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Esperienze, Marketing e Territorio

Esperienze, Marketing e Territorio UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA Dottorato di ricerca Impresa e Mercato – XVII Ciclo ESPERIENZE, MARKETING E TERRITORIO Uno schema logico per l’analisi e la gestione dei sistemi d’offerta turistica territoriali Tesi di dottorato di Fabio Forlani Anno 2004 1 Fabio Forlani UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA Dottorato di ricerca Impresa e Mercato – XVII Ciclo ESPERIENZE, MARKETING E TERRITORIO Uno schema logico per l’analisi e la gestione dei sistemi d’offerta turistica territoriali Tesi di dottorato di Fabio Forlani Coordinatore Chiar.mo Prof. Gianni Cozzi Tutore Chiar.mo Prof. Tonino Pencarelli Anno 2004 2 Esperienze, Marketing e Territorio 3 Fabio Forlani A Claudia 4 Esperienze, Marketing e Territorio In copertina Fatidicus OplasTeatro di Umbertine (Pg) e Li Zanzeri di Mondaino (Rn) Palio de lo Daino, Mondaino, Agosto 2001 5 Fabio Forlani INDICE INTRODUZIONE I 1.1 1.2 1.3 1.4 I 1.5 1.6 LA NATURA DELLA SCIENZA E LA VISIONE DEL MONDO Thomas Kuhn e la natura della scienza Tre questioni di fondo: Ontologia, Epistemologia e Metodologia Le visioni del mondo nella ricerca sociale L’ontologia di Humberto Maturana: verso una fondazione biologica delle scienze sociali La terza via sistemica: verso la “scienza della vita” L’ epistemologia e la metodologia di Francisco Varela II 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9 L’APPROCCIO SISTEMICO: LA TERZA VIA DELLA RICERCA SCIENTIFICA L’evoluzione del pensiero sistemico La teoria dei sistemi complessi dinamico L’autopoiesi, l’organizzazione della vita I sistemi sociali La dimensione sociale della coscienza e la mente incarnata Un modello sistemico per la realtà sociale L’importanza dello schema: le reti piccolo mondo Il processo d’emersione e le proprietà sistemiche L’identikit di un sistema complesso dinamico III 3.1 3.4 3.5 3.6 I SISTEMI E L’IMPRESA L’approccio sistemico negli studi di economia e gestione delle imprese 3.1.1 L’impresa come sistema meccanico 3.1.2 L’impresa come sistema vivente 3.1.3 L’impresa come sistema vitale L’impresa e le teorie dei sistemi complessi dinamici Il concetto di prodotto come chiave per interpretare i fenomeni imprenditoriali nella prospettiva sistemica L’impresa e i rapporti con i sovra-sistemi L’impresa e il sovra-sistema territorio L’impresa e i sistemi d’offerta territoriali IV IL CONTRIBUTO DEL MARKETING ALLA COMPRENSIONE E ALLA GESTIONE DEI 3.2 3.3 1 8 9 14 20 23 29 32 33 36 38 40 42 48 55 59 59 60 63 69 73 76 78 80 SISTEMI SOCIOECONOMICI 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 L’evoluzione del rapporto dell’impresa con il sovra-sistema mercato Gli elementi logici di base del marketing concept Le opportunità e i limiti dell’applicazione del marketing alla gestione di sistemi socioeconomici diversi dall’impresa Il concetto di mercato nella prospettiva sistemica Il marketing concept nella prospettiva sistemica Lo schema e il processo di marketing assunto a riferimento 103 Il ruolo della funzione di marketing 6 86 90 93 96 100 106 Esperienze, Marketing e Territorio V 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 L’ESPERIENZA COME PRODOTTO La definizione di esperienza Marketing esperienziale Il prodotto-esperienza e la progressione del valore economico Le caratteristiche dei Servizi, delle Esperienze e delle Trasformazioni Economia delle esperienze vs marketing esperienziale? L’azienda e il modello teatrale: da business a show business? VI IL PRODOTTO TURISTICO: DA PRODOTTO TURISTICO GLOBALE AD ESPERIENZA 111 114 118 122 128 130 TURISTICA 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 VII 7.1 7.2 7.3 7.4 7.5 7.6 VIII Il fenomeno turismo nella prospettiva dell’economia dell’esperienza La necessità di un salto concettuale: da prodotto turistico globale ad esperienza turistica Le specificità del prodotto-esperienza turistica Un modello d’analisi dei prodotti esperienze turistiche La necessità di un nuovo modello di riferimento per la produzione turistica: il teatro Elementi per la progettazione dell’esperienza turistica IL TERRITORIO COME “PALCOSCENICO” DEI SISTEMI TURISTICI Il territorio come “palcoscenico” del sistema economico locale Le componenti fondamentali del sistema politico-territoriale Il ruolo strategico dell’organo di governo del sistema politico-territoriale Il circolo virtuoso formazione, attrattività e valore Il marketing territoriale L’applicazione del marketing management ai sistemi territoriali. Opportunità e limiti. 139 144 148 151 156 162 171 174 177 180 184 187 UN MODELLO DI GESTIONE ORIENTATO AL MERCATO PER I SISTEMI D’OFFERTA TURISTICA TERRITORIALI 8.1 8.2 8.3 8.4 8.5 Dalla competizione fra imprese turistiche alla competizione fra sistemi d’offerta turistica Località, sistemi d’offerta, distretto e destinazione. Il dibattito nella letteratura italiana Un nuovo schema concettuale: i sistemi d’offerta turistica territoriali (SOTT) Un modello di gestione dei sistemi di offerta turistica territoriali 8.4.1 La visione strategica (La finalità del sistema) 8.4.2 Lo schema organizzativo (La forma) 8.4.3 La struttura operativa (La materia da cui emerge il sistema) 8.4.4 Il processo d’emersione del sistema d’offerta 8.4.5 L’immagine complessiva del sistema Un modello di marketing per l’emersione (progettazione, commercializzazione, produzione) delle esperienze turistiche 8.5.1 Il marketing nei sistemi d’offerta 8.5.2 L’innovazione concettuale nel marketing mix: l’esperienza come “prodotto emergente” 8.5.3 Il marketing mix nelle tre fasi (sogno, sensazioni, ricordo) dell’emersione dell’esperienza. Ipotesi di ricerca 8.5.4 Il controllo (feedback) dei risultati 7 192 193 197 199 200 201 205 210 210 211 211 212 215 218 Fabio Forlani IX 9.1 9.2 9.3 9.4 9.5 9.6 9.7 9.8 I CASI STUDIO Obiettivi dello studio e metodologia utilizzata La legislazione di riferimento della Regione Marche Il S.T.L Urbino e il Montefeltro Il S.T.L Altamarina – Spiagge e castelli tra Pesaro e Gabicce Mare Il S.T.L MarcaBella – Natura Vestita di Storia La legislazione di riferimento della Regione Emilia-Romagna Il distretto-sistema turistico della Provincia di Rimini Marketing e management delle destinazioni turistiche: luci ed ombre dei sistemi turistici locali BIBLIOGRAFIA GENERALE 222 225 227 230 233 236 238 247 254 8 Esperienze, Marketing e Territorio INTRODUZIONE Il presente lavoro si caratterizza per l’approfondimento dei tre concetti richiamati nel titolo (Esperienze, Marketing e Territorio) e del loro risultato sistemico: il prodotto esperienza turistica. L’esperienza (o prodotto-esperienza) è il concetto che si è utilizzato per analizzare i fenomeni turistici. Tale concetto ci ha consentito di studiare la vacanza, in quanto esperienza di vita di una persona in un dato periodo temporale e in un dato luogo, come unità d’analisi autonoma e distinta dal concetto dei servizi turistici. Facendo leva sul concetto di prodotto-esperienza e sul modello del teatro [Pine e Gilmore, 2000; Pencarelli e Forlani, 2002] si sono, infatti, interpretati i fenomeni turistici come attività umane (processi) che emergono attraverso l’interazione degli attori dell’offerta e della domanda su di un “territorio-palcoscenico”. Analizzando i fenomeni turistici, così definiti, dalla prospettiva dell’economista d’impresa si è sottolineato, inoltre, che essi non devono semplicemente “succedere”, ma devono essere progettati, prodotti e venduti (generati e governati). Il marketing, in quanto filosofia gestionale e corpus di strumenti strategici e operativi [Cozzi e Ferrero, 2004] diviene, allora, un riferimento chiave per la gestione dei sistemi di produzione (d’offerta) turistica che competono sui mercati nazionali e internazionali. Obbiettivo dello studio è stato pertanto duplice: in primo luogo delineare uno schema logico per l’analisi manageriale dei fenomeni turistici; in secondo luogo, con riferimento a tale schema, proporre un modello di gestione dei sistemi di offerta turistica a dimensione territoriale (SOTT) capace di tener conto del rapporto esistente fra prodotto (esperienza turistica) e produttore (sistema d’offerta turistica)1. Dal punto di vista metodologico il lavoro è il risultato dell’analisi della letteratura di economia e gestione delle imprese, della letteratura turistica di matrice economico aziendale e delle ricerche empiriche aventi ad oggetto i fenomeni turistici dei territori delle Province di Rimini e di Pesaro e Urbino. Il percorso di studio qui descritto si è svolto in due fasi. In una prima fase il tentativo di superare i limiti che sono emersi dai concetti di prodotto turistico globale2 [Rispoli e Tamma, 1995; Casarin, 1996] e dall’applicazione del marketing dei servizi al turismo ci ha portato a sviluppare il concetto di esperienza turistica [Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002] e ad intraprendere lo studio del pensiero sistemico3. Si è ritenuto opportuno assumere l’approccio sistemico (scelta di campo o visione del mondo [Kuhn, 1978]) a riferimento dell’attività di ricerca, poiché, ci è sembrato capace di fornire un quadro unitario, articolato e coerente, della natura umana, del comportamento umano e delle dinamiche sociali. In base a tale logica si è 1 La necessità di approfondire e chiarire le implicazioni che il passaggio dalla produzione di servizi turistici alla produzione d’esperienze determina sulle attività di marketing e sulla gestione delle imprese turistiche è stato quindi lo spunto iniziale del presente lavoro. Tali implicazioni possono essere così schematizzate: necessità di capire la natura e le specificità del prodotto-esperienza; necessità di capire la natura e le specificità del produttore d’esperienze; necessità di ridefinire il management e il marketing delle organizzazioni turistiche in modo coerente alla natura e alla specificità del prodotto offerto. 2 La presente tesi di dottorato nasce e si sviluppa a partire da un’ipotesi di ricerca, in tema di marketing turistico, emersa durante la stesura della tesi di laurea di chi scrive: “Il marketing turistico nella prospettiva dell’economia delle esperienze”. In tale occasione si è ipotizzato che il prodotto turistico sia un’esperienza di vita di una persona in un dato momento ed in un dato luogo, o in altre parole che l’esperienza di vacanza sia il prodotto offerto dal sistema turistico. 3 “Un sistema, come tale, non esiste nella realtà. Esso è frutto di un operazione cognitiva che un osservatore compie distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un significato proprio. … non è possibile giungere ad una conoscenza oggettiva e completa, ma solo ad una conoscenza soggettiva e approssimata. In molti percorsi di conoscenza ciò che conta per lo studioso non è tanto cogliere la realtà nella sua oggettiva interezza, quanto piuttosto assicurarsi che la prospettiva di indagine assunta e le relative osservazioni siano coerenti con le premesse logiche e con le finalità della ricerca.” Golinelli [2000, p.75-76]. 9 Fabio Forlani applicata la matrice concettuale (di analisi imprenditoriale) dell’impresa sistema vitale [Golinelli, 2000 e 2002] ai distretti-sistemi turistici [Pencarelli e Forlani, 2002]. In questa fase [2002-2004] si sono verificate empiricamente le capacità interpretative di tali assunti teorici analizzando il distretto turistico della Provincia di Rimini [§ 9.7] e i Sistemi Turistici Locali della Provincia di Pesaro e Urbino [§9.4, §9.5, §9.6; Pencarelli e Forlani, 2005]. Allo stesso tempo, si è cercato di comprendere la complessità e la natura delle dinamiche socioeconomiche territoriali attraverso lo studio e l’applicazione del marketing territoriale ad alcuni centri storici della provincia di Pesaro e Urbino [Forlani, 2003]. I risultati di queste ricerche hanno confermato la validità descrittiva e interpretativa del concetto di prodottoesperienza e di esperienza turistica, ma, allo stesso tempo, hanno evidenziato alcuni limiti di applicazione dello schema organizzativo del Sistema Vitale. Nella nostra attività di ricerca si è, infatti, verificato che l’organizzazione sistemica definita come “in via di compimento”, manifestava segni di vitalità uguali, se non superiori, a quelle classificate come sistemi vitali. La necessità di individuare un modello d’analisi che riuscisse a spiegare come possano esistere, sopravvivere e svilupparsi dei sistemi che non assumono la forma di sistemi vitali, ci ha quindi spinto ad esplorare le teorie dei sistemi viventi (“scienza della vita” o dei sistemi complessi dinamici) [Varela e Maturana, 1985 e 1987; Maturana, 1990, Capra, 1997 e 2002]. L’analisi dei fenomeni turistici e dell’organizzazione della produzione turistica territoriale alla luce dei concetti dei sistemi complessi dinamici (viventi) ha costituito la seconda fase di ricerca. Il corpus teorico del presente lavoro è, dunque, il frutto di questo ultimo momento di studio. I casi studio riportati nell’ultimo capitolo sono stati elaborati, invece, utilizzando i dati raccolti con riferimento alla prima fase di ricerca. Per tale motivo le evidenze empiriche non vanno intese come casi esemplari [Kuhn, 1978], ma come stimoli intellettuali che segnalano la necessità di definire un quadro teorico che superi i limiti interpretativi dei concetti ora in auge. Per quanto concerne la metodologia di rilevazione empirica dei dati, sono state utilizzate tecniche qualitative quali l’intervista qualitativa, l’osservazione partecipante, l’osservazione dissimulata, e l’analisi dei documenti pubblici dei sistemi osservati [Corbetta, 1999]. Dallo studio svolto sono emersi diversi elementi di interesse per la gestione dei fenomeni turistici in una prospettiva imprenditoriale e manageriale: - Si è verificato che l’utilizzo del concetto di prodotto-esperienza permette di reinterpretare i fenomeni turistici e consente di effettuare il salto concettuale da prodotto turistico globale a esperienza turistica [cap. 6; Pencarelli e Forlani, 2002]. - Si sono evidenziate le specificità del prodotto esperienza turistica e si sono ipotizzate possibili modalità di analisi, progettazione e gestione di tale prodotto [cap. 6]. - Si è verificata la capacità descrittiva e normativa del modello teatrale. L’evidenza che l’esperienza turistica nasce dall’interazione su di un dato palcoscenico (territorio, luogo) degli attori della domanda (turisti) e dell’offerta (operatori e popolazione locale) permette, infatti, di concepire la vacanza come uno spettacolo teatrale. Si sottolinea così che, come ogni spettacolo, anche l’esperienza turistica va sceneggiata e diretta (regia). - Si è riscontrato che la prospettiva d’analisi sistemica-territoriale sottolinea che la competizione rilevante e strategicamente prioritaria per l’industria turistica di un territorio è sempre più fra sistemi d’offerta turistica piuttosto che fra singole imprese turistiche4. - Si è verificata l’applicabilità e la validità descrittiva e interpretativa dei concetti elaborati all’interno del pensiero sistemico e delle teorie dei sistemi viventi ai fenomeni turistici. Si è, infatti, evidenziato come le nozioni di struttura, schema di organizzazione, processo (emersione) e significato permettono di comprendere e interpretare il divenire dei sistemi 4 Queste ultime competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda di servizi turistici, ma nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti gli altri attori presenti in una località e in un distretto turistico) a formare l’offerta di esperienze di una destinazione turistica. 10 Esperienze, Marketing e Territorio - sociali e quindi anche dei sistemi turistici. Attraverso tale modello si è constatato che possono essere vivi e sopravvivere sia sistemi d’offerta territoriali che hanno un organo di governo legittimato e riconosciuto (sistemi vitali), sia sistemi d’offerta che hanno al loro interno un rapporto di cooperazione-conflitto fra i sub-sistemi e che non hanno un unico organo di governo fisso e definito (sistema vivente) [cap.9]. Si è verificato, in tema di governo dei sistemi territoriali a vocazione turistica [cap.7 e cap.8] che la separazione della gestione e della valorizzazione del territorio-palcoscenico, (responsabilità di natura politico-istituzionale) dalla progettazione, produzione e commercializzazione dei prodotti-vacanze (responsabilità tipicamente imprenditoriale) facilità l’elaborazione delle politiche e delle azioni manageriali e di marketing5 [cap.9]. In base a tali considerazioni la proposta che si avanza in questa sede, in tema di destination management, è suddividere le responsabilità di governo dei fenomeni turistici fra i sistemi territoriali e i sistemi d’offerta nel seguente modo [cap.8 e cap.9]: - Al sistema territoriale politico-istituzionale avente natura pubblica (Provincia, Comunità montana, Città metropolitana, ecc.) va assegnata la responsabilità del governo politico dell’intera comunità territorialmente localizzata6, compreso il rafforzamento dell’identità del sistema territoriale e la promozione delle offerte economiche dell’intero sistema [vds cap.7]. - Ai sistemi d’offerta turistica territoriali di natura imprenditoriale (Club di prodotto, Consorzi, Cooperative, Sistemi d’offerta, STL, SLOT, ecc.) va assegnata la responsabilità di progettare, produrre e vendere le esperienze turistiche (centrale diviene in tale ottica l’attività dei tour operator incoming) [vds cap.8]. In tale prospettiva sembra particolarmente interessante e meritevole di approfondimenti il caso della Provincia di Rimini, in cui si cerca d’integrare la legge regionale E.R. 7/98 orientata a favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti turistici da parte di aggregazioni di operatori turistici privati con la legge nazionale 135/2001 orientata alla creazione di sistemi territorialmente localizzati. Il lavoro sviluppa i temi appena presentati attraverso nove capitoli. Nel primo capitolo si riflette sui temi della natura della scienza, dell’epistemologia e della metodologia della ricerca. In particolare nel paragrafo 1.1 si sottolinea il ruolo che la visione del mondo assunta (consapevolmente o inconsapevolmente) dal ricercatore ha sul suo processo di conoscenza (osservazione dei fenomeni). Si chiarisce, quindi, che il termine paradigma viene utilizzato per indicare una matrice disciplinare che poggia su una visione del mondo e che è attraverso tale matrice che il ricercatore percepisce i fenomeni osservati. Nel corso del primo capitolo, conseguentemente, vengono brevemente presentate le tre matrici disciplinarie dominanti nelle scienze sociali che si collegano a tre distinte visioni del mondo [Corbetta, 1999]: pensiero positivista, pensiero costruttivista e pensiero sistemico [Corbetta, 1999; Capra, 1997; Maggi, 2003]. In base alle conoscenze possedute, alle esperienze di ricerca, di vita e alle scelte morali di chi scrive si è, quindi, scelto di assumere a riferimento il pensiero sistemico. Fra gli autori più significativi di tale pensiero ci si è soffermati sui 5 Dall’indagine di alcuni STL delle Marche e dell’Emilia Romagna, tenendo conto che si tratta in ogni modo di esperienze assai recenti e che per essere comprese e valutate compiutamente richiedono una lettura lungo un orizzonte temporale più esteso, risulta, infatti, che nei STL vi è scarso e comunque insufficiente orientamento al marketing strategico ed operativo. Un maggior orientamento al marketing implicherebbe, infatti, una maggiore attenzione ai processi di segmentazione e posizionamento ed alle attività volte a progettare, produrre, comunicare e vendere sul mercato prodotti-esperienze (output del sistema) [cfr Pencarelli e Forlani, 2005]. Emerge, piuttosto, un’eccessiva attenzione al perseguimento di finalità sistemiche di natura politica, ciò che comporta attività di promozione generalizzata del territorio e massimizzazione del consenso. 6 Si apre quindi il dibattito su quale sia la dimensione territoriale che consente un governo efficiente ed efficace di una comunità territorialmente localizzata e sue dinamiche turistiche. Di conseguenza occorre riflettere se sia o meno il caso di ridiscutere la distribuzione delle responsabilità fra i vari livelli di governo del territorio: Comuni; Comunità Montane, Città metropolitane, Unioni, ecc.; Province e Regioni. 11 Fabio Forlani contributi di Maturana e Varela [1985 e 1987] e Capra [2002]. L’impostazione ontologica di Maturana [1993], in particolare, sembra indicare la necessità di una fondazione biologica delle scienze sociali. Fondazione biologica che, partendo dallo schema biologico dei sistemi viventi, permette di studiare i sistemi sociali attraverso le tematiche della cognizione e del linguaggio e quindi dell’esperienza [§1.4, §1.5 e §1.6]. Nel secondo capitolo vengono ripresi alcuni temi sollevati nel primo capitolo e si mostra come possano essere integrati all’interno del paradigma di ricerca assunto nel presente lavoro: l’approccio sistemico [Capra, 1997, 2002]. Studi sistemici sono oramai consolidati nelle scienze naturali, nelle neuro-scienze, nei contesti sociali, a dimostrazione delle potenzialità di tale prospettiva di ricerca. Attraverso il pensiero di Maturana e Varela, Capra ed altri, si è cercato di presentare uno schema di sintesi che applica le teorie dei sistemi dinamici (sistemi viventi) alla realtà sociale [§2.6] [Capra, 2002]. Tale modello si sviluppa attraverso i concetti di struttura (materia), schema organizzativo (forma), processo (emersione) e significato (finalità dell’agire umano). L’estensione della visione sistemica della vita ai fenomeni sociali si basa sull’assunto (scelta ontologica) che esista un’essenziale unità nell’ambito della vita e che sistemi viventi fra loro diversi presentino schemi organizzativi simili (reti). Questo assunto è avvalorato dalle ultime ricerche sull’evoluzione della vita [Capra, 1997, 2002] sul nostro pianeta, che affermano che essa si è sviluppata per miliardi di anni seguendo sempre gli stessi schemi. In corrispondenza all’evolversi della vita questi schemi divengono sempre più complessi, ma si tratta pur sempre di variazioni sugli stessi temi fondamentali. In particolare uno degli schemi fondamentali di organizzazione diffuso in tutti i sistemi viventi è quello reticolare. Il capitolo si chiude sottolineando che estendere al dominio sociale la visione sistemica della vita significa, quindi, applicare alla realtà sociale la conoscenza degli schemi e dei principi di organizzazione della vita stessa e specialmente la comprensione delle reti viventi. Nel terzo capitolo si dimostra che il pensiero sistemico è presente anche negli studi economico-manageriali [Vicari, 1991; Golinelli, 2000]. Partendo dagli studi sistemici dell’impresa (impresa sistema vivente, §3.1.2, e impresa sistema vitale, §3.1.3), si cerca quindi di interpretare l’impresa come sistema complesso dinamico [§3.2] utilizzando lo schema concettuale mostrato nel capitolo 2. L’applicazione del pensiero sistemico, nato in un contesto biologico, ci consente di interpretare l’impresa o i sistemi d’imprese attraverso lo schema organizzativo proprio sia dei sistemi vitali che dei sistemi viventi. In questo lavoro si arriva, quindi, a ipotizzare che i primi possano essere ritenuti un caso specifico dei secondi [§3.2]. In seguito si evidenzia come l’utilizzo dell’approccio sistemico e la scelta di porre al centro delle pratiche d’impresa il concetto di prodotto, inteso come qualsiasi output del sistema di produzione [Rispoli e Tamma, 1992], esalta il ruolo delle modalità intersistemiche di creazione e trasferimento dei prodotti con e a sistemi terzi. Quindi, partendo dalla constatazione che il sistema impresa è inserito all’interno di sistemi di diversa natura, vengono esplorati i rapporti delle imprese con i sovra sistemi [§3.4] e con il sovra sistema territorio in particolare [§3.5]. Il capitolo si chiude con la descrizione di uno schema utile per comprendere i sistemi d’offerta territoriali (SOT) [§3.6] che si fonda sui nodi concettuali dei sistemi viventi. Nel quarto capitolo si analizza il contributo che la filosofia e gli strumenti (strategici e operativi) di marketing possono fornire alla gestione e al governo dei sistemi d’offerta che emergono dal territorio. Lo studio parte dall’evoluzione del rapporto impresa-mercato [§4.1] [Cozzi e Ferrero, 2004], dai principi del Marketing concept [§4.2] e dalle opportunità e dai limiti dell’applicazione di tale concetto alla gestione dei sistemi socioeconomici diversi dall’impresa [§4.3]. Si arriva, così, a evidenziare la necessità di analizzare, in una prospettiva 12 Esperienze, Marketing e Territorio sistemica, sia il concetto di mercato [§4.4] sia alcuni passaggi logici della disciplina di marketing [§4.5]. Coerentemente agli assunti teorici, in questo capitolo, si arriva a delimitare il significato e il ruolo del marketing, definendolo come una filosofia e una strumentazione gestionale valida per la progettazione e la produzione di output da commercializzare sul mercato. In tale ottica il marketing va inteso come disciplina creativa (insieme di tecniche che cercano di creare le condizioni per uno scambio di mercato vantaggioso) e non come disciplina scientifica. In seguito si presenta brevemente lo schema e il processo di marketing [Cozzi e Ferrero, 2000 e 2004; Kotler et al., 2002; Gummesson, 1999] assunto a riferimento nel proseguo del lavoro, a cui si affida il compito di riduzione e di gestione della complessità ambientale. Nel quinto capitolo si definisce l’esperienza come prodotto distinto dai servizi o dai beni [§5.1 e §5.3]. In tale prospettiva si dimostra, innanzitutto, che il marketing esperenziale [Schmitt, 1999b] è concettualmente differente [§5.2 e §5.5] dall’impostazione dell’economia delle esperienze di Pine e Gilmore [2000 e 2002]. Il primo, infatti, teorizza l’utilizzo delle tecniche esperienziali per differenziare l’offerta dei beni e dei servizi, mentre i secondi teorizzano la necessità di concepire l’esperienza come prodotto e come business a se stante. In questo capitolo, partendo dal modello della progressione del valore economico [Pine e Gilmore, 2000] vengono mostrate le peculiarità e le caratteristiche delle esperienze e delle trasformazioni [§5.4]. Vengono quindi poste in evidenza le implicazioni manageriali che comporta la loro produzione e si sottolinea che la specificità del prodotto offerto richiede un nuovo modello di riferimento: il modello teatrale [§ 5.6]. Attraverso il modello teatrale si ipotizza, infine, che le imprese o i sistemi imprenditoriali che vogliono produrre esperienze devono preparasi a fare il salto dal mondo del business al mondo dello show business. Il sesto capitolo affronta lo studio del fenomeno socio-economico oggetto di questo studio: il turismo (§6.1). Si dimostra innanzitutto, che l’utilizzo del concetto di prodotto-esperienza permette di reinterpretare il fenomeno turismo e consente di effettuare il salto concettuale da prodotto turistico globale a esperienza turistica [§6.2] [Pencarelli e Forlani, 2002]. Questo passaggio logico permette di evidenziare le specificità del prodotto turistico [§6.4] e di ridefinire modalità di analisi, progettazione e gestione del prodotto esperienza turistica. Utilizzando il modello teatrale si sottolinea che l’esperienza turistica nasce dall’interazione su di un dato palcoscenico (territorio, luogo) degli attori della domanda (operatori e popolazione locale) e dell’offerta (turisti). Concependo la vacanza come uno spettacolo da sceneggiare si riesce così a comprendere, e quindi progettare, le vacanze che si vogliono offrire (gli ambiti dell’esperienza turistica [§6.4]) e si riescono a ipotizzare dei modelli di produzione della stessa [§6.5 e §6.6]. L’analisi svolta nel capitolo, anche grazie all’utilizzo dei modelli di produzione teatrale, consente di mettere a fuoco alcune problematiche di governo dei fenomeni turistici. Tali modelli permettono, infatti, di affrontare due questioni chiave: chi scrive la trama (o dramma) della vacanza?, chi cura la regia della rappresentazione? La risposta a tali domande ci consente, quindi, di pervenire a tre possibili percorsi di messa in scena dell’esperienza: l’esperienza su copione, l’esperienza su canovaccio, l’esperienza improvvisata. Nel settimo capitolo si è affrontato lo studio del rapporto esistente fra sistemi d’offerta territoriali e i sistemi politico-istituzionali territoriali. Attraverso lo studio delle componenti fondamentali del sistema politico territoriale [§7.2], del ruolo assunto dal suo organo di governo [§7.3] e del rapporto dinamico fra gli elementi del sistema territoriale si evidenzia così la necessità di distinguere fra “circolo politico” e “circolo economico”. L’esistenza di due circoli distinti che operano con finalità distinte, anche se collegate, porta a sostenere la necessità di una separazione fra sistemi finalizzati al governo del territorio (sistemi politico13 Fabio Forlani istituzionali) e sistemi finalizzati alla produzione economica di output (sistemi imprenditoriali). In tale prospettiva si dimostra, anche attraverso lo studio del marketing territoriale [§7.5], che il territorio non deve essere concepito come un prodotto da porre sul mercato (e quindi oggetto delle politiche di marketing), ma come un “palcoscenico” su cui emergono differenti sistemi socio economici (sistemi territoriali e sistemi d’offerta territoriali). Nell’ottavo capitolo si applicano i concetti di sistema e di esperienza sia per comprendere il funzionamento dei sistemi d’offerta turistica territoriali (modello di analisi), sia per proporre un modello di gestione degli stessi. Attraverso la prospettiva d’osservazione utilizzata in questa tesi si indica che nel turismo è oramai evidente il passaggio dalla competizione fra imprese turistiche alla competizione fra sistemi d’offerta turistica. Si sottolinea, inoltre, come l’approccio presentato permette di prendere posizione nel dibattito sul destination management (Distretti turistici, Sistemi Turistici Locali, Club di prodotto, ecc ) in corso nella letteratura economico aziendale. L’approccio sistemico territoriale consente, infatti, di chiarire il rapporto esistente fra prodotto turistico (esperienza), produttore di turismo (sistema d’offerta turistico) e territorio (palcoscenico). In chiusura di capitolo viene proposto un modello di gestione orientato al mercato (§ 8.4) dei sistemi di offerta turistica territoriali che fa leva sui concetto di sistema vitale (e quindi anche vivente). Tale modello poggia sull’integrazione coerente delle dimensioni: Significato (finalità o visione del sistema), Schema Organizzativo (organizzazione e gestione delle relazione inter e sovra sistemiche), Struttura (componenti strutturali quali l’attrattività, l’accessibilità, l’accoglienza, l’ambientazione e l’animazione) e Processo (emersione del sistema e quindi dell’esperienza). Infine, si ipotizzano e si abbozzano delle linee guida per un modello di marketing per la progettazione, la commercializzazione e la produzione delle esperienze turistiche [§8.5] che faccia leva sui modelli teatrali evidenziati nel capitolo 6. Nel nono e conclusivo capitolo si riportano una serie di materiali empirici derivati dalla ricerca sul campo. In particolare si analizzano i casi dei Sistemi Turistici Locali “Urbino e il Montefeltro”, “Altamarina” e “Marcabella” delle Provincia di Pesaro e Urbino e il Sistema Turistico Locale “Riviera di Rimini” della Provincia di Rimini. Il lavoro si conclude con alcune riflessioni in merito alla legge 135/2001 e sulle problematiche di management e di marketing dei STL da essa promossi. Anche se la struttura di questo lavoro e le argomentazioni in esso contenute sono frutto di elaborazioni personali, alle quali solamente attribuire la responsabilità di eventuali errori o omissioni, un sincero ringraziamento va a tutti coloro che variamente hanno concorso nel processo di redazione di questo lavoro. “Esperienze, Marketing e Territorio” è, infatti, il frutto dell’interazione sistemica di chi scrive con se stesso, con le persone che ha frequentato e con il modo che lo circonda. Fabio Forlani Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Marzo 2005 14 Esperienze, Marketing e Territorio I LA NATURA DELLA SCIENZA E LA VISIONE DEL MONDO “La verità emerge più facilmente dall’errore che dalla confusione” F.Bacone. 1.1 Kuhn e la natura della scienza La riflessione di Khun, esposta nel suo celebre saggio The Structure of Scientific Revolution7 [1962 e 1970], ha per oggetto lo sviluppo storico delle scienze, e costituisce un rifiuto della concezione tradizionale della scienza intesa come accumulazione progressiva e lineare di nuove acquisizioni. Secondo la tradizionale concezione cumulativa, infatti, le singole invenzioni e scoperte scientifiche si aggiungerebbero al corpo conoscitivo precedente, alla stregua di mattoni che si sovrappongono nella costruzione di un edificio a più piani. Dallo studio di Kuhn della storia della scienza8 emerge che questo è il processo tipico della scienza in tempi <<normali>>, in tali periodi la ricerca è guidata da un paradigma. L’autore evidenzia, però, che esistono anche dei momenti <<rivoluzionari>> nei quali il rapporto di continuità col passato s’interrompe a sé assiste alla contesa fra teorie scientifiche che competono per affermare un nuovo paradigma scientifico. Per Kuhn un paradigma scientifico è “una costellazione di conclusioni – concetti, valori, tecniche eccetera – condivise da una comunità scientifica, e usate dalla comunità per definire problemi e soluzioni leciti. […] Un paradigma è ciò che viene condiviso dai membri di una comunità scientifica, e, inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che condividono un certo paradigma”. [Kuhn, 1978, p.213] Nei periodi rivoluzionari o preparadigmatici si assiste allora ai seguenti comportamenti :“… i primi stadi di sviluppo della maggior parte delle scienze sono stati caratterizzati da una continua competizione tra numerose concezioni della natura, diverse le une dalle altre, ciascuna parzialmente derivata dai dettati dell’osservazione e del metodo scientifici, e tutte più meno compatibili con essi. Ciò che differenziava le varie scuole non era questo o quel difetto di metodo - tutte erano <<scientifiche>> - ma ciò che chiameremo le loro incommensurabili maniere di guardare al mondo e di praticare la scienza in esso.” [Kuhn, 1978, p.22] Nei periodi rivoluzionari i paradigmi scientifici raggiungono la loro posizione perché riescono meglio dei loro competitori a risolvere alcuni problemi che il gruppo degli specialisti ha riconosciuto come urgenti. Secondo Kuhn riuscire meglio, però, non significa riuscire completamente per quanto riguarda un unico problema o riuscire abbastanza bene per moltissimi problemi. L’autore citato evidenzia, infatti, come il successo di un paradigma è all’inizio, in gran parte, una promessa di successo e “la scienza normale consiste nella realizzazione di quella promessa, una realizzazione ottenuta estendendo la conoscenza di quei fatti che il paradigma indica come particolarmente rilevanti, accrescendo la misura in cui questi fatti si accordano con le previsioni del paradigma.”[p.44] 7 La versione originale in lingua inglese è Kuhn T., [1970], The Structure of Scientific Revolution, The University of Chicago. La versione utilizzata da noi è stata la traduzione italiana del 1978 pubblicata da Einaudi [Kuhn, 1978]. 8 Occorre ricordare che lo studio di Kuhn fa riferimento soprattutto alle scienze naturali e in modo particolare alla fisica e alla chimica. 15 Fabio Forlani In base alla struttura rivoluzionaria della natura della scienza si può quindi affermare che le operazioni di ripulitura e perfezionamento di teorie esistenti costituiscono l’attività che impegna la maggior parte degli scienziati nel corso di tutta la loro carriera. Queste operazioni di perfezionamento del paradigma costituiscono quella che Kuhn definisce scienza normale. Nella concezione di Kuhn della natura della ricerca scientifica si può quindi evidenziare che “Nessuna storia naturale può venire interpretata in assenza di un insieme anche implicito di credenze metodologiche e teoretiche intrecciate tra loro che permetta la scelta, la valutazione e la critica.” [Khun, 1978, p.36], o in altre parole che non c’è ricerca normale senza l’esistenza di un paradigma di riferimento. Spingendo ulteriormente oltre il pensiero dell’autore assunto qui a riferimento possiamo affermare che non c’è ricerca scientifica in assenza di una teoria da verificare o da invalidare: “L’esistenza di questa solida struttura di assunti – concettuali, teorici, strumentali e metodologici – è una delle principali giustificazioni della metafora che paragona la scienza normale alla soluzione di rompicapo. Poiché essa fornisce le regole che gli dicono che cosa sono il mondo e la sua scienza, colui che svolge attività di ricerca in un campo specializzato maturo può concentrare con sicurezza la propria attenzione sui problemi esoterici che queste regole e il livello di conoscenza raggiunto stabiliscono per lui. Ciò che allora costituisce per lui una sfida personale è come risolvere i rompicapo rimasti insoluti. Sotto questo e sotto altri aspetti, una discussione di rompicapo e di regole illumina la natura della pratica della scienza normale. […] La scienza normale è un attività altamente determinata, ma essa ha bisogno di essere interamente determinata da regole. […] Le regole, suggerisco, derivano dai paradigmi, ma i paradigmi possono guidare la ricerca anche in assenza di regole.” [Khun, 1978, p.64] Kuhn definisce quindi l’indispensabilità del paradigma nella ricerca scientifica, e ragionando sul rapporto tra scienziati e paradigma ritiene che sovente non si parli di paradigmi perché questi vengono dati per scontati. Per Kuhn, infatti, “Il fatto che gli scienziati di solito non si chiedono, o non discutono, che cosa renda legittimo un particolare problema o una particolare soluzione ci induce a supporre che, almeno intuitivamente, essi conoscono la risposta. Ma può anche semplicemente indicare che né la domanda né la risposta sono considerate rilevanti per la loro ricerca. I paradigmi possono essere anteriori, più vincolanti e più completi di ogni insieme di regole di ricerca che si possa inequivocabilmente estrarre da essi.”9 [Kuhn, 1978, p.68]. Secondo Kuhn la scienza normale è quindi un attività di risoluzione dei rompicapo, un’impresa altamente cumulativa. La scienza normale non ha, però, per scopo quello di trovare novità di fatto o teoriche e, quando ha successo, non ne trova nessuna. Tuttavia, la ricerca scientifica mette in luce ripetutamente fenomeni nuovi e insospettati, e continuamente teorie radicalmente nuove. La storia indica che l’impresa scientifica ha sviluppato una tecnica straordinariamente potente per produrre sorprese. Se ne ricava che la 9 Kuhn ritiene infatti che i paradigmi debbano avere uno status di priorità rispetto a quello di regole e assunti. Per poter sostenere tale tesi egli a individuato quattro ragioni su cui poggiare il proprio ragionamento: [1978, p.69-70]: • La grande difficoltà di scoprire le regole che hanno guidato le particolari tradizioni delle scienze normali. • La natura dell’educazione scientifica. • La scienza normale procede senza regole solo fin tanto che la comunità scientifica relativa accetta senza discutere le particolari soluzioni di problemi che sono già state raggiunte. Le regole acquistano importanza ogniqualvolta i paradigmi o i modelli sono sentiti insicuri. Il periodo preparadigmatico è, infatti, contrassegnato da frequenti e profonde discussioni circa la legittimità di certi metodi, problemi e modelli di soluzione, sebbene che tali discussioni servano piuttosto a definire scuole che a proporre un accordo. • Regole esplicite, quando ne esistano, sono di solito comuni a una comunità scientifica piuttosto vasta, ma i paradigmi non lo sono necessariamente. Coloro che svolgono attività scientifica in campi molto lontani, raggiungono la loro cultura assimilando nozioni abbastanza differenti esposte in testi molto differenti. 16 Esperienze, Marketing e Territorio ricerca governata da un paradigma deve essere una maniera particolarmente efficace di introdurre cambiamenti di paradigma. Le innovazioni fondamentali di fatto e teoriche portano, infatti, al superamento delle regole del gioco e alla iscrizione di tali regole. Quando accade ciò, secondo Kuhn, si può parlare di rivoluzione scientifica. Le rivoluzioni scientifiche sono prodotte dalla natura stessa della scienza e costituiscono il motore della ricerca scientifica. Prodotte inavvertitamente da un gioco che procede secondo un certo insieme di regole, la loro assimilazione richiede, infatti, l’elaborazione di un altro insieme di regole. Una volta che queste sono diventate parti della scienza, l’impresa scientifica, non è mai esattamente la stessa di prima, almeno per quanto riguarda quegli specialisti nel cui particolare campo di ricerca sono state scoperte le novità. Le novità e le scoperte scientifiche emergono secondo uno schema che si è ripetuto nel tempo: la previa presa di coscienza di un anomalia, la graduale e simultanea emergenza del loro riconoscimento sia sul piano delle osservazioni che su quello dei concetti, ed il conseguente mutamento, spesso accompagnato da resistenze, di procedimenti e categorie paradigmatiche. Secondo Kuhn [1978, p.89] “la novità di solito emerge soltanto per colui che, conoscendo con precisione che cosa dovrebbe aspettarsi, è in grado di rendersi conto che qualcosa non funziona. L’anomalia è visibile soltanto nello sfondo fornito dal paradigma. Quanto più preciso è tale paradigma e quanto più vasta è la sua portata, tanto più riuscirà a rendere sensibili alla comparsa di un’anomalia e quindi di un occasione per cambiare il paradigma. Nella forma normale in cui una scoperta ha luogo, perfino la resistenza al cambiamento ha un’utilità. Tale resistenza, assicurando che il paradigma non si arrenderà troppo facilmente, è una garanzia che gli scienziati non verranno distratti facilmente e che le anomalie che portano a un cambiamento del paradigma metteranno in discussione tutto l’insieme di conoscenze acquisite fino ad allora.” Le scoperte non sono però le sole fonti di questi mutamenti, insieme distruttivi e costruttivi di paradigmi. Cambiamenti analoghi, ma di solito di portata molto più vasta derivano anche dalla invenzione di nuove teorie. Una nuova teoria emerge soltanto dopo un clamoroso fallimento dell’attività volta a risolvere problemi nell’ambito della scienza normale. La nuova teoria si presenta, allora, come una risposta diretta alla crisi. Secondo Kuhn [1978, p.101] “Fin tanto che gli strumenti forniti dal paradigma continuano a dimostrarsi capaci di risolvere i problemi che questo definisce, la scienza si muove molto velocemente e penetra assai profondamente usando con fiducia questi strumenti. La ragione è evidente. Come nel processo di fabbricazione così anche nella scienza il cambiamento di strumenti è una stravaganza che va riservata per l’occasione che lo richiede. Il significato delle crisi sta nell’indicazione, da esse fornita, che l’occasione di cambiare strumenti è arrivata.” Quanto affermato ci consente di ricordare, ancora una volta, che per Kuhn la ricerca scientifica è sempre guidata, consciamente oppure no, da un paradigma: [1978, p. 103] “Una volta raggiunto lo status di paradigma, una teoria scientifica è dichiarata invalida soltanto se esiste un’alternativa disponibile per prenderne il posto. […] il giudizio in base al quale gli scienziati decidono di respingere una teoria precedentemente accettata si basa sempre su qualcosa di più di un semplice confronto di quella teoria col mondo. La decisone di abbandonare un paradigma è sempre al tempo stesso la decisione di accettarne un altro, ed il giudizio che porta a quella decisione implica un confronto sia dei paradigmi con la natura, sia di un paradigma con l’altro.” e ancora [1978, p.105]10 “Abbandonare un paradigma senza 10 Grassetto nostro. 17 Fabio Forlani al tempo stesso sostituirgliene un altro equivale ad abbandonare la scienza stessa. Se uno scienziato sceglie questa via, la sua azione si riflette non sul paradigma ma su lui stesso. Sarà inevitabile che i suoi colleghi lo considerino come <<il carpentiere che da la colpa ai suoi strumenti>>. La stessa argomentazione può essere svolta, quasi con la stessa efficacia, in senso contrario: non si può parlare di ricerca senza controfatti. Infatti, in che cosa si differenzia la scienza normale dalla scienza in stato di crisi? Non certo per il fatto che la prima non si trova di fronte a controfatti. Al contrario, ciò che abbiamo definito rompicapo che costituisce la scienza normale esiste soltanto perché nessun paradigma, che fornisca la base alla ricerca scientifica, riesce mai a risolvere completamente tutti i suoi problemi.”11 Attraverso la visione rivoluzionaria della scienza Khun riesce, così, a sottolineare il contributo dato dalle crisi nel processo di sviluppo scientifico. Per suscitare una crisi del paradigma, una anomalia deve, di solito, essere qualcosa di più di un’incongruenza pura e semplice. C’è sempre qualche difficoltà nel contatto fra il paradigma e la natura. Però, la maggior parte di queste difficoltà presto o tardi vengono risolte e spesso, mediante processi che non avrebbero potuto essere previsti. Si ha la transizione alla crisi e alla scienza straordinaria quando una anomalia, per diverse ragioni, viene a presentarsi come qualcosa di più che semplicemente un nuovo rompicapo della scienza normale. L’anomalia, per aprire una crisi e decretare il passaggio da scienza normale a scienza straordinaria, deve essere riconosciuta come tale da parte della maggior parte degli specialisti. Nel periodo di ricerca straordinaria, lo scienziato, apparirà corrispondere all’immagine che l’opinione corrente ha di lui. In primo luogo assumerà l’aspetto di colui che cerca a caso, tentando diversi esperimenti per vedere semplicemente che cosa accade. Al tempo stesso, poiché nessun esperimento può essere concepito senza una teoria di qualche genere, lo scienziato in crisi tenterà costantemente di produrre teorie speculative che, se accompagnate da successo, possono aprire la via a un nuovo paradigma, e, se seguite da insuccesso, possono essere abbandonate con relativa facilità. Il passaggio da una visione teorica all’altra è così globale e ha conseguenze così radicali sulla disciplina coinvolta, che Khun lo definisce rivoluzione e parla appunto di rivoluzione scientifica. In queste fasi si produce un cambiamento dei problemi da porre all’indagine scientifica e dei criteri con i quali la professione stabilisce che cosa si deve considerare come un problema ammissibile o come soluzione legittima. Si realizza, inoltre, un riorientamento profondo della disciplina che consiste “nella trasformazione della struttura concettuale attraverso la quale gli scienziati guardano il mondo” [Kuhn, 1978, p.151]. In periodi di rivoluzione, perciò, la tradizione della scienza normale muta, e la percezione che lo scienziato ha del suo ambiente deve essere rieducata: in alcune situazioni che gli erano familiari deve imparare a vedere una nuova Gestatl12. Dopo di che il mondo della sua ricerca gli sembrerà, in varie parti incommensurabile con quello in cui era vissuto prima. Questa è 11 Secondo Kuhn si possono notare due ragioni per le quali la scienza è parsa fornire un’illustrazione così adeguata della generalizzazione secondo cui la verità e la falsità sono unicamente ed inequivocabilmente determinate dal confronto delle affermazioni con i fatti [cfr. Popper, 1970] : - La prima è che la scienza normale si sforza continuamente di portare la teoria ed i fatti ad un accordo sempre più stretto, ed una simile attività può facilmente venire considerata la ricerca di una prova che confermi o invalidi le sue teorie. - La seconda è che il suo obbiettivo è quello di risolvere un rompicapo, il quale esiste proprio perché si accetta la validità del paradigma. L’insuccesso nel raggiungere una soluzione getta discredito, nell’ambiente scientifico, soltanto sullo scienziato e non sulla teoria. 12 Dagli studi della Gestalt [Kuhn, 1978, p.141] risulta che ciò che uno vede dipende sia da ciò a cui guarda, sia da ciò che la sua precedente esperienza visivo-concettuale gli ha insegnato a vedere. 18 Esperienze, Marketing e Territorio un’altra ragione per cui tra scuole guidate da paradigmi differenti sorgono sempre incomprensioni13. Il tema dell’incommensurabilità delle diverse visioni del mondo che guidano la ricerca scientifica è ancora oggi cruciale nel dibattito sulla natura della ricerca [Maggi, 2003]. Secondo Kuhn [1978, p.180-185] i sostenitori di teorie in contrasto fra di loro (candidate a divenire paradigma) sono condannati a fallire nei loro tentativi di comprendere fino in fondo il punto di vista dell’avversario per le seguenti ragioni: 1. I sostenitori di teorie in contrasto saranno spesso in disaccordo sui problemi concreti che dovrebbero essere risolti. I loro criteri e le loro definizioni di scienza non sono gli stessi. 2. Poiché un nuovo paradigma sostituisce il vecchio, di soliti esso contiene gran parte del vocabolario e dell’apparato, sia concettuale che operazionale, appartenuto al precedente paradigma. Ma raramente essi usano questi elementi ereditati nella maniera tradizionale. Questo genera una incomprensione fra scuole in competizione (tra vecchia e nuova o tra nuove scuole). 3. I sostenitori di teorie differenti praticano i loro “affari” in modo differente. Svolgendo le loro attività in modi differenti, i gruppi di scienziati vedono cose differenti quando guardano dallo stesso punto nella stessa direzione. Per queste ragioni prima che possano sperare di comunicare completamente, uno dei due gruppi deve fare l’esperienza di “conversione” che viene chiamata appunto spostamento di paradigma. Proprio perché è un passaggio tra prospettive incommensurabili, il passaggio da un paradigma ad uno opposto non può essere realizzato con un passo alla volta. Ma, come nel riorientamento gestalico, esso deve compiersi in una volta oppure non si compirà affatto. La ricerca straordinaria è caratterizzata, allora, dal conflitto fra teorie che cercano di “convertire” gli scienziati in crisi. I singoli scienziati abbracciano un nuovo paradigma per ogni genere di ragioni, e di solito per parecchie ragioni allo stesso tempo14. In questi dibattiti sulla scelta del paradigma il punto cruciale in discussione è quello di decidere quale paradigma debba guidare la ricerca in futuro, su molti problemi dei quali nessuno dei due competitori può ancora pretendere di risolvere completamente. Bisogna, infatti, decidere tra forme alternative di fare attività scientifica e, date le circostanze, una tale decisione deve essere basata più sulle promesse future che sulle conquiste passate. Lo scienziato che effettua la sua scelta deve cioè aver fiducia che il nuovo paradigma riuscirà in futuro a risolvere i molti vasti problemi che gli stanno davanti, sapendo soltanto che il vecchio paradigma non è riuscito a risolverne alcuni. Una decisione di tal genere può essere presa soltanto sulla base della fede. Per tale motivo si parla di conversione. Parlare di fede e conversioni può apparire troppo irrazionale per degli scienziati, ma Kuhn argomenta la questione nel seguente modo: una teoria riesce a svilupparsi e alla fine trionfare se conquista un primo gruppo di sostenitori che lo svilupperanno fino al punto in cui molte solide argomentazioni potranno venire prodotte e moltiplicate. Ciò che si verifica non è quindi una unica conversione di gruppo, quanto un progressivo spostamento della distribuzione della fiducia degli specialisti. La struttura per rivoluzioni, della natura della scienza, ci permette di far luce anche sul concetto di progresso scientifico. Il termine scienza è stato sempre, infatti, riservato a campi che progrediscono in maniera evidente. 13 Sull’incommensurabilità delle visioni del mondo vds anche Maggi [2003]. Secondo Kuhn la pretesa di essere in grado di risolvere i problemi che hanno provocato la crisi del precedente paradigma è una delle ragioni principali, ma non vanno dimenticate anche ragioni che non derivano dalla capacità del paradigma a risolvere problemi. A volte le nuove teorie vengono preferite perché <<più eleganti>>, <<più adatte>>, <<più semplici>> delle precedenti. 14 19 Fabio Forlani In base alla lettura di Kuhn della natura della ricerca scientifica si possono evidenziare le seguenti caratteristiche che la distinguono da altre discipline: • Il progresso scientifico non è generalmente diverso da quello che avviene in altri campi, ma l’assenza per la maggior parte del tempo di scuole in competizione fra loro, ognuna delle quali metta in discussione gli scopi e i criteri delle altre, fa sì che il progresso di una corporazione governata da una scienza normale sia più facile da vedere. • Si riscontra un isolamento senza eguali che una comunità scientifica matura mantiene rispetto alle richieste del mondo dei profani e della vita di ogni giorno15. Proprio perché lavora soltanto per un pubblico di colleghi, un pubblico che condivide i suoi valori e le sue convinzioni, lo scienziato può affidarsi ad un unico insieme di criteri. • L’educazione scientifica, soprattutto nelle scienze naturali, viene fatta su manuali e non sulle fonti originali. Si tratta di una forma di educazione specializzata, rigida e limitata che in qualche modo costituisce un iniziazione al paradigma. Questa preparazione è perfetta per la ricerca all’interno della scienza normale, per risolvere rompicapi all’interno della tradizione definita dal paradigma. • L’esistenza stessa della scienza dipende dall’affidare il potere di scegliere il paradigma ai membri di una comunità di tipo specifico. • Una comunità di tale genere considera un mutamento di paradigma come un progresso. Kuhn [1978, p.205] concepisce, quindi, il progresso scientifico come “un processo di evoluzione a partire da stadi primitivi: un processo i cui stadi successivi sono caratterizzati da una comprensione sempre più dettagliata e raffinata della natura. Ma nulla di ciò che abbiamo detto, ne fa un processo di evoluzione verso qualcosa.” e sostiene che il motore del progresso sta appunto nei concetti stessi di comunità scientifica e di paradigma: “Le comunità scientifiche (per sua natura) è uno strumento straordinariamente efficace per massimizzare il numero e la precisione dei problemi risolti attraverso il mutamento di paradigma. … la novità per se stessa non è un desideratum nelle scienze, come lo è in tanti altri campi creativi. Di conseguenza, sebbene i nuovi paradigmi posseggano raramente, o quasi mai, tutte le capacità dei loro predecessori, conservano di solito in misura notevole le più concrete conquiste passate, e permettono sempre di ottenere nuove soluzioni concrete di problemi” [1978, p.203]. Nel descrivere la natura della scienza Kuhn fonda la sua analisi sui concetti di paradigma e di comunità scientifica. Egli lega assieme questi concetti utilizzando il termine paradigma per indicare la matrice disciplinaria di cui un ricercatore, appartenente ad una data comunità scientifica, deve essere fornito. Una matrice disciplinaria (paradigma) è allora definibile come “una costellazione di conclusioni – concetti, valori, tecniche eccetera – condivise da una comunità scientifica, e usate dalla comunità per definire problemi e soluzioni leciti” e ancora “Un paradigma è ciò che viene condiviso dai membri di una comunità scientifica, e, inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che condividono un certo paradigma” [Kuhn, 1978, p.213, grassetto nostro]. La matrice disciplinaria assume per Kuhn [1978, p.219-226] il seguente significato: <disciplinaria> poiché si riferisce al possesso, comune a coloro che sono impegnati nella ricerca, di una particolare disciplina, <matrice> poiché è composta di elementi ordinati di vario genere, ciascuno dei quali esige un ulteriore specificazione. Tutti o la maggior parte degli oggetti che costituiscono l’insieme di credenze condivise dal gruppo (che nella prima versione del 1962 Khun chiamava genericamente paradigma) sono gli elementi costitutivi della matrice disciplinaria e, in quanto tali, formano un tutto unico e funzionano assieme. 15 Questo isolamento non è mai completo, ma quel che interessa è il grado d’isolamento. 20 Esperienze, Marketing e Territorio Una matrice disciplinaria, così concepita si compone dei seguenti elementi: o Generalizzazioni simboliche: espressioni usate senza discussione o dissenso dai membri del gruppo. Essi costituiscono i componenti formali o facilmente formalizzabili della matrice disciplinare16. o Modelli particolari: dogmi condivisi che forniscono al gruppo analogie e metafore privilegiate o ammissibili. o Valori: Sebbene essi agiscono sempre, a loro importanza si manifesta quando i membri di una particolare comunità scientifica si trovano di fronte a una crisi, o più tardi, devono scegliere tra maniere diverse e incompatibili di praticare la loro disciplina. I valori più profondamente sentiti sono quelli che riguardano le previsioni e quelli da usare per giudicare intere teorie (devono permettere la risoluzione di rompicapo, devono essere semplici, coerenti, plausibili). o Esemplari: le concrete soluzioni di problemi che gli studenti incontrano nella loro educazione scientifica. Il paradigma è inoltre definito da Kuhn [1978, p.226-230] anche come esempio condiviso da un gruppo: “una sorta di elemento di quella costellazione, le concrete soluzioni di rompicapo che, usate come modelli o come esempi, possono sostituire regole esplicite come base per la soluzione dei rimanenti rompicapo della scienza normale.” Attraverso i problemi esemplari (paradigmatici) lo studente scopre un modo di vedere il suo problema come simile a un problema che ha già incontrato. E’ in grado di vedere le situazioni che affronta come scienziato attraverso “le stesse lenti” (matrice disciplinaria) degli altri membri del suo gruppo specializzato entro una comunità scientifica. In estrema sintesi, per Kuhn la natura della scienza si può descrivere nel seguente modo: Una comunità scientifica consiste, di coloro che praticano una specializzazione scientifica. In una misura che non ha eguali in altri campi, costoro hanno ricevuto educazione e addestramento simili. Di solito i confini, infatti, della letteratura codificata segnano i limiti di un campo di ricerca. I membri di una comunità scientifica vedono se stessi e sono visti dagli altri come gli unici responsabili del perseguimento di un insieme di finalità condivise, compreso l’addestramento dei successori. I paradigmi (matrice disciplinaria e esempi paradigmatici) sono qualcosa che viene condivisa dai membri di tali gruppi. Presi come gruppo o in gruppi, coloro che svolgono attività all’interno delle scienze sviluppate sono fondamentalmente dei solutori di rompicapo (ricerca normale). La dimostrata capacità di formulare e risolvere dei rompicapo presentati dalla natura è, nel caso di conflitto fra valori (ricerca straordinaria), il criterio dominante per la maggior parte dei membri di un gruppo scientifico. Le teorie scientifiche posteriori sono migliori di quelle anteriori per risolvere rompicapo nelle circostanze spesso molto differenti alle quali vengono applicate. Una posizione del genere non è dunque relativistica e mostra come la teoria di Kuhn sia coerente con il concetto di progresso scientifico. 1.2 Le tre questioni di fondo della ricerca scientifica: Ontologia, Epistemologia, Metodologia 16 Se non fosse per la generale accettazione di espressioni simboliche, non vi sarebbero punti a cui i membri del gruppo possano attaccare le potenti tecniche di manipolazione logica e matematica usate nella loro attività volta alla soluzione di rompicapo. La potenza di una scienza sembra generalmente aumentare in proporzione al numero di generalizzazioni simboliche che i studiosi hanno a disposizione. 21 Fabio Forlani Prima di approfondire le diverse visioni del mondo (concezioni generali sulla natura della realtà sociale, sulla natura dell’uomo, sul modo col quale questo può conoscere quella) che si candidano a divenire paradigmi della ricerca scientifica e chiarire la posizione che si assumerà in questa sede, occorre porsi tre grandi interrogativi di fronte ai quali si trova sempre la ricerca scientifica: - La realtà esiste? - E’ conoscibile ? - Come può essere conosciuta ? Occorre affrontare, quindi le tematiche dell’Essenza, della Conoscenza, e del Metodo nella ricerca scientifica; O, in altri termini, la questione Ontologica, Epistemologica e Metodologica [Corbetta, 1999, p.21; Macri e Tagliavento, 2000, p.25]. La questione ontologica17: E’ la questione del “che cosa”. Essa riguarda la natura della realtà (fisica e sociale) e la sua forma. In questa fase ci si chiede se il mondo dei fatti sia un mondo reale e oggettivo dotato di una sua autonoma esistenza al di fuori della mente umana e indipendentemente dall’interpretazione che ne dà il soggetto. Ci si domanda, cioè, se i fenomeni fisici e sociali siano “cose in se stesse” ( cioè realtà preesistenti rispetto alla ricerca e che attenderebbero solo di essere “scoperte” da un ricercatore neutrale) oppure “rappresentazione di cose”(costruzione percettiva del ricercatore che non esistono al di fuori della percezione stessa del ricercatore. In quanto tali il ricercatore può solamente descrivere e interpretare l’esperienza da esso vissuta). Il problema, chiaramente, si collega alla più generale questione filosofica dell’esistenza delle cose e del mondo esterno. La questione epistemologica18: E’ la questione del rapporto fra il “chi” e il “che cosa” (e dell’esito di questo rapporto). Essa riguarda la conoscibilità della realtà e pone, innanzitutto, l’accento sulla relazione fra studioso e realtà studiata. E’ evidente la dipendenza di questa questione dalla risposta data alla precedente problematica ontologica. Se il mondo reale (fisico e sociale) esiste in quanto tale indipendentemente dall’agire umano, sarà legittima l’aspirazione a raggiungerlo, a conoscerlo con obiettivo distacco, senza timore di alterarlo nel coso del processo conoscitivo. Altrimenti, se la realtà è un costrutto individuale, ciò non sarà possibile e il ricercatore dovrà descrivere e interpretare il mondo che appare ai suoi occhi. Strettamente legati alla risposta data a questo problema sono i caratteri (la “forma”) che la conoscenza può assumere: questi possono andare da “leggi naturali” deterministiche dominate dalle categorie di causa-effetto, a leggi meno cogenti (probabilistiche), a generalizzazioni di differente forma (i tipi ideali weberiani), a nessuna forma di generalizzazione (solo conoscenze specifiche e contingenti). La questione metodologica19: E’ la questione del “come” (come la realtà sociale può essere conosciuta). Riguarda quindi la strumentazione del processo conoscitivo. Anche in questo caso le risposte sono strettamente dipendenti da quelle date alle questioni che la precedono. Una visione della realtà sociale come oggetto esterno non influenzabile dal processo conoscitivo dello scienziato accetterà più plausibilmente tecniche manipolative (per esempio l’esperimento, il controllo delle variabili, ecc.) di quanto non possa accettarle una prospettiva che sottolinei l’esistenza di processi interattivi fra studioso e oggetto dello studio. Le tre questioni sono dunque intrecciate fra loro, non solo per il motivo che le risposte date a ognuna di esse sono fortemente influenzate dalle risposte date alle altre due, ma pure nel 17 Ontologia: quella parte della filosofia che studia l’essere in quanto tale, dal greco ontos (essere, ente) e logos (discorso, riflessione). 18 Epistemologia: riflessione sulla conoscenza scientifica, dal greco epistème (conoscenza certa). 19 Metodologia: dal greco méthodos (strada con cui, metodo). Questione metodologica in quanto ha a che fare con i metodi della ricerca scientifica, intesi come corpo organico di tecniche. 22 Esperienze, Marketing e Territorio senso che talvolta risulta difficile distinguerne i confini. Queste componenti del pensiero confluiscono, infatti, congiuntamente e in modo inscindibile sul piano sostantivo, in quella che si può definire una visione del mondo. 1.3 Le visioni del mondo nella ricerca sociale Riconoscere la natura della scienza e il dibattito ontologico ed epistemologico in tutte le sue dimensioni implica riconoscere l’incommensurabilità delle visioni del mondo e delle scuole di ricerca che da esse discendono [Kuhn, 1978; Maggi, 2003; Maggi e Solé, 2003]. Ciascuna è valida, ciascuna ha una sua coerenza e legittimamente può essere definita scienza. Il ricercatore non può che scegliere fra una di esse, ma, per far quest’operazione deve conoscere le varie alternative. In definitiva, la conoscenza dell’esistenza di più visioni del mondo permette al ricercatore di essere consapevole delle proprie scelte. La maggior parte degli autori che si sono occupati di epistemologia nelle scienze sociali riconducono le varie scuole a due grossi filoni: la visione “empirista” e quella “umanista”. Come evidenzia Corbetta [1999, p.21] le etichette a questo proposito sono fra le più varie, si possono citare fra le altre <oggettivismo> e <soggettivismo>; in questa sede si utilizzerà il termine canonico <positivismo> e quello, anche se meno consolidato di <interpretativismo> [Corbetta, 1999, p.21]. Altri autori, anche se per la verità la minoranza, appartenenti a discipline scientifiche differenti fra loro [Maggi, 2003; Varela, 1996; Golinelli, 2000] ed a culture di ricerca differenti, parlano invece di tre visioni del mondo. Si tratta, comunque, di visioni della realtà sociale e dei modi per conoscerla organiche al loro interno e contrapposte fra loro che hanno generato blocchi differenziati di metodologie e tecniche di ricerca. Nelle scienze sociali, ad oggi, è oramai consolidata la contrapposizione fra due matrici disciplinarie ben distinte [Corbetta, 1999; Macrì e Tagliaventi, 2000]. Le scelte ontologiche, epistemologiche e metodologiche portano infatti ad individuare attualmente le seguenti due posizioni: • Il postpositivismo (evoluzione “popperiana” del positivismo ottocentesco); • L’interpretativismo o costruttivismo; Il postpositivismo assume la realtà come concreta e preesistente20 alle indagini (posizione ontologica) e svelabile attraverso queste, i suoi sostenitori sostengono che la conoscenza si sviluppi attraverso un processo di osservazione distaccato e neutrale del ricercatore21 (posizione epistemologica) che porta alla formulazione di leggi naturali e di relazioni di causa 20 In termini ontologici sia al positivismo sia al postpositivismo è associato il concetto di realismo: realismo pieno nel primo caso realismo critico nel secondo caso. Per i positivisti la realtà è conoscibile in maniera certa attraverso la ricerca empirica che, in qualche modo giunge alla verità, secondo i postpositivisti (Popper [1934] e il suo concetto di falsificazione) invece non sapremo mai di essere arrivati alla “verità”, ma il processo della conoscenza è comunque cumulativo: produce un sistematico miglioramento del sapere. La falsificazione di una congettura e la sua sostituzione con un’altra, non ancora falsificata, rappresentano il carattere evolutivo di questo progresso. Una teoria sopravvive, in tal modo, fintantoché un ulteriore tentativo di confutarla e di sostituirla con una nuova e più potente congettura non abbia successo. Con questo modo di procedere la prova può essere data solo in negativo: se le relazioni tra i dati non corrispondono alla congettura, allora si può ragionevolmente pensare alla sua falsità, mentre non si potrà mai dimostrare di essere giunti o meno alla “verità”. Le teorie basate su ricerche quantitative sopravvivono fintantoché un ulteriore tentativo di confutarle non abbia successo. A motivo della centralità del processo di falsificazione, le ricerche sono tanto più credibili quanto più ampio è il campione di riferimento e quanto più numerose sono, nel tempo, le reiterazioni di questo processo. 21 Poiché la realtà esiste ed è predeterminata, ricercatore ed oggetto di studio sono non soltanto distinguibili, ma scissi, separati. Si parla di dualità fra ricercatore ed oggetto di studio e di oggettività delle informazioni raccolte e dei risultati delle analisi o anche, di sistema predeterminato o determinismo. L’ipotesi di distacco fra realtà studiata e ricercatore significa piena sostituibilità del ricercatore e oggettività dei dati, cioè indipendenza di questi dal ricercatore e dalla sua azione. Occorre però evidenziare che il postpositivismo corregge un po’ tali posizioni parlando di dualismo-oggettività modificati, poiché vi è la consapevolezza che il soggetto studiante introduce degli elementi di disturbo sull’oggetto studiato. 23 Fabio Forlani effetto. Essi ritengono, in altri termini, che sia possibile generalizzare e sviluppare capacità predittive22. La possibilità di generalizzare è coerente con l’assunto che ricercatori diversi possano, osservando gli stessi fenomeni in uno specifico contesto o, addirittura, in contesti diversi e in tempi diversi, pervenire a elaborare la medesima legge di causalità. Dal punto di vista del metodo di ricerca nel postpositivismo il ricercatore formula ipotesi di ricerca che sottopone poi al tentativo di falsificazione. E’, per cui, un comportamento deduttivo in cui il disegno della ricerca23 va specificato prima che questa abbia inizio. Una ricerca quantitativa fa proprie le scelte epistemologiche della matrice disciplinaria postpositivista, anche se non viene escluso il ricorso alle tecniche qualitative. I teorici del positivismo e i loro discepoli sostengono inoltre che c’è un'unica scienza e che debba esistere un unico paradigma valido sia per le scienze fisico naturali che per le scienze sociali. Il costruttivismo assume che non esiste un'unica realtà, in particolare quella sociale, ma la realtà è sempre creata dai significati attribuiti dagli attori sociali (posizione ontologica)24. La conoscenza, in tal caso, diventa specifica non solo in relazione all’oggetto studiato (“quello” specifico attore sociale in “quello” specifico momento e in “quello” specifico contesto), ma anche con riferimento allo stesso ricercatore (ricercatori diversi “vedono”, sia pure nelle stesso contesto, fenomeni diversi e interpretano in modi differenti quanto vedono). Consegue, da una tale doppia specificità, un’idea di non cumulabilità della conoscenza, una conoscenza che può essere solo “locale” e che si contrappone , pertanto, all’idea di generalizzabilità prima descritta. La premessa epistemologica del costruttivismo è che il ricercatore cerca di comprendere, piuttosto che di spiegare o prevedere i fenomeni25. Metodologicamente nessuna ipotesi teorica è presente all’inizio di una ricerca costruttivista. Il ricercatore può solo “porsi di fronte” o meglio “entrare” nel contesto studiato per comprendere quale sia il senso ad esso attribuito dagli attori che lo vivono. Poiché ogni contesto sociale è unico e irripetibile, egli si prefigge di cogliere le peculiarità. Le tecniche di ricerca qualitative sono il logico sbocco metodologico della matrice disciplinaria costruttivista. Il costruttivismo partendo dalle posizioni di Dilthey [Corbetta, 1999, p.33; Maggi, 2003, p.21] sostiene la necessità di distinguere le scienze in “scienze della natura” e in “scienze dello spirito”26. Le prime sono orientate a trovare leggi generali che spieghino la natura (“scienze 22 Va evidenziato però che col passaggio dal positivismo al postpositivismo le teorie vengono a perdere la natura stretta mente determinista per assumere il connotato di probabilità. Si passa cioè da leggi deterministiche a leggi probabilistiche che introducono elementi di accidentalità, disturbi e fluttuazioni. 23 Un disegno di ricerca è un insieme flessibile di linee guida che esplicita la matrice disciplinaria. Si mettono in evidenza in tal modo i collegamenti fra il paradigma teorico, le strategie d’indagine e i metodi per la raccolta dei dati empirici. 24 La realtà è, allora, il risultato di un’irripetibile e specifica costruzione umana che affonda le radici nei progetti e nelle credenze, nei valori degli attori e nelle loro interazioni. Non esiste, pertanto, un’unica realtà sociale immutabile e indipendente da chi la osserva e da chi la vive. Più realtà coesistono e mutano nel tempo a seguito delle interazioni tra gli attori e dei cambiamenti nei loro sistemi di credenze, aspettative, valori. L’assunzione ontologica del costruttivismo è che le persone non possano essere comprese al di fuori del contesto delle loro attuali relazioni con altre persone o separate dalla loro connessione con il modo. La ricerca costruttivista non considera il mondo come realtà oggettiva, dichiara bensì il primato dei processi soggettivi di conoscenza. Poiché chi osserva è parte integrante di ogni processo di conoscenza, l’osservazione perde il suo primato di “banco di prova”, di tribunale super partes al cui cospetto presentare le teorie scientifiche. 25 Spiegare significa ricondurre al semplice, al lineare, ciò che “è piegato”. La spiegazione affronta la complessità riducendola progressivamente, riportandola, per l’appunto, a elementi via via più semplici. La spiegazione ha a fondamento l’idea che anche i fenomeni più complessi siano analizzabili attraverso una scomposizione progressiva alla cui base si troverebbero invariabilmente i “mattoni” elementari della spiegazione. Il costruttivismo non parla di spiegazione, bensì di comprensione. Il processo di comprensione del costruttivismo è il risultato di un osservazione d’insieme, cioè non frammentabile, dei fenomeni sociali e della loro specifica dinamica. Sono proprio le relazioni esistenti tra ricercatore e realtà osservata che consentono la costruzione, da parte del ricercatore, di risultati e di significati. Per comprendere il senso che gli attori sociali danno alla realtà il costruttivismo rifiuta il riduzionismo e assume un approccio olistico. In assenza di congetture pre-definite e da sottoporre ad analisi critica (al tentativo cioè di falsificazione), l’attenzione del ricercatore non può, infatti, essere pre-indirizzata, deve bensì abbracciare il contesto sociale nella sua interezza, senza un’aprioristica circoscrizione o selezione dei fenomeni: deve, per l’appunto configurarsi come un approccio olistico. 26 Il dibattito sul metodo nacque per reazione all’estensione del principio del determinismo causale allo studio della società. Questa reazione (antipositivismo) mise in luce la singolarità degli eventi umani e la contrappose alla regolarità degli eventi naturali e cercò di mostrare come le società, le istituzioni politiche, economiche e giuridiche e le altre forme di 24 Esperienze, Marketing e Territorio nomotetiche”), le seconde sono orientate a cogliere l’individualità dei fenomeni, la loro unicità e irripetibilità (“scienze idiografiche”). Tab 1.1 Le visioni del mondo nelle scienze sociali Ontologia Epistemologia Metodologia Postpositivismo La realtà sociale è concreta ma conoscibile solo in maniera imperfetta. Dualismo / Oggettività. Risultati probabilisticamente veri. Scienza sperimentale in cerca di leggi, soprattutto di causalità. Generalizzazione. Conoscenza nomotetica. Obbiettivo: spiegazione. Sperimentale Osservazione / Rilevazione di dati Prevalentemente deduzione (falsificazione delle ipotesi) Tecniche principalmente quantitative, residualmente qualitative. Costruttivismo La realtà è socialmente costruita quindi esistono realtà multiple. Assenza di separazione fra ricercatore e realtà studiata. Risultati “costruiti”. Scienza interpretativa alla ricerca di un significato. Conoscenza idiografica. Obbiettivo: comprensione Interazione fra ricercatore e realtà studiata. Osservazione / Interpretazione Induzione Tecniche principalmente residualmente quantitative. qualitative, Fonte: Macrì e Tagliaventi, 2000, p.27. Come precedentemente accennato, fra queste due visioni del mondo storiche e largamente riconosciute, esiste anche una terza via alla ricerca sociale che si distingue tanto dal positivismo che dal costruttivismo. Nelle scienze dell’organizzazione Bruno Maggi [Maggi, 2003; Maggi e Solé, 2003] parla consapevolmente di terza via alla ricerca scientifica delle scienze sociali basando il suo ragionamento dal “Methodenstreit” o dibattito sul metodo. Questo autore evidenzia, come altri, che il dibattito si svolse sull’opposizione tra una visione oggettivista delle “scienze della natura” e una visione soggettivista delle “scienze dello spirito”, ma nel suo contributo egli evidenzia che nel dibattito era presente anche una terza visione del mondo (Weberiana), distante sia dall’oggettivismo che dal soggettivismo. Secondo Maggi c’è, appunto, una terza via che parte da Max Weber tra la spiegazione positivista e la comprensione che rifiuta la spiegazione. Per Weber le scienze storiche e sociali sono caratterizzate per un orientamento verso la singolarità, ed in tal senso esse devono innanzitutto comprendere il senso degli avvenimenti umani, ma questa comprensione non deve derivare da un atto di intuizione, una semplice partecipazione empatica, è necessaria invece una convalida razionale e intersoggettiva. Il tentativo di Weber è quello di sviluppare la comprensione del senso soggettivo dell’agire umano e la spiegazione dei fenomeni sociali attraverso un processo oggettivo e verificabile. La verifica dell’interpretazione non si realizza con metodologie positiviste. La spiegazione di un avvenimento fa riferimento alle “condizioni” che l’hanno reso oggettivamente possibile e al giudizio che possiamo dare di “cause adeguate” e “cause accidentali” che consiste nella definizione del grado di necessità di ogni condizione per la produzione dell’evento. Quindi comprendere e spiegare sono tutte e due necessarie secondo l’epistemologia Weberiana, questo perché egli vede l’agire sociale come processo evitando la dicotomia tra organizzazioni umane non siano governate da leggi analoghe a quelle della natura. A partire da quella visione ontologica Diltey definì le scienze dello spirito come quelle scienze caratterizzate per la “comprensione soggettiva” come metodo di ricerca che consisteva nel tentativo di rivivere l’esperienza soggettiva di altri soggetti per comprendere il senso delle loro azioni. In tal modo emerse la differenza fra “spiegare” e “comprendere”, la spiegazione secondo Diltey era riservata ai fenomeni naturali, mentre era impossibile per i comportamenti umani che dovevano essere invece compresi. I discepoli di tale scuola arrivarono quindi a rigettare l’unicità della spiegazione ed indicarono che nelle scienze storiche e sociali non vi sia un solo modo di spiegare i fenomeni. 25 Fabio Forlani l’individuo e la società e, quindi, la scelta di uno o dell’altro polo come principale questione dell’analisi. L’epistemologia di Weber in particolare considera la comprensione come il punto di partenza dell’analisi scientifica, tuttavia essa richiede di procedere ad una spiegazione dell’agire sociale su delle basi empiricamente verificabili. La comprensione concerne quindi il senso dell’azione; la spiegazione serve a rendere conto della dimensione causale (come causa adeguata) delle condizioni empiriche dell’azione. La valutazione della possibilità oggettiva di relazioni causali tra le azioni e gli eventi individuali nel corso del processo, si appoggia, sulla comparazione dei processi reali (compresi o descritti) con dei processi d’azione ipotetici idealmente costruiti. Per Weber i tipi ideali sono delle “forme di agire sociale che possono venir riscontrate in maniera ricorrente nel modo di comportarsi degli individui umani […] uniformità tipiche di comportamento […] costituite attraverso un processo astrattivo che, isolando entro la molteplicità del dato empirico alcuni elementi, procede a coordinarli entro un quadro coerente e privo di contraddizione” [Rossi, 1958, in Corbetta, 1999, p.36]. Il tipo ideale è dunque un’astrazione che nasce dalla rilevazione empirica di uniformità. “Weber non parla dunque di leggi causali ma di connessioni causali o per meglio dire, utilizzando un’espressione ripresa da Boudon di enunciati di possibilità (se accade A allora il più delle volte si verifica B). Non è raggiungibile quindi l’obbiettivo di arrivare a stabilire i fattori determinanti di un certo evento sociale o di un certo comportamento individuale, ma è raggiungibile quello di tracciare le condizioni che lo rendono possibile” [Corbetta, 1999, p.36] Alle leggi causali di impianto positivista dotate di generalità e di obbligatorietà (anche se attenuate in senso probabilistico nell’impianto postpositivista) si contrappongono dunque enunciati, connessioni segnati dai caratteri della specificità e della possibilità. Nell’epistemologia di Weber si può inoltre evidenziare l’avalutatività delle scienze storicosociali come un caposaldo irrinunciabile: “La capacità di realizzare la distinzione tra il conoscere ed il valutare, cioè tra l’adempimento del dovere scientifico di vedere la realtà dei fatti e l’adempimento del dovere pratico di difendere i propri ideali – questo è il principio al quale attenerci più saldamente” [Weber, 1904 in Corbetta, 1999, p.34] . Maggi e Solé [2003] forti dell’impostazione epistemologica weberiana sostengono che le molteplici teorie esistenti della decisione (e quindi del comportamento umano) possono essere ricondotte a tre correnti di ricerca che corrispondono a tre diverse visioni del mondo. Nella loro analisi, questi autori sostengono, infatti, che esistono tre visioni del mondo definite dal loro posizionamento rispetto a questioni fondamentali quali la libertà, la realtà, la razionalità, l’incertezza. Le caratteristiche principali di queste tre visioni del mondo sono [Maggi e Solé, 2003]: Oggettivismo (Positivismo): “E’ il punto di vista secondo cui la decisione è funzione di vincoli esterni, è dettata da vincoli esterni. E’ una logica di adattamento dell’impresa al suo ambiente. Secondo questo approccio le decisioni d’impresa possono, e dunque devono essere razionali: esse sono valutabili in termini di efficienza. Si crede che, grazie a una analisi obiettiva, l’incertezza può essere eliminata, e che quindi le decisioni possono essere oggettivamente buone e pertinenti. Il punto di partenza del processo di decisione è l’analisi della realtà, poiché la realtà è considerata come un vincolo oggettivo esterno. La libertà del decisore è trascurabile: la sua decisione è determinata dalla realtà, alla quale cerca di adattarsi. Si tratta di una razionalità oggettiva e a priori.” Soggettivismo (Costruttivismo): “E’ il punto di vista secondo cui la decisione esprime l’irriducibile e piena libertà umana. Non esiste un problema di rapporto tra vincoli esterni e decisioni: la realtà non è un dato che si impone agli attori, non è un vincolo esterno; la realtà è costruita, cioè creata, dalle loro convinzioni, dai loro sogni, dalle loro angosce … Non si 26 Esperienze, Marketing e Territorio tratta di rappresentazioni ma di costruzioni della realtà. Secondo questo approccio, le decisioni dell’impresa esprimono le convinzioni personali dei dirigenti, i loro modi di pensare, le loro paure, i loro desideri … il loro potere, il quadro istituzionale nel quale si situa l’impresa. Generalmente, le decisioni sono sempre imprevedibili: l’incertezza è totale. La razionalità è, di fatto, una razionalizzazione, cioè una giustificazione a posteriori della decisione. Secondo questo punto di vista, una buona decisione è una decisione che va bene al decisore, che gli conviene.” La terza via “NeoWeberiena” “E’ il punto di vista secondo cui il processo di decisione non è né determinato né indeterminato. Ogni decisione vincola le decisioni seguenti, ma questi vincoli sono anche delle risorse per lo sviluppo del processo decisionale. In ogni circostanza c’è uno spazio di libertà. Non v’è una realtà, vi sono sempre diverse rappresentazioni della realtà. Secondo questo approccio, le azioni e le decisioni sono sostenute da intenzioni, benché il fine che si cerca di perseguire non sia né dato né chiaro: evolve, si trasforma man mano che il processo decisionale si costruisce. Le azioni e le decisioni cercano di far fronte all’incertezza, sempre esistente, ma che può essere più o meno influente. Non vi sono decisioni oggettivamente buone, ma si può valutare il rapporto tra i fini desiderati e i mezzi utilizzabili per cercare di raggiungerli. Si tratta quindi di una razionalità intenzionale e limitata, come è limitata la ragione umana.” Per concludere la presentazione delle diverse visioni del mondo presenti nelle discipline sociali, si evidenzia che anche negli studi di economia e gestione delle imprese alcuni studiosi ritengono che vi sia una terza via fra soggettivismo (olistico) e oggettivismo (riduzionista), anche se non tutti concordano sull’incommensurabilità di tali visioni. Golinelli [2000, p.21] afferma che “l’approccio sistemico non coincide con l’approccio olistico e non si contrappone all’approccio analitico-riduzionistico” [Tagliagambe e Usai, 1999, in Golinelli, 2000, p.21] e che “l’approccio per sistemi costituisce una terza via tra riduzionismo e olismo: ciò che pare più rilevante in tale approccio, ed è particolarmente fertile dal punto di vista scientifico, non è certo l’esclusività dell’analisi delle singole parti concernenti il tutto, ma non è neppure l’esplorazione di quest’ultimo interpretato indipendentemente dall’esistenza delle singole parti. […] esso rappresenta un percorso che ponendosi all’interno del continuum che ha nel riduzionismo e nell’olismo i suoi estremi, sia in grado di conciliare entrambi.” [Golinelli, 2000, p.21]. Cozzi e Ferrero evidenziano la conflittualità esistente fra le diverse scuole di marketing e sottolineano la necessità di una strada di ricerca che superi i limiti manifestati dalle teorie dominanti. I due autori parlando di basi epistemologiche del marketing affermano [1996, p.7]: “Su questo aspetto sono stati pubblicati, a partire dagli anni ottanta, numerosi contributi, molti dei quali, in buona sostanza, auspicano la demolizione dei sistemi teorici affermatisi in passato in quanto non ne condividono le basi epistemologiche sottostanti, caratteristiche di una cultura <<modernista>>, nella quale vengono privilegiati il positivismo e l’empirismo logico. A questa base epistemologica, per molti aspetti effettivamente discutibile, vengono contrapposti approcci relativistici di vario tipo, che meglio si connettono con le molteplici manifestazioni della cosiddetta cultura <<postmoderna>>, insofferente di qualsiasi generalizzazione e di qualsiasi nomenclatura che aspiri ad avere fondamenti oggettivi. Questa insofferenza – a ben vedere – ha però nociuto alle posizioni relativistiche emergenti nelle scienze sociali, che hanno finora contribuito, anche negli studi di marketing, più a sottoporre a critiche distruttive i paradigmi consolidati che a proporre nuovi paradigmi alternativi, anche perché, come è stato osservato, partendo da queste posizioni <<ciascuno può affermare ciò che vuole e questo può essere fatto da tutti. Alcune cose che vengono affermate sono senza dubbio interessati ed affascinanti, altre possono essere assurde o ridicole, ma, nella cultura 27 Fabio Forlani postmoderna, non c’è alcun criterio condiviso che consenta di distinguere le une dalle altre>> (Rosenau, 1992)”. 1.4 L’ontologia di Humberto Maturana: verso una fondazione biologica delle scienze sociali Abbiamo precedentemente mostrato come le “scienze dello spirito” siano nate in opposizione alle “scienze della natura”, e di conseguenza abbiamo mostrato le principali matrici disciplinarie della scienza sociale. A questo punto è opportuno però chiedersi se nel XXI secolo esistano ancora le condizioni per parlare di ricerca scientifica in questi termini dualistici. Una risposta a tale dibattito sembra emergere dall’articolo di Dell [1986]: “Bateson e Maturana: verso una fondazione biologica delle scienze sociali” . Nell’articolo, l’autore, fa un confronto fra l’ontologia biologica di Maturana e l’epistemologia cibernetica di Bateson, arrivando a sostenere, come afferma il titolo stesso, l’esistenza di una fondazione biologica delle scienze sociali. Tale fondazione dovrebbe garantire il consolidarsi di una matrice concettuale comune a tutte le scienze della vita (scienze sociali comprese). In questa sede si riportano i principali contributi apportati da Maturana allo sviluppo della conoscenza dei sistemi viventi, in quanto si ritiene possano essere una base ontologica solida su cui costruire il successivo ragionamento epistemologico e metodologico delle scienze sociali. Humberto Maturana nel corso delle sue ricerche ha affronta due questioni fondamentali: 1. Che cosa avviene nel fenomeno della percezione ? 2. Che cos’è l’organizzazione del vivente ? La sua intuizione chiarificatrice è stata quella di vedere che i due fenomeni sono, in realtà, la stessa cosa. Egli afferma, infatti, che “la cognizione è un fenomeno biologico e può essere compresa solo come tale” [Maturana e Varela, 1985] . Da questa affermazione se ne ricava che ogni entità biologica ha ed è un modo di conoscere: “vivere, come processo, è un processo cognitivo. Questa asserzione è valida per tutti gli organismi, con e senza sistema nervoso”. Per Maturana, allora, conoscere equivale a vivere e vivere equivale a conoscere. L’idea centrale di Maturana sull’organizzazione del vivente è la seguente: “è la circolarità della sua organizzazione che rende un sistema vivente un’unità di interazioni, ed è questa circolarità che esso deve mantenere per rimanere un sistema vivente”. Questa affermazione, secondo Dell [1986] è l’intuizione profonda di Maturana che lo ha portato a tracciare un ontologia ed una epistemologia dei sistemi viventi. Maturana sostiene che se l’organizzazione di un sistema vivente è circolare, allora si tratta di un organizzazione chiusa non tanto dal punto di vista termodinamico, ma organizzativo. Il fatto che un sistema vivente sia chiuso a livello organizzativo, implica direttamente che esso è autonomo [Maturana e Varela, 1985]. Maturana e Varela utilizzano il termine autopoiesi, che deriva dal greco”auto” (sé) e “poiesis” (creazione), per indicare quella che per loro è la caratteristica fondamentale dei sistemi viventi e cioè il fatto di possedere una struttura organizzata capace di mantenere e rigenerare nel tempo la propria unità e la propria autonomia rispetto alle continue variazioni dell’ambiente circostante, tramite la creazione delle proprie parti costituenti, che a loro volta contribuiscono alla generazione dell’intero sistema. I sistemi viventi quindi mantengono se stessi grazie alla produzione dei propri “sottosistemi” che producono a loro volta l’organizzazione strutturale globale necessaria per mantenerli e produrli. I sistemi 28 Esperienze, Marketing e Territorio viventi sono visti come strutture autonome e dotate di chiusura operazionale, in cui il sistema si trova in una situazione di completo autoriferimento, in cui cioè pensa solo al proprio mantenimento e tutte le azioni che sembra compiere verso l’esterno sono in realtà atte a mantenere la propria integrità rispetto alle perturbazioni ambientali. Se ogni sistema vivente ha la propria individualità autonoma, poiché la natura della sua struttura determina interamente come il sistema si comporterà in tutte le sue interazioni, le interazioni non determinano come si comporterà il sistema, ma è il sistema che determina il proprio comportamento. Più precisamente la struttura del sistema determina come esso si comporterà. Se assumiamo che un sistema si autodetermina, si può sostenere che, poiché le interazioni con l’ambiente non possono determinare il comportamento di un sistema vivente organizzativamente chiuso, tali sistemi non possono ricevere informazioni [Dell, 1986]. In base questo ragionamento Maturana arriva alla conclusione che, poiché tutti i sistemi viventi sono chiusi, non esista una cosa come l’informazione. Nella nostra esperienza di vita siamo, però, convinti che l’informazione esiste e che riceviamo informazioni da un’infinità di fonti. Tuttavia sappiamo anche che persone diverse ricevono “differenti informazioni” dallo stesso input. La ragione è semplice: ogni persona è differente dall’altra e proprio per questo risponde diversamente allo stesso input. La posizione di Maturana sull’informazione, che a prima vista può apparire assurda, afferma proprio questo. E’ il sistema a determinare il proprio comportamento, non l’informazione esterna. L’informazione esterna, quindi, non ha esistenza o significato se non quello che le attribuisce il sistema con cui interagisce: “Interazioni comunicative e linguistiche sono intrinsecamente non informative; l’organismo A non determina e non può determinare la condotta dell’organismo B perché, data la natura dell’organizzazione autopoietica ogni cambiamento che un organismo subisce è necessariamente e inevitabilmente determinato dalla sua propria organizzazione” [Maturana e Varela, 1985, p.180]. Secondo Maturana i nostri concetti di informazione e comunicazione sono mistificati perché ci portano a considerare la comunicazione e l’informazione come qualcosa di simile al tocco del Re Mida, capace di trasformare in oro qualunque oggetto. Come il Re Mida poteva fa sì che gli oggetti esaudissero i suoi desideri, così troppo spesso riteniamo che l’informazione e la comunicazione possano determinate e specificare come si comporterà un organismo vivente. Ma non è così. La cosiddetta “informazione” non prescrive e non può prescrivere il comportamento di un sistema vivente. Ciò che definiamo informazione è semplicemente qualcosa che osserviamo interagire con il sistema. In ogni interazione il sistema si comporterà sempre conformemente alla sua struttura. In altre parole i sistemi viventi sono deterministici, nel senso che sono determinati dalla propria struttura. Maturana parla a questo proposito di determinismo strutturale. Nell’analisi che ne fa Dell [1986] Maturana è partito dal determinismo dei sistemi viventi per arrivare ad un determinismo strutturale più generale che si applica sia ai sistemi viventi che a quelli non viventi. In tale ottica il determinismo è la condizione sine qua non della scienza. Senza questo determinismo la scienza non potrebbe progredire. L’esistenza di un mondo ordinato dipende dal determinismo. Senza una qualche forma di determinismo ontologico non ci sarebbe che caos ed ogni cosa si comporterebbe in modo privo di significato. L’asserzione ontologica di Maturana è allora la seguente: il mondo è strutturalmente determinato [Dell, 1986]. Con questo egli intende dire che il comportamento di tutte le unità composte, sia che si tratti di sistemi viventi o di oggetti inanimati, è interamente determinato dalla loro struttura (cioè dalle componenti dell’unità e dalle relazioni tra queste componenti). Il comportamento di un sistema vivente nel suo medium non è altro che un caso particolare di 29 Fabio Forlani una realtà più generale, cioè, che noi viviamo in un mondo di entità strutturalmente determinate. In questa prospettiva la struttura di un oggetto ne determina il comportamento, nel senso che ne stabilisce quali sono le interazioni a cui esso può partecipare. Determina, inoltre, quali sono gli eventi nel suo medium con cui esso può interagire e come esso si comporterà in ciascuna di queste interazioni. La struttura dei sistemi non è però qualcosa di statico, essa si modifica con ciascuna interazione a cui partecipa. Questo vale in particolar modo per i sistemi complessi dinamici, come i sistemi viventi, che subiscono cambiamenti continui nelle loro componenti e nelle relazioni tra queste componenti27. A questo punto occorre porre la questione della spiegazione, come possiamo spiegare la nostra convinzione (ed esperienza) che una cosa ne causa un’altra? Per Maturana, la parola “causa” è sinonimo di “interazione istruttiva”28, come tale è quindi un fenomeno impossibile. In una interazione istruttiva A determina unilateralmente la risposta di B: la lezione tenuta da un professore determina in tutti gli studenti un identico livello di comprensione e fa quindi sì che essi diano agli esami risposte identiche. Perciò, quando Maturana afferma che la causalità è impossibile, intende dire che la lezione del professore non determina le risposte degli studenti (il che significherebbe che si tratta di un’interazione istruttiva), essa seleziona le risposte degli studenti, ma è la loro struttura che le determina. Selezionare è qualcosa di simile a premere il pulsante “acqua naturale” di un distributore automatico. La pressione del pulsate seleziona la risposta della macchina, ma non determina il fatto che la macchina vi dia dell’acqua quando premete il bottone. L’idea di Maturana è che le nostre convinzioni sulla causalità siano una conseguenza epistemologica del nostro stato ontologico: noi esistiamo nel mondo fisico (1) e operiamo in questo mondo come osservatori (2). Come osservatori punteggiamo ciò che vediamo in termini di causalità, e quindi caratterizziamo il mondo in cui viviamo come universo causale: “La nozione di causalità appartiene al dominio delle descrizioni, e come tale, è rilevante solo nel metadominio nel quale l’osservatore fa i suoi commenti e non può essere ritenuta operativa nel dominio dei fenomeni, che sono l’oggetto della descrizione” [Maturana e Varela, 1985]. Come osservatori noi attribuiamo una priorità causale all’aggettivo attivo, che “causa” (ma in realtà semplicemente seleziona) in un altro oggetto un particolare cambiamento (ad esempio, nel biliardo, la palla colpita dalla stecca del giocatore “fa fare” carambola alla palla che era ferma). Punteggiando in tal modo l’interazione, ignoriamo il fatto che è la struttura del secondo oggetto (la palla che era ferma) a determinare che esso può essere messo in movimento, e in che modo, da parte di altri oggetti: “Gli stati e le transizioni di stato di un sistema sono determinati dalla sua organizzazione (oggi Maturana direbbe struttura29 ndr). Di conseguenza, gli stati degli organi di senso e dell’organismo così come le loro transizioni sono necessariamente determinati dalla loro organizzazione, e l’ambiente come agente perturbante può rappresentare solo l’occasione storica del loro verificarsi”[Maturana in Dell, 1986] 27 Secondo Dell, Maturana, prima di introdurre il concetto di determinismo strutturale pensava come un biologo a orientamento epistemologico, da allora però egli ha cominciato a ragionare come uno studioso di ontologia ed epistemologia a orientamento biologico. A conferma di tale affermazione si ricorda che nella targa dell’ufficio di Maturana c’è scritto “Laboratorio sperimentale di epistemologia”. 28 “L’interazione istruttiva” di Maturana, per inciso, non è altro che la causalità lineare di impostazione positivista e postpositivista. 29 Maturana definisce l’organizzazione come “una rete di relazioni tra componenti che definiscono il sistema come unità composita di un tipo particolare” e la struttura come “la serie di componenti effettivi e relazioni effettive che realizzano concretamente un sistema particolare come un membro particolare della classe a cui appartiene in virtù della sua organizzazione”. In questo modo Maturana definisce l’organizzazione come ciò che garantisce l’identità del sistema, come sistema autopoietico. La struttura è data, quindi, dalle “relazioni che caratterizzano una particolare unità composita di un certo tipo in un certo istante della sua vita”. 30 Esperienze, Marketing e Territorio In base alla teoria di Maturana tutte le interazioni tra sistemi implicano accoppiamenti strutturali. Quindi anche le nostre interazioni con l’ambiente implicano accoppiamenti strutturali. Quando siamo in grado di interagire con degli oggetti in modo da ottenere il risultato desiderato o previsto, viviamo l’esperienza psicologica della causalità. Tuttavia questa esperienza non comporta mai un interazione istruttiva. Le interazioni consistono (o possono consistere) in un fenomeno di adattamento reciproco o accoppiamento. Per poter avere l’esperienza psicologica (ed epistemologica) di causare un evento, dobbiamo adattarci alla situazione. Dobbiamo cioè adattare la nostra struttura alle strutture con cui interagiamo. Dall’ontologia di Maturana, Dell [1986], trae sei implicazioni fondamentali: • La conseguenza epistemologica che ne deriva è che una conoscenza oggettiva è impossibile. Non possiamo ricevere alcuna informazione oggettiva sul mondo. Ciò che conosciamo è sempre funzione dell’interazione tra le operazioni del nostro corpo strutturalmente determinato e il mondo “esterno”. Noi possiamo conoscere il modo solo attraverso le “lenti” strutturalmente determinate del nostro corpo. • Una causalità che implichi una interazione istruttiva è ontologicamente impossibile. • Il controllo è impossibile. I sistemi possono accoppiarsi l’uno con l’altro, ma il controllo è ontologicamante impossibile. • I sistemi strutturalmente determinati sono necessariamente “perfetti”, nel senso che non commettono mai errori; essi si comportano sempre secondo la propria struttura. Perciò, ogni volta che affermiamo che un organismo ha commesso un errore, usiamo come referente l’obiettivo che non è stato raggiunto, anziché la struttura dell’organismo stesso. • Un sistema strutturalmente determinato funziona unicamente in base alla sua struttura e non in vista di scopi30. • Il determinismo strutturale implica direttamente il fenomeno dell’accoppiamento strutturale. L’accoppiamento strutturale organizza ed è costitutivo di ogni sistema complesso che sia mai esistito. Sul piano epistemologico è il fondamento che produce la scienza. Sul piano ontologico è sinonimo di esistenza: Ciò che esiste deve essere accoppiato strutturalmente con il mondo (in cui esiste); ciò che non è accoppiato strutturalmente con il mondo non può esistere (in quel mondo). L’accoppiamento strutturale è il fenomeno che sottende e, di fatto, costituisce ciò che di solito chiamiamo “cognizione” o “intelligenza”. Essere accoppiato strutturalmente significa avere comportamenti intelligenti. Il comportamento fondamentale è esistere; la conoscenza fondamentale è “conoscere come” esistere. Per un organismo vivente la conoscenza chiave è sapere come sopravvivere. Se un organismo è in grado di continuare a funzionare come unità vivente, autopoietica, significa che esso è accoppiato strutturalmente con il suo medium. Cioè, le sue interazioni con il medium in cui esiste non portano alla sua distruzione. Perciò come ha sottolineato Maturana, conoscere è vivere ed esistere come essere vivente significa comportarsi con “intelligenza”. Tutto il lavoro di Maturana implica che l’ontologia include la conoscenza di base: “come esistere”. Sulla base delle considerazioni di Maturana occorre, quindi, chiedersi se c’è qualcosa nella natura dell’accoppiamento strutturale di un mammifero con il suo ambiente che ci spinge a 30 Discuteremo in seguito questo punto, cercando di mostrare come numerosi autori [Capra, 1997 e 2002] ritengono che nei sistemi complessi di ordine superiore, come l’homo sapiens, il determinismo strutturale abbia fatto emergere l’esistenza di comportamenti finalizzati. Cercano di dimostrare in tal modo che l’esistenza di finalità non è in contraddizione con il determinismo strutturale di Maturana e che può essere inclusa come caratteristica dei sistemi sociali [Capra, 2002, cfr §2.5 e §2.6]. 31 Fabio Forlani definire intelligente questo tipo di animali, mentre ci opponiamo all’idea che rocce o protozoi siano intelligenti. Qual è la differenza fra questi sistemi? La differenza che balza immediatamente agli occhi è che i mammiferi sono più complessi di altre forme inferiori di organismi viventi o di entità non viventi. Tuttavia la complessità non è la differenza cruciale. Lo è invece il fatto che tale differenza si fonda sulla plasticità strutturale. Un sistema è plastico a livello strutturale quando è in grado di subire cambiamenti strutturali in seguito ad interazioni con se stesso, con il suo ambiente o con altri sistemi strutturalmente plastici. Sebbene la struttura del sistema determini in che modo esso “reagirà” ad una certa perturbazione in un dato istante, l’interazione porta, a sua volta, a cambiamenti strutturali, che altereranno il comportamento futuro del sistema. Cioè un sistema strutturalmente plastico è un sistema che apprende. Quando un sistema strutturalmente plastico è accoppiato con il suo ambiente, il suo comportamento ci appare intelligente, poiché la sua plasticità fa si che esso mostri continui cambiamenti nelle sue risposte all’ambiente. E’ la plasticità strutturale che determina la differenza di comportamento tra un mammifero e una roccia che fa definire intelligente il primo e l’altra no. Questo fenomeno è di estrema importanza per i sistemi sociali, poiché l’accoppiamento strutturale costituisce il fondamento di tutti i sistemi interattivi animali e quindi anche dei sistemi sociali umani. Un sistema plastico a livello strutturale, finché sopravvive, diventerà automaticamente e rapidamente accoppiato in modo sempre più ricco con il suo ambiente. Essendo l’ambiente formato da altri sistemi strutturalmente plastici, essi risulteranno accoppiati l’uno con l’altro con sempre maggior complessità31. Secondo Dell dall’ontologia di Maturana nel campo delle scienze sociali appare evidente che: i sistemi viventi strutturalmente determinati si organizzano automaticamente in sistemi interattivi. Ogni volta che due o più sistemi viventi strutturalmente plastici interagiscono, essi cominciano a co-creare uno schema chiuso di interazione. Essi formano un sistema. Il sistema emerge naturalmente dal modo in cui le sue componenti strutturalmente plastiche si adattano l’una con l’altra. Tale sistema deriva da ed è l’accoppiamento strutturale delle sue componenti. Il sistema è il modo in cui le sue componenti si adattano reciprocamente. I sistemi viventi, fino che vivono e interagiscono, automaticamente si accoppiano. Dall’ontologia di Maturana emerge dunque che il mondo vivente è organizzato in modo sistemico perché l’organizzazione sistemica (cioè l’accoppiamento strutturale) è una necessaria conseguenza dell’interazione dei sistemi viventi strutturalmente determinati, così da formare un sistema interattivo chiuso autopoietico che ha una schema o pattern reticolare. Secondo la logica sistemica in un mondo strutturalmente determinato nessun oggetto può determinare il comportamento di un altro oggetto. Questa considerazione è confermata dall’affermazione di Bateson [in Dell, 1986]: “una parte non può controllare il tutto”. Bateson ha in questo modo compresso il concetto di determinismo strutturale e l’impossibilità di interazioni istruttive. L’impossibilità di un controllo unilaterale all’interno di un sistema è solo un caso specifico del fenomeno del determinismo strutturale. La parte non può controllare il tutto, poiché la parte è, di fatto, parte del sistema ed è quindi soggetta essa stessa ai processi causali circolari a cui partecipa. Tuttavia, anche se la parte fosse esterna al sistema, non potrebbe ugualmente esercitare un controllo su di esso, poiché in base al determinismo strutturale le interazioni istruttive sono ontologicamente impossibili. Secondo Dell [1986], basandosi sulle teorie di Maturana e Bateson è possibile dare una solida base ontologica ed epistemologica alle scienze sociali, base che parte dallo studio della vita (sistemi viventi). La necessità di fondare le scienze sociali su un solido corpo di conoscenze 31 Vedremo in seguito come questo meccanismo è la base del processo evolutivo dei sistemi complessi [cfr. cap.2]. 32 Esperienze, Marketing e Territorio era particolarmente sentita da Dell [1986] poiché egli riteneva che i tentativi di fornire le fondamenta alle scienze sociali e a quelle del comportamento non avevano avuto particolare successo. Infatti, egli ricorda che per Bateson [in Dell, 1986] le scienze sociali al contrario della fisica o della chimica, sono composte da un dedalo di concetti: • “definiti con scarsa precisione”; • mal collegati l’uno con l’altro; • privi di una comune base. In altri termini nelle scienze sociali non pare essere presente una matrice disciplinaria [Khun, 1978] condivisa. I teorici delle scienze del comportamento hanno, infatti, oscillato fra tentativi (infruttuosi) di emulare le scienze esatte (positivismo e post-positivismo, [cfr §1.4]) e insistenti dichiarazioni circa la radicale diversità delle scienze sociali (dello spirito) dalle scienze della natura [cfr §1.4]. L’ontologica biologia di Maturana (secondo Dell assieme all’epistemologia cibernetica di Bateson), può fornire una base alle scienze sociali, poiché fa riferimento contemporaneamente: a) al problema dell’osservatore; b) allo status epistemologico dell’oggettività; c) alla relazione fra scienza sociale (Geisteswissenschaften) e scienze naturali (Naturwissenschaften). L’ipotesi generativa di Maturana, del funzionamento strutturalmente determinato dell’unità autopoietica in accoppiamento strutturale con il suo medium, fornisce un'unica coerente spiegazione di come nasce il linguaggio, in che cosa esso consiste, e dei tre problemi sopra citati. Maturana ha mostrato, in particolare, che il linguaggio non è localizzato nel cervello. Esso nasce ed esiste unicamente come elaborazione concreta del nostro accoppiamento strutturale con altri organismi, anch’essi altamente plastici a livello strutturale, nel medium in cui viviamo. Questa forma particolare di accoppiamento strutturale (coordinare i comportamenti relativi al coodinamento dei comportamenti) è costitutiva della nostra esistenza in quanto esseri umani ed appare possibile, in certe circostanze anche negli scimpanzé e nei gorilla. Un organismo capace di fare distinzioni (poiché coordina il comportamento relativo al coordinamento del comportamento con altri organismi) è un osservatore. Data la chiusura del sistema nervoso ne deriva che le osservazioni di un qualunque osservatore non possono essere oggettive. Le osservazioni non possono cogliere verità oggettive sul mondo perché esse sono sempre soltanto interazioni fra la struttura dell’organismo osservatore e il medium. Quindi, le distinzioni che compaiono nel linguaggio mediante la percezione sono determinate dalla struttura dell’organismo e non dal medium che egli osserva. Ma questo non vuol dire che l’osservatore non può fare alcune osservazione scientifica. Egli può fare solo le distinzioni consentite dal suo modo di operare in accoppiamento strutturale con il proprio medium. Quello che è importante chiarire è che la percezione non è e non può mai essere oggettiva e, nondimeno, tutte le osservazioni hanno uguale validità. Tutte le realtà che noi produciamo sono legittime. Ne consegue che noi, in quanto esseri umani che viviamo nell’ambito del linguaggio, abitiamo in un multiverso più che in un universo. In un multiverso la verità non è né oggettiva né unitaria, bensì molteplice. La verità, quindi, si manifesta all’osservatore in ciascuna e in tutte le distinzioni che egli opera. I sistemi sociali, come le famiglie, le imprese, ecc. sono delle distinzioni tracciate dall’osservatore che individua un modello organizzativo di interazione tra organismi viventi. 33 Fabio Forlani Non esiste nessun sistema sociale oggettivo, esistono solo le molteplici distinzioni introdotte da differenti osservatori. Il lavoro di Maturana è costituito da una serie di distinzioni tracciate da un osservatore che opera in accoppiamento strutturale con il proprio medium. Al pari di tutte le altre distinzioni, quelle di Maturana possiedono una loro specifica legittimità, ma non pretendono di avere lo status della verità oggettiva, anche se rappresentano un insieme di proposte enormemente comprensivo ed efficace. Con piena consapevolezza della propria impossibilità, quale osservatore, di evitare le illusioni o di operare al di fuori del linguaggio, Maturana ha elaborato un’ipotesi generativa: noi siamo unità autopoietiche strutturalmente determinate che operano in accoppiamento strutturale con il proprio medium. A sua volta, questa ipotesi si è dimostrata in grado di spiegare: i. La relazione tra l’organismo e il suo ambente; ii. La natura dell’accoppiamento strutturale degli organismi; iii. La natura dei sistemi sociali; iv. Il modo in cui nasce il linguaggio; v. La natura dell’osservatore; vi. Il modo in cui noi creiamo delle realtà; vii. In che modo Maturana stesso, in qualità di osservatore, ha potuto sviluppare quella ipotesi generativa che specifica tutto quanto sopra, incluso il proprio funzionamento quale essere umano, che fa certe distinzioni e avanza determinate ipotesi. Maturana ha quindi elaborato una teoria che, basandosi sulla comprensione della vita, può essere assunta a riferimento per le scienze sociali e comportamentali. Per concludere si può sintetizzare la posizione ontologica di Maturana nel seguente modo: • La realtà oggettiva non esiste, esistono tante realtà che dipendono dalla prospettiva dell’osservatore. • Esiste però una spiegazione del funzionamento della vita: “Il mondo vivente è organizzato in modo sistemico perché l’organizzazione sistemica (cioè l’accoppiamento strutturale) è una necessaria conseguenza dell’interazione dei sistemi viventi strutturalmente determinati. Fino che vivono e interagiscono i sistemi viventi, automaticamente, si accoppiano strutturalmente l’uno con l’altro, così da formare un sistema interattivo chiuso autopoietico che ha una schema o pattern reticolare.” [Maturana, 1990]. 1.5 La terza via sistemica: verso la “scienza della vita” Sull’ontologia elaborata da Maturana ancorano il proprio ragionamento epistemologico e metodologico numerosi autori che fanno riferimento all’approccio sistemico e allo studio dei sistemi [Varela, Capra, Gandolfi, Golinelli, ecc.]. Sono inoltre collegabili a (o comunque coerenti con) gli assunti ontologici di Maturana anche numerosi contributi che fanno riferimento alle teorie della complessità [Buchanan, Barabàsi, ecc.]. In questo paragrafo, a tale proposito, si cercherà di evidenziere che sembra emergere un’epistemologia e una metodologia di studio “sistemica”, distinta tanto dal pospositivismo che dal costruttivismo. Tale impostazione metodologica ha invece, a nostro avviso, numerosi punti in comune con la terza via Weberiana [Maggi, Solé, ecc.]. In questo studio si ipotizza, 34 Esperienze, Marketing e Territorio allora, di poter accomunare le due “terze vie” in un unico approccio sistemico allo studio dei sistemi viventi32. Si riportano, qui di seguito, alcuni dei principali passaggi che evidenziano i collegamenti fra gli autori citati: Secondo Varela [1996 e 2001]: “La rivoluzione cognitiva consiste nel dire che l’approccio puramente comportamentista non sembra sufficiente a rendere conto di tutto quello che si osserva nella vita degli animali e degli uomini, e bisogna fare l’ipotesi – l’ipotesi cognitivista appunto – che da qualche parte ci siano strutture interne, contenuti propri alla vita della mente, processi mentali non riducibili a meri comportamenti, come la memoria, la pianificazione, l’associazione e via di seguito.” Nel suo articolo “Neurofenomenologia, una soluzione metodologica al problema difficile”, Varela [1996] evidenzia come, camminando su questa strada, sia possibile e importante appropriarsi della tradizione di studi chiamata fenomenologia: “La fenomenologia può essere descritta anche come un particolare tipo di riflessione o un modo di pensare alla nostra capacità di essere consapevoli. […] Il punto archimedeo della fenomenologia è di sospendere gli assunti abituali e di promuovere un’analisi di nuovo tipo, donde lo slogan di Husserl “torniamo alle cose stesse!” che per lui significa il contrario dell’oggettivazione in terza persona, un ritorno al mondo che viene esperito nella sua immediatezza percepita. La speranza di Husserl, così come l’ispirazione alla base della ricerca fenomenologia, era che si potesse stabilire gradualmente una vera scienza dell’esperienza, la quale non solo potesse stare alla pari con le scienze della natura, ma potesse anche fornire loro una base di cui avevano bisogno, dal momento che la conoscenza emerge necessariamente dalla nostra esperienza vissuta.” Capra [1997 e 2002] parte dall’ontologia di Maturana (rafforzata dalla epistemologia cibernetica di Bateson) per descrivere una teoria dei sistemi sociali come sistemi dinamici complessi: “Il mio secondo libro, il punto di svolta, mostrava come la rivoluzione nella fisica contemporanea avesse preannunciato una rivoluzione simile avvenuta poi in molte altre scienze – con una corrispondente trasformazione, nell’ambito della società, dei valori e della visione del mondo. In particolare, mi soffermavo sui cambiamenti di paradigma in biologia, medicina ed economia. Nel corso di questa mia indagine, giunsi a comprendere che tutte queste discipline avevano a che fare - in un modo o nell’altro – con la vita, con i sistemi viventi (biologici o sociali che fossero), e che la <nuova fisica> risultava pertanto inappropriata come paradigma e come fonte di metafore nel trattare questi ambiti. Il paradigma della fisica, cioè, andava sostituito con un orizzonte concettuale di più ampio respiro, con una concezione della realtà che ponesse al proprio centro la vita stessa.” [Capra, 2002, p.19]. Buchanan [2003], partendo anch’esso dalla teoria della complessità, ma utilizzando una bibliografia socio-economica differente, conferma la necessita di un fondamento ontologico delle scienze sociali che assuma la struttura a rete come forma propria dei sistemi viventi: “[…] molte delle complessità intrinseche alla società umana non sono in realtà correlate con la complessità psicologica degli uomini, in quanto seguono un modello (schema di organizzazione, ndr) che è lo stesso anche in diversi contesti in cui gli esseri umani e la loro coscienza non hanno alcun ruolo” [2003, p.5]. “Tali scoperte hanno aperto la strada alla nuova scienza delle reti, […] . E’ singolare che sia nel mondo fisico sia nel mondo umano, valgano identici principi organizzativi. Reti che si sono sviluppate in condizioni diverse per venire 32 Questo passaggio richiederebbe maggiori e più specifici approfondimenti. Comunque allo stato delle conoscenze acquisite in questo studio si ritiene che vi siano le condizioni per inserire i due approcci in una terza proposta distinta tanto dal postpositivismo quanto dal costruttivismo. 35 Fabio Forlani incontro a esigenze del tutto diverse presentano quasi la stessa struttura (schema di organizzazione, ndr). […] . Per secoli gli scienziati hanno “smontato” la natura analizzandone i pezzi con crescente precisione. Ormai è superfluo sottolineare come questo processo di “riduzione” permetta di comprendere solo fino a un certo punto la realtà. […] Oggi il problema più affascinante e pressante è quasi sempre quello di comprendere la sottile e intricata alchimia organizzativa delle reti molto complesse.” [2003, p.9]. Buchanan M. [2003, p. 12] “Lo studio delle reti rientra in un settore della scienza denominato “teoria della complessità”. In senso astratto, qualsiasi insieme di parti interagenti – atomi, molecole, batteri, pedoni, agenti di cambio o nazioni – rappresenta una “sostanza”. Indipendentemente dai suoi componenti, tale sostanza soddisfa certe leggi formali, scoprire le quali è compito della teoria della complessità. […] Per il filosofo greco Platone, la realtà e tutti gli oggetti reali non sono propriamente veri, ma solo copie di “forme” o “idee” eternamente identiche a sé, e scopo dell’intelletto è comprendere le idee anziché essere fuorviato dalle ombre ingannevoli della realtà fisica. Anche il filosofo tedesco Immanuel Kant era convinto che dietro le apparenze si celasse una realtà più profonda, ovvero che dietro i fenomeni, cioè gli oggetti in rapporto a noi, vi fossero le “cose in sé”, gli oggetti veri e propri, non conoscibili. Alla base della nuova teoria di rete e, più in generale della teoria della complessità, vi è un concetto idealmente affine a quelli platonici e kantiani, anche se si ispira alla matematica e alla scienza empirica anziché alla filosofia. Per la prima volta nella storia, la scienza sta imparando a decifrare la struttura delle varie reti e a riconoscere modelli e regolarità importanti là dove in passato non vedeva nulla.” Barabàsi [2004, p.8-9]:”Dopo aver speso miliardi, nell’ultimo secolo, per disassemblare la natura, ora ci rendiamo conto che non sappiamo andare avanti se non continuando a smontarla. Il riduzionismo è la forza che ha guidato gran parte della ricerca scientifica del XX secolo. Per comprendere la natura, affermano i suoi sostenitori, occorre anzitutto decifrare le componenti. L’assunto è che, una vola comprese le singole parti, sarà facile afferrare l’insieme. […] La realtà è che il riassemblaggio si è rivelato molto più difficile di quanto gli scienziati si aspettassero, e per una semplice ragione: inseguendo il riduzionismo ci siamo imbattuti nel muro della complessità. […] Nei sistemi complessi le componenti possono combaciare in così tanti modi diversi che ci vorrebbero miliardi di anni per provarli tutti. Eppure la natura assembla i suoi pezzi con una grazia e una precisione perfezionate nel corso di milioni di anni. Lo fa sfruttando le leggi onnicomprensive dell’autorganizzazione, le cui radici continuano a essere per noi un profondo mistero. […] E’ in atto una rivoluzione dove scienziati di ogni disciplina scoprono che la complessità ha un architettura ben precisa. Siamo arrivati a capire l’importanza delle reti.”. E inoltre, a conclusione del suo lavoro, afferma che [2004, p.201] “Nel loro insieme la rete metabolica e quella proteica, entrambe con la stessa topologia ad invarianza di scala, testimoniano un alto grado di armonia nell’architettura della cellula: a qualsiasi livello di organizzazione guardiamo, veniamo accolti da una topologia a invarianza di scala. Da questi viaggi all’interno della cellula si deduce come sia Hollywood da una parte sia il Web dall’altra non abbiano fatto altro che riscoprire una topologia già inventata dalla vita 3 miliardi di anni fa. Le cellule viventi sono davvero dei piccoli mondi, e hanno la stessa topologia di molte altre reti non biologiche. Come se l’architetto della vita non sapesse disegnare altro.” Vedremo in seguito come l’analisi dello schema a rete (schema di organizzazione o forma) sia solo una parte degli elementi del modello di analisi dei sistemi sociali [Capra, 2002] e che quindi il contributo di Barabàsi e di Buchanan sia solo un elemento di un sistema più complesso. In questa fase è comunque da ritenersi un ulteriore contributo che si aggiunge alla costellazione di opinioni che confermano come siano maturi i tempi per superare la frattura fra scienze sociali e scienze naturali. In molti ritengono, per cui, più opportuno parlare di 36 Esperienze, Marketing e Territorio un'unica scienza della vita, fondata sui concetti della dinamica non lineare (teoria della complessità), che Capra [2002, p.22] illustra nel seguente modo: “Nella mia estensione dell’approccio sistemico al dominio sociale è esplicitamente incluso anche il mondo materiale. Ciò suonerà strano, dato che solitamente che si dedica allo studio della società non è interessato al mondo della materia. Per il modo in cui sono state organizzate le nostre discipline accademiche, le scienze naturali si occupano delle strutture materiali, mentre le scienze sociali studiano le strutture sociali (intese essenzialmente come regole di comportamento). In futuro, però, una divisione così marcata non sarà più possibile, proprio perché la sfida principale del nuovo secolo – per gli scienziati della società, per quelli della natura e per chiunque altro – sarà quella di costruire delle comunità che siano ecologicamente sostenibili, progettate in modo tale che le loro tecnologie e le loro istituzioni sociali non vengano a minare quella capacità di sostenere la vita che una proprietà intrinseca del mondo naturale.” 1.6 L’epistemologia e la metodologia di Francisco Varela33. Lo studio delle teorie di Francisco Varela è particolarmente utile al fine di questa tesi, poiché tale autore, partendo dalle teorie elaborate assieme a Maturana [Maturana e Varela, 1985], suo maestro, mette a punto una metodologia per lo studio dell’esperienza umana. Essendo l’esperienza vissuta dalle persone uno dei tre pilastri centrali di questo studio ci sembra opportuno analizzare la prospettiva epistemologica e metodologica di questo scienziato: la neurofenomenologia. “<<Neurofenomenologia>> è la denominazione che uso in questa sede per designare la ricerca di una maniera per sposare la moderna scienza cognitiva con un approccio rigoroso all’esperienza umana, ponendomi così lungo la linea della tradizione filosofica europea della fenomenologia.” [Varela, 1996, p.1] Secondo Varela nei ricercatori continua a prevalere uno spirito, una tendenza un riduzionista [cfr. §1.3], nel tentativo di ricondurre il “problema difficile” dell’esperienza cosciente (della coscienza) a una spiegazione puramente materialista e neurobiologica, eliminando completamente il polo dell’esperienza. Questo è il programma delle neuroscienze cognitive classiche che sostengono di aver scoperto che l’individuo, con la sua vita, la sua esperienza, “non è altro che un ammasso di neuroni.”. Varela pensa, invece, che la questione dell’esperienza umana non possa essere posta in termini esclusivamente riduzionistici; la ragione è molto semplice: il vissuto in quanto tale non è riducibile e spiegabile solamente in termini di sistema neuronale. Nella tradizione fenomenologia, a cui Varela fa riferimento, il punto di partenza è la natura irriducibile dell’esperienza cosciente: l’esperienza vissuta. La coscienza non appartiene, per così dire, a un gruppo di neuroni, appartiene a un organismo, appartiene a un essere umano, a un’azione che si sta vivendo. Non si può, per cui, avere una nozione della coscienza e della maniera in cui emerge, se non si prende in considerazione il fatto che il fenomeno della coscienza appare in un organismo legato ad almeno tre cicli permanenti di attività: 1) In primo luogo è connesso in permanenza con l’organismo. Il cervello non è un fascio di neuroni sezionati in laboratorio, ma esiste all’interno di un organismo impegnato essenzialmente nella propria autoregolazione, nella nutrizione e nella conservazione di sé, che ha fame e sete, che ha bisogno di rapporti sociali. Alla base di tutto ciò che 33 Francisco Varela ha portato importanti contributi alla ricerca scientifica nei campi delle neuroscienze, della biologia teorica, dell’immunologia, della cibernetica, dell’intelligenza artificiale, della teoria dei sistemi complessi e dell’epistemologia. Primo fra tutti il concetto fondamentale di autopoiesi elaborato insieme al suo maestro Humberto Maturana [cfr 1.4]. 37 Fabio Forlani 2) 3) perviene all’integrità degli organismi, c’è il sentimento dell’esistenza, il sentimento di esserci, di avere un corpo dotata di una certa integrità, appunto. Per un aspetto essenziale la coscienza rientra nell’attività permanente della vitalità organistica che, muovendosi sullo sfondo del sentimento di esistere, è continuamente permeata, attraversata, da emozioni, sentimenti, bisogni, desideri. In secondo luogo è evidente il collegamento diretto con il mondo, o in interazione col mondo, attraverso tutta la superficie sensorio-motrice. Un soggetto ha coscienza del bicchiere nel senso che, quando vede il bicchiere, dice: ho coscienza di questo bicchiere. Ma il bicchiere non è un immagine nella sua testa, di cui egli debba prendere coscienza dall’interno. In molti studi si è scoperto che il bicchiere è inseparabile dall’atto di manipolarlo. L’azione e la percezione costituiscono una unità e il mondo non esiste, se non in questo ciclo, in questo collegamento permanente. Varela sostiene che c’è un interazione col mondo e che il mondo emerge solo grazie a questo collegamento (accoppiamento strutturale [cfr. §1.4]) che è una fonte permanente di senso. Quando una persona parla di contenuti di coscienza, e dice di vedere un bicchiere, il volto di un amico, il cielo, non parla di un tratto di circuito neuronale che capta un’informazione dal mondo e ne fa un correlato della coscienza, ma sta parlando di qualcosa che è necessariamente decentrato, che non è nel cervello, ma nel ciclo, tra l’esterno e l’interno, non esiste che nell’azione e nel ciclo, nello stesso modo in cui il sentimento d’esistenza vive nel ciclo tra apparato neurale e il corpo. Una terza dimensione, valida soprattutto per l’uomo ma anche per i primati superiori, è il fatto di essere strutturalmente concepiti per aver rapporti con i nostri congeneri, con individui della stessa specie, l’abilità innata, di un’importanza assolutamente centrale, che costituisce l’empatia, di mettersi al posto dell’altro, di identificarsi con l’altro non è all’interno della mia testa che tutto questo si svolge, ma in modo decentrato, nel ciclo. Secondo Varela la coscienza e quindi l’esperienza umana non è nella testa. La coscienza è un’emergenza che richiede l’esistenza di questi tre fenomeni, di questi tre cicli: con il corpo, con il mondo e con gli altri. I fenomeni di coscienza possono esistere solo nel ciclo, nel decentramento che esso comporta. Il cervello ha allora un ruolo centrale in quanto è la condizione di possibilità. Varela ritiene che “La nozione di emergenza è una nozione assolutamente centrale, in mancanza della quale si continua a restare, come accade nella maggior parte dei casi, in una visione dualista del genere mente/corpo, e non si arriverà mai a comprendere come un’attività di tipo sia cognitivo, sia cosciente possa essere collegata a una base materiale, senza essere ridotta a un’influenza materiale, come sia possibile un approccio non riduzionista alle basi materiali. […] La nozione di emergenza ha avuto molti sviluppi teorici e in biologia si trova che i fenomeni di emergenza sono assolutamente fondamentali. Perché ci permettono di passare da un livello più basso a un livello più alto. Quello che era un ammasso di cellule improvvisamente diventa un organismo, quello che era un insieme di individui può diventare un gruppo sociale, quello che era un insieme di molecole può diventare una cellula. Dunque la nozione di emergenza è essenzialmente la nozione che ci sono in natura tutta una serie di processi, retti da regole locali, con piccole interazioni locali, che messi in condizioni appropriate, danno origine a un nuovo livello a cui bisogna riconoscere una specifica identità. Qui la parola identità è importante.” [Varela, 2001] L’epistemologia di Varela, pur studiando i fenomeni umani nella sua totalità e nella sua complessità, non è possibile definirla olista. In quanto egli parla piuttosto di una terza strada capace di conciliare la necessaria soggettività dell’esperienza con la necessità della scienza di pervenire a risultati oggettivi [cfr le similitudini con l’impostazione neoweberiana del §1.3]. 38 Esperienze, Marketing e Territorio Varela descrive infatti tale problematica nel seguente modo: “Il termina olista è superato, a mio avviso, perché risale all’epoca in cui c’è stato lo scontro tra l’idea che si potesse realizzare un programma riduzionista forte e una nozione filosoficamente motivata dall’esigenza di reagire contro quel programma. Qui non si tratta di olismo, ma di buona scienza. Si tratta di osservare una gran quantità di processi naturali, lo sviluppo e il funzionamento del cervello, l’organizzazione del sistema immunitario, l’organizzazione dei sistemi ecologici, che non possono essere capiti se non si prende in considerazione la dialettica tra i due livelli, che l’olismo non ha mai veramente compreso. Dunque il termine olismo non è veramente appropriato. Quando parlo di emergenza, parlo di qualcosa che è centrale nella ricerca scientifica contemporanea, anche se molti non ne hanno ancora colto l’importanza. E’ un problema assolutamente essenziale perché ciò che c’è di geniale nella nozione dei emergenza è che, se da un lato un gruppo di neuroni in interazione con il mondo danno origine a una attività cognitiva, dall’altro, come in tutti i processi di emergenza naturale, una volta che ha avuto luogo l’emergenza di una nuova identità, quella identità ha degli effetti, ha delle ricadute [causalità discendente] sulle componenti locali. […] Questo vuol dire che c’è un vero va-e-vieni tra ciò che emerge e le basi che ne rendono possibile l’emergenza, che impone di fare una descrizione completamente diversa del posto della coscienza e della cognizione in generale nell’universo, non come un livello fluttuante, ma come parte intrinseca della natura, come parte intrinseca del mondo naturale. E’ questo che mi piace e che ci fa avanzare rispetto alla perenne ripetizione di un dualismo che non porta da nessuna parte, senza dover ricorrere al riduzionismo, e senza che la coscienza perda il suo statuto fenomenologico, il suo statuto proprio.” [Varela, 2001] Utilizzando le fondamenta ontologiche dei sistemi viventi e la nozione di emergenza Varela assume una sua peculiare posizione sulla diatriba se la scienza debba spiegare e prevedere o comprendere e descrivere: “E’ abbastanza diffusa l’idea che il compito essenziale della scienza, di qualsiasi scienza, è di fare previsioni, di prevedere i fenomeni. Però nel campo delle scienze della natura diverse dalla fisica, per esempio nella scienza del vivente, non è questo che ci interessa. […] Ci sono nella scienza due approcci: l’approccio predittivo e quello che possiamo chiamare l’approccio costruttivo. Per avere ragione dovete essere in grado di costruire un apparecchio capace di movimenti come quelli del cane. E’ qualcosa di assai più convincente che anticipare il movimento della zampa destra del cane. Questo è il punto: non bisogna dimenticare che è questo il modo con cui procede oggi la scienza. […] Non è interessante tanto prevedere il punto esatto in cui effettuerà un certo movimento, quanto che la capacità qualitativa di compierlo emerga e si manifesti. Dunque la prova mediante l’emergenza, la prova dell’emergenza è la costruzione, non la previsione.” La sfida lanciata da Varela consiste quindi nell’indicare una terza strada tra la spiegazione riduzionista positivista e la descrizione costruttivista. Tale posizione, coerentemente con il concetto di emergenza indica nell’effettiva costruzione di un sistema la prova della comprensione scientifica dei fenomeni. Così facendo non si riporta la scienza alla verifica positivista, in quanto il fatto di riuscire a fare emergere un sistema significa semplicemente aver compreso le condizioni di possibilità dell’emersione. L’emersione poi è sempre un processo creativo contingente. In altre parole, l’emersione prodotta dal ricercatore dimostra la validità delle ipotesi teoriche sul funzionamento del sistema studiato e nel contesto studiato. Dimostrare di aver compreso le dinamiche di funzionamento (o schema di organizzazione) di un sistema non vuol dire, però, saper prevedere con precisione cosa emergerà e quando emergerà, significa aver compreso come farlo emergere. Essendo l’emersione un atto creativo la scienza può capire quali siano le strutture e lo schema organizzativo che consentano la creazione. La creazione, 39 Fabio Forlani poi in quanto atto creativo del mondo vivente non è mai uguale a se stessa, ma ha schemi comuni per genere [anche qui ci sono delle similitudini con gli idealtipi weberiani, cfr §1.3]. Questo passaggio è ulteriormente chiarito da Varela [2001] con riferimento alla sua concezione sul determinismo: “Tutto dipende da che cosa si intende con “determinismo”. Se “determinismo” vuol dire che si conoscono le leggi fondamentali dell’universo, che ci permettono di comprendere come certi fenomeni – tra cui mettiamo la coscienza – emergano, allora sì effettivamente da questo punti di vista si tratta di un approccio determinista. Ma non è determinista nel senso laplaciano del termine, perché la previsione non è né interessante né possibile. Sono fenomeni complessi: la maggior parte dei fenomeni emergenti sono detti “non lineari”, perché funzionano appunto su basi che non permettono la previsione, sono di tipo caotico. In questi casi la previsione in quanto tale non è interessante. Io non posso calcolare quello che un dato individuo penserà in un istante successivo, perché questo fa parte appunto della logica, della legge di emergenza del suo pensiero.” La neurofenomenologia è, quindi, una proposta metodologica che cerca di analizzare e comprendere l’attività cerebrale (descrizioni in terza persona) in termini compatibili con l’esperienza soggettiva stessa (descrizioni in prima persona). La domanda che si pone è: come si può mettere insieme il descritto neuronale e il vissuto? Come si può passare da un discorso di qualcosa conosciuto oggettivamente a un discorso conosciuto personalmente, dalla terza alla prima persona? L’unità corpo-mente dietro l’apparente eterogeneità delle proprietà fisiche-mentali è spiegata appunto tramite il concetto di “proprietà emergente” e di “autoorganizzazione”: la coscienza è una proprietà emergente derivante da una base fisico-naturale. La teoria di Santiago della cognizione [Maturana e Varela, 1987], ha permesso di chiarire [cfr §1.4] come la cognizione non consista nella semplice rappresentazione di un mondo esistente indipendentemente dal soggetto, quanto piuttosto nel “far emergere” un mondo attraverso il processo della vita. Questo ci consente di dire che la dimensione soggettiva è sempre implicita nella pratica della scienza anche se non viene esplicitata34. Nella scienza della coscienza alcuni dei dati su cui si fondano le ricerche sono di natura soggettiva, poiché sono delle esperienze interiori. Per raccogliere e analizzare questi dati occorre, quindi obbligatoriamente, ricorrere ad un esame metodico dell’esperienza soggettiva fatta in prima persona. Ciò non significa, però che si debba abbandonare il rigore scientifico [Kuhn, 1978]. Quando si parla di una “descrizione oggettiva” in ambito scientifico, si fa riferimento innanzitutto a un corpo di conoscenze che sia ben definito e strutturato secondo le regole della ricerca scientifica collettiva [Maturana, 1990], piuttosto che non a una semplice raccolta di osservazioni individuali. Una delle caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento fenomenologico, infatti, consiste nel cercare di non opporre il soggettivo all’oggettivo, ma di superare la loro dicotomia in nome della loro correlazione fondamentale. La riduzione fenomenologica ci dimostra subito evidente che la conoscenza è inestricabilmente collegata a ciò che va al di là di se stessa [cfr l’accoppiamento strutturale §1.4]. La coscienza non è cioè qualcosa di interno e privato poiché alla base possiede lo stesso tipo di esistenza del mondo esterno, privo di coscienza [cfr §1.4]. 34 Un sistema come tale non esiste nella realtà. Esso è frutto di un’operazione cognitiva che un osservatore compie distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un significato proprio. Cfr Maturana e Varela [1987]. Dunque “ […] i sistemi non “sono”, ma si “osservano” e ciò presuppone che sia specificato anche l’osservatore. Di fronte alla stessa struttura, osservatori diversi possono osservare sistemi diversi e lo stesso sistema può essere descritto in forme alquanto differenti” Mella P., [Dai sistemi al pensiero sistemico. Per capire i sistemi e pensare con i sistemi, Franco Angeli, 1997, p.27-28] in Golinelli [2000, p.75]. 40 Esperienze, Marketing e Territorio In questo senso l’analisi fenomenologica proposta da Varela non è un “viaggio privato” poiché è concepita come indirizzata ad altri, attraverso una convalida intersoggettiva: “Grazie all’evidenza empirica e intuitiva, possiamo facilmente convincerci che la nostra esperienza umana segue qualche fondamentale principio strutturale che, come lo spazio, impone la propria legge alla natura di ciò che ci è dato come contenuto dell’esperienza.” e ancora “Non abbiamo a che fare con un’ispezione privata, ma con un ambito di fenomeni in cui il soggettivo e l’oggettivo, nonché il soggetto e gli altri, emergono naturalmente dall’applicazione del metodo e dal suo contesto. […] L’esperienza è chiaramente un evento personale, ma ciò non significa che sia privato, nel senso di una sorta di soggetto isolato che viene paracadutato in un mondo oggettivamente predeterminato”. La posizione di Varela è quindi chiaramente quella di una terza via che possiamo riassumere con le sue stesse parole: “La tradizionale opposizione tra l’analisi in prima e in terza persona è fuorviante. Ci induce a dimenticare che le cosiddette analisi obiettive in terza persona vengono in realtà eseguite da una comunità di persone concrete che si incarnano nel proprio mondo naturale e sociale grazie alle loro analisi in prima persona. La linea di demarcazione tra rigore o meno, non va tracciata fra analisi in prima o in terza persona ma va determinata piuttosto accertandosi se ci sia o meno un preciso terreno metodologico che conduca a una convalida in comune e a una conoscenza condivisa.” [Varela, 1996, p.15] Varela si pone, in questo modo, nella corrente delle scienze cognitive dinamiche. Secondo l’ipotesi dinamica gli agenti cognitivi sono sistemi complessi dinamici. Tali sistemi possono essere descritti mediante modelli dinamici astratti e la teoria dei sistemi complessi dinamici che si estende a qualunque tipo di cambiamento descrivibile. L’attenzione si concentra sulle proprietà strutturali del flusso, ossia l’intera gamma delle possibili traiettorie. L’idea chiave delle teorie dinamiche è che i fenomeni si possono studiare più efficacemente non come controllati e diretti da un computer che invia istruzioni sotto forma di simboli al momento giusto ma come una proprietà emergenti di un sistema dinamico che si auto-organizza. Per gli studiosi che si avvicinano allo studio della coscienza intrecciando assieme l’esperienza, la neurobiologia e la dinamica non lineare, il “problema difficile” si trasforma nella sfida di comprendere e integrare due nuove teorie sistemiche: la teoria della complessità (dinamica non lineare) [Capra, 1999; Barabàsi, 2004, Buchanan, 2003] e lo studio fenomenologico dell’esperienza vissuta [Varela, 1996]. Bibliografia del capitolo Barabàsi A.L. [2002], Linked. The New Science of Networks; tad. it. Link. La nuova scienza delle reti; Einaudi, Torino, 2004. Buchanan M. [2003], Nexus, Small Words and the Groundbreaking Science of Networks; trad. it Nexus, Mondadori, Milano, 2003. Capra F. 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L’approccio di ricerca trasversale a tutte le scienze che emerso come più strutturato e pervasivo è sembrato l’approccio sistemico [Capra, 1997 e 2002; Gandolfi, 1999]. Tale approccio è abbondantemente presente anche nelle scienze sociali e negli studi economicomanageriali [Vicari, 1991; Golinelli, 2000]. Studi sistemici nelle scienze naturali, nelle neuroscienze, nei contesti sociali, unitamente alla formalizzazione della cosiddetta matematica della complessità, sono, infatti, la chiara manifestazione della portata e della diffusione attuale del pensiero sistemico. Fra gli autori più significativi del pensiero sistemico si è analizzato il contributo ontologico, epistemologico e metodologico di Maturana e Varela, che hanno indicato chiaramente la necessità di una fondazione biologica delle scienze sociali. Fondazione biologica che partendo dallo schema biologico dei sistemi viventi permetta di studiare i sistemi sociali attraverso le tematiche della cognizione e del linguaggio e quindi dell’esperienza. Ritenendo che la visione sistemica di Maturana e soprattutto quella di Varela, in quanto processuale ed emergente, sia alternativa sia al postpositivismo-riduzionista, sia al costruttivismo-olistico, proveremo ad evidenziare l’esigenza di individuare l’approccio sistemico come terza via alla ricerca scientifica. In questo capitolo, partendo dall’evoluzione storica del pensiero sistemico, si cercherà di presentare uno schema di sintesi che applica le Teorie dei Sistemi Complessi Dinamici (Sistemi Viventi) alla realtà sociale [Capra, 2002; Gandolfi, 1999]. Si vedrà infine che esiste una compatibilità fra questa terza via e la terza via indicata per le scienze sociali dalla teoria dell’agire umano di Weber [Maggi, 2003]. 2.1 L’evoluzione del pensiero sistemico “La tensione fondamentale è quella fra le parti e il tutto. Il risalto dato alle parti è stato chiamato meccanicismo, riduzionismo o atomistico; il risalto dato al tutto, olistico, <<organicistico>> o ecologico. … Essa è una conseguenza inevitabile dell’antica dicotomia fra sostanza (materia, struttura, quantità) e forma (schema, ordine, qualità).”[Capra, 1997, p.27]. Il pensiero sistemico [Capra, 1997; Golinelli, 2000] trae origine dalla riflessione sulla dicotomia sostanza (materia, struttura, quantità)-forma (schema, ordine, qualità). Da un punto di vista epistemologico la tensione fondamentale è se si debba studiare il tutto come aggregato di parti (meccanicismo e riduzionismo) o in quanto tale (olismo, organicismo). Nella storia del pensiero occidentale come osserva [Capra, 1997, p.28-29] “Aristotele, il primo biologo della tradizione occidentale, faceva una distinzione fra materia e forma, ma allo 43 Fabio Forlani stesso tempo le legava attraverso un processo di divenire. In contrasto con Platone, Aristotele pensava che la forma non avesse alcuna esistenza separata ma che fosse immanente alla materia. Né pensava che la materia esistesse separatamente dalla forma. La materia, secondo Aristotele, contiene la natura essenziale di ogni cosa, ma solo in potenza. Per mezzo della forma questa essenza diventa reale ovvero si fa atto. … Materia e forma sono le due facce di questo processo, separabili solo per astrazione. Aristotele creò un sistema di logica formale e un insieme di concetti unificati che applicò alle discipline principali del suo tempo: biologia, fisica, metafisica, etica e politica. Dopo la sua morte , la filosofia e la scienza di Aristotele dominarono il pensiero occidentale per duemila anni […] Nel sedicesimo e nel diciassettesimo secolo […] La concezione di un universo organico, vivente e spirituale venne sostituita da quella del mondo come macchina e la macchina-mondo divenne la metafora dominante dell’era moderna” Le prima forte opposizione al paradigma meccanicistico cartesiano venne dal movimento artistico, letterario e filosofico romantico. Kant, in particolare, sostenne che “gli organismi, a differenza delle macchine, sono complessi che si autoriproducono, che si auto-organizzano. In una macchina le parti esistono solo una per l’altra, nel senso che si sostengono a vicenda in un tutto funzionante. In un organismo, le parti esistono solo una per mezzo dell’altra, nel senso che si producono a vicenda.” [Capra, 1997, p.32]. Nel corso del XIX secolo un passo importante nel sorgere (o nel risorgere) del pensiero sistemico si deve ai biologi organicisti. L’organicismo si oppone alla riduzione della biologia alla fisica e alla chimica, in quanto il comportamento di un organismo vivente come un tutto integrato non può essere compreso solamente con lo studio delle sue parti: il tutto è maggiore della somma delle sue parti35. Dagli studi degli organicisti il “sistema” ha assunto il significato di un tutto integrato le cui proprietà essenziali derivano dalle relazioni fra le sue parti, e “pensiero sistemico” definisce la comprensione di un fenomeno (sistema) nel contesto di un insieme (sistema) più ampio. In natura ogni sistema forma un tutto rispetto alle sue parti, mentre allo stesso tempo è parte di un tutto più ampio, creando strutture di sistemi dentro sistemi. Capire le cose in maniera sistemica significa, allora, letteralmente porle in un contesto, stabilire la natura delle loro relazioni. Negli anni ‘20 del XX secolo il filosofo C.D. Broad [Capra, 1997, p.39] coniò la definizione di “proprietà emergenti” per quelle proprietà che emergono a un certo livello di complessità ma che non esistono a livelli inferiori. Sin dalla sua nascita il pensiero sistemico non si concentra sui mattoni elementari dei fenomeni osservati, ma piuttosto sui principi di organizzazione fondamentali. Il pensiero sistemico è “contestuale”, cioè l’opposto del pensiero analitico. Analisi significa smontare qualcosa per comprenderlo; pensiero sistemico significa porlo nel contesto di un insieme più ampio. Queste caratteristiche del pensiero sistemico che emersero e si svilupparono nella biologia nei primi anni del XX secolo, si diffusero poi in molte altre discipline: fisica quantistica, psicologia della forma (gestalica), ecologia. Riassumendo, i principi del pensiero sistemico [Capra, 1997, p.48] sono: • Spostamento dalle parti al tutto: i sistemi viventi sono totalità integrate le cui proprietà non possono essere ricondotte a quelle di parti più piccole. Le loro proprietà essenziali, o “sistemiche” sono proprietà del tutto, che nessuna delle parti possiede. Esse traggono origine dalle “relazioni organizzanti” delle parti cioè da una configurazione di relazioni ordinate che è tipica di quella classe di organismi o di 35 In quel periodo su tale tema si creò un dibattito fra organicismi e vitalisti. I vitalisti affermavano che bisogna aggiungere alle leggi della fisica e della chimica un’entità immateriale, una forza, un campo, per comprendere la vita. I biologi organicismi sostenevano che l’ingrediente aggiuntivo è il concetto di <organizzazione> o di <rapporti organizzati>. 44 Esperienze, Marketing e Territorio • • • sistemi. Le proprietà sistemiche vengono distrutte quando un sistema è sezionato in elementi isolati; Capacità di spostare l’attenzione tra i vari livelli di sistema. In tutto il mondo vivente troviamo sistemi inseriti dentro altri sistemi, e applicando gli stessi concetti a diversi livelli di sistema, spesso, si riesce a raggiungere importanti intuizioni. D’altra parte, livelli differenti di sistema rappresentano livelli di complessità variabile. Le proprietà sistemiche di un particolare livello sono dette “emergenti”, dato che emergono a quel particolare livello. Le proprietà delle parti non sono proprietà intrinseche, ma si possono comprendere solo nel contesto di un insieme più ampio. Il pensiero sistemico è allora un pensiero “contestuale”. Non esistono parti. Ciò che chiamiamo parte non è altro che uno schema in una trama inscindibile di relazioni. Possiamo considerare lo spostamento dalle parti al tutto come uno spostamento dagli oggetti alle relazioni. Fig 2.1: Spostamento figura/sfondo dagli oggetti alle relazioni. Tratto da Capra, 1999 p. 50. La percezione del mondo vivente come rete di relazioni ha reso il ragionamento in termini di reti una caratteristica fondamentale del pensiero sistemico. Nel nuovo pensiero sistemico, la rete sostituisce l’edificio36 nella metafora della conoscenza. Dato che percepiamo la realtà come rete di relazioni, anche la descrizione che ne diamo forma una rete interconnessa di concetti e di modelli in cui non esistono fondamenta. Poiché nella rete non ci sono fondamenta, i fenomeni descritti dalla fisica non sono per nulla più fondamentali di quelli descritti, per esempio, dalla biologia o dalla psicologia. Essi appartengono a livelli sistemici diversi, ma nessuno di questi livelli è più importante di altri. Nel paradigma positivista e meccanicista si riteneva che le descrizioni scientifiche fossero obbiettive. Il nuovo paradigma implica che l’epistemologia (la comprensione del processo di conoscenza [cfr §1.2; §1.3]) debba essere inclusa in modo esplicito nella descrizione dei fenomeni naturali. Se immaginiamo una rete intricata, possiamo renderci facilmente conto del fatto che isolare una configurazione in una tale rete complessa tracciando un confine attorno ad essa e definirla un “oggetto” è un procedimento alquanto arbitrario. “Ciò che osserviamo non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi d’indagine.” [Heisemberg, in Capra, 1996, p.52]. Nel pensiero sistemico, allora, la natura è vista come una trama interconnessa di relazioni, in cui l’identificazione di configurazioni specifiche con gli “oggetti” dipende dall’osservatore e 36 Per secoli gli scienziati hanno parlato di leggi fondamentali, principi fondamentali, mattoni elementari, che l’edificio della conoscenza deve essere costruito su solide fondamenta. 45 Fabio Forlani dal processo di conoscenza. Nella scienza dei sistemi ogni struttura è vista come una manifestazione di processi sottostanti. Il pensiero sistemico è sempre un pensiero di processo. I primi studiosi che elaborarono (indipendentemente) una cornice teoretica dei sistemi furono Bogdanov (tectologia) e Ludwig Von Bertalanffy, in particolare del secondo autore vanno ricordati i concetti di: • Apertura e chiusura dei sistemi. Un sistema si dice aperto se intrattiene con l’ambiente scambi, oltre che di energia, anche di materia e informazioni. Il funzionamento di un sistema aperto può essere rappresentato mediante la seguente successione logica: flussi in input – trasformazione – flussi in output. • Omeostasi e auto-regolazione. Tipicamente gli organismi viventi, grazie all’apertura, sono in grado di conservare le proprie caratteristiche di vitalità e stabilità anche in condizioni di non equilibrio. • Equifinalità. Possibilità che un sistema raggiunga uno stesso stato finale partendo da condizioni iniziali differenti e/o mediante processi alternativi. • Causalità circolare, feedback o retroazione. Un anello di retroazione è una disposizione circolare di elementi connessi causalmente, in cui una causa iniziale si propaga lungo le connessioni dell’anello, così che ogni elemento agisce sul successivo, finché l’ultimo propaga di nuovo l’effetto al primo elemento del ciclo. La conseguenza i questa disposizione è che la prima connessione “input” subisce l’effetto dell’ultima “output”, il che da come risultato l’autoregolazione dell’intero sistema. 2.2 La Teoria dei sistemi complessi dinamici Negli ultimi venti anni da queste prime teorie il pensiero sistemico e lo studio dei sistemi si è arricchito di numerosi contributi che ruotano attorno al rapporto schema-struttura. Capra descrive nel seguente modo la crucialità di questo rapporto [1997, p.95]: “La chiave per una teoria completa dei sistemi viventi sta nella sintesi di questi due approcci molto diversi, lo studio della sostanza (o struttura) e lo studio della forma (o schema). Nello studio della struttura misuriamo e pesiamo le cose. Gli schemi, però, non possono essere misurati o pesati; bisogna darne una rappresentazione grafica. Per comprendere uno schema, dobbiamo disegnare una configurazione di relazioni. In altre parole la struttura coinvolge le quantità, mentre lo schema coinvolge le qualità […] Le proprietà sistemiche sono le proprietà dello schema. Ciò che viene distrutto quando si seziona un organismo vivente è il suo schema”. Ma esiste uno schema di organizzazione che si può individuare in tutti gli esseri viventi? Tre contributi, in particolare sono risultati determinati per rispondere a tale quesito: La comparsa del concetto di auto-organizzazione37. [Maturana. e Varela, 1987]. La teoria delle strutture dissipative [Prigogine, in Capra, 1997 e 2002]. La scoperta della matematica della complessità [Capra, 1997 e 2002; Buchanan, 2003]; La fusione di queste correnti di ricerca ha determinato la nascita della Teoria dei Sistemi Complessi Dinamici38. 37 Caratteristiche comuni ai modelli di auto-organizzazione: • Prevedono la creazione di nuove strutture e di nuovi modi di comportamento nel processo di auto-organizzazione. • Tutti hanno a che fare con sistemi aperti che agiscono lontani dall’equilibrio. Perché abbia luogo l’autoorganizzazione è necessario che un flusso costante di energia e materia attraversi il sistema. • La connessione non lineare fra i componenti del sistema. 38 Cfr Pievani [2003] 46 Esperienze, Marketing e Territorio Come evidenziato da Maturana e da altri ricercatori: “Ogniqualvolta incontriamo sistemi viventi – organismi, parti di organismi, comunità di organismi – possiamo osservare che i loro componenti sono disposti a mo’ di rete. Ogniqualvolta osserviamo la vita, osserviamo reti” 39 . [Capra, 1997, p. 97, grassetto nostro], e ancora “La chiave della definizione sistemica della di vita sta proprio qui: le reti viventi creano o ricreano se stesse, trasformando o sostituendo i propri componenti. In questo processo, esse vanno incontro a degli incessanti cambiamenti strutturali, ma – al tempo stesso – preservano i propri modelli reticolari di organizzazione. […] Il concetto di autopoiesi unisce in sé le due caratteristiche definitrici della vita cellulare (sistema vivente più semplice, ndr): la presenza di una membrana come limite fisico e l’esistenza di una rete metabolica.” [Capra, 2002, p. 36] Per studiare le reti e il loro sviluppo occorre però una matematica diversa da quella lineare classica, questa matematica è, appunto, la matematica della complessità. La matematica della complessità è una matematica delle relazioni e delle configurazioni, che utilizza nuovi concetti quali il caos, i frattali ecc. [Capra, 1999, p.130-173], ed è stata resa possibile dall’invenzione di computer sempre più potenti, capaci di elaborare una quantità incredibile di interazioni fra fenomeni. Rimandando l’approfondimento della matematica della complessità alle sedi più appropriate, in queste sede ci concentreremo sulla comprensione dello schema dei sistemi viventi e non. Occorre quindi approfondire il concetto di autopoiesi. 2.3 L’autopoiesi, l’organizzazione della vita40 Seguendo lo schema concettuale proposto da Capra [2002] si affronterà lo studio dei sistemi sociali iniziando dalla comprensione del sistema vivente uomo e sulla modalità con cui esso si connette (cognizione e linguaggio)41. Il concetto fondamentale su cui si poggia la teoria sistemica del vivente è l’Autopoiesi. Autpoiesi deriva da Auto:“da sé” e Poiesi: “produzione”. Autopoiesi significa, quindi, “produzione da sé”. Maturana creò tale termine quando, cercando le risposte alle due distinte domande: Che cos’è l’organizzazione del vivente? e Che cosa avviene nel fenomeno della percezione?, si rese conto che in realtà il vivere ed il percepire sono le due facce della stessa medaglia. Maturana [Cfr. 1.4] ipotizzo, allora, che l’organizzazione circolare del sistema nervoso fosse l’organizzazione base di tutti i sistemi viventi: “I sistemi viventi […] sono organizzati in un processo circolare causale chiuso che permette il cambiamento evolutivo nel modo in cui è mantenuta la circolarità, ma non la perdita della circolarità stessa”. Poiché tutti i cambiamenti nel sistema avvengono all’interno di questa circolarità di base, Maturana poté sostenere che gli elementi che determinano l’organizzazione circolare devono essere prodotti e mantenuti da essa. 39 Come abbiamo visto questa posizione grazie all’intuizione di Maturana [1990] è assumibile come posizione ontologica del pensiero sistemico [1.4]: “La prima e più ovvia proprietà di ogni rete è la sua non linearità: la rete si estende in tutte le direzioni. Quindi le relazioni di uno schema a rete sono relazioni non lineari. In particolare, uno stimolo, o messaggio, può viaggiare lungo un percorso ciclico, che può diventare un anello di retroazione. Il concetto di retroazione è intimamente legato allo schema a rete. Poiché le reti di comunicazione possono generare anelli di retroazione, esse possono acquisire la capacità di regolare se stesse. […] In effetti, l’auto-organizzazione si è rivelata essere forse il concetto centrale nella visione sistemica della vita, e come i concetti di retroazione e di autoregolazione, esso è strettamente legato alle reti. Lo schema della vita, potremmo dire, è uno schema a rete capace di auto-organizzazione.” 40 L’autopoiesi è, secondo Maturana e Varela, l’organizzazione della vita. Utilizzare questo concetto ci fornisce, per cui, un chiaro e preciso criterio per distinguere tra sistemi viventi e sistemi non-viventi. 41 Tale impostazione è coerente con l’ontologia di Maturana [Cfr 1.4]. 47 Fabio Forlani In base a questo ragionamento egli poté concludere per prima cosa che questo schema a rete, in cui ogni componente ha la funzione di aiutare a produrre e a trasformare altri componenti mantenendo nel contempo la circolarità globale della rete, costituisce la vera “organizzazione del vivente”. La seconda conclusione che trasse Maturana dalla chiusura circolare del sistema nervoso equivaleva ad una concezione radicalmente nuova della cognizione. Egli ipotizzo, infatti, che il sistema nervoso non soltanto si auto-organizza ma fa continuamente riferimento a se stesso. La percezione, allora, non si può considerare una rappresentazione di una realtà esterna, ma si deve intendere come la creazione continua di nuove relazioni all’interno della rete neurale: “Le attività delle cellule nervose non riflettono un ambiente indipendente dall’organismo vivente e quindi non permettono la costruzione di un mondo esterno che esiste realmente” [Maturana, 1970, in Capra, 1996, p.112]. Nelle parole di Maturana [in Capra, 1996, p.294]: “I sistemi viventi sono sistemi cognitivi, e il vivere in quanto processo è un processo di cognizione. Questa dichiarazione è valida per tutti gli organismi, con o senza un sistema nervoso.” La comprensione dello schema è fondamentale per l’interpretazione scientifica della vita. Tuttavia, per ottenere una conoscenza completa di un sistema è necessario capire anche la struttura del sistema42. Secondo Capra [1996, p.178]: “E’ mia convinzione che la chiave per una teoria completa dei sistemi viventi stia nella sintesi di questi due approcci: lo studio dello schema (ovvero di forma, ordine e qualità) e lo studio della struttura (ovvero sostanza, materia, quantità).” Capra [1996, p.179, grassetto nostro] definisce lo schema, la struttura ed il legame che emerge tra loro nel divenire dei sistemi viventi nel seguente modo43: • “Lo schema di organizzazione di qualsiasi sistema, vivente o non vivente, è una configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che ne determina le caratteristiche essenziali.” Per poter definire qualcosa come una sedia piuttosto che come una bicicletta o un albero è necessario che siano presenti determinate relazioni. Per schema di organizzazione intendiamo, allora, quella configurazione di relazioni che conferisce a un sistema le sue caratteristiche essenziali [cfr Maturana, §1.4]. • “La struttura di un sistema è la materializzazione fisica del suo schema di organizzazione. Mentre la descrizione dello schema di organizzazione implica una rappresentazione astratta di relazioni, la descrizione dello struttura implica la rappresentazione dei reali componenti fisici del sistema: la loro forma, la loro composizione chimica ecc.” [cfr Maturana, §1.4]. • “In un sistema vivente i componenti cambiano di continuo. Un flusso incessante di materia attraversa gli organismi viventi. C’è crescita sviluppo ed evoluzione. Così fin dalla nascita della biologia la comprensione delle strutture viventi è stata inseparabile dalla comprensione dei processi metabolici e di sviluppo. Questa straordinaria proprietà dei sistemi viventi suggerisce di utilizzare il processo come terzo criterio per una descrizione completa della vita. Il processo della vita è l’attività necessaria alla continua materializzazione dello schema di organizzazione del sistema. Dunque il criterio di 42 L’organizzazione di un sistema vivente è l’insieme delle relazioni fra i suoi componenti che definiscono il sistema come appartenente a una certa classe (per esempio un batterio, un girasole, un gatto o un cervello umano). La descrizione di questa organizzazione è una descrizione astratta di relazioni e non identifica i componenti. La struttura di un sistema vivente è costituita dalle relazioni reali fra componenti fisici. In altre parole la struttura del sistema è l’incarnazione fisica della sua organizzazione. L’organizzazione del sistema è indipendente dalle proprietà dei suoi componenti, cosicché una data organizzazione può essere tradotta in una struttura fisica in molti modi differenti, attraverso molti tipi diversi di componenti. Una caratteristica importante dei sistemi viventi è che la loro organizzazione autopoietica comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle operazioni della rete e definisce il sistema come unità. 43 Capra utilizza le definizioni di Maturana e Varela [1987, p.56]. 48 Esperienze, Marketing e Territorio processo costituisce il legame fra schema e struttura”[cfr il concetto di emergenza di Varela nel §1.6]. La teoria dell’autopoiesi è un importante contributo alla comprensione dei sistemi viventi poiché identifica nel modello delle reti autogenerative lo schema della vita, ma non ci fornisce una descrizione dettagliata di come effettivamente queste reti siano organizzate e funzionino (fisicamente e chimicamente). Per affrontare questo tema, il punto di partenza è dato, secondo Capra, dall’osservazione per la quale tutte le strutture viventi, come ad esempio le strutture cellulari, esistono in condizioni molto distanti da quelle dell’equilibrio termodinamico: “I sistemi viventi sono chiusi a livello di struttura organizzativa - sono reti autopoietiche -, ma aperti dal punto di vista materiale ed energetico: per restare in vita hanno bisogno di un continuo flusso di materia ed energia dall’ambiente esterno. D’altro lato le cellule – come tutti gli organismi viventi – producono incessantemente dei rifiuti, e da questo flusso ininterrotto di materia (elementi nutritivi e rifiuti) dipende la loro posizione nella catena alimentare.”[Capra, 2002, p.40, grassetto nostro]. Gli studi sul flusso di materia ed energia nei sistemi complessi sono stati sistematizzati da Ilya Prigogine nella teoria delle strutture dissipative: Una struttura dissipativa è un sistema aperto che si mantiene in uno stato che, pur essendo lontano da un punto di equilibrio, gode tuttavia di una propria stabilità: la struttura rimane complessivamente la stessa, nonostante un costante flusso di materia e un continuo cambiamento dei propri componenti. La dinamica di queste strutture dissipative include lo spontaneo emergere di nuove forme di ordine. Quando il flusso di energia aumenta, è possibile che il sistema incontri un punto di instabilità (punto di biforcazione) in corrispondenza del quale il sistema stesso può entrare in uno stato completamente nuovo, dove possono emergere nuove strutture e nuove forme di ordine. Questo spontaneo emergere di nuovo ordine in prossimità di un punto critico di instabilità è uno dei concetti più importanti nell’ambito della nuova visione delle vita. Spesso si fa riferimento ad esso semplicemente come a una “emergenza”, anche se è più appropriato parlare di “auto-organizzazione”. Esso è stato riconosciuto come l’origine dinamica dello sviluppo, dell’apprendimento e dell’evoluzione44. Come evidenzia Capra [2002, p.43] l’integrazione della teoria dell’autopoiesi con la teoria delle strutture dissipative è un notevole passo in avanti per la comprensione dei sistemi viventi. Però nel fare questo ci si rende, anche, conto che esse non sono del tutto corrispondenti: se è infatti vero che tutti i sistemi autopoietici sono strutture dissipative, non è però vero che tutte le strutture dissipative sono sistemi autopoietici. Le strutture dissipative non sono, quindi, necessariamente dei sistemi viventi. Si può quindi sintetizzare il pensiero di Capra, attraverso le tre prospettive che rappresentano i “nodi” principali che costituiscono la “tela” del suo ragionamento: • La prospettiva della forma (o schema): lo schema di organizzazione è la configurazione di relazioni tra i componenti del sistema stesso, che ne determina le caratteristiche essenziali. In un sistema vivente lo schema di organizzazione è quello di una rete autogenerativa; 44 Per approfondimenti vds Capra F [1997 e 2002]. Secondo Margulis L. e Sagan D. [in Capra, 2002, p.65] la storia del dispiegarsi delle diverse forme di vita mostra come la creatività dei sistemi viventi si sia espressa (e si esprima) attraverso i percorsi evolutivi della mutazione, dello scambio genetico, e della simbiosi e viene poi limitata dai processi di selezione naturale. Seguendo tali percorsi evolutivi la rete planetaria della vita si è espansa e si è diversificata, assumendo forme via via più complesse. 49 Fabio Forlani • • La prospettiva della materia (o struttura): la struttura del sistema è l’incarnazione materiale dello schema di organizzazione. In un sistema vivente la struttura materiale è una struttura dissipativa, ossia un sistema aperto che opera in condizioni lontane dall’equilibrio; La prospettiva del processo: il processo è il processo continuo nel quale si realizza l’incarnazione della forma nella materia (emersione). I sistemi viventi sono sistemi cognitivi nei quali il processo di cognizione è strettamente connesso al modello dell’autopoiesi. Queste prospettive possono essere rappresentate come i vertici di un triangolo, in modo da evidenziare come esse siano essenzialmente interconnesse. E’ possibile riconoscere la forma di uno schema di organizzazione solo a patto che si incarni nella materia, e nei sistemi viventi questa incarnazione è un processo continuo (emersione). Per comprendere qualsiasi fenomeno biologico, dobbiamo integrare tutte e tre queste prospettive. Fig. 2.2 - I nodi concettuali dei sistemi viventi PROCESSO FORMA MATERIA Tratto da Capra, 2002, p. 118. La caratteristica fondamentale che distingue i sistemi viventi da quelli non viventi – ad esempio il metabolismo cellulare – non è infatti una proprietà della materia, né tantomeno qualche “forza vitale”. Si tratta invece di uno specifico schema di relazioni tra processi. E, pur coinvolgendo relazioni tra processi che producono componenti materiali, questo schema reticolare non è, in se stesso, qualcosa di materiale. I cambiamenti strutturali che avvengono all’interno di questo schema reticolare vengono intesi come processi cognitivi che, alla fine, daranno origine all’esperienza cosciente e al pensiero concettuale. Tutti questi fenomeni cognitivi non sono materiali, ma sono tuttavia incarnati, ossia nascono a partire da un corpo e da esso vengono modellati. Pertanto, la vita non è mai separata dalla materia, anche se le sue caratteristiche essenziali – l’organizzazione, la complessità, i processi e così via – sono immateriali. 2.4 I sistemi sociali Al fine di estendere la concezione sistemica della natura della vita alla dimensione sociale (oggetto di questo studio e successivo passaggio logico) occorre però affrontare i temi del pensiero concettuale, dei valori, dei significati e degli scopi, tutti quei fenomeni che appartengono alla dimensione della coscienza e della cultura degli uomini. Per fare questo occorre sviluppare i temi della mente e della coscienza. Come evidenziato più volte precedentemente, il tema della cognizione è la seconda faccia della teoria dell’autopoiesi. Elaborando tale tema Maturana e Varela hanno sviluppato il rapporto fra mente e coscienza in quella che viene definita Teoria di Santiago della Cognizione. L’intuizione centrale della teoria di Santiago consiste nell’identificazione della cognizione (il processo della conoscenza) con il processo della vita. [cfr §1.4]. La cognizione, secondo 50 Esperienze, Marketing e Territorio Maturana e Varela, è l‘attività dispiegata nei processi di autogenerazione e autoconservazione delle reti viventi. La cognizione coincide con il processo stesso della vita. L’attività organizzativa dei sistemi viventi, a qualunque livello di vita, è pertanto un’attività mentale. Le interazioni di tutti gli organismi viventi – piante, animali o uomini – con il loro ambiente sono interazioni cognitive. La vita e la cognizione sono quindi inscindibilmente connesse: la mente o, per essere precisi, l’attività mentale è immanente alla materia, a tutti i livelli della vita45. Secondo la Teoria di Santiago un sistema vivente si accoppia strutturalmente [cfr §1.4] col proprio ambiente, ossia mantiene con esso delle ricorrenti interazioni, ciascuna delle quali innesca cambiamenti strutturali all’interno del sistema, rimanendo autonomo. Quando un organismo vivente risponde agli stimoli dell’ambiente attivando dei cambiamenti strutturali, questi cambiamenti modificheranno poi, a loro volta, il suo comportamento nelle occasioni future. Ne deriva che un sistema strutturalmente accoppiato col proprio ambiente è un sistema che impara. Se un sistema impara ciò ci consente di definirlo anche intelligente [cfr §1.4]. L’accoppiamento strutturale secondo Maturana [vds §1.4] implica che il comportamento dei sistemi viventi è “determinato dalla loro struttura” Secondo Maturana il comportamento dell’organismo vivente è determinato dalla struttura dell’organismo stesso, quella struttura che si è formata in seguito a una serie di cambiamenti strutturali autonomi. Il comportamento dell’organismo vivente può dirsi quindi sia determinato sia libero: I sistemi viventi rispondono autonomamente agli stimoli dell’ambiente mettendo in atto una serie di cambiamenti strutturali. Secondo Maturana e Varela, per cui, non possiamo mai dirigere un sistema vivente. Possiamo soltanto fornirgli degli stimoli, tenendo però conto che un sistema vivente, non solo specifica da sé i propri cambiamenti strutturali, specifica anche quali stimoli provenienti dall’ambiente possono attivare questi cambiamenti (quelli che agiscono su di una data struttura). In questa ottica il sistema strutturalmente determinato conserva quindi la libertà di decidere a che cosa porre attenzione e che cosa sarà in grado di disturbarlo. Specificando quali stimoli ambientali attiveranno i cambiamenti, il sistema viene a delimitare i confini del proprio ambito cognitivo: esso “fa emergere un mondo”. Per Maturana e Varela “vivere è conoscere”, apprendimento e sviluppo non sono altro che le due facce di una stessa moneta. L’idea di identificare la mente o la cognizione con la vita è quindi l’idea chiave di Maturana e Varela. Nella loro teoria viene abbandonata la visione cartesiana della mente come “realtà pensante”, la mente non è infatti una cosa, una realtà, bensì un processo: quello della cognizione che si identifica col processo stesso della vita. Il cervello, poi, è una particolare struttura attraverso la quale questo processo opera. La relazione tra mente e cervello, quindi, è una relazione tra processo e struttura. Inoltre il cervello non è la sola struttura attraverso la quale il processo di cognizione opera: a questo processo, infatti, partecipa l’intera struttura dell’organismo – indipendentemente dal fatto che questo abbia un cervello e un sistema nervoso evoluto. A qualunque livello della vita mente e materia, processo e struttura, sono inscindibilmente connessi. 2.5 La dimensione sociale della coscienza e la mente incarnata 45 In questa nuova visione, la cognizione è qualcosa che riguarda l’intero processo della vita – includendo percezioni, emozioni, e comportamento -, e non richiede neppure necessariamente l’esistenza di un cervello e di un sistema nervoso. 51 Fabio Forlani Come abbiamo visto la cognizione è un processo che riguarda tutti i livelli della vita e, pertanto è un fenomeno molto più ampio della coscienza. La coscienza, ossia l’esperienza vissuta consapevolmente, si dischiude solo a certi livelli di complessità cognitiva, che richiedono l’esistenza di un cervello e di un sistema nervoso evoluto. La coscienza, è quindi, un particolare tipo di processo di cognizione che emerge quando la cognizione raggiunge un determinato livello di complessità. Gli scienziati e filosofi che si occupano di scienze cognitive sono sufficientemente concordi nel distinguere due tipi di coscienza (o di esperienze cognitive): • La “coscienza primaria”; sorge quando i processi cognitivi sono accompagnati da un esperienza percettiva, sensoriale ed emozionale di base. • La “coscienza di ordine superiore” o “coscienza riflessiva” [Capra, 2002, p.76]; include autocoscienza, ossia la conoscenza di se stesso da parte di un soggetto capace di pensiero e riflessione. Nella coscienza riflessiva si manifesta un livello di astrazione cognitiva che include la capacità di usare immagini mentali, capacità in base alla quale possiamo formulare valori, credenze, scopi e strategie46. Questo stadio evolutivo della vita è di cruciale importanza, perché il “mondo interiore” dei concetti e delle idee della coscienza riflessiva è emerso, nel corso dell’evoluzione, assieme al linguaggio e alla realtà sociale delle relazioni organizzate e della natura. Humberto Maturana è stato uno dei primi scienziati a collegare in modo sistematico la biologia della coscienza umana al linguaggio. Secondo tale scienziato la comunicazione non consiste nella trasmissione di informazioni, quanto piuttosto nella coordinazione del comportamento fra due organismi viventi attraverso un mutuo accoppiamento strutturale47. In queste ricorrenti interazioni, gli organismi viventi vengono a mutare assieme, innescando reciprocamente, l’uno nell’altro, dei cambiamenti strutturali. Una tale coordinazione reciproca è la caratteristica chiave della comunicazione per tutti gli organismi viventi (dotati o meno che siano di un sistema nevoso), e si fa sottile ed elaborata man mano che cresce la complessità dei sistemi nervosi. La nascita del linguaggio si ha quando si raggiunge un livello di astrazione nel quale si realizza una comunicazione intorno alla comunicazione stessa, o in altri termini quando c’è una coordinazione delle coordinazioni comportamentali. Il linguaggio, in questa visione, è un sistema di comunicazione simbolica. I suoi simboli – parole, gesti e altri atti – servono come segni per la coordinazione linguistica delle azioni. Ciò a sua volta crea la nozione di oggetti, e così i simboli entrano in associazione con le nostre immagini mentali degli oggetti. Successivamente, non appena i nomi e gli oggetti vengono creati attraverso la coordinazione delle coordinazioni comportamentali, essi diventano la base per ulteriori coordinazioni, che generano una serie di livelli ricorsivi di comunicazione linguistica. Non appena distinguiamo gli oggetti, noi creiamo dei concetti astratti che servono a indicare le proprietà o le relazioni fra oggetti diversi. Il processo di osservazione, secondo Maturana, consiste di simili distinzioni di distinzioni48. L’osservatore, quindi, appare quando distinguiamo tra le osservazioni e, infine, quando usiamo la nozione di oggetto – e i concetti astratti a esso associati – per descrivere noi stessi, allora sorge l’autocoscienza: l’osservazione dell’osservatore. 46 In quanto esseri umani, non ci limitiamo a fare esperienza degli stati integrati di coscienza primaria, infatti, noi pensiamo e riflettiamo, comunichiamo attraverso il linguaggio simbolico, esprimiamo giudizi di valore, nutriamo delle credenze e agiamo intenzionalmente, sapendo di farlo e facendo esperienza di una libertà personale. 47 Si veda anche §1.4. 48 Si veda anche §1.4. 52 Esperienze, Marketing e Territorio Il nostro dominio linguistico, quindi, si espande fino a includere la coscienza riflessiva. A ciascuno di questi livelli ricorsivi vengono creati nomi e oggetti, e la loro distinzione offusca poi le coordinazioni che essi coordinano. Maturana sottolinea come il fenomeno del linguaggio non si realizzi nel cervello, ma in un flusso ininterrotto di coordinazione di coordinazioni comportamentali. Esso si realizza allora “nel flusso di interazioni e relazioni del vivere assieme”. Secondo Maturana e Varela come esseri umani, noi esistiamo nel linguaggio e continuiamo a tessere quella rete linguistica nella quale siamo avvolti. Nel linguaggio coordinato il nostro comportamento, e sempre nel linguaggio, facciamo emergere il nostro mondo. Secondo questi autori, allora, “il mondo che ognuno vede […] non è il mondo ma un mondo, che noi facciamo emergere insieme agli altri.”. Questo mondo umano include, in una posizione centrale, il nostro mondo interiore costituito da pensieri astratti, concetti, credenze, immagini mentali, intenzioni e autocoscienza. Durante una conversazione umana, i concetti e le idee, le emozioni e i movimenti corporei si saldano in una complessa coreografia di coordinazione comportamentale. Questa teoria del linguaggio, unitamente a recenti scoperte sull’origine del linguaggio [Capra, 2002] ci consente di condividere una recente scoperta degli scienziati della cognizione: il pensiero concettuale nel suo complesso, è fisicamente incarnato nel corpo e nel cervello. Recenti studi nel campo della linguistica cognitiva [Lakoff e Johnson in Capra, 2002, p.104], inoltre, indicano con forza che la ragione umana non trascende il corpo, bensì è strutturalmente regolata dalla nostra natura fisica e dalla nostra esperienza corporea. Ed è proprio in questo senso che possiamo dire che la mente umana è essenzialmente incarnata. La struttura stessa della ragione sorge dal nostro corpo e dal nostro cervello. Lakoff e Johnson [in Capra, 2002; e in Zaltman, 2003] mostrano come la maggior parte del pensiero appartiene alla dimensione dell’inconscio, operando a un livello che resta inaccessibile alla nostra coscienza ordinaria. Questo “inconscio cognitivo” non include soltanto tutte le operazioni cognitive che esercitiamo in modo automatico, ma anche le nostre conoscenze e le nostre credenze che rimangono inespresse. Senza che ne siamo consapevoli, l’inconscio cognitivo struttura e modella ogni nostro pensiero cosciente. Come direbbero Maturana e Varela, un organismo vivente fa emergere un mondo attraverso il proprio operare distinzioni. Il modo in cui di fatto gli organismi viventi operano le loro classificazioni dipende dal loro apparato sensoriale e dal loro sistema motorio; detto in altri termini dipende da come sono incarnati. Anche se alcune nostre categorie, in quanto esseri umani, sono il risultato di ragionamenti consapevoli, la maggior parte di esse vengono formate in modo automatico e inconscio, in dipendenza dalla natura del nostro corpo e del nostro cervello. Le strutture del nostro corpo e del nostro cervello determinano i concetti che possiamo formare e i ragionamenti in cui possiamo immergerci. Secondo Lakoff e Johnson il pensiero umano per elaborare concetti astratti utilizza il processo di proiezione metaforica49 e molte metafore confermano la “cognizione incorporata”, vale a dire il riferimento al nostro sistema sensoriale e motorio per esprimere i nostri processi cognitivi [Zaltman, 2003, p. 41]. Quando, ad esempio, diciamo frasi del tipo “Non credo di riuscire ad afferrare questa idea”, “Ciò va al di là della mia portata ”, “voglio che queste idee tocchino persone con diversi punti di vista”, usiamo la nostra esperienza corporea “tattile” per ragionare sulla comprensione di un’idea. 49 La metafora è la rappresentazione di un concetto per mezzo di un altro. Zaltman [2003, p. 40] evidenzia che “Secondo una stima recente, noi utilizziamo circa sei metafore ogni volta che parliamo per un minuto”. Secondo Capra, la scoperta che la maggior parte del pensiero umano è metaforico va annoverata tra i principali progressi nel campo delle scienze cognitive. 53 Fabio Forlani Quanto detto può essere riassunto con le parole di Lakoff e Johnson : “La mente è profondamente incarnata nel corpo. Il pensiero è in maggior parte inconscio. I concetti astratti sono in larga misura metaforici.” e inoltre “La ragione, anche nelle sue prime forme più astratte, si serve della nostra natura animale piuttosto che trascenderla. In questo senso, lungi dall’essere un’essenza che ci separa dagli altri animali, la ragione – al contrario- ci pone in un rapporto di continuità rispetto a essi”.50 La nuova concezione scientifica della vita, del suo emergere e del suo evolversi, ci permette di capire quanto sia stretto il legame che ci unisce all’intera “fabbrica della vita”: “Quando guardiamo il mondo che ci circonda, ci accorgiamo di non essere gettati nel caos e nel disordine, ma di far parte di una grande sinfonia della vita.” e ancora “Noi condividiamo col resto del mondo vivente non soltanto le molecole della vita, ma anche i principi fondamentali della loro organizzazione.” [Capra, 2002, p. 115]. 2.6 Un modello sistemico per la realtà sociale Come osserva Capra, quando si prova a estendere la nuova visione sistemica della vita all’ambito della realtà sociale, ci si imbatte subito in una serie di fenomeni (regole di comportamento, valori, credenze, intenzioni, scopi, strategie, relazioni di potere) che, pur non rivestendo alcun ruolo nella maggior parte del mondo non umano, sono tuttavia essenziali nel campo della vita sociale degli uomini. Tutte queste diverse caratteristiche della realtà sociale hanno però un tratto fondamentale in comune: l’autocoscienza. L’autocoscienza51, infatti, emerse durante l’evoluzione umana assieme al linguaggio, al pensiero concettuale e al mondo sociale, costituito da una cultura e da un insieme di relazioni organizzate. Di conseguenza la comprensione della coscienza riflessiva è inscindibilmente connessa a quella del linguaggio e del suo contesto sociale. L’essere in grado di utilizzare immagini mentali ci permette infatti di scegliere fra diverse alternative, cosa indispensabile per poter formulare giudizi di valore e regole sociali di comportamento. Le nostre intenzioni, l’essere consapevoli di propositi, disegni e strategie volti a raggiungere determinati fini, sono tutte caratteristiche che richiedono la proiezione di immagini mentali nella dimensione del futuro. Secondo Capra è possibile allora estendere la visione sistemica della vita al dominio sociale aggiungendo la prospettiva del significato alle altre tre prospettive sulla vita. Nel far questo, si utilizza il termine “significato” come di un abbreviazione per indicare tutto il mondo interiore della coscienza riflessiva, che contiene una moltitudine di caratteristiche fra loro correlate. Integrare le quattro prospettive significa riconoscere che ciascuna di esse contribuisce in modo significativo alla comprensione dei fenomeni sociali. A titolo di esempio in un territorio (materia) la cultura52 è creata e sostenuta da una rete (forma) di comunicazioni (processo), nella quale viene generato un significato. Le concretizzazioni materiali della cultura includono artefatti e testi scritti (materia) attraverso i quali il significato viene trasmesso (processo) di generazione in generazione. Fig. 2.3 - I nodi concettuali dei sistemi sociali 50 In Capra [2002, p.109 e p.111]. Vds sopra § 2.5. 52 E’ evidente che la nascita di cultura è un fenomeno di emersione che segue le logiche della dinamica non lineare. Il vivere sociale in quanto processo emergente che produce significato è analizzabile quindi utilizzando la metodologia di ricerca messa appunto dalla Teoria dei Sistemi Complessi Dinamici. 51 54 Esperienze, Marketing e Territorio SIGNIFICATO PROCESSO FORMA MATERIA Tratto da Capra, 2002, p. 118. Le componenti del modello, che verrà sviluppato nel proseguo della tesi, sono: • Materia (Chi ? e Dove ? elementi materiali che compongono il sistema ) Si approfondirà il tema della componenti materiali (o strutturali) dei sistemi sociali e della loro articolazione territoriale nel seguito della tesi. • Schema : (Come ? le diverse tipologie di schemi di organizzazione a rete) Si approfondirà il tema delle diverse forme reticolari nel prossimo paragrafo [§ 2.7] • Processo (Cosa ? l’emergere del sistema e l‘esperienza del vivere) Si approfondirà il tema dell’emersione del sistema nel paragrafo §2.8. Si analizzerà, invece, l’emergere dell’esperienza umana come processo che emerge da sistema sociale nello sviluppo della tesi. • Significato (Perché ? fine, scopo e libertà umana) Le strutture sociali sono create in vista di un certo scopo, secondo qualche progetto e incorporano dei significati. Per comprendere le attività dei sistemi sociali, è di fondamentale importanza affrontarli a partire da questa prospettiva. Il significato (perché) è qualcosa di essenziale per gli esseri umani che sono sempre alla ricerca di un senso sia nel nostro mondo interiore, sia in quello esterno. L’uomo cerca un significato nel mondo che lo circonda e nelle relazioni che lo lega agli altri per poi agire in accordo con questo significato. L’uomo avverte il bisogno di agire avendo in mente un preciso scopo, un fine da raggiungere. Vedremo nel proseguo della tesi il ruolo fondamentale che riveste il significato nell’emersione dell’esperienza umana e dei sistemi sociali. Si ritiene opportuno ricordare, a questo punto, che l’estensione della visione sistemica della vita ai fenomeni sociali si basa sull’assunzione (scelta ontologica) che esista un’essenziale unità nell’ambito della vita e che sistemi viventi fra loro diversi presentino schemi organizzativi simili (reti). Questo assunto è avvalorato [Capra, 2002] dal fatto che l’evoluzione si è sviluppata per miliardi di anni seguendo sempre gli stessi schemi. In corrispondenza all’evolversi della vita questi schemi divengono sempre più complessi, ma si tratta pur sempre di variazioni sugli stessi temi fondamentali. In particolare uno degli schemi fondamentali di organizzazione diffuso in tutti i sistemi viventi è quello reticolare. Estendere al dominio sociale la visione sistemica della vita, quindi, significa applicare alla realtà sociale la conoscenza degli schemi e dei principi di organizzazione della vita stessa e specialmente la comprensione delle reti viventi. Occorre però ricordare che il passaggio dai sistemi viventi ai sistemi viventi sociali è un salto di complessità. Per cui i concetti elaborati nella teoria della complessità (es. emergenza) si 55 Fabio Forlani riveleranno senz’altro validi ed importanti, ma siccome i nodi e i collegamenti delle reti sociali non sono solamente delle realtà biochimiche, per comprendere le reti sociali sarà necessario confrontare ed integrare tali concetti con quelli specifici messi a punto negli studi delle scienze sociali53. Lo stesso ragionamento vale per l’applicazione dell’approccio sistemico agli studi di organizzazione54, e di economia e gestione delle imprese55. 2.7 L’importanza dello schema: le reti piccolo mondo “L’atomo è stata l’icona del XX secolo. (…) Il simbolo del nuovo secolo, (…) è la rete. La rete non ha centro, non rispetta orbite, non rassicura perché non esprime certezze. La rete è la nuova metafora per rappresentare l’interdipendenza e l’interconnettività della conoscenza, dei circuiti, delle cose, delle persone, delle imprese, delle istituzioni, dei sistemi paese che convergono tutti insieme in un nuovo mondo che li rende distinti ma più che mai uniti fra loro. Mentre l’atomo esprime un esempio di semplicità, la rete comunica invece la complessità.” Valdani [2001, p.27]. Uno dei risultati più affascinanti della ricerca scientifica degli ultimi anni è la scoperta che un gran numero di sistemi così vari e diversi come Internet, il WWW, le catene alimentari, le relazioni sociali presentano una struttura organizzativa (schema di organizzazione) a rete comune sorprendentemente robusta a sollecitazioni esterne. Tale struttura organizzativa a rete è rappresentabile attraverso dei grafi, strumenti della matematica della complessità (o della dinamica non lineare)56 utilizzati per rappresentare i sistemi complessi. Nel gergo matematico, infatti, un certo numero di punti (o vertici) collegati da linee (o archi) sono un “grafo”. I grafi sono strutture così grandemente stilizzate da poter essere utilizzate in quasi ogni circostanza. I punti possono rappresentare ad esempio dei computer server e gli archi i collegamenti via cavo; in questo caso il grafo è una rappresentazione di Internet. Altrimenti si può pensare ai vertici come persone collegate da archi che sono relazioni interpersonali di amicizia o parentela; in questo caso il grafo rappresenta una comunità. La grande e recente scoperta, avvenuta in molti campi, è che nonostante i differenti casi reali, tutti i grafi dei sistemi viventi mostrano le stesse proprietà [Buchanan, 2003]: la proprietà piccolo mondo. 53 Capra [2002] poggia la sua ipotesi d’estensione dell’approccio sistemico sul raffronto con le teorie di Anthony Giddens e Manuel Castell. 54 Su questo punto riteniamo sia possibile e utile confrontare i nodi concettuali dell’approccio sistemico allo studio delle organizzazioni sociali con la teoria dell’agire organizzativo di Bruno Maggi. Tale raffronto si ritiene metodologicamente corretto in quanto Maggi si dichiara sostenitore di una terza via, rispetto a oggettivismo positivista e soggettivismo costruttivista, alla ricerca sociale che ha molti punti in comune con l’approccio sistemico [cfr §1.3]. L’autore sostiene, infatti, che “un’organizzazione non è una cosa, ma un processo d’azione e di decisione” [Maggi, 2003, p.XIII]. Considerando come buona base di vicinanza la natura processuale di entrambi gli approcci, si ritiene che la teoria di Maggi sia compatibile con l’approccio sistemico perché gli ingredienti principali [Maggi, 2003, p.15] utilizzati sono i medesimi. Questi ingredienti, che lui definisce come comuni a tutti i casi in cui c’è un agire organizzato, sono: • Finalizzazione  Prospettiva del significato; • Razionalità intenzionale e limitata  Prospettiva della materia (o struttura). L’essere umano ha razionalità intenzionale e limitata in quanto è determinato strutturalmente. La sua limitatezza deriva dall’avere un corpo materiale limitato. • Strutturazione del processo  Prospettiva dello schema. I processi emergono sulla base dell’esistenza di schemi, la strutturazione del processo è allora lo schema. • Relazione con altri processi  Prospettiva del processo. Il processo d’emersione del sistema fa interagire tramite l’accoppiamento strutturale il sistema con altri sistemi e quindi con altri processi. I sistemi nel loro divenire processuali sono accoppiati strutturalmente con il mondo. 55 Cfr Golinelli [2000] e Vicari [1991]. 56 Vds Capra [1996], Barabàsi [2004] e Buchanan [2003]. 56 Esperienze, Marketing e Territorio Lo psicologo Stanley Milgram57 nel 1967 fece una interessante ricerca. Lo scopo della sua ricerca era di descrivere le reti di relazioni sociali che componevano una comunità. A tal fine egli chiese ad un certo numero di residenti nel Nebraska di far giungere di mano in mano per mezzo di amici e conoscenti una missiva ad un destinatario agente di cambio a Boston. Le persone che partecipavano all’esperimento non conoscevano l’indirizzo del destinatario, dovevano perciò pensare a quale dei loro amici aveva la possibilità di essersi imbattuto in qualcuno di Boston o in qualche agente di cambio per “avvicinarsi” al destinatario. Sorprendentemente, un gran numero di missive raggiunse effettivamente l’agente di cambio in un tempo relativamente breve e con non più di 5 o 6 passaggi. Questo risultato fu poi ripreso ed elaborato dallo scrittore John Guare per la sua commedia (poi tradotta in un film del 1993) “Sei gradi di separazione” entrando così nel linguaggio comune. La principale sorpresa proviene dal fatto che nei grafi sociali si può “attraversare” tutto il sistema con pochi passi che separano persone geograficamente molto lontane. Un possibile percorso per la lettera di Milgram potrebbe essere ad esempio: da un abitante del Nebraska ad uno dei suoi parenti o amici a Chicago e poi da lì direttamente fino all’agente di cambio. Quello che è avvenuto nell’esperimento è in realtà un caso abbastanza frequente, poiché all’interno delle comunità esistono dei legami stretti fra familiari e pochi amici e poi dei legami più blandi con persone che vivono lontano. Le persone che formano una comunità sociale, in altre parole, non sono connesse a caso (rappresentabili con grafi casuali). Come notato dal sociologo Mark Granovetter58 mentre i legami forti sono indispensabili per tenere insieme un gruppo sociale, sono invece legami deboli quelli che ci consentono di “connetterci” con il mondo ed arrivare ad ogni altra persona del pianeta con un basso numero di passaggi. Questi collegamenti fungono da “scorciatoie” o “punti sociali” di passaggio che ci fanno saltare in un ambiente completamente nuovo. La situazione è simile se ci chiediamo quante tratte dobbiamo compiere per partire da casa nostra verso un punto a caso nel mondo. Avremo una tratta o due al massimo verso il nostro aeroporto, e poi dall’aeroporto di destinazione ancora una o due. Il collegamento aereo è in questo caso la scorciatoia che ci porta in un nuovo ambiente. Figura 2.4 - Grafi rappresentanti diverse tipologie di strutture reticolari Fonte: Adattato da Buchanan, 2003, p. 57 Il fatto che la comunità terrestre composta di più di sei miliardi di persone sia in realtà un “piccolo mondo” è stato formalizzato matematicamente da D. Watts e S. Strogatsz59 tramite i grafi “piccolo mondo”. Questi grafi, illustrati in figura 2.4b sono una via di mezzo fra una 57 Buchanan [2003, p.21] e Barabàsi [2004, p.31-33]. Buchanan [2003, p.41-48] e Barabàsi [2004, p.45-47]. 59 Buchanan [2003, p.57] e Barabàsi [2004, p.54-57]. 58 57 Fabio Forlani struttura completamente ordinata e regolare come quella descritta in figura 2.4a e quella completamente disordinata o casuale descritta in 2.4c (grafi random). Nel grafo regolare (a), ogni punto è collegato con i vicini di destra e sinistra e per arrivare alla fine della struttura si deve fare un numero di passi che cresce con la grandezza del sistema. Nel grafo piccolo mondo (b), i punti sono ben collegati con quelli a loro più vicini (struttura regolare sociale) ma esistono anche alcune “scorciatoie” che li connettono casualmente con il resto del mondo. Nel grafo casuale (c), i punti sono collegati a caso. Non c’è regolarità, ovvero non necessariamente i siti sono collegati con altri siti alla loro destra o sinistra. Confrontando queste tre diverse forme reticolari Watts e Strogatsz hanno scoperto che: • Nel grafo regolare c’è un alta socialità o numero di collegamenti (alto coefficiente di aggregazione) ma non presenta la caratteristica di piccolo mondo, definita in n° di passaggi necessari per andare da un punto all’altro della rete (alto grado di separazione); • Nel grafo casuale c’è una basso grado di separazione (è un piccolo mondo) ma presenta un basso coefficiente di aggregazione fra punti fisicamente vicini (non sono reti sociali); • Nel grafo piccolo mondo la distanza massima fra due punti del sistema (il diametro della rete) è di solito un numero piccolo (basso grado di separazione) e al tempo stesso mostrano una forte aggregazione sociale (alto coefficiente di aggregazione); Le reti piccolo mondo, sotto il profilo teorico, mostrano come sia possibile interconnettere un mondo sociale in maniera che da un lato vi siano tra i suoi elementi solo sei gradi di separazione e dall’altro sia mantenuta le struttura intricata e riccamente aggregata dei gruppi e delle comunità reali. Viene evidenziato inoltre che un piccolo numero di legami deboli hanno un influenza immensa sul numero di gradi di separazione. La struttura a rete “piccolo mondo” è stata rintracciata [Buchanan, 2003] nei: • Sistemi sociali in cui il grafo è formato da persone connesse da relazioni di amicizia o parentela; • Sistemi di trasporto in cui il grafo è formato da città e località turistiche collegate da strade, ferrovie, collegamenti marittimi e aerei; • Sistemi informatici quali Internet dove i siti sono routers e gli archi i cavi di collegamento e WWW (diverso da Internet) dove i siti sono documenti html (hyper-text markup language) connessi da “hyper-links”; • Sistemi biologici quali le reti di proteine dove i siti sono differenti proteine presenti nel nucleo della cellula e i collegamenti sono interazioni proteiche; • Sistemi ecologici quali le catene alimentari dove i siti sono le differenti specie presenti in un ecosistema e i legami sono le predazioni. Questa ubiquità di una proprietà a priori inattesa (in molti casi almeno per le reti create dall’uomo si cerca di procedere con regolarità formando strutture del tipo regolare (fig. 2.5)) è un ulteriore conferma della validità degli studi sistemici e reticolari di fondamento biologico [Capra, 1997 e 2002; Maturana e Varela, 1987]. Gli scienziati che hanno approfondito le reti piccolo mondo hanno inoltre scoperto che esistono più tipologie di reti che presentano tale caratteristica: • Le reti piccolo mondo egualitarie (Watts e Strogatsz ) • Le reti piccolo mondo aristocratiche (Barabàsi) 58 Esperienze, Marketing e Territorio • Le reti piccolo mondo a stella (Barabàsi) Le tre tipologie di reti hanno una straordinaria somiglianza con gli schemi che Paul Baran aveva ipotizzato per la progettazione della rete che poi diverrà internet (fig. 2.5). Esso aveva infatti parlato di rete centralizzata (a stella, ndr), rete decentrata e di rete distribuita60, sottolineando che la rete distribuita che è quella con maggior resistenza agli errori e agli attacchi. Dagli studi di Barabàsi è, invece, emerso che la rete decentrata ha proprietà di solidità inaspettate e che, soprattutto, sembra formarsi in modo naturale nei processi evolutivi dei sistemi. Fig. 2.5 - Le reti di Paul Baran Tratto da Barabàsi [2004, p.156] Fra le tipologie di reti piccolo mondo, come evidenziato da Barabàsi, crescente importanza va acquisendo la rete aristocratica (a invariata di scala). Una caratteristica molto importante di questa rete è l’autosimilarità del grado di un vertice. Il grado di un vertice rappresenta quanti archi sono presenti per ogni vertice. L’autosimilarità di questa quantità significa che non esiste un valore caratteristico per questa grandezza (del tipo di curva a campana), ma al contrario si può riscontrare ogni valore (da molto piccolo a molto grande) dentro il sistema. Prendendo ad esempio il caso di Internet, mostrato in fig. 2.6, se la struttura fosse stata pianificata come l’impianto elettrico di un’abitazione, per quanto grande e complesso sia il sistema ci saremmo aspettati un numero di collegamenti (linee) all’incirca costante per tutti i siti del sistema. Questo non è evidentemente il caso, ci sono una miriade di punti terminali con pochi collegamenti e un numero piccolo di grandi siti centrali. Barabàsi [2004] afferma infatti che: “In sostanza, le reti non sono casuali e quindi non sono omogenee: la maggior parte dei nodi ha pochi legami con gli altri, mentre ci sono pochi nodi che sono altamente collegati, chiamati hub”. In tutti questi casi si è riscontrata sempre la stessa legge, detta legge della potenza: ogniqualvolta il numero di connessioni raddoppia, il numero di nodi con quel numero di connessioni diminuisce di un fattore costante. Figura 2.6 - Una mappa di Internet, i siti sono i principali router della rete. 60 Anche Valdani [2001] fa riferimento alle reti di Baran. 59 Fabio Forlani Tratto da: http://www.nd.edu/~networks/linked/ Questa legge che sancisce la presenza di pochi nodi (hub) di grande importanza nella rete ha fatto sì che queste reti vengano anche chiamate “reti aristocratiche” 61. E’ possibile capire quali siano i motivi per cui la Natura tende a formare strutture con queste proprietà (reti piccolo mondo egualitarie e/o aristocratiche)? O meglio c’è un motivo banale per cui dovunque si guardi si vede lo stessa schema di organizzazione? Ognuna delle reti esaminate dai ricercatori è il prodotto di uno sviluppo assolutamente unico: i fattori che hanno contribuito a produrre la struttura della cellula sono ben diversi dai fattori tecnico-economici che hanno portato alla nascita di internet. Tuttavia ognuna di queste reti ha alla base la stessa architettura. Ognuna è un piccolo mondo con elevata aggregazione. Analizzando l’emergere delle strutture a rete “aristocratiche”, Barabási ha evidenziato che esse dipendano dal meccanismo del “ricco sempre più ricco”. In base a questa caratteristica delle reti aristocratiche, un nuovo nodo che si collega a una rete tenderà allora a farlo legandosi più ai nodi altamente collegati che agli altri: “Le reti «Si sviluppano per decisione indipendenti e libere di ciascun nodo: sia essa l'università di Notre Dame che deve decidere a che router collegare il proprio sistema di internet o il navigatore che stabilisce liberamente i link da aggiungere alla sua pagina personale. A questo livello la decisione è `democratica', ma il risultato finale non lo è perché gli hub sono più importanti degli altri nodi per tenere insieme la rete»”. [Barabási, 2004]. 61 “In sostanza sono gli hub a fare la differenza: nella diffusione dei virus come l'Aids sono i `nodi' che fanno più sesso a trasmettere di più la malattia che non le madri con bambini. Paradossalmente, una strategia più efficace del dare la cura solo alle madri malate sarebbe quella di curare di più le prostitute. Vale lo stesso per gli amici o per internet: incontrerò più probabilmente quelli con molti amici o linkerò nella mia homepage più probabilmente le pagine a loro volta più linkate.” Barabàsi [2004]. 60 Esperienze, Marketing e Territorio Il processo di addizione (collegamento) preferenziale (ricchi sempre più ricchi), porta per cui inevitabilmente allo sviluppo di connettori (hubs) che all’interno delle reti aristocratiche svolgono la stessa funzione che svolgono i legami deboli (ponti) nelle reti egualitarie. Figura 2.7 - Nascita di una rete piccolo mondo aristocratica Tratto da: http://www.nd.edu/~networks/linked/ Anche le reti egualitarie si formano per crescita e evoluzione o emersione. Il meccanismo è il medesimo delle reti aristocratiche, solamente che ogniqualvolta costi o limiti impediscono ai ricchi di arricchirsi ulteriormente, la rete piccolo mondo diventa più egualitaria, come pare accada nel caso degli aeroporti e di vari altri sistemi del mondo reale. Comprendere come le limitazioni influenzino la crescita delle reti consente di formulare una teoria unitaria delle reti piccolo mondo: da un lato il meccanismo del “ricco sempre più ricco” conduce inevitabilmente a reti piccolo mondo, quasi fosse una legge strutturale della natura62, dall’altro le limitazioni e le restrizioni (fisiche o normative) che a volte ostacolano il processo lasciano tracce significative sulla forma finale. Abbiamo visto, quindi, che dal punto di vista teorico vi sono piccoli mondi e piccoli mondi. Per capire uno schema a rete non è sufficiente sapere se sia o no un piccolo mondo. Nel piccolo mondo vi sono sia le reti egualitarie in cui tutti gli elementi hanno circa lo stesso numero di connessioni, sia le reti aristocratiche nelle quali vi è un enorme disparità di connessioni. Il tema centrale diviene quindi comprendere la dinamica evolutiva dei sistemi o in altri termini il processo di emersione, poiché in modo ciclico queste determinano lo schema che a sua volta determina le future dinamiche evolutive. In estrema sintesi, sotto il profilo strutturale, la rete piccolo mondo è una tipologia di organizzazione strutturale (forma) che presenta chiari vantaggi: • Pochi gradi di separazione: facilita la comunicazione rapida all’interno della rete. • Forte aggregazione: la rete si può considerare un insieme di aggregati all’interno dei quali gli elementi sono fortemente connessi. I legami di lunga distanza (deboli) mantengono la rete (nel complesso) ben connessa, l’aggregazione fornisce numerosi legami forti e un contesto in cui ogni elemento è saldamente inquadrato. 62 Cfr a questo proposito §1.4 e §1.5. 61 Fabio Forlani “Nell’ambito sociale la rete piccolo modo sembra un positivo miscuglio di aggregazione e di legami deboli. L’aggregazione favorisce un denso tessuto sociale e la formazione di capitale sociale, il che a sua volta incoraggia l’efficacia del processo decisionale. Nel contempo i legami deboli tengono tutti gli elementi della rete vicini, in senso sociale al resto della comunità, anche quando questa è molto grande, il che permette al singolo di accedere ai vari beni e dati della vasta organizzazione in cui la comunità è inserita. Forse bisognerebbe dare alle aziende e alle comunità la struttura organizzativa del piccolo mondo.”[Buchanan, 2003, p.254] 2.8 Il processo d’emersione e le proprietà sistemiche Nel paragrafo precedente abbiamo visto come i sistemi emergano grazie ad uno schema di organizzazione a rete. L’emersione del sistema da una rete di componenti è a sua volta dato da una rete di processi in cui un processo influenza quelli seguenti ma, allo stesso tempo, può anche influenzare i processi che lo precedono nella sequenza. Le relazioni ed interazioni sistemiche fra gli elementi formano allora dei cicli di feedback, in cui il risultato di un processo ritorna a influenzare il processo stesso. Esistono due tipologie di feedback o retroazione : feedback negativo e feedback positivo63. Fig. 2.8 - Il feedback (o retroazione) I A B O- Feedback negativo D O I A C B O+ Feedback positivo O D C Fonte: nostra elaborazione Nel feedback negativo l’output di ritorno (O-) del processo D inibisce o blocca il funzionamento del processo A, che sta all’inizio della sequenza che porta appunto al processo D. Il processo D quindi si autoinibisce, perché produce un output che ha un effetto negativo sulla sua stessa produzione. L’effetto dell’inibizione è proporzionale alla grandezza dell’output (O-) di D. Se l’output di D (O) aumenta, aumenterà anche O- che farà aumentare anche l’effetto negativo sul processo A. Il feedback negativo, allora ha un effetto stabilizzante sul sistema. Praticamente tutti i fenomeni di regolazione (sia in natura che nella tecnica) si basano su questa tipologia di retroazione. Ritroviamo così la già evidenziata proprietà dell’omeostasi dei sistemi viventi. Il feedback positivo è detto anche ciclo di autocatalisi perché ogni evento del ciclo catalizza indirettamente o direttamente se stesso. L’output finale della sequenza va a stimolare positivamente (O+) il processo iniziale A, che a sua volta fa logicamente aumentare la produzione dell’output finale O. Di conseguenza il processo iniziale ne viene ancora stimolato, e così si forma un circolo vizioso o virtuoso che si autorafforza. Il feedback positivo può rafforzarsi “verso l’alto”e allora destabilizza il sistema spingendolo verso punti 63 Gandolfi [1999, p.30-36]. 62 Esperienze, Marketing e Territorio di estrema instabilità, ma anche verso il “basso” ovvero il sistema si smorza sempre più fino a bloccarsi. L’emersione di un sistema complesso, inoltre, si presenta come l’emersione di un livello sistemico L da precedenti elementi “slegati” che sono a loro volta dei sistemi complessi di livello L-1. Fig. 2.9 - La struttura a livelli gerarchici dei sistemi Sistema di livello L B A D Relazione F C E Elemento del sistema Sistema di livello L-1 D2 D1 D3 D4 D5 Fonte: nostro adattamento da Gandolfi, 1999, p.18. Il sistema è strutturato, quindi, in livelli gerarchici64, con “inscatolamenti” progressivi in una tipica forma rappresentata nella matematica della complessità dai frattali. Es. la struttura del corpo umano: è formato da organi, che sono formati da cellule, le quali sono formate da organelli, e via dicendo. Vista l’importanza delle proprietà emergenti al livello sistemico osservato, alcuni autori sostengono allora che sia possibile utilizzare il “trucco” della scatola nera: per analizzare un livello sistemico non è necessario analizzare tutti i livelli gerarchici inferiori, poiché le relazioni fra gli elementi diventano più importanti della natura degli elementi stessi. In questa sede si ritiene che sia possibile conciliare questa prospettiva, detta anche principio di asservimento65, con il determinismo strutturale di Maturana nel seguente modo: un livello gerarchico superiore inoltra degli stimoli e in tal modo seleziona la dinamica interna dei suoi elementi; allo stesso tempo ad un livello gerarchico inferiore il 64 Il ruolo fondamentale di ogni organizzazione gerarchica è il governo di un sistema composto da numerosi elementi interagenti che devono agire in modo coordinato e armonico. 65 Hermann Haken [in Gandolfi, 1999, p.39] parla in questo contesto del principio di asservimento (o subordinazione). In parole povere, gli elementi di un livello gerarchico inferiore, detti anche elementi microscopici, una volta organizzati in un sistema, vengono asserviti al livello superiore, cioè al comportamento globale, olistico del sistema. Si riduce così drasticamente la libertà teorica di cui godono gli elementi del sistema. Cercando di conciliare il principio di asservimento con l’autonomia organizzativa dei sistemi viventi ci si trova a comprendere come il divenire sistemico deve conciliare l’esigenza organizzativa di autonomia (determinismo strutturale, livello L-1) del sub-sistema con l’esigenza organizzativa di autonomia (determinismo strutturale, livello L). Il filosofo francese Egdar Morin sostiene “un sistema è nel contempo qualcosa di più e qualcosa di meno di quella che potrebbe venir definita la somma delle sue parti. In che senso è qualcosa di meno? Nel senso che l’organizzazione impone dei vincoli che inibiscono talune potenzialità che si trovano nelle varie parti. E questo accade in tutte le organizzazioni, comprese le organizzazioni sociali, nelle quali i vincoli giuridici, politici, militari, economici e di altro genere fanno sì che siano inibite e represse molte delle nostre potenzialità. Ma nel contempo il tutto organizzato è qualcosa di più della somma delle parti, perché fa emergere qualità che senza una tale organizzazione non esisterebbero. Sono qualità emergenti, nel senso che sono constatabili empiricamente ma non deducibili logicamente.” 63 Fabio Forlani comportamento effettivo del sub-sistema è strutturalmente determinato. Si può sostenere, quindi, che mentre gli schemi fondamentali della complessità sono, con ogni probabilità, universali e non dipendono dalle caratteristiche peculiari dei singoli sistemi e sub-sistemi. Le stesse regole del gioco (qui esposte) valgono per tutti i sistemi complessi. Stesse regole del gioco non equivale, però, a dire stessi comportamenti. Fig. 2.10 - La grande gerarchia della vita Ecosistema Gruppo Individuo Organo Cellula Molecola Atomo Fonte: Adattato da Gandolfi, 1999, p.38 L’emersione di nuovi livello sistemici dai precedenti è caratteristca essenziale della natura stessa dell’evoluzione sistemica. Essa avviene, quindi, per salti o gradini di complessità. A lunghi periodi di stabilità si alternano brevi periodi d’instabilità caotica (biforcazioni catastrofiche o rivoluzioni), dove piccoli eventi casuali diventano determinati per il futuro sviluppo del sistema. La struttura gerarchica dei sistemi è stata, quindi, prodotta da un semplice meccanismo: il sistema, in specifici momenti d’instabilità dinamica (biforcazione), supera una soglia critica di complessità e si autorganizza spontaneamente in livelli gerarchici superiori (progressione sistemica) o inferiori (regressione sistemica). Il fatto che nel processo di autorganizzazione un sistema passi da una miriade di comportamenti individuali caotici e scoordinati a un comportamento globale e ordinato ci mette di fonte al seguente paradosso: con la creazione di un nuovo livello gerarchico il sistema è diventato improvvisamente più semplice, non più complesso, poiché si sono improvvisamente fatti dominanti uno schema organizzativo e un comportamento globale del sistema, che incanalano la miriade di differenti strutture e comportamenti che costituivano il sistema al livello gerarchico inferiore. In questo senso è, quindi, possibile parlare di progressione del sistema. Passando dalla miriade di elementi del livello gerarchico L-1 ad un unico sistema di livello L, gli elementi devono “mettersi in riga”, adottare la disciplina del sistema. Questa, da un lato, limita la libertà di comportamento dell’elemento ma, dall’altro, permette l’emergere di nuove e sorprendenti proprietà globali. Il processo di emersione dei sistemi mette in evidenza come una serie di “regole del gioco” molto semplici può determinare l’emergenza di comportamenti complessi e imprevisti, o, in altri termini, permette di spiegare come sia possibile l’emersione dell’ordine dal caos. 64 Esperienze, Marketing e Territorio Una delle proprietà emergenti dei sistemi è anche l’intelligenza, poiché l’interazione organizzata di numerosi elementi “non intelligenti” può creare un sistema che dimostra una “intelligenza” globale, ovvero capacità di reagire a stimoli ambientali, flessibilità, capacità di evolvere e di apprendere. I sistemi complessi sono dunque in grado di produrre novità, di essere creativi. “Nella logica della complessità, 2+2 non è uguale a 4, non è nemmeno uguale a 5. Sarebbe più corretto dire che in un sistema complesso 2+2 è uguale a <banane>, o <temporale>, o <felicità> …”66. Si è appena visto come l’emersione del sistema dal livello sub-sistemico è una delle fondamentali caratteristiche dei sistemi che li rende evolutivi, capaci di apprendimento e novità e quindi, in definitiva intelligenti. Occorre allora chiedersi, quali sono le condizioni necessarie al verificarsi dell’emergenza? cosa avviene durante tale processo? Dall’osservazione di sistemi complessi creati al computer67 risulta una soprendente varietà di comportamenti che vanno dalla staticità assoluta (congelamento) al caos. Inoltre, nei sistemi studiati, modificando anche un solo parametro è possibile spingere con estrema facilità il sistema da uno stato ad un altro. Gandolfi [1999, p. 54] riferendosi alle reti booleane descrive questi stati nel seguente modo: “nello stato congelato, con il parametro K basso, regna l’ordine e la stabilità, le perturbazioni vengono subito assorbite e neutralizzate, potremmo dire che il sistema è in “coma”. Aumentando il numero di interconnessioni fra gli elementi (cioè K) il sistema passa gradualmente al disordine, dove anche i più piccoli disturbi esterni vengono amplificati e si diffondono nel sistema. Il sistema è continuamente devastato da catastrofi, nessuna previsione è più possibile. Questo è il caos.” Questo ci consente di illustrare un ulteriore proprietà dei sistemi complessi dinamici: la possibilità di differenti comportamenti nello stesso sistema, in dipendenza di fattori interni ed esterni. Se l’assunto che sistemi complessi di grandezza e natura differenti sono retti da “regole del gioco” simili, allora gli stati dei sistemi complessi possono essere di tre tipi: il comportamento ordinato, il comportamento caotico e uno comportamento in bilico fra ordine e disordine, il comportamento complesso. Fig. 2.11 - I comportamenti dei sistemi complessi Xtn Comportamento ordinato Comportamento complesso Xt0 Comportamento caotico Xt1 Fonte: adattato da Gandolfi, 1999, p.57. Lo stato ordinato è contraddistinto da una diffusa staticità del sistema. Questo ordine estremo è d’inibizione a qualsiasi capacità creativa o evolutiva del sistema. Il sistema è bloccato, “congelato” in uno stato di quiescenza generalizzata. Lo stato caotico è caratterizzato da una rete in perenne e irregolare fluttuazione. L’aspetto del sistema cambia in continuazione, piccole modifiche in un punto della rete si diffondono velocemente a cascata in tutto il sistema, distruggendo ogni tentativo di formare delle strutture 66 67 Gandolfi [1999, p.51]. Cfr Gandolfi [1999, p.54] e Barabàsi [2004]. 65 Fabio Forlani organizzate nel sistema. Anche in questa situazione è facile intuire come il sistema sia troppo caotico per organizzarsi in comportamenti creativi e non abbia la necessaria stabilità per evolvere. Lo stato complesso è uno stato di compromesso in bilico fra ordine e disordine, dove il sistema riesce a sfruttare i vantaggi principali di entrambi gli stati: la stabilità dello stato ordinato e la flessibilità dello stato caotico68. Come abbiamo visto in precedenza, i sistema complessi sono dinamici e possono passare da uno stato ad un altro al modificarsi di alcune variabili, tali variabili o fattori sono i parametri di controllo. Variando i parametri di controllo il sistema si muove da un punto ad un altro della mappa di fig. 2.11. Se il sistema si muove all’interno di una stessa regione esso non subisce grosse modificazioni. Se però oltrepassa il confine fra ordine e disordine, le conseguenze sono catastrofiche o rivoluzionarie. I risultati che emergono da campi di ricerca molto diversi fra loro sembrano confermare che “proprio nella regione della mappa “complessa” si ha il comportamento più “intelligente e creativo” di un sistema, dove soprattutto il sistema ha la maggiore possibilità di evolvere, di adattarsi e di migliorare. Sembra inoltre che la selezione naturale porti i sistemi a posizionarsi e a mantenersi proprio in quella zona di transizione, in bilico fra l’anarchia della zona caotica e l’immane rigidità della zona ordinata.” 69 Ogni sistema complesso può dunque, in determinati momenti, del suo sviluppo, “cadere” nel caos70, in modo comunque reversibile ed anche i sistemi caotici possono improvvisamente cristallizzare in un nuovo ordine. Questi tre comportamenti hanno molti punti di contatto con le tre tipologie di rete individuate da Barabàsi [2004] e con le riflessioni su di esse fatte da Buchanan [2003, p.254]: “Al centro del concetto di piccolo mondo sta l’idea che il troppo ordinato e il troppo familiare siano altrettanto negativi del troppo disordinato e del troppo nuovo, e che vada trovato il sottile equilibrio tra i due estremi”. Sembra, allora, possibile ipotizzare un collegamento fra il comportamento del sistema con le strutture a rete da cui emerge: il Caos con la rete casuale; la Complessità con la rete piccolo mondo (aristocratica e egualitaria); l’Ordine con la rete a stella. A questo punto è opportuno chiedersi se è possibile identificare una teoria unificata della dinamica dei sistemi complessi. Gandolfi [1999, p.76], riportando i lavori del fisico Ilya Prigogine, del sistemista e filosofo Erwin Laszlo, del filosofo Edgard Morin, dei biologi Niels Eldredge e Stephen Gould, ritiene che sia possibile rispondere affermativamente: tale teoria e la teoria delle biforcazioni catastrofiche. In base a tale teoria ogni sistema è soggetto a fluttuazioni, causate da perturbazioni esterne oppure da errori interni (comuni nei sistemi complessi). Abbiamo visto in precedenza come una proprietà fondamentale dei sistemi complessi sia quella di mantenere relativamente costante il loro ambiente e le variabili più importanti per la loro esistenza (assorbendo le perturbazioni) attraverso il meccanismo del feedback negativo. Questa proprietà è l’omeostasi. 68 Per il sociologo Uri Merry [in Gandolfi, 1999, p.56] “il margine del caos (comportamento complesso, ndr.) è dove i sistemi complessi hanno la massima scelta di comportamenti possibili. Ciò dà ai sistemi complessi il vantaggio di poter funzionare in modo efficace in un ambiente mutevole e diversificato. Essi hanno una ricca scelta di alternative fra cui “pescare” quella ottimale quando sono confrontati con un ambiente turbolento”. 69 Gandolfi, 1999, p.58. 70 Le teorie del caos mostrano come il caos possa essere generato anche in un modello retto da regole precise e deterministiche. Dietro questi processi ci sono i cicli autocatalitici o processi di feedback positivo che fanno “esplodere” piccoli eventi marginali (effetto farfalla). 66 Esperienze, Marketing e Territorio L’omeostasi non è però né eterna né inattaccabile. Il sistema evolvendo, raggiunge e supera un livello critico (o punto critico o massa critica) in cui l’omeostasi non è più efficace e i cicli autostabilizzanti (feedback negativo) vanno in “tilt”. Secondo gli studiosi citati da Gandolfi il livello critico può essere superato per due ragioni: - A causa dell’evoluzione spontanea del sistema. L’organizzazione e le interazioni all’interno del sistema mutano in modo tale che il sistema ne risulta destabilizzato. A questo punto il sistema diventa estremamente sensibile alla minima perturbazione interna o esterna la quale può spingere il sistema nel caos attraverso il ciclo del feedback positivo (effetto farfalla). Questi cambiamenti catastrofici o rivoluzionari non rappresentano un eccezione né nei sistemi della natura (Capra, 1997 e 2002, Gandolfi, 1999), né nei sistemi sociali (cfr Khun e la natura della scienza, §1.1), bensì un meccanismo evolutivo naturale dei sistemi complessi dinamici. - A causa di una perturbazione esterna troppo grande, che supera cioè la naturale capacità omeostatica del sistema, anche di un sistema intrinsecamente stabile. Fig. 2.12 - L’evoluzione attraverso le catastrofi o rivoluzioni Fonte: Gandolfi, 1999, p.78 La fase di transizione da uno stato ad un altro, in cui il sistema entra in una crisi di stabilità, viene chiamata biforcazione catastrofica. Durante la biforcazione il sistema si trova in uno stato caotico e il futuro del sistema è imprevedibile, dato che la minima fluttazione viene enormemente amplificata da fenomeni di feedback positivo. Quando poi una fluttuazione riesce a imporsi sulle altre catapulta il sistema in un nuovo stato stabile (di minore o di maggiore complessità). Gli studiosi della complessità hanno osservato, all’interno di questa fase caotica, fenomeni di nucleazione. Cioè piccole parti del sistema si organizzano in un nuovo ordine all’interno nel caos dominante. Ovviamente, durante una biforcazione si svilupperanno numerose piccole nucleazioni, ma solo pochissime riescono a “imporsi” sull’intero sistema, determinandone così il nuovo aspetto. Non è però possibile, nemmeno in teoria, prevedere in anticipo quale sarà la enucleazione “fortunata”, poiché l’esito di qualsiasi nucleazione dipende in modo altamente non lineare da numerosi fattori, che variano nel tempo. 67 Fabio Forlani Da quanto detto si può notare che sia la stabilità che l’instabilità sono stati naturali di un sistema complesso in evoluzione. Il fisico e premio Nobel Ilya Prigogine71 fa notare: “più un sistema si fa complesso, più numerosi diventano i tipi di fluttuazioni che minacciano la stabilità. Come possono quindi esistere – si potrebbe argomentare – sistemi della complessità di un’organizzazione ecologica o sociale? Come riescono tali sistemi a evitare il caos permanente? Una risposta parziale a questo dilemma può venire dagli effetti stabilizzanti dei fenomeni di comunicazione o diffusione […] C’è una competizione fra la stabilizzazione data dalla comunicazione e l’instabilità causata dalle fluttazioni.” Risultati teorici ed empirici hanno infatti dimostrato che, almeno in molti sistemi naturali, una comunicazione efficace fra le varie regioni del sistema diminuiscono la pericolosità delle fluttuazioni per la stabilità del sistema. In altre parole, se fra gli elementi del sistema v’è una buona comunicazione72, diminuisce la percentuale di fluttuazione che possono destabilizzare il sistema. Secondo Laszlo73, i risultati pratici e teorici degli ultimi anni hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di regole del gioco comuni nell’evoluzione dei sistemi complessi dinamici:  Quanto più un sistema è complesso e lontano dall’equilibrio, tanti più stati stabili possibili avrà a disposizione durante una biforcazione catastrofica74.  Il sistema dopo la biforcazione catastrofica tenderà a essere più complesso, la sua organizzazione sarà più ordinata, efficiente e dinamica. La sua entropia (ovvero il suo disordine interno) sarà perciò minore. Il sistema si troverà con una gestione migliorata in almeno uno dei tre fattori fondamentali che ne permettono l’esistenza: elaborazione delle informazioni, gestione dell’energia e gestione dei materiali.  Nello stato stabile, raggiunto a seguito della biforcazione, i legami che legano fra loro gli elementi del sistema sono generalmente più deboli. In altre parole, gli elementi del nuovo sistema possono interagire in modo più flessibile e “intelligente” fra loro rispetto a quanto avveniva nel sistema di partenza.  Una biforcazione catastrofica non necessariamente deve risultare creativa; l’esito può anche essere la distruzione totale del sistema o la sua regressione verso un livello di complessità più basso. Dallo studio del processo di emergenza e quindi di evoluzione dei sistemi complessi dinamici in relazione allo schema organizzativo dei sistemi stessi emergono con forza un ulteriore proprietà sistemica: la robustezza. I ricercatori [Barabàsi, 2004] hanno infatti messo alla prova le differenti topologie di rete sia attraverso un attacco massiccio non organizzato e non coordinato, sia attraverso un attacco coordinato e pianificato, ottenendo interessanti risultati. Nel caso di un attacco massiccio non organizzato e non coordinato si è verificato che: - Le reti aristocratiche (reti piccolo mondo): sono resistenti. Si disgregano, infatti, per lento sfaldamento. (Gli hubs superconnettori fungono da collante interno). - Le reti casuali: sono vulnerabili. Si disgregano o si frantumano in reti più piccole con rapidità. In presenza di un attacco coordinato e pianificato si è, invece, verificato che: 71 Citato in Gandolfi [1999, p. 80]. Secondo Merry [Gandolfi, 1999, p.81] una comunicazione interna sempre più onerosa (in termini di energia e materia) e complessa è il prezzo che i sistemi devono pagare per salire la tortuosa scala della complessità. 73 Citato in Gandolfi [1999, p.84]. 74 Un ecosistema avrà dunque a disposizione molti più stati stabili rispetto a una cellula o a una proteina. Questo concetto suggerisce un’altra definizione del grado di complessità, direttamente proporzionale al numero di gradi di libertà a disposizione del sistema. 72 68 Esperienze, Marketing e Territorio 2.9 Le reti aristocratiche (reti piccolo mondo) sono un facile bersaglio e risultano poco resistenti. Si disgregano, infatti, con facilità se vengono colpiti gli hubs superconnettori. Le reti casuali: sono meno vulnerabili. Non esistono, infatti, centri nevralgici da colpire. Le reti egualitarie (reti piccolo mondo) hanno un comportamento intermedio. La stabilità e la resistenza è connessa al numero dei legami deboli (ponti). L’identikit di un sistema complesso dinamico La lista che segue raccoglie in modo schematico i tratti caratteristici di un sistema complesso in grado di evolvere, discussi nei primi due capitoli di questo lavoro. Visto, infatti, che i sistemi complessi sono delle realtà sfuggenti che si celano dietro a comportamenti apparentemente lineari si è ipotizzato di elaborare un identikit75 capace di renderli riconoscibili. Questa lista di caratteristiche comuni deve essere, comunque, utilizzata con l’avvertenza che in un settore di ricerca incerto, vasto ed in forte sviluppo76 come quello della scienza dei sistemi complessi ogni tentativo di generalizzazione e banalizzazione va effettuato con la dovuta prudenza. Si ricorda innanzitutto che un sistema forma un’entità organica, globale e organizzata: togliendone una parte ne modifichiamo la natura e le funzionalità. I sistemi, sono quindi formati da numerose parti differenziate, queste parti devono mostrare una certa organizzazione, un architettura interna. L’interazione organizzata degli elementi fa si che un sistema si comporti i modo diverso dalle sue parti e che, in altri termini, il tutto sia maggiore77 della somma delle parti. Possiamo definire un sistema complesso dinamico nel seguente modo: “è un sistema aperto, formato da numerosi elementi che interagiscono fra loro in modo non lineare e che costituiscono una entità unica, organizzata e dinamica, capace di evolvere e adattasi all’ambiente.”78 Possiamo, quindi, tracciare il seguente identikit dei sistemi complessi dinamici (sistemi viventi): o E’ sia aperto sia chiuso79. Il sistema scambia cioè informazioni80, materia ed energia con l’ambiente circostante. Un sistema chiuso è destinato a morire. Occorre però ricordare che nel modo reale nessun sistema è né completamente chiuso (vi sarà sempre uno scambio di calore o di materia con l’ambiente), né completamente aperto (poiché perderebbe la sua autonomia). E’ infatti da evidenziare che un sistema complesso necessita di un continuo flusso di energia dall’ambiente circostante per 75 L’identikit tracciato in queste pagine si ispira al lavoro di Gandolfi [1999]. Si può probabilmente parlare di un corpus di teorie che si sta candidando a divenire il nuovo paradigma scientifico cfr §1.1. 77 Il termine maggiore può essere fuorviante, per cui si sottolinea che ve inteso nell’accezione di sovrasistemico e quindi più complesso e avente proprietà sistemiche non rintracciabili al livello delle singole componenti. 78 Cfr Gandolfi [1999, p.19]. 79 Per sistemi complessi di ordine superiore come l’uomo Maturana e Varela hanno evidenziato che occorre parlare di apertura relativa (chiusura operazionale o organizzativa). Poiché i sistemi viventi sono aperti rispetto a energia e materia ed essendo organizzativamente chiusi sono parzialmente aperti agi stimoli informativi. “I sistemi viventi sono chiusi a livello di struttura organizzativa - sono reti autopoietiche -, ma aperti dal punto di vista materiale ed energetico: per restare in vita hanno bisogno di un continuo flusso di materia ed energia dall’ambiente esterno. D’altro lato le cellule – come tutti gli organismi viventi – producono incessantemente dei rifiuti, e da questo flusso ininterrotto di materia (elementi nutritivi e rifiuti) dipende la loro posizione nella catena alimentare.”[Capra, 2002, p.40, grassetto nostro]. 80 Per i sistemi viventi va accolta l’accezione data al temine informazione da Maturana, cfr. §1.4. 76 69 Fabio Forlani poter esistere e funzionare. L’ambiente deve “nutrire” il sistema con energia. Tali sistemi sono per cui caratterizzati dall’esistenza di una barriera (confine) all’ingresso del sistema la quale ha la capacità di fungere da filtro. o E’ autopoietico81, è quindi vivo e dinamico. Essendo sistemi autopoietici i sistemi complessi sono inoltre autonomi ed hanno dei confini, che li delimitano mantenendoli coerenti e uniti, determinati proprio dai processi di autoproduzione. Un sistema complesso reagisce agli stimoli ambientali e può evolvere, spesso adattandosi all’ambiente. I sistemi complessi non sono, infatti, entità statiche in balia dell’ambiente, bensì delle realtà vive, dinamiche, capaci di “sentire” cosa succede nell’ambiente che circonda, di reagire in modo intelligente82 a questi stimoli e mutamenti ambientali, di evolvere, trasformando le loro stessa struttura organizzativa. o Presenta un’autonomia parziale degli elementi. Le interazioni fra gli elementi del sistema sono in posizione di compromesso. Gli elementi sono collegati fra loro e si influenzano a vicenda, ma mantengono una certa autonomia di comportamento (accoppiamento strutturale)83. o E’ costituito da interazioni non lineari fra gli elementi. I singoli elementi sono interconnessi fra di loro in modo non lineare, risulta quindi che tra input (cause) e output (effetti) non esiste proporzionalità lineare84. Risulta, quindi, che anche conoscendo gli input del sistema, è spesso impossibile prevederne gli output. Fig. 2.14 – La dinamica non lineare Catena lineare – Processo lineare A B Sistema complesso – processo non lineare A D C E B D C E Fonte: nostra elaborazione o Ha uno schema di organizzazione a rete (reti piccolo mondo). I processi formano una rete interconnessa di relazioni non lineari. Secondo Kewin Kelly85 “L’unica organizzazione capace di crescita illimitata e di apprendimento spontaneo è la rete. Qualsiasi altra topologia pone limiti allo sviluppo futuro”. La rete è l’altra faccia della non linearità: un sistema non lineare genera processi reticolari e non processi in linea o sequenziali. o Presenza di feedback negativi e positivi. Le relazioni ed interazioni fra gli elementi formano spesso dei cicli di feedback, in cui il risultato di un processo ritorna a influenzare il processo stesso. I feedback negativi stabilizzano il sistema, i feedback positivi lo destabilizzano spingendolo verso punti di biforcazione. Attraverso la retroazione si formano dei cicli, perché gli output del sistema ritornano come input influenzando così il divenire (o emergere) del sistema stesso. Il feedback positivo, ad 81 I sistemi autopoietici sono sistemi di tipo circolare, nel senso che le componenti del sistema producono le componenti stesse, in un processo di continua produzione e ri-produzione. In altri termini un sistema autopoietico è in grado di generare continuamente la propria organizzazione mediante la produzione delle sue componenti, anche in condizioni di continue perturbazioni proveniente dall’ambiente [Maturana e Varela, 1988, p.131]. 82 Cfr Maturana e Varela [1987]. Cfr. §1.4, §1.5, §1.6. 83 In altri termini i sub sistemi (se sono a loro volta sistemi viventi) essendo unità autopoietiche hanno un’autonomia coerente con la propria organizzazione. 84 Non lineare significa che, anche variando in modo regolare l’input, l’output può comportarsi in modo non regolare e in modo non proporzionale alla variazione dell’input. 85 Citato in Gandolfi [1999, p.25]. 70 Esperienze, Marketing e Territorio o o o o o o o o esempio, è uno dei meccanismo decisivi per comprendere i cicli sistemici definiti anche circoli virtuosi e viziosi. Presenta una gerarchia del sistema. Il sistema è strutturato in livelli gerarchici, con “inscatolamenti” progressivi. Es. la struttura del corpo umano: è formato da organi, che sono formati da cellule, le quali sono formate da organelli, e via dicendo. Alcuni autori sostengono allora che sia possibile utilizzare il “trucco” della scatola nera. Essi sostengono che per analizzare un livello sistemico non è necessario analizzare tutti i livelli gerarchici inferiori, poiché le relazioni fra gli elementi diventano più importanti della natura degli elementi stessi. In questa sede si ritiene che sia possibile conciliare questa prospettiva con quella di Maturana nel seguente modo: un livello gerarchico superiore indirizza degli stimoli che selezionano la dinamica sub-sistemica dei suoi elementi, mentre ad un livello gerarchico inferiore il comportamento effettivo del subsistema è strutturalmente determinato. Si può sostenere quindi che mentre gli schemi fondamentali della complessità sono con ogni probabilità universali e non dipendono dalle caratteristiche peculiari dei singoli sistemi e sub-sistemi. Le stesse regole del gioco (qui esposte) valgono per tutti i sistemi complessi. Stesse regole del gioco non equivale a dire però stessi comportamenti. E’ in continua evoluzione. L’evoluzione dei sistemi avviene per salti o gradini di complessità. A lunghi periodi di stabilità si alternano brevi periodi d’instabilità caotica (biforcazioni catastrofiche o rivoluzioni), dove piccoli eventi casuali diventano determinati per il futuro sviluppo del sistema. La struttura gerarchica dei sistemi è stata, quindi, prodotta da un semplice meccanismo: il sistema – in specifici momenti d’instabilità dinamica (biforcazione) – si autorganizza spontaneamente in livelli gerarchici superiori (progressione sistemica) o inferiori (regressione sistemica). E’ creativo e innovativo. Un sistema complesso produce continuamente novità, strutture e funzioni non esistenti in precedenza. E’ robusto. Sopporta cioè con estrema flessibilità disturbi esterni senza crollare. Questa proprietà deriva spesso da una marcata ridondanza dei suoi elementi. E’ imprevedibile. Il comportamento a lungo termine (dovuto ai fenomeni di feedback positivo) del sistema è teoricamente imprevedibile anche conoscendo in modo preciso gli input che il sistema riceve. Il sistema è infatti estremamente sensibile alle condizioni iniziali e alle piccole modifiche che avvengono nelle biforcazioni. Produce effetti ritardati. Un input può avere sul sistema molteplici effetti, distribuiti nel tempo: una risposta immediata, effetti a medio termine, effetti a lungo termine. L’imprevedibilità del sistema si manifesta così non solo nel tipo di reazioni che il sistema avrà a un determinato stimolo, ma anche nei momenti in cui queste reazioni appariranno. Entra così in gioco un fattore troppo spesso trascurato: il tempo. Non è controllabile. Dove si crea spontaneamente novità e non esiste prevedibilità a lungo termine, svanisce il controllo umano. Inoltre in un sistema una parte non può controllare il tutto. E’ caratterizzata da una sensibilità differenziata (criticità) di alcune componenti. Le diverse regioni o parti del sistema mostrano una sensibilità molto variabile agli stimoli interni ed esterni. Vi sono dei “punti critici” (hubs della rete) in cui uno stimolo ha effetti sproporzionati sul comportamento dell’intero sistema. Bibliografia del capitolo Barabàsi A.L. [2002], Linked. The New Science of Networks; tad. it. Link. La nuova scienza delle reti; Einaudi, Torino, 2004. 71 Fabio Forlani Buchanan M [2003], Nexus, Small Words and the Groundbreaking Science of Networks; trad. it Nexus, Mondadori, Milano, 2003. Capra F. [1996], The Web of Life, Anchor/Doubleday, New York; tra. it. La rete della vita, RCS libri, Milano, 1997. Capra F. [2002], The Hidden Connections; tra. it. La scienza della vita, RCS libri, Milano, 2002. Corbetta P. [1999], Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il mulino, Bologna. Dell P.F. 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Quello che il cliente non dice e la concorrenza non sa, Etas, Milano, 2003. 72 Esperienze, Marketing e Territorio III I SISTEMI E L’IMPRESA 3.1 L’approccio sistemico negli studi di economia e gestione delle imprese Le considerazioni formulate in merito al pensiero sistemico sono state riprese anche dagli studiosi di economia e gestione delle imprese. Come osserva Golinelli G. [2000, p. 34] “Il pensiero sistemico e la sua formalizzazione in una teoria generale dei sistemi ebbero un’influenza rilevante in tutti gli ambiti disciplinari, anche in quello che assume come oggetto d’indagine l’impresa. Si è così inteso associare all’impresa la qualifica di sistema in relazione alle seguenti condizioni: a) La presenza di più componenti, siano esse di natura materiale o immateriale; b) L’interdipendenza e la comunicazione tra le componenti (principio d’interdipendenza e comunicazione); c) L’attivazione delle relazioni in vista del conseguimento della finalità e degli obiettivi del sistema (principio di comunione verso una finalità). ” Secondo Golinelli G., in Italia, la tradizione classica di studi di economia aziendale86 ha concepito una visione olistica dell’impresa. Mentre, per vedere una visione più aderente agli assunti del pensiero sistemico in via di formalizzazione è necessario attendere gli anni ’70, quando diversi studiosi cominciano a considerare l’impresa come un sistema aperto, dinamico, progettato, governato e controllato. In questa prospettiva essa è vista come “un sistema avente una dimensione economico-sociale, la cui attività di auto-regolazione è fortemente influenzata dall’organo di governo in vista del conseguimento di maggiori probabilità di sopravvivenza del sistema.”87 [2000, p.36]. Si può osservare, in questa sede, che i diversi approcci a base dello studio dei fenomeni imprenditoriali e i distinti angoli di osservazione hanno prodotto alla legittima formazione di particolari concezioni sistemiche88 dell’impresa: sistema meccanico, sistema vivente e sistema vitale. 3.1.1 L’impresa come sistema meccanico L’impresa come macchina (sistema meccanico) è una conseguenza della prospettiva di studi positivista e riduzionista dei primi anni del XX secolo. Tale linea di pensiero è stata formalizzata da F.W. Taylor89 e applicata da Ford nella produzione delle autovetture. Proprio 86 I primi studi di Economia Aziendale vengono comunemente riconosciuti a Zappa G. Anche Cozzi e Ferrero [2000, p.49] individuano nella finalità della sopravvivenza e nel ruolo attivo dell’organo di governo due elementi centrali del sistema aziendale “la finalità caratteristica dell’impresa è la sopravvivenza e, se possibile, lo sviluppo, in condizioni di redditività soddisfacenti, almeno nel lungo periodo, da chi la governa, ed in condizioni di rischio ritenute fronteggiabili anche nel breve periodo”. 88 In quanto ciascun osservatore, a seconda delle proprie caratteristiche, inclinazioni, opportunità ecc. è portato a privilegiare l’angolo di visuale che si rivela più coerente con i propri obiettivi di ricerca, scegliendo una prospettiva di indagine tra le tante che l’approccio sistemico consente. 89 Per approfondire il pensiero di Taylor F. W. vedasi Principles of scientific management, Harper & Row, 1911. 87 73 Fabio Forlani dall’esperienza della Ford deriva il termine fordismo, comunemente utilizzato per descrivere la produzione di massa ottenuta attraverso la catena di montaggio. Taylor ha proposto una rappresentazione meccanicistica e deterministica della dinamica imprenditoriale90, in cui si pone enfasi sull’ingegnerizzazione della struttura, ossia sulle componenti e sulle relazioni che tra queste si istaurano, piuttosto che sulle relazioni con l’esterno e quindi sulle proprietà emergenti del sistema. Dall’opera di Taylor e dei sui successori emerge l’immagine dell’impresa come un sistema chiuso, una macchina concepita e realizzata per operare secondo schemi e procedure rigide e determinate, dal comportamento completamente prevedibile, capace di funzionare indipendentemente dagli stimoli provenienti dall’ambiente esterno. L’equiparazione dell’individuo ad una macchina semplice91, la codificazione minuziosa delle regole e dei comportamenti produttivi, la netta separazione tra momento decisionale e momento esecutivo, con il primo affidato interamente alla direzione e il secondo lasciato alle maestranze, rappresentano alcuni dei principali comportamenti organizzativi conseguenti a questa visione dell’impresa. In base alla concezione meccanicistica dell’impresa, essa non ha vita propria92. Ma, come una macchina va progettata, costruita e occorre fargli continuamente una manutenzione. Come una macchina è progettata per uno scopo, non ha uno scopo in se. Le teorie manageriali che si fondano su questa visione meccanicistica dell’impresa, pur criticate e pur manifestando evidenti limiti in ambienti complessi e turbolenti, sono ancora oggi seguite e utilizzate con successo. Si possono citare ad esempio la tendenza alla meccanizzazione e alla standardizzazione dei servizi che, iniziata con le catene di fast food, sta infatti diffondendo ora nelle aziende telefoniche, nelle banche, nelle assicurazioni. 3.1.2 L’impresa come sistema vivente Fra gli autori che hanno cercato di affrontare la sfida delle emergenti teorie dei sistemi complessi (teorie della complessità), va segnalato Vicari [Vicari, 1991; Rullani e Vicari, 1999] che nel suo testo “L‘impresa vivente” cerca di applicare i concetti dei sistemi autopoietici all’impresa93. Vicari [1991, p. 12] nell’impostare il suo lavoro sceglie di porre le seguenti premesse epistemologiche all’osservazione94 del sistema impresa: “La prospettiva qui delineata si basa su due presupposti fondamentali: il primo riguarda la scelta del punto di vista dell’impresa, il secondo, in coerenza con il primo, assume che la questione rilevante nell’impresa di oggi sia la sua dimensione cognitiva”95. In base a tali assunti l’autore citato ritiene che le imprese possono essere considerate organizzazioni autopoietiche, infatti: o “Che l’impresa effettui le proprie scelte sulla base esclusivamente di “ciò che è capace di scegliere” non può che essere condiviso. Il problema diviene allora se “ciò che è capace di scegliere” dipenda da qualcosa di esterno all’impresa o dall’impresa stessa. Non credo vi siano dubbi sul fatto che un’impresa è capace di effettuare scelte solo sulla base di elementi interni all’impresa stessa: i suoi manager, le sue strutture, i suoi impianti, i suoi prodotti, la sua tecnologia, le sue relazioni, la sua cultura, in una parola la sua conoscenza. La prova decisiva a questo riguardo, se mai fosse 90 Cfr Di Bernardo e Rullani [1990]. Una macchina semplice, o banale, è un sistema in cui, dato un certo input, si ottiene un output certo, predeterminabile. 92 Nel senso che non ha la proprietà dell’autopoiesi. 93 Vicari [1991, p. 34]. 94 In questa sede si mostreranno i passaggi logici di tale autore che evidenziano come sia possibile ritenere l’impresa un sistema vivente (sistema complesso dinamico). Occorre però segnalare che la distanza ontologica ed epistemologica esistente fra l’impostazione di Vicari (Costruttivista [1991, p.3 e p. 9-18]) e quella alla base del presente lavoro (Sistemica), non consentono valutazioni di merito (incommensurabilità) su molti aspetti critici dell’analisi. 95 Cfr anche Rullani e Vicari [1999, p.15]. 91 74 Esperienze, Marketing e Territorio necessaria, è data dalla tendenza alla diversità delle imprese. […] le imprese sono inevitabilmente diverse” [1991, p.30]; o “Vi è dunque qualcosa d’altro, rispetto all’ambiente, che spiega la diversità delle imprese. Questo qualcosa d’altro non può che essere ricercato nell’identità soggettiva delle stesse imprese che, determinata nel momento della costituzione, ne perpetua continuamente la diversità, appunto attraverso il gioco della specificità e del caso, che consentono la produzioni di distinzioni sempre differenti.” [1991, p. 31]; o “La tesi su cui si basa questo lavoro è dunque che le imprese, in quanto sistemi sociali di tipo cognitivo, sono sistemi completamente autoreferenziali. Inoltre, esse vivono grazie alla loro capacità di mantenere la propria organizzazione attraverso un processo di continua autocreazione delle proprie componenti.” [1991, p.32]. Basandosi sul concetto di autopoiesi l’autore sottolinea come l’impresa in quanto sistema vivente96 abbia le seguenti caratteristiche: a) L’autonomia. “L’impresa è un soggetto autonomo da qualunque altro soggetto esterno, quali i cosiddetti conferenti di capitale e lavoro. […] La finalità dell’impresa non coincide con le finalità di qualsivoglia altro soggetto. Ciò non significa che l’impresa non possa essere utilizzata con uno scopo da qualcuno, ma solo che questo scopo non ha nulla a che vedere con lo scopo dell’impresa, che è la propria esistenza attraverso il mantenimento dell’autocreazione.” b) La circolarità. “Riproduzione autopoietica non significa ripetizione di azioni, ma produzione a partire da ciò che è stato già prodotto. […] Questa organizzazione circolare, che consente la continua produzione dell’organizzazione a partire dall’organizzazione medesima, avviene attraverso un cambiamento continuo delle strutture, con una replicazione tuttavia delle caratteristiche fondamentali, date dal tipo di organizzazione posseduta.” c) L’omeostasi. “L’impresa è un sistema omeostatico, in quanto le relazioni e le componenti che la caratterizzano sono mantenute in modo tale da garantire la continuazione del sistema stesso.” d) Individualità. “L’impresa è un sistema cognitivo, effettua scelte, opera distinzioni, apprende sulla base della sua conoscenza e le sue risorse sono definibili in termini di informazione e conoscenza. […] In questo senso l’attività dell’impresa non è determinata da soggetti esterni a essa, ma dalla sua stessa attività.” e) La cessazione della vita. “Un’impresa muore come entità economica quando, al pari dei sistemi viventi, non è più in grado di mantenere la sua organizzazione autopoietica.” f) La chiusura operazionale. “Sotto il profilo delle sue operazioni, un impresa è un sistema chiuso, ma non isolato. Ciò significa che il processo autopoietico è interamente governato dall’impresa stessa: le condizioni perché il processo si alimenti sono all’interno del sistema stesso e i risultati del processo medesimo ricadono all’interno dell’organizzazione. L’impresa, non essendo un sistema isolato, ha tuttavia un insieme di relazioni con altri soggetti e con l’ambiente: da queste relazioni trae i mezzi necessari per mantenere il proprio equilibrio “termodinamico”. g) La produzione dell’ambiente. “La chiusura operazionale ha un’importante implicazione: è possibile parlare di ambiente per i sistemi autopoietici, ma esso, dal punto di vista dell’impresa, non è esterno, bensì entra a far parte delle sue relazioni” 96 “Se per vita intendiamo più correttamente l’autoproduzione di componenti a mezzo di componenti, allora non vi è dubbio che esistano sistemi autopoietici non biologici, come appunto le organizzazioni sociali, e tra queste le imprese” Vicari [1999, p.29]. 75 Fabio Forlani “L’impresa è un sistema cognitivo di tipo particolare, essendo la forma della sua autocreazione basata su un meccanismo che si fonda sulla produzione di valore. […]La tesi qui sostenuta è dunque che le imprese sono organizzazioni che utilizzano le proprie risorse per produrre ulteriori risorse attraverso la creazione di valore economico, e la vita è a essa garantita solo fino a quando questo processo è in grado di autoalimentarsi e continuamente. In questo processo viene utilizzato dall’impresa, in quanto sistema cognitivo, un particolare linguaggio, che è il linguaggio economico. Questo è basato su un particolare codice, costituito dal reddito. Sotto il profilo cognitivo il reddito non è dunque il fine dell’impresa, ma il codice utilizzato per mantenere in relazione tra loro le componenti dell’impresa stessa.”97 Vicari, in base al sua prospettiva di osservazione del sistema impresa98, arriva a trarre delle conclusioni molto significative per l’economia e la gestione delle imprese: o “La distinzione tra soggetti e sistemi non ha alcun significato dal punto di vista dell’impresa. Se si assume la prospettiva dell’impresa, i soggetti e i loro obiettivi non sono altro che sue componenti. […] gli obbiettivi dei soggetti sono “solo” vincoli che il sistema assume debbano essere soddisfatti nei limiti di parametri che devono muoversi in modo coerente tra loro.”, quindi “il sistema si comporta secondo sue logiche e non seguendo la volontà di un soggetto” [1991, p.44]; o “Ogni componente stabilisce così delle relazioni con altri sottosistemi, tentando di utilizzarli per il proprio fine. Ciascuna entità osservante può perciò cercare di agire su tutti i sottosistemi osservati, ponendosi e costruendo relazioni con essi. Questa rete di relazioni e di comportamenti condizionati è ciò che noi chiamiamo il governo dell’impresa, che tuttavia in un sistema complesso non può mai essere dovuto alle azioni (e alle relazioni) di una sola o di poche componenti, in relazione gerarchica con gli altri, ma dipende dall’interazione di tutti i sottosistemi, siano essi singole componenti o uffici o dipartimenti. Quindi parlare di governo di un’impresa nel suo complesso da parte di qualcuno appartenente all’impresa stessa, in realtà altro non è che usare una metafora, in quanto nessuno può governare in senso stretto un sistema autopoietico di cui è parte costituente”. [1991, p. 46]; o “Nella prospettiva dell’impresa autopoietica, le imprese non hanno uno scopo in sé, ma a seconda dell’osservatore viene loro assegnato un obiettivo. […] La realtà è che lo scopo non sta nel sistema, ma nell’osservatore. […] L’unica modalità di funzionamento che abbia senso per l’impresa diventa la sua esistenza attraverso la conservazione delle relazioni che mantengono l’autocreazione dell’organizzazione. Solo in questo senso si può parlare di finalità.” [1991, p.49-50]; o “Il problema è che la prospettiva input-output è accettabile solo dal punto di vista di un osservatore esterno al sistema, o che si ponga all’esterno del sistema. […] Le imprese non hanno infatti alcun input o output. […] L’input e l’output di un’impresa non sono allora le materie, i capitali, gli uomini che essa acquisisce e i prodotti che essa vende o i risultati che produce, come la teoria dell’impresa ci ha sempre indicato. L’azienda è un mezzo che consente a varie categorie di soggetti di soddisfare i propri interessi. Se ci fermassimo a questa nozione di impresa, l’avremmo capita solo dal particolare punto di vista dei sistemi osservanti, […] Se però vogliamo capire il comportamento dell’organizzazione nel suo insieme, dobbiamo pensare all’impresa nella sua natura autopoietica. Il suo obiettivo non è allora qualcosa di esterno a essa, ma semplicemente la sua esistenza. L’ “output” (in senso proprio) dell’impresa è costituito dal suo funzionamento.” [1991, p.53-54]. 97 98 Vicari [1991, p. 38, grassetto nostro]. Ricordiamo ancora una volta che Vicari osserva l’impresa dal punto di vista dell’impresa stessa. 76 Esperienze, Marketing e Territorio o “Non ha nessun senso sostenere che l’impresa non abbia una sua unità chiara e distinta. Ogni sistema autopoietico, infatti, è un unità e senza questa unità non ha nessun significato il concetto stesso di un’impresa. L’essenza dell’organizzazione autopoietica è quella che il sistema si definisce e si produce come unità. Unità significa qui “distinguibilità da uno sfondo” e dunque da altre unità [Maturana e Varela, 1988, p.153]. […] E’ dunque del tutto sbagliato parlare di “azienda senza confini”: un impresa deve avere confini definiti. L’esistenza stessa dell’impresa ha senso solo in quanto il sistema definisca che cosa lo distingue da un ambiente specifico.”99 [1991, p. 160]. 3.1.3 L’impresa come sistema vitale Golinelli G. [2000 e 2002] dal punto di vista epistemologico ritiene che il sistema impresa debba essere osservato dalla prospettiva dell’organo di governo, in quanto “dotato delle massime responsabilità e poteri decisionali, è l’unico in grado di percepire l’impresa nella sua globalità di movimento e di azione, di decidere la percorribilità di nuove rotte e correggere la rotta inizialmente delineata”100. Secondo Golinelli, quindi, con riferimento ai fenomeni imprenditoriali i concetti delle teorie sistemiche possono essere intesi nel seguente modo: “1) l’insieme, da cui trarrà successivamente origine la struttura del sistema impresa, è composta da elementi umani (fattore lavoro) ed elementi tecnici, tangibili e intangibili (fattore capitale). L’insieme è definito nel momento in cui tali elementi risultino accomunati da fattori omologanti, […] svolgimento di processi di produzione e commercializzazione di prodotti capaci di aggiungere valore ai fattori in input; 2) a ciascun elemento vengono assegnati ruolo, attività e compiti, da realizzare in vista del conseguimento di un fine comune. […] 3) ciascuna componente può essere teoricamente connessa con qualunque altra; lo schema organizzativo, tuttavia, prevedrà quali relazioni dovranno essere realizzate e attivate tra le componenti […] 4) il comportamento/funzionamento di ciascuna componente è soggetto a vincoli e a regole […] 5) la predisposizione di un’adeguata rete di comunicazione tra le componenti, inoltre, renderà loro possibile la successiva interazione; 6) l’impresa assume la tipica configurazione sistemica nel momento in cui le componenti, per effetto di stimoli in genere provenienti dall’ambiente esterno, iniziano ad interagire tra loro (emergenza del sistema o processo ndr.) e, trattandosi di un sistema aperto, con l’ambiente esterno, ponendo in atto le molteplici attività e i processi necessari al conseguimento della finalità sistemica; 7) la finalità sistemica è identificata nella sopravvivenza, basata sulla capacità di generare valore attraverso la creazione di vantaggi competitivi difendibili e il più possibile duraturi nel tempo; 8) la perdita delle proprietà sistemiche conduce alla dissoluzione del sistema […]”101 Golinelli elabora una matrice concettuale che fa perno sui concetti di sistema, struttura, relazioni e interazioni e di schema organizzativo: 99 “Qualunque sistema autopoietico ha confini ben definiti, che delimitano gli elementi del sistema, non le sue relazioni. Ciascuna impresa è in relazione con altri sistemi, ma ciò che tuttavia rende un’impresa tale non è l’esistenza di relazioni con l’ambiente, ma proprio l’esistenza di confini. Il confine è dunque il tipo di selezione attuato dall’impresa tra ciò che ricade all’interno e ciò che va considerato ambiente.” Vicari, [1991, p. 161]. 100 Golinelli [2000, p.50, grassetto nostro]. 101 Golinelli [2000, p.82-84, grassetto nostro]. 77 Fabio Forlani “Viene definito sistema una struttura fisica, dotata di componenti fisiche, intese come qualificazione di predeterminate componenti logiche, tra loro interagenti, orientata ad una determinata finalità.”102 Golinelli [2000, p.85]. “La struttura è un insieme di componenti e di relazioni tra componenti, che esprime in potenza la capacità di conseguire dei risultati attraverso un comportamento emergente orientato ad un fine103. La struttura in azione, ossia la struttura orientata al raggiungimento di un fine comune, rappresenta il sistema. L’emergere del sistema, rispetto alla struttura, pertanto, si estrinseca fondamentalmente: 1) nell’individuazione di una finalità, di un complesso di obiettivi e nella capacità della struttura a perseguirli; 2) nell’attribuzione di un ruolo alle diverse componenti strutturali, coerente in vista del conseguimento della suddetta finalità; 3) nell’emergenza di interazioni tra le componenti strutturali e tra la struttura unitariamente intesa e quella di altri sistemi con i quali il sistema focalizzato interagisce e nella presenza di meccanismi di feed-back. Il passaggio dalla struttura al sistema viene pertanto qualificato in termini di emergenza del sistema dalla struttura.”104 Golinelli [2000, p.86]. Nel rapporto esistente fra struttura e sistema vengono chiariti anche i concetti di relazione ed interazione. “La focalizzazione sulla struttura implica, infatti, la specificazione di una serie di legami logico-fisici che permettono alle componenti di essere in relazione reciproca e potenzialmente di creare sinergie, attivandosi secondo un comune e condiviso obiettivo. Una relazione è, dunque una connessione logica o fisica tra componenti della struttura. Parlando, invece, di sistema, l’attenzione viene spostata al momento delle interazione, ovvero alla fase in cui le componenti, attivando le relazioni strutturali, effettivamente scambiano risorse e condividono conoscenza al fine del raggiungimento del comune scopo.”105 In base a tale ragionamento Golinelli qualifica le diverse tipologie di relazioni nel seguente modo: “a) relazioni, intese come possibili collegamenti tra le componenti di una struttura o tra le componenti di strutture diverse; b) interazioni intra-sistemiche, intese come relazioni attivate tra le componenti di una struttura protesa alla realizzazione di una specifica realtà sistemica; c) interazioni inter-sistemiche, intese come relazioni attivate tra le componenti di struttura appartenenti a sistemi diversi per la realizzazione di specifiche attività volte a conseguire obiettivi comuni”106 Secondo la prospettiva di Golinelli il concetto di relazione ha a che fare con la dimensione strutturale e ha, quindi, carattere statico. Il concetto di interazione ha, invece, a che fare con la dimensione sistemica, assumendo una connotazione dinamica di emergenza dalla relazione. 102 Golinelli distingue infatti fra struttura logica (insieme di componenti logiche) e struttura fisica (insieme di componenti fisiche). Questa distinzione, a nostro avviso, è la medesima distinzione esistente fra struttura e schema di organizzazione [Maturana e Varela, 1987; Capra, 1997 e 2002], quindi per struttura logica si può intendere sostanzialmente la progettazione dello schema organizzativo. Questo appare inoltre coerente con la constatazione che “una determinata struttura logica, costituita di componenti logiche deputate allo svolgimento di ruoli definiti, tra loro connesse da relazioni logiche e definite sulla base di uno specifico progetto, (progettazione dello schema organizzativo, ndr.), può concretizzarsi in una molteplicità di strutture fisiche.” Golinelli [2000, p.85]. 103 Il tendere di un sistema verso un fine definisce, senza necessariamente puntualizzare obiettivi univoci e misurabili, un percorso di azione strategica che si qualifica attraverso il raggiungimento di una successione di obbiettivi che siano coerenti in ragione una causalità diffusa tra la serie di condizioni interne alla struttura del sistema stesso e quelle caratterizzanti l’esterno. 104 In particolare Golinelli [2000, p.18] sottolinea che “Nei sistemi sociali, tra i quali l’impresa, il sistema non coincide con la struttura ma, piuttosto, emerge da essa qualora sia orientato ad una specifica finalità. In tal modo si può affermare che nei sistemi sociali, supposta una certa struttura non necessariamente ad essa corrisponde un unico sistema”. 105 Golinelli [2000, p.88]. 106 Golinelli [2000, p.90-91, grassetto nostro]. 78 Esperienze, Marketing e Territorio In questa logica sistemica non ha, quindi, senso parlare di stato del sistema X in un dato instante t, in quanto ciò che si osserva, fotografando il sistema nel momento t, è lo stato della struttura (quali sono le relazioni attivate e quali no)107 e non la dinamica emergente del sistema. La dinamica emergente del sistema trova, invece, rappresentazione nella successione degli stati della struttura108. In questo modo trova allora collocazione anche il concetto di schema organizzativo: “Lo schema organizzativo è, infatti, genericamente inteso come un disegno di processi e di attività da realizzare attraverso una specifica successione di relazioni tra le componenti interne, interagenti tra loro e con le componenti esterne. Spostando l’ottica nel campo dei fenomeni imprenditoriali, l’organo di governo, sulla base delle finalità dell’impresa e una volta prefissati gli obiettivi, disegna una mappa appropriata di possibili interazioni tra le componenti interne e tra alcune di esse con alcune componenti esterne. E’ proprio nel concetto di schema organizzativo, quindi, che si sostanzia il passaggio logico dalla materialità della struttura all’immaterialità del sistema emergente. L’organo di governo, nel predisporre prima e nell’adeguare poi lo schema organizzativo, consente al sistema impresa di emergere attraverso degli stadi della struttura ampliata (relazioni ed interazioni con le componenti sovra-sistemiche, ndr)” [Golinelli, 2000, p.99]. Trasferendo i concetti appena illustrati nel campo dei fenomeni imprenditoriali Golinelli osserva che “il sistema impresa prende corpo per effetto della spinta propulsiva ad esso impressa da soggetto o dall’insieme di soggetti i quali, nella fase costitutiva e nelle successive fasi della dinamica evolutiva dell’impresa detengono le massime responsabilità di governo ed il massimo potere decisionale. Per dare forma, consistenza e, soprattutto, prospettive di sviluppo al sistema impresa è necessaria, dunque, la presenza di una significativa e continua attività progettuale, condotta e realizzata dall’organo preposto al suo governo.”109 In base a tale impostazione Golinelli ritiene che vi sia la “necessità di un modello sistemico che sia in grado di distinguere ed enfatizzare il ruolo dell’organo di governo; un modello, cioè, che sappia rappresentare , in modo esplicito la presenza di un nucleo pensante, un organo di governo, appunto, che dinamicamente sia in grado di interpretare il contesto in cui il sistema impresa agisce, di razionalizzarlo e rappresentarlo attraverso adeguati schemi organizzativi, dai quali derivare strutture ampliate (relazioni inter-sistemiche, ndr) che nel tempo si manifestino adeguate a dominare la definita complicazione e l’emergente complessità.”110 in tal senso Golinelli indica il modello del sistema vitale. “[…] il sistema vitale è un sistema che sopravvive, rimane unito ed integrale; è omeostaticamente equilibrato sia internamente che esternamente e possiede inoltre meccanismi e opportunità per crescere e apprendere, per svilupparsi ed adattarsi, e cioè per diventare sempre più efficace nel suo ambiente” Beer in Golinelli [2000, p.110]. 107 Per approfondimenti cfr Golinelli [2000, p.91-99]. Si deve quindi passare dalla logica della fotografia alla logica della ripresa cinematografica (filmati). 109 Golinelli [2000, p.102]. L’importanza dell’organo di governo si evince, ad esempio, dalle azioni necessarie a dare avvio ad un’attività imprenditoriale: “Il primo passaggio logico consiste dunque nella specificazione dell’idea imprenditoriale. […] predisposizione di un progetto nel quale siano opportunamente specificati, con un grado elevato di dettaglio, i seguenti aspetti, le cui modalità di attuazione debbono essere compatibili con le risorse che si rendono disponibili: a) i prodotti da realizzare, quale conseguenza del processo di identificazione e specificazione dei bisogni di particolari classi di consumatori che si intendono soddisfare; b) i mercati geografici da servire; c) le tecnologie da impiegare per lo svolgimento dei processi produttivi; d) i canali distributivi che verranno utilizzati per la collocazione dell’output sui mercati di sbocco.” 110 Golinelli [2000, p.108]. 108 79 Fabio Forlani I postulati della teoria dei sistemi vitali sono i seguenti [Golinelli, 2000, p.111-115]: 1. Un sistema è vitale se può sopravvivere in un particolare tipo di ambiente. Il sistema vitale è, dunque, un sistema aperto, capace di sopravvivere solo in quanto contestualizzato nel suo ambiente ed in grado di realizzare con esso scambi significativi. 2. Il sistema vitale possiede la proprietà dell’isotropia. L’isotropia è da intendersi come invarianza di forma (eidos), in qualsiasi prospettiva (tropos) venga osservata. I sistemi vitali manifestano, allora, un’immagine sensibile unica al di là delle diverse apparenze causate dai cambiamenti di prospettiva da cui vengono osservati. La struttura logica universale di un sistema vitale si configura attraverso: • un’area del decidere (rappresentabile attraverso una sub-struttura logica di forma quadrata, che include tutte le attività decisionali necessarie a gestire una qualunque entità sociale); • un’area dell’agire (rappresentabile attraverso una sub-struttura logica di forma circolare, che include tutte le attività operative o le operazioni rilevanti che producono il sistema); Fig. 3.1 La rappresentazione dell’identità dei sistemi vitali. Amplificazione di varietà Area dell’AGIRE (operazioni) Area del DECIDERE Attenuazione di varietà Tratto da: Beer in Golinelli, 2000, p.112. Il quadrato può essere assimilato al centro di indirizzo, all’organo di governo, il cerchio ad una struttura operativa. Le due aree possono essere scisse solo per motivi di studio e di analisi della struttura universale dei sistemi vitali, ma non possono mai ritenersi entità autonome ed indipendenti. E’ evidente che un sistema vitale è costituito da entrambe le componenti. La rappresentazione grafica tiene conto pure di ciò che di norma si attua all’interno di ogni sistema vitale e cioè la gestione della complessità e della varietà. La varietà altro non è che una misura della complessità: essa rappresenta il numero degli stadi possibili di un sistema, il numero, cioè, di tutte le possibili combinazioni dei possibili stadi distinti. La varietà si riferisce alla differenziazione (effettiva o potenziale) dei casi possibili che possono presentarsi in uno stesso momento. Tra l’area del decidere e l’area dell’agire esiste un certo differenziale di varietà: la varietà del cerchio è superiore a quella del quadrato. Tuttavia le due entità attivano una molteplicità di canali e di interazioni attraverso cui si influenzano reciprocamente; e per adeguare la diversa misura della complessità sì da poter realmente comunicare, da una parte il quadrato deve amplificare la sua varietà (diodo amplificatore), dall’altro il cerchio deve introdurre meccanismi di attenuazione della sua varietà (resistenza). In tal modo si creano le condizioni accettabili per la regolazione omeostatica del sistema. 80 Esperienze, Marketing e Territorio 3. Il sistema vitale è proiettato verso il perseguimento di finalità ed il raggiungimento di obiettivi e risulta essere connesso a sovra-sistemi e sub-sistemi da cui e a cui, rispettivamente, trae e fornisce indirizzi e regole. L’attività svolta da un sistema vitale X di livello L è condizionata dalla necessità di dover soddisfare le esigenze del sovra-sistema di livello L+1. Allo stesso modo, i sub-sistemi che sono inclusi nel percorso del sistema X e collocati a livello L-1, qualificano le proprie attività realizzando risultati in linea con esigenze, regole e indirizzi del sistema X stesso. Un sistema deve quindi: • Soddisfare le aspettative dei sovra-sistemi • Indirizzare le finalità e gli obbiettivi dei sub-sistemi Gli obbiettivi attraverso i quali l’impresa è orientata al conseguimento della propria finalità e che consentono al sistema X di emergere dalla struttura ampliata sottostante derivano dall’influenza e dalle pressioni esercitate dal singolo sovra-sistema o da più sovra-sistemi. Non è rilevante studiare le caratteristiche sistemiche di una certa organizzazione X in modo isolato, senza osservare contemporaneamente il sovra-sistema in cui X è inclusa e i sub-sistemi che include. 4. Un sistema vitale ha la possibilità, sulla base di condizioni di consonanza prima e di processi di risonanza poi, di dissolvere sé stesso - inteso come ente autonomo nel sovra-sistema a cui, in uno specifico periodo temporale, riferisce. Un sistema vitale, attraverso la guida del soggetto decisore, può essere prima perfettamente integrato nella struttura ampliata del sovra-sistema di riferimento (condizione di consonanza, concetto di compatibiltà), poi, a seguito di progressivi aggiustamenti dello schema organizzativo, può migliorare la propria prestazione realizzando con il sovra-sistema una sintonia di finalità (situazione di risonanza, condivisione e senso di appartenenza). Secondo Golinelli, il modello dei sistemi vitali è maggiormente appropriato a descrivere i fenomeni imprenditoriali poiché “nell’attività imprenditoriale sono tradizionalmente distinti due momenti rilevanti, quello del governo e quello della gestione, atti a qualificare una dicotomia tipica dell’impresa. La rappresentazione dell’impresa come sistema vitale riflette tale dicotomia, qualificando l’ottica del soggetto preposto all’attività di governo che elabora e pianifica gli indirizzi strategici avvalendosi di una struttura operativa dedita all’attuazione dell’impostazione strategica prestabilita.”111 Golinelli, partendo dal modello di sistema vitale elabora il modello di impresa sistema vitale capace di “esplicitare come lo schema organizzativo, tradotto in una struttura ampliata e, quindi, dotato di conoscenze tacite integrate da routine (risposte decisionali prestabilite) possa, per mezzo della specifica attività svolta dall’organo di governo, essere raccordato al contesto ambientale. Attività di raccordo che richiede all’organo di governo di tradurre il contesto ambientale in organizzazioni, che vanno dalla configurazione e assetto di mercato alla qualificazione di sovra-sistema vitale. L’organo di governo, sulla base delle proprie conoscenze, deve desumere dal contesto ambientale opportunità e regole relazionali esterne.”112 111 Golinelli [2000, p.116]. In un’impresa, spetta, proprio all’Organo di Governo, attraverso la modifica di quel insieme di relazioni che individuano la struttura, decidere nel tempo, a seconda dei casi, di adeguare, trasformare o ristrutturare l’insieme delle relazioni che individuano la struttura, per garantire il mantenimento della tendenza al perseguimento della finalità. 112 Golinelli [2000, p.117]. 81 Fabio Forlani In base a questa impostazione Golinelli [2000, p. 122-124] effettua la seguente rilettura dei postulati dei sistemi vitali nell’ottica d’impresa: I° postulato • La corretta interpretazione delle attese dei sovra-sistemi rilevanti ed il loro soddisfacimento nel tempo incrementa il grado di vitalità e la capacità di sopravvivenza dell’impresa in uno specifico contesto. Tale prerogativa è definibile in relazione alla capacità dell’organo di governo di percepire le finalità e le aspettative che i sovra-sistemi sono in grado di proiettare sull’impresa; • La loro valutazione in relazione al potere e alla capacità di pressione che possono esercitare consente all’OdG di regolare il grado di apertura del sistema impresa, che in virtù della propria elasticità strutturale e flessibilità sistemica è in grado di rispondere, talora adattandosi e talora modificando a proprio vantaggio le caratteristiche del contesto; L’impresa sistema vitale Fig. 3.2 La rappresentazione dell’impresa sistema vitale, quale modello estratto dal sistema vitale. AdG Decisioni gestionali + Area delle operazioni Struttura operativa (specifica) = Area della gestione Area della gestione Area del governo Tratto da Golinelli G., 2000, p.119 II° postulato • L’isotropia, ovvero l’identità dei sistemi vitali, costituisce un importante proprietà che consente di implementare una metodologia di indagine coerente al fine della corretta lettura delle relazioni inter-sistemiche; • La definizione di una matrice concettuale comune a tutte le imprese, intesa nell’accezione di identità di sistema vitale, consente di ricondurre a due categorie generali (OdG e SO), tutti gli aspetti strutturali (l’individuazione e l’analisi delle specifiche parti componenti e delle relazioni), nonché la finalità sistemica con riferimento la progettazione dei percorsi evolutivi; 82 Esperienze, Marketing e Territorio Le imprese (industriali, commerciali, di servizi, ecc.) possiedono la stessa identità essendo caratterizzate dalla presenza di un organo di governo e di una struttura operativa; III° postulato • Il perseguimento della finalità e degli obbiettivi è fortemente influenzato dalle dinamiche e dal rapporto dialettico che l’OdG intrattiene con i sovra-sistemi rilevanti; • Il grado di vitalità è condizionato dalla soddisfazione delle attese dei sovra-sistemi ed è inoltre correlato alla capacità di mediare gli interessi dei diversi sub-sistemi; • La capacità dell’OdG si esplicitano nell’analizzare e monitorare costantemente le aspettative e le motivazioni dei sub-sistemi e ad interpretare le attese e le istanze dei sovra-sistemi. (Disegnare idonei e proficui accoppiamenti strutturali necessari alla condivisione di finalità, tenendo conto delle risorse e delle capacità incorporate nella struttura operativa); • La validità di un’idea imprenditoriale è connessa alla capacità di sopravvivenza del sistema d’impresa in un determinato contesto; IV Postulato • Le interazioni con i sovra-sistemi possono evolversi fino a configurare un unico sistema nel quale prevale una condivisione di finalità e di valori ottenuta attraverso un rafforzamento della fiducia a base del rapporto; • I presupposti per la risonanza risiedono tuttavia nella struttura e nella capacità a condividere con altri l’analisi e l’interpretazione del contesto attraverso la creazione e l’uso di un sistema di valori basato su linguaggi comuni (consonanza); • Solo creando i presupposti della consonanza si può procedere verso l’annullamento delle singole individualità sistemiche e la formazione di un’unica nuova entità. (L’integrazione con i sovra-sistemi: verso un unico sistema con finalità e valori condivisi); • 3.2 L’impresa e le teorie dei sistemi complessi dinamici Dopo aver mostrato i contributi più significativi che, all’interno della disciplina di economia e gestione delle imprese, hanno provato a descrivere l’impresa come sistema, appare chiaro che l’azienda può essere analizzata in quanto sistema complesso dinamico113 [Vicari, 1991; Rullani e Vicari,1999; Golinelli, 2000 e 2002], e che tale prospettiva consente dei passi in avanti nella comprensione dei fenomeni imprenditoriali [Rullani e Vicari, 1999; Golinelli, 2000]. In questa sede occorre però, innanzitutto, considerare l’eventuale compatibilità delle diverse prospettive d’analisi, e in secondo luogo valutare il modello più congruente con l’esigenze di ricerca di questo studio114. Al fine di rispondere al primo quesito si riprendono brevemente le principali caratteristiche dei Sistemi Complessi Dinamici115:  Sistema: un tutto integrato le cui proprietà derivano dalle relazioni fra le parti. - Le proprietà del tutto non sono, quindi, deducibili dalla somma delle proprietà delle parti; 113 Cfr capitolo 2. Tutti i sistemi viventi sono sistemi complessi che evolvono (dinamici). Per inciso è bene ricordare che la differenza fondamentale esistente fra sistema complicati e sistemi complessi è che il comportamento di un sistema complicato è prevedibile se si conoscono tutti gli elementi del sistema e le relazioni che legano questi elementi. Per i sistemi complessi (dinamici) questo non è possibile, i sistemi complessi sono imprevedibili, perché si autorganizzano ed autoevolvono, in altri termini apprendono e mutano. I sistemi complessi dinamici sono vivi, i sistemi complicati no. 114 Come evidenziato dal titolo complessivo del lavoro, Esperienze, Marketing e Territorio, lo scopo finale del presente lavoro è quello di studiare il ruolo del sub-sistema impresa all’interno del sovra-sistema d’offerta dedito alla produzione di esperienze turistiche su di un territorio dato. 115 Cfr l’identikit dei sistemi complessi §2.8, per approfondimento vds Capra [2002], Pievani [2003], Gandolfi [1999]. 83 Fabio Forlani - Ogni sistema tende a strutturarsi su più livelli (sottosistemi e sovrasistemi).  Schema di organizzazione: (di qualsiasi sistema, vivente e non vivente) è la configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che ne determina le caratteristiche essenziali. La descrizione dell’organizzazione è una descrizione astratta di relazioni e non identifica i componenti.  Struttura: la struttura del sistema è l’incarnazione fisica in un dato momento (tempo t) della sua organizzazione. L’organizzazione del sistema è indipendente dalle proprietà dei suoi componenti, quindi, una data organizzazione può essere tradotta in una struttura fisica in molti modi differenti, attraverso molti tipi diversi di componenti.  Emergenza: Il sistema di livello L non esiste a livello L-1, ma emerge dalle componenti strutturali L-1 secondo uno schema di organizzazione che ne determina il genere.  Autosimilarità: lo schema di organizzazione L-1 è uguale a quello L che è uguale a quello L+1 (frattali).  Proprietà dell’organizzazione vivente: - Capacità di auto-prodursi (autopoiesi). Maturana e Varela ipotizzano che l’autopoiesi sia uno schema generale di organizzazione comune a tutti i sistemi viventi, qualunque sia la natura dei loro componenti. Dall’autopoiesi discendono le seguenti proprietà:  Capacità di auto-regolarsi (feedback negativo);  Capacità di riprodurre internamente i propri componenti (autonomia);  Determinismo strutturale, accoppiamento strutturale, strutture plastiche (cognizione, apprendimento e selezione degli influssi esterni); - Schema a rete (reti piccolo mondo) - Comportamento non-lineare (discontinuità, imprevedibilità, ecc.) - Chiusura “operazionale” (apertura ai flussi di energia e materia, chiusura organizzativa; esistenza di un confine116 che ha la capacità di filtrare gli influssi esterni per creare ordine interno)  Proprietà dell’organizzazione sociale umana: la realtà umana emerge dalla realtà vivente con l’emersione di un ulteriore proprietà sistemica, il significato. Il significato nasce dall’ autocoscienza o coscienza riflessiva ed è una caratteristica propria degli esseri umani. Confrontando le caratteristiche dei sistemi viventi con l’impostazione di Vicari [1991] si evince che le organizzazioni imprenditoriali possono essere ritenute dei sistemi viventi purché rispettino la teoria dell’ autopoiesi. Come evidenziato da numerosi studiosi117, per rispettare tale condizione, non è necessaria la riproduzione biologica poiché l’autopoiesi è uno schema generale di organizzazione comune a tutti i sistemi viventi, qualunque sia la natura118 dei loro componenti [Maturana e Varela, 1987]. In questa prospettiva occorre quindi dare la giusta importanza all’analisi della capacità dell’impresa di riprodurre componenti a mezzo componenti. Non è però possibile utilizzare il lavoro di Vicari, nel suo complesso, a fondamento del presente lavoro, perché esso affronta lo studio dell’impresa partendo da una prospettiva ontologica e soprattutto epistemologica non compatibile con questo studio. Vicari assume 116 L’organizzazione autopoietica dei sistemi viventi comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle operazioni della rete e definisce il sistema come unità. 117 Cfr Capra [1997 e 2002]; Gandolfi [1999]. 118 “La complessità si dimostra slegata dal substrato, dall’hardware. Molecole organiche o circuiti elettronici, poco importa. La complessità e la sua più sorprendente manifestazione – la vita – sono un processo, sono regole di sviluppo e di comportamento. Sono software. E un software può, per principio, girare su qualsiasi <<macchina>> sufficientemente complessa e capace di elaborare informazioni. L’hardware passa così in secondo piano: può essere un organismo biologico, ma anche un processore informatico.” Gandolfi [1999, p.252]. 84 Esperienze, Marketing e Territorio infatti di studiare l’impresa dal punto di vista dell’impresa stessa, mettendosi nei “panni” e quindi nella prospettiva dell’impresa che si autosserva. In questa sede si ritiene, infatti, che tale operazione non sia possibile. Le ragioni di tale affermazione sono le seguenti: essendo l’osservazione sempre un’attività di distinzione effettuata da un soggetto osservatore, la capacità di osservazione dipende dall’osservatore stesso e, quindi, dalla sua struttura. In tale ottica qualsiasi osservatore non può per definizione entrare nei panni dell’impresa119. Il lavoro di Vicari, non potendo essere assunto come modello di riferimento sarà quindi utilizzato come fonte di stimoli intelettuali che indica temi su cui vale la pena riflettere. Come evidenziato nel capitolo 1, il presente lavoro assume la prospettiva epistemologica di Varela [cfr §1.6], secondo cui l’unico modo che l’uomo ha per conoscere un sistema complesso è quello di pervenire ad una conoscenza per approssimazione che faccia convergere attraverso una metodologia condivisa e condividibile, che garantisca quindi la trasferibilità a terzi delle conoscenze effettuate, sia le osservazioni sub-sistemiche che le osservazioni sovra-sistemiche. In base a tale ottica, l’osservazione sub sistemica che ha l’organo di governo dell’impresa è appropriata. E’ appropriata, in questa accezione, l’osservazione sub-sistemica dei dipendenti componenti la struttura operativa e quella di quanti altri agiscono all’interno dell’impresa. E’ appropriata, inoltre, la prospettiva di osservazione degli stakeholder esterni all’impresa, in quanto prospettiva sovra-sistemica. Essendo coerente con questa prospettiva d’osservazione l’impostazione epistemologica e metodologica assunta da Golinelli, è possibile entrare nel merito delle questioni affrontate da tale autore. Nello specifico, i concetti facenti parte della matrice concettuale proposta da Golinelli (struttura (o materia), schema organizzativo (schema o forma), emergere del sistema (processo) e finalità sistemica (significato)), sono coerenti e compatibili con la matrice disciplinare dei sistemi sociali assunta a base di questo studio [§ 2.6]. Quindi anche dal punto di vista dell’impostazione concettuale è da ritenere coerente l’impostazione di Golinelli con l’impostazione assunta nello studio dei sistemi complessi dinamici. Rimane quindi da sciogliere il nodo del rapporto esistente fra il concetto di vitalismo (sistema vitale) e quello di organicismo (sistema vivente). Come evidenziato da Capra [1997, p.35-37] il dibattito scientifico su tali temi fra i biologi risale al diciannovesimo secolo. Secondo Capra [1997, p.35] infatti “Tanto il vitalismo quanto l’organicismo si oppongono alla riduzione della biologia alla fisica e alla chimica. Entrambe le scuole sostengono che, benché le leggi della fisica siano applicabili agli organismi, non sono sufficienti per capire pienamente il fenomeno della vita. Il comportamento di un organismo vivente come un tutto integrato non può essere compreso solamente con lo studio delle sue parti. Tra i biologi vitalisti e organicisti c’è una differenza netta nella risposta alla domanda: In che senso esattamente il tutto è maggiore della somma delle sue parti? I vitalisti affermano che bisogna aggiungere alle leggi della fisica e della chimica un’entità immateriale, una forza o un campo, per comprendere la vita. I biologi organicisti sostengono che l’ingrediente aggiuntivo è il concetto di <<organizzazione>> o di <<rapporti organizzati>>.” Secondo Capra in biologia i vitalisti non andarono veramente al di là del paradigma cartesiano. Le stesse immagini e le stesse metafore limitavano il loro linguaggio; essi non fecero altro che aggiungere un’entità immateriale come l’ideatore o il regista dei processi organizzanti che sfidano le spiegazioni meccaniciste. 119 Abbiamo visto nei capitoli precedenti che la mente umana è incarnata in un corpo e quindi la capacità di osservazione dipende anche dal corpo che osserva. Un uomo può forse , per approssimazione, entrare nei panni di un altro uomo, ma non potrà mai entrare nei panni di un sistema di ordine superiore come l’impresa dotata di elementi strutturali che non appartengono alla dimensione umana. 85 Fabio Forlani Pur prendendo spunto dalle vicende storiche occorre evidenziare che nello studio dei sistemi imprenditoriali la questione si pone in termini diversi. L’introduzione del fine o del significato come dimensione dei sistemi sociali evidenzia, effettivamente che vi sia la possibilità che sistemi sociali come quelli imprenditoriali rimangono in vita solamente grazie ad “un regista dei processi organizzati”. In tal senso riteniamo che non sia opportuno escludere i sistemi viventi120 (cioè sistemi che si auto-producono) come possibile forma organizzativa del sistema impresa. A nostro avviso, è possibile discriminare tra imprese sistemi viventi e imprese sistemi vitali non in base all’esistenza o meno all’interno dell’impresa di processi autopoietici o di auto-riproduzione, poiché questi devono rigorosamente esservi affinché un sistema resti in vita, ma sulla base o meno di un organo di governo che funga, appunto, da regista del sistema. In base alle considerazioni qui fatte risulta, quindi, che tutti i sistemi vitali sono sistemi viventi, ma non tutti i sistemi viventi sono sistemi vitali. Si può quindi concludere che i sistemi vitali sono un sottoinsieme dei sistemi viventi, e che come tali né condividono tutte le proprietà. Figura 3.3 – Il rapporto fra sistemi, sistemi viventi e sistemi vitali Sistemi Viventi Sistemi Sistemi Vitali Fonte: nostra elaborazione In base all’applicazione del II postulato dei sistemi vitali alle imprese, risulta che tali sistemi sono sempre caratterizzati da un organo di governo e una struttura operativa. Tale postulato ci consente quindi di affermare che lo schema di organizzazione di tale sistema è la “rete piccolo mondo aristocratica”. Si ritiene quindi di poter affermare che i concetti elaborati da Golinelli 120 Un ulteriore conferma della sostenibilità di questa impostazione viene dalle parole di Ancarani [2001, p.119] “Gli studi delle <<nuove scienze>> si concentrano sempre più sull’analisi dei sistemi adattivi complessi (nel nostro lavoro li abbiamo definiti dinamici, ndr), che possono essere definiti come sistemi evolutivi aperti non lineari, che si nutrono di informazione e vivono al confine tra caos e ordine [Sanders, 1998; Brown ed Eisenhardt, 1999] (…) C’è da chiedersi se esse possano essere trasposte tout cour anche nel campo dell’economia d’impresa: la risposta è, in prima istanza, per evitare di ripetere l’errore degli economisti classici e neoclassici, negativa. In seconda istanza tuttavia, si ritiene che, con l’aiuto delle suggestioni delle nuove scienze, sia possibile incrementare il potere esplicativo di alcune nuove ipotesi di ricerca. (…) Sulla base delle suggestioni derivanti dalle nuove scienze, è possibile individuare una comunanza tra le imprese e i sistemi adattivi complessi teorizzati dalle nuove scienze. Le imprese tuttavia si distinguono per l’elemento intenzionale e finalistico che caratterizza i sistemi sociali e li differenzia da quelli fisici e biologici [Podestà, 1993]. Il concetto più opportuno è pertanto quello di sistemi proattivi complessi, nel senso che parlando di imprese si parla sicuramente di sistemi non certo adattivi, caratterizzazione che richiamerebbe il modello razionalistico e meccanicistico di fitness adattivo, proprio delle scienze tradizionali, ma creativi, costruttivi e proattivi, in virtù delle strategie d’impresa che esse sono in grado di porre in essere”. Questa visione ci appare coerente con il modello dei sistemi viventi (complessi e dinamici) sociali umani proposto da Capra, in quanto è proprio l’emergere della coscienza riflessiva e del significato che distingue un sistema sociale umano da un sistema sociale animale. 86 Esperienze, Marketing e Territorio sono da ritenersi validi ed applicabili per quei particolari sistemi viventi che si organizzano secondo lo schema di rete piccolo mondo in cui l’organo di governo assume il ruolo di hub della rete (schema) organizzativa e decisionale. In base alle considerazioni appena fatte, supportate anche dalle evidenze empiriche del cap.9, si ritiene di consigliare prudenza nell’applicare metodologie di governo imprenditoriali (elaborate per il governo dei sistemi vitali) al governo di sistemi viventi di tipo diverso (sistemi socioeconomici territoriali), in quanto occorre considerare innanzitutto a quale topologia di rete si applicano le modalità di governo e in secondo luogo occorre avere presente i punti di forza e di debolezza delle diverse topologie di rete. 3.3 Il concetto di prodotto come chiave per interpretare i fenomeni imprenditoriali nella prospettiva sistemica Riprendendo le basi epistemologiche illustrate nel primo capitolo [§1.5 e §1.6] si sottolinea come non esista una realtà oggettiva ma l’atto stesso dell’osservare consiste nell’esistenza di un soggetto (osservatore) che fa “emergere un mondo”. Il mondo che emerge nell’osservazione dipende dalla struttura del soggetto osservatore (determinismo strutturale modelli di ricerca) e da ciò che guarda (accoppiamento strutturale). Per cui la realtà osservata non esiste ma emerge nell’accoppiamento strutturale del ricercatore con i sistemi osservati. In questa ottica l’utilizzo di un modello di analisi (matrice disciplinare che determina la struttura cognitiva del ricercatore) consente di rendere maggiormente condivisibile il processo di ricerca e quindi di far acquisire all’osservazione il grado di osservazione scientifica [Kuhn, cfr §1.1]. Ciò premesso, nel presente lavoro i fenomeni oggetto di studio verranno studiati nel seguente modo [cfr §1.6]: • Da una prospettiva sub-sistemica o interna (ad esempio l’analisi sub-sistemica rispetto al livello logico impresa è quella che utilizza la prospettiva dell’organo di governo e quindi l’approccio sistemico vitale al governo dell’impresa [Golinelli, 2000 e 2002]). • Da una prospettiva sovra-sistemica o esterna (ad esempio l’analisi sovra-sistemica rispetto al livello logico impresa può essere effettuata utilizzando la prospettiva degli stakeholder rilevanti). La finalità del presente studio è quella di pervenire ad uno schema d’analisi prima e di gestione poi dei sistemi d’offerta territoriali finalizzati alla produzione e commercializzazione dei prodotti turistici [cfr cap. 6]. La scelta di ancorare lo studi dei sistemi socio-economici alla dimensione territoriale ci appare coerente con l’ontologia assunta a riferimento (fondazione biologia delle scienze sociali) e con la filosofia dell’ecologia profonda che caratterizza la “scienza della vita” [Capra, 1997 e 2002]. Le considerazioni che seguono sono da intendersi come elementi che vanno a connettersi alla più generale matrice concettuale dei sistemi complessi. Dalle considerazioni teoriche121 e dalle prime rilevazioni empiriche122 è emerso che per comprendere la dinamica dei fenomeni imprenditoriali e le loro dinamiche inter e sovra sistemiche era necessario comprendere la natura degli input e degli output in entrata e in uscita dai sistemi oggetto di studio. 121 La letteratura studiata è stata quella sistemica, quella economico aziendale e quella turistica di matrice aziendale. Le implicazioni empiriche derivano dall’osservazione dei sistemi turistici delle province di Rimini e Pesaro e Urbino [cfr casi studio del capitolo 9] nel periodo 1999-2004. 122 87 Fabio Forlani Ricordando infatti che un sistema complesso dinamico è dotato di una chiusura operazionale (apertura ai flussi di energia e materia, chiusura organizzativa) ed è provvisto di un confine123 che ha la capacità di filtrare gli influssi esterni per creare ordine interno, occorre chiedersi se, nella prospettiva dell’economista d’impresa, gli input (sistemi di energia, materia e informazioni) e gli output (sistemi di energia, materia e informazioni) del sistema assumono una natura distinta da quella dei sistemi naturali. A tale domanda si assume di poter dare risposta positiva per la seguente ragione: essendo i sistemi imprenditoriali dei sistemi sociali che sviluppano il ciclo materia (struttura) – schema – emergenza (processo) – significato124, ne consegue che ad ogni ciclo gli input subiscono un processo trasformativo che li arricchisce di significato (o senso). Tale dimensione sembra essere, allora, quella che distingue gli output umani da quelli tipicamente naturali. La prospettiva di osservazione assunta in questo studio ci consente di vedere gli input e gli output in entrata e in uscita dal sistema impresa125 e ci consente, inoltre, di affermare che l’impresa per sopravvivere deve mantenere il ciclo input-trasformazione-prodotto (output). Si può inoltre evidenziare che, in assenza di tale ciclo che termina con il trasferimento ad altri sistemi del prodotto, essa non ha possibilità di sopravvivere126. Occorre ricordare che in senso economico aziendale, il prodotto è il risultato dell’attività di produzione di un sistema di qualsiasi tipo. Quale che sia la natura di questo, il prodotto costituisce il medium di scambio con sistemi terzi e rappresenta il riferimento fondamentale della mission, del business e dell’organizzazione produttiva della singolo sistema azienda [Coda, 1984] o di un sistema di aziende [Rispoli e Tamma, 1996]. Secondo Rispoli e Tamma, [1996, p.21, grassetto nostro] infatti “dal punto di vista dell’analisi economico manageriale, <<prodotto>> è il concetto che permette di concepire e rappresentare unitariamente l’offerta di una forma di produzione, da molto semplice a estremamente complessa. Ciò appare giustificato in quanto tale concetto non trae il suo fondamento dalla articolazione, dalla natura (materiale o immateriale), dalla caratterizzazione tecnologica (hard o soft), dalla complessità degli elementi che lo compongono, ma invece dal significato e dal ruolo che esso assume nella lettura e nell’interpretazione economico-aziendale dei processi di creazione del valore” . Si può affermare, allora, che per i sistemi economico-imprenditoriali il processo di creazione e trasferimento di valore sia da collegare prioritariamente al concetto di prodotto, che diviene pertanto un concetto chiave della prospettiva d’analisi sistemica economico aziendale. 123 L’organizzazione autopoietica dei sistemi viventi comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle operazioni della rete e definisce il sistema come unità. 124 Cfr capitolo 2 ed in particolare §2.5 e §2.6. 125 Questa nostra affermazione è a suo modo confermata anche da Vicari [1991, p.53-54], infatti “Il problema è che la prospettiva input-output è accettabile solo dal punto di vista di un osservatore esterno al sistema, o che si ponga all’esterno del sistema. […] Le imprese non hanno infatti alcun input o output. […] L’input e l’output di un’impresa non sono allora le materie, i capitali, gli uomini che essa acquisisce e i prodotti che essa vende o i risultati che produce, come la teoria dell’impresa ci ha sempre indicato. L’azienda è un mezzo che consente a varie categorie di soggetti di soddisfare i propri interessi. Se ci fermassimo a questa nozione di impresa, l’avremmo capita solo dal particolare punto di vista dei sistemi osservanti, […] Se però vogliamo capire il comportamento dell’organizzazione nel suo insieme, dobbiamo pensare all’impresa nella sua natura autopoietica. Il suo obiettivo non è allora qualcosa di esterno a essa, ma semplicemente la sua esistenza. L’ “output” (in senso proprio) dell’impresa è costituito dal suo funzionamento.”. 126 “Si può discutere poi, se, nella realtà capitalistica contemporanea, l’impresa possa considerarsi, di per sé, una legittima unità d’indagine. La mia risposta e si e no. Si se nel produrre le merci che vende sul mercato (base della sua riproducibilità), essa secerne un suo, diciamo così, “collante sociale”, tale da produrre genuini sensi di appartenenza e d’identificazione in tutti quelli che partecipano regolarmente al processo (stakeholder). (…). No, se non lo secerne” Beccattini [2004]. 88 Esperienze, Marketing e Territorio Dopo avere assunto la centralità del concetto di prodotto, il miglioramento della comprensione dei fenomeni economico aziendali, come evidenziato da Rispoli e Tamma [1992], deve passare però per una ridefinizione di tale concetto127: “Il superamento nella teoria della produzione di una separazione netta fra beni e servizi, a favore di un altro approccio e di altri criteri con cui affrontare correttamente le analisi del settore, della concorrenza, di gestione aziendale, ci sembra oramai ineludibile. Riteniamo che esso debba necessariamente fondarsi sull’individuazione di una categoria (concetto) che, da un lato, sia più generale di quelli di beni e servizi, dall’altro, costituisca una base solida dalla quale muovere per cogliere, e rappresentare, la varietà di produzioni specifiche e concrete che l’evoluzione del capitalismo produttivo ha generato e genera.”128. “La categoria che si propone come base è il prodotto, inteso però, come output di un processo produttivo di qualsivoglia natura tecnologica, che viene domandato e quindi offerto oppure offerto e quindi domandato, in quanto adatto a soddisfare le esigenze che si manifestano nelle singole economie di produzione e/o di consumo. Conseguentemente, in contesti concreti, esso può apparire come un bene, come un servizio oppure, circostanza di gran lunga più probabile, come qualcosa che assume in varia misura caratteri attribuibili ad entrambi i “tipi ideali” e quindi non univocamente definibile utilizzando la terminologia tradizionale.” “Adottando un approccio quale quello che stiamo delineando, che si fonda su un concetto di prodotto astratto (categoria economica), dovremmo essere in grado di affermare in modo più efficace le analisi dei settori, della concorrenza e della gestione strategica delle aziende.”129. Il concetto di prodotto astratto adottato da Rispoli e Tamma come base da cui muovere verso i prodotti concreti, ha una doppia valenza: 1. prodotto come “medium”; Permette di collegare (effetto interazione) e, insieme, discriminare (effetto separazione) l’economia del produttore da quella del utilizzatore, sia esso intermedio o finale. 2. prodotto come “contenitore”. E’ un efficace “contenitore” per gli attributi e le caratteristiche che è necessario utilizzare per individuare e descrivere i prodotti concreti. E’ opportuno però sottolineare che in un ottica imprenditoriale vi deve essere l’intenzionalità e la consapevolezza dell’offerta, cioè il prodotto è tale se viene in tal modo concepito dal produttore. In caso contrario si può parlare di rifiuto o di altro output di sistema privo di valore. Infatti Rispoli e Tamma [1992, p. 103-104] sottolineano che “I risultati (output) che con il concetto di prodotto vogliamo rappresentare formano invece un insieme che, se ancora molto ampio, costituisce un sottoinsieme del precedente (formato da tutti i risultati di processi produttivi, ndr); in esso devono ricadere tutti i risultati di quelle attività che possiamo considerare rilevanti per rappresentare l’economia della produzione nel suo complesso e nelle sue componenti. In definitiva denomineremo prodotti solo quegli output che sono realizzati per essere ceduti (in qualsivoglia forma) da un’economia di produzione ad altre (terze) economie (sia di produzione che di consumo), ossia per essere oggetto di transazione”. 127 Alla ridefinizione del concetto di prodotto nella prospettiva dell’economia delle esperienze sarà dedicato il capitolo 5. Rispoli e Tamma, 1992, p. 101. Questa impostazione è senz’altro coerente con le impostazioni di marketing “Dal punto di vista del marketing per <<prodotto>> si intende estensivamente qualsiasi output produttivo (anche di tipo immateriale) che, a motivo delle utilità derivati dai suoi attributi (fisici o immateriali) tende a specificare e soddisfare le aspettative di determinati gruppi di fruitori o utilizzatori.” [Cozzi e Ferrero, 2004, p.309]. 129 Rispoli e Tamma, 1992, p. 102, grassetto nostro. 128 89 Fabio Forlani Il sistema impresa nella sua attività normale finalizzata alla sopravvivenza trasforma, quindi, gli input (energia, materia e informazioni) in output. Facendo questo essa progetta produce e vende prodotti. La vendita di tali prodotti può avvenire su di un mercato (transizione di mercato) o all’interno di una relazione con altri sovra-sistemi [Pencarelli, 1995]. 3.4 L’impresa e i rapporti con i sovra-sistemi Le entità che popolano il contesto esterno all’impresa e che entrano in qualche modo in contatto con essa possono essere classificate in base alla loro rilevanza nel condizionare i percorsi di sopravvivenza e di sviluppo del sistema impresa130. Secondo Golinelli [2000, p.171] la rilevanza delle entità terze può essere qualificata mediante due attributi : • l’influenza esercitabile dall’entità131 sulle modalità di impiego, di acquisizione e di riappropriazione delle risorse 132; • la criticità della risorsa da essa conferita al sistema impresa133; Questi due attributi permettono la distinzione fra i sovra-sistemi “influenti”, che sono capaci di esercitare pressioni sul sistema impresa ma non sono però detentori esclusivi di una determinata risorsa, e i sovra-sistemi “rilevanti”, che sono influenti ed al tempo stesso detentori di una risorsa critica134. La composizione delle entità che popolano il contesto, definita sulla base della rilevanza che ognuna di queste possiede in riferimento ai caratteri di differenziazione “criticità” della risorsa e “influenza” esercitabile dal sistema detentore della risorsa stessa consente all’organo di governo: 130 Con tale entità il sistema impresa instaura relazioni ed interazioni di diversa natura e grado, realizzando rapporti stabili o occasionali e determinando condizioni che di volta in volta possono essere di consonanza e risonanza. 131 Il condizionamento esercitatile da un sovra-sistema dipende dall’esistenza di (o dalla possibilità del sistema di porre) vincoli e regole: • Il vincolo ha natura cogente e valenza generale, con riferimento all’impresa, conseguono alla fissazione, da parte di organi pubblici, di requisiti tecnici finalizzati a tutelare interessi collettivi (regulation). Le entità esterne al sistema impresa in grado di imporre vincoli sono strutturalmente relazionate con esso. Il rispetto dei vincoli è condizione necessaria per impostare con le entità del contesto, vuoi rilevanti che influenti, condizioni di consonanza. • La regola deriva dalla volontà dell’organo di governo di legare il sistema impresa ad una o più entità del contesto (selfregulation). Le regole, da un lato, sono necessarie per una dinamica evolutiva dell’impresa in condizioni di consonanza e, dall’altro, sono il presupposto, ove l’Organo di Governo lo ritenga opportuno, per pervenire a condizioni di risonanza con le entità rilevanti e/o influenti del contesto. In un ottica sistemica, i vincoli determinano le caratteristiche dei rapporti tra due entità, nel senso che comportano una limitazione della singola sfera di comportamento. Le regole, viceversa, identificano la volontà di due o più entità sistemiche indipendenti di perseguire comportamenti improntati a collaborazione in vista di stabilire un ordine comune condiviso. 132 L’impresa deve valutare il grado di influenza che può avere il sistema nel porre vincoli ovvero nel dettare regole comportamentali nei confronti dell’impresa. 133 La tipologia della risorsa costituisce un primo attributo qualificante e fondante per stabilire quale tipo di attenzione deve riporre l’impresa nel valutare il peso delle interazioni e, di conseguenza, nello stabilire la convenienza al mantenimento o all’implementazione della relazione sottostante, passando da condizioni di consonanza a condizioni di risonanza; 134 Per l’analisi della rilevanza delle varie entità sistemiche di contesto occorre procedere alla mappatura delle risorse aziendali e all’individuazione dei differenti sistemi dai quali esse provengono: • Attributi che definiscono la criticità della risorsa: numero di alternative possibili per l’acquisizione della risorsa; costo unitario medio di acquisizione della risorsa; peso percentuale del volume di risorse acquistate da un sistema rispetto al totale delle risorse utilizzate; probabilità di perdite in caso di fuori scorta; criticità del processo all’interno del quale la risorsa è impiegata; • Attributi che definiscono l’influenza delle entità sistemiche detentrici della risorsa: potere contrattuale, rappresentativo di un insieme di vincoli sia in merito alla definizione delle condizioni di sopravvivenza che di performance; capacità di fissazione delle regole; qualità e quantità delle sanzioni legate alla non osservazione, da parte dell’impresa, di vincoli e regole; 90 Esperienze, Marketing e Territorio • di qualificare la singola entità sistemica ed il contesto nel suo complesso sotto il profilo delle opportunità e dei rischi per il sistema impresa; • di graduare le diverse entità sistemiche in ordine alla loro rilevanza per l’impresa, stabilendo quindi una scala di priorità sotto i profili temporale e di qualità delle relazioni; • indirizzare la dinamica evolutiva del sistema impresa in condizioni di consonanza e, ove opportuno, di risonanza sistemica. Il rapporto tra il sistema vitale impresa e le diverse entità presenti nel contesto si traduce in interazioni sistemiche (accoppiamenti strutturali). L’interazione è il risultato dell’attivazione di una o più relazioni tra le componenti delle strutture dei sistemi interagenti135. In base allo stato delle relazioni intersistemiche si assiste a dei rapporti intersistemici di diverso tipo. Si può avere infatti una maggiore o minore integrazione intersistemica a seconda se i sistemi siano in una situazione di consonanza o di risonanza. • La consonanza: compatibilità strutturale tra sistemi, atta a consentire che si possano rapportare efficacemente dal punto di vista strutturale (raccordarsi)136; • La risonanza (sviluppo ideale della consonanza): condivisione accompagnata da appartenenza e sintonia. Si ha, in questa situazione, un progressivo attenuarsi dei conflitti strutturali per effetto di un grado massimo di apertura, con raggiungimento, in termini di qualità del rapporto, di livelli sempre maggiori di fiducia e condivisione di orientamenti e prospettive tra i sistemi interagenti, da cui emerge generata una nuova realtà sistemica inclusiva che comprende e riassume i sistemi di partenza.137 Il contesto esterno, nella prospettiva dell’organo di governo dell’impresa, ma anche nella prospettiva dei soggetti esterni all’impresa stessa, si configura come insieme di sistemi che ricevono input di risorse (materia, energia e informazione) e generano output intesi come prodotti138 e scarti di lavorazione. Il problema d’analisi del contesto diviene, allora, dal punto di vista dell’organo di governo dell’impresa, ma anche dell’osservatore esterno, l’identificazione delle entità sistemiche presenti nell’ambiente quali possibili sistemi rilevanti o, più semplicemente, influenti sulle dinamiche evolutive dell’impresa stessa. Golinelli [2000, p.185] suggerisce come criterio di differenziazione delle entità di contesto di utilizzare le caratteristiche proprie dei sistemi vitali: “si fa riferimento alla esistenza di una struttura operativa dotata di imprenditorialità e capacità di auto-organizzazione ed alla presenza ed al ruolo svolto dall’organo di governo nell’indirizzare la dinamica dell’entità sistemica considerata.: 1) Sistemi embrionali […] organizzazioni conosciute in letteratura come mercati; 2) Sistemi in via di compimento: tale categoria è da ricondurre ad entità presenti nello scenario caratterizzate dall’essere composte da due o più entità componenti e, comunque, dall’essere individuabili, per una identità che riferisce all’insieme; come 135 Un’interazione, capace di produrre determinati risultati strutturali, può essere realizzata attraverso l’attivazione di differenti relazioni strutturali. Una stessa relazione, inoltre, se attivata può produrre differenti interazioni a seconda delle finalità delle parti interagenti, del contesto e dell’arco temporale al quale la relazione fa riferimento. 136 Due o più imprese che decidono di sviluppare una attività congiunta attraverso interazioni tese a realizzare integrazioni di filiera, orizzontali o verticali, debbono anzitutto ricercare la consonanza intersistemica. 137 Si intravede un interessante collegamento fra i concetti di consonanza e risonanza qui esposti con i principi dello schema di organizzazione a rete piccolo mondo esposta nel precedente capitolo [§2.7]. Infatti, si può ipotizzare che le relazioni che hanno il carattere della consonanza siano interpretabili come i legami deboli delle reti piccolo mondo e le relazioni che hanno il carattere della risonanza siano interpretabili come i legami forti delle reti piccolo mondo. Tale aspetto meriterebbe approfondimenti specifici non effettuati in questo studio. 138 Cfr § 3.3. 91 Fabio Forlani esempio si pensi alle aree-sistema, ai distretti, ai poli industriali e più genericamente alle reti d’impresa. La possibilità di attribuire una identità al sistema presuppone la individuazione di un organo di governo più o meno evoluto che indirizza le diverse entità (sub-sistemi) che vi appartengono; 3) Sistemi vitali;” [Golinelli G., 2000, p.185-186]. Nell’ipotesi di Golinelli il passaggio di un sistema da una categoria ad un’altra è segnato dall’evoluzione del ruolo dell’organo di governo, e quindi dalla sua influenza, sulla capacità di trasporre regole, vincoli, aspettative e finalità sul sistema impresa. In questo lavoro, preferendo utilizzare lo schema logico della teoria dei sistemi complessi, ma seguendo lo stesso processo logico utilizzato da Golinelli, si possono identificare le seguenti tipologie di sistemi: • Sistemi embrionali (mercati); • Sistemi viventi [§2.6] • Sistemi vitali [§3.1.2] In quanto si ritiene che la categoria dei sistemi in via di compimento possa essere sostituita dalla categoria dei sistemi viventi139. Nel seguito della tesi si evidenzierà appunto come sia più appropriato studiare i sovra-sistemi delle imprese non come mancati sistemi vitali (o sistemi vitali non ancora “maturi”) ma come sistemi viventi che in determinate condizioni possano e forse debbano, assumere anche lo schema dei sistemi vitali. Per concludere questa breve analisi dei rapporti intersistemici è possibile inoltre ricordare che l’emersione di un sistema socioeconomico può avvenire secondo due diverse modalità: • Dal basso (Bottom-up): All’interno del mercato, per effetto di un progressivo delinearsi dei rapporti, è possibile assistere all’emergere di sistemi d’imprese (es. reti d’impresa, distretti). Questa tipologia di genesi dei sistemi è, come evidenziato da Capra [2002] è la tipica modalità di formazione dei sistemi viventi. • Dall’alto (Top-down): Si viene a configurare la chiara esistenza di un progetto di creazione di un sistema da parte di un soggetto decisore, che pone poi in essere le opportune politiche che permettono la sua concretizzazione. Solitamente, il regista di tale processo di emersione sistemica diviene l’organo di governo del sistema stesso e permane nel tempo in tale ruolo. Questa tipologia di formazione dei sistemi sociali sembra essere esclusiva dei sistemi sociali umani. L’evoluzione dei sistemi può portare all’emersione sia di sistemi vitali, sia di sistemi viventi, ma si può assistere anche alla dissoluzione del sistema stesso. 3.5 L’impresa e il sovra-sistema territorio Uno dei più significativi approcci allo studio del rapporto sovra-sistemico fra l’impresa e il contesto territoriale maturato all’interno delle discipline economico-aziendali è sicuramente lo 139 “E mi domando: nel mezzo, fra soggetto economico e gli stati-nazione consegnateci dalla storia, ci sono aggregati sociali “riproduttivi” – quasi organismi, diciamo – i quali, pur nel cambiamento più intenso, si può dire che mantengono una loro identità? (…) Il primo, ovvio, candidato all’analisi mesoeconomica cui sto alludendo, è fornito da quelli che Giuseppe De Matteis indica come “sistemi territoriali provvisti di capacità autoorganizzativa”. Empiricamente si tratterà di centri abitati presi insieme al loro hinterland normale. Una seducente approssimazione empirica al concetto ci è offerta dal “sistema urbano giornaliero”, con con cui s’intende un area territoriale in cui gli spostamenti per motivi di lavoro degli abitanti si autocontengono in misura elevata. (…) Da qui in avanti indicherò i “sistemi territoriali provvisti di capacità autorganizzativa”, col termine generico di luoghi. Vi sono aree territoriali, che, in quanto non fanno sistema, né mostrano alcuna tendenza a farlo, o perché non antropizzate, o perché devastate nella loro conformazione socioculturale da accidenti economici, politici o militari, sono a rigore, nel mio lessico “non luoghi”. ” Beccattini [2004]. 92 Esperienze, Marketing e Territorio studio dei distretti. In Italia tale filone di studi parte dall’elaborazione di Becattini del distretto marshalliano: “l’unità cui Marshall fa riferimento fin d’allora non è l’industria tecnologicamente definita, ma l’area o distretto industriale. E a questo che si riferiscono le condizioni di densità di popolazione, di dotazione infrastrutturale, di <<industrial atmosphere>>, che sono la fonte e il risultato, la causa e l’effetto, di quella parte dei rendimenti crescenti che non si spiega né con le economie interne di scala, né con le vere e proprie innovazioni. […] Se ci si riflette bene, ciò che <<tiene insieme>> le imprese che fanno parte del distretto industriale marshalliano, svuotando di senso la determinazione del costo di ogni singolo prodotto, è una rete complessa ed inestricabile di economie esterne, di congiunzioni e connessioni di costo, di retaggi storico-culturali, che ravvolge sia le relazioni interaziendali che quelle più squisitamente interpersonali. Questo è, nella lettura marshalliana che vi propongo, l’atomo, cioè l’unità di misura indivisibile della ricerca industriale.” [Becattini, 1979, p.20]. Becattini, arriva, quindi a definire il distretto industriale nel seguente modo: “Il <<distretto industriale>> costituisce un ispessimento localizzato (in questa determinazione spaziale sta la sua forza e la sua debolezza) delle relazioni interindustriali, che presenta un carattere di ragionevole stabilità nel tempo. In effetti la sua natura composita, tendenzialmente plurisettoriale, gli conferisce, pur in mezzo al cambiamento più intenso, una stabilità che un unità come l’industria in senso stretto non possiede, rendendone quindi possibile uno studio inteso a rilevarne i tratti permanenti, le leggi di formazione, di mantenimento e di decadenza. Paradossalmente, quando più il distretto è capace di rinnovarsi, di innescare nuovi settori sui vecchi settori, di articolare per le fasi sempre più specializzate la propria industria originaria, tanto più esso mantiene la sua identità come distretto industriale.” [Becattini, 1979, p.20]. Nel corso degli anni, successivi e svariati studi aventi per oggetto le aree produttive territorialmente localizzate hanno effettuato numerose specificazioni e distingui fra le varie tipologie di aree produttive [Marchini, 1995]. Si è, inoltre, assistito alla distinzione [Tunisini, 2003] fra le prospettive più attente alle dinamiche distrettuali nel loro complesso140 (visione olistica del distretto) e le impostazioni maggiormente focalizzate sullo studio del comportamento dei singoli attori141 che operano nel distretto (visione riduzionistica del distretto). La prospettiva sistemica ci consente di osservare i distretti da una prospettiva nuova. Si può, infatti, interpretare il distretto non solo come sistema di livello superiore alla singola impresa, ma, in quanto definito dalla delimitazione territoriale, come sovrasistema sociale e non solo economico. Come evidenziato da Beccattini, nel concetto di distretto “ciò che <<tiene insieme>> le imprese che fanno parte del distretto industriale marshalliano, svuotando di senso la determinazione del costo di ogni singolo prodotto, è una rete complessa ed inestricabile di economie esterne, di congiunzioni e connessioni di costo, di retaggi storicoculturali, che ravvolge sia le relazioni interaziendali che quelle più squisitamente interpersonali.” [1979, p. 20], in tale prospettiva confluiscono nel sistema distretto tutti i differenti sistemi che emergono dalla struttura territoriale. Il distretto può, allora, essere visto attraverso la teoria dei sistemi complessi come ecosistema e quindi come un sistema vivente. 140 Questo filone, di taglio economico-industriale, tende ad incentrarsi sul distretto nel suo complesso privilegiando l’analisi delle variabili sociali ed economiche che ne spiegano la genesi ed il funzionamento, variabili che vengono strettamente correlate a elementi di natura territoriale. In questa visione macro o olistica, vengono richiamati i vantaggi di efficienza (che si realizzano per effetto della specializzazione e della divisione del lavoro tra le imprese) e i legami esistenti tra variabili socioculturali, produttive e organizzative non replicabili in altri contesti territoriali, sfatando il mito della grande impresa come paradigma dell’efficienza produttiva. 141 Questo filone, di taglio aziendale, privilegia lo studio del singolo attore (impresa) distrettuale e sul suo ruolo nello sviluppo del contesto in cui operano. In questa linea di ricerca si sottolinea come le imprese sono eterogenee e svolgono funzioni diverse. In particolare alcune imprese di medie dimensioni, influenzano e indirizzavano lo sviluppo del distretto nel suo complesso. 93 Fabio Forlani Nel sistema vivente distretto convergono allora numerose entità come il sistema manifatturiero (di cui il sistema azienda è una componente), il sistema turistico, il sistema sanitario, il sistema scolastico, il sistema istituzionale e politico, ecc. Nella prospettiva sistemica il livello logico di analisi del distretto è quello di politica economica locale. In quanto la vitalità del distretto coincide con la vitalità del sistema territorio nel suo complesso. Il questa prospettiva il sistema territorio deve essere visto come un ecosistema142, quindi, come un sistema vivente, avente struttura reticolare. Le caratteristiche del sistema non esistono né a livello di singola impresa né a livello di sistemi d’imprese specializzate in uno specifico settore, ma emergono dalle azioni (vivere) di una pluralità di attori (di natura fisica e giuridica molto diversi fra loro) su un territorio delimitato e quindi per definizione “finito”. Come per tutti i sistemi viventi anche per i distretti la capacità di sopravvivere è data dalla complessità interna al distretto stesso infatti Beccattini nota che “in effetti la sua natura composita, tendenzialmente plurisettoriale, gli conferisce, pur in mezzo al cambiamento più intenso, una stabilità che un unità come l’industria in senso stretto non possiede, rendendone quindi possibile uno studio inteso a rilevarne i tratti permanenti, le leggi di formazione, di mantenimento e di decadenza. Paradossalmente, quando più il distretto è capace di rinnovarsi, di innescare nuovi settori sui vecchi settori, di articolare per le fasi sempre più specializzate la propria industria originaria, tanto più esso mantiene la sua identità come distretto industriale.” [1979, p.20]. In definitiva, utilizzando la prospettiva sistemica, si osserva come sia possibile studiare il divenire del distretto non solo in una logica olistica (studiare direttamente il livello distrettuale (Livello D) e le sue specificità) ma anche utilizzando una logica emergente (osservare quindi come l’interazione di sistemi di livello (D-1) possano fare emergere le caratteristiche del sovra-sistema D). In questa logica si ritiene di poter ipotizzare che lo studio dei distretti si risolva in uno studio di politica economica territoriale143, e che l’economista d’impresa sia più direttamente interessato ad un livello sovra-sistemico rispetto il sistema impresa ma sub-sistemico rispetto al sistema distretto (o sistema territoriale) che chiameremo sistema d’offerta territoriale144. 3.6 L’impresa e i sistemi d’offerta territoriali La lettura dei rapporti tra impresa e l’ambiente145, come abbiamo fin qui osservato utilizzando l’ottica sistemica, è determinata dallo spostamento dell’attenzione dalle parti al tutto [Cfr. 142 “E mi domando: nel mezzo, fra soggetto economico e gli stati-nazione consegnateci dalla storia, ci sono aggregati sociali “riproduttivi” – quasi organismi, diciamo – i quali, pur nel cambiamento più intenso, si può dire che mantengono una loro identità? (…) Il primo, ovvio, candidato all’analisi mesoeconomica cui sto alludendo, è fornito da quelli che Giuseppe De Matteis indica come “sistemi territoriali provvisti di capacità autoorganizzativa”. Empiricamente si tratterà di centri abitati presi insieme al loro hinterland normale. Una seducente approssimazione empirica al concetto ci è offerta dal “sistema urbano giornaliero”, con con cui s’intende un area territoriale in cui gli spostamenti per motivi di lavoro degli abitanti si autocontengono in misura elevata. (…) Da qui in avanti indicherò i “sistemi territoriali provvisti di capacità autorganizzativa”, col termine generico di luoghi. Vi sono aree territoriali, che, in quanto non fanno sistema, né mostrano alcuna tendenza a farlo, o perché non antropizzate, o perché devastate nella loro conformazione socioculturale da accidenti economici, politici o militari, sono a rigore, nel mio lessico “non luoghi”. ” Beccattini [2004]. 143 “obbiettivi della politica pubblica non sono né l’abbondanza delle merci, né la dimensione e l’efficienza delle imprese, e neppure il passo del progresso scientifico-tecnico, di per sé considerati – per quanto sono importanti – ma il benessere, o meglio la felicità pubblica, come dicevano gli economisti italiani del XVIII secolo, ch’è sempre un fatto storicamente e geograficamente determinato, dei diversi nuclei di popolazione.” Beccattini [2004]. 144 Sull’importanza dei rapporti di collaborazione interaziendali nelle piccole imprese distrettuali cfr Lorenzoni [1990], Pencarelli [1995], Marchini [1995], Tunisini [2003]. 145 “La constatazione di differenti tipologie di relazioni con i diversi sovra-sistemi che compongono l’ambiente consentono di distinguere l’ambiente generale, che manifesta un impatto indiretto sull’impresa, dall’ambiente transazionale nel quale 94 Esperienze, Marketing e Territorio §2.1] e dalla necessità di osservare i fenomeni come strutture reticolari a più livelli (sistemi dentro sistemi o frattali). L’impresa in quanto sistema è, allora, osservabile come sistema (L) all’interno di altri sistemi (L+1) di diversa natura. Sui temi del rapporto fra impresa e i sovra-sistemi, intesi di volta come reti d’imprese, network, costellazioni d’imprese e distretti, è presente una ricchissima e variegata letteratura, non è scopo di questo lavoro quello di effettuare raffronti o fare sintesi di tale letteratura, a tale scopo si rimanda alla letteratura esistente146. Lo scopo di questo studio è, invece, quello di comprendere se esiste una chiave di lettura sistemica-territoriale di quello che viene definito livello “meso” [Tunisini, 2003, p. 45-47] nell’industria turistica [Pencarelli, 2001]. In precedenti studi147 si è evidenziato, in base ai risultati ottenuti da studi condotti sui sistemi turistici locali, che la competizione rilevante e strategicamente prioritaria per l’industria turistica di un territorio è sempre più fra sistemi territoriali a vocazione turistica piuttosto che fra singole imprese turistiche. Queste ultime, conseguentemente, competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda serviti, ma nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti gli altri attori presenti in una località e in un distretto turistico) a formare l’offerta di esperienze di una destinazione turistica. Tale lavoro ha confermato quanto riscontrato da Rispoli e Tamma [1996], che “vede le organizzazioni produttive aprirsi verso l’esterno per sfruttare tutte le sinergie possibili conseguenti all’instaurarsi di connessioni interorganizzative. In tale visione fra i diversi attori della produzione, dello scambio e del consumo, è necessario includervi ovviamente anche il consumatore, che, come è oramai generalmente accettato, figura come una parte fondamentale del processo di creazione del valore [Sicca, 1992]. Esempi di concetti, paradigmi e schemi teorici volti a cogliere questo tipo di realtà sono: i distretti industriali [Beccattini, 1987; Zagnoli, 1993; Varaldo, 1994], l’impresa come sistema aperto, l’impresa a rete, la rete di imprese [Vaccà e Zanfei, 1989; Boari, Grandi e Lorenzoni, 1989; Rullani, 1989; Benassi, 1993], la value constellation [Normann e Ramirez, 1994], la costellazione di imprese [Lorenzoni, 1992]; prosumption, servuction, comking [Toffler, 1980; Gronroos, 1983; Berry, 1983; Lovelock, 1983, Normann, 1984; Carlzon, 1985; Eiglier e Langeard, 1987], la catena del valore esterna [Porter, 1985], i sistemi olonici [Merli e Sacconi, 1994].” Ai contributi scientifici che, come evidenziato da Rispoli e Tamma, hanno affrontato il tema dei “sistemi complessi di produzione-erogazione” sono seguiti, negli ultimi anni, ulteriori approfondimenti da parte degli stessi autori citati, ma anche da ulteriori autori come evidenziato da Tunisini [2003]. In base all’impostazione sistemica assunta a fondamento di questa tesi si ritiene di poter condividere con Rispoli e Tamma [1996, p.19-21] che:  “Analizzando le condizioni nelle quali concretamente opera il mondo della produzione, ci si rende conto che l’aumento della complessità fa emergere in modo sempre più intelligibile una differenza di fondo fra l’offerta dell’impresa “isolata”, cioè una impresa che risolve la produzione, la vendita, l’erogazione al suo interno, vincoli, condizionamenti e opportunità hanno un impatto diretto in quanto esso costituisce il luogo figurato in cui l’impresa attua scambi di risorse rilevanti per la sua sopravvivenza. Gli elementi peculiari dell’ambiente sono classificabili in: 1) Elementi di tipo geo-territoriale; 2) Elementi demografici; 3) Elementi socio-economici; 4) Elementi politici; 5) Elementi culturali; 6 Elementi tecnologici; identificando l’ambiente generale dell’impresa. […]. L’ambiente transazionale, invece, indica quel particolare contesto d’impresa caratterizzato dalla presenza di soggetti, entità e sistemi con i quali l’impresa intrattiene rapporti di scambio (transazioni). E’ in questo ambito che l’impresa, attraverso le sue aperture, attinge risorse indispensabili per poter svolgere i suoi processi.” [Golinelli, 2000, p.59-60]. 146 Cfr, fra gli altri, i lavori di Beccattini [1979, 1987, 2000], Hakanson e Snehota [1989], Lorenzoni [1990], Ferrero [1992], Varaldo [1994], Marchini [1995], Pencarelli [1995], Vicari [2001], Tunisini [2003], Bettiol e Rullani [2004]. 147 Pencarelli e Forlani [2002 e 2005]. 95 Fabio Forlani   facendo leva quindi unicamente sulle sue risorse, e l’offerta di un insieme di imprese che si sono collegate nel portare un determinato prodotto sul mercato.” “Nella grande maggioranza dei mercati, per ogni business, ci si trova di fronte ad una molteplicità di prodotti e di offerte che provengono da una varietà di soggetti che singolarmente e/o in gruppo, di fatto li ottengono, li erogano, li distribuiscono, li promuovono, senza che la domanda percepisca la complessità e le differenze che caratterizzano l’intero processo di produzione” “D’altro canto, deve sempre e comunque essere possibile, per chi analizza un settore o un mercato, risalire al soggetto strategico/economico (singolo o plurimo) che attraverso i prodotti opera dal lato dell’offerta, in quanto solo così sono possibili confronti significativi anche in relazione a tematiche strategiche. Tutto ciò richiede l’introduzione di un concetto “più ampio”, ma comprensivo di quello di impresa, e diverso, seppur non sostitutivo, di quello di rete. Non ci sembra che la rete – categoria organizzativa – fornisca una risposta completamente soddisfacente, così come l’impresa sempre meno isolabile all’interno del complessivo processo di produzione”148. Gli autori citati ritengono, per tali esigenze “di dover proporre un concetto – forma d’offerta149 – che regge uno schema utile a rappresentare ed interpretare qualunque tipo di organizzazione produttiva, e dunque anche i sistemi complessi di produzione-erogazione, attraverso i suoi elementi costitutivi: il prodotto; il soggetto strategico-economico; l’articolazione e l’organizzazione produttiva distributiva.” Fig. 3.4 – Elementi caratterizzanti una forma di offerta Prodotto (beni e servizi) Forma d’offerta Soggetto strategico-economico Soluzione produttivo-distributiva-erogativa Fonte: Rispoli e Tamma, 1996, p.21 Pur condividendo l’impostazione d’analisi degli autori citati, in questa sede, in base alle esperienze di ricerca maturate nell’ambito della produzione di esperienze turistiche [cfr. capitolo 6], non si ritiene però sufficiente la nozione di “forma d’offerta” e, si sceglie invece 148 Sul tema del rapporto fra reti d’imprese e approccio sistemico cfr. anche Liguori [2003]. “Denominiamo forma d’offerta il concetto che ci sembra rispondere all’esigenza di comprensione della complessità, senza perdere, fra l’altro, di congruità e di confrontabilità con le consuete categorie d’analisi del mondo della produzione (prodotto, settore, impresa, soggetto economico, soggetto strategico, mercato, ecc.). La forma d’offerta indica un attore (unitario o plurimo) del contesto competitivo che può assumere configurazioni da molto semplici, […] a molto complesse, […], legate da un accordo di collaborazione, che opera con uno o più prodotti, in uno o più contesti locali, in cui è comunque identificabile la presenza di un soggetto decisionale-strategico, pur se composito.” Rispoli e Tamma [1996, p. 20]. 149 96 Esperienze, Marketing e Territorio di ricorrere al concetto di sistema d’offerta poiché, fra tutte le opzioni oggi disponibili150, esso è coerente con le impostazioni epistemologiche e metodologiche del presente lavoro e permette inoltre confrontare i risultati e le implicazioni di ricerca con gli studi emergenti dalle teorie dei sistemi complessi dinamici. Coerentemente con le finalità di questo lavoro, si è inoltre limitato il campo di ricerca ai sistemi d’offerta territoriali, quei sistemi cioè che per le più svariate motivazioni fanno del loro radicamento territoriale un loro elemento caratterizzante. Si pensi per inciso ai sistemi d’offerta costituiti da imprese alberghiere, il cui prodotto e vincolato al territorio. In base a tale impostazione si ipotizza di poter studiare i sistemi d’offerta territoriali come sistemi complessi dinamici (sistemi vitali o sistemi viventi), e quindi come sistemi che emergono dal divenire circolare delle quattro dimensioni di cui si caratterizzano [§ 2.6]: Materia (Struttura), Schema di organizzazione, Processo (emergenza del sistema), Significato (finalità del sistema). Tale impostazione permette inoltre di esplorare gli elementi prodotto, soggetto strategico economico e l’articolazione produttivo-distributiva nel seguente modo:  Il prodotto emerge dal divenire sistemico (processo di emergenza) del sistema d’offerta, attraverso il ciclo ideazione, progettazione, produzione, comunicazione, distribuzione ed erogazione. Il prodotto è, come evidenziato da Rispoli e Tamma [1996, p.32], “insieme il fondamentale medium di interazione della forma di offerta (sistema d’offerta, ndr.) con il mercato e il principale riferimento attraverso cui “orientare” l’interazione sinergica dei diversi attori dell’offerta”.  Il soggetto strategico-economico è il sistema d’offerta in quanto autonomo e dotato di unità. Tale soggetto ha, per definizione, una struttura composta da più sub-sistemi economici (imprese, organizzazioni non-profit, persone, ecc.) e può avere, al suo interno, un regista strategico (avere, quindi, un organo di governo ed assumere lo schema organizzativo del sistema vitale) oppure auto-organizzarsi attraverso una regia strategica condivisa (la strategia emerge dall’interazione dei diversi sub-sistemi o attori economici). Fig. 3.5 - I nodi concettuali di un sistema d’offerta territoriale SIGNIFICATO Input PROCESSO FORMA Output MATERIA 150 Sono numerose le chiavi interpretative che le diverse scuole di ricerca, che si stanno occupando di tali argomenti nel settore manifatturiero, stanno seguendo [Tunisini, 2003]. Citiamo fra le altre i concetti di supply network e supply chain [Tunisini, 2003, p.25-33]. 97 Fabio Forlani Fonte: nostra elaborazione  Il processo produttivo-distributivo-erogativo, in tale ottica, emergere dalla struttura (materia) e dallo schema di organizzazione, attraverso la regia dell’organo di governo oppure attraverso l’auto-organizzazione dei sub sistemi. In entrambi i casi, comunque, “la gestione consapevole e intenzionale, di tutti gli elementi di un sistema complesso di produzione-erogazione, e delle relazioni tra questi, può avvenire solo se, oltre alla chiara identificazione della composizione del prodotto, vi è una altrettanto chiara “mappa” delle attività, delle capacità, del ruolo dei diversi “attori” che concorrono alla produzione, nonché delle relazioni e dei meccanismi (regole del gioco, ndr.) che presiedono il coordinamento.”151 Integrare le quattro prospettive significa riconoscere che ciascuna di esse contribuisce in modo significativo alla comprensione dei fenomeni imprenditoriali. Le componenti del modello, che verrà sviluppato nel proseguo della tesi nell’applicazione ai sistemi d’offerta turistica, sono: • • • • Materia (Chi compone il sistema? e Dove emerge il sistema ? elementi materiali che compongono il sistema); Schema : (Come è organizzato il sistema? le diverse tipologie di schemi di organizzazione a rete); Processo (Cosa fa il sistema? il processo produttivo-distributivo che porta alla produzione consapevole di un output definito prodotto); Significato (Perché ? fine, scopo dato al sistema dagli attori che lo compongono). Vedremo, nel proseguo del lavoro, come tale schema logico possa essere utilizzato per analizzare e interpretare i sistemi di offerta turistica che emergendo in un determinato territorio , che quindi definiamo territoriali o locali. Bibliografia del capitolo Ancarani F. [2001], Dai settori ai metamercati: modelli interpretativi della convergenza, in Valdani E., Ancarani F., Castaldo S. [2001], Convergenza. 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IV IL CONTRIBUTO DEL MARKETING ALLA COMPRENSIONE E ALLA GESTIONE DEI SISTEMI 4.1 L’evoluzione del rapporto dell’impresa con il sovra-sistema mercato Secondo Cozzi e Ferrero [2004, p.3] “Il termine marketing, oltre a denominare una specifica funzione aziendale ed una disciplina di studi, identifica una filosofia gestionale che indica valori, modelli decisionali e comportamenti a cui dovrebbe ispirarsi la direzione e la gestione aziendale per sviluppare strategie competitive di successo. Tale filosofia gestionale è chiamata marketing concept ed afferma che le imprese, per conseguire più elevati profitti a medio termine, dovrebbero essere marked oriented o, utilizzando una diverse terminologia, market-driven.” Come evidenziato da Ferrero [1992, p.16] nel corso degli anni tale approccio al marketing è stato definito in diversi modi: “Arndt (1983) lo ha denominato <paradigma microeconomico o neoclassico>, Day e Wensley (1983) e Gummesson (1987) lo hanno chiamato <marketing concept> e Gronroos (1989) lo ha indicato come <marketing mix model>”, comunque “i suoi contenuti risultano in larga parte univoci e chiaramente individuati. La natura di questo paradigma si può dedurre dalla definizione di marketing management data da Kotler (1976, p. 7) <<il marketing management consiste nell’analisi, nella pianificazione, nella realizzazione e nel controllo di programmi volti all’effettuazione di scambi desiderati con mercati-obiettivo allo scopo di realizzare obiettivi aziendali. Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta dell’impresa ai bisogni e ai desideri del mercato-obiettivo ed all’uso efficace delle tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il mercato>>”152. Il cuore del marketing concept in tale impostazione risulta essere, secondo Ferrero, l’orientamento al consumatore e il modello delle 4P. Kotler [1986, p.5] definisce il marketing come “il processo sociale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri desideri creando e scambiando prodotti e valore con altri”, descrive poi la gestione di marketing (marketing management) come lo sforzo consapevole attuato dalle imprese per raggiungere la desiderata entità di scambi nei confronti della clientela obiettivo. Sembra opportuno, prima di illustrare i principi su cui si fonda il marketing concept [§4.2], chiedersi quali filosofie gestionali (strategiche) possono assumere le imprese e più in generale le organizzazioni nei confronti dell’ambiente esterno. Nella letteratura di marketing è oramai consolidata, anche da prospettive di ricerca differenti, l’esistenza di diverse filosofie gestionali che possono essere distinte, le une dalle altre, in base alle priorità che suggeriscono di perseguire al fine di ottenere il successo competitivo [Cozzi e Ferrero, 2004, p.3]. 152 Ferrero [1992, p.17]. 100 Esperienze, Marketing e Territorio Secondo la letteratura di marketing [Kotler, 1986 e 1993; Stanton e Varaldo, 1989; Grandinetti, 1993; Guatri, Vicari e Fiocca, 1999; Cozzi e Ferrero, 2000 e 2004] esistono quattro possibili concetti che possono guidare la gestione di rapporti delle organizzazioni con l’ambiente: - Il concetto di produzione o focus sulla produzione individua nell’efficienza produttiva il fattore chiave per l’acquisizione di vantaggi competitivi sui concorrenti. Secondo tale impostazione i consumatori attribuiscono la loro preferenza a quei prodotti che sono ampiamente diffusi e a basso costo. Le imprese che adottano un orientamento alla produzione tendono, quindi, a concentrare la loro attenzione sul raggiungimento di un’elevata efficienza produttiva, nonché su un processo di distribuzione capillare dei prodotti. Questo orientamento è considerato tipico di situazioni in cui la domanda potenziale supera l’offerta, il che induce i consumatori a privilegiare la possibilità di ottenere il prodotto, piuttosto che a ricercarne versioni dotate di particolari caratteristiche. - Il concetto di prodotto o focus sul prodotto individua nel prodotto il fattore chiave per l’acquisizione di vantaggi competitivi sui concorrenti. Secondo tale impostazione i consumatori indirizzeranno le proprie preferenze a quei prodotti che offrono un più elevato livello di qualità e di prestazioni. Le imprese che adottano un orientamento al prodotto pongono il focus dell’attività manageriale sull’innovazione del prodotto e sul loro continuo miglioramento funzionale, senza una costante analisi delle effettive preferenze degli utilizzatori, in base al convincimento che, di per sé il prodotto più evoluto avrà successo sul mercato. Secondo questo approccio prima i progettisti creano il nuovo modello, poi la produzione lo realizza, la finanza ne determina il prezzo e, infine, il settore commerciale pensa a venderlo. Occorre evidenziare come sia oramai diffusamente accettato che l’ecessivo focus sul prodotto conduce alla “miopia di marketing” così come definita da Levitt [1991, p.24]. - Il concetto di vendita o focus sulla vendita individua nella promozione delle vendite, in tutte le sue forme, e l’organizzazione della distribuzione il fattore chiave per l’acquisizione dei vantaggi competitivi sui concorrenti. Il concetto di vendita presuppone, infatti, che i consumatori, lasciati liberi di decidere, non acquisteranno i prodotti di un’impresa in misura adeguata. Le imprese che adottano un orientamento alle vendite, si trovano generalmente in situazioni di eccesso di offerta sulla domanda, è quindi necessario che l’impresa realizzi un’azione di promozione e di vendita aggressiva. La maggior parte delle imprese attuano tale approccio quando hanno problemi di capacità produttiva. Il loro scopo è infatti quello di vendere ciò che producono, piuttosto che produrre ciò che possono vendere. - Il concetto di marketing o focus sui bisogni del consumatore individua nella soddisfazione dei bisogni e dei desideri della domanda di mercato il fattore chiave per l’acquisizione dei vantaggi competitivi sui concorrenti. In base al concetto di marketing, il raggiungimento degli obiettivi d’impresa presuppone, quindi, la determinazione dei bisogni e dei desideri dei mercati obiettivo, nonché il loro soddisfacimento in modo più efficace ed efficiente dei concorrenti153. Secondo Kotler nella sua essenza, il concetto di marketing si traduce, per le imprese, in un orientamento ai bisogni e ai desideri del cliente, sostenuto da uno sforzo integrato di marketing volto a generare la soddisfazione del cliente come mezzo per conseguire la redditività o comunque gli obiettivi dell’organizzazione154. 153 Secondo Levitt [1991, p.24] : “L’attività di vendita si incentra sulle necessità del venditore; quelle di marketing sulle necessità dell’acquirente. La vendita è il riflesso della necessità che il venditore ha di convertire la produzione in denaro, mentre il marketing corrisponde all’idea di soddisfare i bisogni del cliente mediante il prodotto e tutto l’insieme di cose che sono associate alla sua creazione, distribuzione e impiego” 154 Secondo Stanton e Varaldo [1989, p.23] “Nella sua accezione più ampia il marketing concept è una filosofia di gestione che trova nel soddisfacimento dei bisogni e dei desideri del consumatore la ragione economica e sociale che giustifica l’essenza di un’azienda. Di conseguenza, tutte le attività aziendali devono essere destinate alla ricerca di ciò che i 101 Fabio Forlani Come evidenziano Cozzi e Ferrero [2000 e 2004] il concetto di marketing inteso come orientamento alla soddisfazione del cliente (“il cliente è il re” o “sovranità del consumatore”155) è stato sottoposto a molteplici critiche156. In particolare è stato evidenziato che non veniva adeguatamente sottolineta l’importanza dell’analisi dei concorrenti, degli stakehoder e dell’ambiente generale: “Nel corso degli anni ’80 e ’90 si è dunque proceduto ad una riformulazione del concetto di marketing rivolta a ricercare un orientamento al mercato di tutta l’impresa in funzione dell’acquisizione di vantaggi competitivi significativi e difendibili”157. E’ interessante notare che negli ultimi anni numerosi studiosi di marketing appartenenti a scuole differenti convergano sull’importanza di passare dal focus sulla soddisfazione del consumatore al focus sulla soddisfazione di tutti i potenziali “clienti” o stakeholder dell’azienda. In base a tale impostazione, infatti sia Kotler [2002] che Gummesson [1999a] evidenziano come, in economie sempre più organizzate a network, al marketing competa la gestione delle relazioni che l’organizzazione instaura con tutti i suoi mercati. In particolare Kotler, Jain e Maesincee [2002, p.27], facendo riferimento alla new economy come effetto della combinazione di Internet, delle nuove tecnologie e della globalizzazione, arrivano a concepire il concetto di marketing olistico: “Il concetto di marketing olistico rappresenta un ampliamento del marketing della fase precedente, reso possibile dalla rivoluzione digitale. Si tratta di un concetto dinamico che nasce dalla connettività e interattività elettroniche fra l’azienda, i suoi clienti e i suoi collaboratori. Integra le attività di individuazione, creazione, ed erogazione del valore mirate all’instaurazione di rapporti di lungo termine e reciprocamente soddisfacenti, fonte di prosperità congiunta, fra questi stakeholder chiave. Nel contesto di marketing olistico, il punto di partenza sono le esigenze e le richieste del singolo cliente; il compito del marketing consiste nell’elaborare offerte contestuali di prodotti, servizi ed esperienze in grado di soddisfarle. Per individuare, creare ed erogare valore per il singolo cliente in un ambiente altamente dinamico e competitivo, i responsabili del marketing devono investire nel capitale relazionale dell’azienda coprendo l’intera gamma degli stakeholder: consumatori, collaboratori, dipendenti e comunità esterna. Occorre dunque spingersi oltre la nozione di customer relationship management – ovvero di gestione delle relazioni con i clienti – per adottare una gestione delle relazioni complessive.”158 Gummesson [1999a, p. 24] elaborando i contributi degli studi di marketing management, di marketing industriale (approccio network), di marketing dei servizi (scuola nordica dei servizi), di marketing interno e della qualità totale, evidenzia la necessità di considerare tutte le relazioni e propone il concetto di marketing relazionale totale: “è il marketing basato sulle relazioni, il network e l’interazione, riconoscendo che il marketing è immerso nella gestione totale del network delle organizzazioni di vendita, del mercato e della società. Esso è rivolto a relazioni di lungo termine a somma positiva con i clienti e gli altri stakehoder, in cui il valore si crea congiuntamente tra le parti coinvolte. Esso trascende i confini tra funzioni e discipline specialistiche”. L’autore declina, conseguentemente, il concetto di marketing relazionale totale lungo trenta dimensioni159. Trenta è infatti il numero di relazioni che lo studioso colloca al centro del nuovo concetto di marketing (inserendole nel piano di consumatori vogliono ed al soddisfacimento di questi desideri, compatibilmente con il conseguimento di un profitto aziendale nel lungo termine. [...] In questo modo l’impresa adatta la propria offerta alle caratteristiche della domanda.” 155 Questa impostazione si basa sull’assunto che esista una coincidenza di interessi tra produttori e consumatori per cui il massimo livello di soddisfazione degli acquirenti si sarebbe tradotto automaticamente in profitti più alti per il produttore. 156 Cfr. “L’affermasi di un paradigma dominante ed i suoi limiti applicativi”, Cozzi e Ferrero, 2004, p.47-63. 157 Cozzi e Ferrero, 2004, p. 6. 158 Vds anche Kotler, 2004. 159 Il titolo dell’opera monografica di Gummesson è infatti Total Relationship Marketing, ripensare il marketing management: dalle 4P alle 30Rs (Relationship). 102 Esperienze, Marketing e Territorio marketing), suddividendole160 in tre grandi classi: relazioni di mercato (relazioni classiche e relazioni speciali), mega relazioni (relazioni con i sovra-sistemi economici e sociali), nano relazioni (relazioni con i sub-sistemi). Fig. 4.1 – Le tre fasi del nuovo paradigma di marketing Filosofia di mercato Concetto di vendita Punto di partenza Fabbrica Focus Mezzi Fini Prodotti Vendita e promozione Concetto di marketing Esigenze mutevoli dei clienti Offerte e marketing mix mirati Realizzare profitti attraverso il volume delle vendite Realizzare profitti mediante la soddisfazione del cliente Concetto di marketing olistico Richieste del singolo cliente Segmentazione, targeting e posizionamento di mercato Valore per il cliente, Gestione del database competenze e integrazione della distintive catena del valore che dell’azienda, rete interconnette i collaborativa collaboratori Realizzare una crescita profittevole incrementando la quota di acquisti del cliente, la sua fidelizzazione e il valore del ciclo di vita Fonte: Kotler, Jain e Maesincee [2002, p.25] Dal punto di vista interpretativo il concetto di marketing olistico di Kotler et al. [2002] e il concetto del marketing relazionale totale di Gummesson [1999a], in sostanza, vanno oltre il marketing concept, inglobandolo al suo interno ed indirizzandolo verso un approccio più ampio ed olistico, che vede il cliente finale come uno dei tanti attori che un’organizzazione deve soddisfare all’interno del suo network di relazioni economiche e sociali. Il concetto olistico di marketing sembra superare [Pencarelli, 2001] alcuni dei limiti concettuali evidenziati dal marketing concept nel corso degli anni ’80 e ’90. Per i teorici del marketing, infatti, la soddisfazione del cliente161 appare un fatto pressoché scontato e autoesplicativo, che può essere applicata per svariate tipologie di organizzazioni e per svariate tipologie di scambi In particolare come evidenziato da Gummesson [1998, p. 245] con la definizione di Marketing Myopia 2, il significato di orientamento al cliente per un’organizzazione può risultare privo di significato o comunque assumere una portata riduttiva ai fini della formulazione di decisioni strategiche ed operative quando i clienti che appartengono ai segmenti che si intende servire non sono in grado di specificare le aspettative in merito ai bisogni che possiedono. Il cliente desidera non tanto prodotti, ma i benefici che dai prodotti possono trarsi; tuttavia egli spesso non è in grado di indicare al sistema di offerta ciò che consente di generare siffatti benefici. Spesso le organizzazioni di successo sono quelle che anziché lasciarsi guidare dal cliente, sono capaci di orientare le scelte del pubblico. D’altra parte come Hamel e Prahalad [1994] sottolineano, nessun consumatore ha mai chiesto telefoni cellulari, fax, fotocopiatrici per uso domestico lettori di compact disk, e così via, eppure sono prodotti che hanno avuto indiscutibile successo. Il vantaggio competitivo di lungo termine si fonda allora non solo e non tanto sulla capacità di un’organizzazione di comprendere i bisogni 160 L’autore sostiene che la collaborazione è l’elemento basilare delle relazioni, tuttavia egli sottolinea come si possano avere gradi diversi di collaborazione che variano in funzione della complessità del prodotto scambiato, del suo valore e economico e dell’interesse delle parti. Gummesson sottolinea come le singole relazioni possono essere suddivise in base a impegno, dipendenza, importanza, potere, vicinanza/distanza (fisica, mentale, emotiva), abitudinarietà, contenuto. 161 Il marketing è, infatti, visto come “l’attitudine di un’organizzazione a porre al centro della sua attività il cliente e a organizzare le risorse con l’obiettivo primario di mettere a fuoco le richieste e i bisogni del cliente e offrire prodotti e servizi che li soddisfino” [Winer, 2000, p.8]. 103 Fabio Forlani della clientela, che spesso non possiede le risorse informative e cognitive per specificare ed indicare esattamente cosa vuole, quanto si fonda sulla capacità di delineare soluzioni di offerta innovativa, in grado di cogliere le aree del mercato non sfruttate, presidiate da consumatori che non hanno ancora espresso puntualmente i bisogni. Esiste quindi un pericolo potenziale dal lasciarsi guidare dal cliente, come dimostra il fallimento di tanti prodotti nati dopo enormi sforzi di ricerca di mercato (New Cocke, ad esempio, la pizza ipocalorica Pizza Hut, l’hamburgher dietetico MCLean della MC Donalds). Il successo del lancio di nuovi prodotti non dipende sempre dalla qualità e quantità di analisi del mercato dei consumatori in grado di esprimere i propri bisogni, ma dalla capacità innovativa. Con altre parole, l’orientamento al cliente, può non portare a grandi innovazioni. 4.2 Gli elementi logici di base del marketing concept162 Il concetto classico di marketing nasce e si sviluppo nella scuola americana e costituisce l’ossatura dell’approccio di marketing management163 [Kotler, 1993] che ha dominato gli studi di tale disciplina per tutto il XX secolo [Cozzi e Ferrero, 2004]. Secondo Kotler [1993, p.5] “Il marketing è il processo sociale e manageriale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri creando, offrendo e scambiando prodotti e valore con altri.”164 In base a tale prospettiva165 i concetti fondamentali del marketing sono: 1. Bisogni, desideri e domanda. - Un bisogno si manifesta quando una necessità di base per la vita umana non è soddisfatta. - I desideri umani sono costituiti dall’individuazione di qualcosa di specifico in grado di soddisfare i bisogni più profondi. Mentre i bisogni sono pochi, i desideri che ne derivano sono molteplici. I desideri umani sono continuamente plasmati e riplasmati dalle forze e dalle istituzioni che operano nell’ambito della società, quali la chiesa, la scuola, la famiglia, e imprese, ecc. - La domanda è costituita dai desideri per specifici prodotti, fondati sulla volontà di acquistarli. I desideri si trasformano in domanda quando sono sostenuti da un adeguato potere d’acquisto. Le imprese devono pertanto valutare, non solo quante persone desiderano i loro prodotti, ma soprattutto quante potrebbero essere realmente disposte e in grado di acquistarli. Le imprese non creano i bisogni, i quali presistono alla loro azione. Le imprese, unitariamente alle altre forze operanti nella società, influenzano i desideri. Esse cercano di influenzare la domanda rendendo il prodotto attraente, accessibile per quanto concerne il prezzo e facilmente reperibile. Fig. 4.2 - I concetti fondamentali del marketing 162 Tale schema concettuale rappresenta una filosofia gestionale elaborata per grandi imprese industriali produttrici di beni di largo consumo. Tali imprese operano in mercati di sbocco atomistici, cioè con molti acquirenti anonimi e sostituibili gli uni con gli altri, dove gli scambi sono transazioni isolate in cui solo il venditore ha un ruolo attivo (modello unidirezionale). 163 Cfr Cozzi e Ferrero, 2004, p. 47-55. 164 Utilizzeremo come traccia di riferimento della nostra trattazione il pensiero elaborato da Kotler [1993] e integreremo alcuni aspetti con le considerazioni, più recenti di Cozzi e Ferrero [2004], pur con la consapevolezza che [Guatri, Vicari e Fiocca, 1999, p.11] “... tuttora non esiste una definizione unanimemente accettata. In tutte le definizioni è comunque implicita la presenza di due soggetti (imprese, enti, individui, gruppi), i quali sono in grado di realizzare uno scambio, che consiste nella cessione di un bene o di un servizio contro una determinata contropartita (denaro o beni o servizi). Il comportamento dei due soggetti è perciò finalizzato alla ricerca di una risposta adeguata da ottenere con la maggiore efficienza ed efficacia possibile.” 165 Per una disamina più articolata si veda direttamente Kotler [1993, p.5 – 18] 104 Esperienze, Marketing e Territorio Bisogni, desideri, domanda Prodotti Valore e soddisfazione Scambio, transazioni e relazioni Mercati Marketing e operatori di mercato Fonte: Kotler, 1993, p.6. 2. Prodotti. I prodotti sono, in senso ampio, tutto ciò che può essere offerto a qualcuno per soddisfare un bisogno o un desiderio166. Kotler utilizza il termine prodotto per esprimere qualsiasi mezzo capace di fornire la soddisfazione di un desiderio o di un bisogno. 3. Valore, costo e soddisfazione. - Il valore è la stima che il consumatore effettua relativamente alla capacità di un prodotto di soddisfare una serie di obiettivi-esigenze. Cozzi e Ferrero ritengono sia più opportuno analizzare il valore differenziale percepito167. - Il costo è il sacrificio che il consumatore deve sostenere per entrare in possesso di un determinato prodotto. Cozzi e Ferrero ritengono sia più opportuno analizzare il sacrificio differenziale percepito168. - La soddisfazione del consumatore [Cozzi e Ferrero, 2004, p.32] “sarà determinata dall’esperienza d’uso e, in particolare, dal rapporto tra il valore atteso ed il valore d’uso sperimentato. La soddisfazione del consumatore favorisce la fedeltà alla marca.” 4. Scambio, transazioni e relazioni Il marketing esiste allorquando le persone decidono di soddisfare i bisogni e i desideri tramite lo scambio169 . Lo scambio consiste nell’atto di ottenere il prodotto desiderato da parte di qualcuno al quale viene offerto qualcosa in cambio. Affinché lo scambio abbia luogo, debbono essere soddisfatte cinque condizioni: - Che vi siano almeno due parti. - Che ciascuna parte abbia qualcosa che possa essere di valore per l’altra. - Che ciascuna parte sia in grado di comunicare e di trasferire valore all’altra. - Che ciascuna parte sia libera di accettare o di respingere l’offerta dell’altra. - Che ciascuna parte ritenga possibile o desiderabile trattare con l’altra. Lo scambio crea valore quando entrambi i partecipanti a conclusione dello scambio stesso, si trovano in una situazione migliore di quella iniziale. Le transazioni sono le unità di base dello scambio. Una transazione consiste nel passaggio di valori fra le due parti. Affinché si perfezioni una transazione sono necessarie molteplici entità misurabili: almeno due prodotti dotati di valore, le condizioni alle quali effettuare lo scambio concordate fra le parti, il tempo necessario al completamento della transazione e, infine, il luogo nel quale si svolgono le varie fasi della stessa. 166 Secondo Cozzi e Ferrero [2000, p.16] “in una prospettiva di marketing, non sono rilevanti le caratteristiche fisicomerceologiche del bene che viene scambiato, in vista di una contropartita monetaria, ma i suoi attributi funzionali e simbolici”. Ogni prodotto, da questo punto di vista, può essere descritto come un “paniere di attributi”, ciascuno dei quali ha un valore economico nella misura in cui concorre a fornire all’utilizzatore un servizio, da questi desiderato, ovvero si configura, per il soggetto di domanda, come uno strumento, anche polifunzionale, di cui egli si avvale per soddisfare un suo specifico bisogno.” 167 Per approfondimenti Cozzi e Ferrero, 2004, p.29-30. 168 Per approfondimenti Cozzi e Ferrero, 2004, p.30-31. Dal quoziente tra il valore differenziale percepito dagli acquirenti del sistema di prodotto (rispetto a quello ottenibile da altri offerenti) e il sacrificio differenziale percepito da sopportare per poterlo acquistare, si ottiene il beneficio differenziale percepito. 169 Per Kotler lo scambio è uno dei seguenti quattro modi mediante i quali l’uomo può ottenere i prodotti che esso desidera: Autoproduzione; Coercizione; Mendicità; Scambio. 105 Fabio Forlani Secondo Kotler il marketing basato sulle transazioni fa parte di un concetto ancora più ampio, quello di marketing basato sulle relazioni. Per relazioni si considerano le interazioni a lungo termine fra acquirente e venditore170. 5. Il mercato Per il marketing management un mercato consiste di tutti i potenziali acquirenti che, condividendo un particolare bisogno o desiderio, potrebbero essere interessati e in grado di impegnarsi in uno scambio, al fine di dare soddisfazione al bisogno o desiderio predetti. La dimensione del mercato dipende dal numero delle persone che manifestano un bisogno, che hanno risorse di interesse per altri e che infine sono disposte a offrire queste risorse un cambio di ciò di cui hanno bisogno.171 6. Marketing e operatori di mercato Il marketing definisce le attività umane che vengono svolte in relazione ai mercati. In altri termini, esso significa rivolgersi ai mercati allo scopo di concretizzare gli scambi potenziali orientati al soddisfacimento dei bisogni e dei desideri umani. Se una delle parti è più impegnata dell’altra nello sviluppo di uno scambio, definiremo la prima operatore di mercato (marketer) e la seconda acquirente potenziale (prospect). Un operatore di mercato è chi desidera acquisire una risorsa posseduta da altri, essendo disposto a offrire in cambio qualcosa che abbia valore. L’operatore di mercato ricerca una risposta dall’altra parte, che si tratti di acquistare o vendere qualcosa. L’operatore in questione può essere, pertanto, un venditore o un acquirente. Nel caso che entrambe le parti siano interessate allo scambio, esse potranno essere definite come operatori di marketing e la situazione in cui si trovano come marketing reciproco. L’affrontare i processi di scambio richiede impegno e abilità in misura rilevante. Le organizzazioni devono acquisire le risorse presso un certo insieme di mercati, convertirle in prodotti dotati di utilità, che a loro volta verranno commercializzati in un altro insieme di mercati. Esse operano quindi una gestione consapevole delle proprie attività finalizzate a generare valore attraverso gli scambi di mercato. In tale ottica Kotler evidenzia che si determina un processo di marketing management quando almeno una delle parti coinvolte nello scambio definisce e pone in essere un insieme di mezzi per conseguire determinate risorse dall’altra parte. L’autore riprende e adotta la definizione di marketing management approvata dall’American Marketing Association nel 1985: “Il marketing management è il processo di pianificazione e realizzazione della concezione, del pricing, della promozione e della distribuzione di idee, beni e servizi al fine di creare scambi che consentano di conseguire gli obbiettivi di individui e organizzazioni”. Questa definizione si basa sui seguenti postulati [Kotler ,1993, p.19]: a) Il marketing management è un processo di analisi, pianificazione, realizzazione e controllo; b) Tale processo è indifferente rispetto alla natura dei prodotti (output) cui esso si riferisce (idee, beni, servizi, esperienze, ecc.); c) Esso è radicato nella più generale nozione di scambio172; 170 Per Cozzi e Ferrero [2004, p.42] “Riguardo alla natura degli scambi si può distinguere la posizione di coloro che individuano nelle transazioni (operazioni di compravendita) la forma di scambio da analizzare, per comprendere come vengono causate, provocate, facilitate e valutate, dalle scuole di pensiero che, invece, indicano nelle relazioni l’oggetto di studio del marketing, ampliando l’ambito di ricerca a tutte le forme che possono assumere i rapporti di scambio e focalizzando l’attenzione, in particolare, su come le relazioni possono svilupparsi, sui fattori che ne condizionano le caratteristiche e l’evoluzione, sulle politiche adottare per una loro efficace gestione.” 171 Kotler definisce mercato un insieme di acquirenti e settore un insieme di venditori. 106 Esperienze, Marketing e Territorio d) L’obiettivo dell’intero processo è il conseguimento di un adeguato grado di soddisfazione di tutte le parti coinvolte173; In un’organizzazione il marketing management può manifestarsi con riferimento a ciascuno dei suoi mercati (mercato di sbocco dei prodotti, il mercato del lavoro, il mercato delle materie prime, il mercato finanziario, ecc.), anche se è storicamente identificato con le attività e le persone che si occupano del mercato di sbocco dei prodotti. Secondo quanto comunemente si ritiene anche in campo aziendale, il compito fondamentale di un dirigente di marketing è quello di stimolare la domanda dei prodotti dell’impresa. Questa opinione è ritenuta da Kotler [1993, p.19] e dai principali studiosi di tale disciplina troppo restrittiva, in quanto si ritiene che “Il marketing management ha il compito di influenzare il livello, il tempo di manifestazione e la composizione della domanda in modo tale da facilitare all’impresa il raggiungimento dei propri obbiettivi. In termini essenziali, marketing management significa gestione della domanda.”.174 Gli operatori di marketing si avvalgono, per conseguire i risultati prefissi, di strumenti quali le ricerche, la pianificazione, la realizzazione e il controllo di marketing. Mediante la pianificazione di marketing gli operatori di marketing assumono decisioni sui mercati obiettivo, sul posizionamento dell’impresa nel mercato, sullo sviluppo del prodotto, sulle politiche di prezzo, sui canali di distribuzione fisica, sulla promozione e sulla comunicazione. 4.3 Le opportunità e i limiti dell’applicazione del marketing alla gestione di sistemi socioeconomici diversi dall’impresa Partendo dalla nozione di scambio e da quella, ad essa strettamente connessa, di mutuo vantaggio tra i sui partecipanti, come base del marketing e del marketing management aziendale, Kotler e i teorici del maketing concept arrivano a sostenere l’opportunità dell’applicazione del marketing management anche ad organizzazioni con finalità e caratteristiche diverse da quelle delle imprese175 (organizzazioni culturali, sociali, politiche, religiose, assistenziali, ecc.) che hanno come interlocutori soggetti diversi dai clienticonsumatori (cittadini, elettori, ecc.) e come oggetti di scambio idee, progetti, servizi di ogni tipo, in relazione ai quali vengono ricercati atteggiamenti e comportamenti di risposta anche molto diversi dall’acquisto, quali, ad esempio, l’adesione, il consenso, la condivisione, il sostegno ecc. In definitiva i teorici del marketing management sostengono che: - la filosofia gestionale espressa dal marketing dovrebbe essere adottata, nell’attuale contesto ambientale, in modo generalizzato, in quanto costituisce una condizione base per il successo competitivo; - i modelli interpretativi e normativi del marketing possono essere applicabili per qualsiasi tipo di scambio, a prescindere dall’oggetto di scambio (idee, beni e servizi) e dai soggetti tra i quali lo scambio interviene (imprese, famiglie, organizzazioni senza fine di lucro). 172 Gli scambi considerati sono di natura volontaria: il marketing punta ad offrire al mercato-obiettivo benefici sufficientemente attraenti da produrre uno scambio volontario [Kotler, 1975, p.15]. 173 Il marketing ha lo scopo di contribuire a realizzare gli obiettivi dell’organizzazione, siano questi di profitto, siano questi di pubblica utilità, cercando tuttavia di partire dai bisogni-desideri del mercato obiettivo e non dai punti di vista dell’offerta. 174 Kotler [1993, p.19]. 175 “... le organizzazioni non a scopo di lucro non possono non essere coinvolte nel marketing, ne siano consapevoli o no. Esse operano su vari mercati ed usano determinati principi operativi nel trattare con ciascun mercato. Tali principi operativi costituiscono il loro marketing. La questione non è se le organizzazioni non economiche debbano o meno essere coinvolte nel marketing, ma quanta attenzione debbano riservargli.” [Kotler, 1978, p.17]. 107 Fabio Forlani Questa impostazione non nega la necessità di adattamenti degli schemi operativi a seconda del contesto, ma sostiene che essi sono articolazioni di un’unica teoria generale. Sintetizzando al massimo tale impostazione universalista si può evidenziare che “Il marketing è una scienza applicata che ha per oggetto la gestione efficace e efficiente degli scambi.” [Kotler, 1978, p.17, grassetto nostro] e che “Il concetto di marketing è costituito, in sostanza da due elementi. In primo luogo, è l’atteggiamento da parte di dirigenti e impiegati per cui il lavoro viene visto come ricerca dei bisogni dei fruitori e del loro soddisfacimento. ... L’altro aspetto del concetto di marketing è la conoscenza tecnica di come le diverse variabili di marketing operino separatamente e congiuntamente nell’influenzare il mercato.” 176 [Kotler, 1978, p.18]. Quando si applica il concetto di marketing ad organizzazioni non aziendali, come enti pubblici territoriali, associazioni non profit ecc. è opportuno chiedersi, in prima battuta, chi siano i clienti delle organizzazioni in oggetto. Kotler [1978, p.23] per rispondere a tale quesito distingue fra mercati e pubblici di riferimento: “lo studioso di marketing ha una sua particolare visione delle organizzazioni. Egli è interessato soprattutto ai rapporti fra l’organizzazione e i suoi vari mercati e pubblici. E’ interessato a comprendere che cosa l’organizzazione scambi con ciascun pubblico; cioè: che cosa ciascuna parte dà e riceve. E’ interessato alle motivazioni che stanno alla base delle transazioni e del soddisfacimento ricevuto.” Secondo Kotler “Un pubblico è un gruppo distinto di individui e/o di organizzazioni che ha un interesse e/o un impatto reale o potenziale nei riguardi di un’organizzazione.”177 mentre “un mercato è un gruppo distinto di individui e/o organizzazioni, i quali hanno risorse che vogliono scambiare (o potrebbero eventualmente scambiare) con determinati benefici.”178 Per tale autore il rapporto esistente fra pubblici e mercato è il seguente: “se l’organizzazione desidera ottenere risorse da un determinato pubblico offrendo in cambio una serie di benefici, in tal caso l’organizzazione assume nei riguardi di quel pubblico un punto di vista mercatistico. Una volta che l’organizzazione cominci a pensare in termini di valori di scambio rispetto a quel pubblico, lo vede come un mercato. E’ quindi impegnata a ricercare il miglior approccio di marketing possibile con quel pubblico”. Il passaggio dalla focalizzazione esclusiva sui mercati (la domanda potenziale di riferimento) all’attenzione a tutti i pubblici di riferimento dell’organizzazione porta Kotler ad introdurre il concetto sociale di marketing: “Il concetto sociale di marketing consiste in un orientamento alla clientela sostenuto da un marketing integrato179 volto a produrre il soddisfacimento del 176 “Il marketing consiste nell’analisi, pianificazione, realizzazione e controllo di programmi accuratamente formulati volti all’effettuazione di scambi volontari con mercati-obiettivo allo scopo di realizzare le finalità dell’organizzazione. Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta dell’organizzazione ai bisogni e ai desideri del mercato-obiettivo, e all’uso efficace delle tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il mercato.” [Kotler, 1978, p.15]. 177 Secondo Kotler [1978, p.25] “L’organizzazione viene vista come una macchina trasformatrice di risorse, dove i pubblici interni all’organizzazione prendono le risorse da determinati pubblici fornitori di fattori produttivi e li trasformano in <<prodotti>> utili, che vengono portati da pubblici agenti a determinati pubblici fruitori. Il primo pubblico fornitore di fattori di produzione a un’organizzazione è costituito dai suoi sostenitori, cioè da coloro che le forniscono le risorse (denaro, tempo, incoraggiamento). Il secondo pubblico fornitore di fattori di produzione è costituito dai fornitori, cioè da coloro che vendono beni e servizi. Il terzo pubblico fornitore di fattori di produzione è costituto da organismi regolatori, che <<immettono>> norme di conduzione. Questi fattori produttivi vengono sottoposti a un processo di trasformazione da parte dei pubblici interni all’organizzazione. I <<prodotti>> possono essere distribuiti ai pubblici fruitori tramite agenti oppure direttamente. Infine, i pubblici fruitori sono formati da due gruppi principali. Il primo gruppo comprende i consumatori diretti del prodotto, che chiamiamo pubblici fruitori diretti, mentre, il secondo gruppo, comprende i fruitori indiretti del prodotto (pubblici locali, concorrenti, ecc.), che definiamo pubblici generici.” 178 [Kotler, 1978, p. 29]. Vds anche §2.1. 179 “Marketing integrato significa che tutti i settori aziendali devono riconoscere che le attività che svolgono, e non solo le attività di chi si occupa delle vendite e del marketing, possono avere un profondo effetto sulla capacità che ha l’impresa di 108 Esperienze, Marketing e Territorio cliente e il benessere di lungo periodo del consumatore come presupposto per riuscire a soddisfare gli obiettivi dell’organizzazione.”180 Secondo la visione di Kotler [1978, p.54] il concetto di marketing per le organizzazioni non profit sostiene che: “la missione dell’organizzazione moderna è di servire i suoi mercati. Essa riceve la sua convalida dal mercato, vale a dire dai gruppi che serve e con cui è in contatto. Il suo motto è: la produzione per il consumo, non il consumo per la produzione. Il concetto di marketing è una <<concezione generale unitaria>> delle relazioni che l’organizzazione deve avere con i suoi mercati e i suoi pubblici. Si tratta di un indirizzo essenzialmente antiburocratico, anti-orientamento al prodotto e anti-orientamento alle vendite. L’organizzazione cerca di servire, serve e soddisfa i suoi mercati e i sui pubblici, e così facendo apporta il suo contributo al crescente benessere della società.” In modo più critico rispetto alla visione universalistica del marketing si sono espressi molti autori italiani:  Collesei [2000, p.14] ritiene infatti che “Come sottolineano recentemente Kurzbard e Soldow [1987, p.37] tali definizioni (A.M.A. 1985, Kotler 1986 e 1993, ndr) risultano inadeguate a distinguere il marketing dall’economia, dalla psicologia o dalla sociologia. Infatti, tutti i comportamenti umani possono tradursi in scambi e perciò dare origine a transazioni, ovvero scambi di valori tra due parti indipendenti. Ancora, generalizzando si può affermare che ogni attività umana è rivolta a soddisfare bisogni e desideri. Si deve quindi specificare che gli scambi e le transazioni riguardano solamente le attività di consumo. Rientrano perciò nel marketing solo quelle attività intenzionalmente effettuate al fine di ottenere una desiderata risposta e connesse alla vendita di beni o servizi. Pertanto il marketing, in quanto dà origine a scambi economici, va distinto da altri scambi di natura sociale in cui le parti si trasmettono valori etici o comunque economicamente non rilevanti. Concludendo, per marketing s’intende un insieme di attività economiche realizzate allo scopo di soddisfare esigenze di consumo attraverso la vendita di beni e servizi.” e inoltre “ [...] Si è parlato di attività intenzionalmente volta ad ottenere un comportamento dei consumatori finalizzato ad una transazione economica, che perciò avviene nel mercato. Nelle situazioni ipotizzate (istituzioni non profit, nda) mancano i due riferimenti essenziali per ogni attività di marketing: 1. l’offerente non è un impresa e gli obbiettivi sono completamente diversi; 2. l’offerta non si presenta sul mercato. Spesso, in queste circostanze si assiste ad uno scontro tra criteri economici e fini sociali; in altre occasioni manca la presenza della concorrenza; infine, è difficilmente valutabile uno dei due termini della transazione, ovvero che cosa l’ente pubblico, le istituzioni ricevono direttamente in cambio dal cittadino. [...] Elevato è (invece, nda) il contributo indiretto che alcune leve di marketing, come l’esame dei bisogni o gli strumenti di comunicazione, possono fornire al raggiungimento degli obiettivi sociali, rendendo più efficace la destinazione di risorse scarse. Rientrano così nei potenziali utilizzatori di alcuni concetti e soprattutto degli strumenti di marketing gli enti pubblici, sempre più alle prese con una domanda crescente e mutevole di bisogni collettivi da soddisfare.”181 crearsi, mantenersi e soddisfare clienti.” [Kotler, 1978, p.52]; “Il marketing interno è il complesso di attività volto a comunicare con tutto il personale, formarlo e motivarlo affinché serva il cliente in modo efficace” [Kotler, 1993, p.33] 180 [Kotler, 1978, p.53]; stesso autore [1993, p.43] ripropone lo stesso concetto, con riferimento alle aziende, nel seguente modo: “Il concetto di marketing sociale afferma che il compito di un’impresa è quello di determinare i bisogni, i desideri e gli interessi dei mercati obiettivo e di procedere al loro soddisfacimento più efficacemente dei concorrenti, secondo modalità che preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della società.” 181 Collesei [2000, p.25, grassetto nostro] 109 Fabio Forlani  Guatri, Vicari e Fiocca [1999, p.18-19] sostengono che “Invero, l’applicazione del marketing a qualsivoglia situazione suscita non poche perplessità, non tanto per la grande differenza esistente tra prodotti oggetto dell’attività di marketing nell’impresa e i servizi di un’istituzione a carattere sociale, quanto soprattutto perché nel marketing non business può mancare sostanzialmente il riferimento essenziale di ogni attività di marketing: l’offerta non si presenta su di un mercato. Non è sufficiente che vi siano due o più parti coinvolte in una qualunque attività perché possa identificarsi uno scambio e ancor meno un mercato: non basta, per esempio, che i cittadini chiedano alla polizia una protezione efficace e che la polizia riceva mezzi finanziari, per indicare la presenza di uno scambio di mercato. Il marketing può invece essere pienamente utilizzato laddove vi sia un mercato, intendendo con questo termine due elementi fondamentali che ne caratterizzano l’operare: in primo luogo una domanda e un’offerta che vogliano realizzare uno scambio; in secondo luogo una pluralità di soggetti in grado di competere, anche solo virtualmente, per la realizzazione di detto scambio. Senza riferimento al mercato non si può parlare di attività di marketing in senso stretto. Si può, tuttavia, parlare di applicazione di alcuni strumenti caratteristici del marketing ad altri campi dell’attività umana. Ma anche in tal caso con la necessaria cautela, in quanto non esiste l’obbiettivo di stimolare una “domanda”; non è possibile identificare un prezzo, inteso come corrispettivo monetario dello scambio; spesso è difficoltoso identificare un’offerta con connotati precisi; non ha senso la nozione di “cliente” e così via. Gli strumenti che, invece, più si prestano a essere utilizzati anche da istituzioni sociali non operanti in un mercato sono quelli che si qualificano come modi o forme di convincimento del pubblico, come la pubblicità o la propaganda”;  Cozzi e Ferrero [2000, p.13] “Esula dagli obiettivi di nostro testo valutare i <<pro>> e i <<contro>> di un estensione dei principi e dei metodi del marketing management ai problemi di scambio diversi da quelli che hanno come soggetti di offerta le imprese, come soggetti di domanda individui, le famiglie o altre imprese, come oggetto di scambio i beni o i servizi il cui valore economico si definisce in termini di contropartite monetarie necessarie per acquisirli nell’ambito di forme di mercato definibili in termini microeconomici. Ci sembra comunque utile sottolineare che, a nostro avviso, un’indiscriminata estensione a tutti i campi dell’agire umano dei principi e dei metodi del marketing management incontra non poche controindicazioni sia sotto il profilo tecnico (...) sia sotto il profilo etico (...). Se questi scambi vengono inclusi nell’oggetto di studio del marketing è, quindi necessario che vengano analizzati mediante metodologie appropriate, fondate su paradigmi differenti da quello dominante nel marketing management.” Concordando con gli autori sopra citati, anche a nostro avviso, prima di avventurarsi in un’applicazione indiscriminata del marketing concept, a qualsivoglia organizzazione e a qualsivoglia tipologia di scambio, occorre avere ben presente quali sono i limiti concettuali sottesi al modello. 4.4 Il concetto di mercato nella prospettiva sistemica Come si è evidenziato attraverso il tentativo di valutare i limiti di applicazione del marketing, per analizzare i rapporti dei sistemi (imprese, sistemi di offerta, sistemi territoriali, ecc.) con il sovra-sistema mercato occorre innanzitutto chiarire il significato del termine mercato. 110 Esperienze, Marketing e Territorio Analizzando, infatti, il contributo di differenti discipline, ma anche all’interno di medesime discipline (ad esempio il marketing) sembrano emergere significati, a volte, contrastanti fra loro. Il concetto di mercato:  Per la lingua italiana di uso corrente “Mercato s.m. 1. L’attributo definito dallo svolgimento e dalla portata dei rapporti tra operatori economici: mercato finanziario, monetario, immobiliare; mercato dei fiori, del bestiame (…) 2. Il luogo, per lo più all’aperto, in cui avvengono le contrattazioni: oggi c’è grade affluenza al mercato” [Devoto e Oli, 1987];  Per il marketing concept182 (o marketing management) [Kotler, 1993]: “Un mercato consiste di tutti i potenziali acquirenti che, condividendo un particolare bisogno o desiderio, potrebbero essere interessati e in grado di impegnarsi in uno scambio, al fine di dare soddisfazione al bisogno o desiderio predetti. La dimensione del mercato dipende dal numero delle persone che manifestano un bisogno, che hanno risorse di interesse per altri e che infine sono disposte a offrire queste risorse un cambio di ciò di cui hanno bisogno.”183;  Per la microeconomia: “La nozione quotidiana di mercato è quella del luogo fisico dove avvengono gli acquisti e le vendite di determinati prodotti (per esempio: il mercato del bestiame, il mercato ortofruttifero, i grandi magazzini ecc.). Il concetto di mercato nella scienza economica è un po’ diverso: c’è un mercato ovunque avvengano transazioni di scambio tra merci (o tra merci e moneta); non c’è bisogno di un luogo fisico. Insomma, la porola mercato indica un sistema di organizzazione degli scambi” [Rodano, 1992, p.22];  Per la macroeconomia: “Mercato, come oramai dovrebbe essere chiaro, indica esclusivamente il luogo fisico o virtuale in cui si svolgono gli scambi, indipendentemente dalle finalità che muovono i soggetti che vi operano, dalle regole che sovrintendono al regime di scambi e dalla natura giuridica, pubblica o privata, dei soggetti.” [Berti, 2002, p.43];  Per l’antitrust (autorità garante della concorrenza, www.agcm.it ): nel valutare l’effettiva competitività dei mercati l’antitrust utilizza la definizione di “mercato rilevante” che incrocia la dimensione geografica e la dimensione del prodotto. In questo modo perviene a ritenere concorrenziali quei mercati definiti dal punto di vista geografico in cui vi è una significativa sostituibilità fra i prodotti offerti e domandati. Come si può evidenziare dalla definizione di Kotler, il marketing fa coincidere il mercato con la domanda potenziale, tralasciando quindi la dimensione geografica (concetto di luogo) e la necessità di interazioni nel luogo fra diversi attori. Scopo del paragrafo è, allora, quello di indicare la necessità di re-introdurre all’interno del concetto di mercato utilizzato nella terminologia di marketing: l’interazione domandaofferta e il riferimento allo spazio-luogo in cui avviene lo scambio. In merito all’importanza dell’interazione fra imprese e consumatori come condizione necessaria all’esistenza del mercato, riteniamo importante presentare alcuni stralci dell’ultimo lavoro di Gerald Zaltman184 che disegna “un consumatore molto diverso da quello che molti 182 Cfr §4.2. In questa sua accezione Kotler definisce mercato un insieme di acquirenti e settore un insieme di venditori. 184 Zaltman [2003, p.XXVII, grassetto nostro]. Tale autore dichiara che le suo idee nascono da settori molto diversi dal marketing ed in particolare fa riferimento alla psicologia e alle neuroscienze cognitive. Riteniamo quindi che il lavoro di questo studioso abbia molti punti di collegamento con l’impostazione di ricerca del presente studio. In particolare evidenziamo la compatibilità con la base epistemologica di Varela e con la sua neurofenomenologia [cfr §1.6]. 183 111 Fabio Forlani manager potrebbero immaginare. Per sottolineare la differenza, il libro sviluppa una serie di temi centrali: 1. la maggior parte dei ragionamenti e dei sentimenti che influenzano il comportamento di consumatori e manager avviene a livello inconscio; 2. un’analisi efficace del pensiero del consumatore e del suo comportamento richiede una comprensione del funzionamento dell’attività mentale; 3. i consumatori non vivono le loro vite all’interno di quei recinti in cui le università e aziende si rinchiudono; 4. la mente come la intendiamo noi non esiste senza il cervello, il corpo e la società; 5. la mente del manager (sia nei suoi elementi inconsci che in quelli consci) e la mente del consumatore (sia nei suoi elementi inconsci che in quelli consci) interagiscono, formando la “mente del mercato”.” Lo studio di Zaltman offre notevoli di spunti per il ricercatore di marketing. Fra questi sembra opportuno sottolineare il concetto di “mente del mercato” che verrà approfondito nelle righe che seguono. Come abbiamo visto in precedenza [§1.5] per l’emergere della mente non è necessario un cervello, ma essa può emergere nei sistemi sociali attraverso le connessioni sistemiche dei suoi elementi. La mente non è quindi una cosa, ma un processo che nasce dalla connessione reticolare autopoietica dei sub-sistemi che la compongono. Il trasferimento di questi concetti all’osservazione del mercato e del comportamento del consumatore consente a Zaltman di superare quei luoghi comuni che lui ritiene essere tipici errori degli studiosi di marketing [2003, p.7-15]: • I consumatori pensano in modo razionale o lineare; • I consumatori sanno cosa pensano e come agiscono e sono in grado di spiegarlo; • Le menti, i cervelli, i corpi dei consumatori, e la cultura e la società circostanti possono essere studiati adeguatamente in modo separato; • I ricordi dei consumatori sono una rappresentazione adeguata delle loro esperienze; • I consumatori pensano in modo verbale; • I consumatori possono essere “imbottiti” dai messaggi di un’azienda e interpreteranno questi messaggi come gli esperti di marketing vogliono. Infatti, egli, afferma che il “nuovo paradigma ristabilisce le connessioni fra cervello, corpo, mente e il mondo sociale, che il vecchio paradigma aveva arbitrariamente staccato. Questi quattro componenti sono connessi in un unico sistema compatto e dinamico e si influenzano reciprocamente. [...] L’alleanza fra cervello, corpo, mente e società dà luogo a scambi continui ed è basata sulla codipendenza. Ogni elemento non potrebbe esistere senza gli altri ” [2003, p.30]. Fig. 4.3 Il nuovo paradigma dell’integrazione mente-cervello-corpo-società 112 Esperienze, Marketing e Territorio Cervello Società Mente Corpo Tratto da: Zaltman G. [2003, p.31] Possiamo osservare una straordinaria somiglianza fra questa figura e la figura proposta da Capra [2002] e già riportata in questo testo [fig.2.3]185. Possiamo ricordare infatti che il Corpo rappresenta la materialità della società (Materia), il Cervello è fondamentalmente una rete (Schema di organizzazione), la Mente è un fenomeno emergente186 (Processo) e che in la Società emerge grazie alla proprietà umana dell’autocoscienza (Significato). Partendo dalla concezione di società illustrata in fig. 4.3, Zaltman colloca il marketing al centro di queste interazioni, poiché ad esso spetta di comprendere i comportamenti dei consumatori utilizzando tutte e quattro le dimensioni indicate. Partendo dalla rete di connessione cervello-corpo-mente-società Zaltman introduce il concetto di “mente del mercato”. La mente del mercato, come ogni fenomeno emergente, non esiste fuori dal suo contesto ed emerge dall’interazione fra consumatori e venditori. Egli afferma che: • Cultura e biologia procedono congiuntamente; • La mente del mercato emerge dall’interazione tra le menti consce e inconsce dei manager e dei consumatori. In altre parole su di un mercato, la cui definizione, a nostro avviso richiede anche l’esplicitazione della dimensione del luogo, acquirenti (consumatori) e venditori (sistema impresa) si influenzano reciprocamente sia a livello conscio che a livello inconscio, dando vita alla mente di quel particolare mercato formato da loro. Questa prospettiva di ricerca, coerente con l’approccio sistemico dei sistemi complessi dinamici (viventi), come mostra Zaltman, permette di fare importanti scoperte sulla natura della comunicazione, del pensiero, delle emozioni e dei ricordi degli esseri umani187. Tale lavoro, conferma sostanzialmente quanto affermato dalla teoria di Santiago della Cognizione [cfr §1.5 e §2.5]. 185 A nostro avviso quanto illustrato da Zaltman è una ulteriore conferma della modalità di emersione dei fenomeni sociali proposta da Capra. 186 Beaucoup de chercheurs en sont venus à considérer qu’on pouvant pas comprendre la cognition si on l’abstrayait del l’organisme inséré dans une situation particulière avec une configuration particulière, c’est-à-dire dans conditions écologiquement situées. On parle de situated cognition, en anglais, ou embodies cognition, cognition incarnée, ou encore d’enaction un néologisme que j’ai introduit il y une dizaine d’années. Le cerveaux existe dans un corps, le corps existe dans le monde, et l’organisme agit, bouge, chasse, se reproduit, reve, imagine. Et c’est del cette activité permanente qui émerge le sens de son monde et les choses. » Varela [1998]. 187 Vds Zaltman G. [2003, p.35-46]. 113 Fabio Forlani Una delle principali conseguenze della constatazione che la maggior parte dei processi cognitivi avviene nell’area dell’inconscio188, è che per un impresa è più proficuo studiare la “mente del mercato” in cui il consumatore si colloca piuttosto che la mente del singolo consumatore decontestualizzato. Studiare la mente del mercato non è un’attività semplice, Zaltman suggerisce dei metodi sperimentali per avvicinarsi a tale processo di ricerca. Tale attività, però, non rientra nei scopi di questo lavoro. In questa sede si vuole evidenziare la necessità di ridefinire il concetto di mercato attualmente in uso nel marketing, per poter osservare il rapporto esistente fra impresa e sovra-sistema mercato. Il mercato verrà quindi inteso come un sistema che emerge in un luogo189 (fisico o virtuale)190 attraverso l’interazione e lo scambio di prodotti fra domanda e offerta (persone e imprese) in un contesto definito da vincoli e regole191. Coerentemente con la prospettiva sistemica adottata, si evidenzia che i confini geografici del sovra-sistema mercato sono variabili e dipendono dal soggetto osservante e dagli scopi di tale osservazione192. 4.5 Il marketing concept nella prospettiva sistemica Partendo dall’osservazione dei limiti che presenta l’applicazione del marketing concept al mondo dei servizi turistici [Pencarelli, 2001; Gronroos, 2002; Gummesson, 1999], 188 Illustri studiosi [Zaltman G., 2003, p.52] sostengono che il rapporto fra processi cognitivi consci e inconsci è di 95 a 5. Almeno il 95% di tutti i processi cognitivi avviene al di sotto della soglia di consapevolezza. 189 “Ho cercato di mostrare come la presa in considerazione del dato territoriale non sia un’alzata d’ingegno di qualche economista scontento, ma sia il risultato oggettivo (condiviso, ndr) di una molteplicità di sforzi conoscitivi maturati in campi disciplinari distinti (filosofia, economia, sociologia, psicologia sociale, antropologia, storia, geografia), ma obbiettivamente convergenti nell’offrirci una chiave di lettura dei fatti sociali diversa da quella suggerita dall’analisi economica dominante.” Beccattini [2004]. 190 “Mercato, come oramai dovrebbe essere chiaro, indica esclusivamente il luogo fisico o virtuale in cui si svolgono gli scambi, indipendentemente dalle finalità che muovono i soggetti che vi operano, dalle regole che sovrintendono al regime di scambi e dalla natura giuridica, pubblica o privata, dei soggetti. Così, vi può essere un mercato in cui intervengono operatori che si sono organizzati, sotto forma di imprese commerciali o industriali, per offrire beni dalla cui vendita si aspettano la realizzazione di un’eccedenza più o meno elevata (profitto) rispetto alle spese che hanno sostenuto, sulla base di prezzi che si formano in seguito al gioco della domanda e dell’offerta in condizioni di sostanziale parità tra i diversi soggetti (concorrenza). Ma può essere anche che sul mercato si presentino soggetti che intendono scambiare beni, attraverso l’intermediazione della moneta, solo al fine di migliorare la varietà e l’utilità dei loro consumi, e può anche essere, come è noto, che i prezzi non siano determinati da quel meccanismo di libera contrattazione che chiamiamo concorrenza, ma fissati da un’autorità pubblica (prezzi amministrati) o da un soggetto privato che gode di sufficiente potere per farlo senza dover subire ritorsioni” [Berti, 2002, p.43] 191 Secondo l’economista Paolo Sylos Labini [2002, p.13] “Non è affatto vero che il mercato sia un fenomeno naturale: è il prodotto di un evoluzione secolare, che ha subito profondi cambiamenti nel corso del tempo. Prima di apparire come un fenomeno economico, il mercato si presenta come una struttura legale. La verità è che il mercato non è uno spazio vuoto e la politica del lasciar fare, presa alla lettera, non ha senso: è la legge che crea gli argini tra i quali scorre l’acqua dell’economia; senza quegli argini l’acqua diventa palude o dà luogo a inondazioni. Le leggi possono essere ben fatte o mal fatte; possono fissare regole automatiche o lasciare alla burocrazia un pericoloso margine discrezionale; possono essere semplici e razionali o terribilmente complicate e soffocanti. Ma le leggi sono necessarie.” Secondo l’economista Berti [2002, p.42] “Che il mercato, lungi dall’essere il frutto spontaneo dell’agire di una pluralità di soggetti economici inconsapevoli, come hanno a lungo cercato di credere e far credere taluni liberisti estremisti, anche autorevoli, sia il risultato dell’interazione di una moltitudine di scelte individuali in un quadro di regole e di consuetudini, è un’acquisizione che da tempo fa parte del patrimonio della scienza economica intesa nella sua totalità.” 192 Come vedremo in seguito,c’è anche un interessante e promettente approccio di marketing che si colloca in questa prospettiva territoriale. il geomarketing. Secondo Mauri [2000, p.211] “L’aggiunta del prefisso <<geo>> al consueto termine marketing fa intendere che si tratta di un approccio volto a valorizzare la dimensione geografica del processo commerciale nelle varie attività (analitiche decisionali e operative) di cui esso si compone. Tutte le imprese, di qualsivoglia settore e dimensione, gestiscono processi commerciali su specifiche aree geografiche, microscopiche o multinazionali, e anche gran parte delle avventure della New Economy utilizza il territorio per portare a pieno compimento i processi di scambio. Il geomarketing potrebbe quindi sembrare un’espressione nuova per indicare una prassi consolidata. […] Assai meno ovvio è guardare dove esattamente sono localizzati i clienti, scoprire dove sono localizzati i non-clienti, mappare le sedi dei concorrenti sul territorio, identificare percorsi di vendita ottimali, addirittura correlare la produttività dei venditori alle distanze chilometriche che devono percorrere per visitare i clienti.” 114 Esperienze, Marketing e Territorio dell’esistenza di schemi concettuali alternativi come il marketing relazionale delle scuole nordiche [Ferrero, 1992, Gummesson, 1999a], nel corso dei nostri studi volti all’applicazione del concetto di marketing alla gestione dei sistemi turistici [Pencarelli e Forlani, 2002] e dei sistemi territoriali [Pencarelli e Forlani, 2003; cfr cap.7] si è pertanto riflettuto sul rapporto esistente fra orientamento al consumatore e orientamento al mercato e sulla compatibilità di tale logiche con l’approccio sistemico. Partendo dagli assunti ontologici ed epistemologici dell’approccio sistemico, e dal concetto di mercato assunto a riferimento di questo studio [cfr § 4.4] si può, quindi, notare che:  gli studi dei diversi autori risultano, sovente, incommensurabili [cfr §1.1], in quanto osservano i fenomeni partendo da due diverse visioni del mondo. Il maketing concept si inserisce, infatti, in quel filone della scienza, da noi definito post-positivista193, mentre i sostenitori della scuola svedese di marketing relazionale [Ferrero, 1992] sembrano preferire approcci di tipo costruttivista194;  le diverse scuole assumono a riferimento diversi modelli di rapporti di scambio [Ferrero, 1992, p.30-31]. Il marketing concept [Kotler, 1996] assume a riferimento una struttura atomistica del mercato di sbocco, con molti acquirenti anonimi che possono facilmente essere sostituiti uno all’altro, in quanto presentano aspettative simili o almeno aggregabili per segmenti omogenei (focus sulle transazioni). I sostenitori del marketing relazionale sostengono, invece, che la struttura dei mercati è una struttura a network, che i mercati sono realtà sociali formati da soggetti che intrattengono continue e diversificate relazioni biderezionali e multidirezionali e che, quindi, le transazioni non possono essere trattate come eventi isolate [Hakansson e Snehota, 1989; Groonros, 1994 e 2002; Gummesson, 1999a];  la definizione di mercato, sovente, non viene esplicitata in modo chiaro, sovrapponendosi, e creando un così confusione, sia con il concetto di clienti obbiettivo o clienti potenziali (es. la visione troppo limitata assunta da Kotler) sia con l’ambiente inteso in senso lato e quindi con la società. Questi differenti assunti epistemologici e metodologici (chi osserva che cosa e come), portano conseguentemente all’utilizzo di matrici concettuali differenti, che inevitabilmente portano ad attribuire al marketing compiti e funzioni differenti [Cozzi e Ferrero, 2004]. Non è il compito di questo lavoro fare un’analisi puntuale delle diverse matrici concettuali, il contributo che si può dare, in questa sede, è quello di valutare la coerenza o meno di queste impostazioni con l’approccio sistemico (vivente e vitale) assunto a base del presente lavoro. Premettendo che dal punto di vista ontologico ed epistemologico l’approccio sistemico qui adottato sembra incompatibile sia con il marketing concept che con il marketing relazionale, se tali impostazioni vengono intese nella loro globalità195. Si possono, comunque, fare dei distinguo che sembrano indicare interessanti percorsi di ricerca. Infatti, sulla falsa riga di quanto sostenuto da Arndt [1983]196, riteniamo possibile ed utile pensare ai seguenti raffronti: sotto il profilo positivo (di analisi) fra l’approccio sistemico al governo dell’impresa e il marketing relazionale; sotto il profilo normativo fra l’approccio sistemico al governo dell’impresa e il marketing management. 193 Ferrero [1992, p.22] parla di empirismo logico. Ferrero [1992, p.23] le definisce relativistiche-costruzionistiche. 195 Tale affermazione è da ritenersi più un ipotesi di lavoro che una conclusione, in quanto per giungere ad una conoscenza più completa delle differenti matrici disciplinarie presenti negli studi di economia e gestione delle imprese si ritengono indispensabili ulteriori e più approfonditi studi. 196 Arndt, citato in Ferrero [1992, p.52], in un primo momento aveva sostenuto la complementarietà fra i due approcci, in quanto egli riteneva che il paradigma microeconomico risultava appropriato per gli scopi normativi per i quali era stato pensato, mentre quello politico-economico (assimilabile all’approccio relazionale) presentava caratteristiche di maggior efficacia per l’elaborazione di una teoria di marketing con finalità prevalentemente interpretative. 194 115 Fabio Forlani Il profilo positivo, concerne l’analisi della società e conseguentemente l’analisi del mercato. Su tali aspetti vi è sufficiente consonanza fra approccio sistemico e marketing relazionale, in quanto vi è una sostanziale comunione di pensiero nel descrivere le dinamiche socioeconomiche come dinamiche non-lineari che producono schemi di organizzazione a rete197. In tale ottica si ritiene di poter far proprie molte delle critiche metodologiche198 che, in fase d’analisi dei comportamenti degli attori del mercato, vengono fatte all’impostazione di marketing management (in quanto esponente di un approccio riduzionista non condivisibile). Si ritiene inoltre di poter scorgere importanti punti di connessione fra le teorie delle reti che stanno emergendo nello studio dei sistemi complessi [vds §2.7] e le teorie delle reti consolidate negli studi di economia e gestione delle imprese.199 Le distanze emergono, però, quando la ricerca passa dalla funzione prettamente descrittiva a quella interpretativa e conseguentemente normativa. Lo studio dei sistemi complessi dinamici assume che dietro l’apparente complessità dei fenomeni esistano degli schemi di organizzazione comuni e che sia compito della scienza scoprirli [vds cap.1]. In tal modo si sostiene che sia possibile interpretare la realtà osservata in base a tali schemi e sia, quindi, possibile normare in termini di schemi organizzati. Questi schemi non descrivono e non prevedono il comportamento del sistema, ma ne determinano le condizioni di esistenza e di funzionamento. In base alle considerazioni fatte sembra di poter affermare che le classiche attività di marketing, analisi dell’ambiente (marketing information), elaborazione della strategia (marketing strategico) e realizzazione della strategia (marketing operativo) possano essere suddivise in due attività200: un’attività analitica e un’attività creativa. La prima attività (capire come funzionano le cose) può essere valutata con i criteri della scienza e va quindi a confluire nelle scienze della vita [cfr cap.1 e 2] assieme alla neuroscienza, alla psicologia, all’economia, alla sociologia, all’antropologia ecc.. La seconda attività (creare le cose per un fine) è un’attività tipicamente artistica e tecnica e va valutata in quanto tale. A nostro avviso in quanto insieme di tecniche di gestione il marketing management assume allora una sua identità propria e specifica. In quanto insieme di tecniche, come tutte le tecniche volte a ridurre la complessità, esse possono essere applicate con più o meno successo a seconda del contesto. 197 “I rapporti fra l’impresa, gli acquirenti ed i concorrenti non sono, nell’interpretazione della scuola svedese, regolati esclusivamente dal mercato, seppure nelle sue forme oligopolistiche, ma dipendono anche da relazioni cooperative tendenzialmente stabili, che possono assumere modalità ed intensità variabili, determinando la specializzazione e l’integrazione fra le attività svolte dai vari attori e consentendo la valorizzazione delle risorse da loro possedute. In questo quadro il marketing relazionale fa in larga parte dipendere il successo di un’impresa dalle sue capacità di progettazione organizzativa, di creazione di network interni ed esterni che consentono la mobilitazione e la valorizzazione sinergiche di risorse disponibili in centri diversi, dalla definizione degli ambiti di autonomia e delle modalità di coordinamento delle unità e delle posizioni organizzative che collaborano interattivamente ai processi di trasformazione e trasferimento delle risorse. Le scelte di funzionamento vengono, quindi, ad assumere importanza preminente sulle scelte di comportamento, la struttura vincola ed orienta le scelte strategiche.” Ferrero [1992, p.185-186]. Cfr anche Gummesson [1999a e 1999b] e Ballantyne [1999]. 198 Come ad esempio l’inefficacia delle tecniche quantitative che prevedono l’utilizzo di tecniche statistiche. 199 Gli studi sistemici ritengono che nell’analisi del contesto ambientale le relazione e la loro composizione in un network sia solo una parte dello studio volto ad individuare all’esterno dell’impresa le entità sistemiche [Golineli, 2000; Barile e Pastore, 2002] (ricordiamo che il sistema è più del suo schema reticolare, vds cap.2 e 3). Resta comunque il fatto che è possibile, in fase di analisi, stabilire i punti di consonanza. 200 Per Guatri, Vicari e Fiocca [1999, p.21] il processo di marketing va scomposto in due fasi strettamente interrelate: “una fase analitica, di interpretazione dell’ambiente rilevante per l’impresa, e una fase operativa, quest’ultima nota anche come marketing management.” Per Collesei [2000, p 36] “i due momenti in cui si è soliti distinguere l’attività di marketing, quello conoscitivo e quello operativo, o di intervento sul consumatore, non vanno visti come due successioni distinte, ma come due momenti strettamente interrelati. La prima fase, conoscenza, non può tenere conto della seconda, cioè delle possibilità che si verificano nella realizzazione. Il primo momento in cui dal punto di vista metodologico si articola la funzione di marketing si propone di fornire dati e informazioni indispensabili per prendere decisioni commerciali; il secondo momento esamina i comportamenti dell’azienda riguardo alla programmazione, alla realizzazione e al controllo delle attività di scambio.” 116 Esperienze, Marketing e Territorio Con riferimento alle argomentazioni prodotte in questo capitolo e alle ricerche da noi effettuate [Pencarelli e Forlani, 2003; Pencarelli e Forlani, 2005], possono essere fatte alcune riflessioni sull’attività creativa di marketing. Il termine marketing deriva dalla voce del verbo inglese to market: to go to a market to buy or sell (andare a un mercato a comprare o a vendere), per cui si ritiene non appropiato tradurlo in modo semplicistico come “scambio” [Kotler, 1993] e quindi definire marketing management “gestione dello scambio”. A nostro avviso, sembra più corretto interpretare il marketing come una serie di attività (processo) volte a favorire o a gestire uno scambio di mercato201. Dove per mercato si intende [vds §4.4]: un sistema che emerge in un luogo (fisico o virtuale) attraverso le interazioni e lo scambio di prodotti fra sistemi che domandano e sistemi che offrono (persone e organizzazioni) in un contesto definito da vincoli e regole. L’attività d’interazione fra sistemi è, a nostro avviso, un attività tipicamente di marketing in presenza dei seguenti elementi: 1) un luogo (fisico o virtuale); 2) una domanda e un’offerta che vogliano realizzare uno scambio; 3) uno o più prodotti da scambiare; 4) una pluralità di soggetti in grado di competere, anche solo virtualmente, per la realizzazione di detto scambio; 5) un insieme di regole e vincoli che regolano lo scambio. Senza riferimento al mercato non si può parlare di attività di marketing in senso stretto. Si può, tuttavia, parlare di applicazione di alcuni strumenti caratteristici del marketing ad altri campi dell’attività umana. Ma tale operazione è da effettuare con la necessaria cautela, in quanto non è detto, a nostro avviso, che le tecniche di marketing portino ad uno scambio più favorevole rispetto all’utilizzo di altre tecniche d’interazione (es. la politica oppure il mecenatismo). Un ultima riflessione in fine va fatta sul rapporto esistente fra la filosofia di marketing e gli assunti dei sistemi viventi. La prima filosofia del marketing concept che postulava la soddisfazione del consumatore come fine aziendale è sostanzialmente inaccettabile dal punto dei sistemi complessi dinamici. Un sistema vivente si autorganizza e si autodetermina, le sue finalità e le sue scelte strategiche non possono, quindi, essere determinate dall’esterno. Ricordiamo, infatti, che un sistema vivente è dotato di chiusura operazionale (filtro e/o confine) capace di selezionare le informazioni esterne e che tale capacità gli consente di apprendere ed evolvere. Appare invece accettabile la prospettiva che vede come compito di marketing la ricerca della consonanza ed eventualmente della risonanza con il mercato, inteso in senso lato come sovra-sistema territoriale composto da sub-sistemi fortemente interconnessi da relazioni e interazioni (consumatori, concorrenti, fornitori, enti pubblici, ecc). Risulta chiara, quindi, l’importanza che ricoprono le funzioni di confine e tra queste il marketing nel gestire le informazioni in entrata (ridurre la complessità bloccando il rumore e facendo filtrare le informazioni) e in uscita. Nel proseguo del lavoro ci si riferirà al marketing concept come orientamento alla soddisfazione del mercato (impostazione olistica di Kotler o relazionale totale di Gummesson) nella convinzione che “pur senza negare che il grado di soddisfazione del cliente sia un fondamentale parametro di valutazione dell’efficacia dell’attività aziendale nelle imprese market oriented, non si può perdere di vista che la finalità dell’impresa, in quanto istituzione economica (sistema di natura economica, ndr) che compie degli investimenti a rischio sottoponendoli al vaglio selettivo del mercato, è comunque quello di realizzare un valore di 201 Non riteniamo sia rilevante che vi sia una transazione economica, lo scambio può essere anche di altra natura. Riteniamo però rilevante che vi siano regole che creino la condizione di concorrenzialità. In assenza di concorrenza a nostro avviso non si ritiene di poter parlare di marketing. 117 Fabio Forlani scambio dei propri output superiore al costo degli input impiegati, appropriandosi, nella misura più elevata possibile, della differenza fra i due valori.” [Cozzi e Ferrero, 2004, p.8]. Anche nella sua prospettiva allargata il marketing concept non può, quindi, essere la filosofia dominate del sistema (poiché lo porterebbe ad essere guidato dall’esterno). Riteniamo altresì che la prospettiva di marketing sia da ritenersi una parte essenziale di un processo strategico che deve emergere dall’interazione sistemica delle diverse prospettive d’osservazione presenti all’interno del sistema-impresa202. 4.6 Lo schema e il processo di marketing assunto a riferimento Il processo decisionale203 dell’impresa orientata al marketing sono caratterizzati da quattro elementi fondamentali di seguito specificati: 1. Essi partono dall’individuazione e dall’esame dei bisogni dei consumatori e dell’ambiente-mercato, di cui tendono a valutare le opportunità e le minacce in relazione alle competenze distintive ed alle potenzialità dell’impresa (ambiente interno n.d.r). 2. Essi implicano la scelta contestuale, coerentemente con i risultati di tale valutazione:  Dei segmenti di mercato a cui rivolgere l’offerta;  Dei benefici da offrire agli utilizzatori attraverso l’offerta degli out-put produttivi dell’impresa;  Dei vantaggi competitivi difendibili su cui basare il proprio rapporto con i concorrenti; 3. Essi tendono ad organizzare, coerentemente con tali scelte, le risorse e le capacità disponibili nell’impresa, programmando e gestendo un insieme integrato e sinergico di processi di attività attraverso i quali vengono ideati, realizzati, valorizzati e commercializzati gli out-put produttivi dell’impresa, in modo da offrire ai segmenti di mercato prescelti prodotti, il cui valore, così com’è percepito dagli utilizzatori, al netto del sacrificio (monetario e psicologico) necessario per acquisirli, sia superiore a quello dei prodotti concorrenti. 4. Essi tendono, infine, a controllare costantemente l’efficacia dell’attività dell’impresa in funzione del grado di soddisfazione dei suoi clienti e dei risultati economici conseguiti. La realizzazione di un orientamento al mercato presuppone, però, non solo un impegno ed una tensione continua dell’impresa verso la conoscenza del mercato, la soddisfazione dei consumatori, l’acquisizione di vantaggi competitivi nei confronti dei concorrenti, ma anche una azione permanente rivolta alla ricerca dell’iniziativa, della collaborazione di tutti gli operatori aziendali in funzione di tali finalità. Le azioni di marketing rivolte verso l’esterno devono, quindi, essere integrate da programmi di sensibilizzazione interna (consonanza sovrasistemica e risonanza sub sistemica). Come evidenziano Cozzi e Ferrero [2000] “ciascuna delle tradizionali funzioni aziendali, per essere gestita in modo efficace ed efficiente, deve avvalersi dell’azione combinata di tutti i sub-sistemi di cui si compone il sistema aziendale204, ovvero implica attività di carattere 202 Cfr. a tale proposito Golinelli, Gatti e Siano [2002], Metallo e Pellicano [2003]. Cozzi e Ferrero, 2004, p. 6. 204 Cozzi e Ferrero [2000, p. 51] sottolineano che un’organizzazione orientata al marketing deve essere dotata delle seguenti capacità (o sub-sistemi): a) di capacità (o sub-sistemi) sensori, con cui l’impresa acquisisce dall’ambiente gli input informativi ed i feed-back informativi in base ai quali orienta i propri processi, selezionando gli input necessari e scartando quelli ridondanti; 203 118 Esperienze, Marketing e Territorio decisorio, esecutivo e di controllo e comporta il costante riferimento ai sub–sistemi sensori, di comunicazione e di memoria. Anche la funzione di marketing, nella prospettiva sin qui indicata, non può essere considerata solo come una parte dell’attività sensoria dell’impresa (se ad esempio, ci si riferisce alle ricerche di mercato), o dell’attività di controllo esterno (se, ad esempio, ci si riferisce alla valutazione dell’efficacia delle comunicazioni dell’impresa), o dell’attività decisoria a livello strategico (se, ad esempio, ci si riferisce alle scelte di segmentazione del mercato di sbocco) e così via. Deve essere considerata per il contributo che essa dà a tutte le capacità del sistema ed alla loro connessione.” Figura 4.4 – Il sistema di marketing aziendale Fonte: Cozzi e Ferrero, 2000, p. 55 b) c) d) e) f) di capacità (o sub-sistemi) di comunicazione, che consentono all’impresa un’efficace ed efficiente circolazione delle informazioni, opportunamente elaborate, nonché delle decisioni via via prese; di capacità (o sub-sistemi) di memoria, con cui l’impresa conserva le informazioni, opportunamente elaborate, utili per replicare le decisioni; di capacità (o sub-sistemi) decisori, che si articolano essenzialmente in tre livelli: d.1) al livello strategico, intendendo con questa locuzione le decisioni che indirizzano i processi aziendali e che, direttamente o indirettamente, implicano cambiamenti delle interazioni con l’ambiente esterno; d.2) al livello amministrativo, riguardante l’allocazione efficace delle risorse e delle competenze (interne ed esterne) di cui l’impresa si avvale o alle quali può accedere per realizzare i propri processi (latu sensu); d.3) al livello operativo, riguardante la combinazione efficiente delle risorse e delle capacità , nonché i criteri di efficiente conduzione dei processi produttivi; di capacità (o sub-sistemi) esecutivi, con cui l’impresa, in funzione delle proprie scelte strategiche, amministrative ed operative, acquisisce gli input effettivi, svolge i processi di trasformazione ed emette gli output effettivi ed informativi nell’ambiente-mercato; di capacità (o sub-sistemi) di controllo interno ed esterno, che: f.1) se interni, verificano la coerenza tra le decisioni prese e lo svolgimento dei processi; f.2) se esterni, verificano (con il contributo dei sub-sistemi sensori) l’efficacia degli output (effettivi o informativi) nei confronti delle attese dell’ambiente-mercato cui essi si riferiscono. 119 Fabio Forlani Lo schema logico di marketing aziendale elaborato da Cozzi e Ferrero e proposto nella fig. 4.4 ipotizza: a) che ogni impresa formuli le proprie strategie aziendali complessive (SAC) anche, seppure non esclusivamente, sulla base di specifiche scelte, tra loro contestuali e coerenti, riguardanti la product idea (ossia l’insieme di utilità percepibili da offrire agli acquirenti), la segmentazione del mercato di sbocco (ossia l’identificazione degli acquirenti a cui è rivolta l’offerta) ed il posizionamento competitivo (ossia il modo specifico con cui l’impresa intende rapportarsi con le forze concorrenziali per acquisire e conservare un vantaggio competitivo difendibile); b) che ogni impresa si avvalga di un insieme integrato e sinergico di politiche di mercato, ossia di un marketing mix (SFM = strategia funzionale di marketing), come strumento di attuazione delle proprie strategie per gli aspetti riguardanti i suoi rapporti con il mercato; c) che ciascuna delle politiche di mercato (PO1 ... POn) comporti anche decisioni amministrative ed operative, nonché compiti esecutivi e di controllo interno; d) che il marketing-mix sia lo strumento con cui l’impresa specifica le aspettative degli utilizzatori dei suoi output produttivi (SPE), competitivamente con le altre imprese; e) che, per orientare, valutare, controllare l’efficacia delle scelte di tipo SAC e SFM, nonché delle proprie politiche di mercato, l’impresa si avvalga di un sistema informativo sui fattori sottostanti alla formazione delle aspettative degli utilizzatori dei suoi output produttivi (FOR), sulle forze concorrenziali (CON), sui principali fattori esogeni generatori di opportunità e di minacce, ossia sulle componenti dell’ambiente generale (AGE) che pongono dinamicamente all’impresa ed ai suoi concorrenti vincoli esterni rilevanti. Lo schema proposto (fig. 4.4) consente anche di individuare le componenti del sistema di marketing sulle quali l’impresa interviene con fattori su cui esercita un controllo diretto (variabili dell’ambiente aziendale interno), quelle con cui si misura competitivamente, con le altre imprese (variabili dell’ambiente mercato) e quelle su cui le politiche di mercato proprie o quelle dei concorrenti non possono influire in modo apprezzabile, ma la cui investigazione e la cui previsione sono necessarie per orientare l’intero processo di marketing (variabili completamente esogene o dell’ambiente generale). 4.7 Il ruolo della funzione di marketing Con riferimento all’evoluzione degli studi di marketing [vds § 4.1], la tesi sostenuta da Cozzi e Ferrero [2000, p.84] è la seguente: “esiste una pluralità di modi appropriati di intendere il ruolo da attribuirsi alla funzione di marketing. La funzione di marketing, in quanto funzione di confine che deve garantire un’efficace interfaccia fra l’offerta e la domanda progettando la coevoluzione sinergica dei due termini, assolve compiti ed assume strutture organizzative che inevitabilmente risentono della varietà, da un lato, delle forme d’impresa e dall’altro, dei singoli mercati. Non può quindi essere accettabile teorizzare un unico modello applicativo del marketing adottabile in modo generalizzato.” Tale impostazione e tanto più appropriata quando si cerca di allargare il campo di applicazione dello schema concettuale del marketing da quello prettamente aziendale [vds § 4.4]. Condividendo questa impostazione si vuole, inoltre, sottolineare che la responsabilità di marketing nell’impresa non è solamente imputabile agli specialisti di marketing, ma come ampiamente evidenziato nella letteratura di marketing dei servizi [Gronroos, 1990; Gummesson, 1999; Bateson e Hoffman, 2000] essa va divisa fra “full-time marketers” e “part-time marketers”. A questo proposito Gronroos [1994, p.178-179] sostiene: “Spesso il 120 Esperienze, Marketing e Territorio problema principale è costituito dal fatto che si tende a confondere il reparto marketing con il concetto molto più ampio di funzione di marketing. La funzione di marketing comprende tutte le risorse e tutte le attività che hanno un impatto diretto sulla possibilità di stabilire, conservare e rafforzare il rapporto con i clienti, a prescindere dalla loro collocazione nell’organizzazione. Il reparto di marketing, d’altra parte, è una soluzione organizzativa che mira a concentrare alcune o tutte le parti della funzione di marketing in una sola unità organizzativa.” Nella prospettiva di una possibile applicazione dei concetti di marketing ai sistemi turistici territoriali di diverso livello e di diversa natura, si ritiene, in accordo con Cozzi e Ferrero [2004, p.15], che sia la posizione, sia il ruolo della funzione di marketing debba dipendere dal contesto e dal contributo che essa può dare al successo competitivo nelle singole imprese ed in ogni specifico mercato. La definizione dei ruoli che può assumere la funzione di marketing si basa sulla valutazione di criticità, per il sistema d’impresa, degli input informativi che essa acquisisce dall’ambientemercato e degli output che essa emette verso l’ambiente-mercato. Più specificamente, la tipologia proposta si basa sulla valutazione congiunta dell’importanza attribuita alle informazioni di marketing nel processo di formulazione delle strategie competitive e dell’importanza assunta dalle politiche commerciali per realizzare con successo tali strategie. Il primo parametro fa quindi riferimento a quanto la funzione di marketing contribuisce ad orientare la logica strategica dell’impresa e a sviluppare un coordinamento interfunzionale. Il secondo parametro è determinato, invece, dall’importanza dell’attività specialistica di commercializzazione dei prodotti svolta dal marketing con la gestione delle politiche di marketing mix. - - Ruolo esecutivo di routine: si configura quando la conoscenza del mercato e le politiche commerciali non influiscono in modo rilevante sulla capacità competitiva dell’impresa, in quanto essa dipende principalmente da altre variabili, quali l’efficienza produttiva, le caratteristiche tecnologiche del prodotto, l’accesso alle risorse finanziarie o alle materie prime. Ruolo operativo-creativo: si configura quando vi è una scarsa attenzione all’analisi delle variabili di mercato nel processo di definizione delle scelte strategiche e della politica del prodotto, ma allo stesso tempo assumono importanza le politiche di promozione/comunicazione per il conseguimento degli obbiettivi aziendali. Le strategie dell’impresa si fondano sulla convinzione di poter condizionare efficacemente, mediante le politiche di commercializzazione dei prodotti, il processo di specificazione delle aspettative dei consumatori, senza doversi adeguare ad esse in modo vincolante. Fig. 4.5 – I ruoli che può assumere la funzione di marketing Importanza ricerca di marketing Alta Ruolo strategicoconoscitivo Ruolo strategicooperativo Bassa Ruolo esecutivo di routine Ruolo operativo creativo Alta Fonte: Cozzi e Ferrero, 2004, p.15. - Bassa Criticità politiche di marketing Ruolo strategico-conoscitivo: si configura quando l’impresa decide le strategie da seguire attribuendo notevole importanza all’analisi delle variabili di mercato, ma le 121 Fabio Forlani - realizza avvalendosi di politiche diverse da quelle classiche del marketing mix. La possibilità di soddisfare in modo efficace e distintivo le esigenze degli acquirenti dipende dalla capacità di realizzare forme di collaborazione con il cliente che portino quest’ultimo a svolgere una parte attiva nel processo di progettazione, produzione ed erogazione della prestazione. La transazione commerciale diviene, in questo contesto, un episodio di una reazione che deve consentire di aiutare l’acquirente ad autospecificare i propri bisogni. Poiché l’interazione con il cliente coinvolge numerose funzioni, la funzione di marketing diviene una funzione diffusa, attribuita a molteplici unità organizzative e non più identificabile con l’ufficio marketing, che talvolta è insignificante o addirittura non esiste. Il compito di creare, sviluppare e mantenere le relazioni di mercato viene suddiviso tra i <<venditori>> (marketers full-time) e tanti marketers part-time, cioè addetti alla ricerca, alla produzione, alla finanza, alla logistica e così via, che devono finalizzare una parte rilevante della loro attività a questo obiettivo <<commerciale>>. Ruolo strategico-operativo: si configura quando al marketing è attribuito un ruolo di grande importanza sia nella fase di definizione delle strategie che nella fase della loro attuazione. Il marketing interviene nel processo di formazione delle strategie attivando flussi informativi in entrata (aspettative dei consumatori, politiche di mercato dei concorrenti) al fine di decidere politiche di segmentazione e di posizionamento che assicurino vantaggi competitivi difendibili. Attraverso le politiche di marketing mix condiziona il processo di specificazione delle aspettative dei consumatori in modo funzionale agli obbiettivi perseguiti dall’impresa. Contribuisce, inoltre, a creare il valore percepito dal consumatore attraverso le politiche di comunicazione, di differenziazione psicologica, di promozione e di distribuzione, associate alle strategie di segmentazione del mercato e di composizione di gamma. Bibliografia del capitolo Abell D. [1980], Defining the Business: The Starting Point of Strategic Planning, PrenticeHall, Englewood Cliffs. Ballantyne D. [1999], Commentary on a Paper by Evert Gummesson, in Australian Marketing Journal, Vol. 7, n°1/1999. Barile S., Pastore A. [2002], Forme, caratteri e divenire sistemico dei rapporti con la distribuzione e il consumo, in Golinelli G. M. [2002], L’approccio sistemico al governo dell’impresa III , Cedam, Padova. Bateson J, Hoffman K.D., [1999], Managing Services Marketing, Harcourt; trad. it. Gestire il marketing dei servizi, Apogeo, Milano, 2000. Beccattini G. [2004], Luoghi, traslocali, benessere: idee per un mondo migliore, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Urbino. 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Hermann Cohen 5.1 La definizione di esperienza La parola esperienza è, ad oggi, un termine utilizzato per designare qualunque situazione vissuta nel quotidiano da un individuo. In questa accezione può risultare, quindi, un contenitore generico difficilmente utilizzabile in ambito scientifico. In questa sede, per evitare equivoci e fraintendimenti, si procederà nel seguente modo: innanzitutto si forniranno le definizioni utilizzate in alcune discipline scientifiche [Carù e Cova, 2003] al fine di mostrare la complessità del termine e del fenomeno che rappresenta; poi si fornirà la definizione, più riduttiva e specifica, che verrà assunta a base di questo lavoro. Secondo Carù e Cova [2003, p.189] “per L’Encyclopédie Universalis, il senso più immediato e corrente della nozione di esperienza evidenzia due aspetti contrari ma congiunti: il primo di passività, l’altro di attività. Si può dire che nell’esperienza si colloca spontaneamente l’idea di prova, ove <<provare>> significa ricevere e accettare. Questa accettazione rappresenta il minimo d’azione contenuta nella nozione di esperienza. E’ possibile fare un passo ulteriore, riferendosi all’espressione corrente che vuole che <<si traggano lezioni dall’esperienza>>. L’espressione ha un doppio significato: dire che si sono tratte lezioni dall’esperienza significa dire che si è stati trasformati dall’esperienza. E’ evidente che all’idea di prova si aggiunge l’idea di acquisizione di conoscenza, già affermata nella massima nord-americana experience is the best teacher.” Gli autori citati, inoltre, hanno individuato [Carù e Cova, 2003, p.189] “un insieme di significati relativamente distinti per diversi ambiti disciplinari:  per le scienze sperimentali, il concetto di esperienza richiama quello di esperimento, ovvero la riproduzione di un fenomeno con mezzi opportuni di ricerca, fondata su dati e fatti obiettivi e generalizzabili, allo scopo di indagare le relazioni di dipendenza tra cause ed effetti. E’ rilevante in proposito riconoscere una sorta di rottura tra ciò che si può chiamare esperienza in generale e l’esperienza scientifica: l’esperienza comune apporta una conoscenza 125 Fabio Forlani individuale mentre l’esperienza scientifica [positivista, cfr §1.2 e §1.3, ndr] apporta una conoscenza universale, valida per tutti gli individui. […]  per la filosofia, un’esperienza è una prova personale che, in generale, trasforma l’individuo. <<Fare un’esperienza>> (<<io ho sperimentato…>>) porta in generale ad accumulare <<esperienza>> (<< io ho esperienza nel>>) e dunque conoscenza, ma una conoscenza singolare (propria di un soggetto) [fenomenologica, cfr §1.2 e §1.5, ndr] e non universale (esterna al soggetto) [oggettiva in senso positivista, ndr]. […]  per la sociologia e la psicologia, un’esperienza è un’attività soggettiva e cognitiva che permette all’individuo di costruire la propria identità. La nozione di esperienza è definita da Dubet (1994, 93) come <<un’attività cognitiva>>, <<una prova>>, <<una modalità di costruire il reale e soprattutto di verificarlo>>. […]  per l’antropologia e l’etnologia, l’esperienza rinvia alla modalità con cui ogni individuo sperimenta la propria cultura, e più precisamente al <<modo in cui si ha consapevolezza degli eventi>> (Bruner, 1986, 4). A livello concettuale, l’esperienza si distingue anche dall’evento, in quanto <<quest’ultimo è qualcosa di generale, che accade agli altri, alla società, al mondo […] L’esperienza è qualcosa di singolare, che accade al soggetto>> (Abrahams, 1986, 55). […] Un’esperienza è qualcosa di personale, si riferisce ad un io attivo che non solo si ritrova in essa, ma la condiziona e ne prende coscienza.” . Gli autori analizzano poi i contributi di studio delle discipline economico-gestionali, non ritrovandovi unitarietà “nelle definizione del termine esperienza:  per la ricerca sul comportamento del consumatore, un’esperienza è soprattutto un vissuto personale – spesso caricato emozionalmente – fondato sull’interazione con stimoli che sono i beni o i servizi resi disponibili all’interno del sistema di consumo; questo vissuto può portare ad una trasformazione dell’individuo nel caso delle esperienze dette straordinarie (Arnould e Price, 1993). Riprendendo il discorso sulla sociologia (Morace, 1996) la ricerca relativa al comportamento del consumatore considera l’esperienza come elemento centrale della vita del consumatore attuale, consumatore che è alla ricerca di significati (Vézina, 1999; Fabris, 2003): <<per il consumatore postmoderno, consumare non è un semplice atto di assorbimento, di distruzione o di utilizzo di qualcosa. Non è neppure l’ultimo anello della catena del processo economico; è un atto di produzione di esperienze e di identità o di immagine di se stessi […] Per arricchire e rendere affascinante la vita è necessario concedersi esperienze multiple, vissute sia emozionalmente sia razionalmente, e utilizzando tutte le dimensioni dell’essere umano […] La vita deve essere prodotta e creata, ossia costruita attraverso esperienze multiple nelle quali il consumatore si immerge>> (Firat e Dholakia 1998, 96). Le radici di questo consumo, detto esperienziale in opposizione al consumo definito funzionale (Addis e Holbrook, 2001), vanno ricercate nella crescita dei servizi, per i quali <<“il prodotto” acquistato è un’esperienza piuttosto che un oggetto materiale>> (Campbell, 1995, 110). La caratteristica principale riconosciuta a questa tipologia di consumo è quella di dare spazio alle emozioni: <<mentre gli economisti hanno sempre parlato del consumo in termini di razionalità, tutti gli studi più recenti ci parlano della continua interferenza delle emozioni nelle scelte di consumo>> (Fabris, 2003, 87). Si sviluppa così un approccio esperienziale allo studio del consumo che riconosce l’importanza di variabili fino ad allora trascurate: <<il ruolo delle emozioni nel comportamento, il fatto che i consumatori, oltre che dotati di sensi, sono esseri che pensano ed agiscono, l’importanza dei simboli nel consumo, il bisogno del divertimento e di piacere del consumatore, e il ruolo dei consumatori, al di là dell’atto di acquisto, nell’utilizzo dei prodotti>> (Addis e Holbrook, 2001, 50);  per il marketing (Hetzel, 2002, La Salle e Britton, 2003), l’economia (Gupta e Vajic, 2000; Pine e Gilmore, 2000) e il design (Campbell e Pistermann, 1996), un’esperienza è principalmente una nuova categoria di offerta che si va ad aggiungere alle tre precedenti 126 Esperienze, Marketing e Territorio (merci o <<commodities>> - beni e servizi) e che è particolarmente adatta ai bisogni del consumatore postmoderno. Per il marketing, una buona esperienza è un’esperienza <<indimenticabile>> (Pine e Gilmore, 1998) o <<significativa>>, se non <<straordinaria>> ed <<ottimale>>, che consente al consumatore di mettere in gioco tutti i suoi sensi (Schmitt 1999), appoggiandosi su tre dimensioni: attività, supporto fisico, interazioni sociali. (Gupta e Vajic, 2000). Questo tipo di esperienza produce emozioni (si parla spesso di esperienza emozionale o di emozione come cuore dell’esperienza di consumo nel marketing) e anche trasformazioni dell’individuo.” Secondo Carù e Cova, in definitiva, la ricerca sul comportamento del consumatore adotta una concettualizzazione relativamente vicina a quella utilizzata dalle scienze sociali e dalla filosofia – l’esperienza come episodio soggettivo nella costruzione/trasformazione dell’individuo – ponendo tuttavia enfasi sulla dimensione emozionale e sensoriale a scapito della dimensione cognitiva. Il marketing, al contrario, dà all’esperienza un significato molto più oggettivo, confermando l’idea che il risultato possa (se non debba) essere qualcosa di fortemente significativo e indimenticabile per il consumatore che vivrà l’esperienza. Riprendendo i concetti che stanno alla base dell’approccio sistemico allo studio dei fenomeni sociali [vds cap.2 e cap.3] si è notato come l’esperienza di vivere sia un processo, un flusso 205 circolare che coinvolge la materialità del corpo206, lo schema d’organizzazione e il significato del vivere. Secondo Varela [1998, 2001] l’esperienza è quindi un fenomeno emergente: “Occorre volgerci a un’esplorazione sistematica dell’unico legame fra mente e coscienza che appare al tempo stesso ovvio e naturale: la struttura della stessa esperienza umana.” e “La coscienza 207 non appartiene, per così dire, a un gruppo di neuroni, appartiene a un organismo, appartiene a un essere umano, a un’azione che si sta vivendo.”208 In questo studio, consci della complessità del tema e dei molteplici significati attribuiti al termine esperienza, delimiteremo il nostro campo di ricerca nel seguente modo:  Assumeremo l’esperienza umana come un fenomeno emergente e circolare che coinvolge il corpo209, il mondo210 e gli altri211. 205 Anche Csikszentmihalyi parla di flusso come esperienza del vivere e come costruzione del significato. Di flussi attraverso i sensi e di flussi di pensieri. 206 «Le cerveau n’est pas un ordinateur, on ne peut comprendre la cognition si l’on s’abstrait de son incarnation » Varela [1998]. 207 La coscienza è l’esperienza vissuta consapevolmente. Infatti, secondo il dizionario Devoto e Oli [1987]: “Cosciènza s.f. 1. La facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino: ho piena coscienza della gravità del momento.” 208 « L’experience est quelque chose d’universel à partir d’un certain niveau d’intégration cognitive partagé, certainement, par tout les mammifères. (…) L’apparition du langage va faire la différence entre avoir une expérience, reflétée par une comportement neuronal, et la capacité réflexive. (…) La capacité réflexive, dans le vide, ça ne donne rien. Elle doit s’incarner dans un univers cognitif complexe. C’est à l’intérieur de l’expérience qu’il y a cette nouvelle capacité d’autodescription. (…) Cest l’expérience de se référer à soi, de se référer a sa propre expérience.» Varela [1998]. 209 “Si dimentica troppo facilmente che il cervello non è un fascio di neuroni sezionati in laboratorio, ma esiste all’interno di un organismo impegnato essenzialmente nella propria autoregolazione, nella nutrizione e nella conservazione di sé, che ha fame e sete, che ha bisogno di rapporti sociali.” Varela [2001]. 210 “(…) in collegamento diretto col mondo, o in interazione col mondo, attraverso tutta la superficie sensorio-motrice. Il bicchiere non è un immagine nella mia testa, di cui io debba prendere coscienza dall’interno. Si è scoperto che il bicchiere è inseparabile dall’atto di manipolarlo. L’azione e la percezione costituiscono un’unità e il mondo non esiste se non in questo ciclo permanente. Io amo dire che c’è interazione col mondo e che il mondo emerge solo grazie a questo collegamento che è fonte permanente di senso.” Varela [2001]. 211 “Il fatto di essere strutturalmente concepiti per avere rapporti con i nostri congeneri, con individui della stessa specie, l’abilità innata, di un’importanza assolutamente centrale, che costituisce l’empatia, di mettersi al posto dell’altro, di identificarsi con l’altro. (…) dunque ancora una volta non è nella mia teste che si svolge tutto questo, ma in un mondo decentrato, nel ciclo.” Varela [2001]. 127 Fabio Forlani  Analizzeremo il fenomeno esperienza osservandolo dal punto di vista economico aziendale, cercando di comprendere le connessioni esistenti fra l’esperienza umana e il sistema di input-trasformazione-output del sistema impresa. Negli ultimi venti anni, nei dibattiti degli studiosi di marketing è cresciuta l’attenzione per gli aspetti esperienziali dell’acquisto e del consumo. Un numero sempre crescente di autori si sta, infatti, confrontando con temi connessi all’esperienza del consumo quali, ad esempio, l’importanza delle emozioni e del simbolismo, la natura affettiva, razionale e d’azione del consumatore e il suo desiderio di divertimento e di piacere, il ruolo del consumatore oltre all’atto d’acquisto, nell’uso del prodotto e nella scelta del brand.212 In questi studi213 il concetto di esperienza del consumatore viene esplorato da diversi punti di vista e con diverse finalità di ricerca214:  Un primo gruppo di autori [Schmitt, 1999b; Hetzel, 2002; Napolitano e De Nisco, 2003] studiano l’esperienza d’acquisto e di utilizzo dei prodotti (beni e servizi) e suggeriscono strumenti manageriali per “esperenziare” tali prodotti, arricchendoli di contenuti emozionali e di significato215, in modo tale da divenire fonte d’esperienza.216;  Un secondo gruppo di autori, utilizzando il concetto di shopping experience [Castaldo e Botti,1999; Bertozzi, 2001; Carù e Cova, 2003], puntano a comprendere l’esperienza vissuta sul luogo di vendita per ricavarne implicazioni manageriali capaci di “esperenziare” lo shopping e quindi i servizi di distribuzione217;  Un terzo gruppo di autori, concepiscono l’esperienza come l’oggetto di scambio, e quindi come prodotto a se stante [Pine e Gilmore, 2000; Pencarelli e Forlani, 2002]. Quindi, partendo da tale assunto, cercano di ipotizzare dei possibili percorsi aziendali per progettarla, produrla e commercializzarla. In base alla nostra prospettiva d’analisi sistemica [vds cap.3] e di marketing [vds cap.4] è possibile, osservando il rapporto esistente fra esperienza del consumatore e l’oggetto di scambio (output del sistema), ricomporre i tre punti di vista in due categorie: 1. Quando l’esperienza è strumentale allo scambio di un’altra tipologia di prodotto (commodity, beni, servizi) si parlerà di “marketing esperienziale” [§5.2]. 212 Vds Castaldo e Botti [1999], Schmitt [1999a, 1999b], Pine e Gilmore [2000], De Luca [2000], Bertozzi [2001], Codeluppi [2001], Soscia [2001], Pencarelli e Forlani [2002], Carù e Cova [2003], Badot e Cova [2003], Fabris [2003], Napoletano e De Nisco [2003], Hetzel [2002], Brunetti [2004]. 213 Non è scopo di tale studio fare una rassegna della letteratura esistente, ma solamente di indicare i possibili approcci allo studio economico aziendale dell’esperienza del consumatore. Si segnala, quindi che l‘analisi effettuata in questa sede ha le seguenti limitazioni: non si è fatta un’analisi della letteratura internazionale; si è fatto riferimento solo a quegli autori che si sono avvicinati a tali temi concependoli dal punto di vista del marketing esperenziale e all’experiential shopping. Vds a tale proposito Resciniti [2005]. 214 Cfr Brunetti [2004, p.21-28], Resciniti [2005]. 215 Vds a tale proposito Bettiol e Rullani, [2004]. 216 “Il percorso definito prodotto-esperienza (esperienziare i beni, ndr) enfatizza in sostanza le dimensioni che trascendono l’uso strettamente funzionale del bene, facendolo diventare il medium in grado di suscitare diverse percezioni positive per il consumatore.” Brunetti [2004, p.23] 217 “Lo shopping esperienziale può essere sia una strategia messo in atto dall’impresa commerciale per differenziare il proprio punto vendita ed offrire una esperienza meno faticosa per le merceologie banali e più appagante per le merceologie problematiche oppure, come visto, può essere una strategia realizzata dall’impresa industriale a supporto della scelta esperienziale attraverso l’investimento nella creazione di uno o più punti vendita <spettacolari>” Brunetti [2004, p.27]. Si vuole cioè affermare il ruolo prioritario delle emozioni nell’esperienza sul punto vendita e vedere il consumatore come un individuo emozionalmente coinvolto in processo di shopping, nel quale ricerca e apprezza in particolare gli aspetti multisensoriali, immaginari ed emotivi. Viene, quindi, presa in considerazione la trasformazione del retailing, la cui causa principale è stata individuata nella trasformazione dell’entertainment. Il pubblico, probabilmente stanco della fredda virtualizzazione promossa dalla tecnologia, sembra aver riscoperto l’importanza del contatto umano e lo ricerca anche nel punto vendita, col quale vuole instaurare un rapporto partecipativo ed emozionale. Ecco, allora, che il punto vendita risponde dotandosi di strumenti comunicativi e di attrazione basati sulla stimolazione di tutti e cinque i sensi del cliente. 128 Esperienze, Marketing e Territorio 2. 5.2 Quando l’esperienza è l’oggetto dello scambio si parlerà di prodotto-esperienza [§ 5.3]. Marketing esperienziale Negli ultimi anni sono state formulate teorie di marketing che cercano, attraverso l’offerta di esperienze, di far percepire ai clienti un valore aggiunto connesso con l’acquisto di beni e servizi. Le imprese, inoltre, investono sempre più massicciamente nel punto vendita come luogo speciale attraverso il quale l’impresa può soddisfare i consumatori e differenziarsi dai concorrenti.218 Secondo Fabris [2003] ciò è dovuto al fatto che gli individui sono sempre più maturi, esigenti e selettivi nei consumi e danno per scontato le caratteristiche e i benefit funzionali, la qualità dei prodotti e una immagine di marca positiva. Secondo Schmitt [1999b] quello che vogliono sono prodotti, comunicazione e campagne di marketing che tocchino i loro sensi e il loro cuore e stimolino la loro mente. Vogliono prodotti, comunicazione e campagne con i quali relazionarsi e che possano incorporare nel loro stile di vita. Vogliono prodotti, comunicazione e campagne di marketing che forniscano un’esperienza. Va ricordato inoltre che affianco al mutamento del comportamento del consumatore si assiste alla crescente saturazione e massificazione dell’offerta di beni e servizi [Pine e Gilmore, 2000] e della comunicazione, il che rende necessaria un’azione più decisa, da parte delle imprese, per far percepire e cogliere le proprie offerte. La coevoluzione del comportamento del consumatore e dell’ambiente competitivo sembra spingere le imprese alla spettacolarizzazione della marca [Codeluppi, 2000b] e all’utilizzo di strategie commerciali che “cercano di far sperimentare al consumatore delle sensazioni fisiche ed emotive durante l’esperienza con il prodotto e la marca” [Codeluppi, 2001, p.403]. In questo contesto trova spazio il “marketing esperienziale”219, che sostiene la necessità, per le imprese, di offrire esperienze ed emozioni al consumatore per soddisfarlo ed emozionarlo favorendo così l’acquisto e il consumo del prodotto bene o del prodotto servizio “esperienziato”. Il marketing esperienziale si basa sul presupposto che le scelte del consumatore sono dettate dall’inconscio, allineandosi così con quanto sostengono i migliori studiosi delle scienze cognitive [vds cap.2 e §4.4]: il consumatore non si comporta sempre in modo razionale, anzi nel processo d’acquisto diventa determinante il fattore emozionale220. I sostenitori del marketing esperienziale ritengono che, in questo modo, il consumatore torna al centro dell’attenzione: un rivoluzionario ritorno alla mission storica del marketing221. L’approccio di “marketing esperienziale” che, ad oggi, sembra offrire i maggiori spunti manageriali è quello elaborato da Bernd Schmitt [1999a, 1999b, 2003]. Schmitt, basandosi sulle teorie di carattere neurobiologico e psicologico222 elaborate da Steven Pinked, sottolinea la natura modulare della mente. Egli sostiene che occorra superare la visione dell’esperienza umana come un blocco unitario e che sia necessario assumere il suo 218 Fabris [2003], Zarantonello, [2003], Codeluppi, [2001], De Luca [2000], Bertozzi [2001], Castaldo e Botti [1999]. La novità del marketing esperienziale è quella di esportare le politiche di successo dei settori del lusso, dell’arte e della cultura in altri il cui core business (ovvero l’attività caratteristica) più difficilmente si presta all’enfatizzazione del coinvolgimento emozionale del consumatore. L’obiettivo è instaurare una relazione empatica tra l’azienda e il cliente che faccia aumentare il suo coinvolgimento e gli faccia percepire una differenziazione significativa nel processo di acquisto e consumo. 220 “Experietial Marketing view consumer as rational and emotional human beings who are concerned whit achieving pleasurable experience” Schmitt [1999a, p. 53]. 221 Schmitt contrappone il marketing esperienziale al marketing tradizionale. Egli evidenzia , tale proposito che mentre il marketing tradizionale considera il consumatore come un soggetto razionale che decide in base alle caratteristiche e ai benefici funzionali dei prodotti, il marketing esperienziale considera il consumatore come un soggetto sia razionale che emotivo che ricerca anche piacere ed esperienze nel consumo dei prodotti. [Cfr Scmitt, 1999a e1999b]. 222 Schmitt cita fra gli altri Merleau-Ponty, Husserl, Brown e Fisch, Pinked Steven, Lakoff e Johnson [1999b, p.59-63]. 219 129 Fabio Forlani divenire secondo uno schema modulare. Secondo Schmitt l’esperienza emergerebbe, quindi, dall’interazione delle distinte aree funzionali specializzate223 e quindi possono essere suddivise in differenti tipologie e provocate da stimolazioni differenti. Secondo Schmitt [1999a e 1999b] anche nell’ambito dei consumi, dunque, l’esperienza può essere scomposta in più moduli (tipi di esperienze). Questo autore elabora allora uno schema concettuale per la stimolazione di esperienze costituito dal Strategic Experiential Modules (SEMs)224 [Schmitt, 1999a, p.61-62; 1999b, p.64 e seg.]: Sense Experiences (SENSE): ha il compito di fornire al consumatore un’esperienza sensoriale attraverso un coinvolgimento polisensoriale: vista, udito, tatto, gusto e olfatto.225. Feel Experiences (FEEL): cerca di stimolazione un’esperienza di tipo affettivo del consumatore con il brand aziendale con l’obbiettivo di accrescere la fedeltà. Per far ciò, l’impresa deve essere in grado di suscitare nell’individuo stati d’animo, emozioni e sentimenti di varia natura e intensità, ma comunque positivi. Alcuni autori, parlano in questo caso di marketing emozionale, legato sia al marketing esperienziale, sia al marketing polisensoriale in una sorta di circolo, che ha come obiettivo finale far vivere un’esperienza al consumatore, quando si trova nella fase dell’acquisto e del consumo. Think Experiences (THINK): stimola l’intelletto dell’individuo, attivando esperienze creative, cognitive e di problem solving. Act Experiences (ACT): spinge l’individuo a vivere esperienze relative al corpo, aderire a uno stile di vita e interagire con altri individui. L’obiettivo è arricchire la vita del consumatore, migliorando le sue esperienze fisiche e mostrandogli modi alternativi di agire; Relate Experiences (RELATE): ingloba anche gli aspetti di SENSE, FEEL, THINK e ACT. Questo modulo mette in relazione l’individuo con un ampio contesto socio-culturale, stimolando le relazioni sociali che coinvolgono il Brand. In questo modo l’impresa può proporre il proprio brand come nuova base delle relazioni sociali, portando il consumatore a relazionarsi con gli altri individui attraverso l’acquisto e l’uso dei propri prodotti. Lo scopo finale è la creazione di una brand community, nella quale la marca è assunta come centro di organizzazione sociale e il consumatore ricopre un ruolo attivo. Esistono numerosi punti di contatto fra questo approccio e il tribal marketing226. Per stimolare uno o più moduli, l’impresa deve ricorrere ai fornitori/strumenti o Experience Provider (ExPro)227, che costituiscono una sorta di leve esperienziali:  comunicazione;  identità visiva/verbale e brand228;  presentazione del prodotto229; 223 Come abbiamo visto nei capitoli 1 e 2 l’impostazione sistemica di Varela si differisce dall’impostazione di Pinked, poiché parla di struttura reticolare e dell’importanza del corpo nel processo mentale (mente incarnata). 224 “The experiential modules to be maneged in Experiential Marketing iclude sensory experiences (SENSE), affective experiences (FEEL), creative cognitive experiences (THINK), physical experiences, behaviours and lifestyles (ACT), and social-identity experiences that result from relating to reference group or culture (RELATE).” Schmtt [1999a, p.60]. 225 Badot e Cova [2003] distinguono gli approcci di marketing esperienziale in diverse “derive”: Crono Marketing, Marketing tribale, Retrò Marketing, Marketing sensoriale. Tra questi il marketing sensoriale si occupa di trasmettere gli stimoli sensoriali più adatti a convincere il cliente circa l’irrinunciabilità e l’insostituibilità del prodotto. Questo discende dal presupposto che le sensazioni soggettive ed irrazionali che concorrono al processo d’acquisto, sembrerebbero dipendere dagli stimoli sensoriali attivati nel consumatore al momento della sua decisione. Compito della comunicazione sensoriale sarà allora quello di estendere i propri contenuti e le proprie capacità espressive oltre il visivo e l’auditivo. La comunicazione sensoriale attorno al prodotto può avvalersi di linguaggi di tipo estetico, cioè utilizzando figure retoriche basate sulla messa in relazione di due o più sistemi sensoriali, oppure utilizzare stimolazioni più concrete, con l’immissione di determinati profumi e musiche, ad esempio, nel punto vendita. 226 E’ un approccio di marketing che sostiene una strategia volta a cerare comunità intorno a un prodotto, a un servizio o ad un’esperienza. Si parte dal presupposto che, oggi, vi sia una propensione fra i consumatori a riunirsi in tribù e a creare comunità sociali intorno al prodotto. Cfr Badot e Cova [2003]. 227 Schmitt [1999b, p.72-93]. 228 Nome, marca logo e altri codi ci o segnali d’identità. 130 Esperienze, Marketing e Territorio  co-branding230;  luoghi fisici;  sito Web e nuovi media;  persone; Con queste leve o strumenti/fornitori l’impresa può stimolare uno o più moduli, dando così origine a diversi tipi di offerta. In particolare, si possono costruire: un’esperienza monomodulare, derivante dall’attivazione di un solo modulo; un’esperienza polimodulare derivante dall’attivazione di più moduli; un’esperienza olistica, risultante dall’interazione di tutti i moduli e obbiettivo dichiarato dell’marketing esperienziale. Schmitt fornisce, infine, uno schema concettuale che il management può utilizzare nel processo di costruzione dell’esperienza: l’Experiential Whell231. In tale modello, attraverso una rappresentaziona grafica dei moduli e dei collegamenti possibili fra di essi, si evidenzia l’ordine consigliato di stimolazione dell’esperienza di acquisto e consumo. Il punto di partenza è il Sense, in grado di attrarre e motivare il consumatore. Si passa poi dal Feel al Relate attraverso una crescente complessità di stimolazioni emozionali. In questa logica l’impresa può scegliere se stimolare i moduli gradualmente, passando da un’esperienza monomodulare a una olistica, o contemporaneamente, creando da subito un’esperienza olistica. Schmitt consiglia di adottare la prima soluzione per sviluppare prodotti già esistenti e la seconda per lanciare prodotti nuovi232. Il secondo strumento manageriale proposto da Schnitt è l’ Experiental Grid (fig. 5.1). Esso mette in relazione i diversi moduli e le diverse leve (fornitori/strumenti) e permette, in questo modo, di studiare i quattro aspetti centrali nella gestione dell’esperienza:  l’intensità. Si riferisce all’uso di uno specifico ExPro per stimolare uno specifico SEM. Graficamente, è rappresentato dall’autore all’interno di ogni cella della griglia. L’impresa deve valutare il giusto livello di stimolazione, scegliendo se intensificare o moderare la propria offerta;  la portata. Si riferisce all’uso di più ExPro per stimolare uno stesso SEM. E’ rappresentabile con una freccia orizzontale che indica la compartecipazione di più fornitori su uno stesso modulo. L’impresa può, quindi, stabilire se arricchire o ridurre l’insieme di stimolo che afferiscono ad uno specifico SEM, utilizzando uno o più ExPro; Fig. 5.1 - L’Experimental Grid. 229 Product design, packaging and product display e brand character. Event Marketing and Sponsorschips, Product Placement. 231 Vds Schmitt [1999b, p. 213] o Zarantonello [2003, p.390]. 232 Per un applicazione di tale modello ad un contesto italiano vds Zarantonello [2003]. 230 131 Fabio Forlani Fonte: Schmitt, 1999, 219.  la profondità. Si riferisce all’utilizzo di uno stesso ExPro per stimolare più SEM. E’ rappresentabile con una freccia verticale che indica l’influenza di un fornitore su i diversi moduli dell’esperienza. L’impresa deve stabilire se fare agire gli stimoli di uno specifico ExPro su uno o più SEM;  il legame. Si riferisce alle relazioni previste fra gli elementi della griglia. E’ rappresentato graficamente con una curva che taglia trasversalmente le celle. L’impresa deve capire quale relazione creare tra i vari SEM e i vari ExPro, scegliendo se collegarli o separarli. Il modello di Schmitt si compone, quindi, di moduli esperienziali (SEMs) che afferiscono ad altrettante esperienze, di leve (strumenti o fornitori) capaci di stimolare l’emergere delle esperienze e di una griglia concettuale di sintesi che pone a sistema i moduli e le leve costruendo così la plancia dei comandi del marketing esperienziale. Nell’approccio di Schmitt le aziende specializzate nel progettare, realizzare e vendere le esperienze, sono viste come “fornitori di esperienze”. Esse, però, pur agendo sulla dimensione esperienziale hanno come obiettivo fondamentale quello fornire quel “qualcosa in più” per ottenere la vendita del prodotto inteso come bene o servizio. L’utilizzo dei moduli esperienziale, infatti, trovano la loro massima espressione quando si parla di spazio espositivo e punto vendita, dove è possibile stimolare i sensi in modo ottimale e gestire il rapporto dicotomico tra prodotto ed esperienza, e dove è possibile valutare in modo immediato la rispondenza tra esperienza e decisione d’acquisto. In sintesi, nella prospettiva degli studi qui richiamati, è possibile indicare che il marketing esperienziale: si basa sulla tendenza dei consumatori ad acquistare prodotti o servizi non tanto per le loro caratteristiche funzionali ma per le esperienze emozionali, sensoriali, relazionali e sociali legate all’atto di acquisto e di fruizione. Si basa cioè sulle emozioni e su tutto ciò che coinvolge il consumatore nel processo d’acquisto [Codeluppi, 2000a; Fabris, 2003; Schmtt, 1999b]; permette all’impresa di distinguersi dai concorrenti, comunicando intensamente il proprio immaginario di marca [Codeluppi, 2001] e rendendo il consumatore partecipe e coinvolto [Resciniti, 2005], visto che si interagisce con la vita di quest’ultimo; 132 Esperienze, Marketing e Territorio fa sì che l’esperienza di acquisto e di consumo diventi un valore aggiunto di un bene o di un servizio. Questo serve a valorizzare il prodotto in modo da ottenere l’acquisto dal cliente “coinvolto emotivamente” [Castaldo e Botti, 1999; Bertozzi, 2001; Carù e Cova, 2003]; modifica l’arena competitiva delle aziende: in un mercato dove un numero elevatissimo di beni e servizi è in grado di offrire un ottimo rapporto qualità/prezzo, la competizione si basa su altre performance quali la possibilità di vivere esperienze quando si viene a contatto con le offerte aziendali [Schmitt, 1999a, 1999b, 2003]; crea relazioni intense e costruite in un’ottica di lungo periodo fra la marca esperienziale e il cliente [Resciniti, 2005; Napoletano e De Nisco, 2003]. 5.3 Il prodotto-esperienza e la progressione del valore economico Secondo Pine e Gilmore [2000, p.2-3, grassetto nostro] “Le esperienze costituiscono una terza proposta economica che si distingue dai servizi tanto quanto i servizi si distinguono dai beni, ma finora sono state poco riconosciute. Le esperienze ci sono sempre state, ma i consumatori, le aziende e gli economisti le hanno sempre raggruppate in blocco nel settore servizi, insieme ad attività poco eccitanti quali la pulitura a secco, le riparazioni dell’auto, la distribuzione all’ingrosso e il servizio telefonico. Nel comprare un servizio una persona acquista una serie di attività intangibili che vengono svolte per suo conto. Ma quando compra un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una rappresentazione teatrale, per coinvolgerlo a livello personale”. Pine e Gilmore nel loro libro “L’economia delle esperienze” sottolineano che le esperienze e le trasformazioni ci sono sempre state e non sono certo invenzioni delle società moderne e/o postmoderne. Gli autori americani apportano, però, due importanti innovazioni concettuali all’osservazione e alla descrivere della dimensione economico-sociale della società: 1. Definiscono le esperienze e le trasformazioni dei prodotti, nel senso economicoaziendale [cfr §3.3], distinti dalle materie prime, dai beni e dai servizi. 2. Elaborano il modello della progressione del valore economico. Rispetto al primo punto si può riprendere e sintetizzare il pensiero degli studiosi statunitensi [Pine e Gilmore, 2000] nel seguente modo233: • Le materie prime (commodity) sono materiali fungibili estratti dal mondo naturale; • I beni sono manufatti tangibili standardizzati e immagazzinabili; • I servizi sono attività intangibili personalizzate in base alle richieste individuali di clienti conosciuti. I prestatori di servizi utilizzano beni per eseguire operazioni su un cliente (es. taglio dei capelli) o sui beni da lui posseduti (es. riparazione del computer). In generale i clienti danno maggior valore ai vantaggi che derivano dai servizi che non ai beni necessari per fornirli: i servizi svolgono compiti specifici che i clienti vogliono vedere svolti ma che non vogliono fare loro stessi e i beni non fanno altro che fornire i mezzi; • Le esperienze sono eventi memorabili che coinvolgono gli individui sul piano personale. L’offerta economica delle esperienze si verifica ogni qualvolta un’impresa utilizzi intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per coinvolgere un individuo. Coloro che acquistano un’esperienza attribuiscono valore al fatto di essere coinvolti in qualcosa che l’impresa svela loro nel tempo; • Le trasformazioni sono cambiamenti individuali ed efficaci prodotti sull’individuo. L’offerta di trasformazioni consiste nel guidare l’individuo in una serie d’esperienze che modificheranno l’essenza stessa dell’aspirante verso l’obbiettivo prefisso234; 233 Cfr anche Pencarelli e Forlani [2002, p.239-242]. 133 Fabio Forlani Fig. 5.2 - Tabella delle distinzioni economiche Offerta economica Economia Commodity Agricola Beni Industriale Servizi Dei servizi Esperienze Delle esperienze Trasformazioni Di trasformazione Funzione economica Estrarre Fabbricare Fornire Mettere in scena Condurre Natura dell’offerta Fungibile Tangibile Intangibile Memorabile Efficace Attributo chiave Naturale Standardizzato Personalizzato Personale Individuale Venditore Immagazzinato in massa Commerciante Rifornito dopo la produzione Produttore Erogato su richiesta Fornitore Acquirente Mercato Utilizzatore Cliente Ospite Aspirante Caratteristiche Aspetti Benefici Sensazioni Tratti Metodo di fornitura Fattori di domanda Rivelato dopo un Duraturo nel tempo certo periodo Inscenatore Generatore Fonte: Pine e Gilmore [2000, p.212]. Secondo gli autori, nelle società industrializzate si assiste allo sviluppo dell’economia delle esperienze per una serie di motivi, tra i quali vale la pena ricordare il progresso tecnologico235, la crescita dell’intensità della competizione236 e la crescita della ricchezza237. Il modello della progressione del valore economico o modello per stadi evolutivi della domanda238 di mercato (secondo punto in discussione) è sicuramente da considerare il cuore della visione economia proposta da questi autori. Secondo questo modello, la domanda del mercato viene, inevitabilmente, saturata da un’offerta sempre più ampia e a costi decrescenti (massificazione), ma contemporaneamente si viene a formare una nuova domanda di tipo “superiore”. Gli autori, che fanno riferimento alla società americana, affermano che si sia già assistito alla massificazione delle commodity ed al passaggio ad un’economia fondata sull’offerta dei beni, alla massificazione dei beni ed al passaggio ad un’economia basata sull’erogazione di servizi. Essi ritengono, inoltre, che in questo momento si stia verificando una forte massificazione dei servizi e che, contemporaneamente, si assista ad una forte crescita della domanda di esperienze. Nell’ipotesi di Pine e Gilmore il XXI secolo sarà caratterizzato dal passaggio dall’economia dei servizi ad un’economia centrata sulla messa in scena delle esperienze. Come esposto in fig. 5.3, secondo tali autori la continua ricerca di varietà da parte della domanda rende ipotizzabile, in futuro, la massificazione delle esperienze ed il consolidamento di una forma d’offerta economica capace di andare oltre le stesse esperienze: l’offerta di trasformazioni. Queste seguiranno le esperienze e costituiranno la risposta alla prevedibile massificazione delle esperienze239. 234 “Ma che cosa cercano quelle persone quando intraprendono tutte quelle attività (faticare nelle palestre, ricorrere allo psicoterapeuta, frequentare una business school, nda)? Esperienze senza dubbio. Ma c’è molto di più: vogliono trasformarsi, diventare diversi. Benché le esperienze siano meno transitorie dei servizi, l’individuo che vive l’esperienza spesso vuole qualcosa che sia più duraturo del ricordo, qualcosa che vada al di là di quello che qualsiasi bene, servizio o esperienza da solo possa offrire.” [Pine e Gilmore, 2000, p.204]. 235 In primo luogo l’informatica e le nuove tecnologie di comunicazione e riproduzione digitale. 236 L’aumentare della concorrenza porta ad una sempre maggiore ricerca di differenziazione delle offerte delle imprese. 237 Secondo l’economista Tibor Scitovsky “La principale reazione dell’uomo ad una crescente ricchezza sembra essere una maggiore frequenza di festeggiamenti; aumenta il numero delle occasioni considerate degne di essere festeggiate e infine queste diventano routine, per esempio nella forma dei pranzi della domenica” [in Pine e Gilmore, 2000, p.6]. 238 “Ma la risposta più completa si trova nella natura del valore economico e della progressione naturale da merce a bene, poi a servizio e infine a esperienza.” Pine e Gilmore [2000, p.6]. 239 “Con il progressivo allontanamento dell’attività economica dai beni e dai servizi, le imprese che inscenano solo esperienze – senza prendere in considerazione gli effetti che queste esperienze avranno sui partecipanti e senza progettare le esperienze 134 Esperienze, Marketing e Territorio Fig. 5.3 - La progressione del valore economico differenziata Guidare trasformazioni Personalizzazione Mettere in scena esperienze Personalizzazione Posizione competitiva Prestare servizi Personalizzazione indifferenziata mercato Massificazione Esigenze della clientela Massificazione Produrre beni Estrarre commodity rilevante per Massificazione irrilevante per Fissazione del prezzo maggiorato (premiun price) Fonte: Pine e Gilmore, 2000, pag. 207. Dal punto di vista dell’analisi aziendale la progressione del valore economico forma una piramide economica da leggere come una serie di successive offerte costruite su quelle sottostanti (fig. 5.4). Coloro che generano le trasformazioni devono stabilire esattamente la serie esatta di esperienze necessarie a guidare gli aspiranti ai loro obbiettivi. Chi mette in scena le esperienze deve descrivere i servizi che coinvolgono l’ospite, poi metterli in scena in maniera tale da creare un evento memorabile. I fornitori di servizi, a loro volta, devono ideare l’appropriata configurazione di beni che permettano loro di fornire una serie di attività intangibili desiderate dal cliente. I produttori di manufatti ovviamente devono individuare le commodity da utilizzare come materie prime per i prodotti tangibili da loro creati per gli utenti. I commercianti di commodity devono scoprire dove si trovano questi materiali ed estrarli dal mondo naturale per i mercati che essi servono. Figura 5.4 – La piramide economica Determinare e guidare trasformazioni Descrivere e inscenare esperienze Individuare e prestare servizi Sviluppare e produrre in modo tale da creare il cambiamento desiderato – vedranno alla fine massificate le loro esperienze.”Pine e Gilmore [2000, beni p.205]. 135 ed estrarre Scoprire commodity Fabio Forlani Fonte: Pine II e Gilmore, 2000, p.219. Seguendo la logica utilizzata dagli autori possiamo affermare che il prodotto che vende un’impresa, e quindi il business in cui compete, è definito da “ciò per cui fa pagare”240. In questo modo si può affermare che la proposta economica (tipologia di prodotto) che un’organizzazione sta effettivamente offrendo al mercato è quella per cui essa si fa consapevolmente e deliberatamente pagare. Pertanto: - Se i clienti pagano il materiale fungibile estratto, allora essi desiderano materia (commodity) e l’impresa che le estrae è nel business delle materie prime (commodity); - Se i clienti pagano i manufatti tangibili, standardizzati e immagazzinati, allora essi desiderano beni e l’impresa che li costruisce è nel business dei beni; - Se i clienti pagano le attività intangibili svolte per loro conto, allora essi desiderano servizi e l’impresa che li eroga è nel business dei servizi; - Se i clienti pagano per vivere delle emozioni memorabili, allora essi desiderano esperienze e l’impresa che le mette in scena è nel business delle esperienze; - Se i clienti pagano i cambiamenti ottenuti, allora essi vogliono trasformazioni e l’impresa che le guida è nel business delle trasformazioni; Data la progressione del valore economico e la piramide del valore economico, le imprese possono decidere quale tipologia di prodotto progettare, produrre e vendere, e quindi in quale business competere. Tale scelta dovrà essere fatta in base ad una appropriata analisi della domanda e ad una altrettanto dettagliata valutazione delle risorse e delle competenze possedute. La progressione del valore economico indica, infatti, che le offerte di ordine superiore, essendo ritenute di maggior valore per la domanda, hanno un’attrattività maggiore per l’impresa: c’è la possibilità di applicare un prezzo maggiorato e favoriscono il presidio di una posizione competitiva differenziata. Tuttavia esse richiedono specifiche risorse e competenze per essere allestite e mantenute competitivamente nel lungo termine. Come evidenziato da Pine e Gilmore la semplice distinzione fra materie prime, beni e servizi non è più sufficiente per effettuare un’efficace analisi strategica delle aspettative e dei comportamenti dei consumatori. Tale situazione apre alle imprese e anche ai sistemi territoriali, nuove prospettive e nuove frontiere di business241: “La storia del progresso economico consiste nel far pagare qualcosa per ciò che un tempo era gratuito. In un’Economia delle Esperienze matura, invece di contare solamente sui nostri mezzi per fare esperienza del nuovo e meraviglioso – come si è fatto per lungo tempo – sempre più spesso pagheremo imprese che mettano in scena per noi delle esperienze, proprio come ora paghiamo le imprese 240 Pine e Gilmore [ 2000, p.72 e p.237]. “Gli esseri umani hanno sempre cercato esperienze nuove ed eccitanti per apprendere e crescere, sviluppare e migliorare, riparare e riformare. Ma con il progresso crescente nell’Economia delle Esperienze, molto di ciò che in precedenza è stato ottenuto attraverso le attività non economiche si troverà in modo crescente nel mondo del commercio. Tutto ciò rappresenta un cambiamento significativo. Significa che per ciò che un tempo ci procuravamo gratis, adesso paghiamo un prezzo.” Pine e Gilmore [2000, p.204]. 241 136 Esperienze, Marketing e Territorio per servizi che un tempo svolgevamo noi stessi, prodotti che fabbricavamo noi stessi e materiali di base che ricavavamo noi stessi.”242 Per concludere, i prodotti che possono essere scambiati sul mercato, (aumentando il processo di specializzazione e di divisione del lavoro, superando così la tendenza all’autoproduzione), nella prospettiva dell’economia delle esperienze, possono essere suddivisi in cinque macro categorie o tipologie di prodotti: Materie prime, Beni, Servizi, Esperienze, Trasformazioni243. 5.4 Le caratteristiche dei Servizi, delle Esperienze e delle Trasformazioni Pine e Gilmore [2000, p.2] ritengono che “Le esperienze ci sono sempre state, ma i consumatori, le aziende e gli economisti le hanno sempre raggruppate in blocco nel settore servizi, insieme ad attività poco eccitanti quali la pulitura a secco, le riparazioni dell’auto, la distribuzione all’ingrosso e il servizio telefonico.” e anche [2000, p.211-212] “Come nel caso delle esperienze, qualcuno sicuramente affermerà che ciò che noi definiamo trasformazioni in realtà non è altro che una sottoclasse dei servizi. Ma c’è troppa differenza tra mangiare in un Mc-Donalds e tonificarsi in un fitness center, tra fornire relazioni informative e partecipare ai risultati finanziari, e fra pulire un abito e purificare un anima, per classificarli tutti in un'unica offerta economica. Le trasformazioni sono effettivamente un’offerta economica distinta, diversa dalle esperienze tanto quanto le esperienze lo sono dai servizi.” Partendo, quindi, da tale prospettiva si cercherà di evidenziare le caratteristiche che permettono di scindere quelli che sono sempre stati classificati genericamente prodottiservizio244 in tre categorie: i prodotti-servizio, i prodotti-esperienza, i prodotti-trasformazione. Secondo Pine e Gilmore: • “Nel comprare un servizio una persona acquista una serie di attività intangibili che vengono svolte per suo conto”245 e ancora “i servizi svolgono compiti specifici che i clienti vogliono vedere svolti ma che non vogliono fare loro stessi”246. • “quando compra un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una rappresentazione teatrale, per coinvolgerlo a livello personale”247 “le esperienze sono memorabili […] Le proposte economiche di un tempo restano distanti, all’esterno dell’acquirente, mentre le esperienze sono personali, hanno luogo all’interno dell’individuo che viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale o anche spirituale. Il risultato? Due persone non possono avere la stessa esperienza, punto e basta. Ciascuna esperienza deriva dall’interazione fra l’evento inscenato e la precedente condizione mentale ed esistenziale dell’individuo.”248. • “Ma che cosa cercano quelle persone quando intraprendono tutte quelle attività (faticare nelle palestre, ricorrere allo psicoterapeuta, frequentare una business school, nda)? Esperienze senza dubbio. Ma c’è molto di più: vogliono trasformarsi, diventare diversi. Benché le esperienze siano meno transitorie dei servizi, l’individuo che vive l’esperienza spesso vuole qualcosa che sia più duraturo del ricordo, qualcosa 242 Pine e Gilmore [2000, p.78]. Per un analisi critica a tale impostazione vds Brunetti [2004, p.74-78]. 244 Cfr Groonros [1994 e 2002]; Mauri [2002]; Bateson e Offman [ 2000]; Zeithaml e Bitner [2000]; Berry e Parasuraman [1992]; Eingler e Langeard [1988]; Norman [1985]. 245 Pine e Gilmore [2000, p.2, grassetto nostro]. 246 Pine e Gilmore [2000, p.10, grassetto nostro]. 247 Pine e Gilmore [2000, p.2, grassetto nostro]. 248 Pine e Gilmore [2000, p.14, grassetto nostro]. 243 137 Fabio Forlani che vada al di là di quello che qualsiasi bene, servizio o esperienza da solo possa offrire.”249 “Una trasformazione è ciò che la persona fuori forma, la persona emotivamente turbata, i giovani manager, il paziente in ospedale e l’impresa in difficoltà, tutti desiderano veramente.”250 “Gli acquirenti delle trasformazioni desiderano essere guidati verso uno specifico obiettivo o scopo, e le trasformazioni devono generare l’effetto cui si mira. Ecco perché definiamo gli acquirenti aspiranti: essi aspirano ad essere qualcosa di diverso.”251 “Con le trasformazioni l’offerta economica di un’impresa è la persona o l’impresa modificata da ciò che la prima impresa fa. Con le trasformazioni il cliente è il prodotto! L’acquirente individuale di una trasformazione dice in sostanza: “Cambiatemi”.”252 Nell’ampia letteratura di management e marketing dei servizi253, come precedentemente evidenziato, si parla genericamente di servizi per definire tutto ciò che è terzo (settore terziario) rispetto all’output di agricoltura e industria manifatturiera. I servizi, così definiti in senso ampio, presentano le seguenti caratteristiche comuni254 che li distinguono dai beni fisici: 249 Pine e Gilmore [2000, p.204, grassetto nostro]. “La persona che si iscrive a un fitness center non paga per la sofferenza fisica ma per un regime di esercizi continuo che migliorerà il suo benessere fisico. Analogamente, le persone tornano dagli psicoterapeuti finché non notano miglioramenti nel loro benessere mentale o emotivo. Le persone frequentano le Business School perché vogliono incrementare il proprio benessere professionale e finanziario. […] Nel settore sanitario, il paziente vuole qualcosa di più dei farmaci e dei servizi medici o anche dell’esperienza ospedaliera: vuole stare bene. Lo stesso vale per la consulenza manageriale in cui l’impresa in difficoltà vuole qualcosa che vada al di là dei beni informazionali, dei servizi di consulenza o anche delle esperienze educative: vuole crescere.” Pine e Gilmore [2000, p.204-205]. 251 Pine e Gilmore [2000, p.213, grassetto nostro]. 252 Pine e Gilmore [2000, p.214, grassetto nostro]. 253 Cfr Mauri [2002, p.6-26]; Bateson e Hoffman [2000, p.12-31]; Zeithaml e Bitner [2000, p.9-15]; Pellicelli [1997, p.44]; Gronroos [1994, p.25-37]; Lovelock [1983, p. 9-20]; Berry [1980, p. 9-11]. 254 Secondo Zeithaml e Bitner [2002, p. 9] “C’è un accordo generale sul fatto che esistono delle differenze intrinseche tra beni e servizi, e che esse determinano delle problematiche di management particolari, o quanto meno diverse per le aziende di servizi e per le imprese industriali (manifatturiere, ndr) che hanno nei servizi un’offerta di primo piano. Queste differenze, con le implicazioni di marketing, sono visualizzate in fig. 5.5. ” 250 Fig 5.5: I servizi sono un’altra cosa Beni Servizi Tangibili Intangibili Standardizzati Eterogenei Implicazioni legate alla differenza tra beni e servizi • • • • • • La produzione è separata dal consumo La produzione consumo simultanei Non deperibili Deperibili e il sono • • • • • • I servizi non si possono immagazzinare I servizi non si possono brevettare I servizi non si possono esibire, né comunicare istantaneamente Il princing è difficile L’erogazione del servizio e la soddisfazione del cliente dipendono dalle azioni del personale Non c’è certezza sul fatto che il servizio erogato sia in linea con quanto pianificato e reclamizzato I clienti partecipano alla transazione e la condizionano I clienti si condizionano a vicenda I dipendenti incidono sulla qualità del servizio La decentralizzazione è essenziale Nei servizi è difficile sincronizzare la domanda e l’offerta I servizi non si possono restituire, né rivendere Fonte: Parasuraman, Zeithaml, Berry, [1985], A Conceptual Model of Service Quality and Its Implicatins for Future Research, p. 41-50, in Zeithaml, Bitner, [2002, p.10]. Mauri [2002, p.7] evidenzia che, in letteratura, le quattro caratteristiche definite da Zeithaml e Bitner sono le più elencate. Egli però in accordo con Gronroos [2002, p.60] aggiunge l’essenza di trasferimento di proprietà: “A nostro parere particolare importanza riveste la caratteristica dell’assenza di proprietà, peraltro non contemplata da tutti gli autori,. Infatti la possibilità 138 Esperienze, Marketing e Territorio • • Intangibilità : i servizi sono azioni255, prestazioni, processi, che non si possono “toccare con mano” o vedere allo stesso modo dei beni materiali; Inseparabilità (simultaneità) fra produzione e consumo : mentre i beni vengono prima prodotti, poi venduti e infine consumati, i servizi sono prima venduti, poi simultaneamente prodotti e consumati256; di trasferimento di proprietà testimonierebbe una durata nel tempo dell’oggetto del trasferimento, caratteristica che invece non è propria dei servizi.” [Mauri, 2002, p.9]. Fig. 5.6: Differenze fra servizi e prodotti fisici Prodotti fisici Tangibili Omogenei Produzione e distribuzione sono separate dal consumo Una cosa, un oggetto Il valore essenziale viene prodotto in fabbrica I clienti (normalmente) non partecipano al processo di produzione Possono essere tenuti in magazzino Trasferimento di proprietà Servizi Intangibilità Eterogeneità Produzione, distribuzione e consumo sono processi simultanei Un’attività o un processo Il valore essenziale viene prodotto nelle interazioni venditore/acquirente I clienti partecipano alla produzione Non possono essere tenuti in magazzino Non c’è trasferimento di proprietà Fonte: Gronroos [2002, p.60] In questa sede non si condivide tale approccio in quanto si ritiene che nella transazione tra venditori e clienti di prodottiservizio, prodotti-esperienze e prodotti-trasformazioni avviene il trasferimento di proprietà del prodotto stesso. In altre parole il prodotto nasce dall’interazione e/o dal processo, ma il risultato di tale operazione diviene di proprietà del cliente. 255 Per Groonros [2002, p.59-60] “I servizi sono processi che consistono in attività o serie di attività, e non cose; […] La caratteristica di gran lunga più importante dei servizi è la loro natura di processo.” per Bateson, Hoffman [2000, p.13] “Un servizio è tale nella misura in cui il beneficio prodotto per il cliente dipende da un attività di servizio piuttosto che da un bene materiale.” 256 “L’erogazione e il consumo (o meglio la fruizione) della maggior parte dei servizi, sono inseparabili. E ciò diversamente da quanto avviene nella produzione dei beni fisici. Infatti, la produzione e il consumo dei beni materiali sono due attività distinte e cronologicamente separate. Le imprese solitamente producono i beni in una unità produttiva, li conservano in magazzini e poi procedono al loro trasporto verso i luoghi dove saranno acquistati dai clienti; segue infine, talvolta anche molto tempo dopo la loro produzione, la fase del loro consumo. In questo modo le aziende produttrici di beni materiali, da un lato possono raggiungere economie di scala tramite la centralizzazione della produzione e dei controlli di qualità, dall’altro possono definire convenientemente i timing dei processi produttivi e distributivi. Ciò grazie al fatto che produzione e consumo sono separati. Al contrario la produzione e il consumo di un servizio non possono essere separati. Il produttore ed il consumatore devono interagire e l’erogazione avviene in un certo luogo e in un certo momento, che sono definiti da entrambi gli attori del processo.” [Mauri, 2002, p.12] Per Bateson e Hoffman [2000, p.13] “I benefici delle attività di servizi sono generati tramite un’esperienza interattiva che, in misura variabile, coinvolge il cliente”. L’inseparabilità fra produzione e consumo dei servizi dipende dalla natura stessa dei servizi che determina il modello di erogazione del servizio [Bateson e Hoffman, 2000, Eiglier e Langeard, 1988] evidenziato in figura. Figura 5.7: Il modello di erogazione del servizio (servuction model) Tratto da: Bateson, Hoffman [2000, p. 16] Dal modello di erogazione del sevizio discende che i consumatori fanno parte del sistema produttivo. Questo determina le seguenti implicazioni [Bateson, Hoffman, 2000]: • Occorre confrontarsi con la natura interattiva dei servizi e con la partecipazione del consumatore nel processo di erogazione. Tale partecipazione può essere attiva o passiva. Per Palmer [in Mauri, 2002. p.13] questo equivale ad dire che 139 Fabio Forlani • • Variabilità (Eterogeneità): c’è sempre una potenziale variabilità257 nella prestazione del servizio258. Nei servizi molto spesso succede che clienti diversi ricevono servizi diversi a parità di altre condizioni (personalizzazione); Deperibilità : i servizi non possono essere immagazzinati e conservati259, non possono essere restituiti se difettosi; Mauri [2002] ed altri autori260 sottolineano che vi sia una tendenza alla convergenza fra beni e servizi. Questi studi hanno sottolineato, infatti, sia la crescita di importanza dell’immaterialità nelle offerte industriali sia l’industrializzazione e la standardizzazione (massificazione) nella produzione di servizi. Questi autori ipotizzano che la convergenza fra beni e servizi possa assumere la forma: 1. di una loro integrazione come “Pacchetto di offerta composto di beni e servizi, ossia di elementi tangibili e da elementi intangibili” Mauri [2002, p.28]. 2. di una loro reciproca sostituzione.“La sostituzione può assumere le seguenti forme: o trasformazione di servizi in beni (in cui vengono incorporati); […] o trasformazione di beni in servizi; […]” Mauri [2002, p.29]. A nostro avviso l’analisi effettuata da Mauri conferma le tendenze dell’economia occidentale evidenziate da Pine e Gilmore [2000 e 2002] attraverso il modello della progressione del valore economico. Rispetto al primo punto, il pacchetto offerto può (configurandosi come sistema di prodotto di valore maggiore per il cliente) presentarsi sia come opzione di differenziazione del bene attraverso l’inserimento di componenti di servizio (es. differenziazione attraverso la personalizzazione) sia come prodotto di ordine superiore, ossia servizio o esperienza. Anche il secondo punto descrive, in un'altra prospettiva lo stesso fenomeno di salita o discesa lungo la progressione del valore economico. Infatti la trasformazione di servizi in beni in cui vengono incorporati è stata descritta da Pine e Gilmore come massificazione e regressione del valore economico. La trasformazione da beni in servizi (che incorporano i primi) è stata i consumatori sono Co-produttori del servizio, spesso sono co-consumatori del servizio con altri consumatori, spesso si devono muovere verso il luogo di produzione. • Chiunque entra in contatto con il consumatore presta il servizio; • Come il cliente fa parte del processo di erogazione, così il personale di contatto con il pubblico fa parte dell’esperienza del servizio; • Diversamente dai beni, i dipendenti a contatto con il pubblico non sono oggetti inanimati e, essendo umani, sono soggetti a variazioni che non possono essere controllate dal processo di erogazione del servizio; • I sentimenti e le emozioni del personale sono immediatamente visibili agli occhi del cliente e possono incidere sull’esperienza del servizio, sia positivamente che negativamente; • Qualunque cosa entra in contatto con il consumatore presta il servizio. Diviene allora fondamentale il luogo di produzione del servizio. La maggior parte dei servizi viene, infatti, consumata nel luogo di produzione (fattore spazio). Quindi l’impresa erogatrice è chiamata a rendere disponibile il suo prodotto in una quantità di luoghi diversi e in ogni luogo in cui si realizza il servizio deve avere il suo proprio “stabilimento”. 257 La variabilità è intesa come non uniformità qualitativa e quantitativa dell’output. 258 Secondo Mauri [2002, p.14] “la variabilità (eterogeneità), in sostanza comprende due dimensioni:  La variazione degli standard produttivi, sia in termini di risulti, sia in termini di processi;  La volontaria variazione del servizio per soddisfare le specifiche esigenze del consumatore finale.” 259 Come evidenziano Bateson e Hoffman [2000, p.18-19] la non conservabilità dei servizi (niente scorte) determina che: • Per ricevere il beneficio desiderato il consumatore deve far parte del sistema di produzione. E’ quindi impossibile immagazzinare i servizi; • Le prestazioni di servizio avvengono in tempo reale. I servizi sono, per cui, influenzati dal fattore tempo: o Il servizio viene prodotto e fornito quando il consumatore lo richiede; o La prestazione del servizio è confinata al limitato spazio di tempo che intercorre fra l’ordinazione e la consegna; o I consumatori tendono a utilizzare i servizi in certi periodi (stagionalità); • Nelle imprese che producono beni, le scorte hanno la funzione di separare le attività di marketing da quelle produttive. Nelle imprese di servizi, marketing e produzione interagiscono costantemente, a causa dell’impossibilità d’immagazzinare il prodotto; 260 Si vedano Rispoli e Tamma [1992], Dall’Ara [1995] e Grandinetti [1994]. 140 Esperienze, Marketing e Territorio invece descritta come salto di business e crescita del valore (personalizzazione del prodotto e/o progettazione di un prodotto di categoria superiore per il cliente). A nossrto avviso è possibile chiarire i concetti appena espressi attraverso una versione modificata della progressione del valore economico: Fig. 5.8 - La progressione del valore economico Trasformazione differenziata rilevante per Esperienza diff. Personalizzazione Massificazione (standardizzazione) Esperienza Servizio diff. Posizione competitiva Massificazione (standardizzazione) Personalizzazione Esigenze della clientela Servizio Bene diff. Personalizzazione Massificazione (standardizzazione) Bene indifferenziata Materia diff irrilevante per Massificazione (standardizzazione) Personalizzazione Materia mercato Fissazione del prezzo maggiorato (premiun price) Fonte: Modificato da Pine e Gilmore [2000, p.207] In questo lavoro, partendo dal concetto di prodotto [cfr §3.3], si ipotizza di poter suddividere gli output aziendali (prodotti) nelle categorie materie, beni, servizi, esperienze e trasformazioni in base alla valutazione delle seguenti caratteristiche: 1. Intangibilità del prodotto; 2. Partecipazione del cliente (separabilità fra produzione e consumo); 3. Fattore luogo di produzione (separabilità fra produzione e consumo); 4. Fattore tempo di produzione (separabilità fra produzione e consumo); 5. Variabilità del prodotto (eterogeneità o personalizzazione); 6. Deperibilità del prodotto (non immagazzinabilità del prodotto); Fig. 5.9 – I prodotti che possono essere progettati prodotti e venduti nella prospettiva dell’economia delle esperienze Variabilità del prodotto (Personalizzazione) + Intangibilità 141 Trasformazioni Esperienze + Fabio Forlani Fonte: nostra elaborazione La rappresentazione grafica evidenzia che i prodotti di maggior valore per il cliente sono anche più complessi, nel senso che emergono (si compongono racchiudendoli al loro interno) da un sistema di prodotti di livello inferiore (cfr con la piramide economica fig. 5.4). Attraverso i concetti di emergenza e della strutturazione a livelli gerarchici dei sistemi (cfr. cap.3) si evidenzia, in questo modo, il rapporto esistente fra le varie tipologie di prodotti che le imprese possono progettare, produrre e vendere: - La possibilità d’offerta di forme superiori è vincolata dalla disponibilità, coerente ed adeguata, di forme d’offerta di ordine inferiore261 . - Quando gli attori dell’offerta si fanno pagare per i beni venduti o per i servizi erogati essi stanno consapevolmente vendendo beni e/o servizi. Ciò non vuol dire, però, che il sistema, complessivamente (es. il sistema commerciale di un centro storico), non stia producendo (o mettendo in scena) esperienze e/o trasformazioni. Anzi, nei sistemi d’offerta complessi (non preordinati e non controllati) si assiste comunemente, accanto alla vendita di proposte economiche consapevoli, all’emersione inconsapevole dell’offerta di prodotti-esperienze e prodotti-trasformazioni. Si può affermare che, qualora questo si verifichi, il sistema (es. il sistema commerciale di un centro storico) sta regalando esperienze (se è inconsapevole) o le sta utilizzando come una strategia competitiva per differenziare (se è consapevole) l’offerta dei propri sub-sistemi (imprese di servizio) da quella degli attori di altri sistemi commerciali (es. centro commerciale sito in periferia)262. 261 Come evidenziato giustamente da Brunetti [2004, p.60] “L’orientamento in chiave esperienziale del business richiede infatti conoscenze, competenze e risorse nuove e specifiche. Nuove, perché la trasformazione dell’output dell’impresa in esperienza non rientra nel tradizionale bagaglio professionale del manager, scarsamente avvezzo a pensare in termini propositivi alla fase d’interazione tra cliente e prodotto. Specifiche, perché la trasformazione dell’output dell’impresa in esperienza richiede una forma mentis particolare, secondo cui non si concepisce più il prodotto come uno strumento che il cliente può e deve utilizzare, ma come una chiave per l’accesso ad una esperienza in cui l’impresa gioca un ruolo molto più attivo.” 262 Pine e Gilmore sostengono, infatti, che le imprese possono aumentare la propria competitività all’interno di un business incrementando il loro valore con aspetti dell’offerta economica superiore (differenziare l’offerta di beni e servizi esperenziandoli): “Molti beni includono più di un aspetto esperenziale aprendo aree di differenziazione. ... Se in veste di produttore si comincia a pensare in questi termini – esperenziare le cose – presto i prodotti saranno circonfusi da servizi che aggiungono valore all’atto di usarli e magari poi tali servizi saranno a loro volta circonfusi da esperienze che renderanno 142 Esperienze, Marketing e Territorio - Il salto di livello dall’offerta manageriale di servizi all’offerta manageriale di esperienze (e/o trasformazione) richiede, comunque, che queste non emergano dalle interazioni casuali, ma che siano il frutto di un’attività gestionale finalizzata alla loro messa in scena. In questa prospettiva le imprese e i sistemi d’imprese, le organizzazioni non profit, i sistemi d’offerta territoriali, ecc. possono e devono scegliere quali prodotti offrire, alle persone e alle organizzazioni che operano nel mercato, secondo una logica di portafoglio in cui sia prevista l’integrazione delle diverse categorie di offerta. I singoli prodotti possono, poi, essere offerti in forma di “pacchetto” o in forma sciolta in base alle singole scelte aziendali. Se si assume che la dinamica della domanda seguirà le tendenze delineate dalla progressione del valore economico, ne consegue che gli operatori economici debbano prendere coscienza dell’esigenza dei clienti di avere a disposizione un sistema d’offerta che preveda prodotti differenziati (più alternative della stessa tipologia di prodotto) e diversificati (prodotti appartenenti a business differenti) ma accomunati da un tema263 unico che funga da collante264. L’ipotesi di fondo di Pine e Gilmore sostanzialmente è la seguente: le imprese e i sistemi d’offerta per essere competitivi nel XXI secolo dovranno avere nel loro portafoglio d’offerta dei prodotti esperienze e dei prodotti trasformazione. 5.5 Economia delle esperienze vs marketing esperienziale? Il “marketing esperienziale” teorizzato da Schmitt si differenzia, a nostro avviso, dall’impostazione dell’economia delle esperienze di Pine e Gilmore [2000] poiché pone l’attenzione sull’esperienza del consumo e non sull’esperienza come prodotto265. Obiettivo primario della strategia di marketing esperienziale è, infatti, quello di individuare che tipo di esperienza valorizzerà al meglio i beni e i servizi dell’impresa. A tale proposito Pine e Gilmore ritengono che non è loro obiettivo occuparsi di “experiencial marketing” o di un nuove formule di marketing266, poiché l’economia delle esperienze non consiste nel trovare nuove formule per comunicare con il cliente, ma semplicemente nel dare al cliente ciò che lui vuole: l’esperienza. Essi arrivano infatti a sostenere che: “As Peter Drucker rightly articulated in The Practice of Management, <The aim of marketing is make selling superfluous>. To that we add: the aim of experiences is to make marketing superfluous. For this work, it’s crucial that the experiences you create be treated as distinct l’utilizzarli memorabile. Qualsiasi bene può essere esperienziato.” [2000, p.19]. Questa è in definitiva, anche se in altri termini, la posizione del marketing esperienziale [§5.2]. 263 Codeluppi [2001], interessanti sembrano anche i collegamenti con il marketing tribale [Badot e Cova, 2003] in cui il tema rappresenta la passione della “tribù”; 264 In questa direzione sembrano muoversi i punti vendita tematici o concept store. Secondo Codeluppi [2001, p.405] sono “Dei luoghi le cui componenti ruotano attorno ad un unica tematica e dove prima dei prodotti ciò che si vuole vendere è la gratificante esperienza che il consumatore può provare nel negozio stesso, che deve esprimere una vera e propria filosofia dell’azienda, messa in scena in maniera spettacolare attraverso un particolare arredo.” 265 “These three phenomena represent (The Omnipresence of Information Technology, The Supremacy of the Brand, The Ubiquity of Communications and Entertainment, ndr) the early sings of an entirely new approach to marketing, if not to business as a whole.” Schmitt, 1999, p.54. 266 “We see many companies today foundering in how to market their offering thatks to the demise of mass markets, the ineffectiveness (and unmeasurability) of advertising, and the seeming failure of using the World Wide Web as an effective marketing vehicle. That’s why we also see a plethora of “adjective-based” marketing ideas: to name just a few, think of guerrilla marketing, permission marketing, viral marketing, even emotion marketing and emotional marketing. Each type may have something valuable to say, but never really addresses the heart to problem: People have become relatively immune to messages targeted at them. The way to reach your customers is to create an experience within them. To be clear, we’re not talking about <experiential marketing> - making your marketing promotions more experiential. That’s all well and good, but as yet another adjective-based idea it only affects marketing materials around the edges. We are talking about a fundamentally new way of attracting and retaining your customers through creating new experience offerings. Its not about experience marketing, but rather marketing experience.” Pine e Gilmore [2002, p. 5]. 143 Fabio Forlani economic offerings, not as a marketing exercise alone that engage your customers and create memories within them.” [Pine e Gilmore, 2002, p.5]. Evidenziato quindi che esiste una profonda differenza fra il marketing esperienziale di Schmitt e l’economia delle esperinze di Pine e Gilmore, cercheremo ora d’inserire queste due prospettive all’interno di un quadro unitario. Si ritiene, infatti, possibile collocare le due impostazioni nel continuum esperienziale di fig. 5.10 [Filser, 2002]267. Fig. 5.10 – Il continuum esperienziale Contenuto esperienziale debole Beni e servizi a contenuto prevalentemente funzionale Beni e servizi ad arricchimento (con rivestimento esperienziale) Prodotti esperienze Contenuto esperienziale forte Fonte: nostra elaborazione su Filser [2002] in Carù e Cova [2003]. All’estremo sinistro del continuum si trovano i beni o più genericamente i prodotti a contenuto esperienziale debole per i quali predomina il contenuto funzionale; all’altro estremo si trovano invece i prodotti esperienze. Nelle posizioni centrali possono trovare collocazione vari prodotti (beni e servizi) che hanno <un rivestimento esperienziale>. In questo quadro è possibile collocare il modello di Schmitt in posizione intermedia (modello manageriale finalizzato a creare prodotti con rivestimento esperienziale) e collocare il modello di Pine e Gilmore nell’estremo con contenuto esperienziale forte (modello manageriale finalizzato a creare prodotti-esperienza). Possiamo però dare anche un’altra chiave di lettura al fenomeno. Parlando della teoria dei sistemi complessi dinamici [vds cap.2] avevamo infatti visto che l’evoluzione avviene per autorganizzazione268 e per scalini di complessità. In particolare si è visto che nell’evoluzione si alternano continuamente due fenomeni, l’emergenza di un nuovo livello gerarchico e le radiazioni all’interno di tale livello, fino a quando non si supera una soglia critica di complessità e non emerge il livello gerarchico successivo [Gandolfi, 1999, p.123]. In base a teli teorie evolutive possiamo per cui ipotizzare che la progressione del valore economico altro non sia che la scala evolutiva lungo la quale si sono spostate le imprese nel XX secolo. Le imprese, salendo i livelli di complessità, sono passate da forme d’offerta economiche semplici (commodity) a forme d’offerta più complesse (beni, servizi ed ora esperienze). In questa prospettiva, le politiche di differenziazione, in questo quadro, altro non sono che la faccia economica-aziendale del fenomeno della radiazione. In questa prospettiva il modello di Pine e Gilmore, pare allora avere potenzialità molto superiori a quello di Schmitt. Esso, infatti, non affronta il problema operativo e contingente della differenziazione, ma quello strategico della necessità di salire verso forme d’offerta a maggior complessità e a maggior valore per il cliente (diversificazione). 267 Citato in Carù e Cova [2003]. “Non è solo la selezione naturale che determina il percorso evolutivo. La selezione naturale può agire solo come filtro in un sistema che presenta sufficiente variabilità interna, favorendo alcuni elementi del sistema a scapito di altri; si tratta quindi di un processo <distruttivo>, di sfoltimento (intelligente) della variabilità. Gli esseri viventi in quanto sistemi altamente complessi hanno invece la capacità di creare nuove strutture, nuove funzionalità, nuovi comportamenti mediante l’autorganizzazione di elementi già presenti. Un processo creativo dunque. (…) < ci sono solo due modo per creare cose estremamente complesse: uno è l’ingegneria, l’altro è l’evoluzione. E dei due è l’evoluzione che crea le cose più complesse>” Gandolfi [1999, p.121] 268 144 Esperienze, Marketing e Territorio Fig 5.11 – Marketing esperienziale vs Economia delle esperienze ? Livello delle esperienze Emergenza Livello dei servizi Radiazione Emergenza Livello dei beni Fonte: nostra elaborazione Per concludere questa parte vorremmo segnalare che, ad oggi in Italia, sia il marketing esperienziale sia l’economia delle esperienze vengono affrontati con diffidenza dagli studiosi italiani e internazionali. Fra gli autori più autorevoli che hanno evidenziato perplessità (tecniche e morali) nell’utilizzabilità del concetto di prodotto-esperienza e nell’inserimento dell’esperienza umana nelle pratiche economico aziendali vedasi Rifking [2000], Ritzer [1999], Carù e Cova [2003], Brunetti [2004]. 5.6 L’azienda e il modello teatrale: da business a show business ? “Nell’Economia delle esperienze. Gli attori di tutti i tipi – dirigenti, manager e altri lavoratori – devono considerare il proprio lavoro in una prospettiva diversa. Il lavoro è teatro. Pensateci. Fate una pausa. Riflettete. E adesso ditelo ad alta voce: il lavoro è teatro. […] Non intendiamo presentare il lavoro come se fosse teatro. Non è una metafora, bensì un modello.” Pine e Gilmore [2000, p.126] Pine e Glmore nel loro libro il cui titolo originale è “The Experience Economy. Work Is Theatre & Every Business a Stage”, focalizzano la loro attenzione sulla “natura essenzialmente drammatica dell’impresa”. In questo lavoro, si condivide solo parzialmente tale impostazione, poiché si ritiene che a cambiare nell’economia delle esperienze non è la natura stessa del sistema impresa ma la natura del prodotto (output) che l’impresa trasferisce all’ambiente. In questa prospettiva, appare prematuro assumere a riferimento della gestione d’impresa (nel suo complesso) il modello teatrale. Si ritiene infatti che, in prima battuta, deve subire una 145 Fabio Forlani profonda trasformazione la gestione del sistema di produzione269 e non le teorie a riferimento dell’economia e gestione dell’impresa. Queste ultime, casomai, subiranno delle modifiche, forse inavitabili, che discendono dalla necessità di rivedere la produzione. Verremmo sottolineare, però che allo stato attuale, su tali aspetti, non ci sono evidenze empiriche di un qualche rilievo. In questa sede, quindi, si utilizzerà il modello teatrale, ma esso sarà assunto a riferimento nella progettazione e produzione (messa in scena) dei prodotti-esperienze, per le altre attività manageriali e di marketing si farà riferimento alla letteratura di economia e gestione dei sistemi imprenditoriali [vds cap.3 e cap.4]. La parola teatro deriva dal greco “theatron” da “theasthai” che significa guardare come spettatore270. Effettivamente il teatro è un luogo dove lo spettatore è nell’atto di “spectare” cioè guardare con attenzione. Peter Brook, famoso regista, ha dichiarato: “posso prendere qualsiasi spazio vuoto e definirlo un nudo palcoscenico. Un uomo attraversa questo spazio vuoto mentre qualcun altro lo osserva, e questo è tutto ciò che è necessario per cominciare un’azione teatrale”271. Definito il teatro in questo modo, la conseguenza logica è che “Anche quelle imprese che non mettono in scena delle esperienze devono capire che ogni qualvolta un dipendente lavora di fronte ai clienti ha luogo un atto teatrale. Che cosa dovrebbe accadere su quel palcoscenico, e cosa dovrebbe essere relegato al dietro le quinte? […] Quali sono le azioni che rendono avvincente il teatro? […]”Pine e Gilmore [2000, p.126] si può inoltre aggiungere chi sono gli attori? e ancora chi è il regista, lo scenografo, i tecnici, ecc? In questa prospettiva quindi l’offerta è lo spettacolo. Lo spettacolo è il valore creato dalle imprese per i loro clienti. In questo senso è allora possibile affermare che le imprese che vogliono entrare nell’economia delle esperienze dovranno divenire imprese che producono eventi, performance finalizzate a far vivere delle emozioni ai loro clienti. In definitiva queste imprese diverranno imprese dello spettacolo e non sembra sbagliato, quindi parlare di show business. Stabilito questo, bisogna che non si fraintenda l’utilizzo del termine recitazione, attribuendogli l’accezione negativa di proporre una visione finta o falsa delle cose e del mondo272. Vorremmo, quindi, chiarire che nella nostra prospettiva si recita quando si agisce consapevolmente per entrare in contatto con un pubblico. Recitare non è allora fingere di essere qualcuno o qualcos’altro, anzi, consiste nel fare scoperte interiori, attingere a un patrimonio personale di esperienze di vita e utilizzare tali esperienze per creare un personaggio credibile per il ruolo che si è accettato273. Recitare bene, allora, significa non far mai percepire che si è dentro un personaggio, ma comportarsi coerentemente con il 269 Troviamo conferme sull’utilità del teatro per il management delle imprese di servizi anche da Grove, Fisk e Bitter [1997]. Occorre, però, evidenziare che questi autori ritengono che il teatro sia una metafora e non un modello. 270 Dizionario etimologico della lingua italiana. Tristano Bolelli Editore. 271 Peter Brook, The empty space, Touchstone New York, 1968, p. 9 in Pine e Gilmore [2000 p.129]. 272 Sull’esistenza di un modo “vero” nella prospettiva sistemica vedasi i cap.1 e 2. 273 Il segno evidente di una cattiva recitazione è per un attore ricordare costantemente al pubblico che lui sta recitando. Solo quando un attore è scarsamente preparato a recitare il pubblico percepisce il suo comportamento come finzione. Il grande attore russo Michail Cechov lo spiegò in questo modo: “L’attore di talento legge il testo. Il non attore, o l’attore viziato, legge lo stesso testo. Qual è la differenza tra i due modi di leggere? Il non attore legge in modo assolutamente oggettivo. Gli eventi, le azioni e i personaggi non toccano la sua vita interiore. Egli comprende la trama e la segue come un osservatore, un outsider. L’attore legge in modo soggettivo. Legge attraverso il testo e così facendo inevitabilmente assapora la propria reazione agli avvenimenti del teso teatrale, la propria Volontà, i propri Sentimenti, e le proprie Idee. Il testo, la trama per lui sono solo un pretesto per manifestare, per sperimentare le ricchezze del suo talento, il suo desiderio di recitare.” Michail Cechov, All’attore. Sulla tecnica di recitarezione, citato in Pine e Gilmore [2000, p. 136]. 146 Esperienze, Marketing e Territorio personaggio. Come dice Eric Morris274 “Per generazioni, nel teatro il concetto diffuso con più convinzione è stato che <l’attore diviene il personaggio>. Questo significherebbe che l’attore assume o acquista il comportamento, le idiosincrasie, i pensieri e gli impulsi di un particolare personaggio di un’opera teatrale. Ma io credo che sia vero il contrario: è il personaggio che diventa te!”, possiamo quindi affermare che lo schema del personaggio si “incarna” nel l’attore che lo interpreta. Riprendendo quanto visto in precedenza parlando di emergenza dell’esperienza umana, si può sostenere che il personaggio poggia sulla struttura dell’uomo (attore) e quindi che il personaggio emerga dall’uomo-attore275. Nella prospettiva teatrale l’offerta dell’impresa, la performance, deve essere considerata come un atto teatrale offerto su un palcoscenico, e deve essere gestito dalla compagnia “teatrale”. Fig. 5.12 – Il prodotto esperienza (The service experience as drama) Palcoscenico (Setting) Attore (Actors) Spettacolo (Performance) Pubblico (Audience) Fonte: adattato da Grove, Fisk, Bitner, [1997, p. 74]. Il modello teatrale incorpora i tre elementi specifici del marketing dei servizi (Persone, Processi, Ambiente fisico) e risulta quindi, anche da questa prospettiva, un valido strumento per analizzare i prodotti esperienze [Grove, Fisk, Bitner, 1997]. Fra i modelli teatrali quello che sembra fornire maggiori indicazioni manageriale sembra essere il modello rappresentazionale, sviluppato da Richard Schechner per capire i diversi tipi di “azione scenica”. Esso è centrato su quattro concetti276: 1. il dramma (o trama)277, che risulta centrale per l’intera struttura, consistente in “un testo scritto , partitura, scenario, istruzioni, piano o mappa. Il dramma può spostarsi da un luogo all’altro o da un tempo a un altro indipendentemente dalla persona o dalle persone che lo trasportano” Il dramma illustra il tema dell’esperienza a uso interno, informando gli attori sul cosa fare; 2. il copione, è “tutto ciò che può essere trasmesso di tempo in tempo e di luogo in luogo; il codice di base degli eventi” che “pre-esiste a qualsiasi data azione scenica”. Il copione, 274 Citato in Pine e Gilmore [2000, p. 137]. “Quando assorbite il personaggio nella vostra persona, tutto ciò che siete nei termini del vostro modo unico di relazionarvi con il mondo, i vostri impulsi, pensieri e reazioni, sarà compreso in tutto ciò che fa. È così che un attore compie un’ unica e personale affermazione attraverso ogni parte che recita”. Eric Morris citato in Pine e Gilmore [2000, p. 138]. 276 Schechner, Performance theory, in Pine e Gilmore [2000 p. 132-133]. 277 Secondo Pine e Gilmore [2000, p. 127] “Il concetto di trama di Aristotele – ciò che lui definiva “la disposizione degli eventi” – forma la base di qualsiasi esperienza messa in scena e la sequenza di elementi necessari per creare l’impressione desiderata. I componenti della trama - rovesciamenti sorprendenti, agnizioni, unità ed equilibrio degli eventi, ecc.) spiegano in grande misura ciò che rende memorabile l’esperienza. Analogamente i prerequisiti da lui posti per una rappresentazione convincente - buone scene, idoneità al ruolo interpretato, e coerenza del personaggio - delineano le qualifiche professionali occorrenti a chiunque abbia una parte nella messa in scena di un’esperienza.” . 275 147 Fabio Forlani allora, trasmette il dramma, in modi che trascendono specifici momenti, fatti o convenzioni; 3. il teatro, è “l’evento messo in atto da uno specifico gruppo di attori; ciò che gli attori fanno effettivamente durante la produzione (…) la manifestazione e/o la rappresentazione del dramma e/o del copione”; 4. la performance, “è l’intera costellazione di eventi, la maggior parte dei quali passa inosservata, che hanno luogo sia tra gli attori e l’audiance sia all’interno degli attori e del pubblico dal momento in cui il primo spettatore entra nel campo della performance fino al momento in cui l’ultimo spettatore se ne và”. Fig. 5.13 – Il modello rappresentazionale di Schechner Performance Teatro Copione Dramma Fonte: Schechner in Pine e Gilmore, 2000, p.135. Secondo tale modello il teatro (evento messo in scena dagli attori) è vincolato all’interno dal copione e all’esterno dalla performance. Analizzando il modo in cui la performance e il copione cambiano, ossia, se siano dinamici (emergenti) o stabili (predeterminati) si possono individuare varie forme di teatro e quindi di offerta teatrale. Fra tutte le possibili forme di teatro limiteremo la nostra analisi alle tre che, in questa sede si ritengono più significative: Teatro Classico278, Teatro dell’arte279, Teatro dell’improvvisazione280. Fig. 5.14: Le forme di teatro. 278 Per Teatro Classico o di prosa s’intende, in generale, il teatro che oggi è maggiormente rappresentato. Si parla così di commedie, tragedie o quant’altro viene eseguito in spazi dedicati, come i teatri all’italiana, in cui vi è una separazione netta tra il palcoscenico, in cui si esibiscono gli attori, e la platea in cui siede il pubblico. Si porta come esempio il teatro di W. Shekespeare, il teatro di Goldoni, per citare qualche classico di teatro di prosa tradizionale. In questi spettacoli emerge chiaramente sul materiale pubblicitario il “marchio” dell’autore e del regista: scritto da … , regia di … Una delle principali compagnie italiane descrive la propria performance “Chioma” nel seguente modo: “Il regista, la drammaturga ed un attrice: la Valdoca si è ridotta all’osso per indagare quella che è forse la più difficile delle imprese teatrali, il monologo.” (Materiale promozionale, TeatroAltrove, febbraio-marzo 2001, Urbino). 279 Nella commedia dell’arte (oggi si trovano elementi nel teatro di strada) gli attori mediano tra l’esigenza di avere dei “numeri” pronti ed efficaci e quella di poter offrire uno spettacolo mutevole che, in base all’atmosfera che si crea, si adatti al tipo di piazza e di pubblico. Si crea così una struttura flessibile, che potremmo definire modulare, in cui gli attori partendo da un canovaccio (struttura che sviluppa in modo grezzo il tema, diventando l’ossatura della trama) assemblano quei numeri che sul momento vengono ritenuti più efficaci. 280 Esistono, oggi, spettacoli totalmente improvvisati come i match d’improvvisazione teatrale dove gli attori sviluppano capacità di relazione e interazione tali da poter creare attraverso una regia collettiva delle storie o trame sulla base di informazioni o titoli forniti dal pubblico. 148 Esperienze, Marketing e Territorio Emergente Teatro dell’ improvvisazione Teatro dell’arte Performance Teatro Classico Stabile Predeterminato Copione Assente Fonte: adattato da Pine e Gilmore [2000, p.152] La misura della variabilità del copione, ossia se “emerge” dall’interazione e dalla volontà degli attori quando agiscono sul palcoscenico o se invece è predeterminato (statico), determinerà anche la misura della variabilità della performance. La rigidità del copione determina, quindi, le diverse modalità d’azione sul palcoscenico, i diversi modi di recintare e di fare teatro. L’utilizzo del termine copione è però fuorviante, perché porta a pensare che esso sia indispensabile. Nella storia del teatro, invece, sono diverse le modalità alternative al copione utilizzate per organizzare gli eventi al fine di fare emerge una performance dotata di significato. Fra le modalità organizzative utilizzate (con successo soprattutto in passato) segnaliamo il canovaccio e l’improvvisazione. Fig. 5.15: Copione – Canovaccio - Improvvisazione Assente Improvvisazione Copione Canovaccio Copione Predeterminato Stabile Trama Emergente Fonte nostra elaborazione I due schemi sollevano due questioni differenti che il management deve affrontare. Innanzitutto si deve stabilire il grado di variabilità della trama che si vuole (o si può) affrontare (fig. 5.13), quindi si deve scegliere la forma di teatro che rende possibile la messa in scena dello spettacolo ideato. La scelta della forma di teatro porta, inoltre, ad affrontare il tema del coordinamento degli attori e quindi della necessità o meno della presenza di un regista. Tali temi verranno aproffonditi nel cap.6 con riferimento alle esperienze teatrali. Per concludere, l’applicazione “spinta” del modello teatrale ci porta a sostenere che non esistono finte esperienze, poiché essendo l’esperienza un prodotto emergente, essa è sempre 149 Fabio Forlani in qualche modo co-prodotta dal cliente-ospite-attore-spettatore281. L’impresa che mette in scena esperienze non fa altro che fornire le condizioni affinché queste emergano. Tali condizioni possono essere di diversa natura, in base alle scelte aziendali e alle scelte del consumatore. Ci possono essere esperienze che nascono da un copione rigido e predeterminato (package), altre che nascono da un canovaccio e altre ancora che vengono improvvisate. La storia del teatro ci ha insegnato che non esistono soluzioni “migliori”, ma che a seconda del diverso contesto sia possibile scegliere fra le diverse modalità organizzative-produttive di messa in scena. Bibliografia del capitolo Badot O., Cova B. [2003], Néo-Marketing 10 ans après: puor une théorie critique de la consomation et du marketing réenchantés, in Revue Francaise du Marketing, n°195. Bateson J., Hoffman D. [2000], Gestire il marketing dei servizi, Apogeo, Milano. Berry L.L., Parasuraman A. [1991], Marketing services, The Free Press, Macmillan; trad. it. Marketing services, Sperling & Kupfer, Milano, 1992. Berry L.L. [1980], Services marketing is different; in Business, May/June. Bertozzi P. 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[2000 a], Il marketing e il nuovo consumatore, in Micro & Macro Marketing, n°1. 281 Si chiarisce così che molte delle critiche apportate genericamente all’economia delle esperienze in effetti altro non siano che perplessità su di uno specifico modello, quello del teatro classico che lavora su copione (package): “Ciò che può essere venduto dall’impresa è un occasione di esperienza, di vissuto emozionale attorno al consumo e non un package in cui tutto sia completamente programmato. Il consumatore può così sperimentare un processo di sviluppo della propria identità, attribuendo al prodotto, al servizio o allo spazio un senso che gli sono propri: in altri termini, può esplorare l’offerta a suo modo. C’è dunque un appropriazione dell’esperienza quando il consumatore percepisce se stesso come attore centrale del suo processo di consumo, quando sente la possibilità che le sue idee e i suoi comportamenti possano orientare la sua attività e non siano vincolate da programmi rigidi, quando realizza che ciò che consuma è qualcosa di unico, il risultato della capitalizzazione delle sue emozioni, legate alle sue competenze. Il tutto in un quadro favorevole e rassicurante, in cui la marca e l’insegna sono percepite come garanzie non costrittive. (…) un esperienza non si acquista, si vive: e solo il cliente ha la competenza di plasmare tale vissuto. Di conseguenza, la migliore opportunità per un’impresa che si muove nella direzione esperienziale è quella di offrire un potenziale di esperienza, una vera e propria piattaforma esperienziale composta di elementi diffusi ai quali il consumatore darà forma: è necessario lasciare che quest’ultimo si costruisca l’esperienza da solo o con altre persone, a partire dai frammenti sparsi che sono i prodotti e servizi offerti dal mercato ma anche da frammenti che possano essere portati da altre modalità di approvvigionamento.” Carù e Cova [2003]. “La questione di fondo perciò è che in sostanza all’individuo viene chiesto di aderire passivamente ad un qualcosa che nelle sue linee fondamentali è stato deciso, organizzato e confezionato da altri. Anche se spesso il cliente può scegliere o personalizzare la propria esperienza, tuttavia è chiaro che si tratta di una discrezionalità che si muove all’interno di un contesto assolutamente predefinito. E’ abbastanza comprensibile che in una situazione di tal genere gli individui finiscano per – o almeno corrano seri rischi di – perdere la loro autonoma capacità di decidere, organizzare, preparare, come pure, con l‘andare del tempo gli stimoli per farlo. In tal modo forse eccessivamente pessimistico, si potrebbe così dire che, nello stadio conclusivo dell’Economia delle Esperienze, si possa pervenire a quello che si configurerebbe come un esito alquanto grave: la deresponsabilizzazione delle persone nei riguardi della loro stessa vita.” Brunetti [2004, p.75]. Questa autolimitazione imprenditoriale ad un solo modello di messa in scena (tra l’altro che si focalizza sul business dei servizi) appare però, in questa sede, inaccettabile dal punto di vista economicoaziendale. Per approfondimenti dell’analisi critica all’economia delle esperienze vedasi anche Ritzer [1999], Rifkin [2000]. 150 Esperienze, Marketing e Territorio Codeluppi V. 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Si cercherà, così, di rileggere il fenomeno turismo282 cercando di descrivere i tre elementi chiave del sistema turistico: la produzione turistica, i destinatari della produzione (turista o ospite) e l’oggetto della produzione (l’output creato dal sistema). Questa analisi, coerentemente con la prospettiva di marketing assunta in questo studio, partirà dall’analisi del destinatario finale della produzione turistica: le persone (turisti o ospiti). Partendo dalla definizione di turismo si può quindi passare dal concetto generico di viaggiatore o quello più specifico di turista prendendo in considerazione le seguenti variabili: la volontarietà del viaggio, la durata dello spostamento. La volontarietà del viaggio porta a identificare nel turista solamente chi viaggia volontariamente a seguito di una libera scelta. Nella definizione di turismo si escludono così i viaggi compiuti forzatamente dalla persona, vale a dire gli spostamenti che questa intraprende non per effetto della sua volontà, ma perché costretta da fattori esterni (esiliati, rifugiati politici, emigrati). In funzione della durata dello spostamento si definisce più specificatamente turista chi viaggia effettuando almeno un pernottamento fuori dall’abituale residenza. Mentre si definisce escursionista la persona che viaggia senza effettuare nessun pernottamento fuori casa. Si può, inoltre, discriminare fra le diverse tipologie di turista analizzando la motivazione principale sottostante la decisione di viaggiare. E’ possibile, in questo modo, distinguere in base alla presenza di una finalizzazione esterna od interna al viaggio stesso283. Nel caso in cui la persona che viaggia abbia una motivazione strumentale (in quanto posta al di fuori di colui che si sposta, come esigenze di lavoro, di studio, di cura, di visita ad amici o parenti, religiose ecc.) si parlerà di turismo strumentale o in senso lato. Mentre si parlerà di turismo di vacanza o in senso stretto se la persona viaggia in modo non asservito ad uno scopo che non sia quello del suo benessere e della sua realizzazione. Figura 6.1 - Dal viaggiatore al Turista in senso stretto VIAGGIATORE 282 Come evidenziato da Pencarelli “Negli ultimi 40 anni è cresciuto enormemente il numero di persone che abitualmente impiega il proprio tempo libero in pratiche turistiche. Il turismo si è così progressivamente trasformato da fenomeno elitario a forma di agire diffuso e di massa [Metallo, 1984, p. 27], coinvolgendo così fasce sempre più ampie e differenziate della popolazione mondiale per diventare un bene di cittadinanza delle società occidentali industrializzate [Alberoni, 1964]. Parallelamente all’incremento quantitativo del fenomeno turistico si è assistito all’espandersi della varietà e della variabilità dei comportamenti di consumo turistico, come del resto si sono moltiplicate le occasioni e le forme di fruizione del tempo libero” Pencarelli e Forlani [2002, p.236]. Per una maggiore qualificazione del concetto di tempo libero e sulle implicazioni economiche e di marketing che esso assume, cfr Resciniti [2002]. L’Autore (p. 21) definisce il tempo libero “il tempo di vita complementare a quello dedicato al lavoro, di cui l’individuo può disporre con discrezionalità di scelta in maniera più o meno attiva per fini creativi o ricreativi”. Per un confronto su alcune definizioni di tempo linero vds Valdani e Guenzi [1998]. 283 Brunetti [1999, pag. 45]. 154 Esperienze, Marketing e Territorio Volontarietà no sì Pernottamento no NON TURISTA Esiliato Rifugiato Politico Emigrato ESCURSIONISTA sì TURISTA Motivazion Motivazione e Strumentale Non strumentale IN SENSO LATO Affari Studio Malattia Pellegrinaggio ecc IN SENSO STRETTO Culturale Di svago Ecc. Fonte: nostra elaborazione su Brunetti [1999, p. 46]. In base alla schematizzazione appena effettuata si può per cui definire284:  Escursionista la persona che viaggia volontariamente ma senza pernottare lontano da casa.  Turista in senso lato la persona che compie un viaggio volontario, effettuando almeno un pernottamento lontano da casa, come strumento o mezzo per il raggiungimento di uno specifico scopo che non sia il piacere del viaggio stesso.  Turista in senso stretto285 la persona che viaggia volontariamente, effettuando almeno un pernottamento lontano da casa, per meri motivi di piacere personale. Nel proseguo del lavoro si assumerà come oggetto principale di studio il turismo in senso stretto o di vacanza. In ogni caso, per una analisi corretta del fenomeno turistico è sempre necessario esplicitare innanzitutto i bisogni286 e le motivazioni287 (scopo o fine) espressi dalle persone che viaggiano. 284 La definizione adottata di turismo è in linea con la definizione di Turismo adottata dalla World Tourism Organization. Lo sviluppo di questa nella definizione di Turismo in senso stretto riprende invece la definizione di Brunetti [1999, p. 46], rispetto al quale non si ritiene però di poter inserire il turismo d’affari nel Turismo in senso lato o strumentale. Per l’escursionista è possibile fare una distinzione analoga (in senso lato, in senso stretto) in base alla presenza o meno di strumentalità del viaggio. 285 Nel seguito dello studio il turismo in senso stretto o di vacanza verrà chiamato anche semplicemente vacanza. 286 “In uno studio condotto in ottica economico-manageriale, il tentativo di risalire fino al bisogno che sta all’origine del turismo si impone in relazione alla centralità della figura del turista nell’ambito dell’attività turistica ed alla importanza insita nella conoscenza delle sue esigenze profonde per impostare e realizzare prodotti e servizi adatti da parte delle organizzazioni interessate. Solo avendo consapevolezza delle forze che stanno effettivamente alla base del movimento dei viaggiatori, i soggetti coinvolti nella produzione turistica appaiono infatti nelle condizioni di approntare le soluzioni in grado di dare 155 Fabio Forlani Dallo studio di Brunetti emerge che : “Il bisogno turistico deriva fondamentalmente, dalla necessità, che l’uomo di tanto in tanto avverte, di evadere in modo netto dalla vita ordinaria, così da creare una discontinuità sufficientemente percepibile rispetto alla routine di tutti i giorni, e contestualmente da una ragionevole sicurezza intorno alla prospettiva del ritorno.”288 Successivamente, lo stesso autore, specifica anche il tipo di discontinuità: “I ritmi accelerati e dettati da altri tipici della produzione industriale (dalla produzione di massa in generale e dalla logica delle economie di scala, ndr) fanno cioè si che più impellente sia il bisogno di spazi e tempi rallentati o comunque gestiti in autonomia entro cui l’individuo possa vivere nel modo a lui più congeniale seguendo esclusivamente le proprie propensioni, attitudini e stati d’animo”289. Il bisogno turistico così descritto è una materia psicologicamente ancora troppo grezza per tradursi in comportamenti concreti, per arrivare a questo stadio esso deve venire esplicitato dalle motivazioni, che possono essere intese appunto come le forze vettoriali che portano in superficie il bisogno turistico: “Le motivazioni290 appaiono cioè come l’estrinsecazione specifica e consapevole del più generale e latente bisogno turistico, le sembianze con cui esso si manifesta esteriormente, le giustificazioni che traducono le pulsioni profonde in esigenze di tempo, di luogo e di modalità di viaggio circostanziate.”291 Avendo ristretto lo studio al solo turismo in senso stretto o di vacanza, le motivazioni risulteranno collegate alle modalità di impiego del tempo libero. In questa ottica le motivazioni dell’attività turistica di vacanza possono venire suddivise in due grandi classi292:  Motivazioni o desideri di svago, che si manifestano nella ricerca del divertimento, svago e riposo.  Motivazioni o desideri culturali, che si manifestano nell’istanza di conoscenza, di apprendimento, di novità. In estrema sintesi si può quindi affermare che il comportamento turistico è originato da una molteplicità di bisogni, che trovano sintesi nell’esigenza di varietà esistenziale temporanea293 (o necessità di “cambiar aria”) delle persone, disposte ad investire le risorse di risposta adeguata o quantomeno di non assumere prospettive di valutazione errate in modo grossolano.” Brunetti [1999, p. 126]. 287 La motivazione gioca un ruolo fondamentale all’interno del processo decisionale del turista, in quanto è ciò in cui si condensa la finalità dichiaratamente attribuita al viaggio. La conoscenza della stessa permette , nel caso sia possibile riconoscere la preponderanza di una data motivazione nei turisti ospitati, di adattare l’esperienza e i servizi forniti in funzione delle esigenze associabili alla motivazione manifestata dai soggetti stessi. 288 “La radice fondamentale del bisogno turistico può essere rintracciata in un “groviglio” di stati tanto fisici quanto psichici, che portano l’individuo alla ricerca di un cambiamento generalizzato, di una interruzione nel fluire dell’esistenza quotidiana, di una modificazione dei canoni ordinari di vita, nella convinzione, peraltro indispensabile, che il distacco dal proprio modo di essere abituale non sia definitivo ma temporaneo” Brunetti [1999, p.126-127]. Su tale tema cfr anche Dall’Ara [1995]. 289 Brunetti [1999, pag.130]. 290 A nostro avviso sarebbe più opportuno utilizzare il termine desideri, in quanto come evidenziato nelle pagine precedenti [§4.2] “I desideri umani sono costituiti dall’individuazione di qualcosa di specifico in grado di soddisfare i bisogni più profondi”. 291 “L’indistinta necessità di intensi cambiamento e novità, nucleo originario da cui sprigiona il bisogno turistico, trova cioè concreta espressione nella volontà di viaggiare per visitare un certo luogo di interesse culturale, per raggiungere una località amena dove divertirti in completo relax, per poter praticare l’attività ricreativa preferita, insomma per una qualsiasi delle ragioni manifeste che spingono le persone a partire.” Brunetti [1999, p.133]. 292 “Il criterio in base a cui è stata individuata la bipartizione tra motivazioni di piacere e culturali sembra possa essere dato dalla dose di impegno intellettuale richiesta.” “le modalità di manifestazione della pulsione di fondo (“discontinuità”) appena accennate non si escutono a vicenda, al contrario, esse possono coesistere e difatti coesistono intrecciate tra loro.” “Possono venire intese come due poli estremi entro cui si trova un continuum di situazioni, che nella realtà sono determinate sempre da una combinazione delle due.” Brunetti [1999, p.135]. 293 Secondo la Rossini [2003] infatti “ Numerose ricerche svolte a livello nazionale e internazionale mostrano che il processo decisionale del turista nell’acquisto di una vacanza si snoda in diversi passi, fra i quali la scelta della destinazione si colloca a 156 Esperienze, Marketing e Territorio tempo, energia e denaro nel viaggiare294, modalità ritenuta appropriata per il riequilibrio esistenziale295 [Pencarelli e Forlani, 2002]. Figura 6.2 - Il bisogno e le motivazioni del viaggio per turismo CULTURALE BISOGNO Necessità di “varietà esistenziale controllata” DESIDERI o MOTIVAZIONI Vettori che portano in superficie il bisogno DI SVAGO Fonte: nostra elaborazione su Brunetti [1999, p. 139]. Negli ultimi anni l’utilizzo del tempo libero e conseguentemente il turismo, sta assumendo nuove forme e nuovi significati e risulta sempre più difficile identificare un comportamento turistico “tipico”296, in letteratura sono state proposte numerose prospettive di lettura di tale fenomeno297. valle rispetto alla definizione del tipo di vacanza. Ciò che il turista desidera e sceglie è di svolgere determinate attività e vivere particolari esperienze in specifici contesti ambientali: ovvero il turista sceglie prima il tipo di vacanza (il prodotto) che desidera fare e solo successivamente la località adatta a soddisfare il bisogno di base (voglia di relax, arricchimento culturale, ricerca del divertimento, ecc.) a cui vuole dare risposta.”. 294 Il viaggio è un comportamento di consumo complesso che si caratterizza come uno scambio socio-economico che avviene in un tempo protratto e definito e che si concretizza in una molteplicità di componenti della domanda turistica: di servizi ricettivi, di ristorazione, di trasporti, di accoglienza, di intrattenimento, di beni di consumo, ecc. Sui caratteri della domanda cfr tra gli altri Metallo [1984], Sancetta [1995], Rispoli e Tamma [1996]. 295 Si allude alla ricerca di emozioni e stati d’animo che portano o riportano l’individuo ad un equilibrio psico-fisico. Il valore del viaggio è quindi da collegare alla capacità dello stesso di riequilibrare l’individuo che lo effettua. 296 Vds. AA.VV [2005]. 297 Come evidenziato da Pencarelli in Pencarelli e Forlani [2002] “La multiforme realtà dei turisti può essere rappresentata mediante un continuum di situazioni racchiuse fra due estremi [Poon, 1993; Pencarelli, 2001]: - da un lato vi è la “clientela esperta”, formata di persone che hanno viaggiato molto, che sono informate e che sanno informarsi. Tali persone solitamente sanno ciò che cercano e sono capaci di organizzarsi ed autoprodursi il proprio viaggio con relativa facilità. - dall’altro quello della “clientela non esperta”, composto da individui che hanno incominciato a fare vacanza relativamente tardi, che hanno difficoltà a reperire informazioni non standardizzate ed omogeneizzate, che hanno difficoltà a specificare le proprie preferenze e che preferiscono l’organizzazione preconfezionata all’autorganizzazione. Tali persone sono generalmente attratte da formule di viaggio altamente standardizzate e socialmente omologante. Per approfondimenti sulle tipologie di turismo cfr. anche Corrigan [1999, cap.8], Martinengo e Savoja [1998], Cohen [1979], Casarin [1996]. Corrigon distingue ad esempio tra viaggiatori e turisti in base alla capacità o no d’integrarsi con i nativi del luogo e accedere al retroscena dell’esperienza turistica, oppure tra turisti e non turisti, comprendendo fra questi ultimi coloro in possesso di adeguato capitale culturale ed economico per cercare ed ottenere dal viaggio esattamente quello che si cerca (ecoturisti, turisti culturali, turisti alternativi, ecc.). Martinengo distingue tra turisti eterodiretti, di massa, alla ricerca di cose da vedere e fotografare piuttosto che di cose reali (ipotesi della sight seeing theory), e turisti autodiretti, capaci di ritagliarsi spazi di avventura e scoperta al di fuori della standardizzazione dei prodotti di massa. Diversamente dai turisti di massa, passivi e condizionati, i turisti autodiretti sono alla ricerca di autenticità, scoperta mediante l’integrazione forte con la realtà sociale del luogo visitato, non limitata all’incontro con gli ospitanti del front region, ma estesa con coloro che vivono nel back region un’esistenza <<non turistica>>. Cohen [1979] distingue tra turismo ricreativo/diversivo, che risponde all’esigenza di uscire dalla routine quotidiana dal turismo esperienziale /sperimentale, guidato dall’esigenza di fornire risposte alla crisi dei valori delle società industriali. Savoja [1998, p.69] mette a confronto turisti di massa con turisti alternativi, sottolineando però l’ambiguità e la caducità di siffatta distinzione, specie nell’attuale contesto di consumo ove, a seguito della diffusione delle mode, ciò che è alternativo e distintivo oggi rischia di trasformarsi rapidamente in un comportamento omologato e di massa. Casarin [1996, p.93] ricorda le molteplici motivazioni che spingono i turisti al viaggio e, fra l’altro, la distinzione degli stili turistici effettuata dagli studi psicografici che classifica i turisti in psicocentrici, soggetti che tendono a ricercare in vacanza quanto già trovano nel proprio ambiente domestico, e allocentrici, alla ricerca di autenticità di luoghi e situazioni diverse da quelle vissute nel proprio ambiente domestico. L’Autore distingue anche tra 157 Fabio Forlani Rinviando al proseguo del lavoro l’analisi del sistema di produzione, è opportuno ora analizzare il prodotto creato dal sistema: il prodotto turistico. Come evidenziato in Pencarelli e Forlani [2002, p.238] “secondo la visione corrente298, i vari bisogni dei viaggiatori vengono soddisfatti da una molteplicità di prodotti turistici, derivanti dalla differente combinazione di beni, servizi ed altri fattori contestuali e di ambiente allestiti dall’offerta avvalendosi in varia misura del supporto informativo al fine di allineare la differente prospettiva della domanda (prospettiva globale) e dell’offerta (prospettiva specifica)299”. In questo elaborato si assume, invece, il prodotto turistico come <<un prodotto-esperienza>>, nel senso attribuito al termine da Pine e Gilmore [cfr. capitolo 5]. Estendendo il concetto di esperienza al settore turistico, si definiscono esperienze turistiche gli eventi personali e coinvolgenti che comportano uno spostamento spaziale e una durata temporale che include un pernottamento. L’accostamento della pratica turistica all’esperienza non è certamente una novità negli studi sui fenomeni turistici300. L’innovazione concettuale, mutuata dagli studi di Pine e Gilmore, consiste però nel considerare l’esperienza turistica al centro degli studi di matrice aziendale, analizzandola nella sua dimensione economica. Si esplicita in tal modo come, sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta, l’esperienza turistica possa essere vista come una proposta economica di ordine superiore al servizio (“oltre il servizio turistico”) [Pencarelli e Forlani, 2002, p.243-244]. Utilizzando il concetto di prodotto-esperienza [vds cap.5] è quindi possibile fare un passo in avanti nel dibattito sul rapporto tra domanda e offerta turistica [Pencarelli e Forlani, 2002, p.245]. Ferme restando le diverse ottiche del produttore e del consumatore, il prodotto turistico può essere qui considerato come il risultato di un’offerta sistemica di beni, servizi, informazioni, attrazioni turistiche, ambiente, cultura,ecc. Tale output è, allora, a nostro avviso meglio identificabile come l’esperienza di vita (possibilmente memorabile e coinvolgente) di una persona in un dato luogo ed in un dato periodo. D’altronde i turisti, quando viaggiano per svago, effettuano sempre un’esperienza di cui sono alla ricerca più o meno consapevolmente. Per il sistema di produzione turistica (l’industria turistica) si tratta quindi di porre questa esigenza di esperienze al centro delle azioni manageriali e fornire alla clientela proposte economiche che, andando oltre il semplice mix di beni e servizi, si indirizzino più decisamente e consapevolmente verso l’offerta di esperienze. Questa sfida riguarda qualsiasi livello e comparto dell’industria turistica: singole aziende, insieme di aziende o sistema turistico territoriale (distretto o località). soggetti con dissimili livelli di percezione del rischio (high/low risk perceivers) e sottolinea come questo influenzi significativamente il processo di acquisto e consumo turistico. Una rassegna di profili di turista è sviluppata anche in Della Corte [2000].” 298 Cfr ad esempio, Borghesi [1994, p.17] e Rispoli e Tamma [1996, p.53]. In letteratura si riconosce inoltre la peculiarità del prodotto turistico nella sua dimensione fortemente immateriale, per la quale il consumatore turista è costretto a verificare gli attributi di prodotto (experience qualities e credence qualities) solo dopo l’acquisto ed il consumo [Casarin, 1996, p.78], non riuscendo a verificare ex ante la qualità di quanto domandato. 299 Per un produttore turistico il prodotto turistico (specifico) è “un insieme integrato di servizi di composizione variabile, il cui nucleo centrale caratterizza la produzione e il tipo di azienda turistica che lo offre”. [Casarin, 1996, p.52]. Per un turista il prodotto turistico (globale) (p.47) “ è un insieme di fattori ambientali e strumentali definito prodotto turistico globale, nel quale confluiscono: gli elementi d’attrazione nella destinazione e nelle aree di transito, i servizi e le facilities presso la destinazione e nelle aree di transito, gli elementi d’accesso alla destinazione, l’immagine della destinazione, l’informazione.” Sulle differenti prospettive del concetto di prodotto turistico si torna più avanti. 300 Come evidenziato in Pencarelli e Forlani [2002, p.242] molti autori di discipline turistiche utilizzano il termine “esperienze” nel descrivere il processo di utilizzo dei servizi turistici. Fra questi Brunetti [1999, p.145] sostiene che: “tale prodotto può venire identificato come una vera e propria esperienza, che il turista vive in prima persona (la connatazione del prodotto turistico in termini di esperienza è riconosciuta da tutti gli autori cui si è fatto riferimento sull’argomento in questione).”. Si questi temi si tornerà nel prossimo paragrafo. 158 Esperienze, Marketing e Territorio Se si assume l’economia delle esperienze come nuova chiave di lettura del fenomeno turistico è, in conclusione, possibile affermare che301: • il turista, quando viaggia e soggiorna, non domanda semplicemente beni e servizi turistici sciolti (approccio unbundling) o sotto forma di pacchetti (approccio bundling) ma esperienze turistiche complesse, coinvolgenti, da vivere in modo personale e partecipativo; • l’esperienza turistica nasce dall’insieme di relazioni socioeconomiche che avvengono fra un ospite e il complesso sistema di attori e relazioni connesse in qualche modo al territorio ove si mette in scena lo “spettacolo” del turismo. Nel turismo i turisti-ospiti sono anche partner–attori e il vero prodotto è dentro l’ospite, ovvero sono le sensazioni e le emozioni vissute dal cliente a rappresentare l’output finale. • l’industria turistica di un territorio è un sistema naturalmente predisposto ad offrire esperienze economiche in grado di coinvolgere ed in prospettiva trasformare i clienti; 6.2 La necessità di un salto concettuale: da prodotto turistico globale ad esperienza turistica. Come evidenziato nel precedente paragrafo e in un precedente contributo [Pencarelli e Forlani, 2002, p.242-243], l’accostamento della pratica turistica all’esperienza non è una novità negli studi sui fenomeni turistici. Molti autori utilizzano, infatti, il termine “esperienze” nel descrivere il processo di utilizzo dei servizi turistici o il concetto di prodotto turistico nella prospettiva del consumatore302:         301 302 “Ciò che il turista cerca non si può dire sia il luogo in sé, quanto l’esperienza di viaggio e di soggiorno che in quel luogo potrà vivere. La teoria ha già messo a disposizione da tempo uno strumento per descrivere ed interpretare l’”oggetto” d’interesse del turista: il concetto di prodotto globale.” Tamma [2002, p.18]; “Dal punto di vista della domanda, possiamo denominare prodotto turistico globale tutto l’insieme di fattori di attrattiva in cui l’utilizzatore traduce – attraverso le sue motivazioni, la sua cultura, il suo sistema di valori, la sua personalità, le sue condizioni socioeconomiche, il suo comportamento – la propria “domanda. … Nella visione che stiamo considerando, il prodotto richiesto dall’utilizzatore non è infatti riferito a questa o quella categoria di operatore turistico, ma al prodotto complessivo che risponde <<all’esperienza turistica >> nel suo insieme” Rispoli e Tamma [1996, p.38]; “Il punto di riferimento del turista è tendenzialmente più composito, è un insieme di fattori ambientali e strumentali definito prodotto turistico globale, nel quale confluiscono: gli elementi d’attrazione nella destinazione e nelle aree di transito, i servizi e le facilities presso la destinazione e nelle aree di transito, gli elementi d’accesso alla destinazione, l’immagine della destinazione, l’informazione.” Casarin [1996, p.47]. “Il consumatore di servizi per il tempo libero, infatti, acquista essenzialmente un’emozione, un’esperienza.” Valdani e Guenzi [1998, p.13]; “ il viaggio romantico in Italia contiene un insegnamento che potremmo chiamare <<il valore di un’esperienza preferenziale e consapevole>>“. Per molti viaggiatori romantici “Il viaggio risponde a un’esigenza spirituale, a un’esigenza di scoperta che passa attraverso una <<transizione personale>>: il viaggiatore vive l’esperienza di lasciarsi a ogni istante dietro di sé, per ritrovarsi ogni volta più nuovo, spezzando le abitudini per esistere nelle dimensioni dell’avventura che è fonte di una costruzione via via mutevole della propria autenticità” Sartorio [1998, p.13]; “il prodotto turistico rappresenta, dal lato della domanda, l’esperienza turistica globalmente vissuta dall’utente, l’insieme delle percezioni generate dai servizi ricevuti e dall’apprezzamento delle attrattive locali.” Della Corte [2000, p.5]; “Per prodotto turistico globale si intende l’insieme degli elementi eterogenei che nel complesso, ovvero considerati congiuntamente, rendono di fatto possibile il soddisfacimento del bisogno di << varietà esistenziale controllata >> attraverso uno spostamento geografico temporaneo” Brunetti [1999, p.143]; “Il prodotto turistico globale dal punto di vista della domanda non è un bene materiale, ma si può senz’altro configurare come una prestazione di tipo intangibile. Anzi, volendo andare ancora più a fondo, Vengono qui ripresi ed rielaborati i concetti espressi in Pencarelli e Forlani [2002, p.245]. Viene qui ripreso e ampliato quanto pubblicato in Pencarelli e Forlani [2002, p.242-243]. 159 Fabio Forlani    dato che l’angolo di visuale da cui ci si pone è quello dell’individuo, tale prodotto può venire identificato come una vera e propria esperienza, che il turista vive in prima persona (la connotazione del prodotto turistico in termini d’esperienza è riconosciuta da tutti gli autori cui si è fatto riferimento sull’argomento in questione). Per appagare il suo bisogno di discontinuità, infatti, il turista aspira a trascorrere un certo periodo della sua vita in determinate condizioni di spazio, di tempo e di occupazione” Brunetti [1999, p. 145]; “Il marketing turistico consiste nel collegamento vitale tra offerta e domanda focalizzato sugli scambi, in cui i consumatori effettuano scelte e preferenze e scambiano denaro per ricevere l’offerta di particolari esperienze di viaggio o prodotti” Middleton [2001]; “L’industria dell’esperienza, che comprende uno spettro di attività culturali che si estende dal turismo all’intrattenimento, è destinata a dominare la new economy” … “I consumatori di oggi non si domandano più <<cosa vorrei possedere che ancora non ho?>>, ma, <<cosa voglio provare che ancora non ho provato?>>. “L’economia dell’esperienza si fonda sulla produzione e lo scambio di tutto ciò che fa accelerare il battito del cuore” ma soprattutto “L’espressione più potente e visibile delle nuova economia delle esperienze è il turismo globale: una forma di produzione culturale emersa, ai margini della vita economica, appena mezzo secolo fa, per diventare rapidamente una delle più importanti industrie del mondo. Il turismo non è altro che la mercificazione di un’esperienza culturale.” Rifkin [2000, p.193-195]; “Occorre quindi chiedersi quali elementi di innovazione concettuale apporta dal punto di vista manageriale la prospettiva dell’economia dell’esperienza agli studi dei fenomeni turistici. D’altronde il turismo, grazie a Thomas Cook, ideatore dei primi viaggi a pacchetto, non è altro che un’<esperienza a pagamento>” Rifkin [2000, p.196]. Confrontando il concetto di prodotto turistico globale con il concetto di prodotto-esperienza emerge che l’avanzamento concettuale più significativo dello studio di Pine e Gilmore attiene alla prospettiva dell’offerta, laddove si sottolinea la criticità per le organizzazioni che operano in un contesto iperconsumistico303, di formulare proposte economiche (output) più ricche e capaci di creare maggior valore per i clienti di quanto non riescano a fare i tradizionali beni e servizi. L’idea forte del modello degli studiosi statunitensi è che per soddisfare le attese di clienti sempre più esigenti e differenziarsi dai concorrenti, le aziende devono puntare consapevolmente su offerte a maggiore valore economico quali sono le esperienze, assumendo come riferimento manageriale il modello (oltre la metafora) del teatro. L’utilizzo del concetto di esperienza turistica quale prodotto del sistema turistico e quindi come elemento che unisce la domanda e l’offerta economica, ci permette di spiegare l’esistenza delle due diverse prospettive d’osservazione del prodotto turistico [Rispoli e Tamma, 1995; Casarin, 1996; Brunetti, 1999; Della Corte, 2000; Pencarelli, 2001]: la prospettiva del turista e la prospettiva dell’operatore turistico (produttore di servizi turistici).  Il turista percepisce la vacanza secondo una dimensione orizzontale, ovvero nella sua complessità di esperienza di vita (prodotto che definiremo di livello L). Risulta quindi come la sintesi sistemica di servizi offerti da diversi soggetti (strutture ricettive, attrazioni, beni naturali, trasporti ecc.) che compongono, più o meno casualmente, l’offerta turistica del territorio. Si parla pertanto di esperienza turistica come 303 Il fenomeno del cambiamento dei modelli di consumo è oggetto di crescente attenzione anche da parte di sociologi. Cfr in particolare il lavoro di Ritzer [1999] il quale riferendosi alla società americana parla di <<iperconsumismo>> [p.55] e di <<spettacolo come il prodotto principale della società contemporanea>>, divenuta una società dello spettacolo [p. 14], una società ove la spettacolarizzazione è la forma più consueta di abbinare le vendite al dettaglio con l’intrattenimento (entertainment retailing ), una società ove la simulazione è il modo di procedere dei nuovi strumenti di consumo per creare esperienze incantevoli e spettacolari nei consumatori. Ritzer ricorda [p.137] che “la maggior parte delle mete turistiche sono state trasformate in simulazioni, almeno parzialmente: tra i molti possibili esempi si possono citare la città di Williamsburg in Virginia e il castello di Windsor in Inghilterra. La motivazione alla base di queste trasformazioni è che i <<veri>> siti non sono abbastanza spettacolari da attrarre i turisti e il loro denaro, essendo necessari, per attrarre un adeguato numero di visitatori, centri di raccolta, film che presentano l’attrazione, gente in costume, attori che realizzano spettacoli, ristoranti a tema e negozi di souvenir”. Si sta inoltre assistendo a forme di integrazione forte tra fenomeni di consumo di beni (shopping tradizionale) e turismo, come mostra il fatto che si affrontano viaggi anche impegnativi per fare shopping e che nei luoghi di forte transito turistico (es. aeroporti, stazioni ferroviarie, crociere, ecc.) i centri commerciali prosperano. 160 Esperienze, Marketing e Territorio  l’esperienza di vita che emerge dagli stimoli304 prodotti più o meno consapevolmente da un insieme di fattori (di attrattiva, di servizi (facilities), di modalità d’accesso, d’immagine e d’informazione, ecc.). L’esperienza turistica può avere un articolazione più o meno ampia (estensione) in base alle differenti motivazioni, esigenze, situazioni d’acquisto305. Il produttore di servizi turistici concepisce il prodotto secondo una dimensione verticale (di servizio), focalizzando l’attenzione alla soddisfazione di esigenze particolari (es. ristorazione, pernottamento ecc.; prodotti-servizi di livello L-1). Pone quindi maggiore attenzione alle fasi della filiera di produzione ed erogazione che stanno a monte ed a valle della propria piuttosto che alle altre componenti che assieme al suo servizio compongono l’esperienza-vacanza306. Ne consegue che il concetto di prodotto turistico che percepisce il turista (esperienza, livello L) risulta diverso dal concetto di prodotto turistico che percepisce e a cui fa riferimento il singolo operatore turistico (servizio, livello L-1). Si ritiene che la prospettiva dell’economia delle esperienze faccia chiarezza sull’essenza stessa della vacanza: la vacanza non è la semplice somma (aggregazione) dei servizi turistici e risorse territorialmente delimitate come il concetto di prodotto turistico globale porta a credere307, ma è l’emersione sistemica di un’esperienza vissuta in prima persona da un turista. La vacanza sostanzialmente è vita, è un processo emergente, è un flusso di emozioni. Il concetto di emergenza ci consente di chiarire che il turista fa riferimento al livello logico dell’esperienza, mentre i produttori di servizi turistici fanno riferimento al livello logico dei servizi. 304 L’esperienza vissuta dal turista dipenderà, in base ai meccanismi del determinismo strutturale e dell’accoppiamento strutturale [vds cap.1 e cap.2] oltre che dagli stimoli ricevuti anche dal suo stato interiore determinato le sue motivazioni, la sua cultura, il suo sistema di valori, la sua personalità, le sue condizioni socio-economiche, il suo comportamento. 305 I fattori-stimolo che fanno emergere l’esperienza di vacanza non devono essere considerati sullo stesso piano, poiché risultano di fatto gerarchizzati, a partire da un nucleo irrinunciabile fino alle componenti accessorie, più lontane dagli interessi primari del turista. “Il nucleo centrale della vacanza, infatti, può essere rintracciato nell’accesso da parte del turista ad una dimensione spazio-temporale nuova in grado di soddisfare la motivazione all’origine del viaggio. Il nucleo centrale della vacanza, in buona sostanza, viene a coincidere con gli elementi che fanno da bersaglio alle motivazioni del turista (le quali, a loro volta come si ricorderà, sono i vettori che portano in superficie i bisogni profondi). I servizi periferici della vacanza, per parte loro, possono essere ravvisati negli “effetti collaterali” che derivano dalla fruizione del nucleo centrale, con esclusione ovviamente di quelli connessi al soddisfacimento della motivazione principale. Si può dire che essi si traducono nelle svariate prestazioni che agevolano la fruizione della prestazione principale o ne arricchiscono il contenuto.” Brunetti [1999, pag.150]. 306 Brunetti, esprime lo stesso concetto, o meglio le implicazioni che comporta l’esistenza di questa duplice prospettiva, configurando nell’attività di produzione turistica l’esistenza di un duplice livello: “Un livello disaggregato, in quanto le singole attività di cui si compone il turismo sono tutte prestazioni più o meno immateriali, con contestualità tra produzione e fruizione e partecipazione dell’utente, ed a livello generale, in quanto la stessa prestazione globale che viene via via assemblata è a sua volta un qualcosa di ancora meno tangibile, si produce mentre viene utilizzata e soprattutto richiede tassativamente la partecipazione del turista al processo produttivo.” Brunetti [1999, p.7677]. 307 A tale proposito Tamma [2002, p.19] afferma “La definizione stessa di questo prodotto implica la sua dimensione territoriale: “l’ambiente” è infatti parte costitutiva del prodotto. In tal senso perde quindi significato la distinzione tra la scelta del “luogo” e del “prodotto” (questione quasi da “uovo e gallina”). Ma vi è di più, il luogo diviene uno spazio selettivamente determinato che assume confini e identità. Il prodotto globale richiesto e fruito infatti: a) definisce uno specifico ambito territoriale; b) pone in maggiore o minore evidenza alcune attrattive rispetto ad altre; c) seleziona un insieme di attività e di attori fra quelli presenti. I concetti di destinazione e di prodotto turistico globale dunque coincidono? No, anche se vi sono casi particolari in cui tendono a sovrapporsi.”; per la Della Corte [2000, p.18-19] “Rispoli e Tamma [1995] definiscono il prodotto turistico come l’insieme dei fattori di attrattività in cui l’utilizzatore traduce la propia domanda, mentre Casarin [1996] descrive il prodotto globale in riferimento alla destination, individuando, come elementi principali, quelli di attrazione della destinazione e delle aree di transito (di carattere naturale, culturale, sociale), i servizi e le facility che rappresentano l’offerta locale, gli elementi di accesso alla destinazione (infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali), l’immagine della destinatin e l’informazione. Risulta, dunque,chiaro che il prodotto turistico coincide con la località turistica nel suo insieme (la destination), ossia con le risorse ed i servizi che, in misura ed intensità diversa, contribuiscono alla determinazione delle aspettative e successivamente, delle percezioni del turista.”. 161 Fabio Forlani La prospettiva di osservazione assunta in questo studio ci porta, quindi, a sottolineare con forza che il turismo è caratterizzato dalla presenza di almeno due proposte economiche distinte: le esperienze (prodotto sistemico di livello L) e i servizi (prodotti sistemici di livello L-1) 308. Questi passaggi possono risultare più comprensibili con il seguente esempio: 1. Descrivendo la produzione turistica come un’attività di servizio, si può osservare che: Chi compra  il turista (cliente) Cosa compra  l’insieme dei servizi turistici più un “qualcosa” Chi vende  gli operatori dei servizi turistici (erogatori) 2. Descrivendo la produzione turistica come un’attività delle esperienze, si può osservare che: L’esperienza turistica (prodotto di livello L): Chi compra  il turista (ospite) Cosa compra  l’esperienza turistica (vacanza) Chi vende  ?309 (Dipende se c’è e chi è il regista dell’esperienza) Il servizio turistico (es. ristorazione) (prodotto di livello L-1): Chi compra  il cliente del ristorante (cliente) Cosa compra  la cena (servizio di ristorazione) Chi vende  il ristoratore (erogatore) Lo studio del prodotto turistico, effettuato in questa prospettiva, mette in evidenza che la vacanza è un “qualcosa” che “va oltre” i servizi turistici che la compongono o meglio ancora “emerge” dai servizi turistici presenti sul territorio. In questo modo si rende esplicito che la semplice erogazione di beni e servizi non è sufficiente a garantire la soddisfazione del turista o ospite310, e si evidenzia inoltre, che sono “le esperienze vissute” dal turista a costituire il fondamento della creazione del valore311. Nella mente del turista, infatti, il concetto di 308 Brunetti [1999, p.76-77] su questo tema si esprime nel seguente modo: “Rispetto alle attività del terziario in generale, in questo caso la natura di attività di servizi è forse ancora più pronunciata, dato che nel turismo il cliente non si limita ad usufruire delle specifiche prestazioni (servizi) come il trasporto, l’alloggio e le altre che seguono, ma spesso provvede egli stesso a confezionare la prestazione complessiva (anch’essa di servizi) , vale a dire la vacanza lontano da casa, attraverso una serie di azioni volte a metterne insieme le singole componenti sia prima che durante il viaggio” Brunetti identifica quindi l’esistenza di un duplice livello: “un livello disaggregato, in quanto le singole attività di cui si compone il turismo sono tutte prestazioni più o meno immateriali, con contestualità tra produzione e fruizione e partecipazione dell’utente, ed a livello generale, in quanto la stessa prestazione globale che viene via via assemblata è a sua volta un qualcosa di ancora meno tangibile, si produce mentre viene utilizzata e soprattutto richiede tassativamente la partecipazione del turista al processo produttivo.” e conclude nel seguente modo: “Volendo ricorrere ad una espressione figurata, si può quindi dire che il turismo rappresenti per certi versi una forma di servizio “elevata al quadrato”, e perciò ne presenti in misura accentuata i caratteri distintivi. Tanto dal punto di vista dei soggetti che offrono i servizi turistici quanto da quello di coloro che di tali servizi usufruiscono, esso non può pertanto essere un’attività standardizzata, ripetitiva, industrializzabile fino in fondo, ma conserva sempre un’impronta di forte personalizzazione, partecipazione e coinvolgimento.” In questa sede concordando con quanto affermato da Brunetti si vuole però evidenziare come, nel turismo, non si debba parlare di due livelli, ma dell’esistenza di due proposte economiche distinte: i servizi (attività intangibili prestate a un particolare cliente) e le esperienze (eventi che coinvolgono gli individui sul piano personale). 309 Se è intuitivo comprendere il concetto economico di esperienza turistica dal punto di vista di chi compra e attribuirgli il significato che ha il termine “vacanza” nel linguaggio comune, non è altrettanto facile identificare il regista delle esperienze turistiche. Rimandiamo al seguito della trattazione la risposta alle seguenti domande: Chi mette in scena (chi vende) un’esperienza turistica ?; Come si mette in scena un’esperienza turistica ? 310 Dal dizionario Zanichelli: “Ospite: 1- Persona che ospita. 2 Persona ospitata.” Nella lingua italiana si utilizza la stessa parola sia per indicare entrambi i ruoli chiave del viaggio, a conferma della forte connessione far le due figure. 311 A tale proposito Tamma [2002, p.28] evidenza “I risultati (dell’indagine Casarin, Pastore e Tamma [1999], ndr) sembrano indicare una sensibilità dei turisti verso gli “attributi sistemici”, confermando l’importanza della percezione del prodotto nel suo insieme ed evidenziando la necessità di conoscere più in profondità più in profondità su quali attributi si possa creare valore per il turista. (…) In sintesi, a parere di chi scrive, è estremamente importante ragionare di differenziazione dell’offerta non solo in termini di risorse e attrattive. La forza di una destinazione, stante l’evoluzione del mercato e dei consumatori turistici, risiede, e risiederà sempre più, nella capacità di offrire a diversi segmenti di domanda molteplici “esperienze 162 Esperienze, Marketing e Territorio esperienza esprime il prodotto “vacanza” in maniera molto più puntuale e precisa del concetto di servizio (o somma di servizi)312. 6.3 Le specificità del prodotto esperienza turistica Nella letteratura economico-aziendale che ha per oggetto di studio il turismo viene sottolineata la specificità del settore evidenziando due aspetti significativi del prodotto turistico313. Sono aspetti in parte già evidenziati, nel corso della trattazione, ma che meritano un maggiore approfondimento utilizzando la logica dell’economia dell’esperienza: a) L’esperienza turistica emerge nell’interazione di uno specifico turista (ospite) con un territorio e con gli attori che su esso operano. Da questo presupposto risulta, per cui, che il livello di partecipazione e di coinvolgimento del turista determina in modo significativo la qualità della vacanza. Infatti la vacanza come tutte “le esperienze sono personali, hanno luogo all’interno dell’individuo che viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale o anche spirituale. Il risultato? Due persone non possono avere la stessa esperienza, punto e basta.”314 Nessuna attività turistica, infatti, potrà mai esistere senza che il turista partecipi in prima persona al processo produttivo. Il grado di partecipazione dell’individuo potrà variare in relazione al tipo di esperienza ricercata, ma in ogni caso la necessità del coinvolgimento315 dello stesso resta assoluta.316 L’intensa partecipazione emotiva dell’acquirente nel processo produttivo è una delle caratteristiche fondamentali che distingue le esperienze dalle altre proposte economiche quali servizi, beni e commodity [vds § 5.4]. Nell’allestire i prodotti esperienza, l’offerta deve perciò riconoscere che il suo lavoro non è costituito da semplici output da veicolare agli acquirenti, ma rappresenta una serie di input per la creazione del valore al cliente, il quale va pertanto considerato come un creatore e non un distruttore di valore [Normann e Ramirez, 1995; Normann, 2002]. b) L’esperienza turistica (il prodotto turistico) ha carattere sistemico-dinamico, poiché emerge (si basa su) grazie ad una pluralità di beni, servizi, esperienze offerte dalle singole aziende turistiche, dagli altri operatori economici, dalla Pubblica Amministrazione, alle risorse presenti nell’ambiente, alle interazioni con la popolazione ecc. In questa logica i soggetti, che fanno parte dell’offerta turistica, non devono essere considerati elementi indipendenti i cui rapporti sono regolati solamente dalle “forze del mercato”, ma unità turistiche”, caratterizzate da differenti fasce di prezzo, differenti durate dei soggiorni, differenti modi di fruire, sperimentare, combinare, le attrattive, facendo leva su modalità di organizzazione del prodotto più o meno aperte e flessibili.” 312 Si ritiene cioè che per un turista sia più immediato dire “la mia vacanza è stata un’esperienza fantastica” piuttosto che “la mia vacanza è stata composta da un’insieme (o serie) di servizi fantastici”. 313 “I prodotti turistici infatti devono considerarsi prodotti sistemici. Essi si caratterizzano [Tamma e Moretti, 1998]: a) per essere composti di numerosi elementi eterogenei che devono costituire una unità coerente; b) per essere compiutamente definiti solo tenendo in considerazione anche gli aspetti di produzione e consumo, processo che coinvolge, con ruoli e modalità che possono variare, tanto il turista quanto l’insieme degli attori che operano dal lato dell’offerta.” Tamma [2002, p.27]. Cfr anche Casarin [1996, p.45], Brunetti [1999, p.240]. 314 Pine e Gilmore [2000, p.14]. 315 “Il prodotto turistico globale è, infatti, prima di ogni altra cosa, una esperienza vissuta individualmente dal turista, che quindi non può in alcun modo mancare o fruire per interposta persona. Il turista, inoltre, non solo deve essere fisicamente presente – come si verifica per tutti i tipi di servizi alla persona – ma deve partecipare attivamente nella progettazione e nella confezione, quantomeno esercitando una serie di opzioni relative alle attività che intende svolgere durante la sua vacanza.” Brunetti [1999, p.242]. 316 La spiaggia d’inverno è oggi, per chi vive in località balneari come quelle adriatiche, un immagine malinconica. Gli alberghi, i ristoranti, i chioschi, i negozi, ecc. tutto chiuso, la spiaggia isolata da stagionate e neanche una persona che vi cammini sopra. Lascia quindi un po’ stupiti apprendere che, in altri periodi storici, le località marine fossero famose proprio e soprattutto per la villeggiatura invernale. Queste immagini rafforzano l’idea che il turismo dipenda prima che dagli operatori turistici, dalle persone che ne beneficiano. 163 Fabio Forlani interconnesse nell’ambito di una sistema relazionale complesso che emerge da un territorio specifico e delimitato (o località turistica o distretto turistico). L’esperienza turistica emerge, quindi, su un dato territorio grazie a due tipologie di relazioni: A) Relazioni interne al sistema turistico territoriale; si instaurano fra le imprese (turistiche, agricole, commerciali, ecc), gli enti pubblici, i soggetti no-profit, la comunità locale, ecc. Sono da considerarsi il “collante del territorio turistico”. Rispondono alla domanda “come ci si organizza per fornire un’esperienza di vacanza?”. Sono relazioni indispensabili perché una determinata località possa progettare ed erogare delle esperienze turistiche consapevoli317. B) Relazioni con gli attori esterni al sistema turistico territoriale; si instaurano tra le strutture della località turistica e il mercato turistico globale. “Il turista, inoltre non solo deve essere fisicamente presente, ma deve partecipare attivamente nella progettazione e nella confezione, quantomeno esercitando una serie di opzioni relative alle attività che intende svolgere durante la vacanza.”318 La tipologia di relazioni che si instaurano tra gli attori di un determinato territorio e i suoi ospiti dipendono dalla capacità dei primi di organizzarsi (fare sistema) e dalla volontà dei secondi di realizzare in proprio l’esperienza turistica. Nel turismo, attualmente, risulta che la partecipazione del turista319 al processo produttivo della propria vacanza è talmente forte e motivata da poter affermare che è proprio quest’ultimo che ricopre in modo esclusivo il ruolo di produttore nell’accezione economico-aziendale320. Nel turismo sono diverse le proposte che hanno cercato di unire in una prospettiva manageriale unitaria queste specificità [Franch, 2003; Della Corte, 2000]. Fra queste, quella che presenta i maggiori spunti di riflessione sembra essere quella elaborata da Rispoli e Tamma [1995, p.25-31]. Secondo questi autori il sistema di relazioni tra la domanda, l’offerta e il prodotto che dall’interazione emerge può assumere molte configurazioni diverse, che possono essere schematicamente suddivise in tre tipologie: a) Nella configurazione “punto-punto” (autonomia), il prodotto turistico complessivo viene composto dall’utilizzatore attraverso un insieme di singole relazioni con i diversi attori del sistema di offerta. L’unità e la coerenza del prodotto sono in sostanza completamente gestite dall’utilizzatore che, in base alle informazioni di cui dispone e alla propria opera di concettualizzazione, assembla i diversi fattori di attrattiva fino a formare (produrre) un prodotto (globale) che risponde alle sue esigenze. (…) Il punto fondamentale è che, quale sia il comportamento dell’utilizzatore, il processo risulta largamente fuori dal controllo del sistema di offerta. La coerenza e, quindi, la qualità del prodotto complessivo , è “in mano” all’utilizzatore (ospite) che dovrà gestire, 317 Dal territorio emerge così un sistema d’offerta che produce valore in base alle logiche simultanee ed interdipendenti della costellazione (rete) del valore. Nella costellazione del valore l’impresa e gli altri soggetti dell’offerta turistica sono parte di una serie di relazioni di co-produzione a forte partecipazione e coinvolgimento: “Gli attori economici non si rapportano più tra loro secondo il modello semplice, unidirezionale, sequenziale descritto dalla nozione della catena del valore. Il rapporto tra due attori tende ad essere molto più complesso di quanto si possa concettualmente cogliere nel modello unidirezionale <<make/buy>> sottostante alla catena del valore. Anziché <<aggiungere>> valore uno dopo l’altro, i partner nella produzione di un’offerta creano insieme valore attraverso svariati tipi di relazioni <<di coproduzione>>“ [Normann e Ramirez, 1995, p.27]. 318 Brunetti [1999, pag.242]. 319 La partecipazione del turista alla costruzione della propria vacanza sia l’elemento fondamentale che caratterizza l’esperienza turistica complessiva e la differenzia dai singoli servizi turistici. Infatti, riuscire a programmare e gestire il grado di partecipazione del turista e fondamentale per non farlo sentire né abbandonato a se stesso, né costretto in attività che non vuol fare. In questa prospettiva gli operatori turistici non possono ne pensare di lasciare al cliente la totale responsabilità della costruzione dell’esperienza turistica ne pretendere di escluderlo completamente, preparandogli dei pacchetti predefiniti ed eccessivamente rigidi. 320 Salvo nei casi in cui la vacanza è pensata nella forme di pacchetto turistico tutto incluso. 164 Esperienze, Marketing e Territorio praticamente in modo autonomo, il complesso di relazioni con gli elementi e gli attori del sistema di offerta. Un altro aspetto importante riguarda la “presenza” sul mercato del sistema di offerta. Mancando una proposta di prodotto complessiva, ciò che si presenta sul mercato è un insieme di fattori di attrattiva “slegati”, che è difficile comunicare in modo efficace attraverso gli strumenti promozionali, anche quando esista una qualche forma di promozione pubblica. In definitiva la presenza sul mercato risulta tendenzialmente debole. b) Configurazione “package”, il prodotto turistico viene progettato e assemblato (prodotto) da una impresa (tour operator) che “risolve” ex-ante il problema dell’unità e della coerenza del prodotto complessivamente offerto. Non vi è quindi un sistema di singole relazioni fra utilizzatore ed impresa, ma un sistema controllato in cui, nella forma più stretta, i gradi di libertà dell’utilizzatore tendono ad essere limitati. Vi è un superamento di alcuni dei problemi presentati dalla configurazione precedente, tuttavia si aggiungono delle grosse rigidità rispetto all’adattabilità del prodotto e alla possibilità di partecipazione dell’utilizzatore. c) Configurazione a “network”, il prodotto turistico è costituito da un insieme di aziende specializzate, sia in produzioni diverse, sia dello stesso tipo, che si connettono e si accordano secondo diverse forme tecnico-giuridiche, per assicurare determinati standard di qualità e di prezzo all’utilizzatore. Rimane quindi la possibilità per quest’ultimo di scegliere, anche in tempo reale e in loco, tra diverse alternative di prodotto, essendo guidato e garantito nella scelta e godendo spesso di condizioni di prezzo particolari. “Plus” fondamentali del network sono la più ampia varietà di alternative, la migliore disponibilità di informazioni, l’assicurazione della qualità, le condizioni di prezzo. Si tratta di una modalità che tende a superare i limiti delle precedenti. Il grado di controllo e coordinamento e senz’altro inferiore al “package”, ma rimane ancora elevato se paragonato alla prima configurazione “punto-punto”. La varietà di alternative a disposizione dell’utilizzatore, anche per uno stesso tipo di servizio, risulta significativamente ampia pur se rimane “controllata”. La libertà di scegliere entro un range predeterminato restituisce inoltre al cliente un ruolo attivo nel confezionare un prodotto adatto alle sue esigenze, gratificando in tal modo anche il suo desiderio di partecipazione. Le tre configurazioni costituiscono, per definizione degli stessi autori, delle semplificazioni e schematizzazioni, e vanno pensate come componenti di un continuum di soluzioni [fig. 6.3] che ha per estremi le prime due (punto-punto e package) mentre la terza (network) si pone in posizione intermedia. Come evidenziano Rispoli e Tamma [1995 e 1996] lungo tale continuum, da sinistra a destra, si trovano via via sistemi di relazione tra domanda e offerta in cui diminuisce il ruolo attivo e la partecipazione dell’utilizzatore (minore flessibilità del prodotto), mentre aumenta il grado di controllo e di governo del sistema delle imprese (maggiore possibilità di progettare e di gestire il complesso delle relazioni). In relazione ai diversi tipi di domanda, la soluzione adottata per il sistema d’offerta può “posizionarsi” più verso sinistra o destra, alla ricerca di un equilibrio tra le diverse caratteristiche di prodotto e di relazione con l’utilizzatore. Figura 6.3 - Il continuum di configurazioni di offerta Ruolo / Partecipazione u Punto -Punto ------------- tilizzatore ------------------------ ----- -- Network -------------- --------- -------------- Controllo / Coordinamento sistema delle imprese Fonte: Rispoli e Tamma [1995; p. 25]. 165 ---------- Package Fabio Forlani Vedremo in seguito [§6.5] come le specificità qui presentate possono essere spiegate e inquadrate da un punto di vista manageriale utilizzando il concetti elaborati nell’economia delle esperienze ed in particolare attraverso il modello teatrale. Vedremo inoltre che le configurazioni proposte da Rispoli e Tamma hanno molto in comune con le forme di gestione teatrale dell’esperienza. 6.4 Un modello d’analisi dei prodotti esperienze turistiche Le specificità dell’esperienza turistica illustrate nel precedente paragrafo trovano una loro collocazione all’interno del quadro teorico di riferimento dell’economia delle esperienze [vds cap.5]. Proprio partendo da uno dei modelli elaborati da Pine e Gilmore, il modello degli ambiti dell’esperienza, si descriverà uno specifico modello degli ambiti dell’esperienza turistica capace di valorizzare il ruolo della partecipazione del cliente. Gli autori dell’economia dell’esperienza insistono molto sulla partecipazione dell’ospite, poiché ritengono il coinvolgimento personale degli ospiti l’elemento base della nuova economia e affermano con forza, che inscenare esperienze non significa intrattenere i clienti, ma significa coinvolgerli. Fig. 6.4 - Gli ambiti dell’esperienza Assorbimento Intrattenimento Educazione Partecipazione attiva Partecipazione passiva Esperienza estetica Evasione Immersione Fonte: Pine e Gilmore [2000, p.35]. Il produttore di esperienze turistiche per progettare, realizzare, fornire consapevolmente questa nuova offerta economica deve quindi conoscere come si struttura un’esperienza nel suo complesso. A questo proposito Pine e Gilmore hanno schematizzato il processo di coinvolgimento di un cliente/ospite utilizzando le due dimensioni più importanti dell’esperienza, nel modello degli ambiti dell’esperienza (fig.6.4): La prima dimensione degli ambiti dell’esperienza è il livello di partecipazione degli ospiti, rappresentato come un continuum lungo l’asse orizzontale tra i due estremi: Partecipazione passiva, in cui i clienti non agiscono né influiscono in modo diretto sulla performance (es. i frequentatori dei concerti di musica classica, che vivono l’esperienza come semplici ascoltatori). Partecipazione attiva, in cui i clienti agiscono personalmente sulla performance o sull’evento che produce l’esperienza (es. i praticanti di uno sport che partecipano attivamente alla creazione della propria esperienza). 166 Esperienze, Marketing e Territorio La seconda dimensione descrive il tipo di connessione o coinvolgimento ambientale che unisce i clienti con l’evento o la performance, rappresentato come un continuum lungo l’asse verticale tra i due estremi: Assorbimento, l’esperienza “penetra” nella persona attraverso la mente (es. guardare un film alla TV, ascoltare una lezione teorica di chimica). Immersione, la persona “entra dentro” l’esperienza prendendo fisicamente o virtualmente parte all’esperienza stessa (es. guardare un film al cinema con altri spettatori, grande schermo e simulatori di realtà virtuale, partecipare a un esperimento di chimica in laboratorio). L’unione di queste dimensioni definisce i quattro ambiti di un’esperienza, declinando il livello complessivo del coinvolgimento del cliente: intrattenimento, educazione, evasione ed esperienza estetica. Questi ambiti sono mescolati fra loro in misura e proporzioni diverse, a seconda del tipo d’esperienza e dell’ospite coinvolto, contribuendo a creare eventi unici, personali e irripetibili. Il grado di coinvolgimento finale del cliente/ospite dipende sia dalla persona che fruisce dell’esperienza (propensione alta o bassa ad essere coinvolti in un dato evento) sia dall’organizzazione che la inscena (grado di coinvolgimento che richiede). Descriviamo di seguito i singoli ambiti in modo separato, pur sapendo che nella realtà difficilmente si presentano come tali, poiché si ritiene che questo processo di sintesi, della complessità reale, sia indispensabile nel fornire le conoscenze necessarie alle imprese per allestire un esperienza coinvolgente. 1. 2. 3. L’ambito dell’intrattenimento: si verifica quando le persone assorbono passivamente le esperienze attraverso i sensi, come solitamente capita quando si osserva una performance, si ascolta della musica, o si legge per piacere. L’intrattenimento è sicuramente l’ambito più sviluppato oggigiorno (industria dell’entertainment)321, ma via via che si svilupperà l’economia dell’esperienza, la gente cercherà esperienze più insolite e complesse. Allo stesso tempo però poche di queste esperienze escluderanno almeno un momentaneo intrattenimento allo scopo di far sorridere, ridere o comunque divertire le persone. L’ambito dell’educazione: anche nelle esperienze educative l’ospite (ad esempio uno studente) assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui, ma a differenza dell’intrattenimento, l’educazione implica la partecipazione attiva dell’individuo. Per formare una persona aumentandone le conoscenze e/o capacità, gli eventi educativi devono impegnare in modo attivo la mente (per l’educazione intellettuale) e/o il corpo (per l’allenamento fisico)322. L’ambito dell’esperienza estetica: in queste forme di esperienze gli individui si immergono in un evento o ambiente avendo un’influenza piccola o nulla su di esso, tanto da lasciare l’ambiente (ma non se stessi) intatto. Le tipiche esperienze estetiche sono quelle turistiche, come salire sul ciglio del Gran Canyon, visitare una galleria d’arte o un museo, sedere ad un caffè di Piazza San Marco a Venezia ecc. L’estetica di un’esperienza può essere del tutto naturale (es. parco naturale), essenzialmente artificiale (es. parco tematico), o una realtà intermedia. Ma non esiste l’esperienza artificiale: ogni esperienza creata nell’individuo è reale, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia naturale o simulato. 321 Un interessante studio di questo settore è “Il marketing nei parchi tematici” [Valdani e Guenzi, 1998]. In particolare il primo capitolo è specificamente dedicato all’analisi del Tempo libero, entertainment industry e servizi ricreativi. Nella prefazione inoltre gli autori affermano: “Il consumatore di servizi per il tempo libero, infatti, acquista essenzialmente un’emozione, un’esperienza. Contestualmente, le imprese che operano in questo business sono a loro volta produttori e venditori di ricordi”. 322 L’educazione è una cosa “seria”, ma questo non significa che le esperienze educative non possano essere divertenti. Stanno nascendo anche in Italia parchi tematici basati sull’edutainment (education + entertainment) che avvertono l’esigenza di fornire esperienze più complete. 167 Fabio Forlani 4. L’ambito dell’evasione: le esperienze di evasione implicano un’immersione profonda ed un comportamento attivo della persona. Rispetto alle esperienze di intrattenimento o educative l’ospite è in questo caso del tutto immerso in esse, come succede per le esperienze estetiche, ma piuttosto che recitare il ruolo passivo del pantofolaio che guarda agire gli altri, l’ospite diviene attore protagonista, capace di agire sulla performance effettiva. Gli ospiti che partecipano alle esperienze d’evasione non solo arrivano da, ma viaggiano verso qualche luogo o attività specifici che meritano il loro tempo. Tipici esempi sono i vacanzieri che non si accontentano di crogiolarsi al sole o di contemplare un paesaggio, ma si dedicano ad attività fisiche come sport estremi, scalare una montagna o scendere in kayak lungo le rapide. Partecipando a un’esperienza estetica gli ospiti vorranno essere lì, a un’esperienza di intrattenimento vorranno guardare323, a un’esperienza d’evasione vorranno provare, a un’esperienza educativa vorranno imparare324. Le esperienze più ricche, più coinvolgenti e memorabili comprendono aspetti di tutti e quattro i campi, e si intensificano intorno al punto centrale della figura 6.4, ossia intersecando i vari possibili ambiti esperenziali. Quando si mette in scena un’esperienza memorabile, trascinante e coinvolgente, non si può infatti limitare l’ospite all’interno di un unico ambito. Si deve quindi adottare la struttura esperienziale come un insieme di stimoli potenziali che possano guidare l’offerta nell’allestimento della scena ed aiutino i clienti ad esplorare in modo coinvolgente la rappresentazione. In base alle specifiche peculiarità evidenziate nel turismo [vds §6.4] è possibile modificare il modello degli ambiti dell’esperienza sottolineando il fatto che una vacanza, nella sua essenza, è vissuta da persone che sono in un determinato posto e in un dato momento325. Il turismo si caratterizza, quindi, come un’offerta economica che emerge da un dato territorio (peculiarità B) ed ha la proprietà di essere sempre un’esperienza estetica totale. Lo spostamento della persona dal proprio luogo di residenza ad un altro luogo evidenzia, per un periodo di tempo definito, produce una completa immersione del turista nell’esperienza di vacanza. Occorre, inoltre, considerare che nell’offerta di esperienze turistiche è presente una forte componente di co-produzione del turista (peculiarità A). Il coinvolgimento e la disponibilità dell’ospite determina, infatti, in modo significativo l’importanza e la presenza di elementi di ambiti più impegnativi (prova e apprendimento). Figura 6.5 – Gli ambiti dell’esperienza turistica Imparare Intrattenersi (intrattenimento) (educazione) 323 Esserci (esp.(provare) estetica) e d’intrattenimento (guardare) sono state modificate rispetto Le definizioni sintetiche dell’esperienza d’evasione quelle riportate nella traduzione italiana del libro di Pine e Gilmore (rispettivamente fare e provare) perché si ritengono così più rispondenti all’attività turistica, materia a cui applichiamo questi concetti. 324 Il passaggio che Pine e Gilmore non evidenziano nella loro trattazione, mentre in questa sede è invece ritenuto importante, è quello che esiste tra provare e imparare. Provare evidenza l’esigenza di una persona di sperimentare una determinata situazione (o azione, o atmosfera o tecnica ecc.) per curiosità ludica o intellettuale. Imparare postula invece la ripetitività dell’azione e dell’impegno come necessità per apprendere e padroneggiare una materia di studio. 325 Avevamo precedentemente definito turista in senso stretto la persona che viaggia volontariamente, effettuando almeno un pernottamento lontano da casa, per meri motivi di piacere. 168 Esperienze, Marketing e Territorio Provare (evasione) Partecipazione dell’ospite Fonte: nostra elaborazione Possiamo per cui prevedere un’analisi delle esperienze turistiche che consideri le seguenti dimensioni dell’esperienza vissuta dagli ospiti: 1. La dimensione estetica (esserci) Il turismo ha la peculiarità di alimentare sempre nei turisti un’esperienza estetica, a prescindere dal desiderio di partecipazione dell’ospite. La dimensione estetica dell’esperienza, infatti, è ciò che fa desiderare agli ospiti di entrare e fermarsi in un determinato luogo: è, in altri termini, quella connessa alla “l’atmosfera” della vacanza. 2. La dimensione d’intrattenimento (intrattenersi) L’intrattenimento è una delle componenti chiave delle offerte turistiche ludiche, ma anche nel caso si vogliono inscenare esperienze complesse ed impegnative non bisogna mai dimenticarsi di creare dei momenti distensivi e di svago, per richiamare e gestire l’attenzione degli ospiti. 3. La dimensione dell’evasione (provare) Occorre, cioè, chiedersi in cosa gli ospiti sono interessati a cimentarsi, a provare, a sperimentare, tutti elementi che consente loro di evadere dalla routine. Lo scopo è quello di poter coinvolgere maggiormente i turisti nell’esperienza tramite la partecipazione “senza impegno”, dove la gratificazione dell’ospite non risieda nel aver fatto bene una cosa, ma nel averci provato. 4. La dimensione dell’educazione (apprendere) La componente strettamente educativa dell’esperienza è quella che più difficilmente si può trovare fra le richieste esplicite dei turisti. Ma l’apprendimento è uno delle componenti implicite delle pratiche turistiche, dato che l’integrazione nella vacanza dei campi dell’estetica, dell’intrattenimento e dell’evasione crea nelle persone il desiderio di (e le mette nelle condizioni di) conoscere meglio la realtà che le ospita. L’applicazione della struttura esperenziale evidenzia, come sia riduttivo limitare la costruzione dell’esperienza turistica alla sola componente estetica e che questa (indispensabile) vada arricchita con elementi di intrattenimento, di evasione e di educazione. Si può cioè ipotizzare che la “sceneggiatura della vacanza” che descrive la sequenza delle azioni dell’ospite sul territorio debba seguire, in base al grado di partecipazione previsto per il turista, il seguente ciclo326: Esserci – intrattenersi – provare – imparare. Dopo aver dimostrato che il prodotto turistico è sempre un esperienza vissuta dall’ospite con diversi livelli di partecipazione e coinvolgimento, occorre riflettere sull’applicazione al turismo di uno dei concetti chiave dell’economia delle esperienze [Pine e Gilmore, 2000] e del marketing esperienziale [Schmitt, 1999b]: la straordinarietà e la memorabilità. 326 Tale ciclo può essere compiuto all’interno di un'unica esperienza. Nel turismo è più realistico pensare che questo avvenga attraverso la ripetizione dell’esperienza. 169 Fabio Forlani Sicuramente ogni persona ha memoria di aver vissuto vacanze straordinarie e memorabili, ma ha altrettanto sicuramente memoria di vacanze “normali” o in altre parole nella norma (di routine). Schmitt [1999b, p.251] ha consapevolezza che “il nostro organismo non è fatto per vivere in modo continuativo esperienze intense e coinvolgenti a livello personale. Le esperienze religiose, spirituali ed esistenziali spesso portano al dogmatismo, all’ossessione e a serie disillusioni. In qualche modo, le esperienze banali di scarsa intensità – e anche le esperienze <artefatte> - possono essere delle pre-condizioni alla felicità. In quanto tali, possono avere un ruolo importante per arricchire la nostra vita quotidiana”. Come giustamente evidenziano Carù e Cova [2003], l’ossessione per l’esperienza straordinaria, che il marketing propone nelle società del benessere, ha provocato una forte reazione da parte degli studiosi [Ritzer, 1999; Rifkin, 2000], queste reazioni sottolineano la necessità di riformulare il concetto di esperienza turistica in modo svincolato dalla straordinarietà e dalla memorabilità. In Francia Brucker327 critica “i nemici della noia” e “la società del divertimento continuo” e sostiene l’opportunità che coesistano esperienze di diversa intensità: “ma soprattutto sono necessarie giornate vuote della vita, è necessario preservare ad ogni costo le diverse intensità dell’esistenza, non fosse altro che per beneficiare del piacere del contrasto … la vita vera non è assente, è intermittente, un lampo nel grigiore di cui si serba poi la nostalgia commossa”. Altri autori, in riferimento al turismo, criticano “Un’etica alimentata da qualche cattiva coscienza (e anche da qualche interesse commerciale) istiga a voler fare del vacanziere un attivista totale, sempre desideroso di riempire il tempo vuoto delle proprie vacanze con una molteplicità di pratiche sportive o culturali.”328 e sottolineano che in realtà le persone che vanno in vacanza non sono affatto allineate a tale profilo e resistono alle pressioni di iperattivismo. Si concorda quindi con Abrahams e con la sua visione dell’esperienza dualistica e integrata “da un lato c’è una continuità di attività; dall’altro, ci sono attività ed eventi che si distinguono, che rientrano tutti nella denominazione di esperienza. Inoltre, proprio la continuità di ogni giorno assicura la continuità tra attività di routine e attività più straordinarie (…) Questo approccio considera come risultati creativi sia le esperienze più importanti, sia quelle minori; ogni esperienza, sia pianificata che non, è interessante solo se è in grado di generare una partecipazione da parte dell’individuo”329. Questo dibattito fra esperienza ordinaria e straordinaria sostiene il nostro assunto iniziale: l’esperienza turistica è originata da una molteplicità di bisogni, che trovano sintesi nell’esigenza di varietà esistenziale temporanea (o necessità di “cambiar aria”) delle persone, disposte ad investire le risorse di tempo, energia e denaro nel viaggiare, modalità ritenuta appropriata per il riequilibrio esistenziale330 [Pencarelli e Forlani, 2002]. 6.5 La necessità di un nuovo modello di riferimento per la produzione turistica: il teatro. 327 Brucker P. [2000, p. 141-142], L’euphorie perpétuelle: essai sur le devoir de bonheur, Grasset, Paris; citato in Carù e Cova [2003] 328 Urbain J.D. [2002], Les vacances, Paris, Le Cavalier Bleu; citato in Carù e Cova [2003]. 329 Abrahams R.D. [1986], Ordinary and Extraordinary Experience, in V.W. Turner e E. M. Bruner, [1986], a cura di, The Antropology of Experience, University of Illinois Press, Urbana; citato in Carù e Cova [2003]. 330 Si allude alla ricerca di emozioni e stati d’animo che portano o riportano l’individuo ad un equilibrio psico-fisico. Il valore del viaggio è quindi da collegare alla capacità dello stesso di riequilibrare l’individuo che lo effettua. 170 Esperienze, Marketing e Territorio “Se voglio mettere in scena delle esperienze non posso continuare a ragionare come ragionavo quando producevo beni o fornivo servizi. Dovrò, invece, imparare da chi prima di me è entrato nell’economia dell’esperienza.”331 Questo ragionamento ci ha già portato [Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002; Forlani, 2003; Pencarelli e Forlani, 2005] ad assumere il teatro come modello di riferimento332 e i parchi tematici come primo esempio applicativo di imprese impegnate a fornire esperienze. In questa fase si cercherà, per cui, di analizzare il fenomeno turistico, utilizzando il modello teatrale [vds §5.6], cercando di mostrare come il territorio sia da considerare il palcoscenico in cui viene messa in scena un’esperienza turistica da parte di una pluralità di attori333. In questa prospettiva si ritiene che i modelli teatrali per la produzione di esperienze turistiche, che verranno in seguito analizzati, siano applicabili da tutti i sistemi d’offerta a presindere da loro livello di complessità (single imprese, sistemi d’imprese, sistemi d’offerta turistica, sistemi d’offerta turistica territoriali). Chiaramente il passaggio da forme sistemiche più semplici a forme più complesse richiede il ricorso a modelli teatrali maggiormente in grado di reggere la complessità dei fenomeni. Gli elementi fondamentali che concorrono a formare una rappresentazione teatrale, e che costituiranno in seguito i punti di riferimento di questa analisi, sono: - La compagnia (cast); intesa come l’insieme di attori, regista, drammaturgo, scenografo, costumista, tecnici ecc. . Raggruppa tutti quei soggetti necessari alla messa in scena di uno spettacolo teatrale. Nel turismo occorre fare l’importante distinzione fra gli attori (le persone e le organizzazioni economiche e non che agiscono attivamente e consapevolmente all’interno del sistema d’offerta) e le “comparse” (le persone e le organizzazioni economiche e non che agiscono inconsapevolmente all’interno del sistema d’offerta)334 (Chi?). - Il pubblico; è un elemento fondamentale, per formarlo è sufficiente la presenza di poche persone e al limite una sola. Non si può parlare di teatro se l’esibizione non avviene nello stesso posto e nello stesso momento in cui vi è un pubblico che assiste o partecipa all’evento. Nelle attività turistiche il pubblico sono quegli ospiti (le persone) a cui è rivolto consapevolmente lo spettacolo (Per chi? o con Chi?); - Il palcoscenico335; inteso come luogo fisico o teatro in cui si esibiscono gli attori. In senso lato qualsiasi luogo può diventare un palcoscenico, purché qualcuno decida di allestirvi la scena (Dove?); 331 Forlani [2001]. “Il nostro scopo è semplicemente quello di occuparci di teatro quanto basta per persuadervi a considerare in modo diverso il vostro lavoro e abbracciare alcuni principi del teatro come modello di lavoro nell’economia delle esperienze”. Pine e Gilmore [2000, p.126]. 333 “Nel caso del turismo, ci si trova di fronte a un prodotto che corrisponde in sostanza ad un luogo nel quale il turista vive la propria esperienza di vacanza, come su una sorta di “palcoscenico” dove egli svolge una rappresentazione della quale è protagonista, sia pure con l’assistenza di molti altri operatori di scena e “tecnici”. Brunetti [2002, p.40]. A differenza di Brunetti, come evidenziato nei precedenti paragrafi si ritiene che l’esperienza di vacanza sia il prodotto e non il luogo che va invece inteso appunto come il “palcoscenico”. Per un confronto sul tema del rapporto teatro turismo vedasi T.Edensor “Staging Tourism. Tourists as Performers”, Annals of Tourism Research, vol. 27, n°2, 2000. 334 Come evidenziato da Pine e Gilmore [2000] e da Grove, Fisk e Bitter [1997] se si assume a riferimento il teatro appare subito evidente che il successo dell’impresa è strettamente legato alle persone che fanno parte del cast. Si deve fare attenzione a come vengono assegnati i ruoli e come le persone del cast vengono scelte ed assunte dalla compagnia teatraleimpresa e occorre ricordare che le capacità individuali vengono a inserirsi nell’intera organizzazione, ovvero nell’ensemble che, risulta vincente il tipo di recitazione in cui un cast lavora come una squadra per creare un effetto totale piuttosto che un gruppo di performance individuali. In base al modello teatrale gli addetti alla ricerca di nuovo personale non si devono basare su normali colloqui di lavoro, ma devono organizzare vere e proprie audizioni. Le audizione sono delle prove sul campo, si devono ricreare le situazione che il candidato dovrà realmente gestire all’interno dell’organizzazione per valutare l’attitudine del candidato a ricoprire un certo ruolo. 335 In questo lavoro nel termine palcoscenico incorporiamo oltre al palco in sé, anche gli elementi strutturali del luogo teatrale e le scenografie: “1.Nel teatro, l’ambiente e le apparecchiature per la rappresentazione dell’azione” [Devoto e Oli, 2000]. 332 171 Fabio Forlani - Lo spettacolo; l’offerta economica (l’esperienza). La rappresentazione teatrale è il risultato della combinazione dei sopraccitati elementi. Lo spettacolo composto da un tema, una storia, dei personaggi ecc. è il risultato della produzione di una compagnia in un determinato teatro in un determinato momento, davanti a un determinato pubblico336 (Cosa? e Come?). Fig 6.6 – Il modello teatrale e la produzione della vacanza. Elementi base. Palcoscenico (Territorio) Attori dell’offerta (Ospite) Esperienza (Vacanza) Attori della domanda (Ospite) Fonte: nostra elaborazione Possiamo sintetizzare il raffronto fra il mondo del turismo e quello del teatro nel seguente modo: La vacanza (esperienza turistica337) è messa in scena dall’insieme degli operatori economici (la compagnia), in uno specifico ambiente (palcoscenico o teatro338), per e con specifici ospiti-turisti (pubblico o attori della domanda) in un delimitato tempo (lo spettacolo ha un inizio è una fine). Le domande tipiche che emergono dalla letteratura turistica a cui proveremo a dare una risposta attraverso il modello teatrale sono le seguenti: 1. Chi progetta la vacanza? Chi scrive la trama (sceneggiatura) della rappresentazione? 2. Chi sovrintende alla (coordina la) produzione della vacanza ? Chi cura la regia della rappresentazione? La trama339 è l’intreccio dell’opera narrativa, teatrale o in generale dello spettacolo. In altri termini è la mappatura degli accadimenti (eventi) che devono avvenire in un dato posto e in dati tempi. La regia340 è l’opera di coordinamento generale e di direzione artistica di uno spettacolo. In altri termini è la gestione delle relazioni che nascono tra i componenti della compagnia e tra questi ultimi e il pubblico, consentendo così la rappresentazione della trama. 336 La differenza fondamentale del teatro rispetto al cinema sta proprio nella presenza simultanea, nel primo, degli attori e del pubblico nello stesso posto e nello stesso momento. Il cinema permette un consumo differito nel tempo, lusso che il teatro come qualsiasi esperienza non può permettersi. 337 Passando dal lessico economico-manageriale al linguaggio concreto e di uso comune si ritiene che la forma più adatta per spiegare il concetto di esperienza turistica sia il termine “vacanza”. Sul piano empirico infatti la vacanza (e quindi l’esperienza turistica) è infatti intesa come la modalità concreta di soddisfacimento del bisogno turistico e perciò come “l’unità d’acquisto della domanda turistica intesa in senso generale e complessivo”. Brunetti [1999, p.149]. 338 Come si può far teatro in qualsiasi spazio purché delimitato come palcoscenico (può essere uno spazio dedicato o una piazza o ancora un campo), allo stesso modo si può fare turismo ovunque. 339 “Trama. …Sintesi dell’evoluzione dell’opera narrativa o drammatica, dal punto di vista del contenuto: ti racconterò la t. del romanzo; la t. la della commedia è semplice, complicata.” [Devoto e Oli, 1987]. 340 “Regia. ... estens. Coordinamento sapiente ed efficace di un dibattito, di un gioco collettivo, di una manifestazione, ecc.” [Devoto e Oli, 1987]. 172 Esperienze, Marketing e Territorio Nelle rappresentazioni teatrali, in generale, risulta semplice individuare i soggetti che si occupano della gestione di questi due aspetti della messa in scena. Nella storia del teatro, infatti, sono emerse figure come il drammaturgo (o sceneggiatore) ed il regista che hanno il compito, rispettivamente, di scrivere il dramma (o trama) dello spettacolo e di curarne la rappresentazione sul palcoscenico. Quindi occorre estendere il modello teatrale di fig.6.6 inserendo anche le figure: - Il drammaturgo/o sceneggiatore: l’autore dei copioni del prodotto-esperienza (cosa?); - Il regista: chi “organizza” e coordina la rappresentazione341 (come?); Nel capitolo 5 [§5.6] abbiamo visto le soluzioni teatrali che collegano la trama con il copione e con la performance. Non abbiamo però analizzato il ruolo del regista. Il regista non è sempre presente in tutte le rappresentazioni, anzi, storicamente tale figura appare verso la fine dell’ottocento prima a teatro e successivamente trova la sua massima espressione nel cinema. Il regista non è allora un elemento base del teatro, ma solamente una modalità organizzativa che ha permesso ad alcune forme di teatro di effettuare un salto di qualità. Osservando, infatti la commedia dell’arte si può notare che la compagnia produce la performance autorganizzandosi attorno ad un canovaccio. C’è inoltre un capocomico che ha il compito, appunto, di fissare il canovaccio che a gradi linee “guiderà” la performance. Nell’improvvisazione, infine non c’è nessuna figura di riferimento che funge da regista. Ma sono i processi di autorganizzazione degli attori che, supportati da delle regole e degli schemi, fanno emergere la performance. Utiilizzando il modello teatrale si può parlare di: - Regia e Copione quando l’autorganizzazione e l’emergere della performance avviene perché gli attori seguono un copione e le indicazioni del regista che lo gestisce. - Regia debole e Canovaccio quando l’autorganizzazione e l’emergere della performance avviene perché gli attori si muovono in base ad un canovaccio e alle indicazioni di massima date dal capocomico. - Regia collettiva e Improvvisazione quando l’autorganizzazione e l’emergere della performance avviene perché gli attori agiscono in base a delle regole d’interazioni e a degli schemi condivisi. Rappresentiamo, quindi, le relazioni che costituiscono l’ossatura della rappresentazione tramite una matrice. Sull’asse orizzontale inseriamo il continuum di possibilità date dalla “variabile regia”, mentre su quello verticale rappresentiamo il continuum di alternative date dalla “variabile trama”: Chiaramente si parla di un continuum delle possibili combinazioni organizzative della performance342. In questa sede, però, abbiamo preferito focalizzare l’attenzione solo sui tre 341 Il regista ha il compito di trasformare il materiale concettuale del dramma scritto nel copione in una realtà operativa. Il ruolo del regista richiede capacità organizzative, deve essere in grado di coordinare una pluralità di soggetti: attori, sceneggiatori, tecnici, costumisti, ecc. Le sue responsabilità si riferiscono sia al back stage sia al front stage e si riferiscono al condurre le audizioni/colloqui , assicurarsi che i tecnici rispettino le scadenze nella progettazione e nella costruzione delle scene, selezionare costumi e accessori adeguati, al programmare le attività giornaliere, aiutare gli attori ad entrare nel personaggio. Deve inoltre trascorrere del tempo da soli con il copione sviluppando il proprio punto di vista, con i produttori tenendoli informati sul procedere della realizzazione della messa in scena; la creazione di un insieme armonioso ricade sulle spalle del regista. Dirigere, quindi, per il regista consiste nel trovare una giusta combinazione fra collaborazione-dialogo e comando-imposizione. 342 Per elaborare la matrice con le differenti tipologie di teatro e per applicare i principi teatrali alle pratiche turistiche, oltre che all’esperienza personale di chi scrive, ci si è avvalsi della consultazione delle opere di Brockett [1988], Schino [2003], Turner [1993], Fellini [1993], Cruciali e Falletti [1986], Antonucci [1995], Contin [1999], Guccini [2002], Stolzenberg [1990], Fo [1997]. 173 Fabio Forlani sistemi di organizzazione teatrale, da noi, ritenuti più utili ad una successiva applicazione alle esperienze turistiche. La posizione iniziale di ciascun modello di riferimento rappresenta quella “tipica o teorica”, le frecce rappresentano le direzioni verso cui possono essere spinte a seconda delle scelte artistiche-organizzative effettuate dalla compagnia. Figura 6.7 – Gestione della performance teatrale Trama emergente Improvvisazione Regia centralizzata Canovaccio Regia collettiva Copione Trama prestabilita Fonte: nostra elaborazione. Ciascuno dei quattro quadranti rappresenta una diversa combinazione delle relazioni trama e regia, quindi rappresenta un modo diverso di lavorare, o meglio, un approccio diverso alla pianificazione della serie di attività che generano un output teatrale. La natura della proposta artistica e le circostanze in cui una compagnia (sistema d’offerta turistica) sceglie di operare, definiscono in genere in quale, di questi quattro quadranti, sia rintracciabile l’organizzazione migliore per trasformare la trama in una rappresentazione che riesca a coinvolgere il pubblico. Riteniamo sia opportuno, a questo punto, ipotizzare343 il seguente collegamento fra le modalità di messa in scena teatrali, le modalità organizzative del prodotto turistico proposte da Rispoli e Tamma [§6.3] ed le modalità di emergeza dei fenomeni nei sistemi viventi [§3.8]:  Esperienza da improvvisazione – Vacanza destrutturata vissuta in modalità “Puntopunto” – Comportamento caotico;  Esperienza da canovaccio - Vacanza semistrutturata vissuta in modalità “Network” – Comportamento complesso; 343 Si tratta di un’ipotesi di ricerca non ancora verificata empiricamente. Sembra però opportuno sottolinearne l’importanza, perché la verifica di tale ipotesi permette di traslare una serie di concetti da un capo ad un altro: dal teatro al turismo dalla scienza della complessità al turismo. 174 Esperienze, Marketing e Territorio  Esperienza da copione – Vacanza strutturata vissuta in modalità “Package” – Comportamento ordinato; Recitazione su copione (Tecnica utilizzabile per la produzione di pacchetti turistici tutto compreso o Package) Il lavoro degli attori344, in questa struttura teatrale, è fondamentalmente basato sulla recitazione di un testo formale di battute scritte (dramma), noto come copione. La performance è solitamente lineare e fissata nei tempi, scorre in modo sequenziale concedendo poche variazioni rispetto al copione e alle indicazioni impartite dalla regia. Nel teatro da copione siamo, per cui, in presenza di relazioni unidirezionali in cui gli attori (cast, comparse, pubblico) eseguono delle istruzioni precise e predeterminate. Gli spettacoli su copione possono prevedere (riescono a coordinare) un numero elevato di componenti che hanno sovente compiti molto specializzati. La costruzione dello spettacolo avviene in sala prove, dove gli attori ripetono le azioni, i tempi, le battute ecc. fino ad ottenere il risultato richiesto dal regista. La rappresentazione viene poi ripetuta in modo identico e per un numero indefinito di volte, a prescindere dalla tipologia, dalla numerosità e dalle reazioni dello specifico pubblico. “Il lavoro degli attori nel teatro da palco si basa su un testo formale di battute scritte noto come copione. … Il lavoro da palco, lineare e fisso, scorre in maniera sequenziale e quindi concede poche variazioni rispetto ai passi programmati o al copione preparato. Gli attori da palco cercano di stabilire ogni cosa attraverso le prove, e poi replicano ripetutamente quello che così è diventato l’unico modo di lavorare meglio.”345 Improvvisazione (Tecnica utilizzabile per la produzione di Vacanze fai da te) Nel teatro dell’improvvisazione la trama non è prestabilita ma emerge dallo scambio multidirezionale d’informazioni, di sensazioni, di emozioni instauratesi tra attori, comparse e pubblico. Quando lo spettacolo è basato su queste relazioni multidirezionali, si assiste alla scomparsa della figura del regista e alla messa in scena di rappresentazioni con regia diffusa. In questo caso gli attori sono anche registi di se stessi, la chiarezza e la coerenza scenica nascono durante la performance grazie alle capacità relazionali degli attori stessi. Tale capacità relazionale non è però innata, si costruisce attraverso la condivisione di alcune regole base ed in seguito ad uno specifico lavoro sulla capacità d’ascolto e di comunicazione. L’improvvisazione teatrale per esprimere tutte le proprie potenzialità richiede un forte contatto fra gli attori, una reciproca disponibilità all’ascolto e alla comprensione delle altrui esigenze. Le performance d’improvvisazione non possono prevedere un numero elevato di attori, poiché più aumentono le persone coinvolte più difficile risulta l’autocoordinamento. La qualità dello spettacolo, non potendo essere garantita da una trama sconosciuta a priori, dovrà essere basata sulle capacità degli attori, sulla struttura scenica che questi avranno costruito e sulla partecipazione attiva del pubblico. “L’improvvisazione richiede immaginazione, creatività e performance nuovissime. Il teatro dell’improvvisazione è una modalità di lavoro spontanea, liberatoria e imprevedibile, che si basa sul trovare un valore in qualcosa di nuovo: creare, inventare, spostarsi lateralmente o anche impulsivamente da un idea all’altra, o semplicemente agire a piacere. Il movimento dinamico del teatro dell’improvvisazione, tuttavia, non comporta solo semplici atti di associazione libera o un vagare della mente senza meta, privo di qualsiasi struttura o routine. Anzi è l’opposto: l’improvvisazione richiede metodi sistematici e premeditati per generare idee creative, espressioni fresche e nuovi modi di affrontare vecchi problemi. Il copione è raramente scritto (o codificato), se non in termini molto ampi ed emerge 344 Il ruolo degli attori nel teatro che utilizza u copione fisso è quello di interpreti o esecutori di personaggi, parti, movenze assegnate da altri (drammaturgo e regista). 345 Pine e Gilmore [2000, p.157]. 175 Fabio Forlani dall’improvvisazione. … In qualsiasi situazione, l’improvvisazione implica un certo numero di abilità acquisite (nel senso che possono essere insegnate), come pure vari strumenti e tecniche che prendono concetti apparentemente non legati fra loro e li combinano in modi insoliti per fare scoperte precedentemente inarticolate.”346 Figura 6.8 - Partecipazione del turista alla produzione della vacanza e schema teatrale Improvvisazione Canovaccio Copione Ospite Ospite Ospite Partecipazione Partecipazione Canovaccio Copione Sistema d’offerta turistica Sistema d’offerta turistica Sistema d’offerta turistica Fonte: nostra elaborazione Canovaccio (Tecnica utilizzabile per la produzione di pacchetti turistici semi strutturati) Gli artisti che si basano su di un canovaccio non sono improvvisatori, anche se utilizzano sovente le tecniche dell’improvvisazione. Non costruiscono continuamente delle trame originali ma realizzano delle performance con sfumature sempre diverse partendo da una struttura predeterminata e consolidata. I singoli numeri o pezzi possono cambiare nell’ordine da spettacolo a spettacolo, ma la trama che è comunque gestita dalla compagnia e non varierà nel suo complesso. Si ottengono così spettacoli dalla struttura modulare, in cui i singoli moduli nascono come improvvisazioni casuali in scena o durante le prove, vengono poi migliorati e perfezionati in sala prove e riproposti durante la rappresentazione. La composizione finale di questi singoli moduli sarà poi determinata dalle caratteristiche del momento e della situazione in cui si svolge la scena e dalla partecipazione del pubblico. Oltre che una trama parzialmente emergente si assiste, durante gli spettacoli di strada, ad una regia parzialmente diffusa. Gli spettacoli solitamente vengono creati in sala prove sotto la direzione di un regista o meglio del capocomico, ma poi l’obbligo dell’interazione con elementi imprevedibili quali il pubblico, il contesto ecc. portano gli artisti ad adattare lo spettacolo in modo dinamico. La costruzione modulare dello spettacolo avviene quindi anche, parzialmente, tramite le interazioni degli attori in scena. La parzialità è determinata dalla presenza di un attore-regista o capocomico leader della compagnia solitamente non molto numerosa. “Apparentemente improvvisatori, gli artisti di strada in realtà provano diligentemente come quelli del teatro da palco, se non di più. Ma nel teatro di strada ogni performance è diversa a seconda della composizione e del comportamento dell’audience, come pure degli specifici ambienti esterni, per non citare l’umore dell’artista quel giorno. … Nel seguire una traccia 346 Pine e Gilmore [2000, p.153]. 176 Esperienze, Marketing e Territorio generale basata sui successi precedenti, ogni artista di strada stabilisce d’impulso quali pezzi del suo repertorio includere e quali eliminare. Il risultato finale: una performance unica per quella particolare audience è tale da creare valore utilizzando nuovamente qualcosa di conosciuto. … I loro pezzi sono moduli standardizzati legati fra loro in maniera dinamica on demand per cercare una performance completa. Ciascun “pezzo” proviene da un copione stabile, mentre il testo finale della performance da strada “emerge” dalle scelte effettuate durante l’esecuzione.”347 Utilizzando il modello teatrale (la vacanza è la rappresentazione, i turisti e gli operatori sono gli attori) ogni qualvolta si affronta l’analisi dell’offerta di prodotti vacanza occorre porsi le seguenti domande: Con quale modello di messa in scena è stata prodotta? Chi scrive la trama della vacanza? Chi cura la regia della vacanza? Dal punto di vista dell’analisi dell’offerta questo ci spinge a fare la seguente riflessione: com’è possibile produrre un bello spettacolo se gli attori non ne conoscono la trama, non hanno una regia e non sono consapevoli di star recitando all’interno di una compagnia? 6.6 La progettazione di una esperienza turistica: elementi base Dopo aver evidenziato l’utilità del modello teatrale per analizzare (descrivere ed interpretare) le esperienze turistiche, è opportuno proseguire su questa strada proponendo l’utilizzo di tecniche drammaturgiche per la progettazione e tecniche teatrali per la produzione (messa in scena) delle vacanze. Tali modelli sono utili in quanto, considerando l’esperienza turistica un prodotto che emerge dal processo d’interazione fra attori dell’offerta e della domanda su di un territorio, sono in grado di inglobare al loro interno anche la natura sistemica dell’offerta. Gli schemi logici di produzione dell’esperienza che vengono proposti in questo paragrafo sono utilizzati da tutti i sistemi d’offerta (imprese, sistemi d’imprese, sistemi d’offerta turistica territoriali, ecc.) a prescindere dal modello teatrale che esse assumono a riferimento. La figura 6.9 sintetizza le peculiarità del prodotto turistico considerando:  dal lato della domanda; la natura interattiva o emergente del prodotto, e quindi la necessità della partecipazione del turista nel processo produttivo;  dal lato dell’offerta; la necessità che gli attori dell’offerta si organizzino in modo sistemico [in sistemi d’offerta; vds cap.3 e cap.4, ed in particolare il modello § 3.6]. L’organizzazione sistemica [§3.6] ci spinge ad esplorare la dimensione del “perché ?” che consiste nel cercare di comprendere quali sono, se ci sono, le motivazioni o i fini che portano i diversi attori a fare sistema per offrire la vacanza. In base a siffatta impostazione si assume, adottando una prospettiva di marketing, che un sistema turistico locale finalizzato alla produzione e alla commercializzazione (Perché?) sul mercato di esperienze turistiche (Cosa?), debba partire dall’analisi del cliente obiettivo (Per chi?), per definire le opportune politiche (Come?) atte a connettere gli attori interni (Chi?) ed esterni (Per chi?) in modo da ottenere un utilizzo sistemico, e quindi ottimale, delle risorse territoriali ove il sistema turistico è radicato (Dove?). 347 Pine e Gilmore [2000, p.163]. 177 Fabio Forlani Progettare un’esperienza, come già evidenziato in precedenti contributi [Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002 e Pencarelli e Forlani, 2005], in un ottica di marketing significa rispondere alle seguenti domande: 1. Per chi ? (il Pubblico o attori della domanda – i segmenti di mercato per i quali si allestisce l’esperienza). 2. Chi ? (gli Attori e le comparse – i soggetti economici e non presenti ed agenti sul territorio e come tali coinvolti, a vario titolo, nella produzione dell’esperienza). 3. Perché ? (la Filosofia – gli obbiettivi, la cultura, la fiducia del territorio come elementi di unità e consapevolezza del sistema). 4. Dove ? (il Palcoscenico – il territorio come insieme di risorse e capacità del sistema). 5. Cosa ? (lo Spettacolo – il concetto dell’esperienza: il messaggio, le sensazioni, le emozioni e i ricordi). 6. Come ? (La forma di teatro – l’organizzazione e la disposizione degli eventi-azioni nel tempo, gestione delle relazioni tra gli attori e di questi con gli ospiti); Fig. 6.9 - Un modello di analisi per la produzione di esperienze Per chi? Target Cosa? Spettacolo Dove? Palcoscenico Come? Forma di teatro Chi? Attori e comparse Esperienza turistica Perché? Mission e Cultura Fonte: nostra elaborazione Nella progettazione della vacanza, però, non è sufficiente considerare gli ambiti dell’esperienza che si desidera coinvolgere nella messa in scena, occorre anche tener presente l’intero ciclo d’acquisto, consumo e post consumo del cliente [Pencarelli, Betti e Forlani, 2005]348. Secondo alcuni autori quali Arnould [2002], Trailo [2002], Vézina [1999], citati da Carù e Cova [2003], l’esperienza di consumo <<non si limita più a qualche attività pre-acquisto (risveglio del bisogno, ricerca di informazioni ecc. …), né a qualche attività post-acquisto, come la valutazione della soddisfazione, ma ingloba una serie di altre attività che influenzeranno le decisioni e le azioni future del consumatore>>. L’esperienza si dispiega così lungo un periodo di tempo in cui si possono identificare quattro momenti principali: - l’esperienza di anticipazione che consiste nel ricercare, pianificare, sognare ad occhi aperti, prevedere o immaginare l’esperienza; 348 Sul processo di acquisto e consumo turistico cfr. anche AAVV [2005], Casarin [1996] e Savoja [1998]. 178 Esperienze, Marketing e Territorio l’esperienza di acquisto che deriva dalla scelta, dal pagamento, dal packaging, dall’encounter del servizio e dell’ambiente; - l’esperienza di consumo vera e propria che include le sensazioni, l’appagamento, la soddisfazione/insoddisfazione, l’irritazione/il flusso, la trasformazione; - l’esperienza di ricordo e di nostalgia che utilizza le fotografie per rivivere l’esperienza passata, che si appoggia sui racconti di storie e sulle discussioni con gli amici sui giorni passati, che si sofferma sui ricordi. La materializzazione di queste esperienze (ad esempio il catalogo per una mostra, il souvenir per una vacanza) ha la funzione di certificazione dell’esperienza. Condividendo tale analisi si ipotizza di sintetizzare questo ciclo, con riferimento specifico alle vacanze, nel seguenti tre fasi: la fase del sogno, la fase delle sensazioni e dell’emozione, la fase del ricordo. - Tali fasi possono essere rappresentate graficamente utilizzando lo schema logico del modello teatrale nel seguente modo: Fig. 6.10 – La fase del sogno Per chi? Attori della domanda Ambiente esterno Cosa? Spettacolo Come? Copione Chi? Ambiente interno Dove? Attori e comparse Palcoscenico Perché? Mission e Cultura Immagine Esperienza promessa Fonte: nostra elaborazione Attraverso il modello teatrale si mette in evidenza che il turista non è solo uno spettatore passivo, ma è un protagonista (attore) dello “spettacolo turistico” allestito dall’offerta (singola impresa o sistema turistico). Il coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il processo di consumo turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno (sogno) fino alle attività svolte al ritorno dalla vacanza (ricordo). Fig. 6.11 – La fase delle sensazioni e delle emozioni 179 Fabio Forlani Ambiente esterno Con chi? Ospite Cosa? Esperienza Dove? Come? Palcoscenico Copione Chi? Attori f.o. Ambiente interno Chi? Att. b.o. Perché? Mission e Cultura Esperienza emergente Immagine Fonte: nostra elaborazione Fig. 6.12 – La fase del ricordo Per chi? Ospite Ambiente esterno Cosa? Lo spettacolo Come? Il modello di teatro Ambiente interno Perché? Mission e Cultura Chi? Dove? Attori e comparse Il palcoscenico Immagine Esperienza ricordata Fonte: nostra elaborazione In definitiva, il modello teatrale, rende esplicito che progettazione l’esperienza significa, da parte del soggetto che la offre (singola impresa o sistema d’imprese), dare risposta ai seguenti questi:  Quale è la trama dell’esperienza (dramma) e quindi chi è il drammaturgo dell’esperienza?  Qual è il palcoscenico su cui si svolge l’esperienza?  Chi cura la regia dell’esperienza? 180 Esperienze, Marketing e Territorio Alla prima domanda proveremo a dare alcune risposte nelle righe che seguono; alla seconda domanda verrà dedicato il cap.7; alla terza domanda si cercherà di rispondere nel cap. 8. Secondo Carù e Cova [2003, p.193], esistono differenti tipologie di esperienze. Per questi autori “il modello più fecondo è quello proposto da Csikszentmihalyi (1997) e ripreso recentemente dalla ricerca sul comportamento del consumatore (Novak et al., 2000; Arnould et al. 2002), che mette in risalto il caso specifico delle flow experiences, nelle quali l’energia psichica richiesta è massima (Csikszentmihalyi, 2000). Due dimensioni principali permettono di effettuare una distinzione tra le esperienze (Csikszentmihalyi, 1997): il livello delle abilità (skills) e il livello di sfida (challenge). L’esperienza di flusso (flow) si realizza quando competenze e sfida sono entrambe al massimo.” Fig. 6.13 – La tipologia delle esperienze di Csikszentmihalyi Elevato Livello di sfida Basso Ansia Eccitazione Preoccupazione Apatia Basso Flusso Controllo Noia Livello di abilità Distensione Elevato Fonte: Carù e Cova, 2003, p.193. Scelte le tipologia di emozioni o sensazioni che si vogliono far vivere occorre ideare lo schema di riferimento dell’esperienza in base alla modalità di messa in scena stabilita (improvvisazione, canovaccio, copione). Qualunque sia la modalità creativa dell’esperienza, riteniamo opportuno ricordare che la sua messa in scena dovrà prevedere comunque i seguenti elementi [Pine e Gilmore, 2000, p.5171]: I. Tematizzare l’esperienza turistica In ogni caso, sia che l’ospite si fermi all’ambito dell’esserci, sia che prosegua fino a quello dell’imparare, il primo passo che il produttore di esperienze dovrà comunque fare è stabilire il tema dell’esperienza. Un tema ben concepito da ai turisti una struttura attorno a cui organizzare le proprie impressioni e l’esperienza produce così dei ricordi ricchi e duraturi. Un “tema” è un “argomento o motivo di fondo”. Il concetto di tema è evolutivo e dinamico, concepisce una realtà fondamentalmente aperta da cui scaturiscono immaginazione, creatività, iniziativa. Ma implica, per chi mette in scena l’esperienza, anche delle regole e dei vincoli da rispettare, richiede, infatti, la continua coerenza con l’idea di partenza e il rispetto di una linea di orientamento generale. Il tema, in quanto 181 Fabio Forlani elemento centrale della visione dell’esperienza è quindi il filo conduttore intorno al quale si organizza in divenire l’esperienza. Nel turismo l’utilizzo della tematizzazione per differenziare l’offerta è già ampiamente diffuso sia da parte delle strutture turistiche (Tour operator , grandi complessi alberghieri, villaggi turistici, pachi tematici) con forti capacità di marketing, sia da parte dei piccoli operatori fortemente specializzati. II. Prevedere degli stimoli (indizi positivi) che producano delle impressioni Il tema costituisce la base di un esperienza capace di suscitare impressioni indelebili. Le impressioni349 sono il “take away” dell’esperienza, ciò che si porta via con sé: la coerente integrazione di un certo numero di impressioni tocca l’individuo e quindi soddisfa il tema. Per creare le impressioni desiderate, le imprese devono introdurre elementi che nel loro insieme affermino la natura dell’esperienza voluta per l’ospite. Ciascun elemento della vacanza deve essere, allora, coerente con il tema, e con la tipologia dell’esperienza che si vuol far vivere, in modo da rafforzarlo e sostenerlo. III. Eliminare gli indizi negativi Gli indizi fanno scattare impressioni che realizzano il tema nella mente del cliente. Un’esperienza può essere spiacevole solo perché un qualche aspetto architettonico è stato trascurato, sottovalutato o non è stato coordinato. Indizi visivi e sonori non progettati o incoerenti possono far sentire confuso o sperduto un cliente. Chi mette in scena l’esperienza deve eliminare qualsiasi cosa che impoverisca, contraddica o distolga l’attenzione dal tema. Nella messa in scena dell’esperienza turistica occorre fare estremamente attenzione agli indizi o impressioni incoerenti con il tema, poiché sono sufficienti poche informazioni contraddittorie per far crollare una “storia” costruita con tantissime impressioni positive. IV. Coinvolgere i cinque sensi Gli stimoli sensoriali che accompagnano un’esperienza ne dovrebbero sostenere e intensificare il tema. Quanto più efficacemente un’esperienza coinvolge i cinque sensi, tanto più sarà memorabile. Occorre infatti ricordare che, per i produttori dell’economia dell’esperienze, le sensazioni e le emozioni vissute dal turista non sono la conseguenza della propria offerta economica, ma sono la componente fondamentale della stessa. V. Integrare con oggetti ricordo (souvenir) Da sempre le persone acquistano, certi beni, principalmente per i ricordi che comunicano. I vacanzieri acquistano cartoline delle vedute amate, i giocatori di golf acquistano camice o capellini con il logo dei campi, i teenager collezionano T-shirt per ricordare concerti rock ecc. I turisti acquistano quindi i souvenir come testimonianze tangibili delle esperienze vissute. Il possesso di questi elementi tangibili garantisce infatti a loro la permanenza del ricordo e la possibilità di trasmetterlo ad altre persone. Bibliografia AA.VV. [2005], Il viaggio: riflessioni sulle scelte e i comportamenti del turista, Sinergie, n°66 ACI CENSIS [2001], I Rapporto Turismo. I distretti turistici italiani: l’opportunità di innovare l’offerta, Roma. Alberoni F. [1964], Consumi e società, Il Mulino, Bologna. 349 Il sistema delle impressioni può certamente essere definito come l’immagine dell’esperienza. L’impressione può essere inoltre definita come il frutto dei “momenti della verità” (nell’economia dei servizi si definisce in tal modo l’incontro reale o fisico fra domanda e offerta di servizi). 182 Esperienze, Marketing e Territorio Antonioli Corigliano M. [1999], Strade del vino ed enoturismo. Distretti turistici e vie di comunicazione, Franco Angeli, Milano. Antonucci G., [1995], Soria del teatro italiano, Tacabili Economici Newton, Roma. Bateson J., Hoffman D. [2000], Gestire il marketing dei servizi, Apogeo, Milano. Becheri E., Manente M. [2001], L’Italia fra Unione Europea e mediterraneo, X Rapporto sul Turismo italiano, Mercury, Firenze. Bertozzi P. [2005], La multicanalità nel comportamento d’acquisto di viaggi e vacanze, in Sinergie, n°66. Borghesi A. [1994], Il marketing delle località turistiche. Aspetti metodologici e ricerche empiriche, Giappichelli, Torino. Brockett O.G. 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A nostro avviso l’approccio sistemico350, utilizzato in questo studio, riesce a fare nuova luce sul ruolo del territorio nelle dinamiche socio-economiche351, poiché, come evidenziato nel secondo e nel terzo capito, la definizione di sistema (vivente e/o vitale) permette di evidenziare, tramite il concetto di “emergenza”, il rapporto dinamico esistente fra materia (struttura materiale), schema di organizzazione, vita (processo) e significato. Attraverso questa prospettiva d’analisi, infatti, viene evidenziata l’importanza della rete di relazioni/interazioni sovra e sub sistemiche che permettono la nascita (l’emersione), la sopravvivenza e lo sviluppo di sistemi territoriali. Viene esaltato, in questo modo, il legame vincolante che si crea fra i sistemi sociali, l’ambiente e il territorio in cui essi operano352. Lo studio sistemico delle dinamiche sociali suggerisce, in definitiva, la necessità per i sistemi socioeconomici di porre la necessaria attenzione alla dimensione territoriale (o biologica) e ai continui processi di adattamento (accoppiamento strutturale) determinati dallo scambio e dalla condivisione di risorse con sistemi terzi353. Nella letteratura economico aziendale vi sono diversi studi che analizzano il sistema territoriale utilizzando l’approccio sistemico. In questo momento il filone di studi più dinamico è sicuramente quello che utilizza la matrice concettuale dell'Approccio Sistemico Vitale (ASV) [Vesci, 2001; Golinelli C.M. , 2002 e 2003; Gallucci, 2003a e 2003b; AA.VV, 2003]. 350 La prospettiva qui adottata riprende i postulati della concezione sistemica in base alla quale “la comprensione delle caratteristiche e delle dinamiche di un sistema può avvenire solo con riferimento all’osservazione dei sovrasistemi che su di esso insistono (…) e dei subsistemi in esso inclusi (…)” [Golinelli, 2000]. 351 Nell’attuale dibattito politico, sociale ed economico sulla globalizzazione oltre alla tradizionale competizione fra imprese, sempre maggiore spazio trova il tema della competizione fra nazioni, regioni, città o più generalmente tra sistemi territoriali. In questo quadro, si sta assistendo, sia in Italia, sia all’estero, ad un crescente interesse per il ruolo del “territorio” inteso nella sua accezione allargata, non solo come un’estensione spaziale di paesaggio o aggregato di entità naturali ed antropiche, ma anche e soprattutto come comunità localizzata e quindi come sistema socio-economico territoriale. Nel dibattito sulla gestione territoriale, a fianco alle riflessioni di urbanisti, geografi e politologi si sono inseriti, nell’ultimo decennio, anche i contributi degli economisti d’impresa. Il loro campo di ricerca si è, infatti, esteso dall’applicazione di metodologie manageriali alla gestione di problemi specifici, come ad esempio il marketing per l’attrazione degli investimenti esterni, ad aspetti più generali che coinvolgono il problema del governo strategico delle comunità territoriali nel loro complesso. [Forlani, 2003]. 352 Cfr l’ontologia biologica dei sistemi viventi capitoli 1, 2 e le sue implicazioni sui sistemi aziendali (capitolo 3). 353 Tale connessione dinamica assicura ai sistemi territoriali, da un lato, la capacità di soddisfare le attese dei sovrasistemi (mercati, sovrasistemi territoriali, ecc.) e di indirizzare le finalità e gli obiettivi dei subsistemi (imprese ed altre organizzazioni economiche e sociali) e, dall’altro, di perseguire i propri percorsi di sviluppo attraverso un equo contemperamento delle pressioni esercitate dagli altri sistemi. 186 Esperienze, Marketing e Territorio Per Golinelli C.M. [2002, p.13] “s’intende discernere la concreta possibilità di applicazione dell’A.S.V. al territorio, ovvero appurare che, come l’impresa assurge a “sistema vitale impresa”, così il territorio, ricorrendo determinate condizioni, può essere qualificato in termini di “sistema vitale territorio”. Nel presente lavoro, dunque, il termine “territorio” non indica semplicemente un’estensione spaziale, un paesaggio naturale o un aggregato di entità naturali e antropiche, bensì una comunità localizzata palesatasi e consolidatasi per volontà di un determinato ente (semplice o composito), l’organo di governo nell’ASV. A questo spetta il merito di essere riuscito a fare coesistere, a coordinare funzionalmente ed a rendere mutuamente interdipendenti le singole componenti strutturali, superando le motivazioni alla base delle scelte localizzative individuali e ponendo in essere le condizioni per il perseguimento di obiettivi comuni”. Per Vesci [2001, p. 7] “Appare immediatamente chiara l’esigenza tipica dell’approccio di focalizzare l’attenzione sulle relazioni fra le parti piuttosto che sulle singole parti. L’approccio sistemico, dunque, implica le interazioni e l’organizzazione espressa dall’insieme di interazioni.354”. Per Gallucci [2003a, p. 68] l’ASV “consente di esaminare il sistema territoriale come entità non avulsa dal contesto. Anzi, come sistema che sopravvive, creando valore, proprio in virtù della capacità del suo organo di governo di gestire le interazioni con i sovrasistemi rilevanti percepiti nell'ambiente. (…) l'approccio sistemico allo studio del territorio con l'individuazione della categoria logica dei sistemi vitali consente di cogliere appieno il significato delle due dimensioni, quella strutturale e quella sistemica, e quindi il processo logico che porta all'emergere del sistema territoriale dalla struttura, il quale si sviluppa attraverso la valorizzazione delle capacità. Mentre la dimensione strutturale consente di individuare il territorio nelle sue componenti strutturali e infrastrutturali, la dimensione sistemica, che si manifesta con l'emergere del sistema dalla struttura, si qualifica attraverso le interazioni che l'organo di governo del territorio implementa, con tempi ed intensità diverse, con i sovrasistemi che ritiene più o meno rilevanti nella sua analisi per la qualificazione del contesto di riferimento.”355. Nella applicazione dell’ASV allo studio dei sistemi territoriali che emergono dal territorio si evidenzia, come passaggio logico fondamentale, che il sistema non coincide con la struttura ma piuttosto emerge da essa [Golinelli, 2000]356. Partendo da questa considerazione Vesci [2001, p.31] arriva ad identificare e a specificare il significato di sistema di offerta territoriale: “Il sistema d’offerta territoriale si propone in primo luogo (si veda fig. 7.1) nella sua naturale fisicità e materialità357 che immediatamente però, assume un valore di fruibilità sul mercato grazie alle innumerevoli componenti di servizio dirette358 e indirette359 (quali le attività di servizio coerenti con il target, quelle coerenti ma non richieste da target stesso, la presenza di risorse umane qualificate, ecc.). Fa da sfondo al sistema di offerta permeando comunque tutte le componenti che lo caratterizzano la presenza di una serie di elementi immateriali, quali le tradizioni socio-culturali, storiche, le dinamiche formative, ecc. Tali elementi, nel comporsi a sistema, contribuiscono a disegnare le “caratteristiche distintive” dell’area territoriale. La valorizzazione delle connotazioni e 354 Tutti i sistemi sono caratterizzati da una struttura e si qualificano per l’esistenza di processi. La struttura rappresenta la conformazione di un insieme di elementi concreti o astratti in un determinato spazio. I processi sono un insieme di eventi coordinato in successione che generano risultati definiti. 355 Corsivo nostro. 356 Vds il secondo e il terzo capitolo del presente lavoro. 357 Riprendendo la classificazione proposta da taluni studiosi di marketing dei servizi, si potrebbe individuare nel luogo fisico o negli elementi ad esso intrinsecamente connessi il cosiddetto “servizio di base”. 358 Applicando la medesima caratterizzazione cui nella precedente nota si faceva riferimento, si potrebbe parlare di “servizio di base derivato”. 359 Il riferimento è al “servizio periferico”. 187 Fabio Forlani caratteristiche specifiche rappresenta la base di adozione di strategie e politiche coerenti con il target di mercato selezionati.” Fig. 7.1 – Il sistema di offerta territoriale Tradizioni socio culturali Stratificazione storica Infrastrutture Qualità della vita Territorio (nel suo aspetto fisico ed orografico) Risorse Intelligenze Dinamiche formative Fonte: Vesci, 2001, p. 32; “Dall’aspetto fisico non è assolutamente possibile prescindere: non c’è sistema se no c’è un’area, se non c’è un territorio; tuttavia l’aspetto fisico non è più fondamentale: assumono importanza sempre maggiore le condizioni di fruizione di quella data area e tutte le componenti immateriali che la caratterizzano; laddove tutte queste componenti siano, a determinate condizioni, collegate e coordinate fra loro in opportune relazioni e/o interazioni, allora e solo allora, si potrà dire che sta cominciando ad emergere dalla struttura, il sistema che sarà, comunque, in qualche modo circoscritto.” [Vesci, 2001, p.31]. Seguendo un approccio simile, in un precedete lavoro [Pencarelli e Forlani, 2002] si è sostenuto come potesse emergere il sistema turistico dal territorio, evidenziando come la definizione di sistema vitale richiedesse la presenza di un organo di governo (che governa) e di una struttura operativa. Il prodotto offerto in quel caso, l’esperienza turistica, era frutto dell’interazione e della co-produzione, sul palcoscenico territoriale, degli attori territoriali (imprese turistiche e persone) con gli attori-spettatori esterni (turisti). Seguendo tale approccio si è sostenuto che il sistema turistico vitale emerge dalla struttura-territorio grazie alla regia (coordinamento sapiente ed efficace) dell’organo di governo. In alcuni successivi contributi [Pencarelli e Forlani, 2003; Forlani, 2003], utilizzando la strumentazione economica dell’ASV abbiamo cercato di estendere il ragionamento dal sistema turistico al sistema territoriale studiando lo specifico caso dei centri storici. Nel corso di tale studio abbiamo potuto confermare che sul medesimo supporto fisico (territorio nel suo aspetto fisico ed orografico) emergono differenti sistemi di offerta territoriali in seguito al lavoro degli attori territoriali (imprese e persone) tendenti a soddisfare una determinata domanda (di commodity, di beni, di servizi, di esperienze, di trasformazioni). Abbiamo inoltre verificato l’esistenza di una profonda diversità sistemica fra quelli che abbiamo definito sistemi d’offerta territoriali e il sistema politico-amministrativo territoriale360 in quanto tali sistemi hanno natura (privata, pubblica-privata, pubblica), schemi di organizzazione, dinamiche di processo e fini completamente differenti. Inoltre si è verificata 360 “Politica s.f. 1. Teoria e pratica che hanno per oggetto la costruzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica.” [Devoto e Oli, 1987]. In base a tale definizione con sistema politico territoriale faremo riferimento al sistema giuridico-amministrativo preposto al governo di una determinato territorio. 188 Esperienze, Marketing e Territorio l’esistenza di un rapporto collaborativo-conflittuale tra i diversi sistemi d’offerta e tra questi e il sistema politico territoriale. A conclusione di tale studio si è, quindi, verificata l’esistenza di due tipologie di sistemi che emergono dal territorio:  I sistemi politico-istituzionali territoriali  I sistemi d’offerta territoriali In tale prospettiva si è inoltre verificato che il sistema territoriale (o ecosistema) che emerge, come livello superiore, dall’interazione sistemica di tali sub-sistemi può essere un sistema territoriale vitale, ma può anche essere un sistema territoriale vivente [cfr. §3.7]. Si è giunti quindi a condividere le osservazioni fatte da Golinelli C.M. [2002, p.18] “Quindi, nello studio del territorio sistema vitale, la coincidenza tra il sistema territoriale ed un’unità amministrativa rappresenta un’ipotesi possibile ma non tassativa. E’ difficile pensare che un’istituzione locale sia giocoforza un sistema territoriale semplicemente perché ufficialmente preposta all’amministrazione di un’area spaziale. Lo è, invece, di certo quando le esigenze e gli interessi diffusi degli attori localizzati sono adeguatamente interpretati, rappresentati e coordinati dall’organo di governo dell’istituzione, ossia quando riesce a compendiare nella propria azione di governo le aspettative ed istanze dei diversi attori, addivenendo ad un effettivo indirizzo e controllo dell’ambito spaziale ufficialmente attribuitogli.”361 Coerentemente con i fini della nostra analisi cercheremo di capire quali relazioni ed interazioni intercorrono fra sistemi d’offerta territoriali e sistemi politico-istituzionali territoriali e, se e come, tali rapporti contribuiscono alla sopravvivenza dell’ecosistema complessivo che insiste su di un territorio. 7.2 Le componenti fondamentali del sistema politico territoriale L’importanza del ruolo del territorio sulla competitività delle organizzazioni economiche e non è riconosciuta da numerosi autori di strategia aziendale362, in particolare Valdani e Ancarani [2000] evidenziano che “Negli attuali contesti economici, la competitività delle imprese viene a dipendere in misura crescente dalla più generale competitività dei sistemi – sociali e territoriali – nei quali esse sono inserite. Dal lato delle imprese, infatti, le politiche di marketing sono sempre più interconnesse e dipendenti dalle risorse specifiche dei territori nei quali esse sono insediate. Dal lato dei territori, si sta verificando un contemporaneo incremento di concorrenzialità, definito in questo volume ipercompetizione territoriale, che impone l’adozione di logiche e strumenti competitivi. In tal senso, nel presente lavoro si avanza l’ipotesi che imprese e territori coevolvano nella ricerca di vantaggi competitivi, essendo gli uni reciprocamente risorse critiche per la competitività degli altri.”. L’adozione dell’approccio sistemico allo studio del territorio e della sovra citata ipotesi d’interdipendenza strategica e di coevoluzione di sistemi economico-aziendali (imprese e sistemi d’imprese) e sistema territoriale, ci porta a sostenere la necessità di pervenire ad una miglior comprensione del ruolo (compiti, responsabilità, diritti, doveri) attribuibile ad ogni diversa componente sistemica. 361 Per approfondimenti Golinelli C. M. [2002, p.11-63]. La stretta relazione tra competitività dei contesti territoriali e competitività delle imprese è ampiamente evidenziata dalla letteratura che si occupa di distretti industriali e di sistemi produttivi locali. 362 189 Fabio Forlani Nella nostra analisi si identificano, quindi, le seguenti tre componenti fondamentali dei sistemi politici-territoriali363: a) I cittadini elettori. Il sovrasistema rilevante del sistema politico-territoriale La definizione dei cittadini elettori intesi come “proprietà” e quindi come sovrasistema rilevante e influente del sistema politico-territoriale presenta importanti specificità poiché “se nell'impresa l'organo di governo è espressione di un sovrasistema proprietario, esterno al sistema vitale impresa e titolare di quote di capitale, nel territorio, invece, la proprietà risulta legittimata non dal capitale ma dal voto di fiducia espresso a favore di quell'organo di governo e a cui quest'ultimo non può non rivolgere doverosa attenzione nel definire un percorso evolutivo del territorio. Più precisamente, non si tratta di un diritto di proprietà materiale (stockholders) bensì di una volontà espressione degli orientamenti politici e come tale in grado di imporre vincoli e regole al mandato conferito (lobbies).” [Gallucci, 2003a, p.78]. b) L’organo di governo del sistema politico-territoriale Gli amministratori del territorio o policy maker364 sono l’organo di governo del sistema politico-territoriale. Vesci [2001, p.38] li definisce come attivatori di processi di gestione e metaorganizzazione dello sviluppo (Policy Maker e Struttura Tecnica e amministrativa). Compito dell’organo di governo è quello di realizzare “il complessivo grado di risonanza, risultante dei gradi di risonanza sovra e sub-sistemica” e di “assicurare che il sistema evolva unitariamente verso il conseguimento di vantaggi competitivi, atti a garantire al sistema stesso le maggiori possibilità di sopravvivenza, incrementando in tal modo il suo grado di vitalità” [Golinelli, 2000, p.213]. Per conseguire siffatti traguardi l’organo di governo deve possedere capacità imprenditoriali elevate, associate al potere di progettazione, riprogettazione, controllo, integrazione degli elementi strutturali del sistema (singole aziende ed istituzioni, territorio, fattori di attrattiva e di contesto ecc. e loro relazioni organizzative) in funzione della loro consonanza e risonanza con i sovra-sistemi ambientali (es. sovra-sistema della domanda, sovra-sistema legislativo, sovra-sistema finanziario, sovra-sistema del mercato del lavoro, ecc.) o con i sub sistemi della struttura operativa. L’organo di governo è chiamato, infatti, a svolgere azioni di filtro/interpretazione delle influenze, dei vincoli e delle aspettative che provengono dai sovra-sistemi e dai sotto-sistemi, ricercando opportune conciliazioni e composizioni dei condizionamenti che provengono da entrambi i livelli intersistemici. Siffatte azioni dell’organo di governo sono cruciali per favorire il raggiungimento di elevati gradi di risonanza ed efficacia sistemica e per assicurare sopravvivenza di lungo termine al sistema. Il soggetto guida, per esercitare funzioni di governo altamente complesse ed articolate (progettazione, coordinamento, supporto, consulenza, formazione, monitoraggio, commercializzazione, promozione, ecc.) dove possedere competenze assai variegate ed avere la giusta legittimazione da parte dei soggetti territoriali. Nell’approccio sistemico vitale, l’organo di governo esiste e “governa davvero”, ha la capacità e possibilità di pianificare, attuare, controllare e rivedere i percorsi strategici del territorio e dei suoi componenti strutturali365, assecondandone le esigenze di sopravvivenza e di rafforzamento competitivo. 363 Anche per Valdani e Ancarani [2000, p.45], infatti “Si possono distinguere coloro che sono portatori, nei confronti del territorio, di interessi rilevanti, e che possono essere definiti stakeholder (pubblici interni), da coloro che viceversa definibili clienti/mercati (pubblici esterni), da coloro che infine sono amministratori del territorio o policy maker”. Una classificazione simile è seguita da Camagni [1994]. 364 “Come è noto policy maker e struttura tecnica e amministrativa sono le due anime gestionali dell’ente pubblico [Mele e Vesci, 1997] separate ed unite al tempo stesso e comunque tali da dover ritrovare un concreto amalgama proprio nella efficiente ed efficace gestione dell’ente.” Vesci [2001, p. 41]. 365 Il management dei componenti strutturali di una destinazione turistica-sistema vitale si differenzia in funzione del grado di legittimazione e di potere che l’organo di governo possiede sugli stessi. Ad esempio, mentre la capacità d’influenza sulle 190 Esperienze, Marketing e Territorio c) La struttura operativa366 del sistema politico-territoriale I. Gli attori della struttura operativa del sistema territoriale (i co-produttori e/o utenti del sistema d’offerta territoriale). Sono gli stakeholder (pubblici o clienti interni), costituiscono la componente “vivente” della struttura operativa (attori del sistema d’offerta). Vesci [2001, p.38] suddivide i soggetti facenti parte di tale categoria in attivatori di processi di compartecipazione alla predisposizione del sistema di offerta territoriale e in attivatori dei processi di fruizione. In prima approssimazione gli stakeholder possono essere suddivisi in almeno due gradi categorie [Ancarani, 1999]: - Le persone: i cittadini residenti367 o aventi interessi diretti sul territorio, i turisti368 e gli escursionisti presenti sul territorio; - Le organizzazioni: le imprese residenti o aventi interessi diretti sul territorio, le organizzazioni non-profit, e altre istituzioni (fatto salvo gli enti pubblici di governo del territorio). II. Gli attori potenziali della struttura operativa del sistema territoriale (i coproduttori e o utenti potenziali del sistema d’offerta territoriale). I clienti obbiettivo (target o clienti esterni) costituiscono la componente potenziale della struttura operativa. Potenziale, in quanto, rimangono esterni alla struttura finché non divengono componenti della struttura in qualità di co-produttori dei sistemi d’offerta e/o fruitori effettivi degli stessi. Costituiscono questa categoria: - Le persone potenzialmente interessate a risiedere e/o investire nel territorio, i potenziali turisti ed escursionisti; - Le organizzazioni potenzialmente interessate a “risiedere” e/o investire nel territorio. III. Gli elementi (materiali e immateriali) della struttura operativa del sistema territoriale. Un ulteriore aspetto che occorre definire fra le componenti del sistema sono gli elementi (materiali e immateriali) della struttura operativa del sistema territoriale. Per Vesci [2001, p.29] “il territorio non può, e assolutamente non deve, essere visto come semplice elemento fisico e materiale. ... diventa necessario operare una prima distinzione concettuale fra “patrimonio” e “risorsa”. In termini generali, il valore territoriale inteso come elemento patrimoniale fa riferimento a tutti quegli elementi che lo compongono indipendentemente dalle forme specifiche e temporanee del loro uso da parte della società civile; viceversa, questi stessi elementi possono essere intesi come risorsa quando una imprese turistiche sarà limitata a funzioni di indirizzo e di stimolo a condotte strategiche unitarie, le iniziative sugli assetti infrastrutturali di un territorio o le azioni di macro marketing potranno avere impatto più stringente. 366 Per Valdani e Ancarani, [2000, p.39] “Per quanto concerne la configurazione territoriale interna, un’area territoriale vede convergere verso di sé gli interessi di svariati soggetti economici e non, a differente titolo portatori di interesse nei confronti del territorio stesso. Le relazioni instaurate con queste tipologie di soggetti fanno assumere al territorio una configurazione reticolare, che, con la dizione coniata da Martone [1998], la trasformano da territorio-impresa a in territorio-coproducer. In altre parole, il territorio-coproducer vede la partecipazione di un ampio ventaglio di soggettività, che partecipano alla creazione di soddisfazione e di attrattività attraverso una fitta rete di relazioni.”. 367 La popolazione e la comunità locale (la popolazione residente) costituisce un soggetto collettivo dal cui atteggiamento nei confronti degli ospiti (ostilità, indifferenza, accoglienza, ecc.) può dipendere la percezione di qualità e la soddisfazione dei consumatori durante l’esperienza di soggiorno nel territorio. Nel consumo del prodotto turistico, ad esempio, le interazioni tra i turisti e la popolazione rappresentano frequenti << momenti della verità >> che possono valorizzare o distruggere la qualità erogata dagli altri soggetti territoriali. Poiché l’esperienza del turista è largamente connessa alla qualità del contesto generale nel quale i soggetti operano, nelle località turistiche non è sufficiente un coordinamento tra le imprese e gli enti direttamente interessati alla produzione turistica, ma occorre un coordinamento ed un orientamento al servizio ed al cliente che coinvolge, oltre agli operatori turistici (pubblici e privati), anche le altre forze istituzionali e l’intera popolazione residente. 368 I turisti sono i destinatari dell’offerta allestita in un dato territorio, ma rappresentano anche risorse preziose nella coproduzione dell’offerta in quanto partecipano direttamente alla realizzazione dell’esperienza. Di questo l’organo di governo deve tenerne conto, giacché le modalità di partecipazione all’esperienza degli ospiti considerati sia individualmente sia in relazione agli altri turisti presenti nello stesso periodo nell’area influenzano fortemente la percezione della qualità totale dei consumatori. 191 Fabio Forlani determinata società li reinterpreta attivamente [Magnaghi, 1999]. In altre parole “il <patrimonio territoriale> ... è caratterizzato dall’essere prodotto di un lungo processo storico di territorializzazione sia nelle sue componenti ambientali (neoecosistemi prodotti dalle successive civilizzazioni), sia nelle sue componenti edificate (le invarianti strutturali di lunga durata: infrastrutture, trame agrarie, tipologie edilizie, urbane, paesistiche, ecc.), sia nelle componenti antropiche (modelli socioculturali e identitari, culture artistiche, produttive, politiche)”[Magnaghi, 1999, p. 9]. Tale patrimonio diventa “risorsa” di fronte al progetto di una società (o di un organo di governo) che lo reinterpreta ai propri fini e che gli attribuisce un determinato ruolo.” Il territorio nella sua componente fisica e strutturale è quindi detentore di una serie di: A) Elementi (risorse) tangibili: • Elementi edificati (storici e attuali) • Elementi di accessibilità • Elementi ambientali B) Elementi (risorse) intangibili: • Cultura locale369 • Conoscenza370 • Fiducia371 • Immagine372 • Informazione373 7.3 Il ruolo strategico dell’organo di governo all’interno del sistema politico territoriale Nella prospettiva sistemica l’organo di governo dovrà, sulla base delle risorse necessarie alla mission del territorio (probabilmente determinata, anche se per delega, dalla proprietà) pervenire alla specificazione di una modalità di governance del sistema territoriale, che favorisca l’emersione degli elementi della struttura che possono concretizzarsi 369 La cultura locale è qui intesa come l’insieme delle norme e dei valori frutto della storia, delle tradizioni, delle usanze di uno specifico territorio e delle persone che lo compongono. Essa connota il clima territoriale orientando le strategie ed i comportamenti dei singoli operatori. 370 La conoscenza è definita come “Facoltà, atto, modo, effetto del conoscere”. Per Valdani e Ancarani [2000, p.23] “Nell’economia postfordista la nuova fonte del vantaggio competitivo delle imprese, così come dei sistemi economici, sociali e territoriali, si sta manifestando e consolidando nella capacità sia individuale che organizzativa di accesso, utilizzo e sviluppo di conoscenza.”, ed ancora [p. 41] “In questa sede, ci piace avanzare l’ipotesi che fra le infrastrutture di cui un territorio deve necessariamente essere dotato, ve ne siano alcune non materiali, ma comunque fondamentali, e cioè la conoscenza e la fiducia, intese come infrastrutture delle relazioni” e “... nell’economia globale dell’immaterialità, fiducia e conoscenza assurgono al ruolo di risorse critiche.”. 371 “Le costellazioni di successo si caratterizzano inoltre per il fatto che, per realizzare la propria formula imprenditoriale, ogni singolo attore fa affidamento, oltre che sulle proprie competenze, anche su quelle delle altre imprese facendo leva sulla fiducia, che costituisce il vero presupposto e la condizione di esistenza dei rapporti cooperativi interaziendali” [Pencarelli, 1995, p.143]. D’altronde le relazioni cooperative sono relazioni sociali e per esse la fiducia è un collante più forte ed efficace di qualsiasi meccanismo gerarchico o di mercato; la risorsa fiducia è dunque una delle principali risorse critiche di ogni distretto industriale di successo.” [Pencarelli, 2001, p.143]. 372 L’immagine ha un ruolo fondamentale nella percezione delle caratteristiche del territorio, poiché è allo stesso tempo un filtro che influisce sulla percezione della qualità (per la domanda ma anche per gli attori del territorio) ed uno strumento di gestione del suo posizionamento. L’immagine genera aspettative nella domanda e può determinarsi sia per effetto di stimoli esterni non direttamente controllabili dagli operatori (passaparola - fattori culturali e sociali come l’interazione tra i componenti della famiglia, tra colleghi, tra amici, ecc.), di stimoli interni non controllabili (necessità - fattori a livello individuale, come i tratti della personalità), nonché da azioni esterne controllabili dall’organo di governo (comunicazione l’azione della pubblicità e degli altri strumenti di comunicazione). 373 L’informazione rappresenta, internamente, una risorsa critica ai fini del governo della struttura operativa in quanto consente di mettere in relazioni le varie componenti del sistema, accrescendo il loro grado di consapevolezza circa l’unitario finalismo evolutivo del sistema. A livello esterno essa facilita la ricerca ed il conseguimento della consonanza e risonanza sistemica con i sovrasistemi rilevanti ed influenti sul distretto turistico. L’informazione è inoltre il contenuto delle azioni comunicative verso tutti gli interlocutori sociali interessati al distretto, a partire dai turisti attuali e potenziali . 192 Esperienze, Marketing e Territorio nell’allestimento di sistemi d’offerta economica374. Qualora le componenti della struttura dovessero trovarsi in una situazione conflittuale e di scarsa risonanza (ad esempio, un'elevata accessibilità potrebbe andare a scapito della qualità ambientale, oppure turisti troppo numerosi ed attivi potrebbero suscitare sentimenti di ostilità della popolazione, oppure un’immagine troppo positiva creare aspettative eccessive nella domanda, ecc.), è necessario realizzare la migliore combinazione possibile di questi elementi. Elementi che, in base ai prodotti territoriali che si vogliono offrire agli ospiti, andranno combinati in modo armonico, agendo soprattutto sulla gestione dell’informazione, dell’immagine e della cultura, evitando conflitti e cercando di fare in modo che siano l’uno a sostegno dell’altro. Per questo l’organo di governo del sistema politico-territoriale è chiamato a formulare ed attuare un piano strategico capace di valorizzare, selezionare, mobilitare i componenti della struttura operativa nell’ottica sistemico vitale. Tali considerazioni ci aiutano, quindi, ad affermare la necessità di rivolgersi alla strumentazione di marketing, anche se con sguardo critico ed attento [si veda il §7.5]. Negli studi di marketing territoriale, molto spesso, si è dato per scontato che il cliente da ricercare per un territorio fosse esclusivamente l'imprenditore con le sue risorse nella convinzione che lo sviluppo di un'area passasse necessariamente per un incremento numerico di insediamenti produttivi e/o commerciali. Una riflessione più attenta, invece, non deve trascurare di evidenziare che il cliente dipende dalla mission dell'area in questione che, pertanto, varia da territorio a territorio sulla base delle specificità locali, del posizionamento che il soggetto decisore - organo di governo territoriale - riconosce coerente con le suddette specificità e, non ultimo, delle istanze provenienti da una proprietà detentrice della volontà politica dominante in quel momento. Per svolgere adeguatamente questo compito di gestione strategica del sistema territoriale, l’organo di governo politico-territoriale dovrà possedere diversificate competenze manageriali, non solo le competenze di natura burocratico-amministrative tipiche delle amministrazioni pubbliche, che dovranno integrare i consolidati strumenti del marketing all’interno di un più complesso ed ampio problema di gestione delle relazioni sistemiche (subsistemi e sovra-sistemi). L’impostazione sistemica da noi adottata, concentrando l’attenzione sulle relazioni interattive e sull’importanza assegnata, all’interno del sistema, al ruolo del regista territoriale (l’organo di governo politico come coordinatore dei sistemi d’offerta territoriali) sembra dare risposte alle problematiche che stanno emergendo dalla letteratura in termini di governo del territorio [Bramanti, 2002, p.25]: “La complessità degli scenari competitivi e l’articolazione plurilivello in cui le relazioni tra attori sono organizzate, hanno contribuito ad un sovraccarico di domanda politica sulle amministrazioni territoriali decentrate. Tale domanda nasce, da un lato, dalle difficoltà dello Stato nazionale di offrire risposte adeguate; dall’altro, dal processo 374 La Gallucci [2003a] nella sua applicazione del ASV al governo dei territori arriva alla seguente conclusione: “L'approccio sistemico esalta la necessità per un qualsiasi sistema di valorizzare il patrimonio di capacità e competenze disponibili sul territorio. Diversa, invece, la tendenza delle politiche territoriali per molti anni orientate alla mera creazione di infrastrutture, nella infondata certezza che tale processo fosse sufficiente ad attivare meccanismi virtuosi di sviluppo di un territorio. Tuttavia, l'esperienza, ormai non più recente, ha purtroppo dimostrato che, oggi più che mai, le competenze e, quindi, l'esistenza di una capacità di utilizzo nonché di gestione di tali infrastrutture rappresenta una condizione indispensabile per lo sviluppo delle potenzialità insite nelle stesse. Va, tuttavia, precisato che tale processo nasce e si sviluppa attraverso una perfetta coniugazione delle due dimensioni (strutturale e sistemica), delineate nell'ASV che, ... consente una chiara evidenziazione della necessità imprescindibile per l'organo di governo territoriale di partire dalla struttura e, quindi, dall'analisi delle specificità territoriali (tangibili e intangibili) e, successivamente, sulla base di tali fattori place specific, individuare la mission da assegnare all'attività di governo del territorio. Ovviamente, tutto ciò dovrà risultare coerente con un processo di analisi del contesto e, quindi, di costruzione di una rete di relazioni di consonanza prima e risonanza poi con i diversi sovrasistemi con cui l'organo di governo ritiene opportuno o è costretto ad entrare in contatto nel perseguimento delle sue scelte strategiche.” 193 Fabio Forlani di decentralizzazione delle competenze e di avvicinamento delle risorse agli utilizzatori [Laper, 1999]. Ne discende che le amministrazioni territoriali (il government) non riescono ad articolare autonomamente nessuna seria politica di sviluppo; necessitano invece di alimentare tavoli di concertazione e strutture di governance che siano in grado di motivare all’azione un numero crescente di soggetti – singoli e collettivi – portatori di esigenze e detentori di risorse. Dal momento che l’ambito di influenza delle esternalità eccede, per definizione, il controllo discrezionale di ogni singolo agente, forme rilevanti di coordinamento sociale sono essenziali per assicurare le migliori performance possibili dell’economia regionale. Mentre il government richiama il concetto di sovranità e di autonomia politica, la governance si riferisce a processi di mediazione sociale e di interdipendenza inter-istituzionale [Sabel, 1998]. In questo senso, il passaggio dal government alla governance implica una duplice modificazione: - da una preoccupazione puramente strutturale ad una nuova attenzione per il processo; - da una focalizzazione esclusivamente di governo (pubblica amministrazione) a un più ampio orizzonte di capacità civiche e di politiche di volontariato. La governance si attiva nel compito di riconoscere i bisogni, di aggregare e coordinare una molteplicità di interessi pubblici e privati. La governance diviene così una modalità di coordinare il self-interest e le scelte microeconomiche, di risolvere controversie, di assegnare diritti di proprietà, di distribuire potere tra i membri della comunità, di rafforzare gli entitlement, di assicurare radicamento sociale, di perseguire visioni condivise di sviluppo, di produrre beni relazionali, di sostenere la fiducia e la partecipazione.” Per Vesci [2001, p. 37] : “la governance locale si propone come la <<capacità di integrare, di dare forma agli interessi locali, alle organizzazioni, ai gruppi sociali, e, dall’altra parte, come la capacità di rappresentarli all’esterno, di sviluppare strategie più o meno unificate in relazione al mercato, allo Stato, alle altre città e agli altri livelli di government>> (Le Gales P. 1995, pag. 90). Dimensione fondamentale, dunque, è la capacità di integrare la maggior parte delle organizzazioni pubbliche (locali e centrali) e private nell’elaborazione di strategie e politiche comuni.”. Utilizzando il modello teatrale [Cap.5 e Cap.6] l’esigenza di governace è anche definibile come esigenza di regia375 complessiva del sistema territoriale. Da segnalare infine come “Metodologicamente il funzionamento della governace richiama la logica della pianificazione strategica dello sviluppo” [Bramanti, 2002, p. 34] e nel nostro approccio richiama l’approccio di gestione strategica delle relazioni sub e sovra sistemiche messe a punto negli studi di strategia aziendale. Nella nostra applicazione dell’economia delle esperienze allo studio dei territori turistici [Pencarelli e Forlani, 2002 e 2005] ma anche dei centri storici [Pencarelli e Forlani, 2003], abbiamo evidenziato che, essi, possono essere descritti come dei luoghi speciali (palcoscenici) su cui vengono proposte (messe in scena) diversificate offerte economiche da parte degli attori territoriali (persone ed organizzazioni) che agiscono in forma isolato e/o in forma sistemica (sistemi d’offerta). Rielaborando tale visione nell’ottica del sistema territoriale (ecosistema che insiste su un territorio), possiamo sostenere che il territorio, inteso come dimensione strutturale, è 375 “Regia. ... estens. Coordinamento sapiente ed efficace di un dibattito, di un gioco collettivo, di una manifestazione, ecc.” [Devoto e Oli, 2000]. 194 Esperienze, Marketing e Territorio definibile come “un nudo palcoscenico”, su cui agiscono sistemi d’offerta economica, sociale ecc. finalizzati alla produzione di output specifici (volti alla soddisfazione di bisogni economici, sociali, ecc.) e sistemi politici-territoriali finalizzati al governo complessivo del sistema territoriale. Quando l’organo di governo del sistema politico-territoriale ha le competenze e l’autorità per fungere da regista del sistema territoriale nel suo complesso il sistema territoriale assume lo schema di sistema vitale. Occorre però ricordare che il sistema territoriale può, comunque, essere in grado di rimanere vivo (vivente) anche sensa assumere lo schema di sistema vitale, in presenza di processi di autorganizzazione dei sistemi che ne fanno parte. Infine si ricorda che il giudice ultimo dell’efficacia del sistema politico-territoriale e dell’operato del suo organo di governo è il sovra sistema popolazione residente (gli elettori). La popolazione residente in quanto sovrasistema del sistema politico-territoriale e sub-sistema del ecosistema territoriale giudicherà in merito alla capacità del primo di creare consonanza e risonanza fra i vari sistemi che insistono su uno specifico territorio. 7.4 Il circolo virtuoso formazione, attrattività e valore. Il rapporto dinamico fra gli elementi del sistema vitale. Il criterio sulla base del quale si sono precedentemente suddivise le varie tipologie di utenti del territorio (§7.3) è anche riconducibile alla differente natura che guida le relazioni che si instaurano tra le componenti a natura pubblica del sistema territoriale (sistema politicoistituzionale territoriale) e i suoi pubblici di riferimento (persone e organizzazioni di natura privata). In termini di analisi strategica della domanda Valdani e Ancarani [2000, p. 48] sostengono l’esistenza delle seguenti relazioni:  “La relazione che unisce il territorio ai pubblici/clienti esterni (potenziali, nda) è identificabile nell’attrazione, nel senso che le politiche poste in essere dal territorio nei confronti di tali pubblici sono volte a richiamare all’interno del territorio stesso i possibili segmenti di clienti (imprese, investitori, turisti, ecc.).”  “La relazione che unisce il territorio ai pubblici/clienti interni è identificabile nella soddisfazione, nel senso che le politiche, poste in essere dal territorio nei confronti di tali pubblici, mirano a generare e incrementare la soddisfazione dei pubblici interni, cioè dei residenti nel territorio (cittadini e imprese) e degli attori coinvolti nel processo di pianificazione territoriale (Camere di Commercio, Unione Industriali, Unione Consumatori, Apt, ecc.)” Gli autori ritengono che queste relazioni siano legate fra loro dall’esistenza di una circolarità (tra soddisfazione dei clienti interni e attrattività del territorio nei confronti dei clienti esterni), e che tale circolarità deve essere gestita in modo tale da generare un continuo incremento di valore del territorio stesso. “... è possibile osservare come in realtà all’interno del modello descritto, rientri anche il ruolo dei policy maker (organo di governo, nda). Pur non avendo benefici derivanti dalla soddisfazione di interessi specifici, i policy maker dovrebbero essere comunque orientati alla generazione di soddisfazione e all’incremento del grado di attrattività del territorio in virtù del mandato a essa conferito. In una prospettiva che richiama il ruolo del management come agente all’interno dell’impresa, se la gestione è condotta negli interessi degli stakehoder rilevanti (generando soddisfazione e incrementando il valore del territorio per questi ultimi), i policy maker ricevono consenso, principalmente sotto forma di voti da parte dei residenti e di 195 Fabio Forlani maggiori imposte da parte delle imprese (...). Del pari, se l’attrattività del territorio aumenta, affluiscono nuova ricchezza e nuovo valore sociale, così come cresce il livello di soddisfazione, economica e non degli stakehoder. Ciò si traduce in ulteriore consenso e in ulteriori entrate, innescando una spirale virtuosa tipica della circolarità soddisfazioneattrattività-valore. ” [Valdani e Ancarani, 2000, p.49]. Se la gestione è, viceversa, distruttrice di valore, con un medesimo processo logico è possibile ipotizzare l’innesco di una pericolosa spirale viziosa. In base alle ipotesi di circolarità sovraesposta gli autori sostengono la necessità, per i territori, di sviluppare un’attività di marketing strategico che, partendo dalla definizione dei pubblici a cui riferirsi e degli obiettivi da assumere a riferimento, definisca: • • il marketing strategico territoriale esterno, rivolto ai clienti esterni di un territorio, con l’obbiettivo dell’attrazione e della generazione di fiducia esterna; il marketing strategico territoriale interno, rivolto ai clienti interni di un territorio, con l’obiettivo della valorizzazione dell’esistente e della soddisfazione e fiducia interna. Fig. 7.2 – Il marketing territoriale: il circolo virtuoso soddisfazione, attrattività, valore. Valore territorio Attrattività territorio Soddisfazione cittadini/imprese Fonte: Valdani e Ancarani, 2000, p. 49. Seguendo tale ragionamento, Valdani e Ancarani [2000, p.50], arrivano a sostenere che “in termini di implicazioni manageriali, considerando la circolarità virtuosa esistente tra attrattività, soddisfazione, valore e lo stretto legame esistente tra marketing territoriale interno ed esterno, si pone un problema di management strategico del territorio in una prospettiva resource based.”376 Si sottolinea, innanzitutto, che la circolarità proposta da Valdani e Ancarani è da ritenersi molto significativa ed interessante perché sembra rappresentare una sorta di autopoiesi del sistema territoriale, occorre però evidenziare che, nella nostra prospettiva, non si ritiene sufficiente parlare di un unico circolo virtuoso del sistema territoriale. Si ritiene, in questa sede, più opportuno assumere la prospettiva di Noisette [1996, p.173] e parlare di almeno due circoli virtuosi distinti ma collegati377: 376 Per approfondimenti sulla prospettiva resource based applicata ai territori cfr. Caroli, Vesci, Napolitano, Galluro; “Double circuit d’action et de sanction. C’est pourquoi la gestion urbain ne se préoccupe plus seulement des citadins. Elle est comptable devant eux du dynamique économique de la ville, pour autant que ses compétences le justifient, et elle s’intéresse donc également à l’ensemble des des acteurs économiques – disons, pour simplifier, aux entreprises (on y trouve aussi les citadins, comme consummateurs). Les élus sont ainsi au sommet d’un double circuit d’action et de sanction, politique et économique: 377 196 Esperienze, Marketing e Territorio 1. Il circolo politico del sistema politico-istituzionale territoriale. Un circolo di sviluppo socioeconomico collegato all’attività di governo (politica) dell’ente pubblico territoriale. Il circolo politico è finalizzato, in linea teorica, alla soddisfazione delle persone residenti (cittadini elettori), in quanto sono queste ultime a generare il consenso necessario alla rielezione (voto politico) degli amministratori del territorio (organo di governo del territorio). 2. Il circolo economico dei sistemi di offerta territoriali. Sul territorio emergono uno o diversi circoli di sviluppo socioeconomico generati dai sistemi d’offerta territoriali, aventi o meno, un organo di governo riconosciuto e legittimato (sistemi, sistemi viventi, sistemi vitali). Il circolo economico è finalizzato alla soddisfazione delle imprese in quanto attori economici (industriali, commerciali, turistici, ecc.) e alla soddisfazione delle persone i qualità di consumatori (di beni, di servizi, di esperienze, di trasformazioni). I due circoli non sono sovrapposti ma si influenzano costantemente e reciprocamente. Essi però devono essere pensati, progettati e guidati dall’organo di governo del sistema politicoterritoriale in modo strategico al fine di garantire uno sviluppo coerente e virtuoso dell’intero ecosistema territoriale. La visione strategica dell’organo di governo deve selezionare, indirizzare e/o supportare i sistemi d’offerta, che emergono dalla struttura territoriale, in modo tale che i circoli economici virtuosi da essi generati portino al conseguimento degli obbiettivi sociali e politici. Figura 7.3 – Il circolo politico virtuoso del sistema territoriale vitale Efficacia dei sistemi d’offerta territoriali B Qualità della vita dei “proprietari” del sistema territoriale (cittadini votanti) Risorse A Opportunità C Visione strategica del territorio messa a punto dall’organo di governo Fonte: Nostra elaborazione A  Scelte strategiche di natura politica, sociale ed economica e poliche d’intervento (dirette ed indirette) sui sistemi di offerta (economica e non); - le circuit politique touche en priorité les citadins-électeurs, mais il n’ignore pas le pouvoir d’influence des entreprises (le citadin-consummateur et le chef d’entreprise influencent le vote de l’individu électeur qu’ils sont également). Sa sanction, c’est la réélection, résultat de l’opinion des citadins et des agents économiques; le circuit économique touche en priorité les entreprises, mais il n’ignore pas que les citadins sont une fource économique qui pèse sur le logement, les commerces les services et les équipements. La sanctin de l’action municipale dans le circuit économique, c’est le développement de la ville, résultat de la confiance et du dynamisme des entreprises et des ménages, résultat aussi de la capacité de la ville elle-meme à faciliter les productions et les échanges. Ces deux circuits ne sont pas le décalque l’un del l’autre. Intérets économiques et pollitiques peuvent différer, y compris pour les meme agents. J’y reviendrai. Ce qui assure la cohérence des objectifs et des actions de la municipalité entre ces deux circuit, c’est la startégie de développement qu’elle a adoptée pour la ville. Cette stratégie doit en effet articuler l’action économique à la traduction sociale des objectifs politiques.” Noisette [1996, p.173-174]. 197 Fabio Forlani B  Opportunità di lavoro e di consumo create dai sistemi di offerta (economica e non); C  Voto o consenso politico; Si può ipotizzare che ogni ciclo completo di tale circolo abbia una durata coincidente con la durata legislativa. (medio –lungo termine). Figura 7.4 – Il circolo economico virtuoso di un sistema d’offerta economica territoriale Qualità e Valore dei prodotti offerti dal sistema d’offerta territoriale Selezione / Aggregazione e Formazione Attori Interni Risorse Visione strategica Opportunità Attrattività del sistema d’offerta territoriale Soddisfazione dei Pubblici Esterni e degli Attori Interni OdG Fonte: Nostra elaborazione In base a quanto fin qui sostenuto si può affermare che l’organo di governo del sistema politico-territoriale, in quanto regista complessivo del territorio378, ha un’importante funzione di regia nell’attivare e governere il circolo virtuoso di crescita. Il problema pratico che si affronta quando si va ad affrontare in concreto tali temi [Pencarelli e Forlani, 2002, Pencarelli e Forlani, 2003] è però quello di identificare la dimensione territoriale “ideale” del sistema territoriale vivente o vitale. Il problema è alquanto complesso e risente dei profondi cambiamenti che stanno avvenendo in merito al governo dei territori (globalizzazione dei mercati, federalismo, Unione Europea, ecc.).379 Allo stato attuale, si ritiene indispensabile un serio sforzo d’identificazione dell’ambito territoriale in cui è possibile attuare una governance efficace del sistema territoriale. In attesa di una tale riflessione, che richiederà l’intervento di competenze diverse (economisti, economisti d’impresa, sociologi, politici, ecc.), allo stato attuale “appare innegabile che la Provincia e il Comune siano istituzionalmente investiti di responsabilità in tema di governo del territorio e siano i soggetti primi tenuti ad impostare una lettura in chiave sistemica dello stesso. D’altronde, anche una interpretazione non “allargata” del dettato normativo spinge in tal senso (Paolini C., Saija A., 1995). (...), la norma (legge 142/90, nda) assegna ad entrambi gli enti funzioni di sviluppo territoriale, e probabilmente intende assegnare alla Provincia funzioni prevalentemente strategiche e di coordinamento, lasciando al Comune compiti relativamente più operativi o comunque da esercitarsi all’interno di linee programmatiche provinciali.” [Vesci, 2001, p.45]. 378 “Aspetto nodale nel governo del territorio è l’individuazione di chi abbia il compito di sviluppare le relative strategie e politiche di sviluppo in un ottica strategica e di marketing secondo un approccio oramai più volte definito sistemico. Tale aspetto introduce il discorso sulla cruciale tematica dell’emersione dell’organo di governo del sistema.” [Vesci, 2001, p. 44] 379 Un interessante opinione in merito è senza dubbio quella di Beccattini [2004]. 198 Esperienze, Marketing e Territorio 7.5 Il marketing territoriale Per illustrare brevemente le principali definizioni elaborate in letteratura in tema marketing territoriale e di marketing urbano o delle città, si è scelto di seguire un criterio di ordinamento cronologico, ritenendo che la formulazione di successive siano state, in qualche modo, influenzate da quelle che le hanno precedute380. Fig. 7.5 - Definizioni di marketing urbano e di marketing territoriale TEXIER L., VALLA Secondo questi autori, il marketing di una città può essere definito come “l’insieme delle azioni J.P., [1992, p.42] collettive poste in atto per attirare in una specifica area o territorio nuove attività economiche e produttive, favorendo lo sviluppo delle imprese locali e promuovere un’immagine favorevole.” KOTLER P., Gli autori nel loro place marketing effettuano un’applicazione alla gestione territoriale del HAIDER D.H., marketing management: REIN I., [1993, p. - Analisi delle caratteristiche dell’area; 18-23] - Elaborazione di una strategia di lungo termine realizzata sulla base delle risorse del territorio e delle opportunità ambientali; - Sviluppare un piano di azioni operative in cui siano indicati gli investimenti e le trasformazioni necessarie per realizzare gli obiettivi strategici prefissati; Questo ultimo punto è sostanzialmente la seguente versione territoriale del marketing mix: - Prodotto: definizione di un adeguato mix di caratteristiche strutturali e di servizi offerti dall’area; - Prezzo: sebbene non determinabile direttamente è influenzato da un valido sistema di incentivi per gli attuali e potenziali utilizzatori dei servizi e delle strutture offerte dal territorio; - Distribuzione: individuazione di efficaci modalità di distribuzione dei servizi e dei prodotti predisposti; - Promozione: comunicazione dell’immagine dell’area in modo tale che la domanda ne percepisca correttamente il valore; BRAMEZZA I. “Il marketing della città è l’analisi, pianificazione, implementazione di programmi che mirano a VAN DEN BERG L. creare, costruire, mantenere rapporti e scambi vantaggiosi con i mercati relativi al fine di - VAN DER MEER raggiungere obiettivi organizzativi. Il marketing urbano è un processo che riguarda l’offerta di J. [1994] prodotti urbani che interessano segmenti di mercato specifici, come gli anziani, le imprese e i visitatori.” GILI G. – PESCI G. “Il marketing urbano è un nuovo metodo di elaborazione delle strategie di promozione delle – ROSSI I. [1994, p. attività legate alla distribuzione commerciale e di servizio localizzate nella medesima zona della 6] città. L’obiettivo di queste indagini e azioni sul mercato è la valorizzazione e la riqualificazione commerciale e sociale delle aree urbane, facendo rientrare nel progetto di valorizzazione tutti quei fattori che interagiscono nel rapporto tra il fenomeno commerciale e la rivitalizzazione del centro storico.” MELLANO F. “Il marketing urbano è un metodo applicato alle principali azioni di progettazione e gestione [1994, p. 197] urbana che tende a perseguire il seguente obiettivo: rendere più efficace possibile la sintesi delle azioni che si intrappongono nell’ambito di una collettività urbana, anziché cercare semplicemente di rendere fra di loro compatibili e di ottimizzare azioni diverse. In altre parole, è un metodo che tende alla ottimizzazione della sintesi delle azioni urbane anziché alla sintesi delle tante ottimizzazioni di azioni diverse.” ASWORTH G.J. – I due autori intendono il marketing delle città come il processo attraverso il quale le attività VOOGD H. [1995, urbane vengono poste il più strettamente in relazione con la domanda proveniente dai “target” p. 11] individuati. NOISETTE P. “Il marketing della città è un approccio che può essere utilizzato nelle attività di gestione della [1996, p. 178-179] città. Esso si occupa dell’analisi, della pianificazione, della messa in opera e del controllo dei programmi concepiti dall’autorità pubblica di management urbano e dagli organismi che da essa dipendono. Questi programmi hanno per obiettivo, da un lato quello di rispondere al meglio alle aspettative delle persone e delle attività della città e del suo territorio, e dall’altro di migliorare la qualità e la competitività globale della città nel suo ambiente concorrenziale.” FILOSA “Il marketing urbano può essere concepito come l’insieme di azioni volte a massimizzare, dati MARTONE R. certi obiettivi, l’efficienza economica e sociale della città. Non una semplice attività 380 Si veda anche Latusi [2002]. 199 Fabio Forlani [1998, p. 14] PAOLI M. [1999, P.114] CERCOLA R., [1999, p.67] VICARI S. – MANGIAROTTI D. , [1999, P. 87] CAROLI M.G., [1999, p. 101] NAPOLITANO M. R., [2000, p. 43] VALDANI E., ANCARANI F., [2000, p. 35] VESCI M. [2001, p. XVII] LATUSI S., [2002, p. 27] promozionale volta ad attrarre investitori o turisti, ma un articolato insieme di azioni orientate a migliorare la posizione relativa della città.” Definisce marketing d’area per l’attrazione degli investimenti l’insieme di “tutte quelle attività che, esercitate su uno specifico spazio geografico, possono rendere un’area attrattiva per un prescelto gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti del quale (o dei quali) si è attuato il disegno delle caratteristiche dell’area stessa” L’autore considera il marketing territoriale come “un processo finalizzato alla creazione di valore per una collettività composta dall’insieme di individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei suoi confini.” “L’obiettivo del marketing territoriale è infatti quello di aumentare il valore della città. Possiamo dire che aumentare il valore della città significa aumentare la sua capacità di sviluppo, cioè di crescita della soddisfazione dei propri cittadini e delle proprie imprese e di servizio al resto della comunità e del paese in cui la città è inserita. Un buon marketing territoriale è cioè capace di innescare un circolo virtuoso tra soddisfazione dei residenti, attrazione di capitale esterno, aumento delle capacità di sviluppo della città” L’autore definisce il marketing territoriale come una “funzione che contribuisce allo sviluppo equilibrato dell’area, attraverso l’ideazione e l’attuazione di una interpretazione delle caratteristiche territoriali in chiave di offerta che soddisfi segmenti identificati di domanda attuale e potenziale; questa soddisfazione è realizzata attraverso la creazione di valore netto positivo. L’interpretazione che il marketing da delle caratteristiche del territorio avviene a livello strategico di sistema territoriale e a livello operativo dei singoli elementi che compongono l’area in questione e delle varie tipologie di utenti attuali o potenziali.” “La prospettiva assunta ... è, dunque, quella di considerare marketing e orientamento al mercato nel più ampio processo di gestione strategica del territorio, ossia nel complesso delle decisioni e delle azioni che è necessario porre in essere per assicurare al territorio il successo competitivo.” “Per marketing territoriale s’intende, pertanto, l’analisi dei bisogni degli stakeholder e dei clienti/mercati, volta a costruire, mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder (marketing territoriale interno) e con i pubblici di riferimento (marketing territoriale esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore del territorio e delle imprese e l’attrattività degli stessi, attivando un circolo virtuoso soddisfazione-attrattività-valore.” “Il marketing è solo uno degli elementi compresi nel più ampio processo di gestione strategica del territorio; tale ipotesi consente di passare da un concetto di marketing ad un concetto di management o governo del territorio in cui la componente di marketing è ancora comunque la logica di fondo; di tal che il marketing del territorio viene a qualificarsi come quel processo relazionale, strategico ed operativo, attuato da un ente territoriale , un agenzia a capitale pubblico, ecc. singolarmente intesi o, in accordo fra loro e, nell’ipotesi di emersione del sistema vitale, con l’ausilio dell’azione consonante (e/o risonante) degli altri attori agenti sul territorio, finalizzato ad indurre uno sviluppo ordinato, coordinato e coerente di un’area predeterminata.” L’autrice effettua una valutazione della letteratura di marketing territoriale e di marketing urbano arrivando a sintetizzare che “Il marketing territoriale: - Svolge una funzione di collegamento tra l’offerta territoriale e la domanda territoriale; - Si fonda su un’attenta analisi dei bisogni, delle esigenze e delle attese espressi dalle diverse categorie di domanda; - Necessita di un’attenta selezione dei segmenti di domanda verso cui orientare l’offerta in via prioritaria; - Ha valenza strategica ed operativa; - Richiede il coinvolgimento di diversi attori locali sia in fase di ideazione che di implementazione” L’autrice nel suo testo si focalizza, poi, sulle iniziative di marketing territoriale che hanno per destinatari gli investitori e come obiettivo la promozione di un’area geografica come localizzazione di attività logistico-produttive. Senza entrare nel merito delle singole definizioni381, ciò che si può sostenere dall’analisi di questi contributi, e più in generale della letteratura di marketing territoriale, è la convergenza fra i temi di marketing territoriale e marketing urbano, attraverso il superamento dell’approccio parziale di marketing territoriale come quel processo tendente a “vendere” 381 Per un quadro più organico e un maggior approfondimento su tale tema si veda anche Caroli [1999] e Latusi [2002]. 200 Esperienze, Marketing e Territorio insediamenti produttivi ad aziende esterne al territorio382 o quel processo tendente a promuovere il territorio a fini turistici. Gli autori citati, anche se divergono sulla tipologia di marketing da applicare (marketing management, marketing relazionale nell’approccio B2B, marketing del non profit, marketing sociale, ecc.) e sull’importanza ed il ruolo da assegnare alla funzione di marketing nel processo di sviluppo delle aree territoriali, sono sufficientemente concordi nel ritenere la filosofia e la strumentazione di marketing come elementi indispensabili per il governo del territorio. Occorre evidenziare, però, che non emerge con chiarezza cosa sia l’oggetto del marketing territoriale, ossia quale sia il prodotto “venduto” o scambiato e chi abbia la responsabilità delle azioni di marketing. Per Caroli [1999, p.77] “Il territorio urbano con le sue caratteristiche strutturali e con i suoi attributi intangibili è normalmente considerato l’elemento che rappresenta il “prodotto”; come avviene all’interno di un impresa orientata al mercato, esso verrebbe progettato in funzione delle esigenze della domanda e sarebbe realizzato, promosso e venduto attraverso le misure definite dal piano di marketing. Si tratta di una linea di ragionamento che tende a semplificare una situazione che nella realtà è molto complessa. Il territorio non ha infatti, la flessibilità e la relativa semplicità che normalmente ha un prodotto.” In questo studio, si è definita il territorio come un luogo su cui agiscono svariati sistemi, fra cui persone e organizzazioni. Si è, inoltre, già argomentato che il territorio non può essere considerato un prodotto da scambiare sul mercato, ma un palcoscenico (supporto materiale) su cui fare emergere i sistemi d’offerta volti a produrre prodotti da scambiare, anche, sul mercato. In questa prospettiva, quindi, il territorio non può essere un oggetto di marketing. Si ritiene, infatti, che il compito dell’organo di governo non sia quello di scambiare il territorio ma quello di gestirlo affinché le componenti in esso insediate crescano e si sviluppino generando valore. La tesi da noi sostenuta è, conseguentemente, che il territorio non sia rappresentabile come un prodotto da mettere sul mercato (e in quanto tale oggetto di transazione economica), ma come un insieme complesso, costituito da uno spazio geografico delimitato, da strutture fisiche naturali e/o edificate, da persone e da organizzazioni che lo vivono e da componenti immateriali che in esso si depositano (cultura, conoscenza, immagine, ecc.). Il sistema territoriale così inteso è allora il luogo che consente agli attori (persone e/o organizzazioni) di produrre e/o scambiare con altre persone e/o organizzazioni, varie tipologie di prodotti (commodity, beni, servivi, esperienze e trasformazioni). Nel sistema territoriale (es. città) quindi: − L’amministrazione comunale (organo di governo) è investita della responsabilità del governo strategico del territorio ed è quindi responsabile della regia complessiva (selezione e coordinamento dei sistemi d’offerta); − L’amministrazione comunale è legittimata a tale compito dal consenso dei cittadini residenti (voto elettorale); − I “prodotti” domandati e offerti nel sistema territoriale città sono il frutto (il risultato) del lavoro svolto dalle persone, dalle imprese, dalle organizzazioni, dai sistemi d’offerta (es. il sistema d’offerta turistico, il sistema del commercio al dettaglio, il sistema scolastico, il sistema sanitario, ecc.); − Ogni sistema d’offerta può essere o no dotato di organo di governo; 382 Cosa non avvenuta ancora sul piano pratico. 201 Fabio Forlani − Le dinamiche produttive territoriali si ritiene debbano essere analizzate utilizzando la logica della costellazione del valore [Norman e Ramirez, 1995], in cui non ci sono consumatori, ma persone che co-partecipano ai sistemi d’offerta in qualità di lavoratori, acquirenti, ecc. Conseguentemente: 1. Sull’Amministrazione pubblica, organo di governo, cade la responsabilità della gestione politico-strategica del sistema territoriale (generare il circolo virtuoso dello sviluppo territoriale) e quindi la determinazione delle visioni e degli indirizzi di sviluppo. Tale attività consiste nell’osservare, valutare e selezionare i sistemi di offerta in modo tale che la loro integrazione crei valore per i cittadini residenti o “proprietari” del territorio; 2. Sugli operatori economici 383 cade la responsabilità della costruzione e della gestione dei sistemi d’offerta territoriali. I sistemi d’offerta territoriali possono configurarsi come imprese, come mercati (sistemi), come distretti (sistemi o sistemi viventi), come costellazioni d’imprese, reti d’imprese o sistemi d’imprese. In base alla loro capacità di sopravvivere rigenerando continuamente le proprie componenti e in base alla presenza o meno di un organo di governo riconosciuto e legittimato si parlerà così di sistemi, sistemi viventi e sistemi vitali; 3. Sulle persone, che sono l’elemento biologicamente vivente e quindi componente fondamentale che da “vita” all’intero sistema territoriale spetta il compito (responsabilità) di far vivere i sistemi (entrandovi in qualità di produttori, prosumer o consumatori a seconda se essi partecipano più o meno attivamente ai vari sistemi d’offerta). 7.6 L’applicazione del marketing Opportunità e limiti. management ai sistemi territoriali. Nel paragrafo 7.4 le relazioni che intervengono in un determinato territorio (e conseguentemente le interazioni e gli scambi che su di esse emergono) sono state precedentemente raggruppate (§ 1.6) in due macrocategorie:  Uno circolo di scambio politico e sociale fra la “proprietà” e l’organo di governo del territorio (circolo virtuoso dello sviluppo territoriale).  Vari circoli di scambio economico e sociale fra l’organo di governo, la “proprietà”, gli attori della struttura operativa (interni) e gli attori potenziali (esterni) che avvengono all’interno dei sistemi d’offerta del territorio. Con riferimento alle perplessità sollevate sul ricorso alla filosofia di marketing in contesti diversi da quelli prettamente aziendali e di mercato [Vds §4.3], possiamo evidenziare le seguenti specificità dei sistemi territoriali: • • • • lo scambio ha per protagonista un soggetto attivo no-profit (ente pubblico) che gestisce “beni pubblici”; lo scambio voto-soddisfazione non è di natura economica; lo scambio voto-soddisfazione non avviene sul mercato (gli elettori non sono un mercato così come definito in economia); il soggetto no-profit ha finalità economiche solo strumentali al raggiungimento di quelle non economiche; Date queste condizioni, si può sostenere le seguenti tesi: 383 Le organizzazioni economiche possono essere di natura privata, pubblica, mista pubblico-privata. 202 Esperienze, Marketing e Territorio 1. Il sistema di scambio che ha come soggetto attivo l’ente pubblico territoriale ha natura politica e non si svolge quindi secondo i criteri del mercato e della massimizzazione del profitto. Il ruolo delle discipline aziendali e del marketing management in particolare, in questo caso, appare strumentale, finalizzato a mettere a disposizione del decisore la propria “cassetta degli attrezzi manageriali” (fatta di idee, metodologie e tecniche) che lo aiuti nel raggiungimento dei propri scopi, al costo complessivo minimo e compatibile con l’efficacia desiderata. 2. I sistemi di scambio, generati dai sistemi d’offerta che emergono dal territorio, aventi natura non esclusivamente economica (es. sicurezza pubblica, sistema giudiziario, sistema scolastico, sistema sanitario, ecc.) andrebbero valutati singolarmente tenendo presente la finalità sociale del sistema stesso e la necessità di una loro sostenibilità nel contesto-ambiente economico di riferimento. Il ruolo delle discipline aziendali e del marketing management in particolare, anche in questo caso, appare strumentale e finalizzato a mettere a disposizione del decisore la propria “cassetta degli attrezzi manageriali” (fatta di idee, metodologie, tecniche che aiutino il management nel raggiungimento dei propri scopi, al costo complessivo minimo e compatibile con l’efficacia desiderata), senza però escludere un più completo utilizzo degli strumenti e della filosofia di marketing qualora i decisori politici ritengano che la finalità sociale di tale sistemi possa essere conseguita attraverso il loro inserimento nei meccanismi del mercato. 3. I sistemi di scambio, generati dai sistemi d’offerta che emergono dal territorio, aventi natura prevalentemente economica sono da ritenersi una tipica situazione di utilizzo appropriato della filosofia di marketing. Il ruolo delle discipline aziendali e del marketing management in particolare, appare indispensabile al fine di far rimanere competitivi i sistemi d’offerta territoriali (es. offerta turistica) rispetto ai sistemi d’offerta di altri territori (ipercompetizione territoriale, globalizzazione dei mercati). In letteratura è oramai consolidato che la competizione globale o ipercompetizione territoriale384, affrontata dalle città e dalle aree locali impone l’adozione di un governo strategico dei sistemi territoriali vitali orientato al mercato385. Il “pensiero strategico”, secondo Caroli [1999, p.34], “orienta l’evoluzione strutturale dell’area e le scelte di medio-lungo termine degli attori che ne fanno parte; apporta, quindi, una nuova dimensione nella gestione pubblica di un’area geografica e supera il tradizionale approccio della pianificazione urbana”. Lo stesso autore sostiene che “L’adozione di un orientamento strategico, e il conseguente tentativo di pianificazione dello sviluppo esprimono al massimo grado l’adozione del modello di gestione “imprenditoriale” di una città. L’orientamento strategico favorisce il raggiungimento di tre importanti risultati: a) riunire in una visione integrata i diversi fattori che caratterizzano un’area territoriale e ne determinano lo sviluppo; b) inserire l’area in questione in un ambiente territoriale, sociale ed economico più vasto, ponendolo in relazione (competitiva ma anche cooperativa) con altri sistemi territoriali; c) considerare l’azione di attori molto diversi fra loro e le sinergie che possono derivare dal coordinamento della loro attività sul territorio.” Caroli [1999, p. 38]. E’ evidente, comunque, che la complessità dei sistemi territoriali è fortemente generata dalle innumerevoli connessioni (e/o collisioni) esistenti fra i due circoli di sviluppo e di scambio che devono convivere nel territorio stesso: 384 Valdani e Ancarani [2000, p.25]. Si veda Camagni [1999, p.11-19], Vicari e Mangiarotti, [1999, p.85], Caroli [1999, p.23-39], Valdani e Ancarani [2000, p.23-26], Napolitano [2000, p.19-49], Latusi [2002, p.5-13]. 385 203 Fabio Forlani   Il circolo del sistema politico territoriale (processo socio-politico): Visione sociopolitica del territorio – Scelta e incentivazione dei sistemi d’offerta del territorio – Qualità della vita dei cittadini residenti – Consenso elettorale – ReVisione sociopolitica del territorio; I circoli dei sistemi d’offerta del territorio (processi socio-economici): Visione socio-economica del sistema d’offerta del territorio – Selezione (attrazione e aggregazione) degli attori economici – Formazione degli attori economici - Qualità e Valore del sistema d’offerta e dei prodotti offerti – Attrattività dei pubblici potenziali del sistema d’offerta – Soddisfazione dei pubblici di riferimento e degli attori interni – ReVisione socio-politica del sistema d’offerta del territorio. Tale considerazioni ci portano a sostenere la necessità di distinguere fra gestione del sistema politico-territoriale e gestione dei sistemi d’offerta territoriali, sottolineando che, a nostro avviso, vi è una precisa indicazione gerarchica: Il sistema politico-territoriale ha il potere, legittimato dai cittadini, di selezionare, indirizzare e controllare i sistemi d’offerta del territorio. Nel proseguo dello studio, non essendo nostro compito occuparci delle problematiche di governo socio-politiche del territorio, approfondiremo quindi le modalità di governo dei sistemi d’offerta turistica che emergono dal sistema territoriale. Bibliografia del capitolo AA.VV. [2003], Esperienze d’impresa. Serie speciale S/2, Università degli Studi di Salerno. Aguiari R. [1993], Le strutture commerciali come componenti dell’arredo urbano, in Imprese commerciali e sistema distributivo. Una visione economico-manageriale, Baccarani C. [1993], a cura di, Giappichelli, Torino. Antonioli Corigliano M. 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VIII 206 Esperienze, Marketing e Territorio UN MODELLO DI GESTIONE ORIENTATO AL MERCATO PER I SISTEMI D’OFFERTA TURISTICA TERRITORIALI 8.1 Dalla competizione fra imprese turistiche alla competizione fra sistemi d’offerta turistica Come si è evidenziato nei capitoli 5 e 6, se si assumono le esperienze come chiave di lettura della domanda di persone, imprese e altre organizzazioni, e quindi come nuova fonte di creazione del valore [Pine e Gilmore, 2000 e 2002], ne discendono importanti implicazioni per l’offerta degli attori territoriali (persone, imprese e altre organizzazioni che agiscono su di un territorio). Attraverso la progressione del valore economico [§ 5.3] e la piramide del valore economico [§5.3], le imprese (ma anche i sistemi d’offerta) possono decidere consapevolmente quale offerta produrre e conseguentemente in quale business competere. Si è inoltre evidenziato che tale scelta dovrà essere fatta in base ad una appropriata analisi della domanda e ad una altrettanto dettagliata valutazione delle capacità e delle competenze possedute. Si ricorda, infatti, che la progressione del valore economico indica che le offerte di ordine superiore (esperienze e trasformazioni) sono di maggior valore per la domanda e hanno, quindi, un’attrattività maggiore per l’impresa: favoriscono il presidio di una posizione competitiva differenziata e permettono di praticare politiche di discriminazione di prezzo. Tuttavia esse richiedono specifiche capacità e competenze per essere allestite e mantenute competitivamente nel lungo termine386 [cfr cap. 5]. Utilizzando la prospettiva dell’economia delle esperienze risulta, quindi, che i sistemi territoriali per non subire passivamente le tendenze massificanti dell’economia globalizzata [Pine e Gimore, 2000] debbano salire la progressione del valore economico e posizionarsi su business potenzialmente a più alto valore per le persone (clienti) del XXI secolo. In questa ottica risulta di vitale importanza, per il territorio, favorire l’emersione di sistemi di offerta di esperienze e trasformazioni. Fare questo significa porre al centro dello sviluppo economico del territorio il turismo in quanto industria delle esperienze per definizione [Pencarelli e Forlani, 2002]. In base a quanto sostenuto nel corso di questa tesi, i singoli attori economici e i sistemi di offerta del territorio che si avvicinano alla produzione di prodotti turistici devono considerare che: A) le persone non domandano semplicemente beni e servizi turistici ma anche e soprattutto vere e proprie esperienze coinvolgenti e complesse, da vivere in modo personale e partecipativo [cap.5]; B) l’esperienza nasce dall’insieme di relazioni socioeconomiche che avvengono fra una persona ospite (attore della domanda) e il complesso sistema di attori e strutture fisiche connesso in qualche modo al territorio dove viene “messa in scena” l’esperienza turistica [Cap.6 e Cap.7]; C) Il livello strategico-competitivo nel business dei prodotti esperienza e dei prodotti trasformazione non appare più costituito dalla singola impresa (il singolo attore), ma dal sistema d’offerta (sistema d’imprese) che emerge da un territorio identificato e circoscritto387 [vds § 8.2]. 386 Occorre sottolineare, ancora una volta, che per produrre forme d’offerta (prodotti) superiori occorre assemblare le forme d’offerta inferiori, e che il prodotto che si sta effettivamente proponendo al mercato è quello per cui esse si fanno pagare in modo consapevole (sia loro sia della loro clientela). 387 Come uno spettacolo (performance) teatrale è il risultato dell’interazione, in un dato tempo, degli attori fra di loro e con il pubblico all’interno di un teatro, così l’esperienza è il risultato dell’interazione, in un dato tempo, delle imprese fra di loro e 207 Fabio Forlani Da quanto evidenziato risulta che la prospettiva di studio più appropriata per l’analisi dell’offerta dei prodotti-esperienze turistiche appare quella sistemica territoriale. Essa parte dall’ipotesi che, se il prodotto domandato si configura come esperienza (elemento base anche della trasformazione) allora, la competizione rilevante e strategicamente prioritaria per l’offerta degli attori di un territorio è sempre più fra sistemi d’offerta piuttosto che fra singole imprese [Pencarelli e Forlani, 2002; Pencarelli e Forlani, 2005]. Queste ultime competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda serviti, ma nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti gli altri attori presenti in uno spazio territoriale) a formare l’offerta di prodotti-esperienze turistiche388. 8.2 Località, sistemi d’offerta, distretto e destinazione. Il dibattito nella letteratura italiana Nella letteratura economico-aziendale vi sono numerosi contributi389 che affrontano il tema di come “fare sistema”390 a livello territoriale per rispondere alle pressioni competitive nazionali e internazionali. Tali approcci di studio mettono in rilievo l’esistenza di modalità d’offerta differenti e riconoscono che vi sono profonde differenze fra le varie tipologie di organizzazione del sistema territoriale. I diversi contributi presenti in letteratura si differenziano a seconda di come interpretano il rapporto esistente fra località, destinazione, prodotto turistico e produttore (sistema d’offerta). Secondo Tamma [2002] nel concetto di destinazione391 si possono riconoscere due matrici descrittive e interpretative che si intrecciano: la prima poggia sul concetto di luogo/distretto turistico in cui essendosi sviluppati in varia misura attività turistiche, si offrono, vengono fruiti, prodotti turistici (l’assetto e l’organizzazione del luogo turistico); la seconda ha il suo fondamento nel concetto di prodotto turistico quale specifica offerta presente sul mercato che coinvolge un insieme di risorse, attività, attori, di un determinato territorio. Secondo questo autore, allora, è possibile passare dalla dimensione del prodotto (modalità d’erogazione del singolo prodotto o configurazioni di sistema di offerta [cfr. §5.2; Rispoli e Tamma, 1995 e 1996]) alla destinazione introducendo il concetto di Sistema Locale di Offerta Turistica (SLOT)392, definito come un “insieme di attività e fattori di attrattiva che, situati in uno spazio definito (sito, località, area), siano in grado di proporre un’offerta turistica articolata e integrata, ossia rappresentino un sistema di ospitalità turistica specifica e distinta che valorizza le risorse e la cultura locali” [Rispoli e Tamma, 1993, p. 41]. Tamma concepisce la destinazione “come un sistema di offerta complesso in cui possono convivere e intrecciarsi con le persone ospiti all’interno di un luogo (territorio). Ne consegue che, come nel teatro, la competizione è principalmente fra spettacoli piuttosto che fra attori. 388 Nel turismo il fatto che il prodotto-esperienza (vacanza o prodotto turistico globale dal punto di vista del cliente) derivi dal contributo diffuso della molteplicità dei soggetti di una comunità locale, soggetti che agiscono più o meno consapevolmente in un territorio turisticamente significativo nella messa in scena delle esperienze turistiche, appare condiviso da buona parte della letteratura [vds Pencarelli e Forlani, 2002, p. 248], inoltre tate assunto costituisce la base concettuale della recente legislazione turistica: Legge 29 marzo 2001, n. 135 “Riforma della legislazione nazionale del turismo”. 389 Cfr Franch [2002], Pencarelli e Forlani [2002], Della Corte [2000], Pencarelli [2001], Brunetti [1999], Rispoli e Tamma [1995 e 1996]. 390 In letteratura economico aziendale è oramai diffuso e consolidato l’utilizzo del concetto di SLOT (sistema locale d’offerta turistica) [Rispoli e Tamma, 1995; Tamma, 2002; Della Corte, 2000], mentre a livello legislativo è utilizzato il concetto di STL (sistema turistico locale) [Legge 135/2001]. 391 “… la destinazione in termini di offerta spazialmente definita e presente sul mercato. Nel lessico “destinazione” è semplicemente il luogo di arrivo di un viaggio. Un luogo assume la qualità della destinazione (tappa intermedia o unica che sia) solo se esiste un viaggiatore che vede in quel luogo una meta di viaggio, e quindi, nei termini che a noi interessano, se esiste una domanda.” [Tamma, 2002, p.18]. 392 Si richiamano al modello SLOT anche Martini [1996, 2002] e Della Corte [2000]. 208 Esperienze, Marketing e Territorio molteplici prodotti e forme di aggregazione, e in cui l’interdipendenza economica e decisionale dei numerosi attori che ne fanno parte (…) può dar luogo a situazioni di coordinamento e integrazione diverse per grado e modalità”393. L’autore citato identifica, inoltre, tre tipologie di destinazioni in base alle differenti modalità di coordinamento e il diverso livello d’integrazione:  “Se nella destinazione prevale un’offerta caratterizzata da sistemi “punto-punto” si è di fronte a un modello di frammentazione – spesso frutto di “spontaneismo” imprenditoriale – in cui le risorse e le attività turistiche sono scarsamente integrate, e quindi la valorizzazione dei possibili prodotti avviene principalmente attraverso il comportamento della domanda e le azioni isolate di singole imprese che agiscono in autonomia.”;  “Se la configurazione prevalente è quella “package”, si è di fronte ad un modello di leadership, in quanto l’offerta e l’accesso al mercato sono organizzati e controllati da imprese (tour operator, agenzie di incoming, convention bureau, ecc.) che assumono la funzione di “pivot”.”394  “Se a prevalere sono le configurazioni “network” emerge un modello di cooperazione, caratterizzato da comportamenti collaborativi di medio-lungo periodo. In tale modello l’offerta è frutto di aggregazioni di operatori in grado di garantire differenziazione delle risorse e delle competenze pur in presenza di un livello adeguato di coordinamento, maggiori flessibilità e capacità di riorientamento dell’offerta.”. Secondo Brunetti per affrontare lo studio del destinatin management occorre, per l’appunto, mettere a fuoco il “prodotto” turistico395 e comprendere il “produttore” per andare ad individuare le diverse forme che il “produttore” stesso può assumere. Il prodotto viene allora identificato con il concetto di località [Brunetti, 1999, p.171] definita come “un certo ambito territoriale, dai confini variabili ma percepito come unitario sia da parte della domanda che da parte dell’offerta (…), che si contraddistingue per la presenza di uno o più fattori di attrattiva di qualsiasi tipo e che viene usufruito e proposto come luogo in cui i turisti possono spendere il tempo della loro vacanza”. I produttori sono “le organizzazioni operanti nel luogo che si considera, le quali producono ed offrono i servizi necessari alla fruizione del luogo stesso”. Le configurazioni d’offerta, a livello della località, che Brunetti [2002, p. 44; 1999, p.226] individua sulla base del grado di casualità / progettualità (consapevolezza) sono:  “La configurazione settoriale si ha quando le relazioni tra i soggetti sono casuali ed estemporanee, per lo più attivate su sollecitazione del turista anziché stabili e progettate. Le organizzazioni dell’offerta vengono così aggregate sulla base della semplice “affinità merceologica”, nel senso che appartengono tutte al settore turistico, ma non danno luogo ad un‘entità in qualche modo organizzata.”;  “La configurazione di sistema di offerta si ha quando tra i soggetti dell’offerta è diffusa la percezione di dar vita e di far parte di un’entità unitaria. Tale consapevolezza comporta una qualità e una quantità d’interazioni ovviamente superiore al caso precedente, anche se non giunge sino al punto di concertare assieme la “politica di prodotto” ed altri eventuali aspetti.”; 393 Tamma [2002, p. 23]. “Nei casi in cui queste imprese siano, in tutto o in gran parte, “esterne” alla destinazione il modello assume carattere anche di dipendenza: la presenza della destinazione sul mercato viene infatti garantita da operatori remoti che, a seconda delle proprie convenienze, “manovrano” la quantità e la qualità dei flussi turistici. Gli operatori locali cedono così parte dell’autonomia strategica, del potere di mercato, del valore aggiunto [Jensen, 1996].” Tamma [2002, p.23]. 395 “Il prodotto costituisce ciò che l’offerta mette a disposizione per procurare il soddisfacimento di un bisogno. ( …) il produttore vale a dire il soggetto che si incarica della realizzazione del prodotto e della sua offerta sul mercato; ( …) 394 209 Fabio Forlani  “La rete o la costellazione, si hanno quando le relazioni tra i soggetti dell’offerta sono progettate intenzionalmente per gestire in modo coordinato il prodotto località. Nel caso della costellazione, è presente un attore in veste di soggetto trainante che si incarica di guidare l’insieme degli operatori; nel caso della rete, tale soggetto è invece assente, venendo la funzione di guida svolta in modo maggiormente paritario tra i diversi componenti.” Per la Della Corte [2000, p.5] “Il prodotto turistico, in altre parole, viene a coincidere con l’intera località turistica, con il sistema di offerta creato dalle imprese locali in funzione delle risorse specifiche dell’area di riferimento. (…) la destination si configura come un prodotto turistico complesso, dal punto di vista della domanda; ma è anche una forma di offerta complessa, realizzata dagli sforzi congiunti e coordinati dei diversi soggetti coinvolti, per promuovere la località turistica nel suo insieme.” E anche “La definizione di prodotto località, infatti, lascia intendere proprio questa duplice realtà: di luogo caratterizzato dalla presenza di risorse <ambientali> e prodotto legato all’attività delle imprese del settore [Murphy P.E., 1993]. La doppia versione del concetto consente il passaggio dal luogo alla destination, che avviene in riferimento al processo di <arricchimento> delle risorse (che divengono, così, fattori di attrattiva) del luogo da parte delle imprese del settore. Questa realtà articolata, per uno sviluppo integrato, richiede il ricorso ad un processo di pianificazione per l’intera destination, che punti sulle risorse e competenze strategiche, ossia quelle in grado di generare un vantaggio competitivo sostenibile per la località nel suo complesso. Ma, condizione preliminare per la realizzazione di tale processo è la presenza, come già osservato, di una società, o comunque un organismo strategicamente leader, che coordini e sviluppi i fattori d’attrattiva della località.” [p. 9]. Pencarelli [2001] ha ritenuto opportuno introdurre il concetto di distretto turistico: “s'intende il complesso di imprese e risorse turistiche (ambientali, storiche, culturali, paesaggistiche ecc.) localizzate all’interno di aree omogenee dal punto di vista territoriale, sociale, economico, culturale, con connotazioni tendenzialmente uniformi dal punto di vista dell’offerta e della domanda servita. In altri termini il territorio turistico rappresenta un polo territoriale omogeneo (località) specializzato nella produzione-erogazione di un prodotto turistico globale. Il distretto turistico identifica quindi un ambito territoriale dai confini labili, ma sufficientemente condivisi dall’offerta e dalla domanda. Esso si caratterizza per uno o più fattori di attrattiva percepiti come differenziati dai turisti rispetto ad altre destinazioni nella scelta di dove trascorrere la vacanza e che vengono proposti unitariamente (in modo più o meno consapevole) al mercato dagli attori territoriali.”396. Con riferimento al concetto di distretto egli sottolinea che “al crescere di consapevolezza, fiducia e collaborazione ed all’apparire di metamanager strategici397, i distretti turistici evolvono da forme spontanee e casuali (distretto casuale) a forme più consapevoli, più organizzativamente strutturate e maggiormente governate in logica unitaria (distretti in senso stretto). Viceversa, e configurazioni dell’offerta che vengono a crearsi tra i diversi operatori.” Brunetti [2002, p.43]. 396 Pencarelli [2001, p. 147]. La concezione di distretto proposta da Pencarelli è pertanto assai differente da quella utilizzata dall’ACI-Censis che nel rapporto sui distretti turistici italiani qualificano il distretto turistico in base a sette elementi: grado di terziarizzazione; qualità della ristorazione; qualità ospitalità; diversificazione ristorazione gastronomica; diversificazione offerta alberghiera; antinomia omogeneità vs integrazione; “plus enogastronomico”. 397 Il grado di consapevolezza degli attori distrettuali di essere una componente di una più complessiva performance (esperienza) messa in scena nell’area turisticamente rilevante; il livello di fiducia che i soggetti del distretto turistico riversano nel sistema territoriale nel suo complesso, fiducia che è un collante spesso decisivo per avviare e mantenere relazioni interorganizzative (ma anche intraorganizzative); la disponibilità alla collaborazione tra produttori turistici, istituzioni pubbliche, organizzazioni non profit e comunità locale che operano nel distretto. E’ ipotizzabile che al crescere della fiducia aumenti anche l’intento collaborativo dei soggetti, ma questo non è sempre vero; del resto può anche accadere di assistere a forme di cooperazione non sostenute da elevati livelli di fiducia, ma tenute insieme dal collante della convenienza economica e competitiva tra i partner; la presenza o meno di uno o più soggetti leader in grado di governare strategicamente il distretto, imprimendo indirizzi di sopravvivenza e sviluppo di lungo termine. 210 Esperienze, Marketing e Territorio simmetricamente, al diminuire della fiducia, della propensione a collaborare ed a trovare modalità di governo unitario, i distretti in senso proprio possono dissolversi e tornare a forme spontanee, sprovviste di elementi di strutturazione e governabilità unitaria.”. In base a queste considerazioni Pencarelli ritiene che quando gli attori del sistema sono scarsamente coscienti (oppure non hanno la volontà) di contribuire all’allestimento di un prodotto turistico globale e quando manca un metamanager che imprima linee di indirizzo ai percorsi strategici dell’area, si è di fronte ad un concetto improprio di distretto, che definisce “distretto casuale” (rete informale a legami deboli, senza nessun centro di governo unitario)398. Un territorio identifica, invece, un distretto in senso proprio quando i soggetti che appartengono all’area sono sufficientemente consapevoli di agire per realizzare un prodotto turistico unitario e piegano le loro condotte individuali a siffatta consapevolezza (intenzionalità strategica), ricercando se possibile forme stabili di cooperazione secondo formule reticolari con o senza un baricentro strategico, ma in qualche modo finalizzate a percorsi evolutivi unitari delle componenti strutturali. I distretti in senso stretto possono prendere forma attraverso due diverse strutture relazionali: la rete399 e la costellazione400. In un successivo lavoro Pencarelli in collaborazione con Forlani [2002], ha cercato di mettere in relazione il concetto del distretto con i concetti di esperienza turistica e il concetto di sistema vitale [Golinelli, 2000]. Pencarelli ha potuto, così, osservare “che le tipologie di distretto turistico da noi proposte configurano il contesto esterno ai sistemi vitali imprese (commerciali, turistiche, artigianali, agricole, ecc.) qualificabile anche come sovra-sistema rilevante, oltre che influente, in quanto detiene e vincola risorse critiche (territorio, informazione, fondi pubblici, ecc.) per la sopravvivenza delle singole imprese. In particolare, il modello distrettuale può assimilarsi al concetto di sistema embrionale (mercati d’offerta) quando ci riferiamo ai distretti casuali, essendo in entrambi i casi non rilevabile alcun soggetto preposto al governo unitario dell’entità osservata. Quando facciamo riferimento al concetto di distretto in senso stretto utilizziamo, di fatto, la nozione di sistemi in via di compimento, ipotizzando percorsi di formazione dei network sia dal basso (botton up), per cui dal mercato, progressivamente, si delineano rapporti tra imprese tali da configurare reti o costellazioni dotate per un dato periodo di organi di governo in grado di sovrintendere le attività della struttura operativa del sistema, sia costruzioni di network dall’alto (top down), in cui una data impresa (quella che ha progettato e realizzato il network) si identifica più stabilmente come organo di governo (caso dei distretti artificiali)401. Ma il concetto di 398 Occorre ricordare che il distretto casuale può essere percepito dalla domanda similmente ai distretti propriamente intesi, in quanto gli elementi di attrattiva di una determinata località turistica esistono a prescindere dalla capacità dell’offerta di comprenderli e governarli in modo unitario. 399 La rete: presenta logiche intenzionalmente collaborative e reciprocamente fiduciarie; gli attori sono fortemente coscienti di realizzare un prodotto unitario la cui competitività dipende dalla capacità dei soggetti distrettuali di agire collettivamente guidati da obbiettivi comuni e condivisi. Il collegamento tra gli attori non è più casuale, ma appare più verosimilmente deliberato, frutto cioè di un comportamento intenzionalmente volto all’attivazione di strutture relazionali apposite. Si parla di rete quando ogni attore è collocato alla pari degli altri e nel distretto non emergono soggetti stabili con funzioni di capofila strategico, funzioni assunte di volta in volta da leader emergenti nella situazione competitiva. La rete è una configurazione paritaria, nel senso che tra i soggetti sussistono collegamenti solo di tipo orizzontale, che richiede la convergenza di volontà comuni. Si tratta della configurazione potenzialmente più ricca, in quanto i diversi attori partecipano con un contributo che è connotato da un grado di imprenditorialità superiore. La rete è d’altra parte una configurazione la cui realizzazione risulta più difficile, dato che non è di norma facile la condivisione di obbiettivi tra soggetti numerosi ed eterogenei. 400 La costellazione: come la rete, presenta logiche intenzionalmente collaborative e reciprocamente fiduciarie. Anche in questo caso gli attori sono fortemente coscienti di realizzare un prodotto unitario la cui competitività dipende dalla capacità dei soggetti distrettuali di agire collettivamente guidati da obbiettivi comuni e condivisi. La costellazione è però una configurazione dell’offerta contraddistinta da una maggiore asimmetria tra i partecipanti, nel senso che in essa è presente un soggetto che si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri sotto il profilo funzionale. Tale soggetto funge da guida o coordinatore della costellazione, svolgendo funzioni di governo strategico ed orientando di fatto le scelte di fondo dell’aggregazione, altrimenti definite collegialmente con interazioni reciproche. 401 D’altra parte un sistema turistico è il luogo ove si svolgono le attività tese a utilizzare e combinare i vari elementi della struttura operativa (input di risorse e competenze) atte a allestire l’offerta di prodotti turistici (output) complessi come sono le esperienze, costruite utilizzando come supporto mix più o meno integrati (bundling) di beni e servizi. 211 Fabio Forlani distretto in senso stretto può assimilarsi anche al modello del sistema vitale allorché <l’organo di governo si qualifica e si rafforza, rende la struttura operativa internamente risonante (cioè integrata), sviluppa una identità d’insieme>”. In definitiva in letteratura i fenomeni turistici vengono analizzati in modi differenti in base ai concetti di prodotto turistico, soggetti e modalità di produzione, di luogo e di destinazione (località) che vengono assunti. Nel proseguo del capitolo verrà mostrata una nostra ipotesi interpretativa, testata attraverso alcune verifiche empiriche [cfr cap.9], di tali fenomeni che ha alla base i concetti dell’economia delle esperienze [vds cap.5]: Luogo di produzione (palcoscenico); Prodotto (esperienza); Produttori (Attori dell’offerta e personale fuori scena); Cliente (Attori della domanda- ospite). 8.3 Un nuovo schema concettuale: i sistemi d’offerta turistica territoriali (SOTT) Lo studio della letteratura e la comparazione di questa con alcuni casi empirici [cap. 9] ne ha messo in risalto, a nostro avviso, alcuni limiti applicativi. Si è così reso necessario esplorare i modelli concettuali via via più complessi riportati nei primi capitoli di questa tesi. Come evidenziato nel corso dei capitoli i fenomeni turistici sono stati studiati ipotizzando i seguenti salti concettuali:  Da prodotto turistico globale a esperienza turistica [cap. 6];  Dai modelli di produzione dei servizi ai modelli di produzione “teatrale” [cap.5];  Dalla prospettiva sistemica alla prospettiva dei sistemi complessi dinamici (sistemi viventi) [cap. 3];  Dal territorio come componente del prodotto turistico globale al territorio come palcoscenico su cui emergono le esperienze turistiche [cap.7];  Dalla sovrapposizione fra gestione del territorio e progettazione, produzione e vendita di esperienze turistiche, alla loro separazione in finalità pubbliche (politiche) e finalità private (imprenditoriali) [cap.7]; Come evidenziato nel capitolo 6 assumendo che il prodotto turistico offerto è l’esperienza di vita che emerge in un territorio dall’interazione sistemica degli attori della domanda (turisti) e dell’offerta (operatori turistici e popolazione residente) è possibile sciogliere i seguenti nodi concettuali: 1. Il rapporto fra prodotto turistico e località (luogo); 2. Il rapporto fra i sistemi d’offerta turistica territoriale e il sistema politico-istituzionale del territorio; 3. L’esigenza di coordinamento e integrazione degli attori (della domanda e dell’offerta); Rispetto al primo punto si è evidenziato nel cap. 5 e nel cap. 6 che non vi è assolutamente nessuna coincidenza fra prodotto turistico e località, in quanto i fattori d’attrattiva della località costituiscono gli stimoli che fanno emergere le sensazioni e le emozioni che vivono i turisti, ma sono queste ultime il vero prodotto. Come evidenziato allora nel cap.7 il territorio è il palcoscenico su cui si mette in scena lo “spettacolo” del turismo. Lo spettacolo è svincolato dal palcoscenico, in quanto lo stesso spettacolo può essere rappresentato su diversi palcoscenici che hanno determinate caratteristiche. 212 Esperienze, Marketing e Territorio Rispetto al secondo punto, nel cap. 7 si è sottolineato che occorre distinguere fra i sistemi di offerta turistica territoriale che hanno come finalità la produzione economica402 di prodotti turistici, dal sistema politico-istituzionale territoriale che ha finalità politiche403. A tale proposito, si può affermare che il concetto di distretto [vds cap.3] identifica il sistema territoriale nel suo complesso ed è riferibile, quindi, ad una dimensione di politica economica territoriale. La distinzione fra le finalità pubbliche generali e le finalità produttive specifiche ci permette di ipotizzare, in base ai casi studio osservati [vds. cap. 9] che: lo sviluppo turistico sia generato dalla presenza di sistemi d’offerta turistica; che tali sistemi debbano avere natura imprenditoriale; che sia difficilmente conciliabile all’interno dello stesso sistema d’offerta la finalità politica e la finalità produttiva. Rispetto al terzo punto si ritiene che occorra distinguere l’esigenza di coerenza e coordinazione della vacanza (trama dell’esperienza) dall’esigenza di coordinazione ed integrazione degli attori (regia dell’esperienza). Come si è visto nel cap. 5 la combinazione di questi fattori da vita a differenti modelli teatrali che consentono l’emersione dell’esperienza turistica. Per sintetizzare si può sostenere che:  Il prodotto turistico è l’esperienza di vacanza che nasce dall’interazione fra attori della domanda (ospite) e dell’offerta (ospite);  Il territorio è il palcoscenico su cui emerge, in un dato tempo, l’esperienza.  La vacanza viene prodotta dagli attori facenti parte di un sistema d’offerta che emerge dal territorio e non dal sistema territoriale nel suo complesso;  La trama (o il dramma) della vacanza può essere: libera (emergente); semi-strutturata (canovaccio); fissa e predeterminata (copione);  La regia della vacanza può essere: emergente o collettiva (auto coordinamento spontaneo degli attori); semi-strutturata (coordinamento “leggero” del capocomico o di regole predeterminate), fissa e strutturata (coordinamento “forte” del regista);  Un sistema territoriale inteso come ecosistema che insiste su un territorio può sopravvivere e svilupparsi efficacemente sia nella forma di sistema vitale che di sistema vivente;  Il sistema d’offerta turistica territoriale può sopravvivere e svilupparsi sia nella forma di sistema vitale (con organo di governo) che di sistema vivente (con autogoverno delle componenti);  S’ipotizza che i sistemi d’offerta turistica territoriali di natura imprenditoriale siano più efficaci ed efficienti, in questo contesto ambientale, assumendo la forma di sistema vitale e dotandosi di un organo di governo che “governa davvero”; In base a queste considerazioni, nei prossimi paragrafi, verrà proposto un modello di gestione per i sistemi d’offerta turistica territoriali. 8.4 Un modello di gestione dei sistemi di offerta turistica territoriali (SOTT) 402 “Economico, 1. Relativo all’impiego razionale dei mezzi disponibili”. Economia “Impiego razionale del denaro e di qls. altro mezzo, diretto a ottenere il massimo vantaggio col minimo sacrificio.” Devoto e Oli [1986]. 403 “Politica, 1.Teoria e pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica” Devoto e Oli [1986]. Considerare anche che “Pubblico, 1. Relativo ad un ambito cui appartengono o si riferiscono i diritti o gli interessi di una collettività civilmente ordinata: il bene pubblico, l’utilità pubblica, il pericolo pubblico. Talvolta esplicitamente contrapposto a privato. Pertinente allo Stato sul piano amministrativo. 2. Della comunità intesa come totalità sociale.” Devoto e Oli [1986]. 213 Fabio Forlani Quanto precisato nel precedente paragrafo ci consente di affermare che nel nostro paese gran parte degli attori che agiscono nelle aree territoriali a vocazione turistica non fanno sistema per offrire esperienze turistiche, ma si limitano a offrire specifici servizi turistici. La trama e la regia dell’esperienza emerge, allora, attraverso processi d’improvvisazione in cui gran parte delle responsabilità di progettazione, produzione e controllo dell’esperienza risulta essere nelle mani del turista-ospite. Non essendo presenti sistemi d’offerta turistica territoriali strutturati404 non sono rintracciabili politiche di marketing volte a migliorare la competitività dei prodotti turistici (esperienze) che emergono dalla località (palcoscenico). Il nodo centrale del dibattito sulla gestione dei sistemi d’offerta turistica territoriali [Pencarelli, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002] è, allora, stabile se sia effettivamente possibile e strategicamente vitale la delimitazione territoriale del sistema (definizione del confine e quindi della struttura operativa) e l’identificazione di un organo di governo capace di fungere da leader o regista dell’intero sistema d’offerta. Si cercherà di rispondere a tali domande utilizzando il modello del sistema d’offerta territoriale che fa perno sui concetti dei sistemi viventi (complessi e dinamici) [§3.2 e §3.4]:  Sistema: un tutto integrato le cui proprietà derivano dalle relazioni fra le parti. - Le proprietà del tutto non sono, quindi, deducibili dalla somma delle proprietà delle parti. - Ogni sistema tende a strutturarsi su più livelli (sottosistemi e sovrasistemi).  Schema di organizzazione: (di qualsiasi sistema, vivente e non vivente) è la configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che ne determina le caratteristiche essenziali. La descrizione dell’organizzazione è una descrizione astratta di relazioni e non identifica i componenti.  Struttura: la struttura del sistema è l’incarnazione fisica in un dato momento (tempo t) della sua organizzazione. L’organizzazione del sistema è indipendente dalle proprietà dei suoi componenti, quindi, una data organizzazione può essere tradotta in una struttura fisica in molti modi differenti, attraverso molti tipi diversi di componenti.  Emergenza: Il sistema di livello L non esiste a livello L-1, ma emerge dalle componenti strutturali L-1 secondo uno schema di organizzazione che ne determina il genere.  Autosimilarità: lo schema di organizzazione L-1 è uguale a quello L che è uguale a quello L+1 (frattali).  Proprietà dell’organizzazione vivente: - Capacità di auto-prodursi (autopoiesi). Maturana e Varela ipotizzano che l’autopoiesi sia uno schema generale di organizzazione comune a tutti i sistemi viventi, qualunque sia la natura dei loro componenti. Dall’autopoiesi discendono le seguenti proprietà:  Capacità di auto-regolarsi (feedback negativo);  Capacità di riprodurre internamente i propri componenti (autonomia);  Determinismo strutturale, accoppiamento strutturale, strutture plastiche (cognizione, apprendimento e selezione degli influssi esterni); - Schema a rete (reti piccolo mondo) - Comportamento non-lineare (discontinuità, imprevedibilità, ecc.) 404 Si riscontra sia un modesto livello di consapevolezza, fiducia e spirito collaborativo fra i soggetti insediati nel territorio, sia la mancanza di un organo di governo in grado e nelle condizioni di imprimere un indirizzo strategico unitario al sistema d’offerta turistica. “Nei distretti turistici manca o è scarsamente sviluppata quella che è invece una delle variabili di eccellenza dei network manifatturieri, ossia la presenza attiva di uno o più attori con competenze e capacità di innovazione, di coordinamento e di guida dell’intero aggregato distrettuale.” Pencarelli, Civitarese (2000). Cfr. anche Costa (2002, p. 261) che afferma: “la filiera turistico-culturale si distingue da quella del made in Italy per il ruolo strategico svolto dagli enti pubblici,sia gli enti locali nella fase di progettazione e gestione degli STL (sistemi turistici locali) […]”. Sul ruolo delle organizzazioni pubbliche nel turismo si veda Peroni (1998). 214 Esperienze, Marketing e Territorio - Chiusura “operazionale” (apertura ai flussi di energia e materia, chiusura organizzativa; esistenza di un confine405 che ha la capacità di filtrare gli influssi esterni per creare ordine interno)  Proprietà dell’organizzazione sociale umana: la realtà umana emerge dalla realtà vivente con l’emersione di un ulteriore proprietà sistemica, il significato. Il significato nasce dall’ autocoscienza o coscienza riflessiva ed è una caratteristica propria degli esseri umani. Le componenti del modello, che verrà sviluppato nel proseguo del capitolo sono: • Materia: Chi compone il sistema? e Dove emerge il sistema ? gli elementi materiali che compongono il sistema; • Schema: Come è organizzato il sistema? le diverse tipologie di schemi di organizzazione a rete; • Processo: Cosa fa il sistema? il processo produttivo-distributivo che porta alla produzione consapevole di un output definito prodotto-esperienza; • Significato o finalità: Perché ? il fine, lo scopo dato al sistema dagli attori che lo compongono. Fig. 8.1 - I nodi concettuali di un sistema d’offerta territoriale SIGNIFICATO Input PROCESSO FORMA Output MATERIA Immagine del sistema Fonte: nostra elaborazione 8.4.1 La visione strategica (La finalità del sistema) Il concetto di missione è spesso usato nel linguaggio quotidiano del management accostandolo a quello di visione. Su questi termini Normann (2002, p. 307) sottolinea come entrambi rappresentino costrutti mentali usati per “creare un’azione collettiva finalizzata”. La missione definisce il ruolo (obiettivi esterni) che si occupa nel presente nell’ambito di un sistema allargato; la visione ha una valenza temporale ed indica una discrepanza fra uno stato 405 L’organizzazione autopoietica dei sistemi viventi comporta la creazione di un confine che specifica il campo delle operazioni della rete e definisce il sistema come unità. 215 Fabio Forlani immaginato per il futuro e lo stato attuale (obiettivi interni). Se la visione del futuro include gli effetti che si dovrebbero produrre sul mondo esterno, allora si è nel caso in cui si ha una visione come missione. Secondo Kotler [1986, p. 58] “un’efficace formulazione della missione crea nel personale un senso di condivisione degli obbiettivi e di partecipazione all’attività aziendale. L’enunciazione della missione d’impresa opera come una <<mano invisibile>> che guida una molteplicità di persone che operano autonomamente e, tuttavia, in modo unitario verso il raggiungimento di obiettivi comuni.” L’esplicitazione della visione del sistema d’offerta, in definitiva, consistente nell’enunciazione della filosofia e della missione del sistema, che porti all’individuazione degli obiettivi e dei traguardi socioeconomici che il sistema vuole conseguire nel mediolungo termine. Tali obbiettivi possono essere generati internamente al sistema in base alla cultura dello stesso, oppure possono essere indicati dall’organo di governo. Nei sistemi di offerta turistica territoriale, per accrescere l’unitarietà dei legami sistemici, l’organo di governo dovrebbe quindi esplicitare la Mission del sistema o il perché del sistema. In tale ottica l’organo di governo dovrebbe indicare le finalità del sistema e quindi il significato dell’esistenza del sistema. Questo consiste nel fare percepire ai sub-sistemi l’importanza dell’agire sistemico come necessario alla possibilità di sopravvivenza dei subsistemi nell’ambiente socio-economico e di indicare l’indirizzo strategico capace di creare consonanza e se del caso risonanza, fra sistema d’offerta ed ambiente. Questo in pratica si traduce nell’elaborazione delle linee guida di sviluppo del sistema che siano coerenti con il più generale sviluppo turistico del sistema territoriale. Una possibile missione di riferimento per i sistemi d’offerta turistica territorile potrebbe essere articolata sui seguenti obiettivi406: • Il turismo deve generare valore per gli attori economici coinvolti; • Il turismo deve garantire esperienze turistiche di qualità agli ospiti; • Il turismo deve incrementare la qualità della vita delle popolazioni locali; • Il turismo deve garantire uno sviluppo economico sostenibile ed eco-compatibile; La definizione della visione sistemica può tradursi anche nell’elaborazione di un posizionamento strategico che consiste nel definire le product ideas (ossia l’insieme di utilità percepibili da offrire ai pubblici territoriali) coerenti con la missione e gli obiettivi di sviluppo del sistema d’offerta. Tale fase si scompone in analisi strategica, segmentazione strategica o macrosegmentazione e definizione del portafoglio di attività. Si ritiene che tali product ideas debbano essere, in un’ottica di orientamento al mercato, il frutto dell’analisi delle opportunità e delle minacce dei sovra-sistemi (ambiente esterno) e dei punti di forza e di debolezza dei sub-sistemi (ambiente interno); 8.4.2 Lo schema organizzativo (La forma) Fra i vari schemi organizzativi si è evidenziato che lo schema dei sistemi vitali sembra essere particolarmente adatto per i sistemi imprenditoriali. Tale schema si compone di un centro decisionale e strategico di riferimento (organo di governo) che guida la rete407. Come già evidenziato in Pencarelli e Forlani [2002, p.260] “compito del centro strategico (organo di governo), dotato di autentiche capacità di leadership e in grado di svolgere attività di governo del sistema stesso408, è quello di realizzare <<il complessivo grado di risonanza, risultante dei gradi di risonanza sovra e sub-sistemica>> e di <<assicurare che il sistema 406 Cfr Associazione Turismo Responsabile http://www.unimondo.org/aitr/home_002.html . Si è evidenziato, inoltre, attraverso lo schema a piccolo mondo aristocratica che il centro strategico non deve essere collegato direttamente con tutti i nodi della rete ma è sufficiente che vi siano nodi intermedi di raccordo. 408 Cfr Pencarelli e Civitarese [2000] e Molteni e Sainaghi [1997, p. 93]. 407 216 Esperienze, Marketing e Territorio evolva unitariamente verso il conseguimento di vantaggi competitivi, atti a garantire al sistema stesso le maggiori possibilità di sopravvivenza, incrementando in tal modo il suo grado di vitalità>> [Golinelli, 2000, p. 213]. Per conseguire siffatti traguardi l’organo di governo deve possedere capacità imprenditoriali elevate, associate al potere di progettazione, riprogettazione, controllo, integrazione degli elementi strutturali del sistema (singole aziende ed istituzioni, territorio, fattori di attrattiva e di contesto ecc. e loro relazioni organizzative) in funzione della loro consonanza e risonanza con i sovra-sistemi ambientali (es. sovra-sistema della domanda, sovra-sistema legislativo, sovra-sistema finanziario, sovra-sistema del mercato del lavoro, ecc.) o con i sub sistemi della struttura operativa. L’organo di governo è chiamato, infatti, a svolgere azioni di filtro/interpretazione delle influenze, dei vincoli e delle aspettative che provengono dai sovra-sistemi e dai sotto-sistemi, ricercando opportune conciliazioni e composizioni dei condizionamenti che provengono da entrambi i livelli intersistemici. Siffatte azioni dell’organo di governo sono cruciali per favorire il raggiungimento di elevati gradi di risonanza ed efficacia sistemica e per assicurare sopravvivenza di lungo termine al sistema.” Si tratta, in definitiva, di gestire il sistema d’offerta turistica adottando fino in fondo l’approccio sistemico vitale, in cui l’organo di governo esiste e “governa davvero”. Il sistema in questo modo si dota di un centro strategico che ha la capacità le possibilità di pianificare, attuare, controllare e modificare i percorsi strategici. In questa accezione, fra le attività che devono competere all’organo di governo del sistema vi è senza dubbio la gestione dell’attività di marketing strategico e operativo. Il leader del sistema deve poter quindi agire oltra che sulla leva della promozione anche sulle leve prodotto, prezzo e distribuzione409. Ribadita la strategicità competitiva, nella nuova economia delle esperienze, del sistema d’offerta turistico sovrasistemico rispetto alle piccole singole imprese che lo compongono, nei prossimi paragrafi, sviluppiamo una proposta di governo orientato al mercato che s’ispira al modello del sistema vitale [Golinelli, 2000]. Tale modello prevede quindi uno schema organizzativo a rete piccolo mondo aristocratica o per semplificare a costellazione [Brunetti, 1999 e 2002; Pencarelli, 2001]. La gestione dei rapporti con i sub-sistemi. La partecipazione dei clienti alla produzione dell’esperienza allestibile nei contesti territoriali e la criticità dei sistemi di erogazione portano a sostenere che il fattore critico ai fini della creazione del valore e della soddisfazione degli interlocutori sociali è rappresentato dal personale (attori di front-office). Gli addetti al front line, in particolare, sono il sistema nella percezione del cliente, costituendo uno degli elementi di maggiore differenziazione del prodotto-esperienza. Dalla competenza, dalle capacità relazionali, dall’orientamento al cliente degli attori (dipendenti del sistema, personale delle strutture turistiche ecc.) dipende così gran parte della qualità complessiva dell’esperienza offerta (qualità tecnica e qualità funzionale)410. A tale proposito, come ricordato da Pencarelli [2001] occorre essere consapevoli che la qualità non si forma esclusivamente nel momento finale di erogazione. Essa trae origine in ogni istante della vita aziendale ed è garantita dall’esistenza di una forte cultura della qualità 409 Si è infatti evidenziato che proprio la mancanza di attenzione alla commercializzazione del prodotto turistico sia uno dei limiti maggiori degli attuali S.T.L, della Provincia di Pesaro e Urbino: “ - Pur svolgendo funzioni di regolamentazione, di stimolo, di coordinamento nei confronti dei soggetti coinvolti nell’allestimento del prodotto turistico, i vertici dei STL pesaresi (ma il problema è di portata più generale) non possono qualificarsi propriamente organo di governo di un distrettosistema turistico, anche perché tra le funzioni svolte viene a mancare quella cruciale della commercializzazione del prodotto turistico, compito lasciato ai singoli attori privati. Qualora i STL continueranno a sottovalutare questo aspetto, rischiano di identificare istituzioni più simili ad aziende di promozione del turismo di natura pubblica anziché a sistemi turistici territoriali capaci di sopravvivere e svilupparsi con vitalità propria. - La debolezza organizzativa dell’OdG determina inevitabilmente anche insufficiente attenzione dei STL alla dimensione strategica del marketing (analisi del mercato, segmentazione e posizionamento strategico). Questo indebolisce anche l’efficacia delle politiche di progettazione e di erogazione delle esperienze turistiche, subordinate alle esigenze degli attori del territorio (operatori pubblici e associazioni di categoria in primis), piuttosto che orientate alla soddisfazione delle molteplici esigenze dei clienti obiettivo.” Pencarelli e Forlani [2005]. 410 Per approfondimenti vds Gronroos [ 2002 e 1994] e per un applicazione al turismo Pencarelli [2001 e 2003]. 217 Fabio Forlani diffusa in tutta l’organizzazione, sia nel front line che nel back office. Fare qualità, infatti, è un modo di lavorare che coinvolge tutto il personale (è affare di tutti, osserva Grönroos [1994, 2002]). L’attività rivolta ai sub-sistemi del sistema d’offerta turistica deve porre l’accento, quindi, su come sviluppare negli attori interni al sistema e nella direzione (organo di governo) l’attenzione al cliente. Si ritiene, coerentemente con il principio della chiusura operazionale dei sistemi viventi, infatti, che il primo riferimento delle organizzazioni sia rappresentato dal personale e che requisito critico per la soddisfazione della clientela esterna sia la soddisfazione dei dipendenti (clienti interni). Quindi, se i prodotti-esperienza, i prodotti-servizi e le campagne comunicazionali verso i sovra sistemi (ambiente esterno) non vengono prima proposti ai sub-sistemi interni e da questo condiviso, l’azienda non si può attendere il successo sui clienti finali. Un efficace azione di marketing esterno presuppone dunque un efficace condivisione interna, centrata su di una filosofia manageriale capace di costruire all’interno del sistema d’offerta elevati livelli di cooperazione, fiducia e soddisfazione [Marchiori, 1997] fra tutti gli attori (imprese, persone e altre organizzazioni). In base a tale logica si può affermare che, in prima battuta, il sistema si deve preoccupare della selezione o del casting [Pine e Gilmore, 2000] (configurabile sovente come processo di aggregazione) degli attori territoriali aventi le caratteristiche adeguate (talento) e coerenti con la mission e gli obiettivi strategici del sistema. Ulteriore attività verso i sub-sistemi è la formazione degli attori che miri a valorizzarne talento, creatività e attività propositiva, in modo tale che l’attività dei singoli componenti il sistema contribuiscano ad un’offerta sistemica coerente. La formazione è una delle principali attività che agisce su [Pencarelli, 2003, p.49]: • la trasmissione dei valori e della missione aziendale, consentendo che tutti i componenti del casting interiorizzino la cultura, le strategie e le politiche del sistema d’offerta, assumendo una visione globale; • lo sviluppo di una diffusa logica di responsabilità del singolo (ruolo o parte) all’interno di una più ampia cooperazione sistemica (performance o spettacolo). Le tecniche di formazione concorre alla definizione del ruolo di ciascun attore in relazione agli altri attori, al sistema e al pubblico (i singoli clienti); • il potenziamento delle capacità di comunicazione e di vendita dei singoli attori, puntando sullo sviluppo di un atteggiamento favorevole dello stesso nello svolgere attività di marketers part-time; • la costruzione ed il rafforzamento della motivazione delle risorse umane nello svolgere azioni tese a soddisfare i clienti, sia finali che interni; • lo sviluppo ed il miglioramento delle attitudini del personale al problem-solving, ossia alla soluzione dei problemi quando si presentano ed a livello locale, senza passare per lunghi ed inutili sentieri gerarchici; • lo sviluppo di capacità di training reciproco tra i collaboratori, favorendo lo scambio continuo di idee, suggerimenti ed esperienze. Nei rapporti con i sub-sistemi la formazione del personale è solitamente accompagnata e sostenuta dalla comunicazione interna411. Questa può essere considerata lo strumento cruciale con il quale il l’organo di governo del sistema (top management) coordina, motiva ed interagisce con le risorse umane. La comunicazione interna si rende necessaria anzitutto per capire quali sono i possibili ostacoli all’implementazione di una dato progetto strategico. Essa serve inoltre per informare gli attori sistemici delle nuove strategie e procedure da 411 Pencarelli [2003, p.50] evidenzia che “La comunicazione interna si avvale solitamente dei seguenti strumenti attuativi: riunioni, pubblicazioni interne, annunci pubblicitari. In taluni casi anche la comunicazione al mercato può essere utilizzata con finalità interne. Ad esempio, annunciando le particolari abilità dei propri dipendenti, un’organizzazione punta alla costruzione dell’immagine sul mercato, ma anche a motivare e gratificare il personale interno.” 218 Esperienze, Marketing e Territorio adottare nell’interazione acquirente-fornitore, nonché per far comprendere ed accettare ai dipendenti i nuovi compiti ed i nuovi modi di operare. La qualità della comunicazione interna è cruciale per realizzare buone relazioni con e fra tutto il personale, e per instaurare un clima di collaborazione che possa tradursi in un’atmosfera piacevole che predisponga favorevolmente tutti gli stakeholders412. Anche le politiche di comunicazione esterna possono rappresentare un veicolo importante di comunicazione interna, agendo sulla specificazione dei valori e della missione aziendali, sulla loro interiorizzazione da parte del personale e, quindi, sulla motivazione del personale. Come evidenzia Pencarelli [2003, p.51] “Affinché i traguardi di ottenere un ambiente organizzativo orientato al servizio al cliente e di disporre di risorse umane capaci di svolgere efficacemente le funzioni di marketing interattivo possano essere perseguiti, occorre che l’organo di governo del sistema d’offerta creda fortemente nella filosofia della consonanza e della risonanza sistemica, diventandone il principale interprete ed il maggior trascinatore ed ispiratore per tutti gli altri membri dell’organizzazione. Si tratta di incoraggiare i vari collaboratori alla cultura della rappresentazione e del servizio, di coinvolgerli nei processi decisionali, di costruire un clima interno aperto e entusiastico, ove la comunicazione interattiva possa avere luogo senza ostacoli, favorendo la circolazione delle idee, il confronto ed il miglioramento continuo.” La costruzione ed il mantenimento di un valido clima interno favorisce l’attrazione degli attori migliori e nel contempo assicura la fidelizzazione delle risorse umane già presenti nell’organizzazione alimentando il circolo vitale (feedback positivo virtuoso) del sistema d’offerta. La cultura come elemento chiave di collegamento fra i diversi nodi della rete del sistema d’offerta turistici territoriali. La Cultura di un sistema turistico si compone di norme e valori frutto della storia, delle tradizioni, delle usanze, dello specifico territorio e delle persone che lo compongono. La maggior parte dei territori italiani è ricca di storia e di tradizioni, dispongono già di una cultura tradizionale come cultura unica, diffusa e unificante che, distinguendosi per le proprie specificità, permette la soddisfazione del bisogno turistico di “varietà esistenziale controllata”. Occorre però sottolineare che tale risorsa, presa a sé stante, risulta alla stregua di un ricco giacimento 413 da valorizzare in cui occorre introdurre un sistema d’estrazione per renderlo utilizzabile. Alcune analisi 414 della domanda e l’osservazione di alcuni sistemi turistici415 portano ad affermare che tale chiave sia la cultura della qualità diffusa. La qualità totale dell’esperienza di vacanza risente della qualità delle esperienze vissute nelle tante rappresentazioni teatrali che coinvolgono gli ambiti delle esperienze dei turisti. E’ noto in proposito come non si possa parlare di qualità in senso assoluto, ma piuttosto di una qualità dipendente dalla percezione della stessa da parte dei clienti. Si eroga un servizio di qualità nel momento in cui il livello di qualità attesa dal consumatore è pari alla qualità che egli percepisce e sperimenta. L’organo di governo deve pertanto agire sulla cultura esistente cercando di operare nel sistema turistico a tre livelli: 1) Cultura del territorio  Salvaguardia e valorizzazione delle specificità e delle peculiarità territoriali come risorse strategiche distintive; 2) Cultura della qualità  innalzamento della qualità dei prodotti, dei servizi, e degli elementi di contesto previste nella messa in scena delle esperienze turistiche.; 3) Cultura della cooperazione  Ricerca e stimolo di un intesa solidale fra gli attori del territorio agendo sul fattore fiducia. Il metamanager deve favorire la connessione tra i sub sistemi del distretto turistico favorendo il passaggio dalla logica individualistica alla logica cooperativa. La gestione dei rapporti con i sovra-sistemi rilevanti (stakeholder) Nella prospettiva sistemica, che si sta qui delineando, spetta all’organo di governo del sistema d’offerta gestire i rapporti con i sovra sistemi. Esso deve, quindi, relazionarsi non 412 Pencarelli [2003, p.51]. Per approfondire il concetto di giacimento con riferimento ai prodotti gastronomici ed enogastronomici vedere Paolini [2000] e Antonioli Corigliano [1999]. Per Paolini [p. 50] infatti “Il giacimento gastronomico, inteso alla stregua del bene culturale, per essere considerato tale dovrà essere limitato, raro, unico al punto da rischiare una contaminazione mortale una volta portato alla luce (e alla conoscenza del consumatore). Il giacimento agroalimentare ha gli stessi limiti e le medesime debolezze di quello culturale: la quantità in circolazione è davvero minimale e la qualità “corruttibile” e “deperibile” se la quantità cresce oltre il livello di cura e di controllo”. 414 Casarin [1996]; Brunetti [1999]. 415 Si fa, qui, riferimento ai sistemi turistici quali il Chianti e più in generale l’area Senese che ha fondato il suo sviluppo sui prodotti di qualità (in primis il vino). 413 219 Fabio Forlani solo con il pubblico dei consumatori finali dell’offerta del sistema, ma con tutti gli stakeholder del sistema d’offerta. Abbracciando una prospettiva reticolare ed olistica, i sistemi d’offerta “orientati al mercato” dovrebbero infatti puntare anche ad inserire e raccordare la propria offerta e le proprie attività in un contesto di relazioni che travalica il rapporto diadico coi singoli pubblici finali, indirizzandosi verso un approccio di governo delle relazioni più ampio, centrato sul network e sulla rete di rapporti con gli altri sistemi ed interlocutori sociali del territorio [Pencarelli, 2001 e 2003]. L’obbiettivo dell’organo di governo è infatti delineare una formula imprenditoriale [Coda, 1984] capace di acquisire le preferenze dei consumatori ed il consenso sociale degli stakeholder, attraverso la conquista ed il mantenimento della fiducia, accrescendo la percezione del valore delle esperienze e dei servizi offerti presso i consumatori e aumentando il grado di legittimazione presso gli altri interlocutori sociali dell’impresa. In questa prospettiva manageriale di ricerca di consonanza e risonanza sovrasistemica, fra le attività dell’organo di governo, il marketing assume un ruolo critico per la sopravvivenza e lo sviluppo dei sistemi d’offerta: alle attività di marketing è infatti affidata la gestione delle leve del mix, la gestione delle relazioni diadiche con la clientela, la gestione della rete di relazioni con gli altri attori del sistema di offerta e con gli stakeholder sovrasistemici. 8.4.3 La struttura operativa416 (La materia da cui emerge il sistema) Una volta precisata la necessità di un organo di governo, occorre chiedersi chi e cosa occorre governare. In altre parole è necessario definire l’oggetto delle attività di comando, ossia quali sono i componenti strutturali che qualificano il complesso di capacità incorporate nel sistema (struttura operativa nell’ottica sistemico vitale) atte a produrre operativamente l’offerta. Nell’ottica del marketing, per rispondere a tale quesito, occorre preliminarmente identificare il prodotto esperienza che si vuole offrire417 ed associarvi un territorio significativo. Territorio che abbia, cioè, le caratteristiche per proporsi come palcoscenico per l’offerta al mercato di prodotti-esperienze e prodotti-trasformazioni significative e distintive418. L’esperienza è un evento unico ed irripetibile, che prende forma in un determinato tempo e in un determinato luogo (il palcoscenico), frutto dell’interazione (co-produzione) fra gli ospiti, gli attori economici, la comunità locale e l’ambiente. Le possibilità del sistema d’offerta territoriale di soddisfare le mutevoli e varie aspettative della domanda dipendono, quindi, in primo luogo, dalle qualità degli attori economici e dalla loro capacità di mettere in scena uno “spettacolo” distintivo e significativo, ed in secondo luogo, dalla qualità e dalla coerenza dell’ambiente territoriale (palcoscenico) e dall’ospitalità dei residenti sul territorio stesso. Il territorio assunto a riferimento dal sistema d’offerta turistico, destinatario delle azioni di governo, deve possedere una serie di requisiti per risultare idoneo per l’emersione di esperienze turistiche appetibili da parte dei segmenti obbiettivo della domanda. Un sistema d’offerta turistica territoriale, per poter essere in grado di far vivere esperienze di vacanza significative, deve avere a propria disposizione elementi strutturali adeguati e coerenti con l’esperienza proposta. Il sistema territoriale (per il target di riferimento) dovrà per cui essere: Attraente, Accessibile, Accogliente, Ambientato, Animato. 416 Questa parte del lavoro è una rilettura di un nostro precedente lavoro [Pencarelli e Forlani, 2002, §7.2, Gli elementi della struttura operativa]. 417 Naturalmente la definizione del prodotto esperienza che si vuole offrire al cliente dovrà avvenire in un’ottica fortemente orientata al marketing, e quindi dovrà obbligatoriamente prevedere l’analisi del mercato di esperienze, la definizione del segmento di mercato e del posizionamento obbiettivo. 418 Su questi aspetti vds Della Corte [2000]. 220 Esperienze, Marketing e Territorio L’Attrattività419 del territorio è determinata dalla presenza nello stesso di fattori d’attrattiva. Questi sono il focus dell’esperienza turistica offerta, in quanto sono la componente principale su cui si struttura l’esperienza e sono la motivazione centrale per cui gli ospiti si recano in una determinato territorio. Occorre ricordare che nessun elemento strutturale è attrattivo in sé: esso diventa tale in seguito a trasformazioni culturali e a cambiamenti nell’immaginario e nel pensare collettivo dovuti all’evoluzione dell’immagine dei luoghi nella mente dei consumatori420.  L’Accessibilità del sistema territoriale turistico indica la facilità con cui gli ospiti possono raggiungere ed effettuare le esperienze in esso inscenate. Riteniamo che tale caratteristica possa essere declinata in accessibilità fisica, accessibilità economica e accessibilità informativa.  L’Accoglienza indica la coerenza fra il livello di strutturazione del contesto territoriale e le attività previste nell’esperienza, o in altri termini l’attitudine delle attività turistiche presenti sul territorio a fungere da attori della messa in scena programmata. Così definita, l’accoglienza, indica la coerente presenza di tutti quei beni e servizi di supporto o di facilitazione che rendono fisicamente realizzabile l’esperienza turistica in una determinata destinazione (ricettività, ristorazione, ecc.)421.  L’Ambientazione esprime la capacità del territorio ove è radicato il sistema turistico di “immergere”422 gli ospiti nell’esperienza da rappresentare. In quanto tale, essa è sicuramente determinata dal paesaggio e dall’ambiente (naturale o artificiale) generale del territorio. Occorre però evidenziare anche l’importanza dei particolari o di piccoli indizi, poiché dei piccoli segnali in forte contrasto con l’ambiente generale possono, da soli, pregiudicare la credibilità di un ambientazione.  L’Animazione esprime la vivacità culturale e sociale del territorio prevista o richiesta dall’esperienza. E’ fondamentalmente legata al fattore umano in quanto è determinata dalla densità, dall’affollamento, dal movimento di persone insieme con la vivacità ed il calore delle relazioni sociali che in esso s’instaurano. Così definita l’animazione è determinata dalle persone che lavorano nelle strutture turistiche, ma soprattutto dalla popolazione locale e dai turisti che soggiornano nel territorio stesso423. Una volta specificate le caratteristiche che deve avere un territorio per fungere da palcoscenico di una specifica esperienza turistica, vanno individuati i fattori e/o le risorse territoriali che le determinano: allo scopo si propone uno schema d’analisi sintetico per la mappatura delle risorse e delle competenze necessarie alla messa in scena delle esperienze,  419 420 421 422 423 E’ la ragione stessa per cui l’esperienza è sul mercato. In tal senso può essere paragonata al core del servizio nell’ottica dell’offerta incrementata di Gronroos [1994]. La forza di attrazione è determinata, da un punto di vista strettamente commerciale, dall’idoneità delle risorse turistiche nel richiamare i turisti sul territorio. I fattori di attrattiva rilevanti sono quelli su cui ruota l’intera esperienza di viaggio o vacanza. Lavorando su questi elementi si può innalzare il livello di attrattività della zona in quanto il cliente sceglierà di effettuare il suo viaggio e di trascorrere il suo tempo libero in questa località piuttosto che in un’altra perché l’offerta che gli viene proposta in questa zona è qualitativamente superiore, realmente o soltanto dal punto di vista percettivo, a quella di altre. Questo può accadere ad esempio se si considera il turismo un viaggio non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Da questo punto di vista Corrigan [1999, p. 202] osserva che “Persino un pezzo di terreno improduttivo può diventare un’attrazione, se si riesce ad attribuirgli una storia. Questa strategia può ovviamente essere usata per ogni località ed ecco, come per magia, che si crea un’attrazione turistica. Tutti sono cittadini del Paese della Tradizione” (ns. sottolineatura). Secondo Martinengo [1999, p. 115] “La salvaguardia del <<tradizionale>>, del <<tipico>>, dell’<<antico>>, del <<folkloristico>>, dell’<<autentico>> a scopo turistico è una delle principali attrazioni per i visitatori delle diverse regioni di Francia e forse il motivo principale del successo turistico di questo Paese.”. In Della Corte [2000] è riportato un modello definito delle 4A (Attraction, Access, Amenity, Ancillary service), noi riteniamo che il concetto di abitabilità sia assimilabile all’Amenity (alberghi, ristoranti, attività commerciali, divertimenti), poiché descrive quanto una determinata località è preparata a livello di servizio per supportare la messa in scena desiderata. Si utilizza il termine immersione nell’accezione usata da Pine-Gilmore in riferimento al tipo di connessione o rapporto ambientale. Consiste nel rendere l’ospite fisicamente sensorialmente parte dell’esperienza. Nel seguito del lavoro, parlando di animazione si farà riferimento alla popolazione locale e ai turisti, poiché le persone che lavorano nelle strutture turistiche verranno aggregate al servizio da esse erogato e quindi come risorse della caratteristica “accoglienza”. 221 Fabio Forlani rinviando alla letteratura424 per una descrizione più dettagliata dei vari elementi strutturali del sistema. Fra gli elementi strutturali del sistema territoriale, indispensabili all’emersione di esperienze turistiche, occorre ricordare l’importanza dei fattori/risorse di tipo “trasversale”: Cultura locale, Fiducia, Informazione e Immagine. Fig. 8.2 - Uno schema di analisi dei fattori/risorse di un territorio a vocazione turistica Caratteristiche territoriali Attrattività Accessibilità Fisica Economica Informativa Accoglienza Ambientazione Animazione Fattori e/o risorse Fattori d’attrattiva425 Infrastrutture e mezzi di trasporto Onerosità economica (Costo) Strumenti di comunicazione Operatori turistici (Servizi turistici) Ambiente naturale ed artificiale Popolazione locale430 e turisti431 Cultura locale426 Fiducia427 Informazione428 Immagine429 Fonte: Pencarelli e Forlani [2002, p. 265]. 424 425 426 427 428 429 430 431 Per un quadro di sintesi della letteratura su questo tema vedere Della Corte [2000]. “Fattore di attrattiva può essere considerato qualsiasi elemento della più svariata natura, identificabile in modo sufficientemente preciso, in grado di esercitare, in combinazione con le motivazioni dei potenziali turisti, una forza di richiamo di maggiore o minore intensità verso il luogo in cui esso si trova localizzato.. il fattore di attrattiva non è tale per sue qualità immanenti, ma perché viene valorizzato dal turista, che riconosce in esso un quid capace di appagare un suo bisogno o desiderio.” Brunetti [1999, p. 100]. Cfr §8.4.2. “Le costellazioni di successo si caratterizzano inoltre per il fatto che, per realizzare la propria formula imprenditoriale, ogni singolo attore fa affidamento, oltre che sulle proprie competenze, anche su quelle delle altre imprese facendo leva sulla fiducia, che costituisce il vero presupposto e la condizione di esistenza dei rapporti cooperativi interaziendali [Pencarelli, 1995, p. 143]. D’altronde le relazioni cooperative sono relazioni sociali e per esse la fiducia è un collante più forte ed efficace di qualsiasi meccanismo gerarchico o di mercato; la risorsa fiducia è dunque una delle principali risorse critiche di ogni distretto industriale di successo.” Pencarelli [2001, p. 143]. L’informazione rappresenta, internamente, una risorsa critica ai fini del governo della struttura operativa in quanto consente di mettere in relazioni le varie componenti del sistema, accrescendo il loro grado di consapevolezza circa l’unitario finalismo evolutivo del sistema. A livello esterno essa facilita la ricerca ed il conseguimento della consonanza e risonanza sistemica con i sovrasistemi rilevanti ed influenti sul distretto turistico. L’informazione è inoltre il contenuto delle azioni comunicative verso tutti gli interlocutori sociali interessati al distretto, a partire dai turisti attuali e potenziali. L’immagine ha un ruolo fondamentale nella messa in scena delle esperienze, poiché è allo stesso tempo un filtro che influisce sulla percezione della qualità dell’esperienza (per la domanda ma anche per gli attori del territorio)429 ed uno strumento di gestione del posizionamento. L’effetto che produce l’immagine sulla percezione della qualità dell’esperienza da parte dei turisti, è paragonabile alla funzione che hanno gli occhiali da sole a specchio: Chi li indossa (il turista) vede il mondo filtrato, chi li osserva (l’operatore turistico) vede la propria immagine riflessa. L’immagine genera aspettative nella domanda (il turismo si consuma più per il valore di scambio simbolico che per il valore d’uso) e può determinarsi sia per effetto di stimoli esterni non direttamente controllabili dagli operatori (passaparola - fattori culturali e sociali come l’interazione tra i componenti della famiglia, tra colleghi, tra amici, ecc.), di stimoli interni non controllabili (necessità - fattori a livello individuale, come i tratti della personalità), nonché da azioni esterne controllabili dall’organo di governo (comunicazione - l’azione della pubblicità e degli altri strumenti di comunicazione). La popolazione e la comunità locale (la popolazione residente) costituisce un soggetto collettivo dal cui atteggiamento nei confronti dei turisti (ostilità, indifferenza, accoglienza, ecc.) può dipendere la percezione di qualità e la soddisfazione dei consumatori durante l’esperienza di vacanza. Nel consumo del prodotto turistico le interazioni tra i turisti e la popolazione rappresentano frequenti << momenti della verità >> che possono valorizzare o distruggere la qualità erogata dagli altri soggetti distrettuali. Poiché l’esperienza del turista è largamente connessa alla qualità del contesto generale nel quale i soggetti operano, nel distretto turistico non è sufficiente un coordinamento tra le imprese e gli enti direttamente interessati alla produzione turistica, ma occorre un coordinamento ed un orientamento al servizio ed al cliente che coinvolge, oltre agli operatori turistici (pubblici e privati), anche le altre forze istituzionali e l’intera popolazione residente del distretto. “La comunità locale va dunque considerata un soggetto attivo e protagonista delle località turistiche, soggetto che occorre considerare in sede di governo pianificato, promuovendo nei suoi confronti forme di educazione ed orientamento verso la cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità, senza tuttavia snaturare le identità antropologiche e culturali originali che contribuiscono a rendere una località diversa da un’altra.” Pencarelli [2001, p. 145]. I turisti sono i destinatari dell’offerta allestita in un dato territorio, ma rappresentano anche risorse preziose nella coproduzione dell’offerta in quanto partecipano direttamente alla realizzazione dell’esperienza. Di questo l’organo di governo deve tenerne conto, giacché le modalità di partecipazione all’esperienza degli ospiti considerati sia individualmente sia in relazione agli altri turisti presenti nello stesso periodo nell’area influenzano fortemente la percezione della qualità totale dei consumatori. 222 Esperienze, Marketing e Territorio Nel territorio turistico, in base alla tipologia di esperienze che si vogliono inscenare, dovrebbe essere presente una combinazione coerente e organizzata dei fattori chiave che qualificano la struttura operativa del sistema vitale. Siffatti componenti strutturali dovrebbero essere, quindi, non solo un vincolo all’agire strategico (fattore di staticità della resourse based view), ma anche obiettivo di qualsiasi progetto teso a qualificare in senso turistico un’area territoriale nella prospettiva di un governo economico piegato a logiche sistemiche vitali. Di conseguenza, tali elementi dovrebbero essere legati l’uno all’altro con nessi di complementarità strumentale al perseguimento delle finalità strategiche. Qualora le componenti della struttura dovessero trovarsi in una situazione conflittuale e di scarsa risonanza (ad esempio, un’elevata accessibilità potrebbe andare a scapito della qualità ambientale, oppure turisti troppo numerosi ed attivi potrebbero suscitare sentimenti di ostilità della popolazione, oppure un’immagine troppo positiva creare aspettative eccessive nella domanda, ecc.), è necessario realizzare la migliore combinazione possibile di questi elementi. Elementi che, in base all’esperienza che si vuole offrire agli ospiti, andranno combinati in modo armonico, agendo soprattutto sulla gestione del fattore informazione, del fattore immagine e della cultura (modello di gestione consapevole dell’esperienza prodotta), evitando conflitti e cercando di fare in modo che siano l’uno a sostegno dell’altro. Per questo l’organo di governo è chiamato a formulare ed attuare un piano di marketing capace di valorizzare, selezionare, mobilitare i componenti della struttura operativa del distretto nell’ottica sistemico vitale. L’estensione territoriale del sistema e la selezione degli elementi della struttura Definiti gli elementi necessari per allestire esperienze, di cui deve essere dotato un sistema d’offerta, occorre chiedersi come procedere per selezionare e/o aggregare tali elementi. Tale operazione consiste, in prima battuta, nell’identificazione e nella definizione dello spazio (contesto territoriale o palcoscenico) su cui far emergere il sistema d’offerta. Dall’ampiezza del territorio considerato dipende, infatti, la composizione qualitativa e quantitativa degli elementi della struttura qualificabili come interni al sistema e quali invece da ritenersi esterni al sistema stesso.In seconda battuta sembra necessaria una valutazione sulle caratteristiche degli attori e degli elementi da coinvolgere nel sistema, per pervenire ad una selezione delle componenti della struttura coerenti con le esperienze progettate. Tale processo di selezione o aggregazione degli elementi sistemici risonanti e consonanti appare fondamentale per innescare il circolo virtuoso dello sviluppo del sistema d’offerta cosi come definito in fig. 8.3. Figura 8.3 – Il circolo economico virtuoso di un sistema d’offerta economica territoriale Qualità e Valore dei prodotti del sistema d’offerta turistica Selezione / Aggregazione e Formazione Attori Interni Risorse Visione strategica Opportunità Attrattività del sistema d’offerta territoriale Soddisfazione dei Pubblici Esterni e degli Attori Interni OdG Fonte: Nostra elaborazione 223 Fabio Forlani L’estensione ed il dimensionamento territoriale e la selezione degli attori da coinvolgere all’interno del sistema è rilevante sia sotto il profilo dell’offerta che della domanda. Dal lato dell’offerta, l’individuazione dell’ambito territoriale che abbia le potenzialità per produrre determinate esperienze (soddisfazione dei pubblici esterni) e allo stesso tempo sia governabile in un’ottica unitaria (soddisfazione degli attori interni), è un aspetto chiave nella progettazione dei sistemi d’offerta. La delimitazione territoriale del sistema d’appartenenza è infatti fondamentale per far conseguire agli attori la consapevolezza necessaria per spingerli a investire le proprie risorse, i propri sforzi e soprattutto la propria fiducia nell’attivare azioni cooperative per la messa in scena di esperienze in un dato territorio. L’identificazione di fattori di omogeneità territoriale, ambientale, antropica, culturale e di attrattiva tuttavia, va a nostro parere finalizzata non solo all’attitudine produttiva: definire un’aggregazione sistemica in grado di offrire un prodotto esperienza allineato all’ottica della domanda. Occorre porre attenzione anche al potenziale di attrazione dell’offerta rispetto a mercati economicamente redditizi per il sistema nel suo complesso e non solo per parti dello stesso. Non può sfuggire infine, che, se si propone un mix di prodotti assai limitato (come succede per alcuni sistemi turistici monoprodotto), si perde di attrattività e di forza contrattuale nei confronti degli intermediari commerciali e comunicazionali che sono invece soggetti indispensabili per l’ingresso in mercati distanti432 (geograficamente, culturalmente, dal punto di vista informativo e comunicazionale, ecc.). Si può perciò sostenere che il problema dell’identificazione delle componenti strutturali dei sistemi d’offerta possa essere affrontato in due fasi, tra loro interrelate [Pencarelli e Forlani, 2002, p.268]. La prima fase consiste nel considerare il problema della rilevanza di mercato del sistema d’offerta, intesa come la capacità dell’offerta di realizzare spettacoli (mettere in scena esperienze) idonei a soddisfare le esigenze degli ospiti appartenenti al segmento/i di domanda scelto/i come target meglio di sistemi concorrenti. Il territorio sul quale imperniare il sistema può considerarsi un palcoscenico significativo se possiede uno o più fattori di attrattiva distintivi (Attrattività) che lo renda visibile e appetibile ad un numero di potenziali clienti sufficiente a soddisfare i requisiti necessari per il/i mercato/i obiettivo. Il territorio deve anche possedere i fattori complementari ed accessori necessari per soddisfare il nucleo centrale di esigenze del target di riferimento dell’esperienza (Accessibilità, Attività economiche, Ambiente, Animazione). Va quindi affrontata una seconda fase che riguarda l’individuazione della dimensione territoriale e dei componenti della struttura operativa (la compagnia) che consentono il governo unitario433 del sistema d’offerta in una prospettiva orientata al mercato. Occorre quindi stabilire di quali componenti l’organo di governo si avvale per mettere in scena le esperienze per soddisfare la domanda. Dal nostro punto di vista, l’unità base del sistema d’offerta deve identificare un territorio geograficamente delimitato e non troppo esteso, dotato 432 Non deve sfuggire, infatti, che dal punto di vista della domanda i diversi livelli in cui può essere percepito il territorio come palcoscenico delle esperienze possono essere individuati in funzione di [Pencarelli e Forlani, 2002, p. 269]: • vicinanza rispetto alle aree di provenienza della domanda; • grado di notorietà raggiunta; • tempo o anzianità di presenza sul mercato. Nella visione della domanda, in definitiva, all’ampliarsi della notorietà, dell’anzianità e della vicinanza si restringe l’ampiezza dei confini territoriali del sistema d’offerta turistico, aumenta la conoscenza del prodotto offerto e si riduce, quindi, la necessità di ricorrere ad intermediari commerciali e/o informativi. 433 La governabilità di un territorio ai fini turistici cresce al crescere della consapevolezza degli operatori turistici di appartenere ad un sistema territoriale e al crescere della fiducia che essi hanno sull’organizzazione e/o sulle regole che lo governano. 224 Esperienze, Marketing e Territorio già di un’identità consolidata, un sistema relazionale delineato, una fiducia diffusa. In questo modo le relazioni che si instaurano tra i diversi soggetti distrettuali sono di tipo personale e diretto, quindi più vicine alla cultura localistica che caratterizza il sistema socio-economico italiano. Si ritiene, infine, importante evidenziare che ai fini dell’efficacia sistemica è fondamentale integrare le opportunità e i vincoli sovra sistemiche (approccio strategico opportunity driven) con le opportunità e i vincoli sub-sistemici (approccio strategico resource based). A volte, e forse nella maggioranza dei casi434, l’organo di governo deve partire dalla valorizzazione di strutture operative sistemiche “naturali” esistenti nei fatti e non facilmente modificabili (a partire dalle risorse territoriali e antropiche), sia per vincoli finanziari sia per ragioni connesse alla “sostenibilità ambientale” degli interventi necessari a orientare (riorientare) strategicamente un determinato territorio (ad esempio per razionalizzare o ampliare il portafoglio prodotti attuale). In questo caso si tratterà di ricercare quali segmenti della domanda possono essere attratti dal sistema d’offerta esistente e decidere cosa inscenare tenendo conto e valorizzando al massimo le potenzialità dei fattori di attrattiva (talenti) disponibili435. 8.4.4 Il processo d’emersione del sistema d’offerta L’emersione del sistema di offerta turistico territoriale si concretizza nella produzione di esperienze turistiche per degli ospiti specifici. Consiste cioè nella messa in scena dello “spettacolo” del turismo. Tale processo verrà illustrato nel paragrafo seguente. Si presenterà in particolare un modello di marketing che consente l’emersione di un prodotto esperienza che cerca di conciliare sia le esigenze degli attori della domanda sia quelle degli attori dell’offerta. 8.4.5 L’immagine complessiva del sistema Un sistema vivente è un sistema autonomo, in quanto tale ha un identità ed un immagine. L’immagine (reputazione) è la risultante delle dimensioni sistemiche sovra riportate e si configura come il sistema nel suo complesso agli occhi degli osservatori esterni (sovra sistemi) ed interni (sub sistemi). Nella prospettiva sistemica l’immagine o la reputazione di un sistema turistico è quindi la risultante dell’immagine emersa nelle n esperienze turistiche vissute dai turisti in un dato sistema territoriale, del loro passaparola e dell’immagine istituzionale comunicata dal sistema stesso. Per ogni Sistema d’offerta turistica territoriale (SOTT) è quindi importante comprendere se esiste o meno nella mente dei turisti attuali e potenziali un’immagine del sistema percepita come unitaria (immagine di marchio, Gronroos [2002, p. 343]) e se c’è coerenza fra l’immagine che percepiscono i sovra-sistemi e i sub-sistemi e quella progettata dall’organo di governo (identità del marchio). L’importanza dell’immagine e quindi di tutti quei fattori informativi che la producono è rilevante anche in quanto la qualità dell’esperienza turistica che il cliente si aspetta è innanzitutto funzione dell’immagine che egli possiede della stessa. L’organo di governo del sistema turistico deve quindi riconoscere che l’informazione e l’immagine sono “leve” trasversali capaci di agire sulle aspettative della domanda e degli stakeholder attraverso la comunicazione passaparola (ricordi di esperienze passate), la comunicazione al mercato (promozione del territorio) e la comunicazione interattiva degli attori territoriali durante l’esperienza. Per l’organo di governo dei distretti turistici risulta fondamentale, influenzare, mantenere, sviluppare l’immagine del territorio al fine di intervenire contemporaneamente sulle aspettative della domanda e sulla capacità del sistema di interagirvi, capirla e soddisfarla. Lo strumento con le maggiori potenzialità prospettiche da fungere da supporto per la gestione dell’informazione436 e della comunicazione sistemica ed interattiva è, a nostro avviso, internet437. Internet permette infatti di raccordare le componenti 434 Molti dei principali autori che negli ultimi anni si sono occupati di marketing territoriale hanno infatti manifestato la propria preferenza per l’approccio resource based. 435 Per un’analisi approfondita della teoria delle risorse nella prospettiva sistemica si rinvia a Golinelli, Gatti e Siano [2002]. 436 Altro strumento-copione a disposizione dell’organo di governo è senz’altro il cataloghi cartaceo. Anch’esso dovrebbe essere progettato nell’ottica di comunicazione integrata e sistemica esposta in questo articolo. 225 Fabio Forlani interne al sistema (intranet) con le componenti esterne (extranet) in tempo reale attraverso una comunicazione fortemente interattiva (one to one, one to many, many to many). Non entrando nello specifico delle modalità d’utilizzo dello strumento internet, ci pare opportuno sottolineare che ogni componente del sistema turistico dovrebbe dotarsi di un sito internet di riferimento. Il sito ufficiale del sistema turistico dovrebbe fungere da “palcoscenico virtuale del sistema”, “luogo” capace di collegare le intenzioni e le informazioni dei soggetti interni al sistema in modo da generare un’immagine unitaria e coerente, ma allo stesso temo reale, del territorio. 8.5 Un modello di marketing per l’emersione (progettazione e produzione) delle esperienze turistiche 8.5.1 Il ruolo del marketing nei sistemi d’offerta Nel corso della trattazione, basandoci sul quadro teorico-concettuale dei sistemi vitali, si è argomentato a favore dell’emersione dal sistema di offerta di un organo di governo legittimato e quindi autorevole. A tale organo di governo si ritiene vadano assegnati compiti di marketing che possiamo definire strategico-operativo438. Si ritiene infatti che al marketing vada attribuito un ruolo di grande importanza sia nella fase di definizione delle strategie che nella fase della loro attuazione. Il marketing interviene nel processo di formazione delle strategie attivando flussi informativi in entrata (aspettative dei consumatori, politiche di mercato dei concorrenti) al fine di decidere politiche di segmentazione e di posizionamento che assicurino vantaggi competitivi difendibili. Attraverso le politiche di marketing condiziona il processo di specificazione delle aspettative dei consumatori in modo funzionale agli obbiettivi perseguiti dall’impresa. Secondo tale impostazione il marketing contribuisce, inoltre, a creare il valore percepito dal consumatore attraverso le politiche di comunicazione, di differenziazione psicologica, di promozione e di distribuzione, associate alle strategie di segmentazione del mercato e di composizione di gamma. Assumendo appieno tale prospettiva si sottolinea che, come precedentemente evidenziato [vds. cap. 4] i processi decisionali dell’impresa orientata al marketing devono439 : 1. Individuare e analizzare i bisogni dei consumatori e le dinamiche dell’ambientemercato, di cui tendono a valutare le opportunità e le minacce in relazione alle competenze distintive ed alle potenzialità dell’impresa (ambiente interno). 2. Progettare, coerentemente con i risultati degli studi di mercato e gli obbiettivi del sistema, la scelta contestuale della: • segmentazione della clientela e della domanda; • scelta dei segmenti di domanda a cui rivolgere l’offerta (targeting); • scelta del posizionamento competitivo dell’offerta. Tale operazione si implementa attraverso la scelta della product idea (la selezione dei benefici da offrire agli utilizzatori attraverso l’offerta degli output produttivi dell’impresa) e la selezione dei vantaggi competitivi difendibili su cui basare il proprio rapporto con i concorrenti; 3. Gestire, coerentemente con tali scelte, le risorse e le capacità disponibili nell’impresa, programmando e gestendo un insieme integrato e sinergico di processi di attività attraverso i quali vengono ideati, realizzati, valorizzati e commercializzati gli output produttivi dell’impresa, in modo da offrire ai mercati e ai segmenti di domanda prescelti prodotti, il cui valore, così com’è percepito dagli utilizzatori, al netto del sacrificio (monetario e psicologico) necessario per acquisirli, sia superiore a quello dei prodotti concorrenti. In tale fasi ci si avvale di un insieme integrato e 437 Per un analisi dei possibili effetti di internet sulla società e sul commercio si veda Watson, Berthon, Pitt, Zinkhan, [2000] e Levine, Locke, Searls, Weinberger, [2001]. Per l’impatto sul turismo cfr Pencarelli [2001 e 2003]. 438 Per approfondimenti Cozzi e Ferrero [2000, p.89-90]. 439 Per approfondimenti Cozzi e Ferrero [2000, p.7]. 226 Esperienze, Marketing e Territorio sinergico di politiche di mercato, ossia di un marketing mix440, come strumento di attuazione delle proprie strategie per gli aspetti riguardanti i suoi rapporti con il mercato. Ciascuna delle politiche di mercato comporta decisioni amministrative ed operative, nonché compiti esecutivi e di controllo interno. Il marketing-mix è lo strumento base con cui si cerca di specificare le aspettative degli utilizzatori dei suoi output produttivi competitivamente con le altre imprese; 4. Controllare costantemente l’efficacia dell’attività dell’impresa in funzione del grado di soddisfazione dei suoi clienti e degli stakehoders di riferimento441. 8.5.2 L’innovazione concettuale nel Marketing mix: l’esperienza come “prodotto emergente” Il governo consapevolmente orientato al mercato di un SOTT richiede un processo di pianificazione di marketing rivolto al cliente finale e la definizione di opportune politiche atte a connettere gli attori interni ed esterni per l’uso e lo scambio ottimale delle risorse territoriali ove il sistema d’offerta è radicato. Riprendendo la metafora (o meglio il modello di gestione) teatrale, possiamo pensare all’organo di governo del sistema vitale come al drammaturgo e regista dello spettacolo che ha luogo su un delimitato territorio, visto come palcoscenico. In tale veste esso deve guidare la compagnia d’attori dell’offerta o cast (operatori economici, popolazione locale e altri soggetti presenti sul territorio, turisti e consumatori compresi), nella messa in scena di esperienze che coinvolgano attivamente gli attori della domanda (il pubblico o ospiti). In base a siffatta impostazione si assume, adottando una prospettiva di marketing, che un sistema d’offerta turistica territoriale finalizzato alla produzione e alla commercializzazione (Perché?) sul mercato di esperienze turistiche (Cosa?), debba partire dall’analisi del cliente obiettivo (Per chi?), per definire le opportune politiche (Come?) atte a connettere gli attori interni (Chi?) ed esterni (Per chi?) in modo da ottenere un utilizzo sistemico, e quindi ottimale, delle risorse territoriali ove il sistema turistico è radicato (Dove?). Tale modello, coerentemente con i presupposti dell’ASV, evidenzia la centralità del ruolo dell’OdG442 nei processi di produzione del sistema turistico. In questa ottica s’ipotizza di assegnare il compito di progettare e gestire le esperienze turistiche che si intende allestire per i segmenti di domanda scelti (target) o che si stanno autosegmentando sulla scorta dell’elevata capacità di attrazione dell’offerta, all’OdG, che assume in definitiva il ruolo del regista443 del sistema d’offerta. Nella produzione turistica occorre, pertanto, evitare quanto già spesso si riscontra nei servizi [Carù, 1996, p.181], ove ci si dimentica che il destinatario e giudice ultimo della proposta dell’offerta è il cliente e che la qualità delle prestazioni non può essere assicurata solo dalla “buona volontà” dei prestatori di servizi, ma va opportunamente strutturata e formalizzata. Allo stesso modo, per qualsiasi forma di performance venga messa in scena, occorre ricordare che l’esperienza è un prodotto complesso [cfr cap.5] e che la sua messa in scena richiede una giusta combinazione degli elementi trama e regia [vds cap 5]. A seconda della tipologia di 440 Per Kotler [1993, p. 103] “il marketing mix è la combinazione delle variabili di marketing che l’impresa impiega al fine di conseguire gli obiettivi predefiniti nell'ambito del mercato obiettivo”. Molteplici sono gli elementi che compongono il marketing-mix. Mc-Carthy ha reso popolare una classificazione di tali elementi basata su quattro macrovariabili: prodotto, prezzo, punto di vendita e promozione (product, price, place, promotion, le “quattro P”). 441 Il management di un sistema d’offerta turistica deve altresì controllare i risultati delle attività svolte, verificando il grado di raggiungimento degli obiettivi, la soddisfazione degli ospiti e degli stakeholder (operatori turistici, popolazione locale, istituzioni pubbliche, distributori, finanziatori ecc.) e l’andamento economico finanziario del sistema, delle sue parti e delle relazioni tra queste o tra elementi sovrasistemici. 442 “… il sistema impresa prende corpo per effetto della spinta propulsiva ad esso impressa dal soggetto o dall’insieme di soggetti i quali, nella fase costitutiva e nelle successive fasi della dinamica evolutiva dell’impresa, detengono le massime responsabilità di governo ed il massimo potere decisionale. Per dare forma, consistenza e, soprattutto, prospettive di sviluppo al sistema impresa è necessaria, dunque, la presenza di una significativa e continua attività progettuale, condotta e realizzata dall’organo preposto al suo governo” Golinelli G. [2000, p. 102]. 443 Cfr Pencarelli e Forlani [2002] e Pencarelli [2003]. 227 Fabio Forlani performance (predeterminata o emergente) che si vuole realizzare e della forma di coordinamento che si decide di realizzare (regia diffusa o presenza di un regista) si allestiranno forme di teatro differenti, modulate in funzione dell’audience, degli attori e del contesto ambientale di riferimento. Il modello di gestione di riportato in figura 8.4, cerca di inquadrare in modo unitario le varie problematiche connesse al rapporto esistente fra il processo444 di messa in scena dell’esperienza turistica e il processo d’emersione dei sistemi d’offerta turistica territoriali445 ponendo una serie di domande a cui l’OdG dovrebbe essere in grado di dare risposta. Tali domande indagano le quattro dimensioni dei sistemi complessi dinamici: il significato o fine dell’agire sistemico (Perché?); lo schema d’organizzazione (Come?); la materia o la struttura operativa (Chi? e Dove?); il processo di emersione (Cosa?). Inoltre vi è un’ultima domanda che non indaga gli elementi costitutivi del sistema ma il sistema nel suo complesso: l’immagine complessiva del sistema. Figura 8.4 - Un modello di analisi manageriale della produzione dell’esperienza Per chi ? Target di mercato Cosa ? Il prodotto (l’ esperienza turistica) Come ? Il copione dell’esperienza Perchè ? Mission e Cultura Chi ? Soggetti agenti sul territorio Dove ? Il territorio (risorse e vincoli) Immagine Relazioni, a diversa intensità di legame, che generano il sistema d’offerta del sistema turistico. Offerta co-prodotta dal sistema turistico territoriale. Di seguito si esamina con maggiore dettaglio il modello esposto in figura 8.4. 1. Per chi ? (gli attori della domanda – i segmenti di mercato per i quali si allestisce l’esperienza turistica). I segmenti di mercato scelti come target sono costituiti dai gruppi di turisti per cui è stata progettata l’esperienza turistica. Senza entrare nel merito dell’analisi del mercato e della segmentazione, ci limitiamo a ricordare che ai fini delle strategie di segmentazione, come 444 Il prodotto esperienza è stato definito un prodotto emergente in quanto non esiste finché non vi è l’interazione degli attori (della domanda e dell’offerta) su un palcoscenico. In questo senso si può parlare di politica di prodotto “sui generis”. 445 L’ottica d’osservazione assunta tiene conto, inoltre, della natura sistemica del prodotto turistico, vds capitolo 6; cfr anche Tamma [2002], De Carlo e Parolini [2004]. 228 Esperienze, Marketing e Territorio per i servizi, la variabile partecipazione dell’ospite446 risulta cruciale, dato che la qualità della rappresentazione teatrale e dell’esperienza inscenata dipende molto dalla volontà e capacità dell’ospite di interagire con l’offerta. Per una efficace analisi del mercato, l’organo di governo del sistema turistico vitale è chiamato a mettere a punto un sistema informativo di marketing affidabile, capace di monitorare la domanda attuale e di stimare quella potenziale. 2. Chi ? (gli Attori dell’offerta – i soggetti presenti ed agenti sul territorio e come tali coinvolti, a vario titolo, nella produzione dell’esperienza). Il turismo è un attività fatta dalle persone per le persone; è quindi fondamentale il ruolo di tutti gli attori territoriali specializzati e non specializzati nel turismo. Il turismo richiede un’applicazione estrema dei principi di qualità totale e di marketing relazionale totale, entrambi rivolti alla soddisfazione dei bisogni dei clienti: “la qualità è <<affare di tutti>> e non solo dell’Ufficio Qualità, così come le attività di marketing sono <<affare di tutti>> e non solo di <<quelli dell’ufficio marketing>>” Pencarelli [2001, pag. 63]. 3. Dove ? (il Palcoscenico – il territorio come insieme di strutture e risorse da cui emerge il sistema). Sul punto si rinvia a quanto detto in tema di struttura operativa del sistema turistico (§8.4.3)447. 4. Cosa ? (lo Spettacolo – l’esperienza turistica composta di sensazioni, emozioni e ricordi). Definire la trama (il concetto o l’idea) dell’esperienza significa esplicitare le aspettative che si vogliono soddisfare, e di conseguenza, le emozioni e le sensazioni che si vogliono far vivere agli ospiti attraverso un’accurata orchestrazione dell’esperienza448. Significa anche identificare lo strumento per far convergere le intenzioni (implicite ed esplicite) dei soggetti interni ed esterni al sistema vitale in un momento-luogo di confronto al fine di generare consapevolezza e condivisione strategica tra gli attori. Si è evidenziato [cap. 5] come in fase di progettazione dell’esperienza (trama) occorra coinvolgere in modo equilibrato l’intera struttura esperienziale dell’individuo (l’estetica, l’intrattenimento, l’evasione e l’educazione) e quindi definire e mappare coerentemente le caratteristiche territoriali che ne determinano una realizzabile ed efficace messa in scena. In relazione alla definizione della visione di esperienza che si intende allestire, un elemento cruciale consiste nel definire il tema dell’esperienza449. Nel senso stretto del termine, secondo il dizionario della lingua italiana Zingarelli, un “tema” è un “argomento, soggetto di uno scritto, un ragionamento, una discussione”, un “argomento o motivo di fondo”. Il tema è quindi un’idea semplice che può dare vita a tutta una serie di sviluppi ulteriori. Il concetto di tema è evolutivo e dinamico, concepisce una realtà fondamentalmente aperta da cui scaturiscono immaginazione, creatività, iniziativa. Ma implica anche delle regole e dei vincoli da rispettare, richiede, infatti, la continua coerenza con l’idea di partenza e il rispetto di una linea di orientamento generale. Il tema, in quanto elemento centrale della visione dell’esperienza, è il filo conduttore intorno al quale si organizza in divenire l’esperienza. Un tema ben concepito è come una struttura attorno a cui i turisti possono organizzare le proprie impressioni, producendo così esperienze con ricordi ricchi e duraturi. Il tema è inoltre per gli operatori turistici una linea di condotta generale sulla quale organizzare un offerta particolare e personale ma allo stesso tempo integrata e coerente con l’esperienza complessiva proposta dal territorio. Tematizzare450 un’esperienza significa, quindi, creare un insieme di informazioni che posizionino il territorio sia nella prospettiva dei turisti sia in quella degli operatori. 446 “La regola generale è che la segmentazione del mercato dovrebbe essere concepita non soltanto dal punto di vista delle “esigenze” del cliente, ma anche in funzione della sua volontà di partecipare e del suo livello di conoscenze e dal modo con cui le utilizza” Normann [1984, p. 118]. 447 [Vds anche Pencarelli e Forlani, 2003, §4.7.2]. 448 Gronroos [1994, p. 77] parla di concetto di servizio e lo definisce come la determinante delle intenzioni dell’azienda. Egli sostiene che in base a tale concetto vada sviluppata l’intera offerta aziendale. 449 Sulle politiche di prodotto a livello macro nel turismo si vedano Peroni [1998] e Pencarelli [2001 e 2003]. 450 Samuel Thirion suggerisce come strumento per valorizzare lo sviluppo delle aree rurali il concetto di “tema catalizzatore”. “Il tema <<forte>>, catalizzatore, è un’idea che favorisce la rinascita, il dinamismo, immagini nuove, nuove dimensioni e nuovi mercati. L'approccio tematico è un’impostazione che può concretizzarsi solo attraverso l’adesione collettiva degli operatori e l’integrazione molteplici elementi disseminati sul territorio. In altri termini, un tema catalizzatore non può condurre all’esclusione; esso consente invece di riunire tutti gli operatori del territorio, favorendo l’integrazione tra i vari 229 Fabio Forlani In occasione dell’identificazione del tema l’organo di governo dovrebbe, fra l’altro, porsi e dare risposta alle seguenti domande : 5. Cosa si può fare per migliorare l’estetica dell’esperienza vissuta dagli ospiti? 6. Cosa si può fare per rendere più divertente e piacevole l’esperienza per “trattenere” gli ospiti? 7. Cosa si può far provare agli ospiti per coinvolgerli? 8. Cosa si può far imparare agli ospiti durante l’esperienza? Azioni capaci di soddisfare siffatti traguardi possono basarsi sul coinvolgimento dei cinque sensi degli ospiti, agendo sui rumori, gli odori, i colori, il paesaggio e l’ambientazione ed i sapori evocabili mediante un’esperienza. Per concludere, si segnalano i seguenti vantaggi della tematizzazione. Innanzitutto, l’approccio tematico è una modalità a disposizione dell’organo di governo per attuare e gestire il posizionamento dell’offerta turistica mediante la differenziazione psicologica e comunicativa. Il posizionamento tematico, soprattutto quando è attuato tramite un’attenta gestione dell’immagine, risponde infatti in modo efficace alle esigenze della globalizzazione: immagini forti e differenziate. I temi agiscono inoltre all’interno del sistema. Permettono infatti di creare, di ritrovare o di rafforzare gli elementi dell’identità territoriale, generando così degli interessi in comune, dei punti di riferimento, dei contatti e dei collegamenti che integrano i settori. Se accettati dal sistema locale creano infine uno “sviluppo endogeno” e una didattica dell’apprendimento che autoalimenta il tema. Esempi di tematizzazione del territorio sono le strade del vino e dei sapori, le strade dell’olio; si è assistito in passato anche a tematizzazioni storiche, artistiche, salutistiche ecc. 5 Come ? (il Copione – gestione delle relazioni e delle interazioni tra gli attori dell’offerta e della domanda); Nel turismo la partecipazione del turista al processo produttivo della propria vacanza è talmente forte e motivata da poter affermare che, in molti casi, è proprio quest’ultimo che ricopre in modo esclusivo il ruolo di regista-produttore. In base al ruolo del turista nella progettazione, nell’organizzazione e nella produzione del viaggio si sono evidenziate nei capitoli 5 e 6 diverse soluzioni teatrali che consentono far emergere un’esperienza: l’improvvisazione (il turista fai da te), il canovaccio (soluzione intermedia), il copione (il turista etero-organizzato). Lungo tale continuum si trovano sistemi di relazione tra domanda e offerta in cui diminuisce il ruolo attivo e la partecipazione dell’utilizzatore (minore flessibilità del prodotto), mentre aumenta il grado di controllo e di governo del sistema (maggiore possibilità di progettare e di gestire il complesso delle relazioni). 6. Perché ? (la Filosofia – le finalità, gli obbiettivi, la cultura, la fiducia nel territorio e nei suoi attori come elementi di unità e consapevolezza del sistema turistico). La filosofia del sistema vitale è determinata innanzitutto dagli obbiettivi (mission) che individuano e definiscono la ragione d’essere stessa del sistema. Tali obbiettivi possono essere generati internamente al sistema in base alla cultura dello stesso, oppure possono essere indicati dall’organo di governo. La cultura è l’elemento chiave delle offerte turistiche territoriali in quanto orienta, permea e sostanzia l’intero modo di pensare, essere ed agire di chi opera sul territorio. Come tale, la cultura può essere considerata una risorsa-vincolo, ma anche una risorsa-opportunità (strumento manageriale) del sistema turistico e deve essere governata con consapevolezza dell’organo di governo in quanto motore dell’intero sistema. Una cultura consonante e risonante con gli obbiettivi del sistema genera, infatti, consapevolezza, fiducia, condivisione, fattori che facilitano il formarsi di un clima collaborativo tra i detentori delle risorse sistemiche. 7. Che rapporto esiste fra l’immagine del sistema di produzione e l’esperienza offerta? L’immagine ha un ruolo fondamentale nella messa in scena delle esperienze, poiché è allo stesso tempo un filtro che influisce sulla percezione della qualità dell’esperienza (per la domanda ma anche per gli attori del territorio) ed uno strumento di gestione del posizionamento strategico e operativo. L’effetto che produce l’immagine sulla percezione della qualità dell’esperienza da parte dei turisti, è paragonabile alla funzione che hanno gli occhiali da sole a specchio: Chi li indossa (il turista) vede il mondo filtrato, chi li osserva (l’operatore turistico) vede la propria immagine riflessa. L’immagine genera aspettative nella domanda (il turismo si consuma più per il valore di scambio simbolico che per il settori di attività. Ed è probabilmente questa la sfida più grande: conciliare approccio tematico e impostazione integrata” http://www.rural-europe.aeidl.be/rural-it . 230 Esperienze, Marketing e Territorio valore d’uso) e può determinarsi sia per effetto di stimoli esterni non direttamente controllabili dagli operatori (passaparola - fattori culturali e sociali come l’interazione tra i componenti della famiglia, tra colleghi, tra amici, ecc.), di stimoli interni non controllabili (necessità - fattori a livello individuale, come i tratti della personalità), nonché da azioni esterne controllabili dall’organo di governo (comunicazione - l’azione della pubblicità e degli altri strumenti di comunicazione). In definitiva, con riferimento al modello di gestione “teatrale” dei sistemi turistici, il compito dell’organo di governo è di fornire una risposta coerente alle domande afferenti alla produzione turistica A chi?, Chi?, Dove?, Cosa?, Come?, Perché? Che ruolo ha l’immagine? per gestire olisticamente il complesso sistema di messa in scena delle esperienze turistiche. In base all’esperienza che si vuole offrire agli ospiti, il regista, dovrà combinare e valorizzare, in modo armonico, le risorse territoriali disponibili o reperibili nel rispetto dell’ecosistema. 8.5.3 Il marketing mix nelle tre fasi (sogno, sensazioni, ricordo) dell’emersione dell’esperienza. Ipotesi di ricerca. Come evidenziato nel capitolo 5 e 6 la produzione dell’esperienza di viaggio è un per il cliente un ciclo che prevede almeno tre fasi: la fase del sogno, la fase delle sensazioni e dell’emozione, la fase del ricordo. Ogni fase ha le sue specificità e prevede quindi un appropriato utilizzo delle leve delle quattro leve classiche del marketing: Prodotto, Prezzo, Promozione e Distribuzione451. Fig. 8.5 – La fase del sogno Per chi? Attori della domanda Ambiente esterno Cosa? Spettacolo Come? Copione Chi? Ambiente interno Dove? Attori e comparse Palcoscenico Perché? Mission e Cultura Immagine Esperienza promessa Fonte: nostra elaborazione 451 In questa sede si continuerà a raggruppare gli strumenti operativi del marketing all’interno delle classiche quattro 4P, anche se è chiaro che avendo ridefinito il concetto di prodotto esse hanno conseguentemente assunto nuovi significati e nuove applicazioni. Si è deciso di configurare gli strumenti operativi del marketing delle esperienze mantenendo lo schema logico delle 4P, perché, dal punto di vista prettamente operativo, esso ci consente di utilizzare (chiaramente adattandole alle specificità del prodotto esperienza) molte delle tecniche d’interazione con il mercato elaborate dal marketing management. 231 Fabio Forlani La necessità della gestione della trama e della regia nel ciclo di produzione della vacanza ci porta sottolineare la centralità del ruolo del Tour Operattor. In quanto è proprio questo, quando esiste a fungere da drammaturgo (scrive i copioni che poi propone al mercato attraverso i suoi cataloghi) e da regista (organizza e segue lo sviluppo della vacanza giorno per giorno attraverso il proprio personale. Es. guide, responsabile del viaggio, ecc.). In questo paragrafo verrà indicata un’ipotesi interpretativa che non si focalizzerà sulle figure “teatrali” base, ma sulle delle singole fasi del ciclo d’emersione dell’esperienze452. Fig. 8.6 – La fase delle sensazioni e delle emozioni Ambiente esterno Con chi? Ospite Cosa? Esperienza Come? Dove? Palcoscenico Copione Chi? Attori f.o. Chi? Att. b.o. Perché? Ambiente interno Mission e Cultura Immagine Esperienza emergente Fonte: nostra elaborazione Fig. 8.7 – La fase del ricordo 452 Non è scopo della presente tesi illustrare le tecniche operative di marketing, anche perché queste ultime mutano al variare del modello teatrale assunto per la messa in scena. Preme, però, ricordare che affinché si possa parlare di gestione manageriale del sistema d’offerta questo deve poter operare con libertà con tutte le leve del mix. 232 Esperienze, Marketing e Territorio Per chi? Ospite Ambiente esterno Cosa? Lo spettacolo Come? Il modello di teatro Ambiente interno Perché? Mission e Cultura Chi? Dove? Attori e comparse Il palcoscenico Immagine Esperienza ricordata Fonte: nostra elaborazione Il coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il processo di consumo turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno (sogno) fino alle attività svolte al ritorno dalla vacanza (ricordo). Non essendoci studi specifici per la comprensione del ruolo del marketing nel ciclo interattivo d’emersione dell’esperienza, si può rinviare agli interessanti contributi elaborati per la produzione di servizi. Fra questi ricordiamo la gestione del ciclo di vita del rapporto con il cliente [Gronroos, 1994 e 2000]. 8.5.4 Il controllo (feedback) dei risultati (soddisfazione degli attori, risultati economici) Come evidenziato nel cap. 4 all’interno della programmazione di marketing è fondamentale definire un processo di feedback continuo dei risultati al fine di monitorare la formula imprenditoriale del sistema [Coda, 1984]. Il monitoraggio deve avvenire innanzitutto sui flussi turistici al fine di comprendere, in senso qualitativo e quantitativo, quali e quante “vacanze” (prodotti) vengono prodotte e quindi vendute al mercato e la soddisfazione dei clienti che esse generano (successo competitivo). Occorre poi monitorare il livello di soddisfazione degli altri sovra sistemi e dei sub sistemi (successo sociale). Infine occorre tenere costantemente monitorate le dinamiche economiche e finanziarie del sistema (successo economico-finanziario). Bibliografia AA.VV. 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Attraverso quella ricerca, confluita nella tesi di laurea di chi scrive, si è evidenziata la necessità dell’elaborazione di un corpus teorico capace di osservare la vacanza nella sua complessità e di integrare la dimensione aziendale con quella territoriale. Risultava, infatti, evidente che la vacanza fosse un’esperienza di vita vissuta e quindi prodotta su un territorio da una serie di attori (operatori) turistici e non turistici. Il tentativo di superare tali limiti ci ha portato a sviluppare il concetto di esperienza turistica [Forlani, 2001; Pencarelli e Forlani, 2002] e di approfondire quello di distretto-sistema vitale [Pencarelli e Forlani, 2002]. Nella seconda fase [2002-2004] si è cercato di verificare empiricamente le capacità interpretative di tali concetti analizzando il distretto turistico della Provincia di Rimini [§ 9.7] e i Sistemi Turistici Locali della Provincia di Pesaro e Urbino [§9.4, §9.5, §9.6; Pencarelli e Forlani, 2005]. In tale fase si è cercato, inoltre, di comprendere la complessità e la natura delle dinamiche socioeconomiche territoriali attraverso lo studio e l’applicazione del marketing territoriale ad alcuni centri storici della provincia di Pesaro e Urbino [Forlani, 2003]. 237 Fabio Forlani Tali ricerche hanno, in prima battuta, confermato la validità descrittiva e interpretativa del concetto di esperienza turistica. Questi studi hanno, però, evidenziato alcuni limiti di applicazione del concetto di Sistema Vitale. L’applicazione di tale concetto ai sistemi turistici, non riesce, infatti, a spiegare come possano esistere, sopravvivere e svilupparsi dei sistemi che non assumono la forma di sistemi vitali. Si è, allora, verificato che l’organizzazione sistemica definita come “in via di compimento”, manifesta segni di vitalità uguali, se non superiori, a quelle classificate come sistemi vitali. L’impossibilità di descrivere i fenomeni osservati esclusivamente attraverso i concetti messi a punto dall’approccio sistemico vitale [Golinelli, 2000 e 2002], ci ha spinti ad esplorare le teorie dei sistemi viventi (o sistemi complessi dinamici) [Varela e Maturana, 1986; Maturana, 1990, Capra, 1997 e 2002]. L’elaborazione dei concetti dei sistemi complessi dinamici (viventi) ci ha spinti ad aprire una terza fase di ricerca, che è tuttora in corso, riformulando alcune delle riflessioni precedentemente effettuate nella nuova logica dei sistemi viventi. Il presente lavoro nel suo corpus teorico è quindi il frutto dello sviluppo di questa terza fase di studio. I casi studio riportati nel presente paragrafo derivano, invece, dalle verifiche empiriche effettuate nella seconda fase. In quanto tale non sono presenti tutti i concetti discussi nei capitoli precedenti, ma solo alcuni di essi. In questa prospettiva i casi riportati nel presente capitolo non vanno intesi come casi esemplari [Kuhn, 1978], ma come stimoli intellettuali che segnalano la necessità d’avanzamenti teorici che superino i limiti interpretativi dei concetti attualmente in auge. Dal punto di vista epistemologico i modelli utilizzati nelle varie fasi, pur nella loro diversità e specificità, poggiano le loro fondamenta teoriche nel pensiero sistemico453. Dal punto di vista metodologico le verifiche empiriche sono state compiute utilizzando uno specifico modello454 d’analisi collegato ai concetti teorici assunti a riferimento. In questa prospettiva per ogni fase si è provveduto a: Studio della letteratura di riferimento; Predisposizione di un modello o schema d’analisi; Identificazione dei casi oggetto di studio; Analisi empirica e raccolta dei dati; Analisi dei risultati conseguiti e implicazioni manageriali;Verifica della validità del modello e della matrice concettuale. Fig. 9.1 – Metodologia utilizzata 453 “Un sistema, come tale, non esiste nella realtà. Esso è frutto di un operazione cognitiva che un osservatore compie distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un significato proprio. … non è possibile giungere ad una conoscenza oggettiva e completa, ma solo ad una conoscenza soggettiva e approssimata. In molti percorsi di conoscenza ciò che conta per lo studioso non è tanto cogliere la realtà nella sua oggettiva interezza, quanto piuttosto assicurarsi che la prospettiva di indagine assunta e le relative osservazioni siano coerenti con le premesse logiche e con le finalità della ricerca.” Golinelli [2000, p.75-76]. 454 “Il modello è un’immagine semplificata di una parte della realtà in cui vengono isolate le variabili ritenute scarsamente influenti sul fenomeno stesso e vengono rappresentate solo quelle ritenute più significative per l’influenza sullo stesso, mediante un costrutto logico-formale che esprima le relazioni significative.” Golinelli [2000, p.22]. Sul ruolo delle teorie e dei modelli nei processi di ricerca cfr, fra gli altri, Khun [1969] e Maggi [2003]. 238 Esperienze, Marketing e Territorio Predisposizione di un modello o schema d’analisi Identificazione dei casi dei casi oggetto di studio Studio della letteratura di riferimento Analisi empirica e raccolta dei dati Verifica della validità del modello e della matrice concettuale Analisi dei risultati conseguiti e implicazioni manageriali Fonte: nostra elaborazione Le ricerche empiriche sono accomunate dall’utilizzo di tecniche qualitative quali l’intervista qualitativa455, l’osservazione partecipante456, l’osservazione dissimulata, e l’analisi dei documenti457 pubblici dei sistemi osservati458[Corbetta, 1999]. Fig. 9.2 – Lo sviluppo del lavoro di ricerca Fase 1 (2000-2001) Fase 2A (20022004) Fase 2B (20022004) Fase 3 (2004-2005) Prodotto turistico globale; Impresa di servizi turistici; Marketing dei servizi; Esperienza turistica; Sistemi territoriali vitali; Approccio Sistemico Vitale e Marketing Territoriale; Esperienza turistica; Sistemi viventi (complessi dinamici) Economia dell’esperienza, Approccio Sistemico Vitale, Modello teatrale Caso Studio: Castello di Montegridolfo Centro Storico di Fano, Fossombrone, Urbino. Pubblicazione dei risultati Forlani [2001] Pencarelli e Forlani [2002], Pencarelli e Forlani [2003b], Forlani [2003] Esperienza turistica; Sistemi territoriali vitali; Economia dell’esperienza e Approccio Sistemico Vitale Distretto turistico di Rimini; STL Urbino e il Montefeltro, Altamarina, MarcaBella. Pencarelli e Forlani [2005] Concetti chiave Approccio manageriale 455 Rilettura e approfondimento dei S.T.L.; Analisi di alcuni Sistemi Portuali a vocazione turistica. “L’intervista può essere definita come una conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione ed un numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo; essa è guidata dall’intervistatore, sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione.” Corbetta [1999]. 456 “L’osservazione partecipante è una tecnica di ricerca mediante la quale il ricercatore entra direttamente e per un periodo di tempo relativamente lungo in un determinato gruppo sociale preso nel suo ambiente naturale, e stabilisce relazioni di interazione personale con i suoi membri, al fine di osservare le loro azioni e capire le loro motivazioni attraverso un processo di immedesimazione. (…) Nell’osservazione partecipante il ricercatore può dichiarare apertamente fin dall’inizio i suoi veri obiettivi, e cioè che vuole entrare nel gruppo non perché ne condivida gli obiettivi ma solo per studiarlo (osservazione palese); oppure si può infiltrare nel gruppo fingendo di unirsi ad esso e di essere un membro come gli altri (osservazione dissimulata) ” Corbetta [1999]. 457 “Si intende per documento qualsiasi materiale che fornisce informazioni su un dato fenomeno sociale e che esiste indipendentemente dall’intervento del ricercatore.” Corbetta [1999]. 458 “Tre azioni elementari stanno alla base delle tecniche di ricerca qualitativa: osservare, interrogare e leggere.” Corbetta [1999]. 239 Fabio Forlani Nelle pagine che seguono presenteremo i risultati che stanno emergendo nella terza fase del processo di ricerca. L’obiettivo di questo capitolo è, infatti, cercare di comprendere la validità interpretativa e normativa dei modelli sistemici viventi attraverso l’analisi dei Sistemi Turistici Locali (STL). Tale studio è stato quindi condotto partendo dall’analisi delle esperienze maturate nelle province di Pesaro e Urbino e di Rimini, alla luce della recente riforma legislativa del settore turistico realizzata in Italia459. Lo studio presentato in queste pagine è stato eseguito in due momenti: - In un primo momento si è utilizzato il modello d’analisi proposto in Pencarelli e Forlani, [2003a, p.152-159], i risultati di tale lavoro sono stati pubblicati in Pencarelli e Forlani [2005]; - In un secondo momento, si sono reinterpretati i dati utilizzando la logica dei sistemi viventi incorporata nel modello del sistema d’offerta turistica territoriale [vds cap.8]. I risultati presentati in questo lavoro sono il frutto di tale fase460. Il modello del SOTT [§8.4], utilizzato per studiare i STL, poggia le sua fondamenta teoriche nel pensiero sistemico, assume come matrice concettuale di riferimento per lo studio delle organizzazioni imprenditoriali l’impostazione sistemico vitale461 proposta da Golinelli [2000] e adotta il marketing come filosofia gestionale [Cozzi e Ferrero, 2000, p.7; Collesei, 2000, p.6]. Partendo da tale prospettiva di osservazione si è cercato di analizzare il divenire sistemico dei sistemi turistici territorialmente delimitati adottando il punto di vista dell’organo di governo (OdG). I dati empirici sono stati ricavati da fonti pubbliche, dall’analisi di progetti e studi di fattibilità dei STL, dall’analisi del materiale promo-pubblicitario (cartaceo e on-line) e da interviste dirette rivolte ai responsabili dei STL nel periodo Gennaio-Marzo 2003 e Gennaio-Febbraio 2004. 9.2 La legislazione di riferimento della regione Marche462 Per quanto attiene ai profili normativi va preliminarmente ricordato che l’istituzione dei STL deriva dal varo della Legge 29 marzo 2001, n. 135 "Riforma della legislazione nazionale del turismo", che delinea un nuovo sistema di competenze fondato sulla collaborazione necessaria tra il livello istituzionale centrale e quello regionale di governo (multilivel governance) del territorio. L'obiettivo primario della legge è porre in essere una serie di principi fondamentali volti a definire gli strumenti della politica del turismo. Dal punto di vista del destination management, il fulcro della legge è l’art. 5, che introduce e qualifica i STL come segue: “Si definiscono sistemi turistici locali i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di 459 Vedasi § 2. In altre arole, il presente lavoro è una rivisitazione nell’ottica dei sistemi viventi dello studio sui STL di Pesaro e Urbino da noi pubblicato in Pencarelli e Forlani [2005]. 461 In base all’approccio sistemico vitale (ASV) un sistema per essere vitale ed avere la possibilità di sopravvivere in un particolare ambiente, deve comporsi di un organo di governo (organo decisore) e di una struttura operativa (organo esecutore), deve avere una finalità chiara e condivisa, deve essere in grado di connettersi in modo consonante e se necessario risonante con l’ambiente circostante (ambiente mercato, ambiente politico, ecc.). Nel modello sistemico vitale si ipotizza, in definitiva, che l’efficacia sistemica dipenda dalla capacità dell’organo di governo di assicurare al sistema una guida sicura nella sua dinamica evolutiva e di garantire la necessaria integrazione dei subsistemi in esso operanti. 462 Già pubblicato in Pencarelli e Forlani [2005]. 460 240 Esperienze, Marketing e Territorio imprese turistiche singole o associate” (art. 5, 1°comma); “Gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell’offerta turistica, nonché con i soggetti pubblici e privati interessati” (art.5, 2° comma); “Nell’ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l’integrazione tra le politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, [...] a riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente articolo.” (art.5, 3° comma). In base alla legge 135/2001, i STL nascono quindi dal basso, per iniziativa degli enti locali territoriali e delle imprese e vengono riconosciuti dalla regione, ente con potestà legislativa in materia463. Comuni, imprese e comunità locale devono lavorare insieme per migliorare la qualità delle infrastrutture, dei servizi e dei prodotti turistici, fare promozione e accoglienza sviluppando la funzione ospitale del luogo. La Giunta marchigiana, anticipando provvedimenti e scelte di altre regioni italiane, ha adottato il 19 marzo 2002 la delibera n. 578 recante per oggetto le linee d’indirizzo per la costituzione e il riconoscimento dei STL, i quali vengono così inseriti nello schema più generale della legge Regionale n.53/1997 (Ordinamento dell’organizzazione turistica delle Marche). Con il nuovo quadro normativo la regione Marche individua l’intero territorio come turisticamente rilevante (alla cui valorizzazione provvede l’Azienda di Promozione Turistica Regionale) e riconosce i sistemi turistici locali quali “Strumenti di integrazione tra pubblico e privato, per lo sviluppo e la valorizzazione coordinata del complesso delle risorse locali” (Del. G.R. n.578/2002). La Regione Marche ha da un lato assecondato l’emersione dal basso dei vari STL, ma ha dall’altro vincolato il riconoscimento degli stessi alla presenza di alcuni requisiti di significatività464. La Regione consente poi ai vari STL, sulla base della 463 L’iter della riforma del turismo è terminato con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano riunitasi il 14 febbraio 2002 che, sentite le associazioni di categoria degli operatori turistici e dei consumatori, ha trovato un accordo sullo schema riguardante i “Principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”. L’entrata in vigore del decreto ha determinato anzitutto l’abrogazione della legge quadro 217/1983, come espressamente previsto dall’art. 11, comma 6, della Legge 135/2001. Nel decreto sono sanciti i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, al fine di assicurare l’unitarietà del comparto, la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, nonché degli operatori e dei lavoratori del settore. Nel corso del processo di applicazione della 135/2001 si è inserita la riforma del Titolo V Parte seconda della Costituzione che ha ridefinito i rapporti Stato-Regione. In base a tale riforma (art.118) si attribuisce una potestà regolamentare generale alle Regioni, escludendo esplicitamente soltanto quelle materie in cui vi è una potestà legislativa esclusiva dello Stato e attribuisce al Comune la titolarità principale dell’esercizio delle funzioni amministrative. Da ciò deriva la possibilità per le Regioni di ridisciplinare completamente e autonomamente il settore turistico, senza incontrare vincoli nelle disposizioni della Legge n. 135 del 2001. 464 In particolare la delibera G.R. n.578/2002 stabilisce quanto segue: • Gli enti a cui compete la promozione del sistema turistico sono: gli enti locali, gli enti funzionali, le associazioni di categoria di operatori turistici e tutti i soggetti, pubblici o privati, interessati allo sviluppo turistico dell’area. • Affinché la Regione possa riconoscere un sistema turistico locale è necessario che questo presenti una serie di caratteristiche: a) significatività turistica dell’area territoriale coinvolta (dimensioni territoriali, tipologia di prodotto, omogeneità, integrazione); b) presenza di un “sistema di rete” tra soggetti pubblici e privati (presenza nello stesso di Comuni, Province, Comunità Montane e di associazioni di operatori turistici rappresentative di strutture ricettive che sviluppano presenze ufficialmente registrate, con il principio di esclusività dell'appartenenza al Sistema per i Comuni); c) presenza (o possibilità di sviluppo) di più tipologie d’offerta (mare, montagna, città d’arte, turismo d’affari, sportivo, enogastronomia, termale, religioso); d) dimensione dei flussi turistici verso l’area interessata, imprese turistiche esistenti, offerta ricettiva (numero minimo di 1.500 posti letto), risorse turistiche esistenti e opportunità culturali ricreative; • L’obiettivo di un sistema turistico deve essere l’individuazione di un bacino d’offerta che comprende aspetti omogenei d’attrazione, in termini di beni ambientali, culturali e produzioni tipiche. Esso deve diventare uno strumento funzionale, capace di sviluppare politiche di prodotto e di gestione utili allo sviluppo turistico di un’intera area e non più di un singolo prodotto. Per raggiungere tale scopo, i soggetti promotori definiscono autonomamente le modalità di funzionamento del sistema, utilizzando tutti gli strumenti della concertazione. Le modalità di funzionamento dovranno però assicurare alcune attività: un rapporto con gli enti pubblici e con il territorio del sistema; la definizione e l’uso del 241 Fabio Forlani presentazione di progetti di sviluppo rivolti alla valorizzazione ed allo sviluppo del prodotto turistico, di accedere a fondi regionali appositamente stanziati. Fig. 9.3 – I sistemi turistici locali della Regione Marche Il 25 ottobre 2002 è stato ufficialmente riconosciuto dalla regione Marche il primo STL, denominato "Misa Esino Frasassi”. Attualmente i Sistemi Turistici Locali marchigiani sono 10: “Misa Esino Frasassi”, “Riviera del Conero”, “Altamarina”, “Piceno Maremonti”, “Urbino e il Montefeltro”, “Il Mare Adriatico delle Grandi Firme”, “Terre dell’infinito”, “Monti Sibillini Terre di Parchi e di incanti”, “Marcabella Natura vestita di storia”, “Marca Fermana: dal mare ai monti azzurri”. 9.3 Il S.T.L. “Urbino e il Montefeltro” 9.3.1 Il territorio di riferimento (La struttura) Il STL “Urbino e il Montefeltro” coinvolge 35 Comuni localizzati nel territorio delle Comunità Montane Alta Val Marecchia, Montefeltro, Alto e Medio Metauro e Catria e Nerone, oltre il Comune di Fossombrone465. L'area di riferimento è parte del territorio marchigiano racchiuso dai confini di 3 regioni (Emilia Romagna, Toscana e Umbria), ai piedi dell’Appennino e dista 30 km dal mare Adriatico. Il STL ha una storia ed una ricchezza paesaggistica che lo rende un caso d’eccellenza nel panorama italiano, ha un'estensione di marchio; le comunicazione interne ed esterne; la valorizzazione del prodotto turistico in raccordo con le leggi di settore e la programmazione regionale. I STL sono stati inseriti nel Piano Triennale di Promozione Turismo Regionale 2002/2004 con un ruolo primario all’interno della nuova cultura del prodotto turistico. 465 http://www.cm-urbania.ps.it/Progetti/STL.htm; 242 Esperienze, Marketing e Territorio circa 1900 kmq e rappresenta il 66% dell'intera provincia di Pesaro e Urbino. Quasi un terzo dei comuni che ne fanno parte appartengono all'area montana ricoprendo un’area pari a circa il 47% della superficie totale del sistema, il resto del territorio è prevalentemente collinare. La popolazione residente nel territorio del STL è di circa 105.000 abitanti. 9.3.2 I soggetti costituenti e loro organizzazione (Lo schema di organizzazione) Il Sistema è stato riconosciuto dalla regione Marche con il Decreto del Dirigente del Servizio Turismo e Attività Ricettive n. 457 del 30/12/2002. I soggetti costituenti (gli attori) rappresentano sia le istituzioni pubbliche sia la sfera imprenditoriale privata che opera nel settore turistico: - Attori pubblici: le comunità montane Alta Val Marecchia, Alto e Medio Metauro, Catria e Nerone, Montefeltro, i Comuni (Urbino, Fossombrone) per un totale di 35 comuni della provincia di Pesaro e Urbino. Nell'ambito di competenza delle quattro comunità montane non hanno aderito al sistema i comuni di San Leo e Montegrimano. Ha aderito in un secondo momento l’Ente Parco del Sasso Simone Simoncello. - Attori privati: i consorzi operanti nel settore turistico e delle produzioni tipiche delle varie zone del sistema (consorzio Montefeltro, Consorzio operatori turistici del Catria e Nerone, Consorzio operatori turistici Alta Val Metauro, Consorzio degli operatori del Montefeltro ed Alta Val Marecchia, società consortile a r. l. "Montefeltro Leader"). Hanno aderito in un secondo momento le associazioni di categoria: Confesercenti della provincia PU, C.N.A. (Confederazione Nazionale Artigiani), Confartigianato, C.I.A. (Confederazione Italiana Agricoltori), Federazione Provinciale Coltivatori Diretti, Unione Provinciale Agricoltori, Legacoop. Dal punto di vista organizzativo, la scelta degli enti e dei soggetti aderenti al sistema è quella di non dar vita ad ulteriori organismi di gestione, ma di avvalersi degli strumenti della concertazione nonché di idonee “intese” per la realizzazione e lo sviluppo del STL. Il STL, per favorire la concertazione delle azioni da attivare, per raccordare le potenzialità del territorio e per promuovere le iniziative di interesse comune, ha deciso di utilizzare i seguenti strumenti466 di relazione ed integrazione fra i soggetti facenti parte del sistema: a) Il Comitato d’Intesa del STL è l’organismo istituzionale di indirizzo costituito da: Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino, Presidente della Camera di Commercio di Pesaro e Urbino, Presidenti delle 4 comunità montane, Presidente della società Montefeltro Leader, Presidente del Consorzio “Turistico Montefeltro”, Sindaci o loro delegati dei 466 http://www.cm-urbania.ps.it/Progetti/lineeguida_stl/Reg_STL_def.pdf; 243 Fabio Forlani comuni di Urbino e Fossombrone, Presidente del parco del Sasso Simone Simoncello, Rappresentanti designati dalle Associazioni di categoria aderenti al STL. Il comitato d'intesa ha i compiti di delineare gli obiettivi strategici del piano di sviluppo turistico, di indicare gli indirizzi di intervento e di garantire che vi sia rispondenza tra gli obiettivi, i contenuti, i programmi e le azioni che vengono intraprese tenendo presenti gli interessi generali dei territori di cui gli Enti Locali sono espressione. b) L’organizzazione di una “Cabina di Regia” del STL quale organismo di concertazione dei soggetti aderenti o partecipanti sistema con la funzione di garantire la possibilità di proposta a tutti gli attori territoriali del sistema, siano essi enti locali, enti funzionali, associazioni di categoria di operatori turistici, soggetti pubblici o privati interessati allo sviluppo turistico dell'area. Essa ha quindi il compito di assicurare un processo di partecipazione, di animazione e di concertazione territoriale per costruire un progetto di sviluppo partecipato fondato sulle scelte degli attori locali, parti sociali ed enti locali, individuando linee di intervento che rappresentino e rispettino le vocazioni e le potenzialità endogene del territorio. c) Identificazione del "Consorzio Turistico Montefeltro"467 già costituito ed operante con sede in Urbino, quale organismo di gestione avente i seguenti compiti: - Gestione del Sistema turistico locale con compiti specifici di assistenza tecnica per la realizzazione del Piano di Sviluppo Turistico del STL. - Referente organizzativo nei confronti del parternariato locale e referente operativo nei confronti della Regione Marche. - Soggetto gestore dei progetti, delle attività, dei servizi, dei pacchetti turistici e delle risorse finanziarie acquisite per lo sviluppo delle attività turistiche nell'intera area del Sistema turistico. Il “Consorzio Turistico Montefeltro” identifica, in qualche misura, il soggetto di governo del sistema, organo al quale viene affidata la gestione delle politiche di marketing (specie promozione e comunicazione) del STL. Al fine di realizzare le suddette attività, il consorzio potrà utilizzare sia le quote di finanziamento del fondo di cui all'articolo 6 della legge 135/2001, fino alle risorse finanziarie messe a disposizione dai soggetti aderenti. 9.3.3 Le finalità (La visione strategica) Nelle linee guida del piano di sviluppo turistico468 i soggetti aderenti al Sistema “Urbino e il Montefeltro” si sono impegnati a: - Programmare le linee guida dello sviluppo turistico dell'area, coordinando le strategie e le azioni dei diversi attori territoriali coinvolti; - Sostenere attività e processi di aggregazione e di integrazione tra le imprese turistiche; - Attuare interventi di qualificazione dell'offerta turistica, con particolare riferimento alla valorizzazione dei beni ambientali e culturali, al miglioramento dei servizi, alla valorizzazione dell’artigianato locale e dell’agro-alimentare, alla salvaguardia ambientale e valorizzazione aree protette, al recupero dell’edilizia rurale e dei centri storici minori, alla promozione dei musei partecipati; - Sostenere l'innovazione tecnologica dei centri di informazione e accoglienza ai turisti in rete; - Sostenere la riqualificazione delle imprese turistiche; 467 Il “Consorzio Turistico Montefeltro” dovrebbe rappresentare le associazioni di operatori turistici ed i titolari di strutture ricettive dell'area in quanto realizzato mediante fusione per incorporazione del “Consorzio per la valorizzazione dell’ospitalità territoriale del Montefeltro” (sede a S. Leo), del Consorzio “Terre di Urbino”, (sede ad Urbania), e del “Consorzio operatori turistici Catria e Nerone” (sede a Cagli); quelli appena citati sono organismi misti pubblico-privato, caratterizzati dalla partecipazione diretta, in qualità di soci, sia di operatori turistici, associazioni di categoria, imprese del settore, che di enti pubblici. 468 http://www.cm-urbania.ps.it/Progetti/lineeguida_stl/Reg_STL_def.pdf; 244 Esperienze, Marketing e Territorio - Promuovere il marketing telematico e la relativa commercializzazione dei prodotti turistici tipici; Definire e gestire l'uso del marchio; Facilitare l'accesso alla fruizione dei prodotti del territorio attraverso un'articolata rete di informazioni. 9.3.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche I clienti obbiettivo Dall’analisi dei piani di sviluppo del sistema e del materiale a nostra disposizione469, non emerge una vera e propria progettazione del SIM (sistema informativo di marketing) e non si intravedono al momento chiare scelte di marketing strategico (segmentazione della domanda e posizionamento del sistema). I prodotti esperienze offerti Non si è a conoscenza di ricerche di mercato che portino in luce le esperienze che i turisti vivono nel Montefeltro. Non si sono identificati, inoltre, cataloghi con i prodotti turistici offerti dal sistema; possiamo comunque ricostruire quattro tipologie di prodotti turistici: Arte e cultura, Verde e natura, Enogastronomia470 e Università. Dalle stime fatte [D’Amore, 2004] si può presupporre, ad esempio, che la maggior parte delle presenze turistiche di Urbino siano legate al prodotto Università (studenti, professori, conferenze, ecc.) a cui va aggiunto un elevato numero di escursionisti che transitano nell’area in giornata, senza pernottare. La modalità di svolgimento delle esperienze Il sistema Urbino e il Montefeltro offre prodotti esperienza non strutturati (vacanze fai da te)471. Allo stato attuare si può affermare che il sistema mette a disposizione una serie di servizi che vengono assemblati dal turista finale in base alle sue capacità di costruzione dell’esperienza (capacità di ricerca delle informazioni e di cogliere le opportunità del territorio). Alcune forme di aggregazione dell’offerta in pacchetti strutturati è possibile ritrovarla sul portale www.montefeltro.info all’interno del quale il progetto “Collabora” raccoglie quegli operatori che desiderano proporre e rendere visibile la propria offerta, che può essere successivamente integrata in pacchetti dai gestori del sito internet472. Dal punto di vista del marketing la mancanza di strutturazione dell’offerta influenza anche le altre politiche del mix. L’unica attività per ora iniziata è quella di promozione (partecipazione alla Bit, sito internet, ecc.), mentre non sono state strutturate attività di commercializzazione diretta (tour operator incoming) ne indiretta (accordi con T.O. e/o agenzie di viaggio esterni al sistema) e non sembrano presenti politiche di prezzo a livello di sistema. 9.3.5 L’immagine del sistema turistico Il sistema con la denominazione “Urbino e il Montefeltro” sta cercando di costruire un’identità di marchio (branding) mettendo a punto una serie di iniziative di comunicazione sia di tipo tradizionale sia di tipo telematico. In questo quadro è stato creato il logo “Urbino e il Montefeltro” [www.montefeltro.info] che distingue e caratterizza il STL. 469 D’Amore [2004]; Ciuferri [2004], www.montefeltro.info; www.turismo.marche.it; http://www.cmurbania.ps.it/Progetti/lineeguida_stl/Reg_STL_def.pdf; 470 www.montefeltro.info; 471 Una delle criticità attuali, individuate dal Sistema turistico specie per i comuni minori e dell'interno, è quello della frammentazione e dello scarso coordinamento dell'offerta. 472 Il sistema prevede azioni che, partendo dal principio dell'albergo diffuso, puntano a realizzare prodotti turistici (pacchetti, itinerari e circuiti a tema) al fine di integrare l'offerta dei diversi soggetti economici. Si propongono ad esempio formule di soggiorno legate all'ambiente (percorsi di trekking o mountain bike), iniziative di qualità legate al cibo e alla gastronomia, manifestazioni sparse sul territorio a carattere gastronomico accompagnate da iniziative culturali, l'organizzazione di campi di lavoro estivi legati ai siti archeologici o naturali, alle tecniche di restauro, all'artigianato locale (corsi di ceramica, della pietra, ecc.). 245 Fabio Forlani 9.4 S.T.L. “Altamarina – Spiagge e castelli tra Pesaro e Gabicce mare ” 9.4.1 Il territorio di riferimento (La struttura) Il territorio di riferimento del sistema “Altamarina” è formato da 10 Comuni della provincia di Pesaro e Urbino. La sua estensione è di circa 328 kmq, pari all’11, 3% dei confini territoriali dell’intera provincia. La popolazione residente risulta essere di 126.000 abitanti. Circa i due terzi dei comuni sopra citati sono collinari, mentre i comuni di Pesaro e Gabicce Mare sono confinanti con il mare. 9.4.2 I soggetti costituenti e la loro organizzazione (lo schema di organizzazione) Il Sistema è stato riconosciuto dalla Regione con il Decreto del Dirigente del Servizio Turismo e Attività Ricettive n. 459 del 30 dicembre 2002. Il STL “Altamarina” comprende, tra i suoi attori, soggetti che rappresentano sia le istituzioni sia il mondo imprenditoriale degli operatori del settore turistico: Attori pubblici: I Comuni di Pesaro, Colbordolo, Gabicce Mare, Gradara, Mombaroccio, Monteccicardo, Montegrimano Terme, Montelabbate, Sant’Angelo in Lizzola e Tavullia, l’ente Parco Naturale Monte San Bartolo; Attori privati: le associazioni di categoria ApaHotels (Associazione pesarese albergatori), Associazione Cooperativa Albergatori Gabicce Mare, Assoturismo-Confesercenti Pesaro (Asshotel, Federazione dei ristoratori, Fiba-stabilimenti balneari, Assoviaggi-agenzie di viaggio, Federagit-guide ed interpreti turistici e Assocamping), Confederazione Italiana Agricoltori, Confartigianato, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e Turismo Verde (Associazione agriturismo). Dal punto di vista organizzativo il sistema “Altamarina” ha scelto di operare come un’associazione. Questa forma organizzativa, nella quale non emergono veri e propri soggetti leader con funzioni di programmazione strategica e decisionale, permette di non appesantire troppo, dal punto di vista finanziario, l’esperienza d’integrazione fra i soggetti aderenti. 246 Esperienze, Marketing e Territorio All’interno del sistema, il settore pubblico ha funzioni meramente di coordinamento, mentre spetta ai privati il compito di operare sul territorio. Il sistema “Altamarina” ha redatto un documento interno, relativo alle modalità di funzionamento che prevede i seguenti strumenti di relazione: l’Assemblea e il Comitato Esecutivo. - L’Assemblea è l’organo istituzionale in cui sono rappresentati tutti gli aderenti al sistema ed è composta da un rappresentante per ciascun comune e da un rappresentante per ognuna delle associazioni di categoria del turismo e del commercio. Nell’Assemblea ha luogo la consultazione fra tutti gli enti firmatari, per la definizione di un comune quadro programmatico e di coordinamento delle iniziative e si attua il controllo reciproco circa il rispetto degli obblighi convenzionali. Questo organo ha il compito di approvare: i progetti di promozione, accoglienza e comunicazione da presentare all’Ente Regione per il finanziamento; la relazione finale e la documentazione relativa ai risultati ottenuti, presentati dal Presidente del Comitato Esecutivo; la nomina dei componenti del Comitato Esecutivo; l’adesione di nuovi enti. - Il Comitato Esecutivo si occupa del controllo della fase organizzativa ed esecutiva dei progetti di accoglienza, informazione e promozione, verificandone la conformità con le indicazioni dell’Assemblea. Esso è composto da: l’Assessore al Turismo del Comune di Pesaro che lo presiede o da un suo delegato, il Sindaco del Comune di Gabicce Mare o suo delegato, il Sindaco del Comune di Gradara o suo delegato, il Sindaco di uno dei restanti Comuni del Sistema Turistico “Altamarina” o suo delegato, un rappresentante per ciascuna organizzazione di categoria, salvo nel caso in cui l’organizzazione non sia già rappresentata nel sistema da quella generale cui è affiliata. Il Comitato Esecutivo determina l’ammontare di eventuali risorse integrative che si rendessero necessarie per la realizzazione dei progetti, da far approvare dell’Assemblea. Il Comune di Pesaro è stato riconosciuto, dai soggetti promotori del sistema “Altamarina”, quale referente con l’Ente Regione Marche e amministratore delle risorse finanziarie del sistema stesso. 9.4.3 Le finalità (la visione strategica) L’idea di dar vita al sistema turistico è nata sulla base di un’antica tradizione politicoamministrativa di gestione associata tra i comuni aderenti. Il sistema “Altamarina”, infatti, fa propria l’esperienza della Gestione Associata Servizi Turistici (G.A.S.T.) che era già attiva da diversi anni nel territorio pesarese. Nel sistema turistico “Altamarina” la rete di relazioni tra soggetti pubblici e privati all’interno del sistema, oltre a seguire la normativa nazionale e regionale in materia, nasce principalmente dall’esigenza di confronto e incontro tra operatori turistici e amministrazione locale. L’obiettivo dichiarato è quello di creare un dialogo diretto tra le parti, in modo tale da coordinare le diverse azioni e progetti, dare un’immagine unitaria del territorio e creare sinergie con soggetti economici che possono arricchire l’offerta attraverso i propri servizi, le produzioni tipiche, artigianali, ecc. Il sistema, viste le nuove esigenze di offerta complessiva, si è dato le seguenti linee guida di sviluppo turistico: - Precisazione dell’identità turistica e territoriale, attraverso processi di autocoscienza e riconoscimento collettivo di appartenenza ad un sistema turistico omogeneo; - Realizzazione di un piano di marketing a livello di sistema; - Esaltazione delle vocazioni turistiche e delle offerte locali; - Sviluppo di linee d’offerta fortemente caratterizzate e distintive rispetto alla concorrenza; - Utilizzo di moderne tecniche e metodologie di comunicazione, promozione, informazione e supporto alla commercializzazione; - Azioni rivolte a target group sia in senso geografico, sia in senso tematico; 247 Fabio Forlani - Creazione di un processo di sviluppo turistico “equilibrato” e di mutuo vantaggio tra località e imprese; Collaborazione e coerenza del sistema con le strategie elaborate in ambito regionale. 9.4.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche I clienti obbiettivo Da quanto risulta da alcune interviste ai responsabili del sistema “Altamarina” [Fattori, 2004], il STL ha deciso di rivolgere le sue offerte turistiche soprattutto ad un target di livello medioalto. Secondo i referenti interpellati l’elevato profilo qualitativo al quale il sistema di offerta tende non si coniugherebbe con un turismo di massa, come quello affermatosi in altre realtà vicine, quali la costa romagnola473. In base a tali ipotesi hanno il STL ha deciso di puntare sulle famiglie e su gruppi di visitatori interessati alle attrattive ambientali, storico-culturali ed eno-gastronomiche dell’area. I prodotti esperienze offerti Dall’analisi del materiale promozionale e del sito internet del sistema (www.altamarina.it), possiamo identificare i seguenti prodotti turistici: vacanza balneare, soggiorno termale, agriturismo in collina e turismo congressuale. Sembra emergere la tendenza ad offrire un prodotto di alta qualità che integra una molteplicità di attrattive territoriali suddivise fra mare e prima collina. Più che l’offerta di diverse tipologie di prodotto, affiora il tentativo di offrire una vacanza “multiforme” che integra l’offerta mare, che ha come volano la ricettività dei comuni di Pesaro e Gabicce Mare, con la natura, l’arte e la storia, l’artigianato, l’enogastronomia e gli eventi. Caso a se costituisce il prodotto termale offerto dalle terme di Montegrimano, comune non attiguo territorialmente con il resto del sistema. La modalità di svolgimento delle esperienze Dal materiale promozionale del sistema non si evincono forme di offerta a pacchetto. L’obbiettivo del sistema sembra essere quello di creare un network d’offerta integrato da commercializzare attraverso l’attività individuale delle strutture ricettive, delle agenzie viaggi e dei tour operator aderenti al sistema. Non sembra però emergere la volontà di progettare forme di offerta più strutturate o a “pacchetto” di sistema. Dal punto di vista del marketing, il sistema lascia, quindi, all’operato dei privati le politiche di commercializzazione e le politiche di prezzo e si propone come referente per la promozione del territorio (Progetti “Altamarina: informazione e notorietà” e “Altamarina: promozione e commercializzazione”). 9.4.5 L’immagine del sistema turistico Per quanto riguarda la scelta della denominazione “Altamarina”, i progettisti del sistema hanno cercato di trovare un nome capace di sintetizzare una serie di caratteristiche e suggestioni derivanti dal territorio. Dalle interviste condotte [Fattori, 2004] è emerso che si cercava un nome semplice, facilmente memorizzabile, curioso e in grado di comunicare, di per sé, informazioni sul tipo di prodotto turistico offerto. Il termine “Altamarina” nasce dal fatto che la parte di territorio compresa all’interno del sistema, e in particolare la costa pesarese, si contraddistingue per essere una costa alta (Parco del Monte San Bartolo) bagnata dal mare. Per quanto riguarda la scelta del logo [www.altamarina.it], gli ideatori, hanno creato un simbolo a spirale, rassomigliante ad una chiocciola. Il logo è accompagnato dal nome del sistema e da un ulteriore slogan: “Altamarina: spiagge e castelli tra Pesaro e Gabicce mare”. 473 La contenuta capacità ricettiva, la particolare sensibilità degli abitanti e il background culturale del sistema “Altamarina” non permettono lo sviluppo di modelli di quel genere. 248 Esperienze, Marketing e Territorio 9.5 Il S.T.L. “MarcaBella – Natura Vestita di Storia” 9.5.1 Il territorio di riferimento Il territorio di riferimento del sistema “MarcaBella” si compone di 21 Comuni, alcuni dei quali appartenenti alle Comunità montane del Metauro (con eccezione di Fossombrone), Del Catria e del Nerone, tutti localizzati in provincia di Pesaro e Urbino. La sua estensione complessiva è di circa 775 kmq, rappresentante il 26,7% dell’intera provincia. La popolazione residente nella zona di riferimento del STL è di circa 119.000 abitanti. I comuni sopra citati sono collinari, con l’eccezione di Fano, l’unico comune affacciato sul mare. 9.5.2 I soggetti costituenti e loro organizzazione (lo schema di organizzazione) Il STL “MarcaBella” delle Vallate del Cesano e del Metauro con sede a Fano è stato riconosciuto dalla Regione con il Decreto del Dirigente del Servizio Turismo e Attività Ricettive del 30 dicembre 2002. Il protocollo d’intesa coinvolge i seguenti soggetti: - Attori pubblici: I Comuni di Fano, Barchi, Cartoceto, Fratterosa, Frontone, Isola del Piano, Mondavio, Mondolfo, Montefelcino, Montemaggiore al Metauro, Monteporzio, Orciano di Pesaro, Pergola, Piagge, Saltara, San Costanzo, San Giorgio di Pesaro, San Lorenzo in Campo, Sant’Ippolito, Serra Sant’Abbondio e Serrungarina, la Comunità Montana del 249 Fabio Forlani Catria e del Cesano e la Comunità Montana del Metauro (composta da 12 comuni, di cui 11 hanno aderito mentre Fossombrone fa parte del STL del Montefeltro); - Attori privati: Alberghi Consorziati Fano -Torrette – Marotta, Asshotel Fano e Unioncamping Fano, Unione Provinciale Agricoltori e C.I.A. (Confederazione Italiana Agricoltori), Confesercenti Fano, Associazione Libere Imprese (ALI), C.A.S.A. Artigianato Metaurense, C.N.A. (Ass. Prov.le Artigiani) e Confartigianato, Federpesca e Lega Pesca. Dal punto di vista organizzativo l’inquadramento giuridico di MarcaBella è appunto il Sistema Turistico Locale, che di fatto si traduce in una associazione tra pubblico e privato; il tipo di gestione invece è l’Accordo di programma, il quale dispone di due organi direttivi: - un’Assemblea, composta da tutti i soggetti aderenti e cioè i Comuni, le Associazioni di categoria e le due Comunità Montane; - un Comitato Esecutivo, più snello ma ugualmente rappresentativo composto dai Comuni di Fano, Cartoceto e Mondolfo, dal Rappresentante della Comunità Montana del Metauro, da un rappresentante della Comunità Montana del Catria e del Cesano e dai due rappresentanti delle Associazioni di categoria degli albergatori (con il compito di fare da punto di riferimento per tutte le altre Associazioni di categoria). Il Comune di Fano è il referente unico del STL presso la Regione ed attribuisce al suo delegato la facoltà di prendere decisioni anche autonomamente, sebbene questi due organi, in particolare l’Esecutivo, vengono consultati per garantire il confronto. 9.5.3 Le Finalità (la visione strategica) Il STL ha la finalità di promuovere e valorizzare le proposte turistiche integrate del territorio di competenza. Il sistema turistico locale ha predisposto un piano di marketing territoriale [Omiccioli S., 2004], da cui emerge che “Marcabella” ha lo scopo di fungere da centro di riferimento per la valorizzazione delle risorse già presenti nel territorio. Il S.T.L. MarcaBella mira a:  Organizzare l’offerta del territorio (logistica) collegando in rete tutti gli attori di offerta;  Stimolare le sinergie (equilibrio e coesione sociale);  Intensificare la naturale cultura dell’ospitalità;  Coordinare gli interventi di marketing operativo con particolare attenzione alla gestione della comunicazione e della promozione a livello di STL. L’obiettivo del progetto è il collegamento dei servizi di ricettività e il coordinamento delle attività per l’impiego del tempo libero e degli stimoli culturali, in modo da ottenere effetti sinergici e caratterizzare il territorio con un’identità turistica dominante da usare sia come attrazione (ambientale e paesaggistica), sia come garanzia di tutela (collaborare per essere più competitivi e per meglio difendersi sul mercato). 9.5.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche I clienti obbiettivo Dalla consultazione dei piano di marketing emerge che l’offerta turistica del sistema è rivolta sia ai turisti indipendenti, in particolare a quelli che svolgono attività di pesca – turismo e di turismo didattico, sia ai Tour Operators che sono interessati ad una politica di fly & drive, hanno un traffico verso l’Italia ed hanno la possibilità di convogliare flussi turistici nell’area non solo in estate. Viene presa in considerazione il possibile coinvolgimento delle agenzie di noleggio e del circuito delle carte di credito. I prodotti esperienze offerti Al momento della ricerca sono emerse le classiche tipologie di vacanza delle località balneari, mentre non si sono riscontrate proposte vacanza organiche a livello di sistema. Fra le esperienze da valorizzare vanno, invece, segnalate la pescaturismo, le manifestazioni fieristiche ed enogastronomiche ed il turismo ambientale [www.marcabella.it]. La modalità di svolgimento delle esperienze 250 Esperienze, Marketing e Territorio L’offerta turistica, prevista nel piano di marketing del sistema, ma fino a questo momento non erogata, consiste nella formulazione di pacchetti che offrono la possibilità di scegliere tra diverse tipologie di soggiorno (un giorno, un week-end, una settimana) grazie alla sincronizzazione dei prezzi e della logistica (Operazione accoglienza e Segnaletica innovativa) delle diverse strutture che compongono l’offerta. L’obbiettivo è mettere a punto una struttura di vacanza network, dove il cliente può scegliere e modulare il suo pacchetto in base ad una serie di proposte preconfezionate. Dal punto di vista del marketing va segnalato che, in base ai programmi, “Marcabella” dovrebbe diventare anche il soggetto che commercializza i pacchetti474 ed a cui fa capo la promozione e la valorizzazione del sistema e dovrebbe, inoltre, poter agire in qualche modo anche sulla variabile prezzi. Proposte interessanti sono anche la formazione di nuove figure professionali quali il Promoter Turistico e la redazione di un modulo professionale da seguire nell’organizzazione di sagre e fiere. 9.5.5 L’Immagine del sistema turistico Il STL MarcaBella non ha intrapreso, fino a questo momento, delle significative iniziative per promuovere l’immagine del sistema. E’ stato previsto, comunque, uno studio di comunicazione in grado di solidificare ed evidenziare la qualità, la genuinità, il valore intrinseco, la cultura e le tradizioni cui sono legate le pratiche turistiche del luogo. Lo studio dovrà concepire non solo il nome e il logo del sistema, ma anche una targa da inserire nelle varie strutture turistiche, ideare messaggi pubblicitari convincenti, progettare la grafica e l’impaginazione della campagna pubblicitaria e garantirne l’omogeneità e la coerenza. 9.6 La legislazione di riferimento della Regione Emilia-Romagna La nuova Legge regionale n. 7 del 4.3.1998 sul turismo475 regolamenta il settore turistico della regione Emilia-Romagna per quanto riguarda: la promozione e la commercializzazione turistica, i servizi di informazione al turista, l’organizzazione turistica in generale. Tale legge ridefinisce l’assetto istituzionale per lo svolgimento delle funzioni amministrative in materia di turismo individuando e precisando sia i compiti svolti direttamente dalla 474 MarcaBella deve apparire agli operatori del settore come una concreta struttura di commercializzazione, una sorta di rappresentante super-partes capace di negoziare condizioni più vantaggiose presso le carte di credito, le agenzie di noleggio, i T.O. e di garantire l’equilibrio del territorio. Questa politica rappresenta inoltre una strategia di destagionalizzazione e favorisce lo sviluppo di un’efficace ed efficiente logistica d’accoglienza. 475 Regione Emilia Romagna, B.U.R. n. 34 del 6.3.1998. HTTP://WWW.REGIONE.EMILIA-ROMAGNA.IT/ASS_TURISMO/LR_7_1998.HTM 251 Fabio Forlani Regione sia quelli svolti dagli enti locali: Province, Comuni e loro organismi associativi e organizzativi: • alla Regione vengono riservati i compiti primari attinenti alle attività normative, di programmazione e di indirizzo. • alle Province è riconosciuto il ruolo di ente intermedio di programmazione e di coordinamento delle attività promozionali svolte nel territorio di competenza. Esercitano attività gestionali definite da singole leggi regionali per la promozione e la incentivazione delle iniziative, e attività amministrative relativamente alle Agenzie di viaggio e le professioni turistiche. In particolare: - attività di coordinamento ed amministrative relative al Programma Turistico di Promozione Locale comprendente i servizi di informazione di base dei Comuni e le attività o manifestazioni di accoglienza ed intrattenimento; - istituzione e tenuta di elenchi provinciali concernenti le abilitazioni all’esercizio delle professioni turistiche; - comunicazione dei prezzi e delle tariffe dei servizi e delle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere; - sviluppo e coordinamento e gestione del servizio statistico provinciale, in collaborazione con i Comuni, nell’ambito del sistema statistico regionale; - Agenzie di Viaggio e Turismo; - gestione degli interventi per la incentivazione dell’offerta turistica e del relativo vincolo di destinazione (L.R. 3/1993); • ai Comuni, titolari primari della valorizzazione dell’economia turistica del proprio territorio, viene riconosciuto il ruolo di soggetti attivi per le attività turistiche e primi destinatari dei finanziamenti regionali sia in materia di incentivazione strutturale che in materia di promozione turistica locale. Compete ai Comuni l’esercizio delle funzioni amministrative relative a: - strutture ricettive (L. n. 217/1983); - attività professionali (L. n. 217/1983); - attività relative all’incentivazione (L.R. 3/1993); - comunicazione dei prezzi (L. n. 284/1991)attività in materia di demanio marittimo. Nuovi principi e nuove metodologie decisionali introdotti con la Legge regionale n. 7/1998: • principio della concertazione quale sistema per rendere effettiva la collaborazione fra pubblico e privato (Comitato di Concertazione dell’Agenzia Regionale per il Turismo); • principio della stretta connessione delle iniziative promozionali attuate, con il prodotto che viene commercializzato; • principio del cofinanziamento. Gli interventi regionali sono rivolti a favorire i soggetti pubblici e privati che abbiano già deciso di investire proprie risorse per lo sviluppo del territorio (soggetti pubblici) e per lo sviluppo delle proprie attività di commercializzazione (imprese private), attraverso una rigorosa selezione qualitativa dei progetti e con la verifica che rientrino in un quadro complessivo di programmazione e concertazione; • principio del premiare la capacità di aggregazione e di cooperazione fra le imprese turistiche private; • creazione di un sistema turistico integrato fra pubblico e privato superando la logica della distribuzione delle risorse su base territoriale, geografica o amministrativa ma ponendo al centro dell’intervento regionale il prodotto turistico; • creazione della rete integrata prevista per lo sviluppo del nuovo sistema informativo turistico regionale; 252 Esperienze, Marketing e Territorio Nuovi soggetti istituiti dalla L.R. 7/1998 : • Agenzia Regionale per il Turismo. E’ l’organo rappresentativo del sistema turistico regionale: si compone di rappresentanti della Regione, degli enti locali e del sistema dell’imprenditoria turistica regionale e delle Camere di commercio. Il suo Comitato di Concertazione è il luogo di elaborazione e di concertazione delle linee strategiche e programmatiche per lo sviluppo delle attività di promozione e di commercializzazione turistica; • Apt Servizi S.R.L. E’ lo strumento tecnico - scientifico della Regione per l’attuazione delle strategie regionali in materia di promozione turistica e per la gestione delle risorse destinate dalla Regione; provvede alla realizzazione del Piano Annuale delle azioni di carattere generale relative alla promozione istituzionale. Sono soci dell’APT Servizi Srl la Regione Emilia Romagna e Unioncamere che investe risorse proprie nella promozione; • Unioni di prodotto: Sono aggregazioni di soggetti istituzionali ed economici (pubblici e privati) che operano sul mercato turistico quali gli enti locali, le Camere di Commercio, le società e gli organismi operativi locali e regionali, i club di prodotto, le cooperative, le imprese turistiche aggregate anche temporaneamente, le Società d’area. Possono essere definiti organismi autoorganizzati, associazioni con compresenza di soci pubblici e privati che concertano progetti di promozione - gestiti dalla parte pubblica - e favoriscono l’integrazione dei progetti di commercializzazione - gestiti dalle imprese private aderenti all’Unione - con la promozione. Rappresentano i quattro prodotti strategici del turismo regionale (individuati dalla L.R. 7/1998): COSTA, APPENNINO, TERME, CITTA’ D’ARTE/CULTURA/AFFARI. Tipologia degli interventi ammessi a contributo. • Progetti di promozione turistica. • Beneficiari dei contributi - Unioni di Prodotto; - Privati aderenti alle Unioni di Prodotto; - Province; - Comuni. Le Unioni di Prodotto La caratteristica più importante delle Unioni di Prodotto è quella di essere un punto di contatto fra promozione turistica pubblica e commercializzazione privata. Ciascuna Unione appare come una fitta rete in cui si intrecciano Enti locali, Camere di Commercio, società e organismi operativi locali e regionali, "club di prodotto", cooperative, imprese turistiche e società d'area. Lo scopo principale delle Unioni di Prodotto è quello di realizzare, con i loro programmi annuali di promozione, progetti mirati allo sviluppo di ciascun comparto turistico. E unioni di prodotto dell’Emilia Romagna sono 4: - Unione di Prodotto Costa Adriatica - Unione di Prodotto Appennino e Verde - Unione di Prodotto delle Città d'arte, Cultura e Affari - Unione di Prodotto Terme, Salute e Benessere Alle Unioni aderiscono anche i Club di Prodotto. Sono circa 200 e confezionano pacchetti vacanza legati alle diverse motivazioni turistiche: dall'arte alla gastronomia, dalla vacanza attiva al divertimento - che rendono l'Emilia Romagna la terra per eccellenza dell'ospitalità. 253 Fabio Forlani Le Unioni, secondo la legge 7/98, non sono nuovi Enti per il turismo con funzioni onnicomprensive nell'area di prodotto di riferimento; non si tratta quindi di nuove APT per prodotto. Le Unioni entrano, invece, in un sistema per la promozione turistica già strutturato, che si articola nell'Agenzia Regionale per il turismo, con il compito di proporre indirizzi per il sistema promozionale regionale (Piano Annuale di Promozione), nell'APT Servizi, struttura dotata di mezzi, risorse e professionalità a servizio e a sostegno dell'intero sistema di promozione regionale. Vi sono inoltre gli Enti Locali (Comuni e Province) a cui è affidata la promozione turistica locale, e gli operatori turistici (Club di Prodotto), ai quali compete la commercializzazione. In questo sistema si collocano le Unioni di Prodotto con lo scopo di ricercare e attuare l'incontro fra promozione istituzionale e la promocommercializzazione privata. In definitiva alle Unioni di Prodotto compete di mettere a punto i programmi ed i progetti di affiancamento agli operatori privati, per favorirne l'intervento nel mercato, quando si tratta di programmi a scala di prodotto o di parti significative dello stesso. Quindi, nel mettere a punto i programmi, l'Unione di Prodotto Costa non dovrà intervenire su tutto quanto è riconducibile alla promozione turistica, ma ad un suo ambito più specifico, ben sapendo di far parte di un più ampio "sistema". 9.7 Il distretto-sistema turistico della Provincia di Rimini476 9.7.1 Il territorio di riferimento La struttura del sistema turistico riminese. La provincia di Rimini comprende i seguenti comuni: Bellaria-Igea Marina, Cattolica, Coriano, Gemmano, Misano Adriatico, Mondaino, Montecolombo, Montefiore Conca, Montegridolfo, Montescudo, Morciano di Romagna, Poggio Berni, Riccione, Rimini, Saludecio, San Clemente, San Giovanni in Marignano, Santarcangelo di Romagna, Torriana, Verucchio. I comuni balneari sono Bellaria-Igea Marina, Cattolica, Misano Adriatico, Riccione e Rimini costituiscono il cuore dell’offerta turistica tradizionale riminese: il turismo balneare estivo. L'entroterra riminese, corrispondente al cuore degli antichi possedimenti malatestiani, è il territorio della Signoria dei Malatesta477, suddiviso in quindici comuni: Santarcangelo di R., Verucchio, Poggio Berni, Torriana/Montebello, compresi nella Valle del Marecchia; Coriano, San Clemente, S.Giovanni in Marignano, Morciano di R., Montefiore C., Gemmano, Saludecio, Mondaino, Montegridolfo, Montescudo, Montecolombo, compresi nella Valle del Conca. 476 I dati empirici sono stati ricavati dall’analisi di piani turistici e dai documenti di programmazione turistica della Provincia di Rimini, dall’analisi del materiale promo-pubblicitario (cartaceo e on-line) e da interviste dirette rivolte ai responsabili dei STL nel periodo Gennaio-Marzo 2003. 477 Questo territorio costituisce un ricco patrimonio di arte e cultura e rientra nel progetto di valorizzazione dell'entroterra riminese promosso dall'Assessorato al turismo, che ha già visto la creazione di un marchio (la Rosa Malatestiana) accompagnato dal pay-off "La dolce vita delle colline riminese". Cfr www.signoriadeimalatesta.it 254 Esperienze, Marketing e Territorio Le funzioni d'uso delle diverse località del distretto turistico riminese (per il turismo leisure) possono essere così definite: Fig. 9.4 – Funzioni d’uso delle località del distretto turistico di Rimini Fonte: Provincia di Rimini La provincia di Rimini è sempre stata un grande bacino di offerta turistica. L'importanza del turismo nell'economia del territorio è tale da influenzare pesantemente i valori della produzione e della ricchezza di questa provincia. Come ha evidenziato nel 2003 Gottifredi478 “Il libro bianco del turismo del 1998, pubblicato dal Centro Studi del TCI, ha segnalato due sole province in Italia con un altissimo indice di turisticità: Bolzano [indice 778] e Rimini [indice 774]. Per un confronto relativo si tenga conto che la terza provincia in graduatoria, Venezia ha un indice 455 e Firenze, decima, ha un indice 338.” 9.7.2 I soggetti costituenti e loro organizzazione (lo schema organizzativo) Valutando la capacità ricettiva in relazione alla distribuzione territoriale dei flussi turistici si può notare che il 99,3 % degli arrivi e il 99,7% delle presenze dell'intero complesso dei flussi turistici diretti sulla provincia di Rimini si concentrano nei cinque comuni della costa. Più in dettaglio si può constatare che la massa di flussi turistici diretti verso la Riviera riminese si 478 Assessore al Turismo della Provincia di Rimini 1999-2004. 255 Fabio Forlani distribuisce con diversa intensità nei vari comuni: nel capoluogo si concentrano circa la metà delle presenze complessive (48%) registrate in tutti gli esercizi ricettivi della provincia, mentre nei restanti comuni, le presenze turistiche si distribuiscono con percentuali notevolmente inferiori: Riccione 21%, Cattolica 12%, Bellaria-Igea Marina 14%, Misano Adriatico 5%, Altri Comuni 0,3%. Fig. 9.5 - La capacità ricettiva nei diversi comuni della Provincia di Rimini479 Fonte: Provincia di Rimini Nella Provincia di Rimini è stato costituito ad hoc un organo di governo della destination, l’Agenzia per il Marketing di Distretto a cui è affidato il compito di coordinamento e valorizzazione territoriale.480 Questa come strumento a supporto dell’intero sistema turistico opera con un'ottica sovracomunale integrata, valorizzando e promuovendo il territorio ed i diversi prodotti delle realtà costiere e dell'entroterra riminese. Le modalità di lavoro dell'Agenzia coinvolgono il territorio e le imprese, in modo integrato con l'impianto organizzativo del turismo previsto dalla Regione Emilia Romagna481. 479 I dati si riferiscono al 2002. A titolo comparativo si evidenzia che nel 2004 le strutture ricettive con caratteristiche d’impresa sono risultate: 2351 alberghi, 93 Residenze Turistico alberghiere, 14 campeggi, 43 bed & breakfast, 29 agriturismo, 80 case per vacanze, 72 gestioni imprenditoriali di appartamenti. 480 “Il percorso dell’Agenzia prefigura un futuro assetto di Sistema Turistico Locale e risponde a quell’esigenza della legge quadro (135/2001, ndr) di “partire dal basso” nel proporre il distretto. Le regioni, infatti, “riconoscono” il Sistema Turistico Locale e non lo creano. Il percorso avviato in Provincia di Rimini tende a verificare le condizioni di partecipazione, pubblica e privata, all’idea di distretto riminese portatrice di una comune identità, di identiche problematiche sulla qualificazione del prodotto, sulla comunicazione. (…) Io credo che le innovazioni previste dalla legge quadro siano comunque rilevanti nel contesto di un turismo che deve sempre più proporre l’identià del territorio come fattore di competizione e che rappresenti una opportunità piuttosto che un problema. Credo anche che l’idea di Sistema Turistico Locale possa validamente mettere in campo la risorsa territoriale, la destinazione se vogliamo, integrandola in un contesto fortemente orientato a favorire la commercializzazione del prodotto realizzando con ciò l’idea che “non esiste prodotto senza destinazione e destinazione sensa prodotto.” Relazione dell’Assessore al Turismo della Provincia di Rimini, Gottifredi, febbraio 2003. 481 “Un ultima riflessione sull’integrazione con alcuni strumenti previsti dalla legge 7/98 in particolare le Unioni di Prodotto. E’ questo uno strumento che tende a favorire attraverso il cofinaziamento regionale l’aggregazione degli operatori e, in certa parte, l’integrazione tra alberghiero e extra alberghiero. Io credo che, come strumento dedicato a questa missione, l’unione sia integrabile con l’idea di Sistema Turistico Locale poiché agisce chirurgicamente su di una parte di offerta, quella aggregata in Club di prodotto, che pur meritando l’incentivazione, rappresenta una parte limitata dell’offerta complessiva che passa per altri canali che possono essere rappresentati dal sistema locale” Gottifredi, febbraio 2003. 256 Esperienze, Marketing e Territorio L'Agenzia per il Marketing di Distretto è stata istituita nel 2001 come organismo strumentale della Provincia di Rimini, dotata di autonomia gestionale e di propri organi per l'esercizio delle attività previste. Il regolamento dell'Istituzione Agenzia recita all'Art.3: «L'istituzione ha lo scopo di attuare un maggior coordinamento della comunicazione turistica dell'area riminese, per affermare un'immagine positiva, efficiente, organizzata, innovativa ed ospitale del distretto turistico riminese e garantire la coerenza nella filiera obiettivi - messaggi immagine - prodotti, coinvolgendo i Comuni della provincia ed i rappresentanti delle imprese. Con queste finalità, l'istituzione avrà il compito di avviare operazioni di partnership e/o comarketing con soggetti pubblici e privati su progetti definiti orientando la propria attività ad una logica di marketing territoriale e ad una visione strategica che fa leva anche sulla qualificazione di prodotto, per avviare e stabilire circoli virtuosi di comunicazione». L'ambito di attività dell'Agenzia è così definito dall'Art.4 del regolamento: «Per assicurare il conseguimento delle finalità di cui al presente regolamento, l'istituzione: a) incentra la propria attività su progetti con valore sovracomunale, per l'intera area o distretto turistico che abbiano un valore ed un significato di profilo elevato tali da contribuire alla creazione del Sistema Turistico Locale; b) programma l'attività ed i progetti verso una logica di orientamento al turista/ospite ricercando ed utilizzando canali e strumenti innovativi di comunicazione; c) provvede al reperimento delle risorse finanziarie anche attraverso l'intervento di soggetti pubblici e privati. ». Gli organi dell'Agenzia sono: il Consiglio di Amministrazione, che può eventualmente nominare un Comitato Tecnico-Scientifico, il Presidente e il Direttore. L'Agenzia può intrattenere rapporti di tipo collaborativo con altri enti, organismi ed associazioni per lo svolgimento coordinato di servizi e funzioni determinate. Tra questi ci sono gli IAT, uffici di Informazione e Accoglienza Turistica, ubicati su tutto il territorio provinciale (20 nel 2002) e gestiti dai singoli Comuni territorialmente competenti. Gli obiettivi strategici generali vengono perseguiti attraverso il sostegno e l'incentivazione alla nascita di nuovi Club di prodotto482, che rappresentano l'interlocutore nuovo nel sistema della concertazione tra promozione pubblica e commercializzazione privata e che costituiscono la reazione positiva e concreta alle novità in atto nel consumo turistico ed all'attività delle imprese dell'intermediazione ed organizzazione turistica. Il programma dell'agenzia per il marketing di distretto è frutto di un processo di costruzione delle decisioni complesso, che vede coinvolte le destinazioni, i comuni ed è privati, la camera di commercio, nel pieno spirito della legge quadro del turismo, la quale pone territori e imprese al centro della programmazione turistica. È quindi evidente la volontà di dare una qualificazione all'assetto organizzativo del turismo riminese che assume un tipico approccio bottom up (dal basso), in cui gli stakeholder pubblici e privati sanno stabilire e gestite concordemente sinergie per la promozione e valorizzazione del Sistema Turistico Locale. Il finanziamento delle iniziative turistiche del distretto riminese è costituito, oltre che dai finanziamenti statali alle località turistiche previsti dalla legge quadro, dalle fonti di finanziamento di origine pubblica per l'attuazione dei piani di marketing turistico provengono dalla Regione483 e dalla Provincia. La Provincia di Rimini provvede annualmente, oltre all'attuazione del Programma finanziato dalla Regione, a stanziamenti finanziari propri, per la realizzazione di iniziative e progetti che perseguono gli obiettivi di comunicazione e di 482 Aggregazione fra imprse ed altre organizzazioni avente come obbiettivo la produzione, la promozione e la commercializzazione di prodotti turistici tematizzati ed indirizzati ad uni specifico target. Si portano a titolo d’esempio il Club di Prodotto dei Bike Hotel di Riccione, Il Club di prodotto Costa Hotel di Riccione, Il Club del Liscio di Cesenatico, ecc. 483 Programma turistico di promozione locale relativo alle risorse finanziarie regionali trasferite alle province in base alla legge regionale n°7 / 1998. 257 Fabio Forlani promozione turistica locale secondo le linee strategiche e programmatiche del piano di marketing di distretto. L'ammontare delle risorse finanziarie provinciali e la loro effettiva destinazione è stabilito soltanto in seguito dell'approvazione del bilancio annuale di previsione della Provincia e del relativo piano esecutivo di gestione. 9.7.3 Le finalità (la visione strategica) “Collegameto tra promozione (pubblica) e commercializzazione (privata), orientamento al mercato, aggregazione degli operatori per una massa critica sufficiente a reggere l’impatto dei mercati, concertazione e condivisione degli obiettivi tra i diversi attori sono valori ormai irrinunciabili per un sistema turistico moderno e per un’efficace governance del settore.”484 La Provincia di Rimini attraverso i programmi485, i progetti e le iniziative che sta realizzando e che realizzerà nei prossimi anni, intende assumere un ruolo strategico per la definizione del "Distretto turistico integrato" che comprende l'intero territorio della Provincia. La funzione della Provincia è quella di creare il "Sistema turistico locale" (così come previsto nella nuova legge statale n.135/2001), in raccordo con le amministrazioni comunali e con gli altri soggetti pubblici e privati, capace di coordinare le azioni in ambito turistico che hanno valore per l'intero sistema. L'obiettivo strategico generale è quello di fare diventare il distretto turistico riminese "Polo europeo dell'ospitalità e dei servizi pregiati alle imprese ed alla persona", attraverso: “ - la reiterazione degli sforzi orientati ad una maggiore destagionalizzazione del nostro turismo; - il riposizionamento della nostra offerta turistica e della sua immagine sui mercati europei; - la qualificazione dell'offerta, sia sul fronte pubblico che su quello privato; ricettivo, commerciale e di servizio; - lo sviluppo territoriale che osserva i principi della sostenibilità ambientale; - la tutela dell’ambiente, e del mare adriatico in particolare.”486 L’Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini identifica quindi quattro filoni di azione necessari ad innovare il sistema turistico riminese: “1. la modernizzazione del Sistema Rimini, che implica una riflessione sulla qualificazione del prodotto turistico e sulla rete di infrastrutture a supporto del settore; 2. la sostenibilità dello sviluppo, come modello di azione necessario per garantire futuro al territorio ed alle imprese negli scenari competitivi di questo secolo; 3. il sostegno alle imprese, per i loro processi di riqualificazione e per il sostegno alla commercializzazione del prodotto; 4. il marketing territoriale, la promozione turistica e l’organizzazione regionale, che impongono una riflessione sulla necessità di migliorare l’impianto della legge 7/98 e di proiettare in avanti le funzioni e l’organizzazione dell’Agenzia di Marketing di Distretto.” Nell’interpretazione che ne ha data la Provincia di Rimini il terreno di azione dei Sistemi Locali è quello del marketing territoriale e quindi delle funzioni di organizzazione e costruzione del “prodotto turistico”487, dei servizi e delle infrastrutture, della sostenibilità dello sviluppo, della valorizzazione dell'identità locale, delle professioni del turismo, dell'impresa come nodo centrale attorno al quale ruota il sistema di offerta e commercializzazione. È anche quello del sistema di relazioni esterne, della comunicazione 484 Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini, 3 febbraio 2004. Cfr. Programma turistico di promozione locale 2003. Cfr. Piano-Programma dell’istituzione Agenzia per il marketing di distretto 01/09/2002-31/08/2005. 486 Relazione di Gottifredi M., Assessore al Turismo della Provincia di Rimini, Conferenza Provinciale sul Turismo, 3 febbraio 2004. 487 “Il prodotto turistico è composto dal completamento virtuoso tra offerta pubblica e (traducibile nell’idea di qualità urbana) e privata (ricettivo e servizi). E’ ugualmente necessario sapere comunicare la parte privata (e ovviamente commercializzarla) come la parte pubblica perché rappresentano le due facce della stessa medaglia. (…) il territorio che si racconta non deve essere visto come “contro” rispetto al prodotto che si racconta (e vende). Relazione di Gottifredi M., Assessore al Turismo della Provincia di Rimini, Conferenza Provinciale sul Turismo, 3 febbraio 2004. 485 258 Esperienze, Marketing e Territorio turistica e dell'esaltazione dei valori su cui si fonda la capacità competitiva del sistema di offerta riminese: accoglienza, ospitalità, efficienza ed organizzazione, sicurezza, varietà. Il tutto in un equilibrio tra tradizione ed innovazione. Il punto di forza dell'identità locale riminese sta nell'incessante gioco tra innovazione, creatività e valori della tradizione di questa terra e delle sue genti. In questo contesto generale assumono particolare rilievo, divenendo opportunità in termini di comunicazione, gli investimenti sul fronte del prodotto turistico capaci nei prossimi anni di contribuire positivamente ad un corretto posizionamento di immagine dell'offerta turistica locale. In particolare il sistema dei parchi tematici, la nuova Fiera di Rimini, le darsene per il diporto turistico, i Centri congressi, la nuova viabilità, il sistema integrato di comunicazione territoriale, il sistema dei "grandi eventi" del territorio, la programmazione culturale ed il progetto "Signoria dei Malatesta". L'immagine che la provincia intende proporre è quella del distretto turistico integrato ricco di opportunità differenti e collegate tra loro, in un mix unico di offerta capace di modificare se stesso continuamente in relazione al variare della domanda (“i cento turismi”). 9.7.4 Il processo di emersione (produzione) delle esperienze turistiche I clienti obbiettivo Dal punto di vista quantitativo emerge che il movimento complessivo dei turisti nella provincia di Rimini nel 2003 è costituito da 2.677.029 arrivi e 15.390.066 presenze.488 La media dei giorni di vacanza dei turisti, calcolata sull'intero anno è inferiore ad una settimana (5,7 giorni). Si arriva ad una settimana nei mesi di luglio (8,1 giorni) ed agosto (7 giorni). La domanda è costituita per il 78% da turisti italiani e per il restante 22% da turisti esteri. Il mese in cui si concentra la quota maggiore di domanda è agosto (23% di arrivi e 28% di presenze sul totale dell'anno), anche se si evidenzia una migliorata capacità di sfruttamento dell'offerta ricettiva anche nei periodi di gennaio-aprile e ottobre-dicembre, grazie ai programmi di destagionalizzazione dell'offerta attuati mediante l'organizzazione di eventi, manifestazioni fieristiche e congressuali, incontri sportivi, riqualificazione delle strutture ricettive, Club di prodotto, politiche pubbliche di comunicazione e marketing territoriale489. Dai dati resi pubblici dalla Provincia si evince che l’agenzia di marketing del distretto effettua una una buona analisi statistica e quindi quantitativa della domanda attuale e potenziale490. Non risulta, però, altrettanto approfondita l’analisi qualitativa della domanda o in altre parole 488 www.turismo.provincia.rimini.it . Fra i punti del programma dell’Agenzia di Marketing del Distretto vi è anche : Analisi e studi di mercato. La mission del progetto è quella di ottenere l'acquisizione di dati importanti per il Sistema turistico su tre diversi fronti: - quello dei turisti che frequentano la Riviera di Rimini; - quello dei turisti che non frequentano la Riviera; - quello dei segmenti nuovi e di quelli emergenti nel mercato turistico. Il primo livello di analisi riguarda la necessità di avere parametri oggettivi e quindi misurabili, in rapporto ad altri sistemi e a se stessi nel tempo, che riguardano la soddisfazione del turista che frequenta la costa riminese. Un distretto turistico con le caratteristiche della Riviera di Rimini non può permettersi di non conoscere ciò che pensano i turisti che frequentano il territorio e acquistano il prodotto turistico, soprattutto laddove si consideri che la percentuale di clienti fedeli che riacquistano il prodotto-Riviera l'anno successivo, è superiore al 70%. Il secondo livello di analisi si preoccupa di determinare i punti deboli dell'offerta locale in relazione alla percezione che di essa hanno i turisti che non frequentano il bacino riminese. Occorre capire se il territorio è percepito in una visione in parte stereotipata dal turista e quanta di questa parte possa essere oggetto di comunicazione positiva, tesa a riequilibrare un'immagine che resiste nei propri luoghi comuni nonostante il fatto che i prodotti offerti oggi sono molto diversi da come lo erano dieci anni fa. Il terzo livello di analisi è legato alla necessità di anticipare la conoscenza ed i tempi di formazione di nuovi segmenti di domanda e per accordarsi direttamente, in tempo utile, a quei "centri " del sistema di produzione da cui nascono le nuove idee di prodotto. La Riviera di Rimini ha sempre manifestato una leadership sulla capacità di scoprire e generare nuove tendenze, ma questo fenomeno rischia di rallentare eccessivamente, se non si riuscirà ad ottenere e gestire le informazioni che riguardano la dinamica della domanda turistica presente e futura. 490 Ricordiamo fra le altre l’indagine “Focus su Rimini” e “Custode satisfaction” presentate in occasione della Conferenza Provinciale sul Turismo del 03 febbraio 2004. Vds www.turismo.provincia.rimini.it . 489 259 Fabio Forlani la conoscenza delle tipologie di esperienze acquistate dal turista. Un importante passo avanti in tale direzione è rappresentato dall’indagine di Customer satisfaction sul “segmento estivobalneare 2003-2004” [www.turismo.provincia.rimini.it]. Allo stato attuale il sistema turistico riminese nel suo complesso attraverso la politica dei “cento turismi” cerca di rivolgersi contemporaneamente a numerosi e diversificati segmenti. I prodotti esperienze offerti I segmenti di turismo serviti dalla Riviera di Rimini essere così definiti: • balneare • termale • artistico-culturale • eno-gastronomico • giovanile • verde (entroterra) • congressuale-fieristico La modalità di svolgimento delle esperienze L’area di progetto “i segni del distretto” ha come obbiettivo quello di muovere, in chiave di marketing, la leva del prodotto attraverso la qualificazione dei servizi turistici e la imposizione di un "segno" di Sistema Turistico Locale capace di generare una comunicazione positiva. Il progetto cerca di qualificare il prodotto turistico e i servizi del territorio per generare un passaparola positivo.491 I progetti dell’agenzia di marketing sono legati alla progettazione, costruzione ed organizzazione di un sistema innovativo ed integrato di accoglienza del turista, che sfrutti l'idea di "porta" come punto di contatto, di informazione, di comunicazione e di marketing per organizzare servizi e strutture che diano il senso del territorio, del coordinamento e dei valori comuni che identificano la località. Le "porte" possono essere reali o virtuali: uffici IAT, portale Web, ingressi della città (stazione, aeroporto, porto), segnaletica di avvicinamento e di posizione, uso delle nuove tecnologie informatiche e di telefonia mobile, uso intelligente del mezzo televisivo, valorizzazione dei simboli del territorio, coordinamento dell'immagine di distretto, ecc. Attraverso la logica della qualificazione del prodotto si ottengono effetti positivi in chiave di comunicazione, tali da generare un passaparola positivo assolutamente più incisivo rispetto agli strumenti di comunicazione consueti, e da dare un'identità al Sistema Turistico riminese, riconoscibile dai segni, che costituisce una sorta di corporate image del territorio. Questo garantisce anche effetti positivi sulla percezione del turista, con risultati migliori in termini di proiezione di un'immagine innovativa, organizzativa, efficiente, creativa e di sicurezza per il turista. L’area di progetto “accoglienza e ospitalità” raccoglie tre iniziative: Riviera di Rimini Welcome492, Blu Line493e Collinea494. 491 Considerando che gli ospiti del sistema turistico riminese hanno una forte propensione alla fedeltà ed al riacquisto del prodotto, il progetto cerca di sfruttare questa occasione e fare di questi ospiti gli ambasciatori della località all'esterno. 492 Si tratta del posizionamento di una campagna di benvenuto su manifesti di grande e medie dimensioni all'interno delle stazioni ferroviarie di Rimini, Riccione, Bellaria e Cattolica, oltre all'aeroporto internazionale F. Fellini di Miramare di Rimini. Questo allo scopo di dare un segnale di benvenuto agli ospiti della Riviera, sfruttando il vantaggio competitivo dato dalla capacità di accogliere ed ospitare della località. L'accoglienza è un elemento che è bene mettere in rilievo quando, come nel caso del Sistema Turistico riminese, è un fattore di vantaggio competitivo vero e proprio. 493 Il miglioramento del servizio di trasporto publico Blu Line per la notte in Riviera, da un lato, consente di qualificare quantitativamente e qualitativamente il servizio e, dall'altro, di fornire spazi per una comunicazione mirata al pubblico che utilizza il servizio. 494 Questa iniziativa mettere in collegamento diretto le località costiere con l'entroterra della Signoria dei Malatesta attraverso la predisposizione di un servizio di trasporto (analogo al Blu Line) che sperimenti un percorso nell'entroterra e che, al contempo, possa veicolare informazione e promozione turistica nei riguardi della Signoria dei Malatesta e dei progetti privati che la commercializzano (Strada del vino e dei sapori dei colli riminese). 260 Esperienze, Marketing e Territorio Infine vi è la sezione delle iniziative dell’agenzia denominate “comunicazione e promozione turistica”. Questa è l'area che raccoglie le maggiori disponibilità di bilancio e che meglio rappresenta la mission dell'Agenzia, attraverso la comunicazione, promozione ed esaltazione dei valori di riferimento del Sistema Turistico riminese. I progetti individuati in questa area sono quattro: 1) Sostegno alla promozione e commercializzazione del sistema ricettivo alberghiero495; 2) Marketing factory496; 3) Riviera di Rimini grandi eventi 2003497; 4) Altre iniziative498. Data la maturità del prodotto offerto, la scelta dell’agenzia è stata quella di destinare la maggior parte delle risorse finanziarie pubbliche destinate al turismo alle politiche di comunicazione499. Gran parte dei risultati dell'attività di promozione, comunicazione e 495 Il progetto intende sfruttare l'enorme potenziale di comunicazione generato dai singoli operatori alberghieri, che utilizzano cataloghi ed inserzioni per veicolare la propria offerta sul mercato. L'idea è quella di coordinare l'immagine e la comunicazione dei privati con i segni grafici e la comunicazione del distretto, per veicolare messaggi e contenuti utili all'intero sistema. Il coordinamento dell'unitarietà del messaggio pubblico e privato porta valore aggiunto ad entrambi, in quanto il privato vede la propria offerta contestualizzata all'interno di una comunicazione di area che consente ai potenziali clienti di ottenere anche i benefici di un servizio pubblico (si pensi all'informazione); il pubblico può essere presente con i propri segni e messaggi di Sistema all'interno di una comunicazione che consente un formidabile numero di contatti (ogni catalogo di questa natura tira circa 1,5 milioni di copie). 496 Il secondo progetto intende stabilire una relazione con i soggetti che sul territorio fanno azioni di comunicazione turistica e generano una promozione di fatto interessante per l'area. Si tratta, per esempio, di Rimini Fiera, di Convention Bureau e del Distretto dei parchi (Fiabilandia e Italia in Miniatura di Rimini, Le navi di Cattolica, Aquafan, Oltremare e IMAX di Riccione). L'idea è quella di coordinare questa comunicazione relativa al singolo prodotto e/o segmento di mercato (fieristico, leisure, ecc.) con la comunicazione di area. Un ulteriore obiettivo è quello di mettere a sistema le relazioni stampa e generare costantemente notizie sul territorio riminese. 497 Il progetto, che è stato oggetto di una positiva sperimentazione in questi ultimi tre anni, è quello di entrare in relazione con i principali eventi della Riviera di Rimini, con quelli cioè che riescono ad esprimere una propria autonoma e positiva comunicazione esterna, allo scopo di farne dei veri e propri testimonial dell'offerta locale. Si intende sfruttare la potenzialità di visibilità propria di questi eventi, per valorizzare il territorio e non viceversa. La modalità di relazione è più simile ad un rapporto di sponsorship tra privati che di contributo pubblico l'iniziativa, dato che prevede un accordo su spazi e veicoli da utilizzare, affinché il sistema locale possa ottenere visibilità ed immagine positiva all'interno dell'evento, sfruttando così anche la relazione che l'evento ha nei confronti del proprio pubblico. La relazione con gli eventi più significativi, riconosciuti da pubblico privato, lascia aperta la possibilità di sperimentare il rapporto con eventi che non abbiano ancora raggiunto una potenzialità tale da essere percepiti autonomamente ed in modo autorevole, ma che abbiano tutte le potenzialità per divenire tali nel breve/medio periodo. 498 Rappresenta la riserva che un ente che si occupa di turismo deve tenere a disposizione per cogliere le occasioni di visibilità e promozione che si possono presentare e che non sono programmabili. 499 A titolo d’esempio le principali pubblicazioni nel 2002 sono state cartine turistiche comunali e provinciali, posters, guide tematiche culturali ed eno-gastronomiche, guide del territorio e degli itinerari naturalistici, dépliant di eventi e manifestazioni, guide delle strutture ricettive della costa e dell'entroterra. La presentazione e distribuzione dei materiali editoriali del distretto riminese viene effettuata presso fiere, workshops e convegni cui partecipano le APT Servizi, le Unioni di prodotto ed altri stakeholder, nonché presso gli uffici IAT, le agenzie di viaggio e le strutture turistiche private. Nel 2002 si è investito particolarmente sul potenziamento della comunicazione tramite Internet, strumento che consente di rispondere alle esigenze di tempestività, aggiornamento e completezza dell'informazione e che consente di attivare e migliorare le sinergie tra operatori privati, i quali pongono sul mercato i propri prodotti, ed i soggetti pubblici deputati alla promozione dell'offerta globale. La redazione dei tre siti provinciali, www.turismo.rimini.it www.bambiniriviera.i, www.signoriadeimalatesta.com, si pone l’obiettivo prioritario del miglioramento di queste sinergie e della comunicazione, attraverso l'analisi delle esigenze del turista e dei contenuti che si vogliono trasmettere ai navigatori, trasferendo anche su questo media i segni identificativi del sistema turistico riminese, al fine di renderne immediata la riconoscibilità. Negli ultimi due anni l'attività di relazione con i mass-media e quella di pubbliche relazioni con soggetti esterni al sistema è stata notevolmente incrementata, con l'obiettivo di promuovere la corporate image del sistema turistico locale. Ciò ha comportato rapporti costanti con giornali e redazioni, attraverso l'invio di comunicati stampa, assistenza e collaborazione con giornalisti italiani e stranieri, diffusione di guide sull'area turistica, organizzazione di eventi (conferenze stampa, presentazioni, educational tour, ecc.), diretti a comunicare particolari contenuti ed offrire identità e visibilità alle politiche di marketing turistico attuate dall'agenzia. All'attività di promozione del sistema di offerta turistico riminese si affianca quella di sensibilizzazione degli operatori turistici, finalizzata al miglioramento ed alla specializzazione del prodotto turistico da questi proposto. Tale attività nasce dalla consapevolezza che dare alle imprese turistiche validi strumenti per la riqualificazione dell'offerta, significa contribuire al rinnovamento dell'immagine generale della destinazione turistica ed al suo posizionamento sul mercato. Già da alcuni anni è stata ideata una collana editoriale di marketing specifica per operatori turistici, il cui obiettivo prioritario è quello di fornire agli operatori strumenti tecnici utili all'aggiornamento ed alla specializzazione delle proprie imprese. Nel 2002 la Provincia di Rimini ha partecipato alle campagne promozionali attuate dalle Unioni di prodotto a cui aderisce 261 Fabio Forlani pubblicizzazione dell'offerta turistica locale che la Provincia di Rimini svolge attraverso iniziative editoriali, su Internet ed attraverso altri media, è attribuibile alla qualità delle immagini utilizzate, il cui compito è quello di evocare emozioni, sensazioni, ricordi più che quello di raccontare. Suggestioni, desideri, emozioni, "voglia di esserci", sono elementi che stanno alla base della scelta della vacanza-leisure e scaturiscono, prima di tutto, dalle immagini pubblicitarie su cui i turisti costruiscono una parte consistente delle proprie aspettative e pertanto devono essere sempre più comunicative ed in linea con i contenuti che si vogliono trasmettere. Ogni anno la Provincia di Rimini effettua il monitoraggio dei risultati, ed elabora un report500 da cui trae gli elementi per la valutazione dell'andamento turistico nell'ambito del territorio provinciale.501 Le statistiche degli esercizi ricettivi hanno lo scopo di quantificare la produzione delle imprese che forniscono il principale servizio a turisti e viaggiatori: l'alloggio; inoltre con riferimento gli alberghi, il numero di esercizi, di letti, di camere e di bagni a livello di singolo comune e con riferimento agli esercizi complementari, il numero di esercizi e di letti a livello di singolo comune. Questi dati vengono elaborati e analizzati dalle amministrazioni locali e dalle associazioni di categoria. Da qualche anno, è emerso che le persone maggiormente interessate a questo tipo di informazioni sono risultati di operatori stessi. 9.7.5 L’immagine del sistema turistico Come si è evidenziato dalle strategie di comunicazione la Provincia di Rimini attraverso il suo braccio operativo (l’agenzia di marketing di distretto) si è data come obiettivo quello di porre sul mercato la “marca di destinazione” Riviera di Rimini. Marca che rafforzi l’identità territoriale502 del sistema turistico riminese e faccia sistema con le politiche volte alla promozione del prodotto effettuate dai privati ed incentivate dalla Regione attraverso la legge 7/98503. (Costa, Terme e Benessere, Città d'Arte, Appennino), le quali si integrano con l'azione di commercializzazione dei Club di prodotto costituiti da gli operatori privati del settore (per es. Distretto dei parchi, Consorzio dei piccoli alberghi di qualità). Con l'adesione a tutte e quattro le Unioni, la provincia di Rimini si è prefissata i seguenti obiettivi: • valorizzare i propri prodotti turistici attraverso la collaborazione con gli altri soggetti istituzionali, che si occupano della gestione della risorsa turismo a livello regionale e locale ed in particolar modo della promozione e commercializzazione; • aumentare la competitività sui mercati nazionali ed esteri del Sistema di Offerta Turistico Riminese attraverso un'adeguata azione coordinata di comunicazione e di eventi. Considerata la forte incidenza nel territorio riminese dei flussi legati al segmento balneare, il rapporto di collaborazione è stato e continua ad essere particolarmente intenso con l'Unione Costa. Il progetto affidato per l'anno 2003 alla Provincia di Rimini dall'Unione di prodotto Costa è quello di migliorare le azioni programmate negli anni precedenti, al fine di mantenere alta l'attenzione sul target "famiglia con bambini" e di incrementare la domanda di questo flusso turistico verso tutta la costa romagnola. In linea con le indicazioni regionali e quelle dell'Unione di prodotto, ma anche coerentemente con quanto sta facendo la provincia di Rimini, obiettivo prioritario è quello di promuovere l'immagine di un Sistema di offerta non solo adatto ai bambini, ma specializzato nella tipologia di soggiorno che questi richiedono nei diversi aspetti, dal ricettivo alla gamma di opportunità che completano la vacanza. 500 Elaborazione Ufficio Statistica, Assessorarto al Sistema Informativo, Reti telematiche e Statistica. 501 La rilevazione sull'attività degli esercizi ricettivi alberghieri e delle altre strutture ricettive ha come obiettivo primario quello di valutare la consistenza degli esercizi ed il movimento dei clienti. All'ISTAT spetta il compito di stabilire le caratteristiche metodologiche della rilevazione e di effettuare le elaborazioni, mentre alla Provincia quello di effettuare la raccolta dei dati e garantirne la qualità. La consistenza degli esercizi ricettivi e delle loro caratteristiche è desunta dalla documentazione posseduta dall'organizzazione turistica periferica, mentre il movimento dei clienti è fornito dalle dichiarazioni dei titolari di esercizi ricettivi, i quali sono tenuti a trasmettere agli organi competenti, mediante un apposito modello fornito dall'ISTAT, i dati relativi al numero ed alla nazionalità dei clienti arrivati e partiti e le relative giornate di presenza. 502 “Il senso di un accordo di sistema locale risiede nell’esigenza e nella volontà di marcare la propria identità nel contesto nazionale e regionale ed affermare una politica turistica integrata al sistema regionale che valorizzi territorio e le marche turistiche che lo compongono. In sintesi, Riviera di Rimini! Riviera di Rimini rappresenta il presupposto per l’avviamento di azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi descritti; rappresenta la “marca” ed il segno del territorio.” Assessore Provinciale al Turismo Gottifredi M., documento presentato alla Conferenza Provinciale del Turismo, 3 febbraio 2004. 503 “Affermazione della marca Riviera di Rimini come strumento di comunicazione turistica territoriale e come veicolo dell’immagine in tutti i programmi nei quali è utile una promozione a livello di sistema complessivo e la comunicazione di 262 Esperienze, Marketing e Territorio 9.8 Marketing e management delle destinazioni turistiche: luci ed ombre dei sistemi turistici locali504 Sulla base degli aspetti richiamati nelle pagine precedenti è possibile formulare alcune sintetiche considerazioni in merito all’efficacia del modello dei STL ai fini della gestione e della valorizzazione del territorio a scopi turistici. Dallo studio da noi effettuato sono, infatti, emerse delle riflessioni sia in merito alla legislazione sui STL in vigore in Italia sia sulla sua applicazione nel caso specifico della Provincia di Pesaro e Urbino e della Provincia di Rimini. In particolare si può evidenziare che da un punto di vista teorico la disciplina dei STL ha il merito di : - Identificare nel territorio (destinazione turistica) il luogo di elezione della promozione e della produzione delle attività turistiche; - Riconoscere la crucialità delle relazioni cooperative fra gli attori territoriali (privati e pubblici) e la criticità di un approccio istitutivo dei STL che parta dal basso; - Riconoscere la centralità e l’importanza dell’organo di governo nel sistema territoriale a vocazione turistica. In linea di principio la prospettiva adottata dalle norme sui STL è, infatti, quella sistemicadistrettuale505, che parte dall’ipotesi che nel turismo il prodotto domandato ed offerto è l’esperienza cooprodotta dal STL e i clienti in base alle specifiche aspirazioni di ciascuno e che pertanto la competizione rilevante e strategicamente prioritaria per l’industria turistica di un territorio è sempre più fra sistemi territoriali a vocazione turistica piuttosto che fra singole imprese turistiche. Queste ultime, conseguentemente, competono fra loro all’interno di un territorio nei rispettivi segmenti di domanda serviti, ma nel contempo collaborano e concorrono più o meno consapevolmente (insieme a tutti gli altri attori presenti in una località e in un distretto turistico) a formare l’offerta di esperienze di una destinazione turistica. Il STL identifica così un nuovo soggetto territoriale a scala sovracomunale e sub regionale che agisce in un contesto istituzionale già popolato da molteplici attori. Occorre, quindi, un’area vasta e ricca nell’offerta turistica.” Assessore Provinciale al Turismo Gottifredi M., documento presentato alla Conferenza Provinciale del Turismo, 3 febbraio 2004. 504 Il presente paragrafo prosegue le riflessioni avviate in Pencarelli e Forlani [2005]. Di tale contributo ne riprende le parti più significative. 505 Il fatto che il prodotto turistico derivi dal contributo diffuso della molteplicità dei soggetti di una comunità locale, soggetti che agiscono più o meno consapevolmente in un territorio turisticamente significativo nella messa in scena delle esperienze turistiche era già stato messo in luce in un nostro precedente contributo [Pencarelli, 2001, p. 147], quando si è introdotto il concetto di distretto turistico, qualificato come “il complesso d’imprese e risorse turistiche (ambientali, storiche, culturali, paesaggistiche, ecc.) localizzate all’interno di aree omogenee dal punto di vista territoriale, sociale, economico, culturale, con connotazioni tendenzialmente uniformi dal punto di vista dell’offerta e della domanda servita. In altri termini il territorio turistico rappresenta un polo territoriale omogeneo specializzato nella produzione–erogazione di un prodotto turistico globale. Il distretto turistico identifica quindi un ambito territoriale dai confini labili, ma sufficientemente condivisi dall’offerta e dalla domanda. Esso si caratterizza per uno o più fattori di attrattiva percepiti come differenziati dai turisti rispetto ad altre destinazioni nella scelta di dove trascorrere la vacanza e che vengono proposti unitariamente (in modo più o meno consapevole) al mercato dagli attori territoriali”. Per approfondimenti sul tema cfr. inoltre Antonioli Corigliano [1999]. 263 Fabio Forlani riflettere su come coordinare ruoli e responsabilità di governo delle politiche del turismo in una logica di multilevel governance e di chiarire il rapporto esistente fra le finalità pubbliche (degli attori pubblici) e le finalità private (degli attori privati). Interessente risulta l’applicazione della legge 135/2001 da parte della Provincia di Rimini. Essa, infatti cerca di integrare la logica di gestione dei sistemi territoriali, propria di tale legge, con la logica dell’aggregazione per prodotto propria della legge regionale 7/98 in vigore in Emilia Romagna. La necessità di comporre in un quadro unitario la questione del prodotto turistico e del produttore di turismo506 conferma la validità delle ipotesi teoriche che stanno alla base di questo studio, prima fra tutte la necessità di un confronto fra compiti e responsabilità delle istituzioni pubbliche e compiti e responsabilità delle organizzazioni private. Sulla base dell’indagine empirica condotta sui STL della Provincia di Pesaro e Urbino e della Provincia di Rimini si può evidenziare che: - La delimitazione territoriale del sistema d’appartenenza risulta fondamentale sia in una prospettiva di marketing per definire la tipologia delle esperienze turistiche (prodotti) potenzialmente realizzabili sia in una prospettiva organizzativa per generare o rigenerare l’identità del sistema territoriale. In riferimento all’analisi della domanda, dall’articolazione dei confini territoriali dei STL dipende la composizione qualitativa e quantitativa degli operatori turistici ed economici, delle attrattive turistiche, degli enti pubblici, delle popolazioni coinvolte e di tutti gli altri fattori di contesto e quindi in definitiva dei prodotti che possono emergere nell’interazione con il turista. In riferimento all’analisi dell’offerta, la delimitazione territoriale del sistema turistico facilita il processo d’identificazione degli attori nel sistema. Una chiara e condivisa identità del territorio è, infatti, un elemento chiave per far conseguire agli attori la consapevolezza d’appartenenza al sistema (consonanza sistemica) necessaria per spingerli ad investire le proprie risorse, i propri sforzi e soprattutto la propria fiducia nell’attivazione di azioni cooperative (risonanza sistemica) volte alla messa in scena di esperienze in un dato territorio.507 - Sebbene la normativa solleciti la partecipazione e il contributo di soggetti pubblici e privati, segnatamente imprese, nelle esperienze analizzate è emerso che il ruolo più rilevante è stato giocato da soggetti pubblici o da alcune associazioni rappresentative di 506 “Il prodotto turistico è composto dal completamento virtuoso tra offerta pubblica e (traducibile nell’idea di qualità urbana) e privata (ricettivo e servizi). E’ ugualmente necessario sapere comunicare la parte privata (e ovviamente commercializzarla) come la parte pubblica perché rappresentano le due facce della stessa medaglia. (…) il territorio che si racconta non deve essere visto come “contro” rispetto al prodotto che si racconta (e vende).” Relazione di Gottifredi M., Assessore al Turismo della Provincia di Rimini, Conferenza Provinciale sul Turismo, 3 febbraio 2004. 507 Si ritiene opportuno segnalare che, a nostro avviso, l’identificazione del territorio di riferimento del sistema turistico è un processo complesso e richiede almeno due fasi, tra loro interrelate. La prima fase consiste nel considerare il problema della rilevanza di mercato del STL, intesa come la capacità dell’offerta di proporre esperienze idonee a soddisfare le esigenze degli ospiti, appartenenti al segmento/i di domanda scelto/i come target, meglio di sistemi turistici concorrenti e al potenziale di commercializzazione dell’offerta nei circuiti distributivi nazionali ed internazionali. Non può sfuggire, infatti, che quando si propone sul mercato un mix di prodotti (linea di prodotti) assai limitato (talvolta si è in grado di proporre un solo prodotto, destinabile a segmenti ristretti della domanda mondiale), si perde di attrattività e di forza contrattuale nei confronti degli intermediari commerciali. Nei casi di sistemi turistici monoprodotto o comunque in grado di proporre una gamma ristretta e poco profonda di prodotti, appare preferibile separare gli aspetti produttivi, ove la dimensione territoriale del distretto può essere anche ridotta, da quelli distributivi, per i quali occorrono scale dimensionali più grandi e una maggiore ampiezza e varietà della gamma offerta. La seconda fase riguarda l’individuazione della dimensione territoriale e dei componenti della struttura operativa del STL che consentono il governo unitario del sistema turistico in una prospettiva orientata al mercato. Occorre quindi stabilire di quali componenti l’organo di governo si avvale per mettere in scena esperienze idonee a soddisfare la domanda. Dal nostro punto di vista, l’unità base del sistema turistico deve identificare un territorio geograficamente non troppo esteso, dotato già di un’identità consolidata, un sistema relazionale delineato, una fiducia diffusa ed un adeguato grado di omogeneità dal lato dell’offerta e della domanda. In questo modo le relazioni che si instaurano tra i diversi soggetti distrettuali sono di tipo personale e diretto, quindi più vicine alla cultura localistica. Su queste tematiche cfr. De Carlo e Parolini [2004, p.158-162]. 264 Esperienze, Marketing e Territorio imprese, talvolta con l’intento prioritario di cogliere l’opportunità di accedere ai finanziamenti regionali. Questo conferma la debolezza strategica di molte imprese turistiche locali [Pencarelli, 2001], caratterizzate da dimensioni medio piccole e da orizzonti decisionali talvolta miopi, circoscritti a scelte individualistiche e di brevissimo periodo. Il che rischia però di indebolire la forza e la capacità dei STL di allestire offerte turistiche adeguate alle esigenze della domanda, giacché la forza di un sistema di offerta sta tutta nel coinvolgimento diffuso e consapevole degli attori che concorrono alla costruzione ed alla vendita delle esperienze per i turisti. - Pur svolgendo funzioni di regolamentazione, di stimolo, di coordinamento nei confronti dei soggetti coinvolti nell’allestimento del prodotto turistico, i vertici dei STL analizzati (ma il problema è di portata più generale) non possono qualificarsi propriamente organo di governo508 di un sistema d’offerta turistica509, anche perché tra le funzioni svolte viene a mancare quella cruciale della commercializzazione del prodotto turistico, compito lasciato ai singoli attori privati. Qualora i STL continueranno a sottovalutare questo aspetto, rischiano di identificare istituzioni più simili ad aziende di promozione del turismo di natura pubblica anziché a sistemi turistici territoriali capaci di sopravvivere e svilupparsi con vitalità propria510. - La debolezza organizzativa dell’organo di governo determina inevitabilmente anche insufficiente attenzione dei STL alla dimensione strategica del marketing (analisi del mercato, segmentazione e posizionamento strategico). Questo indebolisce anche l’efficacia delle politiche di progettazione e di erogazione delle esperienze turistiche, subordinate alle esigenze degli attori del territorio (operatori pubblici e associazioni di categoria in primis), piuttosto che orientate alla soddisfazione delle molteplici esigenze dei clienti obiettivo. - La debole vocazione manageriale dell’organo di governo determina infine una parzialità nell’approccio di marketing: le attività di marketing attualmente messe in campo identificano fondamentalmente politiche di comunicazione e promozione, mentre scarsa attenzione viene dedicata alle attività di progettazione dell’offerta e di commercializzazione avvalendosi dei circuiti distributivi domestici ed internazionali. Insufficiente e parziale appare anche l’orientamento al marketing relazionale applicato ai pubblici interni ed agli altri stakeholders dei STL [Gummenson, 1999; Barile e Pastore, 2002; Pencarelli, 2003]. Da questa preliminare indagine su alcuni STL delle Marche e dell’Emilia Romagna, tenendo conto che si tratta comunque di esperienze assai recenti e che per essere comprese e valutate compiutamente richiedono una lettura lungo un orizzonte temporale più esteso, risulta che nei 508 Compito dell’organo di governo è quello di realizzare “il complessivo grado di risonanza, risultante dai gradi di risonanza sovra e sub-sistemica” e di “assicurare che il sistema evolva unitariamente verso il conseguimento di vantaggi competitivi, atti a garantire al sistema stesso le maggiori possibilità di sopravvivenza, incrementando in tal modo il suo grado di vitalità” Golinelli G.M. [2000, p. 213]. Per conseguire siffatti traguardi l’organo di governo deve “possedere capacità imprenditoriali elevate, associate al potere di progettazione, riprogettazione, controllo, integrazione degli elementi strutturali del sistema (singole aziende ed istituzioni, territorio, fattori di attrattiva e di contesto, ecc. e loro relazioni organizzative) in funzione della loro consonanza e risonanza con i sovra-sistemi ambientali (es. sovra-sistema della domanda, sovra-sistema legislativo, sovra-sistema finanziario, sovra-sistema del mercato del lavoro, ecc.) o con i sub sistemi della struttura operativa.” 509 Il territorio qualificato come turisticamente rilevante è, infatti, presidiato amministrativamente da soggetti (comitati d’intesa, cabina di regia, organi di gestione, assemblea, comitato esecutivo) che, tuttavia, non identificano organi di governo in senso proprio, espressione di atti volitivi di soggetti proprietari o di “interlocutori sociali forti” in grado di nominare e revocare gli amministratori in base ai risultati conseguiti dal sistema e soprattutto nelle condizioni organizzative di indirizzare e determinare i percorsi evolutivi consapevoli degli elementi della struttura operativa (i vari soggetti e risorse distrettuali), legati al sistema solo da un generico e debole “senso di appartenenza”. Anzi, è possibile affermare che in qualche caso i STL rappresentano aree territoriali ove imprese, risorse e fattori di contesto costituiscono un’aggregazione (insieme) di elementi dotati di qualche grado di omogeneità, senza tuttavia possedere il requisito di struttura nell’ottica sistemico vitale in quanto manca la “specificazione e la condivisione del ruolo che ciascun elemento può svolgere in relazione alle finalità sistemiche, ossia non è possibile identificare un complesso unitario di componenti e relazioni tra” Golinelli G.M. [2000, p. 82]. 510 Su questi temi cfr Franch [2002], De Carlo [2004], Della Corte [2000]. 265 Fabio Forlani STL vi sia scarso e comunque insufficiente orientamento al marketing strategico ed operativo, ciò che implicherebbe una maggiore attenzione ai processi di segmentazione e posizionamento ed alle attività volte a progettare, produrre, comunicare e vendere sul mercato prodotti-esperienze (output del sistema)511. Emerge, piuttosto, un’eccessiva attenzione al perseguimento di finalità sistemiche di natura politica, ciò che comporta attività di promozione generalizzata del territorio e massimizzazione del consenso. Tutto questo, unitamente alla constatazione della difficoltà degli attori dei STL analizzati a “fare sistema” e a riconoscere e legittimare un unico organo di governo (anche per la proliferazione dei candidati a tale ruolo) comporta l’esigenza di approfondire e chiarire meglio la missione e l’architettura organizzativo-istituzionale dei STL, sottosistemi del sistema territoriale regionale e nazionale. L’analisi delle esperienze dei Sistemi Turistici Locali di Pesaro, Urbino, Fano e Rimini conferma, in definitiva, la nostra ipotesi [cap.7 e cap.8] circa la necessità di distinguere le responsabilità politiche-istituzionali (pubbliche) di gestione e valorizzazione del territoriopalcoscenico dalle responsabilità di progettazione, produzione e commercializzazione dei prodotti-vacanze. La proposta che si avanza in questa sede è quella di non integrare tali responsabilità in un unico sistema territoriale, ma suddividerle nel seguente modo: al sistema territoriale politicoistituzionale di natura pubblica (Provincia, Comunità montana, Città metropolitana, ecc.) va assegnata la responsabilità del governo politico dell’intera comunità territorialmente localizzata512 comprese il rafforzamento dell’identità del sistema territoriale e la promozione delle offerte economiche dell’intero sistema; al sistema d’offerta turistica territoriale di natura imprenditoriale (Club di prodotto, Consorzi, Cooperative, Sistemi d’offerta, ecc.) va assegnata la responsabilità di progettare, produrre e vendere le esperienze turistiche (centrale diviene in tale ottica l’attività dei tour operator incoming)513. In tale prospettiva sembra particolarmente interessante il caso della Provincia di Rimini, in quanto si cerca d’integrare la legge regionale E.R. 7/98 orientata a favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti turistici da parte dei privati con la legge nazionale 135/2001 orientata alla creazione di sistemi territorialmente localizzati. Dal punto di vista teorico l’applicazione dei concetti sistemici ai fenomeni turistici ha confermato la validità descrittiva e interpretativa delle teorie dei sistemi viventi. Si è infatti evidenziato come i concetti di struttura, schema di organizzazione, processo (emersione) e significato permettono di comprendere e interpretare il divenire sistemico. Tale modello evidenzia, inoltre, come possano risultare vivi e sopravvivere anche sistemi territoriali che hanno al loro interno un rapporto di cooperazione-conflitto fra i sub-sistemi e che non hanno un organo di governo legittimato e riconosciuto (sistema vivente). Per concludere, a nostro avviso, un ecosistema territoriale (sistema vivente) per sopravvivere e svilupparsi anche dal punto di vista turistico deve dotarsi di un sistema politico-istituzionale territoriale (vitale) di dimensioni adeguate e di una pluralità di sistemi d’offerta turistica 511 “Pur senza nulla togliere alla centralità del processo di individuazione delle aspettative dei consumatori come elemento caratterizzante l’orientamento dell’impresa al marketing e pur senza negare che il grado di soddisfazione del cliente sia un fondamentale parametro di valutazione dell’efficacia dell’attività aziendale nelle imprese marketing oriented, non si può non perdere di vista che la finalità dell’impresa, in quanto istituzione economica che compie investimenti a rischio sottoponendosi al vaglio selettivo del mercato, è comunque quella di realizzare un valore di scambio dei propri out-put superiore al costo degli in-put impiegati, appropriandosi, nella misura più elevata possibile, della differenza tra i due valori (ossia del plusvalore generato con la sua attività).” Cozzi e Ferrero [2000, p.9]. 512 Si apre quindi il dibattito su quale sia la dimensine territoriale che consente un governo efficiente ed efficace di una comunità territorialmente localizzata e sue dinamiche turistiche. Di conseguenza occorre riflettere se sia o meno il caso di ridiscutere la distribuzione delle responsablità fra i vari livelli di governo del territorio: Comuni; Comunità Montane, Città metropolitane, Unioni, ecc.; Provincie e Regioni. 513 Per un’analisi del ruolo dei tour operator vds Della Corte [2004]. 266 Esperienze, Marketing e Territorio territoriale (viventi e/o vitali) capaci di progettare, produrre e commercializzare esperienze turistiche. Bibliografia del capitolo Antonioli Corigliano M. [1999], I distretti turistici e le aggregazioni fra attori per lo sviluppo del prodotto-destinazione, in Colantoni M. [1999], a cura di, Turismo: una tappa per la ricerca, Pàtron Editore, Bologna. Baiocchi A. [2003], I sistemi turistici locali in Emilia Romagna. Il caso Cesenatico, tesi di laurea, Università degli Studi di Urbino, Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, A.A. 2002/2003; Barile S., Pastore A. 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