli approcci, si ritiene che la teoria di Maggi sia compatibile con
l’approccio sistemico perché gli ingredienti principali [Maggi, 2003, p.15] utilizzati sono i medesimi. Questi ingredienti, che
lui definisce come comuni a tutti i casi in cui c’è un agire organizzato, sono:
•
Finalizzazione Prospettiva del significato;
•
Razionalità intenzionale e limitata Prospettiva della materia (o struttura). L’essere umano ha razionalità
intenzionale e limitata in quanto è determinato strutturalmente. La sua limitatezza deriva dall’avere un corpo
materiale limitato.
•
Strutturazione del processo Prospettiva dello schema. I processi emergono sulla base dell’esistenza di schemi, la
strutturazione del processo è allora lo schema.
•
Relazione con altri processi Prospettiva del processo. Il processo d’emersione del sistema fa interagire tramite
l’accoppiamento strutturale il sistema con altri sistemi e quindi con altri processi. I sistemi nel loro divenire
processuali sono accoppiati strutturalmente con il mondo.
55
Cfr Golinelli [2000] e Vicari [1991].
56
Vds Capra [1996], Barabàsi [2004] e Buchanan [2003].
56
Esperienze, Marketing e Territorio
Lo psicologo Stanley Milgram57 nel 1967 fece una interessante ricerca. Lo scopo della sua
ricerca era di descrivere le reti di relazioni sociali che componevano una comunità. A tal fine
egli chiese ad un certo numero di residenti nel Nebraska di far giungere di mano in mano per
mezzo di amici e conoscenti una missiva ad un destinatario agente di cambio a Boston. Le
persone che partecipavano all’esperimento non conoscevano l’indirizzo del destinatario,
dovevano perciò pensare a quale dei loro amici aveva la possibilità di essersi imbattuto in
qualcuno di Boston o in qualche agente di cambio per “avvicinarsi” al destinatario.
Sorprendentemente, un gran numero di missive raggiunse effettivamente l’agente di cambio
in un tempo relativamente breve e con non più di 5 o 6 passaggi. Questo risultato fu poi
ripreso ed elaborato dallo scrittore John Guare per la sua commedia (poi tradotta in un film
del 1993) “Sei gradi di separazione” entrando così nel linguaggio comune.
La principale sorpresa proviene dal fatto che nei grafi sociali si può “attraversare” tutto il
sistema con pochi passi che separano persone geograficamente molto lontane. Un possibile
percorso per la lettera di Milgram potrebbe essere ad esempio: da un abitante del Nebraska ad
uno dei suoi parenti o amici a Chicago e poi da lì direttamente fino all’agente di cambio.
Quello che è avvenuto nell’esperimento è in realtà un caso abbastanza frequente, poiché
all’interno delle comunità esistono dei legami stretti fra familiari e pochi amici e poi dei
legami più blandi con persone che vivono lontano.
Le persone che formano una comunità sociale, in altre parole, non sono connesse a caso
(rappresentabili con grafi casuali).
Come notato dal sociologo Mark Granovetter58 mentre i legami forti sono indispensabili per
tenere insieme un gruppo sociale, sono invece legami deboli quelli che ci consentono di
“connetterci” con il mondo ed arrivare ad ogni altra persona del pianeta con un basso numero
di passaggi. Questi collegamenti fungono da “scorciatoie” o “punti sociali” di passaggio che
ci fanno saltare in un ambiente completamente nuovo.
La situazione è simile se ci chiediamo quante tratte dobbiamo compiere per partire da casa
nostra verso un punto a caso nel mondo. Avremo una tratta o due al massimo verso il nostro
aeroporto, e poi dall’aeroporto di destinazione ancora una o due. Il collegamento aereo è in
questo caso la scorciatoia che ci porta in un nuovo ambiente.
Figura 2.4 - Grafi rappresentanti diverse tipologie di strutture reticolari
Fonte: Adattato da Buchanan, 2003, p. 57
Il fatto che la comunità terrestre composta di più di sei miliardi di persone sia in realtà un
“piccolo mondo” è stato formalizzato matematicamente da D. Watts e S. Strogatsz59 tramite i
grafi “piccolo mondo”. Questi grafi, illustrati in figura 2.4b sono una via di mezzo fra una
57
Buchanan [2003, p.21] e Barabàsi [2004, p.31-33].
Buchanan [2003, p.41-48] e Barabàsi [2004, p.45-47].
59
Buchanan [2003, p.57] e Barabàsi [2004, p.54-57].
58
57
Fabio Forlani
struttura completamente ordinata e regolare come quella descritta in figura 2.4a e quella
completamente disordinata o casuale descritta in 2.4c (grafi random).
Nel grafo regolare (a), ogni punto è collegato con i vicini di destra e sinistra e per arrivare
alla fine della struttura si deve fare un numero di passi che cresce con la grandezza del
sistema.
Nel grafo piccolo mondo (b), i punti sono ben collegati con quelli a loro più vicini (struttura
regolare sociale) ma esistono anche alcune “scorciatoie” che li connettono casualmente con il
resto del mondo.
Nel grafo casuale (c), i punti sono collegati a caso. Non c’è regolarità, ovvero non
necessariamente i siti sono collegati con altri siti alla loro destra o sinistra.
Confrontando queste tre diverse forme reticolari Watts e Strogatsz hanno scoperto che:
• Nel grafo regolare c’è un alta socialità o numero di collegamenti (alto coefficiente di
aggregazione) ma non presenta la caratteristica di piccolo mondo, definita in n° di
passaggi necessari per andare da un punto all’altro della rete (alto grado di
separazione);
• Nel grafo casuale c’è una basso grado di separazione (è un piccolo mondo) ma
presenta un basso coefficiente di aggregazione fra punti fisicamente vicini (non sono
reti sociali);
• Nel grafo piccolo mondo la distanza massima fra due punti del sistema (il diametro
della rete) è di solito un numero piccolo (basso grado di separazione) e al tempo stesso
mostrano una forte aggregazione sociale (alto coefficiente di aggregazione);
Le reti piccolo mondo, sotto il profilo teorico, mostrano come sia possibile interconnettere un
mondo sociale in maniera che da un lato vi siano tra i suoi elementi solo sei gradi di
separazione e dall’altro sia mantenuta le struttura intricata e riccamente aggregata dei gruppi e
delle comunità reali. Viene evidenziato inoltre che un piccolo numero di legami deboli hanno
un influenza immensa sul numero di gradi di separazione.
La struttura a rete “piccolo mondo” è stata rintracciata [Buchanan, 2003] nei:
• Sistemi sociali in cui il grafo è formato da persone connesse da relazioni di amicizia o
parentela;
• Sistemi di trasporto in cui il grafo è formato da città e località turistiche collegate da
strade, ferrovie, collegamenti marittimi e aerei;
• Sistemi informatici quali Internet dove i siti sono routers e gli archi i cavi di collegamento
e WWW (diverso da Internet) dove i siti sono documenti html (hyper-text markup
language) connessi da “hyper-links”;
• Sistemi biologici quali le reti di proteine dove i siti sono differenti proteine presenti nel
nucleo della cellula e i collegamenti sono interazioni proteiche;
• Sistemi ecologici quali le catene alimentari dove i siti sono le differenti specie presenti in
un ecosistema e i legami sono le predazioni.
Questa ubiquità di una proprietà a priori inattesa (in molti casi almeno per le reti create
dall’uomo si cerca di procedere con regolarità formando strutture del tipo regolare (fig. 2.5)) è
un ulteriore conferma della validità degli studi sistemici e reticolari di fondamento biologico
[Capra, 1997 e 2002; Maturana e Varela, 1987].
Gli scienziati che hanno approfondito le reti piccolo mondo hanno inoltre scoperto che
esistono più tipologie di reti che presentano tale caratteristica:
•
Le reti piccolo mondo egualitarie (Watts e Strogatsz )
•
Le reti piccolo mondo aristocratiche (Barabàsi)
58
Esperienze, Marketing e Territorio
•
Le reti piccolo mondo a stella (Barabàsi)
Le tre tipologie di reti hanno una straordinaria somiglianza con gli schemi che Paul Baran
aveva ipotizzato per la progettazione della rete che poi diverrà internet (fig. 2.5). Esso aveva
infatti parlato di rete centralizzata (a stella, ndr), rete decentrata e di rete distribuita60,
sottolineando che la rete distribuita che è quella con maggior resistenza agli errori e agli
attacchi.
Dagli studi di Barabàsi è, invece, emerso che la rete decentrata ha proprietà di solidità
inaspettate e che, soprattutto, sembra formarsi in modo naturale nei processi evolutivi dei
sistemi.
Fig. 2.5 - Le reti di Paul Baran
Tratto da Barabàsi [2004, p.156]
Fra le tipologie di reti piccolo mondo, come evidenziato da Barabàsi, crescente importanza va
acquisendo la rete aristocratica (a invariata di scala). Una caratteristica molto importante di
questa rete è l’autosimilarità del grado di un vertice. Il grado di un vertice rappresenta quanti
archi sono presenti per ogni vertice. L’autosimilarità di questa quantità significa che non
esiste un valore caratteristico per questa grandezza (del tipo di curva a campana), ma al
contrario si può riscontrare ogni valore (da molto piccolo a molto grande) dentro il sistema.
Prendendo ad esempio il caso di Internet, mostrato in fig. 2.6, se la struttura fosse stata
pianificata come l’impianto elettrico di un’abitazione, per quanto grande e complesso sia il
sistema ci saremmo aspettati un numero di collegamenti (linee) all’incirca costante per tutti i
siti del sistema. Questo non è evidentemente il caso, ci sono una miriade di punti terminali
con pochi collegamenti e un numero piccolo di grandi siti centrali. Barabàsi [2004] afferma
infatti che: “In sostanza, le reti non sono casuali e quindi non sono omogenee: la maggior
parte dei nodi ha pochi legami con gli altri, mentre ci sono pochi nodi che sono altamente
collegati, chiamati hub”.
In tutti questi casi si è riscontrata sempre la stessa legge, detta legge della potenza:
ogniqualvolta il numero di connessioni raddoppia, il numero di nodi con quel numero di
connessioni diminuisce di un fattore costante.
Figura 2.6 - Una mappa di Internet, i siti sono i principali router della rete.
60
Anche Valdani [2001] fa riferimento alle reti di Baran.
59
Fabio Forlani
Tratto da: http://www.nd.edu/~networks/linked/
Questa legge che sancisce la presenza di pochi nodi (hub) di grande importanza nella rete ha
fatto sì che queste reti vengano anche chiamate “reti aristocratiche” 61.
E’ possibile capire quali siano i motivi per cui la Natura tende a formare strutture con queste
proprietà (reti piccolo mondo egualitarie e/o aristocratiche)? O meglio c’è un motivo banale
per cui dovunque si guardi si vede lo stessa schema di organizzazione?
Ognuna delle reti esaminate dai ricercatori è il prodotto di uno sviluppo assolutamente unico:
i fattori che hanno contribuito a produrre la struttura della cellula sono ben diversi dai fattori
tecnico-economici che hanno portato alla nascita di internet.
Tuttavia ognuna di queste reti ha alla base la stessa architettura. Ognuna è un piccolo mondo
con elevata aggregazione.
Analizzando l’emergere delle strutture a rete “aristocratiche”, Barabási ha evidenziato che
esse dipendano dal meccanismo del “ricco sempre più ricco”. In base a questa caratteristica
delle reti aristocratiche, un nuovo nodo che si collega a una rete tenderà allora a farlo
legandosi più ai nodi altamente collegati che agli altri: “Le reti «Si sviluppano per decisione
indipendenti e libere di ciascun nodo: sia essa l'università di Notre Dame che deve decidere a
che router collegare il proprio sistema di internet o il navigatore che stabilisce liberamente i
link da aggiungere alla sua pagina personale. A questo livello la decisione è `democratica', ma
il risultato finale non lo è perché gli hub sono più importanti degli altri nodi per tenere
insieme la rete»”. [Barabási, 2004].
61
“In sostanza sono gli hub a fare la differenza: nella diffusione dei virus come l'Aids sono i `nodi' che fanno più sesso a
trasmettere di più la malattia che non le madri con bambini. Paradossalmente, una strategia più efficace del dare la cura solo
alle madri malate sarebbe quella di curare di più le prostitute. Vale lo stesso per gli amici o per internet: incontrerò più
probabilmente quelli con molti amici o linkerò nella mia homepage più probabilmente le pagine a loro volta più linkate.”
Barabàsi [2004].
60
Esperienze, Marketing e Territorio
Il processo di addizione (collegamento) preferenziale (ricchi sempre più ricchi), porta per
cui inevitabilmente allo sviluppo di connettori (hubs) che all’interno delle reti aristocratiche
svolgono la stessa funzione che svolgono i legami deboli (ponti) nelle reti egualitarie.
Figura 2.7 - Nascita di una rete piccolo mondo aristocratica
Tratto da: http://www.nd.edu/~networks/linked/
Anche le reti egualitarie si formano per crescita e evoluzione o emersione. Il meccanismo è il
medesimo delle reti aristocratiche, solamente che ogniqualvolta costi o limiti impediscono ai
ricchi di arricchirsi ulteriormente, la rete piccolo mondo diventa più egualitaria, come pare
accada nel caso degli aeroporti e di vari altri sistemi del mondo reale.
Comprendere come le limitazioni influenzino la crescita delle reti consente di formulare una
teoria unitaria delle reti piccolo mondo: da un lato il meccanismo del “ricco sempre più ricco”
conduce inevitabilmente a reti piccolo mondo, quasi fosse una legge strutturale della natura62,
dall’altro le limitazioni e le restrizioni (fisiche o normative) che a volte ostacolano il processo
lasciano tracce significative sulla forma finale.
Abbiamo visto, quindi, che dal punto di vista teorico vi sono piccoli mondi e piccoli mondi.
Per capire uno schema a rete non è sufficiente sapere se sia o no un piccolo mondo. Nel
piccolo mondo vi sono sia le reti egualitarie in cui tutti gli elementi hanno circa lo stesso
numero di connessioni, sia le reti aristocratiche nelle quali vi è un enorme disparità di
connessioni.
Il tema centrale diviene quindi comprendere la dinamica evolutiva dei sistemi o in altri
termini il processo di emersione, poiché in modo ciclico queste determinano lo schema che a
sua volta determina le future dinamiche evolutive.
In estrema sintesi, sotto il profilo strutturale, la rete piccolo mondo è una tipologia di
organizzazione strutturale (forma) che presenta chiari vantaggi:
• Pochi gradi di separazione: facilita la comunicazione rapida all’interno della rete.
• Forte aggregazione: la rete si può considerare un insieme di aggregati all’interno dei
quali gli elementi sono fortemente connessi.
I legami di lunga distanza (deboli) mantengono la rete (nel complesso) ben connessa,
l’aggregazione fornisce numerosi legami forti e un contesto in cui ogni elemento è saldamente
inquadrato.
62
Cfr a questo proposito §1.4 e §1.5.
61
Fabio Forlani
“Nell’ambito sociale la rete piccolo modo sembra un positivo miscuglio di aggregazione e di
legami deboli. L’aggregazione favorisce un denso tessuto sociale e la formazione di capitale
sociale, il che a sua volta incoraggia l’efficacia del processo decisionale. Nel contempo i
legami deboli tengono tutti gli elementi della rete vicini, in senso sociale al resto della
comunità, anche quando questa è molto grande, il che permette al singolo di accedere ai vari
beni e dati della vasta organizzazione in cui la comunità è inserita. Forse bisognerebbe dare
alle aziende e alle comunità la struttura organizzativa del piccolo mondo.”[Buchanan, 2003,
p.254]
2.8
Il processo d’emersione e le proprietà sistemiche
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come i sistemi emergano grazie ad uno schema di
organizzazione a rete. L’emersione del sistema da una rete di componenti è a sua volta dato da
una rete di processi in cui un processo influenza quelli seguenti ma, allo stesso tempo, può
anche influenzare i processi che lo precedono nella sequenza. Le relazioni ed interazioni
sistemiche fra gli elementi formano allora dei cicli di feedback, in cui il risultato di un
processo ritorna a influenzare il processo stesso.
Esistono due tipologie di feedback o retroazione : feedback negativo e feedback positivo63.
Fig. 2.8 - Il feedback (o retroazione)
I
A
B
O-
Feedback negativo
D
O
I
A
C
B
O+
Feedback positivo
O
D
C
Fonte: nostra elaborazione
Nel feedback negativo l’output di ritorno (O-) del processo D inibisce o blocca il
funzionamento del processo A, che sta all’inizio della sequenza che porta appunto al processo
D. Il processo D quindi si autoinibisce, perché produce un output che ha un effetto negativo
sulla sua stessa produzione. L’effetto dell’inibizione è proporzionale alla grandezza
dell’output (O-) di D. Se l’output di D (O) aumenta, aumenterà anche O- che farà aumentare
anche l’effetto negativo sul processo A.
Il feedback negativo, allora ha un effetto stabilizzante sul sistema. Praticamente tutti i
fenomeni di regolazione (sia in natura che nella tecnica) si basano su questa tipologia di
retroazione. Ritroviamo così la già evidenziata proprietà dell’omeostasi dei sistemi viventi.
Il feedback positivo è detto anche ciclo di autocatalisi perché ogni evento del ciclo catalizza
indirettamente o direttamente se stesso. L’output finale della sequenza va a stimolare
positivamente (O+) il processo iniziale A, che a sua volta fa logicamente aumentare la
produzione dell’output finale O. Di conseguenza il processo iniziale ne viene ancora
stimolato, e così si forma un circolo vizioso o virtuoso che si autorafforza. Il feedback
positivo può rafforzarsi “verso l’alto”e allora destabilizza il sistema spingendolo verso punti
63
Gandolfi [1999, p.30-36].
62
Esperienze, Marketing e Territorio
di estrema instabilità, ma anche verso il “basso” ovvero il sistema si smorza sempre più fino a
bloccarsi.
L’emersione di un sistema complesso, inoltre, si presenta come l’emersione di un livello
sistemico L da precedenti elementi “slegati” che sono a loro volta dei sistemi complessi di
livello L-1.
Fig. 2.9 - La struttura a livelli gerarchici dei sistemi
Sistema di livello L
B
A
D
Relazione
F
C
E
Elemento del
sistema
Sistema di livello L-1
D2
D1
D3
D4
D5
Fonte: nostro adattamento da Gandolfi, 1999, p.18.
Il sistema è strutturato, quindi, in livelli gerarchici64, con “inscatolamenti” progressivi in una
tipica forma rappresentata nella matematica della complessità dai frattali. Es. la struttura del
corpo umano: è formato da organi, che sono formati da cellule, le quali sono formate da
organelli, e via dicendo. Vista l’importanza delle proprietà emergenti al livello sistemico
osservato, alcuni autori sostengono allora che sia possibile utilizzare il “trucco” della scatola
nera: per analizzare un livello sistemico non è necessario analizzare tutti i livelli gerarchici
inferiori, poiché le relazioni fra gli elementi diventano più importanti della natura degli
elementi stessi. In questa sede si ritiene che sia possibile conciliare questa prospettiva, detta
anche principio di asservimento65, con il determinismo strutturale di Maturana nel seguente
modo: un livello gerarchico superiore inoltra degli stimoli e in tal modo seleziona la dinamica
interna dei suoi elementi; allo stesso tempo ad un livello gerarchico inferiore il
64
Il ruolo fondamentale di ogni organizzazione gerarchica è il governo di un sistema composto da numerosi elementi
interagenti che devono agire in modo coordinato e armonico.
65
Hermann Haken [in Gandolfi, 1999, p.39] parla in questo contesto del principio di asservimento (o subordinazione). In
parole povere, gli elementi di un livello gerarchico inferiore, detti anche elementi microscopici, una volta organizzati in un
sistema, vengono asserviti al livello superiore, cioè al comportamento globale, olistico del sistema. Si riduce così
drasticamente la libertà teorica di cui godono gli elementi del sistema. Cercando di conciliare il principio di asservimento con
l’autonomia organizzativa dei sistemi viventi ci si trova a comprendere come il divenire sistemico deve conciliare l’esigenza
organizzativa di autonomia (determinismo strutturale, livello L-1) del sub-sistema con l’esigenza organizzativa di autonomia
(determinismo strutturale, livello L). Il filosofo francese Egdar Morin sostiene “un sistema è nel contempo qualcosa di più e
qualcosa di meno di quella che potrebbe venir definita la somma delle sue parti. In che senso è qualcosa di meno? Nel senso
che l’organizzazione impone dei vincoli che inibiscono talune potenzialità che si trovano nelle varie parti. E questo accade in
tutte le organizzazioni, comprese le organizzazioni sociali, nelle quali i vincoli giuridici, politici, militari, economici e di altro
genere fanno sì che siano inibite e represse molte delle nostre potenzialità. Ma nel contempo il tutto organizzato è qualcosa di
più della somma delle parti, perché fa emergere qualità che senza una tale organizzazione non esisterebbero. Sono qualità
emergenti, nel senso che sono constatabili empiricamente ma non deducibili logicamente.”
63
Fabio Forlani
comportamento effettivo del sub-sistema è strutturalmente determinato. Si può sostenere,
quindi, che mentre gli schemi fondamentali della complessità sono, con ogni probabilità,
universali e non dipendono dalle caratteristiche peculiari dei singoli sistemi e sub-sistemi. Le
stesse regole del gioco (qui esposte) valgono per tutti i sistemi complessi. Stesse regole del
gioco non equivale, però, a dire stessi comportamenti.
Fig. 2.10 - La grande gerarchia della vita
Ecosistema
Gruppo
Individuo
Organo
Cellula
Molecola
Atomo
Fonte: Adattato da Gandolfi, 1999, p.38
L’emersione di nuovi livello sistemici dai precedenti è caratteristca essenziale della natura
stessa dell’evoluzione sistemica. Essa avviene, quindi, per salti o gradini di complessità. A
lunghi periodi di stabilità si alternano brevi periodi d’instabilità caotica (biforcazioni
catastrofiche o rivoluzioni), dove piccoli eventi casuali diventano determinati per il futuro
sviluppo del sistema. La struttura gerarchica dei sistemi è stata, quindi, prodotta da un
semplice meccanismo: il sistema, in specifici momenti d’instabilità dinamica (biforcazione),
supera una soglia critica di complessità e si autorganizza spontaneamente in livelli gerarchici
superiori (progressione sistemica) o inferiori (regressione sistemica).
Il fatto che nel processo di autorganizzazione un sistema passi da una miriade di
comportamenti individuali caotici e scoordinati a un comportamento globale e ordinato ci
mette di fonte al seguente paradosso: con la creazione di un nuovo livello gerarchico il
sistema è diventato improvvisamente più semplice, non più complesso, poiché si sono
improvvisamente fatti dominanti uno schema organizzativo e un comportamento globale del
sistema, che incanalano la miriade di differenti strutture e comportamenti che costituivano il
sistema al livello gerarchico inferiore. In questo senso è, quindi, possibile parlare di
progressione del sistema.
Passando dalla miriade di elementi del livello gerarchico L-1 ad un unico sistema di livello L,
gli elementi devono “mettersi in riga”, adottare la disciplina del sistema. Questa, da un lato,
limita la libertà di comportamento dell’elemento ma, dall’altro, permette l’emergere di nuove
e sorprendenti proprietà globali.
Il processo di emersione dei sistemi mette in evidenza come una serie di “regole del gioco”
molto semplici può determinare l’emergenza di comportamenti complessi e imprevisti, o, in
altri termini, permette di spiegare come sia possibile l’emersione dell’ordine dal caos.
64
Esperienze, Marketing e Territorio
Una delle proprietà emergenti dei sistemi è anche l’intelligenza, poiché l’interazione
organizzata di numerosi elementi “non intelligenti” può creare un sistema che dimostra una
“intelligenza” globale, ovvero capacità di reagire a stimoli ambientali, flessibilità, capacità di
evolvere e di apprendere.
I sistemi complessi sono dunque in grado di produrre novità, di essere creativi. “Nella logica
della complessità, 2+2 non è uguale a 4, non è nemmeno uguale a 5. Sarebbe più corretto dire
che in un sistema complesso 2+2 è uguale a <banane>, o <temporale>, o <felicità> …”66.
Si è appena visto come l’emersione del sistema dal livello sub-sistemico è una delle
fondamentali caratteristiche dei sistemi che li rende evolutivi, capaci di apprendimento e
novità e quindi, in definitiva intelligenti.
Occorre allora chiedersi, quali sono le condizioni necessarie al verificarsi dell’emergenza?
cosa avviene durante tale processo?
Dall’osservazione di sistemi complessi creati al computer67 risulta una soprendente varietà di
comportamenti che vanno dalla staticità assoluta (congelamento) al caos. Inoltre, nei sistemi
studiati, modificando anche un solo parametro è possibile spingere con estrema facilità il
sistema da uno stato ad un altro. Gandolfi [1999, p. 54] riferendosi alle reti booleane descrive
questi stati nel seguente modo: “nello stato congelato, con il parametro K basso, regna
l’ordine e la stabilità, le perturbazioni vengono subito assorbite e neutralizzate, potremmo dire
che il sistema è in “coma”. Aumentando il numero di interconnessioni fra gli elementi (cioè
K) il sistema passa gradualmente al disordine, dove anche i più piccoli disturbi esterni
vengono amplificati e si diffondono nel sistema. Il sistema è continuamente devastato da
catastrofi, nessuna previsione è più possibile. Questo è il caos.” Questo ci consente di
illustrare un ulteriore proprietà dei sistemi complessi dinamici: la possibilità di differenti
comportamenti nello stesso sistema, in dipendenza di fattori interni ed esterni.
Se l’assunto che sistemi complessi di grandezza e natura differenti sono retti da “regole del
gioco” simili, allora gli stati dei sistemi complessi possono essere di tre tipi: il comportamento
ordinato, il comportamento caotico e uno comportamento in bilico fra ordine e disordine, il
comportamento complesso.
Fig. 2.11 - I comportamenti dei sistemi complessi
Xtn
Comportamento
ordinato
Comportamento
complesso
Xt0
Comportamento
caotico
Xt1
Fonte: adattato da Gandolfi, 1999, p.57.
Lo stato ordinato è contraddistinto da una diffusa staticità del sistema. Questo ordine
estremo è d’inibizione a qualsiasi capacità creativa o evolutiva del sistema. Il sistema è
bloccato, “congelato” in uno stato di quiescenza generalizzata.
Lo stato caotico è caratterizzato da una rete in perenne e irregolare fluttuazione. L’aspetto del
sistema cambia in continuazione, piccole modifiche in un punto della rete si diffondono
velocemente a cascata in tutto il sistema, distruggendo ogni tentativo di formare delle strutture
66
67
Gandolfi [1999, p.51].
Cfr Gandolfi [1999, p.54] e Barabàsi [2004].
65
Fabio Forlani
organizzate nel sistema. Anche in questa situazione è facile intuire come il sistema sia troppo
caotico per organizzarsi in comportamenti creativi e non abbia la necessaria stabilità per
evolvere.
Lo stato complesso è uno stato di compromesso in bilico fra ordine e disordine, dove il
sistema riesce a sfruttare i vantaggi principali di entrambi gli stati: la stabilità dello stato
ordinato e la flessibilità dello stato caotico68.
Come abbiamo visto in precedenza, i sistema complessi sono dinamici e possono passare da
uno stato ad un altro al modificarsi di alcune variabili, tali variabili o fattori sono i parametri
di controllo. Variando i parametri di controllo il sistema si muove da un punto ad un altro
della mappa di fig. 2.11. Se il sistema si muove all’interno di una stessa regione esso non
subisce grosse modificazioni. Se però oltrepassa il confine fra ordine e disordine, le
conseguenze sono catastrofiche o rivoluzionarie.
I risultati che emergono da campi di ricerca molto diversi fra loro sembrano confermare che
“proprio nella regione della mappa “complessa” si ha il comportamento più “intelligente e
creativo” di un sistema, dove soprattutto il sistema ha la maggiore possibilità di evolvere, di
adattarsi e di migliorare. Sembra inoltre che la selezione naturale porti i sistemi a posizionarsi
e a mantenersi proprio in quella zona di transizione, in bilico fra l’anarchia della zona caotica
e l’immane rigidità della zona ordinata.” 69
Ogni sistema complesso può dunque, in determinati momenti, del suo sviluppo, “cadere” nel
caos70, in modo comunque reversibile ed anche i sistemi caotici possono improvvisamente
cristallizzare in un nuovo ordine.
Questi tre comportamenti hanno molti punti di contatto con le tre tipologie di rete individuate
da Barabàsi [2004] e con le riflessioni su di esse fatte da Buchanan [2003, p.254]: “Al centro
del concetto di piccolo mondo sta l’idea che il troppo ordinato e il troppo familiare siano
altrettanto negativi del troppo disordinato e del troppo nuovo, e che vada trovato il sottile
equilibrio tra i due estremi”.
Sembra, allora, possibile ipotizzare un collegamento fra il comportamento del sistema con le
strutture a rete da cui emerge: il Caos con la rete casuale; la Complessità con la rete piccolo
mondo (aristocratica e egualitaria); l’Ordine con la rete a stella.
A questo punto è opportuno chiedersi se è possibile identificare una teoria unificata della
dinamica dei sistemi complessi. Gandolfi [1999, p.76], riportando i lavori del fisico Ilya
Prigogine, del sistemista e filosofo Erwin Laszlo, del filosofo Edgard Morin, dei biologi Niels
Eldredge e Stephen Gould, ritiene che sia possibile rispondere affermativamente: tale teoria e
la teoria delle biforcazioni catastrofiche.
In base a tale teoria ogni sistema è soggetto a fluttuazioni, causate da perturbazioni esterne
oppure da errori interni (comuni nei sistemi complessi). Abbiamo visto in precedenza come
una proprietà fondamentale dei sistemi complessi sia quella di mantenere relativamente
costante il loro ambiente e le variabili più importanti per la loro esistenza (assorbendo le
perturbazioni) attraverso il meccanismo del feedback negativo. Questa proprietà è
l’omeostasi.
68
Per il sociologo Uri Merry [in Gandolfi, 1999, p.56] “il margine del caos (comportamento complesso, ndr.) è dove i sistemi
complessi hanno la massima scelta di comportamenti possibili. Ciò dà ai sistemi complessi il vantaggio di poter funzionare in
modo efficace in un ambiente mutevole e diversificato. Essi hanno una ricca scelta di alternative fra cui “pescare” quella
ottimale quando sono confrontati con un ambiente turbolento”.
69
Gandolfi, 1999, p.58.
70
Le teorie del caos mostrano come il caos possa essere generato anche in un modello retto da regole precise e
deterministiche. Dietro questi processi ci sono i cicli autocatalitici o processi di feedback positivo che fanno “esplodere”
piccoli eventi marginali (effetto farfalla).
66
Esperienze, Marketing e Territorio
L’omeostasi non è però né eterna né inattaccabile. Il sistema evolvendo, raggiunge e supera
un livello critico (o punto critico o massa critica) in cui l’omeostasi non è più efficace e i
cicli autostabilizzanti (feedback negativo) vanno in “tilt”.
Secondo gli studiosi citati da Gandolfi il livello critico può essere superato per due ragioni:
- A causa dell’evoluzione spontanea del sistema. L’organizzazione e le interazioni
all’interno del sistema mutano in modo tale che il sistema ne risulta destabilizzato. A
questo punto il sistema diventa estremamente sensibile alla minima perturbazione
interna o esterna la quale può spingere il sistema nel caos attraverso il ciclo del
feedback positivo (effetto farfalla). Questi cambiamenti catastrofici o rivoluzionari
non rappresentano un eccezione né nei sistemi della natura (Capra, 1997 e 2002,
Gandolfi, 1999), né nei sistemi sociali (cfr Khun e la natura della scienza, §1.1), bensì
un meccanismo evolutivo naturale dei sistemi complessi dinamici.
- A causa di una perturbazione esterna troppo grande, che supera cioè la naturale
capacità omeostatica del sistema, anche di un sistema intrinsecamente stabile.
Fig. 2.12 - L’evoluzione attraverso le catastrofi o rivoluzioni
Fonte: Gandolfi, 1999, p.78
La fase di transizione da uno stato ad un altro, in cui il sistema entra in una crisi di stabilità,
viene chiamata biforcazione catastrofica. Durante la biforcazione il sistema si trova in uno
stato caotico e il futuro del sistema è imprevedibile, dato che la minima fluttazione viene
enormemente amplificata da fenomeni di feedback positivo. Quando poi una fluttuazione
riesce a imporsi sulle altre catapulta il sistema in un nuovo stato stabile (di minore o di
maggiore complessità).
Gli studiosi della complessità hanno osservato, all’interno di questa fase caotica, fenomeni di
nucleazione. Cioè piccole parti del sistema si organizzano in un nuovo ordine all’interno nel
caos dominante. Ovviamente, durante una biforcazione si svilupperanno numerose piccole
nucleazioni, ma solo pochissime riescono a “imporsi” sull’intero sistema, determinandone
così il nuovo aspetto. Non è però possibile, nemmeno in teoria, prevedere in anticipo quale
sarà la enucleazione “fortunata”, poiché l’esito di qualsiasi nucleazione dipende in modo
altamente non lineare da numerosi fattori, che variano nel tempo.
67
Fabio Forlani
Da quanto detto si può notare che sia la stabilità che l’instabilità sono stati naturali di un
sistema complesso in evoluzione. Il fisico e premio Nobel Ilya Prigogine71 fa notare: “più un
sistema si fa complesso, più numerosi diventano i tipi di fluttuazioni che minacciano la
stabilità. Come possono quindi esistere – si potrebbe argomentare – sistemi della complessità
di un’organizzazione ecologica o sociale? Come riescono tali sistemi a evitare il caos
permanente? Una risposta parziale a questo dilemma può venire dagli effetti stabilizzanti dei
fenomeni di comunicazione o diffusione […] C’è una competizione fra la stabilizzazione data
dalla comunicazione e l’instabilità causata dalle fluttazioni.”
Risultati teorici ed empirici hanno infatti dimostrato che, almeno in molti sistemi naturali, una
comunicazione efficace fra le varie regioni del sistema diminuiscono la pericolosità delle
fluttuazioni per la stabilità del sistema. In altre parole, se fra gli elementi del sistema v’è una
buona comunicazione72, diminuisce la percentuale di fluttuazione che possono destabilizzare
il sistema.
Secondo Laszlo73, i risultati pratici e teorici degli ultimi anni hanno permesso di ipotizzare
l’esistenza di regole del gioco comuni nell’evoluzione dei sistemi complessi dinamici:
Quanto più un sistema è complesso e lontano dall’equilibrio, tanti più stati stabili
possibili avrà a disposizione durante una biforcazione catastrofica74.
Il sistema dopo la biforcazione catastrofica tenderà a essere più complesso, la sua
organizzazione sarà più ordinata, efficiente e dinamica. La sua entropia (ovvero il suo
disordine interno) sarà perciò minore. Il sistema si troverà con una gestione migliorata
in almeno uno dei tre fattori fondamentali che ne permettono l’esistenza: elaborazione
delle informazioni, gestione dell’energia e gestione dei materiali.
Nello stato stabile, raggiunto a seguito della biforcazione, i legami che legano fra loro
gli elementi del sistema sono generalmente più deboli. In altre parole, gli elementi del
nuovo sistema possono interagire in modo più flessibile e “intelligente” fra loro
rispetto a quanto avveniva nel sistema di partenza.
Una biforcazione catastrofica non necessariamente deve risultare creativa; l’esito può
anche essere la distruzione totale del sistema o la sua regressione verso un livello di
complessità più basso.
Dallo studio del processo di emergenza e quindi di evoluzione dei sistemi complessi dinamici
in relazione allo schema organizzativo dei sistemi stessi emergono con forza un ulteriore
proprietà sistemica: la robustezza.
I ricercatori [Barabàsi, 2004] hanno infatti messo alla prova le differenti topologie di rete sia
attraverso un attacco massiccio non organizzato e non coordinato, sia attraverso un attacco
coordinato e pianificato, ottenendo interessanti risultati.
Nel caso di un attacco massiccio non organizzato e non coordinato si è verificato che:
- Le reti aristocratiche (reti piccolo mondo): sono resistenti. Si disgregano, infatti, per
lento sfaldamento. (Gli hubs superconnettori fungono da collante interno).
- Le reti casuali: sono vulnerabili. Si disgregano o si frantumano in reti più piccole con
rapidità.
In presenza di un attacco coordinato e pianificato si è, invece, verificato che:
71
Citato in Gandolfi [1999, p. 80].
Secondo Merry [Gandolfi, 1999, p.81] una comunicazione interna sempre più onerosa (in termini di energia e materia) e
complessa è il prezzo che i sistemi devono pagare per salire la tortuosa scala della complessità.
73
Citato in Gandolfi [1999, p.84].
74
Un ecosistema avrà dunque a disposizione molti più stati stabili rispetto a una cellula o a una proteina. Questo concetto
suggerisce un’altra definizione del grado di complessità, direttamente proporzionale al numero di gradi di libertà a
disposizione del sistema.
72
68
Esperienze, Marketing e Territorio
2.9
Le reti aristocratiche (reti piccolo mondo) sono un facile bersaglio e risultano poco
resistenti. Si disgregano, infatti, con facilità se vengono colpiti gli hubs
superconnettori.
Le reti casuali: sono meno vulnerabili. Non esistono, infatti, centri nevralgici da
colpire.
Le reti egualitarie (reti piccolo mondo) hanno un comportamento intermedio. La
stabilità e la resistenza è connessa al numero dei legami deboli (ponti).
L’identikit di un sistema complesso dinamico
La lista che segue raccoglie in modo schematico i tratti caratteristici di un sistema complesso
in grado di evolvere, discussi nei primi due capitoli di questo lavoro. Visto, infatti, che i
sistemi complessi sono delle realtà sfuggenti che si celano dietro a comportamenti
apparentemente lineari si è ipotizzato di elaborare un identikit75 capace di renderli
riconoscibili.
Questa lista di caratteristiche comuni deve essere, comunque, utilizzata con l’avvertenza che
in un settore di ricerca incerto, vasto ed in forte sviluppo76 come quello della scienza dei
sistemi complessi ogni tentativo di generalizzazione e banalizzazione va effettuato con la
dovuta prudenza.
Si ricorda innanzitutto che un sistema forma un’entità organica, globale e organizzata:
togliendone una parte ne modifichiamo la natura e le funzionalità. I sistemi, sono quindi
formati da numerose parti differenziate, queste parti devono mostrare una certa
organizzazione, un architettura interna. L’interazione organizzata degli elementi fa si che un
sistema si comporti i modo diverso dalle sue parti e che, in altri termini, il tutto sia maggiore77
della somma delle parti.
Possiamo definire un sistema complesso dinamico nel seguente modo: “è un sistema
aperto, formato da numerosi elementi che interagiscono fra loro in modo non lineare e
che costituiscono una entità unica, organizzata e dinamica, capace di evolvere e adattasi
all’ambiente.”78
Possiamo, quindi, tracciare il seguente identikit dei sistemi complessi dinamici (sistemi
viventi):
o E’ sia aperto sia chiuso79. Il sistema scambia cioè informazioni80, materia ed energia
con l’ambiente circostante. Un sistema chiuso è destinato a morire. Occorre però
ricordare che nel modo reale nessun sistema è né completamente chiuso (vi sarà
sempre uno scambio di calore o di materia con l’ambiente), né completamente aperto
(poiché perderebbe la sua autonomia). E’ infatti da evidenziare che un sistema
complesso necessita di un continuo flusso di energia dall’ambiente circostante per
75
L’identikit tracciato in queste pagine si ispira al lavoro di Gandolfi [1999].
Si può probabilmente parlare di un corpus di teorie che si sta candidando a divenire il nuovo paradigma scientifico cfr §1.1.
77
Il termine maggiore può essere fuorviante, per cui si sottolinea che ve inteso nell’accezione di sovrasistemico e quindi più
complesso e avente proprietà sistemiche non rintracciabili al livello delle singole componenti.
78
Cfr Gandolfi [1999, p.19].
79
Per sistemi complessi di ordine superiore come l’uomo Maturana e Varela hanno evidenziato che occorre parlare di
apertura relativa (chiusura operazionale o organizzativa). Poiché i sistemi viventi sono aperti rispetto a energia e materia ed
essendo organizzativamente chiusi sono parzialmente aperti agi stimoli informativi. “I sistemi viventi sono chiusi a livello di
struttura organizzativa - sono reti autopoietiche -, ma aperti dal punto di vista materiale ed energetico: per restare in vita
hanno bisogno di un continuo flusso di materia ed energia dall’ambiente esterno. D’altro lato le cellule – come tutti gli
organismi viventi – producono incessantemente dei rifiuti, e da questo flusso ininterrotto di materia (elementi nutritivi e
rifiuti) dipende la loro posizione nella catena alimentare.”[Capra, 2002, p.40, grassetto nostro].
80
Per i sistemi viventi va accolta l’accezione data al temine informazione da Maturana, cfr. §1.4.
76
69
Fabio Forlani
poter esistere e funzionare. L’ambiente deve “nutrire” il sistema con energia. Tali
sistemi sono per cui caratterizzati dall’esistenza di una barriera (confine) all’ingresso
del sistema la quale ha la capacità di fungere da filtro.
o E’ autopoietico81, è quindi vivo e dinamico. Essendo sistemi autopoietici i sistemi
complessi sono inoltre autonomi ed hanno dei confini, che li delimitano mantenendoli
coerenti e uniti, determinati proprio dai processi di autoproduzione. Un sistema
complesso reagisce agli stimoli ambientali e può evolvere, spesso adattandosi
all’ambiente. I sistemi complessi non sono, infatti, entità statiche in balia
dell’ambiente, bensì delle realtà vive, dinamiche, capaci di “sentire” cosa succede
nell’ambiente che circonda, di reagire in modo intelligente82 a questi stimoli e
mutamenti ambientali, di evolvere, trasformando le loro stessa struttura organizzativa.
o Presenta un’autonomia parziale degli elementi. Le interazioni fra gli elementi del
sistema sono in posizione di compromesso. Gli elementi sono collegati fra loro e si
influenzano a vicenda, ma mantengono una certa autonomia di comportamento
(accoppiamento strutturale)83.
o E’ costituito da interazioni non lineari fra gli elementi. I singoli elementi sono
interconnessi fra di loro in modo non lineare, risulta quindi che tra input (cause) e
output (effetti) non esiste proporzionalità lineare84. Risulta, quindi, che anche
conoscendo gli input del sistema, è spesso impossibile prevederne gli output.
Fig. 2.14 – La dinamica non lineare
Catena lineare –
Processo lineare
A
B
Sistema complesso –
processo non lineare
A
D
C
E
B
D
C
E
Fonte: nostra elaborazione
o Ha uno schema di organizzazione a rete (reti piccolo mondo). I processi formano
una rete interconnessa di relazioni non lineari. Secondo Kewin Kelly85 “L’unica
organizzazione capace di crescita illimitata e di apprendimento spontaneo è la rete.
Qualsiasi altra topologia pone limiti allo sviluppo futuro”. La rete è l’altra faccia della
non linearità: un sistema non lineare genera processi reticolari e non processi in linea
o sequenziali.
o Presenza di feedback negativi e positivi. Le relazioni ed interazioni fra gli elementi
formano spesso dei cicli di feedback, in cui il risultato di un processo ritorna a
influenzare il processo stesso. I feedback negativi stabilizzano il sistema, i feedback
positivi lo destabilizzano spingendolo verso punti di biforcazione. Attraverso la
retroazione si formano dei cicli, perché gli output del sistema ritornano come input
influenzando così il divenire (o emergere) del sistema stesso. Il feedback positivo, ad
81
I sistemi autopoietici sono sistemi di tipo circolare, nel senso che le componenti del sistema producono le componenti
stesse, in un processo di continua produzione e ri-produzione. In altri termini un sistema autopoietico è in grado di generare
continuamente la propria organizzazione mediante la produzione delle sue componenti, anche in condizioni di continue
perturbazioni proveniente dall’ambiente [Maturana e Varela, 1988, p.131].
82
Cfr Maturana e Varela [1987]. Cfr. §1.4, §1.5, §1.6.
83
In altri termini i sub sistemi (se sono a loro volta sistemi viventi) essendo unità autopoietiche hanno un’autonomia coerente
con la propria organizzazione.
84
Non lineare significa che, anche variando in modo regolare l’input, l’output può comportarsi in modo non regolare e in
modo non proporzionale alla variazione dell’input.
85
Citato in Gandolfi [1999, p.25].
70
Esperienze, Marketing e Territorio
o
o
o
o
o
o
o
o
esempio, è uno dei meccanismo decisivi per comprendere i cicli sistemici definiti
anche circoli virtuosi e viziosi.
Presenta una gerarchia del sistema. Il sistema è strutturato in livelli gerarchici, con
“inscatolamenti” progressivi. Es. la struttura del corpo umano: è formato da organi,
che sono formati da cellule, le quali sono formate da organelli, e via dicendo. Alcuni
autori sostengono allora che sia possibile utilizzare il “trucco” della scatola nera. Essi
sostengono che per analizzare un livello sistemico non è necessario analizzare tutti i
livelli gerarchici inferiori, poiché le relazioni fra gli elementi diventano più importanti
della natura degli elementi stessi. In questa sede si ritiene che sia possibile conciliare
questa prospettiva con quella di Maturana nel seguente modo: un livello gerarchico
superiore indirizza degli stimoli che selezionano la dinamica sub-sistemica dei suoi
elementi, mentre ad un livello gerarchico inferiore il comportamento effettivo del subsistema è strutturalmente determinato. Si può sostenere quindi che mentre gli schemi
fondamentali della complessità sono con ogni probabilità universali e non dipendono
dalle caratteristiche peculiari dei singoli sistemi e sub-sistemi. Le stesse regole del
gioco (qui esposte) valgono per tutti i sistemi complessi. Stesse regole del gioco non
equivale a dire però stessi comportamenti.
E’ in continua evoluzione. L’evoluzione dei sistemi avviene per salti o gradini di
complessità. A lunghi periodi di stabilità si alternano brevi periodi d’instabilità
caotica (biforcazioni catastrofiche o rivoluzioni), dove piccoli eventi casuali diventano
determinati per il futuro sviluppo del sistema. La struttura gerarchica dei sistemi è
stata, quindi, prodotta da un semplice meccanismo: il sistema – in specifici momenti
d’instabilità dinamica (biforcazione) – si autorganizza spontaneamente in livelli
gerarchici superiori (progressione sistemica) o inferiori (regressione sistemica).
E’ creativo e innovativo. Un sistema complesso produce continuamente novità,
strutture e funzioni non esistenti in precedenza.
E’ robusto. Sopporta cioè con estrema flessibilità disturbi esterni senza crollare.
Questa proprietà deriva spesso da una marcata ridondanza dei suoi elementi.
E’ imprevedibile. Il comportamento a lungo termine (dovuto ai fenomeni di feedback
positivo) del sistema è teoricamente imprevedibile anche conoscendo in modo preciso
gli input che il sistema riceve. Il sistema è infatti estremamente sensibile alle
condizioni iniziali e alle piccole modifiche che avvengono nelle biforcazioni.
Produce effetti ritardati. Un input può avere sul sistema molteplici effetti, distribuiti
nel tempo: una risposta immediata, effetti a medio termine, effetti a lungo termine.
L’imprevedibilità del sistema si manifesta così non solo nel tipo di reazioni che il
sistema avrà a un determinato stimolo, ma anche nei momenti in cui queste reazioni
appariranno. Entra così in gioco un fattore troppo spesso trascurato: il tempo.
Non è controllabile. Dove si crea spontaneamente novità e non esiste prevedibilità a
lungo termine, svanisce il controllo umano. Inoltre in un sistema una parte non può
controllare il tutto.
E’ caratterizzata da una sensibilità differenziata (criticità) di alcune componenti. Le
diverse regioni o parti del sistema mostrano una sensibilità molto variabile agli stimoli
interni ed esterni. Vi sono dei “punti critici” (hubs della rete) in cui uno stimolo ha
effetti sproporzionati sul comportamento dell’intero sistema.
Bibliografia del capitolo
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71
Fabio Forlani
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72
Esperienze, Marketing e Territorio
III
I SISTEMI E L’IMPRESA
3.1
L’approccio sistemico negli studi di economia e gestione delle imprese
Le considerazioni formulate in merito al pensiero sistemico sono state riprese anche dagli
studiosi di economia e gestione delle imprese. Come osserva Golinelli G. [2000, p. 34] “Il
pensiero sistemico e la sua formalizzazione in una teoria generale dei sistemi ebbero
un’influenza rilevante in tutti gli ambiti disciplinari, anche in quello che assume come oggetto
d’indagine l’impresa.
Si è così inteso associare all’impresa la qualifica di sistema in relazione alle seguenti
condizioni:
a) La presenza di più componenti, siano esse di natura materiale o immateriale;
b) L’interdipendenza e la comunicazione tra le componenti (principio d’interdipendenza
e comunicazione);
c) L’attivazione delle relazioni in vista del conseguimento della finalità e degli obiettivi
del sistema (principio di comunione verso una finalità). ”
Secondo Golinelli G., in Italia, la tradizione classica di studi di economia aziendale86 ha
concepito una visione olistica dell’impresa. Mentre, per vedere una visione più aderente agli
assunti del pensiero sistemico in via di formalizzazione è necessario attendere gli anni ’70,
quando diversi studiosi cominciano a considerare l’impresa come un sistema aperto,
dinamico, progettato, governato e controllato. In questa prospettiva essa è vista come “un
sistema avente una dimensione economico-sociale, la cui attività di auto-regolazione è
fortemente influenzata dall’organo di governo in vista del conseguimento di maggiori
probabilità di sopravvivenza del sistema.”87 [2000, p.36].
Si può osservare, in questa sede, che i diversi approcci a base dello studio dei fenomeni
imprenditoriali e i distinti angoli di osservazione hanno prodotto alla legittima formazione di
particolari concezioni sistemiche88 dell’impresa: sistema meccanico, sistema vivente e sistema
vitale.
3.1.1 L’impresa come sistema meccanico
L’impresa come macchina (sistema meccanico) è una conseguenza della prospettiva di studi
positivista e riduzionista dei primi anni del XX secolo. Tale linea di pensiero è stata
formalizzata da F.W. Taylor89 e applicata da Ford nella produzione delle autovetture. Proprio
86
I primi studi di Economia Aziendale vengono comunemente riconosciuti a Zappa G.
Anche Cozzi e Ferrero [2000, p.49] individuano nella finalità della sopravvivenza e nel ruolo attivo dell’organo di governo
due elementi centrali del sistema aziendale “la finalità caratteristica dell’impresa è la sopravvivenza e, se possibile, lo
sviluppo, in condizioni di redditività soddisfacenti, almeno nel lungo periodo, da chi la governa, ed in condizioni di rischio
ritenute fronteggiabili anche nel breve periodo”.
88
In quanto ciascun osservatore, a seconda delle proprie caratteristiche, inclinazioni, opportunità ecc. è portato a privilegiare
l’angolo di visuale che si rivela più coerente con i propri obiettivi di ricerca, scegliendo una prospettiva di indagine tra le
tante che l’approccio sistemico consente.
89
Per approfondire il pensiero di Taylor F. W. vedasi Principles of scientific management, Harper & Row, 1911.
87
73
Fabio Forlani
dall’esperienza della Ford deriva il termine fordismo, comunemente utilizzato per descrivere
la produzione di massa ottenuta attraverso la catena di montaggio.
Taylor ha proposto una rappresentazione meccanicistica e deterministica della dinamica
imprenditoriale90, in cui si pone enfasi sull’ingegnerizzazione della struttura, ossia sulle
componenti e sulle relazioni che tra queste si istaurano, piuttosto che sulle relazioni con
l’esterno e quindi sulle proprietà emergenti del sistema.
Dall’opera di Taylor e dei sui successori emerge l’immagine dell’impresa come un sistema
chiuso, una macchina concepita e realizzata per operare secondo schemi e procedure rigide e
determinate, dal comportamento completamente prevedibile, capace di funzionare
indipendentemente dagli stimoli provenienti dall’ambiente esterno.
L’equiparazione dell’individuo ad una macchina semplice91, la codificazione minuziosa delle
regole e dei comportamenti produttivi, la netta separazione tra momento decisionale e
momento esecutivo, con il primo affidato interamente alla direzione e il secondo lasciato alle
maestranze, rappresentano alcuni dei principali comportamenti organizzativi conseguenti a
questa visione dell’impresa.
In base alla concezione meccanicistica dell’impresa, essa non ha vita propria92. Ma, come una
macchina va progettata, costruita e occorre fargli continuamente una manutenzione. Come
una macchina è progettata per uno scopo, non ha uno scopo in se.
Le teorie manageriali che si fondano su questa visione meccanicistica dell’impresa, pur
criticate e pur manifestando evidenti limiti in ambienti complessi e turbolenti, sono ancora
oggi seguite e utilizzate con successo. Si possono citare ad esempio la tendenza alla
meccanizzazione e alla standardizzazione dei servizi che, iniziata con le catene di fast food,
sta infatti diffondendo ora nelle aziende telefoniche, nelle banche, nelle assicurazioni.
3.1.2 L’impresa come sistema vivente
Fra gli autori che hanno cercato di affrontare la sfida delle emergenti teorie dei sistemi
complessi (teorie della complessità), va segnalato Vicari [Vicari, 1991; Rullani e Vicari,
1999] che nel suo testo “L‘impresa vivente” cerca di applicare i concetti dei sistemi
autopoietici all’impresa93.
Vicari [1991, p. 12] nell’impostare il suo lavoro sceglie di porre le seguenti premesse
epistemologiche all’osservazione94 del sistema impresa: “La prospettiva qui delineata si basa
su due presupposti fondamentali: il primo riguarda la scelta del punto di vista dell’impresa, il
secondo, in coerenza con il primo, assume che la questione rilevante nell’impresa di oggi sia
la sua dimensione cognitiva”95.
In base a tali assunti l’autore citato ritiene che le imprese possono essere considerate
organizzazioni autopoietiche, infatti:
o “Che l’impresa effettui le proprie scelte sulla base esclusivamente di “ciò che è
capace di scegliere” non può che essere condiviso. Il problema diviene allora se “ciò
che è capace di scegliere” dipenda da qualcosa di esterno all’impresa o dall’impresa
stessa. Non credo vi siano dubbi sul fatto che un’impresa è capace di effettuare scelte
solo sulla base di elementi interni all’impresa stessa: i suoi manager, le sue strutture, i
suoi impianti, i suoi prodotti, la sua tecnologia, le sue relazioni, la sua cultura, in una
parola la sua conoscenza. La prova decisiva a questo riguardo, se mai fosse
90
Cfr Di Bernardo e Rullani [1990].
Una macchina semplice, o banale, è un sistema in cui, dato un certo input, si ottiene un output certo, predeterminabile.
92
Nel senso che non ha la proprietà dell’autopoiesi.
93
Vicari [1991, p. 34].
94
In questa sede si mostreranno i passaggi logici di tale autore che evidenziano come sia possibile ritenere l’impresa un
sistema vivente (sistema complesso dinamico). Occorre però segnalare che la distanza ontologica ed epistemologica esistente
fra l’impostazione di Vicari (Costruttivista [1991, p.3 e p. 9-18]) e quella alla base del presente lavoro (Sistemica), non
consentono valutazioni di merito (incommensurabilità) su molti aspetti critici dell’analisi.
95
Cfr anche Rullani e Vicari [1999, p.15].
91
74
Esperienze, Marketing e Territorio
necessaria, è data dalla tendenza alla diversità delle imprese. […] le imprese sono
inevitabilmente diverse” [1991, p.30];
o “Vi è dunque qualcosa d’altro, rispetto all’ambiente, che spiega la diversità delle
imprese. Questo qualcosa d’altro non può che essere ricercato nell’identità soggettiva
delle stesse imprese che, determinata nel momento della costituzione, ne perpetua
continuamente la diversità, appunto attraverso il gioco della specificità e del caso, che
consentono la produzioni di distinzioni sempre differenti.” [1991, p. 31];
o “La tesi su cui si basa questo lavoro è dunque che le imprese, in quanto sistemi sociali
di tipo cognitivo, sono sistemi completamente autoreferenziali. Inoltre, esse vivono
grazie alla loro capacità di mantenere la propria organizzazione attraverso un
processo di continua autocreazione delle proprie componenti.” [1991, p.32].
Basandosi sul concetto di autopoiesi l’autore sottolinea come l’impresa in quanto sistema
vivente96 abbia le seguenti caratteristiche:
a) L’autonomia. “L’impresa è un soggetto autonomo da qualunque altro soggetto
esterno, quali i cosiddetti conferenti di capitale e lavoro. […] La finalità dell’impresa
non coincide con le finalità di qualsivoglia altro soggetto. Ciò non significa che
l’impresa non possa essere utilizzata con uno scopo da qualcuno, ma solo che questo
scopo non ha nulla a che vedere con lo scopo dell’impresa, che è la propria esistenza
attraverso il mantenimento dell’autocreazione.”
b) La circolarità. “Riproduzione autopoietica non significa ripetizione di azioni, ma
produzione a partire da ciò che è stato già prodotto. […] Questa organizzazione
circolare, che consente la continua produzione dell’organizzazione a partire
dall’organizzazione medesima, avviene attraverso un cambiamento continuo delle
strutture, con una replicazione tuttavia delle caratteristiche fondamentali, date dal tipo
di organizzazione posseduta.”
c) L’omeostasi. “L’impresa è un sistema omeostatico, in quanto le relazioni e le
componenti che la caratterizzano sono mantenute in modo tale da garantire la
continuazione del sistema stesso.”
d) Individualità. “L’impresa è un sistema cognitivo, effettua scelte, opera distinzioni,
apprende sulla base della sua conoscenza e le sue risorse sono definibili in termini di
informazione e conoscenza. […] In questo senso l’attività dell’impresa non è
determinata da soggetti esterni a essa, ma dalla sua stessa attività.”
e) La cessazione della vita. “Un’impresa muore come entità economica quando, al pari
dei sistemi viventi, non è più in grado di mantenere la sua organizzazione
autopoietica.”
f) La chiusura operazionale. “Sotto il profilo delle sue operazioni, un impresa è un
sistema chiuso, ma non isolato. Ciò significa che il processo autopoietico è
interamente governato dall’impresa stessa: le condizioni perché il processo si alimenti
sono all’interno del sistema stesso e i risultati del processo medesimo ricadono
all’interno dell’organizzazione. L’impresa, non essendo un sistema isolato, ha tuttavia
un insieme di relazioni con altri soggetti e con l’ambiente: da queste relazioni trae i
mezzi necessari per mantenere il proprio equilibrio “termodinamico”.
g) La produzione dell’ambiente. “La chiusura operazionale ha un’importante
implicazione: è possibile parlare di ambiente per i sistemi autopoietici, ma esso, dal
punto di vista dell’impresa, non è esterno, bensì entra a far parte delle sue relazioni”
96
“Se per vita intendiamo più correttamente l’autoproduzione di componenti a mezzo di componenti, allora non vi è dubbio
che esistano sistemi autopoietici non biologici, come appunto le organizzazioni sociali, e tra queste le imprese” Vicari [1999,
p.29].
75
Fabio Forlani
“L’impresa è un sistema cognitivo di tipo particolare, essendo la forma della sua
autocreazione basata su un meccanismo che si fonda sulla produzione di valore. […]La
tesi qui sostenuta è dunque che le imprese sono organizzazioni che utilizzano le proprie
risorse per produrre ulteriori risorse attraverso la creazione di valore economico, e la vita è
a essa garantita solo fino a quando questo processo è in grado di autoalimentarsi e
continuamente. In questo processo viene utilizzato dall’impresa, in quanto sistema cognitivo,
un particolare linguaggio, che è il linguaggio economico. Questo è basato su un particolare
codice, costituito dal reddito. Sotto il profilo cognitivo il reddito non è dunque il fine
dell’impresa, ma il codice utilizzato per mantenere in relazione tra loro le componenti
dell’impresa stessa.”97
Vicari, in base al sua prospettiva di osservazione del sistema impresa98, arriva a trarre delle
conclusioni molto significative per l’economia e la gestione delle imprese:
o “La distinzione tra soggetti e sistemi non ha alcun significato dal punto di vista
dell’impresa. Se si assume la prospettiva dell’impresa, i soggetti e i loro obiettivi non
sono altro che sue componenti. […] gli obbiettivi dei soggetti sono “solo” vincoli che
il sistema assume debbano essere soddisfatti nei limiti di parametri che devono
muoversi in modo coerente tra loro.”, quindi “il sistema si comporta secondo sue
logiche e non seguendo la volontà di un soggetto” [1991, p.44];
o “Ogni componente stabilisce così delle relazioni con altri sottosistemi, tentando di
utilizzarli per il proprio fine. Ciascuna entità osservante può perciò cercare di agire su
tutti i sottosistemi osservati, ponendosi e costruendo relazioni con essi. Questa rete di
relazioni e di comportamenti condizionati è ciò che noi chiamiamo il governo
dell’impresa, che tuttavia in un sistema complesso non può mai essere dovuto alle
azioni (e alle relazioni) di una sola o di poche componenti, in relazione gerarchica con
gli altri, ma dipende dall’interazione di tutti i sottosistemi, siano essi singole
componenti o uffici o dipartimenti. Quindi parlare di governo di un’impresa nel suo
complesso da parte di qualcuno appartenente all’impresa stessa, in realtà altro non è
che usare una metafora, in quanto nessuno può governare in senso stretto un sistema
autopoietico di cui è parte costituente”. [1991, p. 46];
o “Nella prospettiva dell’impresa autopoietica, le imprese non hanno uno scopo in sé,
ma a seconda dell’osservatore viene loro assegnato un obiettivo. […] La realtà è che lo
scopo non sta nel sistema, ma nell’osservatore. […] L’unica modalità di
funzionamento che abbia senso per l’impresa diventa la sua esistenza attraverso la
conservazione delle relazioni che mantengono l’autocreazione dell’organizzazione.
Solo in questo senso si può parlare di finalità.” [1991, p.49-50];
o “Il problema è che la prospettiva input-output è accettabile solo dal punto di vista di
un osservatore esterno al sistema, o che si ponga all’esterno del sistema. […] Le
imprese non hanno infatti alcun input o output. […] L’input e l’output di un’impresa
non sono allora le materie, i capitali, gli uomini che essa acquisisce e i prodotti che
essa vende o i risultati che produce, come la teoria dell’impresa ci ha sempre indicato.
L’azienda è un mezzo che consente a varie categorie di soggetti di soddisfare i propri
interessi. Se ci fermassimo a questa nozione di impresa, l’avremmo capita solo dal
particolare punto di vista dei sistemi osservanti, […] Se però vogliamo capire il
comportamento dell’organizzazione nel suo insieme, dobbiamo pensare all’impresa
nella sua natura autopoietica. Il suo obiettivo non è allora qualcosa di esterno a essa,
ma semplicemente la sua esistenza. L’ “output” (in senso proprio) dell’impresa è
costituito dal suo funzionamento.” [1991, p.53-54].
97
98
Vicari [1991, p. 38, grassetto nostro].
Ricordiamo ancora una volta che Vicari osserva l’impresa dal punto di vista dell’impresa stessa.
76
Esperienze, Marketing e Territorio
o “Non ha nessun senso sostenere che l’impresa non abbia una sua unità chiara e
distinta. Ogni sistema autopoietico, infatti, è un unità e senza questa unità non ha
nessun significato il concetto stesso di un’impresa. L’essenza dell’organizzazione
autopoietica è quella che il sistema si definisce e si produce come unità. Unità
significa qui “distinguibilità da uno sfondo” e dunque da altre unità [Maturana e
Varela, 1988, p.153]. […] E’ dunque del tutto sbagliato parlare di “azienda senza
confini”: un impresa deve avere confini definiti. L’esistenza stessa dell’impresa ha
senso solo in quanto il sistema definisca che cosa lo distingue da un ambiente
specifico.”99 [1991, p. 160].
3.1.3 L’impresa come sistema vitale
Golinelli G. [2000 e 2002] dal punto di vista epistemologico ritiene che il sistema impresa
debba essere osservato dalla prospettiva dell’organo di governo, in quanto “dotato delle
massime responsabilità e poteri decisionali, è l’unico in grado di percepire l’impresa nella
sua globalità di movimento e di azione, di decidere la percorribilità di nuove rotte e
correggere la rotta inizialmente delineata”100.
Secondo Golinelli, quindi, con riferimento ai fenomeni imprenditoriali i concetti delle teorie
sistemiche possono essere intesi nel seguente modo:
“1) l’insieme, da cui trarrà successivamente origine la struttura del sistema impresa, è
composta da elementi umani (fattore lavoro) ed elementi tecnici, tangibili e intangibili
(fattore capitale). L’insieme è definito nel momento in cui tali elementi risultino
accomunati da fattori omologanti, […] svolgimento di processi di produzione e
commercializzazione di prodotti capaci di aggiungere valore ai fattori in input;
2) a ciascun elemento vengono assegnati ruolo, attività e compiti, da realizzare in vista del
conseguimento di un fine comune. […]
3) ciascuna componente può essere teoricamente connessa con qualunque altra; lo schema
organizzativo, tuttavia, prevedrà quali relazioni dovranno essere realizzate e attivate tra
le componenti […]
4) il comportamento/funzionamento di ciascuna componente è soggetto a vincoli e a
regole […]
5) la predisposizione di un’adeguata rete di comunicazione tra le componenti, inoltre,
renderà loro possibile la successiva interazione;
6) l’impresa assume la tipica configurazione sistemica nel momento in cui le componenti,
per effetto di stimoli in genere provenienti dall’ambiente esterno, iniziano ad interagire
tra loro (emergenza del sistema o processo ndr.) e, trattandosi di un sistema aperto, con
l’ambiente esterno, ponendo in atto le molteplici attività e i processi necessari al
conseguimento della finalità sistemica;
7) la finalità sistemica è identificata nella sopravvivenza, basata sulla capacità di generare
valore attraverso la creazione di vantaggi competitivi difendibili e il più possibile
duraturi nel tempo;
8) la perdita delle proprietà sistemiche conduce alla dissoluzione del sistema […]”101
Golinelli elabora una matrice concettuale che fa perno sui concetti di sistema, struttura,
relazioni e interazioni e di schema organizzativo:
99
“Qualunque sistema autopoietico ha confini ben definiti, che delimitano gli elementi del sistema, non le sue relazioni.
Ciascuna impresa è in relazione con altri sistemi, ma ciò che tuttavia rende un’impresa tale non è l’esistenza di relazioni con
l’ambiente, ma proprio l’esistenza di confini. Il confine è dunque il tipo di selezione attuato dall’impresa tra ciò che ricade
all’interno e ciò che va considerato ambiente.” Vicari, [1991, p. 161].
100
Golinelli [2000, p.50, grassetto nostro].
101
Golinelli [2000, p.82-84, grassetto nostro].
77
Fabio Forlani
“Viene definito sistema una struttura fisica, dotata di componenti fisiche, intese come
qualificazione di predeterminate componenti logiche, tra loro interagenti, orientata ad una
determinata finalità.”102 Golinelli [2000, p.85].
“La struttura è un insieme di componenti e di relazioni tra componenti, che esprime in
potenza la capacità di conseguire dei risultati attraverso un comportamento emergente
orientato ad un fine103.
La struttura in azione, ossia la struttura orientata al raggiungimento di un fine comune,
rappresenta il sistema.
L’emergere del sistema, rispetto alla struttura, pertanto, si estrinseca fondamentalmente:
1) nell’individuazione di una finalità, di un complesso di obiettivi e nella capacità della
struttura a perseguirli;
2) nell’attribuzione di un ruolo alle diverse componenti strutturali, coerente in vista del
conseguimento della suddetta finalità;
3) nell’emergenza di interazioni tra le componenti strutturali e tra la struttura
unitariamente intesa e quella di altri sistemi con i quali il sistema focalizzato
interagisce e nella presenza di meccanismi di feed-back.
Il passaggio dalla struttura al sistema viene pertanto qualificato in termini di emergenza del
sistema dalla struttura.”104 Golinelli [2000, p.86].
Nel rapporto esistente fra struttura e sistema vengono chiariti anche i concetti di relazione ed
interazione. “La focalizzazione sulla struttura implica, infatti, la specificazione di una serie di
legami logico-fisici che permettono alle componenti di essere in relazione reciproca e
potenzialmente di creare sinergie, attivandosi secondo un comune e condiviso obiettivo. Una
relazione è, dunque una connessione logica o fisica tra componenti della struttura. Parlando,
invece, di sistema, l’attenzione viene spostata al momento delle interazione, ovvero alla fase
in cui le componenti, attivando le relazioni strutturali, effettivamente scambiano risorse e
condividono conoscenza al fine del raggiungimento del comune scopo.”105
In base a tale ragionamento Golinelli qualifica le diverse tipologie di relazioni nel seguente
modo:
“a)
relazioni, intese come possibili collegamenti tra le componenti di una struttura o tra le
componenti di strutture diverse;
b)
interazioni intra-sistemiche, intese come relazioni attivate tra le componenti di una
struttura protesa alla realizzazione di una specifica realtà sistemica;
c)
interazioni inter-sistemiche, intese come relazioni attivate tra le componenti di
struttura appartenenti a sistemi diversi per la realizzazione di specifiche attività volte a
conseguire obiettivi comuni”106
Secondo la prospettiva di Golinelli il concetto di relazione ha a che fare con la dimensione
strutturale e ha, quindi, carattere statico. Il concetto di interazione ha, invece, a che fare con la
dimensione sistemica, assumendo una connotazione dinamica di emergenza dalla relazione.
102
Golinelli distingue infatti fra struttura logica (insieme di componenti logiche) e struttura fisica (insieme di componenti
fisiche). Questa distinzione, a nostro avviso, è la medesima distinzione esistente fra struttura e schema di organizzazione
[Maturana e Varela, 1987; Capra, 1997 e 2002], quindi per struttura logica si può intendere sostanzialmente la progettazione
dello schema organizzativo. Questo appare inoltre coerente con la constatazione che “una determinata struttura logica,
costituita di componenti logiche deputate allo svolgimento di ruoli definiti, tra loro connesse da relazioni logiche e definite
sulla base di uno specifico progetto, (progettazione dello schema organizzativo, ndr.), può concretizzarsi in una molteplicità
di strutture fisiche.” Golinelli [2000, p.85].
103
Il tendere di un sistema verso un fine definisce, senza necessariamente puntualizzare obiettivi univoci e misurabili, un
percorso di azione strategica che si qualifica attraverso il raggiungimento di una successione di obbiettivi che siano coerenti
in ragione una causalità diffusa tra la serie di condizioni interne alla struttura del sistema stesso e quelle caratterizzanti
l’esterno.
104
In particolare Golinelli [2000, p.18] sottolinea che “Nei sistemi sociali, tra i quali l’impresa, il sistema non coincide con la
struttura ma, piuttosto, emerge da essa qualora sia orientato ad una specifica finalità. In tal modo si può affermare che nei
sistemi sociali, supposta una certa struttura non necessariamente ad essa corrisponde un unico sistema”.
105
Golinelli [2000, p.88].
106
Golinelli [2000, p.90-91, grassetto nostro].
78
Esperienze, Marketing e Territorio
In questa logica sistemica non ha, quindi, senso parlare di stato del sistema X in un dato
instante t, in quanto ciò che si osserva, fotografando il sistema nel momento t, è lo stato della
struttura (quali sono le relazioni attivate e quali no)107 e non la dinamica emergente del
sistema. La dinamica emergente del sistema trova, invece, rappresentazione nella successione
degli stati della struttura108.
In questo modo trova allora collocazione anche il concetto di schema organizzativo: “Lo
schema organizzativo è, infatti, genericamente inteso come un disegno di processi e di
attività da realizzare attraverso una specifica successione di relazioni tra le componenti
interne, interagenti tra loro e con le componenti esterne.
Spostando l’ottica nel campo dei fenomeni imprenditoriali, l’organo di governo, sulla base
delle finalità dell’impresa e una volta prefissati gli obiettivi, disegna una mappa appropriata di
possibili interazioni tra le componenti interne e tra alcune di esse con alcune componenti
esterne.
E’ proprio nel concetto di schema organizzativo, quindi, che si sostanzia il passaggio logico
dalla materialità della struttura all’immaterialità del sistema emergente. L’organo di governo,
nel predisporre prima e nell’adeguare poi lo schema organizzativo, consente al sistema
impresa di emergere attraverso degli stadi della struttura ampliata (relazioni ed interazioni con
le componenti sovra-sistemiche, ndr)” [Golinelli, 2000, p.99].
Trasferendo i concetti appena illustrati nel campo dei fenomeni imprenditoriali Golinelli
osserva che “il sistema impresa prende corpo per effetto della spinta propulsiva ad esso
impressa da soggetto o dall’insieme di soggetti i quali, nella fase costitutiva e nelle successive
fasi della dinamica evolutiva dell’impresa detengono le massime responsabilità di governo ed
il massimo potere decisionale. Per dare forma, consistenza e, soprattutto, prospettive di
sviluppo al sistema impresa è necessaria, dunque, la presenza di una significativa e continua
attività progettuale, condotta e realizzata dall’organo preposto al suo governo.”109
In base a tale impostazione Golinelli ritiene che vi sia la “necessità di un modello sistemico
che sia in grado di distinguere ed enfatizzare il ruolo dell’organo di governo; un modello,
cioè, che sappia rappresentare , in modo esplicito la presenza di un nucleo pensante, un
organo di governo, appunto, che dinamicamente sia in grado di interpretare il contesto in cui il
sistema impresa agisce, di razionalizzarlo e rappresentarlo attraverso adeguati schemi
organizzativi, dai quali derivare strutture ampliate (relazioni inter-sistemiche, ndr) che nel
tempo si manifestino adeguate a dominare la definita complicazione e l’emergente
complessità.”110 in tal senso Golinelli indica il modello del sistema vitale.
“[…] il sistema vitale è un sistema che sopravvive, rimane unito ed integrale; è
omeostaticamente equilibrato sia internamente che esternamente e possiede inoltre
meccanismi e opportunità per crescere e apprendere, per svilupparsi ed adattarsi, e cioè per
diventare sempre più efficace nel suo ambiente” Beer in Golinelli [2000, p.110].
107
Per approfondimenti cfr Golinelli [2000, p.91-99].
Si deve quindi passare dalla logica della fotografia alla logica della ripresa cinematografica (filmati).
109
Golinelli [2000, p.102]. L’importanza dell’organo di governo si evince, ad esempio, dalle azioni necessarie a dare avvio ad
un’attività imprenditoriale: “Il primo passaggio logico consiste dunque nella specificazione dell’idea imprenditoriale. […]
predisposizione di un progetto nel quale siano opportunamente specificati, con un grado elevato di dettaglio, i seguenti
aspetti, le cui modalità di attuazione debbono essere compatibili con le risorse che si rendono disponibili:
a) i prodotti da realizzare, quale conseguenza del processo di identificazione e specificazione dei bisogni di
particolari classi di consumatori che si intendono soddisfare;
b) i mercati geografici da servire;
c) le tecnologie da impiegare per lo svolgimento dei processi produttivi;
d) i canali distributivi che verranno utilizzati per la collocazione dell’output sui mercati di sbocco.”
110
Golinelli [2000, p.108].
108
79
Fabio Forlani
I postulati della teoria dei sistemi vitali sono i seguenti [Golinelli, 2000, p.111-115]:
1. Un sistema è vitale se può sopravvivere in un particolare tipo di ambiente.
Il sistema vitale è, dunque, un sistema aperto, capace di sopravvivere solo in quanto
contestualizzato nel suo ambiente ed in grado di realizzare con esso scambi
significativi.
2. Il sistema vitale possiede la proprietà dell’isotropia.
L’isotropia è da intendersi come invarianza di forma (eidos), in qualsiasi prospettiva
(tropos) venga osservata. I sistemi vitali manifestano, allora, un’immagine sensibile
unica al di là delle diverse apparenze causate dai cambiamenti di prospettiva da cui
vengono osservati.
La struttura logica universale di un sistema vitale si configura attraverso:
• un’area del decidere (rappresentabile attraverso una sub-struttura logica di
forma quadrata, che include tutte le attività decisionali necessarie a gestire una
qualunque entità sociale);
• un’area dell’agire (rappresentabile attraverso una sub-struttura logica di
forma circolare, che include tutte le attività operative o le operazioni rilevanti
che producono il sistema);
Fig. 3.1 La rappresentazione dell’identità dei sistemi vitali.
Amplificazione di varietà
Area
dell’AGIRE
(operazioni)
Area del
DECIDERE
Attenuazione di varietà
Tratto da: Beer in Golinelli, 2000, p.112.
Il quadrato può essere assimilato al centro di indirizzo, all’organo di governo, il
cerchio ad una struttura operativa. Le due aree possono essere scisse solo per motivi di
studio e di analisi della struttura universale dei sistemi vitali, ma non possono mai
ritenersi entità autonome ed indipendenti. E’ evidente che un sistema vitale è costituito
da entrambe le componenti.
La rappresentazione grafica tiene conto pure di ciò che di norma si attua all’interno di
ogni sistema vitale e cioè la gestione della complessità e della varietà. La varietà
altro non è che una misura della complessità: essa rappresenta il numero degli stadi
possibili di un sistema, il numero, cioè, di tutte le possibili combinazioni dei possibili
stadi distinti. La varietà si riferisce alla differenziazione (effettiva o potenziale) dei
casi possibili che possono presentarsi in uno stesso momento.
Tra l’area del decidere e l’area dell’agire esiste un certo differenziale di varietà: la
varietà del cerchio è superiore a quella del quadrato. Tuttavia le due entità attivano una
molteplicità di canali e di interazioni attraverso cui si influenzano reciprocamente; e
per adeguare la diversa misura della complessità sì da poter realmente comunicare, da
una parte il quadrato deve amplificare la sua varietà (diodo amplificatore), dall’altro il
cerchio deve introdurre meccanismi di attenuazione della sua varietà (resistenza). In
tal modo si creano le condizioni accettabili per la regolazione omeostatica del sistema.
80
Esperienze, Marketing e Territorio
3. Il sistema vitale è proiettato verso il perseguimento di finalità ed il
raggiungimento di obiettivi e risulta essere connesso a sovra-sistemi e sub-sistemi
da cui e a cui, rispettivamente, trae e fornisce indirizzi e regole.
L’attività svolta da un sistema vitale X di livello L è condizionata dalla necessità di
dover soddisfare le esigenze del sovra-sistema di livello L+1.
Allo stesso modo, i sub-sistemi che sono inclusi nel percorso del sistema X e collocati
a livello L-1, qualificano le proprie attività realizzando risultati in linea con esigenze,
regole e indirizzi del sistema X stesso.
Un sistema deve quindi:
• Soddisfare le aspettative dei sovra-sistemi
• Indirizzare le finalità e gli obbiettivi dei sub-sistemi
Gli obbiettivi attraverso i quali l’impresa è orientata al conseguimento della propria
finalità e che consentono al sistema X di emergere dalla struttura ampliata sottostante
derivano dall’influenza e dalle pressioni esercitate dal singolo sovra-sistema o da più
sovra-sistemi.
Non è rilevante studiare le caratteristiche sistemiche di una certa organizzazione X in
modo isolato, senza osservare contemporaneamente il sovra-sistema in cui X è inclusa
e i sub-sistemi che include.
4. Un sistema vitale ha la possibilità, sulla base di condizioni di consonanza prima e
di processi di risonanza poi, di dissolvere sé stesso - inteso come ente autonomo nel sovra-sistema a cui, in uno specifico periodo temporale, riferisce.
Un sistema vitale, attraverso la guida del soggetto decisore, può essere prima
perfettamente integrato nella struttura ampliata del sovra-sistema di riferimento
(condizione di consonanza, concetto di compatibiltà), poi, a seguito di progressivi
aggiustamenti dello schema organizzativo, può migliorare la propria prestazione
realizzando con il sovra-sistema una sintonia di finalità (situazione di risonanza,
condivisione e senso di appartenenza).
Secondo Golinelli, il modello dei sistemi vitali è maggiormente appropriato a descrivere i
fenomeni imprenditoriali poiché “nell’attività imprenditoriale sono tradizionalmente distinti
due momenti rilevanti, quello del governo e quello della gestione, atti a qualificare una
dicotomia tipica dell’impresa. La rappresentazione dell’impresa come sistema vitale riflette
tale dicotomia, qualificando l’ottica del soggetto preposto all’attività di governo che elabora e
pianifica gli indirizzi strategici avvalendosi di una struttura operativa dedita all’attuazione
dell’impostazione strategica prestabilita.”111
Golinelli, partendo dal modello di sistema vitale elabora il modello di impresa sistema vitale
capace di “esplicitare come lo schema organizzativo, tradotto in una struttura ampliata e,
quindi, dotato di conoscenze tacite integrate da routine (risposte decisionali prestabilite)
possa, per mezzo della specifica attività svolta dall’organo di governo, essere raccordato al
contesto ambientale. Attività di raccordo che richiede all’organo di governo di tradurre il
contesto ambientale in organizzazioni, che vanno dalla configurazione e assetto di mercato
alla qualificazione di sovra-sistema vitale. L’organo di governo, sulla base delle proprie
conoscenze, deve desumere dal contesto ambientale opportunità e regole relazionali
esterne.”112
111
Golinelli [2000, p.116]. In un’impresa, spetta, proprio all’Organo di Governo, attraverso la modifica di quel insieme di
relazioni che individuano la struttura, decidere nel tempo, a seconda dei casi, di adeguare, trasformare o ristrutturare
l’insieme delle relazioni che individuano la struttura, per garantire il mantenimento della tendenza al perseguimento della
finalità.
112
Golinelli [2000, p.117].
81
Fabio Forlani
In base a questa impostazione Golinelli [2000, p. 122-124] effettua la seguente rilettura dei
postulati dei sistemi vitali nell’ottica d’impresa:
I° postulato
• La corretta interpretazione delle attese dei sovra-sistemi rilevanti ed il loro
soddisfacimento nel tempo incrementa il grado di vitalità e la capacità di
sopravvivenza dell’impresa in uno specifico contesto. Tale prerogativa è definibile in
relazione alla capacità dell’organo di governo di percepire le finalità e le aspettative che i
sovra-sistemi sono in grado di proiettare sull’impresa;
• La loro valutazione in relazione al potere e alla capacità di pressione che possono
esercitare consente all’OdG di regolare il grado di apertura del sistema impresa, che in
virtù della propria elasticità strutturale e flessibilità sistemica è in grado di rispondere,
talora adattandosi e talora modificando a proprio vantaggio le caratteristiche del contesto;
L’impresa
sistema vitale
Fig. 3.2 La rappresentazione dell’impresa sistema vitale, quale modello estratto dal sistema
vitale.
AdG
Decisioni
gestionali
+
Area delle
operazioni
Struttura
operativa
(specifica)
=
Area della gestione
Area
della
gestione
Area
del
governo
Tratto da Golinelli G., 2000, p.119
II° postulato
• L’isotropia, ovvero l’identità dei sistemi vitali, costituisce un importante proprietà che
consente di implementare una metodologia di indagine coerente al fine della corretta
lettura delle relazioni inter-sistemiche;
• La definizione di una matrice concettuale comune a tutte le imprese, intesa nell’accezione
di identità di sistema vitale, consente di ricondurre a due categorie generali (OdG e SO),
tutti gli aspetti strutturali (l’individuazione e l’analisi delle specifiche parti componenti e
delle relazioni), nonché la finalità sistemica con riferimento la progettazione dei percorsi
evolutivi;
82
Esperienze, Marketing e Territorio
Le imprese (industriali, commerciali, di servizi, ecc.) possiedono la stessa identità
essendo caratterizzate dalla presenza di un organo di governo e di una struttura
operativa;
III° postulato
• Il perseguimento della finalità e degli obbiettivi è fortemente influenzato dalle dinamiche
e dal rapporto dialettico che l’OdG intrattiene con i sovra-sistemi rilevanti;
• Il grado di vitalità è condizionato dalla soddisfazione delle attese dei sovra-sistemi ed è
inoltre correlato alla capacità di mediare gli interessi dei diversi sub-sistemi;
• La capacità dell’OdG si esplicitano nell’analizzare e monitorare costantemente le
aspettative e le motivazioni dei sub-sistemi e ad interpretare le attese e le istanze dei
sovra-sistemi. (Disegnare idonei e proficui accoppiamenti strutturali necessari alla
condivisione di finalità, tenendo conto delle risorse e delle capacità incorporate nella
struttura operativa);
• La validità di un’idea imprenditoriale è connessa alla capacità di sopravvivenza del
sistema d’impresa in un determinato contesto;
IV Postulato
• Le interazioni con i sovra-sistemi possono evolversi fino a configurare un unico sistema
nel quale prevale una condivisione di finalità e di valori ottenuta attraverso un
rafforzamento della fiducia a base del rapporto;
• I presupposti per la risonanza risiedono tuttavia nella struttura e nella capacità a
condividere con altri l’analisi e l’interpretazione del contesto attraverso la creazione e
l’uso di un sistema di valori basato su linguaggi comuni (consonanza);
• Solo creando i presupposti della consonanza si può procedere verso l’annullamento delle
singole individualità sistemiche e la formazione di un’unica nuova entità. (L’integrazione
con i sovra-sistemi: verso un unico sistema con finalità e valori condivisi);
•
3.2
L’impresa e le teorie dei sistemi complessi dinamici
Dopo aver mostrato i contributi più significativi che, all’interno della disciplina di economia e
gestione delle imprese, hanno provato a descrivere l’impresa come sistema, appare chiaro che
l’azienda può essere analizzata in quanto sistema complesso dinamico113 [Vicari, 1991;
Rullani e Vicari,1999; Golinelli, 2000 e 2002], e che tale prospettiva consente dei passi in
avanti nella comprensione dei fenomeni imprenditoriali [Rullani e Vicari, 1999; Golinelli,
2000].
In questa sede occorre però, innanzitutto, considerare l’eventuale compatibilità delle diverse
prospettive d’analisi, e in secondo luogo valutare il modello più congruente con l’esigenze di
ricerca di questo studio114.
Al fine di rispondere al primo quesito si riprendono brevemente le principali caratteristiche
dei Sistemi Complessi Dinamici115:
Sistema: un tutto integrato le cui proprietà derivano dalle relazioni fra le parti.
- Le proprietà del tutto non sono, quindi, deducibili dalla somma delle proprietà
delle parti;
113
Cfr capitolo 2. Tutti i sistemi viventi sono sistemi complessi che evolvono (dinamici). Per inciso è bene ricordare che la
differenza fondamentale esistente fra sistema complicati e sistemi complessi è che il comportamento di un sistema
complicato è prevedibile se si conoscono tutti gli elementi del sistema e le relazioni che legano questi elementi. Per i sistemi
complessi (dinamici) questo non è possibile, i sistemi complessi sono imprevedibili, perché si autorganizzano ed
autoevolvono, in altri termini apprendono e mutano. I sistemi complessi dinamici sono vivi, i sistemi complicati no.
114
Come evidenziato dal titolo complessivo del lavoro, Esperienze, Marketing e Territorio, lo scopo finale del presente
lavoro è quello di studiare il ruolo del sub-sistema impresa all’interno del sovra-sistema d’offerta dedito alla produzione di
esperienze turistiche su di un territorio dato.
115
Cfr l’identikit dei sistemi complessi §2.8, per approfondimento vds Capra [2002], Pievani [2003], Gandolfi [1999].
83
Fabio Forlani
- Ogni sistema tende a strutturarsi su più livelli (sottosistemi e sovrasistemi).
Schema di organizzazione: (di qualsiasi sistema, vivente e non vivente) è la
configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che ne determina le
caratteristiche essenziali. La descrizione dell’organizzazione è una descrizione astratta
di relazioni e non identifica i componenti.
Struttura: la struttura del sistema è l’incarnazione fisica in un dato momento (tempo
t) della sua organizzazione. L’organizzazione del sistema è indipendente dalle
proprietà dei suoi componenti, quindi, una data organizzazione può essere tradotta in
una struttura fisica in molti modi differenti, attraverso molti tipi diversi di componenti.
Emergenza: Il sistema di livello L non esiste a livello L-1, ma emerge dalle
componenti strutturali L-1 secondo uno schema di organizzazione che ne determina il
genere.
Autosimilarità: lo schema di organizzazione L-1 è uguale a quello L che è uguale a
quello L+1 (frattali).
Proprietà dell’organizzazione vivente:
- Capacità di auto-prodursi (autopoiesi). Maturana e Varela ipotizzano che
l’autopoiesi sia uno schema generale di organizzazione comune a tutti i sistemi
viventi, qualunque sia la natura dei loro componenti. Dall’autopoiesi discendono
le seguenti proprietà:
Capacità di auto-regolarsi (feedback negativo);
Capacità di riprodurre internamente i propri componenti (autonomia);
Determinismo strutturale, accoppiamento strutturale, strutture plastiche
(cognizione, apprendimento e selezione degli influssi esterni);
- Schema a rete (reti piccolo mondo)
- Comportamento non-lineare (discontinuità, imprevedibilità, ecc.)
- Chiusura “operazionale” (apertura ai flussi di energia e materia, chiusura
organizzativa; esistenza di un confine116 che ha la capacità di filtrare gli influssi
esterni per creare ordine interno)
Proprietà dell’organizzazione sociale umana: la realtà umana emerge dalla realtà
vivente con l’emersione di un ulteriore proprietà sistemica, il significato. Il significato
nasce dall’ autocoscienza o coscienza riflessiva ed è una caratteristica propria degli
esseri umani.
Confrontando le caratteristiche dei sistemi viventi con l’impostazione di Vicari [1991] si
evince che le organizzazioni imprenditoriali possono essere ritenute dei sistemi viventi purché
rispettino la teoria dell’ autopoiesi. Come evidenziato da numerosi studiosi117, per rispettare
tale condizione, non è necessaria la riproduzione biologica poiché l’autopoiesi è uno schema
generale di organizzazione comune a tutti i sistemi viventi, qualunque sia la natura118 dei loro
componenti [Maturana e Varela, 1987]. In questa prospettiva occorre quindi dare la giusta
importanza all’analisi della capacità dell’impresa di riprodurre componenti a mezzo
componenti.
Non è però possibile utilizzare il lavoro di Vicari, nel suo complesso, a fondamento del
presente lavoro, perché esso affronta lo studio dell’impresa partendo da una prospettiva
ontologica e soprattutto epistemologica non compatibile con questo studio. Vicari assume
116
L’organizzazione autopoietica dei sistemi viventi comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle
operazioni della rete e definisce il sistema come unità.
117
Cfr Capra [1997 e 2002]; Gandolfi [1999].
118
“La complessità si dimostra slegata dal substrato, dall’hardware. Molecole organiche o circuiti elettronici, poco importa.
La complessità e la sua più sorprendente manifestazione – la vita – sono un processo, sono regole di sviluppo e di
comportamento. Sono software. E un software può, per principio, girare su qualsiasi <<macchina>> sufficientemente
complessa e capace di elaborare informazioni. L’hardware passa così in secondo piano: può essere un organismo biologico,
ma anche un processore informatico.” Gandolfi [1999, p.252].
84
Esperienze, Marketing e Territorio
infatti di studiare l’impresa dal punto di vista dell’impresa stessa, mettendosi nei “panni” e
quindi nella prospettiva dell’impresa che si autosserva. In questa sede si ritiene, infatti, che
tale operazione non sia possibile. Le ragioni di tale affermazione sono le seguenti: essendo
l’osservazione sempre un’attività di distinzione effettuata da un soggetto osservatore, la
capacità di osservazione dipende dall’osservatore stesso e, quindi, dalla sua struttura. In tale
ottica qualsiasi osservatore non può per definizione entrare nei panni dell’impresa119. Il lavoro
di Vicari, non potendo essere assunto come modello di riferimento sarà quindi utilizzato come
fonte di stimoli intelettuali che indica temi su cui vale la pena riflettere.
Come evidenziato nel capitolo 1, il presente lavoro assume la prospettiva epistemologica di
Varela [cfr §1.6], secondo cui l’unico modo che l’uomo ha per conoscere un sistema
complesso è quello di pervenire ad una conoscenza per approssimazione che faccia
convergere attraverso una metodologia condivisa e condividibile, che garantisca quindi la
trasferibilità a terzi delle conoscenze effettuate, sia le osservazioni sub-sistemiche che le
osservazioni sovra-sistemiche.
In base a tale ottica, l’osservazione sub sistemica che ha l’organo di governo dell’impresa è
appropriata. E’ appropriata, in questa accezione, l’osservazione sub-sistemica dei dipendenti
componenti la struttura operativa e quella di quanti altri agiscono all’interno dell’impresa. E’
appropriata, inoltre, la prospettiva di osservazione degli stakeholder esterni all’impresa, in
quanto prospettiva sovra-sistemica.
Essendo coerente con questa prospettiva d’osservazione l’impostazione epistemologica e
metodologica assunta da Golinelli, è possibile entrare nel merito delle questioni affrontate da
tale autore. Nello specifico, i concetti facenti parte della matrice concettuale proposta da
Golinelli (struttura (o materia), schema organizzativo (schema o forma), emergere del sistema
(processo) e finalità sistemica (significato)), sono coerenti e compatibili con la matrice
disciplinare dei sistemi sociali assunta a base di questo studio [§ 2.6].
Quindi anche dal punto di vista dell’impostazione concettuale è da ritenere coerente
l’impostazione di Golinelli con l’impostazione assunta nello studio dei sistemi complessi
dinamici.
Rimane quindi da sciogliere il nodo del rapporto esistente fra il concetto di vitalismo (sistema
vitale) e quello di organicismo (sistema vivente). Come evidenziato da Capra [1997, p.35-37]
il dibattito scientifico su tali temi fra i biologi risale al diciannovesimo secolo. Secondo Capra
[1997, p.35] infatti “Tanto il vitalismo quanto l’organicismo si oppongono alla riduzione della
biologia alla fisica e alla chimica. Entrambe le scuole sostengono che, benché le leggi della
fisica siano applicabili agli organismi, non sono sufficienti per capire pienamente il fenomeno
della vita. Il comportamento di un organismo vivente come un tutto integrato non può essere
compreso solamente con lo studio delle sue parti. Tra i biologi vitalisti e organicisti c’è una
differenza netta nella risposta alla domanda: In che senso esattamente il tutto è maggiore della
somma delle sue parti? I vitalisti affermano che bisogna aggiungere alle leggi della fisica e
della chimica un’entità immateriale, una forza o un campo, per comprendere la vita. I biologi
organicisti sostengono che l’ingrediente aggiuntivo è il concetto di <<organizzazione>> o di
<<rapporti organizzati>>.”
Secondo Capra in biologia i vitalisti non andarono veramente al di là del paradigma
cartesiano. Le stesse immagini e le stesse metafore limitavano il loro linguaggio; essi non
fecero altro che aggiungere un’entità immateriale come l’ideatore o il regista dei processi
organizzanti che sfidano le spiegazioni meccaniciste.
119
Abbiamo visto nei capitoli precedenti che la mente umana è incarnata in un corpo e quindi la capacità di osservazione
dipende anche dal corpo che osserva. Un uomo può forse , per approssimazione, entrare nei panni di un altro uomo, ma non
potrà mai entrare nei panni di un sistema di ordine superiore come l’impresa dotata di elementi strutturali che non
appartengono alla dimensione umana.
85
Fabio Forlani
Pur prendendo spunto dalle vicende storiche occorre evidenziare che nello studio dei sistemi
imprenditoriali la questione si pone in termini diversi. L’introduzione del fine o del significato
come dimensione dei sistemi sociali evidenzia, effettivamente che vi sia la possibilità che
sistemi sociali come quelli imprenditoriali rimangono in vita solamente grazie ad “un regista
dei processi organizzati”.
In tal senso riteniamo che non sia opportuno escludere i sistemi viventi120 (cioè sistemi che si
auto-producono) come possibile forma organizzativa del sistema impresa. A nostro avviso, è
possibile discriminare tra imprese sistemi viventi e imprese sistemi vitali non in base
all’esistenza o meno all’interno dell’impresa di processi autopoietici o di auto-riproduzione,
poiché questi devono rigorosamente esservi affinché un sistema resti in vita, ma sulla base o
meno di un organo di governo che funga, appunto, da regista del sistema.
In base alle considerazioni qui fatte risulta, quindi, che tutti i sistemi vitali sono sistemi
viventi, ma non tutti i sistemi viventi sono sistemi vitali. Si può quindi concludere che i
sistemi vitali sono un sottoinsieme dei sistemi viventi, e che come tali né condividono tutte le
proprietà.
Figura 3.3 – Il rapporto fra sistemi, sistemi viventi e sistemi vitali
Sistemi Viventi
Sistemi
Sistemi
Vitali
Fonte: nostra elaborazione
In base all’applicazione del II postulato dei sistemi vitali alle imprese, risulta che tali sistemi
sono sempre caratterizzati da un organo di governo e una struttura operativa. Tale postulato ci
consente quindi di affermare che lo schema di organizzazione di tale sistema è la “rete piccolo
mondo aristocratica”. Si ritiene quindi di poter affermare che i concetti elaborati da Golinelli
120
Un ulteriore conferma della sostenibilità di questa impostazione viene dalle parole di Ancarani [2001, p.119] “Gli studi
delle <<nuove scienze>> si concentrano sempre più sull’analisi dei sistemi adattivi complessi (nel nostro lavoro li abbiamo
definiti dinamici, ndr), che possono essere definiti come sistemi evolutivi aperti non lineari, che si nutrono di informazione e
vivono al confine tra caos e ordine [Sanders, 1998; Brown ed Eisenhardt, 1999] (…) C’è da chiedersi se esse possano essere
trasposte tout cour anche nel campo dell’economia d’impresa: la risposta è, in prima istanza, per evitare di ripetere l’errore
degli economisti classici e neoclassici, negativa. In seconda istanza tuttavia, si ritiene che, con l’aiuto delle suggestioni delle
nuove scienze, sia possibile incrementare il potere esplicativo di alcune nuove ipotesi di ricerca. (…) Sulla base delle
suggestioni derivanti dalle nuove scienze, è possibile individuare una comunanza tra le imprese e i sistemi adattivi complessi
teorizzati dalle nuove scienze. Le imprese tuttavia si distinguono per l’elemento intenzionale e finalistico che caratterizza i
sistemi sociali e li differenzia da quelli fisici e biologici [Podestà, 1993]. Il concetto più opportuno è pertanto quello di
sistemi proattivi complessi, nel senso che parlando di imprese si parla sicuramente di sistemi non certo adattivi,
caratterizzazione che richiamerebbe il modello razionalistico e meccanicistico di fitness adattivo, proprio delle scienze
tradizionali, ma creativi, costruttivi e proattivi, in virtù delle strategie d’impresa che esse sono in grado di porre in essere”.
Questa visione ci appare coerente con il modello dei sistemi viventi (complessi e dinamici) sociali umani proposto da Capra,
in quanto è proprio l’emergere della coscienza riflessiva e del significato che distingue un sistema sociale umano da un
sistema sociale animale.
86
Esperienze, Marketing e Territorio
sono da ritenersi validi ed applicabili per quei particolari sistemi viventi che si organizzano
secondo lo schema di rete piccolo mondo in cui l’organo di governo assume il ruolo di hub
della rete (schema) organizzativa e decisionale.
In base alle considerazioni appena fatte, supportate anche dalle evidenze empiriche del cap.9,
si ritiene di consigliare prudenza nell’applicare metodologie di governo imprenditoriali
(elaborate per il governo dei sistemi vitali) al governo di sistemi viventi di tipo diverso
(sistemi socioeconomici territoriali), in quanto occorre considerare innanzitutto a quale
topologia di rete si applicano le modalità di governo e in secondo luogo occorre avere
presente i punti di forza e di debolezza delle diverse topologie di rete.
3.3
Il concetto di prodotto come chiave per interpretare i fenomeni imprenditoriali
nella prospettiva sistemica
Riprendendo le basi epistemologiche illustrate nel primo capitolo [§1.5 e §1.6] si sottolinea
come non esista una realtà oggettiva ma l’atto stesso dell’osservare consiste nell’esistenza di
un soggetto (osservatore) che fa “emergere un mondo”. Il mondo che emerge
nell’osservazione dipende dalla struttura del soggetto osservatore (determinismo strutturale modelli di ricerca) e da ciò che guarda (accoppiamento strutturale). Per cui la realtà osservata
non esiste ma emerge nell’accoppiamento strutturale del ricercatore con i sistemi osservati. In
questa ottica l’utilizzo di un modello di analisi (matrice disciplinare che determina la struttura
cognitiva del ricercatore) consente di rendere maggiormente condivisibile il processo di
ricerca e quindi di far acquisire all’osservazione il grado di osservazione scientifica [Kuhn, cfr
§1.1].
Ciò premesso, nel presente lavoro i fenomeni oggetto di studio verranno studiati nel seguente
modo [cfr §1.6]:
• Da una prospettiva sub-sistemica o interna (ad esempio l’analisi sub-sistemica rispetto
al livello logico impresa è quella che utilizza la prospettiva dell’organo di governo e
quindi l’approccio sistemico vitale al governo dell’impresa [Golinelli, 2000 e 2002]).
• Da una prospettiva sovra-sistemica o esterna (ad esempio l’analisi sovra-sistemica
rispetto al livello logico impresa può essere effettuata utilizzando la prospettiva degli
stakeholder rilevanti).
La finalità del presente studio è quella di pervenire ad uno schema d’analisi prima e di
gestione poi
dei sistemi d’offerta territoriali finalizzati alla produzione e
commercializzazione dei prodotti turistici [cfr cap. 6]. La scelta di ancorare lo studi dei
sistemi socio-economici alla dimensione territoriale ci appare coerente con l’ontologia assunta
a riferimento (fondazione biologia delle scienze sociali) e con la filosofia dell’ecologia
profonda che caratterizza la “scienza della vita” [Capra, 1997 e 2002].
Le considerazioni che seguono sono da intendersi come elementi che vanno a connettersi alla
più generale matrice concettuale dei sistemi complessi.
Dalle considerazioni teoriche121 e dalle prime rilevazioni empiriche122 è emerso che per
comprendere la dinamica dei fenomeni imprenditoriali e le loro dinamiche inter e sovra
sistemiche era necessario comprendere la natura degli input e degli output in entrata e in
uscita dai sistemi oggetto di studio.
121
La letteratura studiata è stata quella sistemica, quella economico aziendale e quella turistica di matrice aziendale.
Le implicazioni empiriche derivano dall’osservazione dei sistemi turistici delle province di Rimini e Pesaro e Urbino [cfr
casi studio del capitolo 9] nel periodo 1999-2004.
122
87
Fabio Forlani
Ricordando infatti che un sistema complesso dinamico è dotato di una chiusura operazionale
(apertura ai flussi di energia e materia, chiusura organizzativa) ed è provvisto di un confine123
che ha la capacità di filtrare gli influssi esterni per creare ordine interno, occorre chiedersi se,
nella prospettiva dell’economista d’impresa, gli input (sistemi di energia, materia e
informazioni) e gli output (sistemi di energia, materia e informazioni) del sistema assumono
una natura distinta da quella dei sistemi naturali.
A tale domanda si assume di poter dare risposta positiva per la seguente ragione: essendo i
sistemi imprenditoriali dei sistemi sociali che sviluppano il ciclo materia (struttura) – schema
– emergenza (processo) – significato124, ne consegue che ad ogni ciclo gli input subiscono un
processo trasformativo che li arricchisce di significato (o senso). Tale dimensione sembra
essere, allora, quella che distingue gli output umani da quelli tipicamente naturali.
La prospettiva di osservazione assunta in questo studio ci consente di vedere gli input e gli
output in entrata e in uscita dal sistema impresa125 e ci consente, inoltre, di affermare che
l’impresa per sopravvivere deve mantenere il ciclo input-trasformazione-prodotto (output). Si
può inoltre evidenziare che, in assenza di tale ciclo che termina con il trasferimento ad altri
sistemi del prodotto, essa non ha possibilità di sopravvivere126.
Occorre ricordare che in senso economico aziendale, il prodotto è il risultato dell’attività di
produzione di un sistema di qualsiasi tipo. Quale che sia la natura di questo, il prodotto
costituisce il medium di scambio con sistemi terzi e rappresenta il riferimento fondamentale
della mission, del business e dell’organizzazione produttiva della singolo sistema azienda
[Coda, 1984] o di un sistema di aziende [Rispoli e Tamma, 1996].
Secondo Rispoli e Tamma, [1996, p.21, grassetto nostro] infatti “dal punto di vista dell’analisi
economico manageriale, <<prodotto>> è il concetto che permette di concepire e rappresentare
unitariamente l’offerta di una forma di produzione, da molto semplice a estremamente
complessa. Ciò appare giustificato in quanto tale concetto non trae il suo fondamento dalla
articolazione, dalla natura (materiale o immateriale), dalla caratterizzazione tecnologica (hard
o soft), dalla complessità degli elementi che lo compongono, ma invece dal significato e dal
ruolo che esso assume nella lettura e nell’interpretazione economico-aziendale dei
processi di creazione del valore” .
Si può affermare, allora, che per i sistemi economico-imprenditoriali il processo di creazione
e trasferimento di valore sia da collegare prioritariamente al concetto di prodotto, che diviene
pertanto un concetto chiave della prospettiva d’analisi sistemica economico aziendale.
123
L’organizzazione autopoietica dei sistemi viventi comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle
operazioni della rete e definisce il sistema come unità.
124
Cfr capitolo 2 ed in particolare §2.5 e §2.6.
125
Questa nostra affermazione è a suo modo confermata anche da Vicari [1991, p.53-54], infatti “Il problema è che la
prospettiva input-output è accettabile solo dal punto di vista di un osservatore esterno al sistema, o che si ponga all’esterno
del sistema. […] Le imprese non hanno infatti alcun input o output. […] L’input e l’output di un’impresa non sono allora le
materie, i capitali, gli uomini che essa acquisisce e i prodotti che essa vende o i risultati che produce, come la teoria
dell’impresa ci ha sempre indicato. L’azienda è un mezzo che consente a varie categorie di soggetti di soddisfare i propri
interessi. Se ci fermassimo a questa nozione di impresa, l’avremmo capita solo dal particolare punto di vista dei sistemi
osservanti, […] Se però vogliamo capire il comportamento dell’organizzazione nel suo insieme, dobbiamo pensare
all’impresa nella sua natura autopoietica. Il suo obiettivo non è allora qualcosa di esterno a essa, ma semplicemente la sua
esistenza. L’ “output” (in senso proprio) dell’impresa è costituito dal suo funzionamento.”.
126
“Si può discutere poi, se, nella realtà capitalistica contemporanea, l’impresa possa considerarsi, di per sé, una legittima
unità d’indagine. La mia risposta e si e no. Si se nel produrre le merci che vende sul mercato (base della sua riproducibilità),
essa secerne un suo, diciamo così, “collante sociale”, tale da produrre genuini sensi di appartenenza e d’identificazione in
tutti quelli che partecipano regolarmente al processo (stakeholder). (…). No, se non lo secerne” Beccattini [2004].
88
Esperienze, Marketing e Territorio
Dopo avere assunto la centralità del concetto di prodotto, il miglioramento della
comprensione dei fenomeni economico aziendali, come evidenziato da Rispoli e Tamma
[1992], deve passare però per una ridefinizione di tale concetto127: “Il superamento nella
teoria della produzione di una separazione netta fra beni e servizi, a favore di un altro
approccio e di altri criteri con cui affrontare correttamente le analisi del settore, della
concorrenza, di gestione aziendale, ci sembra oramai ineludibile. Riteniamo che esso debba
necessariamente fondarsi sull’individuazione di una categoria (concetto) che, da un lato, sia
più generale di quelli di beni e servizi, dall’altro, costituisca una base solida dalla quale
muovere per cogliere, e rappresentare, la varietà di produzioni specifiche e concrete che
l’evoluzione del capitalismo produttivo ha generato e genera.”128.
“La categoria che si propone come base è il prodotto, inteso però, come output di un
processo produttivo di qualsivoglia natura tecnologica, che viene domandato e quindi
offerto oppure offerto e quindi domandato, in quanto adatto a soddisfare le esigenze che si
manifestano nelle singole economie di produzione e/o di consumo. Conseguentemente, in
contesti concreti, esso può apparire come un bene, come un servizio oppure, circostanza di
gran lunga più probabile, come qualcosa che assume in varia misura caratteri attribuibili ad
entrambi i “tipi ideali” e quindi non univocamente definibile utilizzando la terminologia
tradizionale.”
“Adottando un approccio quale quello che stiamo delineando, che si fonda su un concetto di
prodotto astratto (categoria economica), dovremmo essere in grado di affermare in modo più
efficace le analisi dei settori, della concorrenza e della gestione strategica delle aziende.”129.
Il concetto di prodotto astratto adottato da Rispoli e Tamma come base da cui muovere
verso i prodotti concreti, ha una doppia valenza:
1. prodotto come “medium”; Permette di collegare (effetto interazione) e, insieme,
discriminare (effetto separazione) l’economia del produttore da quella del utilizzatore,
sia esso intermedio o finale.
2. prodotto come “contenitore”. E’ un efficace “contenitore” per gli attributi e le
caratteristiche che è necessario utilizzare per individuare e descrivere i prodotti
concreti.
E’ opportuno però sottolineare che in un ottica imprenditoriale vi deve essere l’intenzionalità
e la consapevolezza dell’offerta, cioè il prodotto è tale se viene in tal modo concepito dal
produttore. In caso contrario si può parlare di rifiuto o di altro output di sistema privo di
valore. Infatti Rispoli e Tamma [1992, p. 103-104] sottolineano che “I risultati (output) che
con il concetto di prodotto vogliamo rappresentare formano invece un insieme che, se ancora
molto ampio, costituisce un sottoinsieme del precedente (formato da tutti i risultati di processi
produttivi, ndr); in esso devono ricadere tutti i risultati di quelle attività che possiamo
considerare rilevanti per rappresentare l’economia della produzione nel suo complesso e nelle
sue componenti. In definitiva denomineremo prodotti solo quegli output che sono
realizzati per essere ceduti (in qualsivoglia forma) da un’economia di produzione ad
altre (terze) economie (sia di produzione che di consumo), ossia per essere oggetto di
transazione”.
127
Alla ridefinizione del concetto di prodotto nella prospettiva dell’economia delle esperienze sarà dedicato il capitolo 5.
Rispoli e Tamma, 1992, p. 101. Questa impostazione è senz’altro coerente con le impostazioni di marketing “Dal punto di
vista del marketing per <<prodotto>> si intende estensivamente qualsiasi output produttivo (anche di tipo immateriale) che, a
motivo delle utilità derivati dai suoi attributi (fisici o immateriali) tende a specificare e soddisfare le aspettative di determinati
gruppi di fruitori o utilizzatori.” [Cozzi e Ferrero, 2004, p.309].
129
Rispoli e Tamma, 1992, p. 102, grassetto nostro.
128
89
Fabio Forlani
Il sistema impresa nella sua attività normale finalizzata alla sopravvivenza trasforma, quindi,
gli input (energia, materia e informazioni) in output. Facendo questo essa progetta produce e
vende prodotti. La vendita di tali prodotti può avvenire su di un mercato (transizione di
mercato) o all’interno di una relazione con altri sovra-sistemi [Pencarelli, 1995].
3.4
L’impresa e i rapporti con i sovra-sistemi
Le entità che popolano il contesto esterno all’impresa e che entrano in qualche modo in
contatto con essa possono essere classificate in base alla loro rilevanza nel condizionare i
percorsi di sopravvivenza e di sviluppo del sistema impresa130.
Secondo Golinelli [2000, p.171] la rilevanza delle entità terze può essere qualificata mediante
due attributi :
• l’influenza esercitabile dall’entità131 sulle modalità di impiego, di acquisizione e di
riappropriazione delle risorse 132;
• la criticità della risorsa da essa conferita al sistema impresa133;
Questi due attributi permettono la distinzione fra i sovra-sistemi “influenti”, che sono capaci
di esercitare pressioni sul sistema impresa ma non sono però detentori esclusivi di una
determinata risorsa, e i sovra-sistemi “rilevanti”, che sono influenti ed al tempo stesso
detentori di una risorsa critica134.
La composizione delle entità che popolano il contesto, definita sulla base della rilevanza
che ognuna di queste possiede in riferimento ai caratteri di differenziazione “criticità” della
risorsa e “influenza” esercitabile dal sistema detentore della risorsa stessa consente all’organo
di governo:
130
Con tale entità il sistema impresa instaura relazioni ed interazioni di diversa natura e grado, realizzando rapporti stabili o
occasionali e determinando condizioni che di volta in volta possono essere di consonanza e risonanza.
131
Il condizionamento esercitatile da un sovra-sistema dipende dall’esistenza di (o dalla possibilità del sistema di porre)
vincoli e regole:
•
Il vincolo ha natura cogente e valenza generale, con riferimento all’impresa, conseguono alla fissazione, da parte di
organi pubblici, di requisiti tecnici finalizzati a tutelare interessi collettivi (regulation). Le entità esterne al sistema
impresa in grado di imporre vincoli sono strutturalmente relazionate con esso. Il rispetto dei vincoli è condizione
necessaria per impostare con le entità del contesto, vuoi rilevanti che influenti, condizioni di consonanza.
•
La regola deriva dalla volontà dell’organo di governo di legare il sistema impresa ad una o più entità del contesto (selfregulation). Le regole, da un lato, sono necessarie per una dinamica evolutiva dell’impresa in condizioni di consonanza
e, dall’altro, sono il presupposto, ove l’Organo di Governo lo ritenga opportuno, per pervenire a condizioni di risonanza
con le entità rilevanti e/o influenti del contesto.
In un ottica sistemica, i vincoli determinano le caratteristiche dei rapporti tra due entità, nel senso che comportano una
limitazione della singola sfera di comportamento. Le regole, viceversa, identificano la volontà di due o più entità sistemiche
indipendenti di perseguire comportamenti improntati a collaborazione in vista di stabilire un ordine comune condiviso.
132
L’impresa deve valutare il grado di influenza che può avere il sistema nel porre vincoli ovvero nel dettare regole
comportamentali nei confronti dell’impresa.
133
La tipologia della risorsa costituisce un primo attributo qualificante e fondante per stabilire quale tipo di attenzione deve
riporre l’impresa nel valutare il peso delle interazioni e, di conseguenza, nello stabilire la convenienza al mantenimento o
all’implementazione della relazione sottostante, passando da condizioni di consonanza a condizioni di risonanza;
134
Per l’analisi della rilevanza delle varie entità sistemiche di contesto occorre procedere alla mappatura delle risorse
aziendali e all’individuazione dei differenti sistemi dai quali esse provengono:
•
Attributi che definiscono la criticità della risorsa: numero di alternative possibili per l’acquisizione della risorsa; costo
unitario medio di acquisizione della risorsa; peso percentuale del volume di risorse acquistate da un sistema rispetto al
totale delle risorse utilizzate; probabilità di perdite in caso di fuori scorta; criticità del processo all’interno del quale la
risorsa è impiegata;
•
Attributi che definiscono l’influenza delle entità sistemiche detentrici della risorsa: potere contrattuale, rappresentativo
di un insieme di vincoli sia in merito alla definizione delle condizioni di sopravvivenza che di performance; capacità di
fissazione delle regole; qualità e quantità delle sanzioni legate alla non osservazione, da parte dell’impresa, di vincoli e
regole;
90
Esperienze, Marketing e Territorio
•
di qualificare la singola entità sistemica ed il contesto nel suo complesso sotto il profilo
delle opportunità e dei rischi per il sistema impresa;
• di graduare le diverse entità sistemiche in ordine alla loro rilevanza per l’impresa,
stabilendo quindi una scala di priorità sotto i profili temporale e di qualità delle
relazioni;
• indirizzare la dinamica evolutiva del sistema impresa in condizioni di consonanza e,
ove opportuno, di risonanza sistemica.
Il rapporto tra il sistema vitale impresa e le diverse entità presenti nel contesto si traduce in
interazioni sistemiche (accoppiamenti strutturali). L’interazione è il risultato
dell’attivazione di una o più relazioni tra le componenti delle strutture dei sistemi
interagenti135.
In base allo stato delle relazioni intersistemiche si assiste a dei rapporti intersistemici di
diverso tipo. Si può avere infatti una maggiore o minore integrazione intersistemica a seconda
se i sistemi siano in una situazione di consonanza o di risonanza.
• La consonanza: compatibilità strutturale tra sistemi, atta a consentire che si possano
rapportare efficacemente dal punto di vista strutturale (raccordarsi)136;
• La risonanza (sviluppo ideale della consonanza): condivisione accompagnata da
appartenenza e sintonia. Si ha, in questa situazione, un progressivo attenuarsi dei conflitti
strutturali per effetto di un grado massimo di apertura, con raggiungimento, in termini di
qualità del rapporto, di livelli sempre maggiori di fiducia e condivisione di orientamenti e
prospettive tra i sistemi interagenti, da cui emerge generata una nuova realtà sistemica
inclusiva che comprende e riassume i sistemi di partenza.137
Il contesto esterno, nella prospettiva dell’organo di governo dell’impresa, ma anche nella
prospettiva dei soggetti esterni all’impresa stessa, si configura come insieme di sistemi che
ricevono input di risorse (materia, energia e informazione) e generano output intesi come
prodotti138 e scarti di lavorazione.
Il problema d’analisi del contesto diviene, allora, dal punto di vista dell’organo di governo
dell’impresa, ma anche dell’osservatore esterno, l’identificazione delle entità sistemiche
presenti nell’ambiente quali possibili sistemi rilevanti o, più semplicemente, influenti sulle
dinamiche evolutive dell’impresa stessa.
Golinelli [2000, p.185] suggerisce come criterio di differenziazione delle entità di contesto di
utilizzare le caratteristiche proprie dei sistemi vitali: “si fa riferimento alla esistenza di una
struttura operativa dotata di imprenditorialità e capacità di auto-organizzazione ed alla
presenza ed al ruolo svolto dall’organo di governo nell’indirizzare la dinamica dell’entità
sistemica considerata.:
1) Sistemi embrionali […] organizzazioni conosciute in letteratura come mercati;
2) Sistemi in via di compimento: tale categoria è da ricondurre ad entità presenti nello
scenario caratterizzate dall’essere composte da due o più entità componenti e,
comunque, dall’essere individuabili, per una identità che riferisce all’insieme; come
135
Un’interazione, capace di produrre determinati risultati strutturali, può essere realizzata attraverso l’attivazione di
differenti relazioni strutturali. Una stessa relazione, inoltre, se attivata può produrre differenti interazioni a seconda delle
finalità delle parti interagenti, del contesto e dell’arco temporale al quale la relazione fa riferimento.
136
Due o più imprese che decidono di sviluppare una attività congiunta attraverso interazioni tese a realizzare integrazioni di
filiera, orizzontali o verticali, debbono anzitutto ricercare la consonanza intersistemica.
137
Si intravede un interessante collegamento fra i concetti di consonanza e risonanza qui esposti con i principi dello schema
di organizzazione a rete piccolo mondo esposta nel precedente capitolo [§2.7]. Infatti, si può ipotizzare che le relazioni che
hanno il carattere della consonanza siano interpretabili come i legami deboli delle reti piccolo mondo e le relazioni che hanno
il carattere della risonanza siano interpretabili come i legami forti delle reti piccolo mondo. Tale aspetto meriterebbe
approfondimenti specifici non effettuati in questo studio.
138
Cfr § 3.3.
91
Fabio Forlani
esempio si pensi alle aree-sistema, ai distretti, ai poli industriali e più genericamente alle
reti d’impresa. La possibilità di attribuire una identità al sistema presuppone la
individuazione di un organo di governo più o meno evoluto che indirizza le diverse
entità (sub-sistemi) che vi appartengono;
3) Sistemi vitali;” [Golinelli G., 2000, p.185-186].
Nell’ipotesi di Golinelli il passaggio di un sistema da una categoria ad un’altra è segnato
dall’evoluzione del ruolo dell’organo di governo, e quindi dalla sua influenza, sulla capacità
di trasporre regole, vincoli, aspettative e finalità sul sistema impresa.
In questo lavoro, preferendo utilizzare lo schema logico della teoria dei sistemi complessi, ma
seguendo lo stesso processo logico utilizzato da Golinelli, si possono identificare le seguenti
tipologie di sistemi:
• Sistemi embrionali (mercati);
• Sistemi viventi [§2.6]
• Sistemi vitali [§3.1.2]
In quanto si ritiene che la categoria dei sistemi in via di compimento possa essere sostituita
dalla categoria dei sistemi viventi139. Nel seguito della tesi si evidenzierà appunto come sia
più appropriato studiare i sovra-sistemi delle imprese non come mancati sistemi vitali (o
sistemi vitali non ancora “maturi”) ma come sistemi viventi che in determinate condizioni
possano e forse debbano, assumere anche lo schema dei sistemi vitali.
Per concludere questa breve analisi dei rapporti intersistemici è possibile inoltre ricordare che
l’emersione di un sistema socioeconomico può avvenire secondo due diverse modalità:
• Dal basso (Bottom-up): All’interno del mercato, per effetto di un progressivo delinearsi
dei rapporti, è possibile assistere all’emergere di sistemi d’imprese (es. reti d’impresa,
distretti).
Questa tipologia di genesi dei sistemi è, come evidenziato da Capra [2002] è la tipica
modalità di formazione dei sistemi viventi.
• Dall’alto (Top-down): Si viene a configurare la chiara esistenza di un progetto di
creazione di un sistema da parte di un soggetto decisore, che pone poi in essere le
opportune politiche che permettono la sua concretizzazione. Solitamente, il regista di tale
processo di emersione sistemica diviene l’organo di governo del sistema stesso e permane
nel tempo in tale ruolo.
Questa tipologia di formazione dei sistemi sociali sembra essere esclusiva dei sistemi
sociali umani.
L’evoluzione dei sistemi può portare all’emersione sia di sistemi vitali, sia di sistemi viventi,
ma si può assistere anche alla dissoluzione del sistema stesso.
3.5
L’impresa e il sovra-sistema territorio
Uno dei più significativi approcci allo studio del rapporto sovra-sistemico fra l’impresa e il
contesto territoriale maturato all’interno delle discipline economico-aziendali è sicuramente lo
139
“E mi domando: nel mezzo, fra soggetto economico e gli stati-nazione consegnateci dalla storia, ci sono aggregati sociali
“riproduttivi” – quasi organismi, diciamo – i quali, pur nel cambiamento più intenso, si può dire che mantengono una loro
identità? (…) Il primo, ovvio, candidato all’analisi mesoeconomica cui sto alludendo, è fornito da quelli che Giuseppe De
Matteis indica come “sistemi territoriali provvisti di capacità autoorganizzativa”. Empiricamente si tratterà di centri abitati
presi insieme al loro hinterland normale. Una seducente approssimazione empirica al concetto ci è offerta dal “sistema
urbano giornaliero”, con con cui s’intende un area territoriale in cui gli spostamenti per motivi di lavoro degli abitanti si
autocontengono in misura elevata. (…) Da qui in avanti indicherò i “sistemi territoriali provvisti di capacità
autorganizzativa”, col termine generico di luoghi. Vi sono aree territoriali, che, in quanto non fanno sistema, né mostrano
alcuna tendenza a farlo, o perché non antropizzate, o perché devastate nella loro conformazione socioculturale da accidenti
economici, politici o militari, sono a rigore, nel mio lessico “non luoghi”. ” Beccattini [2004].
92
Esperienze, Marketing e Territorio
studio dei distretti. In Italia tale filone di studi parte dall’elaborazione di Becattini del distretto
marshalliano: “l’unità cui Marshall fa riferimento fin d’allora non è l’industria
tecnologicamente definita, ma l’area o distretto industriale. E a questo che si riferiscono le
condizioni di densità di popolazione, di dotazione infrastrutturale, di <<industrial
atmosphere>>, che sono la fonte e il risultato, la causa e l’effetto, di quella parte dei
rendimenti crescenti che non si spiega né con le economie interne di scala, né con le vere e
proprie innovazioni. […] Se ci si riflette bene, ciò che <<tiene insieme>> le imprese che
fanno parte del distretto industriale marshalliano, svuotando di senso la determinazione del
costo di ogni singolo prodotto, è una rete complessa ed inestricabile di economie esterne, di
congiunzioni e connessioni di costo, di retaggi storico-culturali, che ravvolge sia le relazioni
interaziendali che quelle più squisitamente interpersonali. Questo è, nella lettura marshalliana
che vi propongo, l’atomo, cioè l’unità di misura indivisibile della ricerca industriale.”
[Becattini, 1979, p.20]. Becattini, arriva, quindi a definire il distretto industriale nel seguente
modo: “Il <<distretto industriale>> costituisce un ispessimento localizzato (in questa
determinazione spaziale sta la sua forza e la sua debolezza) delle relazioni interindustriali, che
presenta un carattere di ragionevole stabilità nel tempo. In effetti la sua natura composita,
tendenzialmente plurisettoriale, gli conferisce, pur in mezzo al cambiamento più intenso, una
stabilità che un unità come l’industria in senso stretto non possiede, rendendone quindi
possibile uno studio inteso a rilevarne i tratti permanenti, le leggi di formazione, di
mantenimento e di decadenza. Paradossalmente, quando più il distretto è capace di rinnovarsi,
di innescare nuovi settori sui vecchi settori, di articolare per le fasi sempre più specializzate la
propria industria originaria, tanto più esso mantiene la sua identità come distretto industriale.”
[Becattini, 1979, p.20].
Nel corso degli anni, successivi e svariati studi aventi per oggetto le aree produttive
territorialmente localizzate hanno effettuato numerose specificazioni e distingui fra le varie
tipologie di aree produttive [Marchini, 1995]. Si è, inoltre, assistito alla distinzione [Tunisini,
2003] fra le prospettive più attente alle dinamiche distrettuali nel loro complesso140 (visione
olistica del distretto) e le impostazioni maggiormente focalizzate sullo studio del
comportamento dei singoli attori141 che operano nel distretto (visione riduzionistica del
distretto).
La prospettiva sistemica ci consente di osservare i distretti da una prospettiva nuova. Si può,
infatti, interpretare il distretto non solo come sistema di livello superiore alla singola impresa,
ma, in quanto definito dalla delimitazione territoriale, come sovrasistema sociale e non solo
economico. Come evidenziato da Beccattini, nel concetto di distretto “ciò che <<tiene
insieme>> le imprese che fanno parte del distretto industriale marshalliano, svuotando di
senso la determinazione del costo di ogni singolo prodotto, è una rete complessa ed
inestricabile di economie esterne, di congiunzioni e connessioni di costo, di retaggi storicoculturali, che ravvolge sia le relazioni interaziendali che quelle più squisitamente
interpersonali.” [1979, p. 20], in tale prospettiva confluiscono nel sistema distretto tutti i
differenti sistemi che emergono dalla struttura territoriale. Il distretto può, allora, essere visto
attraverso la teoria dei sistemi complessi come ecosistema e quindi come un sistema vivente.
140
Questo filone, di taglio economico-industriale, tende ad incentrarsi sul distretto nel suo complesso privilegiando l’analisi
delle variabili sociali ed economiche che ne spiegano la genesi ed il funzionamento, variabili che vengono strettamente
correlate a elementi di natura territoriale. In questa visione macro o olistica, vengono richiamati i vantaggi di efficienza (che
si realizzano per effetto della specializzazione e della divisione del lavoro tra le imprese) e i legami esistenti tra variabili
socioculturali, produttive e organizzative non replicabili in altri contesti territoriali, sfatando il mito della grande impresa
come paradigma dell’efficienza produttiva.
141
Questo filone, di taglio aziendale, privilegia lo studio del singolo attore (impresa) distrettuale e sul suo ruolo nello
sviluppo del contesto in cui operano. In questa linea di ricerca si sottolinea come le imprese sono eterogenee e svolgono
funzioni diverse. In particolare alcune imprese di medie dimensioni, influenzano e indirizzavano lo sviluppo del distretto nel
suo complesso.
93
Fabio Forlani
Nel sistema vivente distretto convergono allora numerose entità come il sistema
manifatturiero (di cui il sistema azienda è una componente), il sistema turistico, il sistema
sanitario, il sistema scolastico, il sistema istituzionale e politico, ecc. Nella prospettiva
sistemica il livello logico di analisi del distretto è quello di politica economica locale. In
quanto la vitalità del distretto coincide con la vitalità del sistema territorio nel suo complesso.
Il questa prospettiva il sistema territorio deve essere visto come un ecosistema142, quindi,
come un sistema vivente, avente struttura reticolare. Le caratteristiche del sistema non
esistono né a livello di singola impresa né a livello di sistemi d’imprese specializzate in uno
specifico settore, ma emergono dalle azioni (vivere) di una pluralità di attori (di natura fisica e
giuridica molto diversi fra loro) su un territorio delimitato e quindi per definizione “finito”.
Come per tutti i sistemi viventi anche per i distretti la capacità di sopravvivere è data dalla
complessità interna al distretto stesso infatti Beccattini nota che “in effetti la sua natura
composita, tendenzialmente plurisettoriale, gli conferisce, pur in mezzo al cambiamento più
intenso, una stabilità che un unità come l’industria in senso stretto non possiede, rendendone
quindi possibile uno studio inteso a rilevarne i tratti permanenti, le leggi di formazione, di
mantenimento e di decadenza. Paradossalmente, quando più il distretto è capace di rinnovarsi,
di innescare nuovi settori sui vecchi settori, di articolare per le fasi sempre più specializzate la
propria industria originaria, tanto più esso mantiene la sua identità come distretto industriale.”
[1979, p.20].
In definitiva, utilizzando la prospettiva sistemica, si osserva come sia possibile studiare il
divenire del distretto non solo in una logica olistica (studiare direttamente il livello distrettuale
(Livello D) e le sue specificità) ma anche utilizzando una logica emergente (osservare quindi
come l’interazione di sistemi di livello (D-1) possano fare emergere le caratteristiche del
sovra-sistema D).
In questa logica si ritiene di poter ipotizzare che lo studio dei distretti si risolva in uno studio
di politica economica territoriale143, e che l’economista d’impresa sia più direttamente
interessato ad un livello sovra-sistemico rispetto il sistema impresa ma sub-sistemico rispetto
al sistema distretto (o sistema territoriale) che chiameremo sistema d’offerta territoriale144.
3.6
L’impresa e i sistemi d’offerta territoriali
La lettura dei rapporti tra impresa e l’ambiente145, come abbiamo fin qui osservato utilizzando
l’ottica sistemica, è determinata dallo spostamento dell’attenzione dalle parti al tutto [Cfr.
142
“E mi domando: nel mezzo, fra soggetto economico e gli stati-nazione consegnateci dalla storia, ci sono aggregati sociali
“riproduttivi” – quasi organismi, diciamo – i quali, pur nel cambiamento più intenso, si può dire che mantengono una loro
identità? (…) Il primo, ovvio, candidato all’analisi mesoeconomica cui sto alludendo, è fornito da quelli che Giuseppe De
Matteis indica come “sistemi territoriali provvisti di capacità autoorganizzativa”. Empiricamente si tratterà di centri abitati
presi insieme al loro hinterland normale. Una seducente approssimazione empirica al concetto ci è offerta dal “sistema
urbano giornaliero”, con con cui s’intende un area territoriale in cui gli spostamenti per motivi di lavoro degli abitanti si
autocontengono in misura elevata. (…) Da qui in avanti indicherò i “sistemi territoriali provvisti di capacità
autorganizzativa”, col termine generico di luoghi. Vi sono aree territoriali, che, in quanto non fanno sistema, né mostrano
alcuna tendenza a farlo, o perché non antropizzate, o perché devastate nella loro conformazione socioculturale da accidenti
economici, politici o militari, sono a rigore, nel mio lessico “non luoghi”. ” Beccattini [2004].
143
“obbiettivi della politica pubblica non sono né l’abbondanza delle merci, né la dimensione e l’efficienza delle imprese, e
neppure il passo del progresso scientifico-tecnico, di per sé considerati – per quanto sono importanti – ma il benessere, o
meglio la felicità pubblica, come dicevano gli economisti italiani del XVIII secolo, ch’è sempre un fatto storicamente e
geograficamente determinato, dei diversi nuclei di popolazione.” Beccattini [2004].
144
Sull’importanza dei rapporti di collaborazione interaziendali nelle piccole imprese distrettuali cfr Lorenzoni [1990],
Pencarelli [1995], Marchini [1995], Tunisini [2003].
145
“La constatazione di differenti tipologie di relazioni con i diversi sovra-sistemi che compongono l’ambiente consentono di
distinguere l’ambiente generale, che manifesta un impatto indiretto sull’impresa, dall’ambiente transazionale nel quale
94
Esperienze, Marketing e Territorio
§2.1] e dalla necessità di osservare i fenomeni come strutture reticolari a più livelli (sistemi
dentro sistemi o frattali). L’impresa in quanto sistema è, allora, osservabile come sistema (L)
all’interno di altri sistemi (L+1) di diversa natura.
Sui temi del rapporto fra impresa e i sovra-sistemi, intesi di volta come reti d’imprese,
network, costellazioni d’imprese e distretti, è presente una ricchissima e variegata letteratura,
non è scopo di questo lavoro quello di effettuare raffronti o fare sintesi di tale letteratura, a
tale scopo si rimanda alla letteratura esistente146.
Lo scopo di questo studio è, invece, quello di comprendere se esiste una chiave di lettura
sistemica-territoriale di quello che viene definito livello “meso” [Tunisini, 2003, p. 45-47]
nell’industria turistica [Pencarelli, 2001]. In precedenti studi147 si è evidenziato, in base ai
risultati ottenuti da studi condotti sui sistemi turistici locali, che la competizione rilevante e
strategicamente prioritaria per l’industria turistica di un territorio è sempre più fra sistemi
territoriali a vocazione turistica piuttosto che fra singole imprese turistiche. Queste ultime,
conseguentemente, competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di
domanda serviti, ma nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente
(insieme a tutti gli altri attori presenti in una località e in un distretto turistico) a formare
l’offerta di esperienze di una destinazione turistica.
Tale lavoro ha confermato quanto riscontrato da Rispoli e Tamma [1996], che “vede le
organizzazioni produttive aprirsi verso l’esterno per sfruttare tutte le sinergie possibili
conseguenti all’instaurarsi di connessioni interorganizzative. In tale visione fra i diversi attori
della produzione, dello scambio e del consumo, è necessario includervi ovviamente anche il
consumatore, che, come è oramai generalmente accettato, figura come una parte fondamentale
del processo di creazione del valore [Sicca, 1992]. Esempi di concetti, paradigmi e schemi
teorici volti a cogliere questo tipo di realtà sono: i distretti industriali [Beccattini, 1987;
Zagnoli, 1993; Varaldo, 1994], l’impresa come sistema aperto, l’impresa a rete, la rete di
imprese [Vaccà e Zanfei, 1989; Boari, Grandi e Lorenzoni, 1989; Rullani, 1989; Benassi,
1993], la value constellation [Normann e Ramirez, 1994], la costellazione di imprese
[Lorenzoni, 1992]; prosumption, servuction, comking [Toffler, 1980; Gronroos, 1983; Berry,
1983; Lovelock, 1983, Normann, 1984; Carlzon, 1985; Eiglier e Langeard, 1987], la catena
del valore esterna [Porter, 1985], i sistemi olonici [Merli e Sacconi, 1994].”
Ai contributi scientifici che, come evidenziato da Rispoli e Tamma, hanno affrontato il tema
dei “sistemi complessi di produzione-erogazione” sono seguiti, negli ultimi anni, ulteriori
approfondimenti da parte degli stessi autori citati, ma anche da ulteriori autori come
evidenziato da Tunisini [2003].
In base all’impostazione sistemica assunta a fondamento di questa tesi si ritiene di poter
condividere con Rispoli e Tamma [1996, p.19-21] che:
“Analizzando le condizioni nelle quali concretamente opera il mondo della
produzione, ci si rende conto che l’aumento della complessità fa emergere in modo
sempre più intelligibile una differenza di fondo fra l’offerta dell’impresa “isolata”,
cioè una impresa che risolve la produzione, la vendita, l’erogazione al suo interno,
vincoli, condizionamenti e opportunità hanno un impatto diretto in quanto esso costituisce il luogo figurato in cui l’impresa
attua scambi di risorse rilevanti per la sua sopravvivenza. Gli elementi peculiari dell’ambiente sono classificabili in: 1)
Elementi di tipo geo-territoriale; 2) Elementi demografici; 3) Elementi socio-economici; 4) Elementi politici; 5) Elementi
culturali; 6 Elementi tecnologici; identificando l’ambiente generale dell’impresa. […]. L’ambiente transazionale, invece,
indica quel particolare contesto d’impresa caratterizzato dalla presenza di soggetti, entità e sistemi con i quali l’impresa
intrattiene rapporti di scambio (transazioni). E’ in questo ambito che l’impresa, attraverso le sue aperture, attinge risorse
indispensabili per poter svolgere i suoi processi.” [Golinelli, 2000, p.59-60].
146
Cfr, fra gli altri, i lavori di Beccattini [1979, 1987, 2000], Hakanson e Snehota [1989], Lorenzoni [1990], Ferrero [1992],
Varaldo [1994], Marchini [1995], Pencarelli [1995], Vicari [2001], Tunisini [2003], Bettiol e Rullani [2004].
147
Pencarelli e Forlani [2002 e 2005].
95
Fabio Forlani
facendo leva quindi unicamente sulle sue risorse, e l’offerta di un insieme di imprese
che si sono collegate nel portare un determinato prodotto sul mercato.”
“Nella grande maggioranza dei mercati, per ogni business, ci si trova di fronte ad una
molteplicità di prodotti e di offerte che provengono da una varietà di soggetti che
singolarmente e/o in gruppo, di fatto li ottengono, li erogano, li distribuiscono, li
promuovono, senza che la domanda percepisca la complessità e le differenze che
caratterizzano l’intero processo di produzione”
“D’altro canto, deve sempre e comunque essere possibile, per chi analizza un settore
o un mercato, risalire al soggetto strategico/economico (singolo o plurimo) che
attraverso i prodotti opera dal lato dell’offerta, in quanto solo così sono possibili
confronti significativi anche in relazione a tematiche strategiche. Tutto ciò richiede
l’introduzione di un concetto “più ampio”, ma comprensivo di quello di impresa, e
diverso, seppur non sostitutivo, di quello di rete. Non ci sembra che la rete – categoria
organizzativa – fornisca una risposta completamente soddisfacente, così come
l’impresa sempre meno isolabile all’interno del complessivo processo di
produzione”148.
Gli autori citati ritengono, per tali esigenze “di dover proporre un concetto – forma
d’offerta149 – che regge uno schema utile a rappresentare ed interpretare qualunque tipo di
organizzazione produttiva, e dunque anche i sistemi complessi di produzione-erogazione,
attraverso i suoi elementi costitutivi: il prodotto; il soggetto strategico-economico;
l’articolazione e l’organizzazione produttiva distributiva.”
Fig. 3.4 – Elementi caratterizzanti una forma di offerta
Prodotto (beni e servizi)
Forma d’offerta
Soggetto
strategico-economico
Soluzione
produttivo-distributiva-erogativa
Fonte: Rispoli e Tamma, 1996, p.21
Pur condividendo l’impostazione d’analisi degli autori citati, in questa sede, in base alle
esperienze di ricerca maturate nell’ambito della produzione di esperienze turistiche [cfr.
capitolo 6], non si ritiene però sufficiente la nozione di “forma d’offerta” e, si sceglie invece
148
Sul tema del rapporto fra reti d’imprese e approccio sistemico cfr. anche Liguori [2003].
“Denominiamo forma d’offerta il concetto che ci sembra rispondere all’esigenza di comprensione della complessità, senza
perdere, fra l’altro, di congruità e di confrontabilità con le consuete categorie d’analisi del mondo della produzione (prodotto,
settore, impresa, soggetto economico, soggetto strategico, mercato, ecc.). La forma d’offerta indica un attore (unitario o
plurimo) del contesto competitivo che può assumere configurazioni da molto semplici, […] a molto complesse, […], legate
da un accordo di collaborazione, che opera con uno o più prodotti, in uno o più contesti locali, in cui è comunque
identificabile la presenza di un soggetto decisionale-strategico, pur se composito.” Rispoli e Tamma [1996, p. 20].
149
96
Esperienze, Marketing e Territorio
di ricorrere al concetto di sistema d’offerta poiché, fra tutte le opzioni oggi disponibili150,
esso è coerente con le impostazioni epistemologiche e metodologiche del presente lavoro e
permette inoltre confrontare i risultati e le implicazioni di ricerca con gli studi emergenti dalle
teorie dei sistemi complessi dinamici.
Coerentemente con le finalità di questo lavoro, si è inoltre limitato il campo di ricerca ai
sistemi d’offerta territoriali, quei sistemi cioè che per le più svariate motivazioni fanno del
loro radicamento territoriale un loro elemento caratterizzante. Si pensi per inciso ai sistemi
d’offerta costituiti da imprese alberghiere, il cui prodotto e vincolato al territorio.
In base a tale impostazione si ipotizza di poter studiare i sistemi d’offerta territoriali come
sistemi complessi dinamici (sistemi vitali o sistemi viventi), e quindi come sistemi che
emergono dal divenire circolare delle quattro dimensioni di cui si caratterizzano [§ 2.6]:
Materia (Struttura), Schema di organizzazione, Processo (emergenza del sistema), Significato
(finalità del sistema).
Tale impostazione permette inoltre di esplorare gli elementi prodotto, soggetto strategico
economico e l’articolazione produttivo-distributiva nel seguente modo:
Il prodotto emerge dal divenire sistemico (processo di emergenza) del sistema
d’offerta, attraverso il ciclo ideazione, progettazione, produzione, comunicazione,
distribuzione ed erogazione. Il prodotto è, come evidenziato da Rispoli e Tamma
[1996, p.32], “insieme il fondamentale medium di interazione della forma di offerta
(sistema d’offerta, ndr.) con il mercato e il principale riferimento attraverso cui
“orientare” l’interazione sinergica dei diversi attori dell’offerta”.
Il soggetto strategico-economico è il sistema d’offerta in quanto autonomo e dotato
di unità. Tale soggetto ha, per definizione, una struttura composta da più sub-sistemi
economici (imprese, organizzazioni non-profit, persone, ecc.) e può avere, al suo
interno, un regista strategico (avere, quindi, un organo di governo ed assumere lo
schema organizzativo del sistema vitale) oppure auto-organizzarsi attraverso una regia
strategica condivisa (la strategia emerge dall’interazione dei diversi sub-sistemi o
attori economici).
Fig. 3.5 - I nodi concettuali di un sistema d’offerta territoriale
SIGNIFICATO
Input
PROCESSO
FORMA
Output
MATERIA
150
Sono numerose le chiavi interpretative che le diverse scuole di ricerca, che si stanno occupando di tali argomenti nel
settore manifatturiero, stanno seguendo [Tunisini, 2003]. Citiamo fra le altre i concetti di supply network e supply chain
[Tunisini, 2003, p.25-33].
97
Fabio Forlani
Fonte: nostra elaborazione
Il processo produttivo-distributivo-erogativo, in tale ottica, emergere dalla
struttura (materia) e dallo schema di organizzazione, attraverso la regia
dell’organo di governo oppure attraverso l’auto-organizzazione dei sub sistemi. In
entrambi i casi, comunque, “la gestione consapevole e intenzionale, di tutti gli
elementi di un sistema complesso di produzione-erogazione, e delle relazioni tra
questi, può avvenire solo se, oltre alla chiara identificazione della composizione del
prodotto, vi è una altrettanto chiara “mappa” delle attività, delle capacità, del ruolo dei
diversi “attori” che concorrono alla produzione, nonché delle relazioni e dei
meccanismi (regole del gioco, ndr.) che presiedono il coordinamento.”151
Integrare le quattro prospettive significa riconoscere che ciascuna di esse contribuisce in
modo significativo alla comprensione dei fenomeni imprenditoriali.
Le componenti del modello, che verrà sviluppato nel proseguo della tesi nell’applicazione ai
sistemi d’offerta turistica, sono:
•
•
•
•
Materia (Chi compone il sistema? e Dove emerge il sistema ? elementi materiali che
compongono il sistema);
Schema : (Come è organizzato il sistema? le diverse tipologie di schemi di
organizzazione a rete);
Processo (Cosa fa il sistema? il processo produttivo-distributivo che porta alla
produzione consapevole di un output definito prodotto);
Significato (Perché ? fine, scopo dato al sistema dagli attori che lo compongono).
Vedremo, nel proseguo del lavoro, come tale schema logico possa essere utilizzato per
analizzare e interpretare i sistemi di offerta turistica che emergendo in un determinato
territorio , che quindi definiamo territoriali o locali.
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IV
IL CONTRIBUTO DEL MARKETING ALLA COMPRENSIONE E ALLA
GESTIONE DEI SISTEMI
4.1
L’evoluzione del rapporto dell’impresa con il sovra-sistema mercato
Secondo Cozzi e Ferrero [2004, p.3] “Il termine marketing, oltre a denominare una specifica
funzione aziendale ed una disciplina di studi, identifica una filosofia gestionale che indica
valori, modelli decisionali e comportamenti a cui dovrebbe ispirarsi la direzione e la gestione
aziendale per sviluppare strategie competitive di successo. Tale filosofia gestionale è
chiamata marketing concept ed afferma che le imprese, per conseguire più elevati profitti a
medio termine, dovrebbero essere marked oriented o, utilizzando una diverse terminologia,
market-driven.”
Come evidenziato da Ferrero [1992, p.16] nel corso degli anni tale approccio al marketing è
stato definito in diversi modi: “Arndt (1983) lo ha denominato <paradigma microeconomico o
neoclassico>, Day e Wensley (1983) e Gummesson (1987) lo hanno chiamato <marketing
concept> e Gronroos (1989) lo ha indicato come <marketing mix model>”, comunque “i suoi
contenuti risultano in larga parte univoci e chiaramente individuati. La natura di questo
paradigma si può dedurre dalla definizione di marketing management data da Kotler (1976, p.
7) <<il marketing management consiste nell’analisi, nella pianificazione, nella realizzazione e
nel controllo di programmi volti all’effettuazione di scambi desiderati con mercati-obiettivo
allo scopo di realizzare obiettivi aziendali. Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta
dell’impresa ai bisogni e ai desideri del mercato-obiettivo ed all’uso efficace delle tecniche di
determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare
e servire il mercato>>”152. Il cuore del marketing concept in tale impostazione risulta essere,
secondo Ferrero, l’orientamento al consumatore e il modello delle 4P.
Kotler [1986, p.5] definisce il marketing come “il processo sociale mediante il quale una
persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri desideri creando e
scambiando prodotti e valore con altri”, descrive poi la gestione di marketing (marketing
management) come lo sforzo consapevole attuato dalle imprese per raggiungere la desiderata
entità di scambi nei confronti della clientela obiettivo. Sembra opportuno, prima di illustrare i
principi su cui si fonda il marketing concept [§4.2], chiedersi quali filosofie gestionali
(strategiche) possono assumere le imprese e più in generale le organizzazioni nei confronti
dell’ambiente esterno.
Nella letteratura di marketing è oramai consolidata, anche da prospettive di ricerca differenti,
l’esistenza di diverse filosofie gestionali che possono essere distinte, le une dalle altre, in base
alle priorità che suggeriscono di perseguire al fine di ottenere il successo competitivo [Cozzi e
Ferrero, 2004, p.3].
152
Ferrero [1992, p.17].
100
Esperienze, Marketing e Territorio
Secondo la letteratura di marketing [Kotler, 1986 e 1993; Stanton e Varaldo, 1989;
Grandinetti, 1993; Guatri, Vicari e Fiocca, 1999; Cozzi e Ferrero, 2000 e 2004] esistono
quattro possibili concetti che possono guidare la gestione di rapporti delle organizzazioni con
l’ambiente:
- Il concetto di produzione o focus sulla produzione individua nell’efficienza produttiva
il fattore chiave per l’acquisizione di vantaggi competitivi sui concorrenti. Secondo tale
impostazione i consumatori attribuiscono la loro preferenza a quei prodotti che sono
ampiamente diffusi e a basso costo. Le imprese che adottano un orientamento alla
produzione tendono, quindi, a concentrare la loro attenzione sul raggiungimento di
un’elevata efficienza produttiva, nonché su un processo di distribuzione capillare dei
prodotti. Questo orientamento è considerato tipico di situazioni in cui la domanda
potenziale supera l’offerta, il che induce i consumatori a privilegiare la possibilità di
ottenere il prodotto, piuttosto che a ricercarne versioni dotate di particolari caratteristiche.
- Il concetto di prodotto o focus sul prodotto individua nel prodotto il fattore chiave per
l’acquisizione di vantaggi competitivi sui concorrenti. Secondo tale impostazione i
consumatori indirizzeranno le proprie preferenze a quei prodotti che offrono un più
elevato livello di qualità e di prestazioni. Le imprese che adottano un orientamento al
prodotto pongono il focus dell’attività manageriale sull’innovazione del prodotto e sul
loro continuo miglioramento funzionale, senza una costante analisi delle effettive
preferenze degli utilizzatori, in base al convincimento che, di per sé il prodotto più evoluto
avrà successo sul mercato. Secondo questo approccio prima i progettisti creano il nuovo
modello, poi la produzione lo realizza, la finanza ne determina il prezzo e, infine, il settore
commerciale pensa a venderlo. Occorre evidenziare come sia oramai diffusamente
accettato che l’ecessivo focus sul prodotto conduce alla “miopia di marketing” così come
definita da Levitt [1991, p.24].
- Il concetto di vendita o focus sulla vendita individua nella promozione delle vendite, in
tutte le sue forme, e l’organizzazione della distribuzione il fattore chiave per
l’acquisizione dei vantaggi competitivi sui concorrenti. Il concetto di vendita presuppone,
infatti, che i consumatori, lasciati liberi di decidere, non acquisteranno i prodotti di
un’impresa in misura adeguata. Le imprese che adottano un orientamento alle vendite, si
trovano generalmente in situazioni di eccesso di offerta sulla domanda, è quindi
necessario che l’impresa realizzi un’azione di promozione e di vendita aggressiva. La
maggior parte delle imprese attuano tale approccio quando hanno problemi di capacità
produttiva. Il loro scopo è infatti quello di vendere ciò che producono, piuttosto che
produrre ciò che possono vendere.
- Il concetto di marketing o focus sui bisogni del consumatore individua nella
soddisfazione dei bisogni e dei desideri della domanda di mercato il fattore chiave per
l’acquisizione dei vantaggi competitivi sui concorrenti. In base al concetto di marketing, il
raggiungimento degli obiettivi d’impresa presuppone, quindi, la determinazione dei
bisogni e dei desideri dei mercati obiettivo, nonché il loro soddisfacimento in modo più
efficace ed efficiente dei concorrenti153. Secondo Kotler nella sua essenza, il concetto di
marketing si traduce, per le imprese, in un orientamento ai bisogni e ai desideri del
cliente, sostenuto da uno sforzo integrato di marketing volto a generare la soddisfazione
del cliente come mezzo per conseguire la redditività o comunque gli obiettivi
dell’organizzazione154.
153
Secondo Levitt [1991, p.24] : “L’attività di vendita si incentra sulle necessità del venditore; quelle di marketing sulle
necessità dell’acquirente. La vendita è il riflesso della necessità che il venditore ha di convertire la produzione in denaro,
mentre il marketing corrisponde all’idea di soddisfare i bisogni del cliente mediante il prodotto e tutto l’insieme di cose che
sono associate alla sua creazione, distribuzione e impiego”
154
Secondo Stanton e Varaldo [1989, p.23] “Nella sua accezione più ampia il marketing concept è una filosofia di gestione
che trova nel soddisfacimento dei bisogni e dei desideri del consumatore la ragione economica e sociale che giustifica
l’essenza di un’azienda. Di conseguenza, tutte le attività aziendali devono essere destinate alla ricerca di ciò che i
101
Fabio Forlani
Come evidenziano Cozzi e Ferrero [2000 e 2004] il concetto di marketing inteso come
orientamento alla soddisfazione del cliente (“il cliente è il re” o “sovranità del
consumatore”155) è stato sottoposto a molteplici critiche156. In particolare è stato evidenziato
che non veniva adeguatamente sottolineta l’importanza dell’analisi dei concorrenti, degli
stakehoder e dell’ambiente generale: “Nel corso degli anni ’80 e ’90 si è dunque proceduto ad
una riformulazione del concetto di marketing rivolta a ricercare un orientamento al mercato
di tutta l’impresa in funzione dell’acquisizione di vantaggi competitivi significativi e
difendibili”157.
E’ interessante notare che negli ultimi anni numerosi studiosi di marketing appartenenti a
scuole differenti convergano sull’importanza di passare dal focus sulla soddisfazione del
consumatore al focus sulla soddisfazione di tutti i potenziali “clienti” o stakeholder
dell’azienda. In base a tale impostazione, infatti sia Kotler [2002] che Gummesson [1999a]
evidenziano come, in economie sempre più organizzate a network, al marketing competa la
gestione delle relazioni che l’organizzazione instaura con tutti i suoi mercati. In particolare
Kotler, Jain e Maesincee [2002, p.27], facendo riferimento alla new economy come effetto
della combinazione di Internet, delle nuove tecnologie e della globalizzazione, arrivano a
concepire il concetto di marketing olistico: “Il concetto di marketing olistico rappresenta un
ampliamento del marketing della fase precedente, reso possibile dalla rivoluzione digitale. Si
tratta di un concetto dinamico che nasce dalla connettività e interattività elettroniche fra
l’azienda, i suoi clienti e i suoi collaboratori. Integra le attività di individuazione, creazione,
ed erogazione del valore mirate all’instaurazione di rapporti di lungo termine e
reciprocamente soddisfacenti, fonte di prosperità congiunta, fra questi stakeholder chiave. Nel
contesto di marketing olistico, il punto di partenza sono le esigenze e le richieste del singolo
cliente; il compito del marketing consiste nell’elaborare offerte contestuali di prodotti, servizi
ed esperienze in grado di soddisfarle. Per individuare, creare ed erogare valore per il singolo
cliente in un ambiente altamente dinamico e competitivo, i responsabili del marketing devono
investire nel capitale relazionale dell’azienda coprendo l’intera gamma degli stakeholder:
consumatori, collaboratori, dipendenti e comunità esterna. Occorre dunque spingersi oltre la
nozione di customer relationship management – ovvero di gestione delle relazioni con i
clienti – per adottare una gestione delle relazioni complessive.”158
Gummesson [1999a, p. 24] elaborando i contributi degli studi di marketing management, di
marketing industriale (approccio network), di marketing dei servizi (scuola nordica dei
servizi), di marketing interno e della qualità totale, evidenzia la necessità di considerare tutte
le relazioni e propone il concetto di marketing relazionale totale: “è il marketing basato
sulle relazioni, il network e l’interazione, riconoscendo che il marketing è immerso nella
gestione totale del network delle organizzazioni di vendita, del mercato e della società. Esso è
rivolto a relazioni di lungo termine a somma positiva con i clienti e gli altri stakehoder, in cui
il valore si crea congiuntamente tra le parti coinvolte. Esso trascende i confini tra funzioni e
discipline specialistiche”. L’autore declina, conseguentemente, il concetto di marketing
relazionale totale lungo trenta dimensioni159. Trenta è infatti il numero di relazioni che lo
studioso colloca al centro del nuovo concetto di marketing (inserendole nel piano di
consumatori vogliono ed al soddisfacimento di questi desideri, compatibilmente con il conseguimento di un profitto aziendale
nel lungo termine. [...] In questo modo l’impresa adatta la propria offerta alle caratteristiche della domanda.”
155
Questa impostazione si basa sull’assunto che esista una coincidenza di interessi tra produttori e consumatori per cui il
massimo livello di soddisfazione degli acquirenti si sarebbe tradotto automaticamente in profitti più alti per il produttore.
156
Cfr. “L’affermasi di un paradigma dominante ed i suoi limiti applicativi”, Cozzi e Ferrero, 2004, p.47-63.
157
Cozzi e Ferrero, 2004, p. 6.
158
Vds anche Kotler, 2004.
159
Il titolo dell’opera monografica di Gummesson è infatti Total Relationship Marketing, ripensare il marketing
management: dalle 4P alle 30Rs (Relationship).
102
Esperienze, Marketing e Territorio
marketing), suddividendole160 in tre grandi classi: relazioni di mercato (relazioni classiche e
relazioni speciali), mega relazioni (relazioni con i sovra-sistemi economici e sociali), nano
relazioni (relazioni con i sub-sistemi).
Fig. 4.1 – Le tre fasi del nuovo paradigma di marketing
Filosofia di
mercato
Concetto di
vendita
Punto di
partenza
Fabbrica
Focus
Mezzi
Fini
Prodotti
Vendita e promozione
Concetto di
marketing
Esigenze
mutevoli dei
clienti
Offerte e marketing
mix mirati
Realizzare profitti
attraverso il volume delle
vendite
Realizzare profitti
mediante la soddisfazione
del cliente
Concetto di
marketing
olistico
Richieste del
singolo cliente
Segmentazione,
targeting e
posizionamento di
mercato
Valore per il cliente, Gestione del database
competenze
e integrazione della
distintive
catena del valore che
dell’azienda, rete
interconnette i
collaborativa
collaboratori
Realizzare una crescita
profittevole incrementando
la quota di acquisti del
cliente, la sua
fidelizzazione e il valore
del ciclo di vita
Fonte: Kotler, Jain e Maesincee [2002, p.25]
Dal punto di vista interpretativo il concetto di marketing olistico di Kotler et al. [2002] e il
concetto del marketing relazionale totale di Gummesson [1999a], in sostanza, vanno oltre il
marketing concept, inglobandolo al suo interno ed indirizzandolo verso un approccio più
ampio ed olistico, che vede il cliente finale come uno dei tanti attori che
un’organizzazione deve soddisfare all’interno del suo network di relazioni economiche e
sociali.
Il concetto olistico di marketing sembra superare [Pencarelli, 2001] alcuni dei limiti
concettuali evidenziati dal marketing concept nel corso degli anni ’80 e ’90. Per i teorici del
marketing, infatti, la soddisfazione del cliente161 appare un fatto pressoché scontato e
autoesplicativo, che può essere applicata per svariate tipologie di organizzazioni e per svariate
tipologie di scambi
In particolare come evidenziato da Gummesson [1998, p. 245] con la definizione di
Marketing Myopia 2, il significato di orientamento al cliente per un’organizzazione può
risultare privo di significato o comunque assumere una portata riduttiva ai fini della
formulazione di decisioni strategiche ed operative quando i clienti che appartengono ai
segmenti che si intende servire non sono in grado di specificare le aspettative in merito ai
bisogni che possiedono. Il cliente desidera non tanto prodotti, ma i benefici che dai prodotti
possono trarsi; tuttavia egli spesso non è in grado di indicare al sistema di offerta ciò che
consente di generare siffatti benefici. Spesso le organizzazioni di successo sono quelle che
anziché lasciarsi guidare dal cliente, sono capaci di orientare le scelte del pubblico. D’altra
parte come Hamel e Prahalad [1994] sottolineano, nessun consumatore ha mai chiesto telefoni
cellulari, fax, fotocopiatrici per uso domestico lettori di compact disk, e così via, eppure sono
prodotti che hanno avuto indiscutibile successo. Il vantaggio competitivo di lungo termine si
fonda allora non solo e non tanto sulla capacità di un’organizzazione di comprendere i bisogni
160
L’autore sostiene che la collaborazione è l’elemento basilare delle relazioni, tuttavia egli sottolinea come si possano avere
gradi diversi di collaborazione che variano in funzione della complessità del prodotto scambiato, del suo valore e economico
e dell’interesse delle parti. Gummesson sottolinea come le singole relazioni possono essere suddivise in base a impegno,
dipendenza, importanza, potere, vicinanza/distanza (fisica, mentale, emotiva), abitudinarietà, contenuto.
161
Il marketing è, infatti, visto come “l’attitudine di un’organizzazione a porre al centro della sua attività il cliente e a
organizzare le risorse con l’obiettivo primario di mettere a fuoco le richieste e i bisogni del cliente e offrire prodotti e servizi
che li soddisfino” [Winer, 2000, p.8].
103
Fabio Forlani
della clientela, che spesso non possiede le risorse informative e cognitive per specificare ed
indicare esattamente cosa vuole, quanto si fonda sulla capacità di delineare soluzioni di
offerta innovativa, in grado di cogliere le aree del mercato non sfruttate, presidiate da
consumatori che non hanno ancora espresso puntualmente i bisogni. Esiste quindi un pericolo
potenziale dal lasciarsi guidare dal cliente, come dimostra il fallimento di tanti prodotti nati
dopo enormi sforzi di ricerca di mercato (New Cocke, ad esempio, la pizza ipocalorica Pizza
Hut, l’hamburgher dietetico MCLean della MC Donalds). Il successo del lancio di nuovi
prodotti non dipende sempre dalla qualità e quantità di analisi del mercato dei consumatori in
grado di esprimere i propri bisogni, ma dalla capacità innovativa. Con altre parole,
l’orientamento al cliente, può non portare a grandi innovazioni.
4.2
Gli elementi logici di base del marketing concept162
Il concetto classico di marketing nasce e si sviluppo nella scuola americana e costituisce
l’ossatura dell’approccio di marketing management163 [Kotler, 1993] che ha dominato gli
studi di tale disciplina per tutto il XX secolo [Cozzi e Ferrero, 2004].
Secondo Kotler [1993, p.5] “Il marketing è il processo sociale e manageriale mediante il quale
una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri
creando, offrendo e scambiando prodotti e valore con altri.”164
In base a tale prospettiva165 i concetti fondamentali del marketing sono:
1. Bisogni, desideri e domanda.
- Un bisogno si manifesta quando una necessità di base per la vita umana non è
soddisfatta.
- I desideri umani sono costituiti dall’individuazione di qualcosa di specifico in grado
di soddisfare i bisogni più profondi. Mentre i bisogni sono pochi, i desideri che ne
derivano sono molteplici. I desideri umani sono continuamente plasmati e riplasmati
dalle forze e dalle istituzioni che operano nell’ambito della società, quali la chiesa, la
scuola, la famiglia, e imprese, ecc.
- La domanda è costituita dai desideri per specifici prodotti, fondati sulla volontà di
acquistarli. I desideri si trasformano in domanda quando sono sostenuti da un
adeguato potere d’acquisto. Le imprese devono pertanto valutare, non solo quante
persone desiderano i loro prodotti, ma soprattutto quante potrebbero essere realmente
disposte e in grado di acquistarli.
Le imprese non creano i bisogni, i quali presistono alla loro azione. Le imprese,
unitariamente alle altre forze operanti nella società, influenzano i desideri. Esse cercano di
influenzare la domanda rendendo il prodotto attraente, accessibile per quanto concerne il
prezzo e facilmente reperibile.
Fig. 4.2 - I concetti fondamentali del marketing
162
Tale schema concettuale rappresenta una filosofia gestionale elaborata per grandi imprese industriali produttrici di beni di
largo consumo. Tali imprese operano in mercati di sbocco atomistici, cioè con molti acquirenti anonimi e sostituibili gli uni
con gli altri, dove gli scambi sono transazioni isolate in cui solo il venditore ha un ruolo attivo (modello unidirezionale).
163
Cfr Cozzi e Ferrero, 2004, p. 47-55.
164
Utilizzeremo come traccia di riferimento della nostra trattazione il pensiero elaborato da Kotler [1993] e integreremo
alcuni aspetti con le considerazioni, più recenti di Cozzi e Ferrero [2004], pur con la consapevolezza che [Guatri, Vicari e
Fiocca, 1999, p.11] “... tuttora non esiste una definizione unanimemente accettata. In tutte le definizioni è comunque
implicita la presenza di due soggetti (imprese, enti, individui, gruppi), i quali sono in grado di realizzare uno scambio, che
consiste nella cessione di un bene o di un servizio contro una determinata contropartita (denaro o beni o servizi). Il
comportamento dei due soggetti è perciò finalizzato alla ricerca di una risposta adeguata da ottenere con la maggiore
efficienza ed efficacia possibile.”
165
Per una disamina più articolata si veda direttamente Kotler [1993, p.5 – 18]
104
Esperienze, Marketing e Territorio
Bisogni,
desideri,
domanda
Prodotti
Valore e
soddisfazione
Scambio,
transazioni
e relazioni
Mercati
Marketing e
operatori di
mercato
Fonte: Kotler, 1993, p.6.
2. Prodotti.
I prodotti sono, in senso ampio, tutto ciò che può essere offerto a qualcuno per soddisfare
un bisogno o un desiderio166. Kotler utilizza il termine prodotto per esprimere qualsiasi
mezzo capace di fornire la soddisfazione di un desiderio o di un bisogno.
3. Valore, costo e soddisfazione.
- Il valore è la stima che il consumatore effettua relativamente alla capacità di un
prodotto di soddisfare una serie di obiettivi-esigenze. Cozzi e Ferrero ritengono sia più
opportuno analizzare il valore differenziale percepito167.
- Il costo è il sacrificio che il consumatore deve sostenere per entrare in possesso di un
determinato prodotto. Cozzi e Ferrero ritengono sia più opportuno analizzare il
sacrificio differenziale percepito168.
- La soddisfazione del consumatore [Cozzi e Ferrero, 2004, p.32] “sarà determinata
dall’esperienza d’uso e, in particolare, dal rapporto tra il valore atteso ed il valore
d’uso sperimentato. La soddisfazione del consumatore favorisce la fedeltà alla marca.”
4. Scambio, transazioni e relazioni
Il marketing esiste allorquando le persone decidono di soddisfare i bisogni e i desideri
tramite lo scambio169 .
Lo scambio consiste nell’atto di ottenere il prodotto desiderato da parte di qualcuno al
quale viene offerto qualcosa in cambio. Affinché lo scambio abbia luogo, debbono essere
soddisfatte cinque condizioni:
- Che vi siano almeno due parti.
- Che ciascuna parte abbia qualcosa che possa essere di valore per l’altra.
- Che ciascuna parte sia in grado di comunicare e di trasferire valore all’altra.
- Che ciascuna parte sia libera di accettare o di respingere l’offerta dell’altra.
- Che ciascuna parte ritenga possibile o desiderabile trattare con l’altra.
Lo scambio crea valore quando entrambi i partecipanti a conclusione dello scambio stesso,
si trovano in una situazione migliore di quella iniziale.
Le transazioni sono le unità di base dello scambio. Una transazione consiste nel
passaggio di valori fra le due parti. Affinché si perfezioni una transazione sono necessarie
molteplici entità misurabili: almeno due prodotti dotati di valore, le condizioni alle quali
effettuare lo scambio concordate fra le parti, il tempo necessario al completamento della
transazione e, infine, il luogo nel quale si svolgono le varie fasi della stessa.
166
Secondo Cozzi e Ferrero [2000, p.16] “in una prospettiva di marketing, non sono rilevanti le caratteristiche fisicomerceologiche del bene che viene scambiato, in vista di una contropartita monetaria, ma i suoi attributi funzionali e
simbolici”. Ogni prodotto, da questo punto di vista, può essere descritto come un “paniere di attributi”, ciascuno dei quali ha
un valore economico nella misura in cui concorre a fornire all’utilizzatore un servizio, da questi desiderato, ovvero si
configura, per il soggetto di domanda, come uno strumento, anche polifunzionale, di cui egli si avvale per soddisfare un suo
specifico bisogno.”
167
Per approfondimenti Cozzi e Ferrero, 2004, p.29-30.
168
Per approfondimenti Cozzi e Ferrero, 2004, p.30-31. Dal quoziente tra il valore differenziale percepito dagli acquirenti del
sistema di prodotto (rispetto a quello ottenibile da altri offerenti) e il sacrificio differenziale percepito da sopportare per
poterlo acquistare, si ottiene il beneficio differenziale percepito.
169
Per Kotler lo scambio è uno dei seguenti quattro modi mediante i quali l’uomo può ottenere i prodotti che esso desidera:
Autoproduzione; Coercizione; Mendicità; Scambio.
105
Fabio Forlani
Secondo Kotler il marketing basato sulle transazioni fa parte di un concetto ancora più
ampio, quello di marketing basato sulle relazioni. Per relazioni si considerano le
interazioni a lungo termine fra acquirente e venditore170.
5. Il mercato
Per il marketing management un mercato consiste di tutti i potenziali acquirenti che,
condividendo un particolare bisogno o desiderio, potrebbero essere interessati e in grado
di impegnarsi in uno scambio, al fine di dare soddisfazione al bisogno o desiderio predetti.
La dimensione del mercato dipende dal numero delle persone che manifestano un bisogno,
che hanno risorse di interesse per altri e che infine sono disposte a offrire queste risorse un
cambio di ciò di cui hanno bisogno.171
6. Marketing e operatori di mercato
Il marketing definisce le attività umane che vengono svolte in relazione ai mercati. In
altri termini, esso significa rivolgersi ai mercati allo scopo di concretizzare gli scambi
potenziali orientati al soddisfacimento dei bisogni e dei desideri umani. Se una delle parti
è più impegnata dell’altra nello sviluppo di uno scambio, definiremo la prima operatore di
mercato (marketer) e la seconda acquirente potenziale (prospect). Un operatore di
mercato è chi desidera acquisire una risorsa posseduta da altri, essendo disposto a
offrire in cambio qualcosa che abbia valore.
L’operatore di mercato ricerca una risposta dall’altra parte, che si tratti di acquistare o
vendere qualcosa. L’operatore in questione può essere, pertanto, un venditore o un
acquirente. Nel caso che entrambe le parti siano interessate allo scambio, esse potranno
essere definite come operatori di marketing e la situazione in cui si trovano come
marketing reciproco.
L’affrontare i processi di scambio richiede impegno e abilità in misura rilevante. Le
organizzazioni devono acquisire le risorse presso un certo insieme di mercati, convertirle in
prodotti dotati di utilità, che a loro volta verranno commercializzati in un altro insieme di
mercati. Esse operano quindi una gestione consapevole delle proprie attività finalizzate a
generare valore attraverso gli scambi di mercato. In tale ottica Kotler evidenzia che si
determina un processo di marketing management quando almeno una delle parti coinvolte
nello scambio definisce e pone in essere un insieme di mezzi per conseguire determinate
risorse dall’altra parte. L’autore riprende e adotta la definizione di marketing management
approvata dall’American Marketing Association nel 1985: “Il marketing management è il
processo di pianificazione e realizzazione della concezione, del pricing, della promozione e
della distribuzione di idee, beni e servizi al fine di creare scambi che consentano di conseguire
gli obbiettivi di individui e organizzazioni”.
Questa definizione si basa sui seguenti postulati [Kotler ,1993, p.19]:
a) Il marketing management è un processo di analisi, pianificazione, realizzazione e
controllo;
b) Tale processo è indifferente rispetto alla natura dei prodotti (output) cui esso si
riferisce (idee, beni, servizi, esperienze, ecc.);
c) Esso è radicato nella più generale nozione di scambio172;
170
Per Cozzi e Ferrero [2004, p.42] “Riguardo alla natura degli scambi si può distinguere la posizione di coloro che
individuano nelle transazioni (operazioni di compravendita) la forma di scambio da analizzare, per comprendere come
vengono causate, provocate, facilitate e valutate, dalle scuole di pensiero che, invece, indicano nelle relazioni l’oggetto di
studio del marketing, ampliando l’ambito di ricerca a tutte le forme che possono assumere i rapporti di scambio e
focalizzando l’attenzione, in particolare, su come le relazioni possono svilupparsi, sui fattori che ne condizionano le
caratteristiche e l’evoluzione, sulle politiche adottare per una loro efficace gestione.”
171
Kotler definisce mercato un insieme di acquirenti e settore un insieme di venditori.
106
Esperienze, Marketing e Territorio
d) L’obiettivo dell’intero processo è il conseguimento di un adeguato grado di soddisfazione
di tutte le parti coinvolte173;
In un’organizzazione il marketing management può manifestarsi con riferimento a ciascuno
dei suoi mercati (mercato di sbocco dei prodotti, il mercato del lavoro, il mercato delle
materie prime, il mercato finanziario, ecc.), anche se è storicamente identificato con le attività
e le persone che si occupano del mercato di sbocco dei prodotti.
Secondo quanto comunemente si ritiene anche in campo aziendale, il compito fondamentale
di un dirigente di marketing è quello di stimolare la domanda dei prodotti dell’impresa.
Questa opinione è ritenuta da Kotler [1993, p.19] e dai principali studiosi di tale disciplina
troppo restrittiva, in quanto si ritiene che “Il marketing management ha il compito di
influenzare il livello, il tempo di manifestazione e la composizione della domanda in modo
tale da facilitare all’impresa il raggiungimento dei propri obbiettivi. In termini essenziali,
marketing management significa gestione della domanda.”.174
Gli operatori di marketing si avvalgono, per conseguire i risultati prefissi, di strumenti quali le
ricerche, la pianificazione, la realizzazione e il controllo di marketing. Mediante la
pianificazione di marketing gli operatori di marketing assumono decisioni sui mercati
obiettivo, sul posizionamento dell’impresa nel mercato, sullo sviluppo del prodotto, sulle
politiche di prezzo, sui canali di distribuzione fisica, sulla promozione e sulla
comunicazione.
4.3
Le opportunità e i limiti dell’applicazione del marketing alla gestione di sistemi
socioeconomici diversi dall’impresa
Partendo dalla nozione di scambio e da quella, ad essa strettamente connessa, di mutuo
vantaggio tra i sui partecipanti, come base del marketing e del marketing management
aziendale, Kotler e i teorici del maketing concept arrivano a sostenere l’opportunità
dell’applicazione del marketing management anche ad organizzazioni con finalità e
caratteristiche diverse da quelle delle imprese175 (organizzazioni culturali, sociali, politiche,
religiose, assistenziali, ecc.) che hanno come interlocutori soggetti diversi dai clienticonsumatori (cittadini, elettori, ecc.) e come oggetti di scambio idee, progetti, servizi di ogni
tipo, in relazione ai quali vengono ricercati atteggiamenti e comportamenti di risposta anche
molto diversi dall’acquisto, quali, ad esempio, l’adesione, il consenso, la condivisione, il
sostegno ecc.
In definitiva i teorici del marketing management sostengono che:
- la filosofia gestionale espressa dal marketing dovrebbe essere adottata, nell’attuale
contesto ambientale, in modo generalizzato, in quanto costituisce una condizione base per
il successo competitivo;
- i modelli interpretativi e normativi del marketing possono essere applicabili per qualsiasi
tipo di scambio, a prescindere dall’oggetto di scambio (idee, beni e servizi) e dai soggetti
tra i quali lo scambio interviene (imprese, famiglie, organizzazioni senza fine di lucro).
172
Gli scambi considerati sono di natura volontaria: il marketing punta ad offrire al mercato-obiettivo benefici
sufficientemente attraenti da produrre uno scambio volontario [Kotler, 1975, p.15].
173
Il marketing ha lo scopo di contribuire a realizzare gli obiettivi dell’organizzazione, siano questi di profitto, siano questi di
pubblica utilità, cercando tuttavia di partire dai bisogni-desideri del mercato obiettivo e non dai punti di vista dell’offerta.
174
Kotler [1993, p.19].
175
“... le organizzazioni non a scopo di lucro non possono non essere coinvolte nel marketing, ne siano consapevoli o no.
Esse operano su vari mercati ed usano determinati principi operativi nel trattare con ciascun mercato. Tali principi operativi
costituiscono il loro marketing. La questione non è se le organizzazioni non economiche debbano o meno essere coinvolte nel
marketing, ma quanta attenzione debbano riservargli.” [Kotler, 1978, p.17].
107
Fabio Forlani
Questa impostazione non nega la necessità di adattamenti degli schemi operativi a seconda del
contesto, ma sostiene che essi sono articolazioni di un’unica teoria generale.
Sintetizzando al massimo tale impostazione universalista si può evidenziare che “Il
marketing è una scienza applicata che ha per oggetto la gestione efficace e efficiente
degli scambi.” [Kotler, 1978, p.17, grassetto nostro] e che “Il concetto di marketing è
costituito, in sostanza da due elementi. In primo luogo, è l’atteggiamento da parte di dirigenti
e impiegati per cui il lavoro viene visto come ricerca dei bisogni dei fruitori e del loro
soddisfacimento. ... L’altro aspetto del concetto di marketing è la conoscenza tecnica di come
le diverse variabili di marketing operino separatamente e congiuntamente nell’influenzare il
mercato.” 176 [Kotler, 1978, p.18].
Quando si applica il concetto di marketing ad organizzazioni non aziendali, come enti
pubblici territoriali, associazioni non profit ecc. è opportuno chiedersi, in prima battuta, chi
siano i clienti delle organizzazioni in oggetto. Kotler [1978, p.23] per rispondere a tale quesito
distingue fra mercati e pubblici di riferimento: “lo studioso di marketing ha una sua
particolare visione delle organizzazioni. Egli è interessato soprattutto ai rapporti fra
l’organizzazione e i suoi vari mercati e pubblici. E’ interessato a comprendere che cosa
l’organizzazione scambi con ciascun pubblico; cioè: che cosa ciascuna parte dà e riceve. E’
interessato alle motivazioni che stanno alla base delle transazioni e del soddisfacimento
ricevuto.”
Secondo Kotler “Un pubblico è un gruppo distinto di individui e/o di organizzazioni che ha
un interesse e/o un impatto reale o potenziale nei riguardi di un’organizzazione.”177 mentre
“un mercato è un gruppo distinto di individui e/o organizzazioni, i quali hanno risorse che
vogliono scambiare (o potrebbero eventualmente scambiare) con determinati benefici.”178
Per tale autore il rapporto esistente fra pubblici e mercato è il seguente: “se l’organizzazione
desidera ottenere risorse da un determinato pubblico offrendo in cambio una serie di benefici,
in tal caso l’organizzazione assume nei riguardi di quel pubblico un punto di vista
mercatistico. Una volta che l’organizzazione cominci a pensare in termini di valori di scambio
rispetto a quel pubblico, lo vede come un mercato. E’ quindi impegnata a ricercare il miglior
approccio di marketing possibile con quel pubblico”.
Il passaggio dalla focalizzazione esclusiva sui mercati (la domanda potenziale di riferimento)
all’attenzione a tutti i pubblici di riferimento dell’organizzazione porta Kotler ad introdurre il
concetto sociale di marketing: “Il concetto sociale di marketing consiste in un orientamento
alla clientela sostenuto da un marketing integrato179 volto a produrre il soddisfacimento del
176
“Il marketing consiste nell’analisi, pianificazione, realizzazione e controllo di programmi accuratamente formulati volti
all’effettuazione di scambi volontari con mercati-obiettivo allo scopo di realizzare le finalità dell’organizzazione. Esso mira
soprattutto ad adeguare l’offerta dell’organizzazione ai bisogni e ai desideri del mercato-obiettivo, e all’uso efficace delle
tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il
mercato.” [Kotler, 1978, p.15].
177
Secondo Kotler [1978, p.25] “L’organizzazione viene vista come una macchina trasformatrice di risorse, dove i pubblici
interni all’organizzazione prendono le risorse da determinati pubblici fornitori di fattori produttivi e li trasformano in
<<prodotti>> utili, che vengono portati da pubblici agenti a determinati pubblici fruitori. Il primo pubblico fornitore di fattori
di produzione a un’organizzazione è costituito dai suoi sostenitori, cioè da coloro che le forniscono le risorse (denaro, tempo,
incoraggiamento). Il secondo pubblico fornitore di fattori di produzione è costituito dai fornitori, cioè da coloro che vendono
beni e servizi. Il terzo pubblico fornitore di fattori di produzione è costituto da organismi regolatori, che <<immettono>>
norme di conduzione. Questi fattori produttivi vengono sottoposti a un processo di trasformazione da parte dei pubblici
interni all’organizzazione. I <<prodotti>> possono essere distribuiti ai pubblici fruitori tramite agenti oppure direttamente.
Infine, i pubblici fruitori sono formati da due gruppi principali. Il primo gruppo comprende i consumatori diretti del prodotto,
che chiamiamo pubblici fruitori diretti, mentre, il secondo gruppo, comprende i fruitori indiretti del prodotto (pubblici locali,
concorrenti, ecc.), che definiamo pubblici generici.”
178
[Kotler, 1978, p. 29]. Vds anche §2.1.
179
“Marketing integrato significa che tutti i settori aziendali devono riconoscere che le attività che svolgono, e non solo le
attività di chi si occupa delle vendite e del marketing, possono avere un profondo effetto sulla capacità che ha l’impresa di
108
Esperienze, Marketing e Territorio
cliente e il benessere di lungo periodo del consumatore come presupposto per riuscire a
soddisfare gli obiettivi dell’organizzazione.”180
Secondo la visione di Kotler [1978, p.54] il concetto di marketing per le organizzazioni non
profit sostiene che: “la missione dell’organizzazione moderna è di servire i suoi mercati. Essa
riceve la sua convalida dal mercato, vale a dire dai gruppi che serve e con cui è in contatto. Il
suo motto è: la produzione per il consumo, non il consumo per la produzione. Il concetto di
marketing è una <<concezione generale unitaria>> delle relazioni che l’organizzazione
deve avere con i suoi mercati e i suoi pubblici. Si tratta di un indirizzo essenzialmente antiburocratico, anti-orientamento al prodotto e anti-orientamento alle vendite. L’organizzazione
cerca di servire, serve e soddisfa i suoi mercati e i sui pubblici, e così facendo apporta il suo
contributo al crescente benessere della società.”
In modo più critico rispetto alla visione universalistica del marketing si sono espressi molti
autori italiani:
Collesei [2000, p.14] ritiene infatti che “Come sottolineano recentemente Kurzbard e
Soldow [1987, p.37] tali definizioni (A.M.A. 1985, Kotler 1986 e 1993, ndr) risultano
inadeguate a distinguere il marketing dall’economia, dalla psicologia o dalla sociologia.
Infatti, tutti i comportamenti umani possono tradursi in scambi e perciò dare origine a
transazioni, ovvero scambi di valori tra due parti indipendenti. Ancora, generalizzando si
può affermare che ogni attività umana è rivolta a soddisfare bisogni e desideri. Si deve
quindi specificare che gli scambi e le transazioni riguardano solamente le attività di
consumo. Rientrano perciò nel marketing solo quelle attività intenzionalmente effettuate
al fine di ottenere una desiderata risposta e connesse alla vendita di beni o servizi.
Pertanto il marketing, in quanto dà origine a scambi economici, va distinto da altri scambi
di natura sociale in cui le parti si trasmettono valori etici o comunque economicamente
non rilevanti. Concludendo, per marketing s’intende un insieme di attività economiche
realizzate allo scopo di soddisfare esigenze di consumo attraverso la vendita di beni e
servizi.” e inoltre “ [...] Si è parlato di attività intenzionalmente volta ad ottenere un
comportamento dei consumatori finalizzato ad una transazione economica, che
perciò avviene nel mercato.
Nelle situazioni ipotizzate (istituzioni non profit, nda) mancano i due riferimenti essenziali
per ogni attività di marketing:
1. l’offerente non è un impresa e gli obbiettivi sono completamente diversi;
2. l’offerta non si presenta sul mercato.
Spesso, in queste circostanze si assiste ad uno scontro tra criteri economici e fini sociali;
in altre occasioni manca la presenza della concorrenza; infine, è difficilmente valutabile
uno dei due termini della transazione, ovvero che cosa l’ente pubblico, le istituzioni
ricevono direttamente in cambio dal cittadino. [...] Elevato è (invece, nda) il contributo
indiretto che alcune leve di marketing, come l’esame dei bisogni o gli strumenti di
comunicazione, possono fornire al raggiungimento degli obiettivi sociali, rendendo più
efficace la destinazione di risorse scarse. Rientrano così nei potenziali utilizzatori di alcuni
concetti e soprattutto degli strumenti di marketing gli enti pubblici, sempre più alle prese
con una domanda crescente e mutevole di bisogni collettivi da soddisfare.”181
crearsi, mantenersi e soddisfare clienti.” [Kotler, 1978, p.52]; “Il marketing interno è il complesso di attività volto a
comunicare con tutto il personale, formarlo e motivarlo affinché serva il cliente in modo efficace” [Kotler, 1993, p.33]
180
[Kotler, 1978, p.53]; stesso autore [1993, p.43] ripropone lo stesso concetto, con riferimento alle aziende, nel seguente
modo: “Il concetto di marketing sociale afferma che il compito di un’impresa è quello di determinare i bisogni, i desideri e gli
interessi dei mercati obiettivo e di procedere al loro soddisfacimento più efficacemente dei concorrenti, secondo modalità che
preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della società.”
181
Collesei [2000, p.25, grassetto nostro]
109
Fabio Forlani
Guatri, Vicari e Fiocca [1999, p.18-19] sostengono che “Invero, l’applicazione del
marketing a qualsivoglia situazione suscita non poche perplessità, non tanto per la grande
differenza esistente tra prodotti oggetto dell’attività di marketing nell’impresa e i servizi
di un’istituzione a carattere sociale, quanto soprattutto perché nel marketing non business
può mancare sostanzialmente il riferimento essenziale di ogni attività di marketing:
l’offerta non si presenta su di un mercato. Non è sufficiente che vi siano due o più parti
coinvolte in una qualunque attività perché possa identificarsi uno scambio e ancor meno
un mercato: non basta, per esempio, che i cittadini chiedano alla polizia una protezione
efficace e che la polizia riceva mezzi finanziari, per indicare la presenza di uno scambio di
mercato.
Il marketing può invece essere pienamente utilizzato laddove vi sia un mercato,
intendendo con questo termine due elementi fondamentali che ne caratterizzano
l’operare: in primo luogo una domanda e un’offerta che vogliano realizzare uno
scambio; in secondo luogo una pluralità di soggetti in grado di competere, anche solo
virtualmente, per la realizzazione di detto scambio.
Senza riferimento al mercato non si può parlare di attività di marketing in senso stretto. Si
può, tuttavia, parlare di applicazione di alcuni strumenti caratteristici del marketing ad
altri campi dell’attività umana. Ma anche in tal caso con la necessaria cautela, in quanto
non esiste l’obbiettivo di stimolare una “domanda”; non è possibile identificare un prezzo,
inteso come corrispettivo monetario dello scambio; spesso è difficoltoso identificare
un’offerta con connotati precisi; non ha senso la nozione di “cliente” e così via. Gli
strumenti che, invece, più si prestano a essere utilizzati anche da istituzioni sociali non
operanti in un mercato sono quelli che si qualificano come modi o forme di
convincimento del pubblico, come la pubblicità o la propaganda”;
Cozzi e Ferrero [2000, p.13] “Esula dagli obiettivi di nostro testo valutare i <<pro>> e i
<<contro>> di un estensione dei principi e dei metodi del marketing management ai
problemi di scambio diversi da quelli che hanno come soggetti di offerta le imprese, come
soggetti di domanda individui, le famiglie o altre imprese, come oggetto di scambio i beni
o i servizi il cui valore economico si definisce in termini di contropartite monetarie
necessarie per acquisirli nell’ambito di forme di mercato definibili in termini
microeconomici.
Ci sembra comunque utile sottolineare che, a nostro avviso, un’indiscriminata estensione
a tutti i campi dell’agire umano dei principi e dei metodi del marketing management
incontra non poche controindicazioni sia sotto il profilo tecnico (...) sia sotto il profilo
etico (...). Se questi scambi vengono inclusi nell’oggetto di studio del marketing è, quindi
necessario che vengano analizzati mediante metodologie appropriate, fondate su
paradigmi differenti da quello dominante nel marketing management.”
Concordando con gli autori sopra citati, anche a nostro avviso, prima di avventurarsi in
un’applicazione indiscriminata del marketing concept, a qualsivoglia organizzazione e a
qualsivoglia tipologia di scambio, occorre avere ben presente quali sono i limiti concettuali
sottesi al modello.
4.4
Il concetto di mercato nella prospettiva sistemica
Come si è evidenziato attraverso il tentativo di valutare i limiti di applicazione del marketing,
per analizzare i rapporti dei sistemi (imprese, sistemi di offerta, sistemi territoriali, ecc.) con il
sovra-sistema mercato occorre innanzitutto chiarire il significato del termine mercato.
110
Esperienze, Marketing e Territorio
Analizzando, infatti, il contributo di differenti discipline, ma anche all’interno di medesime
discipline (ad esempio il marketing) sembrano emergere significati, a volte, contrastanti fra
loro.
Il concetto di mercato:
Per la lingua italiana di uso corrente “Mercato s.m. 1. L’attributo definito dallo
svolgimento e dalla portata dei rapporti tra operatori economici: mercato finanziario,
monetario, immobiliare; mercato dei fiori, del bestiame (…) 2. Il luogo, per lo più
all’aperto, in cui avvengono le contrattazioni: oggi c’è grade affluenza al mercato”
[Devoto e Oli, 1987];
Per il marketing concept182 (o marketing management) [Kotler, 1993]: “Un mercato
consiste di tutti i potenziali acquirenti che, condividendo un particolare bisogno o
desiderio, potrebbero essere interessati e in grado di impegnarsi in uno scambio, al
fine di dare soddisfazione al bisogno o desiderio predetti. La dimensione del mercato
dipende dal numero delle persone che manifestano un bisogno, che hanno risorse di
interesse per altri e che infine sono disposte a offrire queste risorse un cambio di ciò di
cui hanno bisogno.”183;
Per la microeconomia: “La nozione quotidiana di mercato è quella del luogo fisico
dove avvengono gli acquisti e le vendite di determinati prodotti (per esempio: il
mercato del bestiame, il mercato ortofruttifero, i grandi magazzini ecc.). Il concetto di
mercato nella scienza economica è un po’ diverso: c’è un mercato ovunque avvengano
transazioni di scambio tra merci (o tra merci e moneta); non c’è bisogno di un luogo
fisico. Insomma, la porola mercato indica un sistema di organizzazione degli scambi”
[Rodano, 1992, p.22];
Per la macroeconomia: “Mercato, come oramai dovrebbe essere chiaro, indica
esclusivamente il luogo fisico o virtuale in cui si svolgono gli scambi,
indipendentemente dalle finalità che muovono i soggetti che vi operano, dalle regole
che sovrintendono al regime di scambi e dalla natura giuridica, pubblica o privata, dei
soggetti.” [Berti, 2002, p.43];
Per l’antitrust (autorità garante della concorrenza, www.agcm.it ): nel valutare
l’effettiva competitività dei mercati l’antitrust utilizza la definizione di “mercato
rilevante” che incrocia la dimensione geografica e la dimensione del prodotto. In
questo modo perviene a ritenere concorrenziali quei mercati definiti dal punto di vista
geografico in cui vi è una significativa sostituibilità fra i prodotti offerti e domandati.
Come si può evidenziare dalla definizione di Kotler, il marketing fa coincidere il mercato con
la domanda potenziale, tralasciando quindi la dimensione geografica (concetto di luogo) e la
necessità di interazioni nel luogo fra diversi attori.
Scopo del paragrafo è, allora, quello di indicare la necessità di re-introdurre all’interno del
concetto di mercato utilizzato nella terminologia di marketing: l’interazione domandaofferta e il riferimento allo spazio-luogo in cui avviene lo scambio.
In merito all’importanza dell’interazione fra imprese e consumatori come condizione
necessaria all’esistenza del mercato, riteniamo importante presentare alcuni stralci dell’ultimo
lavoro di Gerald Zaltman184 che disegna “un consumatore molto diverso da quello che molti
182
Cfr §4.2.
In questa sua accezione Kotler definisce mercato un insieme di acquirenti e settore un insieme di venditori.
184
Zaltman [2003, p.XXVII, grassetto nostro]. Tale autore dichiara che le suo idee nascono da settori molto diversi dal
marketing ed in particolare fa riferimento alla psicologia e alle neuroscienze cognitive. Riteniamo quindi che il lavoro di
questo studioso abbia molti punti di collegamento con l’impostazione di ricerca del presente studio. In particolare
evidenziamo la compatibilità con la base epistemologica di Varela e con la sua neurofenomenologia [cfr §1.6].
183
111
Fabio Forlani
manager potrebbero immaginare. Per sottolineare la differenza, il libro sviluppa una serie di
temi centrali:
1. la maggior parte dei ragionamenti e dei sentimenti che influenzano il comportamento
di consumatori e manager avviene a livello inconscio;
2. un’analisi efficace del pensiero del consumatore e del suo comportamento richiede una
comprensione del funzionamento dell’attività mentale;
3. i consumatori non vivono le loro vite all’interno di quei recinti in cui le università e
aziende si rinchiudono;
4. la mente come la intendiamo noi non esiste senza il cervello, il corpo e la società;
5. la mente del manager (sia nei suoi elementi inconsci che in quelli consci) e la mente
del consumatore (sia nei suoi elementi inconsci che in quelli consci) interagiscono,
formando la “mente del mercato”.”
Lo studio di Zaltman offre notevoli di spunti per il ricercatore di marketing. Fra questi sembra
opportuno sottolineare il concetto di “mente del mercato” che verrà approfondito nelle righe
che seguono.
Come abbiamo visto in precedenza [§1.5] per l’emergere della mente non è necessario un
cervello, ma essa può emergere nei sistemi sociali attraverso le connessioni sistemiche dei
suoi elementi. La mente non è quindi una cosa, ma un processo che nasce dalla connessione
reticolare autopoietica dei sub-sistemi che la compongono.
Il trasferimento di questi concetti all’osservazione del mercato e del comportamento del
consumatore consente a Zaltman di superare quei luoghi comuni che lui ritiene essere tipici
errori degli studiosi di marketing [2003, p.7-15]:
• I consumatori pensano in modo razionale o lineare;
• I consumatori sanno cosa pensano e come agiscono e sono in grado di spiegarlo;
• Le menti, i cervelli, i corpi dei consumatori, e la cultura e la società circostanti
possono essere studiati adeguatamente in modo separato;
• I ricordi dei consumatori sono una rappresentazione adeguata delle loro esperienze;
• I consumatori pensano in modo verbale;
• I consumatori possono essere “imbottiti” dai messaggi di un’azienda e interpreteranno
questi messaggi come gli esperti di marketing vogliono.
Infatti, egli, afferma che il “nuovo paradigma ristabilisce le connessioni fra cervello, corpo,
mente e il mondo sociale, che il vecchio paradigma aveva arbitrariamente staccato. Questi
quattro componenti sono connessi in un unico sistema compatto e dinamico e si influenzano
reciprocamente. [...] L’alleanza fra cervello, corpo, mente e società dà luogo a scambi
continui ed è basata sulla codipendenza. Ogni elemento non potrebbe esistere senza gli altri ”
[2003, p.30].
Fig. 4.3 Il nuovo paradigma dell’integrazione mente-cervello-corpo-società
112
Esperienze, Marketing e Territorio
Cervello
Società
Mente
Corpo
Tratto da: Zaltman G. [2003, p.31]
Possiamo osservare una straordinaria somiglianza fra questa figura e la figura proposta da
Capra [2002] e già riportata in questo testo [fig.2.3]185. Possiamo ricordare infatti che il Corpo
rappresenta la materialità della società (Materia), il Cervello è fondamentalmente una rete
(Schema di organizzazione), la Mente è un fenomeno emergente186 (Processo) e che in la
Società emerge grazie alla proprietà umana dell’autocoscienza (Significato).
Partendo dalla concezione di società illustrata in fig. 4.3, Zaltman colloca il marketing al
centro di queste interazioni, poiché ad esso spetta di comprendere i comportamenti dei
consumatori utilizzando tutte e quattro le dimensioni indicate. Partendo dalla rete di
connessione cervello-corpo-mente-società Zaltman introduce il concetto di “mente del
mercato”. La mente del mercato, come ogni fenomeno emergente, non esiste fuori dal suo
contesto ed emerge dall’interazione fra consumatori e venditori. Egli afferma che:
• Cultura e biologia procedono congiuntamente;
• La mente del mercato emerge dall’interazione tra le menti consce e inconsce dei
manager e dei consumatori.
In altre parole su di un mercato, la cui definizione, a nostro avviso richiede anche
l’esplicitazione della dimensione del luogo, acquirenti (consumatori) e venditori (sistema
impresa) si influenzano reciprocamente sia a livello conscio che a livello inconscio, dando
vita alla mente di quel particolare mercato formato da loro.
Questa prospettiva di ricerca, coerente con l’approccio sistemico dei sistemi complessi
dinamici (viventi), come mostra Zaltman, permette di fare importanti scoperte sulla natura
della comunicazione, del pensiero, delle emozioni e dei ricordi degli esseri umani187. Tale
lavoro, conferma sostanzialmente quanto affermato dalla teoria di Santiago della Cognizione
[cfr §1.5 e §2.5].
185
A nostro avviso quanto illustrato da Zaltman è una ulteriore conferma della modalità di emersione dei fenomeni sociali
proposta da Capra.
186
Beaucoup de chercheurs en sont venus à considérer qu’on pouvant pas comprendre la cognition si on l’abstrayait del
l’organisme inséré dans une situation particulière avec une configuration particulière, c’est-à-dire dans conditions
écologiquement situées. On parle de situated cognition, en anglais, ou embodies cognition, cognition incarnée, ou encore
d’enaction un néologisme que j’ai introduit il y une dizaine d’années. Le cerveaux existe dans un corps, le corps existe dans
le monde, et l’organisme agit, bouge, chasse, se reproduit, reve, imagine. Et c’est del cette activité permanente qui émerge le
sens de son monde et les choses. » Varela [1998].
187
Vds Zaltman G. [2003, p.35-46].
113
Fabio Forlani
Una delle principali conseguenze della constatazione che la maggior parte dei processi
cognitivi avviene nell’area dell’inconscio188, è che per un impresa è più proficuo studiare la
“mente del mercato” in cui il consumatore si colloca piuttosto che la mente del singolo
consumatore decontestualizzato.
Studiare la mente del mercato non è un’attività semplice, Zaltman suggerisce dei metodi
sperimentali per avvicinarsi a tale processo di ricerca. Tale attività, però, non rientra nei scopi
di questo lavoro. In questa sede si vuole evidenziare la necessità di ridefinire il concetto di
mercato attualmente in uso nel marketing, per poter osservare il rapporto esistente fra impresa
e sovra-sistema mercato.
Il mercato verrà quindi inteso come un sistema che emerge in un luogo189 (fisico o virtuale)190
attraverso l’interazione e lo scambio di prodotti fra domanda e offerta (persone e imprese) in
un contesto definito da vincoli e regole191. Coerentemente con la prospettiva sistemica
adottata, si evidenzia che i confini geografici del sovra-sistema mercato sono variabili e
dipendono dal soggetto osservante e dagli scopi di tale osservazione192.
4.5
Il marketing concept nella prospettiva sistemica
Partendo dall’osservazione dei limiti che presenta l’applicazione del marketing concept al
mondo dei servizi turistici [Pencarelli, 2001; Gronroos, 2002; Gummesson, 1999],
188
Illustri studiosi [Zaltman G., 2003, p.52] sostengono che il rapporto fra processi cognitivi consci e inconsci è di 95 a 5.
Almeno il 95% di tutti i processi cognitivi avviene al di sotto della soglia di consapevolezza.
189
“Ho cercato di mostrare come la presa in considerazione del dato territoriale non sia un’alzata d’ingegno di qualche
economista scontento, ma sia il risultato oggettivo (condiviso, ndr) di una molteplicità di sforzi conoscitivi maturati in campi
disciplinari distinti (filosofia, economia, sociologia, psicologia sociale, antropologia, storia, geografia), ma obbiettivamente
convergenti nell’offrirci una chiave di lettura dei fatti sociali diversa da quella suggerita dall’analisi economica dominante.”
Beccattini [2004].
190
“Mercato, come oramai dovrebbe essere chiaro, indica esclusivamente il luogo fisico o virtuale in cui si svolgono gli
scambi, indipendentemente dalle finalità che muovono i soggetti che vi operano, dalle regole che sovrintendono al regime di
scambi e dalla natura giuridica, pubblica o privata, dei soggetti. Così, vi può essere un mercato in cui intervengono operatori
che si sono organizzati, sotto forma di imprese commerciali o industriali, per offrire beni dalla cui vendita si aspettano la
realizzazione di un’eccedenza più o meno elevata (profitto) rispetto alle spese che hanno sostenuto, sulla base di prezzi che si
formano in seguito al gioco della domanda e dell’offerta in condizioni di sostanziale parità tra i diversi soggetti
(concorrenza). Ma può essere anche che sul mercato si presentino soggetti che intendono scambiare beni, attraverso
l’intermediazione della moneta, solo al fine di migliorare la varietà e l’utilità dei loro consumi, e può anche essere, come è
noto, che i prezzi non siano determinati da quel meccanismo di libera contrattazione che chiamiamo concorrenza, ma fissati
da un’autorità pubblica (prezzi amministrati) o da un soggetto privato che gode di sufficiente potere per farlo senza dover
subire ritorsioni” [Berti, 2002, p.43]
191
Secondo l’economista Paolo Sylos Labini [2002, p.13] “Non è affatto vero che il mercato sia un fenomeno naturale: è il
prodotto di un evoluzione secolare, che ha subito profondi cambiamenti nel corso del tempo. Prima di apparire come un
fenomeno economico, il mercato si presenta come una struttura legale. La verità è che il mercato non è uno spazio vuoto e la
politica del lasciar fare, presa alla lettera, non ha senso: è la legge che crea gli argini tra i quali scorre l’acqua dell’economia;
senza quegli argini l’acqua diventa palude o dà luogo a inondazioni. Le leggi possono essere ben fatte o mal fatte; possono
fissare regole automatiche o lasciare alla burocrazia un pericoloso margine discrezionale; possono essere semplici e razionali
o terribilmente complicate e soffocanti. Ma le leggi sono necessarie.”
Secondo l’economista Berti [2002, p.42] “Che il mercato, lungi dall’essere il frutto spontaneo dell’agire di una pluralità di
soggetti economici inconsapevoli, come hanno a lungo cercato di credere e far credere taluni liberisti estremisti, anche
autorevoli, sia il risultato dell’interazione di una moltitudine di scelte individuali in un quadro di regole e di consuetudini, è
un’acquisizione che da tempo fa parte del patrimonio della scienza economica intesa nella sua totalità.”
192
Come vedremo in seguito,c’è anche un interessante e promettente approccio di marketing che si colloca in questa
prospettiva territoriale. il geomarketing. Secondo Mauri [2000, p.211] “L’aggiunta del prefisso <<geo>> al consueto termine
marketing fa intendere che si tratta di un approccio volto a valorizzare la dimensione geografica del processo commerciale
nelle varie attività (analitiche decisionali e operative) di cui esso si compone. Tutte le imprese, di qualsivoglia settore e
dimensione, gestiscono processi commerciali su specifiche aree geografiche, microscopiche o multinazionali, e anche gran
parte delle avventure della New Economy utilizza il territorio per portare a pieno compimento i processi di scambio. Il
geomarketing potrebbe quindi sembrare un’espressione nuova per indicare una prassi consolidata. […] Assai meno ovvio è
guardare dove esattamente sono localizzati i clienti, scoprire dove sono localizzati i non-clienti, mappare le sedi dei
concorrenti sul territorio, identificare percorsi di vendita ottimali, addirittura correlare la produttività dei venditori alle
distanze chilometriche che devono percorrere per visitare i clienti.”
114
Esperienze, Marketing e Territorio
dell’esistenza di schemi concettuali alternativi come il marketing relazionale delle scuole
nordiche [Ferrero, 1992, Gummesson, 1999a], nel corso dei nostri studi volti all’applicazione
del concetto di marketing alla gestione dei sistemi turistici [Pencarelli e Forlani, 2002] e dei
sistemi territoriali [Pencarelli e Forlani, 2003; cfr cap.7] si è pertanto riflettuto sul rapporto
esistente fra orientamento al consumatore e orientamento al mercato e sulla compatibilità di
tale logiche con l’approccio sistemico.
Partendo dagli assunti ontologici ed epistemologici dell’approccio sistemico, e dal concetto di
mercato assunto a riferimento di questo studio [cfr § 4.4] si può, quindi, notare che:
gli studi dei diversi autori risultano, sovente, incommensurabili [cfr §1.1], in quanto
osservano i fenomeni partendo da due diverse visioni del mondo. Il maketing concept si
inserisce, infatti, in quel filone della scienza, da noi definito post-positivista193, mentre i
sostenitori della scuola svedese di marketing relazionale [Ferrero, 1992] sembrano
preferire approcci di tipo costruttivista194;
le diverse scuole assumono a riferimento diversi modelli di rapporti di scambio [Ferrero,
1992, p.30-31]. Il marketing concept [Kotler, 1996] assume a riferimento una struttura
atomistica del mercato di sbocco, con molti acquirenti anonimi che possono facilmente
essere sostituiti uno all’altro, in quanto presentano aspettative simili o almeno
aggregabili per segmenti omogenei (focus sulle transazioni). I sostenitori del marketing
relazionale sostengono, invece, che la struttura dei mercati è una struttura a network, che
i mercati sono realtà sociali formati da soggetti che intrattengono continue e
diversificate relazioni biderezionali e multidirezionali e che, quindi, le transazioni non
possono essere trattate come eventi isolate [Hakansson e Snehota, 1989; Groonros, 1994
e 2002; Gummesson, 1999a];
la definizione di mercato, sovente, non viene esplicitata in modo chiaro,
sovrapponendosi, e creando un così confusione, sia con il concetto di clienti obbiettivo o
clienti potenziali (es. la visione troppo limitata assunta da Kotler) sia con l’ambiente
inteso in senso lato e quindi con la società.
Questi differenti assunti epistemologici e metodologici (chi osserva che cosa e come), portano
conseguentemente all’utilizzo di matrici concettuali differenti, che inevitabilmente portano ad
attribuire al marketing compiti e funzioni differenti [Cozzi e Ferrero, 2004]. Non è il compito
di questo lavoro fare un’analisi puntuale delle diverse matrici concettuali, il contributo che si
può dare, in questa sede, è quello di valutare la coerenza o meno di queste impostazioni con
l’approccio sistemico (vivente e vitale) assunto a base del presente lavoro.
Premettendo che dal punto di vista ontologico ed epistemologico l’approccio sistemico qui
adottato sembra incompatibile sia con il marketing concept che con il marketing relazionale,
se tali impostazioni vengono intese nella loro globalità195. Si possono, comunque, fare dei
distinguo che sembrano indicare interessanti percorsi di ricerca. Infatti, sulla falsa riga di
quanto sostenuto da Arndt [1983]196, riteniamo possibile ed utile pensare ai seguenti raffronti:
sotto il profilo positivo (di analisi) fra l’approccio sistemico al governo dell’impresa e il
marketing relazionale; sotto il profilo normativo fra l’approccio sistemico al governo
dell’impresa e il marketing management.
193
Ferrero [1992, p.22] parla di empirismo logico.
Ferrero [1992, p.23] le definisce relativistiche-costruzionistiche.
195
Tale affermazione è da ritenersi più un ipotesi di lavoro che una conclusione, in quanto per giungere ad una conoscenza
più completa delle differenti matrici disciplinarie presenti negli studi di economia e gestione delle imprese si ritengono
indispensabili ulteriori e più approfonditi studi.
196
Arndt, citato in Ferrero [1992, p.52], in un primo momento aveva sostenuto la complementarietà fra i due approcci, in
quanto egli riteneva che il paradigma microeconomico risultava appropriato per gli scopi normativi per i quali era stato
pensato, mentre quello politico-economico (assimilabile all’approccio relazionale) presentava caratteristiche di maggior
efficacia per l’elaborazione di una teoria di marketing con finalità prevalentemente interpretative.
194
115
Fabio Forlani
Il profilo positivo, concerne l’analisi della società e conseguentemente l’analisi del mercato.
Su tali aspetti vi è sufficiente consonanza fra approccio sistemico e marketing relazionale, in
quanto vi è una sostanziale comunione di pensiero nel descrivere le dinamiche
socioeconomiche come dinamiche non-lineari che producono schemi di organizzazione a
rete197. In tale ottica si ritiene di poter far proprie molte delle critiche metodologiche198 che, in
fase d’analisi dei comportamenti degli attori del mercato, vengono fatte all’impostazione di
marketing management (in quanto esponente di un approccio riduzionista non condivisibile).
Si ritiene inoltre di poter scorgere importanti punti di connessione fra le teorie delle reti che
stanno emergendo nello studio dei sistemi complessi [vds §2.7] e le teorie delle reti
consolidate negli studi di economia e gestione delle imprese.199
Le distanze emergono, però, quando la ricerca passa dalla funzione prettamente descrittiva a
quella interpretativa e conseguentemente normativa. Lo studio dei sistemi complessi dinamici
assume che dietro l’apparente complessità dei fenomeni esistano degli schemi di
organizzazione comuni e che sia compito della scienza scoprirli [vds cap.1]. In tal modo si
sostiene che sia possibile interpretare la realtà osservata in base a tali schemi e sia, quindi,
possibile normare in termini di schemi organizzati. Questi schemi non descrivono e non
prevedono il comportamento del sistema, ma ne determinano le condizioni di esistenza e di
funzionamento.
In base alle considerazioni fatte sembra di poter affermare che le classiche attività di
marketing, analisi dell’ambiente (marketing information), elaborazione della strategia
(marketing strategico) e realizzazione della strategia (marketing operativo) possano essere
suddivise in due attività200: un’attività analitica e un’attività creativa. La prima attività (capire
come funzionano le cose) può essere valutata con i criteri della scienza e va quindi a confluire
nelle scienze della vita [cfr cap.1 e 2] assieme alla neuroscienza, alla psicologia, all’economia,
alla sociologia, all’antropologia ecc.. La seconda attività (creare le cose per un fine) è
un’attività tipicamente artistica e tecnica e va valutata in quanto tale. A nostro avviso in
quanto insieme di tecniche di gestione il marketing management assume allora una sua
identità propria e specifica. In quanto insieme di tecniche, come tutte le tecniche volte a
ridurre la complessità, esse possono essere applicate con più o meno successo a seconda del
contesto.
197
“I rapporti fra l’impresa, gli acquirenti ed i concorrenti non sono, nell’interpretazione della scuola svedese, regolati
esclusivamente dal mercato, seppure nelle sue forme oligopolistiche, ma dipendono anche da relazioni cooperative
tendenzialmente stabili, che possono assumere modalità ed intensità variabili, determinando la specializzazione e
l’integrazione fra le attività svolte dai vari attori e consentendo la valorizzazione delle risorse da loro possedute. In questo
quadro il marketing relazionale fa in larga parte dipendere il successo di un’impresa dalle sue capacità di progettazione
organizzativa, di creazione di network interni ed esterni che consentono la mobilitazione e la valorizzazione sinergiche di
risorse disponibili in centri diversi, dalla definizione degli ambiti di autonomia e delle modalità di coordinamento delle unità
e delle posizioni organizzative che collaborano interattivamente ai processi di trasformazione e trasferimento delle risorse. Le
scelte di funzionamento vengono, quindi, ad assumere importanza preminente sulle scelte di comportamento, la struttura
vincola ed orienta le scelte strategiche.” Ferrero [1992, p.185-186]. Cfr anche Gummesson [1999a e 1999b] e Ballantyne
[1999].
198
Come ad esempio l’inefficacia delle tecniche quantitative che prevedono l’utilizzo di tecniche statistiche.
199
Gli studi sistemici ritengono che nell’analisi del contesto ambientale le relazione e la loro composizione in un network sia
solo una parte dello studio volto ad individuare all’esterno dell’impresa le entità sistemiche [Golineli, 2000; Barile e Pastore,
2002] (ricordiamo che il sistema è più del suo schema reticolare, vds cap.2 e 3). Resta comunque il fatto che è possibile, in
fase di analisi, stabilire i punti di consonanza.
200
Per Guatri, Vicari e Fiocca [1999, p.21] il processo di marketing va scomposto in due fasi strettamente interrelate: “una
fase analitica, di interpretazione dell’ambiente rilevante per l’impresa, e una fase operativa, quest’ultima nota anche come
marketing management.” Per Collesei [2000, p 36] “i due momenti in cui si è soliti distinguere l’attività di marketing, quello
conoscitivo e quello operativo, o di intervento sul consumatore, non vanno visti come due successioni distinte, ma come due
momenti strettamente interrelati. La prima fase, conoscenza, non può tenere conto della seconda, cioè delle possibilità che si
verificano nella realizzazione. Il primo momento in cui dal punto di vista metodologico si articola la funzione di marketing si
propone di fornire dati e informazioni indispensabili per prendere decisioni commerciali; il secondo momento esamina i
comportamenti dell’azienda riguardo alla programmazione, alla realizzazione e al controllo delle attività di scambio.”
116
Esperienze, Marketing e Territorio
Con riferimento alle argomentazioni prodotte in questo capitolo e alle ricerche da noi
effettuate [Pencarelli e Forlani, 2003; Pencarelli e Forlani, 2005], possono essere fatte alcune
riflessioni sull’attività creativa di marketing. Il termine marketing deriva dalla voce del verbo
inglese to market: to go to a market to buy or sell (andare a un mercato a comprare o a
vendere), per cui si ritiene non appropiato tradurlo in modo semplicistico come “scambio”
[Kotler, 1993] e quindi definire marketing management “gestione dello scambio”. A nostro
avviso, sembra più corretto interpretare il marketing come una serie di attività (processo)
volte a favorire o a gestire uno scambio di mercato201. Dove per mercato si intende [vds
§4.4]: un sistema che emerge in un luogo (fisico o virtuale) attraverso le interazioni e lo
scambio di prodotti fra sistemi che domandano e sistemi che offrono (persone e
organizzazioni) in un contesto definito da vincoli e regole.
L’attività d’interazione fra sistemi è, a nostro avviso, un attività tipicamente di marketing in
presenza dei seguenti elementi:
1) un luogo (fisico o virtuale);
2) una domanda e un’offerta che vogliano realizzare uno scambio;
3) uno o più prodotti da scambiare;
4) una pluralità di soggetti in grado di competere, anche solo virtualmente, per la
realizzazione di detto scambio;
5) un insieme di regole e vincoli che regolano lo scambio.
Senza riferimento al mercato non si può parlare di attività di marketing in senso stretto. Si
può, tuttavia, parlare di applicazione di alcuni strumenti caratteristici del marketing ad altri
campi dell’attività umana. Ma tale operazione è da effettuare con la necessaria cautela, in
quanto non è detto, a nostro avviso, che le tecniche di marketing portino ad uno scambio più
favorevole rispetto all’utilizzo di altre tecniche d’interazione (es. la politica oppure il
mecenatismo).
Un ultima riflessione in fine va fatta sul rapporto esistente fra la filosofia di marketing e gli
assunti dei sistemi viventi. La prima filosofia del marketing concept che postulava la
soddisfazione del consumatore come fine aziendale è sostanzialmente inaccettabile dal punto
dei sistemi complessi dinamici. Un sistema vivente si autorganizza e si autodetermina, le sue
finalità e le sue scelte strategiche non possono, quindi, essere determinate dall’esterno.
Ricordiamo, infatti, che un sistema vivente è dotato di chiusura operazionale (filtro e/o
confine) capace di selezionare le informazioni esterne e che tale capacità gli consente di
apprendere ed evolvere. Appare invece accettabile la prospettiva che vede come compito di
marketing la ricerca della consonanza ed eventualmente della risonanza con il mercato, inteso
in senso lato come sovra-sistema territoriale composto da sub-sistemi fortemente
interconnessi da relazioni e interazioni (consumatori, concorrenti, fornitori, enti pubblici, ecc).
Risulta chiara, quindi, l’importanza che ricoprono le funzioni di confine e tra queste il
marketing nel gestire le informazioni in entrata (ridurre la complessità bloccando il rumore e
facendo filtrare le informazioni) e in uscita.
Nel proseguo del lavoro ci si riferirà al marketing concept come orientamento alla
soddisfazione del mercato (impostazione olistica di Kotler o relazionale totale di Gummesson)
nella convinzione che “pur senza negare che il grado di soddisfazione del cliente sia un
fondamentale parametro di valutazione dell’efficacia dell’attività aziendale nelle imprese
market oriented, non si può perdere di vista che la finalità dell’impresa, in quanto istituzione
economica (sistema di natura economica, ndr) che compie degli investimenti a rischio
sottoponendoli al vaglio selettivo del mercato, è comunque quello di realizzare un valore di
201
Non riteniamo sia rilevante che vi sia una transazione economica, lo scambio può essere anche di altra natura. Riteniamo
però rilevante che vi siano regole che creino la condizione di concorrenzialità. In assenza di concorrenza a nostro avviso non
si ritiene di poter parlare di marketing.
117
Fabio Forlani
scambio dei propri output superiore al costo degli input impiegati, appropriandosi, nella
misura più elevata possibile, della differenza fra i due valori.” [Cozzi e Ferrero, 2004, p.8].
Anche nella sua prospettiva allargata il marketing concept non può, quindi, essere la filosofia
dominate del sistema (poiché lo porterebbe ad essere guidato dall’esterno). Riteniamo altresì
che la prospettiva di marketing sia da ritenersi una parte essenziale di un processo strategico
che deve emergere dall’interazione sistemica delle diverse prospettive d’osservazione presenti
all’interno del sistema-impresa202.
4.6
Lo schema e il processo di marketing assunto a riferimento
Il processo decisionale203 dell’impresa orientata al marketing sono caratterizzati da quattro
elementi fondamentali di seguito specificati:
1.
Essi partono dall’individuazione e dall’esame dei bisogni dei consumatori e
dell’ambiente-mercato, di cui tendono a valutare le opportunità e le minacce in
relazione alle competenze distintive ed alle potenzialità dell’impresa (ambiente
interno n.d.r).
2.
Essi implicano la scelta contestuale, coerentemente con i risultati di tale valutazione:
Dei segmenti di mercato a cui rivolgere l’offerta;
Dei benefici da offrire agli utilizzatori attraverso l’offerta degli out-put produttivi
dell’impresa;
Dei vantaggi competitivi difendibili su cui basare il proprio rapporto con i
concorrenti;
3.
Essi tendono ad organizzare, coerentemente con tali scelte, le risorse e le capacità
disponibili nell’impresa, programmando e gestendo un insieme integrato e sinergico di
processi di attività attraverso i quali vengono ideati, realizzati, valorizzati e
commercializzati gli out-put produttivi dell’impresa, in modo da offrire ai segmenti di
mercato prescelti prodotti, il cui valore, così com’è percepito dagli utilizzatori, al netto
del sacrificio (monetario e psicologico) necessario per acquisirli, sia superiore a quello
dei prodotti concorrenti.
4.
Essi tendono, infine, a controllare costantemente l’efficacia dell’attività dell’impresa
in funzione del grado di soddisfazione dei suoi clienti e dei risultati economici
conseguiti.
La realizzazione di un orientamento al mercato presuppone, però, non solo un impegno ed una
tensione continua dell’impresa verso la conoscenza del mercato, la soddisfazione dei
consumatori, l’acquisizione di vantaggi competitivi nei confronti dei concorrenti, ma anche
una azione permanente rivolta alla ricerca dell’iniziativa, della collaborazione di tutti gli
operatori aziendali in funzione di tali finalità. Le azioni di marketing rivolte verso l’esterno
devono, quindi, essere integrate da programmi di sensibilizzazione interna (consonanza
sovrasistemica e risonanza sub sistemica).
Come evidenziano Cozzi e Ferrero [2000] “ciascuna delle tradizionali funzioni aziendali, per
essere gestita in modo efficace ed efficiente, deve avvalersi dell’azione combinata di tutti i
sub-sistemi di cui si compone il sistema aziendale204, ovvero implica attività di carattere
202
Cfr. a tale proposito Golinelli, Gatti e Siano [2002], Metallo e Pellicano [2003].
Cozzi e Ferrero, 2004, p. 6.
204
Cozzi e Ferrero [2000, p. 51] sottolineano che un’organizzazione orientata al marketing deve essere dotata delle seguenti
capacità (o sub-sistemi):
a) di capacità (o sub-sistemi) sensori, con cui l’impresa acquisisce dall’ambiente gli input informativi ed i feed-back
informativi in base ai quali orienta i propri processi, selezionando gli input necessari e scartando quelli ridondanti;
203
118
Esperienze, Marketing e Territorio
decisorio, esecutivo e di controllo e comporta il costante riferimento ai sub–sistemi sensori,
di comunicazione e di memoria. Anche la funzione di marketing, nella prospettiva sin qui
indicata, non può essere considerata solo come una parte dell’attività sensoria dell’impresa (se
ad esempio, ci si riferisce alle ricerche di mercato), o dell’attività di controllo esterno (se, ad
esempio, ci si riferisce alla valutazione dell’efficacia delle comunicazioni dell’impresa), o
dell’attività decisoria a livello strategico (se, ad esempio, ci si riferisce alle scelte di
segmentazione del mercato di sbocco) e così via. Deve essere considerata per il contributo
che essa dà a tutte le capacità del sistema ed alla loro connessione.”
Figura 4.4 – Il sistema di marketing aziendale
Fonte: Cozzi e Ferrero, 2000, p. 55
b)
c)
d)
e)
f)
di capacità (o sub-sistemi) di comunicazione, che consentono all’impresa un’efficace ed efficiente circolazione
delle informazioni, opportunamente elaborate, nonché delle decisioni via via prese;
di capacità (o sub-sistemi) di memoria, con cui l’impresa conserva le informazioni, opportunamente elaborate, utili
per replicare le decisioni;
di capacità (o sub-sistemi) decisori, che si articolano essenzialmente in tre livelli:
d.1)
al livello strategico, intendendo con questa locuzione le decisioni che indirizzano i processi aziendali e
che, direttamente o indirettamente, implicano cambiamenti delle interazioni con l’ambiente esterno;
d.2)
al livello amministrativo, riguardante l’allocazione efficace delle risorse e delle competenze (interne ed
esterne) di cui l’impresa si avvale o alle quali può accedere per realizzare i propri processi (latu sensu);
d.3)
al livello operativo, riguardante la combinazione efficiente delle risorse e delle capacità , nonché i criteri
di efficiente conduzione dei processi produttivi;
di capacità (o sub-sistemi) esecutivi, con cui l’impresa, in funzione delle proprie scelte strategiche, amministrative
ed operative, acquisisce gli input effettivi, svolge i processi di trasformazione ed emette gli output effettivi ed
informativi nell’ambiente-mercato;
di capacità (o sub-sistemi) di controllo interno ed esterno, che:
f.1) se interni, verificano la coerenza tra le decisioni prese e lo svolgimento dei processi;
f.2) se esterni, verificano (con il contributo dei sub-sistemi sensori) l’efficacia degli output (effettivi o informativi)
nei confronti delle attese dell’ambiente-mercato cui essi si riferiscono.
119
Fabio Forlani
Lo schema logico di marketing aziendale elaborato da Cozzi e Ferrero e proposto nella fig.
4.4 ipotizza:
a) che ogni impresa formuli le proprie strategie aziendali complessive (SAC) anche, seppure
non esclusivamente, sulla base di specifiche scelte, tra loro contestuali e coerenti,
riguardanti la product idea (ossia l’insieme di utilità percepibili da offrire agli
acquirenti), la segmentazione del mercato di sbocco (ossia l’identificazione degli
acquirenti a cui è rivolta l’offerta) ed il posizionamento competitivo (ossia il modo
specifico con cui l’impresa intende rapportarsi con le forze concorrenziali per acquisire e
conservare un vantaggio competitivo difendibile);
b) che ogni impresa si avvalga di un insieme integrato e sinergico di politiche di mercato,
ossia di un marketing mix (SFM = strategia funzionale di marketing), come strumento di
attuazione delle proprie strategie per gli aspetti riguardanti i suoi rapporti con il mercato;
c) che ciascuna delle politiche di mercato (PO1 ... POn) comporti anche decisioni
amministrative ed operative, nonché compiti esecutivi e di controllo interno;
d) che il marketing-mix sia lo strumento con cui l’impresa specifica le aspettative degli
utilizzatori dei suoi output produttivi (SPE), competitivamente con le altre imprese;
e) che, per orientare, valutare, controllare l’efficacia delle scelte di tipo SAC e SFM, nonché
delle proprie politiche di mercato, l’impresa si avvalga di un sistema informativo sui
fattori sottostanti alla formazione delle aspettative degli utilizzatori dei suoi output
produttivi (FOR), sulle forze concorrenziali (CON), sui principali fattori esogeni
generatori di opportunità e di minacce, ossia sulle componenti dell’ambiente generale
(AGE) che pongono dinamicamente all’impresa ed ai suoi concorrenti vincoli esterni
rilevanti.
Lo schema proposto (fig. 4.4) consente anche di individuare le componenti del sistema di
marketing sulle quali l’impresa interviene con fattori su cui esercita un controllo diretto
(variabili dell’ambiente aziendale interno), quelle con cui si misura competitivamente, con le
altre imprese (variabili dell’ambiente mercato) e quelle su cui le politiche di mercato proprie o
quelle dei concorrenti non possono influire in modo apprezzabile, ma la cui investigazione e
la cui previsione sono necessarie per orientare l’intero processo di marketing (variabili
completamente esogene o dell’ambiente generale).
4.7
Il ruolo della funzione di marketing
Con riferimento all’evoluzione degli studi di marketing [vds § 4.1], la tesi sostenuta da Cozzi
e Ferrero [2000, p.84] è la seguente: “esiste una pluralità di modi appropriati di intendere il
ruolo da attribuirsi alla funzione di marketing. La funzione di marketing, in quanto funzione
di confine che deve garantire un’efficace interfaccia fra l’offerta e la domanda progettando la
coevoluzione sinergica dei due termini, assolve compiti ed assume strutture organizzative che
inevitabilmente risentono della varietà, da un lato, delle forme d’impresa e dall’altro, dei
singoli mercati. Non può quindi essere accettabile teorizzare un unico modello applicativo del
marketing adottabile in modo generalizzato.”
Tale impostazione e tanto più appropriata quando si cerca di allargare il campo di
applicazione dello schema concettuale del marketing da quello prettamente aziendale [vds §
4.4]. Condividendo questa impostazione si vuole, inoltre, sottolineare che la responsabilità di
marketing nell’impresa non è solamente imputabile agli specialisti di marketing, ma come
ampiamente evidenziato nella letteratura di marketing dei servizi [Gronroos, 1990;
Gummesson, 1999; Bateson e Hoffman, 2000] essa va divisa fra “full-time marketers” e
“part-time marketers”. A questo proposito Gronroos [1994, p.178-179] sostiene: “Spesso il
120
Esperienze, Marketing e Territorio
problema principale è costituito dal fatto che si tende a confondere il reparto marketing con il
concetto molto più ampio di funzione di marketing. La funzione di marketing comprende tutte
le risorse e tutte le attività che hanno un impatto diretto sulla possibilità di stabilire,
conservare e rafforzare il rapporto con i clienti, a prescindere dalla loro collocazione
nell’organizzazione. Il reparto di marketing, d’altra parte, è una soluzione organizzativa che
mira a concentrare alcune o tutte le parti della funzione di marketing in una sola unità
organizzativa.”
Nella prospettiva di una possibile applicazione dei concetti di marketing ai sistemi turistici
territoriali di diverso livello e di diversa natura, si ritiene, in accordo con Cozzi e Ferrero
[2004, p.15], che sia la posizione, sia il ruolo della funzione di marketing debba dipendere dal
contesto e dal contributo che essa può dare al successo competitivo nelle singole imprese ed
in ogni specifico mercato.
La definizione dei ruoli che può assumere la funzione di marketing si basa sulla valutazione di
criticità, per il sistema d’impresa, degli input informativi che essa acquisisce dall’ambientemercato e degli output che essa emette verso l’ambiente-mercato. Più specificamente, la
tipologia proposta si basa sulla valutazione congiunta dell’importanza attribuita alle
informazioni di marketing nel processo di formulazione delle strategie competitive e
dell’importanza assunta dalle politiche commerciali per realizzare con successo tali strategie.
Il primo parametro fa quindi riferimento a quanto la funzione di marketing contribuisce ad
orientare la logica strategica dell’impresa e a sviluppare un coordinamento
interfunzionale. Il secondo parametro è determinato, invece, dall’importanza dell’attività
specialistica di commercializzazione dei prodotti svolta dal marketing con la gestione delle
politiche di marketing mix.
-
-
Ruolo esecutivo di routine: si configura quando la conoscenza del mercato e le politiche
commerciali non influiscono in modo rilevante sulla capacità competitiva dell’impresa, in
quanto essa dipende principalmente da altre variabili, quali l’efficienza produttiva, le
caratteristiche tecnologiche del prodotto, l’accesso alle risorse finanziarie o alle materie
prime.
Ruolo operativo-creativo: si configura quando vi è una scarsa attenzione all’analisi delle
variabili di mercato nel processo di definizione delle scelte strategiche e della politica del
prodotto, ma allo stesso tempo assumono importanza le politiche di
promozione/comunicazione per il conseguimento degli obbiettivi aziendali. Le strategie
dell’impresa si fondano sulla convinzione di poter condizionare efficacemente, mediante
le politiche di commercializzazione dei prodotti, il processo di specificazione delle
aspettative dei consumatori, senza doversi adeguare ad esse in modo vincolante.
Fig. 4.5 – I ruoli che può assumere la funzione di marketing
Importanza
ricerca di
marketing
Alta
Ruolo strategicoconoscitivo
Ruolo strategicooperativo
Bassa
Ruolo esecutivo di
routine
Ruolo operativo creativo
Alta
Fonte: Cozzi e Ferrero, 2004, p.15.
-
Bassa
Criticità politiche di marketing
Ruolo strategico-conoscitivo: si configura quando l’impresa decide le strategie da
seguire attribuendo notevole importanza all’analisi delle variabili di mercato, ma le
121
Fabio Forlani
-
realizza avvalendosi di politiche diverse da quelle classiche del marketing mix. La
possibilità di soddisfare in modo efficace e distintivo le esigenze degli acquirenti dipende
dalla capacità di realizzare forme di collaborazione con il cliente che portino quest’ultimo
a svolgere una parte attiva nel processo di progettazione, produzione ed erogazione della
prestazione. La transazione commerciale diviene, in questo contesto, un episodio di una
reazione che deve consentire di aiutare l’acquirente ad autospecificare i propri bisogni.
Poiché l’interazione con il cliente coinvolge numerose funzioni, la funzione di marketing
diviene una funzione diffusa, attribuita a molteplici unità organizzative e non più
identificabile con l’ufficio marketing, che talvolta è insignificante o addirittura non esiste.
Il compito di creare, sviluppare e mantenere le relazioni di mercato viene suddiviso tra i
<<venditori>> (marketers full-time) e tanti marketers part-time, cioè addetti alla ricerca,
alla produzione, alla finanza, alla logistica e così via, che devono finalizzare una parte
rilevante della loro attività a questo obiettivo <<commerciale>>.
Ruolo strategico-operativo: si configura quando al marketing è attribuito un ruolo di
grande importanza sia nella fase di definizione delle strategie che nella fase della loro
attuazione. Il marketing interviene nel processo di formazione delle strategie attivando
flussi informativi in entrata (aspettative dei consumatori, politiche di mercato dei
concorrenti) al fine di decidere politiche di segmentazione e di posizionamento che
assicurino vantaggi competitivi difendibili. Attraverso le politiche di marketing mix
condiziona il processo di specificazione delle aspettative dei consumatori in modo
funzionale agli obbiettivi perseguiti dall’impresa. Contribuisce, inoltre, a creare il valore
percepito dal consumatore attraverso le politiche di comunicazione, di differenziazione
psicologica, di promozione e di distribuzione, associate alle strategie di segmentazione del
mercato e di composizione di gamma.
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124
Esperienze, Marketing e Territorio
V
L’ESPERIENZA COME PRODOTTO
“L’esperienza è senza dubbio la base di tutto il sapere”. Hermann Cohen
5.1
La definizione di esperienza
La parola esperienza è, ad oggi, un termine utilizzato per designare qualunque situazione
vissuta nel quotidiano da un individuo. In questa accezione può risultare, quindi, un
contenitore generico difficilmente utilizzabile in ambito scientifico.
In questa sede, per evitare equivoci e fraintendimenti, si procederà nel seguente modo:
innanzitutto si forniranno le definizioni utilizzate in alcune discipline scientifiche [Carù e
Cova, 2003] al fine di mostrare la complessità del termine e del fenomeno che rappresenta;
poi si fornirà la definizione, più riduttiva e specifica, che verrà assunta a base di questo
lavoro.
Secondo Carù e Cova [2003, p.189] “per L’Encyclopédie Universalis, il senso più immediato
e corrente della nozione di esperienza evidenzia due aspetti contrari ma congiunti: il primo di
passività, l’altro di attività. Si può dire che nell’esperienza si colloca spontaneamente l’idea di
prova, ove <<provare>> significa ricevere e accettare. Questa accettazione rappresenta il
minimo d’azione contenuta nella nozione di esperienza. E’ possibile fare un passo ulteriore,
riferendosi all’espressione corrente che vuole che <<si traggano lezioni dall’esperienza>>.
L’espressione ha un doppio significato: dire che si sono tratte lezioni dall’esperienza significa
dire che si è stati trasformati dall’esperienza. E’ evidente che all’idea di prova si aggiunge
l’idea di acquisizione di conoscenza, già affermata nella massima nord-americana experience
is the best teacher.”
Gli autori citati, inoltre, hanno individuato [Carù e Cova, 2003, p.189] “un insieme di
significati relativamente distinti per diversi ambiti disciplinari:
per le scienze sperimentali, il concetto di esperienza richiama quello di esperimento,
ovvero la riproduzione di un fenomeno con mezzi opportuni di ricerca, fondata su dati e fatti
obiettivi e generalizzabili, allo scopo di indagare le relazioni di dipendenza tra cause ed
effetti. E’ rilevante in proposito riconoscere una sorta di rottura tra ciò che si può chiamare
esperienza in generale e l’esperienza scientifica: l’esperienza comune apporta una conoscenza
125
Fabio Forlani
individuale mentre l’esperienza scientifica [positivista, cfr §1.2 e §1.3, ndr] apporta una
conoscenza universale, valida per tutti gli individui. […]
per la filosofia, un’esperienza è una prova personale che, in generale, trasforma
l’individuo. <<Fare un’esperienza>> (<<io ho sperimentato…>>) porta in generale ad
accumulare <<esperienza>> (<< io ho esperienza nel>>) e dunque conoscenza, ma una
conoscenza singolare (propria di un soggetto) [fenomenologica, cfr §1.2 e §1.5, ndr] e non
universale (esterna al soggetto) [oggettiva in senso positivista, ndr]. […]
per la sociologia e la psicologia, un’esperienza è un’attività soggettiva e cognitiva che
permette all’individuo di costruire la propria identità. La nozione di esperienza è definita da
Dubet (1994, 93) come <<un’attività cognitiva>>, <<una prova>>, <<una modalità di
costruire il reale e soprattutto di verificarlo>>. […]
per l’antropologia e l’etnologia, l’esperienza rinvia alla modalità con cui ogni individuo
sperimenta la propria cultura, e più precisamente al <<modo in cui si ha consapevolezza degli
eventi>> (Bruner, 1986, 4). A livello concettuale, l’esperienza si distingue anche dall’evento,
in quanto <<quest’ultimo è qualcosa di generale, che accade agli altri, alla società, al mondo
[…] L’esperienza è qualcosa di singolare, che accade al soggetto>> (Abrahams, 1986, 55).
[…] Un’esperienza è qualcosa di personale, si riferisce ad un io attivo che non solo si ritrova
in essa, ma la condiziona e ne prende coscienza.” .
Gli autori analizzano poi i contributi di studio delle discipline economico-gestionali, non
ritrovandovi unitarietà “nelle definizione del termine esperienza:
per la ricerca sul comportamento del consumatore, un’esperienza è soprattutto un vissuto
personale – spesso caricato emozionalmente – fondato sull’interazione con stimoli che sono i
beni o i servizi resi disponibili all’interno del sistema di consumo; questo vissuto può portare
ad una trasformazione dell’individuo nel caso delle esperienze dette straordinarie (Arnould e
Price, 1993). Riprendendo il discorso sulla sociologia (Morace, 1996) la ricerca relativa al
comportamento del consumatore considera l’esperienza come elemento centrale della vita del
consumatore attuale, consumatore che è alla ricerca di significati (Vézina, 1999; Fabris,
2003): <<per il consumatore postmoderno, consumare non è un semplice atto di
assorbimento, di distruzione o di utilizzo di qualcosa. Non è neppure l’ultimo anello della
catena del processo economico; è un atto di produzione di esperienze e di identità o di
immagine di se stessi […] Per arricchire e rendere affascinante la vita è necessario concedersi
esperienze multiple, vissute sia emozionalmente sia razionalmente, e utilizzando tutte le
dimensioni dell’essere umano […] La vita deve essere prodotta e creata, ossia costruita
attraverso esperienze multiple nelle quali il consumatore si immerge>> (Firat e Dholakia
1998, 96). Le radici di questo consumo, detto esperienziale in opposizione al consumo
definito funzionale (Addis e Holbrook, 2001), vanno ricercate nella crescita dei servizi, per i
quali <<“il prodotto” acquistato è un’esperienza piuttosto che un oggetto materiale>>
(Campbell, 1995, 110). La caratteristica principale riconosciuta a questa tipologia di consumo
è quella di dare spazio alle emozioni: <<mentre gli economisti hanno sempre parlato del
consumo in termini di razionalità, tutti gli studi più recenti ci parlano della continua
interferenza delle emozioni nelle scelte di consumo>> (Fabris, 2003, 87). Si sviluppa così un
approccio esperienziale allo studio del consumo che riconosce l’importanza di variabili fino
ad allora trascurate: <<il ruolo delle emozioni nel comportamento, il fatto che i consumatori,
oltre che dotati di sensi, sono esseri che pensano ed agiscono, l’importanza dei simboli nel
consumo, il bisogno del divertimento e di piacere del consumatore, e il ruolo dei
consumatori, al di là dell’atto di acquisto, nell’utilizzo dei prodotti>> (Addis e Holbrook,
2001, 50);
per il marketing (Hetzel, 2002, La Salle e Britton, 2003), l’economia (Gupta e Vajic,
2000; Pine e Gilmore, 2000) e il design (Campbell e Pistermann, 1996), un’esperienza è
principalmente una nuova categoria di offerta che si va ad aggiungere alle tre precedenti
126
Esperienze, Marketing e Territorio
(merci o <<commodities>> - beni e servizi) e che è particolarmente adatta ai bisogni del
consumatore postmoderno. Per il marketing, una buona esperienza è un’esperienza
<<indimenticabile>> (Pine e Gilmore, 1998) o <<significativa>>, se non <<straordinaria>>
ed <<ottimale>>, che consente al consumatore di mettere in gioco tutti i suoi sensi (Schmitt
1999), appoggiandosi su tre dimensioni: attività, supporto fisico, interazioni sociali. (Gupta e
Vajic, 2000). Questo tipo di esperienza produce emozioni (si parla spesso di esperienza
emozionale o di emozione come cuore dell’esperienza di consumo nel marketing) e anche
trasformazioni dell’individuo.”
Secondo Carù e Cova, in definitiva, la ricerca sul comportamento del consumatore adotta una
concettualizzazione relativamente vicina a quella utilizzata dalle scienze sociali e dalla
filosofia – l’esperienza come episodio soggettivo nella costruzione/trasformazione
dell’individuo – ponendo tuttavia enfasi sulla dimensione emozionale e sensoriale a scapito
della dimensione cognitiva. Il marketing, al contrario, dà all’esperienza un significato molto
più oggettivo, confermando l’idea che il risultato possa (se non debba) essere qualcosa di
fortemente significativo e indimenticabile per il consumatore che vivrà l’esperienza.
Riprendendo i concetti che stanno alla base dell’approccio sistemico allo studio dei fenomeni
sociali [vds cap.2 e cap.3] si è notato come l’esperienza di vivere sia un processo, un flusso 205
circolare che coinvolge la materialità del corpo206, lo schema d’organizzazione e il significato
del vivere.
Secondo Varela [1998, 2001] l’esperienza è quindi un fenomeno emergente: “Occorre
volgerci a un’esplorazione sistematica dell’unico legame fra mente e coscienza che appare al
tempo stesso ovvio e naturale: la struttura della stessa esperienza umana.” e “La coscienza 207
non appartiene, per così dire, a un gruppo di neuroni, appartiene a un organismo, appartiene a
un essere umano, a un’azione che si sta vivendo.”208
In questo studio, consci della complessità del tema e dei molteplici significati attribuiti al
termine esperienza, delimiteremo il nostro campo di ricerca nel seguente modo:
Assumeremo l’esperienza umana come un fenomeno emergente e circolare che
coinvolge il corpo209, il mondo210 e gli altri211.
205
Anche Csikszentmihalyi parla di flusso come esperienza del vivere e come costruzione del significato. Di flussi attraverso
i sensi e di flussi di pensieri.
206
«Le cerveau n’est pas un ordinateur, on ne peut comprendre la cognition si l’on s’abstrait de son incarnation » Varela
[1998].
207
La coscienza è l’esperienza vissuta consapevolmente. Infatti, secondo il dizionario Devoto e Oli [1987]:
“Cosciènza s.f. 1. La facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera
dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino: ho piena coscienza della gravità del
momento.”
208
« L’experience est quelque chose d’universel à partir d’un certain niveau d’intégration cognitive partagé, certainement,
par tout les mammifères. (…) L’apparition du langage va faire la différence entre avoir une expérience, reflétée par une
comportement neuronal, et la capacité réflexive. (…) La capacité réflexive, dans le vide, ça ne donne rien. Elle doit
s’incarner dans un univers cognitif complexe. C’est à l’intérieur de l’expérience qu’il y a cette nouvelle capacité d’autodescription. (…) Cest l’expérience de se référer à soi, de se référer a sa propre expérience.» Varela [1998].
209
“Si dimentica troppo facilmente che il cervello non è un fascio di neuroni sezionati in laboratorio, ma esiste all’interno di
un organismo impegnato essenzialmente nella propria autoregolazione, nella nutrizione e nella conservazione di sé, che ha
fame e sete, che ha bisogno di rapporti sociali.” Varela [2001].
210
“(…) in collegamento diretto col mondo, o in interazione col mondo, attraverso tutta la superficie sensorio-motrice. Il
bicchiere non è un immagine nella mia testa, di cui io debba prendere coscienza dall’interno. Si è scoperto che il bicchiere è
inseparabile dall’atto di manipolarlo. L’azione e la percezione costituiscono un’unità e il mondo non esiste se non in questo
ciclo permanente. Io amo dire che c’è interazione col mondo e che il mondo emerge solo grazie a questo collegamento che è
fonte permanente di senso.” Varela [2001].
211
“Il fatto di essere strutturalmente concepiti per avere rapporti con i nostri congeneri, con individui della stessa specie,
l’abilità innata, di un’importanza assolutamente centrale, che costituisce l’empatia, di mettersi al posto dell’altro, di
identificarsi con l’altro. (…) dunque ancora una volta non è nella mia teste che si svolge tutto questo, ma in un mondo
decentrato, nel ciclo.” Varela [2001].
127
Fabio Forlani
Analizzeremo il fenomeno esperienza osservandolo dal punto di vista economico
aziendale, cercando di comprendere le connessioni esistenti fra l’esperienza umana e il
sistema di input-trasformazione-output del sistema impresa.
Negli ultimi venti anni, nei dibattiti degli studiosi di marketing è cresciuta l’attenzione per gli
aspetti esperienziali dell’acquisto e del consumo. Un numero sempre crescente di autori si sta,
infatti, confrontando con temi connessi all’esperienza del consumo quali, ad esempio,
l’importanza delle emozioni e del simbolismo, la natura affettiva, razionale e d’azione del
consumatore e il suo desiderio di divertimento e di piacere, il ruolo del consumatore oltre
all’atto d’acquisto, nell’uso del prodotto e nella scelta del brand.212
In questi studi213 il concetto di esperienza del consumatore viene esplorato da diversi punti di
vista e con diverse finalità di ricerca214:
Un primo gruppo di autori [Schmitt, 1999b; Hetzel, 2002; Napolitano e De Nisco,
2003] studiano l’esperienza d’acquisto e di utilizzo dei prodotti (beni e servizi) e
suggeriscono strumenti manageriali per “esperenziare” tali prodotti, arricchendoli di
contenuti emozionali e di significato215, in modo tale da divenire fonte
d’esperienza.216;
Un secondo gruppo di autori, utilizzando il concetto di shopping experience [Castaldo
e Botti,1999; Bertozzi, 2001; Carù e Cova, 2003], puntano a comprendere l’esperienza
vissuta sul luogo di vendita per ricavarne implicazioni manageriali capaci di
“esperenziare” lo shopping e quindi i servizi di distribuzione217;
Un terzo gruppo di autori, concepiscono l’esperienza come l’oggetto di scambio, e
quindi come prodotto a se stante [Pine e Gilmore, 2000; Pencarelli e Forlani, 2002].
Quindi, partendo da tale assunto, cercano di ipotizzare dei possibili percorsi aziendali
per progettarla, produrla e commercializzarla.
In base alla nostra prospettiva d’analisi sistemica [vds cap.3] e di marketing [vds cap.4] è
possibile, osservando il rapporto esistente fra esperienza del consumatore e l’oggetto di
scambio (output del sistema), ricomporre i tre punti di vista in due categorie:
1. Quando l’esperienza è strumentale allo scambio di un’altra tipologia di prodotto
(commodity, beni, servizi) si parlerà di “marketing esperienziale” [§5.2].
212
Vds Castaldo e Botti [1999], Schmitt [1999a, 1999b], Pine e Gilmore [2000], De Luca [2000], Bertozzi [2001], Codeluppi
[2001], Soscia [2001], Pencarelli e Forlani [2002], Carù e Cova [2003], Badot e Cova [2003], Fabris [2003], Napoletano e De
Nisco [2003], Hetzel [2002], Brunetti [2004].
213
Non è scopo di tale studio fare una rassegna della letteratura esistente, ma solamente di indicare i possibili approcci allo
studio economico aziendale dell’esperienza del consumatore. Si segnala, quindi che l‘analisi effettuata in questa sede ha le
seguenti limitazioni: non si è fatta un’analisi della letteratura internazionale; si è fatto riferimento solo a quegli autori che si
sono avvicinati a tali temi concependoli dal punto di vista del marketing esperenziale e all’experiential shopping. Vds a tale
proposito Resciniti [2005].
214
Cfr Brunetti [2004, p.21-28], Resciniti [2005].
215
Vds a tale proposito Bettiol e Rullani, [2004].
216
“Il percorso definito prodotto-esperienza (esperienziare i beni, ndr) enfatizza in sostanza le dimensioni che trascendono
l’uso strettamente funzionale del bene, facendolo diventare il medium in grado di suscitare diverse percezioni positive per il
consumatore.” Brunetti [2004, p.23]
217
“Lo shopping esperienziale può essere sia una strategia messo in atto dall’impresa commerciale per differenziare il
proprio punto vendita ed offrire una esperienza meno faticosa per le merceologie banali e più appagante per le merceologie
problematiche oppure, come visto, può essere una strategia realizzata dall’impresa industriale a supporto della scelta
esperienziale attraverso l’investimento nella creazione di uno o più punti vendita <spettacolari>” Brunetti [2004, p.27]. Si
vuole cioè affermare il ruolo prioritario delle emozioni nell’esperienza sul punto vendita e vedere il consumatore come un
individuo emozionalmente coinvolto in processo di shopping, nel quale ricerca e apprezza in particolare gli aspetti
multisensoriali, immaginari ed emotivi. Viene, quindi, presa in considerazione la trasformazione del retailing, la cui causa
principale è stata individuata nella trasformazione dell’entertainment. Il pubblico, probabilmente stanco della fredda
virtualizzazione promossa dalla tecnologia, sembra aver riscoperto l’importanza del contatto umano e lo ricerca anche nel
punto vendita, col quale vuole instaurare un rapporto partecipativo ed emozionale. Ecco, allora, che il punto vendita risponde
dotandosi di strumenti comunicativi e di attrazione basati sulla stimolazione di tutti e cinque i sensi del cliente.
128
Esperienze, Marketing e Territorio
2.
5.2
Quando l’esperienza è l’oggetto dello scambio si parlerà di prodotto-esperienza [§
5.3].
Marketing esperienziale
Negli ultimi anni sono state formulate teorie di marketing che cercano, attraverso l’offerta di
esperienze, di far percepire ai clienti un valore aggiunto connesso con l’acquisto di beni e
servizi. Le imprese, inoltre, investono sempre più massicciamente nel punto vendita come
luogo speciale attraverso il quale l’impresa può soddisfare i consumatori e differenziarsi dai
concorrenti.218
Secondo Fabris [2003] ciò è dovuto al fatto che gli individui sono sempre più maturi, esigenti
e selettivi nei consumi e danno per scontato le caratteristiche e i benefit funzionali, la qualità
dei prodotti e una immagine di marca positiva. Secondo Schmitt [1999b] quello che vogliono
sono prodotti, comunicazione e campagne di marketing che tocchino i loro sensi e il loro
cuore e stimolino la loro mente. Vogliono prodotti, comunicazione e campagne con i quali
relazionarsi e che possano incorporare nel loro stile di vita. Vogliono prodotti, comunicazione
e campagne di marketing che forniscano un’esperienza.
Va ricordato inoltre che affianco al mutamento del comportamento del consumatore si assiste
alla crescente saturazione e massificazione dell’offerta di beni e servizi [Pine e Gilmore,
2000] e della comunicazione, il che rende necessaria un’azione più decisa, da parte delle
imprese, per far percepire e cogliere le proprie offerte. La coevoluzione del comportamento
del consumatore e dell’ambiente competitivo sembra spingere le imprese alla
spettacolarizzazione della marca [Codeluppi, 2000b] e all’utilizzo di strategie commerciali
che “cercano di far sperimentare al consumatore delle sensazioni fisiche ed emotive durante
l’esperienza con il prodotto e la marca” [Codeluppi, 2001, p.403].
In questo contesto trova spazio il “marketing esperienziale”219, che sostiene la necessità, per
le imprese, di offrire esperienze ed emozioni al consumatore per soddisfarlo ed emozionarlo
favorendo così l’acquisto e il consumo del prodotto bene o del prodotto servizio
“esperienziato”. Il marketing esperienziale si basa sul presupposto che le scelte del
consumatore sono dettate dall’inconscio, allineandosi così con quanto sostengono i migliori
studiosi delle scienze cognitive [vds cap.2 e §4.4]: il consumatore non si comporta sempre in
modo razionale, anzi nel processo d’acquisto diventa determinante il fattore emozionale220. I
sostenitori del marketing esperienziale ritengono che, in questo modo, il consumatore torna al
centro dell’attenzione: un rivoluzionario ritorno alla mission storica del marketing221.
L’approccio di “marketing esperienziale” che, ad oggi, sembra offrire i maggiori spunti
manageriali è quello elaborato da Bernd Schmitt [1999a, 1999b, 2003].
Schmitt, basandosi sulle teorie di carattere neurobiologico e psicologico222 elaborate da
Steven Pinked, sottolinea la natura modulare della mente. Egli sostiene che occorra superare
la visione dell’esperienza umana come un blocco unitario e che sia necessario assumere il suo
218
Fabris [2003], Zarantonello, [2003], Codeluppi, [2001], De Luca [2000], Bertozzi [2001], Castaldo e Botti [1999].
La novità del marketing esperienziale è quella di esportare le politiche di successo dei settori del lusso, dell’arte e della
cultura in altri il cui core business (ovvero l’attività caratteristica) più difficilmente si presta all’enfatizzazione del
coinvolgimento emozionale del consumatore. L’obiettivo è instaurare una relazione empatica tra l’azienda e il cliente che
faccia aumentare il suo coinvolgimento e gli faccia percepire una differenziazione significativa nel processo di acquisto e
consumo.
220
“Experietial Marketing view consumer as rational and emotional human beings who are concerned whit achieving
pleasurable experience” Schmitt [1999a, p. 53].
221
Schmitt contrappone il marketing esperienziale al marketing tradizionale. Egli evidenzia , tale proposito che mentre il
marketing tradizionale considera il consumatore come un soggetto razionale che decide in base alle caratteristiche e ai
benefici funzionali dei prodotti, il marketing esperienziale considera il consumatore come un soggetto sia razionale che
emotivo che ricerca anche piacere ed esperienze nel consumo dei prodotti. [Cfr Scmitt, 1999a e1999b].
222
Schmitt cita fra gli altri Merleau-Ponty, Husserl, Brown e Fisch, Pinked Steven, Lakoff e Johnson [1999b, p.59-63].
219
129
Fabio Forlani
divenire secondo uno schema modulare. Secondo Schmitt l’esperienza emergerebbe, quindi,
dall’interazione delle distinte aree funzionali specializzate223 e quindi possono essere
suddivise in differenti tipologie e provocate da stimolazioni differenti.
Secondo Schmitt [1999a e 1999b] anche nell’ambito dei consumi, dunque, l’esperienza può
essere scomposta in più moduli (tipi di esperienze). Questo autore elabora allora uno schema
concettuale per la stimolazione di esperienze costituito dal Strategic Experiential Modules
(SEMs)224 [Schmitt, 1999a, p.61-62; 1999b, p.64 e seg.]:
Sense Experiences (SENSE): ha il compito di fornire al consumatore un’esperienza
sensoriale attraverso un coinvolgimento polisensoriale: vista, udito, tatto, gusto e olfatto.225.
Feel Experiences (FEEL): cerca di stimolazione un’esperienza di tipo affettivo del
consumatore con il brand aziendale con l’obbiettivo di accrescere la fedeltà. Per far ciò,
l’impresa deve essere in grado di suscitare nell’individuo stati d’animo, emozioni e
sentimenti di varia natura e intensità, ma comunque positivi. Alcuni autori, parlano in questo
caso di marketing emozionale, legato sia al marketing esperienziale, sia al marketing
polisensoriale in una sorta di circolo, che ha come obiettivo finale far vivere un’esperienza al
consumatore, quando si trova nella fase dell’acquisto e del consumo.
Think Experiences (THINK): stimola l’intelletto dell’individuo, attivando esperienze
creative, cognitive e di problem solving.
Act Experiences (ACT): spinge l’individuo a vivere esperienze relative al corpo, aderire a
uno stile di vita e interagire con altri individui. L’obiettivo è arricchire la vita del
consumatore, migliorando le sue esperienze fisiche e mostrandogli modi alternativi di agire;
Relate Experiences (RELATE): ingloba anche gli aspetti di SENSE, FEEL, THINK e
ACT. Questo modulo mette in relazione l’individuo con un ampio contesto socio-culturale,
stimolando le relazioni sociali che coinvolgono il Brand. In questo modo l’impresa può
proporre il proprio brand come nuova base delle relazioni sociali, portando il consumatore a
relazionarsi con gli altri individui attraverso l’acquisto e l’uso dei propri prodotti. Lo scopo
finale è la creazione di una brand community, nella quale la marca è assunta come centro di
organizzazione sociale e il consumatore ricopre un ruolo attivo. Esistono numerosi punti di
contatto fra questo approccio e il tribal marketing226.
Per stimolare uno o più moduli, l’impresa deve ricorrere ai fornitori/strumenti o Experience
Provider (ExPro)227, che costituiscono una sorta di leve esperienziali:
comunicazione;
identità visiva/verbale e brand228;
presentazione del prodotto229;
223
Come abbiamo visto nei capitoli 1 e 2 l’impostazione sistemica di Varela si differisce dall’impostazione di Pinked, poiché
parla di struttura reticolare e dell’importanza del corpo nel processo mentale (mente incarnata).
224
“The experiential modules to be maneged in Experiential Marketing iclude sensory experiences (SENSE), affective
experiences (FEEL), creative cognitive experiences (THINK), physical experiences, behaviours and lifestyles (ACT), and
social-identity experiences that result from relating to reference group or culture (RELATE).” Schmtt [1999a, p.60].
225
Badot e Cova [2003] distinguono gli approcci di marketing esperienziale in diverse “derive”: Crono Marketing, Marketing
tribale, Retrò Marketing, Marketing sensoriale. Tra questi il marketing sensoriale si occupa di trasmettere gli stimoli
sensoriali più adatti a convincere il cliente circa l’irrinunciabilità e l’insostituibilità del prodotto. Questo discende dal
presupposto che le sensazioni soggettive ed irrazionali che concorrono al processo d’acquisto, sembrerebbero dipendere dagli
stimoli sensoriali attivati nel consumatore al momento della sua decisione. Compito della comunicazione sensoriale sarà
allora quello di estendere i propri contenuti e le proprie capacità espressive oltre il visivo e l’auditivo. La comunicazione
sensoriale attorno al prodotto può avvalersi di linguaggi di tipo estetico, cioè utilizzando figure retoriche basate sulla messa
in relazione di due o più sistemi sensoriali, oppure utilizzare stimolazioni più concrete, con l’immissione di determinati
profumi e musiche, ad esempio, nel punto vendita.
226
E’ un approccio di marketing che sostiene una strategia volta a cerare comunità intorno a un prodotto, a un servizio o ad
un’esperienza. Si parte dal presupposto che, oggi, vi sia una propensione fra i consumatori a riunirsi in tribù e a creare
comunità sociali intorno al prodotto. Cfr Badot e Cova [2003].
227
Schmitt [1999b, p.72-93].
228
Nome, marca logo e altri codi ci o segnali d’identità.
130
Esperienze, Marketing e Territorio
co-branding230;
luoghi fisici;
sito Web e nuovi media;
persone;
Con queste leve o strumenti/fornitori l’impresa può stimolare uno o più moduli, dando così
origine a diversi tipi di offerta. In particolare, si possono costruire: un’esperienza monomodulare, derivante dall’attivazione di un solo modulo; un’esperienza polimodulare
derivante dall’attivazione di più moduli; un’esperienza olistica, risultante dall’interazione di
tutti i moduli e obbiettivo dichiarato dell’marketing esperienziale.
Schmitt fornisce, infine, uno schema concettuale che il management può utilizzare nel
processo di costruzione dell’esperienza: l’Experiential Whell231. In tale modello, attraverso
una rappresentaziona grafica dei moduli e dei collegamenti possibili fra di essi, si evidenzia
l’ordine consigliato di stimolazione dell’esperienza di acquisto e consumo. Il punto di
partenza è il Sense, in grado di attrarre e motivare il consumatore. Si passa poi dal Feel al
Relate attraverso una crescente complessità di stimolazioni emozionali. In questa logica
l’impresa può scegliere se stimolare i moduli gradualmente, passando da un’esperienza monomodulare a una olistica, o contemporaneamente, creando da subito un’esperienza olistica.
Schmitt consiglia di adottare la prima soluzione per sviluppare prodotti già esistenti e la
seconda per lanciare prodotti nuovi232.
Il secondo strumento manageriale proposto da Schnitt è l’ Experiental Grid (fig. 5.1). Esso
mette in relazione i diversi moduli e le diverse leve (fornitori/strumenti) e permette, in questo
modo, di studiare i quattro aspetti centrali nella gestione dell’esperienza:
l’intensità. Si riferisce all’uso di uno specifico ExPro per stimolare uno specifico SEM.
Graficamente, è rappresentato dall’autore all’interno di ogni cella della griglia. L’impresa
deve valutare il giusto livello di stimolazione, scegliendo se intensificare o moderare la
propria offerta;
la portata. Si riferisce all’uso di più ExPro per stimolare uno stesso SEM. E’
rappresentabile con una freccia orizzontale che indica la compartecipazione di più fornitori su
uno stesso modulo. L’impresa può, quindi, stabilire se arricchire o ridurre l’insieme di stimolo
che afferiscono ad uno specifico SEM, utilizzando uno o più ExPro;
Fig. 5.1 - L’Experimental Grid.
229
Product design, packaging and product display e brand character.
Event Marketing and Sponsorschips, Product Placement.
231
Vds Schmitt [1999b, p. 213] o Zarantonello [2003, p.390].
232
Per un applicazione di tale modello ad un contesto italiano vds Zarantonello [2003].
230
131
Fabio Forlani
Fonte: Schmitt, 1999, 219.
la profondità. Si riferisce all’utilizzo di uno stesso ExPro per stimolare più SEM. E’
rappresentabile con una freccia verticale che indica l’influenza di un fornitore su i diversi
moduli dell’esperienza. L’impresa deve stabilire se fare agire gli stimoli di uno specifico
ExPro su uno o più SEM;
il legame. Si riferisce alle relazioni previste fra gli elementi della griglia. E’ rappresentato
graficamente con una curva che taglia trasversalmente le celle. L’impresa deve capire quale
relazione creare tra i vari SEM e i vari ExPro, scegliendo se collegarli o separarli.
Il modello di Schmitt si compone, quindi, di moduli esperienziali (SEMs) che afferiscono ad
altrettante esperienze, di leve (strumenti o fornitori) capaci di stimolare l’emergere delle
esperienze e di una griglia concettuale di sintesi che pone a sistema i moduli e le leve
costruendo così la plancia dei comandi del marketing esperienziale.
Nell’approccio di Schmitt le aziende specializzate nel progettare, realizzare e vendere le
esperienze, sono viste come “fornitori di esperienze”. Esse, però, pur agendo sulla
dimensione esperienziale hanno come obiettivo fondamentale quello fornire quel
“qualcosa in più” per ottenere la vendita del prodotto inteso come bene o servizio.
L’utilizzo dei moduli esperienziale, infatti, trovano la loro massima espressione quando si
parla di spazio espositivo e punto vendita, dove è possibile stimolare i sensi in modo ottimale
e gestire il rapporto dicotomico tra prodotto ed esperienza, e dove è possibile valutare in
modo immediato la rispondenza tra esperienza e decisione d’acquisto.
In sintesi, nella prospettiva degli studi qui richiamati, è possibile indicare che il marketing
esperienziale:
si basa sulla tendenza dei consumatori ad acquistare prodotti o servizi non tanto per le loro
caratteristiche funzionali ma per le esperienze emozionali, sensoriali, relazionali e sociali
legate all’atto di acquisto e di fruizione. Si basa cioè sulle emozioni e su tutto ciò che
coinvolge il consumatore nel processo d’acquisto [Codeluppi, 2000a; Fabris, 2003; Schmtt,
1999b];
permette all’impresa di distinguersi dai concorrenti, comunicando intensamente il proprio
immaginario di marca [Codeluppi, 2001] e rendendo il consumatore partecipe e coinvolto
[Resciniti, 2005], visto che si interagisce con la vita di quest’ultimo;
132
Esperienze, Marketing e Territorio
fa sì che l’esperienza di acquisto e di consumo diventi un valore aggiunto di un bene o di
un servizio. Questo serve a valorizzare il prodotto in modo da ottenere l’acquisto dal cliente
“coinvolto emotivamente” [Castaldo e Botti, 1999; Bertozzi, 2001; Carù e Cova, 2003];
modifica l’arena competitiva delle aziende: in un mercato dove un numero elevatissimo di
beni e servizi è in grado di offrire un ottimo rapporto qualità/prezzo, la competizione si basa
su altre performance quali la possibilità di vivere esperienze quando si viene a contatto con le
offerte aziendali [Schmitt, 1999a, 1999b, 2003];
crea relazioni intense e costruite in un’ottica di lungo periodo fra la marca esperienziale e
il cliente [Resciniti, 2005; Napoletano e De Nisco, 2003].
5.3
Il prodotto-esperienza e la progressione del valore economico
Secondo Pine e Gilmore [2000, p.2-3, grassetto nostro] “Le esperienze costituiscono una
terza proposta economica che si distingue dai servizi tanto quanto i servizi si distinguono dai
beni, ma finora sono state poco riconosciute. Le esperienze ci sono sempre state, ma i
consumatori, le aziende e gli economisti le hanno sempre raggruppate in blocco nel settore
servizi, insieme ad attività poco eccitanti quali la pulitura a secco, le riparazioni dell’auto, la
distribuzione all’ingrosso e il servizio telefonico. Nel comprare un servizio una persona
acquista una serie di attività intangibili che vengono svolte per suo conto. Ma quando
compra un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi
una serie di eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una
rappresentazione teatrale, per coinvolgerlo a livello personale”.
Pine e Gilmore nel loro libro “L’economia delle esperienze” sottolineano che le esperienze e
le trasformazioni ci sono sempre state e non sono certo invenzioni delle società moderne e/o
postmoderne. Gli autori americani apportano, però, due importanti innovazioni concettuali
all’osservazione e alla descrivere della dimensione economico-sociale della società:
1. Definiscono le esperienze e le trasformazioni dei prodotti, nel senso economicoaziendale [cfr §3.3], distinti dalle materie prime, dai beni e dai servizi.
2. Elaborano il modello della progressione del valore economico.
Rispetto al primo punto si può riprendere e sintetizzare il pensiero degli studiosi statunitensi
[Pine e Gilmore, 2000] nel seguente modo233:
• Le materie prime (commodity) sono materiali fungibili estratti dal mondo naturale;
• I beni sono manufatti tangibili standardizzati e immagazzinabili;
• I servizi sono attività intangibili personalizzate in base alle richieste individuali di
clienti conosciuti. I prestatori di servizi utilizzano beni per eseguire operazioni su un
cliente (es. taglio dei capelli) o sui beni da lui posseduti (es. riparazione del computer). In
generale i clienti danno maggior valore ai vantaggi che derivano dai servizi che non ai
beni necessari per fornirli: i servizi svolgono compiti specifici che i clienti vogliono
vedere svolti ma che non vogliono fare loro stessi e i beni non fanno altro che fornire i
mezzi;
• Le esperienze sono eventi memorabili che coinvolgono gli individui sul piano
personale. L’offerta economica delle esperienze si verifica ogni qualvolta un’impresa
utilizzi intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per
coinvolgere un individuo. Coloro che acquistano un’esperienza attribuiscono valore al
fatto di essere coinvolti in qualcosa che l’impresa svela loro nel tempo;
• Le trasformazioni sono cambiamenti individuali ed efficaci prodotti sull’individuo.
L’offerta di trasformazioni consiste nel guidare l’individuo in una serie d’esperienze che
modificheranno l’essenza stessa dell’aspirante verso l’obbiettivo prefisso234;
233
Cfr anche Pencarelli e Forlani [2002, p.239-242].
133
Fabio Forlani
Fig. 5.2 - Tabella delle distinzioni economiche
Offerta economica
Economia
Commodity
Agricola
Beni
Industriale
Servizi
Dei servizi
Esperienze
Delle esperienze
Trasformazioni
Di trasformazione
Funzione economica
Estrarre
Fabbricare
Fornire
Mettere in scena
Condurre
Natura dell’offerta
Fungibile
Tangibile
Intangibile
Memorabile
Efficace
Attributo chiave
Naturale
Standardizzato
Personalizzato
Personale
Individuale
Venditore
Immagazzinato
in massa
Commerciante
Rifornito dopo la
produzione
Produttore
Erogato su
richiesta
Fornitore
Acquirente
Mercato
Utilizzatore
Cliente
Ospite
Aspirante
Caratteristiche
Aspetti
Benefici
Sensazioni
Tratti
Metodo di fornitura
Fattori di domanda
Rivelato dopo un Duraturo nel tempo
certo periodo
Inscenatore
Generatore
Fonte: Pine e Gilmore [2000, p.212].
Secondo gli autori, nelle società industrializzate si assiste allo sviluppo dell’economia delle
esperienze per una serie di motivi, tra i quali vale la pena ricordare il progresso tecnologico235,
la crescita dell’intensità della competizione236 e la crescita della ricchezza237.
Il modello della progressione del valore economico o modello per stadi evolutivi della
domanda238 di mercato (secondo punto in discussione) è sicuramente da considerare il cuore
della visione economia proposta da questi autori. Secondo questo modello, la domanda del
mercato viene, inevitabilmente, saturata da un’offerta sempre più ampia e a costi decrescenti
(massificazione), ma contemporaneamente si viene a formare una nuova domanda di tipo
“superiore”.
Gli autori, che fanno riferimento alla società americana, affermano che si sia già assistito alla
massificazione delle commodity ed al passaggio ad un’economia fondata sull’offerta dei beni,
alla massificazione dei beni ed al passaggio ad un’economia basata sull’erogazione di servizi.
Essi ritengono, inoltre, che in questo momento si stia verificando una forte massificazione dei
servizi e che, contemporaneamente, si assista ad una forte crescita della domanda di
esperienze. Nell’ipotesi di Pine e Gilmore il XXI secolo sarà caratterizzato dal passaggio
dall’economia dei servizi ad un’economia centrata sulla messa in scena delle esperienze.
Come esposto in fig. 5.3, secondo tali autori la continua ricerca di varietà da parte della
domanda rende ipotizzabile, in futuro, la massificazione delle esperienze ed il consolidamento
di una forma d’offerta economica capace di andare oltre le stesse esperienze: l’offerta di
trasformazioni. Queste seguiranno le esperienze e costituiranno la risposta alla prevedibile
massificazione delle esperienze239.
234
“Ma che cosa cercano quelle persone quando intraprendono tutte quelle attività (faticare nelle palestre, ricorrere allo
psicoterapeuta, frequentare una business school, nda)? Esperienze senza dubbio. Ma c’è molto di più: vogliono trasformarsi,
diventare diversi. Benché le esperienze siano meno transitorie dei servizi, l’individuo che vive l’esperienza spesso vuole
qualcosa che sia più duraturo del ricordo, qualcosa che vada al di là di quello che qualsiasi bene, servizio o esperienza da solo
possa offrire.” [Pine e Gilmore, 2000, p.204].
235
In primo luogo l’informatica e le nuove tecnologie di comunicazione e riproduzione digitale.
236
L’aumentare della concorrenza porta ad una sempre maggiore ricerca di differenziazione delle offerte delle imprese.
237
Secondo l’economista Tibor Scitovsky “La principale reazione dell’uomo ad una crescente ricchezza sembra essere una
maggiore frequenza di festeggiamenti; aumenta il numero delle occasioni considerate degne di essere festeggiate e infine
queste diventano routine, per esempio nella forma dei pranzi della domenica” [in Pine e Gilmore, 2000, p.6].
238
“Ma la risposta più completa si trova nella natura del valore economico e della progressione naturale da merce a bene, poi
a servizio e infine a esperienza.” Pine e Gilmore [2000, p.6].
239
“Con il progressivo allontanamento dell’attività economica dai beni e dai servizi, le imprese che inscenano solo esperienze
– senza prendere in considerazione gli effetti che queste esperienze avranno sui partecipanti e senza progettare le esperienze
134
Esperienze, Marketing e Territorio
Fig. 5.3 - La progressione del valore economico
differenziata
Guidare
trasformazioni
Personalizzazione
Mettere in
scena
esperienze
Personalizzazione
Posizione
competitiva
Prestare
servizi
Personalizzazione
indifferenziata
mercato
Massificazione
Esigenze della
clientela
Massificazione
Produrre
beni
Estrarre
commodity
rilevante
per
Massificazione
irrilevante
per
Fissazione
del prezzo
maggiorato
(premiun price)
Fonte: Pine e Gilmore, 2000, pag. 207.
Dal punto di vista dell’analisi aziendale la progressione del valore economico forma una
piramide economica da leggere come una serie di successive offerte costruite su quelle
sottostanti (fig. 5.4).
Coloro che generano le trasformazioni devono stabilire esattamente la serie esatta di
esperienze necessarie a guidare gli aspiranti ai loro obbiettivi. Chi mette in scena le esperienze
deve descrivere i servizi che coinvolgono l’ospite, poi metterli in scena in maniera tale da
creare un evento memorabile. I fornitori di servizi, a loro volta, devono ideare l’appropriata
configurazione di beni che permettano loro di fornire una serie di attività intangibili desiderate
dal cliente. I produttori di manufatti ovviamente devono individuare le commodity da
utilizzare come materie prime per i prodotti tangibili da loro creati per gli utenti. I
commercianti di commodity devono scoprire dove si trovano questi materiali ed estrarli dal
mondo naturale per i mercati che essi servono.
Figura 5.4 – La piramide economica
Determinare
e guidare
trasformazioni
Descrivere e inscenare
esperienze
Individuare e prestare
servizi
Sviluppare e produrre
in modo tale da creare il cambiamento desiderato – vedranno alla fine massificate le loro esperienze.”Pine e Gilmore [2000,
beni
p.205].
135 ed estrarre
Scoprire
commodity
Fabio Forlani
Fonte: Pine II e Gilmore, 2000, p.219.
Seguendo la logica utilizzata dagli autori possiamo affermare che il prodotto che vende
un’impresa, e quindi il business in cui compete, è definito da “ciò per cui fa pagare”240.
In questo modo si può affermare che la proposta economica (tipologia di prodotto) che
un’organizzazione sta effettivamente offrendo al mercato è quella per cui essa si fa
consapevolmente e deliberatamente pagare.
Pertanto:
- Se i clienti pagano il materiale fungibile estratto, allora essi desiderano materia
(commodity) e l’impresa che le estrae è nel business delle materie prime (commodity);
- Se i clienti pagano i manufatti tangibili, standardizzati e immagazzinati, allora essi
desiderano beni e l’impresa che li costruisce è nel business dei beni;
- Se i clienti pagano le attività intangibili svolte per loro conto, allora essi desiderano
servizi e l’impresa che li eroga è nel business dei servizi;
- Se i clienti pagano per vivere delle emozioni memorabili, allora essi desiderano
esperienze e l’impresa che le mette in scena è nel business delle esperienze;
- Se i clienti pagano i cambiamenti ottenuti, allora essi vogliono trasformazioni e
l’impresa che le guida è nel business delle trasformazioni;
Data la progressione del valore economico e la piramide del valore economico, le
imprese possono decidere quale tipologia di prodotto progettare, produrre e vendere, e
quindi in quale business competere. Tale scelta dovrà essere fatta in base ad una appropriata
analisi della domanda e ad una altrettanto dettagliata valutazione delle risorse e delle
competenze possedute. La progressione del valore economico indica, infatti, che le offerte di
ordine superiore, essendo ritenute di maggior valore per la domanda, hanno un’attrattività
maggiore per l’impresa: c’è la possibilità di applicare un prezzo maggiorato e favoriscono il
presidio di una posizione competitiva differenziata. Tuttavia esse richiedono specifiche risorse
e competenze per essere allestite e mantenute competitivamente nel lungo termine.
Come evidenziato da Pine e Gilmore la semplice distinzione fra materie prime, beni e servizi
non è più sufficiente per effettuare un’efficace analisi strategica delle aspettative e dei
comportamenti dei consumatori. Tale situazione apre alle imprese e anche ai sistemi
territoriali, nuove prospettive e nuove frontiere di business241: “La storia del progresso
economico consiste nel far pagare qualcosa per ciò che un tempo era gratuito. In un’Economia
delle Esperienze matura, invece di contare solamente sui nostri mezzi per fare esperienza del
nuovo e meraviglioso – come si è fatto per lungo tempo – sempre più spesso pagheremo
imprese che mettano in scena per noi delle esperienze, proprio come ora paghiamo le imprese
240
Pine e Gilmore [ 2000, p.72 e p.237].
“Gli esseri umani hanno sempre cercato esperienze nuove ed eccitanti per apprendere e crescere, sviluppare e migliorare,
riparare e riformare. Ma con il progresso crescente nell’Economia delle Esperienze, molto di ciò che in precedenza è stato
ottenuto attraverso le attività non economiche si troverà in modo crescente nel mondo del commercio. Tutto ciò rappresenta
un cambiamento significativo. Significa che per ciò che un tempo ci procuravamo gratis, adesso paghiamo un prezzo.” Pine e
Gilmore [2000, p.204].
241
136
Esperienze, Marketing e Territorio
per servizi che un tempo svolgevamo noi stessi, prodotti che fabbricavamo noi stessi e
materiali di base che ricavavamo noi stessi.”242
Per concludere, i prodotti che possono essere scambiati sul mercato, (aumentando il processo
di specializzazione e di divisione del lavoro, superando così la tendenza all’autoproduzione),
nella prospettiva dell’economia delle esperienze, possono essere suddivisi in cinque macro
categorie o tipologie di prodotti: Materie prime, Beni, Servizi, Esperienze, Trasformazioni243.
5.4
Le caratteristiche dei Servizi, delle Esperienze e delle Trasformazioni
Pine e Gilmore [2000, p.2] ritengono che “Le esperienze ci sono sempre state, ma i
consumatori, le aziende e gli economisti le hanno sempre raggruppate in blocco nel
settore servizi, insieme ad attività poco eccitanti quali la pulitura a secco, le riparazioni
dell’auto, la distribuzione all’ingrosso e il servizio telefonico.” e anche [2000, p.211-212]
“Come nel caso delle esperienze, qualcuno sicuramente affermerà che ciò che noi definiamo
trasformazioni in realtà non è altro che una sottoclasse dei servizi. Ma c’è troppa differenza
tra mangiare in un Mc-Donalds e tonificarsi in un fitness center, tra fornire relazioni
informative e partecipare ai risultati finanziari, e fra pulire un abito e purificare un anima, per
classificarli tutti in un'unica offerta economica. Le trasformazioni sono effettivamente
un’offerta economica distinta, diversa dalle esperienze tanto quanto le esperienze lo sono
dai servizi.”
Partendo, quindi, da tale prospettiva si cercherà di evidenziare le caratteristiche che
permettono di scindere quelli che sono sempre stati classificati genericamente prodottiservizio244 in tre categorie: i prodotti-servizio, i prodotti-esperienza, i prodotti-trasformazione.
Secondo Pine e Gilmore:
• “Nel comprare un servizio una persona acquista una serie di attività intangibili
che vengono svolte per suo conto”245 e ancora “i servizi svolgono compiti specifici
che i clienti vogliono vedere svolti ma che non vogliono fare loro stessi”246.
• “quando compra un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a
gustarsi una serie di eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una
rappresentazione teatrale, per coinvolgerlo a livello personale”247 “le esperienze
sono memorabili […] Le proposte economiche di un tempo restano distanti,
all’esterno dell’acquirente, mentre le esperienze sono personali, hanno luogo
all’interno dell’individuo che viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale o
anche spirituale. Il risultato? Due persone non possono avere la stessa esperienza,
punto e basta. Ciascuna esperienza deriva dall’interazione fra l’evento inscenato e la
precedente condizione mentale ed esistenziale dell’individuo.”248.
• “Ma che cosa cercano quelle persone quando intraprendono tutte quelle attività
(faticare nelle palestre, ricorrere allo psicoterapeuta, frequentare una business school,
nda)? Esperienze senza dubbio. Ma c’è molto di più: vogliono trasformarsi,
diventare diversi. Benché le esperienze siano meno transitorie dei servizi, l’individuo
che vive l’esperienza spesso vuole qualcosa che sia più duraturo del ricordo, qualcosa
242
Pine e Gilmore [2000, p.78].
Per un analisi critica a tale impostazione vds Brunetti [2004, p.74-78].
244
Cfr Groonros [1994 e 2002]; Mauri [2002]; Bateson e Offman [ 2000]; Zeithaml e Bitner [2000]; Berry e Parasuraman
[1992]; Eingler e Langeard [1988]; Norman [1985].
245
Pine e Gilmore [2000, p.2, grassetto nostro].
246
Pine e Gilmore [2000, p.10, grassetto nostro].
247
Pine e Gilmore [2000, p.2, grassetto nostro].
248
Pine e Gilmore [2000, p.14, grassetto nostro].
243
137
Fabio Forlani
che vada al di là di quello che qualsiasi bene, servizio o esperienza da solo possa
offrire.”249
“Una trasformazione è ciò che la persona fuori forma, la persona emotivamente
turbata, i giovani manager, il paziente in ospedale e l’impresa in difficoltà, tutti
desiderano veramente.”250
“Gli acquirenti delle trasformazioni desiderano essere guidati verso uno specifico
obiettivo o scopo, e le trasformazioni devono generare l’effetto cui si mira. Ecco
perché definiamo gli acquirenti aspiranti: essi aspirano ad essere qualcosa di
diverso.”251
“Con le trasformazioni l’offerta economica di un’impresa è la persona o l’impresa
modificata da ciò che la prima impresa fa. Con le trasformazioni il cliente è il
prodotto! L’acquirente individuale di una trasformazione dice in sostanza:
“Cambiatemi”.”252
Nell’ampia letteratura di management e marketing dei servizi253, come precedentemente
evidenziato, si parla genericamente di servizi per definire tutto ciò che è terzo (settore
terziario) rispetto all’output di agricoltura e industria manifatturiera.
I servizi, così definiti in senso ampio, presentano le seguenti caratteristiche comuni254 che li
distinguono dai beni fisici:
249
Pine e Gilmore [2000, p.204, grassetto nostro].
“La persona che si iscrive a un fitness center non paga per la sofferenza fisica ma per un regime di esercizi continuo che
migliorerà il suo benessere fisico. Analogamente, le persone tornano dagli psicoterapeuti finché non notano miglioramenti
nel loro benessere mentale o emotivo. Le persone frequentano le Business School perché vogliono incrementare il proprio
benessere professionale e finanziario. […] Nel settore sanitario, il paziente vuole qualcosa di più dei farmaci e dei servizi
medici o anche dell’esperienza ospedaliera: vuole stare bene. Lo stesso vale per la consulenza manageriale in cui l’impresa in
difficoltà vuole qualcosa che vada al di là dei beni informazionali, dei servizi di consulenza o anche delle esperienze
educative: vuole crescere.” Pine e Gilmore [2000, p.204-205].
251
Pine e Gilmore [2000, p.213, grassetto nostro].
252
Pine e Gilmore [2000, p.214, grassetto nostro].
253
Cfr Mauri [2002, p.6-26]; Bateson e Hoffman [2000, p.12-31]; Zeithaml e Bitner [2000, p.9-15]; Pellicelli [1997, p.44];
Gronroos [1994, p.25-37]; Lovelock [1983, p. 9-20]; Berry [1980, p. 9-11].
254
Secondo Zeithaml e Bitner [2002, p. 9] “C’è un accordo generale sul fatto che esistono delle differenze intrinseche tra
beni e servizi, e che esse determinano delle problematiche di management particolari, o quanto meno diverse per le aziende
di servizi e per le imprese industriali (manifatturiere, ndr) che hanno nei servizi un’offerta di primo piano. Queste differenze,
con le implicazioni di marketing, sono visualizzate in fig. 5.5. ”
250
Fig 5.5: I servizi sono un’altra cosa
Beni
Servizi
Tangibili
Intangibili
Standardizzati
Eterogenei
Implicazioni legate alla differenza tra beni e servizi
•
•
•
•
•
•
La produzione è
separata dal consumo
La produzione
consumo
simultanei
Non deperibili
Deperibili
e il
sono
•
•
•
•
•
•
I servizi non si possono immagazzinare
I servizi non si possono brevettare
I servizi non si possono esibire, né comunicare istantaneamente
Il princing è difficile
L’erogazione del servizio e la soddisfazione del cliente dipendono dalle azioni del
personale
Non c’è certezza sul fatto che il servizio erogato sia in linea con quanto pianificato
e reclamizzato
I clienti partecipano alla transazione e la condizionano
I clienti si condizionano a vicenda
I dipendenti incidono sulla qualità del servizio
La decentralizzazione è essenziale
Nei servizi è difficile sincronizzare la domanda e l’offerta
I servizi non si possono restituire, né rivendere
Fonte: Parasuraman, Zeithaml, Berry, [1985], A Conceptual Model of Service Quality and Its Implicatins for Future
Research, p. 41-50, in Zeithaml, Bitner, [2002, p.10].
Mauri [2002, p.7] evidenzia che, in letteratura, le quattro caratteristiche definite da Zeithaml e Bitner sono le più elencate.
Egli però in accordo con Gronroos [2002, p.60] aggiunge l’essenza di trasferimento di proprietà: “A nostro parere particolare
importanza riveste la caratteristica dell’assenza di proprietà, peraltro non contemplata da tutti gli autori,. Infatti la possibilità
138
Esperienze, Marketing e Territorio
•
•
Intangibilità : i servizi sono azioni255, prestazioni, processi, che non si possono “toccare
con mano” o vedere allo stesso modo dei beni materiali;
Inseparabilità (simultaneità) fra produzione e consumo : mentre i beni vengono prima
prodotti, poi venduti e infine consumati, i servizi sono prima venduti, poi
simultaneamente prodotti e consumati256;
di trasferimento di proprietà testimonierebbe una durata nel tempo dell’oggetto del trasferimento, caratteristica che invece
non è propria dei servizi.” [Mauri, 2002, p.9].
Fig. 5.6: Differenze fra servizi e prodotti fisici
Prodotti fisici
Tangibili
Omogenei
Produzione e distribuzione sono separate dal consumo
Una cosa, un oggetto
Il valore essenziale viene prodotto in fabbrica
I clienti (normalmente) non partecipano al processo di produzione
Possono essere tenuti in magazzino
Trasferimento di proprietà
Servizi
Intangibilità
Eterogeneità
Produzione, distribuzione e consumo sono processi simultanei
Un’attività o un processo
Il valore essenziale viene prodotto nelle interazioni
venditore/acquirente
I clienti partecipano alla produzione
Non possono essere tenuti in magazzino
Non c’è trasferimento di proprietà
Fonte: Gronroos [2002, p.60]
In questa sede non si condivide tale approccio in quanto si ritiene che nella transazione tra venditori e clienti di prodottiservizio, prodotti-esperienze e prodotti-trasformazioni avviene il trasferimento di proprietà del prodotto stesso. In altre parole
il prodotto nasce dall’interazione e/o dal processo, ma il risultato di tale operazione diviene di proprietà del cliente.
255
Per Groonros [2002, p.59-60] “I servizi sono processi che consistono in attività o serie di attività, e non cose; […] La
caratteristica di gran lunga più importante dei servizi è la loro natura di processo.” per Bateson, Hoffman [2000, p.13] “Un
servizio è tale nella misura in cui il beneficio prodotto per il cliente dipende da un attività di servizio piuttosto che da un bene
materiale.”
256
“L’erogazione e il consumo (o meglio la fruizione) della maggior parte dei servizi, sono inseparabili. E ciò diversamente
da quanto avviene nella produzione dei beni fisici. Infatti, la produzione e il consumo dei beni materiali sono due attività
distinte e cronologicamente separate. Le imprese solitamente producono i beni in una unità produttiva, li conservano in
magazzini e poi procedono al loro trasporto verso i luoghi dove saranno acquistati dai clienti; segue infine, talvolta anche
molto tempo dopo la loro produzione, la fase del loro consumo. In questo modo le aziende produttrici di beni materiali, da un
lato possono raggiungere economie di scala tramite la centralizzazione della produzione e dei controlli di qualità, dall’altro
possono definire convenientemente i timing dei processi produttivi e distributivi. Ciò grazie al fatto che produzione e
consumo sono separati. Al contrario la produzione e il consumo di un servizio non possono essere separati. Il produttore ed il
consumatore devono interagire e l’erogazione avviene in un certo luogo e in un certo momento, che sono definiti da
entrambi gli attori del processo.” [Mauri, 2002, p.12]
Per Bateson e Hoffman [2000, p.13] “I benefici delle attività di servizi sono generati tramite un’esperienza interattiva che, in
misura variabile, coinvolge il cliente”.
L’inseparabilità fra produzione e consumo dei servizi dipende dalla natura stessa dei servizi che determina il modello di
erogazione del servizio [Bateson e Hoffman, 2000, Eiglier e Langeard, 1988] evidenziato in figura.
Figura 5.7: Il modello di erogazione del servizio (servuction model)
Tratto da: Bateson, Hoffman [2000, p. 16]
Dal modello di erogazione del sevizio discende che i consumatori fanno parte del sistema produttivo. Questo determina le
seguenti implicazioni [Bateson, Hoffman, 2000]:
• Occorre confrontarsi con la natura interattiva dei servizi e con la partecipazione del consumatore nel processo di
erogazione. Tale partecipazione può essere attiva o passiva. Per Palmer [in Mauri, 2002. p.13] questo equivale ad dire che
139
Fabio Forlani
•
•
Variabilità (Eterogeneità): c’è sempre una potenziale variabilità257 nella prestazione del
servizio258. Nei servizi molto spesso succede che clienti diversi ricevono servizi diversi a
parità di altre condizioni (personalizzazione);
Deperibilità : i servizi non possono essere immagazzinati e conservati259, non possono
essere restituiti se difettosi;
Mauri [2002] ed altri autori260 sottolineano che vi sia una tendenza alla convergenza fra beni e
servizi. Questi studi hanno sottolineato, infatti, sia la crescita di importanza dell’immaterialità
nelle offerte industriali sia l’industrializzazione e la standardizzazione (massificazione) nella
produzione di servizi.
Questi autori ipotizzano che la convergenza fra beni e servizi possa assumere la forma:
1. di una loro integrazione come “Pacchetto di offerta composto di beni e servizi, ossia di
elementi tangibili e da elementi intangibili” Mauri [2002, p.28].
2. di una loro reciproca sostituzione.“La sostituzione può assumere le seguenti forme:
o trasformazione di servizi in beni (in cui vengono incorporati); […]
o trasformazione di beni in servizi; […]” Mauri [2002, p.29].
A nostro avviso l’analisi effettuata da Mauri conferma le tendenze dell’economia occidentale
evidenziate da Pine e Gilmore [2000 e 2002] attraverso il modello della progressione del
valore economico.
Rispetto al primo punto, il pacchetto offerto può (configurandosi come sistema di prodotto di
valore maggiore per il cliente) presentarsi sia come opzione di differenziazione del bene
attraverso l’inserimento di componenti di servizio (es. differenziazione attraverso la
personalizzazione) sia come prodotto di ordine superiore, ossia servizio o esperienza.
Anche il secondo punto descrive, in un'altra prospettiva lo stesso fenomeno di salita o discesa
lungo la progressione del valore economico. Infatti la trasformazione di servizi in beni in cui
vengono incorporati è stata descritta da Pine e Gilmore come massificazione e regressione del
valore economico. La trasformazione da beni in servizi (che incorporano i primi) è stata
i consumatori sono Co-produttori del servizio, spesso sono co-consumatori del servizio con altri consumatori, spesso si
devono muovere verso il luogo di produzione.
• Chiunque entra in contatto con il consumatore presta il servizio;
• Come il cliente fa parte del processo di erogazione, così il personale di contatto con il pubblico fa parte dell’esperienza
del servizio;
• Diversamente dai beni, i dipendenti a contatto con il pubblico non sono oggetti inanimati e, essendo umani, sono soggetti
a variazioni che non possono essere controllate dal processo di erogazione del servizio;
• I sentimenti e le emozioni del personale sono immediatamente visibili agli occhi del cliente e possono incidere
sull’esperienza del servizio, sia positivamente che negativamente;
• Qualunque cosa entra in contatto con il consumatore presta il servizio. Diviene allora fondamentale il luogo di
produzione del servizio. La maggior parte dei servizi viene, infatti, consumata nel luogo di produzione (fattore spazio).
Quindi l’impresa erogatrice è chiamata a rendere disponibile il suo prodotto in una quantità di luoghi diversi e in ogni
luogo in cui si realizza il servizio deve avere il suo proprio “stabilimento”.
257
La variabilità è intesa come non uniformità qualitativa e quantitativa dell’output.
258
Secondo Mauri [2002, p.14] “la variabilità (eterogeneità), in sostanza comprende due dimensioni:
La variazione degli standard produttivi, sia in termini di risulti, sia in termini di processi;
La volontaria variazione del servizio per soddisfare le specifiche esigenze del consumatore finale.”
259
Come evidenziano Bateson e Hoffman [2000, p.18-19] la non conservabilità dei servizi (niente scorte) determina che:
• Per ricevere il beneficio desiderato il consumatore deve far parte del sistema di produzione. E’ quindi impossibile
immagazzinare i servizi;
• Le prestazioni di servizio avvengono in tempo reale. I servizi sono, per cui, influenzati dal fattore tempo:
o Il servizio viene prodotto e fornito quando il consumatore lo richiede;
o La prestazione del servizio è confinata al limitato spazio di tempo che intercorre fra l’ordinazione e la consegna;
o I consumatori tendono a utilizzare i servizi in certi periodi (stagionalità);
• Nelle imprese che producono beni, le scorte hanno la funzione di separare le attività di marketing da quelle produttive.
Nelle imprese di servizi, marketing e produzione interagiscono costantemente, a causa dell’impossibilità
d’immagazzinare il prodotto;
260
Si vedano Rispoli e Tamma [1992], Dall’Ara [1995] e Grandinetti [1994].
140
Esperienze, Marketing e Territorio
invece descritta come salto di business e crescita del valore (personalizzazione del prodotto
e/o progettazione di un prodotto di categoria superiore per il cliente).
A nossrto avviso è possibile chiarire i concetti appena espressi attraverso una versione
modificata della progressione del valore economico:
Fig. 5.8 - La progressione del valore economico
Trasformazione
differenziata
rilevante
per
Esperienza diff.
Personalizzazione
Massificazione
(standardizzazione)
Esperienza
Servizio diff.
Posizione
competitiva
Massificazione
(standardizzazione)
Personalizzazione
Esigenze della
clientela
Servizio
Bene diff.
Personalizzazione
Massificazione
(standardizzazione)
Bene
indifferenziata
Materia diff
irrilevante
per
Massificazione
(standardizzazione)
Personalizzazione
Materia
mercato
Fissazione
del prezzo
maggiorato
(premiun price)
Fonte: Modificato da Pine e Gilmore [2000, p.207]
In questo lavoro, partendo dal concetto di prodotto [cfr §3.3], si ipotizza di poter suddividere
gli output aziendali (prodotti) nelle categorie materie, beni, servizi, esperienze e
trasformazioni in base alla valutazione delle seguenti caratteristiche:
1. Intangibilità del prodotto;
2. Partecipazione del cliente (separabilità fra produzione e consumo);
3. Fattore luogo di produzione (separabilità fra produzione e consumo);
4. Fattore tempo di produzione (separabilità fra produzione e consumo);
5. Variabilità del prodotto (eterogeneità o personalizzazione);
6. Deperibilità del prodotto (non immagazzinabilità del prodotto);
Fig. 5.9 – I prodotti che possono essere progettati prodotti e venduti nella prospettiva
dell’economia delle esperienze
Variabilità del
prodotto
(Personalizzazione)
+
Intangibilità
141
Trasformazioni
Esperienze
+
Fabio Forlani
Fonte: nostra elaborazione
La rappresentazione grafica evidenzia che i prodotti di maggior valore per il cliente sono
anche più complessi, nel senso che emergono (si compongono racchiudendoli al loro interno)
da un sistema di prodotti di livello inferiore (cfr con la piramide economica fig. 5.4).
Attraverso i concetti di emergenza e della strutturazione a livelli gerarchici dei sistemi (cfr.
cap.3) si evidenzia, in questo modo, il rapporto esistente fra le varie tipologie di prodotti che
le imprese possono progettare, produrre e vendere:
- La possibilità d’offerta di forme superiori è vincolata dalla disponibilità, coerente ed
adeguata, di forme d’offerta di ordine inferiore261 .
- Quando gli attori dell’offerta si fanno pagare per i beni venduti o per i servizi erogati essi
stanno consapevolmente vendendo beni e/o servizi. Ciò non vuol dire, però, che il
sistema, complessivamente (es. il sistema commerciale di un centro storico), non stia
producendo (o mettendo in scena) esperienze e/o trasformazioni. Anzi, nei sistemi
d’offerta complessi (non preordinati e non controllati) si assiste comunemente, accanto
alla vendita di proposte economiche consapevoli, all’emersione inconsapevole dell’offerta
di prodotti-esperienze e prodotti-trasformazioni. Si può affermare che, qualora questo si
verifichi, il sistema (es. il sistema commerciale di un centro storico) sta regalando
esperienze (se è inconsapevole) o le sta utilizzando come una strategia competitiva per
differenziare (se è consapevole) l’offerta dei propri sub-sistemi (imprese di servizio) da
quella degli attori di altri sistemi commerciali (es. centro commerciale sito in periferia)262.
261
Come evidenziato giustamente da Brunetti [2004, p.60] “L’orientamento in chiave esperienziale del business richiede
infatti conoscenze, competenze e risorse nuove e specifiche. Nuove, perché la trasformazione dell’output dell’impresa in
esperienza non rientra nel tradizionale bagaglio professionale del manager, scarsamente avvezzo a pensare in termini
propositivi alla fase d’interazione tra cliente e prodotto. Specifiche, perché la trasformazione dell’output dell’impresa in
esperienza richiede una forma mentis particolare, secondo cui non si concepisce più il prodotto come uno strumento che il
cliente può e deve utilizzare, ma come una chiave per l’accesso ad una esperienza in cui l’impresa gioca un ruolo molto più
attivo.”
262
Pine e Gilmore sostengono, infatti, che le imprese possono aumentare la propria competitività all’interno di un business
incrementando il loro valore con aspetti dell’offerta economica superiore (differenziare l’offerta di beni e servizi
esperenziandoli): “Molti beni includono più di un aspetto esperenziale aprendo aree di differenziazione. ... Se in veste di
produttore si comincia a pensare in questi termini – esperenziare le cose – presto i prodotti saranno circonfusi da servizi che
aggiungono valore all’atto di usarli e magari poi tali servizi saranno a loro volta circonfusi da esperienze che renderanno
142
Esperienze, Marketing e Territorio
-
Il salto di livello dall’offerta manageriale di servizi all’offerta manageriale di esperienze
(e/o trasformazione) richiede, comunque, che queste non emergano dalle interazioni
casuali, ma che siano il frutto di un’attività gestionale finalizzata alla loro messa in scena.
In questa prospettiva le imprese e i sistemi d’imprese, le organizzazioni non profit, i sistemi
d’offerta territoriali, ecc. possono e devono scegliere quali prodotti offrire, alle persone e alle
organizzazioni che operano nel mercato, secondo una logica di portafoglio in cui sia prevista
l’integrazione delle diverse categorie di offerta. I singoli prodotti possono, poi, essere offerti
in forma di “pacchetto” o in forma sciolta in base alle singole scelte aziendali.
Se si assume che la dinamica della domanda seguirà le tendenze delineate dalla progressione
del valore economico, ne consegue che gli operatori economici debbano prendere coscienza
dell’esigenza dei clienti di avere a disposizione un sistema d’offerta che preveda prodotti
differenziati (più alternative della stessa tipologia di prodotto) e diversificati (prodotti
appartenenti a business differenti) ma accomunati da un tema263 unico che funga da
collante264.
L’ipotesi di fondo di Pine e Gilmore sostanzialmente è la seguente: le imprese e i sistemi
d’offerta per essere competitivi nel XXI secolo dovranno avere nel loro portafoglio d’offerta
dei prodotti esperienze e dei prodotti trasformazione.
5.5
Economia delle esperienze vs marketing esperienziale?
Il “marketing esperienziale” teorizzato da Schmitt si differenzia, a nostro avviso,
dall’impostazione dell’economia delle esperienze di Pine e Gilmore [2000] poiché pone
l’attenzione sull’esperienza del consumo e non sull’esperienza come prodotto265. Obiettivo
primario della strategia di marketing esperienziale è, infatti, quello di individuare che tipo di
esperienza valorizzerà al meglio i beni e i servizi dell’impresa.
A tale proposito Pine e Gilmore ritengono che non è loro obiettivo occuparsi di “experiencial
marketing” o di un nuove formule di marketing266, poiché l’economia delle esperienze non
consiste nel trovare nuove formule per comunicare con il cliente, ma semplicemente nel dare
al cliente ciò che lui vuole: l’esperienza. Essi arrivano infatti a sostenere che: “As Peter
Drucker rightly articulated in The Practice of Management, <The aim of marketing is make
selling superfluous>. To that we add: the aim of experiences is to make marketing
superfluous. For this work, it’s crucial that the experiences you create be treated as distinct
l’utilizzarli memorabile. Qualsiasi bene può essere esperienziato.” [2000, p.19]. Questa è in definitiva, anche se in altri
termini, la posizione del marketing esperienziale [§5.2].
263
Codeluppi [2001], interessanti sembrano anche i collegamenti con il marketing tribale [Badot e Cova, 2003] in cui il tema
rappresenta la passione della “tribù”;
264
In questa direzione sembrano muoversi i punti vendita tematici o concept store. Secondo Codeluppi [2001, p.405] sono
“Dei luoghi le cui componenti ruotano attorno ad un unica tematica e dove prima dei prodotti ciò che si vuole vendere è la
gratificante esperienza che il consumatore può provare nel negozio stesso, che deve esprimere una vera e propria filosofia
dell’azienda, messa in scena in maniera spettacolare attraverso un particolare arredo.”
265
“These three phenomena represent (The Omnipresence of Information Technology, The Supremacy of the Brand, The
Ubiquity of Communications and Entertainment, ndr) the early sings of an entirely new approach to marketing, if not to
business as a whole.” Schmitt, 1999, p.54.
266
“We see many companies today foundering in how to market their offering thatks to the demise of mass markets, the
ineffectiveness (and unmeasurability) of advertising, and the seeming failure of using the World Wide Web as an effective
marketing vehicle. That’s why we also see a plethora of “adjective-based” marketing ideas: to name just a few, think of
guerrilla marketing, permission marketing, viral marketing, even emotion marketing and emotional marketing. Each type
may have something valuable to say, but never really addresses the heart to problem: People have become relatively immune
to messages targeted at them. The way to reach your customers is to create an experience within them. To be clear, we’re not
talking about <experiential marketing> - making your marketing promotions more experiential. That’s all well and good, but
as yet another adjective-based idea it only affects marketing materials around the edges. We are talking about a
fundamentally new way of attracting and retaining your customers through creating new experience offerings. Its not about
experience marketing, but rather marketing experience.” Pine e Gilmore [2002, p. 5].
143
Fabio Forlani
economic offerings, not as a marketing exercise alone that engage your customers and create
memories within them.” [Pine e Gilmore, 2002, p.5].
Evidenziato quindi che esiste una profonda differenza fra il marketing esperienziale di
Schmitt e l’economia delle esperinze di Pine e Gilmore, cercheremo ora d’inserire queste due
prospettive all’interno di un quadro unitario. Si ritiene, infatti, possibile collocare le due
impostazioni nel continuum esperienziale di fig. 5.10 [Filser, 2002]267.
Fig. 5.10 – Il continuum esperienziale
Contenuto
esperienziale
debole
Beni e servizi a
contenuto
prevalentemente
funzionale
Beni e servizi ad
arricchimento (con
rivestimento
esperienziale)
Prodotti esperienze
Contenuto
esperienziale
forte
Fonte: nostra elaborazione su Filser [2002] in Carù e Cova [2003].
All’estremo sinistro del continuum si trovano i beni o più genericamente i prodotti a
contenuto esperienziale debole per i quali predomina il contenuto funzionale; all’altro estremo
si trovano invece i prodotti esperienze. Nelle posizioni centrali possono trovare collocazione
vari prodotti (beni e servizi) che hanno <un rivestimento esperienziale>.
In questo quadro è possibile collocare il modello di Schmitt in posizione intermedia (modello
manageriale finalizzato a creare prodotti con rivestimento esperienziale) e collocare il
modello di Pine e Gilmore nell’estremo con contenuto esperienziale forte (modello
manageriale finalizzato a creare prodotti-esperienza).
Possiamo però dare anche un’altra chiave di lettura al fenomeno. Parlando della teoria dei
sistemi complessi dinamici [vds cap.2] avevamo infatti visto che l’evoluzione avviene per
autorganizzazione268 e per scalini di complessità. In particolare si è visto che nell’evoluzione
si alternano continuamente due fenomeni, l’emergenza di un nuovo livello gerarchico e le
radiazioni all’interno di tale livello, fino a quando non si supera una soglia critica di
complessità e non emerge il livello gerarchico successivo [Gandolfi, 1999, p.123]. In base a
teli teorie evolutive possiamo per cui ipotizzare che la progressione del valore economico
altro non sia che la scala evolutiva lungo la quale si sono spostate le imprese nel XX secolo.
Le imprese, salendo i livelli di complessità, sono passate da forme d’offerta economiche
semplici (commodity) a forme d’offerta più complesse (beni, servizi ed ora esperienze). In
questa prospettiva, le politiche di differenziazione, in questo quadro, altro non sono che la
faccia economica-aziendale del fenomeno della radiazione.
In questa prospettiva il modello di Pine e Gilmore, pare allora avere potenzialità molto
superiori a quello di Schmitt. Esso, infatti, non affronta il problema operativo e contingente
della differenziazione, ma quello strategico della necessità di salire verso forme d’offerta a
maggior complessità e a maggior valore per il cliente (diversificazione).
267
Citato in Carù e Cova [2003].
“Non è solo la selezione naturale che determina il percorso evolutivo. La selezione naturale può agire solo come filtro in
un sistema che presenta sufficiente variabilità interna, favorendo alcuni elementi del sistema a scapito di altri; si tratta quindi
di un processo <distruttivo>, di sfoltimento (intelligente) della variabilità. Gli esseri viventi in quanto sistemi altamente
complessi hanno invece la capacità di creare nuove strutture, nuove funzionalità, nuovi comportamenti mediante
l’autorganizzazione di elementi già presenti. Un processo creativo dunque. (…) < ci sono solo due modo per creare cose
estremamente complesse: uno è l’ingegneria, l’altro è l’evoluzione. E dei due è l’evoluzione che crea le cose più complesse>”
Gandolfi [1999, p.121]
268
144
Esperienze, Marketing e Territorio
Fig 5.11 – Marketing esperienziale vs Economia delle esperienze ?
Livello delle
esperienze
Emergenza
Livello dei
servizi
Radiazione
Emergenza
Livello dei beni
Fonte: nostra elaborazione
Per concludere questa parte vorremmo segnalare che, ad oggi in Italia, sia il marketing
esperienziale sia l’economia delle esperienze vengono affrontati con diffidenza dagli studiosi
italiani e internazionali. Fra gli autori più autorevoli che hanno evidenziato perplessità
(tecniche e morali) nell’utilizzabilità del concetto di prodotto-esperienza e nell’inserimento
dell’esperienza umana nelle pratiche economico aziendali vedasi Rifking [2000], Ritzer
[1999], Carù e Cova [2003], Brunetti [2004].
5.6
L’azienda e il modello teatrale: da business a show business ?
“Nell’Economia delle esperienze. Gli attori di tutti i tipi – dirigenti, manager e altri lavoratori
– devono considerare il proprio lavoro in una prospettiva diversa. Il lavoro è teatro. Pensateci.
Fate una pausa. Riflettete. E adesso ditelo ad alta voce: il lavoro è teatro. […] Non intendiamo
presentare il lavoro come se fosse teatro. Non è una metafora, bensì un modello.” Pine e
Gilmore [2000, p.126]
Pine e Glmore nel loro libro il cui titolo originale è “The Experience Economy. Work Is
Theatre & Every Business a Stage”, focalizzano la loro attenzione sulla “natura
essenzialmente drammatica dell’impresa”.
In questo lavoro, si condivide solo parzialmente tale impostazione, poiché si ritiene che a
cambiare nell’economia delle esperienze non è la natura stessa del sistema impresa ma la
natura del prodotto (output) che l’impresa trasferisce all’ambiente.
In questa prospettiva, appare prematuro assumere a riferimento della gestione d’impresa (nel
suo complesso) il modello teatrale. Si ritiene infatti che, in prima battuta, deve subire una
145
Fabio Forlani
profonda trasformazione la gestione del sistema di produzione269 e non le teorie a riferimento
dell’economia e gestione dell’impresa. Queste ultime, casomai, subiranno delle modifiche,
forse inavitabili, che discendono dalla necessità di rivedere la produzione. Verremmo
sottolineare, però che allo stato attuale, su tali aspetti, non ci sono evidenze empiriche di un
qualche rilievo.
In questa sede, quindi, si utilizzerà il modello teatrale, ma esso sarà assunto a riferimento
nella progettazione e produzione (messa in scena) dei prodotti-esperienze, per le altre attività
manageriali e di marketing si farà riferimento alla letteratura di economia e gestione dei
sistemi imprenditoriali [vds cap.3 e cap.4].
La parola teatro deriva dal greco “theatron” da “theasthai” che significa guardare come
spettatore270. Effettivamente il teatro è un luogo dove lo spettatore è nell’atto di “spectare”
cioè guardare con attenzione.
Peter Brook, famoso regista, ha dichiarato: “posso prendere qualsiasi spazio vuoto e definirlo
un nudo palcoscenico. Un uomo attraversa questo spazio vuoto mentre qualcun altro lo
osserva, e questo è tutto ciò che è necessario per cominciare un’azione teatrale”271.
Definito il teatro in questo modo, la conseguenza logica è che “Anche quelle imprese che non
mettono in scena delle esperienze devono capire che ogni qualvolta un dipendente lavora di
fronte ai clienti ha luogo un atto teatrale. Che cosa dovrebbe accadere su quel palcoscenico, e
cosa dovrebbe essere relegato al dietro le quinte? […] Quali sono le azioni che rendono
avvincente il teatro? […]”Pine e Gilmore [2000, p.126] si può inoltre aggiungere chi sono gli
attori? e ancora chi è il regista, lo scenografo, i tecnici, ecc?
In questa prospettiva quindi l’offerta è lo spettacolo. Lo spettacolo è il valore creato dalle
imprese per i loro clienti. In questo senso è allora possibile affermare che le imprese che
vogliono entrare nell’economia delle esperienze dovranno divenire imprese che producono
eventi, performance finalizzate a far vivere delle emozioni ai loro clienti. In definitiva queste
imprese diverranno imprese dello spettacolo e non sembra sbagliato, quindi parlare di show
business.
Stabilito questo, bisogna che non si fraintenda l’utilizzo del termine recitazione,
attribuendogli l’accezione negativa di proporre una visione finta o falsa delle cose e del
mondo272.
Vorremmo, quindi, chiarire che nella nostra prospettiva si recita quando si agisce
consapevolmente per entrare in contatto con un pubblico. Recitare non è allora fingere di
essere qualcuno o qualcos’altro, anzi, consiste nel fare scoperte interiori, attingere a un
patrimonio personale di esperienze di vita e utilizzare tali esperienze per creare un
personaggio credibile per il ruolo che si è accettato273. Recitare bene, allora, significa non far
mai percepire che si è dentro un personaggio, ma comportarsi coerentemente con il
269
Troviamo conferme sull’utilità del teatro per il management delle imprese di servizi anche da Grove, Fisk e Bitter [1997].
Occorre, però, evidenziare che questi autori ritengono che il teatro sia una metafora e non un modello.
270
Dizionario etimologico della lingua italiana. Tristano Bolelli Editore.
271
Peter Brook, The empty space, Touchstone New York, 1968, p. 9 in Pine e Gilmore [2000 p.129].
272
Sull’esistenza di un modo “vero” nella prospettiva sistemica vedasi i cap.1 e 2.
273
Il segno evidente di una cattiva recitazione è per un attore ricordare costantemente al pubblico che lui sta recitando. Solo
quando un attore è scarsamente preparato a recitare il pubblico percepisce il suo comportamento come finzione. Il grande
attore russo Michail Cechov lo spiegò in questo modo: “L’attore di talento legge il testo. Il non attore, o l’attore viziato, legge
lo stesso testo. Qual è la differenza tra i due modi di leggere? Il non attore legge in modo assolutamente oggettivo. Gli eventi,
le azioni e i personaggi non toccano la sua vita interiore. Egli comprende la trama e la segue come un osservatore, un
outsider. L’attore legge in modo soggettivo. Legge attraverso il testo e così facendo inevitabilmente assapora la propria
reazione agli avvenimenti del teso teatrale, la propria Volontà, i propri Sentimenti, e le proprie Idee. Il testo, la trama per lui
sono solo un pretesto per manifestare, per sperimentare le ricchezze del suo talento, il suo desiderio di recitare.” Michail
Cechov, All’attore. Sulla tecnica di recitarezione, citato in Pine e Gilmore [2000, p. 136].
146
Esperienze, Marketing e Territorio
personaggio. Come dice Eric Morris274 “Per generazioni, nel teatro il concetto diffuso con più
convinzione è stato che <l’attore diviene il personaggio>. Questo significherebbe che l’attore
assume o acquista il comportamento, le idiosincrasie, i pensieri e gli impulsi di un particolare
personaggio di un’opera teatrale. Ma io credo che sia vero il contrario: è il personaggio che
diventa te!”, possiamo quindi affermare che lo schema del personaggio si “incarna” nel
l’attore che lo interpreta. Riprendendo quanto visto in precedenza parlando di emergenza
dell’esperienza umana, si può sostenere che il personaggio poggia sulla struttura dell’uomo
(attore) e quindi che il personaggio emerga dall’uomo-attore275.
Nella prospettiva teatrale l’offerta dell’impresa, la performance, deve essere considerata
come un atto teatrale offerto su un palcoscenico, e deve essere gestito dalla compagnia
“teatrale”.
Fig. 5.12 – Il prodotto esperienza (The service experience as drama)
Palcoscenico
(Setting)
Attore
(Actors)
Spettacolo
(Performance)
Pubblico
(Audience)
Fonte: adattato da Grove, Fisk, Bitner, [1997, p. 74].
Il modello teatrale incorpora i tre elementi specifici del marketing dei servizi (Persone,
Processi, Ambiente fisico) e risulta quindi, anche da questa prospettiva, un valido strumento
per analizzare i prodotti esperienze [Grove, Fisk, Bitner, 1997].
Fra i modelli teatrali quello che sembra fornire maggiori indicazioni manageriale sembra
essere il modello rappresentazionale, sviluppato da Richard Schechner per capire i diversi tipi
di “azione scenica”. Esso è centrato su quattro concetti276:
1. il dramma (o trama)277, che risulta centrale per l’intera struttura, consistente in “un testo
scritto , partitura, scenario, istruzioni, piano o mappa. Il dramma può spostarsi da un luogo
all’altro o da un tempo a un altro indipendentemente dalla persona o dalle persone che lo
trasportano” Il dramma illustra il tema dell’esperienza a uso interno, informando gli attori
sul cosa fare;
2. il copione, è “tutto ciò che può essere trasmesso di tempo in tempo e di luogo in luogo; il
codice di base degli eventi” che “pre-esiste a qualsiasi data azione scenica”. Il copione,
274
Citato in Pine e Gilmore [2000, p. 137].
“Quando assorbite il personaggio nella vostra persona, tutto ciò che siete nei termini del vostro modo unico di relazionarvi
con il mondo, i vostri impulsi, pensieri e reazioni, sarà compreso in tutto ciò che fa. È così che un attore compie un’ unica e
personale affermazione attraverso ogni parte che recita”. Eric Morris citato in Pine e Gilmore [2000, p. 138].
276
Schechner, Performance theory, in Pine e Gilmore [2000 p. 132-133].
277
Secondo Pine e Gilmore [2000, p. 127] “Il concetto di trama di Aristotele – ciò che lui definiva “la disposizione degli
eventi” – forma la base di qualsiasi esperienza messa in scena e la sequenza di elementi necessari per creare l’impressione
desiderata. I componenti della trama - rovesciamenti sorprendenti, agnizioni, unità ed equilibrio degli eventi, ecc.) spiegano
in grande misura ciò che rende memorabile l’esperienza. Analogamente i prerequisiti da lui posti per una rappresentazione
convincente - buone scene, idoneità al ruolo interpretato, e coerenza del personaggio - delineano le qualifiche professionali
occorrenti a chiunque abbia una parte nella messa in scena di un’esperienza.” .
275
147
Fabio Forlani
allora, trasmette il dramma, in modi che trascendono specifici momenti, fatti o
convenzioni;
3. il teatro, è “l’evento messo in atto da uno specifico gruppo di attori; ciò che gli attori
fanno effettivamente durante la produzione (…) la manifestazione e/o la rappresentazione
del dramma e/o del copione”;
4. la performance, “è l’intera costellazione di eventi, la maggior parte dei quali passa
inosservata, che hanno luogo sia tra gli attori e l’audiance sia all’interno degli attori e del
pubblico dal momento in cui il primo spettatore entra nel campo della performance fino al
momento in cui l’ultimo spettatore se ne và”.
Fig. 5.13 – Il modello rappresentazionale di Schechner
Performance
Teatro
Copione
Dramma
Fonte: Schechner in Pine e Gilmore, 2000, p.135.
Secondo tale modello il teatro (evento messo in scena dagli attori) è vincolato all’interno dal
copione e all’esterno dalla performance. Analizzando il modo in cui la performance e il
copione cambiano, ossia, se siano dinamici (emergenti) o stabili (predeterminati) si possono
individuare varie forme di teatro e quindi di offerta teatrale.
Fra tutte le possibili forme di teatro limiteremo la nostra analisi alle tre che, in questa sede si
ritengono più significative: Teatro Classico278, Teatro dell’arte279, Teatro
dell’improvvisazione280.
Fig. 5.14: Le forme di teatro.
278
Per Teatro Classico o di prosa s’intende, in generale, il teatro che oggi è maggiormente rappresentato. Si parla così di
commedie, tragedie o quant’altro viene eseguito in spazi dedicati, come i teatri all’italiana, in cui vi è una separazione netta
tra il palcoscenico, in cui si esibiscono gli attori, e la platea in cui siede il pubblico. Si porta come esempio il teatro di W.
Shekespeare, il teatro di Goldoni, per citare qualche classico di teatro di prosa tradizionale. In questi spettacoli emerge
chiaramente sul materiale pubblicitario il “marchio” dell’autore e del regista: scritto da … , regia di … Una delle principali
compagnie italiane descrive la propria performance “Chioma” nel seguente modo: “Il regista, la drammaturga ed un attrice: la
Valdoca si è ridotta all’osso per indagare quella che è forse la più difficile delle imprese teatrali, il monologo.” (Materiale
promozionale, TeatroAltrove, febbraio-marzo 2001, Urbino).
279
Nella commedia dell’arte (oggi si trovano elementi nel teatro di strada) gli attori mediano tra l’esigenza di avere dei
“numeri” pronti ed efficaci e quella di poter offrire uno spettacolo mutevole che, in base all’atmosfera che si crea, si adatti al
tipo di piazza e di pubblico. Si crea così una struttura flessibile, che potremmo definire modulare, in cui gli attori partendo da
un canovaccio (struttura che sviluppa in modo grezzo il tema, diventando l’ossatura della trama) assemblano quei numeri che
sul momento vengono ritenuti più efficaci.
280
Esistono, oggi, spettacoli totalmente improvvisati come i match d’improvvisazione teatrale dove gli attori sviluppano
capacità di relazione e interazione tali da poter creare attraverso una regia collettiva delle storie o trame sulla base di
informazioni o titoli forniti dal pubblico.
148
Esperienze, Marketing e Territorio
Emergente
Teatro dell’
improvvisazione
Teatro
dell’arte
Performance
Teatro
Classico
Stabile
Predeterminato
Copione
Assente
Fonte: adattato da Pine e Gilmore [2000, p.152]
La misura della variabilità del copione, ossia se “emerge” dall’interazione e dalla volontà
degli attori quando agiscono sul palcoscenico o se invece è predeterminato (statico),
determinerà anche la misura della variabilità della performance. La rigidità del copione
determina, quindi, le diverse modalità d’azione sul palcoscenico, i diversi modi di recintare e
di fare teatro.
L’utilizzo del termine copione è però fuorviante, perché porta a pensare che esso sia
indispensabile. Nella storia del teatro, invece, sono diverse le modalità alternative al copione
utilizzate per organizzare gli eventi al fine di fare emerge una performance dotata di
significato. Fra le modalità organizzative utilizzate (con successo soprattutto in passato)
segnaliamo il canovaccio e l’improvvisazione.
Fig. 5.15: Copione – Canovaccio - Improvvisazione
Assente
Improvvisazione
Copione
Canovaccio
Copione
Predeterminato
Stabile
Trama
Emergente
Fonte nostra elaborazione
I due schemi sollevano due questioni differenti che il management deve affrontare.
Innanzitutto si deve stabilire il grado di variabilità della trama che si vuole (o si può)
affrontare (fig. 5.13), quindi si deve scegliere la forma di teatro che rende possibile la messa
in scena dello spettacolo ideato. La scelta della forma di teatro porta, inoltre, ad affrontare il
tema del coordinamento degli attori e quindi della necessità o meno della presenza di un
regista. Tali temi verranno aproffonditi nel cap.6 con riferimento alle esperienze teatrali.
Per concludere, l’applicazione “spinta” del modello teatrale ci porta a sostenere che non
esistono finte esperienze, poiché essendo l’esperienza un prodotto emergente, essa è sempre
149
Fabio Forlani
in qualche modo co-prodotta dal cliente-ospite-attore-spettatore281. L’impresa che mette in
scena esperienze non fa altro che fornire le condizioni affinché queste emergano. Tali
condizioni possono essere di diversa natura, in base alle scelte aziendali e alle scelte del
consumatore. Ci possono essere esperienze che nascono da un copione rigido e
predeterminato (package), altre che nascono da un canovaccio e altre ancora che vengono
improvvisate. La storia del teatro ci ha insegnato che non esistono soluzioni “migliori”, ma
che a seconda del diverso contesto sia possibile scegliere fra le diverse modalità
organizzative-produttive di messa in scena.
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281
Si chiarisce così che molte delle critiche apportate genericamente all’economia delle esperienze in effetti altro non siano
che perplessità su di uno specifico modello, quello del teatro classico che lavora su copione (package): “Ciò che può essere
venduto dall’impresa è un occasione di esperienza, di vissuto emozionale attorno al consumo e non un package in cui tutto
sia completamente programmato. Il consumatore può così sperimentare un processo di sviluppo della propria identità,
attribuendo al prodotto, al servizio o allo spazio un senso che gli sono propri: in altri termini, può esplorare l’offerta a suo
modo. C’è dunque un appropriazione dell’esperienza quando il consumatore percepisce se stesso come attore centrale del suo
processo di consumo, quando sente la possibilità che le sue idee e i suoi comportamenti possano orientare la sua attività e non
siano vincolate da programmi rigidi, quando realizza che ciò che consuma è qualcosa di unico, il risultato della
capitalizzazione delle sue emozioni, legate alle sue competenze. Il tutto in un quadro favorevole e rassicurante, in cui la
marca e l’insegna sono percepite come garanzie non costrittive. (…) un esperienza non si acquista, si vive: e solo il cliente ha
la competenza di plasmare tale vissuto. Di conseguenza, la migliore opportunità per un’impresa che si muove nella direzione
esperienziale è quella di offrire un potenziale di esperienza, una vera e propria piattaforma esperienziale composta di
elementi diffusi ai quali il consumatore darà forma: è necessario lasciare che quest’ultimo si costruisca l’esperienza da solo o
con altre persone, a partire dai frammenti sparsi che sono i prodotti e servizi offerti dal mercato ma anche da frammenti che
possano essere portati da altre modalità di approvvigionamento.” Carù e Cova [2003]. “La questione di fondo perciò è che in
sostanza all’individuo viene chiesto di aderire passivamente ad un qualcosa che nelle sue linee fondamentali è stato deciso,
organizzato e confezionato da altri. Anche se spesso il cliente può scegliere o personalizzare la propria esperienza, tuttavia è
chiaro che si tratta di una discrezionalità che si muove all’interno di un contesto assolutamente predefinito. E’ abbastanza
comprensibile che in una situazione di tal genere gli individui finiscano per – o almeno corrano seri rischi di – perdere la loro
autonoma capacità di decidere, organizzare, preparare, come pure, con l‘andare del tempo gli stimoli per farlo. In tal modo
forse eccessivamente pessimistico, si potrebbe così dire che, nello stadio conclusivo dell’Economia delle Esperienze, si possa
pervenire a quello che si configurerebbe come un esito alquanto grave: la deresponsabilizzazione delle persone nei riguardi
della loro stessa vita.” Brunetti [2004, p.75]. Questa autolimitazione imprenditoriale ad un solo modello di messa in scena
(tra l’altro che si focalizza sul business dei servizi) appare però, in questa sede, inaccettabile dal punto di vista economicoaziendale. Per approfondimenti dell’analisi critica all’economia delle esperienze vedasi anche Ritzer [1999], Rifkin [2000].
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152
Esperienze, Marketing e Territorio
VI
IL PRODOTTO TURISTICO: DA PRODOTTO TURISTICO GLOBALE A
ESPERIENZA TURISTICA
153
Fabio Forlani
“L’espressione più potente e visibile delle nuova economia delle esperienze è il turismo
globale: una forma di produzione culturale emersa, ai margini della vita economica, appena
mezzo secolo fa, per diventare rapidamente una delle più importanti industrie del mondo. Il
turismo non è altro che la mercificazione di un’esperienza culturale.” Rifkin [2000, p. 193195];
6.1
Il fenomeno turismo nella prospettiva dell’economia dell’esperienza
In questa sezione del lavoro si cercherà di approfondire il concetto di esperienza turistica
introdotto in Pencarelli e Forlani [2002]. Si cercherà, così, di rileggere il fenomeno turismo282
cercando di descrivere i tre elementi chiave del sistema turistico: la produzione turistica, i
destinatari della produzione (turista o ospite) e l’oggetto della produzione (l’output creato dal
sistema).
Questa analisi, coerentemente con la prospettiva di marketing assunta in questo studio, partirà
dall’analisi del destinatario finale della produzione turistica: le persone (turisti o ospiti).
Partendo dalla definizione di turismo si può quindi passare dal concetto generico di
viaggiatore o quello più specifico di turista prendendo in considerazione le seguenti variabili:
la volontarietà del viaggio, la durata dello spostamento.
La volontarietà del viaggio porta a identificare nel turista solamente chi viaggia
volontariamente a seguito di una libera scelta. Nella definizione di turismo si escludono così i
viaggi compiuti forzatamente dalla persona, vale a dire gli spostamenti che questa
intraprende non per effetto della sua volontà, ma perché costretta da fattori esterni (esiliati,
rifugiati politici, emigrati).
In funzione della durata dello spostamento si definisce più specificatamente turista chi
viaggia effettuando almeno un pernottamento fuori dall’abituale residenza. Mentre si
definisce escursionista la persona che viaggia senza effettuare nessun pernottamento fuori
casa.
Si può, inoltre, discriminare fra le diverse tipologie di turista analizzando la motivazione
principale sottostante la decisione di viaggiare. E’ possibile, in questo modo, distinguere in
base alla presenza di una finalizzazione esterna od interna al viaggio stesso283. Nel caso in cui
la persona che viaggia abbia una motivazione strumentale (in quanto posta al di fuori di colui
che si sposta, come esigenze di lavoro, di studio, di cura, di visita ad amici o parenti, religiose
ecc.) si parlerà di turismo strumentale o in senso lato. Mentre si parlerà di turismo di
vacanza o in senso stretto se la persona viaggia in modo non asservito ad uno scopo che non
sia quello del suo benessere e della sua realizzazione.
Figura 6.1 - Dal viaggiatore al Turista in senso stretto
VIAGGIATORE
282
Come evidenziato da Pencarelli “Negli ultimi 40 anni è cresciuto enormemente il numero di persone che abitualmente
impiega il proprio tempo libero in pratiche turistiche. Il turismo si è così progressivamente trasformato da fenomeno elitario a
forma di agire diffuso e di massa [Metallo, 1984, p. 27], coinvolgendo così fasce sempre più ampie e differenziate della
popolazione mondiale per diventare un bene di cittadinanza delle società occidentali industrializzate [Alberoni, 1964].
Parallelamente all’incremento quantitativo del fenomeno turistico si è assistito all’espandersi della varietà e della variabilità
dei comportamenti di consumo turistico, come del resto si sono moltiplicate le occasioni e le forme di fruizione del tempo
libero” Pencarelli e Forlani [2002, p.236]. Per una maggiore qualificazione del concetto di tempo libero e sulle implicazioni
economiche e di marketing che esso assume, cfr Resciniti [2002]. L’Autore (p. 21) definisce il tempo libero “il tempo di vita
complementare a quello dedicato al lavoro, di cui l’individuo può disporre con discrezionalità di scelta in maniera più o
meno attiva per fini creativi o ricreativi”. Per un confronto su alcune definizioni di tempo linero vds Valdani e Guenzi
[1998].
283
Brunetti [1999, pag. 45].
154
Esperienze, Marketing e Territorio
Volontarietà
no
sì
Pernottamento
no
NON TURISTA
Esiliato
Rifugiato Politico
Emigrato
ESCURSIONISTA
sì
TURISTA
Motivazion
Motivazione
e
Strumentale
Non strumentale
IN SENSO LATO
Affari
Studio
Malattia
Pellegrinaggio
ecc
IN SENSO
STRETTO
Culturale
Di svago
Ecc.
Fonte: nostra elaborazione su Brunetti [1999, p. 46].
In base alla schematizzazione appena effettuata si può per cui definire284:
Escursionista la persona che viaggia volontariamente ma senza pernottare lontano da
casa.
Turista in senso lato la persona che compie un viaggio volontario, effettuando
almeno un pernottamento lontano da casa, come strumento o mezzo per il
raggiungimento di uno specifico scopo che non sia il piacere del viaggio stesso.
Turista in senso stretto285 la persona che viaggia volontariamente, effettuando
almeno un pernottamento lontano da casa, per meri motivi di piacere personale.
Nel proseguo del lavoro si assumerà come oggetto principale di studio il turismo in senso
stretto o di vacanza. In ogni caso, per una analisi corretta del fenomeno turistico è sempre
necessario esplicitare innanzitutto i bisogni286 e le motivazioni287 (scopo o fine) espressi dalle
persone che viaggiano.
284
La definizione adottata di turismo è in linea con la definizione di Turismo adottata dalla World Tourism Organization. Lo
sviluppo di questa nella definizione di Turismo in senso stretto riprende invece la definizione di Brunetti [1999, p. 46],
rispetto al quale non si ritiene però di poter inserire il turismo d’affari nel Turismo in senso lato o strumentale. Per
l’escursionista è possibile fare una distinzione analoga (in senso lato, in senso stretto) in base alla presenza o meno di
strumentalità del viaggio.
285
Nel seguito dello studio il turismo in senso stretto o di vacanza verrà chiamato anche semplicemente vacanza.
286
“In uno studio condotto in ottica economico-manageriale, il tentativo di risalire fino al bisogno che sta all’origine del
turismo si impone in relazione alla centralità della figura del turista nell’ambito dell’attività turistica ed alla importanza insita
nella conoscenza delle sue esigenze profonde per impostare e realizzare prodotti e servizi adatti da parte delle organizzazioni
interessate. Solo avendo consapevolezza delle forze che stanno effettivamente alla base del movimento dei viaggiatori, i
soggetti coinvolti nella produzione turistica appaiono infatti nelle condizioni di approntare le soluzioni in grado di dare
155
Fabio Forlani
Dallo studio di Brunetti emerge che :
“Il bisogno turistico deriva fondamentalmente, dalla necessità, che l’uomo di tanto in tanto
avverte, di evadere in modo netto dalla vita ordinaria, così da creare una discontinuità
sufficientemente percepibile rispetto alla routine di tutti i giorni, e contestualmente da una
ragionevole sicurezza intorno alla prospettiva del ritorno.”288
Successivamente, lo stesso autore, specifica anche il tipo di discontinuità: “I ritmi accelerati e
dettati da altri tipici della produzione industriale (dalla produzione di massa in generale e
dalla logica delle economie di scala, ndr) fanno cioè si che più impellente sia il bisogno di
spazi e tempi rallentati o comunque gestiti in autonomia entro cui l’individuo possa vivere
nel modo a lui più congeniale seguendo esclusivamente le proprie propensioni, attitudini e
stati d’animo”289.
Il bisogno turistico così descritto è una materia psicologicamente ancora troppo grezza per
tradursi in comportamenti concreti, per arrivare a questo stadio esso deve venire esplicitato
dalle motivazioni, che possono essere intese appunto come le forze vettoriali che portano in
superficie il bisogno turistico:
“Le motivazioni290 appaiono cioè come l’estrinsecazione specifica e consapevole del più
generale e latente bisogno turistico, le sembianze con cui esso si manifesta esteriormente, le
giustificazioni che traducono le pulsioni profonde in esigenze di tempo, di luogo e di modalità
di viaggio circostanziate.”291
Avendo ristretto lo studio al solo turismo in senso stretto o di vacanza, le motivazioni
risulteranno collegate alle modalità di impiego del tempo libero. In questa ottica le
motivazioni dell’attività turistica di vacanza possono venire suddivise in due grandi classi292:
Motivazioni o desideri di svago, che si manifestano nella ricerca del divertimento,
svago e riposo.
Motivazioni o desideri culturali, che si manifestano nell’istanza di conoscenza, di
apprendimento, di novità.
In estrema sintesi si può quindi affermare che il comportamento turistico è originato da una
molteplicità di bisogni, che trovano sintesi nell’esigenza di varietà esistenziale
temporanea293 (o necessità di “cambiar aria”) delle persone, disposte ad investire le risorse di
risposta adeguata o quantomeno di non assumere prospettive di valutazione errate in modo grossolano.” Brunetti [1999, p.
126].
287
La motivazione gioca un ruolo fondamentale all’interno del processo decisionale del turista, in quanto è ciò in cui si
condensa la finalità dichiaratamente attribuita al viaggio. La conoscenza della stessa permette , nel caso sia possibile
riconoscere la preponderanza di una data motivazione nei turisti ospitati, di adattare l’esperienza e i servizi forniti in
funzione delle esigenze associabili alla motivazione manifestata dai soggetti stessi.
288
“La radice fondamentale del bisogno turistico può essere rintracciata in un “groviglio” di stati tanto fisici quanto psichici,
che portano l’individuo alla ricerca di un cambiamento generalizzato, di una interruzione nel fluire dell’esistenza quotidiana,
di una modificazione dei canoni ordinari di vita, nella convinzione, peraltro indispensabile, che il distacco dal proprio modo
di essere abituale non sia definitivo ma temporaneo” Brunetti [1999, p.126-127]. Su tale tema cfr anche Dall’Ara [1995].
289
Brunetti [1999, pag.130].
290
A nostro avviso sarebbe più opportuno utilizzare il termine desideri, in quanto come evidenziato nelle pagine precedenti
[§4.2] “I desideri umani sono costituiti dall’individuazione di qualcosa di specifico in grado di soddisfare i bisogni più
profondi”.
291
“L’indistinta necessità di intensi cambiamento e novità, nucleo originario da cui sprigiona il bisogno turistico, trova cioè
concreta espressione nella volontà di viaggiare per visitare un certo luogo di interesse culturale, per raggiungere una località
amena dove divertirti in completo relax, per poter praticare l’attività ricreativa preferita, insomma per una qualsiasi delle
ragioni manifeste che spingono le persone a partire.” Brunetti [1999, p.133].
292
“Il criterio in base a cui è stata individuata la bipartizione tra motivazioni di piacere e culturali sembra possa essere dato
dalla dose di impegno intellettuale richiesta.” “le modalità di manifestazione della pulsione di fondo (“discontinuità”) appena
accennate non si escutono a vicenda, al contrario, esse possono coesistere e difatti coesistono intrecciate tra loro.” “Possono
venire intese come due poli estremi entro cui si trova un continuum di situazioni, che nella realtà sono determinate sempre da
una combinazione delle due.” Brunetti [1999, p.135].
293
Secondo la Rossini [2003] infatti “ Numerose ricerche svolte a livello nazionale e internazionale mostrano che il processo
decisionale del turista nell’acquisto di una vacanza si snoda in diversi passi, fra i quali la scelta della destinazione si colloca a
156
Esperienze, Marketing e Territorio
tempo, energia e denaro nel viaggiare294, modalità ritenuta appropriata per il riequilibrio
esistenziale295 [Pencarelli e Forlani, 2002].
Figura 6.2 - Il bisogno e le motivazioni del viaggio per turismo
CULTURALE
BISOGNO
Necessità di “varietà
esistenziale
controllata”
DESIDERI o
MOTIVAZIONI
Vettori che portano in
superficie il bisogno
DI SVAGO
Fonte: nostra elaborazione su Brunetti [1999, p. 139].
Negli ultimi anni l’utilizzo del tempo libero e conseguentemente il turismo, sta assumendo
nuove forme e nuovi significati e risulta sempre più difficile identificare un comportamento
turistico “tipico”296, in letteratura sono state proposte numerose prospettive di lettura di tale
fenomeno297.
valle rispetto alla definizione del tipo di vacanza. Ciò che il turista desidera e sceglie è di svolgere determinate attività e
vivere particolari esperienze in specifici contesti ambientali: ovvero il turista sceglie prima il tipo di vacanza (il prodotto) che
desidera fare e solo successivamente la località adatta a soddisfare il bisogno di base (voglia di relax, arricchimento culturale,
ricerca del divertimento, ecc.) a cui vuole dare risposta.”.
294
Il viaggio è un comportamento di consumo complesso che si caratterizza come uno scambio socio-economico che avviene
in un tempo protratto e definito e che si concretizza in una molteplicità di componenti della domanda turistica: di servizi
ricettivi, di ristorazione, di trasporti, di accoglienza, di intrattenimento, di beni di consumo, ecc. Sui caratteri della domanda
cfr tra gli altri Metallo [1984], Sancetta [1995], Rispoli e Tamma [1996].
295
Si allude alla ricerca di emozioni e stati d’animo che portano o riportano l’individuo ad un equilibrio psico-fisico. Il valore
del viaggio è quindi da collegare alla capacità dello stesso di riequilibrare l’individuo che lo effettua.
296
Vds. AA.VV [2005].
297
Come evidenziato da Pencarelli in Pencarelli e Forlani [2002] “La multiforme realtà dei turisti può essere rappresentata
mediante un continuum di situazioni racchiuse fra due estremi [Poon, 1993; Pencarelli, 2001]:
- da un lato vi è la “clientela esperta”, formata di persone che hanno viaggiato molto, che sono informate e che sanno
informarsi. Tali persone solitamente sanno ciò che cercano e sono capaci di organizzarsi ed autoprodursi il proprio
viaggio con relativa facilità.
- dall’altro quello della “clientela non esperta”, composto da individui che hanno incominciato a fare vacanza
relativamente tardi, che hanno difficoltà a reperire informazioni non standardizzate ed omogeneizzate, che hanno
difficoltà a specificare le proprie preferenze e che preferiscono l’organizzazione preconfezionata
all’autorganizzazione. Tali persone sono generalmente attratte da formule di viaggio altamente standardizzate e
socialmente omologante.
Per approfondimenti sulle tipologie di turismo cfr. anche Corrigan [1999, cap.8], Martinengo e Savoja [1998], Cohen [1979],
Casarin [1996]. Corrigon distingue ad esempio tra viaggiatori e turisti in base alla capacità o no d’integrarsi con i nativi del
luogo e accedere al retroscena dell’esperienza turistica, oppure tra turisti e non turisti, comprendendo fra questi ultimi coloro
in possesso di adeguato capitale culturale ed economico per cercare ed ottenere dal viaggio esattamente quello che si cerca
(ecoturisti, turisti culturali, turisti alternativi, ecc.). Martinengo distingue tra turisti eterodiretti, di massa, alla ricerca di cose
da vedere e fotografare piuttosto che di cose reali (ipotesi della sight seeing theory), e turisti autodiretti, capaci di ritagliarsi
spazi di avventura e scoperta al di fuori della standardizzazione dei prodotti di massa. Diversamente dai turisti di massa,
passivi e condizionati, i turisti autodiretti sono alla ricerca di autenticità, scoperta mediante l’integrazione forte con la realtà
sociale del luogo visitato, non limitata all’incontro con gli ospitanti del front region, ma estesa con coloro che vivono nel
back region un’esistenza <<non turistica>>. Cohen [1979] distingue tra turismo ricreativo/diversivo, che risponde
all’esigenza di uscire dalla routine quotidiana dal turismo esperienziale /sperimentale, guidato dall’esigenza di fornire
risposte alla crisi dei valori delle società industriali. Savoja [1998, p.69] mette a confronto turisti di massa con turisti
alternativi, sottolineando però l’ambiguità e la caducità di siffatta distinzione, specie nell’attuale contesto di consumo ove, a
seguito della diffusione delle mode, ciò che è alternativo e distintivo oggi rischia di trasformarsi rapidamente in un
comportamento omologato e di massa. Casarin [1996, p.93] ricorda le molteplici motivazioni che spingono i turisti al viaggio
e, fra l’altro, la distinzione degli stili turistici effettuata dagli studi psicografici che classifica i turisti in psicocentrici, soggetti
che tendono a ricercare in vacanza quanto già trovano nel proprio ambiente domestico, e allocentrici, alla ricerca di
autenticità di luoghi e situazioni diverse da quelle vissute nel proprio ambiente domestico. L’Autore distingue anche tra
157
Fabio Forlani
Rinviando al proseguo del lavoro l’analisi del sistema di produzione, è opportuno ora
analizzare il prodotto creato dal sistema: il prodotto turistico.
Come evidenziato in Pencarelli e Forlani [2002, p.238] “secondo la visione corrente298, i vari
bisogni dei viaggiatori vengono soddisfatti da una molteplicità di prodotti turistici, derivanti
dalla differente combinazione di beni, servizi ed altri fattori contestuali e di ambiente allestiti
dall’offerta avvalendosi in varia misura del supporto informativo al fine di allineare la
differente prospettiva della domanda (prospettiva globale) e dell’offerta (prospettiva
specifica)299”.
In questo elaborato si assume, invece, il prodotto turistico come <<un prodotto-esperienza>>,
nel senso attribuito al termine da Pine e Gilmore [cfr. capitolo 5]. Estendendo il concetto di
esperienza al settore turistico, si definiscono esperienze turistiche gli eventi personali e
coinvolgenti che comportano uno spostamento spaziale e una durata temporale che
include un pernottamento.
L’accostamento della pratica turistica all’esperienza non è certamente una novità negli studi
sui fenomeni turistici300. L’innovazione concettuale, mutuata dagli studi di Pine e Gilmore,
consiste però nel considerare l’esperienza turistica al centro degli studi di matrice aziendale,
analizzandola nella sua dimensione economica. Si esplicita in tal modo come, sia dal lato
della domanda sia dal lato dell’offerta, l’esperienza turistica possa essere vista come una
proposta economica di ordine superiore al servizio (“oltre il servizio turistico”) [Pencarelli e
Forlani, 2002, p.243-244].
Utilizzando il concetto di prodotto-esperienza [vds cap.5] è quindi possibile fare un passo in
avanti nel dibattito sul rapporto tra domanda e offerta turistica [Pencarelli e Forlani, 2002,
p.245]. Ferme restando le diverse ottiche del produttore e del consumatore, il prodotto
turistico può essere qui considerato come il risultato di un’offerta sistemica di beni, servizi,
informazioni, attrazioni turistiche, ambiente, cultura,ecc. Tale output è, allora, a nostro avviso
meglio identificabile come l’esperienza di vita (possibilmente memorabile e coinvolgente) di
una persona in un dato luogo ed in un dato periodo.
D’altronde i turisti, quando viaggiano per svago, effettuano sempre un’esperienza di cui sono
alla ricerca più o meno consapevolmente. Per il sistema di produzione turistica (l’industria
turistica) si tratta quindi di porre questa esigenza di esperienze al centro delle azioni
manageriali e fornire alla clientela proposte economiche che, andando oltre il semplice mix di
beni e servizi, si indirizzino più decisamente e consapevolmente verso l’offerta di esperienze.
Questa sfida riguarda qualsiasi livello e comparto dell’industria turistica: singole aziende,
insieme di aziende o sistema turistico territoriale (distretto o località).
soggetti con dissimili livelli di percezione del rischio (high/low risk perceivers) e sottolinea come questo influenzi
significativamente il processo di acquisto e consumo turistico. Una rassegna di profili di turista è sviluppata anche in Della
Corte [2000].”
298
Cfr ad esempio, Borghesi [1994, p.17] e Rispoli e Tamma [1996, p.53]. In letteratura si riconosce inoltre la peculiarità del
prodotto turistico nella sua dimensione fortemente immateriale, per la quale il consumatore turista è costretto a verificare gli
attributi di prodotto (experience qualities e credence qualities) solo dopo l’acquisto ed il consumo [Casarin, 1996, p.78], non
riuscendo a verificare ex ante la qualità di quanto domandato.
299
Per un produttore turistico il prodotto turistico (specifico) è “un insieme integrato di servizi di composizione variabile, il
cui nucleo centrale caratterizza la produzione e il tipo di azienda turistica che lo offre”. [Casarin, 1996, p.52]. Per un turista il
prodotto turistico (globale) (p.47) “ è un insieme di fattori ambientali e strumentali definito prodotto turistico globale, nel
quale confluiscono: gli elementi d’attrazione nella destinazione e nelle aree di transito, i servizi e le facilities presso la
destinazione e nelle aree di transito, gli elementi d’accesso alla destinazione, l’immagine della destinazione, l’informazione.”
Sulle differenti prospettive del concetto di prodotto turistico si torna più avanti.
300
Come evidenziato in Pencarelli e Forlani [2002, p.242] molti autori di discipline turistiche utilizzano il termine
“esperienze” nel descrivere il processo di utilizzo dei servizi turistici. Fra questi Brunetti [1999, p.145] sostiene che: “tale
prodotto può venire identificato come una vera e propria esperienza, che il turista vive in prima persona (la connatazione del
prodotto turistico in termini di esperienza è riconosciuta da tutti gli autori cui si è fatto riferimento sull’argomento in
questione).”. Si questi temi si tornerà nel prossimo paragrafo.
158
Esperienze, Marketing e Territorio
Se si assume l’economia delle esperienze come nuova chiave di lettura del fenomeno turistico
è, in conclusione, possibile affermare che301:
• il turista, quando viaggia e soggiorna, non domanda semplicemente beni e servizi turistici
sciolti (approccio unbundling) o sotto forma di pacchetti (approccio bundling) ma
esperienze turistiche complesse, coinvolgenti, da vivere in modo personale e
partecipativo;
• l’esperienza turistica nasce dall’insieme di relazioni socioeconomiche che avvengono fra
un ospite e il complesso sistema di attori e relazioni connesse in qualche modo al territorio
ove si mette in scena lo “spettacolo” del turismo. Nel turismo i turisti-ospiti sono anche
partner–attori e il vero prodotto è dentro l’ospite, ovvero sono le sensazioni e le emozioni
vissute dal cliente a rappresentare l’output finale.
• l’industria turistica di un territorio è un sistema naturalmente predisposto ad offrire
esperienze economiche in grado di coinvolgere ed in prospettiva trasformare i clienti;
6.2
La necessità di un salto concettuale: da prodotto turistico globale ad esperienza
turistica.
Come evidenziato nel precedente paragrafo e in un precedente contributo [Pencarelli e
Forlani, 2002, p.242-243], l’accostamento della pratica turistica all’esperienza non è una
novità negli studi sui fenomeni turistici. Molti autori utilizzano, infatti, il termine
“esperienze” nel descrivere il processo di utilizzo dei servizi turistici o il concetto di prodotto
turistico nella prospettiva del consumatore302:
301
302
“Ciò che il turista cerca non si può dire sia il luogo in sé, quanto l’esperienza di viaggio e di soggiorno
che in quel luogo potrà vivere. La teoria ha già messo a disposizione da tempo uno strumento per
descrivere ed interpretare l’”oggetto” d’interesse del turista: il concetto di prodotto globale.” Tamma [2002,
p.18];
“Dal punto di vista della domanda, possiamo denominare prodotto turistico globale tutto l’insieme di
fattori di attrattiva in cui l’utilizzatore traduce – attraverso le sue motivazioni, la sua cultura, il suo sistema
di valori, la sua personalità, le sue condizioni socioeconomiche, il suo comportamento – la propria
“domanda. … Nella visione che stiamo considerando, il prodotto richiesto dall’utilizzatore non è infatti
riferito a questa o quella categoria di operatore turistico, ma al prodotto complessivo che risponde
<<all’esperienza turistica >> nel suo insieme” Rispoli e Tamma [1996, p.38];
“Il punto di riferimento del turista è tendenzialmente più composito, è un insieme di fattori ambientali e
strumentali definito prodotto turistico globale, nel quale confluiscono: gli elementi d’attrazione nella
destinazione e nelle aree di transito, i servizi e le facilities presso la destinazione e nelle aree di transito, gli
elementi d’accesso alla destinazione, l’immagine della destinazione, l’informazione.” Casarin [1996, p.47].
“Il consumatore di servizi per il tempo libero, infatti, acquista essenzialmente un’emozione,
un’esperienza.” Valdani e Guenzi [1998, p.13];
“ il viaggio romantico in Italia contiene un insegnamento che potremmo chiamare <<il valore di
un’esperienza preferenziale e consapevole>>“. Per molti viaggiatori romantici “Il viaggio risponde a
un’esigenza spirituale, a un’esigenza di scoperta che passa attraverso una <<transizione personale>>: il
viaggiatore vive l’esperienza di lasciarsi a ogni istante dietro di sé, per ritrovarsi ogni volta più nuovo,
spezzando le abitudini per esistere nelle dimensioni dell’avventura che è fonte di una costruzione via via
mutevole della propria autenticità” Sartorio [1998, p.13];
“il prodotto turistico rappresenta, dal lato della domanda, l’esperienza turistica globalmente vissuta
dall’utente, l’insieme delle percezioni generate dai servizi ricevuti e dall’apprezzamento delle attrattive
locali.” Della Corte [2000, p.5];
“Per prodotto turistico globale si intende l’insieme degli elementi eterogenei che nel complesso, ovvero
considerati congiuntamente, rendono di fatto possibile il soddisfacimento del bisogno di << varietà
esistenziale controllata >> attraverso uno spostamento geografico temporaneo” Brunetti [1999, p.143];
“Il prodotto turistico globale dal punto di vista della domanda non è un bene materiale, ma si può
senz’altro configurare come una prestazione di tipo intangibile. Anzi, volendo andare ancora più a fondo,
Vengono qui ripresi ed rielaborati i concetti espressi in Pencarelli e Forlani [2002, p.245].
Viene qui ripreso e ampliato quanto pubblicato in Pencarelli e Forlani [2002, p.242-243].
159
Fabio Forlani
dato che l’angolo di visuale da cui ci si pone è quello dell’individuo, tale prodotto può venire identificato
come una vera e propria esperienza, che il turista vive in prima persona (la connotazione del prodotto
turistico in termini d’esperienza è riconosciuta da tutti gli autori cui si è fatto riferimento sull’argomento in
questione). Per appagare il suo bisogno di discontinuità, infatti, il turista aspira a trascorrere un certo
periodo della sua vita in determinate condizioni di spazio, di tempo e di occupazione” Brunetti [1999, p.
145];
“Il marketing turistico consiste nel collegamento vitale tra offerta e domanda focalizzato sugli scambi, in
cui i consumatori effettuano scelte e preferenze e scambiano denaro per ricevere l’offerta di particolari
esperienze di viaggio o prodotti” Middleton [2001];
“L’industria dell’esperienza, che comprende uno spettro di attività culturali che si estende dal turismo
all’intrattenimento, è destinata a dominare la new economy” … “I consumatori di oggi non si domandano
più <<cosa vorrei possedere che ancora non ho?>>, ma, <<cosa voglio provare che ancora non ho
provato?>>. “L’economia dell’esperienza si fonda sulla produzione e lo scambio di tutto ciò che fa
accelerare il battito del cuore” ma soprattutto “L’espressione più potente e visibile delle nuova economia
delle esperienze è il turismo globale: una forma di produzione culturale emersa, ai margini della vita
economica, appena mezzo secolo fa, per diventare rapidamente una delle più importanti industrie del
mondo. Il turismo non è altro che la mercificazione di un’esperienza culturale.” Rifkin [2000, p.193-195];
“Occorre quindi chiedersi quali elementi di innovazione concettuale apporta dal punto di vista manageriale
la prospettiva dell’economia dell’esperienza agli studi dei fenomeni turistici. D’altronde il turismo, grazie a
Thomas Cook, ideatore dei primi viaggi a pacchetto, non è altro che un’<esperienza a pagamento>”
Rifkin [2000, p.196].
Confrontando il concetto di prodotto turistico globale con il concetto di prodotto-esperienza
emerge che l’avanzamento concettuale più significativo dello studio di Pine e Gilmore attiene
alla prospettiva dell’offerta, laddove si sottolinea la criticità per le organizzazioni che operano
in un contesto iperconsumistico303, di formulare proposte economiche (output) più ricche e
capaci di creare maggior valore per i clienti di quanto non riescano a fare i tradizionali beni e
servizi. L’idea forte del modello degli studiosi statunitensi è che per soddisfare le attese di
clienti sempre più esigenti e differenziarsi dai concorrenti, le aziende devono puntare
consapevolmente su offerte a maggiore valore economico quali sono le esperienze,
assumendo come riferimento manageriale il modello (oltre la metafora) del teatro.
L’utilizzo del concetto di esperienza turistica quale prodotto del sistema turistico e quindi
come elemento che unisce la domanda e l’offerta economica, ci permette di spiegare
l’esistenza delle due diverse prospettive d’osservazione del prodotto turistico [Rispoli e
Tamma, 1995; Casarin, 1996; Brunetti, 1999; Della Corte, 2000; Pencarelli, 2001]: la
prospettiva del turista e la prospettiva dell’operatore turistico (produttore di servizi turistici).
Il turista percepisce la vacanza secondo una dimensione orizzontale, ovvero nella sua
complessità di esperienza di vita (prodotto che definiremo di livello L). Risulta quindi
come la sintesi sistemica di servizi offerti da diversi soggetti (strutture ricettive,
attrazioni, beni naturali, trasporti ecc.) che compongono, più o meno casualmente,
l’offerta turistica del territorio. Si parla pertanto di esperienza turistica come
303
Il fenomeno del cambiamento dei modelli di consumo è oggetto di crescente attenzione anche da parte di sociologi. Cfr in
particolare il lavoro di Ritzer [1999] il quale riferendosi alla società americana parla di <<iperconsumismo>> [p.55] e di
<<spettacolo come il prodotto principale della società contemporanea>>, divenuta una società dello spettacolo [p. 14], una
società ove la spettacolarizzazione è la forma più consueta di abbinare le vendite al dettaglio con l’intrattenimento
(entertainment retailing ), una società ove la simulazione è il modo di procedere dei nuovi strumenti di consumo per creare
esperienze incantevoli e spettacolari nei consumatori. Ritzer ricorda [p.137] che “la maggior parte delle mete turistiche sono
state trasformate in simulazioni, almeno parzialmente: tra i molti possibili esempi si possono citare la città di Williamsburg in
Virginia e il castello di Windsor in Inghilterra. La motivazione alla base di queste trasformazioni è che i <<veri>> siti non
sono abbastanza spettacolari da attrarre i turisti e il loro denaro, essendo necessari, per attrarre un adeguato numero di
visitatori, centri di raccolta, film che presentano l’attrazione, gente in costume, attori che realizzano spettacoli, ristoranti a
tema e negozi di souvenir”. Si sta inoltre assistendo a forme di integrazione forte tra fenomeni di consumo di beni (shopping
tradizionale) e turismo, come mostra il fatto che si affrontano viaggi anche impegnativi per fare shopping e che nei luoghi di
forte transito turistico (es. aeroporti, stazioni ferroviarie, crociere, ecc.) i centri commerciali prosperano.
160
Esperienze, Marketing e Territorio
l’esperienza di vita che emerge dagli stimoli304 prodotti più o meno consapevolmente
da un insieme di fattori (di attrattiva, di servizi (facilities), di modalità d’accesso,
d’immagine e d’informazione, ecc.). L’esperienza turistica può avere un articolazione
più o meno ampia (estensione) in base alle differenti motivazioni, esigenze, situazioni
d’acquisto305.
Il produttore di servizi turistici concepisce il prodotto secondo una dimensione
verticale (di servizio), focalizzando l’attenzione alla soddisfazione di esigenze
particolari (es. ristorazione, pernottamento ecc.; prodotti-servizi di livello L-1). Pone
quindi maggiore attenzione alle fasi della filiera di produzione ed erogazione che
stanno a monte ed a valle della propria piuttosto che alle altre componenti che assieme
al suo servizio compongono l’esperienza-vacanza306.
Ne consegue che il concetto di prodotto turistico che percepisce il turista (esperienza, livello
L) risulta diverso dal concetto di prodotto turistico che percepisce e a cui fa riferimento il
singolo operatore turistico (servizio, livello L-1).
Si ritiene che la prospettiva dell’economia delle esperienze faccia chiarezza sull’essenza
stessa della vacanza: la vacanza non è la semplice somma (aggregazione) dei servizi turistici
e risorse territorialmente delimitate come il concetto di prodotto turistico globale porta a
credere307, ma è l’emersione sistemica di un’esperienza vissuta in prima persona da un turista.
La vacanza sostanzialmente è vita, è un processo emergente, è un flusso di emozioni.
Il concetto di emergenza ci consente di chiarire che il turista fa riferimento al livello logico
dell’esperienza, mentre i produttori di servizi turistici fanno riferimento al livello logico dei
servizi.
304
L’esperienza vissuta dal turista dipenderà, in base ai meccanismi del determinismo strutturale e dell’accoppiamento
strutturale [vds cap.1 e cap.2] oltre che dagli stimoli ricevuti anche dal suo stato interiore determinato le sue motivazioni, la
sua cultura, il suo sistema di valori, la sua personalità, le sue condizioni socio-economiche, il suo comportamento.
305
I fattori-stimolo che fanno emergere l’esperienza di vacanza non devono essere considerati sullo stesso piano, poiché
risultano di fatto gerarchizzati, a partire da un nucleo irrinunciabile fino alle componenti accessorie, più lontane dagli
interessi primari del turista. “Il nucleo centrale della vacanza, infatti, può essere rintracciato nell’accesso da parte del turista
ad una dimensione spazio-temporale nuova in grado di soddisfare la motivazione all’origine del viaggio. Il nucleo centrale
della vacanza, in buona sostanza, viene a coincidere con gli elementi che fanno da bersaglio alle motivazioni del turista (le
quali, a loro volta come si ricorderà, sono i vettori che portano in superficie i bisogni profondi). I servizi periferici della
vacanza, per parte loro, possono essere ravvisati negli “effetti collaterali” che derivano dalla fruizione del nucleo centrale,
con esclusione ovviamente di quelli connessi al soddisfacimento della motivazione principale. Si può dire che essi si
traducono nelle svariate prestazioni che agevolano la fruizione della prestazione principale o ne arricchiscono il contenuto.”
Brunetti [1999, pag.150].
306
Brunetti, esprime lo stesso concetto, o meglio le implicazioni che comporta l’esistenza di questa duplice prospettiva,
configurando nell’attività di produzione turistica l’esistenza di un duplice livello:
“Un livello disaggregato, in quanto le singole attività di cui si compone il turismo sono tutte prestazioni più o meno
immateriali, con contestualità tra produzione e fruizione e partecipazione dell’utente, ed a livello generale, in quanto la stessa
prestazione globale che viene via via assemblata è a sua volta un qualcosa di ancora meno tangibile, si produce mentre viene
utilizzata e soprattutto richiede tassativamente la partecipazione del turista al processo produttivo.” Brunetti [1999, p.7677].
307
A tale proposito Tamma [2002, p.19] afferma “La definizione stessa di questo prodotto implica la sua dimensione
territoriale: “l’ambiente” è infatti parte costitutiva del prodotto. In tal senso perde quindi significato la distinzione tra la scelta
del “luogo” e del “prodotto” (questione quasi da “uovo e gallina”). Ma vi è di più, il luogo diviene uno spazio selettivamente
determinato che assume confini e identità. Il prodotto globale richiesto e fruito infatti: a) definisce uno specifico ambito
territoriale; b) pone in maggiore o minore evidenza alcune attrattive rispetto ad altre; c) seleziona un insieme di attività e di
attori fra quelli presenti. I concetti di destinazione e di prodotto turistico globale dunque coincidono? No, anche se vi sono
casi particolari in cui tendono a sovrapporsi.”; per la Della Corte [2000, p.18-19] “Rispoli e Tamma [1995] definiscono il
prodotto turistico come l’insieme dei fattori di attrattività in cui l’utilizzatore traduce la propia domanda, mentre Casarin
[1996] descrive il prodotto globale in riferimento alla destination, individuando, come elementi principali, quelli di attrazione
della destinazione e delle aree di transito (di carattere naturale, culturale, sociale), i servizi e le facility che rappresentano
l’offerta locale, gli elementi di accesso alla destinazione (infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali), l’immagine della
destinatin e l’informazione. Risulta, dunque,chiaro che il prodotto turistico coincide con la località turistica nel suo insieme
(la destination), ossia con le risorse ed i servizi che, in misura ed intensità diversa, contribuiscono alla determinazione delle
aspettative e successivamente, delle percezioni del turista.”.
161
Fabio Forlani
La prospettiva di osservazione assunta in questo studio ci porta, quindi, a sottolineare con
forza che il turismo è caratterizzato dalla presenza di almeno due proposte economiche
distinte: le esperienze (prodotto sistemico di livello L) e i servizi (prodotti sistemici di livello
L-1) 308.
Questi passaggi possono risultare più comprensibili con il seguente esempio:
1. Descrivendo la produzione turistica come un’attività di servizio, si può osservare che:
Chi compra il turista (cliente)
Cosa compra l’insieme dei servizi turistici più un “qualcosa”
Chi vende gli operatori dei servizi turistici (erogatori)
2. Descrivendo la produzione turistica come un’attività delle esperienze, si può osservare
che:
L’esperienza turistica (prodotto di livello L):
Chi compra il turista (ospite)
Cosa compra l’esperienza turistica (vacanza)
Chi vende ?309 (Dipende se c’è e chi è il regista dell’esperienza)
Il servizio turistico (es. ristorazione) (prodotto di livello L-1):
Chi compra il cliente del ristorante (cliente)
Cosa compra la cena (servizio di ristorazione)
Chi vende il ristoratore (erogatore)
Lo studio del prodotto turistico, effettuato in questa prospettiva, mette in evidenza che la
vacanza è un “qualcosa” che “va oltre” i servizi turistici che la compongono o meglio ancora
“emerge” dai servizi turistici presenti sul territorio. In questo modo si rende esplicito che la
semplice erogazione di beni e servizi non è sufficiente a garantire la soddisfazione del turista
o ospite310, e si evidenzia inoltre, che sono “le esperienze vissute” dal turista a costituire il
fondamento della creazione del valore311. Nella mente del turista, infatti, il concetto di
308
Brunetti [1999, p.76-77] su questo tema si esprime nel seguente modo: “Rispetto alle attività del terziario in generale, in
questo caso la natura di attività di servizi è forse ancora più pronunciata, dato che nel turismo il cliente non si limita ad
usufruire delle specifiche prestazioni (servizi) come il trasporto, l’alloggio e le altre che seguono, ma spesso provvede egli
stesso a confezionare la prestazione complessiva (anch’essa di servizi) , vale a dire la vacanza lontano da casa, attraverso una
serie di azioni volte a metterne insieme le singole componenti sia prima che durante il viaggio”
Brunetti identifica quindi l’esistenza di un duplice livello: “un livello disaggregato, in quanto le singole attività di cui si
compone il turismo sono tutte prestazioni più o meno immateriali, con contestualità tra produzione e fruizione e
partecipazione dell’utente, ed a livello generale, in quanto la stessa prestazione globale che viene via via assemblata è a sua
volta un qualcosa di ancora meno tangibile, si produce mentre viene utilizzata e soprattutto richiede tassativamente la
partecipazione del turista al processo produttivo.” e conclude nel seguente modo: “Volendo ricorrere ad una espressione
figurata, si può quindi dire che il turismo rappresenti per certi versi una forma di servizio “elevata al quadrato”, e perciò ne
presenti in misura accentuata i caratteri distintivi. Tanto dal punto di vista dei soggetti che offrono i servizi turistici quanto da
quello di coloro che di tali servizi usufruiscono, esso non può pertanto essere un’attività standardizzata, ripetitiva,
industrializzabile fino in fondo, ma conserva sempre un’impronta di forte personalizzazione, partecipazione e
coinvolgimento.” In questa sede concordando con quanto affermato da Brunetti si vuole però evidenziare come, nel turismo,
non si debba parlare di due livelli, ma dell’esistenza di due proposte economiche distinte: i servizi (attività intangibili prestate
a un particolare cliente) e le esperienze (eventi che coinvolgono gli individui sul piano personale).
309
Se è intuitivo comprendere il concetto economico di esperienza turistica dal punto di vista di chi compra e attribuirgli il
significato che ha il termine “vacanza” nel linguaggio comune, non è altrettanto facile identificare il regista delle esperienze
turistiche. Rimandiamo al seguito della trattazione la risposta alle seguenti domande: Chi mette in scena (chi vende)
un’esperienza turistica ?; Come si mette in scena un’esperienza turistica ?
310
Dal dizionario Zanichelli: “Ospite: 1- Persona che ospita. 2 Persona ospitata.” Nella lingua italiana si utilizza la stessa
parola sia per indicare entrambi i ruoli chiave del viaggio, a conferma della forte connessione far le due figure.
311
A tale proposito Tamma [2002, p.28] evidenza “I risultati (dell’indagine Casarin, Pastore e Tamma [1999], ndr) sembrano
indicare una sensibilità dei turisti verso gli “attributi sistemici”, confermando l’importanza della percezione del prodotto nel
suo insieme ed evidenziando la necessità di conoscere più in profondità più in profondità su quali attributi si possa creare
valore per il turista. (…) In sintesi, a parere di chi scrive, è estremamente importante ragionare di differenziazione dell’offerta
non solo in termini di risorse e attrattive. La forza di una destinazione, stante l’evoluzione del mercato e dei consumatori
turistici, risiede, e risiederà sempre più, nella capacità di offrire a diversi segmenti di domanda molteplici “esperienze
162
Esperienze, Marketing e Territorio
esperienza esprime il prodotto “vacanza” in maniera molto più puntuale e precisa del concetto
di servizio (o somma di servizi)312.
6.3
Le specificità del prodotto esperienza turistica
Nella letteratura economico-aziendale che ha per oggetto di studio il turismo viene
sottolineata la specificità del settore evidenziando due aspetti significativi del prodotto
turistico313. Sono aspetti in parte già evidenziati, nel corso della trattazione, ma che meritano
un maggiore approfondimento utilizzando la logica dell’economia dell’esperienza:
a) L’esperienza turistica emerge nell’interazione di uno specifico turista (ospite) con un
territorio e con gli attori che su esso operano. Da questo presupposto risulta, per cui, che il
livello di partecipazione e di coinvolgimento del turista determina in modo significativo la
qualità della vacanza. Infatti la vacanza come tutte “le esperienze sono personali, hanno
luogo all’interno dell’individuo che viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale
o anche spirituale. Il risultato? Due persone non possono avere la stessa esperienza, punto
e basta.”314
Nessuna attività turistica, infatti, potrà mai esistere senza che il turista partecipi in prima
persona al processo produttivo. Il grado di partecipazione dell’individuo potrà variare in
relazione al tipo di esperienza ricercata, ma in ogni caso la necessità del coinvolgimento315
dello stesso resta assoluta.316 L’intensa partecipazione emotiva dell’acquirente nel
processo produttivo è una delle caratteristiche fondamentali che distingue le esperienze
dalle altre proposte economiche quali servizi, beni e commodity [vds § 5.4].
Nell’allestire i prodotti esperienza, l’offerta deve perciò riconoscere che il suo lavoro non
è costituito da semplici output da veicolare agli acquirenti, ma rappresenta una serie di
input per la creazione del valore al cliente, il quale va pertanto considerato come un
creatore e non un distruttore di valore [Normann e Ramirez, 1995; Normann, 2002].
b) L’esperienza turistica (il prodotto turistico) ha carattere sistemico-dinamico, poiché
emerge (si basa su) grazie ad una pluralità di beni, servizi, esperienze offerte dalle singole
aziende turistiche, dagli altri operatori economici, dalla Pubblica Amministrazione, alle
risorse presenti nell’ambiente, alle interazioni con la popolazione ecc. In questa logica i
soggetti, che fanno parte dell’offerta turistica, non devono essere considerati elementi
indipendenti i cui rapporti sono regolati solamente dalle “forze del mercato”, ma unità
turistiche”, caratterizzate da differenti fasce di prezzo, differenti durate dei soggiorni, differenti modi di fruire, sperimentare,
combinare, le attrattive, facendo leva su modalità di organizzazione del prodotto più o meno aperte e flessibili.”
312
Si ritiene cioè che per un turista sia più immediato dire “la mia vacanza è stata un’esperienza fantastica” piuttosto che “la
mia vacanza è stata composta da un’insieme (o serie) di servizi fantastici”.
313
“I prodotti turistici infatti devono considerarsi prodotti sistemici. Essi si caratterizzano [Tamma e Moretti, 1998]: a) per
essere composti di numerosi elementi eterogenei che devono costituire una unità coerente; b) per essere compiutamente
definiti solo tenendo in considerazione anche gli aspetti di produzione e consumo, processo che coinvolge, con ruoli e
modalità che possono variare, tanto il turista quanto l’insieme degli attori che operano dal lato dell’offerta.” Tamma [2002,
p.27]. Cfr anche Casarin [1996, p.45], Brunetti [1999, p.240].
314
Pine e Gilmore [2000, p.14].
315
“Il prodotto turistico globale è, infatti, prima di ogni altra cosa, una esperienza vissuta individualmente dal turista, che
quindi non può in alcun modo mancare o fruire per interposta persona. Il turista, inoltre, non solo deve essere fisicamente
presente – come si verifica per tutti i tipi di servizi alla persona – ma deve partecipare attivamente nella progettazione e nella
confezione, quantomeno esercitando una serie di opzioni relative alle attività che intende svolgere durante la sua vacanza.”
Brunetti [1999, p.242].
316
La spiaggia d’inverno è oggi, per chi vive in località balneari come quelle adriatiche, un immagine malinconica. Gli
alberghi, i ristoranti, i chioschi, i negozi, ecc. tutto chiuso, la spiaggia isolata da stagionate e neanche una persona che vi
cammini sopra. Lascia quindi un po’ stupiti apprendere che, in altri periodi storici, le località marine fossero famose proprio e
soprattutto per la villeggiatura invernale. Queste immagini rafforzano l’idea che il turismo dipenda prima che dagli operatori
turistici, dalle persone che ne beneficiano.
163
Fabio Forlani
interconnesse nell’ambito di una sistema relazionale complesso che emerge da un
territorio specifico e delimitato (o località turistica o distretto turistico).
L’esperienza turistica emerge, quindi, su un dato territorio grazie a due tipologie di relazioni:
A)
Relazioni interne al sistema turistico territoriale; si instaurano fra le imprese
(turistiche, agricole, commerciali, ecc), gli enti pubblici, i soggetti no-profit, la comunità
locale, ecc. Sono da considerarsi il “collante del territorio turistico”. Rispondono alla
domanda “come ci si organizza per fornire un’esperienza di vacanza?”. Sono relazioni
indispensabili perché una determinata località possa progettare ed erogare delle esperienze
turistiche consapevoli317.
B) Relazioni con gli attori esterni al sistema turistico territoriale; si instaurano tra le
strutture della località turistica e il mercato turistico globale. “Il turista, inoltre non solo deve
essere fisicamente presente, ma deve partecipare attivamente nella progettazione e nella
confezione, quantomeno esercitando una serie di opzioni relative alle attività che intende
svolgere durante la vacanza.”318 La tipologia di relazioni che si instaurano tra gli attori di un
determinato territorio e i suoi ospiti dipendono dalla capacità dei primi di organizzarsi (fare
sistema) e dalla volontà dei secondi di realizzare in proprio l’esperienza turistica. Nel turismo,
attualmente, risulta che la partecipazione del turista319 al processo produttivo della propria
vacanza è talmente forte e motivata da poter affermare che è proprio quest’ultimo che ricopre
in modo esclusivo il ruolo di produttore nell’accezione economico-aziendale320.
Nel turismo sono diverse le proposte che hanno cercato di unire in una prospettiva
manageriale unitaria queste specificità [Franch, 2003; Della Corte, 2000]. Fra queste, quella
che presenta i maggiori spunti di riflessione sembra essere quella elaborata da Rispoli e
Tamma [1995, p.25-31].
Secondo questi autori il sistema di relazioni tra la domanda, l’offerta e il prodotto che
dall’interazione emerge può assumere molte configurazioni diverse, che possono essere
schematicamente suddivise in tre tipologie:
a) Nella configurazione “punto-punto” (autonomia), il prodotto turistico complessivo
viene composto dall’utilizzatore attraverso un insieme di singole relazioni con i diversi
attori del sistema di offerta. L’unità e la coerenza del prodotto sono in sostanza
completamente gestite dall’utilizzatore che, in base alle informazioni di cui dispone e alla
propria opera di concettualizzazione, assembla i diversi fattori di attrattiva fino a formare
(produrre) un prodotto (globale) che risponde alle sue esigenze. (…) Il punto
fondamentale è che, quale sia il comportamento dell’utilizzatore, il processo risulta
largamente fuori dal controllo del sistema di offerta. La coerenza e, quindi, la qualità del
prodotto complessivo , è “in mano” all’utilizzatore (ospite) che dovrà gestire,
317
Dal territorio emerge così un sistema d’offerta che produce valore in base alle logiche simultanee ed interdipendenti della
costellazione (rete) del valore. Nella costellazione del valore l’impresa e gli altri soggetti dell’offerta turistica sono parte di
una serie di relazioni di co-produzione a forte partecipazione e coinvolgimento: “Gli attori economici non si rapportano più
tra loro secondo il modello semplice, unidirezionale, sequenziale descritto dalla nozione della catena del valore. Il rapporto
tra due attori tende ad essere molto più complesso di quanto si possa concettualmente cogliere nel modello unidirezionale
<<make/buy>> sottostante alla catena del valore. Anziché <<aggiungere>> valore uno dopo l’altro, i partner nella
produzione di un’offerta creano insieme valore attraverso svariati tipi di relazioni <<di coproduzione>>“ [Normann e
Ramirez, 1995, p.27].
318
Brunetti [1999, pag.242].
319
La partecipazione del turista alla costruzione della propria vacanza sia l’elemento fondamentale che caratterizza
l’esperienza turistica complessiva e la differenzia dai singoli servizi turistici. Infatti, riuscire a programmare e gestire il grado
di partecipazione del turista e fondamentale per non farlo sentire né abbandonato a se stesso, né costretto in attività che non
vuol fare. In questa prospettiva gli operatori turistici non possono ne pensare di lasciare al cliente la totale responsabilità della
costruzione dell’esperienza turistica ne pretendere di escluderlo completamente, preparandogli dei pacchetti predefiniti ed
eccessivamente rigidi.
320
Salvo nei casi in cui la vacanza è pensata nella forme di pacchetto turistico tutto incluso.
164
Esperienze, Marketing e Territorio
praticamente in modo autonomo, il complesso di relazioni con gli elementi e gli attori del
sistema di offerta. Un altro aspetto importante riguarda la “presenza” sul mercato del
sistema di offerta. Mancando una proposta di prodotto complessiva, ciò che si presenta
sul mercato è un insieme di fattori di attrattiva “slegati”, che è difficile comunicare in
modo efficace attraverso gli strumenti promozionali, anche quando esista una qualche
forma di promozione pubblica. In definitiva la presenza sul mercato risulta
tendenzialmente debole.
b) Configurazione “package”, il prodotto turistico viene progettato e assemblato (prodotto)
da una impresa (tour operator) che “risolve” ex-ante il problema dell’unità e della
coerenza del prodotto complessivamente offerto. Non vi è quindi un sistema di singole
relazioni fra utilizzatore ed impresa, ma un sistema controllato in cui, nella forma più
stretta, i gradi di libertà dell’utilizzatore tendono ad essere limitati. Vi è un superamento
di alcuni dei problemi presentati dalla configurazione precedente, tuttavia si aggiungono
delle grosse rigidità rispetto all’adattabilità del prodotto e alla possibilità di
partecipazione dell’utilizzatore.
c) Configurazione a “network”, il prodotto turistico è costituito da un insieme di aziende
specializzate, sia in produzioni diverse, sia dello stesso tipo, che si connettono e si
accordano secondo diverse forme tecnico-giuridiche, per assicurare determinati standard
di qualità e di prezzo all’utilizzatore. Rimane quindi la possibilità per quest’ultimo di
scegliere, anche in tempo reale e in loco, tra diverse alternative di prodotto, essendo
guidato e garantito nella scelta e godendo spesso di condizioni di prezzo particolari.
“Plus” fondamentali del network sono la più ampia varietà di alternative, la migliore
disponibilità di informazioni, l’assicurazione della qualità, le condizioni di prezzo. Si
tratta di una modalità che tende a superare i limiti delle precedenti. Il grado di controllo e
coordinamento e senz’altro inferiore al “package”, ma rimane ancora elevato se
paragonato alla prima configurazione “punto-punto”. La varietà di alternative a
disposizione dell’utilizzatore, anche per uno stesso tipo di servizio, risulta
significativamente ampia pur se rimane “controllata”. La libertà di scegliere entro un
range predeterminato restituisce inoltre al cliente un ruolo attivo nel confezionare un
prodotto adatto alle sue esigenze, gratificando in tal modo anche il suo desiderio di
partecipazione.
Le tre configurazioni costituiscono, per definizione degli stessi autori, delle semplificazioni e
schematizzazioni, e vanno pensate come componenti di un continuum di soluzioni [fig. 6.3]
che ha per estremi le prime due (punto-punto e package) mentre la terza (network) si pone in
posizione intermedia. Come evidenziano Rispoli e Tamma [1995 e 1996] lungo tale
continuum, da sinistra a destra, si trovano via via sistemi di relazione tra domanda e offerta in
cui diminuisce il ruolo attivo e la partecipazione dell’utilizzatore (minore flessibilità del
prodotto), mentre aumenta il grado di controllo e di governo del sistema delle imprese
(maggiore possibilità di progettare e di gestire il complesso delle relazioni).
In relazione ai diversi tipi di domanda, la soluzione adottata per il sistema d’offerta può
“posizionarsi” più verso sinistra o destra, alla ricerca di un equilibrio tra le diverse
caratteristiche di prodotto e di relazione con l’utilizzatore.
Figura 6.3 - Il continuum di configurazioni di offerta
Ruolo / Partecipazione u
Punto -Punto -------------
tilizzatore
------------------------
----- -- Network --------------
--------- --------------
Controllo / Coordinamento sistema delle imprese
Fonte: Rispoli e Tamma [1995; p. 25].
165
----------
Package
Fabio Forlani
Vedremo in seguito [§6.5] come le specificità qui presentate possono essere spiegate e
inquadrate da un punto di vista manageriale utilizzando il concetti elaborati nell’economia
delle esperienze ed in particolare attraverso il modello teatrale. Vedremo inoltre che le
configurazioni proposte da Rispoli e Tamma hanno molto in comune con le forme di gestione
teatrale dell’esperienza.
6.4
Un modello d’analisi dei prodotti esperienze turistiche
Le specificità dell’esperienza turistica illustrate nel precedente paragrafo trovano una loro
collocazione all’interno del quadro teorico di riferimento dell’economia delle esperienze [vds
cap.5]. Proprio partendo da uno dei modelli elaborati da Pine e Gilmore, il modello degli
ambiti dell’esperienza, si descriverà uno specifico modello degli ambiti dell’esperienza
turistica capace di valorizzare il ruolo della partecipazione del cliente.
Gli autori dell’economia dell’esperienza insistono molto sulla partecipazione dell’ospite,
poiché ritengono il coinvolgimento personale degli ospiti l’elemento base della nuova
economia e affermano con forza, che inscenare esperienze non significa intrattenere i clienti,
ma significa coinvolgerli.
Fig. 6.4 - Gli ambiti dell’esperienza
Assorbimento
Intrattenimento
Educazione
Partecipazione
attiva
Partecipazione
passiva
Esperienza
estetica
Evasione
Immersione
Fonte: Pine e Gilmore [2000, p.35].
Il produttore di esperienze turistiche per progettare, realizzare, fornire consapevolmente
questa nuova offerta economica deve quindi conoscere come si struttura un’esperienza nel suo
complesso. A questo proposito Pine e Gilmore hanno schematizzato il processo di
coinvolgimento di un cliente/ospite utilizzando le due dimensioni più importanti
dell’esperienza, nel modello degli ambiti dell’esperienza (fig.6.4):
La prima dimensione degli ambiti dell’esperienza è il livello di partecipazione degli ospiti,
rappresentato come un continuum lungo l’asse orizzontale tra i due estremi:
Partecipazione passiva, in cui i clienti non agiscono né influiscono in modo diretto sulla
performance (es. i frequentatori dei concerti di musica classica, che vivono l’esperienza come
semplici ascoltatori).
Partecipazione attiva, in cui i clienti agiscono personalmente sulla performance o
sull’evento che produce l’esperienza (es. i praticanti di uno sport che partecipano attivamente
alla creazione della propria esperienza).
166
Esperienze, Marketing e Territorio
La seconda dimensione descrive il tipo di connessione o coinvolgimento ambientale che
unisce i clienti con l’evento o la performance, rappresentato come un continuum lungo l’asse
verticale tra i due estremi:
Assorbimento, l’esperienza “penetra” nella persona attraverso la mente (es. guardare un film
alla TV, ascoltare una lezione teorica di chimica).
Immersione, la persona “entra dentro” l’esperienza prendendo fisicamente o virtualmente
parte all’esperienza stessa (es. guardare un film al cinema con altri spettatori, grande schermo
e simulatori di realtà virtuale, partecipare a un esperimento di chimica in laboratorio).
L’unione di queste dimensioni definisce i quattro ambiti di un’esperienza, declinando il
livello complessivo del coinvolgimento del cliente: intrattenimento, educazione, evasione ed
esperienza estetica. Questi ambiti sono mescolati fra loro in misura e proporzioni diverse, a
seconda del tipo d’esperienza e dell’ospite coinvolto, contribuendo a creare eventi unici,
personali e irripetibili.
Il grado di coinvolgimento finale del cliente/ospite dipende sia dalla persona che fruisce
dell’esperienza (propensione alta o bassa ad essere coinvolti in un dato evento) sia
dall’organizzazione che la inscena (grado di coinvolgimento che richiede).
Descriviamo di seguito i singoli ambiti in modo separato, pur sapendo che nella realtà
difficilmente si presentano come tali, poiché si ritiene che questo processo di sintesi, della
complessità reale, sia indispensabile nel fornire le conoscenze necessarie alle imprese per
allestire un esperienza coinvolgente.
1.
2.
3.
L’ambito dell’intrattenimento: si verifica quando le persone assorbono passivamente le
esperienze attraverso i sensi, come solitamente capita quando si osserva una performance,
si ascolta della musica, o si legge per piacere. L’intrattenimento è sicuramente l’ambito
più sviluppato oggigiorno (industria dell’entertainment)321, ma via via che si svilupperà
l’economia dell’esperienza, la gente cercherà esperienze più insolite e complesse. Allo
stesso tempo però poche di queste esperienze escluderanno almeno un momentaneo
intrattenimento allo scopo di far sorridere, ridere o comunque divertire le persone.
L’ambito dell’educazione: anche nelle esperienze educative l’ospite (ad esempio uno
studente) assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui, ma a differenza
dell’intrattenimento, l’educazione implica la partecipazione attiva dell’individuo. Per
formare una persona aumentandone le conoscenze e/o capacità, gli eventi educativi
devono impegnare in modo attivo la mente (per l’educazione intellettuale) e/o il corpo
(per l’allenamento fisico)322.
L’ambito dell’esperienza estetica: in queste forme di esperienze gli individui si
immergono in un evento o ambiente avendo un’influenza piccola o nulla su di esso, tanto
da lasciare l’ambiente (ma non se stessi) intatto. Le tipiche esperienze estetiche sono
quelle turistiche, come salire sul ciglio del Gran Canyon, visitare una galleria d’arte o un
museo, sedere ad un caffè di Piazza San Marco a Venezia ecc. L’estetica di un’esperienza
può essere del tutto naturale (es. parco naturale), essenzialmente artificiale (es. parco
tematico), o una realtà intermedia. Ma non esiste l’esperienza artificiale: ogni esperienza
creata nell’individuo è reale, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia naturale o
simulato.
321
Un interessante studio di questo settore è “Il marketing nei parchi tematici” [Valdani e Guenzi, 1998]. In particolare il
primo capitolo è specificamente dedicato all’analisi del Tempo libero, entertainment industry e servizi ricreativi. Nella
prefazione inoltre gli autori affermano: “Il consumatore di servizi per il tempo libero, infatti, acquista essenzialmente
un’emozione, un’esperienza. Contestualmente, le imprese che operano in questo business sono a loro volta produttori e
venditori di ricordi”.
322
L’educazione è una cosa “seria”, ma questo non significa che le esperienze educative non possano essere divertenti.
Stanno nascendo anche in Italia parchi tematici basati sull’edutainment (education + entertainment) che avvertono l’esigenza
di fornire esperienze più complete.
167
Fabio Forlani
4.
L’ambito dell’evasione: le esperienze di evasione implicano un’immersione profonda ed
un comportamento attivo della persona. Rispetto alle esperienze di intrattenimento o
educative l’ospite è in questo caso del tutto immerso in esse, come succede per le
esperienze estetiche, ma piuttosto che recitare il ruolo passivo del pantofolaio che guarda
agire gli altri, l’ospite diviene attore protagonista, capace di agire sulla performance
effettiva. Gli ospiti che partecipano alle esperienze d’evasione non solo arrivano da, ma
viaggiano verso qualche luogo o attività specifici che meritano il loro tempo. Tipici
esempi sono i vacanzieri che non si accontentano di crogiolarsi al sole o di contemplare
un paesaggio, ma si dedicano ad attività fisiche come sport estremi, scalare una montagna
o scendere in kayak lungo le rapide.
Partecipando a un’esperienza estetica gli ospiti vorranno essere lì, a un’esperienza di
intrattenimento vorranno guardare323, a un’esperienza d’evasione vorranno provare, a
un’esperienza educativa vorranno imparare324.
Le esperienze più ricche, più coinvolgenti e memorabili comprendono aspetti di tutti e quattro
i campi, e si intensificano intorno al punto centrale della figura 6.4, ossia intersecando i vari
possibili ambiti esperenziali. Quando si mette in scena un’esperienza memorabile, trascinante
e coinvolgente, non si può infatti limitare l’ospite all’interno di un unico ambito. Si deve
quindi adottare la struttura esperienziale come un insieme di stimoli potenziali che possano
guidare l’offerta nell’allestimento della scena ed aiutino i clienti ad esplorare in modo
coinvolgente la rappresentazione.
In base alle specifiche peculiarità evidenziate nel turismo [vds §6.4] è possibile modificare il
modello degli ambiti dell’esperienza sottolineando il fatto che una vacanza, nella sua essenza,
è vissuta da persone che sono in un determinato posto e in un dato momento325. Il turismo si
caratterizza, quindi, come un’offerta economica che emerge da un dato territorio (peculiarità
B) ed ha la proprietà di essere sempre un’esperienza estetica totale. Lo spostamento della
persona dal proprio luogo di residenza ad un altro luogo evidenzia, per un periodo di tempo
definito, produce una completa immersione del turista nell’esperienza di vacanza.
Occorre, inoltre, considerare che nell’offerta di esperienze turistiche è presente una forte
componente di co-produzione del turista (peculiarità A). Il coinvolgimento e la disponibilità
dell’ospite determina, infatti, in modo significativo l’importanza e la presenza di elementi di
ambiti più impegnativi (prova e apprendimento).
Figura 6.5 – Gli ambiti dell’esperienza turistica
Imparare
Intrattenersi
(intrattenimento)
(educazione)
323
Esserci
(esp.(provare)
estetica) e d’intrattenimento (guardare) sono state modificate rispetto
Le definizioni sintetiche dell’esperienza d’evasione
quelle riportate nella traduzione italiana del libro di Pine e Gilmore (rispettivamente fare e provare) perché si ritengono così
più rispondenti all’attività turistica, materia a cui applichiamo questi concetti.
324
Il passaggio che Pine e Gilmore non evidenziano nella loro trattazione, mentre in questa sede è invece ritenuto importante,
è quello che esiste tra provare e imparare. Provare evidenza l’esigenza di una persona di sperimentare una determinata
situazione (o azione, o atmosfera o tecnica ecc.) per curiosità ludica o intellettuale. Imparare postula invece la ripetitività
dell’azione e dell’impegno come necessità per apprendere e padroneggiare una materia di studio.
325
Avevamo precedentemente definito turista in senso stretto la persona che viaggia volontariamente, effettuando almeno un
pernottamento lontano da casa, per meri motivi di piacere.
168
Esperienze, Marketing e Territorio
Provare
(evasione)
Partecipazione dell’ospite
Fonte: nostra elaborazione
Possiamo per cui prevedere un’analisi delle esperienze turistiche che consideri le seguenti
dimensioni dell’esperienza vissuta dagli ospiti:
1. La dimensione estetica (esserci)
Il turismo ha la peculiarità di alimentare sempre nei turisti un’esperienza estetica, a
prescindere dal desiderio di partecipazione dell’ospite. La dimensione estetica dell’esperienza,
infatti, è ciò che fa desiderare agli ospiti di entrare e fermarsi in un determinato luogo: è, in
altri termini, quella connessa alla “l’atmosfera” della vacanza.
2. La dimensione d’intrattenimento (intrattenersi)
L’intrattenimento è una delle componenti chiave delle offerte turistiche ludiche, ma anche nel
caso si vogliono inscenare esperienze complesse ed impegnative non bisogna mai
dimenticarsi di creare dei momenti distensivi e di svago, per richiamare e gestire l’attenzione
degli ospiti.
3. La dimensione dell’evasione (provare)
Occorre, cioè, chiedersi in cosa gli ospiti sono interessati a cimentarsi, a provare, a
sperimentare, tutti elementi che consente loro di evadere dalla routine. Lo scopo è quello di
poter coinvolgere maggiormente i turisti nell’esperienza tramite la partecipazione “senza
impegno”, dove la gratificazione dell’ospite non risieda nel aver fatto bene una cosa, ma nel
averci provato.
4. La dimensione dell’educazione (apprendere)
La componente strettamente educativa dell’esperienza è quella che più difficilmente si può
trovare fra le richieste esplicite dei turisti. Ma l’apprendimento è uno delle componenti
implicite delle pratiche turistiche, dato che l’integrazione nella vacanza dei campi
dell’estetica, dell’intrattenimento e dell’evasione crea nelle persone il desiderio di (e le mette
nelle condizioni di) conoscere meglio la realtà che le ospita.
L’applicazione della struttura esperenziale evidenzia, come sia riduttivo limitare la
costruzione dell’esperienza turistica alla sola componente estetica e che questa
(indispensabile) vada arricchita con elementi di intrattenimento, di evasione e di educazione.
Si può cioè ipotizzare che la “sceneggiatura della vacanza” che descrive la sequenza delle
azioni dell’ospite sul territorio debba seguire, in base al grado di partecipazione previsto per il
turista, il seguente ciclo326: Esserci – intrattenersi – provare – imparare.
Dopo aver dimostrato che il prodotto turistico è sempre un esperienza vissuta dall’ospite con
diversi livelli di partecipazione e coinvolgimento, occorre riflettere sull’applicazione al
turismo di uno dei concetti chiave dell’economia delle esperienze [Pine e Gilmore, 2000] e
del marketing esperienziale [Schmitt, 1999b]: la straordinarietà e la memorabilità.
326
Tale ciclo può essere compiuto all’interno di un'unica esperienza. Nel turismo è più realistico pensare che questo avvenga
attraverso la ripetizione dell’esperienza.
169
Fabio Forlani
Sicuramente ogni persona ha memoria di aver vissuto vacanze straordinarie e memorabili, ma
ha altrettanto sicuramente memoria di vacanze “normali” o in altre parole nella norma (di
routine).
Schmitt [1999b, p.251] ha consapevolezza che “il nostro organismo non è fatto per vivere in
modo continuativo esperienze intense e coinvolgenti a livello personale. Le esperienze
religiose, spirituali ed esistenziali spesso portano al dogmatismo, all’ossessione e a serie
disillusioni. In qualche modo, le esperienze banali di scarsa intensità – e anche le esperienze
<artefatte> - possono essere delle pre-condizioni alla felicità. In quanto tali, possono avere un
ruolo importante per arricchire la nostra vita quotidiana”. Come giustamente evidenziano
Carù e Cova [2003], l’ossessione per l’esperienza straordinaria, che il marketing propone
nelle società del benessere, ha provocato una forte reazione da parte degli studiosi [Ritzer,
1999; Rifkin, 2000], queste reazioni sottolineano la necessità di riformulare il concetto di
esperienza turistica in modo svincolato dalla straordinarietà e dalla memorabilità. In Francia
Brucker327 critica “i nemici della noia” e “la società del divertimento continuo” e sostiene
l’opportunità che coesistano esperienze di diversa intensità: “ma soprattutto sono necessarie
giornate vuote della vita, è necessario preservare ad ogni costo le diverse intensità
dell’esistenza, non fosse altro che per beneficiare del piacere del contrasto … la vita vera non
è assente, è intermittente, un lampo nel grigiore di cui si serba poi la nostalgia commossa”.
Altri autori, in riferimento al turismo, criticano “Un’etica alimentata da qualche cattiva
coscienza (e anche da qualche interesse commerciale) istiga a voler fare del vacanziere un
attivista totale, sempre desideroso di riempire il tempo vuoto delle proprie vacanze con una
molteplicità di pratiche sportive o culturali.”328 e sottolineano che in realtà le persone che
vanno in vacanza non sono affatto allineate a tale profilo e resistono alle pressioni di
iperattivismo.
Si concorda quindi con Abrahams e con la sua visione dell’esperienza dualistica e integrata
“da un lato c’è una continuità di attività; dall’altro, ci sono attività ed eventi che si
distinguono, che rientrano tutti nella denominazione di esperienza. Inoltre, proprio la
continuità di ogni giorno assicura la continuità tra attività di routine e attività più straordinarie
(…) Questo approccio considera come risultati creativi sia le esperienze più importanti, sia
quelle minori; ogni esperienza, sia pianificata che non, è interessante solo se è in grado di
generare una partecipazione da parte dell’individuo”329.
Questo dibattito fra esperienza ordinaria e straordinaria sostiene il nostro assunto iniziale:
l’esperienza turistica è originata da una molteplicità di bisogni, che trovano sintesi
nell’esigenza di varietà esistenziale temporanea (o necessità di “cambiar aria”) delle
persone, disposte ad investire le risorse di tempo, energia e denaro nel viaggiare, modalità
ritenuta appropriata per il riequilibrio esistenziale330 [Pencarelli e Forlani, 2002].
6.5
La necessità di un nuovo modello di riferimento per la produzione turistica: il
teatro.
327
Brucker P. [2000, p. 141-142], L’euphorie perpétuelle: essai sur le devoir de bonheur, Grasset, Paris; citato in Carù e
Cova [2003]
328
Urbain J.D. [2002], Les vacances, Paris, Le Cavalier Bleu; citato in Carù e Cova [2003].
329
Abrahams R.D. [1986], Ordinary and Extraordinary Experience, in V.W. Turner e E. M. Bruner, [1986], a cura di, The
Antropology of Experience, University of Illinois Press, Urbana; citato in Carù e Cova [2003].
330
Si allude alla ricerca di emozioni e stati d’animo che portano o riportano l’individuo ad un equilibrio psico-fisico. Il valore
del viaggio è quindi da collegare alla capacità dello stesso di riequilibrare l’individuo che lo effettua.
170
Esperienze, Marketing e Territorio
“Se voglio mettere in scena delle esperienze non posso continuare a ragionare come ragionavo
quando producevo beni o fornivo servizi. Dovrò, invece, imparare da chi prima di me è
entrato nell’economia dell’esperienza.”331
Questo ragionamento ci ha già portato [Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002; Forlani,
2003; Pencarelli e Forlani, 2005] ad assumere il teatro come modello di riferimento332 e i
parchi tematici come primo esempio applicativo di imprese impegnate a fornire esperienze.
In questa fase si cercherà, per cui, di analizzare il fenomeno turistico, utilizzando il modello
teatrale [vds §5.6], cercando di mostrare come il territorio sia da considerare il palcoscenico
in cui viene messa in scena un’esperienza turistica da parte di una pluralità di attori333. In
questa prospettiva si ritiene che i modelli teatrali per la produzione di esperienze turistiche,
che verranno in seguito analizzati, siano applicabili da tutti i sistemi d’offerta a presindere da
loro livello di complessità (single imprese, sistemi d’imprese, sistemi d’offerta turistica,
sistemi d’offerta turistica territoriali). Chiaramente il passaggio da forme sistemiche più
semplici a forme più complesse richiede il ricorso a modelli teatrali maggiormente in grado di
reggere la complessità dei fenomeni.
Gli elementi fondamentali che concorrono a formare una rappresentazione teatrale, e che
costituiranno in seguito i punti di riferimento di questa analisi, sono:
- La compagnia (cast); intesa come l’insieme di attori, regista, drammaturgo,
scenografo, costumista, tecnici ecc. . Raggruppa tutti quei soggetti necessari alla
messa in scena di uno spettacolo teatrale. Nel turismo occorre fare l’importante
distinzione fra gli attori (le persone e le organizzazioni economiche e non che
agiscono attivamente e consapevolmente all’interno del sistema d’offerta) e le
“comparse” (le persone e le organizzazioni economiche e non che agiscono
inconsapevolmente all’interno del sistema d’offerta)334 (Chi?).
- Il pubblico; è un elemento fondamentale, per formarlo è sufficiente la presenza di
poche persone e al limite una sola. Non si può parlare di teatro se l’esibizione non
avviene nello stesso posto e nello stesso momento in cui vi è un pubblico che assiste o
partecipa all’evento. Nelle attività turistiche il pubblico sono quegli ospiti (le
persone) a cui è rivolto consapevolmente lo spettacolo (Per chi? o con Chi?);
- Il palcoscenico335; inteso come luogo fisico o teatro in cui si esibiscono gli attori. In
senso lato qualsiasi luogo può diventare un palcoscenico, purché qualcuno decida di
allestirvi la scena (Dove?);
331
Forlani [2001].
“Il nostro scopo è semplicemente quello di occuparci di teatro quanto basta per persuadervi a considerare in modo diverso
il vostro lavoro e abbracciare alcuni principi del teatro come modello di lavoro nell’economia delle esperienze”. Pine e
Gilmore [2000, p.126].
333
“Nel caso del turismo, ci si trova di fronte a un prodotto che corrisponde in sostanza ad un luogo nel quale il turista vive la
propria esperienza di vacanza, come su una sorta di “palcoscenico” dove egli svolge una rappresentazione della quale è
protagonista, sia pure con l’assistenza di molti altri operatori di scena e “tecnici”. Brunetti [2002, p.40]. A differenza di
Brunetti, come evidenziato nei precedenti paragrafi si ritiene che l’esperienza di vacanza sia il prodotto e non il luogo che va
invece inteso appunto come il “palcoscenico”. Per un confronto sul tema del rapporto teatro turismo vedasi T.Edensor
“Staging Tourism. Tourists as Performers”, Annals of Tourism Research, vol. 27, n°2, 2000.
334
Come evidenziato da Pine e Gilmore [2000] e da Grove, Fisk e Bitter [1997] se si assume a riferimento il teatro appare
subito evidente che il successo dell’impresa è strettamente legato alle persone che fanno parte del cast. Si deve fare
attenzione a come vengono assegnati i ruoli e come le persone del cast vengono scelte ed assunte dalla compagnia teatraleimpresa e occorre ricordare che le capacità individuali vengono a inserirsi nell’intera organizzazione, ovvero nell’ensemble
che, risulta vincente il tipo di recitazione in cui un cast lavora come una squadra per creare un effetto totale piuttosto che un
gruppo di performance individuali. In base al modello teatrale gli addetti alla ricerca di nuovo personale non si devono basare
su normali colloqui di lavoro, ma devono organizzare vere e proprie audizioni. Le audizione sono delle prove sul campo, si
devono ricreare le situazione che il candidato dovrà realmente gestire all’interno dell’organizzazione per valutare l’attitudine
del candidato a ricoprire un certo ruolo.
335
In questo lavoro nel termine palcoscenico incorporiamo oltre al palco in sé, anche gli elementi strutturali del luogo teatrale
e le scenografie: “1.Nel teatro, l’ambiente e le apparecchiature per la rappresentazione dell’azione” [Devoto e Oli, 2000].
332
171
Fabio Forlani
-
Lo spettacolo; l’offerta economica (l’esperienza). La rappresentazione teatrale è il
risultato della combinazione dei sopraccitati elementi. Lo spettacolo composto da un
tema, una storia, dei personaggi ecc. è il risultato della produzione di una compagnia
in un determinato teatro in un determinato momento, davanti a un determinato
pubblico336 (Cosa? e Come?).
Fig 6.6 – Il modello teatrale e la produzione della vacanza. Elementi base.
Palcoscenico
(Territorio)
Attori
dell’offerta
(Ospite)
Esperienza
(Vacanza)
Attori della
domanda
(Ospite)
Fonte: nostra elaborazione
Possiamo sintetizzare il raffronto fra il mondo del turismo e quello del teatro nel seguente
modo: La vacanza (esperienza turistica337) è messa in scena dall’insieme degli operatori
economici (la compagnia), in uno specifico ambiente (palcoscenico o teatro338), per e con
specifici ospiti-turisti (pubblico o attori della domanda) in un delimitato tempo (lo
spettacolo ha un inizio è una fine).
Le domande tipiche che emergono dalla letteratura turistica a cui proveremo a dare una
risposta attraverso il modello teatrale sono le seguenti:
1. Chi progetta la vacanza? Chi scrive la trama (sceneggiatura) della
rappresentazione?
2. Chi sovrintende alla (coordina la) produzione della vacanza ? Chi cura la regia
della rappresentazione?
La trama339 è l’intreccio dell’opera narrativa, teatrale o in generale dello spettacolo. In altri
termini è la mappatura degli accadimenti (eventi) che devono avvenire in un dato posto e in
dati tempi.
La regia340 è l’opera di coordinamento generale e di direzione artistica di uno spettacolo. In
altri termini è la gestione delle relazioni che nascono tra i componenti della compagnia e tra
questi ultimi e il pubblico, consentendo così la rappresentazione della trama.
336
La differenza fondamentale del teatro rispetto al cinema sta proprio nella presenza simultanea, nel primo, degli attori e del
pubblico nello stesso posto e nello stesso momento. Il cinema permette un consumo differito nel tempo, lusso che il teatro
come qualsiasi esperienza non può permettersi.
337
Passando dal lessico economico-manageriale al linguaggio concreto e di uso comune si ritiene che la forma più adatta per
spiegare il concetto di esperienza turistica sia il termine “vacanza”. Sul piano empirico infatti la vacanza (e quindi
l’esperienza turistica) è infatti intesa come la modalità concreta di soddisfacimento del bisogno turistico e perciò come
“l’unità d’acquisto della domanda turistica intesa in senso generale e complessivo”. Brunetti [1999, p.149].
338
Come si può far teatro in qualsiasi spazio purché delimitato come palcoscenico (può essere uno spazio dedicato o una
piazza o ancora un campo), allo stesso modo si può fare turismo ovunque.
339
“Trama. …Sintesi dell’evoluzione dell’opera narrativa o drammatica, dal punto di vista del contenuto: ti racconterò la t.
del romanzo; la t. la della commedia è semplice, complicata.” [Devoto e Oli, 1987].
340
“Regia. ... estens. Coordinamento sapiente ed efficace di un dibattito, di un gioco collettivo, di una manifestazione, ecc.”
[Devoto e Oli, 1987].
172
Esperienze, Marketing e Territorio
Nelle rappresentazioni teatrali, in generale, risulta semplice individuare i soggetti che si
occupano della gestione di questi due aspetti della messa in scena. Nella storia del teatro,
infatti, sono emerse figure come il drammaturgo (o sceneggiatore) ed il regista che hanno il
compito, rispettivamente, di scrivere il dramma (o trama) dello spettacolo e di curarne la
rappresentazione sul palcoscenico.
Quindi occorre estendere il modello teatrale di fig.6.6 inserendo anche le figure:
- Il drammaturgo/o sceneggiatore: l’autore dei copioni del prodotto-esperienza
(cosa?);
- Il regista: chi “organizza” e coordina la rappresentazione341 (come?);
Nel capitolo 5 [§5.6] abbiamo visto le soluzioni teatrali che collegano la trama con il copione
e con la performance. Non abbiamo però analizzato il ruolo del regista.
Il regista non è sempre presente in tutte le rappresentazioni, anzi, storicamente tale figura
appare verso la fine dell’ottocento prima a teatro e successivamente trova la sua massima
espressione nel cinema. Il regista non è allora un elemento base del teatro, ma solamente una
modalità organizzativa che ha permesso ad alcune forme di teatro di effettuare un salto di
qualità. Osservando, infatti la commedia dell’arte si può notare che la compagnia produce la
performance autorganizzandosi attorno ad un canovaccio. C’è inoltre un capocomico che ha il
compito, appunto, di fissare il canovaccio che a gradi linee “guiderà” la performance.
Nell’improvvisazione, infine non c’è nessuna figura di riferimento che funge da regista. Ma
sono i processi di autorganizzazione degli attori che, supportati da delle regole e degli schemi,
fanno emergere la performance.
Utiilizzando il modello teatrale si può parlare di:
- Regia e Copione quando l’autorganizzazione e l’emergere della performance avviene
perché gli attori seguono un copione e le indicazioni del regista che lo gestisce.
- Regia debole e Canovaccio quando l’autorganizzazione e l’emergere della performance
avviene perché gli attori si muovono in base ad un canovaccio e alle indicazioni di
massima date dal capocomico.
- Regia collettiva e Improvvisazione quando l’autorganizzazione e l’emergere della
performance avviene perché gli attori agiscono in base a delle regole d’interazioni e a
degli schemi condivisi.
Rappresentiamo, quindi, le relazioni che costituiscono l’ossatura della rappresentazione
tramite una matrice. Sull’asse orizzontale inseriamo il continuum di possibilità date dalla
“variabile regia”, mentre su quello verticale rappresentiamo il continuum di alternative date
dalla “variabile trama”:
Chiaramente si parla di un continuum delle possibili combinazioni organizzative della
performance342. In questa sede, però, abbiamo preferito focalizzare l’attenzione solo sui tre
341
Il regista ha il compito di trasformare il materiale concettuale del dramma scritto nel copione in una realtà operativa. Il
ruolo del regista richiede capacità organizzative, deve essere in grado di coordinare una pluralità di soggetti: attori,
sceneggiatori, tecnici, costumisti, ecc. Le sue responsabilità si riferiscono sia al back stage sia al front stage e si riferiscono al
condurre le audizioni/colloqui , assicurarsi che i tecnici rispettino le scadenze nella progettazione e nella costruzione delle
scene, selezionare costumi e accessori adeguati, al programmare le attività giornaliere, aiutare gli attori ad entrare nel
personaggio. Deve inoltre trascorrere del tempo da soli con il copione sviluppando il proprio punto di vista, con i produttori
tenendoli informati sul procedere della realizzazione della messa in scena; la creazione di un insieme armonioso ricade sulle
spalle del regista. Dirigere, quindi, per il regista consiste nel trovare una giusta combinazione fra collaborazione-dialogo e
comando-imposizione.
342
Per elaborare la matrice con le differenti tipologie di teatro e per applicare i principi teatrali alle pratiche
turistiche, oltre che all’esperienza personale di chi scrive, ci si è avvalsi della consultazione delle opere di
Brockett [1988], Schino [2003], Turner [1993], Fellini [1993], Cruciali e Falletti [1986], Antonucci [1995],
Contin [1999], Guccini [2002], Stolzenberg [1990], Fo [1997].
173
Fabio Forlani
sistemi di organizzazione teatrale, da noi, ritenuti più utili ad una successiva applicazione alle
esperienze turistiche. La posizione iniziale di ciascun modello di riferimento rappresenta
quella “tipica o teorica”, le frecce rappresentano le direzioni verso cui possono essere spinte a
seconda delle scelte artistiche-organizzative effettuate dalla compagnia.
Figura 6.7 – Gestione della performance teatrale
Trama
emergente
Improvvisazione
Regia
centralizzata
Canovaccio
Regia
collettiva
Copione
Trama
prestabilita
Fonte: nostra elaborazione.
Ciascuno dei quattro quadranti rappresenta una diversa combinazione delle relazioni trama e
regia, quindi rappresenta un modo diverso di lavorare, o meglio, un approccio diverso alla
pianificazione della serie di attività che generano un output teatrale. La natura della proposta
artistica e le circostanze in cui una compagnia (sistema d’offerta turistica) sceglie di operare,
definiscono in genere in quale, di questi quattro quadranti, sia rintracciabile l’organizzazione
migliore per trasformare la trama in una rappresentazione che riesca a coinvolgere il pubblico.
Riteniamo sia opportuno, a questo punto, ipotizzare343 il seguente collegamento fra le
modalità di messa in scena teatrali, le modalità organizzative del prodotto turistico proposte
da Rispoli e Tamma [§6.3] ed le modalità di emergeza dei fenomeni nei sistemi viventi [§3.8]:
Esperienza da improvvisazione – Vacanza destrutturata vissuta in modalità “Puntopunto” – Comportamento caotico;
Esperienza da canovaccio - Vacanza semistrutturata vissuta in modalità “Network” –
Comportamento complesso;
343
Si tratta di un’ipotesi di ricerca non ancora verificata empiricamente. Sembra però opportuno sottolinearne l’importanza,
perché la verifica di tale ipotesi permette di traslare una serie di concetti da un capo ad un altro: dal teatro al turismo dalla
scienza della complessità al turismo.
174
Esperienze, Marketing e Territorio
Esperienza da copione – Vacanza strutturata vissuta in modalità “Package” –
Comportamento ordinato;
Recitazione su copione (Tecnica utilizzabile per la produzione di pacchetti turistici tutto
compreso o Package)
Il lavoro degli attori344, in questa struttura teatrale, è fondamentalmente basato sulla
recitazione di un testo formale di battute scritte (dramma), noto come copione. La
performance è solitamente lineare e fissata nei tempi, scorre in modo sequenziale concedendo
poche variazioni rispetto al copione e alle indicazioni impartite dalla regia.
Nel teatro da copione siamo, per cui, in presenza di relazioni unidirezionali in cui gli attori
(cast, comparse, pubblico) eseguono delle istruzioni precise e predeterminate.
Gli spettacoli su copione possono prevedere (riescono a coordinare) un numero elevato di
componenti che hanno sovente compiti molto specializzati.
La costruzione dello spettacolo avviene in sala prove, dove gli attori ripetono le azioni, i
tempi, le battute ecc. fino ad ottenere il risultato richiesto dal regista. La rappresentazione
viene poi ripetuta in modo identico e per un numero indefinito di volte, a prescindere dalla
tipologia, dalla numerosità e dalle reazioni dello specifico pubblico.
“Il lavoro degli attori nel teatro da palco si basa su un testo formale di battute scritte noto
come copione. … Il lavoro da palco, lineare e fisso, scorre in maniera sequenziale e quindi
concede poche variazioni rispetto ai passi programmati o al copione preparato. Gli attori da
palco cercano di stabilire ogni cosa attraverso le prove, e poi replicano ripetutamente quello
che così è diventato l’unico modo di lavorare meglio.”345
Improvvisazione (Tecnica utilizzabile per la produzione di Vacanze fai da te)
Nel teatro dell’improvvisazione la trama non è prestabilita ma emerge dallo scambio
multidirezionale d’informazioni, di sensazioni, di emozioni instauratesi tra attori, comparse e
pubblico. Quando lo spettacolo è basato su queste relazioni multidirezionali, si assiste alla
scomparsa della figura del regista e alla messa in scena di rappresentazioni con regia diffusa.
In questo caso gli attori sono anche registi di se stessi, la chiarezza e la coerenza scenica
nascono durante la performance grazie alle capacità relazionali degli attori stessi. Tale
capacità relazionale non è però innata, si costruisce attraverso la condivisione di alcune regole
base ed in seguito ad uno specifico lavoro sulla capacità d’ascolto e di comunicazione.
L’improvvisazione teatrale per esprimere tutte le proprie potenzialità richiede un forte
contatto fra gli attori, una reciproca disponibilità all’ascolto e alla comprensione delle altrui
esigenze. Le performance d’improvvisazione non possono prevedere un numero elevato di
attori, poiché più aumentono le persone coinvolte più difficile risulta l’autocoordinamento.
La qualità dello spettacolo, non potendo essere garantita da una trama sconosciuta a priori,
dovrà essere basata sulle capacità degli attori, sulla struttura scenica che questi avranno
costruito e sulla partecipazione attiva del pubblico.
“L’improvvisazione richiede immaginazione, creatività e performance nuovissime. Il teatro
dell’improvvisazione è una modalità di lavoro spontanea, liberatoria e imprevedibile, che si
basa sul trovare un valore in qualcosa di nuovo: creare, inventare, spostarsi lateralmente o
anche impulsivamente da un idea all’altra, o semplicemente agire a piacere. Il movimento
dinamico del teatro dell’improvvisazione, tuttavia, non comporta solo semplici atti di
associazione libera o un vagare della mente senza meta, privo di qualsiasi struttura o routine.
Anzi è l’opposto: l’improvvisazione richiede metodi sistematici e premeditati per
generare idee creative, espressioni fresche e nuovi modi di affrontare vecchi problemi. Il
copione è raramente scritto (o codificato), se non in termini molto ampi ed emerge
344
Il ruolo degli attori nel teatro che utilizza u copione fisso è quello di interpreti o esecutori di personaggi, parti, movenze
assegnate da altri (drammaturgo e regista).
345
Pine e Gilmore [2000, p.157].
175
Fabio Forlani
dall’improvvisazione. … In qualsiasi situazione, l’improvvisazione implica un certo numero
di abilità acquisite (nel senso che possono essere insegnate), come pure vari strumenti e
tecniche che prendono concetti apparentemente non legati fra loro e li combinano in modi
insoliti per fare scoperte precedentemente inarticolate.”346
Figura 6.8 - Partecipazione del turista alla produzione della vacanza e schema teatrale
Improvvisazione
Canovaccio
Copione
Ospite
Ospite
Ospite
Partecipazione
Partecipazione
Canovaccio
Copione
Sistema
d’offerta
turistica
Sistema
d’offerta
turistica
Sistema
d’offerta
turistica
Fonte: nostra elaborazione
Canovaccio (Tecnica utilizzabile per la produzione di pacchetti turistici semi strutturati)
Gli artisti che si basano su di un canovaccio non sono improvvisatori, anche se utilizzano
sovente le tecniche dell’improvvisazione. Non costruiscono continuamente delle trame
originali ma realizzano delle performance con sfumature sempre diverse partendo da una
struttura predeterminata e consolidata. I singoli numeri o pezzi possono cambiare nell’ordine
da spettacolo a spettacolo, ma la trama che è comunque gestita dalla compagnia e non varierà
nel suo complesso. Si ottengono così spettacoli dalla struttura modulare, in cui i singoli
moduli nascono come improvvisazioni casuali in scena o durante le prove, vengono poi
migliorati e perfezionati in sala prove e riproposti durante la rappresentazione. La
composizione finale di questi singoli moduli sarà poi determinata dalle caratteristiche del
momento e della situazione in cui si svolge la scena e dalla partecipazione del pubblico. Oltre
che una trama parzialmente emergente si assiste, durante gli spettacoli di strada, ad una regia
parzialmente diffusa. Gli spettacoli solitamente vengono creati in sala prove sotto la direzione
di un regista o meglio del capocomico, ma poi l’obbligo dell’interazione con elementi
imprevedibili quali il pubblico, il contesto ecc. portano gli artisti ad adattare lo spettacolo in
modo dinamico. La costruzione modulare dello spettacolo avviene quindi anche,
parzialmente, tramite le interazioni degli attori in scena. La parzialità è determinata dalla
presenza di un attore-regista o capocomico leader della compagnia solitamente non molto
numerosa.
“Apparentemente improvvisatori, gli artisti di strada in realtà provano diligentemente come
quelli del teatro da palco, se non di più. Ma nel teatro di strada ogni performance è diversa a
seconda della composizione e del comportamento dell’audience, come pure degli specifici
ambienti esterni, per non citare l’umore dell’artista quel giorno. … Nel seguire una traccia
346
Pine e Gilmore [2000, p.153].
176
Esperienze, Marketing e Territorio
generale basata sui successi precedenti, ogni artista di strada stabilisce d’impulso quali pezzi
del suo repertorio includere e quali eliminare. Il risultato finale: una performance unica per
quella particolare audience è tale da creare valore utilizzando nuovamente qualcosa di
conosciuto. … I loro pezzi sono moduli standardizzati legati fra loro in maniera dinamica on
demand per cercare una performance completa. Ciascun “pezzo” proviene da un copione
stabile, mentre il testo finale della performance da strada “emerge” dalle scelte effettuate
durante l’esecuzione.”347
Utilizzando il modello teatrale (la vacanza è la rappresentazione, i turisti e gli operatori sono
gli attori) ogni qualvolta si affronta l’analisi dell’offerta di prodotti vacanza occorre porsi le
seguenti domande:
Con quale modello di messa in scena è stata prodotta?
Chi scrive la trama della vacanza?
Chi cura la regia della vacanza?
Dal punto di vista dell’analisi dell’offerta questo ci spinge a fare la seguente riflessione:
com’è possibile produrre un bello spettacolo se gli attori non ne conoscono la trama, non
hanno una regia e non sono consapevoli di star recitando all’interno di una compagnia?
6.6
La progettazione di una esperienza turistica: elementi base
Dopo aver evidenziato l’utilità del modello teatrale per analizzare (descrivere ed interpretare)
le esperienze turistiche, è opportuno proseguire su questa strada proponendo l’utilizzo di
tecniche drammaturgiche per la progettazione e tecniche teatrali per la produzione (messa in
scena) delle vacanze. Tali modelli sono utili in quanto, considerando l’esperienza turistica un
prodotto che emerge dal processo d’interazione fra attori dell’offerta e della domanda su di un
territorio, sono in grado di inglobare al loro interno anche la natura sistemica dell’offerta.
Gli schemi logici di produzione dell’esperienza che vengono proposti in questo paragrafo
sono utilizzati da tutti i sistemi d’offerta (imprese, sistemi d’imprese, sistemi d’offerta
turistica territoriali, ecc.) a prescindere dal modello teatrale che esse assumono a riferimento.
La figura 6.9 sintetizza le peculiarità del prodotto turistico considerando:
dal lato della domanda; la natura interattiva o emergente del prodotto, e quindi la
necessità della partecipazione del turista nel processo produttivo;
dal lato dell’offerta; la necessità che gli attori dell’offerta si organizzino in modo
sistemico [in sistemi d’offerta; vds cap.3 e cap.4, ed in particolare il modello § 3.6].
L’organizzazione sistemica [§3.6] ci spinge ad esplorare la dimensione del “perché ?”
che consiste nel cercare di comprendere quali sono, se ci sono, le motivazioni o i fini
che portano i diversi attori a fare sistema per offrire la vacanza.
In base a siffatta impostazione si assume, adottando una prospettiva di marketing, che un
sistema turistico locale finalizzato alla produzione e alla commercializzazione (Perché?) sul
mercato di esperienze turistiche (Cosa?), debba partire dall’analisi del cliente obiettivo (Per
chi?), per definire le opportune politiche (Come?) atte a connettere gli attori interni (Chi?) ed
esterni (Per chi?) in modo da ottenere un utilizzo sistemico, e quindi ottimale, delle risorse
territoriali ove il sistema turistico è radicato (Dove?).
347
Pine e Gilmore [2000, p.163].
177
Fabio Forlani
Progettare un’esperienza, come già evidenziato in precedenti contributi [Forlani, 2001;
Pencarelli e Forlani, 2002 e Pencarelli e Forlani, 2005], in un ottica di marketing significa
rispondere alle seguenti domande:
1.
Per chi ? (il Pubblico o attori della domanda – i segmenti di mercato per i quali si
allestisce l’esperienza).
2.
Chi ? (gli Attori e le comparse – i soggetti economici e non presenti ed agenti sul
territorio e come tali coinvolti, a vario titolo, nella produzione dell’esperienza).
3.
Perché ? (la Filosofia – gli obbiettivi, la cultura, la fiducia del territorio come
elementi di unità e consapevolezza del sistema).
4.
Dove ? (il Palcoscenico – il territorio come insieme di risorse e capacità del sistema).
5.
Cosa ? (lo Spettacolo – il concetto dell’esperienza: il messaggio, le sensazioni, le
emozioni e i ricordi).
6.
Come ? (La forma di teatro – l’organizzazione e la disposizione degli eventi-azioni
nel tempo, gestione delle relazioni tra gli attori e di questi con gli ospiti);
Fig. 6.9 - Un modello di analisi per la produzione di esperienze
Per chi?
Target
Cosa?
Spettacolo
Dove?
Palcoscenico
Come?
Forma di
teatro
Chi?
Attori e
comparse
Esperienza
turistica
Perché?
Mission e
Cultura
Fonte: nostra elaborazione
Nella progettazione della vacanza, però, non è sufficiente considerare gli ambiti
dell’esperienza che si desidera coinvolgere nella messa in scena, occorre anche tener presente
l’intero ciclo d’acquisto, consumo e post consumo del cliente [Pencarelli, Betti e Forlani,
2005]348.
Secondo alcuni autori quali Arnould [2002], Trailo [2002], Vézina [1999], citati da Carù e
Cova [2003], l’esperienza di consumo <<non si limita più a qualche attività pre-acquisto
(risveglio del bisogno, ricerca di informazioni ecc. …), né a qualche attività post-acquisto,
come la valutazione della soddisfazione, ma ingloba una serie di altre attività che
influenzeranno le decisioni e le azioni future del consumatore>>. L’esperienza si dispiega
così lungo un periodo di tempo in cui si possono identificare quattro momenti principali:
- l’esperienza di anticipazione che consiste nel ricercare, pianificare, sognare ad occhi
aperti, prevedere o immaginare l’esperienza;
348
Sul processo di acquisto e consumo turistico cfr. anche AAVV [2005], Casarin [1996] e Savoja [1998].
178
Esperienze, Marketing e Territorio
l’esperienza di acquisto che deriva dalla scelta, dal pagamento, dal packaging,
dall’encounter del servizio e dell’ambiente;
- l’esperienza di consumo vera e propria che include le sensazioni, l’appagamento, la
soddisfazione/insoddisfazione, l’irritazione/il flusso, la trasformazione;
- l’esperienza di ricordo e di nostalgia che utilizza le fotografie per rivivere l’esperienza
passata, che si appoggia sui racconti di storie e sulle discussioni con gli amici sui giorni
passati, che si sofferma sui ricordi. La materializzazione di queste esperienze (ad
esempio il catalogo per una mostra, il souvenir per una vacanza) ha la funzione di
certificazione dell’esperienza.
Condividendo tale analisi si ipotizza di sintetizzare questo ciclo, con riferimento specifico alle
vacanze, nel seguenti tre fasi: la fase del sogno, la fase delle sensazioni e dell’emozione, la
fase del ricordo.
-
Tali fasi possono essere rappresentate graficamente utilizzando lo schema logico del modello
teatrale nel seguente modo:
Fig. 6.10 – La fase del sogno
Per chi?
Attori della domanda
Ambiente
esterno
Cosa?
Spettacolo
Come?
Copione
Chi?
Ambiente
interno
Dove?
Attori e
comparse
Palcoscenico
Perché?
Mission e Cultura
Immagine
Esperienza
promessa
Fonte: nostra elaborazione
Attraverso il modello teatrale si mette in evidenza che il turista non è solo uno spettatore
passivo, ma è un protagonista (attore) dello “spettacolo turistico” allestito dall’offerta (singola
impresa o sistema turistico). Il coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il
processo di consumo turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno (sogno) fino alle
attività svolte al ritorno dalla vacanza (ricordo).
Fig. 6.11 – La fase delle sensazioni e delle emozioni
179
Fabio Forlani
Ambiente
esterno
Con chi?
Ospite
Cosa?
Esperienza
Dove?
Come?
Palcoscenico
Copione
Chi?
Attori f.o.
Ambiente
interno
Chi?
Att. b.o.
Perché?
Mission e Cultura
Esperienza
emergente
Immagine
Fonte: nostra elaborazione
Fig. 6.12 – La fase del ricordo
Per chi?
Ospite
Ambiente
esterno
Cosa?
Lo spettacolo
Come?
Il modello
di teatro
Ambiente
interno
Perché?
Mission e
Cultura
Chi?
Dove?
Attori e
comparse
Il palcoscenico
Immagine
Esperienza ricordata
Fonte: nostra elaborazione
In definitiva, il modello teatrale, rende esplicito che progettazione l’esperienza significa, da
parte del soggetto che la offre (singola impresa o sistema d’imprese), dare risposta ai seguenti
questi:
Quale è la trama dell’esperienza (dramma) e quindi chi è il drammaturgo
dell’esperienza?
Qual è il palcoscenico su cui si svolge l’esperienza?
Chi cura la regia dell’esperienza?
180
Esperienze, Marketing e Territorio
Alla prima domanda proveremo a dare alcune risposte nelle righe che seguono; alla seconda
domanda verrà dedicato il cap.7; alla terza domanda si cercherà di rispondere nel cap. 8.
Secondo Carù e Cova [2003, p.193], esistono differenti tipologie di esperienze. Per questi
autori “il modello più fecondo è quello proposto da Csikszentmihalyi (1997) e ripreso
recentemente dalla ricerca sul comportamento del consumatore (Novak et al., 2000; Arnould
et al. 2002), che mette in risalto il caso specifico delle flow experiences, nelle quali l’energia
psichica richiesta è massima (Csikszentmihalyi, 2000). Due dimensioni principali permettono
di effettuare una distinzione tra le esperienze (Csikszentmihalyi, 1997): il livello delle abilità
(skills) e il livello di sfida (challenge). L’esperienza di flusso (flow) si realizza quando
competenze e sfida sono entrambe al massimo.”
Fig. 6.13 – La tipologia delle esperienze di Csikszentmihalyi
Elevato
Livello
di sfida
Basso
Ansia
Eccitazione
Preoccupazione
Apatia
Basso
Flusso
Controllo
Noia
Livello di
abilità
Distensione
Elevato
Fonte: Carù e Cova, 2003, p.193.
Scelte le tipologia di emozioni o sensazioni che si vogliono far vivere occorre ideare lo
schema di riferimento dell’esperienza in base alla modalità di messa in scena stabilita
(improvvisazione, canovaccio, copione).
Qualunque sia la modalità creativa dell’esperienza, riteniamo opportuno ricordare che la sua
messa in scena dovrà prevedere comunque i seguenti elementi [Pine e Gilmore, 2000, p.5171]:
I.
Tematizzare l’esperienza turistica
In ogni caso, sia che l’ospite si fermi all’ambito dell’esserci, sia che prosegua fino a
quello dell’imparare, il primo passo che il produttore di esperienze dovrà comunque fare
è stabilire il tema dell’esperienza. Un tema ben concepito da ai turisti una struttura
attorno a cui organizzare le proprie impressioni e l’esperienza produce così dei ricordi
ricchi e duraturi.
Un “tema” è un “argomento o motivo di fondo”. Il concetto di tema è evolutivo e
dinamico, concepisce una realtà fondamentalmente aperta da cui scaturiscono
immaginazione, creatività, iniziativa. Ma implica, per chi mette in scena l’esperienza,
anche delle regole e dei vincoli da rispettare, richiede, infatti, la continua coerenza con
l’idea di partenza e il rispetto di una linea di orientamento generale. Il tema, in quanto
181
Fabio Forlani
elemento centrale della visione dell’esperienza è quindi il filo conduttore intorno al quale
si organizza in divenire l’esperienza. Nel turismo l’utilizzo della tematizzazione per
differenziare l’offerta è già ampiamente diffuso sia da parte delle strutture turistiche
(Tour operator , grandi complessi alberghieri, villaggi turistici, pachi tematici) con forti
capacità di marketing, sia da parte dei piccoli operatori fortemente specializzati.
II. Prevedere degli stimoli (indizi positivi) che producano delle impressioni
Il tema costituisce la base di un esperienza capace di suscitare impressioni indelebili. Le
impressioni349 sono il “take away” dell’esperienza, ciò che si porta via con sé: la coerente
integrazione di un certo numero di impressioni tocca l’individuo e quindi soddisfa il
tema.
Per creare le impressioni desiderate, le imprese devono introdurre elementi che nel loro
insieme affermino la natura dell’esperienza voluta per l’ospite.
Ciascun elemento della vacanza deve essere, allora, coerente con il tema, e con la
tipologia dell’esperienza che si vuol far vivere, in modo da rafforzarlo e sostenerlo.
III. Eliminare gli indizi negativi
Gli indizi fanno scattare impressioni che realizzano il tema nella mente del cliente.
Un’esperienza può essere spiacevole solo perché un qualche aspetto architettonico è stato
trascurato, sottovalutato o non è stato coordinato. Indizi visivi e sonori non progettati o
incoerenti possono far sentire confuso o sperduto un cliente. Chi mette in scena
l’esperienza deve eliminare qualsiasi cosa che impoverisca, contraddica o distolga
l’attenzione dal tema.
Nella messa in scena dell’esperienza turistica occorre fare estremamente attenzione agli
indizi o impressioni incoerenti con il tema, poiché sono sufficienti poche informazioni
contraddittorie per far crollare una “storia” costruita con tantissime impressioni positive.
IV. Coinvolgere i cinque sensi
Gli stimoli sensoriali che accompagnano un’esperienza ne dovrebbero sostenere e
intensificare il tema. Quanto più efficacemente un’esperienza coinvolge i cinque sensi,
tanto più sarà memorabile. Occorre infatti ricordare che, per i produttori dell’economia
dell’esperienze, le sensazioni e le emozioni vissute dal turista non sono la conseguenza
della propria offerta economica, ma sono la componente fondamentale della stessa.
V. Integrare con oggetti ricordo (souvenir)
Da sempre le persone acquistano, certi beni, principalmente per i ricordi che comunicano.
I vacanzieri acquistano cartoline delle vedute amate, i giocatori di golf acquistano camice
o capellini con il logo dei campi, i teenager collezionano T-shirt per ricordare concerti
rock ecc.
I turisti acquistano quindi i souvenir come testimonianze tangibili delle esperienze
vissute. Il possesso di questi elementi tangibili garantisce infatti a loro la permanenza del
ricordo e la possibilità di trasmetterlo ad altre persone.
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inoltre definita come il frutto dei “momenti della verità” (nell’economia dei servizi si definisce in tal modo l’incontro reale o
fisico fra domanda e offerta di servizi).
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Fabio Forlani
VII
IL TERRITORIO COME “PALCOSCENICO” DEI SISTEMI TURISTICI
7.1
Il territorio come “palcoscenico” del sistema economico locale
Sul dizionario della lingua italiana [Devoto e Oli, 1986] sotto la voce territorio si legge:
“Porzione di terra di estensione abbastanza considerevole: una striscia di t.; i t. costieri; part.,
porzione di paese circoscritta entro i confini di uno Stato o comunque costituente un’unità
giurisdizionale e amministrativa: il t. dello stato, della provincia, del comune. [dal lat.
territorium]”.
In questa definizione vengono evidenziate due distinte dimensioni, la prima è quella
strutturale o afferente alla materia, la seconda è quella giurisdizionale e amministrativa,
afferente ad una particolare dimensione sistemica.
A nostro avviso l’approccio sistemico350, utilizzato in questo studio, riesce a fare nuova luce
sul ruolo del territorio nelle dinamiche socio-economiche351, poiché, come evidenziato nel
secondo e nel terzo capito, la definizione di sistema (vivente e/o vitale) permette di
evidenziare, tramite il concetto di “emergenza”, il rapporto dinamico esistente fra materia
(struttura materiale), schema di organizzazione, vita (processo) e significato. Attraverso
questa prospettiva d’analisi, infatti, viene evidenziata l’importanza della rete di
relazioni/interazioni sovra e sub sistemiche che permettono la nascita (l’emersione), la
sopravvivenza e lo sviluppo di sistemi territoriali. Viene esaltato, in questo modo, il legame
vincolante che si crea fra i sistemi sociali, l’ambiente e il territorio in cui essi operano352. Lo
studio sistemico delle dinamiche sociali suggerisce, in definitiva, la necessità per i sistemi
socioeconomici di porre la necessaria attenzione alla dimensione territoriale (o biologica) e ai
continui processi di adattamento (accoppiamento strutturale) determinati dallo scambio e dalla
condivisione di risorse con sistemi terzi353.
Nella letteratura economico aziendale vi sono diversi studi che analizzano il sistema
territoriale utilizzando l’approccio sistemico. In questo momento il filone di studi più
dinamico è sicuramente quello che utilizza la matrice concettuale dell'Approccio Sistemico
Vitale (ASV) [Vesci, 2001; Golinelli C.M. , 2002 e 2003; Gallucci, 2003a e 2003b; AA.VV,
2003].
350
La prospettiva qui adottata riprende i postulati della concezione sistemica in base alla quale “la comprensione delle
caratteristiche e delle dinamiche di un sistema può avvenire solo con riferimento all’osservazione dei sovrasistemi che su di
esso insistono (…) e dei subsistemi in esso inclusi (…)” [Golinelli, 2000].
351
Nell’attuale dibattito politico, sociale ed economico sulla globalizzazione oltre alla tradizionale competizione fra imprese,
sempre maggiore spazio trova il tema della competizione fra nazioni, regioni, città o più generalmente tra sistemi territoriali.
In questo quadro, si sta assistendo, sia in Italia, sia all’estero, ad un crescente interesse per il ruolo del “territorio” inteso nella
sua accezione allargata, non solo come un’estensione spaziale di paesaggio o aggregato di entità naturali ed antropiche, ma
anche e soprattutto come comunità localizzata e quindi come sistema socio-economico territoriale. Nel dibattito sulla
gestione territoriale, a fianco alle riflessioni di urbanisti, geografi e politologi si sono inseriti, nell’ultimo decennio, anche i
contributi degli economisti d’impresa. Il loro campo di ricerca si è, infatti, esteso dall’applicazione di metodologie
manageriali alla gestione di problemi specifici, come ad esempio il marketing per l’attrazione degli investimenti esterni, ad
aspetti più generali che coinvolgono il problema del governo strategico delle comunità territoriali nel loro complesso.
[Forlani, 2003].
352
Cfr l’ontologia biologica dei sistemi viventi capitoli 1, 2 e le sue implicazioni sui sistemi aziendali (capitolo 3).
353
Tale connessione dinamica assicura ai sistemi territoriali, da un lato, la capacità di soddisfare le attese dei sovrasistemi
(mercati, sovrasistemi territoriali, ecc.) e di indirizzare le finalità e gli obiettivi dei subsistemi (imprese ed altre
organizzazioni economiche e sociali) e, dall’altro, di perseguire i propri percorsi di sviluppo attraverso un equo
contemperamento delle pressioni esercitate dagli altri sistemi.
186
Esperienze, Marketing e Territorio
Per Golinelli C.M. [2002, p.13] “s’intende discernere la concreta possibilità di applicazione
dell’A.S.V. al territorio, ovvero appurare che, come l’impresa assurge a “sistema vitale
impresa”, così il territorio, ricorrendo determinate condizioni, può essere qualificato in
termini di “sistema vitale territorio”. Nel presente lavoro, dunque, il termine “territorio”
non indica semplicemente un’estensione spaziale, un paesaggio naturale o un aggregato
di entità naturali e antropiche, bensì una comunità localizzata palesatasi e consolidatasi
per volontà di un determinato ente (semplice o composito), l’organo di governo
nell’ASV. A questo spetta il merito di essere riuscito a fare coesistere, a coordinare
funzionalmente ed a rendere mutuamente interdipendenti le singole componenti strutturali,
superando le motivazioni alla base delle scelte localizzative individuali e ponendo in essere le
condizioni per il perseguimento di obiettivi comuni”.
Per Vesci [2001, p. 7] “Appare immediatamente chiara l’esigenza tipica dell’approccio di
focalizzare l’attenzione sulle relazioni fra le parti piuttosto che sulle singole parti. L’approccio
sistemico, dunque, implica le interazioni e l’organizzazione espressa dall’insieme di
interazioni.354”. Per Gallucci [2003a, p. 68] l’ASV “consente di esaminare il sistema
territoriale come entità non avulsa dal contesto. Anzi, come sistema che sopravvive, creando
valore, proprio in virtù della capacità del suo organo di governo di gestire le interazioni con i
sovrasistemi rilevanti percepiti nell'ambiente. (…) l'approccio sistemico allo studio del
territorio con l'individuazione della categoria logica dei sistemi vitali consente di cogliere
appieno il significato delle due dimensioni, quella strutturale e quella sistemica, e quindi
il processo logico che porta all'emergere del sistema territoriale dalla struttura, il quale
si sviluppa attraverso la valorizzazione delle capacità. Mentre la dimensione strutturale
consente di individuare il territorio nelle sue componenti strutturali e infrastrutturali, la
dimensione sistemica, che si manifesta con l'emergere del sistema dalla struttura, si qualifica
attraverso le interazioni che l'organo di governo del territorio implementa, con tempi ed
intensità diverse, con i sovrasistemi che ritiene più o meno rilevanti nella sua analisi per la
qualificazione del contesto di riferimento.”355.
Nella applicazione dell’ASV allo studio dei sistemi territoriali che emergono dal territorio si
evidenzia, come passaggio logico fondamentale, che il sistema non coincide con la struttura
ma piuttosto emerge da essa [Golinelli, 2000]356.
Partendo da questa considerazione Vesci [2001, p.31] arriva ad identificare e a specificare il
significato di sistema di offerta territoriale: “Il sistema d’offerta territoriale si propone in
primo luogo (si veda fig. 7.1) nella sua naturale fisicità e materialità357 che immediatamente
però, assume un valore di fruibilità sul mercato grazie alle innumerevoli componenti di
servizio dirette358 e indirette359 (quali le attività di servizio coerenti con il target, quelle
coerenti ma non richieste da target stesso, la presenza di risorse umane qualificate, ecc.). Fa
da sfondo al sistema di offerta permeando comunque tutte le componenti che lo caratterizzano
la presenza di una serie di elementi immateriali, quali le tradizioni socio-culturali, storiche, le
dinamiche formative, ecc. Tali elementi, nel comporsi a sistema, contribuiscono a disegnare le
“caratteristiche distintive” dell’area territoriale. La valorizzazione delle connotazioni e
354
Tutti i sistemi sono caratterizzati da una struttura e si qualificano per l’esistenza di processi. La struttura rappresenta la
conformazione di un insieme di elementi concreti o astratti in un determinato spazio. I processi sono un insieme di eventi
coordinato in successione che generano risultati definiti.
355
Corsivo nostro.
356
Vds il secondo e il terzo capitolo del presente lavoro.
357
Riprendendo la classificazione proposta da taluni studiosi di marketing dei servizi, si potrebbe individuare nel luogo fisico
o negli elementi ad esso intrinsecamente connessi il cosiddetto “servizio di base”.
358
Applicando la medesima caratterizzazione cui nella precedente nota si faceva riferimento, si potrebbe parlare di “servizio
di base derivato”.
359
Il riferimento è al “servizio periferico”.
187
Fabio Forlani
caratteristiche specifiche rappresenta la base di adozione di strategie e politiche coerenti con il
target di mercato selezionati.”
Fig. 7.1 – Il sistema di offerta territoriale
Tradizioni
socio culturali
Stratificazione
storica
Infrastrutture
Qualità
della vita
Territorio (nel
suo aspetto
fisico ed
orografico)
Risorse
Intelligenze
Dinamiche
formative
Fonte: Vesci, 2001, p. 32;
“Dall’aspetto fisico non è assolutamente possibile prescindere: non c’è sistema se no c’è
un’area, se non c’è un territorio; tuttavia l’aspetto fisico non è più fondamentale: assumono
importanza sempre maggiore le condizioni di fruizione di quella data area e tutte le
componenti immateriali che la caratterizzano; laddove tutte queste componenti siano, a
determinate condizioni, collegate e coordinate fra loro in opportune relazioni e/o interazioni,
allora e solo allora, si potrà dire che sta cominciando ad emergere dalla struttura, il sistema
che sarà, comunque, in qualche modo circoscritto.” [Vesci, 2001, p.31].
Seguendo un approccio simile, in un precedete lavoro [Pencarelli e Forlani, 2002] si è
sostenuto come potesse emergere il sistema turistico dal territorio, evidenziando come la
definizione di sistema vitale richiedesse la presenza di un organo di governo (che governa) e
di una struttura operativa. Il prodotto offerto in quel caso, l’esperienza turistica, era frutto
dell’interazione e della co-produzione, sul palcoscenico territoriale, degli attori territoriali
(imprese turistiche e persone) con gli attori-spettatori esterni (turisti). Seguendo tale approccio
si è sostenuto che il sistema turistico vitale emerge dalla struttura-territorio grazie alla regia
(coordinamento sapiente ed efficace) dell’organo di governo.
In alcuni successivi contributi [Pencarelli e Forlani, 2003; Forlani, 2003], utilizzando la
strumentazione economica dell’ASV abbiamo cercato di estendere il ragionamento dal
sistema turistico al sistema territoriale studiando lo specifico caso dei centri storici. Nel corso
di tale studio abbiamo potuto confermare che sul medesimo supporto fisico (territorio nel suo
aspetto fisico ed orografico) emergono differenti sistemi di offerta territoriali in seguito al
lavoro degli attori territoriali (imprese e persone) tendenti a soddisfare una determinata
domanda (di commodity, di beni, di servizi, di esperienze, di trasformazioni). Abbiamo
inoltre verificato l’esistenza di una profonda diversità sistemica fra quelli che abbiamo
definito sistemi d’offerta territoriali e il sistema politico-amministrativo territoriale360 in
quanto tali sistemi hanno natura (privata, pubblica-privata, pubblica), schemi di
organizzazione, dinamiche di processo e fini completamente differenti. Inoltre si è verificata
360
“Politica s.f. 1. Teoria e pratica che hanno per oggetto la costruzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la
direzione della vita pubblica.” [Devoto e Oli, 1987]. In base a tale definizione con sistema politico territoriale faremo
riferimento al sistema giuridico-amministrativo preposto al governo di una determinato territorio.
188
Esperienze, Marketing e Territorio
l’esistenza di un rapporto collaborativo-conflittuale tra i diversi sistemi d’offerta e tra questi e
il sistema politico territoriale.
A conclusione di tale studio si è, quindi, verificata l’esistenza di due tipologie di sistemi che
emergono dal territorio:
I sistemi politico-istituzionali territoriali
I sistemi d’offerta territoriali
In tale prospettiva si è inoltre verificato che il sistema territoriale (o ecosistema) che emerge,
come livello superiore, dall’interazione sistemica di tali sub-sistemi può essere un sistema
territoriale vitale, ma può anche essere un sistema territoriale vivente [cfr. §3.7].
Si è giunti quindi a condividere le osservazioni fatte da Golinelli C.M. [2002, p.18] “Quindi,
nello studio del territorio sistema vitale, la coincidenza tra il sistema territoriale ed un’unità
amministrativa rappresenta un’ipotesi possibile ma non tassativa. E’ difficile pensare che
un’istituzione locale sia giocoforza un sistema territoriale semplicemente perché ufficialmente
preposta all’amministrazione di un’area spaziale. Lo è, invece, di certo quando le esigenze e
gli interessi diffusi degli attori localizzati sono adeguatamente interpretati, rappresentati e
coordinati dall’organo di governo dell’istituzione, ossia quando riesce a compendiare nella
propria azione di governo le aspettative ed istanze dei diversi attori, addivenendo ad un
effettivo indirizzo e controllo dell’ambito spaziale ufficialmente attribuitogli.”361
Coerentemente con i fini della nostra analisi cercheremo di capire quali relazioni ed
interazioni intercorrono fra sistemi d’offerta territoriali e sistemi politico-istituzionali
territoriali e, se e come, tali rapporti contribuiscono alla sopravvivenza dell’ecosistema
complessivo che insiste su di un territorio.
7.2
Le componenti fondamentali del sistema politico territoriale
L’importanza del ruolo del territorio sulla competitività delle organizzazioni economiche e
non è riconosciuta da numerosi autori di strategia aziendale362, in particolare Valdani e
Ancarani [2000] evidenziano che “Negli attuali contesti economici, la competitività delle
imprese viene a dipendere in misura crescente dalla più generale competitività dei sistemi –
sociali e territoriali – nei quali esse sono inserite. Dal lato delle imprese, infatti, le politiche di
marketing sono sempre più interconnesse e dipendenti dalle risorse specifiche dei territori nei
quali esse sono insediate. Dal lato dei territori, si sta verificando un contemporaneo
incremento di concorrenzialità, definito in questo volume ipercompetizione territoriale, che
impone l’adozione di logiche e strumenti competitivi. In tal senso, nel presente lavoro si
avanza l’ipotesi che imprese e territori coevolvano nella ricerca di vantaggi competitivi,
essendo gli uni reciprocamente risorse critiche per la competitività degli altri.”.
L’adozione dell’approccio sistemico allo studio del territorio e della sovra citata ipotesi
d’interdipendenza strategica e di coevoluzione di sistemi economico-aziendali (imprese e
sistemi d’imprese) e sistema territoriale, ci porta a sostenere la necessità di pervenire ad una
miglior comprensione del ruolo (compiti, responsabilità, diritti, doveri) attribuibile ad ogni
diversa componente sistemica.
361
Per approfondimenti Golinelli C. M. [2002, p.11-63].
La stretta relazione tra competitività dei contesti territoriali e competitività delle imprese è ampiamente evidenziata dalla
letteratura che si occupa di distretti industriali e di sistemi produttivi locali.
362
189
Fabio Forlani
Nella nostra analisi si identificano, quindi, le seguenti tre componenti fondamentali dei
sistemi politici-territoriali363:
a) I cittadini elettori. Il sovrasistema rilevante del sistema politico-territoriale
La definizione dei cittadini elettori intesi come “proprietà” e quindi come sovrasistema
rilevante e influente del sistema politico-territoriale presenta importanti specificità poiché
“se nell'impresa l'organo di governo è espressione di un sovrasistema proprietario, esterno
al sistema vitale impresa e titolare di quote di capitale, nel territorio, invece, la proprietà
risulta legittimata non dal capitale ma dal voto di fiducia espresso a favore di quell'organo
di governo e a cui quest'ultimo non può non rivolgere doverosa attenzione nel definire un
percorso evolutivo del territorio. Più precisamente, non si tratta di un diritto di proprietà
materiale (stockholders) bensì di una volontà espressione degli orientamenti politici e
come tale in grado di imporre vincoli e regole al mandato conferito (lobbies).” [Gallucci,
2003a, p.78].
b) L’organo di governo del sistema politico-territoriale
Gli amministratori del territorio o policy maker364 sono l’organo di governo del sistema
politico-territoriale. Vesci [2001, p.38] li definisce come attivatori di processi di gestione
e metaorganizzazione dello sviluppo (Policy Maker e Struttura Tecnica e amministrativa).
Compito dell’organo di governo è quello di realizzare “il complessivo grado di risonanza,
risultante dei gradi di risonanza sovra e sub-sistemica” e di “assicurare che il sistema
evolva unitariamente verso il conseguimento di vantaggi competitivi, atti a garantire al
sistema stesso le maggiori possibilità di sopravvivenza, incrementando in tal modo il suo
grado di vitalità” [Golinelli, 2000, p.213]. Per conseguire siffatti traguardi l’organo di
governo deve possedere capacità imprenditoriali elevate, associate al potere di
progettazione, riprogettazione, controllo, integrazione degli elementi strutturali del
sistema (singole aziende ed istituzioni, territorio, fattori di attrattiva e di contesto
ecc. e loro relazioni organizzative) in funzione della loro consonanza e risonanza con
i sovra-sistemi ambientali (es. sovra-sistema della domanda, sovra-sistema
legislativo, sovra-sistema finanziario, sovra-sistema del mercato del lavoro, ecc.) o
con i sub sistemi della struttura operativa. L’organo di governo è chiamato, infatti, a
svolgere azioni di filtro/interpretazione delle influenze, dei vincoli e delle aspettative che
provengono dai sovra-sistemi e dai sotto-sistemi, ricercando opportune conciliazioni e
composizioni dei condizionamenti che provengono da entrambi i livelli intersistemici.
Siffatte azioni dell’organo di governo sono cruciali per favorire il raggiungimento di
elevati gradi di risonanza ed efficacia sistemica e per assicurare sopravvivenza di lungo
termine al sistema.
Il soggetto guida, per esercitare funzioni di governo altamente complesse ed articolate
(progettazione, coordinamento, supporto, consulenza, formazione, monitoraggio,
commercializzazione, promozione, ecc.) dove possedere competenze assai variegate ed
avere la giusta legittimazione da parte dei soggetti territoriali.
Nell’approccio sistemico vitale, l’organo di governo esiste e “governa davvero”, ha la
capacità e possibilità di pianificare, attuare, controllare e rivedere i percorsi strategici del
territorio e dei suoi componenti strutturali365, assecondandone le esigenze di
sopravvivenza e di rafforzamento competitivo.
363
Anche per Valdani e Ancarani [2000, p.45], infatti “Si possono distinguere coloro che sono portatori, nei confronti del
territorio, di interessi rilevanti, e che possono essere definiti stakeholder (pubblici interni), da coloro che viceversa definibili
clienti/mercati (pubblici esterni), da coloro che infine sono amministratori del territorio o policy maker”. Una classificazione
simile è seguita da Camagni [1994].
364
“Come è noto policy maker e struttura tecnica e amministrativa sono le due anime gestionali dell’ente pubblico [Mele e
Vesci, 1997] separate ed unite al tempo stesso e comunque tali da dover ritrovare un concreto amalgama proprio nella
efficiente ed efficace gestione dell’ente.” Vesci [2001, p. 41].
365
Il management dei componenti strutturali di una destinazione turistica-sistema vitale si differenzia in funzione del grado
di legittimazione e di potere che l’organo di governo possiede sugli stessi. Ad esempio, mentre la capacità d’influenza sulle
190
Esperienze, Marketing e Territorio
c) La struttura operativa366 del sistema politico-territoriale
I. Gli attori della struttura operativa del sistema territoriale (i co-produttori e/o
utenti del sistema d’offerta territoriale).
Sono gli stakeholder (pubblici o clienti interni), costituiscono la componente “vivente”
della struttura operativa (attori del sistema d’offerta). Vesci [2001, p.38] suddivide i
soggetti facenti parte di tale categoria in attivatori di processi di compartecipazione alla
predisposizione del sistema di offerta territoriale e in attivatori dei processi di fruizione.
In prima approssimazione gli stakeholder possono essere suddivisi in almeno due gradi
categorie [Ancarani, 1999]:
- Le persone: i cittadini residenti367 o aventi interessi diretti sul territorio, i turisti368
e gli escursionisti presenti sul territorio;
- Le organizzazioni: le imprese residenti o aventi interessi diretti sul territorio, le
organizzazioni non-profit, e altre istituzioni (fatto salvo gli enti pubblici di governo
del territorio).
II. Gli attori potenziali della struttura operativa del sistema territoriale (i coproduttori e o utenti potenziali del sistema d’offerta territoriale).
I clienti obbiettivo (target o clienti esterni) costituiscono la componente potenziale della
struttura operativa. Potenziale, in quanto, rimangono esterni alla struttura finché non
divengono componenti della struttura in qualità di co-produttori dei sistemi d’offerta e/o
fruitori effettivi degli stessi.
Costituiscono questa categoria:
- Le persone potenzialmente interessate a risiedere e/o investire nel territorio, i
potenziali turisti ed escursionisti;
- Le organizzazioni potenzialmente interessate a “risiedere” e/o investire nel
territorio.
III. Gli elementi (materiali e immateriali) della struttura operativa del sistema
territoriale.
Un ulteriore aspetto che occorre definire fra le componenti del sistema sono gli elementi
(materiali e immateriali) della struttura operativa del sistema territoriale. Per Vesci [2001,
p.29] “il territorio non può, e assolutamente non deve, essere visto come semplice
elemento fisico e materiale. ... diventa necessario operare una prima distinzione
concettuale fra “patrimonio” e “risorsa”. In termini generali, il valore territoriale inteso
come elemento patrimoniale fa riferimento a tutti quegli elementi che lo compongono
indipendentemente dalle forme specifiche e temporanee del loro uso da parte della società
civile; viceversa, questi stessi elementi possono essere intesi come risorsa quando una
imprese turistiche sarà limitata a funzioni di indirizzo e di stimolo a condotte strategiche unitarie, le iniziative sugli assetti
infrastrutturali di un territorio o le azioni di macro marketing potranno avere impatto più stringente.
366
Per Valdani e Ancarani, [2000, p.39] “Per quanto concerne la configurazione territoriale interna, un’area territoriale vede
convergere verso di sé gli interessi di svariati soggetti economici e non, a differente titolo portatori di interesse nei confronti
del territorio stesso. Le relazioni instaurate con queste tipologie di soggetti fanno assumere al territorio una configurazione
reticolare, che, con la dizione coniata da Martone [1998], la trasformano da territorio-impresa a in territorio-coproducer. In
altre parole, il territorio-coproducer vede la partecipazione di un ampio ventaglio di soggettività, che partecipano alla
creazione di soddisfazione e di attrattività attraverso una fitta rete di relazioni.”.
367
La popolazione e la comunità locale (la popolazione residente) costituisce un soggetto collettivo dal cui atteggiamento nei
confronti degli ospiti (ostilità, indifferenza, accoglienza, ecc.) può dipendere la percezione di qualità e la soddisfazione dei
consumatori durante l’esperienza di soggiorno nel territorio. Nel consumo del prodotto turistico, ad esempio, le interazioni tra
i turisti e la popolazione rappresentano frequenti << momenti della verità >> che possono valorizzare o distruggere la qualità
erogata dagli altri soggetti territoriali. Poiché l’esperienza del turista è largamente connessa alla qualità del contesto generale
nel quale i soggetti operano, nelle località turistiche non è sufficiente un coordinamento tra le imprese e gli enti direttamente
interessati alla produzione turistica, ma occorre un coordinamento ed un orientamento al servizio ed al cliente che coinvolge,
oltre agli operatori turistici (pubblici e privati), anche le altre forze istituzionali e l’intera popolazione residente.
368
I turisti sono i destinatari dell’offerta allestita in un dato territorio, ma rappresentano anche risorse preziose nella coproduzione dell’offerta in quanto partecipano direttamente alla realizzazione dell’esperienza. Di questo l’organo di governo
deve tenerne conto, giacché le modalità di partecipazione all’esperienza degli ospiti considerati sia individualmente sia in
relazione agli altri turisti presenti nello stesso periodo nell’area influenzano fortemente la percezione della qualità totale dei
consumatori.
191
Fabio Forlani
determinata società li reinterpreta attivamente [Magnaghi, 1999]. In altre parole “il
<patrimonio territoriale> ... è caratterizzato dall’essere prodotto di un lungo processo
storico di territorializzazione sia nelle sue componenti ambientali (neoecosistemi prodotti
dalle successive civilizzazioni), sia nelle sue componenti edificate (le invarianti strutturali
di lunga durata: infrastrutture, trame agrarie, tipologie edilizie, urbane, paesistiche, ecc.),
sia nelle componenti antropiche (modelli socioculturali e identitari, culture artistiche,
produttive, politiche)”[Magnaghi, 1999, p. 9]. Tale patrimonio diventa “risorsa” di fronte
al progetto di una società (o di un organo di governo) che lo reinterpreta ai propri fini e
che gli attribuisce un determinato ruolo.”
Il territorio nella sua componente fisica e strutturale è quindi detentore di una serie di:
A) Elementi (risorse) tangibili:
• Elementi edificati (storici e attuali)
• Elementi di accessibilità
• Elementi ambientali
B) Elementi (risorse) intangibili:
• Cultura locale369
• Conoscenza370
• Fiducia371
• Immagine372
• Informazione373
7.3
Il ruolo strategico dell’organo di governo all’interno del sistema politico
territoriale
Nella prospettiva sistemica l’organo di governo dovrà, sulla base delle risorse necessarie alla
mission del territorio (probabilmente determinata, anche se per delega, dalla proprietà)
pervenire alla specificazione di una modalità di governance del sistema territoriale, che
favorisca l’emersione degli elementi della struttura che possono concretizzarsi
369
La cultura locale è qui intesa come l’insieme delle norme e dei valori frutto della storia, delle tradizioni, delle usanze di
uno specifico territorio e delle persone che lo compongono. Essa connota il clima territoriale orientando le strategie ed i
comportamenti dei singoli operatori.
370
La conoscenza è definita come “Facoltà, atto, modo, effetto del conoscere”. Per Valdani e Ancarani [2000, p.23]
“Nell’economia postfordista la nuova fonte del vantaggio competitivo delle imprese, così come dei sistemi economici, sociali
e territoriali, si sta manifestando e consolidando nella capacità sia individuale che organizzativa di accesso, utilizzo e
sviluppo di conoscenza.”, ed ancora [p. 41] “In questa sede, ci piace avanzare l’ipotesi che fra le infrastrutture di cui un
territorio deve necessariamente essere dotato, ve ne siano alcune non materiali, ma comunque fondamentali, e cioè la
conoscenza e la fiducia, intese come infrastrutture delle relazioni” e “... nell’economia globale dell’immaterialità, fiducia e
conoscenza assurgono al ruolo di risorse critiche.”.
371
“Le costellazioni di successo si caratterizzano inoltre per il fatto che, per realizzare la propria formula imprenditoriale,
ogni singolo attore fa affidamento, oltre che sulle proprie competenze, anche su quelle delle altre imprese facendo leva sulla
fiducia, che costituisce il vero presupposto e la condizione di esistenza dei rapporti cooperativi interaziendali” [Pencarelli,
1995, p.143]. D’altronde le relazioni cooperative sono relazioni sociali e per esse la fiducia è un collante più forte ed efficace
di qualsiasi meccanismo gerarchico o di mercato; la risorsa fiducia è dunque una delle principali risorse critiche di ogni
distretto industriale di successo.” [Pencarelli, 2001, p.143].
372
L’immagine ha un ruolo fondamentale nella percezione delle caratteristiche del territorio, poiché è allo stesso tempo un
filtro che influisce sulla percezione della qualità (per la domanda ma anche per gli attori del territorio) ed uno strumento di
gestione del suo posizionamento. L’immagine genera aspettative nella domanda e può determinarsi sia per effetto di stimoli
esterni non direttamente controllabili dagli operatori (passaparola - fattori culturali e sociali come l’interazione tra i
componenti della famiglia, tra colleghi, tra amici, ecc.), di stimoli interni non controllabili (necessità - fattori a livello
individuale, come i tratti della personalità), nonché da azioni esterne controllabili dall’organo di governo (comunicazione l’azione della pubblicità e degli altri strumenti di comunicazione).
373
L’informazione rappresenta, internamente, una risorsa critica ai fini del governo della struttura operativa in quanto
consente di mettere in relazioni le varie componenti del sistema, accrescendo il loro grado di consapevolezza circa l’unitario
finalismo evolutivo del sistema. A livello esterno essa facilita la ricerca ed il conseguimento della consonanza e risonanza
sistemica con i sovrasistemi rilevanti ed influenti sul distretto turistico. L’informazione è inoltre il contenuto delle azioni
comunicative verso tutti gli interlocutori sociali interessati al distretto, a partire dai turisti attuali e potenziali .
192
Esperienze, Marketing e Territorio
nell’allestimento di sistemi d’offerta economica374. Qualora le componenti della struttura
dovessero trovarsi in una situazione conflittuale e di scarsa risonanza (ad esempio, un'elevata
accessibilità potrebbe andare a scapito della qualità ambientale, oppure turisti troppo
numerosi ed attivi potrebbero suscitare sentimenti di ostilità della popolazione, oppure
un’immagine troppo positiva creare aspettative eccessive nella domanda, ecc.), è necessario
realizzare la migliore combinazione possibile di questi elementi. Elementi che, in base ai
prodotti territoriali che si vogliono offrire agli ospiti, andranno combinati in modo armonico,
agendo soprattutto sulla gestione dell’informazione, dell’immagine e della cultura, evitando
conflitti e cercando di fare in modo che siano l’uno a sostegno dell’altro. Per questo l’organo
di governo del sistema politico-territoriale è chiamato a formulare ed attuare un piano
strategico capace di valorizzare, selezionare, mobilitare i componenti della struttura operativa
nell’ottica sistemico vitale.
Tali considerazioni ci aiutano, quindi, ad affermare la necessità di rivolgersi alla
strumentazione di marketing, anche se con sguardo critico ed attento [si veda il §7.5]. Negli
studi di marketing territoriale, molto spesso, si è dato per scontato che il cliente da ricercare
per un territorio fosse esclusivamente l'imprenditore con le sue risorse nella convinzione che
lo sviluppo di un'area passasse necessariamente per un incremento numerico di insediamenti
produttivi e/o commerciali. Una riflessione più attenta, invece, non deve trascurare di
evidenziare che il cliente dipende dalla mission dell'area in questione che, pertanto, varia da
territorio a territorio sulla base delle specificità locali, del posizionamento che il soggetto
decisore - organo di governo territoriale - riconosce coerente con le suddette specificità e, non
ultimo, delle istanze provenienti da una proprietà detentrice della volontà politica dominante
in quel momento.
Per svolgere adeguatamente questo compito di gestione strategica del sistema territoriale,
l’organo di governo politico-territoriale dovrà possedere diversificate competenze
manageriali, non solo le competenze di natura burocratico-amministrative tipiche delle
amministrazioni pubbliche, che dovranno integrare i consolidati strumenti del marketing
all’interno di un più complesso ed ampio problema di gestione delle relazioni sistemiche (subsistemi e sovra-sistemi).
L’impostazione sistemica da noi adottata, concentrando l’attenzione sulle relazioni interattive
e sull’importanza assegnata, all’interno del sistema, al ruolo del regista territoriale (l’organo
di governo politico come coordinatore dei sistemi d’offerta territoriali) sembra dare risposte
alle problematiche che stanno emergendo dalla letteratura in termini di governo del territorio
[Bramanti, 2002, p.25]: “La complessità degli scenari competitivi e l’articolazione plurilivello
in cui le relazioni tra attori sono organizzate, hanno contribuito ad un sovraccarico di
domanda politica sulle amministrazioni territoriali decentrate. Tale domanda nasce, da un
lato, dalle difficoltà dello Stato nazionale di offrire risposte adeguate; dall’altro, dal processo
374
La Gallucci [2003a] nella sua applicazione del ASV al governo dei territori arriva alla seguente conclusione: “L'approccio
sistemico esalta la necessità per un qualsiasi sistema di valorizzare il patrimonio di capacità e competenze disponibili sul
territorio. Diversa, invece, la tendenza delle politiche territoriali per molti anni orientate alla mera creazione di infrastrutture,
nella infondata certezza che tale processo fosse sufficiente ad attivare meccanismi virtuosi di sviluppo di un territorio.
Tuttavia, l'esperienza, ormai non più recente, ha purtroppo dimostrato che, oggi più che mai, le competenze e, quindi,
l'esistenza di una capacità di utilizzo nonché di gestione di tali infrastrutture rappresenta una condizione indispensabile per
lo sviluppo delle potenzialità insite nelle stesse. Va, tuttavia, precisato che tale processo nasce e si sviluppa attraverso una
perfetta coniugazione delle due dimensioni (strutturale e sistemica), delineate nell'ASV che, ... consente una chiara
evidenziazione della necessità imprescindibile per l'organo di governo territoriale di partire dalla struttura e, quindi,
dall'analisi delle specificità territoriali (tangibili e intangibili) e, successivamente, sulla base di tali fattori place specific,
individuare la mission da assegnare all'attività di governo del territorio. Ovviamente, tutto ciò dovrà risultare coerente con un
processo di analisi del contesto e, quindi, di costruzione di una rete di relazioni di consonanza prima e risonanza poi con i
diversi sovrasistemi con cui l'organo di governo ritiene opportuno o è costretto ad entrare in contatto nel perseguimento delle
sue scelte strategiche.”
193
Fabio Forlani
di decentralizzazione delle competenze e di avvicinamento delle risorse agli utilizzatori
[Laper, 1999]. Ne discende che le amministrazioni territoriali (il government) non riescono ad
articolare autonomamente nessuna seria politica di sviluppo; necessitano invece di alimentare
tavoli di concertazione e strutture di governance che siano in grado di motivare all’azione un
numero crescente di soggetti – singoli e collettivi – portatori di esigenze e detentori di risorse.
Dal momento che l’ambito di influenza delle esternalità eccede, per definizione, il controllo
discrezionale di ogni singolo agente, forme rilevanti di coordinamento sociale sono essenziali
per assicurare le migliori performance possibili dell’economia regionale.
Mentre il government richiama il concetto di sovranità e di autonomia politica, la governance
si riferisce a processi di mediazione sociale e di interdipendenza inter-istituzionale [Sabel,
1998].
In questo senso, il passaggio dal government alla governance implica una duplice
modificazione:
- da una preoccupazione puramente strutturale ad una nuova attenzione per il processo;
- da una focalizzazione esclusivamente di governo (pubblica amministrazione) a un più
ampio orizzonte di capacità civiche e di politiche di volontariato.
La governance si attiva nel compito di riconoscere i bisogni, di aggregare e coordinare una
molteplicità di interessi pubblici e privati.
La governance diviene così una modalità di coordinare il self-interest e le scelte
microeconomiche, di risolvere controversie, di assegnare diritti di proprietà, di distribuire
potere tra i membri della comunità, di rafforzare gli entitlement, di assicurare radicamento
sociale, di perseguire visioni condivise di sviluppo, di produrre beni relazionali, di sostenere
la fiducia e la partecipazione.”
Per Vesci [2001, p. 37] : “la governance locale si propone come la <<capacità di integrare, di
dare forma agli interessi locali, alle organizzazioni, ai gruppi sociali, e, dall’altra parte, come
la capacità di rappresentarli all’esterno, di sviluppare strategie più o meno unificate in
relazione al mercato, allo Stato, alle altre città e agli altri livelli di government>> (Le Gales P.
1995, pag. 90).
Dimensione fondamentale, dunque, è la capacità di integrare la maggior parte delle
organizzazioni pubbliche (locali e centrali) e private nell’elaborazione di strategie e politiche
comuni.”.
Utilizzando il modello teatrale [Cap.5 e Cap.6] l’esigenza di governace è anche definibile
come esigenza di regia375 complessiva del sistema territoriale. Da segnalare infine come
“Metodologicamente il funzionamento della governace richiama la logica della pianificazione
strategica dello sviluppo” [Bramanti, 2002, p. 34] e nel nostro approccio richiama l’approccio
di gestione strategica delle relazioni sub e sovra sistemiche messe a punto negli studi di
strategia aziendale.
Nella nostra applicazione dell’economia delle esperienze allo studio dei territori turistici
[Pencarelli e Forlani, 2002 e 2005] ma anche dei centri storici [Pencarelli e Forlani, 2003],
abbiamo evidenziato che, essi, possono essere descritti come dei luoghi speciali (palcoscenici)
su cui vengono proposte (messe in scena) diversificate offerte economiche da parte degli
attori territoriali (persone ed organizzazioni) che agiscono in forma isolato e/o in forma
sistemica (sistemi d’offerta).
Rielaborando tale visione nell’ottica del sistema territoriale (ecosistema che insiste su un
territorio), possiamo sostenere che il territorio, inteso come dimensione strutturale, è
375
“Regia. ... estens. Coordinamento sapiente ed efficace di un dibattito, di un gioco collettivo, di una manifestazione, ecc.”
[Devoto e Oli, 2000].
194
Esperienze, Marketing e Territorio
definibile come “un nudo palcoscenico”, su cui agiscono sistemi d’offerta economica,
sociale ecc. finalizzati alla produzione di output specifici (volti alla soddisfazione di bisogni
economici, sociali, ecc.) e sistemi politici-territoriali finalizzati al governo complessivo del
sistema territoriale.
Quando l’organo di governo del sistema politico-territoriale ha le competenze e l’autorità per
fungere da regista del sistema territoriale nel suo complesso il sistema territoriale assume lo
schema di sistema vitale.
Occorre però ricordare che il sistema territoriale può, comunque, essere in grado di rimanere
vivo (vivente) anche sensa assumere lo schema di sistema vitale, in presenza di processi di
autorganizzazione dei sistemi che ne fanno parte.
Infine si ricorda che il giudice ultimo dell’efficacia del sistema politico-territoriale e
dell’operato del suo organo di governo è il sovra sistema popolazione residente (gli elettori).
La popolazione residente in quanto sovrasistema del sistema politico-territoriale e sub-sistema
del ecosistema territoriale giudicherà in merito alla capacità del primo di creare consonanza e
risonanza fra i vari sistemi che insistono su uno specifico territorio.
7.4 Il circolo virtuoso formazione, attrattività e valore. Il rapporto dinamico fra gli
elementi del sistema vitale.
Il criterio sulla base del quale si sono precedentemente suddivise le varie tipologie di utenti
del territorio (§7.3) è anche riconducibile alla differente natura che guida le relazioni che si
instaurano tra le componenti a natura pubblica del sistema territoriale (sistema politicoistituzionale territoriale) e i suoi pubblici di riferimento (persone e organizzazioni di natura
privata).
In termini di analisi strategica della domanda Valdani e Ancarani [2000, p. 48] sostengono
l’esistenza delle seguenti relazioni:
“La relazione che unisce il territorio ai pubblici/clienti esterni (potenziali, nda) è
identificabile nell’attrazione, nel senso che le politiche poste in essere dal territorio nei
confronti di tali pubblici sono volte a richiamare all’interno del territorio stesso i
possibili segmenti di clienti (imprese, investitori, turisti, ecc.).”
“La relazione che unisce il territorio ai pubblici/clienti interni è identificabile nella
soddisfazione, nel senso che le politiche, poste in essere dal territorio nei confronti di
tali pubblici, mirano a generare e incrementare la soddisfazione dei pubblici interni,
cioè dei residenti nel territorio (cittadini e imprese) e degli attori coinvolti nel processo
di pianificazione territoriale (Camere di Commercio, Unione Industriali, Unione
Consumatori, Apt, ecc.)”
Gli autori ritengono che queste relazioni siano legate fra loro dall’esistenza di una circolarità
(tra soddisfazione dei clienti interni e attrattività del territorio nei confronti dei clienti esterni),
e che tale circolarità deve essere gestita in modo tale da generare un continuo incremento di
valore del territorio stesso.
“... è possibile osservare come in realtà all’interno del modello descritto, rientri anche il ruolo
dei policy maker (organo di governo, nda). Pur non avendo benefici derivanti dalla
soddisfazione di interessi specifici, i policy maker dovrebbero essere comunque orientati alla
generazione di soddisfazione e all’incremento del grado di attrattività del territorio in virtù del
mandato a essa conferito. In una prospettiva che richiama il ruolo del management come
agente all’interno dell’impresa, se la gestione è condotta negli interessi degli stakehoder
rilevanti (generando soddisfazione e incrementando il valore del territorio per questi ultimi), i
policy maker ricevono consenso, principalmente sotto forma di voti da parte dei residenti e di
195
Fabio Forlani
maggiori imposte da parte delle imprese (...). Del pari, se l’attrattività del territorio aumenta,
affluiscono nuova ricchezza e nuovo valore sociale, così come cresce il livello di
soddisfazione, economica e non degli stakehoder. Ciò si traduce in ulteriore consenso e in
ulteriori entrate, innescando una spirale virtuosa tipica della circolarità soddisfazioneattrattività-valore. ” [Valdani e Ancarani, 2000, p.49].
Se la gestione è, viceversa, distruttrice di valore, con un medesimo processo logico è possibile
ipotizzare l’innesco di una pericolosa spirale viziosa.
In base alle ipotesi di circolarità sovraesposta gli autori sostengono la necessità, per i territori,
di sviluppare un’attività di marketing strategico che, partendo dalla definizione dei pubblici a
cui riferirsi e degli obiettivi da assumere a riferimento, definisca:
•
•
il marketing strategico territoriale esterno, rivolto ai clienti esterni di un territorio, con
l’obbiettivo dell’attrazione e della generazione di fiducia esterna;
il marketing strategico territoriale interno, rivolto ai clienti interni di un territorio, con
l’obiettivo della valorizzazione dell’esistente e della soddisfazione e fiducia interna.
Fig. 7.2 – Il marketing territoriale: il circolo virtuoso soddisfazione, attrattività, valore.
Valore
territorio
Attrattività
territorio
Soddisfazione
cittadini/imprese
Fonte: Valdani e Ancarani, 2000, p. 49.
Seguendo tale ragionamento, Valdani e Ancarani [2000, p.50], arrivano a sostenere che “in
termini di implicazioni manageriali, considerando la circolarità virtuosa esistente tra
attrattività, soddisfazione, valore e lo stretto legame esistente tra marketing territoriale interno
ed esterno, si pone un problema di management strategico del territorio in una prospettiva
resource based.”376
Si sottolinea, innanzitutto, che la circolarità proposta da Valdani e Ancarani è da ritenersi
molto significativa ed interessante perché sembra rappresentare una sorta di autopoiesi del
sistema territoriale, occorre però evidenziare che, nella nostra prospettiva, non si ritiene
sufficiente parlare di un unico circolo virtuoso del sistema territoriale. Si ritiene, in questa
sede, più opportuno assumere la prospettiva di Noisette [1996, p.173] e parlare di almeno due
circoli virtuosi distinti ma collegati377:
376
Per approfondimenti sulla prospettiva resource based applicata ai territori cfr. Caroli, Vesci, Napolitano, Galluro;
“Double circuit d’action et de sanction. C’est pourquoi la gestion urbain ne se préoccupe plus seulement des citadins.
Elle est comptable devant eux du dynamique économique de la ville, pour autant que ses compétences le justifient, et elle
s’intéresse donc également à l’ensemble des des acteurs économiques – disons, pour simplifier, aux entreprises (on y trouve
aussi les citadins, comme consummateurs). Les élus sont ainsi au sommet d’un double circuit d’action et de sanction,
politique et économique:
377
196
Esperienze, Marketing e Territorio
1. Il circolo politico del sistema politico-istituzionale territoriale. Un circolo di sviluppo
socioeconomico collegato all’attività di governo (politica) dell’ente pubblico territoriale.
Il circolo politico è finalizzato, in linea teorica, alla soddisfazione delle persone residenti
(cittadini elettori), in quanto sono queste ultime a generare il consenso necessario alla
rielezione (voto politico) degli amministratori del territorio (organo di governo del
territorio).
2. Il circolo economico dei sistemi di offerta territoriali. Sul territorio emergono uno o
diversi circoli di sviluppo socioeconomico generati dai sistemi d’offerta territoriali, aventi
o meno, un organo di governo riconosciuto e legittimato (sistemi, sistemi viventi, sistemi
vitali). Il circolo economico è finalizzato alla soddisfazione delle imprese in quanto attori
economici (industriali, commerciali, turistici, ecc.) e alla soddisfazione delle persone i
qualità di consumatori (di beni, di servizi, di esperienze, di trasformazioni).
I due circoli non sono sovrapposti ma si influenzano costantemente e reciprocamente. Essi
però devono essere pensati, progettati e guidati dall’organo di governo del sistema politicoterritoriale in modo strategico al fine di garantire uno sviluppo coerente e virtuoso dell’intero
ecosistema territoriale. La visione strategica dell’organo di governo deve selezionare,
indirizzare e/o supportare i sistemi d’offerta, che emergono dalla struttura territoriale, in modo
tale che i circoli economici virtuosi da essi generati portino al conseguimento degli obbiettivi
sociali e politici.
Figura 7.3 – Il circolo politico virtuoso del sistema territoriale vitale
Efficacia dei
sistemi d’offerta
territoriali
B
Qualità della vita dei
“proprietari” del sistema
territoriale (cittadini votanti)
Risorse
A
Opportunità
C
Visione strategica
del territorio messa a
punto dall’organo di
governo
Fonte: Nostra elaborazione
A Scelte strategiche di natura politica, sociale ed economica e poliche d’intervento (dirette
ed indirette) sui sistemi di offerta (economica e non);
-
le circuit politique touche en priorité les citadins-électeurs, mais il n’ignore pas le pouvoir d’influence des
entreprises (le citadin-consummateur et le chef d’entreprise influencent le vote de l’individu électeur qu’ils sont
également). Sa sanction, c’est la réélection, résultat de l’opinion des citadins et des agents économiques;
le circuit économique touche en priorité les entreprises, mais il n’ignore pas que les citadins sont une fource
économique qui pèse sur le logement, les commerces les services et les équipements. La sanctin de l’action
municipale dans le circuit économique, c’est le développement de la ville, résultat de la confiance et du dynamisme
des entreprises et des ménages, résultat aussi de la capacité de la ville elle-meme à faciliter les productions et les
échanges.
Ces deux circuits ne sont pas le décalque l’un del l’autre. Intérets économiques et pollitiques peuvent différer, y compris
pour les meme agents. J’y reviendrai. Ce qui assure la cohérence des objectifs et des actions de la municipalité entre ces
deux circuit, c’est la startégie de développement qu’elle a adoptée pour la ville. Cette stratégie doit en effet articuler l’action
économique à la traduction sociale des objectifs politiques.” Noisette [1996, p.173-174].
197
Fabio Forlani
B Opportunità di lavoro e di consumo create dai sistemi di offerta (economica e non);
C Voto o consenso politico;
Si può ipotizzare che ogni ciclo completo di tale circolo abbia una durata coincidente con la
durata legislativa. (medio –lungo termine).
Figura 7.4 – Il circolo economico virtuoso di un sistema d’offerta economica territoriale
Qualità e Valore dei
prodotti offerti dal
sistema d’offerta
territoriale
Selezione / Aggregazione
e Formazione
Attori Interni
Risorse
Visione
strategica
Opportunità
Attrattività
del sistema d’offerta
territoriale
Soddisfazione dei
Pubblici Esterni e
degli Attori Interni
OdG
Fonte: Nostra elaborazione
In base a quanto fin qui sostenuto si può affermare che l’organo di governo del sistema
politico-territoriale, in quanto regista complessivo del territorio378, ha un’importante funzione
di regia nell’attivare e governere il circolo virtuoso di crescita.
Il problema pratico che si affronta quando si va ad affrontare in concreto tali temi [Pencarelli
e Forlani, 2002, Pencarelli e Forlani, 2003] è però quello di identificare la dimensione
territoriale “ideale” del sistema territoriale vivente o vitale. Il problema è alquanto complesso
e risente dei profondi cambiamenti che stanno avvenendo in merito al governo dei territori
(globalizzazione dei mercati, federalismo, Unione Europea, ecc.).379
Allo stato attuale, si ritiene indispensabile un serio sforzo d’identificazione dell’ambito
territoriale in cui è possibile attuare una governance efficace del sistema territoriale. In attesa
di una tale riflessione, che richiederà l’intervento di competenze diverse (economisti,
economisti d’impresa, sociologi, politici, ecc.), allo stato attuale “appare innegabile che la
Provincia e il Comune siano istituzionalmente investiti di responsabilità in tema di governo
del territorio e siano i soggetti primi tenuti ad impostare una lettura in chiave sistemica dello
stesso. D’altronde, anche una interpretazione non “allargata” del dettato normativo spinge in
tal senso (Paolini C., Saija A., 1995). (...), la norma (legge 142/90, nda) assegna ad entrambi
gli enti funzioni di sviluppo territoriale, e probabilmente intende assegnare alla Provincia
funzioni prevalentemente strategiche e di coordinamento, lasciando al Comune compiti
relativamente più operativi o comunque da esercitarsi all’interno di linee programmatiche
provinciali.” [Vesci, 2001, p.45].
378
“Aspetto nodale nel governo del territorio è l’individuazione di chi abbia il compito di sviluppare le relative strategie e
politiche di sviluppo in un ottica strategica e di marketing secondo un approccio oramai più volte definito sistemico. Tale
aspetto introduce il discorso sulla cruciale tematica dell’emersione dell’organo di governo del sistema.” [Vesci, 2001, p. 44]
379
Un interessante opinione in merito è senza dubbio quella di Beccattini [2004].
198
Esperienze, Marketing e Territorio
7.5
Il marketing territoriale
Per illustrare brevemente le principali definizioni elaborate in letteratura in tema marketing
territoriale e di marketing urbano o delle città, si è scelto di seguire un criterio di ordinamento
cronologico, ritenendo che la formulazione di successive siano state, in qualche modo,
influenzate da quelle che le hanno precedute380.
Fig. 7.5 - Definizioni di marketing urbano e di marketing territoriale
TEXIER L., VALLA Secondo questi autori, il marketing di una città può essere definito come “l’insieme delle azioni
J.P., [1992, p.42]
collettive poste in atto per attirare in una specifica area o territorio nuove attività economiche e
produttive, favorendo lo sviluppo delle imprese locali e promuovere un’immagine favorevole.”
KOTLER P.,
Gli autori nel loro place marketing effettuano un’applicazione alla gestione territoriale del
HAIDER D.H.,
marketing management:
REIN I., [1993, p.
- Analisi delle caratteristiche dell’area;
18-23]
- Elaborazione di una strategia di lungo termine realizzata sulla base delle risorse del
territorio e delle opportunità ambientali;
- Sviluppare un piano di azioni operative in cui siano indicati gli investimenti e le
trasformazioni necessarie per realizzare gli obiettivi strategici prefissati;
Questo ultimo punto è sostanzialmente la seguente versione territoriale del marketing mix:
- Prodotto: definizione di un adeguato mix di caratteristiche strutturali e di servizi offerti
dall’area;
- Prezzo: sebbene non determinabile direttamente è influenzato da un valido sistema di
incentivi per gli attuali e potenziali utilizzatori dei servizi e delle strutture offerte dal
territorio;
- Distribuzione: individuazione di efficaci modalità di distribuzione dei servizi e dei prodotti
predisposti;
- Promozione: comunicazione dell’immagine dell’area in modo tale che la domanda ne
percepisca correttamente il valore;
BRAMEZZA I. “Il marketing della città è l’analisi, pianificazione, implementazione di programmi che mirano a
VAN DEN BERG L. creare, costruire, mantenere rapporti e scambi vantaggiosi con i mercati relativi al fine di
- VAN DER MEER raggiungere obiettivi organizzativi. Il marketing urbano è un processo che riguarda l’offerta di
J. [1994]
prodotti urbani che interessano segmenti di mercato specifici, come gli anziani, le imprese e i
visitatori.”
GILI G. – PESCI G. “Il marketing urbano è un nuovo metodo di elaborazione delle strategie di promozione delle
– ROSSI I. [1994, p. attività legate alla distribuzione commerciale e di servizio localizzate nella medesima zona della
6]
città. L’obiettivo di queste indagini e azioni sul mercato è la valorizzazione e la riqualificazione
commerciale e sociale delle aree urbane, facendo rientrare nel progetto di valorizzazione tutti
quei fattori che interagiscono nel rapporto tra il fenomeno commerciale e la rivitalizzazione del
centro storico.”
MELLANO F.
“Il marketing urbano è un metodo applicato alle principali azioni di progettazione e gestione
[1994, p. 197]
urbana che tende a perseguire il seguente obiettivo: rendere più efficace possibile la sintesi delle
azioni che si intrappongono nell’ambito di una collettività urbana, anziché cercare
semplicemente di rendere fra di loro compatibili e di ottimizzare azioni diverse. In altre parole, è
un metodo che tende alla ottimizzazione della sintesi delle azioni urbane anziché alla sintesi
delle tante ottimizzazioni di azioni diverse.”
ASWORTH G.J. –
I due autori intendono il marketing delle città come il processo attraverso il quale le attività
VOOGD H. [1995,
urbane vengono poste il più strettamente in relazione con la domanda proveniente dai “target”
p. 11]
individuati.
NOISETTE P.
“Il marketing della città è un approccio che può essere utilizzato nelle attività di gestione della
[1996, p. 178-179]
città. Esso si occupa dell’analisi, della pianificazione, della messa in opera e del controllo dei
programmi concepiti dall’autorità pubblica di management urbano e dagli organismi che da essa
dipendono. Questi programmi hanno per obiettivo, da un lato quello di rispondere al meglio alle
aspettative delle persone e delle attività della città e del suo territorio, e dall’altro di migliorare la
qualità e la competitività globale della città nel suo ambiente concorrenziale.”
FILOSA
“Il marketing urbano può essere concepito come l’insieme di azioni volte a massimizzare, dati
MARTONE R.
certi obiettivi, l’efficienza economica e sociale della città. Non una semplice attività
380
Si veda anche Latusi [2002].
199
Fabio Forlani
[1998, p. 14]
PAOLI M. [1999,
P.114]
CERCOLA R.,
[1999, p.67]
VICARI S. –
MANGIAROTTI D.
, [1999, P. 87]
CAROLI M.G.,
[1999, p. 101]
NAPOLITANO M.
R., [2000, p. 43]
VALDANI E.,
ANCARANI F.,
[2000, p. 35]
VESCI M. [2001, p.
XVII]
LATUSI S., [2002,
p. 27]
promozionale volta ad attrarre investitori o turisti, ma un articolato insieme di azioni orientate a
migliorare la posizione relativa della città.”
Definisce marketing d’area per l’attrazione degli investimenti l’insieme di “tutte quelle attività
che, esercitate su uno specifico spazio geografico, possono rendere un’area attrattiva per un
prescelto gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti del quale (o dei quali) si
è attuato il disegno delle caratteristiche dell’area stessa”
L’autore considera il marketing territoriale come “un processo finalizzato alla creazione di
valore per una collettività composta dall’insieme di individui che fruiscono di un territorio
predeterminato nei suoi confini.”
“L’obiettivo del marketing territoriale è infatti quello di aumentare il valore della città. Possiamo
dire che aumentare il valore della città significa aumentare la sua capacità di sviluppo, cioè di
crescita della soddisfazione dei propri cittadini e delle proprie imprese e di servizio al resto della
comunità e del paese in cui la città è inserita. Un buon marketing territoriale è cioè capace di
innescare un circolo virtuoso tra soddisfazione dei residenti, attrazione di capitale esterno,
aumento delle capacità di sviluppo della città”
L’autore definisce il marketing territoriale come una “funzione che contribuisce allo sviluppo
equilibrato dell’area, attraverso l’ideazione e l’attuazione di una interpretazione delle
caratteristiche territoriali in chiave di offerta che soddisfi segmenti identificati di domanda
attuale e potenziale; questa soddisfazione è realizzata attraverso la creazione di valore netto
positivo. L’interpretazione che il marketing da delle caratteristiche del territorio avviene a livello
strategico di sistema territoriale e a livello operativo dei singoli elementi che compongono l’area
in questione e delle varie tipologie di utenti attuali o potenziali.”
“La prospettiva assunta ... è, dunque, quella di considerare marketing e orientamento al mercato
nel più ampio processo di gestione strategica del territorio, ossia nel complesso delle decisioni e
delle azioni che è necessario porre in essere per assicurare al territorio il successo competitivo.”
“Per marketing territoriale s’intende, pertanto, l’analisi dei bisogni degli stakeholder e dei
clienti/mercati, volta a costruire, mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli
stakeholder (marketing territoriale interno) e con i pubblici di riferimento (marketing territoriale
esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore del territorio e delle imprese e l’attrattività
degli stessi, attivando un circolo virtuoso soddisfazione-attrattività-valore.”
“Il marketing è solo uno degli elementi compresi nel più ampio processo di gestione strategica
del territorio; tale ipotesi consente di passare da un concetto di marketing ad un concetto di
management o governo del territorio in cui la componente di marketing è ancora comunque la
logica di fondo; di tal che il marketing del territorio viene a qualificarsi come quel processo
relazionale, strategico ed operativo, attuato da un ente territoriale , un agenzia a capitale
pubblico, ecc. singolarmente intesi o, in accordo fra loro e, nell’ipotesi di emersione del sistema
vitale, con l’ausilio dell’azione consonante (e/o risonante) degli altri attori agenti sul territorio,
finalizzato ad indurre uno sviluppo ordinato, coordinato e coerente di un’area predeterminata.”
L’autrice effettua una valutazione della letteratura di marketing territoriale e di marketing urbano
arrivando a sintetizzare che “Il marketing territoriale:
- Svolge una funzione di collegamento tra l’offerta territoriale e la domanda territoriale;
- Si fonda su un’attenta analisi dei bisogni, delle esigenze e delle attese espressi dalle diverse
categorie di domanda;
- Necessita di un’attenta selezione dei segmenti di domanda verso cui orientare l’offerta in
via prioritaria;
- Ha valenza strategica ed operativa;
- Richiede il coinvolgimento di diversi attori locali sia in fase di ideazione che di
implementazione”
L’autrice nel suo testo si focalizza, poi, sulle iniziative di marketing territoriale che hanno per
destinatari gli investitori e come obiettivo la promozione di un’area geografica come
localizzazione di attività logistico-produttive.
Senza entrare nel merito delle singole definizioni381, ciò che si può sostenere dall’analisi di
questi contributi, e più in generale della letteratura di marketing territoriale, è la convergenza
fra i temi di marketing territoriale e marketing urbano, attraverso il superamento
dell’approccio parziale di marketing territoriale come quel processo tendente a “vendere”
381
Per un quadro più organico e un maggior approfondimento su tale tema si veda anche Caroli [1999] e Latusi [2002].
200
Esperienze, Marketing e Territorio
insediamenti produttivi ad aziende esterne al territorio382 o quel processo tendente a
promuovere il territorio a fini turistici.
Gli autori citati, anche se divergono sulla tipologia di marketing da applicare (marketing
management, marketing relazionale nell’approccio B2B, marketing del non profit, marketing
sociale, ecc.) e sull’importanza ed il ruolo da assegnare alla funzione di marketing nel
processo di sviluppo delle aree territoriali, sono sufficientemente concordi nel ritenere la
filosofia e la strumentazione di marketing come elementi indispensabili per il governo del
territorio.
Occorre evidenziare, però, che non emerge con chiarezza cosa sia l’oggetto del marketing
territoriale, ossia quale sia il prodotto “venduto” o scambiato e chi abbia la responsabilità
delle azioni di marketing.
Per Caroli [1999, p.77] “Il territorio urbano con le sue caratteristiche strutturali e con i suoi
attributi intangibili è normalmente considerato l’elemento che rappresenta il “prodotto”; come
avviene all’interno di un impresa orientata al mercato, esso verrebbe progettato in funzione
delle esigenze della domanda e sarebbe realizzato, promosso e venduto attraverso le misure
definite dal piano di marketing. Si tratta di una linea di ragionamento che tende a semplificare
una situazione che nella realtà è molto complessa. Il territorio non ha infatti, la flessibilità e la
relativa semplicità che normalmente ha un prodotto.”
In questo studio, si è definita il territorio come un luogo su cui agiscono svariati sistemi, fra
cui persone e organizzazioni. Si è, inoltre, già argomentato che il territorio non può essere
considerato un prodotto da scambiare sul mercato, ma un palcoscenico (supporto materiale) su
cui fare emergere i sistemi d’offerta volti a produrre prodotti da scambiare, anche, sul
mercato. In questa prospettiva, quindi, il territorio non può essere un oggetto di marketing. Si
ritiene, infatti, che il compito dell’organo di governo non sia quello di scambiare il territorio
ma quello di gestirlo affinché le componenti in esso insediate crescano e si sviluppino
generando valore.
La tesi da noi sostenuta è, conseguentemente, che il territorio non sia rappresentabile come un
prodotto da mettere sul mercato (e in quanto tale oggetto di transazione economica), ma come
un insieme complesso, costituito da uno spazio geografico delimitato, da strutture fisiche
naturali e/o edificate, da persone e da organizzazioni che lo vivono e da componenti
immateriali che in esso si depositano (cultura, conoscenza, immagine, ecc.).
Il sistema territoriale così inteso è allora il luogo che consente agli attori (persone e/o
organizzazioni) di produrre e/o scambiare con altre persone e/o organizzazioni, varie tipologie
di prodotti (commodity, beni, servivi, esperienze e trasformazioni).
Nel sistema territoriale (es. città) quindi:
− L’amministrazione comunale (organo di governo) è investita della responsabilità del
governo strategico del territorio ed è quindi responsabile della regia complessiva
(selezione e coordinamento dei sistemi d’offerta);
− L’amministrazione comunale è legittimata a tale compito dal consenso dei cittadini
residenti (voto elettorale);
− I “prodotti” domandati e offerti nel sistema territoriale città sono il frutto (il risultato) del
lavoro svolto dalle persone, dalle imprese, dalle organizzazioni, dai sistemi d’offerta (es. il
sistema d’offerta turistico, il sistema del commercio al dettaglio, il sistema scolastico, il
sistema sanitario, ecc.);
− Ogni sistema d’offerta può essere o no dotato di organo di governo;
382
Cosa non avvenuta ancora sul piano pratico.
201
Fabio Forlani
− Le dinamiche produttive territoriali si ritiene debbano essere analizzate utilizzando la
logica della costellazione del valore [Norman e Ramirez, 1995], in cui non ci sono
consumatori, ma persone che co-partecipano ai sistemi d’offerta in qualità di lavoratori,
acquirenti, ecc.
Conseguentemente:
1. Sull’Amministrazione pubblica, organo di governo, cade la responsabilità della gestione
politico-strategica del sistema territoriale (generare il circolo virtuoso dello sviluppo
territoriale) e quindi la determinazione delle visioni e degli indirizzi di sviluppo. Tale
attività consiste nell’osservare, valutare e selezionare i sistemi di offerta in modo tale che
la loro integrazione crei valore per i cittadini residenti o “proprietari” del territorio;
2. Sugli operatori economici 383 cade la responsabilità della costruzione e della gestione dei
sistemi d’offerta territoriali. I sistemi d’offerta territoriali possono configurarsi come
imprese, come mercati (sistemi), come distretti (sistemi o sistemi viventi), come
costellazioni d’imprese, reti d’imprese o sistemi d’imprese. In base alla loro capacità di
sopravvivere rigenerando continuamente le proprie componenti e in base alla presenza o
meno di un organo di governo riconosciuto e legittimato si parlerà così di sistemi, sistemi
viventi e sistemi vitali;
3. Sulle persone, che sono l’elemento biologicamente vivente e quindi componente
fondamentale che da “vita” all’intero sistema territoriale spetta il compito (responsabilità)
di far vivere i sistemi (entrandovi in qualità di produttori, prosumer o consumatori a
seconda se essi partecipano più o meno attivamente ai vari sistemi d’offerta).
7.6
L’applicazione del marketing
Opportunità e limiti.
management
ai
sistemi
territoriali.
Nel paragrafo 7.4 le relazioni che intervengono in un determinato territorio (e
conseguentemente le interazioni e gli scambi che su di esse emergono) sono state
precedentemente raggruppate (§ 1.6) in due macrocategorie:
Uno circolo di scambio politico e sociale fra la “proprietà” e l’organo di governo del
territorio (circolo virtuoso dello sviluppo territoriale).
Vari circoli di scambio economico e sociale fra l’organo di governo, la “proprietà”,
gli attori della struttura operativa (interni) e gli attori potenziali (esterni) che
avvengono all’interno dei sistemi d’offerta del territorio.
Con riferimento alle perplessità sollevate sul ricorso alla filosofia di marketing in contesti
diversi da quelli prettamente aziendali e di mercato [Vds §4.3], possiamo evidenziare le
seguenti specificità dei sistemi territoriali:
•
•
•
•
lo scambio ha per protagonista un soggetto attivo no-profit (ente pubblico) che gestisce
“beni pubblici”;
lo scambio voto-soddisfazione non è di natura economica;
lo scambio voto-soddisfazione non avviene sul mercato (gli elettori non sono un mercato
così come definito in economia);
il soggetto no-profit ha finalità economiche solo strumentali al raggiungimento di quelle
non economiche;
Date queste condizioni, si può sostenere le seguenti tesi:
383
Le organizzazioni economiche possono essere di natura privata, pubblica, mista pubblico-privata.
202
Esperienze, Marketing e Territorio
1. Il sistema di scambio che ha come soggetto attivo l’ente pubblico territoriale ha natura
politica e non si svolge quindi secondo i criteri del mercato e della massimizzazione del
profitto. Il ruolo delle discipline aziendali e del marketing management in particolare, in
questo caso, appare strumentale, finalizzato a mettere a disposizione del decisore la
propria “cassetta degli attrezzi manageriali” (fatta di idee, metodologie e tecniche) che lo
aiuti nel raggiungimento dei propri scopi, al costo complessivo minimo e compatibile con
l’efficacia desiderata.
2. I sistemi di scambio, generati dai sistemi d’offerta che emergono dal territorio, aventi
natura non esclusivamente economica (es. sicurezza pubblica, sistema giudiziario,
sistema scolastico, sistema sanitario, ecc.) andrebbero valutati singolarmente tenendo
presente la finalità sociale del sistema stesso e la necessità di una loro sostenibilità nel
contesto-ambiente economico di riferimento. Il ruolo delle discipline aziendali e del
marketing management in particolare, anche in questo caso, appare strumentale e
finalizzato a mettere a disposizione del decisore la propria “cassetta degli attrezzi
manageriali” (fatta di idee, metodologie, tecniche che aiutino il management nel
raggiungimento dei propri scopi, al costo complessivo minimo e compatibile con
l’efficacia desiderata), senza però escludere un più completo utilizzo degli strumenti e
della filosofia di marketing qualora i decisori politici ritengano che la finalità sociale di
tale sistemi possa essere conseguita attraverso il loro inserimento nei meccanismi del
mercato.
3. I sistemi di scambio, generati dai sistemi d’offerta che emergono dal territorio, aventi
natura prevalentemente economica sono da ritenersi una tipica situazione di utilizzo
appropriato della filosofia di marketing. Il ruolo delle discipline aziendali e del marketing
management in particolare, appare indispensabile al fine di far rimanere competitivi i
sistemi d’offerta territoriali (es. offerta turistica) rispetto ai sistemi d’offerta di altri
territori (ipercompetizione territoriale, globalizzazione dei mercati).
In letteratura è oramai consolidato che la competizione globale o ipercompetizione
territoriale384, affrontata dalle città e dalle aree locali impone l’adozione di un governo
strategico dei sistemi territoriali vitali orientato al mercato385.
Il “pensiero strategico”, secondo Caroli [1999, p.34], “orienta l’evoluzione strutturale dell’area
e le scelte di medio-lungo termine degli attori che ne fanno parte; apporta, quindi, una nuova
dimensione nella gestione pubblica di un’area geografica e supera il tradizionale approccio
della pianificazione urbana”.
Lo stesso autore sostiene che “L’adozione di un orientamento strategico, e il conseguente
tentativo di pianificazione dello sviluppo esprimono al massimo grado l’adozione del modello
di gestione “imprenditoriale” di una città. L’orientamento strategico favorisce il
raggiungimento di tre importanti risultati:
a) riunire in una visione integrata i diversi fattori che caratterizzano un’area territoriale e ne
determinano lo sviluppo;
b) inserire l’area in questione in un ambiente territoriale, sociale ed economico più vasto,
ponendolo in relazione (competitiva ma anche cooperativa) con altri sistemi territoriali;
c) considerare l’azione di attori molto diversi fra loro e le sinergie che possono derivare dal
coordinamento della loro attività sul territorio.” Caroli [1999, p. 38].
E’ evidente, comunque, che la complessità dei sistemi territoriali è fortemente generata dalle
innumerevoli connessioni (e/o collisioni) esistenti fra i due circoli di sviluppo e di scambio
che devono convivere nel territorio stesso:
384
Valdani e Ancarani [2000, p.25].
Si veda Camagni [1999, p.11-19], Vicari e Mangiarotti, [1999, p.85], Caroli [1999, p.23-39], Valdani e Ancarani [2000,
p.23-26], Napolitano [2000, p.19-49], Latusi [2002, p.5-13].
385
203
Fabio Forlani
Il circolo del sistema politico territoriale (processo socio-politico): Visione sociopolitica del territorio – Scelta e incentivazione dei sistemi d’offerta del territorio –
Qualità della vita dei cittadini residenti – Consenso elettorale – ReVisione sociopolitica del territorio;
I circoli dei sistemi d’offerta del territorio (processi socio-economici): Visione
socio-economica del sistema d’offerta del territorio – Selezione (attrazione e
aggregazione) degli attori economici – Formazione degli attori economici - Qualità e
Valore del sistema d’offerta e dei prodotti offerti – Attrattività dei pubblici potenziali
del sistema d’offerta – Soddisfazione dei pubblici di riferimento e degli attori interni –
ReVisione socio-politica del sistema d’offerta del territorio.
Tale considerazioni ci portano a sostenere la necessità di distinguere fra gestione del sistema
politico-territoriale e gestione dei sistemi d’offerta territoriali, sottolineando che, a nostro
avviso, vi è una precisa indicazione gerarchica: Il sistema politico-territoriale ha il potere,
legittimato dai cittadini, di selezionare, indirizzare e controllare i sistemi d’offerta del
territorio.
Nel proseguo dello studio, non essendo nostro compito occuparci delle problematiche di
governo socio-politiche del territorio, approfondiremo quindi le modalità di governo dei
sistemi d’offerta turistica che emergono dal sistema territoriale.
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VIII
206
Esperienze, Marketing e Territorio
UN MODELLO DI GESTIONE ORIENTATO AL MERCATO PER I SISTEMI
D’OFFERTA TURISTICA TERRITORIALI
8.1
Dalla competizione fra imprese turistiche alla competizione fra sistemi d’offerta
turistica
Come si è evidenziato nei capitoli 5 e 6, se si assumono le esperienze come chiave di lettura
della domanda di persone, imprese e altre organizzazioni, e quindi come nuova fonte di
creazione del valore [Pine e Gilmore, 2000 e 2002], ne discendono importanti implicazioni
per l’offerta degli attori territoriali (persone, imprese e altre organizzazioni che agiscono su di
un territorio). Attraverso la progressione del valore economico [§ 5.3] e la piramide del valore
economico [§5.3], le imprese (ma anche i sistemi d’offerta) possono decidere
consapevolmente quale offerta produrre e conseguentemente in quale business competere. Si è
inoltre evidenziato che tale scelta dovrà essere fatta in base ad una appropriata analisi della
domanda e ad una altrettanto dettagliata valutazione delle capacità e delle competenze
possedute. Si ricorda, infatti, che la progressione del valore economico indica che le offerte di
ordine superiore (esperienze e trasformazioni) sono di maggior valore per la domanda e hanno,
quindi, un’attrattività maggiore per l’impresa: favoriscono il presidio di una posizione
competitiva differenziata e permettono di praticare politiche di discriminazione di prezzo.
Tuttavia esse richiedono specifiche capacità e competenze per essere allestite e mantenute
competitivamente nel lungo termine386 [cfr cap. 5].
Utilizzando la prospettiva dell’economia delle esperienze risulta, quindi, che i sistemi
territoriali per non subire passivamente le tendenze massificanti dell’economia globalizzata
[Pine e Gimore, 2000] debbano salire la progressione del valore economico e posizionarsi su
business potenzialmente a più alto valore per le persone (clienti) del XXI secolo. In questa
ottica risulta di vitale importanza, per il territorio, favorire l’emersione di sistemi di offerta di
esperienze e trasformazioni. Fare questo significa porre al centro dello sviluppo economico
del territorio il turismo in quanto industria delle esperienze per definizione [Pencarelli e
Forlani, 2002].
In base a quanto sostenuto nel corso di questa tesi, i singoli attori economici e i sistemi di
offerta del territorio che si avvicinano alla produzione di prodotti turistici devono considerare
che:
A) le persone non domandano semplicemente beni e servizi turistici ma anche e soprattutto
vere e proprie esperienze coinvolgenti e complesse, da vivere in modo personale e
partecipativo [cap.5];
B) l’esperienza nasce dall’insieme di relazioni socioeconomiche che avvengono fra una
persona ospite (attore della domanda) e il complesso sistema di attori e strutture fisiche
connesso in qualche modo al territorio dove viene “messa in scena” l’esperienza turistica
[Cap.6 e Cap.7];
C) Il livello strategico-competitivo nel business dei prodotti esperienza e dei prodotti
trasformazione non appare più costituito dalla singola impresa (il singolo attore), ma dal
sistema d’offerta (sistema d’imprese) che emerge da un territorio identificato e
circoscritto387 [vds § 8.2].
386
Occorre sottolineare, ancora una volta, che per produrre forme d’offerta (prodotti) superiori occorre assemblare le forme
d’offerta inferiori, e che il prodotto che si sta effettivamente proponendo al mercato è quello per cui esse si fanno pagare in
modo consapevole (sia loro sia della loro clientela).
387
Come uno spettacolo (performance) teatrale è il risultato dell’interazione, in un dato tempo, degli attori fra di loro e con il
pubblico all’interno di un teatro, così l’esperienza è il risultato dell’interazione, in un dato tempo, delle imprese fra di loro e
207
Fabio Forlani
Da quanto evidenziato risulta che la prospettiva di studio più appropriata per l’analisi
dell’offerta dei prodotti-esperienze turistiche appare quella sistemica territoriale. Essa parte
dall’ipotesi che, se il prodotto domandato si configura come esperienza (elemento base anche
della trasformazione) allora, la competizione rilevante e strategicamente prioritaria per
l’offerta degli attori di un territorio è sempre più fra sistemi d’offerta piuttosto che fra
singole imprese [Pencarelli e Forlani, 2002; Pencarelli e Forlani, 2005]. Queste ultime
competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda serviti, ma
nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti gli altri
attori presenti in uno spazio territoriale) a formare l’offerta di prodotti-esperienze turistiche388.
8.2
Località, sistemi d’offerta, distretto e destinazione. Il dibattito nella letteratura
italiana
Nella letteratura economico-aziendale vi sono numerosi contributi389 che affrontano il tema di
come “fare sistema”390 a livello territoriale per rispondere alle pressioni competitive nazionali
e internazionali. Tali approcci di studio mettono in rilievo l’esistenza di modalità d’offerta
differenti e riconoscono che vi sono profonde differenze fra le varie tipologie di
organizzazione del sistema territoriale.
I diversi contributi presenti in letteratura si differenziano a seconda di come interpretano il
rapporto esistente fra località, destinazione, prodotto turistico e produttore (sistema
d’offerta).
Secondo Tamma [2002] nel concetto di destinazione391 si possono riconoscere due matrici
descrittive e interpretative che si intrecciano: la prima poggia sul concetto di luogo/distretto
turistico in cui essendosi sviluppati in varia misura attività turistiche, si offrono, vengono
fruiti, prodotti turistici (l’assetto e l’organizzazione del luogo turistico); la seconda ha il suo
fondamento nel concetto di prodotto turistico quale specifica offerta presente sul mercato che
coinvolge un insieme di risorse, attività, attori, di un determinato territorio.
Secondo questo autore, allora, è possibile passare dalla dimensione del prodotto (modalità
d’erogazione del singolo prodotto o configurazioni di sistema di offerta [cfr. §5.2; Rispoli e
Tamma, 1995 e 1996]) alla destinazione introducendo il concetto di Sistema Locale di Offerta
Turistica (SLOT)392, definito come un “insieme di attività e fattori di attrattiva che, situati in
uno spazio definito (sito, località, area), siano in grado di proporre un’offerta turistica
articolata e integrata, ossia rappresentino un sistema di ospitalità turistica specifica e distinta
che valorizza le risorse e la cultura locali” [Rispoli e Tamma, 1993, p. 41]. Tamma concepisce
la destinazione “come un sistema di offerta complesso in cui possono convivere e intrecciarsi
con le persone ospiti all’interno di un luogo (territorio). Ne consegue che, come nel teatro, la competizione è principalmente
fra spettacoli piuttosto che fra attori.
388
Nel turismo il fatto che il prodotto-esperienza (vacanza o prodotto turistico globale dal punto di vista del cliente) derivi dal
contributo diffuso della molteplicità dei soggetti di una comunità locale, soggetti che agiscono più o meno consapevolmente
in un territorio turisticamente significativo nella messa in scena delle esperienze turistiche, appare condiviso da buona parte
della letteratura [vds Pencarelli e Forlani, 2002, p. 248], inoltre tate assunto costituisce la base concettuale della recente
legislazione turistica: Legge 29 marzo 2001, n. 135 “Riforma della legislazione nazionale del turismo”.
389
Cfr Franch [2002], Pencarelli e Forlani [2002], Della Corte [2000], Pencarelli [2001], Brunetti [1999], Rispoli e Tamma
[1995 e 1996].
390
In letteratura economico aziendale è oramai diffuso e consolidato l’utilizzo del concetto di SLOT (sistema locale d’offerta
turistica) [Rispoli e Tamma, 1995; Tamma, 2002; Della Corte, 2000], mentre a livello legislativo è utilizzato il concetto di
STL (sistema turistico locale) [Legge 135/2001].
391
“… la destinazione in termini di offerta spazialmente definita e presente sul mercato. Nel lessico “destinazione” è
semplicemente il luogo di arrivo di un viaggio. Un luogo assume la qualità della destinazione (tappa intermedia o unica che
sia) solo se esiste un viaggiatore che vede in quel luogo una meta di viaggio, e quindi, nei termini che a noi interessano, se
esiste una domanda.” [Tamma, 2002, p.18].
392
Si richiamano al modello SLOT anche Martini [1996, 2002] e Della Corte [2000].
208
Esperienze, Marketing e Territorio
molteplici prodotti e forme di aggregazione, e in cui l’interdipendenza economica e
decisionale dei numerosi attori che ne fanno parte (…) può dar luogo a situazioni di
coordinamento e integrazione diverse per grado e modalità”393. L’autore citato identifica,
inoltre, tre tipologie di destinazioni in base alle differenti modalità di coordinamento e il
diverso livello d’integrazione:
“Se nella destinazione prevale un’offerta caratterizzata da sistemi “punto-punto” si è
di fronte a un modello di frammentazione – spesso frutto di “spontaneismo”
imprenditoriale – in cui le risorse e le attività turistiche sono scarsamente integrate, e
quindi la valorizzazione dei possibili prodotti avviene principalmente attraverso il
comportamento della domanda e le azioni isolate di singole imprese che agiscono in
autonomia.”;
“Se la configurazione prevalente è quella “package”, si è di fronte ad un modello di
leadership, in quanto l’offerta e l’accesso al mercato sono organizzati e controllati da
imprese (tour operator, agenzie di incoming, convention bureau, ecc.) che assumono
la funzione di “pivot”.”394
“Se a prevalere sono le configurazioni “network” emerge un modello di
cooperazione, caratterizzato da comportamenti collaborativi di medio-lungo periodo.
In tale modello l’offerta è frutto di aggregazioni di operatori in grado di garantire
differenziazione delle risorse e delle competenze pur in presenza di un livello
adeguato di coordinamento, maggiori flessibilità e capacità di riorientamento
dell’offerta.”.
Secondo Brunetti per affrontare lo studio del destinatin management occorre, per l’appunto,
mettere a fuoco il “prodotto” turistico395 e comprendere il “produttore” per andare ad
individuare le diverse forme che il “produttore” stesso può assumere.
Il prodotto viene allora identificato con il concetto di località [Brunetti, 1999, p.171] definita
come “un certo ambito territoriale, dai confini variabili ma percepito come unitario sia da
parte della domanda che da parte dell’offerta (…), che si contraddistingue per la presenza di
uno o più fattori di attrattiva di qualsiasi tipo e che viene usufruito e proposto come luogo in
cui i turisti possono spendere il tempo della loro vacanza”.
I produttori sono “le organizzazioni operanti nel luogo che si considera, le quali producono ed
offrono i servizi necessari alla fruizione del luogo stesso”.
Le configurazioni d’offerta, a livello della località, che Brunetti [2002, p. 44; 1999, p.226]
individua sulla base del grado di casualità / progettualità (consapevolezza) sono:
“La configurazione settoriale si ha quando le relazioni tra i soggetti sono casuali ed
estemporanee, per lo più attivate su sollecitazione del turista anziché stabili e progettate.
Le organizzazioni dell’offerta vengono così aggregate sulla base della semplice “affinità
merceologica”, nel senso che appartengono tutte al settore turistico, ma non danno luogo
ad un‘entità in qualche modo organizzata.”;
“La configurazione di sistema di offerta si ha quando tra i soggetti dell’offerta è diffusa
la percezione di dar vita e di far parte di un’entità unitaria. Tale consapevolezza comporta
una qualità e una quantità d’interazioni ovviamente superiore al caso precedente, anche se
non giunge sino al punto di concertare assieme la “politica di prodotto” ed altri eventuali
aspetti.”;
393
Tamma [2002, p. 23].
“Nei casi in cui queste imprese siano, in tutto o in gran parte, “esterne” alla destinazione il modello assume carattere
anche di dipendenza: la presenza della destinazione sul mercato viene infatti garantita da operatori remoti che, a seconda
delle proprie convenienze, “manovrano” la quantità e la qualità dei flussi turistici. Gli operatori locali cedono così parte
dell’autonomia strategica, del potere di mercato, del valore aggiunto [Jensen, 1996].” Tamma [2002, p.23].
395
“Il prodotto costituisce ciò che l’offerta mette a disposizione per procurare il soddisfacimento di un bisogno. ( …) il
produttore vale a dire il soggetto che si incarica della realizzazione del prodotto e della sua offerta sul mercato; ( …)
394
209
Fabio Forlani
“La rete o la costellazione, si hanno quando le relazioni tra i soggetti dell’offerta sono
progettate intenzionalmente per gestire in modo coordinato il prodotto località. Nel caso
della costellazione, è presente un attore in veste di soggetto trainante che si incarica di
guidare l’insieme degli operatori; nel caso della rete, tale soggetto è invece assente,
venendo la funzione di guida svolta in modo maggiormente paritario tra i diversi
componenti.”
Per la Della Corte [2000, p.5] “Il prodotto turistico, in altre parole, viene a coincidere con
l’intera località turistica, con il sistema di offerta creato dalle imprese locali in funzione delle
risorse specifiche dell’area di riferimento. (…) la destination si configura come un prodotto
turistico complesso, dal punto di vista della domanda; ma è anche una forma di offerta
complessa, realizzata dagli sforzi congiunti e coordinati dei diversi soggetti coinvolti, per
promuovere la località turistica nel suo insieme.” E anche “La definizione di prodotto
località, infatti, lascia intendere proprio questa duplice realtà: di luogo caratterizzato dalla
presenza di risorse <ambientali> e prodotto legato all’attività delle imprese del settore
[Murphy P.E., 1993]. La doppia versione del concetto consente il passaggio dal luogo alla
destination, che avviene in riferimento al processo di <arricchimento> delle risorse (che
divengono, così, fattori di attrattiva) del luogo da parte delle imprese del settore. Questa
realtà articolata, per uno sviluppo integrato, richiede il ricorso ad un processo di
pianificazione per l’intera destination, che punti sulle risorse e competenze strategiche, ossia
quelle in grado di generare un vantaggio competitivo sostenibile per la località nel suo
complesso. Ma, condizione preliminare per la realizzazione di tale processo è la presenza,
come già osservato, di una società, o comunque un organismo strategicamente leader, che
coordini e sviluppi i fattori d’attrattiva della località.” [p. 9].
Pencarelli [2001] ha ritenuto opportuno introdurre il concetto di distretto turistico:
“s'intende il complesso di imprese e risorse turistiche (ambientali, storiche, culturali,
paesaggistiche ecc.) localizzate all’interno di aree omogenee dal punto di vista territoriale,
sociale, economico, culturale, con connotazioni tendenzialmente uniformi dal punto di vista
dell’offerta e della domanda servita. In altri termini il territorio turistico rappresenta un polo
territoriale omogeneo (località) specializzato nella produzione-erogazione di un prodotto
turistico globale. Il distretto turistico identifica quindi un ambito territoriale dai confini labili,
ma sufficientemente condivisi dall’offerta e dalla domanda. Esso si caratterizza per uno o più
fattori di attrattiva percepiti come differenziati dai turisti rispetto ad altre destinazioni nella
scelta di dove trascorrere la vacanza e che vengono proposti unitariamente (in modo più o
meno consapevole) al mercato dagli attori territoriali.”396. Con riferimento al concetto di
distretto egli sottolinea che “al crescere di consapevolezza, fiducia e collaborazione ed
all’apparire di metamanager strategici397, i distretti turistici evolvono da forme spontanee e
casuali (distretto casuale) a forme più consapevoli, più organizzativamente strutturate e
maggiormente governate in logica unitaria (distretti in senso stretto). Viceversa, e
configurazioni dell’offerta che vengono a crearsi tra i diversi operatori.” Brunetti [2002, p.43].
396
Pencarelli [2001, p. 147]. La concezione di distretto proposta da Pencarelli è pertanto assai differente da quella utilizzata
dall’ACI-Censis che nel rapporto sui distretti turistici italiani qualificano il distretto turistico in base a sette elementi: grado di
terziarizzazione; qualità della ristorazione; qualità ospitalità; diversificazione ristorazione gastronomica; diversificazione
offerta alberghiera; antinomia omogeneità vs integrazione; “plus enogastronomico”.
397
Il grado di consapevolezza degli attori distrettuali di essere una componente di una più complessiva performance
(esperienza) messa in scena nell’area turisticamente rilevante; il livello di fiducia che i soggetti del distretto turistico
riversano nel sistema territoriale nel suo complesso, fiducia che è un collante spesso decisivo per avviare e mantenere
relazioni interorganizzative (ma anche intraorganizzative); la disponibilità alla collaborazione tra produttori turistici,
istituzioni pubbliche, organizzazioni non profit e comunità locale che operano nel distretto. E’ ipotizzabile che al crescere
della fiducia aumenti anche l’intento collaborativo dei soggetti, ma questo non è sempre vero; del resto può anche accadere di
assistere a forme di cooperazione non sostenute da elevati livelli di fiducia, ma tenute insieme dal collante della convenienza
economica e competitiva tra i partner; la presenza o meno di uno o più soggetti leader in grado di governare strategicamente
il distretto, imprimendo indirizzi di sopravvivenza e sviluppo di lungo termine.
210
Esperienze, Marketing e Territorio
simmetricamente, al diminuire della fiducia, della propensione a collaborare ed a trovare
modalità di governo unitario, i distretti in senso proprio possono dissolversi e tornare a forme
spontanee, sprovviste di elementi di strutturazione e governabilità unitaria.”.
In base a queste considerazioni Pencarelli ritiene che quando gli attori del sistema sono
scarsamente coscienti (oppure non hanno la volontà) di contribuire all’allestimento di un
prodotto turistico globale e quando manca un metamanager che imprima linee di indirizzo ai
percorsi strategici dell’area, si è di fronte ad un concetto improprio di distretto, che definisce
“distretto casuale” (rete informale a legami deboli, senza nessun centro di governo
unitario)398. Un territorio identifica, invece, un distretto in senso proprio quando i soggetti
che appartengono all’area sono sufficientemente consapevoli di agire per realizzare un
prodotto turistico unitario e piegano le loro condotte individuali a siffatta consapevolezza
(intenzionalità strategica), ricercando se possibile forme stabili di cooperazione secondo
formule reticolari con o senza un baricentro strategico, ma in qualche modo finalizzate a
percorsi evolutivi unitari delle componenti strutturali. I distretti in senso stretto possono
prendere forma attraverso due diverse strutture relazionali: la rete399 e la costellazione400.
In un successivo lavoro Pencarelli in collaborazione con Forlani [2002], ha cercato di mettere
in relazione il concetto del distretto con i concetti di esperienza turistica e il concetto di
sistema vitale [Golinelli, 2000]. Pencarelli ha potuto, così, osservare “che le tipologie di
distretto turistico da noi proposte configurano il contesto esterno ai sistemi vitali imprese
(commerciali, turistiche, artigianali, agricole, ecc.) qualificabile anche come sovra-sistema
rilevante, oltre che influente, in quanto detiene e vincola risorse critiche (territorio,
informazione, fondi pubblici, ecc.) per la sopravvivenza delle singole imprese. In particolare,
il modello distrettuale può assimilarsi al concetto di sistema embrionale (mercati d’offerta)
quando ci riferiamo ai distretti casuali, essendo in entrambi i casi non rilevabile alcun
soggetto preposto al governo unitario dell’entità osservata. Quando facciamo riferimento al
concetto di distretto in senso stretto utilizziamo, di fatto, la nozione di sistemi in via di
compimento, ipotizzando percorsi di formazione dei network sia dal basso (botton up), per
cui dal mercato, progressivamente, si delineano rapporti tra imprese tali da configurare reti o
costellazioni dotate per un dato periodo di organi di governo in grado di sovrintendere le
attività della struttura operativa del sistema, sia costruzioni di network dall’alto (top down), in
cui una data impresa (quella che ha progettato e realizzato il network) si identifica più
stabilmente come organo di governo (caso dei distretti artificiali)401. Ma il concetto di
398
Occorre ricordare che il distretto casuale può essere percepito dalla domanda similmente ai distretti propriamente intesi, in
quanto gli elementi di attrattiva di una determinata località turistica esistono a prescindere dalla capacità dell’offerta di
comprenderli e governarli in modo unitario.
399
La rete: presenta logiche intenzionalmente collaborative e reciprocamente fiduciarie; gli attori sono fortemente coscienti
di realizzare un prodotto unitario la cui competitività dipende dalla capacità dei soggetti distrettuali di agire collettivamente
guidati da obbiettivi comuni e condivisi. Il collegamento tra gli attori non è più casuale, ma appare più verosimilmente
deliberato, frutto cioè di un comportamento intenzionalmente volto all’attivazione di strutture relazionali apposite. Si parla di
rete quando ogni attore è collocato alla pari degli altri e nel distretto non emergono soggetti stabili con funzioni di capofila
strategico, funzioni assunte di volta in volta da leader emergenti nella situazione competitiva. La rete è una configurazione
paritaria, nel senso che tra i soggetti sussistono collegamenti solo di tipo orizzontale, che richiede la convergenza di volontà
comuni. Si tratta della configurazione potenzialmente più ricca, in quanto i diversi attori partecipano con un contributo che è
connotato da un grado di imprenditorialità superiore. La rete è d’altra parte una configurazione la cui realizzazione risulta più
difficile, dato che non è di norma facile la condivisione di obbiettivi tra soggetti numerosi ed eterogenei.
400
La costellazione: come la rete, presenta logiche intenzionalmente collaborative e reciprocamente fiduciarie. Anche in
questo caso gli attori sono fortemente coscienti di realizzare un prodotto unitario la cui competitività dipende dalla capacità
dei soggetti distrettuali di agire collettivamente guidati da obbiettivi comuni e condivisi. La costellazione è però una
configurazione dell’offerta contraddistinta da una maggiore asimmetria tra i partecipanti, nel senso che in essa è presente un
soggetto che si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri sotto il profilo funzionale. Tale soggetto funge da guida
o coordinatore della costellazione, svolgendo funzioni di governo strategico ed orientando di fatto le scelte di fondo
dell’aggregazione, altrimenti definite collegialmente con interazioni reciproche.
401
D’altra parte un sistema turistico è il luogo ove si svolgono le attività tese a utilizzare e combinare i vari elementi della
struttura operativa (input di risorse e competenze) atte a allestire l’offerta di prodotti turistici (output) complessi come sono le
esperienze, costruite utilizzando come supporto mix più o meno integrati (bundling) di beni e servizi.
211
Fabio Forlani
distretto in senso stretto può assimilarsi anche al modello del sistema vitale allorché
<l’organo di governo si qualifica e si rafforza, rende la struttura operativa internamente
risonante (cioè integrata), sviluppa una identità d’insieme>”.
In definitiva in letteratura i fenomeni turistici vengono analizzati in modi differenti in base ai
concetti di prodotto turistico, soggetti e modalità di produzione, di luogo e di destinazione
(località) che vengono assunti. Nel proseguo del capitolo verrà mostrata una nostra ipotesi
interpretativa, testata attraverso alcune verifiche empiriche [cfr cap.9], di tali fenomeni che ha
alla base i concetti dell’economia delle esperienze [vds cap.5]: Luogo di produzione
(palcoscenico); Prodotto (esperienza); Produttori (Attori dell’offerta e personale fuori scena);
Cliente (Attori della domanda- ospite).
8.3
Un nuovo schema concettuale: i sistemi d’offerta turistica territoriali (SOTT)
Lo studio della letteratura e la comparazione di questa con alcuni casi empirici [cap. 9] ne ha
messo in risalto, a nostro avviso, alcuni limiti applicativi. Si è così reso necessario esplorare i
modelli concettuali via via più complessi riportati nei primi capitoli di questa tesi. Come
evidenziato nel corso dei capitoli i fenomeni turistici sono stati studiati ipotizzando i seguenti
salti concettuali:
Da prodotto turistico globale a esperienza turistica [cap. 6];
Dai modelli di produzione dei servizi ai modelli di produzione “teatrale” [cap.5];
Dalla prospettiva sistemica alla prospettiva dei sistemi complessi dinamici (sistemi
viventi) [cap. 3];
Dal territorio come componente del prodotto turistico globale al territorio come
palcoscenico su cui emergono le esperienze turistiche [cap.7];
Dalla sovrapposizione fra gestione del territorio e progettazione, produzione e vendita
di esperienze turistiche, alla loro separazione in finalità pubbliche (politiche) e finalità
private (imprenditoriali) [cap.7];
Come evidenziato nel capitolo 6 assumendo che il prodotto turistico offerto è l’esperienza di
vita che emerge in un territorio dall’interazione sistemica degli attori della domanda (turisti) e
dell’offerta (operatori turistici e popolazione residente) è possibile sciogliere i seguenti nodi
concettuali:
1. Il rapporto fra prodotto turistico e località (luogo);
2. Il rapporto fra i sistemi d’offerta turistica territoriale e il sistema politico-istituzionale
del territorio;
3. L’esigenza di coordinamento e integrazione degli attori (della domanda e
dell’offerta);
Rispetto al primo punto si è evidenziato nel cap. 5 e nel cap. 6 che non vi è assolutamente
nessuna coincidenza fra prodotto turistico e località, in quanto i fattori d’attrattiva della
località costituiscono gli stimoli che fanno emergere le sensazioni e le emozioni che vivono i
turisti, ma sono queste ultime il vero prodotto. Come evidenziato allora nel cap.7 il territorio è
il palcoscenico su cui si mette in scena lo “spettacolo” del turismo. Lo spettacolo è svincolato
dal palcoscenico, in quanto lo stesso spettacolo può essere rappresentato su diversi
palcoscenici che hanno determinate caratteristiche.
212
Esperienze, Marketing e Territorio
Rispetto al secondo punto, nel cap. 7 si è sottolineato che occorre distinguere fra i sistemi di
offerta turistica territoriale che hanno come finalità la produzione economica402 di prodotti
turistici, dal sistema politico-istituzionale territoriale che ha finalità politiche403. A tale
proposito, si può affermare che il concetto di distretto [vds cap.3] identifica il sistema
territoriale nel suo complesso ed è riferibile, quindi, ad una dimensione di politica economica
territoriale.
La distinzione fra le finalità pubbliche generali e le finalità produttive specifiche ci permette
di ipotizzare, in base ai casi studio osservati [vds. cap. 9] che: lo sviluppo turistico sia
generato dalla presenza di sistemi d’offerta turistica; che tali sistemi debbano avere natura
imprenditoriale; che sia difficilmente conciliabile all’interno dello stesso sistema d’offerta la
finalità politica e la finalità produttiva.
Rispetto al terzo punto si ritiene che occorra distinguere l’esigenza di coerenza e
coordinazione della vacanza (trama dell’esperienza) dall’esigenza di coordinazione ed
integrazione degli attori (regia dell’esperienza). Come si è visto nel cap. 5 la combinazione di
questi fattori da vita a differenti modelli teatrali che consentono l’emersione dell’esperienza
turistica.
Per sintetizzare si può sostenere che:
Il prodotto turistico è l’esperienza di vacanza che nasce dall’interazione fra attori della
domanda (ospite) e dell’offerta (ospite);
Il territorio è il palcoscenico su cui emerge, in un dato tempo, l’esperienza.
La vacanza viene prodotta dagli attori facenti parte di un sistema d’offerta che emerge
dal territorio e non dal sistema territoriale nel suo complesso;
La trama (o il dramma) della vacanza può essere: libera (emergente); semi-strutturata
(canovaccio); fissa e predeterminata (copione);
La regia della vacanza può essere: emergente o collettiva (auto coordinamento
spontaneo degli attori); semi-strutturata (coordinamento “leggero” del capocomico o
di regole predeterminate), fissa e strutturata (coordinamento “forte” del regista);
Un sistema territoriale inteso come ecosistema che insiste su un territorio può
sopravvivere e svilupparsi efficacemente sia nella forma di sistema vitale che di
sistema vivente;
Il sistema d’offerta turistica territoriale può sopravvivere e svilupparsi sia nella forma
di sistema vitale (con organo di governo) che di sistema vivente (con autogoverno
delle componenti);
S’ipotizza che i sistemi d’offerta turistica territoriali di natura imprenditoriale siano
più efficaci ed efficienti, in questo contesto ambientale, assumendo la forma di sistema
vitale e dotandosi di un organo di governo che “governa davvero”;
In base a queste considerazioni, nei prossimi paragrafi, verrà proposto un modello di gestione
per i sistemi d’offerta turistica territoriali.
8.4
Un modello di gestione dei sistemi di offerta turistica territoriali (SOTT)
402
“Economico, 1. Relativo all’impiego razionale dei mezzi disponibili”. Economia “Impiego razionale del denaro e di qls.
altro mezzo, diretto a ottenere il massimo vantaggio col minimo sacrificio.” Devoto e Oli [1986].
403
“Politica, 1.Teoria e pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la
direzione della vita pubblica” Devoto e Oli [1986]. Considerare anche che “Pubblico, 1. Relativo ad un ambito cui
appartengono o si riferiscono i diritti o gli interessi di una collettività civilmente ordinata: il bene pubblico, l’utilità pubblica,
il pericolo pubblico. Talvolta esplicitamente contrapposto a privato. Pertinente allo Stato sul piano amministrativo. 2. Della
comunità intesa come totalità sociale.” Devoto e Oli [1986].
213
Fabio Forlani
Quanto precisato nel precedente paragrafo ci consente di affermare che nel nostro paese gran
parte degli attori che agiscono nelle aree territoriali a vocazione turistica non fanno sistema
per offrire esperienze turistiche, ma si limitano a offrire specifici servizi turistici. La trama e
la regia dell’esperienza emerge, allora, attraverso processi d’improvvisazione in cui gran parte
delle responsabilità di progettazione, produzione e controllo dell’esperienza risulta essere
nelle mani del turista-ospite. Non essendo presenti sistemi d’offerta turistica territoriali
strutturati404 non sono rintracciabili politiche di marketing volte a migliorare la competitività
dei prodotti turistici (esperienze) che emergono dalla località (palcoscenico).
Il nodo centrale del dibattito sulla gestione dei sistemi d’offerta turistica territoriali
[Pencarelli, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002] è, allora, stabile se sia effettivamente possibile e
strategicamente vitale la delimitazione territoriale del sistema (definizione del confine e
quindi della struttura operativa) e l’identificazione di un organo di governo capace di fungere
da leader o regista dell’intero sistema d’offerta.
Si cercherà di rispondere a tali domande utilizzando il modello del sistema d’offerta
territoriale che fa perno sui concetti dei sistemi viventi (complessi e dinamici) [§3.2 e §3.4]:
Sistema: un tutto integrato le cui proprietà derivano dalle relazioni fra le parti.
- Le proprietà del tutto non sono, quindi, deducibili dalla somma delle proprietà
delle parti.
- Ogni sistema tende a strutturarsi su più livelli (sottosistemi e sovrasistemi).
Schema di organizzazione: (di qualsiasi sistema, vivente e non vivente) è la
configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che ne determina le
caratteristiche essenziali. La descrizione dell’organizzazione è una descrizione astratta
di relazioni e non identifica i componenti.
Struttura: la struttura del sistema è l’incarnazione fisica in un dato momento (tempo
t) della sua organizzazione. L’organizzazione del sistema è indipendente dalle
proprietà dei suoi componenti, quindi, una data organizzazione può essere tradotta in
una struttura fisica in molti modi differenti, attraverso molti tipi diversi di componenti.
Emergenza: Il sistema di livello L non esiste a livello L-1, ma emerge dalle
componenti strutturali L-1 secondo uno schema di organizzazione che ne determina il
genere.
Autosimilarità: lo schema di organizzazione L-1 è uguale a quello L che è uguale a
quello L+1 (frattali).
Proprietà dell’organizzazione vivente:
- Capacità di auto-prodursi (autopoiesi). Maturana e Varela ipotizzano che
l’autopoiesi sia uno schema generale di organizzazione comune a tutti i sistemi
viventi, qualunque sia la natura dei loro componenti. Dall’autopoiesi
discendono le seguenti proprietà:
Capacità di auto-regolarsi (feedback negativo);
Capacità di riprodurre internamente i propri componenti (autonomia);
Determinismo strutturale, accoppiamento strutturale, strutture plastiche
(cognizione, apprendimento e selezione degli influssi esterni);
- Schema a rete (reti piccolo mondo)
- Comportamento non-lineare (discontinuità, imprevedibilità, ecc.)
404
Si riscontra sia un modesto livello di consapevolezza, fiducia e spirito collaborativo fra i soggetti insediati nel territorio,
sia la mancanza di un organo di governo in grado e nelle condizioni di imprimere un indirizzo strategico unitario al sistema
d’offerta turistica. “Nei distretti turistici manca o è scarsamente sviluppata quella che è invece una delle variabili di
eccellenza dei network manifatturieri, ossia la presenza attiva di uno o più attori con competenze e capacità di innovazione,
di coordinamento e di guida dell’intero aggregato distrettuale.” Pencarelli, Civitarese (2000). Cfr. anche Costa (2002, p. 261)
che afferma: “la filiera turistico-culturale si distingue da quella del made in Italy per il ruolo strategico svolto dagli enti
pubblici,sia gli enti locali nella fase di progettazione e gestione degli STL (sistemi turistici locali) […]”. Sul ruolo delle
organizzazioni pubbliche nel turismo si veda Peroni (1998).
214
Esperienze, Marketing e Territorio
-
Chiusura “operazionale” (apertura ai flussi di energia e materia, chiusura
organizzativa; esistenza di un confine405 che ha la capacità di filtrare gli
influssi esterni per creare ordine interno)
Proprietà dell’organizzazione sociale umana: la realtà umana emerge dalla realtà
vivente con l’emersione di un ulteriore proprietà sistemica, il significato. Il significato
nasce dall’ autocoscienza o coscienza riflessiva ed è una caratteristica propria degli
esseri umani.
Le componenti del modello, che verrà sviluppato nel proseguo del capitolo sono:
• Materia: Chi compone il sistema? e Dove emerge il sistema ? gli elementi materiali
che compongono il sistema;
• Schema: Come è organizzato il sistema? le diverse tipologie di schemi di
organizzazione a rete;
• Processo: Cosa fa il sistema? il processo produttivo-distributivo che porta alla
produzione consapevole di un output definito prodotto-esperienza;
• Significato o finalità: Perché ? il fine, lo scopo dato al sistema dagli attori che lo
compongono.
Fig. 8.1 - I nodi concettuali di un sistema d’offerta territoriale
SIGNIFICATO
Input
PROCESSO
FORMA
Output
MATERIA
Immagine del sistema
Fonte: nostra elaborazione
8.4.1 La visione strategica (La finalità del sistema)
Il concetto di missione è spesso usato nel linguaggio quotidiano del management
accostandolo a quello di visione. Su questi termini Normann (2002, p. 307) sottolinea come
entrambi rappresentino costrutti mentali usati per “creare un’azione collettiva finalizzata”. La
missione definisce il ruolo (obiettivi esterni) che si occupa nel presente nell’ambito di un
sistema allargato; la visione ha una valenza temporale ed indica una discrepanza fra uno stato
405
L’organizzazione autopoietica dei sistemi viventi comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle
operazioni della rete e definisce il sistema come unità.
215
Fabio Forlani
immaginato per il futuro e lo stato attuale (obiettivi interni). Se la visione del futuro include
gli effetti che si dovrebbero produrre sul mondo esterno, allora si è nel caso in cui si ha una
visione come missione.
Secondo Kotler [1986, p. 58] “un’efficace formulazione della missione crea nel personale un
senso di condivisione degli obbiettivi e di partecipazione all’attività aziendale.
L’enunciazione della missione d’impresa opera come una <<mano invisibile>> che guida una
molteplicità di persone che operano autonomamente e, tuttavia, in modo unitario verso il
raggiungimento di obiettivi comuni.”
L’esplicitazione della visione del sistema d’offerta, in definitiva, consistente
nell’enunciazione della filosofia e della missione del sistema, che porti all’individuazione
degli obiettivi e dei traguardi socioeconomici che il sistema vuole conseguire nel mediolungo termine. Tali obbiettivi possono essere generati internamente al sistema in base alla
cultura dello stesso, oppure possono essere indicati dall’organo di governo.
Nei sistemi di offerta turistica territoriale, per accrescere l’unitarietà dei legami sistemici,
l’organo di governo dovrebbe quindi esplicitare la Mission del sistema o il perché del sistema.
In tale ottica l’organo di governo dovrebbe indicare le finalità del sistema e quindi il
significato dell’esistenza del sistema. Questo consiste nel fare percepire ai sub-sistemi
l’importanza dell’agire sistemico come necessario alla possibilità di sopravvivenza dei subsistemi nell’ambiente socio-economico e di indicare l’indirizzo strategico capace di creare
consonanza e se del caso risonanza, fra sistema d’offerta ed ambiente. Questo in pratica si
traduce nell’elaborazione delle linee guida di sviluppo del sistema che siano coerenti con il
più generale sviluppo turistico del sistema territoriale.
Una possibile missione di riferimento per i sistemi d’offerta turistica territorile potrebbe
essere articolata sui seguenti obiettivi406:
• Il turismo deve generare valore per gli attori economici coinvolti;
• Il turismo deve garantire esperienze turistiche di qualità agli ospiti;
• Il turismo deve incrementare la qualità della vita delle popolazioni locali;
• Il turismo deve garantire uno sviluppo economico sostenibile ed eco-compatibile;
La definizione della visione sistemica può tradursi anche nell’elaborazione di un
posizionamento strategico che consiste nel definire le product ideas (ossia l’insieme di
utilità percepibili da offrire ai pubblici territoriali) coerenti con la missione e gli obiettivi di
sviluppo del sistema d’offerta. Tale fase si scompone in analisi strategica, segmentazione
strategica o macrosegmentazione e definizione del portafoglio di attività. Si ritiene che tali
product ideas debbano essere, in un’ottica di orientamento al mercato, il frutto dell’analisi
delle opportunità e delle minacce dei sovra-sistemi (ambiente esterno) e dei punti di forza e
di debolezza dei sub-sistemi (ambiente interno);
8.4.2 Lo schema organizzativo (La forma)
Fra i vari schemi organizzativi si è evidenziato che lo schema dei sistemi vitali sembra essere
particolarmente adatto per i sistemi imprenditoriali. Tale schema si compone di un centro
decisionale e strategico di riferimento (organo di governo) che guida la rete407.
Come già evidenziato in Pencarelli e Forlani [2002, p.260] “compito del centro strategico
(organo di governo), dotato di autentiche capacità di leadership e in grado di svolgere attività
di governo del sistema stesso408, è quello di realizzare <<il complessivo grado di risonanza,
risultante dei gradi di risonanza sovra e sub-sistemica>> e di <<assicurare che il sistema
406
Cfr Associazione Turismo Responsabile http://www.unimondo.org/aitr/home_002.html .
Si è evidenziato, inoltre, attraverso lo schema a piccolo mondo aristocratica che il centro strategico non deve essere
collegato direttamente con tutti i nodi della rete ma è sufficiente che vi siano nodi intermedi di raccordo.
408
Cfr Pencarelli e Civitarese [2000] e Molteni e Sainaghi [1997, p. 93].
407
216
Esperienze, Marketing e Territorio
evolva unitariamente verso il conseguimento di vantaggi competitivi, atti a garantire al
sistema stesso le maggiori possibilità di sopravvivenza, incrementando in tal modo il suo
grado di vitalità>> [Golinelli, 2000, p. 213]. Per conseguire siffatti traguardi l’organo di
governo deve possedere capacità imprenditoriali elevate, associate al potere di progettazione,
riprogettazione, controllo, integrazione degli elementi strutturali del sistema (singole aziende
ed istituzioni, territorio, fattori di attrattiva e di contesto ecc. e loro relazioni organizzative) in
funzione della loro consonanza e risonanza con i sovra-sistemi ambientali (es. sovra-sistema
della domanda, sovra-sistema legislativo, sovra-sistema finanziario, sovra-sistema del mercato
del lavoro, ecc.) o con i sub sistemi della struttura operativa. L’organo di governo è chiamato,
infatti, a svolgere azioni di filtro/interpretazione delle influenze, dei vincoli e delle aspettative
che provengono dai sovra-sistemi e dai sotto-sistemi, ricercando opportune conciliazioni e
composizioni dei condizionamenti che provengono da entrambi i livelli intersistemici. Siffatte
azioni dell’organo di governo sono cruciali per favorire il raggiungimento di elevati gradi di
risonanza ed efficacia sistemica e per assicurare sopravvivenza di lungo termine al sistema.”
Si tratta, in definitiva, di gestire il sistema d’offerta turistica adottando fino in fondo
l’approccio sistemico vitale, in cui l’organo di governo esiste e “governa davvero”. Il
sistema in questo modo si dota di un centro strategico che ha la capacità le possibilità di
pianificare, attuare, controllare e modificare i percorsi strategici. In questa accezione, fra le
attività che devono competere all’organo di governo del sistema vi è senza dubbio la gestione
dell’attività di marketing strategico e operativo. Il leader del sistema deve poter quindi agire
oltra che sulla leva della promozione anche sulle leve prodotto, prezzo e distribuzione409.
Ribadita la strategicità competitiva, nella nuova economia delle esperienze, del sistema
d’offerta turistico sovrasistemico rispetto alle piccole singole imprese che lo compongono, nei
prossimi paragrafi, sviluppiamo una proposta di governo orientato al mercato che s’ispira al
modello del sistema vitale [Golinelli, 2000]. Tale modello prevede quindi uno schema
organizzativo a rete piccolo mondo aristocratica o per semplificare a costellazione [Brunetti,
1999 e 2002; Pencarelli, 2001].
La gestione dei rapporti con i sub-sistemi.
La partecipazione dei clienti alla produzione dell’esperienza allestibile nei contesti territoriali
e la criticità dei sistemi di erogazione portano a sostenere che il fattore critico ai fini della
creazione del valore e della soddisfazione degli interlocutori sociali è rappresentato dal
personale (attori di front-office). Gli addetti al front line, in particolare, sono il sistema nella
percezione del cliente, costituendo uno degli elementi di maggiore differenziazione del
prodotto-esperienza. Dalla competenza, dalle capacità relazionali, dall’orientamento al
cliente degli attori (dipendenti del sistema, personale delle strutture turistiche ecc.) dipende
così gran parte della qualità complessiva dell’esperienza offerta (qualità tecnica e qualità
funzionale)410.
A tale proposito, come ricordato da Pencarelli [2001] occorre essere consapevoli che la
qualità non si forma esclusivamente nel momento finale di erogazione. Essa trae origine in
ogni istante della vita aziendale ed è garantita dall’esistenza di una forte cultura della qualità
409
Si è infatti evidenziato che proprio la mancanza di attenzione alla commercializzazione del prodotto turistico sia uno dei
limiti maggiori degli attuali S.T.L, della Provincia di Pesaro e Urbino: “ - Pur svolgendo funzioni di regolamentazione, di
stimolo, di coordinamento nei confronti dei soggetti coinvolti nell’allestimento del prodotto turistico, i vertici dei STL
pesaresi (ma il problema è di portata più generale) non possono qualificarsi propriamente organo di governo di un distrettosistema turistico, anche perché tra le funzioni svolte viene a mancare quella cruciale della commercializzazione del prodotto
turistico, compito lasciato ai singoli attori privati. Qualora i STL continueranno a sottovalutare questo aspetto, rischiano di
identificare istituzioni più simili ad aziende di promozione del turismo di natura pubblica anziché a sistemi turistici territoriali
capaci di sopravvivere e svilupparsi con vitalità propria. - La debolezza organizzativa dell’OdG determina inevitabilmente
anche insufficiente attenzione dei STL alla dimensione strategica del marketing (analisi del mercato, segmentazione e
posizionamento strategico). Questo indebolisce anche l’efficacia delle politiche di progettazione e di erogazione delle
esperienze turistiche, subordinate alle esigenze degli attori del territorio (operatori pubblici e associazioni di categoria in
primis), piuttosto che orientate alla soddisfazione delle molteplici esigenze dei clienti obiettivo.” Pencarelli e Forlani [2005].
410
Per approfondimenti vds Gronroos [ 2002 e 1994] e per un applicazione al turismo Pencarelli [2001 e 2003].
217
Fabio Forlani
diffusa in tutta l’organizzazione, sia nel front line che nel back office. Fare qualità, infatti, è
un modo di lavorare che coinvolge tutto il personale (è affare di tutti, osserva Grönroos
[1994, 2002]). L’attività rivolta ai sub-sistemi del sistema d’offerta turistica deve porre
l’accento, quindi, su come sviluppare negli attori interni al sistema e nella direzione (organo
di governo) l’attenzione al cliente. Si ritiene, coerentemente con il principio della chiusura
operazionale dei sistemi viventi, infatti, che il primo riferimento delle organizzazioni sia
rappresentato dal personale e che requisito critico per la soddisfazione della clientela esterna
sia la soddisfazione dei dipendenti (clienti interni). Quindi, se i prodotti-esperienza, i
prodotti-servizi e le campagne comunicazionali verso i sovra sistemi (ambiente esterno) non
vengono prima proposti ai sub-sistemi interni e da questo condiviso, l’azienda non si può
attendere il successo sui clienti finali. Un efficace azione di marketing esterno presuppone
dunque un efficace condivisione interna, centrata su di una filosofia manageriale capace di
costruire all’interno del sistema d’offerta elevati livelli di cooperazione, fiducia e
soddisfazione [Marchiori, 1997] fra tutti gli attori (imprese, persone e altre organizzazioni).
In base a tale logica si può affermare che, in prima battuta, il sistema si deve preoccupare
della selezione o del casting [Pine e Gilmore, 2000] (configurabile sovente come processo di
aggregazione) degli attori territoriali aventi le caratteristiche adeguate (talento) e coerenti
con la mission e gli obiettivi strategici del sistema.
Ulteriore attività verso i sub-sistemi è la formazione degli attori che miri a valorizzarne
talento, creatività e attività propositiva, in modo tale che l’attività dei singoli componenti il
sistema contribuiscano ad un’offerta sistemica coerente. La formazione è una delle principali
attività che agisce su [Pencarelli, 2003, p.49]:
• la trasmissione dei valori e della missione aziendale, consentendo che tutti i componenti
del casting interiorizzino la cultura, le strategie e le politiche del sistema d’offerta,
assumendo una visione globale;
• lo sviluppo di una diffusa logica di responsabilità del singolo (ruolo o parte) all’interno di
una più ampia cooperazione sistemica (performance o spettacolo). Le tecniche di
formazione concorre alla definizione del ruolo di ciascun attore in relazione agli altri
attori, al sistema e al pubblico (i singoli clienti);
• il potenziamento delle capacità di comunicazione e di vendita dei singoli attori, puntando
sullo sviluppo di un atteggiamento favorevole dello stesso nello svolgere attività di
marketers part-time;
• la costruzione ed il rafforzamento della motivazione delle risorse umane nello svolgere
azioni tese a soddisfare i clienti, sia finali che interni;
• lo sviluppo ed il miglioramento delle attitudini del personale al problem-solving, ossia alla
soluzione dei problemi quando si presentano ed a livello locale, senza passare per lunghi
ed inutili sentieri gerarchici;
• lo sviluppo di capacità di training reciproco tra i collaboratori, favorendo lo scambio
continuo di idee, suggerimenti ed esperienze.
Nei rapporti con i sub-sistemi la formazione del personale è solitamente accompagnata e
sostenuta dalla comunicazione interna411. Questa può essere considerata lo strumento
cruciale con il quale il l’organo di governo del sistema (top management) coordina, motiva
ed interagisce con le risorse umane. La comunicazione interna si rende necessaria anzitutto
per capire quali sono i possibili ostacoli all’implementazione di una dato progetto strategico.
Essa serve inoltre per informare gli attori sistemici delle nuove strategie e procedure da
411
Pencarelli [2003, p.50] evidenzia che “La comunicazione interna si avvale solitamente dei seguenti strumenti attuativi:
riunioni, pubblicazioni interne, annunci pubblicitari. In taluni casi anche la comunicazione al mercato può essere utilizzata
con finalità interne. Ad esempio, annunciando le particolari abilità dei propri dipendenti, un’organizzazione punta alla
costruzione dell’immagine sul mercato, ma anche a motivare e gratificare il personale interno.”
218
Esperienze, Marketing e Territorio
adottare nell’interazione acquirente-fornitore, nonché per far comprendere ed accettare ai
dipendenti i nuovi compiti ed i nuovi modi di operare.
La qualità della comunicazione interna è cruciale per realizzare buone relazioni con e fra
tutto il personale, e per instaurare un clima di collaborazione che possa tradursi in
un’atmosfera piacevole che predisponga favorevolmente tutti gli stakeholders412.
Anche le politiche di comunicazione esterna possono rappresentare un veicolo importante di
comunicazione interna, agendo sulla specificazione dei valori e della missione aziendali,
sulla loro interiorizzazione da parte del personale e, quindi, sulla motivazione del personale.
Come evidenzia Pencarelli [2003, p.51] “Affinché i traguardi di ottenere un ambiente
organizzativo orientato al servizio al cliente e di disporre di risorse umane capaci di svolgere
efficacemente le funzioni di marketing interattivo possano essere perseguiti, occorre che
l’organo di governo del sistema d’offerta creda fortemente nella filosofia della consonanza e
della risonanza sistemica, diventandone il principale interprete ed il maggior trascinatore ed
ispiratore per tutti gli altri membri dell’organizzazione. Si tratta di incoraggiare i vari
collaboratori alla cultura della rappresentazione e del servizio, di coinvolgerli nei processi
decisionali, di costruire un clima interno aperto e entusiastico, ove la comunicazione
interattiva possa avere luogo senza ostacoli, favorendo la circolazione delle idee, il confronto
ed il miglioramento continuo.” La costruzione ed il mantenimento di un valido clima interno
favorisce l’attrazione degli attori migliori e nel contempo assicura la fidelizzazione delle
risorse umane già presenti nell’organizzazione alimentando il circolo vitale (feedback
positivo virtuoso) del sistema d’offerta.
La cultura come elemento chiave di collegamento fra i diversi nodi della rete del sistema d’offerta
turistici territoriali. La Cultura di un sistema turistico si compone di norme e valori frutto della storia, delle
tradizioni, delle usanze, dello specifico territorio e delle persone che lo compongono. La maggior parte dei
territori italiani è ricca di storia e di tradizioni, dispongono già di una cultura tradizionale come cultura unica,
diffusa e unificante che, distinguendosi per le proprie specificità, permette la soddisfazione del bisogno turistico
di “varietà esistenziale controllata”. Occorre però sottolineare che tale risorsa, presa a sé stante, risulta alla
stregua di un ricco giacimento 413 da valorizzare in cui occorre introdurre un sistema d’estrazione per renderlo
utilizzabile. Alcune analisi 414 della domanda e l’osservazione di alcuni sistemi turistici415 portano ad affermare che
tale chiave sia la cultura della qualità diffusa. La qualità totale dell’esperienza di vacanza risente della qualità delle
esperienze vissute nelle tante rappresentazioni teatrali che coinvolgono gli ambiti delle esperienze dei turisti. E’ noto in
proposito come non si possa parlare di qualità in senso assoluto, ma piuttosto di una qualità dipendente dalla percezione
della stessa da parte dei clienti. Si eroga un servizio di qualità nel momento in cui il livello di qualità attesa dal consumatore
è pari alla qualità che egli percepisce e sperimenta.
L’organo di governo deve pertanto agire sulla cultura esistente cercando di operare nel sistema turistico a tre
livelli: 1) Cultura del territorio Salvaguardia e valorizzazione delle specificità e delle peculiarità territoriali
come risorse strategiche distintive; 2) Cultura della qualità innalzamento della qualità dei prodotti, dei
servizi, e degli elementi di contesto previste nella messa in scena delle esperienze turistiche.; 3) Cultura della
cooperazione Ricerca e stimolo di un intesa solidale fra gli attori del territorio agendo sul fattore fiducia. Il
metamanager deve favorire la connessione tra i sub sistemi del distretto turistico favorendo il passaggio dalla
logica individualistica alla logica cooperativa.
La gestione dei rapporti con i sovra-sistemi rilevanti (stakeholder)
Nella prospettiva sistemica, che si sta qui delineando, spetta all’organo di governo del
sistema d’offerta gestire i rapporti con i sovra sistemi. Esso deve, quindi, relazionarsi non
412
Pencarelli [2003, p.51].
Per approfondire il concetto di giacimento con riferimento ai prodotti gastronomici ed enogastronomici vedere Paolini
[2000] e Antonioli Corigliano [1999]. Per Paolini [p. 50] infatti “Il giacimento gastronomico, inteso alla stregua del bene
culturale, per essere considerato tale dovrà essere limitato, raro, unico al punto da rischiare una contaminazione mortale una
volta portato alla luce (e alla conoscenza del consumatore). Il giacimento agroalimentare ha gli stessi limiti e le medesime
debolezze di quello culturale: la quantità in circolazione è davvero minimale e la qualità “corruttibile” e “deperibile” se la
quantità cresce oltre il livello di cura e di controllo”.
414
Casarin [1996]; Brunetti [1999].
415
Si fa, qui, riferimento ai sistemi turistici quali il Chianti e più in generale l’area Senese che ha fondato il suo sviluppo sui
prodotti di qualità (in primis il vino).
413
219
Fabio Forlani
solo con il pubblico dei consumatori finali dell’offerta del sistema, ma con tutti gli
stakeholder del sistema d’offerta. Abbracciando una prospettiva reticolare ed olistica, i
sistemi d’offerta “orientati al mercato” dovrebbero infatti puntare anche ad inserire e
raccordare la propria offerta e le proprie attività in un contesto di relazioni che travalica il
rapporto diadico coi singoli pubblici finali, indirizzandosi verso un approccio di governo
delle relazioni più ampio, centrato sul network e sulla rete di rapporti con gli altri sistemi ed
interlocutori sociali del territorio [Pencarelli, 2001 e 2003].
L’obbiettivo dell’organo di governo è infatti delineare una formula imprenditoriale [Coda,
1984] capace di acquisire le preferenze dei consumatori ed il consenso sociale degli
stakeholder, attraverso la conquista ed il mantenimento della fiducia, accrescendo la
percezione del valore delle esperienze e dei servizi offerti presso i consumatori e
aumentando il grado di legittimazione presso gli altri interlocutori sociali dell’impresa.
In questa prospettiva manageriale di ricerca di consonanza e risonanza sovrasistemica, fra le
attività dell’organo di governo, il marketing assume un ruolo critico per la sopravvivenza e
lo sviluppo dei sistemi d’offerta: alle attività di marketing è infatti affidata la gestione delle
leve del mix, la gestione delle relazioni diadiche con la clientela, la gestione della rete di
relazioni con gli altri attori del sistema di offerta e con gli stakeholder sovrasistemici.
8.4.3 La struttura operativa416 (La materia da cui emerge il sistema)
Una volta precisata la necessità di un organo di governo, occorre chiedersi chi e cosa occorre
governare. In altre parole è necessario definire l’oggetto delle attività di comando, ossia quali
sono i componenti strutturali che qualificano il complesso di capacità incorporate nel
sistema (struttura operativa nell’ottica sistemico vitale) atte a produrre operativamente
l’offerta. Nell’ottica del marketing, per rispondere a tale quesito, occorre preliminarmente
identificare il prodotto esperienza che si vuole offrire417 ed associarvi un territorio
significativo. Territorio che abbia, cioè, le caratteristiche per proporsi come palcoscenico per
l’offerta al mercato di prodotti-esperienze e prodotti-trasformazioni significative e
distintive418.
L’esperienza è un evento unico ed irripetibile, che prende forma in un determinato tempo e in
un determinato luogo (il palcoscenico), frutto dell’interazione (co-produzione) fra gli ospiti,
gli attori economici, la comunità locale e l’ambiente.
Le possibilità del sistema d’offerta territoriale di soddisfare le mutevoli e varie aspettative
della domanda dipendono, quindi, in primo luogo, dalle qualità degli attori economici e dalla
loro capacità di mettere in scena uno “spettacolo” distintivo e significativo, ed in secondo
luogo, dalla qualità e dalla coerenza dell’ambiente territoriale (palcoscenico) e dall’ospitalità
dei residenti sul territorio stesso.
Il territorio assunto a riferimento dal sistema d’offerta turistico, destinatario delle azioni di
governo, deve possedere una serie di requisiti per risultare idoneo per l’emersione di
esperienze turistiche appetibili da parte dei segmenti obbiettivo della domanda.
Un sistema d’offerta turistica territoriale, per poter essere in grado di far vivere esperienze di
vacanza significative, deve avere a propria disposizione elementi strutturali adeguati e
coerenti con l’esperienza proposta. Il sistema territoriale (per il target di riferimento) dovrà
per cui essere: Attraente, Accessibile, Accogliente, Ambientato, Animato.
416
Questa parte del lavoro è una rilettura di un nostro precedente lavoro [Pencarelli e Forlani, 2002, §7.2, Gli
elementi della struttura operativa].
417
Naturalmente la definizione del prodotto esperienza che si vuole offrire al cliente dovrà avvenire in un’ottica fortemente
orientata al marketing, e quindi dovrà obbligatoriamente prevedere l’analisi del mercato di esperienze, la definizione del
segmento di mercato e del posizionamento obbiettivo.
418
Su questi aspetti vds Della Corte [2000].
220
Esperienze, Marketing e Territorio
L’Attrattività419 del territorio è determinata dalla presenza nello stesso di fattori
d’attrattiva. Questi sono il focus dell’esperienza turistica offerta, in quanto sono la
componente principale su cui si struttura l’esperienza e sono la motivazione centrale per
cui gli ospiti si recano in una determinato territorio. Occorre ricordare che nessun
elemento strutturale è attrattivo in sé: esso diventa tale in seguito a trasformazioni culturali
e a cambiamenti nell’immaginario e nel pensare collettivo dovuti all’evoluzione
dell’immagine dei luoghi nella mente dei consumatori420.
L’Accessibilità del sistema territoriale turistico indica la facilità con cui gli ospiti possono
raggiungere ed effettuare le esperienze in esso inscenate. Riteniamo che tale caratteristica
possa essere declinata in accessibilità fisica, accessibilità economica e accessibilità
informativa.
L’Accoglienza indica la coerenza fra il livello di strutturazione del contesto territoriale e
le attività previste nell’esperienza, o in altri termini l’attitudine delle attività turistiche
presenti sul territorio a fungere da attori della messa in scena programmata. Così definita,
l’accoglienza, indica la coerente presenza di tutti quei beni e servizi di supporto o di
facilitazione che rendono fisicamente realizzabile l’esperienza turistica in una determinata
destinazione (ricettività, ristorazione, ecc.)421.
L’Ambientazione esprime la capacità del territorio ove è radicato il sistema turistico di
“immergere”422 gli ospiti nell’esperienza da rappresentare. In quanto tale, essa è
sicuramente determinata dal paesaggio e dall’ambiente (naturale o artificiale) generale del
territorio. Occorre però evidenziare anche l’importanza dei particolari o di piccoli indizi,
poiché dei piccoli segnali in forte contrasto con l’ambiente generale possono, da soli,
pregiudicare la credibilità di un ambientazione.
L’Animazione esprime la vivacità culturale e sociale del territorio prevista o richiesta
dall’esperienza. E’ fondamentalmente legata al fattore umano in quanto è determinata
dalla densità, dall’affollamento, dal movimento di persone insieme con la vivacità ed il
calore delle relazioni sociali che in esso s’instaurano. Così definita l’animazione è
determinata dalle persone che lavorano nelle strutture turistiche, ma soprattutto dalla
popolazione locale e dai turisti che soggiornano nel territorio stesso423.
Una volta specificate le caratteristiche che deve avere un territorio per fungere da
palcoscenico di una specifica esperienza turistica, vanno individuati i fattori e/o le risorse
territoriali che le determinano: allo scopo si propone uno schema d’analisi sintetico per la
mappatura delle risorse e delle competenze necessarie alla messa in scena delle esperienze,
419
420
421
422
423
E’ la ragione stessa per cui l’esperienza è sul mercato. In tal senso può essere paragonata al core del servizio nell’ottica
dell’offerta incrementata di Gronroos [1994].
La forza di attrazione è determinata, da un punto di vista strettamente commerciale, dall’idoneità delle risorse turistiche
nel richiamare i turisti sul territorio. I fattori di attrattiva rilevanti sono quelli su cui ruota l’intera esperienza di viaggio o
vacanza. Lavorando su questi elementi si può innalzare il livello di attrattività della zona in quanto il cliente sceglierà di
effettuare il suo viaggio e di trascorrere il suo tempo libero in questa località piuttosto che in un’altra perché l’offerta che
gli viene proposta in questa zona è qualitativamente superiore, realmente o soltanto dal punto di vista percettivo, a quella
di altre. Questo può accadere ad esempio se si considera il turismo un viaggio non solo nello spazio, ma anche nel tempo.
Da questo punto di vista Corrigan [1999, p. 202] osserva che “Persino un pezzo di terreno improduttivo può diventare
un’attrazione, se si riesce ad attribuirgli una storia. Questa strategia può ovviamente essere usata per ogni località ed
ecco, come per magia, che si crea un’attrazione turistica. Tutti sono cittadini del Paese della Tradizione” (ns.
sottolineatura). Secondo Martinengo [1999, p. 115] “La salvaguardia del <<tradizionale>>, del <<tipico>>,
dell’<<antico>>, del <<folkloristico>>, dell’<<autentico>> a scopo turistico è una delle principali attrazioni per i
visitatori delle diverse regioni di Francia e forse il motivo principale del successo turistico di questo Paese.”.
In Della Corte [2000] è riportato un modello definito delle 4A (Attraction, Access, Amenity, Ancillary service), noi
riteniamo che il concetto di abitabilità sia assimilabile all’Amenity (alberghi, ristoranti, attività commerciali,
divertimenti), poiché descrive quanto una determinata località è preparata a livello di servizio per supportare la messa in
scena desiderata.
Si utilizza il termine immersione nell’accezione usata da Pine-Gilmore in riferimento al tipo di connessione o rapporto
ambientale. Consiste nel rendere l’ospite fisicamente sensorialmente parte dell’esperienza.
Nel seguito del lavoro, parlando di animazione si farà riferimento alla popolazione locale e ai turisti, poiché le persone
che lavorano nelle strutture turistiche verranno aggregate al servizio da esse erogato e quindi come risorse della
caratteristica “accoglienza”.
221
Fabio Forlani
rinviando alla letteratura424 per una descrizione più dettagliata dei vari elementi strutturali del
sistema. Fra gli elementi strutturali del sistema territoriale, indispensabili all’emersione di
esperienze turistiche, occorre ricordare l’importanza dei fattori/risorse di tipo “trasversale”:
Cultura locale, Fiducia, Informazione e Immagine.
Fig. 8.2 - Uno schema di analisi dei fattori/risorse di un territorio a vocazione turistica
Caratteristiche territoriali
Attrattività
Accessibilità Fisica
Economica
Informativa
Accoglienza
Ambientazione
Animazione
Fattori e/o risorse
Fattori d’attrattiva425
Infrastrutture e mezzi di trasporto
Onerosità economica (Costo)
Strumenti di comunicazione
Operatori turistici (Servizi
turistici)
Ambiente naturale ed artificiale
Popolazione locale430 e turisti431
Cultura
locale426
Fiducia427
Informazione428
Immagine429
Fonte: Pencarelli e Forlani [2002, p. 265].
424
425
426
427
428
429
430
431
Per un quadro di sintesi della letteratura su questo tema vedere Della Corte [2000].
“Fattore di attrattiva può essere considerato qualsiasi elemento della più svariata natura, identificabile in modo
sufficientemente preciso, in grado di esercitare, in combinazione con le motivazioni dei potenziali turisti, una forza di
richiamo di maggiore o minore intensità verso il luogo in cui esso si trova localizzato.. il fattore di attrattiva non è tale per
sue qualità immanenti, ma perché viene valorizzato dal turista, che riconosce in esso un quid capace di appagare un suo
bisogno o desiderio.” Brunetti [1999, p. 100].
Cfr §8.4.2.
“Le costellazioni di successo si caratterizzano inoltre per il fatto che, per realizzare la propria formula imprenditoriale,
ogni singolo attore fa affidamento, oltre che sulle proprie competenze, anche su quelle delle altre imprese facendo leva
sulla fiducia, che costituisce il vero presupposto e la condizione di esistenza dei rapporti cooperativi interaziendali
[Pencarelli, 1995, p. 143]. D’altronde le relazioni cooperative sono relazioni sociali e per esse la fiducia è un collante più
forte ed efficace di qualsiasi meccanismo gerarchico o di mercato; la risorsa fiducia è dunque una delle principali risorse
critiche di ogni distretto industriale di successo.” Pencarelli [2001, p. 143].
L’informazione rappresenta, internamente, una risorsa critica ai fini del governo della struttura operativa in quanto
consente di mettere in relazioni le varie componenti del sistema, accrescendo il loro grado di consapevolezza circa
l’unitario finalismo evolutivo del sistema. A livello esterno essa facilita la ricerca ed il conseguimento della consonanza e
risonanza sistemica con i sovrasistemi rilevanti ed influenti sul distretto turistico. L’informazione è inoltre il contenuto
delle azioni comunicative verso tutti gli interlocutori sociali interessati al distretto, a partire dai turisti attuali e potenziali.
L’immagine ha un ruolo fondamentale nella messa in scena delle esperienze, poiché è allo stesso tempo un filtro che
influisce sulla percezione della qualità dell’esperienza (per la domanda ma anche per gli attori del territorio)429 ed uno
strumento di gestione del posizionamento. L’effetto che produce l’immagine sulla percezione della qualità
dell’esperienza da parte dei turisti, è paragonabile alla funzione che hanno gli occhiali da sole a specchio: Chi li indossa
(il turista) vede il mondo filtrato, chi li osserva (l’operatore turistico) vede la propria immagine riflessa. L’immagine
genera aspettative nella domanda (il turismo si consuma più per il valore di scambio simbolico che per il valore d’uso) e
può determinarsi sia per effetto di stimoli esterni non direttamente controllabili dagli operatori (passaparola - fattori
culturali e sociali come l’interazione tra i componenti della famiglia, tra colleghi, tra amici, ecc.), di stimoli interni non
controllabili (necessità - fattori a livello individuale, come i tratti della personalità), nonché da azioni esterne controllabili
dall’organo di governo (comunicazione - l’azione della pubblicità e degli altri strumenti di comunicazione).
La popolazione e la comunità locale (la popolazione residente) costituisce un soggetto collettivo dal cui atteggiamento nei
confronti dei turisti (ostilità, indifferenza, accoglienza, ecc.) può dipendere la percezione di qualità e la soddisfazione dei
consumatori durante l’esperienza di vacanza. Nel consumo del prodotto turistico le interazioni tra i turisti e la
popolazione rappresentano frequenti << momenti della verità >> che possono valorizzare o distruggere la qualità erogata
dagli altri soggetti distrettuali. Poiché l’esperienza del turista è largamente connessa alla qualità del contesto generale nel
quale i soggetti operano, nel distretto turistico non è sufficiente un coordinamento tra le imprese e gli enti direttamente
interessati alla produzione turistica, ma occorre un coordinamento ed un orientamento al servizio ed al cliente che
coinvolge, oltre agli operatori turistici (pubblici e privati), anche le altre forze istituzionali e l’intera popolazione
residente del distretto. “La comunità locale va dunque considerata un soggetto attivo e protagonista delle località
turistiche, soggetto che occorre considerare in sede di governo pianificato, promuovendo nei suoi confronti forme di
educazione ed orientamento verso la cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità, senza tuttavia snaturare le identità
antropologiche e culturali originali che contribuiscono a rendere una località diversa da un’altra.” Pencarelli [2001, p.
145].
I turisti sono i destinatari dell’offerta allestita in un dato territorio, ma rappresentano anche risorse preziose nella coproduzione dell’offerta in quanto partecipano direttamente alla realizzazione dell’esperienza. Di questo l’organo di
governo deve tenerne conto, giacché le modalità di partecipazione all’esperienza degli ospiti considerati sia
individualmente sia in relazione agli altri turisti presenti nello stesso periodo nell’area influenzano fortemente la
percezione della qualità totale dei consumatori.
222
Esperienze, Marketing e Territorio
Nel territorio turistico, in base alla tipologia di esperienze che si vogliono inscenare, dovrebbe
essere presente una combinazione coerente e organizzata dei fattori chiave che qualificano la
struttura operativa del sistema vitale. Siffatti componenti strutturali dovrebbero essere, quindi,
non solo un vincolo all’agire strategico (fattore di staticità della resourse based view), ma
anche obiettivo di qualsiasi progetto teso a qualificare in senso turistico un’area territoriale
nella prospettiva di un governo economico piegato a logiche sistemiche vitali. Di
conseguenza, tali elementi dovrebbero essere legati l’uno all’altro con nessi di
complementarità strumentale al perseguimento delle finalità strategiche. Qualora le
componenti della struttura dovessero trovarsi in una situazione conflittuale e di scarsa
risonanza (ad esempio, un’elevata accessibilità potrebbe andare a scapito della qualità
ambientale, oppure turisti troppo numerosi ed attivi potrebbero suscitare sentimenti di ostilità
della popolazione, oppure un’immagine troppo positiva creare aspettative eccessive nella
domanda, ecc.), è necessario realizzare la migliore combinazione possibile di questi elementi.
Elementi che, in base all’esperienza che si vuole offrire agli ospiti, andranno combinati in
modo armonico, agendo soprattutto sulla gestione del fattore informazione, del fattore
immagine e della cultura (modello di gestione consapevole dell’esperienza prodotta), evitando
conflitti e cercando di fare in modo che siano l’uno a sostegno dell’altro. Per questo l’organo
di governo è chiamato a formulare ed attuare un piano di marketing capace di valorizzare,
selezionare, mobilitare i componenti della struttura operativa del distretto nell’ottica sistemico
vitale.
L’estensione territoriale del sistema e la selezione degli elementi della struttura
Definiti gli elementi necessari per allestire esperienze, di cui deve essere dotato un sistema
d’offerta, occorre chiedersi come procedere per selezionare e/o aggregare tali elementi.
Tale operazione consiste, in prima battuta, nell’identificazione e nella definizione dello spazio
(contesto territoriale o palcoscenico) su cui far emergere il sistema d’offerta. Dall’ampiezza
del territorio considerato dipende, infatti, la composizione qualitativa e quantitativa degli
elementi della struttura qualificabili come interni al sistema e quali invece da ritenersi esterni
al sistema stesso.In seconda battuta sembra necessaria una valutazione sulle caratteristiche
degli attori e degli elementi da coinvolgere nel sistema, per pervenire ad una selezione delle
componenti della struttura coerenti con le esperienze progettate. Tale processo di selezione o
aggregazione degli elementi sistemici risonanti e consonanti appare fondamentale per
innescare il circolo virtuoso dello sviluppo del sistema d’offerta cosi come definito in fig. 8.3.
Figura 8.3 – Il circolo economico virtuoso di un sistema d’offerta economica territoriale
Qualità e Valore dei
prodotti del sistema
d’offerta turistica
Selezione / Aggregazione
e Formazione
Attori Interni
Risorse
Visione
strategica
Opportunità
Attrattività
del sistema d’offerta
territoriale
Soddisfazione dei
Pubblici Esterni e
degli Attori Interni
OdG
Fonte: Nostra elaborazione
223
Fabio Forlani
L’estensione ed il dimensionamento territoriale e la selezione degli attori da coinvolgere
all’interno del sistema è rilevante sia sotto il profilo dell’offerta che della domanda.
Dal lato dell’offerta, l’individuazione dell’ambito territoriale che abbia le potenzialità per
produrre determinate esperienze (soddisfazione dei pubblici esterni) e allo stesso tempo sia
governabile in un’ottica unitaria (soddisfazione degli attori interni), è un aspetto chiave
nella progettazione dei sistemi d’offerta. La delimitazione territoriale del sistema
d’appartenenza è infatti fondamentale per far conseguire agli attori la consapevolezza
necessaria per spingerli a investire le proprie risorse, i propri sforzi e soprattutto la propria
fiducia nell’attivare azioni cooperative per la messa in scena di esperienze in un dato
territorio.
L’identificazione di fattori di omogeneità territoriale, ambientale, antropica, culturale e di
attrattiva tuttavia, va a nostro parere finalizzata non solo all’attitudine produttiva: definire
un’aggregazione sistemica in grado di offrire un prodotto esperienza allineato all’ottica della
domanda. Occorre porre attenzione anche al potenziale di attrazione dell’offerta rispetto a
mercati economicamente redditizi per il sistema nel suo complesso e non solo per parti dello
stesso.
Non può sfuggire infine, che, se si propone un mix di prodotti assai limitato (come succede
per alcuni sistemi turistici monoprodotto), si perde di attrattività e di forza contrattuale nei
confronti degli intermediari commerciali e comunicazionali che sono invece soggetti
indispensabili per l’ingresso in mercati distanti432 (geograficamente, culturalmente, dal punto
di vista informativo e comunicazionale, ecc.).
Si può perciò sostenere che il problema dell’identificazione delle componenti strutturali dei
sistemi d’offerta possa essere affrontato in due fasi, tra loro interrelate [Pencarelli e Forlani,
2002, p.268].
La prima fase consiste nel considerare il problema della rilevanza di mercato del sistema
d’offerta, intesa come la capacità dell’offerta di realizzare spettacoli (mettere in scena
esperienze) idonei a soddisfare le esigenze degli ospiti appartenenti al segmento/i di domanda
scelto/i come target meglio di sistemi concorrenti. Il territorio sul quale imperniare il sistema
può considerarsi un palcoscenico significativo se possiede uno o più fattori di attrattiva
distintivi (Attrattività) che lo renda visibile e appetibile ad un numero di potenziali clienti
sufficiente a soddisfare i requisiti necessari per il/i mercato/i obiettivo. Il territorio deve anche
possedere i fattori complementari ed accessori necessari per soddisfare il nucleo centrale di
esigenze del target di riferimento dell’esperienza (Accessibilità, Attività economiche,
Ambiente, Animazione).
Va quindi affrontata una seconda fase che riguarda l’individuazione della dimensione
territoriale e dei componenti della struttura operativa (la compagnia) che consentono il
governo unitario433 del sistema d’offerta in una prospettiva orientata al mercato. Occorre
quindi stabilire di quali componenti l’organo di governo si avvale per mettere in scena le
esperienze per soddisfare la domanda. Dal nostro punto di vista, l’unità base del sistema
d’offerta deve identificare un territorio geograficamente delimitato e non troppo esteso, dotato
432
Non deve sfuggire, infatti, che dal punto di vista della domanda i diversi livelli in cui può essere percepito il territorio
come palcoscenico delle esperienze possono essere individuati in funzione di [Pencarelli e Forlani, 2002, p. 269]:
• vicinanza rispetto alle aree di provenienza della domanda;
• grado di notorietà raggiunta;
• tempo o anzianità di presenza sul mercato.
Nella visione della domanda, in definitiva, all’ampliarsi della notorietà, dell’anzianità e della vicinanza si restringe
l’ampiezza dei confini territoriali del sistema d’offerta turistico, aumenta la conoscenza del prodotto offerto e si riduce,
quindi, la necessità di ricorrere ad intermediari commerciali e/o informativi.
433
La governabilità di un territorio ai fini turistici cresce al crescere della consapevolezza degli operatori turistici di
appartenere ad un sistema territoriale e al crescere della fiducia che essi hanno sull’organizzazione e/o sulle regole che lo
governano.
224
Esperienze, Marketing e Territorio
già di un’identità consolidata, un sistema relazionale delineato, una fiducia diffusa. In questo
modo le relazioni che si instaurano tra i diversi soggetti distrettuali sono di tipo personale e
diretto, quindi più vicine alla cultura localistica che caratterizza il sistema socio-economico
italiano.
Si ritiene, infine, importante evidenziare che ai fini dell’efficacia sistemica è fondamentale
integrare le opportunità e i vincoli sovra sistemiche (approccio strategico opportunity driven)
con le opportunità e i vincoli sub-sistemici (approccio strategico resource based). A volte, e
forse nella maggioranza dei casi434, l’organo di governo deve partire dalla valorizzazione di
strutture operative sistemiche “naturali” esistenti nei fatti e non facilmente modificabili (a
partire dalle risorse territoriali e antropiche), sia per vincoli finanziari sia per ragioni connesse
alla “sostenibilità ambientale” degli interventi necessari a orientare (riorientare)
strategicamente un determinato territorio (ad esempio per razionalizzare o ampliare il
portafoglio prodotti attuale). In questo caso si tratterà di ricercare quali segmenti della
domanda possono essere attratti dal sistema d’offerta esistente e decidere cosa inscenare
tenendo conto e valorizzando al massimo le potenzialità dei fattori di attrattiva (talenti)
disponibili435.
8.4.4 Il processo d’emersione del sistema d’offerta
L’emersione del sistema di offerta turistico territoriale si concretizza nella produzione di
esperienze turistiche per degli ospiti specifici. Consiste cioè nella messa in scena dello
“spettacolo” del turismo. Tale processo verrà illustrato nel paragrafo seguente. Si presenterà in
particolare un modello di marketing che consente l’emersione di un prodotto esperienza che
cerca di conciliare sia le esigenze degli attori della domanda sia quelle degli attori dell’offerta.
8.4.5 L’immagine complessiva del sistema
Un sistema vivente è un sistema autonomo, in quanto tale ha un identità ed un immagine.
L’immagine (reputazione) è la risultante delle dimensioni sistemiche sovra riportate e si
configura come il sistema nel suo complesso agli occhi degli osservatori esterni (sovra
sistemi) ed interni (sub sistemi). Nella prospettiva sistemica l’immagine o la reputazione di un
sistema turistico è quindi la risultante dell’immagine emersa nelle n esperienze turistiche
vissute dai turisti in un dato sistema territoriale, del loro passaparola e dell’immagine
istituzionale comunicata dal sistema stesso.
Per ogni Sistema d’offerta turistica territoriale (SOTT) è quindi importante comprendere se
esiste o meno nella mente dei turisti attuali e potenziali un’immagine del sistema percepita
come unitaria (immagine di marchio, Gronroos [2002, p. 343]) e se c’è coerenza fra
l’immagine che percepiscono i sovra-sistemi e i sub-sistemi e quella progettata dall’organo di
governo (identità del marchio).
L’importanza dell’immagine e quindi di tutti quei fattori informativi che la producono è rilevante anche in quanto la qualità
dell’esperienza turistica che il cliente si aspetta è innanzitutto funzione dell’immagine che egli possiede della stessa.
L’organo di governo del sistema turistico deve quindi riconoscere che l’informazione e l’immagine sono “leve” trasversali
capaci di agire sulle aspettative della domanda e degli stakeholder attraverso la comunicazione passaparola (ricordi di
esperienze passate), la comunicazione al mercato (promozione del territorio) e la comunicazione interattiva degli attori
territoriali durante l’esperienza.
Per l’organo di governo dei distretti turistici risulta fondamentale, influenzare, mantenere, sviluppare l’immagine del
territorio al fine di intervenire contemporaneamente sulle aspettative della domanda e sulla capacità del sistema di interagirvi,
capirla e soddisfarla.
Lo strumento con le maggiori potenzialità prospettiche da fungere da supporto per la gestione dell’informazione436 e della
comunicazione sistemica ed interattiva è, a nostro avviso, internet437. Internet permette infatti di raccordare le componenti
434
Molti dei principali autori che negli ultimi anni si sono occupati di marketing territoriale hanno infatti manifestato la
propria preferenza per l’approccio resource based.
435
Per un’analisi approfondita della teoria delle risorse nella prospettiva sistemica si rinvia a Golinelli, Gatti e Siano [2002].
436
Altro strumento-copione a disposizione dell’organo di governo è senz’altro il cataloghi cartaceo. Anch’esso dovrebbe
essere progettato nell’ottica di comunicazione integrata e sistemica esposta in questo articolo.
225
Fabio Forlani
interne al sistema (intranet) con le componenti esterne (extranet) in tempo reale attraverso una comunicazione fortemente
interattiva (one to one, one to many, many to many).
Non entrando nello specifico delle modalità d’utilizzo dello strumento internet, ci pare opportuno sottolineare che ogni
componente del sistema turistico dovrebbe dotarsi di un sito internet di riferimento. Il sito ufficiale del sistema turistico
dovrebbe fungere da “palcoscenico virtuale del sistema”, “luogo” capace di collegare le intenzioni e le informazioni dei
soggetti interni al sistema in modo da generare un’immagine unitaria e coerente, ma allo stesso temo reale, del territorio.
8.5
Un modello di marketing per l’emersione (progettazione e produzione) delle
esperienze turistiche
8.5.1 Il ruolo del marketing nei sistemi d’offerta
Nel corso della trattazione, basandoci sul quadro teorico-concettuale dei sistemi vitali, si è
argomentato a favore dell’emersione dal sistema di offerta di un organo di governo legittimato
e quindi autorevole. A tale organo di governo si ritiene vadano assegnati compiti di
marketing che possiamo definire strategico-operativo438.
Si ritiene infatti che al marketing vada attribuito un ruolo di grande importanza sia nella fase
di definizione delle strategie che nella fase della loro attuazione. Il marketing interviene nel
processo di formazione delle strategie attivando flussi informativi in entrata (aspettative dei
consumatori, politiche di mercato dei concorrenti) al fine di decidere politiche di
segmentazione e di posizionamento che assicurino vantaggi competitivi difendibili. Attraverso
le politiche di marketing condiziona il processo di specificazione delle aspettative dei
consumatori in modo funzionale agli obbiettivi perseguiti dall’impresa. Secondo tale
impostazione il marketing contribuisce, inoltre, a creare il valore percepito dal consumatore
attraverso le politiche di comunicazione, di differenziazione psicologica, di promozione e di
distribuzione, associate alle strategie di segmentazione del mercato e di composizione di
gamma.
Assumendo appieno tale prospettiva si sottolinea che, come precedentemente evidenziato [vds.
cap. 4] i processi decisionali dell’impresa orientata al marketing devono439 :
1. Individuare e analizzare i bisogni dei consumatori e le dinamiche dell’ambientemercato, di cui tendono a valutare le opportunità e le minacce in relazione alle
competenze distintive ed alle potenzialità dell’impresa (ambiente interno).
2. Progettare, coerentemente con i risultati degli studi di mercato e gli obbiettivi del
sistema, la scelta contestuale della:
• segmentazione della clientela e della domanda;
• scelta dei segmenti di domanda a cui rivolgere l’offerta (targeting);
• scelta del posizionamento competitivo dell’offerta. Tale operazione si
implementa attraverso la scelta della product idea (la selezione dei benefici
da offrire agli utilizzatori attraverso l’offerta degli output produttivi
dell’impresa) e la selezione dei vantaggi competitivi difendibili su cui basare
il proprio rapporto con i concorrenti;
3. Gestire, coerentemente con tali scelte, le risorse e le capacità disponibili
nell’impresa, programmando e gestendo un insieme integrato e sinergico di processi
di attività attraverso i quali vengono ideati, realizzati, valorizzati e commercializzati
gli output produttivi dell’impresa, in modo da offrire ai mercati e ai segmenti di
domanda prescelti prodotti, il cui valore, così com’è percepito dagli utilizzatori, al
netto del sacrificio (monetario e psicologico) necessario per acquisirli, sia superiore a
quello dei prodotti concorrenti. In tale fasi ci si avvale di un insieme integrato e
437
Per un analisi dei possibili effetti di internet sulla società e sul commercio si veda Watson, Berthon, Pitt, Zinkhan, [2000]
e Levine, Locke, Searls, Weinberger, [2001]. Per l’impatto sul turismo cfr Pencarelli [2001 e 2003].
438
Per approfondimenti Cozzi e Ferrero [2000, p.89-90].
439
Per approfondimenti Cozzi e Ferrero [2000, p.7].
226
Esperienze, Marketing e Territorio
sinergico di politiche di mercato, ossia di un marketing mix440, come strumento di
attuazione delle proprie strategie per gli aspetti riguardanti i suoi rapporti con il
mercato. Ciascuna delle politiche di mercato comporta decisioni amministrative ed
operative, nonché compiti esecutivi e di controllo interno. Il marketing-mix è lo
strumento base con cui si cerca di specificare le aspettative degli utilizzatori dei suoi
output produttivi competitivamente con le altre imprese;
4. Controllare costantemente l’efficacia dell’attività dell’impresa in funzione del grado
di soddisfazione dei suoi clienti e degli stakehoders di riferimento441.
8.5.2 L’innovazione concettuale nel Marketing mix: l’esperienza come “prodotto
emergente”
Il governo consapevolmente orientato al mercato di un SOTT richiede un processo di
pianificazione di marketing rivolto al cliente finale e la definizione di opportune politiche atte
a connettere gli attori interni ed esterni per l’uso e lo scambio ottimale delle risorse territoriali
ove il sistema d’offerta è radicato.
Riprendendo la metafora (o meglio il modello di gestione) teatrale, possiamo pensare
all’organo di governo del sistema vitale come al drammaturgo e regista dello spettacolo che
ha luogo su un delimitato territorio, visto come palcoscenico. In tale veste esso deve guidare
la compagnia d’attori dell’offerta o cast (operatori economici, popolazione locale e altri
soggetti presenti sul territorio, turisti e consumatori compresi), nella messa in scena di
esperienze che coinvolgano attivamente gli attori della domanda (il pubblico o ospiti).
In base a siffatta impostazione si assume, adottando una prospettiva di marketing, che un
sistema d’offerta turistica territoriale finalizzato alla produzione e alla commercializzazione
(Perché?) sul mercato di esperienze turistiche (Cosa?), debba partire dall’analisi del cliente
obiettivo (Per chi?), per definire le opportune politiche (Come?) atte a connettere gli attori
interni (Chi?) ed esterni (Per chi?) in modo da ottenere un utilizzo sistemico, e quindi
ottimale, delle risorse territoriali ove il sistema turistico è radicato (Dove?).
Tale modello, coerentemente con i presupposti dell’ASV, evidenzia la centralità del ruolo
dell’OdG442 nei processi di produzione del sistema turistico. In questa ottica s’ipotizza di
assegnare il compito di progettare e gestire le esperienze turistiche che si intende allestire per i
segmenti di domanda scelti (target) o che si stanno autosegmentando sulla scorta dell’elevata
capacità di attrazione dell’offerta, all’OdG, che assume in definitiva il ruolo del regista443 del
sistema d’offerta.
Nella produzione turistica occorre, pertanto, evitare quanto già spesso si riscontra nei servizi
[Carù, 1996, p.181], ove ci si dimentica che il destinatario e giudice ultimo della proposta
dell’offerta è il cliente e che la qualità delle prestazioni non può essere assicurata solo dalla
“buona volontà” dei prestatori di servizi, ma va opportunamente strutturata e formalizzata.
Allo stesso modo, per qualsiasi forma di performance venga messa in scena, occorre ricordare
che l’esperienza è un prodotto complesso [cfr cap.5] e che la sua messa in scena richiede una
giusta combinazione degli elementi trama e regia [vds cap 5]. A seconda della tipologia di
440
Per Kotler [1993, p. 103] “il marketing mix è la combinazione delle variabili di marketing che l’impresa impiega al fine di
conseguire gli obiettivi predefiniti nell'ambito del mercato obiettivo”. Molteplici sono gli elementi che compongono il
marketing-mix. Mc-Carthy ha reso popolare una classificazione di tali elementi basata su quattro macrovariabili: prodotto,
prezzo, punto di vendita e promozione (product, price, place, promotion, le “quattro P”).
441
Il management di un sistema d’offerta turistica deve altresì controllare i risultati delle attività svolte, verificando il grado
di raggiungimento degli obiettivi, la soddisfazione degli ospiti e degli stakeholder (operatori turistici, popolazione locale,
istituzioni pubbliche, distributori, finanziatori ecc.) e l’andamento economico finanziario del sistema, delle sue parti e delle
relazioni tra queste o tra elementi sovrasistemici.
442
“… il sistema impresa prende corpo per effetto della spinta propulsiva ad esso impressa dal soggetto o dall’insieme di
soggetti i quali, nella fase costitutiva e nelle successive fasi della dinamica evolutiva dell’impresa, detengono le massime
responsabilità di governo ed il massimo potere decisionale. Per dare forma, consistenza e, soprattutto, prospettive di sviluppo
al sistema impresa è necessaria, dunque, la presenza di una significativa e continua attività progettuale, condotta e realizzata
dall’organo preposto al suo governo” Golinelli G. [2000, p. 102].
443
Cfr Pencarelli e Forlani [2002] e Pencarelli [2003].
227
Fabio Forlani
performance (predeterminata o emergente) che si vuole realizzare e della forma di
coordinamento che si decide di realizzare (regia diffusa o presenza di un regista) si
allestiranno forme di teatro differenti, modulate in funzione dell’audience, degli attori e del
contesto ambientale di riferimento.
Il modello di gestione di riportato in figura 8.4, cerca di inquadrare in modo unitario le varie
problematiche connesse al rapporto esistente fra il processo444 di messa in scena
dell’esperienza turistica e il processo d’emersione dei sistemi d’offerta turistica territoriali445
ponendo una serie di domande a cui l’OdG dovrebbe essere in grado di dare risposta.
Tali domande indagano le quattro dimensioni dei sistemi complessi dinamici: il significato o
fine dell’agire sistemico (Perché?); lo schema d’organizzazione (Come?); la materia o la
struttura operativa (Chi? e Dove?); il processo di emersione (Cosa?). Inoltre vi è un’ultima
domanda che non indaga gli elementi costitutivi del sistema ma il sistema nel suo complesso:
l’immagine complessiva del sistema.
Figura 8.4 - Un modello di analisi manageriale della produzione dell’esperienza
Per chi ?
Target di mercato
Cosa ?
Il prodotto (l’
esperienza turistica)
Come ?
Il copione
dell’esperienza
Perchè ?
Mission e
Cultura
Chi ?
Soggetti agenti
sul territorio
Dove ?
Il territorio
(risorse e vincoli)
Immagine
Relazioni, a diversa intensità di legame, che generano il sistema d’offerta del sistema turistico.
Offerta co-prodotta dal sistema turistico territoriale.
Di seguito si esamina con maggiore dettaglio il modello esposto in figura 8.4.
1. Per chi ? (gli attori della domanda – i segmenti di mercato per i quali si allestisce
l’esperienza turistica).
I segmenti di mercato scelti come target sono costituiti dai gruppi di turisti per cui è stata
progettata l’esperienza turistica. Senza entrare nel merito dell’analisi del mercato e della
segmentazione, ci limitiamo a ricordare che ai fini delle strategie di segmentazione, come
444
Il prodotto esperienza è stato definito un prodotto emergente in quanto non esiste finché non vi è l’interazione degli attori
(della domanda e dell’offerta) su un palcoscenico. In questo senso si può parlare di politica di prodotto “sui generis”.
445
L’ottica d’osservazione assunta tiene conto, inoltre, della natura sistemica del prodotto turistico, vds capitolo 6; cfr anche
Tamma [2002], De Carlo e Parolini [2004].
228
Esperienze, Marketing e Territorio
per i servizi, la variabile partecipazione dell’ospite446 risulta cruciale, dato che la qualità
della rappresentazione teatrale e dell’esperienza inscenata dipende molto dalla volontà e
capacità dell’ospite di interagire con l’offerta. Per una efficace analisi del mercato,
l’organo di governo del sistema turistico vitale è chiamato a mettere a punto un sistema
informativo di marketing affidabile, capace di monitorare la domanda attuale e di stimare
quella potenziale.
2. Chi ? (gli Attori dell’offerta – i soggetti presenti ed agenti sul territorio e come tali
coinvolti, a vario titolo, nella produzione dell’esperienza).
Il turismo è un attività fatta dalle persone per le persone; è quindi fondamentale il ruolo di
tutti gli attori territoriali specializzati e non specializzati nel turismo. Il turismo richiede
un’applicazione estrema dei principi di qualità totale e di marketing relazionale totale,
entrambi rivolti alla soddisfazione dei bisogni dei clienti: “la qualità è <<affare di tutti>>
e non solo dell’Ufficio Qualità, così come le attività di marketing sono <<affare di tutti>>
e non solo di <<quelli dell’ufficio marketing>>” Pencarelli [2001, pag. 63].
3. Dove ? (il Palcoscenico – il territorio come insieme di strutture e risorse da cui emerge il
sistema).
Sul punto si rinvia a quanto detto in tema di struttura operativa del sistema turistico
(§8.4.3)447.
4. Cosa ? (lo Spettacolo – l’esperienza turistica composta di sensazioni, emozioni e ricordi).
Definire la trama (il concetto o l’idea) dell’esperienza significa esplicitare le aspettative
che si vogliono soddisfare, e di conseguenza, le emozioni e le sensazioni che si vogliono
far vivere agli ospiti attraverso un’accurata orchestrazione dell’esperienza448. Significa
anche identificare lo strumento per far convergere le intenzioni (implicite ed esplicite) dei
soggetti interni ed esterni al sistema vitale in un momento-luogo di confronto al fine di
generare consapevolezza e condivisione strategica tra gli attori.
Si è evidenziato [cap. 5] come in fase di progettazione dell’esperienza (trama) occorra
coinvolgere in modo equilibrato l’intera struttura esperienziale dell’individuo (l’estetica,
l’intrattenimento, l’evasione e l’educazione) e quindi definire e mappare coerentemente le
caratteristiche territoriali che ne determinano una realizzabile ed efficace messa in scena.
In relazione alla definizione della visione di esperienza che si intende allestire, un
elemento cruciale consiste nel definire il tema dell’esperienza449.
Nel senso stretto del termine, secondo il dizionario della lingua italiana Zingarelli, un “tema” è un “argomento, soggetto
di uno scritto, un ragionamento, una discussione”, un “argomento o motivo di fondo”. Il tema è quindi un’idea semplice
che può dare vita a tutta una serie di sviluppi ulteriori. Il concetto di tema è evolutivo e dinamico, concepisce una realtà
fondamentalmente aperta da cui scaturiscono immaginazione, creatività, iniziativa. Ma implica anche delle regole e dei
vincoli da rispettare, richiede, infatti, la continua coerenza con l’idea di partenza e il rispetto di una linea di orientamento
generale.
Il tema, in quanto elemento centrale della visione dell’esperienza, è il filo conduttore intorno al quale si organizza in
divenire l’esperienza. Un tema ben concepito è come una struttura attorno a cui i turisti possono organizzare le proprie
impressioni, producendo così esperienze con ricordi ricchi e duraturi. Il tema è inoltre per gli operatori turistici una linea
di condotta generale sulla quale organizzare un offerta particolare e personale ma allo stesso tempo integrata e coerente
con l’esperienza complessiva proposta dal territorio. Tematizzare450 un’esperienza significa, quindi, creare un insieme di
informazioni che posizionino il territorio sia nella prospettiva dei turisti sia in quella degli operatori.
446
“La regola generale è che la segmentazione del mercato dovrebbe essere concepita non soltanto dal punto di vista delle
“esigenze” del cliente, ma anche in funzione della sua volontà di partecipare e del suo livello di conoscenze e dal modo con
cui le utilizza” Normann [1984, p. 118].
447
[Vds anche Pencarelli e Forlani, 2003, §4.7.2].
448
Gronroos [1994, p. 77] parla di concetto di servizio e lo definisce come la determinante delle intenzioni dell’azienda. Egli
sostiene che in base a tale concetto vada sviluppata l’intera offerta aziendale.
449
Sulle politiche di prodotto a livello macro nel turismo si vedano Peroni [1998] e Pencarelli [2001 e 2003].
450
Samuel Thirion suggerisce come strumento per valorizzare lo sviluppo delle aree rurali il concetto di “tema catalizzatore”.
“Il tema <<forte>>, catalizzatore, è un’idea che favorisce la rinascita, il dinamismo, immagini nuove, nuove dimensioni e
nuovi mercati. L'approccio tematico è un’impostazione che può concretizzarsi solo attraverso l’adesione collettiva degli
operatori e l’integrazione molteplici elementi disseminati sul territorio. In altri termini, un tema catalizzatore non può
condurre all’esclusione; esso consente invece di riunire tutti gli operatori del territorio, favorendo l’integrazione tra i vari
229
Fabio Forlani
In occasione dell’identificazione del tema l’organo di governo dovrebbe, fra l’altro, porsi e dare risposta alle seguenti
domande :
5. Cosa si può fare per migliorare l’estetica dell’esperienza vissuta dagli ospiti?
6. Cosa si può fare per rendere più divertente e piacevole l’esperienza per “trattenere” gli ospiti?
7. Cosa si può far provare agli ospiti per coinvolgerli?
8. Cosa si può far imparare agli ospiti durante l’esperienza?
Azioni capaci di soddisfare siffatti traguardi possono basarsi sul coinvolgimento dei cinque sensi degli ospiti, agendo sui
rumori, gli odori, i colori, il paesaggio e l’ambientazione ed i sapori evocabili mediante un’esperienza.
Per concludere, si segnalano i seguenti vantaggi della tematizzazione. Innanzitutto, l’approccio tematico è una modalità
a disposizione dell’organo di governo per attuare e gestire il posizionamento dell’offerta turistica mediante la
differenziazione psicologica e comunicativa. Il posizionamento tematico, soprattutto quando è attuato tramite un’attenta
gestione dell’immagine, risponde infatti in modo efficace alle esigenze della globalizzazione: immagini forti e
differenziate. I temi agiscono inoltre all’interno del sistema. Permettono infatti di creare, di ritrovare o di rafforzare gli
elementi dell’identità territoriale, generando così degli interessi in comune, dei punti di riferimento, dei contatti e dei
collegamenti che integrano i settori. Se accettati dal sistema locale creano infine uno “sviluppo endogeno” e una
didattica dell’apprendimento che autoalimenta il tema.
Esempi di tematizzazione del territorio sono le strade del vino e dei sapori, le strade dell’olio; si è assistito in passato
anche a tematizzazioni storiche, artistiche, salutistiche ecc.
5
Come ? (il Copione – gestione delle relazioni e delle interazioni tra gli attori dell’offerta e
della domanda);
Nel turismo la partecipazione del turista al processo produttivo della propria vacanza è
talmente forte e motivata da poter affermare che, in molti casi, è proprio quest’ultimo che
ricopre in modo esclusivo il ruolo di regista-produttore. In base al ruolo del turista nella
progettazione, nell’organizzazione e nella produzione del viaggio si sono evidenziate nei
capitoli 5 e 6 diverse soluzioni teatrali che consentono far emergere un’esperienza:
l’improvvisazione (il turista fai da te), il canovaccio (soluzione intermedia), il copione (il
turista etero-organizzato). Lungo tale continuum si trovano sistemi di relazione tra
domanda e offerta in cui diminuisce il ruolo attivo e la partecipazione dell’utilizzatore
(minore flessibilità del prodotto), mentre aumenta il grado di controllo e di governo del
sistema (maggiore possibilità di progettare e di gestire il complesso delle relazioni).
6. Perché ? (la Filosofia – le finalità, gli obbiettivi, la cultura, la fiducia nel territorio e nei
suoi attori come elementi di unità e consapevolezza del sistema turistico).
La filosofia del sistema vitale è determinata innanzitutto dagli obbiettivi (mission) che
individuano e definiscono la ragione d’essere stessa del sistema. Tali obbiettivi possono
essere generati internamente al sistema in base alla cultura dello stesso, oppure possono
essere indicati dall’organo di governo. La cultura è l’elemento chiave delle offerte
turistiche territoriali in quanto orienta, permea e sostanzia l’intero modo di pensare, essere
ed agire di chi opera sul territorio. Come tale, la cultura può essere considerata una
risorsa-vincolo, ma anche una risorsa-opportunità (strumento manageriale) del sistema
turistico e deve essere governata con consapevolezza dell’organo di governo in quanto
motore dell’intero sistema. Una cultura consonante e risonante con gli obbiettivi del
sistema genera, infatti, consapevolezza, fiducia, condivisione, fattori che facilitano il
formarsi di un clima collaborativo tra i detentori delle risorse sistemiche.
7. Che rapporto esiste fra l’immagine del sistema di produzione e l’esperienza offerta?
L’immagine ha un ruolo fondamentale nella messa in scena delle esperienze, poiché è allo
stesso tempo un filtro che influisce sulla percezione della qualità dell’esperienza (per la
domanda ma anche per gli attori del territorio) ed uno strumento di gestione del
posizionamento strategico e operativo. L’effetto che produce l’immagine sulla percezione
della qualità dell’esperienza da parte dei turisti, è paragonabile alla funzione che hanno gli
occhiali da sole a specchio: Chi li indossa (il turista) vede il mondo filtrato, chi li osserva
(l’operatore turistico) vede la propria immagine riflessa. L’immagine genera aspettative
nella domanda (il turismo si consuma più per il valore di scambio simbolico che per il
settori di attività. Ed è probabilmente questa la sfida più grande: conciliare approccio tematico e impostazione integrata”
http://www.rural-europe.aeidl.be/rural-it .
230
Esperienze, Marketing e Territorio
valore d’uso) e può determinarsi sia per effetto di stimoli esterni non direttamente
controllabili dagli operatori (passaparola - fattori culturali e sociali come l’interazione tra i
componenti della famiglia, tra colleghi, tra amici, ecc.), di stimoli interni non controllabili
(necessità - fattori a livello individuale, come i tratti della personalità), nonché da azioni
esterne controllabili dall’organo di governo (comunicazione - l’azione della pubblicità e
degli altri strumenti di comunicazione).
In definitiva, con riferimento al modello di gestione “teatrale” dei sistemi turistici, il compito
dell’organo di governo è di fornire una risposta coerente alle domande afferenti alla
produzione turistica A chi?, Chi?, Dove?, Cosa?, Come?, Perché? Che ruolo ha l’immagine?
per gestire olisticamente il complesso sistema di messa in scena delle esperienze turistiche. In
base all’esperienza che si vuole offrire agli ospiti, il regista, dovrà combinare e valorizzare, in
modo armonico, le risorse territoriali disponibili o reperibili nel rispetto dell’ecosistema.
8.5.3 Il marketing mix nelle tre fasi (sogno, sensazioni, ricordo) dell’emersione
dell’esperienza. Ipotesi di ricerca.
Come evidenziato nel capitolo 5 e 6 la produzione dell’esperienza di viaggio è un per il
cliente un ciclo che prevede almeno tre fasi: la fase del sogno, la fase delle sensazioni e
dell’emozione, la fase del ricordo. Ogni fase ha le sue specificità e prevede quindi un
appropriato utilizzo delle leve delle quattro leve classiche del marketing: Prodotto, Prezzo,
Promozione e Distribuzione451.
Fig. 8.5 – La fase del sogno
Per chi?
Attori della domanda
Ambiente
esterno
Cosa?
Spettacolo
Come?
Copione
Chi?
Ambiente
interno
Dove?
Attori e
comparse
Palcoscenico
Perché?
Mission e Cultura
Immagine
Esperienza
promessa
Fonte: nostra elaborazione
451
In questa sede si continuerà a raggruppare gli strumenti operativi del marketing all’interno delle classiche quattro 4P,
anche se è chiaro che avendo ridefinito il concetto di prodotto esse hanno conseguentemente assunto nuovi significati e nuove
applicazioni. Si è deciso di configurare gli strumenti operativi del marketing delle esperienze mantenendo lo schema logico
delle 4P, perché, dal punto di vista prettamente operativo, esso ci consente di utilizzare (chiaramente adattandole alle
specificità del prodotto esperienza) molte delle tecniche d’interazione con il mercato elaborate dal marketing management.
231
Fabio Forlani
La necessità della gestione della trama e della regia nel ciclo di produzione della vacanza ci
porta sottolineare la centralità del ruolo del Tour Operattor. In quanto è proprio questo,
quando esiste a fungere da drammaturgo (scrive i copioni che poi propone al mercato
attraverso i suoi cataloghi) e da regista (organizza e segue lo sviluppo della vacanza giorno
per giorno attraverso il proprio personale. Es. guide, responsabile del viaggio, ecc.). In questo
paragrafo verrà indicata un’ipotesi interpretativa che non si focalizzerà sulle figure “teatrali”
base, ma sulle delle singole fasi del ciclo d’emersione dell’esperienze452.
Fig. 8.6 – La fase delle sensazioni e delle emozioni
Ambiente
esterno
Con chi?
Ospite
Cosa?
Esperienza
Come?
Dove?
Palcoscenico
Copione
Chi?
Attori f.o.
Chi?
Att. b.o.
Perché?
Ambiente
interno
Mission e Cultura
Immagine
Esperienza
emergente
Fonte: nostra elaborazione
Fig. 8.7 – La fase del ricordo
452
Non è scopo della presente tesi illustrare le tecniche operative di marketing, anche perché queste ultime mutano al variare
del modello teatrale assunto per la messa in scena. Preme, però, ricordare che affinché si possa parlare di gestione
manageriale del sistema d’offerta questo deve poter operare con libertà con tutte le leve del mix.
232
Esperienze, Marketing e Territorio
Per chi?
Ospite
Ambiente
esterno
Cosa?
Lo spettacolo
Come?
Il modello
di teatro
Ambiente
interno
Perché?
Mission e
Cultura
Chi?
Dove?
Attori e
comparse
Il palcoscenico
Immagine
Esperienza
ricordata
Fonte: nostra elaborazione
Il coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il processo di consumo
turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno (sogno) fino alle attività svolte al
ritorno dalla vacanza (ricordo). Non essendoci studi specifici per la comprensione del ruolo
del marketing nel ciclo interattivo d’emersione dell’esperienza, si può rinviare agli
interessanti contributi elaborati per la produzione di servizi. Fra questi ricordiamo la gestione
del ciclo di vita del rapporto con il cliente [Gronroos, 1994 e 2000].
8.5.4 Il controllo (feedback) dei risultati (soddisfazione degli attori, risultati economici)
Come evidenziato nel cap. 4 all’interno della programmazione di marketing è fondamentale
definire un processo di feedback continuo dei risultati al fine di monitorare la formula
imprenditoriale del sistema [Coda, 1984]. Il monitoraggio deve avvenire innanzitutto sui
flussi turistici al fine di comprendere, in senso qualitativo e quantitativo, quali e quante
“vacanze” (prodotti) vengono prodotte e quindi vendute al mercato e la soddisfazione dei
clienti che esse generano (successo competitivo). Occorre poi monitorare il livello di
soddisfazione degli altri sovra sistemi e dei sub sistemi (successo sociale). Infine occorre
tenere costantemente monitorate le dinamiche economiche e finanziarie del sistema (successo
economico-finanziario).
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Vicari S. [1983], Sviluppo dell’impresa alberghiera e politiche di marketing, in Ruozi [1983],
a cura di, L’impresa alberghiera, Giuffrè, Milano.
236
Esperienze, Marketing e Territorio
IX
I CASI STUDIO
9.1
Obiettivi dello studio e metodologia utilizzata
Il presente lavoro è il frutto di quattro anni di ricerche aventi ad oggetto i fenomeni turistici
dei territori delle Province di Rimini e di Pesaro e Urbino.
Il percorso di studio, a tutt’oggi non ancora concluso, si è svolto in tre fasi principali. Nella
prima fase, svoltasi nel periodo 1999-2001 si è cercato di analizzare i fenomeni turistici dal
punto di vista economico-aziendale utilizzando i concetti di prodotto turistico globale [Rispoli
e Tamma, 1995; Casarin, 1996] e di marketing dei servizi. Questi concetti sono stati applicati
al caso studio “Il castello di Montegridolfo” struttura di servizi turistici alberghieri in
provincia di Rimini [Forlani, 2001]. Attraverso quella ricerca, confluita nella tesi di laurea di
chi scrive, si è evidenziata la necessità dell’elaborazione di un corpus teorico capace di
osservare la vacanza nella sua complessità e di integrare la dimensione aziendale con quella
territoriale. Risultava, infatti, evidente che la vacanza fosse un’esperienza di vita vissuta e
quindi prodotta su un territorio da una serie di attori (operatori) turistici e non turistici.
Il tentativo di superare tali limiti ci ha portato a sviluppare il concetto di esperienza turistica
[Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002] e di approfondire quello di distretto-sistema vitale
[Pencarelli e Forlani, 2002].
Nella seconda fase [2002-2004] si è cercato di verificare empiricamente le capacità
interpretative di tali concetti analizzando il distretto turistico della Provincia di Rimini [§ 9.7]
e i Sistemi Turistici Locali della Provincia di Pesaro e Urbino [§9.4, §9.5, §9.6; Pencarelli e
Forlani, 2005]. In tale fase si è cercato, inoltre, di comprendere la complessità e la natura delle
dinamiche socioeconomiche territoriali attraverso lo studio e l’applicazione del marketing
territoriale ad alcuni centri storici della provincia di Pesaro e Urbino [Forlani, 2003].
237
Fabio Forlani
Tali ricerche hanno, in prima battuta, confermato la validità descrittiva e interpretativa del
concetto di esperienza turistica. Questi studi hanno, però, evidenziato alcuni limiti di
applicazione del concetto di Sistema Vitale. L’applicazione di tale concetto ai sistemi turistici,
non riesce, infatti, a spiegare come possano esistere, sopravvivere e svilupparsi dei sistemi
che non assumono la forma di sistemi vitali. Si è, allora, verificato che l’organizzazione
sistemica definita come “in via di compimento”, manifesta segni di vitalità uguali, se non
superiori, a quelle classificate come sistemi vitali. L’impossibilità di descrivere i fenomeni
osservati esclusivamente attraverso i concetti messi a punto dall’approccio sistemico vitale
[Golinelli, 2000 e 2002], ci ha spinti ad esplorare le teorie dei sistemi viventi (o sistemi
complessi dinamici) [Varela e Maturana, 1986; Maturana, 1990, Capra, 1997 e 2002].
L’elaborazione dei concetti dei sistemi complessi dinamici (viventi) ci ha spinti ad aprire una
terza fase di ricerca, che è tuttora in corso, riformulando alcune delle riflessioni
precedentemente effettuate nella nuova logica dei sistemi viventi.
Il presente lavoro nel suo corpus teorico è quindi il frutto dello sviluppo di questa terza fase di
studio.
I casi studio riportati nel presente paragrafo derivano, invece, dalle verifiche empiriche
effettuate nella seconda fase. In quanto tale non sono presenti tutti i concetti discussi nei
capitoli precedenti, ma solo alcuni di essi. In questa prospettiva i casi riportati nel presente
capitolo non vanno intesi come casi esemplari [Kuhn, 1978], ma come stimoli intellettuali che
segnalano la necessità d’avanzamenti teorici che superino i limiti interpretativi dei concetti
attualmente in auge.
Dal punto di vista epistemologico i modelli utilizzati nelle varie fasi, pur nella loro diversità e
specificità, poggiano le loro fondamenta teoriche nel pensiero sistemico453. Dal punto di vista
metodologico le verifiche empiriche sono state compiute utilizzando uno specifico modello454
d’analisi collegato ai concetti teorici assunti a riferimento.
In questa prospettiva per ogni fase si è provveduto a: Studio della letteratura di riferimento;
Predisposizione di un modello o schema d’analisi; Identificazione dei casi oggetto di studio;
Analisi empirica e raccolta dei dati; Analisi dei risultati conseguiti e implicazioni
manageriali;Verifica della validità del modello e della matrice concettuale.
Fig. 9.1 – Metodologia utilizzata
453
“Un sistema, come tale, non esiste nella realtà. Esso è frutto di un operazione cognitiva che un osservatore compie
distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un significato proprio. … non è
possibile giungere ad una conoscenza oggettiva e completa, ma solo ad una conoscenza soggettiva e approssimata. In molti
percorsi di conoscenza ciò che conta per lo studioso non è tanto cogliere la realtà nella sua oggettiva interezza, quanto
piuttosto assicurarsi che la prospettiva di indagine assunta e le relative osservazioni siano coerenti con le premesse logiche e
con le finalità della ricerca.” Golinelli [2000, p.75-76].
454
“Il modello è un’immagine semplificata di una parte della realtà in cui vengono isolate le variabili ritenute scarsamente
influenti sul fenomeno stesso e vengono rappresentate solo quelle ritenute più significative per l’influenza sullo stesso,
mediante un costrutto logico-formale che esprima le relazioni significative.” Golinelli [2000, p.22]. Sul ruolo delle teorie e
dei modelli nei processi di ricerca cfr, fra gli altri, Khun [1969] e Maggi [2003].
238
Esperienze, Marketing e Territorio
Predisposizione di un
modello o schema d’analisi
Identificazione dei casi dei
casi oggetto di studio
Studio della letteratura di
riferimento
Analisi empirica e raccolta
dei dati
Verifica della validità del
modello e della matrice
concettuale
Analisi dei risultati
conseguiti e implicazioni
manageriali
Fonte: nostra elaborazione
Le ricerche empiriche sono accomunate dall’utilizzo di tecniche qualitative quali l’intervista
qualitativa455, l’osservazione partecipante456, l’osservazione dissimulata, e l’analisi dei
documenti457 pubblici dei sistemi osservati458[Corbetta, 1999].
Fig. 9.2 – Lo sviluppo del lavoro di ricerca
Fase 1 (2000-2001)
Fase 2A (20022004)
Fase 2B (20022004)
Fase 3 (2004-2005)
Prodotto turistico
globale; Impresa di
servizi turistici;
Marketing dei servizi;
Esperienza turistica;
Sistemi territoriali
vitali;
Approccio Sistemico
Vitale e Marketing
Territoriale;
Esperienza turistica;
Sistemi viventi (complessi
dinamici)
Economia dell’esperienza,
Approccio Sistemico
Vitale, Modello teatrale
Caso Studio:
Castello di
Montegridolfo
Centro Storico di Fano,
Fossombrone, Urbino.
Pubblicazione
dei risultati
Forlani [2001]
Pencarelli e Forlani
[2002], Pencarelli e
Forlani [2003b],
Forlani [2003]
Esperienza turistica;
Sistemi territoriali
vitali;
Economia
dell’esperienza e
Approccio Sistemico
Vitale
Distretto turistico di
Rimini; STL Urbino e
il Montefeltro,
Altamarina,
MarcaBella.
Pencarelli e Forlani
[2005]
Concetti
chiave
Approccio
manageriale
455
Rilettura e
approfondimento dei
S.T.L.; Analisi di alcuni
Sistemi Portuali a
vocazione turistica.
“L’intervista può essere definita come una conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base
di un piano di rilevazione ed un numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo; essa è guidata dall’intervistatore, sulla
base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione.” Corbetta [1999].
456
“L’osservazione partecipante è una tecnica di ricerca mediante la quale il ricercatore entra direttamente e per un periodo di
tempo relativamente lungo in un determinato gruppo sociale preso nel suo ambiente naturale, e stabilisce relazioni di
interazione personale con i suoi membri, al fine di osservare le loro azioni e capire le loro motivazioni attraverso un processo
di immedesimazione. (…) Nell’osservazione partecipante il ricercatore può dichiarare apertamente fin dall’inizio i suoi veri
obiettivi, e cioè che vuole entrare nel gruppo non perché ne condivida gli obiettivi ma solo per studiarlo (osservazione
palese); oppure si può infiltrare nel gruppo fingendo di unirsi ad esso e di essere un membro come gli altri (osservazione
dissimulata) ” Corbetta [1999].
457
“Si intende per documento qualsiasi materiale che fornisce informazioni su un dato fenomeno sociale e che esiste
indipendentemente dall’intervento del ricercatore.” Corbetta [1999].
458
“Tre azioni elementari stanno alla base delle tecniche di ricerca qualitativa: osservare, interrogare e leggere.” Corbetta
[1999].
239
Fabio Forlani
Nelle pagine che seguono presenteremo i risultati che stanno emergendo nella terza fase del
processo di ricerca. L’obiettivo di questo capitolo è, infatti, cercare di comprendere la validità
interpretativa e normativa dei modelli sistemici viventi attraverso l’analisi dei Sistemi
Turistici Locali (STL).
Tale studio è stato quindi condotto partendo dall’analisi delle esperienze maturate nelle
province di Pesaro e Urbino e di Rimini, alla luce della recente riforma legislativa del settore
turistico realizzata in Italia459.
Lo studio presentato in queste pagine è stato eseguito in due momenti:
- In un primo momento si è utilizzato il modello d’analisi proposto in Pencarelli e
Forlani, [2003a, p.152-159], i risultati di tale lavoro sono stati pubblicati in Pencarelli
e Forlani [2005];
- In un secondo momento, si sono reinterpretati i dati utilizzando la logica dei sistemi
viventi incorporata nel modello del sistema d’offerta turistica territoriale [vds cap.8]. I
risultati presentati in questo lavoro sono il frutto di tale fase460.
Il modello del SOTT [§8.4], utilizzato per studiare i STL, poggia le sua fondamenta teoriche
nel pensiero sistemico, assume come matrice concettuale di riferimento per lo studio delle
organizzazioni imprenditoriali l’impostazione sistemico vitale461 proposta da Golinelli [2000]
e adotta il marketing come filosofia gestionale [Cozzi e Ferrero, 2000, p.7; Collesei, 2000,
p.6]. Partendo da tale prospettiva di osservazione si è cercato di analizzare il divenire
sistemico dei sistemi turistici territorialmente delimitati adottando il punto di vista dell’organo
di governo (OdG).
I dati empirici sono stati ricavati da fonti pubbliche, dall’analisi di progetti e studi di fattibilità
dei STL, dall’analisi del materiale promo-pubblicitario (cartaceo e on-line) e da interviste
dirette rivolte ai responsabili dei STL nel periodo Gennaio-Marzo 2003 e Gennaio-Febbraio
2004.
9.2
La legislazione di riferimento della regione Marche462
Per quanto attiene ai profili normativi va preliminarmente ricordato che l’istituzione dei STL
deriva dal varo della Legge 29 marzo 2001, n. 135 "Riforma della legislazione nazionale del
turismo", che delinea un nuovo sistema di competenze fondato sulla collaborazione necessaria
tra il livello istituzionale centrale e quello regionale di governo (multilivel governance) del
territorio.
L'obiettivo primario della legge è porre in essere una serie di principi fondamentali volti a
definire gli strumenti della politica del turismo.
Dal punto di vista del destination management, il fulcro della legge è l’art. 5, che introduce e
qualifica i STL come segue: “Si definiscono sistemi turistici locali i contesti turistici
omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse,
caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche,
compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di
459
Vedasi § 2.
In altre arole, il presente lavoro è una rivisitazione nell’ottica dei sistemi viventi dello studio sui STL di Pesaro e Urbino
da noi pubblicato in Pencarelli e Forlani [2005].
461
In base all’approccio sistemico vitale (ASV) un sistema per essere vitale ed avere la possibilità di sopravvivere in un
particolare ambiente, deve comporsi di un organo di governo (organo decisore) e di una struttura operativa (organo
esecutore), deve avere una finalità chiara e condivisa, deve essere in grado di connettersi in modo consonante e se necessario
risonante con l’ambiente circostante (ambiente mercato, ambiente politico, ecc.).
Nel modello sistemico vitale si ipotizza, in definitiva, che l’efficacia sistemica dipenda dalla capacità dell’organo di governo
di assicurare al sistema una guida sicura nella sua dinamica evolutiva e di garantire la necessaria integrazione dei subsistemi
in esso operanti.
462
Già pubblicato in Pencarelli e Forlani [2005].
460
240
Esperienze, Marketing e Territorio
imprese turistiche singole o associate” (art. 5, 1°comma); “Gli enti locali o soggetti privati,
singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con
gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell’offerta
turistica, nonché con i soggetti pubblici e privati interessati” (art.5, 2° comma); “Nell’ambito
delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l’integrazione tra le politiche di
governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, [...] a riconoscere i
sistemi turistici locali di cui al presente articolo.” (art.5, 3° comma).
In base alla legge 135/2001, i STL nascono quindi dal basso, per iniziativa degli enti locali
territoriali e delle imprese e vengono riconosciuti dalla regione, ente con potestà legislativa in
materia463. Comuni, imprese e comunità locale devono lavorare insieme per migliorare la
qualità delle infrastrutture, dei servizi e dei prodotti turistici, fare promozione e accoglienza
sviluppando la funzione ospitale del luogo.
La Giunta marchigiana, anticipando provvedimenti e scelte di altre regioni italiane, ha
adottato il 19 marzo 2002 la delibera n. 578 recante per oggetto le linee d’indirizzo per la
costituzione e il riconoscimento dei STL, i quali vengono così inseriti nello schema più
generale della legge Regionale n.53/1997 (Ordinamento dell’organizzazione turistica delle
Marche).
Con il nuovo quadro normativo la regione Marche individua l’intero territorio come
turisticamente rilevante (alla cui valorizzazione provvede l’Azienda di Promozione Turistica
Regionale) e riconosce i sistemi turistici locali quali “Strumenti di integrazione tra pubblico e
privato, per lo sviluppo e la valorizzazione coordinata del complesso delle risorse locali” (Del.
G.R. n.578/2002). La Regione Marche ha da un lato assecondato l’emersione dal basso dei
vari STL, ma ha dall’altro vincolato il riconoscimento degli stessi alla presenza di alcuni
requisiti di significatività464. La Regione consente poi ai vari STL, sulla base della
463
L’iter della riforma del turismo è terminato con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano riunitasi il 14 febbraio 2002 che, sentite le associazioni di categoria degli operatori
turistici e dei consumatori, ha trovato un accordo sullo schema riguardante i “Principi per l’armonizzazione, la valorizzazione
e lo sviluppo del sistema turistico”. L’entrata in vigore del decreto ha determinato anzitutto l’abrogazione della legge quadro
217/1983, come espressamente previsto dall’art. 11, comma 6, della Legge 135/2001.
Nel decreto sono sanciti i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, al fine di
assicurare l’unitarietà del comparto, la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, nonché degli
operatori e dei lavoratori del settore. Nel corso del processo di applicazione della 135/2001 si è inserita la riforma del Titolo
V Parte seconda della Costituzione che ha ridefinito i rapporti Stato-Regione. In base a tale riforma (art.118) si attribuisce
una potestà regolamentare generale alle Regioni, escludendo esplicitamente soltanto quelle materie in cui vi è una potestà
legislativa esclusiva dello Stato e attribuisce al Comune la titolarità principale dell’esercizio delle funzioni amministrative.
Da ciò deriva la possibilità per le Regioni di ridisciplinare completamente e autonomamente il settore turistico, senza
incontrare vincoli nelle disposizioni della Legge n. 135 del 2001.
464
In particolare la delibera G.R. n.578/2002 stabilisce quanto segue:
•
Gli enti a cui compete la promozione del sistema turistico sono: gli enti locali, gli enti funzionali, le associazioni di
categoria di operatori turistici e tutti i soggetti, pubblici o privati, interessati allo sviluppo turistico dell’area.
•
Affinché la Regione possa riconoscere un sistema turistico locale è necessario che questo presenti una serie di
caratteristiche:
a) significatività turistica dell’area territoriale coinvolta (dimensioni territoriali, tipologia di prodotto, omogeneità,
integrazione);
b) presenza di un “sistema di rete” tra soggetti pubblici e privati (presenza nello stesso di Comuni, Province,
Comunità Montane e di associazioni di operatori turistici rappresentative di strutture ricettive che sviluppano presenze
ufficialmente registrate, con il principio di esclusività dell'appartenenza al Sistema per i Comuni);
c) presenza (o possibilità di sviluppo) di più tipologie d’offerta (mare, montagna, città d’arte, turismo d’affari,
sportivo, enogastronomia, termale, religioso);
d) dimensione dei flussi turistici verso l’area interessata, imprese turistiche esistenti, offerta ricettiva (numero minimo
di 1.500 posti letto), risorse turistiche esistenti e opportunità culturali ricreative;
•
L’obiettivo di un sistema turistico deve essere l’individuazione di un bacino d’offerta che comprende aspetti omogenei
d’attrazione, in termini di beni ambientali, culturali e produzioni tipiche. Esso deve diventare uno strumento funzionale,
capace di sviluppare politiche di prodotto e di gestione utili allo sviluppo turistico di un’intera area e non più di un
singolo prodotto. Per raggiungere tale scopo, i soggetti promotori definiscono autonomamente le modalità di
funzionamento del sistema, utilizzando tutti gli strumenti della concertazione. Le modalità di funzionamento dovranno
però assicurare alcune attività: un rapporto con gli enti pubblici e con il territorio del sistema; la definizione e l’uso del
241
Fabio Forlani
presentazione di progetti di sviluppo rivolti alla valorizzazione ed allo sviluppo del prodotto
turistico, di accedere a fondi regionali appositamente stanziati.
Fig. 9.3 – I sistemi turistici locali della Regione Marche
Il 25 ottobre 2002 è stato ufficialmente riconosciuto dalla regione Marche il primo STL,
denominato "Misa Esino Frasassi”. Attualmente i Sistemi Turistici Locali marchigiani sono
10: “Misa Esino Frasassi”, “Riviera del Conero”, “Altamarina”, “Piceno Maremonti”,
“Urbino e il Montefeltro”, “Il Mare Adriatico delle Grandi Firme”, “Terre dell’infinito”,
“Monti Sibillini Terre di Parchi e di incanti”, “Marcabella Natura vestita di storia”, “Marca
Fermana: dal mare ai monti azzurri”.
9.3
Il S.T.L. “Urbino e il Montefeltro”
9.3.1 Il territorio di riferimento (La struttura)
Il STL “Urbino e il Montefeltro” coinvolge 35 Comuni localizzati nel territorio delle
Comunità Montane Alta Val Marecchia, Montefeltro, Alto e Medio Metauro e Catria e
Nerone, oltre il Comune di Fossombrone465. L'area di riferimento è parte del territorio
marchigiano racchiuso dai confini di 3 regioni (Emilia Romagna, Toscana e Umbria), ai piedi
dell’Appennino e dista 30 km dal mare Adriatico. Il STL ha una storia ed una ricchezza
paesaggistica che lo rende un caso d’eccellenza nel panorama italiano, ha un'estensione di
marchio; le comunicazione interne ed esterne; la valorizzazione del prodotto turistico in raccordo con le leggi di settore
e la programmazione regionale.
I STL sono stati inseriti nel Piano Triennale di Promozione Turismo Regionale 2002/2004 con un ruolo primario all’interno
della nuova cultura del prodotto turistico.
465
http://www.cm-urbania.ps.it/Progetti/STL.htm;
242
Esperienze, Marketing e Territorio
circa 1900 kmq e rappresenta il 66% dell'intera provincia di Pesaro e Urbino. Quasi un terzo
dei comuni che ne fanno parte appartengono all'area montana ricoprendo un’area pari a circa
il 47% della superficie totale del sistema, il resto del territorio è prevalentemente collinare. La
popolazione residente nel territorio del STL è di circa 105.000 abitanti.
9.3.2 I soggetti costituenti e loro organizzazione (Lo schema di organizzazione)
Il Sistema è stato riconosciuto dalla regione Marche con il Decreto del Dirigente del Servizio
Turismo e Attività Ricettive n. 457 del 30/12/2002.
I soggetti costituenti (gli attori) rappresentano sia le istituzioni pubbliche sia la sfera
imprenditoriale privata che opera nel settore turistico:
- Attori pubblici: le comunità montane Alta Val Marecchia, Alto e Medio Metauro, Catria e
Nerone, Montefeltro, i Comuni (Urbino, Fossombrone) per un totale di 35 comuni della
provincia di Pesaro e Urbino. Nell'ambito di competenza delle quattro comunità montane
non hanno aderito al sistema i comuni di San Leo e Montegrimano. Ha aderito in un
secondo momento l’Ente Parco del Sasso Simone Simoncello.
- Attori privati: i consorzi operanti nel settore turistico e delle produzioni tipiche delle varie
zone del sistema (consorzio Montefeltro, Consorzio operatori turistici del Catria e Nerone,
Consorzio operatori turistici Alta Val Metauro, Consorzio degli operatori del Montefeltro
ed Alta Val Marecchia, società consortile a r. l. "Montefeltro Leader"). Hanno aderito in
un secondo momento le associazioni di categoria: Confesercenti della provincia PU,
C.N.A. (Confederazione Nazionale Artigiani), Confartigianato, C.I.A. (Confederazione
Italiana Agricoltori), Federazione Provinciale Coltivatori Diretti, Unione Provinciale
Agricoltori, Legacoop.
Dal punto di vista organizzativo, la scelta degli enti e dei soggetti aderenti al sistema è quella
di non dar vita ad ulteriori organismi di gestione, ma di avvalersi degli strumenti della
concertazione nonché di idonee “intese” per la realizzazione e lo sviluppo del STL.
Il STL, per favorire la concertazione delle azioni da attivare, per raccordare le potenzialità del
territorio e per promuovere le iniziative di interesse comune, ha deciso di utilizzare i seguenti
strumenti466 di relazione ed integrazione fra i soggetti facenti parte del sistema:
a) Il Comitato d’Intesa del STL è l’organismo istituzionale di indirizzo costituito da:
Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino, Presidente della Camera di Commercio di
Pesaro e Urbino, Presidenti delle 4 comunità montane, Presidente della società Montefeltro
Leader, Presidente del Consorzio “Turistico Montefeltro”, Sindaci o loro delegati dei
466
http://www.cm-urbania.ps.it/Progetti/lineeguida_stl/Reg_STL_def.pdf;
243
Fabio Forlani
comuni di Urbino e Fossombrone, Presidente del parco del Sasso Simone Simoncello,
Rappresentanti designati dalle Associazioni di categoria aderenti al STL.
Il comitato d'intesa ha i compiti di delineare gli obiettivi strategici del piano di sviluppo
turistico, di indicare gli indirizzi di intervento e di garantire che vi sia rispondenza tra gli
obiettivi, i contenuti, i programmi e le azioni che vengono intraprese tenendo presenti gli
interessi generali dei territori di cui gli Enti Locali sono espressione.
b) L’organizzazione di una “Cabina di Regia” del STL quale organismo di concertazione dei
soggetti aderenti o partecipanti sistema con la funzione di garantire la possibilità di
proposta a tutti gli attori territoriali del sistema, siano essi enti locali, enti funzionali,
associazioni di categoria di operatori turistici, soggetti pubblici o privati interessati allo
sviluppo turistico dell'area. Essa ha quindi il compito di assicurare un processo di
partecipazione, di animazione e di concertazione territoriale per costruire un progetto di
sviluppo partecipato fondato sulle scelte degli attori locali, parti sociali ed enti locali,
individuando linee di intervento che rappresentino e rispettino le vocazioni e le potenzialità
endogene del territorio.
c) Identificazione del "Consorzio Turistico Montefeltro"467 già costituito ed operante con sede
in Urbino, quale organismo di gestione avente i seguenti compiti:
- Gestione del Sistema turistico locale con compiti specifici di assistenza tecnica per la
realizzazione del Piano di Sviluppo Turistico del STL.
- Referente organizzativo nei confronti del parternariato locale e referente operativo nei
confronti della Regione Marche.
- Soggetto gestore dei progetti, delle attività, dei servizi, dei pacchetti turistici e delle
risorse finanziarie acquisite per lo sviluppo delle attività turistiche nell'intera area del
Sistema turistico.
Il “Consorzio Turistico Montefeltro” identifica, in qualche misura, il soggetto di governo
del sistema, organo al quale viene affidata la gestione delle politiche di marketing (specie
promozione e comunicazione) del STL.
Al fine di realizzare le suddette attività, il consorzio potrà utilizzare sia le quote di
finanziamento del fondo di cui all'articolo 6 della legge 135/2001, fino alle risorse finanziarie
messe a disposizione dai soggetti aderenti.
9.3.3 Le finalità (La visione strategica)
Nelle linee guida del piano di sviluppo turistico468 i soggetti aderenti al Sistema “Urbino e il
Montefeltro” si sono impegnati a:
- Programmare le linee guida dello sviluppo turistico dell'area, coordinando le strategie e le
azioni dei diversi attori territoriali coinvolti;
- Sostenere attività e processi di aggregazione e di integrazione tra le imprese turistiche;
- Attuare interventi di qualificazione dell'offerta turistica, con particolare riferimento alla
valorizzazione dei beni ambientali e culturali, al miglioramento dei servizi, alla
valorizzazione dell’artigianato locale e dell’agro-alimentare, alla salvaguardia ambientale
e valorizzazione aree protette, al recupero dell’edilizia rurale e dei centri storici minori,
alla promozione dei musei partecipati;
- Sostenere l'innovazione tecnologica dei centri di informazione e accoglienza ai turisti in
rete;
- Sostenere la riqualificazione delle imprese turistiche;
467
Il “Consorzio Turistico Montefeltro” dovrebbe rappresentare le associazioni di operatori turistici ed i titolari di strutture
ricettive dell'area in quanto realizzato mediante fusione per incorporazione del “Consorzio per la valorizzazione
dell’ospitalità territoriale del Montefeltro” (sede a S. Leo), del Consorzio “Terre di Urbino”, (sede ad Urbania), e del
“Consorzio operatori turistici Catria e Nerone” (sede a Cagli); quelli appena citati sono organismi misti pubblico-privato,
caratterizzati dalla partecipazione diretta, in qualità di soci, sia di operatori turistici, associazioni di categoria, imprese del
settore, che di enti pubblici.
468
http://www.cm-urbania.ps.it/Progetti/lineeguida_stl/Reg_STL_def.pdf;
244
Esperienze, Marketing e Territorio
-
Promuovere il marketing telematico e la relativa commercializzazione dei prodotti turistici
tipici;
Definire e gestire l'uso del marchio;
Facilitare l'accesso alla fruizione dei prodotti del territorio attraverso un'articolata rete di
informazioni.
9.3.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche
I clienti obbiettivo
Dall’analisi dei piani di sviluppo del sistema e del materiale a nostra disposizione469, non
emerge una vera e propria progettazione del SIM (sistema informativo di marketing) e non si
intravedono al momento chiare scelte di marketing strategico (segmentazione della domanda e
posizionamento del sistema).
I prodotti esperienze offerti
Non si è a conoscenza di ricerche di mercato che portino in luce le esperienze che i turisti
vivono nel Montefeltro. Non si sono identificati, inoltre, cataloghi con i prodotti turistici
offerti dal sistema; possiamo comunque ricostruire quattro tipologie di prodotti turistici: Arte
e cultura, Verde e natura, Enogastronomia470 e Università. Dalle stime fatte [D’Amore, 2004]
si può presupporre, ad esempio, che la maggior parte delle presenze turistiche di Urbino siano
legate al prodotto Università (studenti, professori, conferenze, ecc.) a cui va aggiunto un
elevato numero di escursionisti che transitano nell’area in giornata, senza pernottare.
La modalità di svolgimento delle esperienze
Il sistema Urbino e il Montefeltro offre prodotti esperienza non strutturati (vacanze fai da
te)471. Allo stato attuare si può affermare che il sistema mette a disposizione una serie di
servizi che vengono assemblati dal turista finale in base alle sue capacità di costruzione
dell’esperienza (capacità di ricerca delle informazioni e di cogliere le opportunità del
territorio). Alcune forme di aggregazione dell’offerta in pacchetti strutturati è possibile
ritrovarla sul portale www.montefeltro.info all’interno del quale il progetto “Collabora”
raccoglie quegli operatori che desiderano proporre e rendere visibile la propria offerta, che
può essere successivamente integrata in pacchetti dai gestori del sito internet472.
Dal punto di vista del marketing la mancanza di strutturazione dell’offerta influenza anche le
altre politiche del mix. L’unica attività per ora iniziata è quella di promozione (partecipazione
alla Bit, sito internet, ecc.), mentre non sono state strutturate attività di commercializzazione
diretta (tour operator incoming) ne indiretta (accordi con T.O. e/o agenzie di viaggio esterni
al sistema) e non sembrano presenti politiche di prezzo a livello di sistema.
9.3.5 L’immagine del sistema turistico
Il sistema con la denominazione “Urbino e il Montefeltro” sta cercando di costruire
un’identità di marchio (branding) mettendo a punto una serie di iniziative di comunicazione
sia di tipo tradizionale sia di tipo telematico. In questo quadro è stato creato il logo “Urbino e
il Montefeltro” [www.montefeltro.info] che distingue e caratterizza il STL.
469
D’Amore
[2004];
Ciuferri
[2004],
www.montefeltro.info;
www.turismo.marche.it;
http://www.cmurbania.ps.it/Progetti/lineeguida_stl/Reg_STL_def.pdf;
470
www.montefeltro.info;
471
Una delle criticità attuali, individuate dal Sistema turistico specie per i comuni minori e dell'interno, è quello della
frammentazione e dello scarso coordinamento dell'offerta.
472
Il sistema prevede azioni che, partendo dal principio dell'albergo diffuso, puntano a realizzare prodotti turistici (pacchetti,
itinerari e circuiti a tema) al fine di integrare l'offerta dei diversi soggetti economici. Si propongono ad esempio formule di
soggiorno legate all'ambiente (percorsi di trekking o mountain bike), iniziative di qualità legate al cibo e alla gastronomia,
manifestazioni sparse sul territorio a carattere gastronomico accompagnate da iniziative culturali, l'organizzazione di campi
di lavoro estivi legati ai siti archeologici o naturali, alle tecniche di restauro, all'artigianato locale (corsi di ceramica, della
pietra, ecc.).
245
Fabio Forlani
9.4
S.T.L. “Altamarina – Spiagge e castelli tra Pesaro e Gabicce mare ”
9.4.1 Il territorio di riferimento (La struttura)
Il territorio di riferimento del sistema “Altamarina” è formato da 10 Comuni della provincia
di Pesaro e Urbino.
La sua estensione è di circa 328 kmq, pari all’11, 3% dei confini territoriali dell’intera
provincia. La popolazione residente risulta essere di 126.000 abitanti. Circa i due terzi dei
comuni sopra citati sono collinari, mentre i comuni di Pesaro e Gabicce Mare sono confinanti
con il mare.
9.4.2 I soggetti costituenti e la loro organizzazione (lo schema di organizzazione)
Il Sistema è stato riconosciuto dalla Regione con il Decreto del Dirigente del Servizio
Turismo e Attività Ricettive n. 459 del 30 dicembre 2002.
Il STL “Altamarina” comprende, tra i suoi attori, soggetti che rappresentano sia le istituzioni
sia il mondo imprenditoriale degli operatori del settore turistico:
Attori pubblici: I Comuni di Pesaro, Colbordolo, Gabicce Mare, Gradara, Mombaroccio,
Monteccicardo, Montegrimano Terme, Montelabbate, Sant’Angelo in Lizzola e Tavullia,
l’ente Parco Naturale Monte San Bartolo;
Attori privati: le associazioni di categoria ApaHotels (Associazione pesarese albergatori),
Associazione Cooperativa Albergatori Gabicce Mare, Assoturismo-Confesercenti Pesaro
(Asshotel, Federazione dei ristoratori, Fiba-stabilimenti balneari, Assoviaggi-agenzie di
viaggio, Federagit-guide ed interpreti turistici e Assocamping), Confederazione Italiana
Agricoltori, Confartigianato, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e Turismo Verde
(Associazione agriturismo).
Dal punto di vista organizzativo il sistema “Altamarina” ha scelto di operare come
un’associazione. Questa forma organizzativa, nella quale non emergono veri e propri soggetti
leader con funzioni di programmazione strategica e decisionale, permette di non appesantire
troppo, dal punto di vista finanziario, l’esperienza d’integrazione fra i soggetti aderenti.
246
Esperienze, Marketing e Territorio
All’interno del sistema, il settore pubblico ha funzioni meramente di coordinamento, mentre
spetta ai privati il compito di operare sul territorio.
Il sistema “Altamarina” ha redatto un documento interno, relativo alle modalità di
funzionamento che prevede i seguenti strumenti di relazione: l’Assemblea e il Comitato
Esecutivo.
- L’Assemblea è l’organo istituzionale in cui sono rappresentati tutti gli aderenti al sistema
ed è composta da un rappresentante per ciascun comune e da un rappresentante per
ognuna delle associazioni di categoria del turismo e del commercio. Nell’Assemblea ha
luogo la consultazione fra tutti gli enti firmatari, per la definizione di un comune quadro
programmatico e di coordinamento delle iniziative e si attua il controllo reciproco circa il
rispetto degli obblighi convenzionali. Questo organo ha il compito di approvare: i progetti
di promozione, accoglienza e comunicazione da presentare all’Ente Regione per il
finanziamento; la relazione finale e la documentazione relativa ai risultati ottenuti,
presentati dal Presidente del Comitato Esecutivo; la nomina dei componenti del Comitato
Esecutivo; l’adesione di nuovi enti.
- Il Comitato Esecutivo si occupa del controllo della fase organizzativa ed esecutiva dei
progetti di accoglienza, informazione e promozione, verificandone la conformità con le
indicazioni dell’Assemblea. Esso è composto da: l’Assessore al Turismo del Comune di
Pesaro che lo presiede o da un suo delegato, il Sindaco del Comune di Gabicce Mare o
suo delegato, il Sindaco del Comune di Gradara o suo delegato, il Sindaco di uno dei
restanti Comuni del Sistema Turistico “Altamarina” o suo delegato, un rappresentante per
ciascuna organizzazione di categoria, salvo nel caso in cui l’organizzazione non sia già
rappresentata nel sistema da quella generale cui è affiliata. Il Comitato Esecutivo
determina l’ammontare di eventuali risorse integrative che si rendessero necessarie per la
realizzazione dei progetti, da far approvare dell’Assemblea. Il Comune di Pesaro è stato
riconosciuto, dai soggetti promotori del sistema “Altamarina”, quale referente con l’Ente
Regione Marche e amministratore delle risorse finanziarie del sistema stesso.
9.4.3 Le finalità (la visione strategica)
L’idea di dar vita al sistema turistico è nata sulla base di un’antica tradizione politicoamministrativa di gestione associata tra i comuni aderenti. Il sistema “Altamarina”, infatti, fa
propria l’esperienza della Gestione Associata Servizi Turistici (G.A.S.T.) che era già attiva da
diversi anni nel territorio pesarese.
Nel sistema turistico “Altamarina” la rete di relazioni tra soggetti pubblici e privati all’interno
del sistema, oltre a seguire la normativa nazionale e regionale in materia, nasce
principalmente dall’esigenza di confronto e incontro tra operatori turistici e amministrazione
locale. L’obiettivo dichiarato è quello di creare un dialogo diretto tra le parti, in modo tale da
coordinare le diverse azioni e progetti, dare un’immagine unitaria del territorio e creare
sinergie con soggetti economici che possono arricchire l’offerta attraverso i propri servizi, le
produzioni tipiche, artigianali, ecc.
Il sistema, viste le nuove esigenze di offerta complessiva, si è dato le seguenti linee guida di
sviluppo turistico:
- Precisazione dell’identità turistica e territoriale, attraverso processi di autocoscienza e
riconoscimento collettivo di appartenenza ad un sistema turistico omogeneo;
- Realizzazione di un piano di marketing a livello di sistema;
- Esaltazione delle vocazioni turistiche e delle offerte locali;
- Sviluppo di linee d’offerta fortemente caratterizzate e distintive rispetto alla concorrenza;
- Utilizzo di moderne tecniche e metodologie di comunicazione, promozione, informazione
e supporto alla commercializzazione;
- Azioni rivolte a target group sia in senso geografico, sia in senso tematico;
247
Fabio Forlani
-
Creazione di un processo di sviluppo turistico “equilibrato” e di mutuo vantaggio tra
località e imprese;
Collaborazione e coerenza del sistema con le strategie elaborate in ambito regionale.
9.4.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche
I clienti obbiettivo
Da quanto risulta da alcune interviste ai responsabili del sistema “Altamarina” [Fattori, 2004],
il STL ha deciso di rivolgere le sue offerte turistiche soprattutto ad un target di livello medioalto. Secondo i referenti interpellati l’elevato profilo qualitativo al quale il sistema di offerta
tende non si coniugherebbe con un turismo di massa, come quello affermatosi in altre realtà
vicine, quali la costa romagnola473. In base a tali ipotesi hanno il STL ha deciso di puntare
sulle famiglie e su gruppi di visitatori interessati alle attrattive ambientali, storico-culturali ed
eno-gastronomiche dell’area.
I prodotti esperienze offerti
Dall’analisi del materiale promozionale e del sito internet del sistema (www.altamarina.it),
possiamo identificare i seguenti prodotti turistici: vacanza balneare, soggiorno termale,
agriturismo in collina e turismo congressuale. Sembra emergere la tendenza ad offrire un
prodotto di alta qualità che integra una molteplicità di attrattive territoriali suddivise fra mare
e prima collina. Più che l’offerta di diverse tipologie di prodotto, affiora il tentativo di offrire
una vacanza “multiforme” che integra l’offerta mare, che ha come volano la ricettività dei
comuni di Pesaro e Gabicce Mare, con la natura, l’arte e la storia, l’artigianato,
l’enogastronomia e gli eventi.
Caso a se costituisce il prodotto termale offerto dalle terme di Montegrimano, comune non
attiguo territorialmente con il resto del sistema.
La modalità di svolgimento delle esperienze
Dal materiale promozionale del sistema non si evincono forme di offerta a pacchetto.
L’obbiettivo del sistema sembra essere quello di creare un network d’offerta integrato da
commercializzare attraverso l’attività individuale delle strutture ricettive, delle agenzie viaggi
e dei tour operator aderenti al sistema. Non sembra però emergere la volontà di progettare
forme di offerta più strutturate o a “pacchetto” di sistema.
Dal punto di vista del marketing, il sistema lascia, quindi, all’operato dei privati le politiche di
commercializzazione e le politiche di prezzo e si propone come referente per la promozione
del territorio (Progetti “Altamarina: informazione e notorietà” e “Altamarina: promozione e
commercializzazione”).
9.4.5 L’immagine del sistema turistico
Per quanto riguarda la scelta della denominazione “Altamarina”, i progettisti del sistema
hanno cercato di trovare un nome capace di sintetizzare una serie di caratteristiche e
suggestioni derivanti dal territorio.
Dalle interviste condotte [Fattori, 2004] è emerso che si cercava un nome semplice,
facilmente memorizzabile, curioso e in grado di comunicare, di per sé, informazioni sul tipo
di prodotto turistico offerto. Il termine “Altamarina” nasce dal fatto che la parte di territorio
compresa all’interno del sistema, e in particolare la costa pesarese, si contraddistingue per
essere una costa alta (Parco del Monte San Bartolo) bagnata dal mare. Per quanto riguarda la
scelta del logo [www.altamarina.it], gli ideatori, hanno creato un simbolo a spirale,
rassomigliante ad una chiocciola. Il logo è accompagnato dal nome del sistema e da un
ulteriore slogan: “Altamarina: spiagge e castelli tra Pesaro e Gabicce mare”.
473
La contenuta capacità ricettiva, la particolare sensibilità degli abitanti e il background culturale del sistema “Altamarina”
non permettono lo sviluppo di modelli di quel genere.
248
Esperienze, Marketing e Territorio
9.5
Il S.T.L. “MarcaBella – Natura Vestita di Storia”
9.5.1 Il territorio di riferimento
Il territorio di riferimento del sistema “MarcaBella” si compone di 21 Comuni, alcuni dei
quali appartenenti alle Comunità montane del Metauro (con eccezione di Fossombrone), Del
Catria e del Nerone, tutti localizzati in provincia di Pesaro e Urbino.
La sua estensione complessiva è di circa 775 kmq, rappresentante il 26,7% dell’intera
provincia. La popolazione residente nella zona di riferimento del STL è di circa 119.000
abitanti. I comuni sopra citati sono collinari, con l’eccezione di Fano, l’unico comune
affacciato sul mare.
9.5.2 I soggetti costituenti e loro organizzazione (lo schema di organizzazione)
Il STL “MarcaBella” delle Vallate del Cesano e del Metauro con sede a Fano è stato
riconosciuto dalla Regione con il Decreto del Dirigente del Servizio Turismo e Attività
Ricettive del 30 dicembre 2002. Il protocollo d’intesa coinvolge i seguenti soggetti:
- Attori pubblici: I Comuni di Fano, Barchi, Cartoceto, Fratterosa, Frontone, Isola del Piano,
Mondavio, Mondolfo, Montefelcino, Montemaggiore al Metauro, Monteporzio, Orciano di
Pesaro, Pergola, Piagge, Saltara, San Costanzo, San Giorgio di Pesaro, San Lorenzo in
Campo, Sant’Ippolito, Serra Sant’Abbondio e Serrungarina, la Comunità Montana del
249
Fabio Forlani
Catria e del Cesano e la Comunità Montana del Metauro (composta da 12 comuni, di cui 11
hanno aderito mentre Fossombrone fa parte del STL del Montefeltro);
- Attori privati: Alberghi Consorziati Fano -Torrette – Marotta, Asshotel Fano e
Unioncamping Fano, Unione Provinciale Agricoltori e C.I.A. (Confederazione Italiana
Agricoltori), Confesercenti Fano, Associazione Libere Imprese (ALI), C.A.S.A. Artigianato
Metaurense, C.N.A. (Ass. Prov.le Artigiani) e Confartigianato, Federpesca e Lega Pesca.
Dal punto di vista organizzativo l’inquadramento giuridico di MarcaBella è appunto il
Sistema Turistico Locale, che di fatto si traduce in una associazione tra pubblico e privato; il
tipo di gestione invece è l’Accordo di programma, il quale dispone di due organi direttivi:
- un’Assemblea, composta da tutti i soggetti aderenti e cioè i Comuni, le Associazioni di
categoria e le due Comunità Montane;
- un Comitato Esecutivo, più snello ma ugualmente rappresentativo composto dai Comuni di
Fano, Cartoceto e Mondolfo, dal Rappresentante della Comunità Montana del Metauro, da
un rappresentante della Comunità Montana del Catria e del Cesano e dai due rappresentanti
delle Associazioni di categoria degli albergatori (con il compito di fare da punto di
riferimento per tutte le altre Associazioni di categoria).
Il Comune di Fano è il referente unico del STL presso la Regione ed attribuisce al suo
delegato la facoltà di prendere decisioni anche autonomamente, sebbene questi due organi, in
particolare l’Esecutivo, vengono consultati per garantire il confronto.
9.5.3 Le Finalità (la visione strategica)
Il STL ha la finalità di promuovere e valorizzare le proposte turistiche integrate del territorio
di competenza.
Il sistema turistico locale ha predisposto un piano di marketing territoriale [Omiccioli S.,
2004], da cui emerge che “Marcabella” ha lo scopo di fungere da centro di riferimento per la
valorizzazione delle risorse già presenti nel territorio. Il S.T.L. MarcaBella mira a:
Organizzare l’offerta del territorio (logistica) collegando in rete tutti gli attori di offerta;
Stimolare le sinergie (equilibrio e coesione sociale);
Intensificare la naturale cultura dell’ospitalità;
Coordinare gli interventi di marketing operativo con particolare attenzione alla gestione
della comunicazione e della promozione a livello di STL.
L’obiettivo del progetto è il collegamento dei servizi di ricettività e il coordinamento delle
attività per l’impiego del tempo libero e degli stimoli culturali, in modo da ottenere effetti
sinergici e caratterizzare il territorio con un’identità turistica dominante da usare sia come
attrazione (ambientale e paesaggistica), sia come garanzia di tutela (collaborare per essere più
competitivi e per meglio difendersi sul mercato).
9.5.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche
I clienti obbiettivo
Dalla consultazione dei piano di marketing emerge che l’offerta turistica del sistema è rivolta
sia ai turisti indipendenti, in particolare a quelli che svolgono attività di pesca – turismo e di
turismo didattico, sia ai Tour Operators che sono interessati ad una politica di fly & drive,
hanno un traffico verso l’Italia ed hanno la possibilità di convogliare flussi turistici nell’area
non solo in estate. Viene presa in considerazione il possibile coinvolgimento delle agenzie di
noleggio e del circuito delle carte di credito.
I prodotti esperienze offerti
Al momento della ricerca sono emerse le classiche tipologie di vacanza delle località balneari,
mentre non si sono riscontrate proposte vacanza organiche a livello di sistema. Fra le
esperienze da valorizzare vanno, invece, segnalate la pescaturismo, le manifestazioni
fieristiche ed enogastronomiche ed il turismo ambientale [www.marcabella.it].
La modalità di svolgimento delle esperienze
250
Esperienze, Marketing e Territorio
L’offerta turistica, prevista nel piano di marketing del sistema, ma fino a questo momento non
erogata, consiste nella formulazione di pacchetti che offrono la possibilità di scegliere tra
diverse tipologie di soggiorno (un giorno, un week-end, una settimana) grazie alla
sincronizzazione dei prezzi e della logistica (Operazione accoglienza e Segnaletica
innovativa) delle diverse strutture che compongono l’offerta. L’obbiettivo è mettere a punto
una struttura di vacanza network, dove il cliente può scegliere e modulare il suo pacchetto in
base ad una serie di proposte preconfezionate.
Dal punto di vista del marketing va segnalato che, in base ai programmi, “Marcabella”
dovrebbe diventare anche il soggetto che commercializza i pacchetti474 ed a cui fa capo la
promozione e la valorizzazione del sistema e dovrebbe, inoltre, poter agire in qualche modo
anche sulla variabile prezzi.
Proposte interessanti sono anche la formazione di nuove figure professionali quali il Promoter
Turistico e la redazione di un modulo professionale da seguire nell’organizzazione di sagre e
fiere.
9.5.5 L’Immagine del sistema turistico
Il STL MarcaBella non ha intrapreso, fino a questo momento, delle significative iniziative per
promuovere l’immagine del sistema. E’ stato previsto, comunque, uno studio di
comunicazione in grado di solidificare ed evidenziare la qualità, la genuinità, il valore
intrinseco, la cultura e le tradizioni cui sono legate le pratiche turistiche del luogo. Lo studio
dovrà concepire non solo il nome e il logo del sistema, ma anche una targa da inserire nelle
varie strutture turistiche, ideare messaggi pubblicitari convincenti, progettare la grafica e
l’impaginazione della campagna pubblicitaria e garantirne l’omogeneità e la coerenza.
9.6
La legislazione di riferimento della Regione Emilia-Romagna
La nuova Legge regionale n. 7 del 4.3.1998 sul turismo475 regolamenta il settore turistico della
regione Emilia-Romagna per quanto riguarda: la promozione e la commercializzazione
turistica, i servizi di informazione al turista, l’organizzazione turistica in generale.
Tale legge ridefinisce l’assetto istituzionale per lo svolgimento delle funzioni amministrative
in materia di turismo individuando e precisando sia i compiti svolti direttamente dalla
474
MarcaBella deve apparire agli operatori del settore come una concreta struttura di commercializzazione, una sorta di
rappresentante super-partes capace di negoziare condizioni più vantaggiose presso le carte di credito, le agenzie di noleggio,
i T.O. e di garantire l’equilibrio del territorio. Questa politica rappresenta inoltre una strategia di destagionalizzazione e
favorisce lo sviluppo di un’efficace ed efficiente logistica d’accoglienza.
475
Regione Emilia Romagna, B.U.R. n. 34 del 6.3.1998.
HTTP://WWW.REGIONE.EMILIA-ROMAGNA.IT/ASS_TURISMO/LR_7_1998.HTM
251
Fabio Forlani
Regione sia quelli svolti dagli enti locali: Province, Comuni e loro organismi associativi e
organizzativi:
• alla Regione vengono riservati i compiti primari attinenti alle attività normative, di
programmazione e di indirizzo.
• alle Province è riconosciuto il ruolo di ente intermedio di programmazione e di
coordinamento delle attività promozionali svolte nel territorio di competenza.
Esercitano attività gestionali definite da singole leggi regionali per la promozione e la
incentivazione delle iniziative, e attività amministrative relativamente alle Agenzie di
viaggio e le professioni turistiche.
In particolare:
- attività di coordinamento ed amministrative relative al Programma Turistico di
Promozione Locale comprendente i servizi di informazione di base dei Comuni e
le attività o manifestazioni di accoglienza ed intrattenimento;
- istituzione e tenuta di elenchi provinciali concernenti le abilitazioni all’esercizio
delle professioni turistiche;
- comunicazione dei prezzi e delle tariffe dei servizi e delle strutture ricettive
alberghiere ed extralberghiere;
- sviluppo e coordinamento e gestione del servizio statistico provinciale, in
collaborazione con i Comuni, nell’ambito del sistema statistico regionale;
- Agenzie di Viaggio e Turismo;
- gestione degli interventi per la incentivazione dell’offerta turistica e del relativo
vincolo di destinazione (L.R. 3/1993);
• ai Comuni, titolari primari della valorizzazione dell’economia turistica del proprio
territorio, viene riconosciuto il ruolo di soggetti attivi per le attività turistiche e primi
destinatari dei finanziamenti regionali sia in materia di incentivazione strutturale che
in materia di promozione turistica locale.
Compete ai Comuni l’esercizio delle funzioni amministrative relative a:
- strutture ricettive (L. n. 217/1983);
- attività professionali (L. n. 217/1983);
- attività relative all’incentivazione (L.R. 3/1993);
- comunicazione dei prezzi (L. n. 284/1991)attività in materia di demanio marittimo.
Nuovi principi e nuove metodologie decisionali introdotti con la Legge regionale n. 7/1998:
• principio della concertazione quale sistema per rendere effettiva la collaborazione fra
pubblico e privato (Comitato di Concertazione dell’Agenzia Regionale per il
Turismo);
• principio della stretta connessione delle iniziative promozionali attuate, con il prodotto
che viene commercializzato;
• principio del cofinanziamento. Gli interventi regionali sono rivolti a favorire i soggetti
pubblici e privati che abbiano già deciso di investire proprie risorse per lo sviluppo del
territorio (soggetti pubblici) e per lo sviluppo delle proprie attività di
commercializzazione (imprese private), attraverso una rigorosa selezione qualitativa
dei progetti e con la verifica che rientrino in un quadro complessivo di
programmazione e concertazione;
• principio del premiare la capacità di aggregazione e di cooperazione fra le imprese
turistiche private;
• creazione di un sistema turistico integrato fra pubblico e privato superando la logica
della distribuzione delle risorse su base territoriale, geografica o amministrativa ma
ponendo al centro dell’intervento regionale il prodotto turistico;
• creazione della rete integrata prevista per lo sviluppo del nuovo sistema informativo
turistico regionale;
252
Esperienze, Marketing e Territorio
Nuovi soggetti istituiti dalla L.R. 7/1998 :
• Agenzia Regionale per il Turismo. E’ l’organo rappresentativo del sistema turistico
regionale: si compone di rappresentanti della Regione, degli enti locali e del sistema
dell’imprenditoria turistica regionale e delle Camere di commercio. Il suo Comitato di
Concertazione è il luogo di elaborazione e di concertazione delle linee strategiche e
programmatiche per lo sviluppo delle attività di promozione e di commercializzazione
turistica;
• Apt Servizi S.R.L. E’ lo strumento tecnico - scientifico della Regione per l’attuazione
delle strategie regionali in materia di promozione turistica e per la gestione delle
risorse destinate dalla Regione; provvede alla realizzazione del Piano Annuale delle
azioni di carattere generale relative alla promozione istituzionale. Sono soci dell’APT
Servizi Srl la Regione Emilia Romagna e Unioncamere che investe risorse proprie
nella promozione;
• Unioni di prodotto: Sono aggregazioni di soggetti istituzionali ed economici
(pubblici e privati) che operano sul mercato turistico quali gli enti locali, le Camere di
Commercio, le società e gli organismi operativi locali e regionali, i club di prodotto, le
cooperative, le imprese turistiche aggregate anche temporaneamente, le Società d’area.
Possono essere definiti organismi autoorganizzati, associazioni con compresenza di
soci pubblici e privati che concertano progetti di promozione - gestiti dalla parte
pubblica - e favoriscono l’integrazione dei progetti di commercializzazione - gestiti
dalle imprese private aderenti all’Unione - con la promozione. Rappresentano i quattro
prodotti strategici del turismo regionale (individuati dalla L.R. 7/1998): COSTA,
APPENNINO, TERME, CITTA’ D’ARTE/CULTURA/AFFARI.
Tipologia degli interventi ammessi a contributo.
• Progetti di promozione turistica.
• Beneficiari dei contributi
- Unioni di Prodotto;
- Privati aderenti alle Unioni di Prodotto;
- Province;
- Comuni.
Le Unioni di Prodotto
La caratteristica più importante delle Unioni di Prodotto è quella di essere un punto di
contatto fra promozione turistica pubblica e commercializzazione privata. Ciascuna Unione
appare come una fitta rete in cui si intrecciano Enti locali, Camere di Commercio, società e
organismi operativi locali e regionali, "club di prodotto", cooperative, imprese turistiche e
società d'area.
Lo scopo principale delle Unioni di Prodotto è quello di realizzare, con i loro programmi
annuali di promozione, progetti mirati allo sviluppo di ciascun comparto turistico.
E unioni di prodotto dell’Emilia Romagna sono 4:
- Unione di Prodotto Costa Adriatica
- Unione di Prodotto Appennino e Verde
- Unione di Prodotto delle Città d'arte, Cultura e Affari
- Unione di Prodotto Terme, Salute e Benessere
Alle Unioni aderiscono anche i Club di Prodotto. Sono circa 200 e confezionano pacchetti
vacanza legati alle diverse motivazioni turistiche: dall'arte alla gastronomia, dalla vacanza
attiva al divertimento - che rendono l'Emilia Romagna la terra per eccellenza dell'ospitalità.
253
Fabio Forlani
Le Unioni, secondo la legge 7/98, non sono nuovi Enti per il turismo con funzioni
onnicomprensive nell'area di prodotto di riferimento; non si tratta quindi di nuove APT per
prodotto.
Le Unioni entrano, invece, in un sistema per la promozione turistica già strutturato, che si
articola nell'Agenzia Regionale per il turismo, con il compito di proporre indirizzi per il
sistema promozionale regionale (Piano Annuale di Promozione), nell'APT Servizi, struttura
dotata di mezzi, risorse e professionalità a servizio e a sostegno dell'intero sistema di
promozione regionale.
Vi sono inoltre gli Enti Locali (Comuni e Province) a cui è affidata la promozione turistica
locale, e gli operatori turistici (Club di Prodotto), ai quali compete la commercializzazione.
In questo sistema si collocano le Unioni di Prodotto con lo scopo di ricercare e attuare
l'incontro fra promozione istituzionale e la promocommercializzazione privata.
In definitiva alle Unioni di Prodotto compete di mettere a punto i programmi ed i progetti di
affiancamento agli operatori privati, per favorirne l'intervento nel mercato, quando si tratta di
programmi a scala di prodotto o di parti significative dello stesso.
Quindi, nel mettere a punto i programmi, l'Unione di Prodotto Costa non dovrà intervenire su
tutto quanto è riconducibile alla promozione turistica, ma ad un suo ambito più specifico, ben
sapendo di far parte di un più ampio "sistema".
9.7
Il distretto-sistema turistico della Provincia di Rimini476
9.7.1 Il territorio di riferimento
La struttura del sistema turistico riminese.
La provincia di Rimini comprende i seguenti comuni: Bellaria-Igea Marina, Cattolica,
Coriano, Gemmano, Misano Adriatico, Mondaino, Montecolombo, Montefiore Conca,
Montegridolfo, Montescudo, Morciano di Romagna, Poggio Berni, Riccione, Rimini,
Saludecio, San Clemente, San Giovanni in Marignano, Santarcangelo di Romagna, Torriana,
Verucchio.
I comuni balneari sono Bellaria-Igea Marina, Cattolica, Misano Adriatico, Riccione e Rimini
costituiscono il cuore dell’offerta turistica tradizionale riminese: il turismo balneare estivo.
L'entroterra riminese, corrispondente al cuore degli antichi possedimenti malatestiani, è il
territorio della Signoria dei Malatesta477, suddiviso in quindici comuni: Santarcangelo di R.,
Verucchio, Poggio Berni, Torriana/Montebello, compresi nella Valle del Marecchia; Coriano,
San Clemente, S.Giovanni in Marignano, Morciano di R., Montefiore C., Gemmano,
Saludecio, Mondaino, Montegridolfo, Montescudo, Montecolombo, compresi nella Valle del
Conca.
476
I dati empirici sono stati ricavati dall’analisi di piani turistici e dai documenti di programmazione turistica della Provincia
di Rimini, dall’analisi del materiale promo-pubblicitario (cartaceo e on-line) e da interviste dirette rivolte ai responsabili dei
STL nel periodo Gennaio-Marzo 2003.
477
Questo territorio costituisce un ricco patrimonio di arte e cultura e rientra nel progetto di valorizzazione dell'entroterra
riminese promosso dall'Assessorato al turismo, che ha già visto la creazione di un marchio (la Rosa Malatestiana)
accompagnato dal pay-off "La dolce vita delle colline riminese". Cfr www.signoriadeimalatesta.it
254
Esperienze, Marketing e Territorio
Le funzioni d'uso delle diverse località del distretto turistico riminese (per il turismo leisure)
possono essere così definite:
Fig. 9.4 – Funzioni d’uso delle località del distretto turistico di Rimini
Fonte: Provincia di Rimini
La provincia di Rimini è sempre stata un grande bacino di offerta turistica. L'importanza del
turismo nell'economia del territorio è tale da influenzare pesantemente i valori della
produzione e della ricchezza di questa provincia. Come ha evidenziato nel 2003 Gottifredi478
“Il libro bianco del turismo del 1998, pubblicato dal Centro Studi del TCI, ha segnalato due
sole province in Italia con un altissimo indice di turisticità: Bolzano [indice 778] e Rimini
[indice 774]. Per un confronto relativo si tenga conto che la terza provincia in graduatoria,
Venezia ha un indice 455 e Firenze, decima, ha un indice 338.”
9.7.2 I soggetti costituenti e loro organizzazione (lo schema organizzativo)
Valutando la capacità ricettiva in relazione alla distribuzione territoriale dei flussi turistici si
può notare che il 99,3 % degli arrivi e il 99,7% delle presenze dell'intero complesso dei flussi
turistici diretti sulla provincia di Rimini si concentrano nei cinque comuni della costa. Più in
dettaglio si può constatare che la massa di flussi turistici diretti verso la Riviera riminese si
478
Assessore al Turismo della Provincia di Rimini 1999-2004.
255
Fabio Forlani
distribuisce con diversa intensità nei vari comuni: nel capoluogo si concentrano circa la metà
delle presenze complessive (48%) registrate in tutti gli esercizi ricettivi della provincia,
mentre nei restanti comuni, le presenze turistiche si distribuiscono con percentuali
notevolmente inferiori: Riccione 21%, Cattolica 12%, Bellaria-Igea Marina 14%, Misano
Adriatico 5%, Altri Comuni 0,3%.
Fig. 9.5 - La capacità ricettiva nei diversi comuni della Provincia di Rimini479
Fonte: Provincia di Rimini
Nella Provincia di Rimini è stato costituito ad hoc un organo di governo della destination,
l’Agenzia per il Marketing di Distretto a cui è affidato il compito di coordinamento e
valorizzazione territoriale.480
Questa come strumento a supporto dell’intero sistema turistico opera con un'ottica
sovracomunale integrata, valorizzando e promuovendo il territorio ed i diversi prodotti delle
realtà costiere e dell'entroterra riminese. Le modalità di lavoro dell'Agenzia coinvolgono il
territorio e le imprese, in modo integrato con l'impianto organizzativo del turismo previsto
dalla Regione Emilia Romagna481.
479
I dati si riferiscono al 2002. A titolo comparativo si evidenzia che nel 2004 le strutture ricettive con caratteristiche
d’impresa sono risultate: 2351 alberghi, 93 Residenze Turistico alberghiere, 14 campeggi, 43 bed & breakfast, 29
agriturismo, 80 case per vacanze, 72 gestioni imprenditoriali di appartamenti.
480
“Il percorso dell’Agenzia prefigura un futuro assetto di Sistema Turistico Locale e risponde a quell’esigenza della legge
quadro (135/2001, ndr) di “partire dal basso” nel proporre il distretto. Le regioni, infatti, “riconoscono” il Sistema Turistico
Locale e non lo creano. Il percorso avviato in Provincia di Rimini tende a verificare le condizioni di partecipazione, pubblica
e privata, all’idea di distretto riminese portatrice di una comune identità, di identiche problematiche sulla qualificazione del
prodotto, sulla comunicazione. (…) Io credo che le innovazioni previste dalla legge quadro siano comunque rilevanti nel
contesto di un turismo che deve sempre più proporre l’identià del territorio come fattore di competizione e che rappresenti
una opportunità piuttosto che un problema. Credo anche che l’idea di Sistema Turistico Locale possa validamente mettere in
campo la risorsa territoriale, la destinazione se vogliamo, integrandola in un contesto fortemente orientato a favorire la
commercializzazione del prodotto realizzando con ciò l’idea che “non esiste prodotto senza destinazione e destinazione sensa
prodotto.” Relazione dell’Assessore al Turismo della Provincia di Rimini, Gottifredi, febbraio 2003.
481
“Un ultima riflessione sull’integrazione con alcuni strumenti previsti dalla legge 7/98 in particolare le Unioni di Prodotto.
E’ questo uno strumento che tende a favorire attraverso il cofinaziamento regionale l’aggregazione degli operatori e, in certa
parte, l’integrazione tra alberghiero e extra alberghiero. Io credo che, come strumento dedicato a questa missione, l’unione
sia integrabile con l’idea di Sistema Turistico Locale poiché agisce chirurgicamente su di una parte di offerta, quella
aggregata in Club di prodotto, che pur meritando l’incentivazione, rappresenta una parte limitata dell’offerta complessiva che
passa per altri canali che possono essere rappresentati dal sistema locale” Gottifredi, febbraio 2003.
256
Esperienze, Marketing e Territorio
L'Agenzia per il Marketing di Distretto è stata istituita nel 2001 come organismo strumentale
della Provincia di Rimini, dotata di autonomia gestionale e di propri organi per l'esercizio
delle attività previste. Il regolamento dell'Istituzione Agenzia recita all'Art.3: «L'istituzione ha
lo scopo di attuare un maggior coordinamento della comunicazione turistica dell'area
riminese, per affermare un'immagine positiva, efficiente, organizzata, innovativa ed ospitale
del distretto turistico riminese e garantire la coerenza nella filiera obiettivi - messaggi immagine - prodotti, coinvolgendo i Comuni della provincia ed i rappresentanti delle imprese.
Con queste finalità, l'istituzione avrà il compito di avviare operazioni di partnership e/o comarketing con soggetti pubblici e privati su progetti definiti orientando la propria attività ad
una logica di marketing territoriale e ad una visione strategica che fa leva anche sulla
qualificazione di prodotto, per avviare e stabilire circoli virtuosi di comunicazione». L'ambito
di attività dell'Agenzia è così definito dall'Art.4 del regolamento: «Per assicurare il
conseguimento delle finalità di cui al presente regolamento, l'istituzione:
a) incentra la propria attività su progetti con valore sovracomunale, per l'intera area o
distretto turistico che abbiano un valore ed un significato di profilo elevato tali da
contribuire alla creazione del Sistema Turistico Locale;
b) programma l'attività ed i progetti verso una logica di orientamento al turista/ospite
ricercando ed utilizzando canali e strumenti innovativi di comunicazione;
c) provvede al reperimento delle risorse finanziarie anche attraverso l'intervento di soggetti
pubblici e privati. ».
Gli organi dell'Agenzia sono: il Consiglio di Amministrazione, che può eventualmente
nominare un Comitato Tecnico-Scientifico, il Presidente e il Direttore. L'Agenzia può
intrattenere rapporti di tipo collaborativo con altri enti, organismi ed associazioni per lo
svolgimento coordinato di servizi e funzioni determinate. Tra questi ci sono gli IAT, uffici di
Informazione e Accoglienza Turistica, ubicati su tutto il territorio provinciale (20 nel 2002) e
gestiti dai singoli Comuni territorialmente competenti.
Gli obiettivi strategici generali vengono perseguiti attraverso il sostegno e l'incentivazione
alla nascita di nuovi Club di prodotto482, che rappresentano l'interlocutore nuovo nel sistema
della concertazione tra promozione pubblica e commercializzazione privata e che
costituiscono la reazione positiva e concreta alle novità in atto nel consumo turistico ed
all'attività delle imprese dell'intermediazione ed organizzazione turistica.
Il programma dell'agenzia per il marketing di distretto è frutto di un processo di costruzione
delle decisioni complesso, che vede coinvolte le destinazioni, i comuni ed è privati, la camera
di commercio, nel pieno spirito della legge quadro del turismo, la quale pone territori e
imprese al centro della programmazione turistica. È quindi evidente la volontà di dare una
qualificazione all'assetto organizzativo del turismo riminese che assume un tipico approccio
bottom up (dal basso), in cui gli stakeholder pubblici e privati sanno stabilire e gestite
concordemente sinergie per la promozione e valorizzazione del Sistema Turistico Locale.
Il finanziamento delle iniziative turistiche del distretto riminese è costituito, oltre che dai
finanziamenti statali alle località turistiche previsti dalla legge quadro, dalle fonti di
finanziamento di origine pubblica per l'attuazione dei piani di marketing turistico provengono
dalla Regione483 e dalla Provincia. La Provincia di Rimini provvede annualmente, oltre
all'attuazione del Programma finanziato dalla Regione, a stanziamenti finanziari propri, per la
realizzazione di iniziative e progetti che perseguono gli obiettivi di comunicazione e di
482
Aggregazione fra imprse ed altre organizzazioni avente come obbiettivo la produzione, la promozione e la
commercializzazione di prodotti turistici tematizzati ed indirizzati ad uni specifico target. Si portano a titolo d’esempio il
Club di Prodotto dei Bike Hotel di Riccione, Il Club di prodotto Costa Hotel di Riccione, Il Club del Liscio di Cesenatico,
ecc.
483
Programma turistico di promozione locale relativo alle risorse finanziarie regionali trasferite alle province in base alla
legge regionale n°7 / 1998.
257
Fabio Forlani
promozione turistica locale secondo le linee strategiche e programmatiche del piano di
marketing di distretto. L'ammontare delle risorse finanziarie provinciali e la loro effettiva
destinazione è stabilito soltanto in seguito dell'approvazione del bilancio annuale di
previsione della Provincia e del relativo piano esecutivo di gestione.
9.7.3 Le finalità (la visione strategica)
“Collegameto tra promozione (pubblica) e commercializzazione (privata), orientamento al
mercato, aggregazione degli operatori per una massa critica sufficiente a reggere l’impatto dei
mercati, concertazione e condivisione degli obiettivi tra i diversi attori sono valori ormai
irrinunciabili per un sistema turistico moderno e per un’efficace governance del settore.”484
La Provincia di Rimini attraverso i programmi485, i progetti e le iniziative che sta realizzando
e che realizzerà nei prossimi anni, intende assumere un ruolo strategico per la definizione del
"Distretto turistico integrato" che comprende l'intero territorio della Provincia. La funzione
della Provincia è quella di creare il "Sistema turistico locale" (così come previsto nella nuova
legge statale n.135/2001), in raccordo con le amministrazioni comunali e con gli altri soggetti
pubblici e privati, capace di coordinare le azioni in ambito turistico che hanno valore per
l'intero sistema.
L'obiettivo strategico generale è quello di fare diventare il distretto turistico riminese "Polo
europeo dell'ospitalità e dei servizi pregiati alle imprese ed alla persona", attraverso: “ - la
reiterazione degli sforzi orientati ad una maggiore destagionalizzazione del nostro turismo; - il
riposizionamento della nostra offerta turistica e della sua immagine sui mercati europei; - la
qualificazione dell'offerta, sia sul fronte pubblico che su quello privato; ricettivo,
commerciale e di servizio; - lo sviluppo territoriale che osserva i principi della sostenibilità
ambientale; - la tutela dell’ambiente, e del mare adriatico in particolare.”486
L’Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini identifica quindi quattro filoni di azione
necessari ad innovare il sistema turistico riminese:
“1. la modernizzazione del Sistema Rimini, che implica una riflessione sulla qualificazione
del prodotto turistico e sulla rete di infrastrutture a supporto del settore;
2. la sostenibilità dello sviluppo, come modello di azione necessario per garantire futuro al
territorio ed alle imprese negli scenari competitivi di questo secolo;
3. il sostegno alle imprese, per i loro processi di riqualificazione e per il sostegno alla
commercializzazione del prodotto;
4. il marketing territoriale, la promozione turistica e l’organizzazione regionale, che
impongono una riflessione sulla necessità di migliorare l’impianto della legge 7/98 e di
proiettare in avanti le funzioni e l’organizzazione dell’Agenzia di Marketing di Distretto.”
Nell’interpretazione che ne ha data la Provincia di Rimini il terreno di azione dei Sistemi
Locali è quello del marketing territoriale e quindi delle funzioni di organizzazione e
costruzione del “prodotto turistico”487, dei servizi e delle infrastrutture, della sostenibilità
dello sviluppo, della valorizzazione dell'identità locale, delle professioni del turismo,
dell'impresa come nodo centrale attorno al quale ruota il sistema di offerta e
commercializzazione. È anche quello del sistema di relazioni esterne, della comunicazione
484
Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini, 3 febbraio 2004.
Cfr. Programma turistico di promozione locale 2003. Cfr. Piano-Programma dell’istituzione Agenzia per il marketing di
distretto 01/09/2002-31/08/2005.
486
Relazione di Gottifredi M., Assessore al Turismo della Provincia di Rimini, Conferenza Provinciale sul Turismo, 3
febbraio 2004.
487
“Il prodotto turistico è composto dal completamento virtuoso tra offerta pubblica e (traducibile nell’idea di qualità urbana)
e privata (ricettivo e servizi). E’ ugualmente necessario sapere comunicare la parte privata (e ovviamente commercializzarla)
come la parte pubblica perché rappresentano le due facce della stessa medaglia. (…) il territorio che si racconta non deve
essere visto come “contro” rispetto al prodotto che si racconta (e vende). Relazione di Gottifredi M., Assessore al Turismo
della Provincia di Rimini, Conferenza Provinciale sul Turismo, 3 febbraio 2004.
485
258
Esperienze, Marketing e Territorio
turistica e dell'esaltazione dei valori su cui si fonda la capacità competitiva del sistema di
offerta riminese: accoglienza, ospitalità, efficienza ed organizzazione, sicurezza, varietà. Il
tutto in un equilibrio tra tradizione ed innovazione. Il punto di forza dell'identità locale
riminese sta nell'incessante gioco tra innovazione, creatività e valori della tradizione di questa
terra e delle sue genti.
In questo contesto generale assumono particolare rilievo, divenendo opportunità in termini di
comunicazione, gli investimenti sul fronte del prodotto turistico capaci nei prossimi anni di
contribuire positivamente ad un corretto posizionamento di immagine dell'offerta turistica
locale. In particolare il sistema dei parchi tematici, la nuova Fiera di Rimini, le darsene per il
diporto turistico, i Centri congressi, la nuova viabilità, il sistema integrato di comunicazione
territoriale, il sistema dei "grandi eventi" del territorio, la programmazione culturale ed il
progetto "Signoria dei Malatesta". L'immagine che la provincia intende proporre è quella del
distretto turistico integrato ricco di opportunità differenti e collegate tra loro, in un mix unico
di offerta capace di modificare se stesso continuamente in relazione al variare della domanda
(“i cento turismi”).
9.7.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche
I clienti obbiettivo
Dal punto di vista quantitativo emerge che il movimento complessivo dei turisti nella
provincia di Rimini nel 2003 è costituito da 2.677.029 arrivi e 15.390.066 presenze.488
La media dei giorni di vacanza dei turisti, calcolata sull'intero anno è inferiore ad una
settimana (5,7 giorni). Si arriva ad una settimana nei mesi di luglio (8,1 giorni) ed agosto (7
giorni).
La domanda è costituita per il 78% da turisti italiani e per il restante 22% da turisti esteri. Il
mese in cui si concentra la quota maggiore di domanda è agosto (23% di arrivi e 28% di
presenze sul totale dell'anno), anche se si evidenzia una migliorata capacità di sfruttamento
dell'offerta ricettiva anche nei periodi di gennaio-aprile e ottobre-dicembre, grazie ai
programmi di destagionalizzazione dell'offerta attuati mediante l'organizzazione di eventi,
manifestazioni fieristiche e congressuali, incontri sportivi, riqualificazione delle strutture
ricettive, Club di prodotto, politiche pubbliche di comunicazione e marketing territoriale489.
Dai dati resi pubblici dalla Provincia si evince che l’agenzia di marketing del distretto effettua
una una buona analisi statistica e quindi quantitativa della domanda attuale e potenziale490.
Non risulta, però, altrettanto approfondita l’analisi qualitativa della domanda o in altre parole
488
www.turismo.provincia.rimini.it .
Fra i punti del programma dell’Agenzia di Marketing del Distretto vi è anche : Analisi e studi di mercato. La mission del
progetto è quella di ottenere l'acquisizione di dati importanti per il Sistema turistico su tre diversi fronti:
- quello dei turisti che frequentano la Riviera di Rimini;
- quello dei turisti che non frequentano la Riviera;
- quello dei segmenti nuovi e di quelli emergenti nel mercato turistico.
Il primo livello di analisi riguarda la necessità di avere parametri oggettivi e quindi misurabili, in rapporto ad altri sistemi e a
se stessi nel tempo, che riguardano la soddisfazione del turista che frequenta la costa riminese. Un distretto turistico con le
caratteristiche della Riviera di Rimini non può permettersi di non conoscere ciò che pensano i turisti che frequentano il
territorio e acquistano il prodotto turistico, soprattutto laddove si consideri che la percentuale di clienti fedeli che riacquistano
il prodotto-Riviera l'anno successivo, è superiore al 70%.
Il secondo livello di analisi si preoccupa di determinare i punti deboli dell'offerta locale in relazione alla percezione che di
essa hanno i turisti che non frequentano il bacino riminese. Occorre capire se il territorio è percepito in una visione in parte
stereotipata dal turista e quanta di questa parte possa essere oggetto di comunicazione positiva, tesa a riequilibrare
un'immagine che resiste nei propri luoghi comuni nonostante il fatto che i prodotti offerti oggi sono molto diversi da come lo
erano dieci anni fa.
Il terzo livello di analisi è legato alla necessità di anticipare la conoscenza ed i tempi di formazione di nuovi segmenti di
domanda e per accordarsi direttamente, in tempo utile, a quei "centri " del sistema di produzione da cui nascono le nuove idee
di prodotto. La Riviera di Rimini ha sempre manifestato una leadership sulla capacità di scoprire e generare nuove tendenze,
ma questo fenomeno rischia di rallentare eccessivamente, se non si riuscirà ad ottenere e gestire le informazioni che
riguardano la dinamica della domanda turistica presente e futura.
490
Ricordiamo fra le altre l’indagine “Focus su Rimini” e “Custode satisfaction” presentate in occasione della Conferenza
Provinciale sul Turismo del 03 febbraio 2004. Vds www.turismo.provincia.rimini.it .
489
259
Fabio Forlani
la conoscenza delle tipologie di esperienze acquistate dal turista. Un importante passo avanti
in tale direzione è rappresentato dall’indagine di Customer satisfaction sul “segmento estivobalneare 2003-2004” [www.turismo.provincia.rimini.it]. Allo stato attuale il sistema turistico
riminese nel suo complesso attraverso la politica dei “cento turismi” cerca di rivolgersi
contemporaneamente a numerosi e diversificati segmenti.
I prodotti esperienze offerti
I segmenti di turismo serviti dalla Riviera di Rimini essere così definiti:
• balneare
• termale
• artistico-culturale
• eno-gastronomico
• giovanile
• verde (entroterra)
• congressuale-fieristico
La modalità di svolgimento delle esperienze
L’area di progetto “i segni del distretto” ha come obbiettivo quello di muovere, in chiave di
marketing, la leva del prodotto attraverso la qualificazione dei servizi turistici e la
imposizione di un "segno" di Sistema Turistico Locale capace di generare una comunicazione
positiva. Il progetto cerca di qualificare il prodotto turistico e i servizi del territorio per
generare un passaparola positivo.491
I progetti dell’agenzia di marketing sono legati alla progettazione, costruzione ed
organizzazione di un sistema innovativo ed integrato di accoglienza del turista, che sfrutti
l'idea di "porta" come punto di contatto, di informazione, di comunicazione e di marketing per
organizzare servizi e strutture che diano il senso del territorio, del coordinamento e dei valori
comuni che identificano la località. Le "porte" possono essere reali o virtuali: uffici IAT,
portale Web, ingressi della città (stazione, aeroporto, porto), segnaletica di avvicinamento e di
posizione, uso delle nuove tecnologie informatiche e di telefonia mobile, uso intelligente del
mezzo televisivo, valorizzazione dei simboli del territorio, coordinamento dell'immagine di
distretto, ecc.
Attraverso la logica della qualificazione del prodotto si ottengono effetti positivi in chiave di
comunicazione, tali da generare un passaparola positivo assolutamente più incisivo rispetto
agli strumenti di comunicazione consueti, e da dare un'identità al Sistema Turistico riminese,
riconoscibile dai segni, che costituisce una sorta di corporate image del territorio. Questo
garantisce anche effetti positivi sulla percezione del turista, con risultati migliori in termini di
proiezione di un'immagine innovativa, organizzativa, efficiente, creativa e di sicurezza per il
turista.
L’area di progetto “accoglienza e ospitalità” raccoglie tre iniziative: Riviera di Rimini
Welcome492, Blu Line493e Collinea494.
491
Considerando che gli ospiti del sistema turistico riminese hanno una forte propensione alla fedeltà ed al riacquisto del
prodotto, il progetto cerca di sfruttare questa occasione e fare di questi ospiti gli ambasciatori della località all'esterno.
492
Si tratta del posizionamento di una campagna di benvenuto su manifesti di grande e medie dimensioni all'interno delle
stazioni ferroviarie di Rimini, Riccione, Bellaria e Cattolica, oltre all'aeroporto internazionale F. Fellini di Miramare di
Rimini. Questo allo scopo di dare un segnale di benvenuto agli ospiti della Riviera, sfruttando il vantaggio competitivo dato
dalla capacità di accogliere ed ospitare della località. L'accoglienza è un elemento che è bene mettere in rilievo quando, come
nel caso del Sistema Turistico riminese, è un fattore di vantaggio competitivo vero e proprio.
493
Il miglioramento del servizio di trasporto publico Blu Line per la notte in Riviera, da un lato, consente di qualificare
quantitativamente e qualitativamente il servizio e, dall'altro, di fornire spazi per una comunicazione mirata al pubblico che
utilizza il servizio.
494
Questa iniziativa mettere in collegamento diretto le località costiere con l'entroterra della Signoria dei Malatesta attraverso
la predisposizione di un servizio di trasporto (analogo al Blu Line) che sperimenti un percorso nell'entroterra e che, al
contempo, possa veicolare informazione e promozione turistica nei riguardi della Signoria dei Malatesta e dei progetti privati
che la commercializzano (Strada del vino e dei sapori dei colli riminese).
260
Esperienze, Marketing e Territorio
Infine vi è la sezione delle iniziative dell’agenzia denominate “comunicazione e promozione
turistica”. Questa è l'area che raccoglie le maggiori disponibilità di bilancio e che meglio
rappresenta la mission dell'Agenzia, attraverso la comunicazione, promozione ed esaltazione
dei valori di riferimento del Sistema Turistico riminese. I progetti individuati in questa area
sono quattro:
1) Sostegno alla promozione e commercializzazione del sistema ricettivo alberghiero495;
2) Marketing factory496;
3) Riviera di Rimini grandi eventi 2003497;
4) Altre iniziative498.
Data la maturità del prodotto offerto, la scelta dell’agenzia è stata quella di destinare la
maggior parte delle risorse finanziarie pubbliche destinate al turismo alle politiche di
comunicazione499. Gran parte dei risultati dell'attività di promozione, comunicazione e
495
Il progetto intende sfruttare l'enorme potenziale di comunicazione generato dai singoli operatori alberghieri, che utilizzano
cataloghi ed inserzioni per veicolare la propria offerta sul mercato. L'idea è quella di coordinare l'immagine e la
comunicazione dei privati con i segni grafici e la comunicazione del distretto, per veicolare messaggi e contenuti utili
all'intero sistema. Il coordinamento dell'unitarietà del messaggio pubblico e privato porta valore aggiunto ad entrambi, in
quanto il privato vede la propria offerta contestualizzata all'interno di una comunicazione di area che consente ai potenziali
clienti di ottenere anche i benefici di un servizio pubblico (si pensi all'informazione); il pubblico può essere presente con i
propri segni e messaggi di Sistema all'interno di una comunicazione che consente un formidabile numero di contatti (ogni
catalogo di questa natura tira circa 1,5 milioni di copie).
496
Il secondo progetto intende stabilire una relazione con i soggetti che sul territorio fanno azioni di comunicazione turistica
e generano una promozione di fatto interessante per l'area. Si tratta, per esempio, di Rimini Fiera, di Convention Bureau e del
Distretto dei parchi (Fiabilandia e Italia in Miniatura di Rimini, Le navi di Cattolica, Aquafan, Oltremare e IMAX di
Riccione). L'idea è quella di coordinare questa comunicazione relativa al singolo prodotto e/o segmento di mercato (fieristico,
leisure, ecc.) con la comunicazione di area. Un ulteriore obiettivo è quello di mettere a sistema le relazioni stampa e generare
costantemente notizie sul territorio riminese.
497
Il progetto, che è stato oggetto di una positiva sperimentazione in questi ultimi tre anni, è quello di entrare in relazione con
i principali eventi della Riviera di Rimini, con quelli cioè che riescono ad esprimere una propria autonoma e positiva
comunicazione esterna, allo scopo di farne dei veri e propri testimonial dell'offerta locale. Si intende sfruttare la potenzialità
di visibilità propria di questi eventi, per valorizzare il territorio e non viceversa. La modalità di relazione è più simile ad un
rapporto di sponsorship tra privati che di contributo pubblico l'iniziativa, dato che prevede un accordo su spazi e veicoli da
utilizzare, affinché il sistema locale possa ottenere visibilità ed immagine positiva all'interno dell'evento, sfruttando così
anche la relazione che l'evento ha nei confronti del proprio pubblico. La relazione con gli eventi più significativi, riconosciuti
da pubblico privato, lascia aperta la possibilità di sperimentare il rapporto con eventi che non abbiano ancora raggiunto una
potenzialità tale da essere percepiti autonomamente ed in modo autorevole, ma che abbiano tutte le potenzialità per divenire
tali nel breve/medio periodo.
498
Rappresenta la riserva che un ente che si occupa di turismo deve tenere a disposizione per cogliere le occasioni di
visibilità e promozione che si possono presentare e che non sono programmabili.
499
A titolo d’esempio le principali pubblicazioni nel 2002 sono state cartine turistiche comunali e provinciali, posters, guide
tematiche culturali ed eno-gastronomiche, guide del territorio e degli itinerari naturalistici, dépliant di eventi e
manifestazioni, guide delle strutture ricettive della costa e dell'entroterra. La presentazione e distribuzione dei materiali
editoriali del distretto riminese viene effettuata presso fiere, workshops e convegni cui partecipano le APT Servizi, le Unioni
di prodotto ed altri stakeholder, nonché presso gli uffici IAT, le agenzie di viaggio e le strutture turistiche private. Nel 2002
si è investito particolarmente sul potenziamento della comunicazione tramite Internet, strumento che consente di rispondere
alle esigenze di tempestività, aggiornamento e completezza dell'informazione e che consente di attivare e migliorare le
sinergie tra operatori privati, i quali pongono sul mercato i propri prodotti, ed i soggetti pubblici deputati alla promozione
dell'offerta globale. La redazione dei tre siti provinciali, www.turismo.rimini.it www.bambiniriviera.i,
www.signoriadeimalatesta.com, si pone l’obiettivo prioritario del miglioramento di queste sinergie e della comunicazione,
attraverso l'analisi delle esigenze del turista e dei contenuti che si vogliono trasmettere ai navigatori, trasferendo anche su
questo media i segni identificativi del sistema turistico riminese, al fine di renderne immediata la riconoscibilità. Negli ultimi
due anni l'attività di relazione con i mass-media e quella di pubbliche relazioni con soggetti esterni al sistema è stata
notevolmente incrementata, con l'obiettivo di promuovere la corporate image del sistema turistico locale. Ciò ha comportato
rapporti costanti con giornali e redazioni, attraverso l'invio di comunicati stampa, assistenza e collaborazione con giornalisti
italiani e stranieri, diffusione di guide sull'area turistica, organizzazione di eventi (conferenze stampa, presentazioni,
educational tour, ecc.), diretti a comunicare particolari contenuti ed offrire identità e visibilità alle politiche di marketing
turistico attuate dall'agenzia.
All'attività di promozione del sistema di offerta turistico riminese si affianca quella di sensibilizzazione degli operatori
turistici, finalizzata al miglioramento ed alla specializzazione del prodotto turistico da questi proposto. Tale attività nasce
dalla consapevolezza che dare alle imprese turistiche validi strumenti per la riqualificazione dell'offerta, significa contribuire
al rinnovamento dell'immagine generale della destinazione turistica ed al suo posizionamento sul mercato. Già da alcuni anni
è stata ideata una collana editoriale di marketing specifica per operatori turistici, il cui obiettivo prioritario è quello di fornire
agli operatori strumenti tecnici utili all'aggiornamento ed alla specializzazione delle proprie imprese.
Nel 2002 la Provincia di Rimini ha partecipato alle campagne promozionali attuate dalle Unioni di prodotto a cui aderisce
261
Fabio Forlani
pubblicizzazione dell'offerta turistica locale che la Provincia di Rimini svolge attraverso
iniziative editoriali, su Internet ed attraverso altri media, è attribuibile alla qualità delle
immagini utilizzate, il cui compito è quello di evocare emozioni, sensazioni, ricordi più che
quello di raccontare. Suggestioni, desideri, emozioni, "voglia di esserci", sono elementi che
stanno alla base della scelta della vacanza-leisure e scaturiscono, prima di tutto, dalle
immagini pubblicitarie su cui i turisti costruiscono una parte consistente delle proprie
aspettative e pertanto devono essere sempre più comunicative ed in linea con i contenuti che
si vogliono trasmettere.
Ogni anno la Provincia di Rimini effettua il monitoraggio dei risultati, ed elabora un
report500 da cui trae gli elementi per la valutazione dell'andamento turistico nell'ambito del
territorio provinciale.501
Le statistiche degli esercizi ricettivi hanno lo scopo di quantificare la produzione delle
imprese che forniscono il principale servizio a turisti e viaggiatori: l'alloggio; inoltre con
riferimento gli alberghi, il numero di esercizi, di letti, di camere e di bagni a livello di singolo
comune e con riferimento agli esercizi complementari, il numero di esercizi e di letti a livello
di singolo comune. Questi dati vengono elaborati e analizzati dalle amministrazioni locali e
dalle associazioni di categoria. Da qualche anno, è emerso che le persone maggiormente
interessate a questo tipo di informazioni sono risultati di operatori stessi.
9.7.5 L’immagine del sistema turistico
Come si è evidenziato dalle strategie di comunicazione la Provincia di Rimini attraverso il suo
braccio operativo (l’agenzia di marketing di distretto) si è data come obiettivo quello di porre
sul mercato la “marca di destinazione” Riviera di Rimini. Marca che rafforzi l’identità
territoriale502 del sistema turistico riminese e faccia sistema con le politiche volte alla
promozione del prodotto effettuate dai privati ed incentivate dalla Regione attraverso la legge
7/98503.
(Costa, Terme e Benessere, Città d'Arte, Appennino), le quali si integrano con l'azione di commercializzazione dei Club di
prodotto costituiti da gli operatori privati del settore (per es. Distretto dei parchi, Consorzio dei piccoli alberghi di qualità).
Con l'adesione a tutte e quattro le Unioni, la provincia di Rimini si è prefissata i seguenti obiettivi:
•
valorizzare i propri prodotti turistici attraverso la collaborazione con gli altri soggetti istituzionali, che si occupano della
gestione della risorsa turismo a livello regionale e locale ed in particolar modo della promozione e commercializzazione;
•
aumentare la competitività sui mercati nazionali ed esteri del Sistema di Offerta Turistico Riminese attraverso
un'adeguata azione coordinata di comunicazione e di eventi.
Considerata la forte incidenza nel territorio riminese dei flussi legati al segmento balneare, il rapporto di collaborazione è
stato e continua ad essere particolarmente intenso con l'Unione Costa. Il progetto affidato per l'anno 2003 alla Provincia di
Rimini dall'Unione di prodotto Costa è quello di migliorare le azioni programmate negli anni precedenti, al fine di mantenere
alta l'attenzione sul target "famiglia con bambini" e di incrementare la domanda di questo flusso turistico verso tutta la costa
romagnola. In linea con le indicazioni regionali e quelle dell'Unione di prodotto, ma anche coerentemente con quanto sta
facendo la provincia di Rimini, obiettivo prioritario è quello di promuovere l'immagine di un Sistema di offerta non solo
adatto ai bambini, ma specializzato nella tipologia di soggiorno che questi richiedono nei diversi aspetti, dal ricettivo alla
gamma di opportunità che completano la vacanza.
500
Elaborazione Ufficio Statistica, Assessorarto al Sistema Informativo, Reti telematiche e Statistica.
501
La rilevazione sull'attività degli esercizi ricettivi alberghieri e delle altre strutture ricettive ha come obiettivo primario
quello di valutare la consistenza degli esercizi ed il movimento dei clienti. All'ISTAT spetta il compito di stabilire le
caratteristiche metodologiche della rilevazione e di effettuare le elaborazioni, mentre alla Provincia quello di effettuare la
raccolta dei dati e garantirne la qualità. La consistenza degli esercizi ricettivi e delle loro caratteristiche è desunta dalla
documentazione posseduta dall'organizzazione turistica periferica, mentre il movimento dei clienti è fornito dalle
dichiarazioni dei titolari di esercizi ricettivi, i quali sono tenuti a trasmettere agli organi competenti, mediante un apposito
modello fornito dall'ISTAT, i dati relativi al numero ed alla nazionalità dei clienti arrivati e partiti e le relative giornate di
presenza.
502
“Il senso di un accordo di sistema locale risiede nell’esigenza e nella volontà di marcare la propria identità nel contesto
nazionale e regionale ed affermare una politica turistica integrata al sistema regionale che valorizzi territorio e le marche
turistiche che lo compongono. In sintesi, Riviera di Rimini! Riviera di Rimini rappresenta il presupposto per l’avviamento di
azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi descritti; rappresenta la “marca” ed il segno del territorio.” Assessore
Provinciale al Turismo Gottifredi M., documento presentato alla Conferenza Provinciale del Turismo, 3 febbraio 2004.
503
“Affermazione della marca Riviera di Rimini come strumento di comunicazione turistica territoriale e come veicolo
dell’immagine in tutti i programmi nei quali è utile una promozione a livello di sistema complessivo e la comunicazione di
262
Esperienze, Marketing e Territorio
9.8
Marketing e management delle destinazioni turistiche: luci ed ombre dei sistemi
turistici locali504
Sulla base degli aspetti richiamati nelle pagine precedenti è possibile formulare alcune
sintetiche considerazioni in merito all’efficacia del modello dei STL ai fini della gestione e
della valorizzazione del territorio a scopi turistici. Dallo studio da noi effettuato sono, infatti,
emerse delle riflessioni sia in merito alla legislazione sui STL in vigore in Italia sia sulla sua
applicazione nel caso specifico della Provincia di Pesaro e Urbino e della Provincia di Rimini.
In particolare si può evidenziare che da un punto di vista teorico la disciplina dei STL ha il
merito di :
- Identificare nel territorio (destinazione turistica) il luogo di elezione della promozione e
della produzione delle attività turistiche;
- Riconoscere la crucialità delle relazioni cooperative fra gli attori territoriali (privati e
pubblici) e la criticità di un approccio istitutivo dei STL che parta dal basso;
- Riconoscere la centralità e l’importanza dell’organo di governo nel sistema territoriale a
vocazione turistica.
In linea di principio la prospettiva adottata dalle norme sui STL è, infatti, quella sistemicadistrettuale505, che parte dall’ipotesi che nel turismo il prodotto domandato ed offerto è
l’esperienza cooprodotta dal STL e i clienti in base alle specifiche aspirazioni di ciascuno e
che pertanto la competizione rilevante e strategicamente prioritaria per l’industria
turistica di un territorio è sempre più fra sistemi territoriali a vocazione turistica
piuttosto che fra singole imprese turistiche. Queste ultime, conseguentemente,
competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda serviti,
ma nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti
gli altri attori presenti in una località e in un distretto turistico) a formare l’offerta di
esperienze di una destinazione turistica.
Il STL identifica così un nuovo soggetto territoriale a scala sovracomunale e sub regionale
che agisce in un contesto istituzionale già popolato da molteplici attori. Occorre, quindi,
un’area vasta e ricca nell’offerta turistica.” Assessore Provinciale al Turismo Gottifredi M., documento presentato alla
Conferenza Provinciale del Turismo, 3 febbraio 2004.
504
Il presente paragrafo prosegue le riflessioni avviate in Pencarelli e Forlani [2005]. Di tale contributo ne riprende le parti
più significative.
505
Il fatto che il prodotto turistico derivi dal contributo diffuso della molteplicità dei soggetti di una comunità locale, soggetti
che agiscono più o meno consapevolmente in un territorio turisticamente significativo nella messa in scena delle esperienze
turistiche era già stato messo in luce in un nostro precedente contributo [Pencarelli, 2001, p. 147], quando si è introdotto il
concetto di distretto turistico, qualificato come “il complesso d’imprese e risorse turistiche (ambientali, storiche, culturali,
paesaggistiche, ecc.) localizzate all’interno di aree omogenee dal punto di vista territoriale, sociale, economico, culturale, con
connotazioni tendenzialmente uniformi dal punto di vista dell’offerta e della domanda servita. In altri termini il territorio
turistico rappresenta un polo territoriale omogeneo specializzato nella produzione–erogazione di un prodotto turistico
globale. Il distretto turistico identifica quindi un ambito territoriale dai confini labili, ma sufficientemente condivisi
dall’offerta e dalla domanda. Esso si caratterizza per uno o più fattori di attrattiva percepiti come differenziati dai turisti
rispetto ad altre destinazioni nella scelta di dove trascorrere la vacanza e che vengono proposti unitariamente (in modo più o
meno consapevole) al mercato dagli attori territoriali”.
Per approfondimenti sul tema cfr. inoltre Antonioli Corigliano [1999].
263
Fabio Forlani
riflettere su come coordinare ruoli e responsabilità di governo delle politiche del turismo in
una logica di multilevel governance e di chiarire il rapporto esistente fra le finalità pubbliche
(degli attori pubblici) e le finalità private (degli attori privati).
Interessente risulta l’applicazione della legge 135/2001 da parte della Provincia di Rimini.
Essa, infatti cerca di integrare la logica di gestione dei sistemi territoriali, propria di tale
legge, con la logica dell’aggregazione per prodotto propria della legge regionale 7/98 in
vigore in Emilia Romagna. La necessità di comporre in un quadro unitario la questione del
prodotto turistico e del produttore di turismo506 conferma la validità delle ipotesi teoriche che
stanno alla base di questo studio, prima fra tutte la necessità di un confronto fra compiti e
responsabilità delle istituzioni pubbliche e compiti e responsabilità delle organizzazioni
private.
Sulla base dell’indagine empirica condotta sui STL della Provincia di Pesaro e Urbino e della
Provincia di Rimini si può evidenziare che:
- La delimitazione territoriale del sistema d’appartenenza risulta fondamentale sia in una
prospettiva di marketing per definire la tipologia delle esperienze turistiche (prodotti)
potenzialmente realizzabili sia in una prospettiva organizzativa per generare o rigenerare
l’identità del sistema territoriale. In riferimento all’analisi della domanda,
dall’articolazione dei confini territoriali dei STL dipende la composizione qualitativa e
quantitativa degli operatori turistici ed economici, delle attrattive turistiche, degli enti
pubblici, delle popolazioni coinvolte e di tutti gli altri fattori di contesto e quindi in
definitiva dei prodotti che possono emergere nell’interazione con il turista. In riferimento
all’analisi dell’offerta, la delimitazione territoriale del sistema turistico facilita il processo
d’identificazione degli attori nel sistema. Una chiara e condivisa identità del territorio è,
infatti, un elemento chiave per far conseguire agli attori la consapevolezza
d’appartenenza al sistema (consonanza sistemica) necessaria per spingerli ad investire le
proprie risorse, i propri sforzi e soprattutto la propria fiducia nell’attivazione di azioni
cooperative (risonanza sistemica) volte alla messa in scena di esperienze in un dato
territorio.507
- Sebbene la normativa solleciti la partecipazione e il contributo di soggetti pubblici e
privati, segnatamente imprese, nelle esperienze analizzate è emerso che il ruolo più
rilevante è stato giocato da soggetti pubblici o da alcune associazioni rappresentative di
506
“Il prodotto turistico è composto dal completamento virtuoso tra offerta pubblica e (traducibile nell’idea di qualità urbana)
e privata (ricettivo e servizi). E’ ugualmente necessario sapere comunicare la parte privata (e ovviamente commercializzarla)
come la parte pubblica perché rappresentano le due facce della stessa medaglia. (…) il territorio che si racconta non deve
essere visto come “contro” rispetto al prodotto che si racconta (e vende).” Relazione di Gottifredi M., Assessore al Turismo
della Provincia di Rimini, Conferenza Provinciale sul Turismo, 3 febbraio 2004.
507
Si ritiene opportuno segnalare che, a nostro avviso, l’identificazione del territorio di riferimento del sistema turistico è un
processo complesso e richiede almeno due fasi, tra loro interrelate. La prima fase consiste nel considerare il problema della
rilevanza di mercato del STL, intesa come la capacità dell’offerta di proporre esperienze idonee a soddisfare le esigenze degli
ospiti, appartenenti al segmento/i di domanda scelto/i come target, meglio di sistemi turistici concorrenti e al potenziale di
commercializzazione dell’offerta nei circuiti distributivi nazionali ed internazionali. Non può sfuggire, infatti, che quando si
propone sul mercato un mix di prodotti (linea di prodotti) assai limitato (talvolta si è in grado di proporre un solo prodotto,
destinabile a segmenti ristretti della domanda mondiale), si perde di attrattività e di forza contrattuale nei confronti degli
intermediari commerciali. Nei casi di sistemi turistici monoprodotto o comunque in grado di proporre una gamma ristretta e
poco profonda di prodotti, appare preferibile separare gli aspetti produttivi, ove la dimensione territoriale del distretto può
essere anche ridotta, da quelli distributivi, per i quali occorrono scale dimensionali più grandi e una maggiore ampiezza e
varietà della gamma offerta. La seconda fase riguarda l’individuazione della dimensione territoriale e dei componenti della
struttura operativa del STL che consentono il governo unitario del sistema turistico in una prospettiva orientata al mercato.
Occorre quindi stabilire di quali componenti l’organo di governo si avvale per mettere in scena esperienze idonee a
soddisfare la domanda. Dal nostro punto di vista, l’unità base del sistema turistico deve identificare un territorio
geograficamente non troppo esteso, dotato già di un’identità consolidata, un sistema relazionale delineato, una fiducia diffusa
ed un adeguato grado di omogeneità dal lato dell’offerta e della domanda. In questo modo le relazioni che si instaurano tra i
diversi soggetti distrettuali sono di tipo personale e diretto, quindi più vicine alla cultura localistica.
Su queste tematiche cfr. De Carlo e Parolini [2004, p.158-162].
264
Esperienze, Marketing e Territorio
imprese, talvolta con l’intento prioritario di cogliere l’opportunità di accedere ai
finanziamenti regionali. Questo conferma la debolezza strategica di molte imprese
turistiche locali [Pencarelli, 2001], caratterizzate da dimensioni medio piccole e da
orizzonti decisionali talvolta miopi, circoscritti a scelte individualistiche e di brevissimo
periodo. Il che rischia però di indebolire la forza e la capacità dei STL di allestire offerte
turistiche adeguate alle esigenze della domanda, giacché la forza di un sistema di offerta
sta tutta nel coinvolgimento diffuso e consapevole degli attori che concorrono alla
costruzione ed alla vendita delle esperienze per i turisti.
- Pur svolgendo funzioni di regolamentazione, di stimolo, di coordinamento nei confronti
dei soggetti coinvolti nell’allestimento del prodotto turistico, i vertici dei STL analizzati
(ma il problema è di portata più generale) non possono qualificarsi propriamente
organo di governo508 di un sistema d’offerta turistica509, anche perché tra le funzioni
svolte viene a mancare quella cruciale della commercializzazione del prodotto turistico,
compito lasciato ai singoli attori privati. Qualora i STL continueranno a sottovalutare
questo aspetto, rischiano di identificare istituzioni più simili ad aziende di promozione del
turismo di natura pubblica anziché a sistemi turistici territoriali capaci di sopravvivere e
svilupparsi con vitalità propria510.
- La debolezza organizzativa dell’organo di governo determina inevitabilmente anche
insufficiente attenzione dei STL alla dimensione strategica del marketing (analisi del
mercato, segmentazione e posizionamento strategico). Questo indebolisce anche
l’efficacia delle politiche di progettazione e di erogazione delle esperienze turistiche,
subordinate alle esigenze degli attori del territorio (operatori pubblici e associazioni di
categoria in primis), piuttosto che orientate alla soddisfazione delle molteplici esigenze
dei clienti obiettivo.
- La debole vocazione manageriale dell’organo di governo determina infine una parzialità
nell’approccio di marketing: le attività di marketing attualmente messe in campo
identificano fondamentalmente politiche di comunicazione e promozione, mentre scarsa
attenzione viene dedicata alle attività di progettazione dell’offerta e di
commercializzazione avvalendosi dei circuiti distributivi domestici ed internazionali.
Insufficiente e parziale appare anche l’orientamento al marketing relazionale applicato ai
pubblici interni ed agli altri stakeholders dei STL [Gummenson, 1999; Barile e Pastore,
2002; Pencarelli, 2003].
Da questa preliminare indagine su alcuni STL delle Marche e dell’Emilia Romagna, tenendo
conto che si tratta comunque di esperienze assai recenti e che per essere comprese e valutate
compiutamente richiedono una lettura lungo un orizzonte temporale più esteso, risulta che nei
508
Compito dell’organo di governo è quello di realizzare “il complessivo grado di risonanza, risultante dai gradi di risonanza
sovra e sub-sistemica” e di “assicurare che il sistema evolva unitariamente verso il conseguimento di vantaggi competitivi,
atti a garantire al sistema stesso le maggiori possibilità di sopravvivenza, incrementando in tal modo il suo grado di vitalità”
Golinelli G.M. [2000, p. 213]. Per conseguire siffatti traguardi l’organo di governo deve “possedere capacità imprenditoriali
elevate, associate al potere di progettazione, riprogettazione, controllo, integrazione degli elementi strutturali del sistema
(singole aziende ed istituzioni, territorio, fattori di attrattiva e di contesto, ecc. e loro relazioni organizzative) in funzione
della loro consonanza e risonanza con i sovra-sistemi ambientali (es. sovra-sistema della domanda, sovra-sistema legislativo,
sovra-sistema finanziario, sovra-sistema del mercato del lavoro, ecc.) o con i sub sistemi della struttura operativa.”
509
Il territorio qualificato come turisticamente rilevante è, infatti, presidiato amministrativamente da soggetti (comitati
d’intesa, cabina di regia, organi di gestione, assemblea, comitato esecutivo) che, tuttavia, non identificano organi di governo
in senso proprio, espressione di atti volitivi di soggetti proprietari o di “interlocutori sociali forti” in grado di nominare e
revocare gli amministratori in base ai risultati conseguiti dal sistema e soprattutto nelle condizioni organizzative di indirizzare
e determinare i percorsi evolutivi consapevoli degli elementi della struttura operativa (i vari soggetti e risorse distrettuali),
legati al sistema solo da un generico e debole “senso di appartenenza”. Anzi, è possibile affermare che in qualche caso i STL
rappresentano aree territoriali ove imprese, risorse e fattori di contesto costituiscono un’aggregazione (insieme) di elementi
dotati di qualche grado di omogeneità, senza tuttavia possedere il requisito di struttura nell’ottica sistemico vitale in quanto
manca la “specificazione e la condivisione del ruolo che ciascun elemento può svolgere in relazione alle finalità sistemiche,
ossia non è possibile identificare un complesso unitario di componenti e relazioni tra” Golinelli G.M. [2000, p. 82].
510
Su questi temi cfr Franch [2002], De Carlo [2004], Della Corte [2000].
265
Fabio Forlani
STL vi sia scarso e comunque insufficiente orientamento al marketing strategico ed operativo,
ciò che implicherebbe una maggiore attenzione ai processi di segmentazione e
posizionamento ed alle attività volte a progettare, produrre, comunicare e vendere sul mercato
prodotti-esperienze (output del sistema)511. Emerge, piuttosto, un’eccessiva attenzione al
perseguimento di finalità sistemiche di natura politica, ciò che comporta attività di
promozione generalizzata del territorio e massimizzazione del consenso.
Tutto questo, unitamente alla constatazione della difficoltà degli attori dei STL analizzati a
“fare sistema” e a riconoscere e legittimare un unico organo di governo (anche per la
proliferazione dei candidati a tale ruolo) comporta l’esigenza di approfondire e chiarire
meglio la missione e l’architettura organizzativo-istituzionale dei STL, sottosistemi del
sistema territoriale regionale e nazionale.
L’analisi delle esperienze dei Sistemi Turistici Locali di Pesaro, Urbino, Fano e Rimini
conferma, in definitiva, la nostra ipotesi [cap.7 e cap.8] circa la necessità di distinguere le
responsabilità politiche-istituzionali (pubbliche) di gestione e valorizzazione del territoriopalcoscenico dalle responsabilità di progettazione, produzione e commercializzazione dei
prodotti-vacanze.
La proposta che si avanza in questa sede è quella di non integrare tali responsabilità in un
unico sistema territoriale, ma suddividerle nel seguente modo: al sistema territoriale politicoistituzionale di natura pubblica (Provincia, Comunità montana, Città metropolitana, ecc.) va
assegnata la responsabilità del governo politico dell’intera comunità territorialmente
localizzata512 comprese il rafforzamento dell’identità del sistema territoriale e la promozione
delle offerte economiche dell’intero sistema; al sistema d’offerta turistica territoriale di natura
imprenditoriale (Club di prodotto, Consorzi, Cooperative, Sistemi d’offerta, ecc.) va
assegnata la responsabilità di progettare, produrre e vendere le esperienze turistiche (centrale
diviene in tale ottica l’attività dei tour operator incoming)513.
In tale prospettiva sembra particolarmente interessante il caso della Provincia di Rimini, in
quanto si cerca d’integrare la legge regionale E.R. 7/98 orientata a favorire la promozione e la
commercializzazione dei prodotti turistici da parte dei privati con la legge nazionale 135/2001
orientata alla creazione di sistemi territorialmente localizzati.
Dal punto di vista teorico l’applicazione dei concetti sistemici ai fenomeni turistici ha
confermato la validità descrittiva e interpretativa delle teorie dei sistemi viventi. Si è infatti
evidenziato come i concetti di struttura, schema di organizzazione, processo (emersione) e
significato permettono di comprendere e interpretare il divenire sistemico. Tale modello
evidenzia, inoltre, come possano risultare vivi e sopravvivere anche sistemi territoriali che
hanno al loro interno un rapporto di cooperazione-conflitto fra i sub-sistemi e che non hanno
un organo di governo legittimato e riconosciuto (sistema vivente).
Per concludere, a nostro avviso, un ecosistema territoriale (sistema vivente) per sopravvivere
e svilupparsi anche dal punto di vista turistico deve dotarsi di un sistema politico-istituzionale
territoriale (vitale) di dimensioni adeguate e di una pluralità di sistemi d’offerta turistica
511
“Pur senza nulla togliere alla centralità del processo di individuazione delle aspettative dei consumatori come elemento
caratterizzante l’orientamento dell’impresa al marketing e pur senza negare che il grado di soddisfazione del cliente sia un
fondamentale parametro di valutazione dell’efficacia dell’attività aziendale nelle imprese marketing oriented, non si può non
perdere di vista che la finalità dell’impresa, in quanto istituzione economica che compie investimenti a rischio sottoponendosi
al vaglio selettivo del mercato, è comunque quella di realizzare un valore di scambio dei propri out-put superiore al costo
degli in-put impiegati, appropriandosi, nella misura più elevata possibile, della differenza tra i due valori (ossia del plusvalore generato con la sua attività).” Cozzi e Ferrero [2000, p.9].
512
Si apre quindi il dibattito su quale sia la dimensine territoriale che consente un governo efficiente ed efficace di una
comunità territorialmente localizzata e sue dinamiche turistiche. Di conseguenza occorre riflettere se sia o meno il caso di
ridiscutere la distribuzione delle responsablità fra i vari livelli di governo del territorio: Comuni; Comunità Montane, Città
metropolitane, Unioni, ecc.; Provincie e Regioni.
513
Per un’analisi del ruolo dei tour operator vds Della Corte [2004].
266
Esperienze, Marketing e Territorio
territoriale (viventi e/o vitali) capaci di progettare, produrre e commercializzare esperienze
turistiche.
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