Butindaro Giacinto
LA CHIESA CATTOLICA ROMANA
Prefazione
La chiesa cattolica romana
PREFAZIONE
Cari fratelli nel Signore, ben sapendo che anche voi vi trovate spesso a parlare dell’Evangelo della grazia ai Cattolici
romani, e ben sapendo che molti di voi conoscono molto superficialmente le dottrine cattoliche romane (e quasi niente
della storia del papato), e ben sapendo che per opporsi efficacemente ai Cattolici romani e dimostrare loro gli errori ai
quali sono dati (colla speranza che riconoscano di essere stati ingannati e invochino il Signore affinché abbia pietà di
loro) è necessario conoscere le loro errate dottrine per poter mettergli di fronte le Scritture con cui quelle dottrine vengono confutate (e naturalmente per fare ciò occorre conoscere le sacre Scritture per usarle con dirittura nei loro confronti), ho deciso di scrivere questo libro contro le eresie della chiesa cattolica romana: un altro libro confutatorio quindi che
segue quello contro il New Age.
La confutazione che segue ha dunque questi scopi: far conoscere più approfonditamente il cattolicesimo romano a coloro fra voi che lo conoscono solo superficialmente, dimostrare con le Scritture che esso non ha nulla a che vedere con il
cristianesimo essendo una forma di paganesimo camuffato abilmente da cristianesimo, ed aiutarvi mediante di essa a
esporre meglio la sana dottrina ai Cattolici che la contraddicono nella loro ignoranza. Il mio desiderio infatti è quello di
confermarvi nella guerra che anche voi sostenete contro i principati, le potestà, i dominatori di questo mondo di tenebre,
e le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti, che tengono schiave del peccato e della menzogna, milioni e milioni di Cattolici romani che non sanno nulla e non capiscono nulla, avendo le loro menti accecate dalle tenebre. In altre parole che voi non restiate punto confusi dinanzi a questi avversari del Vangelo fatti di carne ed ossa che
sono manovrati a loro insaputa dai nemici spirituali del Vangelo, cioè il diavolo e i suoi ministri, ma che con la Parola
di Dio esposta con ogni franchezza distruggiate ogni vano ragionamento e buttiate giù ogni altezza da essi elevata contro il Vangelo. Sia esaltata e difesa la dottrina di Dio e camminino a testa alta coloro che l’amano, ma sia distrutta ogni
sorta di menzogna e superstizione e restino confusi arrossendo e non avendo nulla di che replicare coloro che le insegnano e praticano. Sempre con la speranza e il vivo desiderio che rientrati in loro stessi riconoscano la verità e siano liberati dalle mani di Satana; e questo alla gloria del nostro Dio che è benedetto in eterno. Amen.
Come in ogni mio scritto confutatorio, anche in questo contro la chiesa cattolica romana, prima ci sarà l’esposizione
della dottrina errata a riguardo di questo o quell’altro argomento, e poi seguirà la dimostrazione della falsità di quella
dottrina che rappresenta un occasione per esporre il sano insegnamento della Scrittura a riguardo di questa o quell’altra
cosa. Nel presente scritto dimostrerò pure alcune delle falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana fino ad oggi, confuterò alcune dottrine del movimento carismatico cattolico con cui purtroppo alcuni fratelli si sono messi a collaborare, e l’ecumenismo di cui oggi si sente molto parlare alla chiesa cattolica romana e che purtroppo
ha attecchito in molte Chiese.
Per quanto riguarda la parte storica della chiesa cattolica romana, ho voluto esporre maggiormente la storia del papato
che si sa è la trave portante del cattolicesimo romano. Questa parte però si trova nel quarto capitolo, dedicato alla confutazione del papato, e non all’inizio del libro. Qui e là nel libro però ci sono diversi altri riferimenti storici che concernono in una maniera o nell’altra la chiesa cattolica romana (storia del purgatorio, della confessione, delle indulgenze, del
celibato forzoso, dell’Inquisizione, ecc.), per cui è necessario collegarli alla storia del papato, esposta in quel capitolo,
collocandoli nel periodo storico a cui si riferiscono.
Spero vivamente nel Signore e prego Dio che questo scritto contribuisca a vie più fortificare le vostre mani nella lotta
che anche voi sostenete in difesa del Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, e possa aiutare delle anime
tenute schiave da questa organizzazione religiosa - se mai capitasse nelle loro mani - a pervenire alla conoscenza della
verità che è in Cristo Gesù, e uscire così dalle tenebre del cattolicesimo.
La grazia sia con voi
Butindaro Giacinto
Roma 1998
Introduzione
INTRODUZIONE
Nello studiare le dottrine della chiesa cattolica romana,1
ho potuto riscontrare personalmente che questa organizzazione religiosa insegna pure delle dottrine vere. Voglio quindi iniziare col dire che cosa di giusto la chiesa
cattolica romana afferma.
- Dio: ‘Dio è l’essere perfettissimo, Creatore e Signore
del cielo e della terra’;2 ‘Creatore significa che Dio ha
fatto dal nulla tutte le cose’;3 ‘Signore significa che Dio
è padrone assoluto di tutte le cose’;4 ‘Dio non ha corpo,
ma è purissimo spirito’;5 ‘Dio è in cielo, in terra e in
ogni luogo; Egli è l’Immenso’;6 ‘Dio è sempre stato e
sempre sarà; Egli è l’Eterno’;7 ‘Dio sa tutto, anche i
nostri pensieri; Egli è l’Onnisciente’;8 ‘Dio può fare
tutto ciò che vuole: Egli è l’Onnipotente’;9 ‘Dio ha cura
e provvidenza delle cose create, e le conserva e dirige
tutte al proprio fine, con sapienza, bontà e giustizia infinita’;10 ‘Dio è uno solo, ma in tre Persone eguali e distinte, che sono la santissima Trinità (...) Le tre Persone
della santissima Trinità si chiamano Padre, Figliuolo e
Spirito Santo’.11
- Gesù Cristo: ‘Gesù Cristo è la seconda Persona della
santissima Trinità, cioè il Figliuolo di Dio fatto uomo’;12 ‘Sì, Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo’;13 ‘Il
Figliuolo di Dio si è fatto uomo prendendo un corpo ed
un’anima come abbiamo noi, nel seno di Maria Vergine
per opera dello Spirito Santo’;14 ‘Gesù Cristo nacque a
Betlemme..’;15 ‘Gesù Cristo, nella sua vita terrena,
c’insegnò con l’esempio e con la parola a vivere secondo Dio, e confermò coi miracoli la sua dottrina; finalmente, per cancellare il peccato, riconciliarci con Dio e
riaprirci il Paradiso, si sacrificò sulla Croce, ‘unico
Mediatore tra Dio e gli uomini’;16 ‘Il suo Corpo fu sep1
Ho deciso di chiamare questa organizzazione religiosa
com’essa si definisce ma faccio presente sin da ora che essa
per noi non è la Chiesa di Dio cattolica, ossia universale, ma
solo una delle tante pseudochiese esistenti sulla terra.
2
Giuseppe Perardi, Nuovo Manuale del Catechista per
l’insegnamento del catechismo della dottrina cristiana, Pubblicato per ordine di Pio X, XVII edizione rinnovata e in gran
parte rifatta, Torino 1939, pag. 21 (il libro contiene
l’Imprimatur). Per esporre le dottrine della chiesa cattolica
romana ho deciso di usare in massima parte questo manuale.
E’ vero che esso è ormai abbastanza vecchio ma questo è relativo perché il suo contenuto è confermato, tranne che in alcune
piccole cose, dai catechismi della chiesa cattolica più recenti. I
corsivi presenti nelle citazioni sono nel testo.
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 35
4
Ibid., pag. 38
5
Ibid., pag. 40
6
Ibid., pag. 42
7
Ibid., pag. 43
8
Ibid., pag. 44
9
Ibid., pag. 45
10
Ibid., pag. 48
11
Ibid., pag. 65
12
Ibid., pag. 67
13
Ibid., pag. 70
14
Ibid., pag. 129
15
Ibid., pag. 142
16
Ibid., pag. 147
2
La chiesa cattolica romana
pellito (...) Poi Gesù Cristo risuscitò; risuscitò ripigliando il suo medesimo corpo e riunendo al corpo anche l’anima’;17 ‘Gesù Cristo, dopo la sua risurrezione,
rimase in terra quaranta giorni; poi salì al cielo, dove
siede alla destra di Dio Padre onnipotente’;18 ‘Gesù
Cristo tornerà visibilmente su questa terra...’.19
- L’uomo: ‘Il peccato di Adamo spogliò lui e tutti gli
uomini della grazia e d’ogni altro dono soprannaturale,
rendendoli soggetti al peccato, al demonio, alla morte,
all’ignoranza, alle cattive inclinazioni e ad ogni altra
miseria, ed escludendoli dal Paradiso’;20 ‘L’anima
dell’uomo non muore col corpo, ma vive in eterno, essendo spirituale’.21
- Paradiso e inferno: ‘E’ certo che esistono il Paradiso
e l’Inferno (...) Il Paradiso e l’Inferno dureranno eternamente’.22
- Risurrezione: ‘Alla fine del mondo ci attende la risurrezione della carne (...) Risurrezione della carne significa che il nostro corpo, per virtù di Dio, si ricomporrà e
si riunirà all’anima...’.23
17
Ibid., pag. 156-157
Ibid., pag. 161
19
Ibid., pag. 164
20
Ibid., pag. 119. Si tenga presente però che la chiesa cattolica
romana da tutti gli uomini che hanno contratto il peccato originale esclude oltre che Gesù anche Maria: ‘... tra i figli di
Adamo solo Maria SS. fu preservata dal peccato originale’
(Ibid., pag. 232).
21
Ibid., pag. 109
22
Ibid., pag. 176. Preciso però che il Perardi nella spiegazione
per inferno intende oltre che l’Ades, dove noi sappiamo che
vanno le anime dei peccatori, anche lo stagno ardente di fuoco
e di zolfo o Geenna, dove noi sappiamo saranno gettati col
corpo i peccatori alla risurrezione e dove verrà gettato anche
l’Ades (cfr. Apoc. 20:13-15). E questo perché per i Cattolici i
termini Ades e Geenna indicano lo stesso luogo, cioè
l’inferno. Il Bartmann dice per esempio a proposito
dell’inferno: ‘Alla parola inferno corrispondono nella Sacra
Scrittura le espressioni: Ade, Tartaro, Sheol, Geenna, perdizione, morte’ (Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol.
III, Alba 1959, pag. 423). Mentre noi quando usiamo il termine inferno ci riferiamo solitamente all’Ades che secondo la
Scrittura è un luogo di tormento nel cuore della terra (dove
soggiornano le anime dei peccatori in attesa della risurrezione)
distinto dallo stagno ardente di fuoco e di zolfo (che è il luogo
di tormento finale dove dimoreranno per sempre i peccatori
anche con il loro corpo). I Cattolici comunque credono
nell’esistenza di un luogo di tormento eterno dove i peccatori
saranno tormentati per sempre, a differenza dei cosiddetti Testimoni di Geova e degli Avventisti. La parola inferno deriva
dal latino infernus che significa ‘luogo inferiore, sotterraneo’.
23
Ibid., pag. 253. Si tenga presente però che la chiesa cattolica
non crede che quando Gesù tornerà ci sarà la risurrezione dei
morti in Cristo (la prima risurrezione) e il mutamento dei credenti viventi e che inizierà il regno millenario di Cristo sulla
terra, che sarà seguito dalla risurrezione di giudizio degli empi. Essa insegna infatti le seguenti cose: 1) la prima risurrezione è ‘una rinascita su questa terra ad una nuova vita, la rigenerazione alla vita soprannaturale dei Figli di Dio, che hanno poi
perseverato nella fedeltà al Signore, sono morti nella sua amicizia, ed ora, godono della felicità celeste, come risorti ad una
vita nuova, trasfigurata nel Regno di Cristo. Sono i martiri del
Signore, che han dato la vita per lui (i decollati), o vissuti nella
fedeltà ai suoi Comandamenti (quelli che non hanno adorato la
bestia) e che dopo la morte han già raggiunto la felicità, prima
18
Introduzione
Ma assieme a queste dottrine la chiesa cattolica romana
insegna tante altre dottrine prive di fondamento scritturale che contrastano la Parola di Dio e sotto le quali ha
sepolto il Vangelo della grazia di Dio; sì, lo ha letteralmente sepolto. Uso quest’espressione perché ho riscontrato personalmente, non solo leggendo i loro libri di
teologia ma anche parlando con tanti Cattolici romani,
che benché questa chiesa dica di credere nella divina
ispirazione della Scrittura1 e di predicare l’Evangelo in
effetti ha messo il Vangelo sotto un cumulo di immondizie, vale a dire sotto le sue eresie,2 impedendo così
alle persone di essere salvate e di pervenire alla conoscenza della verità. In altre parole, la chiesa cattolica
romana ha preso la sua millenaria tradizione e l’ha posta
al di sopra dell’Evangelo, cosicché le persone non vedono più il Vangelo della grazia, che è la sola parola che
le può salvare, ma solo la sua tradizione che rinnega apertamente e sfacciatamente il messaggio del Vangelo
che Cristo prima e poi gli apostoli ci hanno annunziato.
E’ appunto contro le sue eresie che mi accingo a scrivere, al fine di dimostrare come in effetti la chiesa cattolica romana con la sua tradizione ha annullato l’Evangelo
perché dice che per essere salvati occorre operare invece
di credere, e annunzia un altro Gesù; sì proprio un altro
Gesù, diverso da quello che abbiamo conosciuto noi,
perché il Gesù di cui essa parla è impotente da solo a
salvare gli uomini avendo bisogno dell’assistenza di
Maria. Anzi, possiamo dire, facendo un confronto tra
come essi presentano Gesù e come presentano Maria,
che il Gesù della chiesa cattolica romana è meno potente di Maria. Questo si può ben vedere persino nelle abominevoli immagini e opere scultoree di questa chiesa
idolatra; Gesù viene spesso rappresentato bambino nelle
braccia di sua madre, quasi che volessero infondere nelle persone la convinzione che Gesù sia rimasto un lattante che ha bisogno di essere tenuto nelle braccia da
sua madre, e quindi meno forte di sua madre adulta. E
quando Gesù non è presentato bambino, è presentato
morto appeso alla croce, o cadavere nelle braccia di sua
madre. Quindi la chiesa romana si serve anche delle
immagini e delle statue per sminuire Gesù; ma Gesù
ancora del ritorno di Cristo’; 2) il millennio rappresenta il periodo che intercorre tra la prima e la seconda venuta di Cristo;
3) ci sarà una sola risurrezione finale di tutti gli uomini, dei
buoni e dei cattivi, che verranno separati dagli angeli prima
del giudizio finale; 4) i cristiani viventi alla venuta di Cristo
subiranno anche loro la morte.
1
‘La Sacra Scrittura è la raccolta dei libri scritti per ispirazione di Dio nel Vecchio e nel Nuovo Testamento...’ (Ibid.,
pag. 373).
2
Il termine eresia deriva dal greco hairesis che significa ‘eresia’ e nel Nuovo Testamento è presente per esempio nel seguente versetto: “Ci saranno anche fra voi falsi dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione” (2 Piet. 2:1).
Esso indica una dottrina contrastante la Parola di Dio. Questo
termine greco significa anche ‘setta’ o ‘fazione’ ed in questo
senso è usato nei seguenti casi: “Abbiam dunque trovato che
quest’uomo è una peste... ed è capo della setta de’ Nazarei”
(Atti 24:5); “Ma questo ti confesso, che secondo la Via ch’essi
chiamano setta, io adoro l’Iddio dei padri...” (Atti 24:14);
“Quant’è a cotesta setta, ci è noto che da per tutto essa incontra opposizione” (Atti 28:22); “..perché bisogna che ci sian fra
voi anche delle sètte...” (1 Cor. 11:19).
La chiesa cattolica romana
Cristo è uomo fatto che dopo essere morto risuscitò dai
morti e fu assunto in cielo e fatto sedere alla destra di
Dio al di sopra di ogni principato e signoria e trono, e
davanti a lui si prostrano tutti (anche Maria) e senza di
lui nessun uomo può andare a Dio. E’ lui il Gesù di cui
parlano le Scritture; ma quello che presenta la chiesa
cattolica romana è un Gesù fatto a sua misura, un Gesù
rintuzzato, per potere sostenere tutto quel suo profano
deposito costituito da tutte le sue eresie e che viene fatto
passare per tradizione apostolica.
Nella mia confutazione comincerò a distruggere il baluardo su cui si erge tutta quanta la chiesa cattolica romana, e cioè la dottrina che afferma che la salvezza si
ottiene per opere3 e non per fede (i teologi papisti si esprimono dicendo ‘anche per opere e non solo per fede’); proseguirò poi col distruggere tutte le altre sue dottrine demoniache che sono in una maniera o nell’altra
collegate ad essa (ed anche quelle che non sono collegate ad essa). Ho ritenuto opportuno partire da questa loro
dottrina perché è quella che serve da fondamento al muro che ci separa da loro, e perché è di primaria importanza conoscerla nei suoi particolari per comprendere
bene la maggiore parte di tutte le altre sue eresie edificate su di essa e la maniera in cui sono collegate ad essa.
3
Si tenga presente che quando la chiesa cattolica romana parla
di buone opere non si riferisce soltanto alle elemosine fatte ai
poveri, o allo sfamare gli affamati o al dissetare gli assetati, o
ancora al vestire gli ignudi, visitare gli ammalati ecc. (tutte
cose buone che approviamo), ma anche alla recitazione di preghiere a Maria o ai santi, ai pellegrinaggi, a offerte e preghiere
fatte per i morti ed altre pratiche che non hanno nessun fondamento biblico e che sono perciò da rigettare.
3
La salvezza
La chiesa cattolica romana
Capitolo 1
LA SALVEZZA
LA DOTTRINA DEI TEOLOGI PAPISTI IN TERMINI GENERALI
La chiesa cattolica romana afferma che ‘il Figliuol di
Dio si fece uomo per salvarci, cioè per redimerci dal
peccato...’.1 Quindi, essa insegna il giusto in questo; ma
passando a spiegare il come Cristo ci salva essa afferma
una eresia perché dice che Cristo ‘ci redense dal peccato
originale che cancella in noi col Battesimo, e ci redime
dai peccati nostri colla Penitenza che perdonandoceli, ci
condona anche l’Inferno per essi meritato, e ci riacquista il diritto al Paradiso’.2 Che cosa vogliono dire queste
parole? Questo, che quando il bambino viene battezzato
(cioè - per loro - quando gli viene versata l’acqua benedetta sul capo) viene liberato dalla schiavitù del peccato,
viene giustificato dinanzi a Dio, gli viene cancellato il
peccato originale, ed ottiene di entrare in paradiso (senza fede quindi); poi quando è cresciuto e compie dei
peccati mortali, che sono i soli che secondo la teologia
papista lo privano della grazia divina e lo rendono degno di pena o morte eterna all’inferno, allora si deve
andare a confessare dal prete, che lo redime da essi, lo
giustifica, e glieli rimette, assolvendolo e dandogli delle
opere di penitenza da compiere per espiarli appieno perché i meriti di Cristo non bastano: l’uomo deve anche
lui dare la sua parte di soddisfazione per i suoi peccati a
Dio! Così, tramite la confessione fatta al prete e
l’osservanza delle opere prescrittegli, egli può ricuperare la grazia perduta, e meritarsi il paradiso.3 In sostanza
la salvezza di cui parlano i teologi papisti non si ottiene
per fede soltanto (e quindi non per grazia di Dio) il che
equivale a dire che Cristo in realtà non è venuto a salvarci ma ad aiutarci affinché ci salvassimo da noi stessi.
Ho voluto fare questa premessa per fare capire, senza
entrare per ora nei dettagli di questi due sacramenti essenziali alla salvezza (questo lo faremo quando parleremo specificatamente di essi), che la teologia papista
insegna non la salvezza per (sola) fede, come la insegna
la sacra Scrittura, ma una salvezza per mezzo del battesimo quando si è fanciulli (o quando si è adulti) e per
mezzo della penitenza (il che implica sempre - si tenga
presente questo - il dovere fare qualcosa per espiare i
propri peccati) quando si è cresciuti. E’ vero che parlano
anche loro di fede, ma (oltre a fare delle strane distinzioni di fede come quella tra la fede teologale e quella
1
Ibid., pag. 71
Ibid., pag. 71
3
Per comprendere bene la dottrina papista sulla salvezza è indispensabile conoscere ciò che i teologi dicono sul battesimo e
sulla confessione. Per questo vi invito a leggere attentamente
l’esposizione dettagliata di questi loro due sacramenti. E’ una
dottrina piuttosto complicata, di questo me ne rendo perfettamente conto fratelli, ma una volta capito il meccanismo, diventa più facile individuare gli errori papisti e confutarli.
2
4
di fiducia) fanno capire chiaramente, e ripeto chiaramente, che per la sola fede non si viene salvati, per la
sola fede non si ottiene la remissione dei peccati, per la
sola fede non si viene giustificati, per la sola fede non si
ottiene la vita eterna. Il loro messaggio in sostanza è
questo: ‘Non basta credere per essere salvati, giustificati, perdonati, ed entrare in paradiso’.
Ora, come ho accennato prima, per la teologia papista
c’è una redenzione, una remissione dei peccati, una giustificazione con il relativo diritto di andare in paradiso,
che si ottiene senza fede e senza opere con il battesimo
per infusione dopo pochi giorni in cui si è nati; e poi c’è
un’altra redenzione, un’altra remissione dei peccati,
un’altra giustificazione con il diritto di andare in paradiso che si ottiene mediante il sacramento della penitenza
quando si è più grandi - dopo avere commesso i cosiddetti peccati mortali - compiendo opere di misericordia
e mortificazioni. Io in questa prima parte del libro confuterò maggiormente la dottrina che dice che
l’affrancamento dal peccato, la giustificazione, la remissione dei peccati, e la vita eterna si ottengono per opere
meritorie, in altre parole la salvezza per opere prescritta
agli adulti dalla chiesa papista che possiamo benissimo
chiamare autoredenzione. Sì, perché nei fatti la redenzione offerta dal cattolicesimo agli uomini è un autoredenzione perché essa si fonda essenzialmente sui meriti
umani che consistono nel cattolicesimo in digiuni, mortificazioni, atti di misericordia, elemosine, preghiere e
cerimonie cosiddette sacre. Questo è un dato di fatto;
ma i teologi papisti san ben mascherare questa autoredenzione parlando di grazia. Ma di una grazia suddivisa
in due specie; grazia santificante e grazia sacramentale
che vengono conferite all’uomo dai loro sacramenti.
Senza entrare nei dettagli mi limito a dire che questa
loro grazia conferita dai sacramenti mette in grado
l’uomo di meritarsi, e ripeto meritarsi, la salvezza eterna.
Ora, con la grazia di Dio, dimostrerò che non è affatto
in virtù di opere che si viene liberati dai peccati, che non
è in virtù di opere che si viene giustificati, che non è in
virtù di opere che si ottiene la remissione dei peccati, e
che non è in virtù di opere che si ottiene la vita eterna,4
4
L’affrancamento dal peccato (che costituisce anche la liberazione dal presente secolo malvagio che giace nel maligno), la
giustificazione, la remissione dei peccati e l’ottenimento della
vita eterna (che implicitamente significa l’essere salvati
dall’inferno) sono tutte cose strettamente connesse, perché
secondo la Scrittura l’uomo viene affrancato dal peccato, giustificato, perdonato, ed ottiene la vita eterna (scampando alle
fiamme dell’inferno perché l’ira di Dio viene rimossa da sopra
lui) quando si ravvede e crede nel Signore. In effetti si può
dire che queste cose sono tutti degli aspetti della salvezza di
Dio che è in Cristo Gesù. Ecco perché quando diciamo che
siamo stati salvati, diciamo nello stesso tempo più cose, e cioè
che siamo stati liberati dal dominio del peccato e dal presente
secolo malvagio, siamo stati giustificati, abbiamo ottenuto la
remissione dei peccati, abbiamo ottenuto la vita eterna e siamo
perciò sicuri di scampare alle fiamme dell’Ades quando moriremo. Io ho ritenuto trattare questi aspetti della salvezza separatamente per rendere più chiara possibile sia l’esposizione
della dottrina cattolica romana che l’esposizione della dottrina
di Dio. E dato che ho parlato della salvezza, non si dimentichi
che un altro suo aspetto è la redenzione del nostro corpo che
La salvezza
ma solo ed esclusivamente mediante la fede, quindi per
la grazia di Dio (gratuitamente). E che perciò ogni merito umano è escluso nella maniera più assoluta; ogni
sforzo umano compiuto per guadagnarsi la salvezza è
vano ed offensivo nei confronti di Cristo Gesù.
La salvezza è per grazia, totalmente per grazia; l’uomo
non deve guadagnarsela, ma deve solo riceverla dalla
mano di Dio. Questo è il messaggio che sta alla base del
Vangelo; se esso manca, manca l’Evangelo. E nella
chiesa cattolica romana manca proprio questo, il Vangelo della grazia di Dio. Adesso lo dimostrerò.
L’AFFRANCAMENTO DALLA SCHIAVITÙ DEL
PECCATO
La dottrina dei teologi papisti
La redenzione dal peccato si ottiene mediante il battesimo e la penitenza. I meriti di Cristo non bastano per
riceverla, bisogna perciò fare delle opere buone per ottenerla.
I teologi papisti - come ho già accennato - sostengono
che il battesimo libera dal peccato chi lo riceve (quindi
non solo gli infanti ma anche gli adulti che per esempio
si convertono dal buddismo al cattolicesimo); ed affermano pure che una volta battezzati se si compiono dei
peccati ‘mortali’ si perde la grazia e quindi è necessario
andare a confessarsi dal prete per ottenere la liberazione
da essi e ricuperare la grazia perduta. Va detto però che
quantunque il prete abbia ricevuto da Cristo l’autorità di
rimettere i peccati, al penitente dopo la confessione rimane da espiare una parte della colpa meritata. Perché
questo? Perché i meriti di Cristo (che il prete pretende di
applicare al penitente con la formula assolutoria) sono
insufficienti a salvarlo per cui non è sufficiente la fede a
salvarlo, cioè per lui non è sufficiente pentirsi e credere
che Gesù Cristo è morto anche per i suoi peccati sulla
croce ed è risuscitato per la sua giustificazione, ma occorrono pure delle opere buone (chiamate opere di soddisfazione). E come sostengono ciò con le sacre Scritture? Prendono le seguenti parole di Paolo ai Colossesi:
“E quel che manca alle afflizioni di Cristo lo compio
nella mia carne a pro del corpo di lui che è la Chiesa”,1
e gli danno questo significato: ‘Noi dobbiamo cooperare
con Cristo per la nostra salvezza mediante le nostre opere meritorie, quindi con i nostri patimenti; e questo perché noi dobbiamo compiere quello che manca alle afflideve ancora compiersi secondo che dice Paolo ai Romani:
“Anche noi stessi gemiamo in noi medesimi, aspettando
l’adozione, la redenzione del nostro corpo” (Rom. 8:23). E
questo perché, come dice Paolo subito dopo, “noi siamo stati
salvati in isperanza” (Rom. 8:24). Questa redenzione corporale
si compirà alla risurrezione che avrà luogo alla venuta di Cristo. Quindi quando diciamo che siamo stati salvati intendiamo
dire anche che, dato che facciamo parte del numero degli eletti
chiamati al regno e alla gloria, in quel giorno il nostro corpo
sarà redento dalla corruzione, dalla debolezza, e dalla mortalità perché sarà reso simile al corpo della gloria di Gesù Cristo
(cfr. Fil. 3:21); saremo in altre parole resi partecipi della gloria
ottenuta da Cristo alla sua risurrezione. Gloria a Dio in eterno.
Amen.
1
Col. 1:24
La chiesa cattolica romana
zioni di Cristo’. Quindi quando si sente parlare di redenzione ai Cattolici bisogna tenere presente le seguenti
cose; che il battesimo e la penitenza sono reputati indispensabili per essere salvati (questo lo vedremo meglio
più avanti), e che nel caso dell’adulto che si va a confessare dopo avere peccato ‘mortalmente’ contro Dio, la
fede in Cristo soltanto non lo può in alcun modo redimere perché egli è chiamato a compiere opere di soddisfazione. Ecco perché i teologi papisti ripetono continuamente che la fede soltanto non salva, che non basta
soltanto credere per essere salvati: perché secondo loro
per essere salvati occorre la fede e le buone opere.2
Ma le cose non stanno affatto così, perché se per essere
salvati da Cristo oltre la fede sono necessarie delle opere giuste allora la salvezza cessa automaticamente di
essere per grazia ossia gratuita.
Confutazione
Si viene liberati dalla legge del peccato e della morte
credendo in Gesù e quindi per grazia
La sacra Scrittura afferma che tutti hanno peccato, perciò tutti sono schiavi del peccato che commettono secondo che é scritto: “Chi commette il peccato è schiavo
del peccato”;3 ed essa afferma che per essere affrancati
dalla schiavitù del peccato bisogna soltanto ravvedersi
dai propri peccati e credere nel Signore nostro Gesù
Cristo.4 Quindi, è da escludersi sia che il battesimo (sia
per infusione che per immersione) salva dal peccato,
perché la fede (che è quella che salva) deve precedere e
precede il battesimo; e sia che la confessione al prete
redima dal peccato perché, secondo la Scrittura, c’è bisogno solo di pentirsi e di credere col cuore in Cristo
Gesù per ottenere la redenzione dal peccato, senza bisogno alcuno di un mediatore terreno.
2
Si dovrebbe quindi arrivare alla conclusione che con il battesimo, la confessione, credendo e compiendo atti di pietà come
dicono loro, uno può essere certo della sua salvezza: ma il fatto è che dopo avere seguito scrupolosamente tutte le loro prescrizioni il penitente continua inevitabilmente a dichiarare di
non avere la certezza della salvezza. Anzi è costretto a dichiarare di non avere questa certezza per non essere colpito
dall’anatema lanciato contro coloro che oseranno dire una tale
cosa. Ci dev’essere quindi per forza di cose qualcosa che non
va in questo sistema. Può essere mai che Gesù sia venuto per
lasciare le persone che credono in lui nell’incertezza della loro
salvezza?
3
Giov. 8:34
4
Quando si viene liberati dalla schiavitù del peccato si viene
anche riscattati dal presente secolo malvagio e dalle mani di
colui che domina questo mondo cioè il diavolo, per cui quando
parlo dell’affrancamento dal peccato mi riferisco implicitamente anche al riscatto dal mondo e dalla potestà di Satana.
Secondo la Parola di Dio infatti la liberazione dal dominio del
peccato coincide con la liberazione dal presente secolo e dalla
potestà di Satana. Paolo per esempio dice ai Galati che Cristo
“ha dato se stesso per i nostri peccati affin di strapparci al presente secolo malvagio” (Gal. 1:4) e a Tito dice che Cristo ha
dato se stesso per noi “affin di riscattarci da ogni iniquità..”
(Tito 2:14) e ai Colossesi che “Egli ci ha riscossi dalla potestà
delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figliuolo” (Col. 1:13).
5
La salvezza
Le seguenti Scritture attestano in maniera inequivocabile che si viene salvati soltanto mediante la fede, e quindi
non mediante il battesimo che segue la fede e neppure
tramite delle opere buone.
- Paolo e Sila, quando il carceriere di Filippi chiese loro: “Signori, che debbo io fare per esser salvato?”,1 gli
risposero: “Credi nel Signor Gesù, e sarai salvato tu e la
casa tua”.2
Essi non gli dissero: ‘Fatti battezzare e sarai salvato’ e
neppure: ‘Fai delle opere buone e sarai salvato’, perché
sapevano che l’uomo viene salvato mediante la fede nel
Signore Gesù e non mediante il battesimo o delle opere
buone. Ma poniamo il caso che questa domanda sia fatta
ad un prete, che risponderà egli? Egli risponderà così:
devi farti innanzi tutto battezzare, devi credere tutte le
cose che Dio ha rivelate alla sua Chiesa e che sono nella
Bibbia e nella tradizione e poi devi fare delle opere giuste. Dopo avere fatto tutto ciò però non puoi essere certo
di essere salvato perché potresti cadere in qualche peccato mortale e perdere così la grazia ricevuta; in questo
caso comunque c’è la confessione che ti salva. Ma per
fare una buona confessione occorrono diverse cose e poi
che tu faccia le opere prescritte dal confessore. Studiati
di ricevere i sacramenti della chiesa e di fare del tuo
meglio e spera di essere salvato ma non dire mai che sei
salvato: questa è sfacciata presunzione. Ma ditemi: Non
è tutto ciò una via molto complicata e del tutto insicura?
- Cornelio era un uomo pio e temente Dio con tutta la
sua casa, e faceva molte elemosine al popolo e pregava
Dio del continuo, ma nonostante ciò non era ancora stato salvato dai suoi peccati quando l’angelo di Dio gli
apparve in visione dicendogli di mandare a chiamare
Simon Pietro. Questo é confermato dal fatto che
l’angelo gli disse: “Manda a Ioppe, e fa’ chiamare Simone, soprannominato Pietro; il quale ti parlerà di cose,
per le quali sarai salvato tu e tutta la casa tua”.3 Cornelio
fu salvato quando accettò per fede le parole che Pietro
disse in casa sua.
Quindi, quest’uomo non fu salvato né dal battesimo
(che gli fu ministrato dopo che credette) e neppure dalle
sue elemosine ma fu salvato dalla sua fede nel Vangelo
che Pietro gli predicò. Certamente se le preghiere e le
elemosine che faceva Cornelio fossero state sufficienti
per la sua salvezza non ci sarebbe stato bisogno ch’egli
udisse l’Evangelo e credesse in esso. Il fatto è però che
Cornelio benché temesse Dio, lo pregasse e facesse
molte elemosine era ancora perduto e schiavo del peccato. Fu indispensabile anche per lui sentire l’Evangelo e
credere in esso per essere salvato perché la salvezza non
la conferisce il battesimo e non è il frutto di opere buone
ma il dono di Dio che si riceve credendo e non operando.
- Paolo disse ai Romani: “Sia ringraziato Iddio che eravate bensì servi del peccato, ma avete di cuore ubbidito
a quel tenore d’insegnamento che v’è stato trasmesso;
ed essendo stati affrancati dal peccato, siete divenuti
servi della giustizia”.4
La chiesa cattolica romana
I credenti di Roma furono salvati dai loro peccati ubbidendo al Vangelo, cioè credendo nel Vangelo, e non
mediante il battesimo o per avere fatto delle opere buone.
- Paolo disse ai Romani: “Io non mi vergogno
dell’Evangelo; perché esso é potenza di Dio per la salvezza d’ogni credente”;5 questo significa che è il messaggio della Buona Novella che libera dai peccati tutti
coloro che credono in esso. E noi siamo testimoni della
salvezza operata dal Vangelo in coloro che erano schiavi di ogni sorta di iniquità: uomini che nel passato erano
fornicatori, sodomiti, ladri, ubriachi, avari, stregoni, bugiardi, sono stati liberati dal peccato a cui essi ubbidivano soltanto mediante la loro fede nel Vangelo. Essi non
avrebbero mai potuto essere liberati dalla schiavitù delle
loro passioni peccaminose mediante il battesimo, o mortificando il loro corpo, o facendo elemosine, visitando
gli ammalati, le vedove e gli orfani, o dando da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, e questo sempre perché si viene liberati dalla schiavitù del peccato
credendo, soltanto credendo, il che precede sempre il
battesimo e il buon operare ordinato da Dio ai credenti.
- Paolo dice agli Efesini: “Poiché gli è per grazia che
voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da
voi; è il dono di Dio. Non è in virtù d’opere, affinché
niuno si glorî..”.6
Noi che abbiamo creduto nel Vangelo della nostra salvezza siamo stati liberati dai nostri peccati mediante la
sola fede nel Vangelo; nessuno di noi può dire di essere
stato salvato dai suoi peccati mediante il battesimo o per
avere fatto delle elemosine, delle visite agli ammalati,
alle vedove e agli orfani, o per avere dato da mangiare,
da bere e da vestire a coloro che ne avevano bisogno,
appunto perché non é in virtù del battesimo in acqua o
di opere buone che abbiamo ottenuto questa grande salvezza, ma soltanto, e lo ripeto soltanto, per avere creduto nel Vangelo della grazia di Dio. Se si potesse essere
salvati mediante delle opere buone, Cristo sarebbe morto inutilmente, e sarebbe quindi inutile predicare
l’Evangelo a tutti quegli uomini che pensano di pervenire alla salvezza facendo il bene a se stessi ed agli altri.
Ma oltre a ciò, bisogna dire che se si potesse essere salvati mediante delle opere buone, gli uomini avrebbero
di che gloriarsi nei confronti di Dio, perché potrebbero
dire di essersi meritati la salvezza, in altre parole potrebbero dire che essa è stata il frutto delle loro fatiche,
e non direbbero mai e poi mai che essa é il frutto del
tormento dell’anima di Cristo Gesù. Essi potrebbero dire che sono stati loro a soffrire per salvarsi, e non più
che Cristo, il Giusto, ha sofferto per noi ingiusti per affrancarci dalla schiavitù del peccato. Ma, come diceva
Paolo ai Romani, “dov’è dunque il vanto? Esso è escluso. Per qual legge? Delle opere? No, ma per la legge
della fede”,7 poiché noi riteniamo che l’uomo venga
salvato mediante la sua fede in Gesù Cristo. Ecco, perché noi non abbiamo nulla di che vantarci, perché siamo
stati salvati mediante la legge della fede, e quindi per
1
Atti 16:30
Atti 16:31
3
Atti 11:13,14
4
Rom. 6:17,18
2
6
5
Rom. 1:16
Ef. 2:8,9
7
Rom. 3:27
6
La salvezza
grazia. Sì, per la grazia di Dio; perché noi abbiamo dovuto solo credere nel Signore Gesù per essere salvati.
- Paolo dice ai Tessalonicesi: “Ma noi siamo in obbligo
di render del continuo grazie di voi a Dio, fratelli amati
dal Signore, perché Iddio fin dal principio vi ha eletti a
salvezza mediante la santificazione nello Spirito e la fede nella verità”.1
L’apostolo rendeva grazie a Dio perché a Dio era piaciuto, in base al suo proponimento eterno, di salvare i
credenti di Tessalonica. Ma come li aveva salvati Dio i
Tessalonicesi? Mediante il battesimo o le opere buone
forse? No, ma mediante la santificazione dello Spirito e
la fede nella verità. Ancora una volta la Scrittura conferma che la salvezza si ottiene non mediante il battesimo e neppure tramite le opere buone, ma mediante la
fede nella verità. Dove sono quindi i meriti dell’uomo?
Sono esclusi per la legge della fede.
- Paolo dice ai Corinzi: “Fratelli, io vi rammento
l’Evangelo che v’ho annunziato, che voi ancora avete
ricevuto, nel quale ancora state saldi, e mediante il quale
siete salvati...”,2 poi dice loro l’Evangelo che gli aveva
annunziato, ed infine dice: “Così noi predichiamo, e così voi avete creduto”.3
Da questo discorso di Paolo si deduce che i Corinzi erano stati salvati mediante la loro fede nel Vangelo e non
mediante il battesimo (che pure essi avevano subito ricevuto dopo avere creduto) o per avere fatto opere buone. Alcuni di loro erano stati adulteri, fornicatori, idolatri, effeminati, sodomiti, ladri, avari, rapaci, ubriachi e
oltraggiatori; ma erano stati salvati dai loro peccati mediante la sola fede nel Vangelo, che avevano riposto in
esso prima di farsi battezzare, senza le opere della legge. Per questo il messaggio di Cristo è chiamato la Buona Novella della pace; perché per ottenere pace con Dio,
cioè per essere riconciliati con Dio, i peccatori non devono compiere opere meritorie, ma devono solo ravvedersi e credere nel nome di Gesù Cristo. D’altronde che
buona novella sarebbe il messaggio di Cristo se esso dicesse che per essere salvati dal peccato bisogna compiere delle opere buone? Non sarebbe tutto ciò in contraddizione netta con l’essenza del Vangelo? Certo che lo
sarebbe; sarebbe come dire che Gesù è venuto a salvarci
gratuitamente, senza richiederci nient’altro che il ravvedimento e la fede in lui, ma noi dobbiamo cooperare con
lui (compiere opere giuste) per essere salvati dai peccati!
- Paolo dice nell’epistola a Tito: “Anche noi eravamo
una volta insensati, ribelli, traviati, servi di varie concupiscenze e voluttà, menanti la vita in malizia ed invidia,
odiosi e odiantici gli uni gli altri. Ma quando la benignità di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini sono stati manifestati, Egli ci ha salvati non per
opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua
misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il
rinnovamento dello Spirito Santo...”.4
Da queste parole di Paolo si apprendono chiaramente
due cose: la prima è che noi siamo stati salvati e perciò
La chiesa cattolica romana
possiamo affermare di essere salvati, senza il pericolo di
peccare di presunzione; la seconda é che questa salvezza
l’abbiamo ottenuta non mediante il battesimo e neppure
per avere compiuto opere meritorie ma esclusivamente
per la misericordia di Dio il quale ci ha fatto rinascere a
nuova vita mediante la Parola di Dio piantata in noi (il
lavacro della rigenerazione) e mediante il rinnovamento
operato in noi dallo Spirito Santo.
- Paolo dice a Timoteo che Dio “ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non secondo le nostre opere,
ma secondo il proprio proponimento e la grazia che ci è
stata fatta in Cristo Gesù avanti i secoli, ma che è stata
ora manifestata coll’apparizione del Salvator nostro Cristo Gesù...”.5
L’apostolo dice per l’ennesima volta che Dio ci ha salvati per grazia senza che noi abbiamo fatto alcun che di
buono; ma egli dice anche che Dio ci ha fatto grazia avanti i secoli, cioè avanti la fondazione del mondo. E se
ciò non bastasse a fare capire che la nostra salvezza non
è dipesa affatto da delle opere buone da noi compiute,
ma esclusivamente da Dio al quale è piaciuto salvarci
senza che meritassimo alcun che, citiamo anche le seguenti parole di Paolo ai Romani su Esaù e Giacobbe:
“Prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di
bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponimento dell’elezione di Dio, che dipende non dalle opere
ma dalla volontà di colui che chiama, le fu detto: Il
maggiore servirà al minore”,6 e queste altre: “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da
Dio che fa misericordia”.7 Dinanzi a tali parole cadono
per l’ennesima volta tutti quei ragionamenti dei teologi
papisti che attribuiscono la salvezza a delle opere meritorie.
- Pietro disse a Gerusalemme, dinanzi agli altri apostoli
e agli anziani: “Anzi, noi crediamo d’esser salvati per la
grazia del Signor Gesù, nello stesso modo che loro”.8
Ora, qui Pietro disse che loro che erano Giudei di nascita erano salvati per grazia nella stessa maniera in cui lo
erano i Gentili; e questo quantunque essi fossero circoncisi nella carne e avessero la legge di Mosè con i comandamenti di Dio. Ma perché Pietro non poté dire che
loro che erano Giudei erano stati salvati per le opere
della legge, mentre i Gentili, che non avevano la legge,
erano stati salvati per grazia? Perché anche loro Giudei
per essere salvati avevano dovuto soltanto credere (e
quindi non si erano meritati la salvezza mediante la legge), nella stessa maniera che i Gentili. Le parole di Pietro fanno chiaramente capire che per essere salvati si
deve solo credere e non operare, perché la salvezza di
Dio è offerta gratuitamente sia ai Giudei che ai Gentili.
- Gesù nei giorni della sua carne disse queste parole a
due donne: “La tua fede t’ha salvata”:9 le disse alla donna che fu guarita dal suo flusso di sangue, e a quella
donna peccatrice che gli rigò di lacrime i suoi piedi e
glieli asciugò coi suoi capelli e glieli unse d’olio. Ad
uno di quei dieci lebbrosi che egli guarì, ed a Bartimeo
5
1
2 Tess. 2:13
2
1 Cor. 15:1
3
1 Cor. 15:11
4
Tito 3:3-5
2 Tim. 1:9,10
Rom. 9:11,12
7
Rom. 9:16
8
Atti 15:11
9
Luca 8:48; 7:50
6
7
La salvezza
disse le medesime parole, vale a dire: “La tua fede t’ha
salvato”.1
Anche queste Scritture confermano che é soltanto mediante la fede che si viene salvati e non mediante il battesimo o per opere buone. Perché se Gesù avesse creduto che era il battesimo a salvare non avrebbe potuto dire
“la tua fede ti ha salvato” ma avrebbe dovuto dire: ‘Vieni a farti battezzare e sarai salvato’; e se credeva che era
la fede più le opere buone avrebbe dovuto dire: ‘Va
prima a fare opere degne di ravvedimento e allora conseguirai la salvezza dai tuoi peccati perché solo la fede
non basta a salvarti’.
- Paolo dice ai Romani: “Questa è la parola della fede
che noi predichiamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore, e avrai creduto col cuore
che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti
col cuore si crede per ottener la giustizia e con la bocca
si fa confessione per esser salvati. Difatti la Scrittura
dice: Chiunque crede in lui, non sarà svergognato. Poiché non v’è distinzione fra Giudeo e Greco; perché lo
stesso Signore è Signore di tutti, ricco verso tutti quelli
che lo invocano; poiché chiunque avrà invocato il nome
del Signore, sarà salvato”.2
Come potete vedere per essere salvati non ci vuole il
battesimo e non é necessario fare opere buone, ma é necessario confessare con la propria bocca Gesù come Signore, e credere col cuore che Dio l’ha risuscitato dai
morti. Non è semplice e chiara la via della salvezza che
propone la Scrittura? Certo che lo è. Ma provate a prendere nelle vostre mani un qualsiasi libro di teologia
dogmatica e cercatevi il come si ottiene la salvezza per
la chiesa papista e vi accorgerete subito dalle prime parole di quanto essa sia estremamente complicata ed incerta pure, tanto da farvi perdere subito la voglia di continuare a leggere.
Per farvi comprendere come noi dalle grandi acque non
siamo stati tirati fuori perché ci siamo sottoposti al rito
del battesimo o per meriti nostri, ma soltanto perché abbiamo invocato il nome del Signore, vi ricordo un episodio che avvenne sul mare di Tiberiade ai giorni di Gesù.
Gesù, una notte, mentre i suoi discepoli erano nella barca in mezzo al mare, andò alla loro volta camminando
sul mare. I suoi discepoli quando lo videro si misero a
gridare dalla paura pensando di vedere un fantasma, ma
Gesù li rassicurò dicendo loro di non temere perché era
lui. Quando Pietro sentì dirgli questo, gli disse di comandargli di camminare sulle acque se era lui. Gesù gli
disse: “Vieni! E Pietro, smontato dalla barca, camminò
sulle acque e andò verso Gesù. Ma vedendo il vento,
ebbe paura; e cominciando a sommergersi, gridò: Signore, salvami! E Gesù, stesa subito la mano, lo afferrò e
gli disse: O uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.3
Ricordando la nostra vita passata, vissuta al servizio
dell’iniquità e dell’impurità, dobbiamo dire che noi ci
trovavamo in una fossa di perdizione, in un pantano
fangoso, dove i nostri piedi non trovavano dove appoggiarsi, ma nell’angoscia del nostro cuore abbiamo invo1
Luca 17:19; 18:42
Rom. 10:8-13
3
Matt. 14:29-31
2
8
La chiesa cattolica romana
cato il nome del Signore dicendogli: ‘Signore, salvaci’,
e lui, nella sua fedeltà, avendo udito il nostro grido, ci
ha tirati fuori dalla melma nella quale ci dibattevamo.
Ma che abbiamo fatto per uscire fuori da essa? Ci siamo
dovuti fatti immergere nell’acqua o abbiamo fatto qualche opera buona forse? No, ma abbiamo soltanto gridato
al Signore, come fece Pietro in quella notte sul mare Tiberiade. Tutto ciò a conferma che “chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato”.4
Infine vogliamo dire alcune parole sull’interpretazione
papista data alle parole di Paolo ai Colossesi a sostegno
della salvezza per opere. Questa loro interpretazione datagli è del tutto arbitraria, perché se fosse così come dicono loro allora dovremmo affermare che Cristo non ha
sofferto a sufficienza per liberarci dai nostri peccati, e
che ci sono delle sofferenze che l’uomo deve patire per
meritarsi la salvezza.
Ma che vanno cianciando i teologi papisti? Le sofferenze di Cristo sono state complete; non rimangono mortificazioni corporali da compiere per l’uomo peccatore
perché quelle di Cristo sono sufficienti per la sua salvezza.
Quel “quel che manca alle afflizioni di Cristo”5 di cui
parla Paolo non sono le afflizioni di Cristo mancanti che
bisogna compiere per meritarsi la salvezza; perché di
queste afflizioni non ce ne sono. Ma esse sono quelle
afflizioni che i credenti, che sono già salvati, sono
chiamati a patire per Cristo secondo che è scritto: “Poiché a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di
credere in lui, ma anche di soffrire per lui”;6 e mediante
le quali i credenti vengono reputati degni del regno di
Dio secondo che è scritto: “E se siamo figliuoli, siamo
anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pur soffriamo con lui, affinché siamo anche glorificati con
lui”.7
I riscattati devono compiere opere buone per rendere
sicura e ferma la loro vocazione ed elezione
La Scrittura dice chiaramente che noi non siamo stati
salvati mediante delle opere giuste, ma mediante la fede
in Cristo e quindi per la grazia di Dio. Ma la stessa
Scrittura dice altresì chiaramente che noi ora che siamo
salvati dobbiamo compiere opere buone. Paolo disse
infatti agli Efesini che noi siamo “stati creati in Cristo
Gesù per le buone opere, le quali Iddio ha innanzi preparate affinché le pratichiamo”;8 ed a Tito che Gesù
Cristo “ha dato se stesso per noi affin di riscattarci da
ogni iniquità e di purificarsi un popolo suo proprio, zelante nelle opere buone”.9 Ma ancora prima di Paolo
questo concetto lo aveva spiegato il Signore Gesù Cristo
il quale aveva detto ai suoi discepoli di averli scelti affinché praticassero le opere buone. Ecco le sue parole:
“Non siete voi che avete scelto me, ma son io che ho
scelto voi, e v’ho costituiti perché andiate, e portiate
4
Rom. 10:13
Col. 1:24
6
Fil. 1:29
7
Rom. 8:17
8
Ef. 2:10
9
Tito 2:14
5
La salvezza
frutto, e il vostro frutto sia permanente”.1 Ma perché
dobbiamo essere zelanti nelle opere buone? Perché Gesù ha detto: “In questo è glorificato il Padre mio: che
portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli”,2 ed
anche: “Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli
uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”3 volendo significare che noi compiendo opere buone faremo glorificare
il nome di Dio. Oltre a ciò va tenuto presente che noi
facendo opere buone ci facciamo un tesoro nel cielo che
costituisce il premio che il Signore ci darà in quel giorno (il che per noi è uno stimolo). Gesù infatti quando
disse al giovane ricco di vendere tutto quello che aveva
e darlo ai poveri gli disse: “ed avrai un tesoro nei cieli”,4
e Paolo disse a Timoteo di ordinare ai ricchi di essere
“ricchi in buone opere, pronti a dare, a far parte dei loro
averi, in modo da farsi un tesoro ben fondato per
l’avvenire”.5
Vi ricordo infine fratelli che le opere buone possono essere presenti nella nostra vita solo se osserviamo i comandamenti di Dio secondo che é scritto: “Colui che
dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto..”;6 ma saranno assenti se noi non osserviamo i comandamenti di Dio perché é scritto: “Come il tralcio
non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così
neppur voi, se non dimorate in me”.7 Per concludere diciamo questo: noi credenti sappiamo che per la nostra
fede siamo stati salvati dal peccato e dal presente secolo
malvagio, e che per le fatiche del nostro amore (le nostre opere buone) saremo premiati, cioè riceveremo da
Dio il frutto delle opere che abbiamo compiute sulla terra per amore del Signore e degli eletti.
LA GIUSTIFICAZIONE
La dottrina dei teologi papisti
La giustificazione si ottiene per fede più le opere.
La teologia papista dice che per ottenere la giustificazione non è sufficiente credere, ossia che per essere dichiarati giusti da Dio non basta solo credere in Gesù
Cristo. Ecco infatti come si esprime Bartmann: ‘Per ottenere la giustificazione sono richiesti dall’adulto, oltre
la fede, anche altri atti di virtù; la fede sola non giustifica - E’ di fede’.8
Questo equivale a dire che la giustificazione non si ottiene per la grazia di Dio ma per meriti propri, infatti se
oltre la fede ci vuole qualche atto di virtù da parte
dell’uomo ciò vuole dire che la giustificazione non è del
tutto gratuita, perché Dio vuole che l’uomo faccia qualcosa di buono per conseguirla.
La chiesa cattolica romana
Ma che cosa deve fare l’uomo per conseguire la giustificazione secondo la teologia papista? Innanzi tutto deve
farsi battezzare perché il concilio di Trento ha affermato
che la giustificazione viene concessa da Dio mediante il
battesimo: ‘Causa strumentale è il sacramento del battesimo, che è il sacramento della fede, senza la quale a
nessuno, mai, viene concessa la giustificazione’,9 e poi
deve confessarsi al prete per ottenere la remissione dei
cosiddetti peccati mortali compiuti dopo il battesimo e
compiere opere buone perché quest’ultime sono giustificanti ed espiatorie.
A sostegno di questa giustificazione per opere prendono
le seguenti parole di Giacomo: “Abramo, nostro padre,
non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo
figliuolo Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede operava
insieme con le opere di lui, e che per le opere la sua fede
fu resa compiuta; e così fu adempiuta la Scrittura che
dice: E Abramo credette a Dio, e ciò gli fu messo in
conto di giustizia; e fu chiamato amico di Dio. Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede
soltanto”,10 e dicono che esse confermano pienamente la
loro dottrina secondo la quale per ottenere la giustificazione non basta solo la fede perché Dio richiede altri atti
di virtù, e che quindi esse abbattono uno dei princìpi
fondamentali del ‘protestantesimo’! In difesa di questa
dottrina sulla giustificazione il concilio di Trento ha
emesso i seguenti anatemi: ‘Se qualcuno afferma che i
sacramenti della nuova legge non sono necessari alla
salvezza, ma superflui, e che senza di essi, o senza il
desiderio di essi, gli uomini con la sola fede ottengono
da Dio la grazia della giustificazione, anche se non sono
tutti necessari a ciascuno; sia anatema’:11 ‘Se qualcuno
afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, così
da intendere che non si richieda nient’altro con cui cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che in nessun modo è necessario che egli si prepari
e si disponga con un atto della sua volontà; sia anatema’.12
Confutazione
Si viene giustificati dai propri peccati mediante la fede
in Gesù
Ma le cose non stanno affatto così come dicono i teologi
papisti perché la Scrittura insegna che si viene giustificati da Dio soltanto mediante la fede. Ora, in questo caso noi non parleremo del perché il battesimo non giustifica (anche se avete già compreso che dato che si viene
giustificati soltanto per la fede che precede il battesimo,
quest’ultimo non può in niuno modo giustificare), e
neppure del perché la confessione al prete non può giustificare (di questi loro sacramenti parleremo più diffu-
1
Giov. 15:16
Giov. 15:8
3
Matt. 5:16
4
Matt. 19:21
5
1 Tim. 6:18,19
6
Giov. 15:5
7
Giov. 15:4
8
Bartmann Bernardo, Manuale di Teologia dogmatica, Alba
1949, vol. II, pag. 315
2
9
Concilio di Trento, Sess. VI, cap. VII. Ricordiamo che il concilio di Trento (1545-1563) fu la risposta della chiesa cattolica
romana ai riformatori che predicavano la giustificazione per la
sola fede.
10
Giac. 2:21-24
11
Concilio di Trento, Sess. VII, can. 4. Il termine anatema deriva dal greco anathema che significa ‘maledetto’.
12
Concilio di Trento, Sess. VI, can. 9.
9
La salvezza
samente in appresso), ma dimostreremo con le Scritture
che l’uomo è giustificato solo per fede perché le opere
giuste non possono in niuno modo giustificarlo.1
Noi tutti eravamo nemici di Dio nelle nostre opere malvagie e nella nostra mente e questo perché noi tutti
camminavamo secondo le concupiscenze della carne;
ma quando Dio ha manifestato il suo amore verso noi,
Egli ci ha giustificati, cioè ci ha resi giusti nel suo cospetto, cancellandoci tutti i nostri peccati. E mediante la
giustificazione noi siamo stati riconciliati con Dio e
siamo diventati suoi amici secondo che é scritto:
“L’amicizia sua è per gli uomini retti”.2 E questa giustificazione che noi abbiamo ottenuto l’abbiamo ricevuta
per fede, e quindi per grazia e non per opere. Le seguenti Scritture lo attestano in maniera chiara.
- Paolo dice ai Romani: “Giustificati dunque per fede,
abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro
Signore...”;3 e: “Tutti hanno peccato e son privi della
gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua
grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù”,4
ed ancora: “Ma Iddio mostra la grandezza del proprio
amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora
peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, sarem per mezzo
di lui salvati dall’ira”;5 le parole “giustificati per il suo
sangue” significano che noi siamo giustificati mediante
la fede nel sangue di Cristo. E sempre ai Romani Paolo
1
Va detto che i teologi papisti per cercare di difendersi
dall’accusa di insegnare la giustificazione per opere condannata da Paolo affermano che le opere di cui loro parlano non sono quelle antecedenti alla fede ma quelle che seguono la fede
di cui parla Giacomo. In sostanza essi dicono che quando Paolo dice che non si viene giustificati per le opere si riferisce alle
opere della legge antecedenti alla fede in Cristo (cioè che non
hanno per principio e radice la fede di Gesù Cristo), mentre
quando Giacomo parla della giustificazione per le opere si riferisce alle opere che seguono la giustificazione cioè quelle
che hanno la loro radice nella fede in Gesù. Ma questo discorso non regge perché, anche se ammettessimo che i Cattolici
hanno creduto e che perciò le opere che fanno seguono la loro
fede, si dovrebbe dire sempre che essi cercano di essere giustificati tramite di esse in base alla loro teologia. E perciò in questo caso sarebbero incorsi nello stesso errore dei Galati che
dopo avere cominciato per lo Spirito volevano raggiungere la
perfezione con la carne cioè con le opere buone, ed avevano
rinunziato così a Cristo scadendo dalla grazia. L’apostolo Paolo fu chiaro nei loro confronti: “Voi che volete esser giustificati per la legge, avete rinunziato a Cristo; siete scaduti dalla
grazia”. (Gal. 5:4) Quindi alla luce delle Scritture è un errore
sia il cercare di essere giustificati mediante le opere della legge senza credere nell’Evangelo (come fanno i Giudei per esempio), e sia il cercare di essere giustificati per le medesime
opere dopo avere creduto nell’Evangelo perché in questa maniera si rinunzia a Cristo e si scade dalla grazia. Quindi quei
Cattolici che dicono di avere creduto (il che noi sappiamo però
che non è così) e di compiere le opere buone per essere giustificati dovrebbero essere ripresi come i Galati in questa maniera: ‘Avete rinunziato a Cristo che è stato fatto nostra giustizia,
siete scaduti dalla grazia: chi vi ha ammaliati o Cattolici insensati?’ Attenzione dunque ai sofismi dei teologi papisti!
2
Prov. 3:32
3
Rom. 5:1
4
Rom. 3:23,24
5
Rom. 5:8,9
10
La chiesa cattolica romana
dice: “Se per il fallo di quell’uno la morte ha regnato
mediante quell’uno, tanto più quelli che ricevono
l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo di quell’uno che è Gesù
Cristo”.6 Notate le parole “il dono della giustizia”; esse
mostrano che la giustizia di Dio (la giustificazione) si
ottiene gratuitamente da Dio essendo un dono di Dio.
Essa si può ottenere appunto credendo nel Figliuolo di
Dio: ogni merito personale quindi è escluso. Un altro
versetto della lettera ai Romani che attesta che per essere giustificati bisogna solo credere in Cristo è quello che
dice che “il termine della legge è Cristo, per esser giustizia ad ognuno che crede”.7
- Paolo dice ai Galati: “Avendo pur nondimeno riconosciuto che l’uomo non è giustificato per le opere della
legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo
Gesù, abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù affin
d’esser giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della legge..”;8 e: “La legge è stata il nostro pedagogo
per condurci a Cristo, affinché fossimo giustificati per
fede”;9 ed ancora: “La Scrittura, prevedendo che Dio
giustificherebbe i Gentili per la fede, preannunziò ad
Abramo questa buona novella: In te saranno benedette
tutte le genti”10 (questo é avvenuto perché noi siamo stati benedetti da Dio mediante la fede in Cristo che é la
progenie d’Abramo). E sempre ai Galati vi sono queste
parole: “Se fosse stata data una legge capace di produrre
la vita, allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge;
ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi alla fede in Gesù Cristo fossero
dati ai credenti”.11 E tra questi “beni promessi” vi è pure
la giustizia di Dio (quindi la giustificazione); a chi viene
data? A chi crede o a chi opera? A chi crede perché essa
è stata promessa alla fede in Gesù.
- “Il giusto vivrà per la sua fede”:12 queste parole Dio le
rivolse al profeta Habacuc, preannunziando in questa
maniera che Egli avrebbe giustificato gli uomini per fede (“il circonciso per fede, e l’incirconciso parimente
mediante la fede”).13
Queste altre Scritture invece attestano che coloro che si
basano sulle opere della legge non vengono giustificati e
non verranno giustificati nel cospetto di Dio:
- “Per le opere della legge nessuna carne sarà giustificata”;14
- “L’uomo non è giustificato per le opere della legge”;15
- “Poiché tutti coloro che si basano sulle opere della
legge sono sotto maledizione; perché è scritto: Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica! Or che nessuno
sia giustificato per la legge dinanzi a Dio, è manifesto
perché il giusto vivrà per fede”;16
6
Rom. 5:17
Rom. 10:4
8
Gal. 2:16
9
Gal. 3:24
10
Gal. 3:8
11
Gal. 3:21,22
12
Hab. 2:4
13
Rom. 3:30
14
Gal. 2:16
15
Gal. 2:16
16
Gal. 3:10,11
7
La salvezza
- “Per le opere della legge nessuno sarà giustificato al
suo cospetto; giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato”.1
Per dimostrarvi come non si venga giustificati per opere
ma solo per fede vi ricordo l’esempio di Abramo nostro
padre. Ora, Abramo, secondo ciò che dice la Scrittura,
fu giustificato da Dio mediante la sua fede nella promessa fattagli da Dio,2 e questa giustificazione la ottenne dopo che egli uscì da Ur dei Caldei3 e dopo che
egli diede la decima del meglio della preda a Melchisedec, sacerdote dell’Iddio altissimo.4
Quindi, ribadiamo con forza le seguenti cose:
>Abramo non fu giustificato da Dio perché o quando
ubbidì all’ordine di Dio: “Vattene dal tuo paese e dal
tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io
ti mostrerò...”.5 Certo, nell’epistola agli Ebrei è scritto
che “per fede Abramo, essendo chiamato, ubbidì, per
andarsene in un luogo ch’egli avea da ricevere in eredità..”,6 ma rimane il fatto che non fu questo atto di ubbidienza di Abramo ad essergli messo in conto di giustizia;
>Abramo non fu giustificato da Dio perché o quando
diede la decima a Melchisedec; certo, egli fece qualcosa
di buono che Dio gradì (quella sua decima la ricevette in
cielo uno di cui si attesta che vive), ma ciò nonostante
non fu in virtù di quella opera buona che Abramo fu
giustificato da Dio;
>Abramo fu giustificato da Dio perché credette alla
promessa di Dio secondo che é scritto: “Or Abramo
credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia”;7
per questo anche Abramo non aveva nulla di che gloriarsi nel cospetto di Dio.
Ma vi è un altro esempio di un uomo giustificato da Dio
per grazia mediante la sua fede, senza le opere della
legge; è quello di quel pubblicano che Gesù disse che
era salito nel tempio per pregare assieme ad un Fariseo.
Egli “non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si
batteva il petto, dicendo: O Dio, sii placato verso me
peccatore”,8 e per essersi umiliato davanti a Dio, mediante la sua fede fu giustificato secondo che è scritto:
“Io vi dico che questi scese a casa sua giustificato...”.9
Al contrario, il Fariseo che ringraziava Iddio di non essere rapace, ingiusto e adultero come gli altri uomini, e
faceva notare a Dio che lui pagava la decima sulle sue
entrate, che digiunava due volte alla settimana e che non
era come quel pubblicano, non fu giustificato. Non è
questo una ulteriore conferma che la giustificazione si
ottiene soltanto mediante la fede per la grazia di Dio
senza le opere? Certo che lo è. Errano grandemente
quindi i teologi papisti quando affermano che per essere
giustificati da Dio non è sufficiente la fede in Dio.
Ma perché la giustificazione non si può ottenere mediante le opere giuste della legge? Il motivo per cui la
1
Rom. 3:20
Cfr. Gen. 15:6
3
Cfr. Gen. 12:4
4
Cfr. Gen. 14:20
5
Gen. 12:1
6
Ebr. 11:8
7
Rom. 4:3; Gen. 15:6
8
Luca 18:13
9
Luca 18:14
2
La chiesa cattolica romana
giustizia non si può ottenere per mezzo delle opere della
legge é perché la legge é stata data per dare agli uomini
la conoscenza del peccato10 e per fare abbondare il peccato,11 e non per rendere giusti gli uomini. Dio, per rendere giusti gli uomini, ha dato il suo Unigenito Figliuolo, infatti é tramite il Figliuolo che é venuta la grazia e
che noi siamo stati giustificati.
Ora, abbiamo visto che la Scrittura dice che per le opere
della legge l’uomo non può essere giustificato dai suoi
peccati, perché la legge non ha il potere di giustificare il
peccatore; vediamo quindi da vicino alcune di queste
opere della legge che non giustificano chi le compie.
Nella legge è detto: “Porterai alla casa dell’Eterno, ch’è
il tuo Dio, le primizie de’ primi frutti della terra”;12 “Se
vedi smarriti il bue o la pecora del tuo fratello, tu non
farai vista di non averli scorti, ma avrai cura di ricondurli al tuo fratello”;13 “Ogni creditore sospenderà il suo
diritto relativamente al prestito fatto al suo prossimo;
non esigerà il pagamento dal suo prossimo, dal suo fratello, quando si sarà proclamato l’anno di remissione in
onore dell’Eterno”;14 “Allorché, facendo la mietitura nel
tuo campo, vi avrai dimenticato qualche manipolo, non
tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per
l’orfano e per la vedova, affinché l’Eterno, il tuo Dio, ti
benedica in tutta l’opera delle tue mani. Quando scoterai
i tuoi ulivi, non starai a cercar le ulive rimaste sui rami;
saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova.
Quando vendemmierai la tua vigna, non starai a coglierne i raspolli; saranno per lo straniero, per l’orfano e
per la vedova”.15 Queste non sono che alcune delle opere buone che Dio prescrisse nella legge di Mosè perché
ve ne sono molte altre. Esse sono tutte delle opere giuste; eppure per esse non si può essere giustificati dai
propri peccati! Non è abbastanza chiara la Scrittura a
tale riguardo? Certo che lo è; ma non per la curia romana che non intende rettamente la Parola di Dio; e si illude e fa illudere le persone dicendo che si viene giustificati da Dio mediante i sacramenti e compiendo opere
buone: perché i sacramenti (battesimo e penitenza) rendono giusti gli uomini e le opere buone sono giustificanti! Parlando in questa maniera i teologi papisti annullano
la grazia e riducono la morte espiatoria compiuta da
Cristo meramente ad un gesto d’amore con il quale Dio
ha voluto aiutare gli uomini ad autogiustificarsi! La
stessa cosa si deve dire della risurrezione di Cristo; essa
aiuta a conseguire la giustificazione ma non è sufficiente a giustificare l’uomo, secondo loro! O guide cieche,
ma quando rientrerete in voi stessi, e riconoscerete che
per essere giustificati è sufficiente la sola fede nel Signore Gesù Cristo?
Abbiamo visto prima che i vertici della chiesa romana
oltre ad affermare che è mediante i loro sacramenti che
si ottiene la giustificazione, ci dichiarano maledetti perché noi affermiamo che l’uomo viene giustificato soltanto mediante la fede senza i loro sacramenti e senza le
10
Cfr. Rom. 3:20
Cfr. Rom. 5:20
12
Es. 23:19
13
Deut. 22:1
14
Deut. 15:2
15
Deut. 24:19-21
11
11
La salvezza
opere giuste! Ma costoro periscono per mancanza di conoscenza delle Scritture perché se le conoscessero e le
tagliassero rettamente non direbbero tali cose. E’ scritto
chiaramente in Isaia che tutta la giustizia dell’uomo è
“come un abito lordato”,1 quindi non importa quante
opere giuste fanno gli uomini per essere giustificati davanti a Dio, se essi non si ravvedono e non credono nel
Vangelo continuano ad essere considerati dei peccatori
davanti a Dio e questo perché non con le mani si fa
qualcosa per ottenere la giustizia ma “col cuore si crede
per ottener la giustizia”,2 come dice Paolo ai Romani.
‘E’ troppo semplice per essere vero!’, esclamano i Cattolici romani a riguardo della maniera in cui si viene
giustificati. Certo che agli occhi loro è troppo semplice
e non credono che sia vero; gli viene continuamente detto che si viene giustificati compiendo sacrifici e gli viene tenuta nascosta la parola che dice: “Mentre a chi non
opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua
fede gli è messa in conto di giustizia”.3 (notate quel “a
chi non opera” che significa ‘a chi non si appoggia sulle
opere giuste per la sua salvezza’) Che cosa ci si può aspettare quindi che dicano?
A voi uomini che ritenete di poter essere giustificati per
le opere e rifiutate di essere giustificati gratuitamente da
Cristo Gesù dico questo: ‘Sappiate che tenendo una simile condotta voi non fate altro che conservare addosso
i vostri abiti sudici (i peccati) e rinunciare alla veste
bianca (la giustizia di Dio) di cui vengono rivestiti tutti
coloro che cessano di appoggiarsi sulle proprie opere e
credono nel Signore Gesù per essere giustificati. Di
conseguenza voi continuate ad avere sopra di voi l’ira di
Dio perché siete ancora sotto maledizione. Riflettete o
uomini e donne; non comprendete che, come dice Paolo,
“se la giustizia si ottiene per mezzo della legge, Cristo è
dunque morto inutilmente”,4 e che cercando di essere
giustificati per le opere della legge non fate altro che
annullare la grazia di Dio e rendere vana la fede per voi
stessi? Fate dunque questo; non appoggiatevi più sulle
vostre opere per essere giustificati ma soltanto credete
che Gesù è il Cristo che è morto per i vostri peccati e
risuscitato dai morti il terzo giorno’.
Se è per grazia non è più per opere, e se è per opere non
è più per grazia
A questo punto voglio dire qualcosa d’altro che ritengo
importante: i teologi papisti quando parlano della giustificazione fanno dei discorsi nei quali da un lato affermano che la giustificazione è gratuita (e per fare questo
si usano dei passi della Scrittura che attestano chiaramente che l’uomo viene giustificato da Dio per grazia),
e dall’altro affermano che la giustificazione dipende pure dalle opere che compie l’uomo. Sembrerà strano a
molti ma è proprio così; e di questo ci si accorge leggendo i loro libri. E’ chiaro che le loro affermazioni sono contraddittorie, (notate per esempio come sono contraddittorie le parole del concilio tridentino secondo cui
1
Is. 64:6
Rom. 10:10
3
Rom. 4:5
4
Gal. 2:21
2
12
La chiesa cattolica romana
la grazia della giustificazione non si può ottenere soltanto per fede perché sono richieste altre cose oltre la fede
per ottenerla; ma se è una grazia perché mai non basta la
fede per conseguirla? Ma che tipo di grazia è allora?
Una grazia che si merita? Ma allora non è più grazia
perché la grazia si ottiene senza fare nulla ma solo credendo in Dio!) ma nonostante ciò essi cercano di conciliarle in ogni maniera, non riuscendoci perché è impossibile conciliare la dottrina che dice che l’uomo viene
giustificato da Dio soltanto mediante la fede senza le
opere buone, e quella che dice che l’uomo deve cooperare con Dio compiendo opere buone per essere giustificato. Se si accetta la giustificazione per sola fede si deve
scartare la giustificazione per opere, e se si accetta la
giustificazione per meriti si deve scartare la giustificazione per sola fede. La ragione per cui essi fanno questi
discorsi ambigui e contraddittori fra loro è per difendere
e sostenere a tutti i costi tutto quel bagaglio di dottrine
che hanno accumulato nel corso dei secoli; mi riferisco
alla dottrina che dice che la grazia si ottiene mediante i
sacramenti, quindi operando e non credendo; e alla dottrina del purgatorio, a quella sulle opere di soddisfazione, a quella sulle indulgenze, e tante e tante altre dottrine fondate sul dogma della giustificazione per opere.
Loro si rendono conto che riconoscere la dottrina della
giustificazione per sola fede significherebbe dover rigettare tutte queste dottrine qui sopra citate, perché non ci
sarebbe più bisogno di crederle e di professarle; perciò
cercano in tutte le maniere di fare credere che l’uomo
viene giustificato mediante le opere. Ho voluto fare
questo discorso per farvi comprendere che se i teologi
papisti attaccano con tanto vigore la dottrina della giustificazione per sola fede e cercano di annullarla con
ogni sorta di vano ragionamento, è perché devono a tutti
costi mantenere credibili la false dottrine papiste fondate sui meriti, in altre parole perché devono mantenere
credibile la chiesa cattolica romana. Questa è la ragione
per cui parlando con i Cattolici romani bisogna insistere
sulla dottrina della giustificazione per sola fede così
come è scritta nella Parola di Dio, per fare loro capire
che siccome si viene giustificati per grazia mediante la
fede tutte le dottrine sui meriti umani della chiesa romana sono false e non possono essere accettate. Certo, nel
fare questo si viene perseguitati dalla curia romana e dai
suoi seguaci; perché? Perché predicando che Cristo “ci è
stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione,
e redenzione”,5 e che quindi per essere giustificati e santificati occorre soltanto credere nel Signore Gesù, noi
reputiamo un nulla tutti i precetti della chiesa cattolica
romana che affermano che per essere giustificati e santificati occorre compiere i suoi riti. Riti cerimoniali, che
bisogna dire, per certi versi assomigliano esteriormente
a quelli della legge di Mosè, e che come quelli della
legge di Mosè (che erano però stati ordinati da Dio) non
possono in niuno modo giustificare e santificare le persone che li compiono. Ma perché i riti cerimoniali e non
cerimoniali che fanno parte della legge di Mosè, quali la
circoncisione della carne, l’osservanza di giorni, mesi,
anni, noviluni, l’astensione da certi cibi, le varie abluzioni, le varie aspersioni di sangue e di acqua e tante
5
1 Cor. 1:30
La salvezza
altre cose non potevano e non possono giustificare
l’uomo peccatore e non possono santificarlo quanto alla
coscienza? La ragione è perché, la legge avendo un ombra dei futuri beni e non la realtà stesse delle cose, non
poteva e non può cancellare i peccati dalla coscienza
dell’uomo e santificarlo.1 Ma ora che è venuto Cristo
Gesù il Sommo Sacerdote dei futuri beni promessi nella
legge e nei profeti, e che egli ha sparso il suo sangue per
la propiziazione dei nostri peccati, tutti quei riti sono
stati portati a compimento perché ora c’è la realtà di
quelle cose. Le ombre sono sparite e al loro posto c’è la
realtà.
Ma che ha fatto invece la curia romana? Ha tolto la realtà delle cose dinanzi al popolo e l’ha sostituita con delle
specie di ombre, se così si possono chiamare, che essa si
è abilmente costruite appoggiandosi sulle ombre
dell’Antico Patto e facendole credere vere. E così le
persone pensano che per essere giustificati bisogna ricevere sul proprio capo l’acqua benedetta del battesimo e
compiere tante mortificazioni corporali ed offrire a Dio
il sacrificio della messa e così via, ossia osservare i sacramenti della chiesa romana; non è questo sovvertire
l’Evangelo di Cristo? Sì, certo, costoro hanno sovvertito
l’Evangelo di Cristo; guai a loro; ne porteranno la pena.
Noi diciamo quindi ai Cattolici romani che cercano di
essere giustificati mediante i loro sacramenti e mediante
opere meritorie; ‘Sappiate che questa dottrina che vi insegnano secondo la quale non potete essere giustificati
se non compiete i riti prescritti dalle leggi papali non
viene da Colui che vi chiama al ravvedimento ma dal
diavolo che ha sedotto i papi e tutta la curia romana’.
Spiegazione delle parole di Giacomo sul valore delle
opere buone
Giacomo, il fratello del Signore, ha detto: “Abramo, nostro padre, non fu egli giustificato per le opere quando
offrì il suo figliuolo Isacco sull’altare? Tu vedi che la
fede operava insieme con le opere di lui, e che per le
opere la sua fede fu resa compiuta; e così fu adempiuta
la Scrittura che dice: E Abramo credette a Dio, e ciò gli
fu messo in conto di giustizia; e fu chiamato amico di
Dio. Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere, e
non per fede soltanto”.2 Vediamo adesso di spiegare
queste sue parole. Innanzi tutto diciamo che Giacomo
scrisse queste parole a dei credenti e non a degli increduli infatti poco prima dice: “Fratelli miei, la vostra fede
nel nostro Signor Gesù Cristo, il Signor della gloria, sia
scevra da riguardi personali....”;3 dico questo per farvi
comprendere che coloro a cui queste parole furono dirette avevano la fede e perciò erano stati di già giustificati secondo che è scritto: “Avendo pur nondimeno riconosciuto che l’uomo non è giustificato per le opere
della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù”.4 Ma perché Giacomo parlò loro in questa
maniera? Perché alcuni credenti pur avendo la fede rifiutavano di compiere le opere buone pensando che an1
Cfr. Ebr. 9:9,10; 10:1-4; Col. 2:16,17
Giac. 2:21-24
3
Giac. 2:1
4
Gal. 2:16
2
La chiesa cattolica romana
che senza le opere la loro fede sarebbe stata sufficiente a
salvarli dall’ira di Dio, illudendo così loro stessi.5 E allora lui prima li rimproverò dicendo: “Che giova, fratelli
miei, se uno dice d’aver fede ma non ha opere? Può la
fede salvarlo?”,6 ed ancora: “Ma vuoi tu, o uomo vano,
conoscere che la fede senza le opere non ha valore?”7
facendogli capire che la sola fede nulla gli avrebbe valso, e poi facendogli l’esempio di Abramo e di Raab a
conferma che le opere devono accompagnare la fede
affinché questa abbia valore. Il discorso di Giacomo è
imperniato sul fatto che se uno dice di avere fede, cioè
di avere creduto in Cristo Gesù, ma non ha le opere la
sua fede è senza valore, o, come dice in un altro luogo é
morta. Sono parole dure quelle di Giacomo, ma esse ci
fanno comprendere quanto siano importanti le opere
buone per noi credenti; badate che Giacomo non ha detto affatto che la giustizia si ottiene mediante le opere
della legge o che l’uomo peccatore viene perdonato o
riceve la vita eterna in virtù delle sue opere buone; attribuire questo significato alle sue parole significherebbe
dire che Giacomo aveva sovvertito l’Evangelo perché
costringeva i Gentili a giudaizzare dicendo loro che si
viene giustificati per le opere della legge. Il suo discorso
invece ha come fine quello di scoraggiare qualsiasi credente dal pensare che dopo avere creduto anche se rifiuta di compiere opere buone sarà gradito lo stesso agli
occhi di Dio e sarà salvato lo stesso. Quindi, se la fede
in Dio senza le opere non ha valore come non ha valore
il fatto che anche i demoni credono che v’é un Dio solo,
bisogna concludere che la fede che ha valore è quella
che ha le opere buone, e difatti questo è confermato
dall’apostolo Paolo che dice ai Galati: “Quel che vale è
la fede operante per mezzo dell’amore”,8 ed ai Corinzi:
“L’osservanza de’ comandamenti di Dio è tutto”.9 Il paragone fatto da Giacomo è veramente appropriato; perché se uno ci riflette bene anche i demoni credono che
c’é un Dio solo come lo crediamo noi; e se è per questo
essi, quando Gesù era sulla terra, dimostrarono pure di
sapere che Gesù era il Figliuolo di Dio, il Santo di Dio
ed il Cristo infatti dissero a Gesù: “Tu sei il Figliuol di
Dio!”,10 ed ancora: “Io so chi tu sei: il Santo di Dio”,11 e
Luca dice che essi “sapevano ch’egli era il Cristo”.12 Ma
non perché i demoni credono che v’é un Dio solo, o
perché sanno che Gesù é il Cristo ed il Figlio di Dio,
questo significa che essi saranno salvati dal fuoco eterno; affatto, perché noi sappiamo pure che essi sanno che
un giorno saranno gettati nel fuoco eterno per esservi
5
Ricordatevi che coloro a cui scrisse Giacomo erano credenti
che uccidevano, invidiavano, contendevano, che erano diventati nemici di Dio perché avevano voluto diventare amici del
mondo, credenti ricchi materialmente che calpestavano il diritto dei loro operai, credenti che avevano riguardo alla persona
del ricco e disprezzavano il povero, e che mormoravano gli
uni contro gli altri; quindi è perfettamente comprensibile il
duro discorso di Giacomo.
6
Giac. 2:14
7
Giac. 2:20
8
Gal. 5:6
9
1 Cor. 7:19
10
Mar. 3:11
11
Mar. 1:24
12
Luca 4:41
13
La salvezza
tormentati per l’eternità perché dissero a Gesù: “Sei tu
venuto qua prima del tempo per tormentarci?”;1 questa è
la sorte che gli è riservata. Così non perché uno ha creduto in Cristo si può permettere di rifiutare di compiere
opere buone, perché in tale caso nulla gli gioverebbe
avere un giorno creduto.
Torniamo alle opere buone; esse servono a rendere e a
mantenere viva la nostra fede nel Signore difatti se un
credente cessa o rifiuta di compiere opere buone per
certo la sua fede morirà e sarà come una lampada spenta
che non può dare luce. Giacomo lo ha detto chiaramente: “Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche
la fede senza le opere è morta”;2 a che serve un corpo
senza lo spirito in esso? A nulla, perché non può parlare,
non può muoversi, non può aiutare nessuno. A che serve
la fede senza le opere? A nulla, perché non opera nulla a
pro di coloro che sono nel bisogno; essa è morta. Anche
Paolo ha parlato in una maniera simile a Giacomo
quando disse ai Romani: “Se vivete secondo la carne,
voi morrete”;3 quindi le suddette parole di Giacomo trovano una conferma anche negli scritti di Paolo. Se un
credente difatti comincia a camminare secondo la carne
(rifiutando così di compiere opere buone) muore spiritualmente, benché dica di avere fede, di credere in Dio,
di credere che Gesù è il Figlio di Dio, ecc.
Giacomo ha fatto l’esempio di Abramo per spiegare
come il patriarca fu giustificato per le sue opere e non
per la sua fede soltanto. Ora, per evitare malintesi cominciamo col dire che Abramo, secondo ciò che dice la
Scrittura, quando credette alla promessa fattagli da Dio
la sua fede gli fu messa in conto di giustizia secondo
che è scritto: “Ed egli credette all’Eterno, che gli contò
questo come giustizia”,4 quindi lui ricevette il perdono
dei suoi peccati mediante la sua fede, per grazia. Non
fece nessuna opera meritoria od opera buona per ottenere la giustizia, perché pure lui fu giustificato da Dio mediante la fede. Difatti Paolo dice che “se Abramo è stato
giustificato per le opere, egli avrebbe di che gloriarsi;
ma dinanzi a Dio egli non ha di che gloriarsi”5 perché la
Scrittura dice che egli credette a Dio e questa sua fede
gli fu messa in conto di giustizia. Quindi, Abramo ebbe
fede in Dio, ma il patriarca dimostrò di avere fede in
Dio sia quando credette con il suo cuore nella promessa
che Dio gli aveva fatto e sia quando offrì il suo figliuolo
Isacco sull’altare come gli aveva ordinato di fare Dio.
Voi sapete infatti che dopo diversi anni da che Abramo
aveva creduto, Dio mise alla prova Abramo ordinandogli di andare su un monte e offrire in olocausto il suo
figliuolo Isacco. E Abramo ubbidì a Dio, ritenendo che
Dio lo avrebbe risuscitato dai morti per adempiere a suo
riguardo la promessa che aveva fatto.6 Quindi egli credette che avrebbe ricuperato il suo figliuolo mediante
una risurrezione, e che non lo avrebbe perduto perché
Dio doveva mantenere le promesse fattegli. E per questa
sua fede egli piacque a Dio infatti quando egli stava per
La chiesa cattolica romana
scannare Isacco l’angelo di Dio gli disse: “Non metter la
mano addosso al ragazzo, e non gli fare alcun male;
poiché ora so che tu temi Iddio”7 e gli giurò pure per se
stesso che lo avrebbe benedetto e gli avrebbe moltiplicato la progenie come le stelle del cielo. Giacomo dice che
Abramo fu giustificato per opere quando offrì il suo figliuolo e questo è vero perché Abramo mediante
quell’opera che compì dimostrò di temere Dio e di credere fermamente nella sua promessa. Quindi possiamo
dire che Abramo dimostrò con i fatti la fede che egli aveva in Dio; e per questo fu chiamato amico di Dio.
Come Abramo pure noi che abbiamo creduto saremo
chiamati amici di Cristo se facciamo ciò che egli ci comanda di fare secondo che é scritto: “Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando”;8 ma se noi diciamo di credere in Cristo Gesù e poi rifiutiamo di osservare le sue parole come potremo dimostrare di credere in lui e pretendere di essere chiamati amici di Cristo e
di Dio? Ci metteremmo allo stesso livello di tante persone del mondo che si dicono Cristiani, dicono di credere in Gesù, ma essendo incapaci di compiere qualsiasi
opera buona dimostrano di non credere in lui. Come la
fede di Abramo fu resa compiuta mediante le sue opere,
così anche la nostra fede sarà resa compiuta dalle nostre
opere buone. L’apostolo Pietro spiega questo concetto
nella sua seconda epistola in questa maniera: “Facendo
queste cose, non inciamperete giammai, poiché così vi
sarà largamente provveduta l’entrata nel regno eterno
del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”.9 Quali cose? Quelle di cui lui ha parlato poco prima: cioè aggiungendo alla fede la virtù, la conoscenza, la continenza, la
pazienza, la pietà, l’amore fraterno e la carità.10 Quindi
anche Pietro credeva che aggiungendo alla nostra fede
le opere buone (difatti la pietà, l’amore fraterno e la carità come si manifestano nella pratica se non facendo
opere buone nei confronti di quelli di dentro prima e poi
di quelli di fuori?) ci sarà provveduta l’entrata nel regno
di Dio, o detto in un altra maniera renderemo sicura la
nostra vocazione ed elezione. Riflettiamo: perché dopo
avere creduto si sente la necessità di compiere opere
buone? Sì, si è sicuri di essere stati perdonati dal Signore, sì, si é sicuri di essere dei figliuoli di Dio, di avere la
vita eterna; ma nonostante ciò in noi è sorto il grande
desiderio di darci da fare per rendere sicura la nostra
elezione, perché sentiamo che dicendo solo di credere
senza fare nulla a pro dei santi alla gloria di Dio, non
renderemmo ferma la nostra elezione. E poi va sempre
tenuto presente che le opere buone spingono il prossimo, che ce le vede compiere, a glorificare Iddio infatti
Gesù disse: “Così risplenda la vostra luce nel cospetto
degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e
glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”;11 e quindi
costituiscono una maniera per onorare Dio e la sua dottrina. Al contrario il rifiutare di compiere opere buone
porta il nostro prossimo a biasimare il nome di Dio e la
1
Matt. 8:29
Giac. 2:26
3
Rom. 8:13
4
Gen. 15:6
5
Rom. 4:2
6
Cfr. Ebr. 11:17-19
2
14
7
Gen. 22:12
Giov. 15:14
9
2 Piet. 1:10,11
10
Cfr. 2 Piet. 1:5-7
11
Matt. 5:16
8
La salvezza
sua dottrina secondo che è scritto: “Per cagione vostra il
nome di Dio è bestemmiato fra i Gentili”.1
Per concludere diciamo questo: la fede ha bisogno delle
opere buone per essere compiuta, ma questo non significa che la fede non è sufficiente per essere giustificati
perché la Scrittura afferma che “l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo
della fede in Cristo Gesù”.2 Lungi da noi perciò il metterci a fare come fecero i credenti della Galazia che dopo avere cominciato con lo Spirito volevano raggiungere la perfezione con la carne, dopo avere accettato Cristo vi avevano rinunciato perché volevano essere giustificati per la legge,3 il che fece indignare e preoccupare
Paolo che li ammonì severamente e disse loro che era di
nuovo in doglie per loro finché Cristo fosse formato in
loro.4 Fratelli, badate a voi stessi, e tenete sempre presente che cercare di volere essere giustificati per le opere è un offesa nei confronti di Cristo perché si annulla la
sua opera espiatoria. Siate zelanti nelle opere buone ma
non pensate che esse possano aggiungere alcunché ai
meriti di Cristo come purtroppo fanno i Cattolici romani.
Le parole di Giacomo non confermano la dottrina papista sulla giustificazione
Se Abramo fosse stato giustificato, ossia se al patriarca
Dio avesse imputato la giustizia, mediante la fede e le
opere che seguirono, egli avrebbe avuto di che gloriarsi
davanti a Dio perché avrebbe potuto dire che la giustizia
gli era stata imputata da Dio non solo per fede ma anche
per le sue opere (e quindi non interamente per grazia ma
anche per i suoi meriti personali), ma Abramo non poteva dire nulla di ciò perché Paolo dice che egli “credette
a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia”;5 quel
“ciò” si riferisce esclusivamente al suo atto di fede e
non all’atto di fede più delle opere. Abramo credette alla
promessa che Dio gli aveva fatto, e cioè che Egli avrebbe reso la sua progenie simile alle stelle del cielo che
non si possono contare, e in virtù di ciò fu giustificato in
quell’istante in cui credette con il suo cuore in quelle
parole di Dio. Non è forse scritto che “col cuore si crede
per ottener la giustizia”?6 che c’è dunque di strano se
Abramo per avere soltanto creduto col suo cuore in
quella promessa di Dio fu da lui giustificato?
Ma c’è qualcos’altro da dire: Paolo ai Romani afferma
che “la promessa d’esser erede del mondo non fu fatta
ad Abramo o alla sua progenie in base alla legge, ma in
base alla giustizia che vien dalla fede”;7 questo significa
che l’eredità fu da Dio data ad Abramo in base alla giustizia che viene dalla fede e non in base alla giustizia
che viene dalle opere. In altre parole Abramo divenne
erede del mondo per mezzo della fede e non per mezzo
di opere giuste compiute. E questo perché egli credette
1
Rom. 2:24
Gal. 2:16
3
Cfr. Gal. 5:4
4
Cfr. Gal. 4:19
5
Rom. 4:3
6
Rom. 10:10
7
Rom. 4:13
La chiesa cattolica romana
alla promessa che Dio gli avrebbe dato così tanti figliuoli (l’eredità che viene da Dio) come le stelle del
cielo. Se infatti egli non avesse creduto come avrebbe
potuto vedere l’adempimento di quella promessa divina
di diventare padre di una moltitudine? Non sta forse
scritto che per fede i profeti “ottennero adempimento di
promesse”?8 Che dire allora a proposito della promessa
che Dio fece ad Abrahamo dopo che vide che il patriarca non gli aveva rifiutato il suo unico figliuolo? Diremo
che quando Abramo ubbidì a Dio e andò sul monte Moriah ad offrire il suo figliuolo Isacco, dopo che Dio lo
fermò gli confermò quella promessa che anni prima gli
aveva fatto, infatti gli giurò: “Siccome tu hai fatto questo e non m’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo, io
certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le
stelle del cielo”.9 Gliela confermò significa che Abramo
già aveva la promessa di Dio, infatti essa gli fu fatta
quando ancora Isacco non era neppure nato, e quindi
non fu per meriti che egli divenne padre di molte nazioni, ma solo per la sua fede avuta da lui in Dio prima di
essere circonciso e prima di offrire Isacco sul monte
Moriah. Per questo Paolo dice ai Galati che “se l’eredità
viene dalla legge, essa non viene più dalla promessa; ora
ad Abramo Dio l’ha donata per via di promessa”,10 ed ai
Romani che “se quelli che son della legge sono eredi, la
fede è resa vana, e la promessa è annullata”,11 per attestare che come Abramo fu costituito erede del mondo
per la sua fede, così anche noi siamo stati costituiti eredi
del Regno di Dio per fede senza le opere; perché se
l’eredità fosse per fede più le opere allora la promessa
sarebbe annullata.
Adesso veniamo a delle conseguenze pratiche a cui porterebbero le parole di Giacomo se volessero dire quello
che gli fanno dire i teologi papisti. Se è la fede più le
opere che giustifica, e non solo la fede, occorrerebbe
stabilire quante opere e di che genere ci vogliono dopo
avere creduto per essere giustificati (Abramo offrì in
sacrificio il suo figliuolo, Rahab praticò l’ospitalità verso degli stranieri, ma che dovrebbe fare l’uomo per ottenere questa giustificazione dopo avere creduto?), ed
allora sorgerebbero le seguenti domande: Come si farebbe a stabilire la quantità di opere da compiere per
conseguire questa giustificazione, quale criterio bisognerebbe adottare? Come potrebbe chi ha creduto essere
sicuro di essere giustificato in qualsiasi momento della
sua vita vivendo con il dubbio di non avere fatto forse
abbastanza? Non è forse vero che un uomo non potrebbe mai essere sicuro di essere stato giustificato interamente da Dio se seguisse la teologia papista? Certo che
sarebbe così; ma questo è proprio quello che vogliono i
papi; tenere le persone continuamente nel dubbio della
loro giustificazione per indurli a fare opere dopo opere.
E così le anime rimangono schiave del papato.
Inoltre, se la giustificazione si ottenesse per fede più le
opere, come potrebbe uno che si trova in fin di vita ottenerla? Essa gli sarebbe preclusa perché impossibilitato a
2
8
Ebr. 11:33
Gen. 22:16,17
10
Gal. 3:18
11
Rom. 4:14
9
15
La salvezza
compiere opere buone.1 In sostanza, se un morente
chiedesse che cosa deve fare per essere salvato perché
vuole essere salvato, gli si dovrebbe dire che la fede solo non basta, ci vogliono anche le opere: non significherebbe questo farlo piombare nella più profonda disperazione invece che essergli di consolazione? E che notizia
gli annunceremmo? Certamente non la Buona Notizia
della pace.
Ed ancora, se oltre la fede ci vogliono le opere per essere dichiarati giusti da Dio ciò significa che nel momento
in cui uno crede in Cristo non gli viene imputata tutta la
giustizia di Dio che viene dalla fede come dice la Scrittura ma solo una parte perché rimarrebbe al credente il
dovere di fare qualche cosa per assicurarsi la parte mancante di giustizia. Ma tutto questo non si concilia in nessuna maniera con questi passi della Scrittura: “Il termine
della legge è Cristo, per esser giustizia ad ognuno che
crede”;2 “E a lui voi dovete d’essere in Cristo Gesù, il
quale ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione...”.3 Quindi l’interpretazione
che gli danno i Cattolici a quelle parole di Giacomo non
può che essere falsa perché essa non attribuisce più interamente alla fede il potere di fare giustificare l’uomo,
ma lo divide tra la fede e le opere.
Ma veniamo ora ai fatti per vedere se Giacomo ha voluto dire quello che dicono i Cattolici romani. I Cattolici
dicono che la fede più le opere giustifica e che la fede
solo non giustifica; di conseguenza essi dovrebbero essere sicuri di essere giustificati perché hanno la fede e le
opere. Ma i fatti dimostrano che essi non sono per nulla
sicuri di essere giustificati. Com’è possibile ciò? E’ possibile perché loro in realtà non hanno creduto col cuore
per ottenere il dono della giustizia; se infatti avessero
veramente creduto avrebbero ottenuto questo dono e
non sarebbero più nel dubbio. Il fatto quindi che loro
non ardiscono affermare di essere stati giustificati una
volta per sempre, quantunque dicono di credere, perché
stanno ancora compiendo le opere necessarie a conseguire la giustificazione, significa che essi non hanno
creduto affatto. E che sia così, cioè che non hanno veramente creduto in Cristo Gesù, è confermato dal fatto
che non sono sicuri di essere perdonati, di avere la vita
eterna e così via. Non ha forse detto Pietro che chiunque
crede in Gesù riceve la remissione dei peccati mediante
il suo nome?4 Come mai dunque essi che dicono di credere non hanno la certezza di avere tutti i loro peccati
rimessi, ma devono del continuo andare dal prete e
compiere opere di soddisfazione? Non disse forse Gesù
che “chi crede ha vita eterna”?5 Come mai dunque essi
dicono di credere ma non hanno la vita eterna?
Allora questo fatto di dire che oltre la fede ci vogliono
le opere per essere giustificati non è altro che un abile
sofisma per mascherare la propria incertezza ma anche
1
Va detto però che i teologi papisti, per accontentare un po’
tutti, con gli ennesimi sofismi accordano la giustificazione
pure al morente senza battesimo e senza penitenza! Come?
Con il battesimo di desiderio o quello di sangue, e l’olio santo
(tutte cose che analizzeremo più avanti).
2
Rom. 10:4
3
1 Cor. 1:30
4
Cfr. Atti 10:43
5
Giov. 6:48
16
La chiesa cattolica romana
il proprio orgoglio perché chi parla così ritiene che Cristo non ha fatto abbastanza per giustificarlo. Egli dimostra la propria insolenza perché in questa maniera fa
passare Dio per uno che non può giustificare del tutto un
uomo in virtù della sola sua fede, facendo così passare
Dio per bugiardo. Ecco quello che avviene nella chiesa
cattolica romana, si fa passare Dio per bugiardo. O uomini e donne abbiate piena fiducia nelle parole veraci di
Dio anziché in quelle false dei vostri teologi ed otterrete
all’istante la giustificazione. Credete che Cristo sulla
croce morendo ha espiato tutti i vostri debiti e vi ha acquistato il dono della giustizia e che basta la fede per
ottenere l’espiazione dei vostri debiti e ricevere il dono
della sua giustizia; e vedrete come all’istante vi sentirete
lavati con il sangue di Cristo e giustificati nel suo cospetto per la vostra fede, e quindi per grazia di Dio. Fatelo, prima che sia troppo tardi, non date retta ai sofismi
papisti, il Signore è pronto a giustificarvi.
LA REMISSIONE DEI PECCATI
La dottrina dei teologi papisti
La remissione dei peccati si ottiene con la fede e le opere e nessuno può essere sicuro di possederla.
Il concilio di Trento, il 13 Gennaio del 1547, decretò
quanto segue: ‘Quantunque sia necessario credere che i
peccati non vengano rimessi, né siano stati mai rimessi,
se non gratuitamente dalla divina misericordia a cagione
del Cristo: deve dirsi, tuttavia, che a nessuno che ostenti
fiducia e certezza della remissione dei propri peccati e
che si abbandoni in essa soltanto, vengono rimessi o sono stati rimessi i peccati, mentre fra gli eretici6 e gli scismatici potrebbe esservi, anzi vi è, in questo nostro
tempo, e viene predicata con grande accanimento contro
la chiesa cattolica questa fiducia vana e lontana da ogni
vera pietà’;7 ed anche: ‘Chi afferma che per conseguire
la remissione dei peccati è necessario che ogni uomo
creda con certezza e senza alcuna esitazione della propria infermità e indisposizione, che i peccati gli sono
rimessi: sia anatema’.8 In altre parole per la chiesa cattolica romana la remissione dei peccati non è qualcosa che
si può ottenere soltanto mediante la fede e di cui si può
essere sicuri di possedere. Anche qui oltre la fede ci vogliono le opere buone che secondo loro hanno il potere
di rimettere i peccati. E per confermare questo potere di
rimettere (o espiare) i peccati che avrebbero le opere
buone i teologi papisti citano due passi dai libri apocrifi;
6
Il termine deriva dal greco hairetikos che significa ‘scismatico’ o ‘settario’ e designa chi decide di separarsi dalla Chiesa
per andare dietro a strane e diverse dottrine. Il termine ha dunque un significato negativo. Nel Nuovo Testamento questo
termine è presente nel seguente versetto: “L’uomo settario
(hairetikos), dopo una prima e una seconda ammonizione,
schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca condannandosi da sé” (Tito 3:10,11). Diodati ha tradotto mettendo
“L’uomo eretico...” e così anche i traduttori della King James
Version (Versione di Re Giacomo) del 1611: “A man that is a
heretic...”. I Protestanti furono sin dall’inizio definiti eretici.
7
Concilio di Trento, Sess. VI, cap. IX
8
Concilio di Trento, Sess. VI, can. 13
La salvezza
il primo è quello di Tobia che dice: ‘L’elemosina libera
dalla morte e purifica da ogni peccato’,1 il secondo è
quello dell’Ecclesiastico che dice: ‘L’acqua spegne il
fuoco che divampa, così l’elemosina espia i peccati’,2 e
questo passo dal Vangelo scritto da Luca: “Le sono rimessi i suoi molti peccati, perché ha molto amato...”.3
Secondo loro Gesù rimise a quella donna i suoi peccati
perché ella gli aveva rigato i piedi di lagrime, glieli aveva asciugati con i suoi capelli, glieli aveva baciati e unti
di profumo; quindi egli le rimise i suoi peccati in base
alle sue opere.
Confutazione
La remissione dei peccati si ottiene credendo in Gesù
La Scrittura dice in maniera inequivocabile: “In lui noi
abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione de’ peccati, secondo le ricchezze della sua grazia”;4 ed anche: “Figliuoletti, io vi scrivo perché i vostri
peccati vi sono rimessi per il suo nome”5 ed ancora che
“la sua potenza divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà mediante la conoscenza
di Colui che ci ha chiamati mercé la propria gloria e virtù..”.6 Noi dunque, per la misericordia di Dio, abbiamo
il perdono dei nostri peccati, ne siamo certi senza ombra
di dubbio; e perciò noi abbiamo la certezza che quando
moriremo andremo ad abitare con il Signore Gesù nel
cielo perché le nostre vesti sono state lavate ed imbiancate con il suo prezioso sangue. Ma in che maniera abbiamo ottenuto la remissione dei nostri peccati? A noi
credenti sono stati rimessi tutti i nostri vecchi peccati
mediante la sola fede in Cristo Gesù; sì, per avere soltanto creduto nel nome del Figliuolo di Dio. Non siamo
affatto dei presuntuosi nel fare questa affermazione perché il Signore Gesù stesso ha attestato che la remissione
dei peccati si ottiene credendo in lui quando disse a Saulo: “Ai quali (ai Gentili) io ti mando per aprir loro gli
occhi, onde si convertano dalle tenebre alla luce e dalla
potestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la
remissione dei peccati e la loro parte d’eredità fra i santificati”.7 Ed oltre a Gesù lo ha attestato in maniera inequivocabile anche l’apostolo Pietro quando disse a casa
di Cornelio: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque
crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il
suo nome”.8
Può l’uomo ricevere la remissione dei peccati mediante
il battesimo per infusione della chiesa romana o andandosi a confessare dal prete o compiendo delle opere meritorie come invece dice la chiesa cattolica romana? Assolutamente no. L’uomo peccatore che é pieno di debiti
nei confronti di Dio può ricevere la remissione di tutti i
suoi debiti solamente credendo nel nome del Figliuol di
1
Tobia 12:9
Ecclesiastico o Siracide 3:29
3
Luca 7:47
4
Ef. 1:7
5
1 Giov. 2:12
6
2 Piet. 1:3
7
Atti 26:18
8
Atti 10:43
2
La chiesa cattolica romana
Dio, e in nessun altra maniera; egli non potrà ricevere la
remissione dei suoi peccati facendosi versare sul capo
dell’acqua chiamata benedetta o andandosi a confessare
dal prete o facendo qualche opera buona. Perché? Perché il battesimo per infusione della chiesa romana non
rimette i peccati (come d’altronde neppure quello per
immersione perché è mediante la fede che lo deve precedere che si ottiene la remissione dei peccati), il prete
non ha il potere di rimettere i peccati perché non è Dio,
e nelle opere buone non c’é il potere di purificare la coscienza dell’uomo dalle opere morte. Quindi tutti coloro
che pensano di avere ricevuto la remissione dei loro
peccati mediante il loro battesimo ricevuto da bambini
(o da adulti) o perché si vanno a confessare dal prete o
che cercano di guadagnarsi il perdono di Dio con le opere buone continuano ad essere dei peccatori davanti a
Dio. Lo sappiano bene i Cattolici romani! Ma il perché
il battesimo non rimette i peccati e perché la confessione non rimette i peccati lo vedremo molto meglio più
avanti quando parleremo del battesimo e della confessione.
Passiamo ora alla confutazione del discorso che i teologi
papisti, appoggiandosi ai suddetti passi presi dai libri
apocrifi e dal Vangelo scritto da Luca, fanno a sostegno
del potere espiatorio delle opere.
In risposta ai passi apocrifi diciamo che la Scrittura insegna che non è affatto mediante delle opere di penitenza che la coscienza del credente viene purificata dai
peccati ma per grazia, mediante la fede nel sangue di
Cristo secondo che é scritto: “Se il sangue di becchi e di
tori e la cenere d’una giovenca sparsa su quelli che son
contaminati santificano in modo da dar la purità della
carne, quanto più il sangue di Cristo che mediante lo
Spirito eterno ha offerto se stesso puro d’ogni colpa a
Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte
per servire all’Iddio vivente?”,9 ed ancora: “Il sangue di
Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”.10 Queste parole dato che sono state scritte a dei credenti fanno
capire che la remissione dei peccati commessi dopo avere creduto si ottiene mediante il sangue di Gesù Cristo
(confessando i nostri falli a Dio) e non compiendo opere
buone. La stessa cosa comunque si deve dire per la remissione dei peccati commessi prima di credere, e cioè
che è soltanto per mezzo della fede nel sangue di Cristo
che la si è ottenuta senza fare alcunché di buono. Pietro
questo lo ha confermato quando parlando all’assemblea
di Gerusalemme disse che Dio non fece alcuna differenza fra loro Giudei e i Gentili “purificando i cuori loro
(dei Gentili) mediante la fede”.11 E ricordatevi che qui
egli fece riferimento alla purificazione dei peccati ottenuta per fede anche da Cornelio che faceva molte elemosine al popolo; dal che si deduce che non furono le
elemosine di Cornelio a purificare Cornelio dai suoi
peccati ma la grazia di Dio mediante la sua fede nel sacrificio di Gesù. (Questo conferma che i due libri apocrifi da cui sono citati quei passi non sono ispirati da
Dio perché vanno contro la dottrina del Signore).
9
Ebr. 9:13,14
1 Giov. 1:7
11
Atti 15:9
10
17
La salvezza
In risposta all’interpretazione data alle parole che Gesù,
in casa di Simone, rivolse a quella donna che le aveva
rigato i piedi con le sue lacrime e glieli aveva asciugati
con i suoi capelli e baciati e unti di profumo diciamo
questo: non neghiamo che le cose che quella donna fece
nei confronti di Gesù furono una manifestazione
d’amore verso Gesù, ma è bene tenere presente che le
lagrime di quella donna erano lacrime di pentimento
quindi ella si pentì dei suoi peccati; e poi che Gesù alla
fine le disse: “La tua fede t’ha salvata; vattene in pace”.1
Perciò anche nel caso di quella donna si deve dire
ch’ella ottenne la remissione dei peccati per avere creduto in Gesù; ossia mediante la sua sola fede senza le
sue opere buone. Come avrebbero potuto quelle sue opere buone verso Gesù espiare tutti i suoi peccati? In
nessuna maniera; perciò Gesù le disse che la sua fede
l’aveva salvata, e non che le sue opere buone le avevano
espiato i suoi peccati. Certamente se fossero state le sue
opere buone a salvarla Gesù glielo avrebbe detto; ed anche se erano state la sua fede assieme alle sue opere a
salvarla Gesù glielo avrebbe detto. Ma come potete vedere Gesù le disse che la sua fede l’aveva salvata.
Abbiamo quindi dimostrato che la chiesa cattolica romana insegna il falso a riguardo della remissione dei
peccati. Perciò o Cattolici romani che vi basate sulle opere per ottenere la remissione dei vostri peccati vi dico:
‘Rigettate questa dottrina di demoni che vi insegnano i
vostri teologi e accettate quella vera annunciata
dall’apostolo Pietro in questi termini: “Di lui attestano
tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.2 Fatelo, per il
bene dell’anima vostra affinché essa scampi alle fiamme
dell’inferno quando morirete.
LA VITA ETERNA
La dottrina dei teologi papisti
La vita eterna ce la si deve guadagnare.
Quando si parla della salvezza anche con i Cattolici romani si parla molto della salvezza dall’inferno, ma su di
essa - come ben sapete - non ci si trova per nulla
d’accordo con loro. Noi infatti diciamo loro che per la
grazia di Dio abbiamo (o possediamo) la vita eterna e
che perciò quando moriremo andremo subito in paradiso
con Gesù, mentre loro ci rispondono dicendo che non
sono sicuri di andare in paradiso ma che stanno facendo
del loro meglio per guadagnarselo.3 E difatti essi si esprimono quasi sempre in questi termini: ‘La vita eterna
ce la si deve guadagnare!’. Ma perché parlano in questa
maniera? Semplice, perché i loro preti gli insegnano che
1
Luca 7:50
Atti 10:43
3
Va detto però che i Cattolici romani quantunque dicano che
stanno guadagnandosi il paradiso, alla fine devono andare
sempre nel purgatorio (che è un luogo di tormento per loro)
perché per loro in cielo ci vanno subito solo i santi, cioè coloro
che sono puri da ogni macchia, e loro dato che non lo sono,
perché dicono di essere dei poveri peccatori, devono prima
andarsi a purgare dalle loro colpe in purgatorio per potere poi
accedere puri da ogni scoria in paradiso.
2
18
La chiesa cattolica romana
il paradiso se lo devono guadagnare. Vediamo da vicino
alcuni di questi insegnamenti che vengono loro rivolti:
‘Dio dà il Paradiso ai buoni (...) Coll’essere buoni noi,
colle sole nostre forze naturali, non potremmo meritare
il Paradiso; lo meritiamo colla grazia che Dio ci ha conferito nel Battesimo, per la quale le nostre buone opere
acquistano merito pel Paradiso (....) Ognuno attende con
tanti sacrifici e lavori a farsi un buon stato quaggiù, a
guadagnare beni incerti, che poi si possono perdere da
un giorno all’altro, che non possono mai rendere felice
nessuno poiché non appagano il cuore, e che, in ogni
modo, bisogna abbandonare presto per la morte. Pensate
invece, prima di tutto, a guadagnarvi il Paradiso’;4 ‘Perciò in grazia della speranza noi aspettiamo dal Signore
la vita eterna e tutte le grazie necessarie per meritarla
quaggiù; ma per meritarla in qual modo? Con le buone
opere’;5 ‘Speriamo di salvarci perché Dio ci vuole salvi,
e noi vogliamo, da parte nostra, fare ciò che é necessario
per salvarci, e cioè, come diciamo nell’atto di speranza,
speriamo da Dio ‘la vita eterna e le grazie necessarie per
meritarla con le buone opere che io debbo e voglio fare’;6 ‘Le opere buone sono assolutamente necessarie per
conseguire la salute eterna; in altre parole, non basta la
fede, non basta credere per salvarsi’;7 ‘Ma non bastano a
salvarci i meriti infiniti di Gesù Cristo? Non bastano,
non perché essi non abbiano valore sufficiente, ma perché Gesù Cristo stesso ha voluto il concorso e la cooperazione delle nostre opere buone, perché per applicarcene il merito, vuole che noi sentiamo e vogliamo in unione a Lui, perché ha voluto che noi praticassimo il Vangelo e vivessimo la vita cristiana’.8 Questi insegnamenti
sono in pieno accordo con il seguente decreto del concilio di Trento: ‘Perciò a quelli che operano bene fino alla
fine e sperano in Dio deve proporsi la vita eterna, sia
come grazia promessa misericordiosamente ai figli di
Dio, per i meriti del Cristo Gesù, sia come ricompensa
da darsi fedelmente, per la promessa di Dio stesso, alle
loro opere buone e ai loro meriti’.9
A proposito del valore del merito delle opere buone i
teologi papisti fanno una distinzione tra azione meritoria
di premio per convenienza, cioè de congruo; e azione
meritoria per giustizia, cioè de condigno. Facciamo un
esempio per spiegare questa loro particolare distinzione;
un uomo salva da morte certa un suo consimile, in questo caso egli è meritorio di una medaglia, cioè di un
premio, de congruo; un operaio lavora presso qualcuno
per un mese e alla fine del mese va a riscuotere il salario, in questo caso egli riceve la mercede per giustizia,
cioè de condigno. Con questo discorso essi vogliono fare capire come la vita eterna è dovuta da Dio per giustizia, cioè de condigno a colui che fa opere buone. Perciò,
per loro, le preghiere, le elemosine, i digiuni, sono meritevoli, mediante la grazia, della vita eterna. Il cardinale
Bellarmino affermò per esempio: ‘Con le divine Scritture si prova, che le opere dei giusti son meritorie della
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 57-58
Ibid., pag. 381
6
Ibid., pag. 245
7
Ibid., pag. 381
8
Ibid., pag. 383
9
Concilio di Trento, Sess. VI, cap. XVI
5
La salvezza
vita eterna... Il primo argomento adunque si ricava da
quei luoghi, ove la vita eterna è detta mercede; poiché,
se è mercede, le opere buone, a cui essa si dà, certo sono
meriti. Le opere buone dei giusti son meritorie ex condigno, non solo in ragione del patto, ma anche in ragione delle opere... Poiché Iddio rimunera le opere buone
per mera liberalità ex condigno, ciò affermano tutti i teologi, come si rileva da S. Tommaso, S. Bonaventura,
Scoto, Durando ed altri, in 4 sent. dist. 46’.1
Confutazione
La vita eterna é il dono di Dio che si ottiene credendo in
Gesù
Questa dottrina cattolica romana che attribuisce alle opere il potere di fare meritare la vita eterna agli uomini e
di salvare gli uomini dall’inferno è una dottrina di demoni che fino adesso ha menato all’inferno centinaia di
milioni di persone; sì, ci sono centinaia di milioni di
persone a soffrire nelle fiamme dell’inferno proprio perché in vita si erano appoggiati su questa dottrina sulla
salvezza insegnatagli dai loro preti. Ora la confuteremo.
Secondo quello che dice la Scrittura, la vita eterna non é
la mercede che Dio dona all’uomo che si sforza di guadagnarsela, ma essa é il dono che Dio dona all’uomo
che si ravvede dei suoi peccati e crede nel nome del Figliuol di Dio. Paolo dice infatti: “Il dono di Dio é la vita
eterna in Cristo Gesù, nostro Signore”,2 quindi la vita
eterna, essendo il dono di Dio, l’uomo non la può né
meritare e neppure guadagnare operando il bene, altrimenti il dono non é più dono. Di conseguenza va rigettato in blocco il loro discorso sul merito de condigno! E
poi, se Dio desse la vita eterna come mercede a coloro
che operano, ciò significherebbe che Egli è debitore
verso di essi perché Paolo dice che “a chi opera, la mercede non è messa in conto di grazia, ma di debito”;3 e
questo non può essere perché lo stesso apostolo dice anche: “Chi gli ha dato per il primo, e gli sarà contraccambiato?”.4
E poi ancora, se le opere buone sono meritorie di vita
eterna, allora perché mai il Figlio di Dio sarebbe venuto
a soffrire in questo mondo? Poteva rimanere presso Dio
Padre senza venire in questo mondo! Ma egli venne
proprio per questo, per acquistarci con il suo sangue la
vita eterna e fare sì che tutti gli uomini, Giudei e Gentili, potessero riceverla per grazia mediante la fede in Lui.
Egli sapeva che gli uomini non possono meritarsi la vita
eterna perché tutti sono sotto la condanna e meritano la
punizione eterna, e perciò venne a morire per noi affinché per i suoi meriti, e ripeto per i suoi meriti, noi potessimo ottenere gratuitamente la vita eterna da Dio.
E ancora, ma come si può affermare che le opere buone
sono meritorie di vita eterna quando messe tutte assieme
non possono in niuno modo raggiungere il valore che ha
la vita eterna? Come si può fare tale affermazione quan1
Bellarmino, De Justif., lib. V, cap. 3, 17 e 18
Rom. 6:23
3
Rom. 4:4
4
Rom. 11:35
2
La chiesa cattolica romana
do Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Quand’avrete fatto
tutto ciò che v’è comandato, dite: Noi siamo servi inutili; abbiam fatto quel ch’eravamo in obbligo di fare”?5
Bisogna essere veramente arroganti per affermare che
Dio debba dare la vita eterna per giustizia a coloro che
fanno opere meritorie! Per queste ragioni va rigettata la
dottrina che afferma che la vita eterna viene data da Dio
come mercede.
Ho detto innanzi che la vita eterna si ottiene mediante la
sola fede, e questo é confermato dalle seguenti Scritture.
- Gesù disse: “Chi crede ha vita eterna”,6 e: “Poiché
questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno”,7 ed ancora: “E come
Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il
Figliuol dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. Poiché Iddio ha tanto amato il
mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché
chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”.8 Vediamo quale fu la ragione per cui Mosè innalzò
il serpente di rame nel deserto. Quando gli Israeliti nel
deserto mormorarono contro Dio e contro Mosè
“l’Eterno mandò fra il popolo de’ serpenti ardenti i quali
mordevano la gente, e gran numero d’Israeliti morirono.
Allora il popolo venne a Mosè e disse: ‘Abbiamo peccato, perché abbiam parlato contro l’Eterno e contro te;
prega l’Eterno che allontani da noi questi serpenti’. E
Mosè pregò per il popolo. E l’Eterno disse a Mosè: ‘Fatti un serpente ardente, e mettilo sopra un’antenna; e avverrà che chiunque sarà morso e lo guarderà, scamperà’.
Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra
un’antenna; e avveniva che, quando un serpente aveva
morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame,
scampava”.9
Ora, Gesù ha paragonato il suo innalzamento a quello
del serpente di rame fatto nel deserto, ed il paragone è
veramente appropriato perché come gl’Israeliti morsi
dai serpenti per scampare alla morte dovevano solo
guardare al serpente di rame innalzato da Mosè (notate
infatti che quelli che venivano morsicati, per non morire, dovevano solo guardare il serpente di rame e non
compiere qualche rito o qualche opera buona scritta nella legge), così gli uomini morti nei loro falli per essere
5
Luca 17:10. Queste parole di Gesù annullano la dottrina sul
merito de condigno propugnata dalla chiesa papista perché
mettono in chiaro come le opere buone non possono fare meritare la vita eterna al credente. Ma ragionate: perché mai dopo
avere ricevuto il dono della vita eterna nel momento in cui
crede, il credente se la dovrebbe meritare nel corso della vita
facendo opere buone? Se è chiamata il dono di Dio non è un
controsenso affermare che dopo averlo ricevuto si deve meritare? Non è piuttosto il caso di dire che una volta ricevuto
questo dono è necessario conservarlo per non perderlo? Non
ha forse detto Paolo a Timoteo: “Afferra la vita eterna” (1
Tim. 6:12) e non ‘guadagnati la vita eterna con i tuoi meriti’?
In effetti cercare di meritarsela significherebbe cercare di pagare a Dio il prezzo del suo acquisto pagato da Cristo Gesù il
che costituisce un offesa a Cristo! Sarebbe come dire: Vediamo di pagare a Dio il regalo da lui ricevuto!
6
Giov. 6:48
7
Giov. 6:40
8
Giov. 3:14-16
9
Num. 21:6-9
19
La salvezza
La chiesa cattolica romana
vivificati ed ottenere la vita eterna da Dio devono solamente contemplare il Figliuolo di Dio e credere in lui.
In lui che prima fu appeso al legno della croce e poi dopo essere risuscitato dai morti fu assunto alla destra di
Dio. Sì, è proprio così che si ottiene la vita eterna da
Dio, (soltanto) credendo in Cristo Gesù; e non compiendo opere buone o sforzandosi di essere buoni come
invece proclamano i teologi papisti morti nei loro falli
che parlano in questa maniera perché loro stessi ancora
non hanno contemplato il Figliuolo e non hanno creduto
in lui. Sono come i Farisei al tempo di Gesù i quali investigavano le Scritture che rendevano testimonianza di
Gesù perché pensavano di avere la vita eterna per mezzo di esse ma non volevano andare a Lui per ottenere la
vita.
- Giovanni il Battista disse: “Chi crede nel Figliuolo ha
vita eterna”.1
- Paolo disse a Timoteo: “Ma per questo mi è stata fatta
misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me
per il primo tutta la sua longanimità, e io servissi
d’esempio a quelli che per l’avvenire crederebbero in lui
per aver la vita eterna”.2
Ora, noi che abbiamo creduto nel Signore abbiamo, per
la grazia di Dio, la vita eterna perché Giovanni disse:
“Io v’ho scritto queste cose affinché sappiate che avete
la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliuol di
Dio”.3 Egli non disse: ‘Affinché speriate di ottenere la
vita eterna voi che credete nel nome del Figliuol di
Dio’, come se noi credenti non possedessimo di già la
vita eterna in noi stessi, ma disse di averci scritto quelle
cose per farci sapere che noi abbiamo di già la vita eterna. Lo stesso apostolo dice anche: “Chi crede nel Figliuol di Dio ha quella testimonianza in sé... E la testimonianza è questa: Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. Chi ha il Figliuolo ha la vita;
chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita”.4 Queste
parole confermano pienamente che noi che crediamo
abbiamo la vita eterna; come facciamo a dirlo con certezza di fede? A cagione della testimonianza che lo Spirito Santo ci rende all’interno. Lo Spirito è verità e perciò non può mentire; noi crediamo in ciò che lo Spirito
ci attesta in noi, che conferma pienamente quello che
dice la Scrittura. E poi, riflettendo ulteriormente sulle
parole di Giovanni, come possono i Cattolici romani affermare che un credente che ha ricevuto Cristo nel suo
cuore non può dire con certezza di fede di avere la vita
eterna, quando Gesù Cristo è “la vita eterna che era
presso il Padre e che ci fu manifestata”5 e “chi ha il Figliuolo ha la vita”?6 Quando parlano così è come se dicessero che un cittadino italiano non può dire di avere la
cittadinanza italiana perché questo è orgoglio! Per loro:
‘Presumere di salvarsi senza merito è superbia che offende la giustizia di Dio e, quasi, se ne burla, come se
Egli ci debba il Paradiso, o ci debba premiare del bene
che non abbiamo voluto fare’7 Così dicendo essi ci accusano di essere dei presuntuosi perché noi diciamo di
essere stati salvati per la grazia di Dio, ma sappiate che i
presuntuosi non siamo noi che diciamo loro che siamo
certi di avere la vita eterna per la grazia di Dio perché
abbiamo creduto e crediamo, ma sono loro che dicono
che si viene salvati nel regno celeste compiendo opere
buone. Quindi, per concludere: l’accusa di essere dei
presuntuosi e degli orgogliosi che ci viene mossa dai
Cattolici romani perché diciamo che abbiamo la vita eterna, non é altro che una calunnia. Ma d’altronde é inevitabile che coloro che cercano di guadagnarsi la vita
eterna con le loro opere vedano di malocchio quelli che
dicono che l’hanno ottenuta credendo, gratuitamente,
senza fare alcuna opera buona.
1
7
2
8
Giov. 3:36
1 Tim. 1:16
3
1 Giov. 5:13
4
1 Giov. 5:10,11,12
5
1 Giov. 1:2
6
1 Giov. 5:12
20
Il cristiano è certo che quando morirà andrà in paradiso
con Gesù
Noi credenti siccome che per la grazia di Dio abbiamo
la vita eterna dimorante in noi, siamo certi che quando
moriremo, a condizione naturalmente che conserviamo
la fede sino a quel giorno, andremo in cielo ad abitare
con Gesù perché Gesù ha detto: “Io son la risurrezione e
la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai”,8 ed anche: “Se
uno mi serve, mi segua; e là dove son io, quivi sarà anche il mio servitore”.9 E “siccome abbiam lo stesso spirito di fede, ch’è in quella parola della Scrittura: Ho
creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo, e perciò
anche parliamo”,10 dicendo come gli apostoli: “Siamo
pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal
corpo e d’abitare col Signore”.11 Sì, abbiamo a tale riguardo in noi lo stesso sentimento che era in Paolo il
quale aveva il desiderio di partire e d’essere con Cristo,
e questo perché essere con Cristo in cielo è cosa di gran
lunga migliore del rimanere sulla terra.
Tutto ciò per i teologi papisti è sfacciata presunzione;
perché secondo loro, prima di andare in paradiso tutti
coloro che muoiono nella grazia devono andare in purgatorio ad espiare la pena dei loro peccati! E guai a chi
non accetta questa loro dottrina perché il concilio di
Trento ha detto: ‘Se qualcuno afferma che, dopo avere
ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo tale che non gli rimanga
alcun debito di pena temporale da scontare sia in questo
mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno dei cieli; sia anatema’.12
Ma non è affatto così come dicono loro, perché la Scrittura insegna che quando Dio rimette i peccati ad un uomo gli rimette di conseguenza anche la pena eterna.
L’esempio del ladrone pentitosi sulla croce in punto di
morte ne è un esempio, perché Gesù gli rimise tutti i
suoi peccati con i relativi debiti di pena eterna infatti gli
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 245
Giov. 11:25,26
9
Giov. 12:26
10
2 Cor. 4:13
11
2 Cor. 5:8
12
Concilio di Trento, Sess. VI, can. 30
La salvezza
disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso”.1 Gesù non gli disse che prima doveva andare a
sostare nel purgatorio qualche tempo per purgarsi di una
parte della pena eterna dei suoi peccati e poi sarebbe
potuto andare in paradiso, ma gli disse che in quello
stesso giorno lui sarebbe andato in paradiso! Riflettete;
ma non è assurdo credere che Dio rimetta tutti i debiti
all’uomo che si pente e poi, quando muore, lo manda in
un luogo di tormenti come il purgatorio ad espiare parte
di essi prima di farlo entrare nel regno dei cieli? Eppure
questo è quello che credono i Cattolici romani! Con tutto ciò non vogliamo dire che noi credenti siamo giunti
alla perfezione o che siamo senza peccato; lungi da noi
questo, perché noi riconosciamo di essere delle persone
con dei difetti che abbiamo bisogno di essere perfezionati e di perfezionarci, e che talvolta facciamo quello
che odiamo e abbiamo bisogno perciò di confessare i
nostri falli al Signore per ottenerne la remissione. Ma
vogliamo dire solamente che in virtù della misericordia
di Dio per la quale Egli ci ha fatti rinascere e diventare
figli di Dio e ci ha dato la vita eterna, siamo sicuri di
essere stati perdonati appieno dal Signore, di avere ricevuto il purgamento di tutti i nostri peccati e perciò se
moriamo con Gesù con lui andremo a vivere in cielo
subito dopo essere morti. La chiamino pure presunzione
questa nostra fiducia i teologi papisti; continuino a lanciare i loro anatemi i concili contro chi, secondo loro,
ostenterà questa certezza di remissione di peccati e di
vita eterna; noi continueremo a gloriarci nel Signore per
avere ottenuto il purgamento dei nostri peccati con il
sangue di Gesù, continueremo a glorificare il suo nome
per questo, e continueremo a predicare agli uomini che
in Cristo c’è la certezza di remissione dei peccati, che in
lui c’è la certezza di avere la vita eterna; ma nella teologia papista c’è ambiguità, falsità, incertezza; cose che
generano nelle persone che l’accettano nient’altro che
dubbi, angosce e incertezze. O uomini e donne che giacete nella paura della morte e non sapete dove state andando (o meglio sapete che andrete in un purgatorio che
però non esiste) perché avete dato retta ai falsi insegnamenti dei preti, vi supplichiamo nel nome di Cristo a
pentirvi e a credere in Cristo per ottenere la remissione
dei peccati e la vita eterna!
Concludendo; sia la salvezza dal peccato, sia la giustificazione, sia la remissione dei peccati e sia la vita eterna
si ottengono soltanto mediante la fede, quindi senza il
concorso di nessuna opera buona; la santificazione invece, che noi abbiamo per frutto (ossia quella progressiva), si ottiene osservando i comandamenti di Dio ossia
mediante le opere buone. In altre parole, le opere buone
sono i frutti che scaturiscono dalla nostra salvezza e dalla nostra giustificazione ottenute per fede, ma non sono
la fonte della salvezza e della nostra giustificazione e
non possono concorrere in nessuna maniera a salvare e a
giustificare l’uomo, perché “il giusto vivrà per la sua
fede”2 e non a cagione di opere meritorie.
La chiesa cattolica romana
I Cattolici affermano: ‘Speriamo di salvarci’, volendo
dire con queste parole: ‘Non siamo sicuri che saremo
salvati perché nessuno può esserlo, ma non fa niente,
perché forse Dio che è così misericordioso avrà pietà di
noi e ci salverà’. Queste loro parole stanno a dimostrare
che essi non sono certi che saranno salvati dall’ira a venire, come noi non siamo certi del tempo che farà domani perché diciamo: ‘Speriamo che il cielo sia sereno’,
o: ‘Speriamo che piova’, e così via. Ma questo modo di
parlare riguardo alla salvezza è caratteristico di tutti coloro che ancora non sono passati dalla morte alla vita,
dalle tenebre alla luce; per questo non ce ne meravigliamo.
La sacra Scrittura ci insegna che il credente è stato
strappato dalla potestà delle tenebre e trasportato nel
regno di Dio ed è certo che sarà salvato dall’ira a venire;
ecco alcune Scritture che attestano ciò.
- “Ma Iddio mostra la grandezza del proprio amore per
noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora
giustificati per il suo sangue, sarem per mezzo di lui
salvati dall’ira. Perché, se mentre eravamo nemici siamo
stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figliuolo, tanto più ora, essendo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”;3
- “Poiché Iddio non ci ha destinati ad ira, ma ad ottener
salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo”;4
- “Vi siete convertiti dagl’idoli a Dio per servire
all’Iddio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo
Figliuolo, il quale Egli ha risuscitato dai morti; cioè,
Gesù che ci libera dall’ira a venire”.5
Quindi, non è presunzione affermare che noi saremo
salvati dall’ira a venire. Ma come può essere definita
presuntuosa una persona che ha fede in Dio quando è
scritto che “la fede è certezza di cose che si sperano”?6
Ma vi sono anche degli esempi nella Scrittura che ci insegnano come il credente è certo di scampare all’ira di
Dio; essi sono quelli di Noè, di Lot e del popolo
d’Israele.
Noè per esempio quando entrò dentro l’arca e il Signore
lo chiuse dentro era certo di scampare al giudizio che
Dio avrebbe mandato di lì a poco sul mondo degli empi
e questo perché Dio gli aveva detto: “Tutto quello ch’è
sopra la terra, morrà. Ma io stabilirò il mio patto con te;
e tu entrerai nell’arca: tu e i tuoi figliuoli, la tua moglie
e le mogli de’ tuoi figliuoli con te. E di tutto ciò che vive, d’ogni carne, fanne entrare nell’arca due d’ogni specie, per conservarli in vita con te”.7
Anche Lot, dopo che Dio lo trasse fuori da Sodoma, era
certo che rifugiandosi nella città di Tsoar non sarebbe
perito nel castigo di Sodoma e questo perché quando lui
disse ad uno degli angeli di Dio: “Ecco, questa città è
vicina da potermici rifugiare, ed è piccola. Deh, lascia
ch’io scampi quivi - non è essa piccola? - e vivrà
l’anima mia!”,8 quegli gli rispose: “Ecco, anche questa
3
Il cristiano è certo che sarà salvato dall’ira a venire
1
Luca 23:43
Hab. 2:4
2
Rom. 5:8-10
1 Tess. 5:9
5
1 Tess. 1:9,10
6
Ebr. 11:1
7
Gen. 6:17-19
8
Gen. 19:20
4
21
La salvezza
grazia io ti concedo: di non distruggere la città, della
quale hai parlato. Affrèttati, scampa colà, poiché io non
posso far nulla finché tu vi sia giunto”.1
E veniamo agl’Israeliti in Egitto: non è forse vero che
essi erano certi che in quella notte il distruttore non sarebbe entrato nelle loro case? Ma perché ne erano certi?
Perché Dio aveva detto loro: “L’Eterno passerà per colpire gli Egiziani; e quando vedrà il sangue
sull’architrave e sugli stipiti, l’Eterno passerà oltre la
porta, e non permetterà al distruttore d’entrare nelle vostre case per colpirvi”.2 Loro credettero nelle parole di
Dio, fecero lo spruzzamento del sangue come Dio aveva
ordinato loro, e perciò erano sicuri che quando l’angelo
dell’Eterno in quella notte avrebbe visto quel sangue
sarebbe passato oltre le loro case. Pure noi che siamo
stati cosparsi con il sangue di Gesù Cristo siamo sicuri
che il Signore ci salverà dall’ira a venire; lui ce l’ha
promesso e noi crediamo fermamente nelle sue parole.
Possiamo dire sin da ora che per fede noi non periremo
coi figliuoli di disubbidienza.
A Dio, nostro Salvatore e Benefattore, sia la gloria ora e
in eterno in Cristo Gesù. Amen.
CONCLUSIONE
Ecco dunque dimostrato con le Scritture che
l’affrancamento dal peccato, la giustificazione, la remissione dei peccati e la vita eterna si ricevono da Dio per
mezzo della sola fede nel Cristo di Dio, morto e risorto
il terzo giorno. E’ quindi falso che il battesimo, sia che
esso venga ministrato a dei neonati o a degli adulti, conferisce l’affrancamento dal peccato, la giustificazione, la
remissione dei peccati e la vita eterna; e questo perché
per quanto riguarda il neonato egli non ha ancora la fede, mentre l’adulto che veramente ha creduto nel Signore ancora prima di ricevere il battesimo è stato liberato
dal peccato, giustificato, perdonato ed ha ricevuto la vita
eterna, e questo appunto perché egli ha già la fede, egli
ha creduto che Gesù Cristo è morto per i nostri peccati e
risorto per la nostra giustificazione.
Per quanto riguarda poi il dopo battesimo, siccome si
possiede la fede, si è certi di essere salvati dal peccato,
giustificati e perdonati e di avere la vita eterna. Nessun
dubbio a riguardo; lo Spirito Santo nel cuore del credente gli attesta in maniera chiara ed inequivocabile ch’egli
è un figlio di Dio lavato nel sangue dell’Agnello e perciò erede del Regno di Dio con tutti gli altri riscattati.
Che dire allora dei peccati commessi dopo il battesimo?
Essi devono essere confessati a Dio che nella sua fedeltà
e giustizia ce li rimetterà; egli ci purificherà da essi con
il sangue del suo Figliuolo. Nessun mediatore terreno è
necessario per ottenerne la remissione, perché ne abbiamo uno in cielo che ci difende nel cospetto di Dio; il
suo nome è Gesù Cristo, egli è il nostro avvocato, ed in
virtù della sua intercessione noi sappiamo di avere i nostri peccati perdonati appieno. In virtù di questa sua opera intercessoria noi credenti continuiamo ad avere
mediante la fede la certezza della salvezza. Ma oltre a
non esserci affatto il bisogno di un uomo come il prete
1
Gen. 19:21,22
Es. 12:23
2
22
La chiesa cattolica romana
che pretende in nome di Dio di rimettere i peccati commessi dopo il battesimo, non c’è neppure il bisogno delle opere di soddisfazione per ottenere l’espiazione dei
peccati commessi dopo il battesimo perché il prezzo per
la loro remissione è stato già pagato appieno da Cristo
sulla croce. Le opere buone non aggiungono nulla
all’opera di Cristo; le opere buone non possono meritarci il perdono dei peccati; esse vanno sì praticate in ogni
tempo, ma per esse non si può pensare di pagare a Dio
parte del prezzo dovuto per i nostri falli perché questo
costituirebbe un offesa nei confronti di Cristo. Anche il
perdono dei peccati dopo il battesimo è totalmente gratuito. Occorre chiederlo con pentimento e per certo esso
non ci verrà rifiutato da Colui che non ha risparmiato il
suo proprio Figliuolo ma l’ha dato per tutti noi mentre
eravamo ancora dei peccatori, senza forza, lontani da
Dio e suoi nemici. E’ sempre quindi mediante la fede
che si continua ad essere perdonati appieno dal Signore.
Stando così le cose, il credente è sicuro che quando morirà il Signore lo riceverà in gloria; non dovrà passare
per nessun purgatorio. Se Cristo alla sua destra intercede per noi per quale motivo dovremmo andare in un
purgatorio? Se Lui ci purifica da ogni peccato in virtù
della fede che noi continuiamo a rimettere nel suo sangue prezioso, perché mai ci dovrebbe mandare dopo
morti a penare in un luogo di tormento? No, Lui è fedele
e i suoi angeli ci scorteranno nella casa del Padre suo
quando moriremo perché il suo sangue è su di noi. La
dottrina di Dio riguardo alla salvezza è chiara, ed è di
grande consolazione per coloro che hanno creduto nel
Signore; ma avete notato quanto oscura sia quella papista e come non è di nessun conforto per coloro che
l’accettano perché li continua a mantenere nel dubbio,
nell’incertezza più grande? E perché questo? Perché la
salvezza ‘papista’ si fonda su dell’acqua cosiddetta benedetta che viene detto ha il potere di cancellare ogni
peccato, anziché sul sangue prezioso di Cristo; e sulle
opere di soddisfazione che l’uomo deve compiere anziché sull’opera di soddisfazione perfetta e fatta una volta
per sempre da Gesù Cristo per la remissione dei nostri
peccati, in altre parole sui meriti dell’uomo anziché su
quelli di Cristo Gesù, il Figlio di Dio. Papi, cardinali,
vescovi, preti e semplici Cattolici, parlano sempre di
opere da compiere come se la salvezza fosse da meritare; ma mai gli si sente dire che l’opera di Cristo compiuta sulla croce è perfetta di nulla mancante e che chi crede in lui viene appieno salvato. Si basano sui loro meriti
anziché su quelli di Cristo; per questo il Vangelo è loro
velato, per questo non hanno la certezza della salvezza.
Che fare dunque nei loro confronti? Scongiurarli nel
nome del Signore a pentirsi e a credere in Gesù Cristo, a
rinunciare alla loro giustizia che è un panno lordato davanti a Dio, per ricevere quella di Dio basata sulla fede
che è una veste bianca, più bianca che neve davanti a
Dio. Loro ci diranno: ‘Ma perché non andate a predicare
ai pagani che si trovano nella giungla o in altre parti remote della terra? Noi siamo già dei Cristiani, non abbiamo bisogno della vostra evangelizzazione’. No, non
è così, perché il loro non è cristianesimo ma paganesimo
camuffato da cristianesimo; e loro non sono dei Cristiani, ma dei pagani che non conoscono Dio. Avanti quindi
La salvezza
La chiesa cattolica romana
coll’evangelizzare i Cattolici romani; strappiamoli dal
fuoco.
23
I sacramenti
La chiesa cattolica romana
Capitolo 2
distinguono nel mondo i fedeli dagli infedeli; sia anatema’.5
I SACRAMENTI
Confutazione
La dottrina dei teologi papisti
Cristo ha istituito due ordinamenti che non conferiscono
la grazia
I sacramenti sono segni efficaci della grazia istituiti da
Cristo, sono sette e conferiscono la grazia che rappresentano.
Secondo i teologi papisti ‘i Sacramenti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Gesù Cristo per santificarci’.1 Ma qual’è il significato di queste parole? Questo: ‘I
Sacramenti sono segni della grazia, perché con la parte
sensibile che hanno, significano o indicano quella grazia invisibile che conferiscono; e ne sono segni efficaci,
perché significando la grazia realmente la conferiscono’.2
Ma quali sono per la chiesa romana questi sacramenti
istituiti da Gesù Cristo? Questi: Il battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione,
l’ordine e il matrimonio, quindi sono sette.3
E per chi non li accetta tutti e ne nega l’efficacia ci sono
i seguenti anatemi: ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono stati istituiti tutti da
Gesù Cristo, nostro signore, o che sono più o meno di
sette, e cioè: il battesimo, la confermazione,
l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e
il matrimonio, o anche che qualcuno di questi sette non
è veramente e propriamente un sacramento; sia anatema’;4 ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova
legge non contengono la grazia che significano, o che
non conferiscono la stessa grazia a quelli che non frappongono ostacolo, quasi che essi siano solo segni esteriori della grazia o della giustizia già ricevuta mediante
la fede, o note distintive della fede cristiana, per cui si
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 430
Ibid., pag. 430
3
La dottrina dei sette sacramenti risale al dodicesimo secolo
quando Pietro Lombardo nelle sue sentenze enumerò i sette
sacramenti. Per questo i teologi papisti non possono provare
né con le Scritture e neppure con gli scritti dei loro padri (Agostino, Girolamo, ecc.) questa dottrina. Hanno però come al
solito giustificato la mancanza di tali conferme con l’ennesimo
sofisma. Il Bartmann per esempio afferma che ‘la ragione più
profonda della deficienza nelle fonti cristiane primitive e patristiche circa il numero settenario dei sacramenti, ed anche
circa una qualsiasi enumerazione di essi, consiste evidentemente nella mancanza di una elaborazione sistematica della
dottrina sacramentale..’ (Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol. III, pag. 62). In altre parole gli apostoli (ed anche
i cosiddetti padri della Chiesa) non avrebbero esposto la dottrina dei sette sacramenti perché non la elaborarono in maniera
sistematica come fecero poi i sommi dottori papisti dal dodicesimo secolo in poi!
4
Concilio di Trento, Sess. VII, can. 1. Facciamo notare che
questo anatema colpisce persino alcuni cosiddetti padri della
Chiesa come Ambrogio, Agostino e Crisostomo per i quali i
sacramenti non erano sette ma meno.
2
24
Cristo non ha istituito sette sacramenti ma solo due ordinamenti che sono il battesimo e la cena del Signore. E
questi ordinamenti non sono la sorgente della grazia6
perché la grazia procede da Dio e da Cristo Gesù infatti
l’apostolo Paolo quando salutava le chiese all’inizio delle sue epistole diceva: “Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo”,7 il che mostra che
lui credeva che la grazia scaturiva da Dio Padre e dal
Signore Gesù Cristo e non dagli ordinamenti dati da
5
Concilio di Trento, Sess. VII, can. 6. A proposito del conferimento della grazia da parte dei sacramenti i teologi papisti
usano l’espressione ex opere operato che viene spiegata dal
Bartmann in questi termini: ‘I sacramenti operano non in virtù
della santità di chi li amministra o dello sforzo morale e religioso di chi li riceve, ma ‘per intrinseca virtù, in quanto sono
azioni di Cristo stesso, che comunica e diffonde la grazia del
Capo divino nelle membra del Corpo mistico (Enc. Mediator
Dei)’ (Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 36). Ecco perché nella chiesa cattolica il battesimo viene ministrato ai neonati che
non possono ancora capire o credere, e perché l’assoluzione e
l’estrema unzione vengono date anche a coloro che sono ormai
già privi di sensi; perché viene insegnato che quelle azioni
conferiscono di per sé la grazia senza il bisogno dell’assenso
di chi li riceve. E contro chi non accetterà questa dottrina c’è il
seguente anatema tridentino: ‘Se qualcuno afferma che con i
sacramenti della nuova legge la grazia non viene conferita ex
opere operato, ma che è sufficiente la sola fede nella divina
promessa per conseguire la grazia; sia anatema’ (Concilio di
Trento, Sess. VII, can. 8).
6
Il battesimo quindi non rigenera chi lo riceve perché egli è
stato già rigenerato dalla Parola di Dio da lui ricevuta per fede
prima di sottoporsi al battesimo e siccome ha bisogno di essere preceduto dalla fede del battezzando per essere valido non
può essere ministrato a dei neonati. E la cena del Signore non
accresce la grazia e non rimette nessun peccato perché con
essa si ricorda la morte del Signore e si ha comunione con il
suo corpo e il suo sangue. Anche in questo caso occorre la fede per poter partecipare alla cena del Signore e discernere il
suo corpo per cui essa non si può dare a dei neonati che non
hanno ancora la fede e non possono discernere il corpo del
Signore. In tutti e due gli ordinamenti quindi si comprende
come il concetto di ex opere operato (cioè che non è necessario l’assenso morale o religioso di chi li riceve) non sussiste
perché essi non hanno quelle virtù che dicono i Cattolici e perché se manca l’assenso del ricevente l’ordinamento è nullo.
Altra cosa invece è se il ricevente il battesimo o la cena del
Signore ha la fede, e chi amministra il battesimo o la cena del
Signore è un ministro che non si conduce in maniera degna del
Vangelo (per esempio può essere un uomo che all’insaputa del
credente commette fornicazione o adulterio o tiene fuori dal
locale di culto una condotta riprovevole), perché in questo caso chi è stato battezzato o ha mangiato il pane ed il vino ha
ricevuto gli ordinamenti in maniera valida essendo presente la
fede in lui che li ha ricevuti. In altre parole la condotta indegna
del ministro ministratore degli ordinamenti non invalida gli
ordinamenti.
7
1 Cor. 1:3; 2 Cor. 1:2; Gal. 1:3; Fil. 1:2; 2 Tess. 1:2
I sacramenti
Cristo. Notate che assieme alla grazia è menzionata pure
la pace, quindi come non si può dire che la pace scaturisce dagli ordinamenti così non si può dire che la grazia
scaturisca dagli ordinamenti. Anche Giovanni ha confermato che la grazia si riceve da Dio per mezzo di Cristo e non per mezzo degli ordinamenti quando dice: “E’
della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia sopra grazia. Poiché la legge è stata data per mezzo
di Mosè; la grazia e la verità son venute per mezzo di
Gesù Cristo”.1
Come potete vedere, da ciò che insegna la Scrittura si
deduce che è errato pensare che la grazia di Dio sia conferita dai sacramenti della chiesa romana. E i fatti confermano ciò, perché tanti nostri fratelli che prima erano
Cattolici romani quantunque avevano ricevuto il battesimo cattolico, la cresima, la comunione, e si erano confessati al prete per anni, hanno ricevuto la grazia che
procede da Dio quando si sono ravveduti ed hanno creduto nel Vangelo. Per essa sono stati salvati dai loro
peccati, per essa sono stati perdonati appieno e purgati
da ogni loro peccato. L’hanno dunque ricevuta senza
compiere riti di nessun genere ma solo credendo in Cristo; direttamente da Dio per mezzo di Cristo. Si tenga
però ben presente a proposito di quanto appena detto
che sia il ravvedimento che si è prodotto in essi e la fede
mediante cui essi sono stati perdonati e salvati da Dio,
sono tutte cose che vengono concesse da Dio secondo il
beneplacito della sua volontà a coloro che lui vuole, per
cui il fatto che essi hanno potuto pentirsi e credere nel
Signore Gesù Cristo sono una manifestazione della grazia di Dio verso di loro. In altre parole si deve dire che
essi si sono ravveduti e hanno creduto per la grazia che
Dio aveva innanzi i secoli deciso di manifestare verso di
loro e che nella pienezza dei tempi ha manifestato dandogli il ravvedimento e la fede indispensabili per essere
salvati. Cosicché si deve riconoscere che se è vero che
per la sola fede in Cristo abbiamo ricevuto grazia sopra
grazia da Dio, è altresì vero che la fede che abbiamo,
essendo un dono di Dio e non qualcosa che viene da noi,
è essa stessa una grazia, un favore di Dio da lui datoci
nella sua grande misericordia perché così Egli aveva
deciso a nostra insaputa senza che noi meritassimo alcunché da lui, altrimenti grazia non sarebbe più grazia.
Ecco perché dobbiamo dire che non abbiamo nulla,
quindi neppure la fede, che non abbiamo ricevuto da
Dio nella sua grande misericordia; e perché non abbiamo nulla di che gloriarci davanti a Dio, perché la salvezza ricevuta è stata un opera interamente compiuta da
lui in noi senza che noi sapessimo nulla di questo suo
glorioso piano verso di noi e indipendentemente dalla
nostra volontà. Come ben dice Paolo: “Non dipende
dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che
fa misericordia”.2
Ho voluto fare questo discorso per dimostrare che se è
vero che per mezzo di Cristo “abbiamo anche avuto, per
la fede, l’accesso a questa grazia”,3 come dice Paolo, è
altresì vero che abbiamo avuto accesso a questa grazia
1
Giov. 1:16,17
Rom. 9:16
3
Rom. 5:2
2
La chiesa cattolica romana
per la grazia di Dio perché la fede ce l’ha donata Dio. A
Dio sia la lode e la gloria. Amen.
Quanto detto qui sopra quindi annulla tutta la dottrina
cattolica sull’efficacia dei sacramenti; potremmo perciò
fermarci qui, senza proseguire a confutare uno per uno i
loro sacramenti. Ma vogliamo lo stesso farlo per dimostrare a tutti con le Scritture come, quantunque i teologi
papisti prendono le sacre Scritture per sostenere che i
loro sette sacramenti conferiscono la grazia, questi loro
sacramenti non conferiscono nessuna grazia. Vogliamo
così rendere giustizia alla Parola di Dio da loro male
interpretata a danno di tante anime nel mondo.
IL BATTESIMO
La dottrina dei teologi papisti
Il battesimo rimette i peccati, fa nascere di nuovo chi lo
riceve che diventa così un cristiano. Esso è assolutamente necessario alla salvezza. I neonati quindi lo devono ricevere al più presto perché senza il battesimo, in
caso di morte, non possono andare in paradiso, ma
vanno nel limbo. Il battesimo lo amministra il sacerdote
versando l’acqua benedetta sul capo del battezzando.
‘Il Battesimo è il sacramento della remissione dei peccati e della rigenerazione. E’ di fede (...) Per disposizione
divina, il Battesimo è assolutamente necessario a tutti
gli uomini per la salvezza. E’ di fede’.4
In altre parole, il battesimo per i teologi papisti rimette i
peccati all’uomo e a sostegno di ciò essi prendono le
parole che Pietro disse ai Giudei il giorno della Pentecoste; “Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel
nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati”,5 e lo fa rinascere e diventare un figlio di Dio e per
sostenere questo prendono le seguenti parole di Gesù:
“In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato
d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio”,6
e le seguenti parole di Paolo: “Egli ci ha salvati non per
opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua
misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione...”.7 Questo potere di rigenerare, il battesimo lo possiede perché l’acqua usata nel ministrarlo è un’acqua del
tutto speciale infatti viene ‘consacrata mediante una
preghiera di Epiclesi (sia al momento stesso, sia nella
notte di Pasqua). La Chiesa chiede a Dio che, per mezzo
del suo Figlio, la potenza dello Spirito Santo discenda
su quest’acqua, in modo che quanti vi saranno battezzati
‘nascano dall’acqua e dallo Spirito’...’.8
Essendo il battesimo indispensabile alla salvezza, i genitori devono portare il proprio bambino al battesimo non
più tardi di otto o dieci giorni; per ‘assicurargli subito
la grazia e la felicità eterna, potendo egli molto facilmente morire’.9
4
Bernardo Bartmann, Teologia Dogmatica, vol. III, pag. 91,
96
5
Atti 2:38
6
Giov. 3:5
7
Tito 3:5
8
Catechismo della chiesa cattolica, Città del Vaticano 1992,
pag. 327
9
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 461
25
I sacramenti
Esso è amministrato dal sacerdote cattolico ‘versando
l’acqua sul capo del battezzando e dicendo nello stesso
tempo le parole della forma’1 che sono: Io ti battezzo
nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo.2 Nella cerimonia del battesimo, il bambino, siccome
non può parlare e rispondere alle domande che fa’ il
prete, viene rappresentato dai padrini. Il catechismo dice
di costoro: ‘I padrini nel Battesimo sono quelli che presentano alla Chiesa il battezzando, rispondono in suo
nome se è bambino, assumendosi, quali padri spirituali,
la cura della sua educazione cristiana, se vi mancassero
i genitori, e perciò debbono essere buoni cristiani’.3
Perciò, quando il bambino diviene adulto ha il dovere di
‘mantenere le promesse fatte a suo nome dai padrini’.4
Per sostenere il battesimo dei neonati i teologi papisti
prendono le parole di Gesù di lasciare che i piccoli fanciulli vadano a lui,5 poi le parole di Luca che dice che
Lidia e il carceriere di Filippi furono battezzati con le
rispettive famiglie,6 e la circoncisione dei neonati da
farsi all’età di otto giorni secondo il comando di Dio.7
Che succede nel caso il bambino muore senz’avere ricevuto il battesimo? Se egli muore non battezzato andrà
nel limbo. Il catechismo infatti dice: ‘I bambini morti
senza Battesimo vanno al Limbo, dove non é premio soprannaturale né pena; perché, avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il Paradiso, ma neppure l’Inferno e il Purgatorio’.8
Quantunque i teologi papisti dicano che il battesimo con
acqua è assolutamente necessario per conseguire la salvezza, pure vi sono alcuni casi in cui per necessità, cioè
per la ragione che la persona è impossibilitata a farsi
battezzare, esso può essere sostituito da due altri battesimi: quello di sangue e quello di desiderio.
Per quanto riguarda il battesimo di sangue essi dicono:
‘Il battesimo di sangue (baptisma sanguinis) dona la
giustificazione come quello di acqua, ma non il carattere
indelebile e quindi l’incorporazione nella chiesa e la capacità di ricevere gli altri sacramenti. Sono compresi
come battesimo di sangue; la morte violenta o la tortura,
che dovrebbe portare alla morte; il martirio per causa di
Cristo (per la fede cristiana o per una virtù cristiana); la
sopportazione fino in fondo di questi tormenti per amore
1
Ibid., pag. 453
I bambini cominciarono ad essere battezzati nel secondo secolo in Egitto. Da lì con il passare del tempo questo uso si diffuse un po’ da per tutto. Nel V secolo il pedobattesimo (ossia
il battesimo dei bambini) si consolidò grazie all’idea che ormai molti avevano del battesimo, e cioè che fosse una sorta di
atto magico che operasse anche sui neonati che non potevano
comprendere, ed anche all’insegnamento di Agostino di Ippona che affermava che, dato che il battesimo cancellava i peccati e i bambini nascevano col peccato in loro stessi, i bambini
che morivano senza battesimo andavano all’inferno.
3
Ibid., pag. 460
4
Ibid., pag. 461
5
Cfr. Mar. 10:13
6
Cfr. Atti 16:14,15,32-34
7
Cfr. Gen. 17:12
8
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 171. La dottrina del limbo
come luogo dove sono destinati ad andare i bambini morti
senza battesimo nacque nel medioevo e prese il posto di quella
che diceva che essi andavano all’inferno. Il termine limbo deriva dal latino limbus che significa ‘orlo, estremità, lembo’.
2
26
La chiesa cattolica romana
di Cristo; almeno un dolore imperfetto per i propri peccati e la volontà di ricevere, alla prima occasione, il battesimo di acqua’.9 Per confermare il battesimo di sangue
i teologi papisti prendono le parole che Gesù rivolse a
Giacomo e Giovanni: “Voi certo berrete il calice ch’io
bevo e sarete battezzati del battesimo del quale io sono
battezzato...”.10
Per quanto riguarda il battesimo di desiderio essi affermano: ‘Se è moralmente o fisicamente impossibile la
ricezione del battesimo di acqua, il battesimo di desiderio può conferire gli effetti della grazia del primo. Gli
elementi costitutivi del battesimo di desiderio sono: il
desiderio sincero del battesimo, il dolore perfetto dei
propri peccati e la ferma volontà di ricevere alla prima
occasione il sacramento del battesimo di acqua. Esso è
efficace quando a motivo di un fatto esterno (morte) non
si è più in grado di ricevere il battesimo di acqua. Esso
produce la giustificazione, ma non l’incorporazione nella chiesa visibile’.11
Contro chi non accetta il battesimo della chiesa cattolica
romana ci sono i seguenti anatemi lanciati dal concilio
di Trento: ‘Se qualcuno afferma che nella chiesa romana
(che è madre e maestra di tutte le chiese) non vi è la vera dottrina del battesimo: sia anatema’;12 ‘Chi nega che
per la grazia del signore nostro Gesù Cristo, conferita
nel battesimo, sia rimesso il peccato originale (...) sia
anatema’;13 ‘Chi nega che i fanciulli, appena nati debbano essere battezzati (....) sia anatema’;14 ‘Se qualcuno
afferma che i bambini, poiché non hanno la capacità di
credere, ricevuto il battesimo non devono essere considerati cristiani e quindi divenuti adulti, devono essere
ribattezzati; o che è meglio omettere il loro battesimo,
piuttosto che battezzarli nella fede della chiesa, senza un
loro atto di fede; sia anatema’.15
Confutazione
Il battesimo dev’essere ministrato a persone che hanno
creduto e per immersione
Questa dottrina della chiesa romana sul battesimo é falsa perché innanzi tutto secondo la Scrittura il battesimo
dev’essere ministrato a persone che si sono ravvedute
dai loro peccati ed hanno creduto nel Signore Gesù Cristo, e perciò non può essere ministrato a degli infanti
che ancora non discernono il bene dal male e che ancora
non possono credere col cuore nel Signore. Le seguenti
Scritture confermano che coloro che devono essere battezzati devono prima ravvedersi e credere nel Vangelo
che viene loro annunziato, e perciò non possono essere
battezzati dei neonati.
- “Or essi, udite queste cose, furon compunti nel cuore,
e dissero a Pietro e agli altri apostoli: Fratelli, che dob9
Johann Auer e Joseph Ratzinger, I sacramenti della chiesa,
Assisi 1974, pag. 88-89.
10
Mar. 10:39
11
Johann Auer e Joseph Ratzinger, op. cit., pag. 89
12
Concilio di Trento, Sess. VII, can. 3
13
Concilio di Trento, Sess. V,5
14
Concilio di Trento. Sess. V,4
15
Concilio di Trento, Sess. VII, can. 13
I sacramenti
biam fare? E Pietro a loro: Ravvedetevi, e ciascun di voi
sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission
de’ vostri peccati.... Quelli dunque i quali accettarono la
sua parola, furon battezzati....”;1
- “Ma quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava
loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome
di Gesù Cristo, furon battezzati, uomini e donne”;2
- “E molti dei Corinzî, udendo Paolo, credevano, ed eran battezzati”.3
Come potete ben vedere in questi tre passi le espressioni: “accettarono la sua parola”, “quando ebbero creduto”, e “credevano” precedono l’atto del battesimo, e attestano in maniera chiara che anticamente per ricevere il
battesimo la persona doveva prima credere nel Vangelo.
Tutto questo è in perfetta armonia con le parole di Gesù:
“Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”.4
Il battesimo dunque è lecito che lo riceva solo chi ha
creduto. Ma per potere credere la persona deve prima
ascoltare la parola di Cristo perché Paolo dice che la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della parola
di Cristo, ed anche: “Come crederanno in colui del quale non hanno udito parlare?”,5 e perciò ci deve essere
chi predica il Cristo perché sempre Paolo dice: “Come
udiranno, se non v’è chi predichi?”.6 E questo è in perfetta armonia con le seguenti parole di Gesù: “Andate
per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”;7 e: “Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli...”.8 Notate infatti che la predicazione e
l’ammaestramento precedono l’atto del battesimo perché gli apostoli prima dovevano predicare la Parola, e
dopo dovevano battezzare coloro che avevano creduto
in essa. Questo è l’ordine che gli apostoli seguirono, difatti il giorno della Pentecoste prima Pietro predicò, poi
gli uditori accettarono la sua parola e gli apostoli li battezzarono secondo che è scritto: “Quelli dunque i quali
accettarono la sua parola, furon battezzati”.9 E questo è
quello che avvenne anche a Filippi nel caso della famiglia di Lidia secondo che è scritto prima: “E postici a
sedere, parlavamo alle donne ch’eran quivi radunate”,10
poi dopo che il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo “fu battezzata con quei di
casa”;11 ed anche nel caso della famiglia del carceriere
secondo che è scritto, prima: “Poi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa
sua”,12 e poi, che “fu battezzato lui con tutti i suoi”;13 ed
a Corinto dove molti sentendo parlare Paolo credevano
ed erano battezzati.14 E siccome che la predicazione del
1
Atti 2:37,38,41
Atti 8:12
3
Atti 18:8
4
Mar. 16:16
5
Rom. 10:14
6
Rom. 10:14
7
Mar. 16:15,16
8
Matt. 28:19
9
Atti 2:41
10
Atti 16:13
11
Atti 16:15
12
Atti 16:32
13
Atti 16:33
14
Cfr. Atti 18:8
2
La chiesa cattolica romana
Vangelo non poteva essere rivolta a dei neonati (e da
quest’ultimi accettata) perché essi quantunque potevano
sentire non potevano però discernere quello che veniva
detto e in loro non poteva dunque venire la fede, deduciamo che essi non venivano battezzati. Abbiamo dunque visto che anticamente il battesimo veniva, in obbedienza al comando di Cristo, ministrato solo a coloro
che credevano, il che esclude che venissero battezzati
anche dei neonati che non potevano ancora credere.
Oltre a ciò bisogna dire che il battesimo citato in queste
Scritture consisteva nell’immergere nell’acqua chi aveva creduto, e non in un versamento di acqua sulla sua
testa. D’altronde la stessa parola greca baptizo significa
‘immergere’, ‘tuffare’, e non versare o aspergere. Le
seguenti Scritture attestano che il battesimo con acqua è
per immersione e non per infusione.
- Giovanni il Battista battezzava per immersione (quantunque il suo battesimo fosse solo un battesimo di ravvedimento) secondo che é scritto: “Allora Gerusalemme
e tutta la Giudea e tutto il paese d’intorno al Giordano
presero ad accorrere a lui; ed erano battezzati da lui nel
fiume Giordano, confessando i loro peccati”,15 ed anche:
“Or anche Giovanni stava battezzando a Enon, presso
Salim, perché c’era là molt’acqua; e la gente veniva a
farsi battezzare”;16
- Gesù fu battezzato all’età di circa trenta anni; quando
fu battezzato da Giovanni nel Giordano, fu immerso
nell’acqua, secondo che é scritto in Matteo: “E Gesù,
tosto che fu battezzato, salì fuor dell’acqua...”;17 ed anche in Marco: “Fu battezzato da Giovanni nel Giordano.
E ad un tratto, com’egli saliva fuori dell’acqua, vide
fendersi i cieli, e lo Spirito scendere su di lui...”;18
- l’eunuco fu battezzato da Filippo per immersione secondo che é scritto: “E discesero ambedue nell’acqua,
Filippo e l’eunuco; e Filippo lo battezzò. E quando furon saliti fuori dell’acqua, lo Spirito del Signore rapì
Filippo..”.19
Che dire allora di quei ragionamenti papisti quali: ‘Il
giorno della Pentecoste furono battezzate circa tremila
persone e noi sappiamo che a Gerusalemme non c’è
nessun fiume che permettesse un battesimo di immersione’, e: ‘Il carceriere fu battezzato con tutta la sua famiglia nel carcere e qui non c’era un fiume o una piscina per fare un battesimo per immersione; quindi in questi casi il battesimo fu ministrato per infusione’? Diremo
che essi sono solo delle ciance che servono solo a gettare polvere negli occhi dei Cattolici che non conoscono
le Scritture. Dio non era obbligato a fare trascrivere ogni
volta dove e come venivano battezzati tutti coloro che
accettavano il Vangelo. Una cosa è certa, in quei casi in
cui Egli non ha voluto che fosse trascritto dove e come
venne ministrato il battesimo ai credenti non è perché
quel battesimo fu loro ministrato per infusione!
E poi, seguendo questo modo di ragionare si dovrebbe
anche dire che in quei casi dove non c’è scritto che dei
credenti ricevettero il battesimo essi non furono per nul15
Matt. 3:5,6
Giov. 3:23
17
Matt. 3:16
18
Mar. 1:9,10
19
Atti 8:38,39
16
27
I sacramenti
la battezzati come nel caso di quelle migliaia di persone
che dopo che Pietro guarì lo zoppo a Gerusalemme credettero, dei Tessalonicesi, o di coloro che credettero ad
Atene; per cui il battesimo non era necessario! Ma questo evidentemente significherebbe fare dire alla Parola
ciò che essa non dice e costituirebbe una contraddizione.
Abbiamo quindi provato che il battesimo istituito da
Cristo dev’essere ministrato a persone che si sono ravvedute ed hanno creduto ed anche che esso è per immersione e non per infusione. Quando dunque un Cattolico
romano si ravvede e crede con il suo cuore nel Vangelo
della grazia deve essere battezzato; non ribattezzato
perché in realtà quello che lui ha ricevuto da fanciullo (o
magari da adulto) nella chiesa cattolica romana non è
affatto un battesimo ma un qualche cosa che ha solo il
nome di battesimo.
Per quanto riguarda poi le parole da usare nel battesimo
bisogna dire al battezzando: ‘Io ti battezzo nel nome del
Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo’ perché Gesù
così ha comandato: “...battezzandoli nel nome del Padre
e del Figliuolo e dello Spirito Santo”.1 Nel nome del
Padre perché è Lui che lo ha attirato al suo Figliuolo,2
nel nome del Figliuolo perché Lui lo ha accolto e gli ha
rivelato il Padre,3 e nel nome dello Spirito Santo perché
è Lui che lo ha convinto quanto al peccato, alla giustizia
e al giudizio.4
Il battesimo non rigenera l’uomo
Le parole di Gesù5 e di Paolo6 che i teologi papisti prendono per sostenere il potere di rigenerare del battesimo
hanno un altro significato.
Gesù quando disse che bisogna nascere d’acqua intese
dire che bisogna essere rigenerati dalla Parola di Dio
perché l’acqua rappresenta la Parola di Dio.7 Di certo
Egli non intese dire che l’acqua del battesimo rigenera o
ha il potere di rigenerare il peccatore perché questo non
corrisponde a verità, perché il potere di rigenerare il
peccatore ce l’ha la Parola di Dio.8 E poi, se fosse così
come dicono i Cattolici il ladrone convertitosi sulla croce in punto di morte non avrebbe potuto andare nel regno di Dio perché non nato d’acqua, cioè perché non
battezzato. Ma allora come mai Gesù gli disse che in
quel giorno sarebbe stato con lui in paradiso? Non è forse perché quell’uomo prima di morire sperimentò la
nuova nascita, ovvero nacque d’acqua e di Spirito? Certo che è così, e non può essere altrimenti.
Per quanto riguarda le parole di Paolo a Tito, per lavacro della rigenerazione l’apostolo non intese dire la rigenerazione compiuta dal battesimo. E questo perché lui
per lavacro non intendeva l’immersione nell’acqua di
chi aveva creduto, ma la purificazione compiuta in lui
1
Matt. 28:19
Cfr. Giov. 6:37,44,65
3
Cfr. Luca 10:22
4
Cfr. Giov. 16:8
5
Cfr. Giov. 3:5
6
Cfr. Tito 3:5
7
Cfr. Is. 55:10,11
8
Cfr. 1 Piet. 1:23
2
28
La chiesa cattolica romana
dalla Parola di Dio difatti agli Efesini dice che “Cristo
ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di
santificarla, dopo averla purificata col lavacro
dell’acqua mediante la Parola..”.9 A conferma che Cristo ci ha lavati e nettati mediante la sua parola, e non
mediante il battesimo in acqua che abbiamo ricevuto nel
suo nome, citiamo le parole che Gesù disse ai suoi discepoli la notte in cui fu tradito: “Voi siete già mondi a
motivo della parola che v’ho annunziata”.10 Egli non
disse loro che erano mondi a motivo del battesimo, ma a
motivo della sua parola, che era la Parola di Dio secondo che egli disse: “La parola che voi udite non è mia,
ma è del Padre che mi ha mandato”.11 E se ciò non bastasse a dimostrare che Paolo dicendo che siamo stati
salvati mediante il lavacro della rigenerazione non intese affatto dire che il battesimo in acqua ci ha rigenerati
aggiungiamo anche la prova dei fatti. I Cattolici romani
dicono di avere ricevuto il lavacro della rigenerazione
ma non possono dire di essere stati salvati. Ora, noi diciamo: ‘Se i Cattolici avessero ricevuto il lavacro della
rigenerazione di cui parla Paolo quando sono stati battezzati allora potrebbero dire di conseguenza anche loro:
“Siamo stati salvati”, ma questo non lo possono dire e
non lo dicono. Come mai?’ Non è forse perché quel “lavacro della rigenerazione” non si riferisce affatto al battesimo (sia che esso sia stato erratamente ministrato per
infusione o giustamente per immersione) ma al lavaggio
operato dalla Parola di Dio nel cuore di colui che l’ha
accettata per fede e loro questo lavaggio non l’hanno
ancora sperimentato? Certo che è così.
Ecco perché tutti coloro che dicono di essere dei Cristiani solo per il fatto che da piccoli sono stati battezzati
nella chiesa cattolica romana non sono certi di essere
salvati, e sono ancora morti nei loro falli; perché il loro
battesimo non li ha rigenerati affatto quando essi lo
hanno ricevuto da piccoli. Possiamo dire che essi sono
stati ingannati mediante quel ‘battesimo’, ma non rigenerati ed incorporati mediante di esso nel corpo di Cristo.
I passi presi per sostenere il battesimo dei bambini non
hanno il significato che gli danno i teologi papisti
Nella sacra Scrittura non ci sono a riguardo del battesimo in acqua dei passi che attestano che ai tempi di Gesù
e ai tempi degli apostoli venivano battezzati anche i
bambini. Nonostante ciò, come avete potuto vedere, i
teologi papisti sostengono il battesimo degli infanti mediante dei passi delle Scritture. Vediamo dunque di dimostrare che i passi della Scrittura da loro citati non
confermano affatto il battesimo degli infanti.
- In Matteo è scritto: “Allora gli furono presentati dei
bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i
discepoli sgridarono coloro che glieli presentavano. Gesù però disse: Lasciate i piccoli fanciulli e non vietate
loro di venire a me, perché di tali è il regno de’ cieli. E
imposte loro le mani, si partì di là”.12 I sostenitori del
9
Ef. 5:25,26
Giov. 15:3
11
Giov. 14:24
12
Matt. 19:13-15
10
I sacramenti
battesimo degli infanti (pedobattesimo) dicono che quel
“non vietate loro di venire a me” significa che non si
può negare il battesimo ai fanciulli, quantunque essi non
siano consapevoli dell’atto a cui vengono sottoposti,
perché Gesù ha detto di non impedirglielo.
Questa interpretazione data alle suddette parole di Gesù
è arbitraria per queste ragioni: coloro che presentavano i
bambini a Gesù non glieli presentavano affinché lui li
battezzasse per infusione o per immersione, ma, come
dice Marco “perché li toccasse”,1 quindi vedere il battesimo degli infanti in quelle parole di Gesù vuole dire
sforzarsi di vederci quello che non c’è. Gesù quando i
bambini andarono a lui li prese in braccio “ed imposte
loro le mani, li benediceva”,2 il che esclude che lui li
abbia battezzati.
- “E una certa donna, di nome Lidia, negoziante di porpora, della città di Tiatiri, che temeva Dio, ci stava ad
ascoltare; e il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo. E dopo che fu battezzata con
quei di casa, ci pregò dicendo: Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate in casa mia, e dimoratevi. E ci
fece forza”;3 “Poi annunziarono la parola del Signore a
lui e a tutti coloro che erano in casa sua. Ed egli, presili
in quell’istessa ora della notte, lavò loro le piaghe; e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. E menatili su in
casa sua, apparecchiò loro la tavola, e giubilava con tutta la sua casa, perché avea creduto in Dio”.4 Ora, siccome che sia nel caso di Lidia, e sia nel caso del carceriere
di Filippi è detto che essi furono battezzati con tutti
quelli di casa loro, i teologi papisti deducono che anche
i loro bambini furono battezzati dagli apostoli.
Per confutare questo loro discorso diciamo solamente
che le Scritture qui sopra esposte non dicono che
c’erano dei neonati o dei piccoli bambini in quelle famiglie.
- “All’età d’otto giorni, ogni maschio sarà circonciso fra
voi, di generazione in generazione”.5 Per i teologi papisti, come il neonato entrava a fare parte inconsapevolmente del popolo d’Israele mediante quell’atto che gli
veniva compiuto nella carne, così sotto il Nuovo Patto il
bambino entra inconsapevolmente a fare parte del popolo di Dio quando gli viene ministrato il battesimo.
Questo paragone non regge per i seguenti motivi: 1) sotto l’Antico Patto fu Dio a comandare di circoncidere
l’ottavo giorno i bambini mentre sotto il Nuovo Patto
non ha comandato affatto di battezzare i bambini, cosa
che non avrebbe mancato di fare se egli avesse voluto
che così si facesse; 2) la circoncisione sotto l’Antico
Patto era ombra della vera circoncisione che doveva
compiere Cristo nel cuore di molti uomini e di molte
donne: e questa egli la compie in coloro che si ravvedono e credono in lui togliendogli il vecchio cuore di pietra e mettendogliene uno nuovo di carne, togliendogli i
peccati.
La chiesa cattolica romana
I peccati vengono cancellati e si diventa figliuoli di Dio
quando si crede in Gesù Cristo e non quando si viene
battezzati
Ora, prescindendo dal fatto che il battesimo dei bambini
amministrato in seno alla chiesa romana è nullo per le
ragioni appena esposte, spieghiamo con la Scrittura perché il battesimo in acqua non cancella i peccati
all’uomo e non lo fa diventare un figlio di Dio.
Pietro dice nella sua prima epistola che il battesimo non
é “il nettamento delle sozzure della carne...”;6 dove per
sozzure della carne si intendono le opere morte della
carne (i peccati) di cui l’uomo senza Dio è contaminato.7 Quindi non è mediante di esso che vengono cancellati i peccati e si diventa figliuoli di Dio. Ma allora come vengono cancellati i peccati e come si diventa figliuoli di Dio?
- I peccati vengono cancellati mediante la fede, e non
mediante il battesimo in acqua, secondo che é scritto:
“Chiunque crede è giustificato di tutte le cose”,8 ed anche: “Chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.9 Ed a conferma di quello
che stiamo dicendo citiamo le parole di Pietro
all’assemblea di Gerusalemme a proposito della purificazione di quei Gentili che udirono il Vangelo dalla sua
bocca: “E non fece alcuna differenza fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede”.10 Come potete
vedere Pietro non disse che quei Gentili erano stati purificati dai loro peccati mediante il battesimo, che essi ricevettero per ordine suo dopo che lo Spirito Santo scese
su loro, ma mediante la loro fede che aveva preceduto il
battesimo in acqua. Che dire allora delle parole di Pietro
il giorno della Pentecoste che i teologi papisti prendono
per dire che il battesimo rimette i peccati? Non confermano forse esse che il battesimo rimette i peccati? No,
non lo confermano affatto perché Pietro non disse loro:
‘Siate battezzati per la remissione dei vostri peccati’, il
che avrebbe sì significato che per ottenere la remissione
dei peccati era indispensabile per loro farsi battezzare;
ma egli disse loro prima di ravvedersi e poi di farsi battezzare, e siccome che quando ci si ravvede si cambia
modo di pensare e si crede nell’Evangelo nel quale non
si è mai creduto prima, bisogna dire ancora una volta
che il battesimo non lava il peccatore dai suoi peccati
perché ciò che gli rimette i peccati è il nome di Cristo
nel quale egli crede quando si ravvede. E che i peccati
non vengono cancellati dal battesimo ma mediante la
fede in Cristo è confermato anche dalle seguenti parole
che sempre lo stesso Pietro rivolse ai Giudei dopo la
guarigione dello zoppo alla porta del tempio detta ‘Bella’: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, onde i vostri
peccati siano cancellati...”.11 Notate infatti che qui Pietro dice ai Giudei che per ottenere la cancellazione dei
loro peccati si devono solo ravvedere e convertire. Non
gli dice: ‘Ravvedetevi e siate battezzati’, ma solo:
6
1
Mar. 10:13
2
Mar. 10:16
3
Atti 16:14,15
4
Atti 16:32-34
5
Gen. 17:12
1 Piet. 3:21
Cfr. Gal. 5:19-21
8
Atti 13:39
9
Atti 10:43
10
Atti 15:9
11
Atti 3:19
7
29
I sacramenti
“Ravvedetevi dunque e convertitevi”; del battesimo non
gliene parla, ma annunzia loro lo stesso la cancellazione
dei peccati.
- Si diventa figliuoli di Dio sempre mediante la fede e
non mediante il battesimo secondo che é scritto: “A tutti
quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel
suo nome”,1 ed anche: “Siete tutti figliuoli di Dio, per la
fede in Cristo Gesù”.2
Prendiamo per esempio ancora Cornelio ed i suoi; essi
ricevettero lo Spirito Santo ancora prima di essere battezzati in acqua. Ora, noi sappiamo che lo Spirito Santo
lo possono ricevere solo coloro che hanno creduto perché è scritto: “Or disse questo dello Spirito, che doveano ricevere quelli che crederebbero in lui”,3 perciò essi
avevano creduto e di conseguenza erano dei figliuoli di
Dio. Inoltre la Scrittura dice: “Avete ricevuto lo spirito
d’adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo
figliuoli di Dio”,4 quindi Cornelio ed i suoi potevano
dire di essere dei figliuoli di Dio ancora prima di essere
battezzati perché lo Spirito Santo glielo attestava con il
loro spirito.5 Come potete vedere tutto questo annulla la
dottrina che il battesimo fa diventare figli di Dio.
Ma prendiamo un altro esempio per confermare che non
è mediante il battesimo che si diventa figliuoli di Dio;
quello dei circa dodici discepoli di Efeso. Luca dice che
Paolo quando giunse ad Efeso “trovati quivi alcuni discepoli, disse loro: Avete voi ricevuto lo Spirito Santo,
dopo che avete creduto”.6 E siccome che essi gli risposero che non avevano neppure sentito parlare
dell’esistenza dello Spirito Santo, Paolo si informò da
loro di quale battesimo erano stati battezzati. Essi gli
risposero che erano stati battezzati del battesimo di Giovanni; al che Paolo li battezzò nel nome del Signore Gesù. Ora, la domanda che faccio è questa: ‘La Scrittura
dice che questi circa dodici uomini erano dei discepoli
ancora prima che fossero battezzati in acqua nel nome
del Signore Gesù, quindi costoro avevano creduto nel
Signore perché ogni qual volta nel libro degli Atti degli
apostoli è menzionata la parola discepoli essa si riferisce
a dei credenti, a dei figliuoli di Dio; ma allora come si
1
Giov. 1:12
Gal. 3:26
3
Giov. 7:39
4
Rom. 8:15,16
5
Qualcuno forse dirà che in questo caso dato che per ricezione
dello Spirito si deve intendere il battesimo con lo Spirito Santo, uno per essere definito un figlio di Dio prima di ricevere il
battesimo con acqua deve essere battezzato con lo Spirito Santo. Ma ciò non corrisponde a verità perché uno che ha creduto,
ancora prima di essere battezzato in acqua, ha una misura di
Spirito Santo nel suo cuore che gli attesta con il suo spirito che
egli è un figlio di Dio. Lo Spirito Santo infatti non importa in
che misura è presente nel credente gli attesta la medesima cosa, e cioè che egli è diventato un figlio di Dio. Quando il credente viene battezzato con lo Spirito egli viene riempito di
Spirito Santo ossia riceve una misura maggiore di Spirito Santo, ma la testimonianza dello Spirito in lui rimane la medesima. Ciò che cambia è che egli sarà in possesso di una potenza
che prima non aveva perché non aveva ancora lo Spirito Santo
nella sua pienezza.
6
Atti 19:1,2 (Diod.)
2
30
La chiesa cattolica romana
spiega che essi, benché ancora non fossero stati battezzati nel nome del Signore Gesù, sono chiamati discepoli?’ Non è forse perché non è il battesimo nel nome del
Signore Gesù che ci rende discepoli del Signore, ma la
nostra fede in Cristo Gesù? Non bisogna forse arrivare
ancora alla conclusione che il battesimo non fa gli uomini figli di Dio, perché figli di Dio si diventa credendo
nel nome del Figliuol di Dio?
Con questi nostri discorsi non vogliamo dire affatto che
il battesimo sia inutile o non necessario, e questo perché
esso è stato ordinato dal Signore con queste parole:
“Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito
Santo”7 ed anche: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”,8 ma solo che Gesù ha detto che “chi
non avrà creduto sarà condannato” e non che colui che
non sarà battezzato andrà all’inferno, come per esempio
un uomo che crede in fin di vita senza avere punto il
tempo di essere battezzato in acqua. Quindi il fine di
questi discorsi è solo quello di dimostrare che non è
l’acqua del battesimo che cancella i peccati ma il sangue
di Cristo, e che non è il battesimo che fa diventare gli
uomini figli di Dio ma la loro fede. Fermo restando che
il battesimo ha valore, e che coloro che credono devono
essere subito battezzati in ubbidienza all’ordine del Signore.
Che cosa è, e cosa fa il battesimo secondo la Scrittura
Dopo avere detto cosa il battesimo non è, e cosa il battesimo non fa vediamo che cosa è il battesimo e cosa esso
fa.
L’apostolo Pietro dice che il battesimo è “la richiesta di
una buona coscienza fatta a Dio”9 (questa è un ulteriore
conferma che il battesimo non può essere amministrato
a bambini perché i bambini appena nati non possono
fare a Dio questa richiesta di buona coscienza che é il
battesimo); quindi siccome che per mezzo del battesimo
chi crede in Dio richiede di avere una buona coscienza
nel suo cospetto, esso è necessario (d’altronde come avrebbe potuto Gesù istituire una cosa non necessaria per
coloro che avrebbero creduto in lui?). E ciascuno di noi
ha sperimentato le parole di Pietro perché dopo che abbiamo creduto nel Signore abbiamo sentito la necessità
del battesimo perché sentivamo in noi per lo Spirito, che
pur essendo dei figliuoli di Dio purificati con il sangue
di Gesù Cristo, per avere una buona coscienza davanti a
Dio dovevamo ubbidire all’ordine del battesimo. Certo,
eravamo certi di essere salvati, di essere stati perdonati,
ma nonostante ciò sentivamo che in ubbidienza a Cristo,
il nostro Salvatore, dovevamo farci battezzare in acqua.
Quindi, secondo la Scrittura, mediante il battesimo noi
abbiamo ottenuto una buona coscienza davanti a Dio.
Oltre a questo noi, mediante il battesimo, siamo stati
sepolti con Cristo secondo che è scritto: “O ignorate voi
che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo
stati battezzati nella sua morte? Noi siam dunque stati
con lui seppelliti mediante il battesimo nella sua morte,
7
Matt. 28:19
Mar. 16:16
9
1 Piet. 3:21
8
I sacramenti
affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la
gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità
di vita”.1 E dato che vengono seppelliti i morti e non
coloro che ancora sono vivi, noi possiamo dire che
quando siamo stati seppelliti mediante il battesimo nella
morte di Cristo eravamo già morti al peccato essendo
che ci eravamo ravveduti ed avevamo creduto nel Vangelo. In altre parole che noi prima di essere battezzati in
acqua eravamo nati di nuovo, perciò morti al peccato; e
mediante il battesimo il nostro vecchio uomo è stato
seppellito con Cristo. Come Cristo quando fu seppellito
era già morto al peccato (“il suo morire fu un morire al
peccato, una volta per sempre”,2 dice Paolo), così anche
noi quando siamo stati seppelliti con lui eravamo già
morti al peccato mediante il corpo di Cristo. Possiamo
anche esprimere questo concetto così: noi siamo stati
salvati dai nostri peccati mediante la fede, e quindi ancora prima di essere battezzati in acqua eravamo salvati
(perché l’atto del credere precede l’atto dell’essere immersi nell’acqua). Il nostro battesimo quindi si può definire un atto di ubbidienza a Dio che ha suggellato la
giustificazione da noi ottenuta per fede prima del battesimo. Un po’ come il segno della circoncisione che Abramo ricevette “qual suggello della giustizia ottenuta
per la fede che avea quand’era incirconciso”.3 Perché
anche Abramo era stato giustificato da Dio per fede
prima di essere circonciso, e non fu quindi la circoncisione ad essergli messa in conto di giustizia ma la sua
fede secondo che è scritto: “Noi diciamo che la fede fu
ad Abramo messa in conto di giustizia”.4 Nello stesso
modo anche a noi non è stato il battesimo ad esserci
messo in conto di giustizia (il che avrebbe significato
che mediante il battesimo si ottiene la giustificazione)
ma la nostra fede che abbiamo riposto in Cristo prima di
essere battezzati in acqua.
Mediante il battesimo noi abbiamo anche testimoniato
al diavolo e ai suoi ministri (come anche alle persone
del mondo che erano presenti o che hanno udito del nostro battesimo) di essere diventati dei discepoli di Cristo
Gesù, di non volere vivere più per noi stessi ma per Colui che è morto e risuscitato per noi, e perciò di avere
rinunciato a noi stessi ed ai piaceri del peccato che ci
offre il diavolo tramite questo mondo malvagio. Non si
deve mai dimenticare infatti che quando noi siamo nati
di nuovo siamo stati strappati da questo presente secolo
malvagio che giace nel maligno e trasportati nel regno
del Figliuolo di Dio; che prima della nuova nascita servivamo il peccato ma dopo abbiamo cominciato a servire la giustizia. E’ un atto dunque il battesimo con il quale noi abbiamo dichiarato di essere morti al peccato e al
mondo. Come con la cena del Signore noi annunziamo
periodicamente la morte del Signore al peccato una volta per sempre, così con il battesimo, che si riceve una
volta sola nella vita, noi abbiamo annunziato la nostra
morte al peccato, al mondo. E si tenga presente che come la cena del Signore non è la ripetizione della morte
del Signore al peccato, il battesimo non è nemmeno esso
La chiesa cattolica romana
l’atto con il quale noi moriamo al peccato perché la nostra morte al peccato è avvenuta prima del battesimo
che ne è stato invece l’annuncio. Si tenga presente che il
battesimo nel nome di Cristo in alcuni posti della terra
rappresenta un pronunciare su se stessi la condanna a
morte dei propri connazionali, e difatti molti di questi
nostri fratelli battezzati in queste nazioni sono stati poi
uccisi per avere manifestato pubblicamente con il battesimo la loro decisione di seguire Cristo. Questo a dimostrazione che per coloro che si sono sentiti traditi questo
atto dell’immersione che subisce un credente (che per
loro è un traditore) significa che quello che prima era
della loro stessa religione ha deciso di rinunciare alla
sua vecchia religione per abbracciarne un altra totalmente diversa per cui egli merita la morte come traditore.
Il battesimo è un atto con il quale noi abbiamo dichiarato di non vergognarci di Cristo ma di essere disposti a
portare il suo vituperio in questo mondo di tenebre. Il
fatto dunque che molti credenti hanno subito una forte
opposizione dai loro familiari increduli prima di essere
battezzati è dovuto al fatto che il diavolo cercò tramite
alcuni che erano sotto la sua potestà di indurre in questa
maniera il neoconvertito a vergognarsi del suo Salvatore. L’avversario infatti sa che Gesù ha affermato: “Se
uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figliuol
dell’uomo si vergognerà di lui...”.5
Dopo avere detto ciò qualcuno dirà: “Ma allora, se non
è tramite il battesimo che si viene salvati (perché è mediante la fede che si viene salvati), perché Pietro dice
del battesimo: “Il quale ora salva anche voi, mediante la
risurrezione di Gesù Cristo”?6 Perché è così, ma Pietro
non ha voluto dire con queste parole che il battesimo ci
ha salvati. Perché non è il battesimo in acqua che salva
l’uomo dalla schiavitù del peccato ma la sua fede in Cristo Gesù. Non è il battesimo in acqua che salva l’uomo
dall’inferno ma la sua fede, e di ciò ne abbiamo una
conferma nell’episodio della conversione di uno dei ladroni che furono crocifissi con Cristo al quale Gesù disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso”.7 Come potete vedere quell’uomo non poté ricevere
il battesimo eppure andò in paradiso. A conferma di
quanto detto sopra vi faccio notare che Pietro non ha
detto che ‘il battesimo ci ha salvati pure a noi mediante
la risurrezione di Gesù Cristo’ perché se avesse detto
così questo avrebbe significato che Pietro credeva che si
nasce di nuovo quando si viene battezzati e non quando
ci si ravvede e si crede nel Figliuolo di Dio. Ma egli ha
detto che il battesimo “salva ancora noi, per la risurrezione di Gesù Cristo”,8 cioè che il battesimo nella sua
morte ci salva dall’ira a venire; ma in che maniera? Con
la fede nella risurrezione di Gesù Cristo perché Gesù ha
detto: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”,9 e non senza. Ma questo non significa affatto che
è stato mediante il battesimo che siamo stati rigenerati;
5
1
Rom. 6:3,4
2
Rom. 6:10
3
Rom. 4:11
4
Rom. 4:9
Mar. 8:38
1 Piet. 3:21
7
Luca 23:43
8
1 Piet. 3:21 (Diod.)
9
Mar. 16:16
6
31
I sacramenti
tanto è vero che lo stesso apostolo Pietro all’inizio della
sua prima epistola dice: “Benedetto sia l’Iddio e Padre
del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua gran
misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti...”;1 lo vedete? Pietro non
dice che Dio ci ha fatti rinascere mediante il battesimo
(come dice la chiesa cattolica romana) ma mediante la
risurrezione di Gesù Cristo ossia mediante la fede nella
risurrezione di Gesù Cristo, il che è differente. Anche
l’apostolo Paolo conferma che è mediante la fede nella
risurrezione di Cristo che noi siamo stati rigenerati e
non mediante il battesimo quando dice ai Colossesi:
“Essendo stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale
siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella
potenza di Dio che ha risuscitato lui dai morti”.2 Notate
l’espressione “mediante la fede nella potenza di Dio che
ha risuscitato lui dai morti” che messa in quel contesto
in cui si parla del battesimo dimostra chiaramente che è
la fede nella risurrezione di Cristo che ci ha rigenerati e
non il battesimo. E difatti Paolo predicava alle persone
del mondo la fede in Cristo come mezzo per rinascere e
non il battesimo; perché egli sapeva che era soltanto
mediante la fede che esse potevano essere rigenerate.
Ecco perché ai Corinzi l’apostolo disse: “Cristo non mi
ha mandato a battezzare ma ad evangelizzare...”,3 perché agli occhi del Signore l’evangelizzare era ed è più
importante del battezzare, cosa che Gesù stesso nei
giorni della sua carne lo dimostrò evangelizzando ma
non battezzando alcuno.
Quindi, riassumendo, mediante la fede nella risurrezione
di Gesù Cristo siamo stati salvati, rigenerati, e purificati
dai nostri peccati; mediante il battesimo siamo stati seppelliti; ed esso ci salva mediante la risurrezione di Gesù
Cristo, ossia se conserviamo la fede nella risurrezione di
Cristo. In altre parole, noi saremo salvati dall’ira a venire a condizione che riteniamo ferma fino alla fine la fede che abbiamo riposto in Dio al principio; nel caso
contrario il battesimo in acqua ricevuto dopo avere creduto non ci servirà proprio a nulla. Vi spiego questo facendovi degli esempi. Se Noè, o qualcuno dei suoi che
erano nell’arca, avesse deciso mentre pioveva a dirotto
sulla terra di gettarsi dalla finestra che Dio aveva ordinato a Noè di costruire nell’arca, di certo non sarebbe
scampato al diluvio ma sarebbe perito pure lui assieme
ai ribelli. Se un Israelita che aveva appena finito di passare il mare a piedi asciutti avesse deciso di tornare sui
suoi passi (prima che Dio dicesse a Mosè di stendere la
sua mano sul mare affinché le acque ritornassero sugli
Egiziani), certamente egli sarebbe perito con gli Egiziani. Così anche noi che siamo in Cristo mediante la fede,
dobbiamo studiarci di rimanere in Cristo se vogliamo
essere salvati dall’ira a venire. Quindi dobbiamo continuare a credere in lui e guardarci dal gettare via la nostra franchezza, perché questo costituirebbe una specie
di suicidio spirituale.
Infine ci tengo a sottolineare che l’apostolo Pietro e
l’apostolo Paolo (cito loro perché ho citato le loro parole a riguardo del battesimo) battezzavano subito coloro
La chiesa cattolica romana
che credevano; questo ve lo ricordo per farvi capire come per loro il battesimo doveva seguire immediatamente la fede e non doveva avvenire settimane o mesi o anni
dopo. A dimostrazione che per loro, quantunque non
fosse il battesimo che rigenerasse, esso era un atto importante perché comandato da Cristo da fare subito. Purtroppo però il loro esempio oggi non è seguito in mezzo
alla maggior parte delle chiese per tanti motivi che non
trovano nessun appoggio nella Scrittura (il numero consistente, la stagione calda, ecc.). E questo non può non
rattristare. Io dico che se i preti comandano ai genitori
di fare ‘battezzare’ i loro neonati pochi giorni dopo la
loro nascita naturale perché pensano che con
quell’acqua versata sul loro capo essi rinasceranno e diventeranno figli di Dio, i ministri del Vangelo devono
comandare che i neonati spirituali siano battezzati subito sapendo che il battesimo è una richiesta di buona coscienza fatta a Dio e non il mezzo tramite cui si rinasce
e si diventa figli di Dio. Perché un morto con Cristo deve aspettare giorni, settimane o mesi prima di essere
seppellito? Che impedisce che venga seppellito subito?
Non è forse vero che Cristo quando morì fu seppellito
subito? Perché dunque quando uno muore con Cristo
non deve essere seppellito subito? Se nel campo naturale appena uno muore si pensa subito a seppellirlo, perché mai nel campo spirituale appena uno muore al peccato perché ha accettato Cristo non deve essere seppellito subito? Perciò o ministri del Vangelo non indugiate a
battezzare coloro che hanno veramente creduto nel
Vangelo.
Voglio pure cogliere l’occasione per esortare coloro che
hanno sì creduto ma ancora indugiano a farsi battezzare.
A costoro dico: ‘Che aspettate? perché indugiate? Levatevi e siate battezzati’. Badate a non vergognarvi del
battesimo perché è un atto prescritto da Cristo Gesù, un
comandamento a cui dovete ubbidire. Non fatevi ingannare dal diavolo che con la sua astuzia cerca di tenervi
lontani dal battesimo. Resistetegli mediante lo scudo
della fede e sottomettevi a Cristo.
Il limbo non esiste
Di questo luogo chiamato ‘limbo’ nel quale andrebbero
i bambini morti senza battesimo la Scrittura non ne parla. Essa parla del seno d’Abramo, ma esso era un luogo
dove andavano i giusti che morivano prima della risurrezione di Cristo e adesso non esiste più perché i giusti
che vi erano sono stati menati in cielo da Cristo.4 E’
quindi inutile credere sia nell’esistenza del limbo e sia
che i bambini morti senza battesimo vadano a dimorarvi.
Il battesimo di sangue e quello di desiderio non esistono
Il battesimo di sangue e quello di desiderio sono scaturiti dalla errata dottrina che il battesimo con acqua conferisce la giustificazione ed è quindi indispensabile per la
salvezza; infatti tutte e due donano la giustificazione a
1
1 Piet. 1:3
Col. 2:12
3
1 Cor. 1:17
2
32
4
Cfr. Ef. 4:8
I sacramenti
chi o a motivo del martirio e di altra causa non ha potuto
farsi battezzare con l’acqua.
Quindi per confutare questi due battesimi basta ribadire
che è per la sola fede in Cristo che si viene giustificati e
non per il battesimo con acqua; il battesimo con acqua
quantunque sia importante non giustifica chi si fa battezzare perché egli, dato che ha già creduto, è già giustificato dai suoi peccati secondo che è scritto: “Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio...”,1 ed anche:
“Il giusto vivrà per fede”.2 Di conseguenza, dato che il
battesimo non giustifica, chi ha creduto e muore senza
ricevere il battesimo in acqua o per morte naturale improvvisa o a motivo del martirio, muore giustificato da
Dio e se ne va in paradiso. Come il ladrone pentitosi
sulla croce prima di morire per esempio; egli non fu
giustificato e salvato perché desiderò essere battezzato,
ma solo perché si pentì e credette in Cristo.
Non c’è proprio bisogno di nominare il battesimo di
sangue o quello di desiderio perché essi sono dei battesimi inesistenti che i teologi papisti hanno fatto spuntare
fuori per rimpiazzare in una certa misura il loro indispensabile battesimo con acqua nei casi in cui esso non
può essere ricevuto. Insomma per la chiesa romana senza uno dei suoi battesimi non si può essere salvati; non è
più senza la fede che non si può essere salvati ma senza
uno di questi battesimi, ossia battesimo con acqua per
infusione, battesimo di sangue e battesimo di desiderio.
Ancora una volta emerge in maniera chiara come la salvezza mediante la sola fede in Cristo è stata annullata
dai sofismi dei teologi papisti. E come la negazione della dottrina della giustificazione per sola fede produce
ogni sorta di strane dottrine.
Che dire allora delle parole di Gesù da loro citate per
confermare il battesimo di sangue? Diciamo solamente
questo: Gesù parlò di questo battesimo nella morte a dei
suoi apostoli già perdonati e già battezzati in acqua,
quindi ad esso non gli si può dare per nulla il significato
datogli dalla curia romana.
LA CRESIMA (O CONFERMAZIONE)
La chiesa cattolica romana
Vangelo di Cristo. Secondo loro infatti mediante la cresima avviene l’effusione dello Spirito Santo sui cresimandi come il giorno della Pentecoste avvenne sui discepoli del Signore. Rino Fisichella ha affermato: ‘Risulta dalla celebrazione che l’effetto del sacramento della Confermazione è la piena effusione dello Spirito Santo, come già fu concessa agli Apostoli il giorno di Pentecoste’.4
Questo loro sacramento viene ministrato dal vescovo
(per gravi motivi il vescovo può concedere la facoltà di
amministrare la cresima a dei sacerdoti), il quale, stese
le mani sopra i cresimandi, invoca lo Spirito Santo, poi
col sacro Crisma5 (olio d’oliva mischiato con balsamo,
consacrato dal vescovo il giovedì santo) unge in forma
di croce la fronte di ciascuno, pronunziando le parole
della forma (che sono per l’occasione: ‘Ricevi il sigillo
del dono dello Spirito Santo’) e alla fine benedice solennemente tutti i cresimati. Per sostenere biblicamente
l’imposizione delle mani del vescovo i teologi papisti
prendono i passi della Scrittura che si riferiscono
all’imposizione delle mani che gli apostoli facevano sui
credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo. In particolare essi prendono questi versetti degli Atti degli apostoli: “Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero
lo Spirito Santo”;6 “E dopo che Paolo ebbe loro imposto
le mani, lo Spirito Santo scese su loro...”.7 L’età più
conveniente per ricevere la cresima, secondo il catechismo cattolico, è quella di sette anni circa.
Il concilio di Trento, ritenuto infallibile dalla teologia
romana, ha decretato quanto segue in difesa della cresima: ‘Se qualcuno afferma che la confermazione dei battezzati è una vana cerimonia, e non, invece, un vero e
proprio sacramento (....) sia anatema’.8
Confutazione
La cresima non fa ricevere al cresimando lo Spirito Santo perché non ha nulla a che fare con il battesimo con lo
Spirito Santo promesso da Gesù Cristo, e con
l’imposizione delle mani compiuta dagli apostoli sui
credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo
La dottrina dei teologi papisti
La cresima fa ricevere lo Spirito Santo in una misura
abbondante. Viene ministrata dal vescovo con
l’imposizione delle mani sui cresimandi, e con l’unzione
fatta con il sacro crisma sulla fronte dei cresimandi. I
bambini la devono ricevere quando giungono all’età
della discrezione.
‘La Cresima o Confermazione è il Sacramento che ci fa
perfetti cristiani e soldati di Gesù Cristo, e ce ne imprime il carattere’.3 Detto in altre parole la cresima per i
Cattolici romani è il sacramento che completa e rende
perfetta l’inserzione del cristiano nel corpo mistico di
Cristo operata dal battesimo perché il cresimato riceve
l’abbondanza dello Spirito Santo che lo fortifica interiormente e gli dà la grazia di testimoniare nel mondo il
1
Rom. 5:1
Rom. 1:17
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 463
2
Come abbiamo visto i teologi papisti sostengono che la
cresima è il battesimo con lo Spirito Santo perché para4
Rino Fisichella, Il Catechismo della Chiesa cattolica, Casale
Monferrato 1993, pag. 257. Siccome dunque alla cresima avverrebbe l’effusione dello Spirito Santo sui cresimandi, per
capire che cosa è il battesimo con lo Spirito Santo per i carismatici cattolici, molti dei quali affermano di aver cominciato
a parlare in lingue quando lo hanno ricevuto da adulti molto
tempo dopo la cresima, si veda la parte dove parlo della loro
dottrina sul battesimo con lo Spirito Santo.
5
Il termine deriva dal greco chrisma che significa ‘unzione’,
da cui è venuto il nome di cresima dato a questo loro rito. Nel
Nuovo Testamento questo termine è presente in questo versetto: “Ma quant’è a voi, l’unzione (chrisma) che avete ricevuta
da lui dimora in voi... ma siccome l’unzione (chrisma) sua
v’insegna ogni cosa, ed è verace, e non è menzogna, dimorate
in lui come essa vi ha insegnato” (1 Giov. 2:27).
6
Atti 8:17
7
Atti 19:6
8
Concilio di Trento, Sess. VII, can. 1
33
I sacramenti
gonano gli effetti della cresima a quelli verificatesi sui
discepoli il giorno della Pentecoste quando essi furono
battezzati con lo Spirito Santo. Ma questo è falso e lo
dimostreremo subito parlando della dottrina del battesimo con lo Spirito Santo dato che l’effusione dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste è il battesimo con lo
Spirito Santo che Gesù aveva promesso ai suoi prima di
andare in cielo dicendo: “Voi sarete battezzati con lo
Spirito Santo fra non molti giorni”.1
Secondo questa specifica dottrina di Dio quando il credente viene battezzato con lo Spirito Santo (o riceve lo
Spirito Santo), come lo furono gli apostoli e i discepoli
il giorno di Pentecoste e molti altri in seguito, viene rivestito di potenza per testimoniare di Cristo, riceve una
misura maggiore di Spirito Santo perché viene riempito
di esso (possiamo dire anche che egli viene confermato
dal Signore mediante il battesimo con lo Spirito Santo);
e nel momento in cui viene riempito di Spirito Santo
comincia a parlare in altra lingua secondo che lo Spirito
Santo gli dà di esprimersi. Le seguenti Scritture confermano questi aspetti che caratterizzano il battesimo con
lo Spirito Santo.
- Rivestimento di potenza.
Gesù disse ai suoi discepoli: “Ed ecco, io mando su voi
quello che il Padre mio ha promesso; quant’è a voi, rimanete in questa città, finché dall’alto siate rivestiti di
potenza”,2 ed ancora: “Voi riceverete potenza quando lo
Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino
all’estremità della terra”.3
- Riempimento dello Spirito Santo.
“E tutti furon ripieni dello Spirito Santo...”4 (è da tenere
presente in questo caso che i discepoli prima di essere
riempiti di Spirito Santo in quel giorno avevano una misura di Spirito Santo perché Gesù quando era apparso
loro aveva detto loro: “Ricevete lo Spirito Santo”5);
“Fratello Saulo, il Signore, cioè Gesù, che ti è apparso
sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato perché tu
ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo”.6
- Il mettersi a parlare in altre lingue quando si viene
riempiti di Spirito Santo.
“E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono
a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi”;7 “Mentre Pietro parlava così, lo Spirito
Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti
i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso
anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio”;8 “E dopo che Paolo ebbe loro
imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano”.9
Per ciò che riguarda la maniera in cui i credenti ricevevano lo Spirito Santo ai giorni degli apostoli, la Scrittura
1
Atti 1:5
Luca 24:49
3
Atti 1:8
4
Atti 2:4
5
Giov. 20:22
6
Atti 9:17
7
Atti 2:4
8
Atti 10:44-46
9
Atti 19:6
2
34
La chiesa cattolica romana
ci insegna che il giorno della Pentecoste i discepoli raunati ricevettero lo Spirito Santo senza l’imposizione delle mani di nessuno, e così lo ricevettero anche Cornelio
e quelli di casa sua mentre Pietro annunziava loro
l’Evangelo; ma essa ci insegna anche che lo Spirito Santo veniva comunicato ai credenti mediante l’imposizione delle mani degli apostoli che avevano questo dono di
imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo, e di ciò abbiamo un esempio in quello che avvenne a Samaria dove Pietro e Giovanni imposero le
mani ai Samaritani che avevano creduto “ed essi ricevettero lo Spirito Santo”,10 e in quello che avvenne ad
Efeso, dove, dopo che Paolo ebbe imposto le mani a
quei circa dodici discepoli “lo Spirito Santo scese su loro”.11 Ancora oggi in mezzo al popolo di Dio lo Spirito
Santo taluni lo ricevono senza l’imposizione delle mani
di altri fratelli; mentre altri lo ricevono mediante
l’imposizione delle mani di fratelli che hanno lo specifico dono di imporre le mani ai credenti affinché ricevano
lo Spirito Santo.
Come abbiamo anche visto, l’imposizione delle mani
che il vescovo cattolico compie sui cresimandi viene
sostenuta con l’imposizione delle mani degli apostoli
sui credenti per fargli ricevere lo Spirito Santo, in altre
parole essa corrisponderebbe all’imposizione delle mani
fatta dagli apostoli sui credenti. Ma anche in questo caso
si deve dire che ciò che essi affermano è falso: i motivi
sono i seguenti. Gli apostoli non ungevano i credenti
con nessun olio santo (‘il crisma’) quando
gl’imponevano le mani affinché ricevessero lo Spirito
Santo, come fa invece il vescovo cattolico sui cresimandi; gli apostoli avevano questo dono da Dio di imporre
le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo,
infatti i credenti lo ricevevano quando essi gli imponevano le mani, ma i vescovi cattolici romani non ce
l’hanno questo dono, difatti coloro a cui loro impongono le mani invocando lo Spirito Santo su di loro non ricevono il dono dello Spirito Santo come invece lo ricevevano quei credenti. E poi bisogna sempre tenere presente che gli apostoli imponevano le mani a persone che
avevano creduto ed erano state battezzate, e non a bambini quando questi raggiungevano l’età di sette anni circa come invece fa il vescovo cattolico. In altri termini
gli apostoli non seguivano la regola di imporre le mani a
dei bambini di circa sette anni perché loro imponevano
le mani su coloro che avevano creduto ed avevano ricevuto il battesimo. Ed anche qui occorre dire che essi
questo atto lo facevano poco tempo dopo che le persone
erano state battezzate.
In conclusione; noi non accettiamo la cresima della
chiesa cattolica romana per queste ragioni.
- Perché non è stata istituita da Gesù Cristo come non è
stato istituito da Cristo il battesimo degli infanti. E dato
che con il battesimo per infusione il neonato non diventa un figlio di Dio e non riceve una certa misura di Spirito Santo, come avviene invece quando una persona
cosciente si pente dei suoi peccati e crede in Gesù Cristo, l’imposizione delle mani fattagli all’età di circa sette anni non viene fatta su un figlio di Dio al fine di far10
Atti 8:17
Atti 19:6
11
I sacramenti
gli ricevere la pienezza dello Spirito Santo, come invece
avviene quando l’imposizione delle mani in vista della
ricezione del dono dello Spirito Santo viene fatta da un
ministro del Vangelo su una persona che ha creduto ed è
stata battezzata.
- Perché il vescovo cattolico non essendo neppure un
credente ma solo un idolatra che corre dietro agli idoli
muti, non può avere il dono di imporre le mani sulle
persone affinché ricevano lo Spirito Santo.
- Perché siccome che lo Spirito Santo si riceve mediante
la fede, non è possibile che delle persone senza fede (mi
riferisco sia ai bambini che agli adulti ‘battezzati’ dal
prete) che si sottopongono a questo rito ricevano lo Spirito Santo perché Gesù ha detto che il mondo non può
riceverlo.
- Perché i fatti confermano che i cresimati non ricevono
lo Spirito Santo.
Se tutti coloro che vengono cresimati ricevessero veramente lo Spirito Santo dovrebbero essere sicuri di essere
dei figliuoli di Dio secondo che é scritto: “Avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il quale gridiamo: Abba!
Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio; e se siamo figliuoli, siamo
anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo”;1 e perciò
sarebbero pure sicuri di avere la vita eterna. Ma parlando con i cresimati ci si accorge che essi non sono dei
figliuoli di Dio perché non sono ancora nati da Dio e
non sono perciò sicuri di essere salvati e di avere la vita
eterna.
Se i cresimati ricevessero lo Spirito Santo si metterebbero a parlare in altre lingue perché quando si riceve lo
Spirito Santo si comincia a parlare in altre lingue, e coloro a cui il vescovo cattolico impone le mani affinché
ricevano lo Spirito Santo non cominciano a parlare in
altre lingue. Le lingue sono il segno esteriore che attesta
che il credente ha ricevuto lo Spirito Santo perciò in sua
assenza non si può affermare che egli ha ricevuto la pienezza dello Spirito Santo. E di conseguenza, egli, non
avendo ricevuto ancora la pienezza dello Spirito, non ha
ancora ricevuto potenza dall’alto.
Se i cresimati ricevessero lo Spirito Santo con la cresima per certo si vedrebbe il frutto dello Spirito Santo nella loro vita,2 ma esso rimane assente del tutto in loro appunto perché in loro rimane assente lo Spirito di Dio.
Essi dicono che con la cresima si diventa soldati di Gesù
Cristo in grado di testimoniare al mondo del Vangelo:
ma dobbiamo dire che tutto questo non è manifesto nei
cresimati. Un soldato di Gesù Cristo rivestito della potenza dello Spirito Santo è una lampada ardente e splendente in questo mondo di tenebre; é un uomo che combatte il buon combattimento della fede, é un uomo che
si leva in difesa del Vangelo e che testimonia di ciò che
Cristo ha compiuto per lui secondo che disse Gesù ai
suoi: “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni..”.3 Dov’é tutto
questo nei Cattolici romani cresimati? Non ardono per
Cristo Gesù ma per Maria; difatti li si sente parlare molto più di Maria, delle sue cosiddette apparizioni, dei
La chiesa cattolica romana
suoi cosiddetti miracoli e delle sue cosiddette grazie che
del Signore Gesù Cristo, della sua espiazione, della sua
vita e delle sue parole, e di tutto ciò che lo concerne!
Anzi a taluni cresimati non li si sente mai parlare di Gesù Cristo, ma solo di sua madre!
Ma quali soldati di Cristo sono che combattono loro
stessi contro il Vangelo e non per il Vangelo, contro la
fede e non per la fede? Ma quali soldati di Cristo sono
che molti di loro quando ci sentono parlare di Cristo
Gesù si stancano, si arrabbiano, non ci prendono nessun
piacere quasi che stessimo parlando di un Gesù diverso
da quello del Vangelo, o di un impostore, e ci calunniano pure definendoci dei fanatici perché parliamo sempre
di Gesù esaltandolo e celebrandolo? E di chi altro dovremmo parlare? Noi siamo dei Cristiani lavati con il
sangue di Cristo Gesù; lui ci ha amati e ha dato se stesso
per noi, che eravamo dei peccatori, affrancandoci dai
nostri peccati e dandoci la vita eterna.
Noi lo abbiamo conosciuto e l’amore di Cristo ci costringe a parlare di lui e di ciò che ha fatto per ciascuno
di noi. La ragione per cui essi ci definiscono dei fanatici
per Gesù? Gesù per loro non è ancora quello che è per
noi perché non lo hanno conosciuto.
O Cattolici, se conosceste Gesù Cristo non parlereste di
Maria come ancora fate, non la preghereste e non
l’adorereste perché vorreste parlare solo di lui; allora sì
che combattereste per Cristo! I fatti dunque parlano
chiaro e dimostrano quanto sia inutile questo loro sacramento della cresima amministrato da peccatori ad
altri peccatori.
L’EUCARESTIA (LA MESSA)
La dottrina dei teologi papisti
La cena del Signore è chiamata eucarestia; quando il
prete consacra il pane e il vino avviene un mutamento
di sostanza degli elementi per cui il pane e il vino diventano il vero corpo e sangue di Cristo. Il pane quindi va
adorato con il culto di latria. L’eucarestia va servita al
popolo solo sotto la specie del pane. I comunicanti devono prendere l’eucarestia a digiuno. L’eucarestia è
anche la messa ossia la ripetizione del sacrificio di Cristo; sacrificio che viene offerto per i vivi e per i morti
per la propiziazione dei loro peccati. La messa va offerta anche in onore dei santi. L’eucarestia rimette i peccati veniali e preserva da quelli mortali.
I Cattolici romani chiamano la cena del Signore eucarestia, che viene dal greco eucharistia che significa ‘ringraziamento’, a ricordo del ringraziamento fatto da Gesù Cristo prima di rompere il pane e di distribuire il calice nella notte in cui fu tradito.4 I teologi papisti a proposito di questo sacramento affermano: ‘L’Eucarestia è
il Sacramento che, sotto le apparenze del pane e del vino, contiene realmente Corpo, Sangue, Anima e Divinità del Nostro Signore Gesù Cristo per nutrimento delle
4
1
Rom. 8:15-17
2
Cfr. Gal. 5:22
3
Atti 1:8
“Poi, avendo preso del pane, rese grazie (verbo greco: eucharisteo) e lo ruppe....” (Luca 22:19); “Poi, preso un calice e rese
grazie (verbo greco: eucharisteo), lo diede loro...” (Matt.
26:27).
35
I sacramenti
anime’,1 e questo perché secondo la teologia romana
l’ostia che viene usata nella comunione, nelle mani del
prete, diventa il corpo, sangue, anima e divinità di Gesù
Cristo (questa dottrina è chiamata transustanziazione).
Voglio a tale proposito citare le parole del Perardi, per
farvi comprendere che cosa viene insegnato ai Cattolici
romani riguardo all’eucarestia: ‘Ministro dell’Eucarestia è il sacerdote; egli pronunciando, nella Messa le
parole di Gesù Cristo, cioè della consacrazione, sul pane e sul vino, applicando cioè la forma alla materia,
cambia il pane nel Corpo e il vino nel Sangue di Gesù
Cristo’;2 ‘Dopo la consacrazione, l’ostia non è più pane;
il pane è mutato nel vero Corpo di nostro Signore Gesù
Cristo. (...) L’ostia sembra pane, o meglio sembra ostia;
ma dell’ostia-pane non vi è più la sostanza ma solo le
specie, le apparenze esterne; in realtà essa è il corpo di
Gesù Cristo, vivo e vero. Nel calice prima della consacrazione si contiene vino con alcune gocce d’acqua (...)
Dopo la consacrazione, nel calice non vi è più vino; invece, sotto le specie del vino, vi è il vero e reale Sangue
di nostro Signore Gesù Cristo. Il vino si è convertito nel
Sangue di Gesù Cristo (...) Perciò come al pronunziarsi
della divina parola, nella creazione, le cose che prima
non erano, furono; così al pronunziarsi delle parole della
consacrazione, quello che era pane, diviene Corpo di
Nostro Signore, e quello che era vino, suo Sangue’.3 Il
dogma della transustanziazione (termine che significa
‘cambiamento di sostanza’) fu proclamato dal concilio
Laterano IV nel 1215 sotto il papato di Innocenzo III, e
il concilio di Trento ha lanciato il seguente anatema
contro chi non l’accetta: ‘Se qualcuno negherà che nel
santissimo sacramento dell’eucarestia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue
di nostro signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità,
e, quindi, tutto il Cristo, ma dirà che esso vi è solo come
in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza,
sia anatema’.4 A sostegno di questo dogma i teologi papisti prendono le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo”5e: “Questo è il mio sangue”6 da lui pronunciate dopo avere reso grazie per il pane e il calice nella notte in
cui fu tradito.
Va tenuto presente però che, quantunque nell’eucarestia
vengano consacrati sia il pane che il vino, l’eucarestia
viene servita al popolo solo sotto la specie del pane perché la curia romana vieta il calice a quelli chiamati laici
(i preti possono invece comunicarsi sia con il calice che
con l’ostia) rifacendosi alla decisione di vietarlo presa
dal concilio di Costanza nel 1415, confermata dal seguente decreto del concilio di Trento: ‘Poiché, anche se
Cristo signore, nell’ultima cena istituì e diede agli apostoli questo sacramento sotto le specie del pane e del
vino, non è detto, però, che quella istituzione e quella
consegna voglia significare che tutti i fedeli per istituzione del Signore siano obbligati a ricevere l’una e
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 471
Ibid., pag. 474
3
Ibid., pag. 483-484
4
Concilio di Trento, Sess. XIII, can. 1
5
Matt. 26:26
6
Matt. 26:28
2
36
La chiesa cattolica romana
l’altra specie’.7 E per difendere questa soppressione essa
ha lanciato l’ennesimo anatema contro chi dirà che tutti
i fedeli devono prendere il calice con le seguenti parole:
‘Se qualcuno dirà che tutti e singoli i fedeli cristiani devono ricevere l’una e l’altra specie del santissimo sacramento dell’eucarestia per divino precetto (....) sia anatema’.8 Ma quali sono le giustificazioni addotte dalla
curia romana a questa mutilazione? Le seguenti: 1) Gesù diede il calice solo agli apostoli; 2) quando negli Atti
degli apostoli è detto che i discepoli rompevano il pane
non è detto che si beveva il vino; 3) il calice è inutile
perché il sangue di Cristo si prende già nel pane eucaristico.
Va poi fatto notare che l’eucarestia deve essere presa a
digiuno perché nel 1415 il concilio di Costanza decretò
quanto segue: ‘...sebbene Cristo abbia istituito questo
venerando sacramento dopo la cena e lo abbia distribuito ai suoi apostoli sotto entrambe le specie del pane e
del vino, ciò non ostante, la lodevole autorità dei sacri
canoni e la consuetudine autorevole della chiesa ha ritenuto e ritiene che questo sacramento non debba celebrarsi dopo la cena né essere ricevuto da fedeli non digiuni, eccetto il caso di infermità o di altra necessità,
concesso o approvato dal diritto o dalla chiesa’.9 Questo
digiuno imposto ai comunicanti è chiamato eucaristico e
secondo il Codice di diritto canonico consiste
nell’astensione da qualsiasi cibo o bevanda eccetto
l’acqua naturale per almeno un’ora prima di prendere
l’eucarestia.
Secondo il catechismo cattolico ‘l’Eucarestia non è solo
un Sacramento, ma è anche il sacrificio permanente del
Nuovo Testamento, e come tale si chiama la santa Messa’.10 In altre parole, l’eucarestia, chiamata dai Cattolici
anche santa messa, é la ripetizione del sacrificio che
Cristo ha compiuto sulla croce, infatti il catechismo cattolico dice a proposito della messa: ‘La santa Messa è il
sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo che,
sotto le specie del pane e del vino, si offre dal sacerdote
a Dio sull’altare, in memoria e rinnovazione del sacrificio della Croce’.11 Secondo la teologia romana quindi il
sacerdote che ha ricevuto l’ordine, sotto le specie del
pane e del vino, offre a Dio sull’altare il sacrificio del
corpo di Cristo. Questa è la ragione per cui essi affermano che ‘durante la Messa l’altare è come il Calvario’!12 E sempre questa è la ragione per cui è stato dato
il nome di ostia a quella cosa che il prete consacra perché hostia è una parola latina che significa ‘vittima’.
Qualcuno dirà: ‘Ma questo sacrificio è anche propiziatorio per la teologia romana?’ Certo; infatti il concilio di
7
Concilio di Trento, Sess. XXI, cap. 1
Concilio di Trento, Sess. XXI, can. 1
9
Concilio di Costanza, Sess. XIII
10
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 507. Sacrificio istituito da
Gesù Cristo stesso perché Perardi dice: ‘Gesù Cristo istituì
l’Eucarestia, perché fosse nella Messa il sacrificio permanente del Nuovo Testamento’ (Ibid., pag. 476).
11
Ibid., pag. 509. Il nome messa deriva dal latino Missa (p.
pass. di Mittere ‘mandare’) che era parte della formula di congedo con cui i sacerdoti pagani alla fine delle loro funzioni
licenziavano il popolo: Ite, Missa, est che significava ‘Andate,
è stata mandata’.
12
Ibid., pag. 507
8
I sacramenti
Trento ha decretato quanto segue: ‘Il santo sinodo insegna che questo sacrificio è veramente propiziatorio, e
che per mezzo di esso - se di vero cuore e con retta fede,
con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e
pentiti - noi possiamo ottenere misericordia e trovare
grazia in un aiuto propizio. Placato, infatti, da questa
offerta, il Signore, concedendo la grazia e il dono della
penitenza, perdona i peccati e le colpe anche gravi’.1 I
passi che i teologi papisti prendono per sostenere questa
dottrina sul sacrificio espiatorio della messa offerto dai
sacerdoti cattolici a Dio sono i seguenti: “Poiché ogni
sommo sacerdote, preso di fra gli uomini, é costituito a
pro degli uomini, nelle cose concernenti Dio, affinché
offra doni e sacrificî per i peccati”;2 e: “Poiché dal sol
levante fino al ponente grande é il mio nome fra le nazioni, e in ogni luogo s’offrono al mio nome profumo e
oblazioni pure..”.3 Secondo la loro interpretazione data a
questi passi i loro sacerdoti sono stati presi fra gli uomini per offrire il sacrificio della messa a Dio per i peccati
del popolo e così facendo essi offrono a Dio un oblazione pura che è quella che, secondo loro, il profeta Malachia dice che si offre a Dio in ogni luogo. Contro coloro
che non riconosceranno nella messa la ripetizione del
sacrificio di Cristo il concilio di Trento ha lanciato i
suoi anatemi infatti ha detto: ‘Se qualcuno dirà che nella
messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o
che essere offerto non significa altro se non che Cristo
ci viene dato a mangiare, sia anatema’;4 ed anche: ‘Se
qualcuno dirà che col sacrificio della messa si bestemmia contro il sacrificio di Cristo consumato sulla croce;
o che con esso si deroga all’onore di esso, sia anatema’.5
La messa, secondo la teologia romana, fa parte del cosiddetto suffragio che i viventi devono compiere a pro
delle anime che sono nel purgatorio infatti nel catechismo romano troviamo scritto: ‘I mezzi principali con cui
possiamo sollevare le anime del Purgatorio sono quelli
che il Catechismo ci ha ricordati: cioè; Le preghiere, le
Indulgenze, le elemosine, le opere buone e soprattutto la
santa Messa. Il frutto di queste opere, applicato alle anime del Purgatorio, prende il nome di suffragio, perché
suffraga, cioè allevia le pene delle anime del Purgatorio
e ne affretta la liberazione’.6 Mediante questo loro suffragio, essi ottengono come contraccambio le preghiere
e le intercessioni delle anime che secondo loro sono nel
purgatorio! E per sostenere tutto ciò, i teologi papisti si
rifanno al fatto descritto nel libro dei Maccabei, secondo
il quale Giuda il Maccabeo fece raccogliere del denaro e
lo mandò a Gerusalemme affinché venisse offerto un
sacrificio per i peccati di alcuni caduti in guerra.7
La messa viene offerta pure in onore ai santi. A tale riguardo così si espresse il concilio di Trento: ‘E quantunque la chiesa usi talvolta offrire messe in onore e in
memoria dei santi, essa, tuttavia, insegna che non ad essi viene offerto il sacrificio, ma solo a Dio, che li ha co1
Concilio di Trento, Sess. XXII, cap. II
Ebr. 5:1
3
Mal. 1:11
4
Concilio di Trento, Sess. XXII, can. 1
5
Concilio di Trento, Sess. XXII, can. 4
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 173
7
Cfr. 2 Maccabei 12:38-45
2
La chiesa cattolica romana
ronati. Per cui, il sacerdote non è solito dire: Offro a te il
sacrificio, Pietro e Paolo; ma, ringrazio Dio per le loro
vittorie, chiede il loro aiuto; perché vogliano intercedere per noi in cielo, coloro di cui celebriamo la memoria
qui, sulla terra’,8 e: ‘Chi dirà che celebrare messe in
onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la chiesa intende, è un impostura, sia anatema’.9
La dottrina della transustanziazione ha dato luogo
all’introduzione della dottrina che dice che l’ostia é degna di essere adorata. L’adorazione dell’ostia fu introdotta da Onorio III nel 1220, e fu confermata dal concilio di Trento nel 1551 con queste parole: ‘Non vi è,
dunque, alcun dubbio che tutti i fedeli cristiani secondo
l’uso sempre ritenuto nella chiesa cattolica, debbano
rendere a questo santissimo sacramento nella loro venerazione il culto di latria, dovuto al vero Dio’, 10 e così i
teologi cattolici insegnano al popolo che l’Eucarestia si
conserva nei luoghi di culto11 della chiesa cattolica perché i fedeli l’adorino. Le conseguenze? Ci sono milioni
di persone nel mondo che si inginocchiano davanti
all’ostia e l’adorano credendo che essa sia Gesù Cristo
stesso e perciò Dio. Anche per difendere il dogma
dell’adorazione dell’ostia il concilio di Trento ha lanciato il suo ennesimo anatema contro coloro che non l’accettano. Eccolo: ‘Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell’eucarestia Cristo, unigenito figlio di Dio,
non debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non debba neppure essere venerato
con qualche particolare festività; ed essere portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed
universale rito e consuetudine della santa chiesa; o che
non debba essere esposto alla pubblica venerazione del
popolo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono
degli idolatri, sia anatema’.12
Per ciò che riguarda gli effetti della eucarestia su coloro
che la prendono degnamente leggiamo quanto segue:
‘L’Eucarestia, in chi la riceve degnamente, conserva e
accresce la grazia, che è la vita dell’anima, come fa il
cibo per la vita del corpo; rimette i peccati veniali e
preserva dai mortali; dà spirituale consolazione e conforto, accrescendo la carità e la speranza della vita eterna di cui è pegno’.13
8
Concilio di Trento, Sess. XXII, cap. III
Concilio di Trento, Sess. XXII, can. 5
10
Concilio di Trento, Sess. XIII, cap. V
11
Siccome che non tutti i luoghi di culto della chiesa cattolica
si possono chiamare basiliche perché ‘le Basiliche sono Chiese celebri anche come importanza materiale, - che dal Papa
furono onorate di tale titolo’ (Giuseppe Perardi, Manuale del
Catechista, Padova 1962, pag. 643), e siccome che nessuno di
essi si può chiamare neppure Chiesa perché la Scrittura insegna che la Chiesa è l’assemblea dei riscattati dal presente secolo malvagio e quindi un edificio non fatto di pietre, mattoni
o cemento, ma un edificio spirituale che ha da servire di dimora a Dio (cfr. Ef. 2:22; Atti 12:5; Rom. 16:5) ho deciso di
chiamarli semplicemente luoghi di culto e di tanto in tanto basiliche solo quando il titolo di basilica gli è riconosciuto dai
Cattolici romani o mi riferisco ai luoghi di culto del periodo
storico in cui venivano tutti denominati basiliche.
12
Concilio di Trento, Sess. XIII, can. 6
13
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 503
9
37
I sacramenti
La chiesa cattolica romana
Ora, nella chiesa romana il sacramento dell’eucarestia
non viene reputato assolutamente necessario alla salvezza infatti il Bartmann afferma: ‘Quantunque gli adulti
siano strettamente obbligati per legge divina e precetto
ecclesiastico a ricevere l’Eucarestia, tuttavia essa non è
indispensabile per la salvezza. - E’ di fede’.1 E questo
perché secondo la teologia romana i sacramenti necessari alla salvezza sono il battesimo e la penitenza per chi è
caduto in peccati ‘mortali’ dopo il battesimo.
Occorre dire però che nella chiesa romana il sacramento
dell’eucarestia un tempo era reputato indispensabile alla
salvezza infatti sia Innocenzo I (401-417) che Gelasio I
(492-496) insegnavano che i bambini non potevano salvarsi senza questo sacramento. Anche Agostino affermava l’assoluta necessità del sacramento dell’eucarestia
per la salvezza infatti disse: ‘Se tante e così importanti
testimonianze concordano, nessuno senza il Battesimo
ed il sangue del Signore può sperare la salvezza e la vita
eterna, invano, senza questi sacramenti, la vita eterna è
promessa ai bambini’.2 Questa assoluta necessità del
sacramento dell’eucarestia per la salvezza dei bambini è
stata poi condannata dal concilio di Trento in questi
termini: ‘Se qualcuno dirà che la comunione eucaristica
è necessaria ai bambini anche prima che abbiano raggiunto l’età di ragione, sia anatema’.3 Ora, benché, secondo quello che il concilio di Trento ha decretato, questo sacramento non è indispensabile alla salvezza, Giuseppe Perardi nel Nuovo Manuale del Catechista ne parla in maniera da attribuirgli il potere di salvare infatti
afferma: ‘Dovendo l’infermo in pericolo di morte, fare
la comunione, anche i parenti, i congiunti, hanno dovere
e ben grave di avvertirlo del suo stato e di aiutarlo a
provvedere per tempo al suo dovere e al suo bisogno;
hanno anzi responsabilità dell’anima sua. Da loro può
dipendere che si salvi o si perda, secondo che riceve o
no i Sacramenti’4 (comunione ed estrema unzione); e
parlando di quelli che per vani pretesti non fanno la comunione dice: ‘Verrà l’ora della pena, della tentazione,
della morte; avrebbero bisogno della comunione per
conforto, per aiuto, per salvezza; ma o non la faranno, o,
generalmente, non la faranno bene. Infelici in vita coloro che non frequentano la comunione; più infelici
nell’eternità!’.5 E sempre questo teologo per sostenere
che prendere la comunione significa ricevere la vita eterna in se stessi perché si riceve la carne ed il sangue di
Cristo cita le seguenti parole di Gesù: “In verità, in verità io vi dico che se non mangiate la carne del Figliuol
dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita
in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché
la mia carne é vero cibo e il mio sangue é vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in
me, ed io in lui. Come il vivente Padre mi ha mandato e
io vivo a cagion del Padre, così chi mi mangia vivrà
anch’egli a cagion di me... chi mangia di questo pane
vivrà in eterno”;6 e le commenta dicendo: ‘Gesù promette la risurrezione finale e la vita eterna a chi mangia
la sua carne e minaccia la privazione della vita eterna a
chi non mangia la sua carne..’,7 ed anche: ‘Gli Ebrei
mangiarono la manna e morirono; chi mangia
l’eucarestia vivrà eternamente’.8 Badate che queste parole del Vangelo scritto da Giovanni erano prese anche
da Innocenzo I, Gelasio I e Agostino per sostenere
l’assoluta necessità del sacramento dell’eucarestia per la
salvezza.
1
7
Confutazione
La cena del Signore va ministrata a tutti i credenti sia
con il pane che con il calice
La decisione che ha soppresso la distribuzione del calice
ai Cattolici va apertamente contro la Parola di Dio che
dice: “Il Signor Gesù, nella notte che fu tradito, prese
del pane; e dopo aver rese grazie, lo ruppe e disse: Questo é il mio corpo che é dato per voi; fate questo in memoria di me. Parimente, dopo aver cenato, prese anche
il calice, dicendo: Questo calice é il nuovo patto nel mio
sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me”.9 Come si può ben vedere Gesù istituì la santa
cena con del pane e del vino e non solamente con del
pane, quindi assieme al pane dev’essere distribuito a tutti i fedeli anche il calice del Signore contenente il frutto
della vigna secondo che è scritto in un altro luogo: “Poi,
preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti...”.10
Ora dimostriamo la falsità delle ragioni addotte dai papisti alla soppressione del calice. In risposta alla prima
ragione diciamo: è vero che Gesù diede il calice solo ai
suoi apostoli, ma questo perché egli volle mangiare la
Pasqua solo assieme a loro e non assieme a tutti i suoi
discepoli. E non perché aveva classificato i suoi discepoli in due classi. E poi è altresì vero che anche il pane
Gesù lo diede solo ai suoi apostoli; come mai dunque i
preti lo danno anche ai ‘laici’? In risposta alla seconda
diciamo: il fatto che negli Atti degli apostoli è scritto
che i discepoli rompevano il pane ma non bevevano il
calice non significa che essi non bevevano il calice del
Signore, anzi siamo sicuri che assieme al pane essi bevevano il vino, in ubbidienza all’ordine di Cristo dato ai
suoi apostoli. Gli apostoli insegnavano tutte le cose che
Gesù aveva loro ordinato di insegnare, tra cui anche il
bere il calice assieme al mangiare il pane. E poi, ai Corinzi, Paolo parlando ai santi dice: “Or provi l’uomo se
stesso, e così mangi del pane e beva del calice”;11 il che
conferma che tutti i credenti, dopo essersi esaminati,
possono bere del calice, e non solo una parte di essi. Infine, in risposta alla terza asserzione che dice che il sangue è contenuto già nel pane, diciamo: Ma allora se è
così perché i preti bevono anche il calice oltre che man6
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 192
2
Citato da Bernardo Bartmann in op. cit., pag. 193
3
Concilio di Trento, Sess. XXI, can. 4
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 497
5
Ibid., pag. 501
38
Giov. 6:53-57,58
Ibid., pag. 481
8
Ibid., pag. 505
9
1 Cor. 11:23-25
10
Matt. 26:27
11
1 Cor. 11:28
I sacramenti
giare il pane? Che fanno dunque? Si comunicano con il
sangue di Cristo due volte e non una sola? Ed ancora:
‘Non può essere come dicono i teologi papisti perché
altrimenti Gesù avrebbe dato solo il pane ai suoi discepoli e non anche il vino’.
Ecco dimostrata la falsità delle giustificazioni papiste
fatte per giustificare la soppressione del calice. Poi, oltre
a tutto ciò, bisogna dire che non é vero che nel momento
in cui i fedeli mangiano il pane e bevono del calice del
Signore mangiano il vero corpo del Signore e il vero
sangue del Signore, e questo perché, sia dalle parole di
Gesù che da quelle di Paolo sulla cena emerge che essi
sono dei simboli che rappresentano il pane ed il sangue
del Signore.
Quindi, per concludere questa parte, la cena del Signore
deve essere ministrata ai credenti sotto le due specie del
pane e del vino, come fece Gesù.
Quando si benedicono il pane e il calice del Signore non
avviene nessun cambiamento di sostanza degli elementi
Noi credenti rigettiamo la transustanziazione; le ragioni
di questo nostro rifiuto sono le seguenti che proviamo
con le Scritture.
- Gesù ha detto circa la santa cena da lui istituita: “Fate
questo in memoria di me”;1 quindi Egli non può essere
presente realmente e sostanzialmente nel pane e nel vino
con il suo corpo, il suo sangue assieme alla sua anima e
alla Divinità perché altrimenti si sarebbe contraddetto.
- Noi mangiando il pane e bevendo il vino alla santa
cena annunziamo la morte del Signore “finch’egli venga”;2 quindi egli ha da venire e non viene a dimorare nel
pane e nel vino dopo che viene fatta la benedizione.
- Quando Gesù prese il calice rese grazie e poi lo diede
ai suoi discepoli, affinché ne bevessero, disse loro: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue....”,3 e subito
dopo disse loro: “Io vi dico che d’ora in poi non berrò
più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo
berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.4 Quindi
la sostanza del vino rimase intatta ed esso non fu transunstanziato in sangue come dicono i teologi cattolici,
perché Gesù dopo avere benedetto il calice lo chiamò
“frutto della vigna”.
- Quando si benedice il calice della benedizione contenente il frutto della vigna la sostanza del vino non cambia per nulla; non avviene un miracolo mediante il quale
il vino viene cangiato in sangue. Un miracolo di mutamento di sostanza avvenne in Egitto quando le acque
d’Egitto furono cangiate in sangue;5 allora sì che
l’acqua per diversi giorni fu vero sangue. Un altro miracolo di sostanza avvenne in Cana di Galilea quando Gesù mutò l’acqua in vino.6 Ma di certo non possiamo dire
che una cosa del genere avvenga al vino contenuto nel
calice del Signore.
La chiesa cattolica romana
- Luca, a proposito dell’istituzione della santa Cena operata da Gesù Cristo, dice che Gesù “dette loro il calice
dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue,
il quale è sparso per voi”;7 quindi egli chiamò quel calice il Nuovo Patto. Ora, noi sappiamo che il Nuovo Patto
è un alleanza che Dio ha fatto con noi mediante il sangue del Cristo e non un calice, perciò con quelle parole
Gesù volle dire che quel calice raffigurava il Nuovo Patto nel suo sangue. La stessa cosa quindi va detta delle
parole di Gesù: “Questo è il mio sangue”,8 in riferimento al vino del calice. Gesù non intese dire che quel vino
era il suo vero sangue, che peraltro non aveva ancora
sparso, ma un simbolo del suo sangue. In conclusione, il
vino nel calice rappresenta sia il Nuovo Patto che il sangue di Cristo.
- Paolo dice ai Corinzi: “Il calice della benedizione che
noi benediciamo, non è egli la comunione col sangue di
Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è egli la comunione col corpo di Cristo?”;9 quindi noi, quando beviamo il calice del Signore abbiamo comunione col sangue
di Cristo, e quando mangiamo il pane abbiamo comunione col corpo di Cristo. Questo esclude che il vino ed
il pane possano essere il vero sangue di Cristo ed il vero
corpo di Cristo, come dicono i teologi cattolici romani.
Questo lo si può dedurre anche dal paragone che più avanti fa l’apostolo. Paolo dice: “Guardate l’Israele secondo la carne; quelli che mangiano i sacrificî non hanno essi comunione con l’altare?;10 il che significa che gli
Israeliti mangiando i sacrifici offerti sull’altare avevano
comunione con l’altare che era santissimo. Ma non per
questo affermiamo che i sacrifici che essi mangiavano
erano l’altare, perché questo sarebbe assurdo. Quindi
anche nel caso del pane e del vino che sono gli elementi
che vengono benedetti alla cena del Signore, non si può
affermare che a motivo del fatto che coloro che li ingeriscono hanno comunione con il corpo ed il sangue di
Cristo essi siano veramente e sostanzialmente la carne
ed il sangue di Cristo. Essi quando vengono benedetti
non mutano sostanza, ma rimangono tali e quali erano
prima che fossero benedetti, e coloro che li assimilano si
mettono in comunione col corpo di Cristo. Ma ditemi:
Se quegli elementi cambiassero sostanza e diventassero
il vero corpo e sangue di Cristo come potrebbero continuare ad essere ancora soggetti alla decomposizione?
Come potrebbe il pane ancora ammuffirsi e fare i vermi,
e il vino diventare aceto?
- Pietro disse che il cielo deve tenere accolto Gesù “fino
ai tempi della restaurazione di tutte le cose”;11 quindi
Cristo è in cielo. Ma il prete pretende con la messa di
farlo scendere dal cielo nell’ostia; questa è follia!
- Gesù disse ai suoi: “I poveri li avete sempre con voi;
ma me non mi avete sempre”;12 quindi è irragionevole
che Cristo sia presente corporalmente nell’ostia consacrata perché questo significherebbe che Cristo sarebbe
sempre corporalmente con noi. A conferma del fatto che
1
7
2
8
1 Cor. 11:24
1 Cor. 11:26
3
Matt. 26:28
4
Matt. 26:29
5
Cfr. Es. 7:14-21
6
Cfr. Giov. 2:1-10
Luca 22:20
Mar. 14:24
9
1 Cor. 10:16
10
1 Cor. 10:18
11
Atti 3:21
12
Matt. 26:11
39
I sacramenti
La chiesa cattolica romana
Cristo non può essere sostanzialmente, realmente e corporalmente nel pane che si spezza alla cena del Signore
citiamo le parole di Paolo che disse ai Corinzi: “Sappiamo che mentre abitiamo nel corpo, siamo assenti dal
Signore”,1 e quelle che disse ai Filippesi: “Ho il desiderio di partire e d’esser con Cristo”.2 Quindi pure Paolo
quando mangiava il pane e beveva del calice del Signore sapeva di essere assente dal Signore, e che il Signore
era assente corporalmente; infatti lui desiderava di dipartirsi dal corpo per andare con Cristo in cielo. I teologi cattolici invece insegnano che quel medesimo Gesù
che è ora glorioso in cielo che nacque da Maria e che
morì sulla croce è nell’eucarestia, e difatti asseriscono
che in essa ‘vi è Gesù in persona’. E così fanno credere
alle persone che Gesù si trova corporalmente nell’ostia
conservata nel tabernacolo del loro luogo di culto, e le
invitano ad andarlo a visitare infatti così si esprime il
Perardi: ‘Visitate spesso Gesù nell’Eucarestia’.3 Ecco
quali menzogne ha partorito la dottrina della transustanziazione! e la gente ci crede.
- Gesù ha detto: “Dovunque due o tre son raunati nel
nome mio, quivi son io in mezzo a loro”,4 ed ancora: “Io
sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”.5 Quindi Gesù Cristo è in mezzo ai credenti e coi
credenti dovunque essi si riuniscono nel suo nome ed
anche quando non sono riuniti per rompere il pane per
annunziare la sua morte. Queste parole di Gesù annullano la presuntuosa dottrina dei teologi papisti perché ci
fanno comprendere quanto falsa essa sia e quanto inutile
sia credere alla dottrina della transustanziazione e alle
dottrine ad essa collegate, infatti vi domando: ‘Se Gesù
è sempre e dovunque con noi che bisogno c’é di credere
nella transustanziazione?’ Che bisogno c’é di credere
che Gesù si trovi in persona nel pane della comunione?
Può forse il pane consolarci come fa il Consolatore
mandato da Cristo? Può forse il pane essere sempre vicino a noi? Che assistenza può darci il pane che noi
rompiamo? Eppure, sembrerà incredibile questo, ai Cattolici l’ostia del prete viene fatta passare per Gesù stesso!
- Il fatto che Gesù quando istituì la santa cena disse del
pane: “Questo è il mio corpo”, e del vino: “Questo è il
mio sangue” non deve trarre in inganno nessuno. Il verbo essere in questo caso vuole dire ‘significa’ o ‘rappresenta’ il mio corpo e il mio sangue. Abbiamo alcuni esempi nella Scrittura che confermano ciò: Quando Daniele interpretò al re il sogno che lui aveva fatto gli disse: “La testa d’oro sei tu..”,6 intendendo con questo che
la testa d’oro di quella statua rappresentava il regno di
Babilonia che era nelle mani di Nebucadnetsar. Quando
Giuseppe interpretò i sogni al coppiere e al panettiere di
Faraone disse loro: “I tre tralci sono tre giorni... I tre canestri sono tre giorni”;7 anche in questo caso quel “sono” sta per ‘significano’. Il pane e il vino quindi quan-
tunque siano chiamati il corpo ed il sangue di Cristo
simboleggiano il corpo ed il sangue di Cristo, e perciò
sono solo dei simboli. Questo comunque non deve portare nessuno a sprezzare questi simboli, perché chi li
sprezza viene giudicato da Dio secondo che é scritto
nella epistola di Paolo ai Corinzi: “Chiunque mangerà il
pane o berrà del calice del Signore indegnamente, sarà
colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore”.8
Mangiare del pane e bere del calice indegnamente significa non discernere in quegli elementi il corpo ed il sangue del Signore secondo che é scritto: “Chi mangia e
beve, mangia e beve un giudicio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore”.9
Per concludere diciamo quindi che la transustanziazione
è una delle tante menzogne presenti nella chiesa cattolica romana che i teologi cattolici romani cercano di fare
apparire vera interpretando a loro capriccio le Scritture.
1
8
2
9
2 Cor. 5:6
Fil. 1:23
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 489
4
Matt. 18:20
5
Matt. 28:20
6
Dan. 2:38
7
Gen. 40:12,18
40
Spiegazione delle parole di Gesù: “Chi mangia la mia
carne e beve il mio sangue ha vita eterna”
Ora, queste parole del Signore devono essere intese spiritualmente e non letteralmente perché Gesù poco dopo
disse pure: “Le parole che vi ho dette, sono spirito e vita”,10 quindi esse non significano che se uno prende la
comunione ha la vita eterna mentre se non la prende andrà in perdizione. Le seguenti riflessioni e considerazioni, fatte servendoci di altre Scritture, confermano che le
suddette parole che Gesù rivolse nella sinagoga di Capernaum hanno un significato puramente spirituale.
- Confrontando queste parole di Gesù: “Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno”,11 con queste altre: “Poiché questa é la volontà del Padre mio: che chiunque
contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e
io lo risusciterò nell’ultimo giorno”,12 si intende che
mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue significa
contemplarlo e credere in lui, perciò per ricevere la vita
eterna si deve credere.
- Confrontando queste parole di Gesù: “Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue dimora in me, ed io in
lui”,13 con queste parole di Giovanni: “E questo é il suo
comandamento: che crediamo nel nome del suo Figliuolo Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri, com’Egli ce
ne ha dato il comandamento. E chi osserva i suoi comandamenti dimora in Lui, ed Egli in esso”14 é evidente
che chi mangia la carne di Gesù e beve il suo sangue é
chi crede nel suo nome ed osserva i suoi comandamenti.
- Se per ricevere la vita eterna bisognasse mangiare il
pane e bere il calice del Signore, la vita eterna non sarebbe più il dono di Dio, ma bensì qualcosa che la si
può ricevere in cambio di una opera buona quale il
mangiare la cena del Signore. In questo caso sarebbe
annullata la grazia e sarebbe resa vana la promessa della
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10
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1 Giov. 3:23-24
I sacramenti
vita eterna basata sulla fede. Se fosse così non ci sarebbe bisogno di esortare i peccatori a ravvedersi e a credere nel nome del Signore Gesù, perché basterebbe dargli
il pane ed il vino che secondo alcuni sono veramente la
carne ed il sangue di Gesù. Ma non si può accettare una
simile dottrina perché non é confermata dalla Scrittura e
neppure dai fatti. Quali fatti? Questi. In seno alla chiesa
romana i peccatori, gli adulteri, i ladri, gli avari, gli idolatri mangiano l’ostia ed alcuni bevono anche il calice e
non hanno la vita eterna in loro stessi, infatti essi dicono
che non ce l’hanno. Ma non solo, essi ci accusano di
presunzione perché noi diciamo di avere la vita eterna
per la grazia di Dio. Nel mezzo delle chiese di Dio alcuni conduttori che non hanno abbastanza discernimento
fanno prendere la cena del Signore pure a persone che
non sono ancora nate di nuovo, ma esse, siccome che
non si sono ancora ravvedute e non hanno ancora creduto con il loro cuore nel Vangelo, senza vita sono prima
di mangiare la cena e senza vita sono dopo avere mangiato il pane e bevuto del calice del Signore; a dimostrazione questo, che il mangiare e bere questi elementi non
conferisce la vita eterna a coloro che la prendono.
- Il Signore quando in quella notte disse ai suoi: “Bevetene tutti, perché questo é il mio sangue, il sangue del
patto, il quale é sparso per molti per la remissione dei
peccati”,1 non era ancora stato crocifisso sulla croce, e
perciò ancora non aveva sparso il suo sangue, eppure
chiamò il frutto della vigna il suo sangue. Di conseguenza le parole di Gesù erano spirituali. Certo, noi riconosciamo che vi sono diverse cose attorno alla cena
del Signore che sono imperscrutabili e perciò incomprensibili, tra cui appunto il fatto che Gesù chiamò il
frutto della vigna il suo sangue ed il pane il suo corpo, e
che quando noi mangiamo del pane e beviamo del calice
del Signore abbiamo comunione con il corpo ed il sangue del Signore, ma è necessario vegliare per non cadere nell’errore nel quale sono caduti i teologi cattolici
romani in seguito ad arbitrarie interpretazioni scritturali.
- Gesù spesso parlò in similitudini infatti disse di lui:
“Io son la porta delle pecore... Io son la porta; se uno
entra per me, sarà salvato..”,2 e: “Io son la via...”;3 e dopo essere risorto, quando apparve a Giovanni gli disse:
“Io son la radice e la progenie di Davide, la lucente stella mattutina”.4 Quindi non c’é da meravigliarsi se nei
giorni della sua carne il Figlio di Dio disse: “La mia
carne é vero cibo e il mio sangue é vera bevanda”,5 e:
“Se non mangiate la carne del Figliuol dell’uomo e non
bevete il suo sangue, non avete la vita in voi”.6 Certo,
questo parlare é duro ma noi l’accettiamo, e non vogliamo essere come quei suoi discepoli che dissero:
“Questo parlare é duro; chi lo può ascoltare?”,7 e rimasero scandalizzati dalle sue parole. “Beato colui che non
si sarà scandalizzato di me”,8 disse Gesù, quindi non
La chiesa cattolica romana
scandalizziamoci delle suddette parole del Signore perché esse sono verità, ma ricordatevi che esse sono da
intendere spiritualmente secondo che disse Gesù: “Le
parole che vi ho dette, sono spirito e vita”.9
Gli effetti del mangiare il pane e del bere del calice del
Signore secondo la Scrittura
Come abbiamo visto il catechismo cattolico afferma che
l’eucarestia in chi la riceve degnamente opera delle cose
miracolose, infatti accresce e conserva la grazia, rimette
i peccati veniali e preserva dai mortali, consola e conforta e accresce la carità e la speranza della vita eterna.
Era inevitabile, dobbiamo dire, che dando quell’errato
significato alla cena del Signore, i teologi cattolici tirassero fuori pure tutti questi effetti straordinari. Ma che
dice la Scrittura? La Scrittura non dice che la cena del
Signore conserva e accresce la grazia, che rimette certi
peccati e preserva da altri, e non dice neppure che dà
conforto e accresce la carità e la speranza della vita eterna. Tutto quello che essa dice è che ogniqualvolta
mangiamo quel pane e beviamo quel vino noi annunziamo la morte del Signore finché egli venga secondo
che è scritto: “Ogni volta che voi mangiate questo pane
e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del
Signore, finch’egli venga”;10 e che noi abbiamo comunione con il corpo ed il sangue di Cristo secondo che è
scritto: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è egli la comunione col sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è egli la comunione col corpo
di Cristo?”.11 Qualcuno dirà: Tutto qui? Sì, tutto qui.
Naturalmente è superfluo dire che si prova gioia nel partecipare alla cena del Signore, appunto perché si ricorda
la morte del Signore e quindi il suo grande amore verso
di noi, e si ha comunione con il suo corpo ed il suo sangue.
L’adorazione dell’ostia è idolatria
La Scrittura non insegna affatto che noi dobbiamo adorare il pane che rompiamo alla cena del Signore; esso è
pane e quindi non è degno di essere adorato. Gesù disse:
“Iddio é spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che
l’adorino in ispirito e verità”.12 Anche Gesù è degno di
essere adorato perché Dio dice: “Tutti gli angeli di Dio
l’adorino”13 ma anche Lui va adorato in ispirito e verità
come il Padre suo. Che cosa costituisce quindi
l’adorazione dell’ostia? L’adorazione dell’ostia non è
altro che una delle tante forme di idolatria che é presente in questa pseudochiesa e che la curia romana ordina
di perpetrare a danno di milioni di anime nel mondo.
1
Matt. 26:28
Giov. 10:7,9
3
Giov. 14:6
4
Ap. 22:16
5
Giov. 6:55
6
Giov. 6:53
7
Giov. 6:60
8
Matt. 11:6
2
9
Giov. 6:63
1 Cor. 11:26
11
1 Cor. 10:16
12
Giov. 4:24
13
Ebr. 1:6
10
41
I sacramenti
Il digiuno imposto ai comunicanti va contro la Parola di
Dio
L’ordine di prendere l’eucarestia a digiuno è contrario
alla Parola di Dio perché Gesù distribuì il pane e il calice ai suoi discepoli mentre essi mangiavano; difatti
Marco dice: “E mentre mangiavano, Gesù prese del pane; e fatta la benedizione, lo ruppe e lo diede loro e disse: Prendete, questo è il mio corpo. Poi, preso un calice
e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. E disse
loro: Questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale
è sparso per molti..”;1 e Luca afferma che Gesù distribuì
ancora il calice dopo la cena dicendo: “Parimente ancora, dopo aver cenato, dette loro il calice dicendo: Questo
calice è il nuovo patto nel mio sangue, il quale è sparso
per voi”.2
Ancora una volta constatiamo chiaramente come alla
curia romana della Parola di Dio non importa proprio
nulla; quello che gli importa è la tradizione e nient’altro.
L’eucarestia non è affatto la ripetizione del sacrificio di
Cristo e neppure un’offerta propiziatoria che il sacerdote cattolico offre a Dio per i peccati
Ora dimostreremo mediante le Scritture che Gesù Cristo
non ha affatto istituito la messa, che i preti non sono affatto dei sacerdoti ordinati da Dio e che la messa che
essi offrono non è il rinnovamento del sacrificio di Cristo.
- Se come dicono loro la messa è la ripetizione del sacrificio di Cristo ed è stata istituita da Cristo, che ripetizione di quale sacrificio era l’eucarestia istituita da Cristo dato che Cristo ancora non aveva offerto se stesso
sulla croce? Non è forse questa una chiara contraddizione che annulla la messa come ripetizione del sacrificio
di Cristo? Certamente che lo è perché seguendo la logica dei teologi papisti Gesù affinché la cena fosse dichiarata una ripetizione del suo sacrificio, avrebbe dovuto
istituirla dopo la sua morte e non prima. E’ da escludersi
quindi che la cena del Signore sia stata istituita da Cristo
quale ripetizione del suo sacrificio perché Gesù Cristo,
in quella notte, istituì la santa cena e disse ai suoi di
compierla in sua memoria, quindi per ricordare il suo
sacrificio che di lì a poco avrebbe compiuto una volta
per sempre. Cosa che per altro i teologi non negano infatti affermano che Gesù istituì l’eucarestia anche a perpetuo ricordo della sua passione e morte; quindi non solo quale sacrificio permanente del Nuovo Testamento.
Ma anche qui non possiamo non dire che si contraddicono di nuovo, perché non è ammissibile che la cena del
Signore sia contemporaneamente l’annunzio della morte
di Cristo e la morte stessa di Cristo. Sarebbe come dire
che facendo una determinata cosa per ricordare un fatto
compiuto da una persona, nello stesso tempo si ripete
quel fatto compiuto da quella persona molto tempo prima!
- Gesù disse sia quando diede il pane e sia quando diede
il calice ai suoi discepoli: “Fate questo in memoria di
1
Mar. 14:22-24
Luca 22:20
2
42
La chiesa cattolica romana
me”;3 e Paolo dice: “Ogni volta che voi mangiate questo
pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte
del Signore, finch’egli venga”;4 quindi la celebrazione
della cena del Signore é la ricordanza del sacrificio espiatorio di Cristo perché con essa viene annunziata la
sua morte, e non è la ripetizione del sacrificio di Cristo
perché esso é stato fatto una volta per sempre e non può
essere ripetuto in nessuna maniera. Per comprendere
come la cena del Signore è un atto fatto per ricordare il
sacrificio di Cristo e non è il rinnovamento di esso è necessario ricordarsi della Pasqua giudaica. Ora la Pasqua
venne istituita da Mosè per ordine di Dio mentre il popolo d’Israele era in Egitto; in essa i Giudei dovevano
immolare un agnello senza difetto, arrostirlo al fuoco e
mangiarlo con pane senza lievito e con delle erbe amare; e tutto ciò ogni anno. Ma perché dovevano annualmente fare questo rito? Per ricordare il giorno in cui Dio
li aveva tratti fuori dall’Egitto dopo una schiavitù secolare, infatti Dio disse: “Quel giorno sarà per voi un
giorno di ricordanza... E in quel giorno tu spiegherai la
cosa al tuo figliuolo, dicendo: Si fa così, a motivo di
quello che l’Eterno fece per me quand’uscii dall’Egitto”.5 Ora, è chiaro che nessuno può dire che ogni qual
volta i Giudei celebravano la Pasqua si rinnovava per
loro la liberazione dall’Egitto perché essa era avvenuta
tempo addietro in Egitto e non poteva essere in nessuna
maniera rinnovata. Nella stessa maniera anche la cena
del Signore fu istituita da Cristo per ordine di Dio per
ricordare la sua morte, avvenuta una volta per sempre
alla fine dei secoli, mediante la quale noi siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato. Ed anche qui bisogna
dire che siccome che la cena del Signore si fa in ricordanza del sacrificio di Cristo e quindi anche in ricordanza della liberazione dal peccato da noi ricevuta mediante
l’offerta del suo corpo e del suo sangue, essa non può
essere la ripetizione del sacrificio di Cristo e di conseguenza non può essere neppure la ripetizione della nostra liberazione.
- Cristo ha offerto se stesso una volta per sempre perché
la Scrittura dice: “Noi siamo stati santificati, mediante
l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per
sempre”,6 ed anche che egli è entrato “nel cielo stesso,
per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi; e non per
offrir se stesso più volte, come il sommo sacerdote, che
entra ogni anno nel santuario con sangue non suo; ché,
in questo caso, avrebbe dovuto soffrir più volte dalla
fondazione del mondo; ma ora, una volta sola, alla fine
de’ secoli, é stato manifestato, per annullare il peccato
col suo sacrificio”.7 La messa che fa il prete quindi é un
atto di presunzione in abominio a Dio e che inganna tutti coloro che ci credono, perché il prete pretende con la
messa di rinnovare il sacrificio di Cristo, mentre la
Scrittura insegna che Cristo Gesù nella pienezza dei
tempi ha offerto se stesso per i nostri peccati una volta
per sempre. Certo, il clero romano ammette che il sacrificio della messa è un sacrificio incruento in cui Cristo
3
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Ebr. 9:24-26
4
I sacramenti
non versa il suo sangue, ma questo non giustifica affatto
la messa. Cristo non l’ha comandata quindi non va fatta
e basta. E’ un sacrificio incruento senza spargimento di
sangue? Per noi non è né un sacrificio e neppure incruento; ma solo un rito in abominio a Dio. Ma dato che
i teologi papisti parlano in questa maniera a riguardo
della messa e dicono nello stesso tempo che essa viene
offerta per placare Dio e dargli soddisfazione dei nostri
peccati, e dato che la Scrittura dice che “senza spargimento di sangue non c’è remissione”,1 noi domandiamo
loro: ‘Ma non vi rendete conto che vi contraddite da voi
stessi? Dite: ‘Nel sacrificio della Messa Gesù placa per
noi l’Eterno Padre, offrendogli se stesso, affinché dopo
il peccato non ci punisca come avremmo meritato (...) e
offre a soddisfazione per i nostri peccati’,2 e nello stesso
tempo dite che la messa è un sacrificio senza spargimento di sangue, quindi senza il potere di rimettervi i
vostri peccati! E poi, ancora: ‘Ma come fate a dire che
la vostra messa è il sacrificio di Cristo e poi nello stesso
tempo dire che non avviene nessun spargimento di sangue quando la Scrittura insegna che quando Gesù offrì
se stesso a Dio vi fu lo spargimento del suo sangue? Ma
è o non è un sacrificio? Quante contraddizioni si notano
nelle parole dei teologi papisti anche quando parlano
della messa!
- I sacerdoti che furono presi da Dio di fra gli uomini
per offrire sacrifici per i peccati del popolo erano Leviti,
e precisamente dell’ordine di Aaronne. Oltre a ciò il loro sacerdozio era trasmissibile, infatti quando essi morivano passava ai loro figli. Cristo Gesù invece è stato sì
anche lui preso di fra gli uomini, ma egli é stato costituito Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec, che è un ordine superiore a quello di Aaronne
perché Melchisedec è superiore ad Aaronne. Egli, quale
Sommo Sacerdote dei futuri beni, dopo avere offerto se
stesso per i nostri peccati è risuscitato dai morti e non
muore più. Per questa ragione, a differenza del sacerdozio levitico, il suo sacerdozio non é trasmissibile secondo che é scritto: “Quelli sono stati fatti sacerdoti in gran
numero, perché per la morte erano impediti di durare;
ma questi, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio
che non si trasmette”;3 quindi possiamo dire che Egli sia
stato l’ultimo Sacerdote legittimato da Dio ad offrire un
sacrificio per il popolo. Con il sacerdozio di Cristo è
stato annullato il sacerdozio levitico appunto perché ora
non c’é più bisogno che essi offrano sacrifici
d’espiazione per gli uomini. I sacerdoti cattolici quindi
sono degli impostori che però riescono a farsi passare
come sacerdoti istituiti da Dio a offrire il sacrifico della
messa. Come se Dio avesse rinnegato la sua Parola per
compiacere a questa razza di gente che si crede pura ma
non é ancora lavata dalla sua sozzura! Questi seduttori
hanno abilmente mischiato il sacerdozio levitico, i sacrifici espiatori della legge e l’altare dell’Antico Patto con
il sacrificio di Cristo e la cena del Signore da fare con il
pane e il vino e ne hanno fatto la messa. Che dire? Bisogna riconoscere che Satana é riuscito a sedurre moltitudini di persone facendo leva sulla Parola di Dio!
La chiesa cattolica romana
- I sacrifici espiatori che i sacerdoti secondo l’ordine di
Aaronne dovevano offrire erano l’ombra del perfetto ed
unico sacrificio espiatorio che Cristo avrebbe offerto
nella pienezza dei tempi. Quindi essi erano imperfetti e
difatti é scritto: “S’offron doni e sacrificî che non possono, quanto alla coscienza, render perfetto colui che
offre il culto, poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di
varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino
al tempo della riforma”,4 ed anche: “La legge, avendo
un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose,
non può mai con quegli stessi sacrificî, che sono offerti
continuamente, anno dopo anno, rendere perfetti quelli
che s’accostano a Dio”,5 e: “Ogni sacerdote è in piè ogni giorno ministrando e offrendo spesse volte gli stessi
sacrificî che non possono mai togliere i peccati”.6
Ma ora che Cristo ha offerto se stesso una volta per
sempre per i nostri peccati, noi non abbiamo più bisogno di qualche sacerdote che sulla terra offra un sacrificio per i nostri peccati (la messa), perché Gesù ha adempiuto ogni cosa concernente l’espiazione dei peccati
morendo sulla croce. I Cattolici quindi con la loro messa
dimostrano di non considerare il sacrificio di Cristo perfetto e fatto una volta per sempre per i nostri peccati.
Ma anche qui bisogna dire che i teologi cattolici romani
cadono in un ennesima contraddizione perché da un lato
affermano che il sacrificio di Cristo è stato sufficiente
per compiere l’espiazione dei peccati e dall’altro affermano che la messa dato che è una ripetizione del sacrificio di Cristo soddisfa i peccati degli uomini! Insomma
è come se qualcuno vi dicesse: ‘Qualcuno ha estinto i
miei debiti che avevo con Tizio, perché ha pagato a Tizio tutta la somma che io gli dovevo; ma io voglio finire
di pagargli tutti i miei debiti!’ Giudicate da voi stessi
fratelli quello che dico.
- La messa che essi dicono essere un’oblazione pura
offerta a Dio è invece un profumo in abominio a Dio
perché essi mediante questo loro sacrificio sull’altare
pretendono di fare morire Cristo e di offrirlo a Dio per i
peccati del popolo. Il teologo Perardi infatti dice: ‘Il sacrificio della Messa è lo stesso sacrificio della Croce’.7
E qui c’è bisogno di dire questo: secondo il catechismo
cattolico il prete quale sacerdote di Dio offre sull’altare
la vittima che è Gesù, quindi il prete come sacrificatore
risulta superiore alla vittima che egli offre cioè a Gesù.
Inoltre il prete, secondo l’aberrante teologia papista, ha
potestà sul corpo di Cristo, difatti lo prende e lo porta
dove vuole, lo dà a mangiare a chi vuole, lo chiude dove
vuole; ma tutto questo è inaccettabile perché rappresenta un dispregio verso Colui che è al di sopra di tutti; tutto questo è veramente esecrabile, ripugnante. O Cattolici, rientrate in voi stessi; fino a quando andrete dietro
alla vanità ed alla menzogna? Investigate le Scritture!
- Sotto la grazia tutti i credenti in Cristo Gesù, cioè tutti
i membri della Chiesa di Dio, sono dei sacerdoti secondo che è scritto: “Ma voi siete una generazione eletta,
un real sacerdozio..”,8 ed ancora: “Tu sei degno di pren4
Ebr. 9:9,10
Ebr. 10:1
6
Ebr. 10:11
7
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 510
8
1 Piet. 2:9
5
1
Ebr. 9:22
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 513
3
Ebr. 7:23,24
2
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I sacramenti
dere il libro e d’aprirne i suggelli, perché sei stato immolato e hai comprato a Dio, col tuo sangue, gente
d’ogni tribù e lingua e popolo e nazione, e ne hai fatto
per il nostro Dio un regno e de’ sacerdoti; e regneranno
sulla terra”.1 E siccome sono sacerdoti devono anche
loro offrire a Dio dei sacrifici come li offrivano i sacerdoti leviti, ma essi non sono costituiti da vittime di animali da offrire su qualche altare in qualche santuario
terreno, ma dalla lode, dalla preghiera e dalle offerte. Le
seguenti Scritture attestano ciò:
>“Siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrificî spirituali, accettevoli
a Dio per mezzo di Gesù Cristo”;2
>“La mia preghiera stia nel tuo cospetto come
l’incenso..”,3 e: “I ventiquattro anziani si prostrarono
davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e delle
coppe d’oro piene di profumi, che sono le preghiere dei
santi”;4
>“Per mezzo di lui, dunque, offriam del continuo a Dio
un sacrificio di lode; cioè, il frutto di labbra confessanti
il suo nome! E non dimenticate di esercitar la beneficenza e di far parte agli altri de’ vostri beni; perché è di
tali sacrificî che Dio si compiace”.5
Il passo di Malachia si riferisce appunto ai sacrifici spirituali che un giorno noi Gentili in Cristo Gesù avremmo offerto al nome del Signore, e non al sacrificio della
messa che i sacerdoti cattolici avrebbero offerto a Dio
dai quattro canti della terra!
Le messe per i morti sono funzioni vane
Abbiamo visto che i teologi papisti per confermare che
sia lecito offrire la messa per coloro che sono morti e
sono nel purgatorio prendono il gesto compiuto da Giuda Maccabeo che fece offrire un sacrificio per il peccato
di quei Giudei caduti in battaglia.
Ma noi riteniamo che questo fatto non conferma affatto
la messa in favore dei defunti, ma conferma che Giuda
il Maccabeo ha compiuto qualcosa di antiscritturale perché nella legge di Mosè non sta scritto da nessuna parte
che Dio ordinò agli Israeliti di offrire sacrifici espiatori
per i morti, ma solo per i vivi. Quindi a prescindere dal
fatto che il purgatorio non esiste, e che la messa non è
un sacrificio, dinanzi alla Parola di Dio crolla anche il
sostegno su cui si poggia la messa per i morti.
Ma la messa, benché sia un rito inutile e sacrilego, rimane ancora in piedi nella chiesa romana con tutta la
sua pompa; essa rappresenta il momento più solenne del
culto cattolico romano, a cui il clero romano è molto
attaccato. E i teologi papisti la difendono strenuamente
facendo acrobazie esegetiche di ogni genere e discorsi
vani di ogni genere che si vanno ad infrangere contro la
Parola di Dio e cadono a terra. Ma perché la messa è
difesa strenuamente dalla chiesa romana e rappresenta
qualcosa di irrinunciabile per la chiesa romana? Perché
se venisse a mancare verrebbe a mancare una delle prin1
Ap. 5:9,10
1 Piet. 2:5
3
Sal. 141:2
4
Ap. 5:8
5
Ebr. 13:15,16
La chiesa cattolica romana
cipali miniere di denaro da cui il clero romano attinge i
suoi capitali. Le messe hanno un prezzo (attenzione però, perché i Cattolici si difendono dicendo che le messe
non sono in vendita; a parole questo, ma non nei fatti).
Messa è sinonimo di soldi per i preti e per il papato; e
nello stesso tempo rappresenta una consolazione per i
Cattolici: le cose messe assieme riescono ancora dopo
secoli a reggersi in piedi.
Le messe in onore dei santi sono funzione vane
Come abbiamo visto coloro che si riunirono a Trento in
quel concilio con un abile gioco di parole hanno cercato
di fare passare le messe che essi offrono nella realtà ai
santi (prendiamo per esempio i santi apostoli Paolo e
Pietro) come dei sacrifici rivolti a Dio e non ai santi, per
evitare l’accusa di idolatria.
Perché dico gioco di parole? Perché non si capisce affatto cosa significa offrire a Dio un sacrificio in onore di
terzi. In altre parole viene di domandarsi, ma allora
l’onore a chi lo rivolgono? A Dio o ai santi? Ma come
fanno a dire che offrono un sacrificio in onore a Dio e
nello stesso tempo in onore di creature morte da tempo
che sono nel cielo con lui? Ma allora vogliono dire che
onorando il padrone onorano anche i suoi servi che sono
in cielo? Ma non è qualcosa di illogico tutto ciò? Eppure
questo è l’insegnamento che viene rivolto a milioni di
anime sparse per il mondo! O uomini che siete stati ingannati da questi precetti d’uomini privati della verità,
rientrate in voi stessi e uscite da questa falsa chiesa!
La Scrittura ci insegna che noi credenti dobbiamo offrire dei sacrifici spirituali (da cui è esclusa la messa) ma
questi sacrifici li dobbiamo offrire a Dio, solo a lui e
non ai santi apostoli che sono in cielo. Ecco le Scritture
che lo confermano: “Io vi esorto dunque, fratelli, per le
compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio; il che è il vostro
culto spirituale”;6 “Siete edificati qual casa spirituale,
per essere un sacerdozio santo per offrire sacrificî spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo”;7 “Per
mezzo di lui, dunque, offriam del continuo a Dio un sacrificio di lode”.8
LA PENITENZA (O CONFESSIONE)
La dottrina dei teologi papisti
Mediante la penitenza vengono rimessi dal prete, che ne
è il ministro, i peccati mortali commessi dopo il battesimo perché il prete ha ricevuto da Cristo il potere di
rimettere i peccati. Questo sacramento è assolutamente
necessario alla salvezza. Chi commette i peccati mortali
e non si confessa va all’inferno. La confessione va fatta
almeno una volta all’anno; e tra le altre cose vanno
specificati al prete le specie e le circostanze dei peccati
mortali. Il penitente però dopo avere ricevuto
l’assoluzione deve fare delle opere di penitenza per ot-
2
44
6
Rom. 12:1
1 Piet. 2:5
8
Ebr. 13:15
7
I sacramenti
tenere piena assoluzione dei suoi misfatti. Ed inoltre
egli deve lucrare le indulgenze per ottenere la remissione della pena temporanea dovuta per i suoi misfatti.
‘La Penitenza o Confessione è il Sacramento istituito da
Gesù Cristo per rimettere i peccati commessi dopo il
Battesimo’.1 Per ciò che concerne il tempo nel quale la
penitenza fu istituita da Cristo, il Perardi, sempre nel
suo catechismo, afferma: ‘Il Sacramento della Penitenza fu istituito da Gesù Cristo quando disse agli Apostoli,
e in essi ai loro successori: Ricevete lo Spirito Santo: a
chi rimetterete i peccati saranno loro rimessi e saranno
ritenuti a chi li riterrete’.2 Oltre a queste parole di Gesù
i teologi papisti prendono altri passi della Scrittura per
confermare la penitenza; quello che dice che Dio aveva
posto la parola della riconciliazione in Paolo e negli altri
apostoli che erano con lui,3 quello che dice che le turbe
andavano da Giovanni ed erano battezzate nel fiume
Giordano confessando i loro peccati,4 quello che dice
che ad Efeso molti di coloro che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano fatte,5 quello che dice di confessare i falli gli uni agli altri,6
e le parole che Gesù pronunciò dopo avere risuscitato
Lazzaro: “Scioglietelo, e lasciatelo andare”.7
La ragione per cui questo sacramento è chiamato penitenza è ‘perché per ottenere il perdono dei peccati è necessario pentirsene e fare la penitenza che ingiunge il
confessore’;8 è chiamato confessione invece ‘perché è
necessario confessare al sacerdote tutti i propri peccati
mortali’.9 E’ bene tenere presente che, secondo la teologia romana, la penitenza concerne soprattutto la confessione dei cosiddetti peccati mortali, perché per quelli
cosiddetti veniali i Cattolici possono essere assolti anche senza di essa; e che l’assoluzione, ossia ‘la sentenza
con cui il sacerdote, in nome di Gesù Cristo, rimette i
peccati al penitente (dicendo: Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito
Santo. Così sia) è considerato un vero atto giuridico
pronunziato da un giudice con il quale il peccatore viene
assolto. E per chi non lo reputa tale c’è questo anatema
tridentino: ‘Se qualcuno dirà che l’assoluzione sacramentale del sacerdote non è un atto giudiziario (...) sia
anatema’.10
Secondo quello che insegna il catechismo cattolico i
Cattolici devono andare dal prete a fare la confessione
dei loro peccati per averne l’assoluzione almeno una
volta all’anno. Questo lo devono fare in base al seguente
decreto del concilio Laterano IV del 1215: ‘Qualsiasi
fedele dell’uno o dell’altro sesso, giunto all’età di ragione, confessi fedelmente, da solo, tutti i suoi peccati,
al proprio parroco almeno una volta l’anno...’.11 E dato
che abbiamo menzionato questo concilio, ricordiamo
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 518
Ibid., pag. 518
3
Cfr. 2 Cor. 5:19
4
Cfr. Mar. 1:5
5
Cfr. Atti 19:18
6
Cfr. Giac. 5:16
7
Giov. 11:44
8
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 518
9
Ibid., pag. 518
10
Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 9
11
Concilio Laterano IV, Cost. XXI
2
La chiesa cattolica romana
che fu proprio questo concilio ad introdurre il dogma
della penitenza obbligatoria da farsi al prete nella chiesa
romana; prima di quell’anno infatti, essa non era reputata obbligatoria.12
12
Tenendo presente che in quel tempo Innocenzo III (11981216) perseguitava a morte gli Albigesi, i Valdesi e i Catari,
ed aveva ordinato di denunciarli sotto pena di scomunica, non
sorprende un gran che se egli abbia pensato di rendere la confessione al prete obbligatoria. Perché in questa maniera egli
poteva venire a sapere chi erano e dove abitavano coloro che
dissentivano dalla chiesa cattolica per poterli sterminare. E che
questa sia la ragione che spinse a rendere obbligatoria una cosa che fino a quel tempo era stata facoltativa ce lo dice il seguente fatto. Il concilio di Tolosa nel 1229 estese il precetto di
Innocenzo III, ordinando che la confessione fosse fatta tre volte all’anno, dicendo che emanava quel decreto per potere più
efficacemente distruggere l’eresia e che dichiarava sospetti
d’eresia coloro che non si sarebbero confessati tre volte
all’anno.
Per quanto riguarda la storia della confessione auricolare da
farsi al prete eccola per sommi capi. Durante i primi secoli,
nella Chiesa si cominciò a prescrivere che colui che fosse caduto in qualcuno dei peccati per i quali la Chiesa aveva stabilita una penitenza in segno di ravvedimento, confessasse il suo
peccato nella raunanza e venisse poi sottoposto alla penitenza
canonica. In altre parole inizialmente la confessione per alcuni
peccati avveniva pubblicamente e dopo di essa il vescovo assegnava al penitente la penitenza prescritta dai canoni sinodali
che variava a secondo del peccato commesso; e dopo che il
penitente era passato per tutti i gradi della sua punizione (che
poteva durare anche molti anni) veniva riconciliato con la
Chiesa e ammesso alla cena del Signore. La riconciliazione
avveniva mediante l’imposizione delle mani del vescovo sul
penitente e la preghiera del vescovo a pro di lui affinché Dio
accettasse la sua penitenza e lo restituisse alla Chiesa. Questa
cerimonia non consisteva in un’assoluzione del penitente perché si riteneva che questi potesse essere assolto solo da Dio,
solo lui infatti aveva il potere di perdonare i peccati; in altre
parole il vescovo non assolveva il penitente come oggi si sa il
prete fa nella confessione ma solo intercedeva presso Dio per
lui. Ma col passare del tempo sviluppandosi la dottrina del
potere delle chiavi questa intercessione diventerà assoluzione
per cui verrà attribuito al vescovo il potere di riconciliare il
penitente con Dio oltre che con la Chiesa. Come abbiamo detto innanzi la confessione era pubblica. Come dunque avvenne
che da pubblica essa divenne privata? In questa maniera.
Quando nella seconda metà del terzo secolo sorse la questione
dei lapsi, ossia di coloro che erano caduti nell’idolatria durante la persecuzione che c’era stata sotto l’imperatore Decio, i
quali chiedevano di essere riammessi alla comunione e la
Chiesa accettò di riammetterli dopo che avessero fatto anche
loro confessione pubblica del loro peccato, allora il numero
dei penitenti divenne così grande che il culto doveva dilungarsi per molto tempo. I vescovi allora fecero in quell’occasione
un canone nel quale ordinarono che si scegliesse fra gli anziani un uomo savio che ascoltasse le confessioni dei penitenti ed
imponesse loro la penitenza stabilita dai canoni a secondo il
peccato. Questo anziano fu chiamato penitenziere. Ecco dunque quali furono le circostanze in cui si ebbe il principio della
confessione auricolare privata ad un uomo. Alla fine del quarto secolo però questa confessione venne abolita. Il motivo ce
lo dice lo storico Socrate: ‘Nello stesso tempo (anno 383)
piacque abolire i preti delle chiese, che presiedevano alla penitenza, e ciò per la seguente ragione. Dopochè i Novaziani si
erano separati dalla Chiesa per non volere comunicare con
quelli che nella persecuzione di Decio, avevano apostatato, da
quel tempo i vescovi aggiunsero all’albo ecclesiastico un prete
45
I sacramenti
Il catechismo romano afferma che: ‘Per fare una buona
confessione si richiedono cinque cose: 1) l’esame di coscienza; 2) il dolore dei peccati; 3) il proponimento di
non commetterne più: 4) la confessione; 5) la soddisfazione o penitenza’.1 Voglio ora soffermarmi brevemente
su questi ultimi due aspetti di questo sacramento. Secondo la teologia romana chi va a confessarsi dal prete
deve manifestare al sacerdote la specie dei peccati, il
loro numero e le circostanze su ogni peccato commesso,
infatti il concilio di Trento a tale proposito decretò: ‘E’
chiaro infatti, che i sacerdoti non avrebbero potuto esercitare questo giudizio senza conoscere la causa né imporre le penitenze con equità, se i penitenti avessero dichiarato i loro peccati solo genericamente, e non invece,
nella loro specie ed uno per uno. Si conclude da ciò che
è necessario che i penitenti manifestino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza
penitenziere; affinché coloro che avevano peccato dopo il battesimo, confessassero i loro peccati innanzi al prete a ciò stabilito. La quale istituzione anche ora si mantiene presso le altre
sétte. I soli Homousiani (così venivano chiamati coloro che
avevano accettato la definizione del concilio di Nicea intorno
alla divinità di Cristo Gesù) ed i Novaziani che convengono
nella fede di quelli, han rigettato il prete penitenziere. Anzi i
Novaziani neppure da principio vollero ammettere
quest’aggiunta. Ma gli Homousiani, i quali ora tengono le
chiese, avendo per alcun tempo conservata questa istituzione,
finalmente, ai tempi di Nettario vescovo, l’abrogarono a cagione di un certo delitto commesso nella chiesa’. Il delitto in
questione fu il seguente. Una nobile signora di Costantinopoli
confessò di avere compiuto adulterio con un certo diacono di
quella chiesa; il fatto da lei confessato però venne a conoscenza di tutti, per cui si decise di abolire la confessione per il male che ne derivava. Questa abolizione della confessione privata
da farsi al prete sta ad indicare come essa non era reputata dai
vescovi di allora di istituzione divina e necessaria alla salvezza
come invece viene fatto credere oggi. Ma verso il 450, il vescovo di Roma Leone I incominciò a introdurre nella chiesa
romana l’uso della confessione al penitenziere. E col passare
del tempo essa si andò sempre più diffondendosi in Occidente.
Nel nono secolo, secondo diverse testimonianze cattoliche, la
confessione auricolare al prete era semplicemente un uso ma
non era ancora assolutamente obbligatoria e il prete non dava
l’assoluzione che noi conosciamo oggi perché non veniva insegnato che egli avesse l’autorità di rimettere i peccati e quindi la confessione non era indispensabile alla salvezza. In un
canone del concilio di Chalons tenutosi nel 813 si legge: ‘Alcuni dicono che bisogna confessare i propri peccati a Dio, altri
dicono che bisogna confessarli ancora ai preti’. Nel dodicesimo secolo i teologi papisti passarono a fare della confessione
al prete una dottrina insegnata dalla Scrittura ma tra di loro
c’erano molte divergenze a riguardo della sua istituzione (alcuni dicevano che era di diritto divino mentre altri che fosse
un precetto ecclesiastico), e del potere del prete (alcuni dicevano che il prete rimetteva i peccati mentre altri dicevano che
egli li dichiarava solo rimessi da Dio). In altre parole non c’era
ancora una dottrina stabilita sulla confessione; si andò comunque via via facendo strada e fortificandosi sempre di più l’idea
che fosse stata istituita da Cristo e che il prete avesse il potere
divino di rimettere i peccati, per cui essa era obbligatoria. La
confessione, come abbiamo visto, diventerà obbligatoria nel
tredicesimo secolo sotto Innocenzo III. Diventerà poi ufficialmente sacramento al concilio di Firenze del 1439 che la
incluse tra i sacramenti istituiti da Gesù Cristo.
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 521
46
La chiesa cattolica romana
dopo un diligente esame di coscienza, anche se essi sono del tutto nascosti e sono stati commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo (...) Si deduce, inoltre, che nella confessione debbano manifestarsi anche quelle circostanze che mutano la specie del
peccato; senza di esse, infatti, né il penitente espone
completamente gli stessi peccati, né questi potrebbero
venire conosciuti dai giudici e sarebbe impossibile ad
essi percepire esattamente la gravità delle colpe ed imporre per essa ai penitenti la pena dovuta’.2 Il Perardi
nel suo manuale conferma ciò dicendo: ‘Dobbiamo accusare i peccati mortali pienamente, senza farci vincere
da una falsa vergogna a tacerne alcuno, dichiarandone
la specie, il numero e anche le circostanze che aggiunsero una nuova grave malizia’.3
Per quanto riguarda la specie, i Cattolici devono confessare di che genere è il peccato; se è un furto, una percossa, una menzogna ecc. Per quanto riguarda il numero
essi sono obbligati a confessarli tutti, senza celarne alcuno; per esempio se saltano la messa per tre volte devono dire di non essere andati a messa per tre volte ecc.
Se nascondessero un solo peccato essi commetterebbero
un sacrilegio e non farebbero una buona confessione!
Per quanto riguarda infine le circostanze, secondo quello che scrisse Tommaso d’Aquino (un dottore della
chiesa romana) sono queste: Chi, Che cosa, Dove, Con
quali aiuti, Perché, Come, Quando. Per spiegarle ci serviremo d’un esempio. Un uomo che si é reso colpevole
di un furto e va a confessarlo al prete deve specificargli
le seguenti cose affinché il prete sappia ben giudicare e
dare la sentenza.
1) Chi ha commesso il furto: se ricco, o povero; se padre
di famiglia, o figlio; se secolare o prete.
2) Che cosa ha rubato: se denaro, e quanto; o oggetti da
vestire, o viveri, o oggetti sacri, come calici ecc..
3) Dove ha commesso il furto: se in campagna, in città o
in altro luogo.
4) Con quali aiuti: se ha avuto compagni, se ha scalato
muri..
5) Perché ha rubato: se spinto dalla necessità, o per vendetta, o per altro qualsiasi motivo, come per esempio,
per andare a divertirsi.
6) Come: se ha fatto violenza, o se si è introdotto di nascosto, e non sia stato veduto da nessuno.
7) Quando ha commesso il furto: se di giorno o di notte,
ecc.
Quindi i teologi papisti insegnano ai Cattolici romani
non solo che il prete ha il potere di assolverli, ma anche
che per essere assolti devono confessargli la specie, il
numero e le circostanze dei peccati.
Dopo che il Cattolico confessa al prete tutti questi particolari sui suoi peccati mortali il catechismo romano dice
che il prete prima gli dà l’assoluzione dei peccati e poi
gli dà la soddisfazione o penitenza sacramentale che ‘è
l’opera buona imposta dal confessore a castigo e a correzione del peccato, e a sconto della pena temporanea
meritata peccando’.4 Perché questo? Perché ‘il Sacramento della Penitenza, applicando all’anima i meriti di
2
Concilio di Trento, Sess. XIV, cap. V
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 535
4
Ibid., pag. 543
3
I sacramenti
Gesù Cristo, rimette la pena eterna, ma ne lascia ordinariamente una temporanea da scontare o in questa vita o
nell’altra. Dio vuole che diamo anche noi una soddisfazione; non è giusto che Gesù Cristo solo debba espiare
tutta la pena dei peccati del cristiano’.1 Ma anche dopo
avere fatto la penitenza sacramentale, che Perardi dice
che se il prete non ha fissato quando farla, è da preferirsi
fare ‘prima di uscire di chiesa o almeno il più presto che
potete’,2 rimane ancora qualcosa da fare per espiare la
pena difatti Perardi dice: ‘La penitenza sacramentale
non basta, d’ordinario, a liberarci da tutta la pena temporanea meritata col peccato, e perciò conviene supplire con altre opere di penitenza e di pietà e con indulgenze’.3 In sostanza, secondo questa dottrina sulla soddisfazione, i peccati l’uomo li può espiare in parte affidandosi ai meriti di Cristo ed in parte compiendo appunto queste opere. Quindi ai Cattolici vengono insegnate
diverse cose a riguardo dei peccati che commettono; la
prima é che andandosi a confessare dal prete questi glieli rimetta con l’autorità divina, la seconda è che siccome
la penitenza rimette la pena eterna ma ne lascia una
temporanea da dover scontare - perché per ottenere subito la remissione di tutta la pena meritata per il peccato
occorrerebbe una contrizione perfettissima - si deve dare a Dio la soddisfazione della pena temporanea. Questa
si compie prima con la penitenza sacramentale, e poi
con le opere di penitenza e di pietà, che secondo il Nuovo Manuale del Catechista sono: ‘I digiuni, le mortificazioni, gli atti di misericordia spirituale e corporale, le
preghiere, e l’uso pio di quelle cose benedette e di quelle cerimonie sacre che si chiamano sacramentali, come
l’acqua santa e le varie benedizioni’.4 E anche per chi
rigetta le opere di penitenza il concilio Tridentino ha
lanciato l’ennesimo anatema: ‘Se qualcuno dirà che le
soddisfazioni, con cui i penitenti per mezzo di Gesù Cristo cercano di riparare i peccati, non sono culto di Dio,
ma tradizioni umane, che oscurano la dottrina della grazia e il vero culto di Dio e lo stesso beneficio della morte del Signore, sia anatema’.5
Ma alle opere di penitenza e di pietà, come abbiamo visto prima, vi si devono aggiungere pure le indulgenze.
Che cosa è l’indulgenza? ‘E’ una remissione di pena
temporanea dovuta per i peccati; che la Chiesa concede
sotto certe condizioni a chi è in grazia, (applicandogli i
meriti e le soddisfazioni sovrabbondanti di Gesù Cristo,
della Madonna e dei Santi, le quali costituiscono il tesoro della Chiesa’).6 Essa può essere plenaria quando per
mezzo di essa è rimessa tutta la pena temporanea dovuta
per i peccati; parziale quando è solo una remissione parziale della suddetta pena. Ma perché la curia romana ha
introdotto la pratica delle indulgenze? La ragione è questa: spiegata in questi termini: ‘Il fine che l’Autorità ecclesiastica si propone nella elargizione delle indulgenze,
è non solo di aiutare i fedeli a scontare le pene del peccato, ma anche di spingere gli stessi a compiere opere di
1
Ibid., pag. 543
Ibid., pag. 544
3
Ibid., pag. 544
4
Ibid., pag. 544
5
Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 14
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 546
2
La chiesa cattolica romana
pietà, di penitenza e di carità, specialmente quelle che
giovano all’incremento della fede e al bene comune’.7
Ed anche per coloro che non accettano le indulgenze c’è
il relativo anatema tridentino che è il seguente: ‘La potestà di elargire indulgenze è stata concessa alla chiesa
da Cristo ed essa ha usato di questo potere, ad essa divinamente concesso, fin dai tempi più antichi. Per questo
il santo sinodo insegna e comanda di mantenere nella
chiesa quest’uso, utilissimo al popolo cristiano e approvato dall’autorità dei sacri concili e colpisce di anatema
quelli che asseriscono che esse sono inutili o che la
chiesa non ha potere di concederle’.8
Ora, le indulgenze possono essere acquistate dai Cattolici facendo delle opere; vediamo ora quali sono alcune
di queste opere di fatica che fanno lucrare l’indulgenza
plenaria della chiesa, tenendo presente che secondo la
norma sei della Costituzione Apostolica Indulgentiarum
Doctrina l’indulgenza plenaria si può acquistare una sola volta al giorno.
- L’adorazione del SS.mo Sacramento per almeno
mezz’ora;
- la pia lettura della S. Scrittura per almeno mezzora;
- il pio esercizio della Via Crucis;9
- la recita del Rosario mariano in chiesa o pubblico oratorio, oppure in famiglia, in una Comunità religiosa, in
una pia Associazione.10
Tra le indulgenze plenarie c’è anche quella chiamata
Giubileo.
L’indulgenza parziale invece la può lucrare:
- chi recita la giaculatoria ‘Gesù, Giuseppe e Maria, vi
dono ecc..’;
- chi recita l’Angelus Domini, le Litanie, la Salve, Regina;11
7
Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina di Paolo
VI, 8
8
Concilio di Trento, Sess. XXV, cap. XXI. Per capire l’uso
che nel passato i papi hanno fatto dell’indulgenza plenaria citiamo i seguenti fatti storici. Al concilio di Clermont nel 1095
Urbano II per invogliare i Cattolici romani a partecipare alla
prima crociata contro i Mussulmani, che controllavano i luoghi sacri in Terra Santa, proclamò che il pellegrinaggio armato
in Terra Santa (in altre parole, compiuto col fine di strappare i
luoghi sacri dalle mani dei Mussulmani) sarebbe equivalso ad
una penitenza per tutti i peccati che i pellegrini avessero confessati e di cui si fossero pentiti. Questo equivalse a dire che i
pellegrini potevano abbandonarsi a violenze e soprusi di ogni
genere tanto alla fine avrebbero ottenuto dal loro papa il condono della penitenza meritata per tutti i loro misfatti: e difatti
questo è quello che avvenne in quella prima crociata, i pellegrini durante il viaggio in terra Santa sterminarono migliaia di
Ebrei (che assieme ai Mussulmani erano fortemente odiati dai
papi) e giunti in Israele compirono sanguinosi massacri per
liberare Gerusalemme dalla mano dei Turchi. Quando poi la
chiesa cattolica romana, per sterminare gli ‘eretici’, istituì
l’Inquisizione il papa concedeva l’indulgenza plenaria a coloro
che portavano la legna per erigere il rogo destinato agli ‘eretici’. Il che voleva dire dichiarare la partecipazione alla morte di
un ‘eretico’ un opera pia degna del più grande rispetto.
9
Sessolo Giovanni, L’aggiornamento delle indulgenze, Milano
1968, pag. 61
10
Sessolo Giovanni, op. cit., pag. 61
11
Ibid., pag. 18
47
I sacramenti
- il fedele che devotamente usa un oggetto di pietà (crocifisso, croce, corona, scapolare, medaglia), benedetto
da un sacerdote qualsiasi.1
Ci sono altre opere o cerimonie sacramentali mediante
le quali i Cattolici possono acquistare sia indulgenze
plenarie che indulgenze parziali, ma mi fermo qui con le
indulgenze.2
1
Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina, norma 17
Le indulgenze risalgono all’undicesimo secolo. In breve, la
loro storia è questa. Anticamente la Chiesa cominciò ad infliggere una penitenza (delle punizioni) a coloro che cadevano
in determinati peccati (idolatria, omicidio, fornicazione, adulterio) prima di ‘assolverli’ e riammetterli alla comunione. La
durata della penitenza era proporzionata alla qualità di ogni
colpa, e tale durata era divisa in vari stadii. Il primo stadio si
chiamava fletus o pianto; il penitente vestito di sacco e coperto
di cenere si doveva fermare davanti alla porta del locale di
culto, perché non vi poteva entrare, e chiedere a coloro che vi
entravano di pregare per lui. Il secondo stadio si chiamava auditio od ascoltare; il penitente poteva entrare nel locale di culto ma doveva starsene vicino alla porta e al termine della predicazione, prima che cominciassero le preghiere, doveva uscire dal locale di culto. Il terzo grado si chiamava substratio o
chinato; il penitente doveva starsene in ginocchio tutto il tempo che si facevano delle preghiere per lui, e durante questo
periodo doveva fare certi lavori come per esempio scopare il
locale di culto. Il quarto stadio era chiamato consistentia o
rimanenza; il penitente poteva entrare nel locale di culto e partecipare al culto, ma non alla cena del Signore. Dopo avere
superato questo stadio il penitente veniva ammesso alla cena
del Signore, in seguito alla cerimonia della riconciliazione
compiuta dal vescovo mediante l’imposizione delle mani. A
poco a poco a quei peccati visti sopra ve ne furono aggiunti
altri con le relative penitenze da espiare. Si vennero così a
formare i Canoni Penitenziali che erano la regola che doveva
seguire il vescovo nell’infliggere le penitenze nei diversi casi
che si presentavano. Per esempio secondo uno di questi canoni
chi lavorava di Domenica doveva stare 3 giorni a pane ed acqua, un altro canone diceva che chi malediceva i genitori doveva stare a pane ed acqua per 40 giorni, un altro ancora che
chi li percuoteva doveva fare 7 anni di penitenza, per chi compiva un ‘piccolo’ furto c’era 1 anno di penitenza, per chi testimoniava il falso c’erano 8 anni di penitenza e per chi non
pagava le decime la punizione era che doveva pagare il quadruplo e stare a pane ed acqua per 20 giorni. Il vescovo però
poteva a suo piacimento diminuire gli anni di penitenza a secondo della condotta del penitente; questo alleviamento di pena era chiamato indulgenza. Ma siccome che molti, a motivo
di svariati loro peccati commessi, avevano accumulato così
tanti anni di penitenza che non gli sarebbero bastate più vite
sulla terra per espiarla, allora i vescovi pensarono di commutare la pena con denaro e siccome che in quel tempo nacquero le
crociate contro i Turchi per andargli a togliere dalle mani i
luoghi sacri chi prendeva le armi per andare a combattere i
Turchi riceveva la remissione di tutta la pena da espiare mentre chi non poteva o non voleva andare a combattere poteva
riscattare tutta la pena pagando del denaro che sarebbe servito
alla crociata. Ma col passare del tempo si era fortificata la dottrina del purgatorio, che venne ufficializzata al concilio di Firenze (1439), per cui l’indulgenza cominciò ad essere applicata anche alle anime che si diceva fossero là ad espiare i loro
peccati. Ecco sorgere quindi le indulgenze papali per i morti a
metà del XV secolo. Nel 1457 Callisto III (1455-1458) concesse al re Enrico IV di Castiglia una indulgenza plenaria per i
vivi, e per quelli che pagassero 200 maravedi per la crociata
contro i Mori, una indulgenza per i defunti. E Sisto IV (14711484) nel 1476 concesse per la cattedrale di Saintes (Francia)
2
48
La chiesa cattolica romana
A questo punto ci si domanderà: ‘Ma il Cattolico allora
dopo essersi confessato in maniera regolare, e fatto le
opere di penitenza per espiare i suoi peccati, e dopo avere acquistato l’indulgenza plenaria, è sicuro di andare in
paradiso?’ In teoria sì, dovrebbe esserne perfettamente
sicuro, ma nella pratica non lo è, e non può esserlo affatto, perché dice Perardi: ‘Potremmo sperare di trovarci, in punto di morte, così puri, così santi da meritare
subito il Paradiso?’3
D’altronde - dicono loro - nessuno è perfetto, qualche
imperfezione ce l’hanno tutti, qualche peccato veniale lo
si contrae anche dopo avere acquistato l’indulgenza plenaria, e perciò, chi può dire di andare subito in paradiso!
Quindi, prima di andare in paradiso bisogna andare a
sostare per qualche tempo in purgatorio per purgarsi del
residuo di colpa che rimane, mediante delle pene molto
severe; allora e solo allora si potrà andare in paradiso,
perché si sarà santi e puri. Nessuno dunque si permetta
di dire che quando morirà andrà subito in cielo perché
questa è presunzione che offende la giustizia di Dio!
Per quanto riguarda la necessità di questo sacramento,
secondo la teologia romana, esso è indispensabile per
ottenere la salvezza, nella stessa maniera in cui è indispensabile il battesimo per essere rigenerati: ‘Il sacramento della Penitenza è assolutamente necessario alla
salvezza per tutti coloro che hanno peccato gravemente
dopo il Battesimo. - E’ di fede’.4 Ciò significa che se per
esempio un Cattolico muore senz’avere confessato i
suoi cosiddetti peccati mortali al prete, viene dichiarato
essere andato all’inferno.
Per la chiesa romana quindi la confessione è un sacramento molto importante e per coloro che non
l’accettano c’è il seguente anatema del concilio di Trento: ‘Se qualcuno dirà che nella chiesa cattolica la penitenza non è un vero e proprio sacramento istituito dal
signore nostro Gesù Cristo, per riconciliare i fedeli con
Dio, ogni volta che cadono nei peccati dopo il battesimo, sia anatema’.5
Confutazione
La Scrittura non conferma la confessione fatta al prete
Ora, i teologi papisti asseriscono che i preti hanno ricevuto il potere di rimettere i peccati da Cristo perché é
scritto che Gesù ha detto agli apostoli: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno
ritenuti”!6 Ma stanno le cose proprio così? Affatto. Innanzi tutto dobbiamo dire che se Cristo con quelle parole avesse istituito questo sacramento della confessione
così come lo possiede la chiesa cattolica romana dovrebbero esserci a tale proposito delle conferme ben
precise sia negli Atti degli apostoli che nelle epistole
degli apostoli tenendo presente anche il fatto che esso è
reputato indispensabile per conseguire la salvezza peruna bolla, valevole per 10 anni, con indulgenza plenaria per i
vivi e anche per i defunti.
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 175
4
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 311
5
Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 1
6
Giov. 20:23
I sacramenti
ché tramite esso vengono rimessi i peccati ‘mortali’
commessi dopo il battesimo. Ma dobbiamo dire che in
tutti questi scritti del Nuovo Testamento non c’è nessuna traccia di questo cosiddetto sacramento amministrato
dagli apostoli ai credenti. Difatti non una volta, dico
nemmeno una volta, si trova che gli apostoli richiesero
che i credenti si andassero a confessare da loro per ottenere la remissione dei loro peccati. Una chiara conferma
che gli apostoli non richiedevano ai credenti di andarsi a
confessare da loro per ottenere la remissione dei loro
peccati e quindi che essi non avevano quell’autorità di
riconciliare i credenti con Dio (che invece pretendono
avere i preti) l’abbiamo nel caso di Simone, negli Atti
degli apostoli. Luca dice che “Simone credette
anch’egli; ed essendo stato battezzato, stava sempre con
Filippo...”,1 quindi era diventato anche lui un credente.
Ma quando gli apostoli Pietro e Giovanni vennero a
Samaria a pregare per i credenti affinché ricevessero lo
Spirito Santo avvenne che egli “vedendo che per
l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo, offerse loro del danaro, dicendo: Date anche a
me questa potestà, che colui al quale io imponga le mani
riceva lo Spirito Santo”.2 Ecco dunque un credente che
dopo il battesimo cade in un peccato (secondo la teologia romana un peccato ‘mortale’ perché simonia3e quindi egli aveva l’obbligo di confessarsi agli apostoli per
ottenerne la remissione), quindi, dato che Pietro e Giovanni erano là, quello che ci si aspetterebbe è che essi
gli dicano di pentirsi e di venire a confessarsi da loro.
Ma non avviene nulla di tutto ciò perché Pietro gli dice:
“Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il
Signore affinché, se é possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore..”.4 Notate che Pietro in questo caso
disse a Simone (che aveva anch’egli creduto) di ravvedersi e di pregare il Signore affinché gli fosse perdonato
il suo peccato. L’apostolo non gli disse: ‘Ravvediti e poi
vieni a confessarti da noi, perché abbiamo il potere di
rimettere i peccati da parte di Dio’, ma gli disse di ravvedersi e di pregare direttamente il Signore affinché lui
gli perdonasse il suo peccato. Come potete vedere, da
questo episodio citato da Luca si apprende in maniera
inequivocabile che i credenti dopo il battesimo per ottenere la remissione dei loro falli dovevano confessarli
direttamente a Dio senza la mediazione di nessun uomo
sulla terra. Che la confessione dei peccati i credenti la
dovevano fare direttamente a Dio ai giorni degli apostoli
mentre loro erano in vita lo si deduce chiaramente anche
dall’epistola di Giovanni, uno degli apostoli a cui Gesù
disse: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”.5
Nella sua prima epistola egli afferma: “Se confessiamo i
nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.6 Ma a chi li dovevano confessare quei peccati? A Dio certamente, perché
1
Atti 8:13
Atti 8:18,19
3
Per simonia i Cattolici intendono il traffico di cose sacre a
scopo di lucro. Il simoniaco è colui che vende o compra ‘uffici
sacri’, ecc.
4
Atti 8:22
5
Giov. 20:23
6
1 Giov. 1:9
2
La chiesa cattolica romana
egli dice che se essi - quindi lui si includeva - li confessavano a Dio egli nella sua fedeltà e giustizia glieli avrebbe rimessi e li avrebbe purificati da ogni iniquità.
Non può essere altrimenti perché Giovanni sapeva che
Gesù aveva loro detto che quando pregavano dovevano
dire: “Padre nostro che sei nei cieli... rimettici i nostri
debiti”7 e quindi si dovevano rivolgere direttamente a
Dio. Più avanti Giovanni afferma: “Figliuoletti miei, io
vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se alcuno
ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre,
cioè Gesù Cristo, il giusto; ed egli è la propiziazione per
i nostri peccati...”:8 notate che egli non disse: ‘Se qualcuno ha peccato avete gli apostoli del Signore, o gli anziani delegati da loro a rimettere i peccati’; no, ma “noi
abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo”.
Questo significa che Giovanni credeva che quand’anche
un credente avesse peccato egli avrebbe trovato perdono
presso Dio Padre andando direttamente a lui nel nome
del suo Figliuolo.
Veniamo a Giacomo, il fratello del Signore: egli scrisse
una lettera alle dodici tribù della dispersione nella quale
disse le seguenti cose: “Donde vengon le guerre e le
contese fra voi? Non è egli da questo: cioè dalle vostre
voluttà che guerreggiano nelle vostre membra? Voi
bramate e non avete; voi uccidete ed invidiate e non potete ottenere; voi contendete e guerreggiate... O gente
adultera, non sapete voi che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuol essere amico del
mondo si rende nemico di Dio....”.9 Ora, secondo la teologia romana quei credenti dopo il battesimo s’erano
resi colpevoli di peccati ‘mortali’, uccidevano, invidiavano, erano diventati amici del mondo e nemici di Dio.
Ci si aspetterebbe dunque che Giacomo dicesse loro di
andarsi a confessare dagli apostoli o dagli anziani della
Chiesa. Ma ancora una volta di questa confessione non
c’è il minimo accenno, infatti l’apostolo scrive subito
dopo: “Appressatevi a Dio, ed Egli si appresserà a voi.
Nettate le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri
cuori, o doppi d’animo! Siate afflitti e fate cordoglio e
piangete! Sia il vostro riso convertito in lutto, e la vostra
allegrezza in mestizia! Umiliatevi nel cospetto del Signore, ed Egli vi innalzerà”.10 Ecco ancora una volta
una esortazione a rivolgersi direttamente a Dio, ad andare a confessare i propri peccati a Dio direttamente e non
a un ministro di Dio.
Tutti questi esempi appena visti attestano in maniera
chiara che Cristo non diede agli apostoli la potestà di
rimettere i peccati agli uomini, infatti essi non richiesero
mai che i credenti caduti nel peccato si andassero a confessare da loro. Anche allora i credenti quando peccavano erano esortati a confessare i loro peccati a Dio per
ottenerne la remissione. D’altronde c’erano anche le
Scritture dell’Antico Patto che confermavano loro che
questa confessione essi la dovevano fare a Dio e non a
degli uomini, quantunque uomini santi che erano stati
con Gesù. Citiamo per esempio queste eloquenti parole
di Davide: “Io t’ho dichiarato il mio peccato, non ho
7
Matt. 6:9,12
1 Giov. 2:1,2
9
Giac. 4:1,2,4
10
Giac. 4:8-10
8
49
I sacramenti
coperta la mia iniquità. Io ho detto: Confesserò le mie
trasgressioni all’Eterno; e tu hai perdonato l’iniquità del
mio peccato”.1 Non erano anche per loro una chiara
prova che essi dovevano confessarsi a Dio solo? Ma
domandiamoci: ‘Ma non sarebbero stati confusi gli stessi apostoli se avessero ordinato ai credenti di andare a
dichiarare i loro peccati a loro e non direttamente a Dio,
quando le Scritture dell’Antico Patto ordinavano di andare a confessarsi a Dio direttamente. Ma come avrebbero potuto gli apostoli affermare di avere il potere di
rimettere i peccati che i credenti commettevano contro
Dio senza essere ripresi per la loro arroganza?
Infine, per confermare ulteriormente che la confessione
delle proprie iniquità, secondo la Scrittura, va fatta a
Dio e non a dei presunti intermediari quali i preti cattolici, citiamo due confessioni trascritte nell’Antico Testamento, quella di Esdra e quella di Daniele.
Nel libro di Esdra è scritto: “E al momento
dell’oblazione della sera, m’alzai dalla mia umiliazione,
colle vesti e col mantello stracciati; caddi in ginocchio;
stesi le mani verso l’Eterno, il mio Dio, e dissi: ‘O mio
Dio, io son confuso; e mi vergogno, o mio Dio, d’alzare
a te la mia faccia; poiché le nostre iniquità si son moltiplicate fino al di sopra del nostro capo, e la nostra colpa
è sì grande che arriva al cielo. Dal tempo de’ nostri padri fino al dì d’oggi siamo stati grandemente colpevoli...”.2
Nel libro di Daniele è scritto: “E feci la mia preghiera e
la mia confessione all’Eterno, al mio Dio, dicendo: ‘O
Signore, Dio grande e tremendo, che mantieni il patto e
continui la benignità a quelli che t’amano e osservano i
tuoi comandamenti! Noi abbiamo peccato, ci siam condotti iniquamente, abbiamo operato malvagiamente, ci
siamo ribellati, e ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue prescrizioni, non abbiam dato ascolto ai profeti, tuoi servi, che hanno parlato in tuo nome ai
nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri, e a tutto il popolo
del paese...”.3
Ecco dunque dei membri del popolo di Dio sotto
l’Antico Patto che si confessarono direttamente a Dio
per ottenere il suo perdono. Per riassumere: nella Scrittura non c’è la benché minima menzione di una confessione da farsi ad un sacerdote per ottenere il perdono dei
peccati; non c’è nell’Antico Patto e non c’è neppure nel
Nuovo Patto perché gli apostoli nelle loro epistole non
ne parlano.
Forse qualcuno penserà che gli apostoli in virtù di quelle parole che Gesù disse loro cioè: “A chi rimetterete i
peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti”,4 richiedessero che i peccatori andassero da loro a
dichiarare i loro peccati per ottenere la remissione di
essi. Ma anche qui si deve dire che di una simile confessione non esiste la benché minima traccia nella Scrittura. Perché questo? Perché gli apostoli avevano ricevuto
l’ordine di predicare la remissione dei peccati secondo
che aveva loro detto Gesù: “Così è scritto, che il Cristo
soffrirebbe, e risusciterebbe dai morti il terzo giorno, e
1
Sal. 32:5
Esd. 9:5-7
3
Dan. 9:4-6
4
Giov. 20:23
2
50
La chiesa cattolica romana
che nel suo nome si predicherebbe ravvedimento e remission dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme”5 e non la potestà di assolvere i peccatori
penitenti perché questa la possiede solo Dio, il giusto
Giudice. Questo é confermato dai seguenti episodi trascritti nel libro degli Atti degli apostoli.
- A Gerusalemme il giorno della Pentecoste, quando i
Giudei che udirono la predicazione di Pietro, dissero a
Pietro e agli altri apostoli: “Fratelli, che dobbiam fare?”,6 Pietro rispose loro dicendo: “Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per
la remission de’ vostri peccati...”.7 Notate che cosa Pietro disse di fare a quei Giudei per ottenere la remissione
dei loro peccati; egli disse loro di ravvedersi e di farsi
battezzare. Pietro assieme agli altri apostoli non dissero
loro: ‘Venite a confessarvi da noi e noi vi rimetteremo i
vostri peccati perché abbiamo ricevuto da Cristo il potere di farlo’. Questa é una chiara dimostrazione di come
gli apostoli non intesero malamente le parole del Signore Gesù come invece hanno fatto i teologi cattolici romani.
- A casa di Cornelio, Pietro predicò la remissione dei
peccati nel nome di Cristo infatti disse: “Di lui attestano
tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.8 Anche in questo caso Pietro non pretese che Cornelio ed i suoi andassero da lui a confessargli i loro peccati appunto perché
l’apostolo non aveva il potere di rimettere a nessuno i
peccati da parte di Dio ma quello di predicare la remissione dei peccati il che è differente.
- Sempre a casa di Cornelio, Pietro disse: “Ed egli ci ha
comandato di predicare al popolo e di testimoniare
ch’egli è quello che da Dio è stato costituito Giudice dei
vivi e dei morti”;9 quindi è Cristo, essendo il Giudice di
tutti, ad avere il potere di assolvere e non degli uomini
costituiti da lui. I peccatori quindi per ottenere misericordia da Dio devono confessare le loro iniquità a Cristo
che è il Giudice che può assolvere o condannare (e non
a degli uomini). Gesù stesso ha confermato che il peccatore per essere assolto è sufficiente che si confessi direttamente a Dio quando disse in una parabola che un pubblicano, salito al tempio per pregare, “non ardiva neppure alzar gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo:
O Dio, sii placato verso me peccatore!”;10 questo pubblicano non andò a confessarsi dai sacerdoti che erano
nel tempio ma direttamente da Dio, ed ottenne la remissione dei suoi peccati secondo che Gesù disse: “Io vi
dico che questi scese a casa sua giustificato”.11
- Quando gli apostoli comparvero davanti al Sinedrio,
Pietro e gli altri dissero: “L’Iddio de’ nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi uccideste appendendolo al legno. Esso ha Iddio esaltato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Isra-
5
Luca 24:46,47
Atti 2:37
7
Atti 2:38
8
Atti 10:43
9
Atti 10:42
10
Luca 18:13
11
Luca 18:14
6
I sacramenti
ele, e remission dei peccati”.1 Anche in questo caso gli
apostoli non si attribuirono affatto il potere di rimettere i
peccati agli uomini perché fecero capire chiaramente
con le loro parole che è Dio colui che dà la remissione
dei peccati come anche il ravvedimento. Ora, noi sappiamo che il ravvedimento è Dio a darlo agli uomini
perché è scritto che quelli della circoncisione dopo che
Pietro raccontò loro come Dio lo aveva mandato dai
Gentili a predicare il Vangelo e come essi avevano ricevuto lo Spirito Santo, dissero: “Iddio dunque ha dato il
ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita”;2
quindi come gli apostoli non avevano il potere di dare il
ravvedimento a nessuno, ma solo l’ordine di predicare il
ravvedimento a tutti, così essi non avevano neppure il
potere di dare la remissione dei peccati a nessuno perché quella la dava direttamente Dio al peccatore penitente; essi anche in questo caso avevano l’ordine di predicare la remissione dei peccati.3
Come potete vedere gli apostoli non confessavano i
peccatori ma li esortavano a ravvedersi e a credere in
Gesù Cristo per ottenere la remissione dei loro peccati;
a lui dovevano confessare i loro peccati e non a loro. La
penitenza cattolica romana che l’uomo deve fare al sacerdote quindi non ha nessun passo scritturale che la sostenga. E questo lo ha riconosciuto pure Bartmann che
ha detto che nella Scrittura ‘non si trova alcun passo in
cui si esiga esplicitamente che il peccatore confessi i
suoi peccati gravi a un sacerdote per ottenerne il perdono’.4 Ma allora, qualcuno dirà, come mai dinanzi
all’evidenza i teologi difendono il dogma della penitenza? La ragione è perché devono compiacere al papa in
ogni cosa e non possono permettersi di dissentire da lui
se non vogliono incorrere in qualche provvedimento disciplinare. Nella chiesa romana funziona così: il papa
detta la legge e i teologi devono ubbidirgli anche se la
sua legge contrasta la verità e non può quindi essere sostenuta con la Parola di Dio.
Per concludere, tutte le suddette Scritture da noi citate
confermano che la confessione dei propri peccati
l’uomo, sia il peccatore che vuole essere salvato, che il
credente che è già salvato, la deve fare al Signore affinché i suoi peccati gli vengano rimessi perché solo Dio
ha il potere di perdonare i peccati all’uomo secondo che
é scritto nei Salmi: “Egli è quel che ti perdona tutte le
tue iniquità”.5
Spiegazione dei passi presi per sostenere il sacramento
della penitenza
Innanzi tutto vogliamo spiegare le parole di Gesù: “A
chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti”.6 Noi abbiamo il potere di rimettere
i peccati a tutti coloro che peccano contro di noi infatti
1
Atti 5:30,31
Atti 11:18
3
Cfr. Luca 24:47 per comprendere che gli apostoli avevano
ricevuto l’ordine di predicare il ravvedimento e la remissione
dei peccati.
4
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 282
5
Sal. 103:3
6
Giov. 20:23
2
La chiesa cattolica romana
nella preghiera che Gesù insegnò ai suoi discepoli vi
sono queste parole: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori”.7 Come
potete vedere noi possiamo rimettere i debiti ai nostri
debitori, cioè a quelli che sono in debito verso noi. Ma
noi non abbiamo il potere di rimettere i debiti che un
uomo ha nei confronti di Dio, perché quello ce lo ha solo Dio.8 Pure gli scribi lo sapevano questo infatti quando
sentirono che Gesù disse a quel paralitico: “Figliuolo,
sta’ di buon animo, i tuoi peccati ti sono rimessi”,9 dissero: “Perché parla costui in questa maniera? Egli bestemmia! Chi può rimettere i peccati, se non un solo,
cioè Dio?”.10 Essi però non riconoscendo in Gesù Cristo
l’Iddio d’Israele, sbagliarono nell’affermare che egli bestemmiava. Ma Gesù dimostrò loro di avere il potere di
rimettere i peccati, e perciò di essere Dio, dicendo al
paralitico di alzarsi, di prendere il suo lettuccio e di andarsene a casa sua.11 I suoi discepoli però, quantunque
lo videro e lo sentirono rimettere i peccati agli uomini,
dopo che lui fu assunto in cielo non se ne andarono in
giro a farsi confessare i peccati dai peccatori ed a rimetterglieli, e neppure a farsi confessare i peccati dai credenti per rimetterglieli, e questo perché non avevano
inteso le parole che Gesù aveva loro rivolto nella maniera errata in cui hanno inteso alcuni in seguito. Abbiamo
infatti dimostrato poco fa come non ci sono esempi o
passi nel Nuovo Testamento che attestino una simile
procedura.
La confessione auricolare fatta al prete è chiamata anche
il sacramento della riconciliazione perché secondo il catechismo cattolico il prete mediante la sua assoluzione
riconcilia l’uomo con Dio. Ma questa affermazione è
falsa perché l’uomo può riconciliarsi con Dio direttamente mediante Cristo Gesù senza il bisogno di nessun
mediatore terreno. I teologi papisti per sostenere che i
preti hanno in loro la parola della riconciliazione per
riconciliare gli uomini con Dio come l’avevano prima di
loro gli apostoli prendono le seguenti parole di Paolo ai
Corinzi: “Iddio... ha posta in noi la parola della riconciliazione”;12 ma noi facciamo notare che questa parola
della riconciliazione che avevano gli apostoli non si riferisce affatto alla formula assolutoria dei preti: ‘Io ti
assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo’, che essi rivolgono ai confessanti dopo avere udito la loro confessione, perché gli
apostoli non confessavano e non assolvevano né i peccatori e neppure i credenti quando essi si rendevano
colpevoli ma li esortavano a ravvedersi e a fare pace con
Dio. L’apostolo Paolo spiega in che consisteva questa
7
Matt. 6:12
D’altronde, se l’uomo ha contratto dei debiti con il Creatore,
perché ha infranto la sua legge, è naturale e logico che egli
debba andare direttamente da Lui a chiederne la remissione
perché solo Lui glieli può rimettere. Come potrebbe una sua
creatura, quantunque sia diventata in Cristo un suo figliuolo e
magari anche un ministro del Vangelo, avere la potestà di rimettere ad un altra creatura quei suoi debiti che egli ha nei
confronti del suo Creatore?
9
Matt. 9:2
10
Mar. 2:7
11
Cfr. Mar. 2:9-12
12
2 Cor. 5:19
8
51
I sacramenti
parola della riconciliazione quando dice: “Noi dunque
facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di
Cristo: Siate riconciliati con Dio”.1 Gli apostoli quindi
non obbligavano gli uomini a confessarsi a loro, come
fanno i preti, ma li esortavano a riconciliarsi con Dio, il
che è tutt’altra cosa! Loro facevano la loro ambasciata;
mentre Colui che li aveva mandati assolveva coloro che
accettavano le loro parole. Ma non è forse questa una
ulteriore prova che la confessione auricolare al prete
non ha fondamento scritturale e che per sostenerla i teologi cattolici romani fanno ricorso ad arbitrarie interpretazioni scritturali?
Veniamo ora agli altri passi del Nuovo Patto che a dire
dei teologi cattolici romani confermano la confessione
al prete; quello di Marco che dice: “Ed erano da lui battezzati nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”;2
quello scritto negli Atti degli apostoli che dice: “E molti
di coloro che aveano creduto, venivano a confessare e a
dichiarare le cose che aveano fatte”;3 quello di Giacomo
che dice: “Confessate dunque i falli gli uni agli altri”;4 e
quello che dice che dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro
Gesù disse: “Scioglietelo, e lasciatelo andare”.5 Ora, ma
noi domandiamo ai teologi papisti: ‘Ma dov’è qui la
confessione fatta all’uomo per ricevere l’assoluzione?
Noi non la vediamo. Ma non la vediamo non perché abbiamo gli occhi chiusi, ma perché essa non c’è.
Vediamo quindi ora di dimostrare come i suddetti passi
non hanno nulla a che fare con la confessione al prete.
Nel caso del battesimo di Giovanni gli uomini si pentivano dei loro peccati e li confessavano a Dio e non a
Giovanni. E poi, per rispondere come si conviene ai teologi papisti, diciamo anche che Giovanni non era un apostolo, e quella confessione quei Giudei la fecero prima di essere battezzati (mentre la confessione cattolica
si deve fare dopo il battesimo), ed ancora prima che Gesù dicesse ai suoi discepoli; “A chi rimetterete i peccati,
saranno rimessi”,6 e la fecero pubblicamente e non privatamente come invece viene fatta la confessione al prete; tutte cose queste che annullano nella maniera più evidente la loro stessa interpretazione data a questo passo.
Nel caso di quei credenti che ad Efeso confessarono le
cose che avevano fatte essi non le vennero a confessare
agli apostoli per ottenere la remissione dei loro peccati,
perché dato che avevano già creduto avevano già ottenuto la remissione di tutti i loro peccati mediante il nome di Gesù Cristo secondo che è scritto: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.7 Essi vennero per raccontare le cose malvagie che avevano fatte
prima di credere nel Signore, per fare comprendere
quanta misericordia Dio aveva usata verso di loro per-
La chiesa cattolica romana
donandogli tutti quei loro peccati. Questo è quello che
ancora oggi viene fatto in mezzo a noi da coloro che
hanno creduto. Come potete vedere in questi suddetti
passi non v’è la minima prova in favore della confessione privata fatta al prete e della sua obbligatorietà.
Per ciò che concerne le parole di Giacomo: “Confessate
dunque i falli gli uni agli altri”,8 esse sono in perfetta
armonia con gli insegnamenti del nostro Signore, e non
sono per nulla a favore della confessione al prete come
invece sostengono molti teologi cattolici romani (non
tutti perché c’è qualcuno che ha capito che le parole di
Giacomo non si riferiscono alla confessione al prete), e
questo perché Giacomo non ha detto ai fedeli di andarsi
a confessare ad una casta sacerdotale per ottenere
l’assoluzione divina; ma ha detto loro di confessare a
vicenda i loro propri peccati infatti dice “gli uni agli altri”. Le parole di Giacomo sono in armonia con le seguenti parole di Gesù: “Badate a voi stessi! Se il tuo fratello pecca, riprendilo; e se si pente, perdonagli. E se ha
peccato contro te sette volte al giorno, e sette volte torna
a te e ti dice: Mi pento, perdonagli”;9 quindi é giusto che
un fratello che pecca contro un altro fratello vada a confessare il proprio fallo al fratello a cui ha fatto torto
chiedendogli il perdono perché questo ha fondamento
scritturale. E’ giusto pure, secondo le parole di Giacomo, nel cospetto di altri fedeli riconoscere i propri falli
per umiliarsi nel cospetto di Dio e davanti agli stessi fedeli. Infine occorre dire che talvolta un credente che
vuole ricevere una parola di consolazione o di incoraggiamento dal proprio pastore può andargli a confessare
un suo peccato; ma questo, lo ribadiamo, egli non lo fa
perché pensa che il pastore ha il potere di assolverlo da
parte di Dio, ma solo per aprire il suo cuore nel cospetto
di un fratello maturo dal punto di vista spirituale che
può dargli dei retti consigli e pregare assieme a lui.
Ed infine veniamo alle parole che Gesù rivolse ai Giudei dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro avendo i piedi e
le mani legati da fasce e il viso coperto d’uno asciugatoio. Secondo i teologi papisti dopo che gli uomini risorgono dalla morte spirituale mediante il battesimo
hanno bisogno di essere sciolti e slegati dai peccati che
commettono. E questa potestà di sciogliere i loro peccati
la possiede il prete in virtù delle parole che Gesù rivolse
ai suoi discepoli: “Tutte le cose che avrete sciolte sulla
terra, saranno sciolte nel cielo..”!10 Ci limitiamo a dire
che in quelle parole di Gesù noi non vediamo affatto il
potere che hanno i sacerdoti cattolici di assolvere i peccatori dai loro peccati. Vederci la loro confessione sarebbe come vedere il papato nelle parole di Gesù a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia
Chiesa..”.11 L’interpretazione che i teologi papisti danno
a quel passo per sostenere il potere di rimettere i peccati
che hanno i sacerdoti è falsa perché Colui che ha il potere di rimettere i peccati a coloro che sono risuscitati con
Cristo è solo Dio.
1
2 Cor. 5:20
Mar. 1:5
3
Atti 19:18
4
Giac. 5:16
5
Giov. 11:44
6
Giov. 20:23
7
Atti 10:43
2
52
8
Giac. 5:16
Luca 17:3,4
10
Matt. 18:18
11
Matt. 16:18
9
I sacramenti
La chiesa cattolica romana
La confessione della specie, del numero e delle circostanze dei peccati è inutile
Noi ci siamo confessati a Dio ottenendo il perdono dei
peccati
Secondo la Scrittura per ottenere la remissione dei peccati da Dio non è affatto necessario specificare a Dio la
specie, il numero e le circostanze dei peccati e di questo
ne abbiamo una conferma nell’invocazione che il pubblicano fece nel tempio a Dio; egli disse solo: “O Dio,
sii placato verso me peccatore”;1 e Dio lo perdonò perché egli scese a casa sua giustificato.
Anche la parabola del figliuol prodigo conferma che la
confessione a Dio non ha bisogno della specificazione
della specie, del numero esatto o approssimativo di essi,
e delle circostanze dei peccati: il figliuol prodigo quando tornò dal padre gli disse: “Padre, ho peccato contro il
cielo e contro te; non son più degno d’esser chiamato
tuo figliuolo”,2 e il padre lo perdonò perché disse ai suoi
servitori di rivestirlo con la veste più bella, di mettergli
un anello al dito, di calzarlo e di menare fuori il vitello
ingrassato e di ammazzarlo per mangiarlo. Nessuna confessione della specie e del numero e delle circostanze
dei suoi peccati fu richiesta dal padre; eppure quel giovane aveva vissuto per molto tempo dissolutamente, aveva speso la sua sostanza con le meretrici, e ne aveva
di peccati e di particolari da raccontare. Non ci fu bisogno di manifestarli; così anche il peccatore che si accosta a Dio non ha bisogno di confessare a Dio tutte le circostanze di ogni suo peccato, perché Dio non glielo richiede. Che egli lasci i suoi iniqui pensieri, che egli creda con il suo cuore nel Vangelo; e allora egli otterrà misericordia da Dio il quale gli cancellerà tutti i suoi peccati e non si ricorderà più di essi!
Nel Vangelo troviamo anche che Gesù rimise i peccati a
dei peccatori senza che loro gli avessero fatto la lista di
tutti i peccati che avevano commesso e le circostanze
che li riguardavano, anzi, senza neppure che essi glieli
avessero confessati. Alla donna colta in adulterio che i
Farisei gli avevano menata Gesù disse: “Neppure io ti
condanno; và e non peccar più”;3 alla donna peccatrice
che era in casa del Fariseo di nome Simone egli disse: “I
tuoi peccati ti sono rimessi”,4 perché questa si umiliò
davanti al Signore anche piangendo; all’uomo paralitico
che gli portarono gli disse: “O uomo, i tuoi peccati ti
sono rimessi”5 senza che questo gli enumerasse tutti i
suoi peccati e tutte le circostanze che li accompagnavano.
Infine Gesù ci ha detto, a noi suoi discepoli, di dire al
Padre: “Rimettici i nostri debiti”,6 senza specificare uno
per uno i peccati e tutte le cose che concernono i nostri
peccati, perché quello che Dio richiede da noi è che noi
ci pentiamo sinceramente davanti a lui e gli chiediamo
perdono.
Davide, quando il profeta Nathan andò da lui per riprenderlo e annunziargli la punizione di Dio contro di
lui, disse a Nathan: “Ho peccato contro l’Eterno”,7 ma
non gli confessò di avere peccato per essere da lui perdonato, ma perché riconobbe di avere fatto ciò che é
male agli occhi di Dio. Davide fece la confessione delle
sue iniquità a Dio, infatti leggiamo nel cinquantunesimo
salmo che egli invocò Dio dicendogli: “Abbi pietà di
me, o Dio, secondo la tua benignità; secondo la moltitudine delle tue compassioni, cancella i miei misfatti. Lavami del tutto della mia iniquità e nettami del mio peccato! Poiché io conosco i miei misfatti, e il mio peccato
é del continuo davanti a me. Io ho peccato contro te,
contro te solo, e ho fatto ciò ch’é male agli occhi tuoi; lo
confesso, affinché tu sia riconosciuto giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi”.8 Davide fu esaudito
da Dio infatti Nathan gli disse: “E l’Eterno ha perdonato
il tuo peccato; tu non morrai”,9 ma badate che non fu
Nathan il profeta a rimettergli il suo peccato usando
qualche formula ma fu Dio. Il profeta disse a Davide la
parola che egli aveva ricevuto da Dio. Anche noi un
giorno, come Davide, abbiamo confessato le nostre iniquità a Dio, e lui, nella sua fedeltà, ci ha perdonati purificandoci la nostra coscienza da tutte quelle opere morte
di cui essa era contaminata. Questo lo diciamo per esperienza diretta; non ci fu bisogno di qualche mediatore
terreno per ottenere la remissione dei nostri peccati,
perché la ottenemmo direttamente da Dio mediante il
Signore nostro Gesù Cristo che siede alla sua destra.
Coloro che invece vanno a confessare i loro peccati al
prete, reputato da loro colui che fa il tramite tra Dio e
loro, ricevono sì l’assoluzione che, secondo il catechismo cattolico ‘è la sentenza con cui il sacerdote, in nome di Gesù Cristo, rimette i peccati al penitente (dicendo: Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e
del Figliuolo e dello Spirito Santo, Così sia)’,10 ma sta
di fatto che i loro peccati non spariscono mai dalla loro
coscienza; perché? Perché essi non li confessano a Dio
ma ad un uomo che non può fare nulla per toglierglieli.
Se molti Cattolici romani che osservano queste pratiche
religiose nella loro ignoranza ma anche con sincerità
d’animo mostrassero in Dio la stessa fiducia che mostrano nei preti allora sì che otterrebbero la remissione
dei loro peccati e nuova vita dal Signore, e uscirebbero
da questa organizzazione per unirsi ai riscattati, ma purtroppo essi, accecati da questa religione, vanno a confessarsi a chi non può fare nulla per loro.
O uomini e donne che giacete nelle tenebre e che venite
guidati da gente che cammina nelle tenebre, rientrate in
voi stessi, accostatevi al Signore confessandogli i vostri
peccati e lui si avvicinerà a voi e vi purificherà la vostra
coscienza dalle opere morte mediante il sangue
dell’Agnello. Allora sì che sarete giustificati dalle vostre
1
Luca 18:13
Luca 15:21
3
Giov. 8:11
4
Luca 7:48
5
Luca 5:20
6
Matt. 6:12
2
7
2 Sam. 12:13
Sal. 51:1-4
9
2 Sam. 12:13
10
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 541
8
53
I sacramenti
iniquità, e otterrete pace con Dio; allora sì che non vi
sentirete più spinti ad andare a confessarvi dal prete!
La via per ottenere il perdono dei peccati da Dio sia per
gli increduli che per i credenti
Come abbiamo potuto vedere quantunque venga detto
che il sacramento della penitenza è di istituzione divina,
pure l’uomo che lo riceve non potrà mai essere sicuro di
essere perdonato, lavato appieno dai suoi peccati, e perciò non potrà giammai essere sicuro di andare in paradiso alla sua morte. Che religione vana è quella cattolica;
dice ai suoi seguaci, credi queste verità rivelate da Dio e
fai tutte queste cose che ti sono ordinate perché esse sono prescritte da Dio per il perdono dei tuoi peccati, e poi
lancia l’anatema contro chi, dopo avergli ubbidito, ostenterà certezza di remissione dei suoi peccati, e ardirà
dire di essere sicuro di essere salvato!! Non dovrebbe
farvi seriamente riflettere o Cattolici romani tutto questo
sull’opportunità di continuare ad andare a confessarvi
dal prete e di appoggiarvi sulle opere di penitenza e sulle indulgenze? Ma quando è che rientrerete in voi stessi
e capirete che questa via prescrittavi dai vostri preti per
farvi riconciliare con Dio è vana perché non vi assicura
la certezza assoluta del perdono di tutti i vostri peccati
con la relativa certezza di andare in paradiso subito dopo morti, ma vi continua a lasciare nel buio più cupo?
La via per ottenere il perdono prescritta da Dio in Cristo
Gesù è questa. Per i peccatori è sufficiente che si ravvedono e credano nel nome di Cristo. Gesù prima di morire disse: “E’ compiuto”;1 quindi il prezzo del riscatto è
stato da lui pagato appieno; al peccatore non rimane
quindi nessuna opera di penitenza da fare per ottenere la
remissione dei suoi peccati. Gli rimane solo di ravvedersi e di credere nel sacrificio di Cristo; questo è quello
che gli rimane di fare. Egli non deve fare la Via Crucis,
o visite a basiliche in giorni stabiliti, egli non deve recitare il rosario, egli non deve salire in ginocchio la cosiddetta scala santa di Roma, o fare qualche altra cosiddetta opera di penitenza perché codeste cose non giovano a nulla; servono solo a fargli perdere tempo e denaro!
La pena per i nostri peccati l’ha scontata Cristo Gesù
sulla croce del Calvario quando morì carico delle nostre
iniquità perciò l’uomo se vuole ricevere il perdono dei
suoi peccati deve soltanto chiederlo a Dio con un cuore
rotto e lo otterrà. Come fece quel pubblicano nel tempio
che si batteva il petto e diceva: “O Dio, sii placato verso
me peccatore!”2 e scese a casa sua giustificato. Quindi il
perdono dei peccati è gratuito, totalmente gratuito in ragione della sovrabbondante grazia di Dio secondo che é
scritto: “Tutti hanno peccato e son privi della gloria di
Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia,
mediante la redenzione che è in Cristo Gesù; il quale
Iddio ha prestabilito come propiziazione mediante la
fede nel sangue d’esso, per dimostrare la sua giustizia,
avendo Egli usato tolleranza verso i peccati commessi in
passato..”.3 Non c’é niente da pagare perché non c’é
niente da guadagnarsi; non c’é niente che si possa meri1
Giov. 19:30
Luca 18:13
3
Rom. 3:23-25
2
54
La chiesa cattolica romana
tare perché altrimenti “grazia non é più grazia”.4 Ma la
chiesa romana con la questione sulle penitenze e sulle
indulgenze riesce a fare credere alle persone che i propri
peccati possano essere espiati facendo delle opere; questo è grave perché così le persone credono che il sacrificio espiatorio di Cristo non sia sufficiente per ottenere
la remissione dei propri peccati. Ah! Hanno annullato la
grazia di Dio, hanno calpestato i meriti di Cristo; e perciò il Vangelo non è più la buona novella della pace in
cui basta credere per essere riconciliati con Dio, ma un
messaggio privato del suo potere salvifico, perché per
ottenere la remissione dei peccati non è più sufficiente
credere in esso, ma bisogna fare tante e tante cose; bisogna seguire insomma la via delle opere e non quella della fede.
Anche per coloro che invece sono stati già perdonati, se
cadono in qualche fallo, è sufficiente che li confessino
direttamente a Dio. Questo perché Cristo mediante la
sua morte ha espiato già tutti i nostri peccati. Il prezzo
lo ha già pagato appieno lui.
Adesso vogliamo citare alcune Scritture che attestano
che il sacrificio di Cristo è perfetto e che non rimane
nulla da espiare, nulla da soddisfare per coloro che hanno creduto in Lui.
- Paolo dice ai Colossesi: “E voi, che eravate morti ne’
falli e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico,
Egli ha vivificati con lui, avendoci perdonato tutti i falli..”;5 ed ai Corinzi: “E tutto questo vien da Dio che ci
ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo”.6
- Lo scrittore agli Ebrei dice: “Noi siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una
volta per sempre”,7 ed anche: “Con un’unica offerta egli
ha per sempre resi perfetti quelli che son santificati”.8
Qualcuno dirà: Ma queste parole si riferiscono ai peccati
commessi prima di credere in Cristo che ci sono stati
rimessi mediante la sola fede in lui!’. E’ vero, ma rimane il fatto che è sempre in virtù del perdono acquistatoci
da Cristo sulla croce che i peccati commessi dopo la nostra conversione ci vengono rimessi senza compiere
nessuna soddisfazione sacramentale, ma solo confessandoli a Dio secondo che è scritto: “Se confessiamo
i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i
peccati e purificarci da ogni iniquità”.9 Al bando dunque
la penitenza della chiesa cattolica romana; al bando
dunque questa sua diavoleria, abilmente travestita da
sacramento di Cristo, che non fa altro che fare passare il
sacrificio di Cristo per inutile, per insufficiente. E poi
parlano di fede, e poi parlano di grazia; ma noi diciamo:
Ma dov’è la fede e la grazia in questa religione del fare,
in questa religione che dice in sostanza fai da te tutto il
possibile per salvarti e vedrai che Dio ti verrà incontro
perché sarà costretto e obbligato a perdonarti? Avete
compreso allora perché quando i teologi cattolici parlano di fede e di grazia, ne parlano sempre in maniera
molto complicata, ambigua, e distorta, facendo capire
4
Rom. 11:6
Col. 2:13
6
2 Cor. 5:18
7
Ebr. 10:10
8
Ebr. 10:14
9
1 Giov. 1:9
5
I sacramenti
che rimane sempre e ripeto sempre da fare qualcosa
all’uomo? Perché essi alla fin fine devono sempre fare
uscire da qualche parte le opere di penitenza, le indulgenze, ed il tesoro della Chiesa da cui appunto tira fuori
queste infami indulgenze. A proposito di questo tesoro:
avete notato che esso è formato oltre che dai meriti di
Cristo anche dai meriti di Maria e dei santi? Ma ditemi:
non è forse questa l’ulteriore prova che per loro i meriti
acquistati da Cristo a caro prezzo sulla croce non sono
sufficienti a salvarci? Non è abbastanza chiaro che per
loro le sofferenze di Cristo non sono per nulla sufficienti da sole a rimettere i peccati agli uomini con tutta la
loro pena eterna?
Diffidate dunque di tutti i discorsi sulla fede e sulla grazia e sui meriti di Cristo tenuti dai teologi papisti; perché dietro di essi si nasconde un altro Vangelo, non
quello della grazia. Essi predicano un altro Vangelo impotente a salvare; essi predicano una remissione dei
peccati vana e illusoria. Perciò l’anatema lanciato dal
santo apostolo Paolo: “Se alcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema”1 è
diretto pure contro loro.
Il Giubileo e la Via Crucis sono invenzioni umane
Quando ho parlato delle indulgenze ho accennato al
Giubileo e alla Via Crucis. E dato che di esse si sente
sovente parlare (soprattutto del Giubileo in questi tempi) voglio brevemente spiegare in che cosa consistono e
confutarle.
Il Giubileo cattolico romano, chiamato anche Anno Santo, è una solenne indulgenza plenaria che viene concessa dal papa. Esso fu inventato da Bonifacio VIII (12941303) nel 1300. Con una sua bolla decretò che ogni cento anni chi avesse visitato ‘la basilica di San Pietro e
quella di San Paolo in Roma’, e fosse in grazia, cioè assolto dai peccati, avrebbe guadagnato il condono di tutta
la pena che avrebbe dovuto soffrire in purgatorio per i
peccati commessi.2 Clemente VI (1342-1352) ridusse il
Giubileo ad ogni cinquanta anni, e così il secondo Giubileo fu celebrato nel 1350. Urbano VI (1378-1389) lo
ridusse ulteriormente a trentatré anni in memoria degli
anni che Gesù visse in terra. Infine Paolo II (1464-1471)
ordinò che il Giubileo si celebrasse ogni venticinque
anni e tale è rimasto da quel tempo l’intervallo di tempo
tra un Giubileo e l’altro. Secondo quello che dice
l’Enciclopedia Cattolica le condizioni solite ad apporsi
per l’acquisto del Giubileo ordinario sono la confessione, la comunione, la visita a determinati luoghi di culto
della chiesa cattolica e la recita di alcune preghiere. Dal
1950 non è più indispensabile venire a Roma per lucrare
questa indulgenza. Nel Dizionario storico del papato si
legge infatti che in quell’anno la costituzione apostolica
Par annum sacrum proclamò il carattere universale
dell’indulgenza giubilare per cui ‘non fu più indispensabile compiere il viaggio a Roma, essendo gli ordinari
autorizzati a designare in ciascuna città episcopale, per
1
Gal. 1:9
Durante quel primo giubileo indetto da Bonifacio VIII i cronisti dicono che il denaro veniva raccolto con i rastrelli tanto
era abbondante.
La chiesa cattolica romana
le visite prescritte, la cattedrale e due altre chiese od oratori in cui il culto si celebrava regolarmente’.3
Per quanto riguarda il Giubileo occorre dire che benché
nella legge di Mosè si parli di un giubileo ordinato da
Dio, quello cattolico non ha nulla a che fare con esso.
Ricordiamo in che cosa consisteva il giubileo giudaico.
Dio disse a Mosè: “Santificherete il cinquantesimo anno, e proclamerete l’affrancamento nel paese per tutti i
suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognun di voi tornerà nella sua proprietà, e ognun di voi tornerà nella sua
famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete quello che i campi
produrranno da sé, e non vendemmierete le vigne non
potate”.4 In quell’anno quindi, secondo la legge, chi a
motivo della sua povertà aveva negli anni precedenti
venduto una sua proprietà, ritornava in possesso della
sua proprietà; e parimente anche chi a motivo della povertà si era venduto come schiavo a uno dei suoi fratelli
in quell’anno tornavo libero. Questo giubileo era
l’ombra di ciò che doveva avvenire quando sarebbe venuto Cristo; perché come al giubileo lo schiavo tornava
in libertà così con la venuta di Cristo coloro che erano
venduti schiavi al peccato sarebbero stati affrancati dal
peccato mediante l’Evangelo della pace. Ma i papi che
sapevano come sfruttare le ombre della legge per arricchirsi, ecco che hanno preso il giubileo giudaico e ne
hanno fatto un giubileo che da un lato libera il Cattolico
da tutta la cosiddetta pena che deve scontare in purgatorio e dall’altro fa affluire nelle casse del papato ingentissime somme di denaro. Che inganno!
La devozione della Via Crucis fu inventata dai frati
Francescani nel quindicesimo secolo, e divenne d’uso
generale nel diciottesimo secolo quando i papi la permisero a tutte le chiese. La devozione consiste nel soffermarsi da soli o in processione davanti a quattordici quadri (chiamati stazioni e che sono appesi ai muri) uno
dopo l’altro recitando certe preghiere stabilite. Le quattordici stazioni rievocano degli eventi accaduti a Gesù
lungo la strada per il Calvario e la sua morte e sono così
divise: 1) Processo e condanna a morte; 2) Gesù prende
la croce; 3) Prima caduta; 4) Incontro con la Madre; 5)
Simone di Cirene; 6) Incontro con la Veronica; 7) Seconda caduta; 8) Incontro con le pie donne; 9) Terza caduta; 10) Gesù è spogliato; 11) Crocifissione; 12) Morte
di Gesù; 13) Deposizione dalla Croce; 14) Nel sepolcro.
A riguardo di questo ‘pio’ esercizio si legge nel libro
L’Aggiornamento delle Indulgenze: ‘Resta quindi valido
e vivamente raccomandato il pio esercizio della Via
Crucis. Fatto bene, produce frutti copiosi di fervore e di
santità. Esso rinnova la memoria delle sofferenze che
Cristo Signore ha sopportato, portando la Croce, lungo
la via che dal pretorio di Pilato porta al monte Calvario,
dove egli ha offerto la sua vita per la nostra redenzione.
(...) Due sole cose sono obbligatorie per il pio esercizio:
1) passare da una ‘stazione’ all’altra; 2) meditare o considerare la Passione del Signore. Tutto il resto è lasciato
alla pietà e devozione di ciascuno (...) L’aggiunta di
qualche preghiera vocale, benché non sia prescritta, viene quasi spontanea ed è molto utile per preparare e per
2
3
Dizionario storico del papato, Milano 1996, pag. 66
Lev. 25:10,11
4
55
I sacramenti
accompagnare la meditazione, in modo simile a quanto
si fa nel S. Rosario. Chi fa il pio esercizio della Via
Crucis può acquistare l’indulgenza plenaria. S’intende
che, come per ogni altra indulgenza plenaria, deve anche adempiere le tre condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice’1 E’ scritturale questa
devozione? Affatto, perché nella Scrittura non troviamo
in verun luogo che i discepoli erano dati ad una simile
pratica. E poi occorre dire che alcuni degli episodi rievocati in queste ‘stazioni’ che concernono la passione di
Gesù e che i Cattolici quindi hanno impressi nella loro
mente non sono scritti nella Parola di Dio e ci riferiamo
ai numeri 3, 4, 6, 7, 9.
La confessione fatta al prete è una scuola di perversione
Tutti coloro che dopo avere fatto i preti nella chiesa cattolica romana sono usciti da essa perché Dio ha dato loro il ravvedimento e la remissione dei peccati, attestano
in svariate maniere che la confessione è un pantano fangoso nel quale i preti si trastullano senza poterne uscire
fuori; ma anche che essa fomenta ogni sorta di malvagità e di impurità sia nella vita dei preti che nella vita di
coloro che vanno a confessarsi da loro, in special modo
nelle penitenti sia esse nubili che sposate.
Vediamo di esaminare le ragioni per cui la confessione
al prete è dannosa sia al prete che a coloro che vanno a
confessarsi da lui.
Il prete è celibe ed ha fatto il voto di castità prima di entrare nell’ordine sacerdotale; gli è stato detto che deve
mantenersi puro e immacolato e che non può sposarsi
perché la relazione carnale con una donna, quantunque
sia la propria moglie, non s’addice ad una persona santa
come è il sacerdote che fa da intermediario fra Dio e gli
uomini che sono sulla terra!
Ma che succede al prete una volta che egli si mette nel
confessionale? Succede che egli secondo quello che gli
viene ordinato dalla teologia romana deve domandare
alle donne delle cose di cui non si deve parlare secondo
che è scritto: “Ma come si conviene a dei santi, né fornicazione, né alcuna impurità, né avarizia, sia neppur
nominata fra voi....”,2 e per lui diventa impossibile mantenersi puro perché comincia a sentire tante cose turpi
che suscitano in lui le più violente passioni. Ma perché
egli deve fare loro tutte quelle domande impertinenti?
Perché gli è stato detto che per dare l’assoluzione egli
deve conoscere la specie, il numero e le circostanze dei
peccati commessi dalla penitente! E quali sono perciò le
funeste conseguenze di tutto ciò? Che i preti si abbandonano alla fornicazione e all’adulterio; fomentando
scandali nelle loro parrocchie. Il tempo verrebbe meno
se dovessimo parlare di tutti gli scandali che i preti, sotto la spinta della confessione, fomentano! Ci limitiamo
a dire che molte giovani e molte donne sposate che andavano a confessarsi dai preti hanno subito delle violenze carnali proprio in seguito alle domande perverse che
faceva loro il prete e a cui essi dovevano rispondere per
fare, come prescrive il catechismo romano, una buona e
1
Sessolo Giovanni, op. cit., pag. 49,50
Ef. 5:3
2
56
La chiesa cattolica romana
completa confessione. Ma qui è bene precisare che quello che succede ai preti succederebbe anche a qualsiasi
ministro del Vangelo sposato se cominciasse a sentirsi
dire da delle donne le stesse cose che sentono i preti dalle loro penitenti. Perché? Perché la carne è debole, e
all’udire certe cose viene eccitata a peccare. Sì, è vero
che ai preti viene ordinato di essere prudenti e di venire
incontro alle penitenti quando devono domandargli certe
cose; ma in questi casi la prudenza, non importa quanto
grande sia, non serve a nulla. Possiamo dire che queste
raccomandazioni ecclesiastiche date a questi schiavi
della chiesa romana possono essere paragonate alle raccomandazioni a non sporcarsi che una persona fa
all’altra dopo averla gettata in un pantano fangoso!
Inoltre che dire del grande imbarazzo nel quale si trovano le donne nel dover rispondere a certe domande del
prete? E’ naturale che sia così perché l’uomo o la donna
non gradisce affatto che gli vengano fatte certe domande. Ma esse si trovano ad un bivio: o rispondere e rivelare impurità ad un uomo celibe, o rifiutarsi di rispondere e venire così privati dell’assoluzione sacerdotale con
la certezza di andare all’inferno in caso di morte! Solitamente esse optano per la prima decisione e aprono il loro cuore a questi uomini corrotti che non aspettano altro
di entrare nel confessionale per pascersi di queste turpitudini che le loro penitenti gli vanno a dire! E ne mietono i frutti amari pure loro dopo; perché la loro confessione si rivela un peso gravoso e una grande vergogna
per loro. Una cosa veramente deprimente! Si contaminano loro stesse, e contaminano la mente ed il corpo del
loro interlocutore, che non essendo sposato comincia ad
ardere ancora maggiormente nel sentirle parlare e cade
in tentazione.
Ma la confessione fatta al prete è anche una forma di
spionaggio che la chiesa romana esercita sui suoi membri. In questa maniera il prete viene a conoscere i segreti
delle famiglie, perché con le sue domande riesce a sapere quello che molti non verrebbero mai a sapere su Tizio
o su Caio. E’ come se il prete fosse del continuo dietro
alla porta di casa a guardare dal buco della serratura;
come se sentisse tutto quello che i loro penitenti dicono
in casa loro per mezzo di microfoni spia, o come se vedesse tutto quello che fanno in privato per mezzo di una
telecamera accesa giorno e notte!
Ma il prete nel confessionale oltre a dovere fare la spia
per conto del Vaticano, deve pure dare dei suggerimenti
alle persone che vanno da lui a confessarsi per fare sì
che essi seguitino i precetti della chiesa romana senza
sviarsene né a destra e né a sinistra. E così suggerirà alle
giovani o ai giovani, in una maniera molto astuta e abile, di entrare negli ordini religiosi o in qualche istituto
religioso della chiesa romana; ad altri suggerirà di sposarsi Tizio al posto di Caio; ad altri ancora dirà di votare
quel politico anziché l’altro. Sì perché il confessionale è
anche un luogo dove i preti fanno politica, cioè la politica del papa; la politica che conviene al papato per continuare a governare incontrastato su centinaia di milioni
di persone.
Ed infine il confessionale serve alla curia romana per
tenere lontane le persone dalla verità; è risaputo infatti
che i preti, nei confessionali, mettono in guardia i loro
penitenti da coloro che hanno conosciuto la verità, cioè
I sacramenti
da noi. ‘Sono una setta’, dicono loro; ‘Guardatevi dal
frequentarli per non ritrovarvi all’inferno per l’eternità
con loro’, proseguono. E così i Cattolici romani vengono tenuti lontani dalla verità!
Ecco che cosa è la confessione al prete; non un sacramento ma un inganno camuffato da sacramento! O Cattolici romani uscite dalle segrete; uscite dal mezzo di
questa meretrice che si prostituisce coi popoli della terra; andate ai piedi del Signore e chiedetegli con un cuore rotto di perdonarvi e lui lo farà perché egli è pronto a
perdonare. Sappiate che non potrete mai trovare la pace
andandovi a confessare al prete; il riposo dell’anima è
lungi da coloro che vanno dal prete a confessarsi. Gesù
ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed
aggravati, e io vi darò riposo”;1 quindi è a lui che dovete
venire se volete trovare il vero riposo alle anime vostre
e a nessun altro. Chi ha orecchi da udire oda.
La chiesa cattolica romana
Colui che amministra questo loro sacramento è il sacerdote il quale unge in forma di croce, con l’olio benedetto dal vescovo (e quindi l’olio ha un certo potere), gli
organi dei sensi dell’infermo e dice: Per questa unzione
santa e per la sua pietosissima misericordia, il Signore ti
perdoni ogni colpa commessa con la vista, con l’udito,
ecc. Così sia’. Questo sacramento può essere ministrato
solo a persone gravemente malate ed in certi casi anche
a persone prive di sensi.
E per difendere questo sacramento il concilio di Trento
ha lanciato il seguente anatema contro chi non l’accetta:
‘Se qualcuno dirà che il rito e l’uso dell’estrema unzione, così come lo pratica la chiesa cattolica, è in contrasto con quanto afferma san Giacomo apostolo e che,
quindi, deve essere cambiato e che può essere tranquillamente disprezzato dai cristiani, sia anatema’.7
Confutazione
L’ESTREMA UNZIONE
La dottrina dei teologi papisti
L’estrema unzione è il sacramento per i malati gravi,
con esso il malato riceve piena remissione di tutti i suoi
peccati e viene guarito se questo rientra nel volere di
Dio. Lo amministra il sacerdote con l’olio santo.
‘L’Estrema Unzione è un vero e proprio sacramento istituito da Cristo. - E’ di fede’.2 Per quale motivo è stato
istituito da Cristo? I teologi papisti affermano che
‘l’Estrema Unzione, detta pure Olio santo, è il Sacramento istituito a sollievo spirituale e anche corporale
dei cristiani gravemente infermi’.3 Secondo loro infatti
mediante questo sacramento il malato che versa in gravi
condizioni di salute riceve le grazie necessarie al suo
stato, in modo particolare sollievo e conforto, la forza
per vincere le insidie e gli assalti del diavolo, remissione
completa di tutti i suoi peccati, la grazia di morire santamente e talora, se é nei disegni di Dio, anche la salute
del corpo. Citiamo le parole del Perardi a proposito degli effetti di questo loro sacramento: ‘L’Estrema Unzione accresce la grazia santificante; cancella i peccati
veniali e anche i mortali che l’infermo, attrito, non potesse confessare; dà forza per sopportare pazientemente
il male, resistere alla tentazione e morire santamente e
aiuta anche a recuperare la sanità, se è bene per
l’anima’4 E per sostenere questo sacramento e i suoi effetti i teologi papisti s’appoggiano sulle seguenti parole
di Marco: “E partiti, predicavano che la gente si ravvedesse; cacciavano molti demonî, ungevano d’olio molti
infermi e li guarivano”5 e su quelle di Giacomo: “C’é
qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel nome del
Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il
Signore lo ristabilirà; e s’egli ha commesso dei peccati,
gli saranno rimessi”.6
1
Matt. 11:28
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 328
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 551
4
Ibid., pag. 553
5
Mar. 6:12,13
6
Giac. 5:14,15
L’estrema unzione non corrisponde all’unzione dell’olio
di cui parla il Nuovo Testamento
Cominciamo col dire che noi non possiamo affermare
che l’unzione dell’olio sia un ordinamento istituito da
Cristo Gesù al pari del battesimo e della santa cena.
Certo, gli apostoli quando Cristo li mandò a predicare il
regno “ungevano d’olio molti infermi e li guarivano”,8
ma questo non ci porta a considerare l’unzione dell’olio
che facevano gli apostoli sugli infermi un ordinamento
istituito da Cristo durante la sua vita perché non ne abbiamo le prove. Vogliamo dire con questo che non c’è
scritto che Gesù comandò ai suoi apostoli di guarire gli
infermi ungendoli d’olio. Lui stesso non unse mai d’olio
nessun infermo per guarirlo, ma solo imponeva loro le
mani secondo che è scritto: “Egli li guariva, imponendo
le mani a ciascuno”.9 E talvolta non impose neppure le
mani sugli infermi per guarirli, come nel caso dei dieci
lebbrosi, e di altri malati. Ma quand’anche gli apostoli
unsero gli ammalati per ordine di Gesù, il che non possiamo escludere, l’unzione dell’olio fatta dagli apostoli
sugli infermi era fatta esclusivamente per la loro guarigione fisica e non per recargli qualche sollievo spirituale
o per la remissione dei loro peccati, o per sopportare pazientemente il male resistere alla tentazione e morire
santamente, mentre per il catechismo cattolico l’unzione
viene data principalmente per queste ultime ragioni, infatti la guarigione fisica è relegata all’ultimo posto negli
effetti di questo loro sacramento; e non solo questo, gli
apostoli non ungevano d’olio solo i malati molto gravi
che erano in pericolo di morte ma tutti gli infermi non
importa che malattia avessero, mentre ‘l’estrema unzione’ della chiesa cattolica romana viene data solo ai malati gravi, perché gli altri ne sono esclusi. Quindi non si
può per nulla dire che questo loro sacramento sia stato
istituito da Cristo Gesù in quell’occasione quando mandò i suoi apostoli a predicare e a guarire gli infermi. E
Bartmann in questo si mostra d’accordo e spiega che in
2
7
Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 3
Mar. 6:13
9
Luca 4:40
8
57
I sacramenti
quelle parole di Marco sopra citate dove si dice che gli
apostoli ungevano d’olio molti infermi e li guarivano ‘il
Concilio di Trento (....) ravvisa una insinuazione, non
l’istituzione del sacramento’; ma subito dopo dice ‘Senza dubbio Cristo l’ha istituito per lo meno durante i quaranta giorni precedenti l’Ascensione’.1 Noi invece diciamo che non si può fare risalire l’istituzione di questo
sacramento cattolico neppure a quei quaranta giorni,
perché esso non è per nulla in armonia con la dottrina di
Cristo e perciò non può essere proceduto da Cristo. Le
parole di questo teologo mostrano l’imbarazzo dinanzi
all’evidenza che Matteo, Marco, Luca e Giovanni, non
parlano dell’istituzione dell’estrema unzione da parte di
Cristo; ma dimostrano anche che egli, per l’ennesima
volta, non si è arreso dinanzi all’evidenza ma è voluto
ricorrere ad un espediente pure di fare risalire a tutti i
costi questo sacramento a Cristo; si tratta
dell’espediente
dei
quaranta
giorni
prima
dell’ascensione di Cristo. Espediente a cui tanti nel corso del tempo hanno ricorso per fare risalire a Cristo pratiche e parole contrarie alle sue stesse parole.
Ma veniamo ora alle parole di Giacomo prima citate
perché è su di esse che i teologi si appoggiano maggiormente. Per ciò che concerne le parole di Giacomo
bisogna dire che all’ammalato viene comandato di
chiamare gli anziani della Chiesa di cui lui é membro, e
perciò dato che i sacerdoti cattolici non sono degli anziani costituiti dallo Spirito Santo sul gregge di Dio, ma
degli uomini morti nei loro falli che conducono altri
morti in perdizione, queste parole di Giacomo non si
riferiscono affatto a loro. Il Bartmann nel suo libro Teologia Dogmatica cerca invece di dimostrare che gli anziani di cui parla Giacomo sono i sacerdoti della chiesa
cattolica romana; ma non ci riesce perché il testo greco
parla di presbiteri e non di sacerdoti.2 In altre parole qui
Giacomo non fa riferimento a persone di una casta sacerdotale ma solo agli anziani della Chiesa che sono,
paragonati ai sacerdoti Cattolici, dei laici. Ma esaminando accuratamente queste parole di Giacomo e confrontandole con altre Scritture emerge che é inconcepibile che un uomo peccatore che versa in fin di vita possa
ottenere la remissione dei suoi peccati mediante
l’unzione dell’olio e la preghiera di un prete, e questo
perché la remissione dei peccati il peccatore, anche se
sta per morire, la può ottenere solo credendo con il suo
cuore nel Figliuolo di Dio secondo che é scritto:
“Chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati
mediante il suo nome”,3 e in nessun’altra maniera. Bisogna riconoscere che i Cattolici romani prendendo
questo passo per sostenere questa loro dottrina riescono
a fare dire alla Scrittura quello che essi vogliono. Vi diciamo, o uomini, che se dal fondo del soggiorno dei
morti potessero tornare sulla terra tutti quei Cattolici
1
Bernardo Bartmann, op. cit. pag. 329
Il suo comportamento è da capire: ha temuto il seguente anatema del concilio di Trento: ‘Se qualcuno dirà che i presbiteri
della chiesa, che il beato Giacomo apostolo esorta ad addurre
presso l’infermo per ungerlo, non sono i sacerdoti consacrati
dal vescovo, ma gli anziani di ogni comunità e che perciò ministro proprio dell’estrema unzione non è solo il sacerdote, sia
anatema’ (Sess. XIV, can. 4).
3
Atti 10:43
2
58
La chiesa cattolica romana
romani che prima di morire hanno ricevuta l’estrema
unzione, essi testimonierebbero con grande franchezza
che le parole di Giacomo non hanno per nulla il significato che gli dà la chiesa romana. E poi, lo ripeto questo,
è bene che si sappia che secondo i teologi cattolici romani questo sacramento non può riceverlo qualsiasi malato, infatti il Perardi nel suo Manuale dice: ‘Il Sacramento è istituito solo per gli ammalati gravi; e che perciò un sano, anche se condannato a morte, o un ammalato che non è in istato grave, non può ricevere questo Sacramento’;4 il che è in contrasto con le stesse parole di
Giacomo (che essi prendono per sostenere questo sacramento) perché Giacomo non ha detto: ‘C’è fra voi
qualcuno gravemente infermo? Chiami gli anziani...’,
ma: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani
della chiesa...”.5 Perciò, può chiamare gli anziani della
Chiesa, affinché essi preghino su lui ungendolo d’olio
nel nome del Signore, anche chi ha la febbre, un male di
gola, un male di denti, per citare solo alcune delle infermità non gravi. Come potete vedere i Cattolici per
sostenere mediante la Scrittura il loro errato dogma
dell’estrema unzione cadono in aperta contraddizione
con la Scrittura stessa che non menziona nessuna estrema unzione ma solo l’unzione dell’olio per tutti gli ammalati.
Ora, per farvi comprendere come all’impenitente peccatore malato che versa in fine di vita l’estrema unzione
non gli può conferire nessun sollievo e non può rimettergli i suoi peccati, vi ricordo queste parole di Elihu:
“Se gli uomini son talora stretti da catene se son presi
nei legami dell’afflizione, Dio fa lor conoscere la loro
condotta, le loro trasgressioni, giacché si sono insuperbiti; egli apre così i loro orecchi ai suoi ammonimenti, e
li esorta ad abbandonare il male. Se l’ascoltano, se si
sottomettono, finiscono i loro giorni nel benessere, e gli
anni loro nella gioia; ma, se non l’ascoltano, periscono
trafitti dai suoi dardi, muoiono per mancanza
d’intendimento... così muoiono nel fior degli anni, e la
lor vita finisce come quella dei dissoluti”.6 Quindi, il
peccatore che si trova malato gravemente ed é vicino
alla fossa può essere guarito da Dio ed ottenere la remissione dei suoi peccati, o solamente la remissione dei
peccati, solo se lui si ravvede dei suoi peccati e si umilia
davanti a Dio; nel caso contrario, cioè se lui non si sottomette a Dio, non può ottenere né guarigione e neppure
remissione dei suoi peccati, ma perirà trafitto dai dardi
di Dio. Sì, perché noi crediamo che Dio punisce i peccatori impenitenti facendoli morire anche nel fiore dei loro
anni. Se essi non implorano Dio nella loro distretta, né
l’estrema unzione e neppure qualche altro rito potrà
scamparli dalla fossa, e più ancora dalle fiamme eterne:
se fosse così come dicono i teologi cattolici romani che
il peccatore ottiene la remissione dei suoi peccati prima
di morire allora la Scrittura sarebbe annullata, perché al
peccatore non sarebbe imposto né di ravvedersi e neppure di credere per essere perdonato, ma solo di essere
unto con dell’olio ‘santo’ nel nome di Gesù.
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 551
Giac. 5:14
6
Giob. 36:8-12,14
5
I sacramenti
E poi, noi diciamo, come mai quantunque l’estrema unzione pretenda di rimettere sia i peccati veniali che quelli mortali, chi muore ricevendola deve pur sempre andarsene in purgatorio ad espiare le sue colpe? Non è forse questa la prova che essa non ha il potere che gli attribuiscono i papisti? Ah!.. quanti inganni la chiesa romana ha perpetrato e continua a perpetrare a danno della
gente che ignora la verità. In verità, oggi, come allora,
vi é una classe di guide cieche a capo di questa organizzazione mondiale (papa, cardinali, vescovi, preti, ecc.)
che si può paragonare a quella che sedeva sulla cattedra
di Mosè ai giorni di Gesù cioè agli scribi ed ai Farisei.
Sì, il paragone è appropriato perché come gli scribi ed i
Farisei serravano il regno dei cieli davanti alla gente,
così anche costoro impediscono ai loro seguaci di entrare nel Regno di Dio.
E poi costoro dicono che Gesù diede le chiavi del regno
dei cieli a Pietro, volendo fare capire, che si entra nel
regno dei cieli passando da loro perché loro hanno il
successore di Pietro con le chiavi del regno dei cieli! Ma
noi vi diciamo che né costui e né coloro che sono sotto
la sua scia hanno le chiavi del regno dei cieli nelle loro
mani; essi hanno il nome di guide, ma nella realtà invece di guidare le persone le traviano perché distruggono
il sentiero retto per il quale le persone devono passare
per essere salvate dai loro peccati. Sono delle guide cieche come lo erano gli scribi e i Farisei al tempo di Gesù,
guide cieche che conducono altri ciechi in perdizione.
Oggi ancora, a noi che abbiamo conosciuto la verità
viene detto dalla Scrittura: “Salvateli, strappandoli dal
fuoco”.1
Sì, fratelli, avvertiamo i Cattolici romani annunziandogli il ravvedimento e la remissione dei peccati nel nome
del Signore Gesù, pregando Dio affinché dia loro il ravvedimento per ottenere la vita e scampare così alle
fiamme del fuoco eterno.
Noi accettiamo l’unzione dell’olio così come ci è insegnata dalla Scrittura
Noi crediamo nell’unzione dell’olio amministrata ai malati che ne fanno richiesta, e crediamo che ungendoli
d’olio nel nome di Cristo Gesù e pregando su loro nel
suo nome, essi vengono guariti dalla loro infermità. Innanzi tutto questa unzione va amministrata da parte degli anziani a tutti i malati che ne fanno richiesta; questo
significa che non è solo il malato in grave condizioni o
in fin di vita ad avere il dovere di chiamare gli anziani
della Chiesa, ma qualsiasi malato, anche chi ha un semplice mal di testa, per fare un esempio. Per ciò che riguarda l’olio che si usa nell’amministrare l’unzione agli
infermi esso è semplice olio d’oliva, che noi non chiamiamo santo perché la Scrittura non ci autorizza a
chiamarlo in questa maniera, e non è stato portato ad
essere benedetto da nessun ministro di Dio perché di
tale benedizione da dare all’olio dell’unzione dei malati
la Scrittura non ne parla. L’olio rappresenta lo Spirito
Santo e in esso non c’è nessun potere di guarire
l’infermo, infatti non è l’olio che guarisce l’infermo ma
1
Giuda 23
La chiesa cattolica romana
il Signore (come non c’è nell’acqua nella quale viene
immerso il credente al battesimo il potere di cancellare i
peccati).
A conferma di ciò ricordiamo che è scritto che è la preghiera della fede che salverà il malato, ossia la preghiera
fatta con fede dagli anziani a Dio; e che è il Signore che
lo ristabilirà. Ricordiamo a tale proposito che affinché la
guarigione possa verificarsi è necessaria anche la fede
del malato; il malato non deve punto dubitare per ricevere la guarigione divina. Diciamo questo perché talvolta si dimentica che non devono credere solo gli anziani
che pregano sull’infermo, ma anche l’infermo stesso.
Per questo si deve aspettare che sia l’infermo a chiamare gli anziani, e non viceversa; perché è solo quando
l’infermo di sua spontanea volontà chiede agli anziani
che si preghi su lui che si vede una sicura manifestazione di fede da parte sua. Anche le parole: “E s’egli ha
commesso dei peccati, gli saranno rimessi”,2 sono vere
perché oltre alla malattia il Signore fa scomparire
dall’infermo anche quei peccati che possono essere la
causa della malattia; ma esse, lo ripeto, sono indirizzate
a dei credenti e non a degli increduli.
E poi occorre dire che non è l’unzione che rimette i peccati, ma il Signore; e che questa remissione dei peccati è
sempre legata al pentimento e alla confessione dei peccati dell’ammalato perché è scritto: “Se confessiamo i
nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.3 Vogliamo dire con
questo che il credente malato che chiede agli anziani di
ungerlo d’olio, se ha commesso dei peccati, deve accostarsi a Dio con un cuore pentito per i suoi peccati per
ottenere la remissione di essi, altrimenti quei peccati gli
saranno ritenuti anziché rimessi.
Abbiamo fatto questo discorso per fare capire che
l’unzione degli infermi non è un atto che possiede in sé
il potere di guarire e di rimettere i peccati, ed è legato,
affinché porti i frutti spiegati da Giacomo, alla fede del
malato, degli anziani, e ad un sincero pentimento del
malato se questi ha peccato. Nel caso poi un credente si
trovi sul letto di infermità e Dio ha deciso di prenderlo
con sé in gloria perché è giunta la sua ora, egli per certo
sarà consolato dal Signore perché Egli è “l’Iddio d’ogni
consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione”;4 sarà sempre il Signore che gli darà la forza per
sopportare le sofferenze e lo guarderà dal maligno secondo che è scritto: “Ma il Signore è fedele, ed egli vi
renderà saldi e vi guarderà dal maligno”.5 Per certo un
credente non si appoggia sull’unzione dell’olio per affrontare le ultime ore della sua vita e resistere al diavolo, ma egli si appoggerà sulla sua fede sapendo che è
solo mediante lo scudo della fede che egli potrà spegnere tutti i dardi infuocati del diavolo.6
Per concludere; noi accettiamo l’unzione dell’olio ordinata dall’apostolo Giacomo, ma non come ordinamento
istituito da Cristo perché la Scrittura non ci conferma
che Cristo abbia detto di farla per ricordare o per signi2
Giac. 5:15
1 Giov. 1:9
4
2 Cor. 1:3,4
5
2 Tess. 3:3
6
Cfr. Ef. 6:16
3
59
I sacramenti
ficare qualche cosa già avvenuta (a differenza del battesimo e della santa cena); se dovessimo accettarla come
ordinamento istituito da Cristo solo perché Giacomo ne
parla, dovremmo pure accettare come sacramenti anche
il pregare e il salmeggiare perché poco prima lo stesso
Giacomo dice: “C’è fra voi qualcuno che soffre? Preghi.
C’è qualcuno d’animo lieto? Salmeggi”.1
L’ORDINE
La dottrina dei teologi papisti
L’ordine è il sacramento con cui il prete riceve la potestà di ministrare l’eucarestia e di rimettere i peccati. Il
prete che lo riceve non può sposarsi. Ci sono otto ordini
nella Chiesa; quattro minori e quattro maggiori. Poi ci
sono i cardinali, ed infine il papa; questa è la gerarchia
ecclesiastica istituita da Cristo nella sua Chiesa.
‘L’Ordine è il Sacramento che dà la potestà di compiere
le azioni sacre riguardanti l’Eucarestia e la salute delle
anime, e imprime il carattere di ministri di Dio’.2 Il significato di queste parole è che questo sacramento conferisce, a chi lo riceve, la potestà di ‘celebrare la S.
Messa, di rimettere i peccati, ecc.’.3 ‘Ministro
dell’Ordine è il Vescovo, che dà lo Spirito Santo e la
potestà sacra coll’imporre le mani e consegnare gli oggetti sacri propri dell’Ordine, dicendo le parole della
forma prescritta’;4 ‘Amministrando l’Ordine, il Vescovo impone le mani all’ordinando per esprimere che diviene cosa di Dio, e gli consegna gli oggetti sacri propri
dell’Ordine, che pel prete sono il calice col vino e la patena coll’ostia, dicendo le parole della forma prescritta
che pel prete sono: ‘Ricevi la potestà di offrire a Dio il
Sacrificio pei vivi e pei morti.. Ricevi lo Spirito Santo;
saranno perdonati i peccati a chi tu li perdonerai; e saranno ritenuti a chi tu li riterrai’.5Per sostenere il sacramento dell’ordine Bartmann afferma questo: ‘Cristo ha
trasmesso agli Apostoli il potere di offrire il sacrificio e
di perdonare i peccati e gli Apostoli l’hanno esercitato
subito fin dall’inizio. Tuttavia non si può dimostrare che
Cristo si sia servito di un rito esteriore per trasmettere
tali poteri. Ciò d’altra parte non era necessario, perché
Cristo non è legato ai suoi sacramenti; egli poteva produrne l’effetto con un semplice atto di volontà. Ha però
prescritto un rito per questa trasmissione ai discepoli; lo
prova il fatto che essi hanno subito adoperato tale rito la preghiera e l’imposizione delle mani - il cui effetto
era la comunicazione della grazia’,6 e poi cita gli esempi
dei sette diaconi i quali furono presentati agli apostoli i
quali dopo avere pregato imposero loro le mani,
l’esempio di Barnaba e Saulo ad Antiochia che ricevettero l’imposizione delle mani, degli anziani fatti eleggere da Paolo e Barnaba, dopo avere pregato e digiunato,
al ritorno del loro viaggio missionario, e quello di Timoteo che aveva ricevuto il dono di Dio per l’imposizione
La chiesa cattolica romana
delle mani di Paolo, e un dono quando gli furono imposte le mani dal collegio degli anziani.
Anche qui il concilio tridentino ha lanciato i suoi anatemi contro chi non accetta questo rito; tre di questi dicono: ‘Se qualcuno dirà che nel nuovo Testamento non
vi è un sacerdozio visibile ed esteriore, o che non vi è
alcun potere di consacrare e di offrire il vero corpo e
sangue del Signore, di rimettere o di ritenere i peccati
(....) sia anatema’,7 ‘Se qualcuno dirà che l’ordine, cioè
la sacra ordinazione, non è un sacramento in senso vero
e proprio, istituito da Cristo signore (...) sia anatema’,8
‘Se qualcuno dirà che con la sacra ordinazione non viene dato lo Spirito santo, e che quindi, inutilmente il vescovo dice: Ricevi lo Spirito santo, o che con essa non si
imprime il carattere o che chi sia stato una volta sacerdote possa di nuovo diventare laico, sia anatema’.9
Quindi, per riassumere, i vescovi cattolici in virtù della
successione apostolica, sono i successori degli apostoli,
ed hanno quindi l’autorità di ordinare dei preti e dei diaconi e così via, e la loro ordinazione conferisce il carattere indelebile di ministro di Dio.
Ai preti e ai diaconi è imposto il celibato. Vediamo innanzi tutto come il celibato forzoso è stato introdotto
nella Chiesa e poi qual’è la dottrina vigente sul celibato
nella chiesa romana. Nella Chiesa primitiva non era affatto imposto il celibato né ai vescovi e neppure ai diaconi; anzi bisogna dire che uno dei requisiti che dovevano avere coloro che volevano essere assunti in questi
uffici sacri era appunto quello di essere mariti di una
sola moglie e di governare bene la propria famiglia. Ma
pian piano in mezzo alla Chiesa facendosi strada la dottrina che la cena del Signore era pure il rinnovamento
del sacrificio di Cristo, e che i presbiteri quando celebravano l’eucaristia offrivano a Dio la vittima immolata
(il corpo di Cristo) per i loro stessi peccati e per quelli
del popolo, si fece strada anche l’idea che i presbiteri
sposati prima di celebrare l’eucarestia dovevano astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli per presentarsi puri all’eucaristia. Questa idea era sostenuta mediante l’esempio dei sacerdoti leviti sotto l’Antico Testamento, i quali, secondo la legge di Mosè, non potevano accostarsi alle cose sante in stato d’impurità, pena
la morte, secondo che è scritto: “Qualunque uomo della
vostra stirpe che nelle vostre future generazioni, trovandosi in stato d’impurità, s’accosterà alle cose sante che i
figliuoli d’Israele consacrano all’Eterno, sarà sterminato
dal mio cospetto”,10 perché così facendo avrebbero profanato le cose sante. Essi dopo avere avuto rapporti coniugali con le loro mogli (e quindi dopo essersi resi impuri) potevano mangiare delle cose sante solo dopo essersi lavati nell’acqua, e dopo il tramonto del sole secondo che è scritto: “La persona che avrà avuto di tali
contatti sarà impura fino alla sera, e non mangerà delle
cose sante prima d’essersi lavato il corpo nell’acqua;
dopo il tramonto del sole sarà pura, e potrà poi mangiare
delle cose sante, perché sono il suo pane”.11 E’ chiaro
1
Giac. 5:13
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 556
3
Ibid., pag. 556
4
Ibid., pag. 557
5
Ibid., pag. 558
6
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 347
2
60
7
Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 1
Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 3
9
Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 4
10
Lev. 22:3
11
Lev. 22:6,7
8
I sacramenti
che quando l’eucaristia cominciò ad essere celebrata dai
preti ogni giorno si finì coll’imporre l’astensione totale
dai rapporti carnali con le mogli a coloro che erano già
sposati. Questo risulta dai seguenti canoni del concilio
di Elvira (= Granada) del 306: ‘Ai vescovi, ai preti e ai
diaconi che vengono trovati colpevoli di incontinenza
durante il periodo del loro ministerio non si deve nemmeno permettere di ricevere la comunione prima della
morte, dato lo scandalo di una colpa così palese’; 1 ‘I vescovi, i preti e in generale tutti i chierici che devono
compiere un servizio all’altare devono astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli e non è loro permesso
generare dei figli. Se contravvengono a quanto detto essi perdono il diritto alla loro posizione gerarchica’.2 Tutto ciò portò di conseguenza a questo; che coloro che erano sposati venivano ammessi all’ordinazione con il
consenso della moglie che si distaccava dal marito, e
che si cominciarono a cercare giovani disposti a farsi
sacerdoti rimanendo celibi. Gregorio VII impose il celibato nel sinodo Romano del 1073. La legge del celibato
fu ripetuta dal concilio Lateranense I del 1123 in questi
termini: ‘Noi interdiciamo assolutamente ai preti, ai diaconi, ai suddiaconi e ai monaci di avere delle concubine
o di contrarre matrimonio...’,3 e confermata poi dal Lateranense II nell’anno 1139. Questi concili dichiararono
nulli i matrimoni contratti dai chierici in sacris, creando
così il cosiddetto impedimento dirimente dell’ordine
sacro. Anche il concilio di Trento (1545-1563) ha confermato ulteriormente il celibato forzoso; e lo ha fatto
lanciando il seguente anatema: ‘Se qualcuno dirà che i
chierici costituiti negli ordini sacri o i religiosi che hanno emesso solennemente il voto di castità, possono contrarre matrimonio, e che questo, una volta contratto, sia
valido, non ostante la legge ecclesiastica o il voto, e che
sostenere l’opposto non sia altro che condannare il matrimonio; e che tutti quelli che sentono di non avere il
dono della castità (anche se ne hanno fatto il voto) possono contrarre matrimonio, sia anatema. Dio, infatti,
non nega questo dono a chi lo prega con retta intenzione
e non permette che noi siamo tentati al di sopra di quello che possiamo’.4 L’imposizione del celibato ai chierici
è stata confermata da Paolo VI nell’enciclica Sacerdotalis coelibatus del Giugno 1967, e dopo di lui anche da
Giovanni Paolo II nelle sue catechesi alle udienze generali. La dottrina cattolica sul celibato dei preti e dei diaconi è esposta dal Codice di diritto canonico in questi
termini: ‘Il promuovendo al diaconato permanente, che
non sia sposato, e così pure il promuovendo al presbiterato, non siano ammessi all’ordine del diaconato se non
hanno assunto, mediante il rito prescritto pubblicamente
davanti a Dio e alla Chiesa, l’obbligo del celibato oppure non hanno emesso i voti perpetui in un istituto religioso’; 5 ‘I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la
continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, per1
Concilio di Elvira, can. 18; citato da Fausto Salvoni in Dal
cristianesimo al cattolicesimo I, Genova 1974, pag. 107-108
2
Concilio di Elvira, can. 33; citato da Fausto Salvoni in op.
cit., pag. 108
3
Concilio Lateranense I, can. 21
4
Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 9
5
Codice di diritto canonico, Roma 1984, can. 1037
La chiesa cattolica romana
ciò, sono vincolati al celibato, ché è un dono particolare
di Dio...’.6 Quindi riassumendo, il matrimonio, nella
chiesa cattolica di rito latino, dopo l’ordinazione è vietato contrarlo sia ai preti che ai diaconi. Nelle chiese di
rito orientale, invece, c’è una differenza infatti, pur rimanendo l’obbligo per i preti e i diaconi celibi di non
sposarsi dopo la loro ordinazione; in esse ha valore il
matrimonio contratto sia dai preti che dai diaconi prima
della loro ordinazione. Quando però un prete sposato
diventa vescovo allora il matrimonio deve terminare e la
moglie entrare in convento.
Secondo il catechismo cattolico nella Chiesa c’é una
gerarchia ecclesiastica costituita da tutti i gradi dei sacri
ministri tra loro debitamente subordinati sino al supremo che è il papa.7 Essi dicono che come in uno Stato vi
sono diversi gradi di autorità così anche nella Chiesa vi
sono vari gradi che sono uno subordinato all’altro. Vediamo ora quali sono questi gradi gerarchici secondo la
teologia romana:
1) Gli ordini minori:
a) ostiariato,
b) lettorato,
c) esorcistato
d) accolitato.
Si dicono minori perché inferiori e perché dispongono
più remotamente al sacerdozio; i loro uffici sono ora in
gran parte esercitati da sacrestani e dai chierichetti.
2) Gli ordini maggiori: Il suddiaconato e il diaconato
che preparano prossimamente al sacerdozio, il presbiterato e l’episcopato.
a) Il suddiacono si vincola alla chiesa coll’obbligo che
assume di recitare il divino ufficio e..canta l’epistola
nella messa solenne.
b) Il diacono riceve il potere di assistere immediatamente il sacerdote che offre il santo sacrificio, di predicare,
comunicare, e nella messa solenne canta il vangelo, ecc.
Secondo il Codice di diritto canonico può aspirare al
diaconato permanente anche un uomo sposato, ma solo
dopo avere compiuto i 35 anni di età e con il consenso
della moglie.8
c) Il presbiterato o sacerdozio, che dà le due facoltà essenziali; consacrare l’eucarestia e rimettere i peccati. I
sacerdoti vengono consacrati dal vescovo.
d) L’episcopato o vescovato, che è la pienezza del sacerdozio, che dà la potestà di conferire gli ordini sacri,
di consacrare il crisma e l’olio dell’estrema unzione, di
ammaestrare e governare. ‘Per l’ordinazione legittima di
un vescovo, oggi è richiesto un intervento speciale del
Vescovo di Roma, per il fatto che egli è il supremo vincolo visibile della comunione delle Chiese particolari
nell’unica Chiesa e il garante della loro libertà’.9 Ogni 5
6
Ibid., can. 277 - § 1
Gerarchia è una parola greca che significa ‘sacro principato’.
Coloro che ne fanno parte vengono detti chierici (da una parola greca che significa ‘sorte’), tutti gli altri invece vengono
chiamati laici (da una parola greca che significa ‘popolo’).
8
Ibid., can. 1031
9
Catechismo della chiesa cattolica, 1992, pag. 400. Il candidato all’episcopato deve, tra le altre cose, avere almeno 35 anni
di età ed essere da almeno 5 anni prete. Il vescovo è a capo di
una diocesi che è composta di tante parrocchie affidate ai preti.
7
61
I sacramenti
anni il vescovo diocesano deve presentare al papa una
relazione sullo stato della diocesi.
Questi qua sopra sono gli otto ordini; occorre dire però
che i primi quattro ordini assieme al suddiaconato non
sono riconosciuti dalla maggiore parte dei teologi cattolici romani come ordini sacramentali. Difatti, ‘nella loro
amministrazione manca l’imposizione delle mani e
l’invocazione dello Spirito Santo in una preghiera sacramentale’,1 e ‘sono stati e sono ancora conferiti, in
forza di una delegazione papale, da ministri non vescovi’.2
Questi sono i gradi gerarchici fino al vescovo. E per chi
non li riconosce il concilio tridentino ha detto: ‘Se qualcuno dice che nella chiesa cattolica non vi è una gerarchia istituita per disposizione divina, e formata di vescovi, sacerdoti e ministri, sia anatema’.3
Dato che siamo in tema di gerarchia ricordiamo anche
che oltre a costoro vi sono pure i cardinali che sono creati dal papa, i quali sono i suoi più alti collaboratori e
suoi consiglieri. Il loro numero era stato fissato da Sisto
V a settanta, ma Paolo VI lo ha ampliato portandolo a
oltre cento. Il papa viene scelto appunto tra il numero
dei cardinali4 e dai cardinali stessi (riuniti in conclave;
1
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 349
Ibid., pag. 360
3
Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 6
4
I cardinali sono degli elementi di primario valore nella curia
papale. Ogni cardinale è ‘un principe ereditario’ perché è un
potenziale futuro papa e dovunque si reca è oggetto di grandi
onori. La curia papale è composta dalla Segreteria di Stato, dal
Consiglio per gli affari pubblici della chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali e da altri organismi. I primi due dicasteri
sono quelli che collaborano di più con il papa sia per gli affari
ecclesiastici sia per quelli diplomatici. Le Congregazioni (che
sono delle commissioni stabili che assistono il papa, che fanno
sostanzialmente capo alla Segreteria di Stato e in ognuna delle
quali c’è un cardinale in veste di prefetto, assistito da un segretario e da un sottosegretario) sono: la Congregazione per la
Dottrina della Fede (una volta chiamata, prima Santa Inquisizione e poi Sant’Ufficio) che si occupa della difesa della fede
cattolica contro ogni dottrina o interpretazione che possa contaminarla; la Congregazione per le chiese orientali (sovrintende tutto quanto riguarda le diocesi di rito orientale); la Congregazione per i vescovi (nomina vescovi e prelati); la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti (si
occupa della disciplina dei sacramenti e della liturgia della
chiesa di rito latino); la Congregazione per il clero (sovrintende al patrimonio artistico delle cosiddette chiese e provvede
all’assistenza di preti vecchi e malati); la Congregazione per
gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica (sovrintende alla disciplina, agli studi e in pratica alla vita quotidiana dei preti, dei frati e delle suore, promuovendo rinnovamenti
anche
nell’abito);
la
Congregazione
per
l’evangelizzazione dei popoli o ‘De Propaganda Fide’ (si occupa della diffusione del cattolicesimo nel mondo, presiede al
governo delle missioni, reclutando missionari, raccogliendo e
gestendo i fondi relativi); la Congregazione per le cause dei
santi (esamina le cause di beatificazione e canonizzazione,
controllando prove, testimonianze, miracoli inviando poi la
documentazione al papa per la decisione finale); la Congregazione per l’educazione cattolica (presiede a tutte le scuole per
la formazione della gioventù laica soggetta all’autorità ecclesiastica).
A queste congregazioni vanno aggiunti il Pontificio consiglio
per la promozione dell’unità dei Cristiani (che si occupa del
2
62
La chiesa cattolica romana
termine che deriva dal latino cum clave che significa
‘chiuso a chiave’ e designa l’ambiente chiuso in cui si
riuniscono i cardinali per l’elezione del nuovo papa)5
dialogo ecumenico con i cosiddetti fratelli separati) che prima
si chiamava Segretariato per l’Unione dei Cristiani; il Pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso (che si occupa di
favorire le relazioni amichevoli della chiesa cattolica verso i
seguaci delle religioni non cristiane); ed altri Consigli Pontifici.
I Tribunali sono tre: il Supremo Tribunale della Segnatura
Apostolica (il tribunale supremo della chiesa; è una sorta di
Corte di Cassazione della chiesa); il Tribunale della Rota Romana (il tribunale che tratta tutte le questioni riguardanti la
nullità dei matrimoni); la Penitenzieria apostolica (che sovrintende a tutto ciò che spetta alle concessioni e all’uso delle
indulgenze).
Ci sono poi anche le Commissioni, i Comitati, e poi gli Uffici
amministrativi e le Istituzioni culturali (che tralascio di menzionare singolarmente).
5
Anticamente il vescovo di Roma era eletto dai preti in unione
con i fedeli. Poi col passare del tempo, dato che la Chiesa finì
con l’allearsi con il potere civile per avere privilegi e protezione, avvenne che le autorità civili si intromisero
nell’elezione del papa. In alcuni casi fu l’imperatore ad eleggere il papa direttamente o indirettamente, facendo più o meno
gli interessi dei nobili di Roma; altre volte il controllo
sull’elezione lo prese il Senato della città, o un sovrano; venne
meno così la partecipazione del popolo. Nel 1059 Nicolò II
con la bolla In nomine Domini decretò che sarebbero stati i
cardinali vescovi a scegliere il papa; gli altri porporati (i cardinali non vescovi) avrebbero dato la loro adesione. Il basso
clero e il popolo avrebbero poi dato il loro consenso. Alessandro III dal 1179 estese il privilegio di eleggere il papa a tutti i
cardinali cioè anche a quelli che non erano vescovi. Oltre a ciò
questo papa stabilì che per essere eletti papa occorreva ricevere due terzi dei voti del collegio cardinalizio; regola che tuttora è vigente. Ma non è che i sovrani smisero di interferire nelle
elezioni dei papi. Basti considerare per esempio che durante il
conclave del 1903 per eleggere il successore di Leone XIII
avvenne che un giorno ‘appena aperta la riunione, il cardinale
Puzyna si alzò dal suo tronetto e leggendo uno scritto precedentemente stilato, dichiarò che l’imperatore d’Austria e Ungheria, Francesco Giuseppe, usando un suo antico privilegio
metteva il veto all’elezione del cardinale Rampolla’ (che era il
cardinale che negli scrutini aveva ricevuti più voti degli altri e
pareva avviato alla vittoria). Queste cose le scrisse in un diario
il cardinale Domenico Svampa, arcivescovo di Bologna, che
fu presente a quel conclave. Sempre questo cardinale scrisse
che durante quel conclave ricevette da Mosca un telegramma
in un italiano incerto, firmato da Arturo Tchrep Spiridovitch,
presidente della Società slava, che diceva: ‘Avendo fedeli agenti in tutte le città slave, ho l’onore di avvertire, come ferventissimo cattolico, che l’elezione a Santo Pontefice fra i
cardinali protettori di Germania produrrà la rivolta di trenta
milioni slavi cattolici. Tanto è grande l’ira contro tedeschi
nemici mortali degli slavi’. Dopo l’intervento dell’imperatore
austriaco avvenne che i cardinali temendo di perdere
l’appoggio della più forte monarchia cattolica elessero papa il
cardinale Sarto che prese il nome di Pio X. Quando poi stava
per scoppiare la prima guerra mondiale in cui l’Austria avrebbe combattuto contro la Serbia, Pio X non nascose il suo appoggio e le sue simpatie verso l’impero austriaco. Ci sono diverse testimonianze che lo attestano chiaramente. Cito solo
una di queste: il rappresentante della Baviera in Vaticano, barone von Pitter, il 26 luglio del 1914 informò Monaco dicendo: ‘Il papa consente una decisa azione dell’Austria contro la
I sacramenti
perché il Codice di diritto canonico dice: ‘I Cardinali di
Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano
Pontefice, a norma del diritto peculiare..’.1 Ed infine vi
è il papa, che è il grado più alto della gerarchia.
Ecco quali sono i gradi gerarchici esistenti in seno alla
chiesa romana!
Confutazione
Spiegazione delle Scritture prese a sostegno del sacramento dell’ordine
La sacra Scrittura insegna che Gesù fra tutti i suoi discepoli elesse dodici apostoli; è scritto infatti: “E quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli, e ne elesse
dodici, ai quali dette anche il nome di apostoli”.2 Quando poi Giuda Iscariot abbandonò il suo ufficio per andarsene al suo luogo, dopo che Gesù fu assunto in cielo,
al suo posto ne fu scelto un altro; la sorte cadde su Mattia che fu così associato agli undici. Ma non è che di apostoli esistessero solo quei dodici, perché Dio ne costituì degli altri nella sua Chiesa; come per esempio Paolo
e Barnaba,3 Sila e Timoteo,4 Andronico e Giunio.5
E’ bene precisare però che gli apostoli, sia quelli che
furono costituiti mentre Cristo era sulla terra che quelli
costituiti da Dio dopo l’assunzione di Gesù in cielo, non
ricevettero mai da Cristo né la potestà di offrire il sacrificio della messa e neppure la potestà di rimettere i peccati agli uomini (così come la intende la teologia romana).6 Gli apostoli che Cristo scelse furono mandati a
predicare l’Evangelo, a cacciare i demoni, a guarire gli
infermi; e non per offrire il sacrificio della messa o a
rimettere i peccati. Anche gli apostoli, che non erano nel
novero dei dodici, cioè Paolo, Barnaba ed altri non riceSerbia... il cardinale segretario di Stato esprime la speranza
che questa volta l’Austria non farà concessioni’.
Ancora oggi come nel passato, quando si tratta di eleggere un
nuovo papa da parte dei cardinali avvengono in conclave manovre di ogni genere da parte delle differenti fazioni cardinalizie perché ogni fazione ha i suoi particolari interessi politici o
finanziari nel volere l’elezione di un determinato papa e cerca
di ottenerla in ogni maniera. Quando fu eletto Paolo VI per
esempio, il cardinale Testa, appena uscito dal conclave affermò: ‘Sono accadute cose orripilanti’. Al popolo però viene
fatto credere che l’elezione di ogni nuovo papa sia avvenuta
per ispirazione dello Spirito Santo.
Per quanto riguarda le ‘fumate’ che escono dal fumaiolo sovrastante il tetto della cappella Sistina e che fanno capire alla
folla riunita nella piazza S. Pietro l’esito delle votazioni, va
detto che il fumo viene dalle schede usate nella votazione che
vengono bruciate. Quando si ha una votazione nulla (cioè che
nessun candidato ha raggiunto il quorum dei due terzi dei voti)
il cardinale incaricato di bruciare le schede vi aggiunge della
paglia umida ed in questo caso si ha la ‘fumata nera’; quando
invece è stato eletto il nuovo papa allora brucia solo le schede
ed in questo caso si ha la ‘fumata bianca’.
1
Codice di diritto canonico, can. 349.
2
Luca 6:13
3
Cfr. Atti 14:14
4
Cfr. 1 Tess. 2:6
5
Cfr. Rom. 16:7
6
Vedi la confutazione della penitenza.
La chiesa cattolica romana
vettero la potestà di offrire la messa o di rimettere i peccati; per quanto riguarda Paolo e Barnaba, furono mandati a predicare con l’autorità di guarire gli infermi, ma
non a rimettere i peccati o ad offrire il sacrificio della
messa. E’ falso dunque quello che dice Bartmann a riguardo degli apostoli quando dice che Cristo dette loro
il potere di offrire il sacrificio e di rimettere i peccati.
Veniamo adesso all’ordinazione degli anziani che Bartmann dice essere l’ordinazione dei preti. La Scrittura ci
dice che gli apostoli Paolo e Barnaba fecero eleggere
degli anziani per le chiese secondo che é scritto: “E fatti
eleggere per ciascuna chiesa degli anziani, dopo aver
pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore, nel quale aveano creduto”.7 Questo è vero, ma si deve tenere presente che essi non erano dei sacerdoti, come invece dicono i Cattolici, con la potestà di celebrare
la messa e di rimettere i peccati, ma semplici credenti
che avevano i requisiti necessari per assumere
quell’ufficio di anziano. A questo proposito, cioè a proposito dell’elezione fatta dalla Chiesa, si potrebbe citare
pure l’esempio dei sette a Gerusalemme i quali non furono scelti dagli apostoli ma dalla moltitudine dei credenti infatti gli apostoli dissero: “Perciò, fratelli, cercate
di trovar fra voi sette uomini, de’ quali si abbia buona
testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, e che noi
incaricheremo di quest’opera... E questo ragionamento
piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro,
Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia; e li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver
pregato, imposero loro le mani”.8 Notate che fu la moltitudine che scelse i sette in base ai requisiti stabiliti dagli
apostoli, mentre gli apostoli li approvarono in quella
opera pregando e imponendogli le mani. Quindi, nella
Chiesa primitiva gli anziani (o vescovi) e i diaconi venivano eletti dalla Chiesa, e poi gli apostoli pregavano
su di loro imponendogli le mani per raccomandarli alla
grazia del Signore. Viene fatto questo nella chiesa cattolica? No, perché i preti vengono scelti non dal popolo,
ma dai vescovi e da loro ordinati. Quindi i teologi cattolici vengono smentiti dagli stessi passi della Scrittura
che essi prendono per sostenere questo loro sacramento
dell’ordine.
Parliamo adesso dell’imposizione delle mani fatta dai
profeti e dai dottori di Antiochia su Barnaba e Saulo dopo che parlò loro lo Spirito Santo. E’ scritto: “Or nella
chiesa d’Antiochia v’eran dei profeti e dei dottori: Barnaba, Simeone chiamato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, fratello di latte di Erode il tetrarca, e Saulo. E mentre
celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per
l’opera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani, e li accomiatarono”.9 Innanzi tutto Barnaba e Saulo erano già dei ministri di Dio perché sono annoverati tra i profeti e i dottori che c’erano ad Antiochia. Quello che va dunque
detto è che in quell’occasione per mezzo di quella rivelazione dello Spirito Santo essi furono appartati dagli
7
Atti 14:23
Atti 6:3,5,6
9
Atti 13:1-3
8
63
I sacramenti
altri per una particolare opera, cioè per quella opera di
apostolato di cui Luca poi parla. Infatti da allora in poi
sono chiamati apostoli. Lo Spirito Santo ordinò che si
appartassero; e sempre lui li mandò perché subito dopo
è scritto: “Essi dunque, mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia...”.1 Gli altri ministri invece pregarono
per loro e imposero loro le mani ma non perché vedevano in quel rito un sacramento che avesse in se stesso il
potere di conferire un carattere indelebile di apostolo,
ma solo per raccomandarli in questa maniera al Signore
per l’opera alla quale erano stati consacrati da Dio stesso. Vogliamo dire con questo che non fu mediante
quell’imposizione di mani e quella preghiera che Barnaba e Saulo ricevettero la capacità di adempiere il ministerio di apostolo, perché quello di apostolo fu un ministerio che essi ricevettero per rivelazione. Ed anche in
questo caso non si può scorgere questo sacramento
dell’ordine.
Occupiamoci adesso dell’imposizione delle mani ricevuta da Timoteo. E’ scritto: “Non trascurare il dono che
è in te, il quale ti fu dato per profezia quando ti furono
imposte le mani dal collegio degli anziani”,2 ed altrove:
“Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio
che è in te per la imposizione delle mie mani”.3 Ora, per
quanto riguarda il primo dono ricevuto da Timoteo occorre dire che esso gli fu dato per profezia, quindi in seguito ad un parlare dello Spirito Santo per bocca di
qualcuno; l’occasione fu quando gli furono imposte le
mani dal collegio degli anziani. Ma non è che quello che
accadde a Timoteo escluda che si possano ricevere doni
da Dio senza l’imposizione delle mani di un collegio di
anziani; tanto è vero che nella Scrittura ci sono esempi
di uomini che hanno ricevuto dei doni di ministerio e
dello Spirito Santo senza l’imposizione delle mani di
nessuno (come per esempio Samuele, Eliseo, Isaia, Ezechiele, i dodici apostoli e Paolo). Rimane il fatto però
che in qualsiasi caso, cioè sia che ci sia un’imposizione
delle mani o sia che non ci sia; il dono lo si riceve da
Dio in maniera soprannaturale. I doni di ministerio - che
ricordiamo sono quello di apostolo, profeta, evangelista,
pastore e dottore - si hanno in virtù di una vocazione
celeste; e non in virtù di una vocazione umana. Essi sono conferiti dal Signore a chi vuole lui e nella maniera
in cui vuole lui. Per esempio nel conferire i doni di ministerio il Signore si usa alcune volte di visioni, altre
volte di sogni, altre volte ancora del dono di profezia. In
alcuni casi poi il Signore opera potentemente nel credente in maniera da fargli sentire interiormente mediante il suo Spirito di averlo chiamato ad adempiere un particolare ministerio confermandolo poi in quel ministerio
nel corso del tempo sia facendogli vedere il suo favore e
concedendo a lui o ad altri delle rivelazioni a tale riguardo. Sia chiaro, comunque, che in qualsiasi maniera
avvenga il conferimento di un ministero, sarà manifesto
a tutti che quel credente ha ricevuto quel particolare ministerio perché Dio è con lui in quello che fa. Per quanto
riguarda i doni dello Spirito Santo - che sono dono di
parola di sapienza, di parola di conoscenza, di fede, doni
La chiesa cattolica romana
di guarigioni, potenza d’operare miracoli, profezia, il
discernimento degli spiriti, diversità delle lingue, interpretazione delle lingue - sono distribuiti dallo Spirito
Santo a ciascuno in particolare come Egli vuole. Può
avvenire anche in questo caso sia con l’imposizione delle mani (come avvenne ad Efeso a quei circa dodici discepoli) sia senza in virtù di una rivelazione di Dio o di
una visitazione improvvisa da parte di Dio. Spiego questa ultima manifestazione; può succedere per esempio
che mentre uno prega, all’improvviso lo Spirito Santo lo
investe e lo fa cominciare a parlare in diverse lingue
(mentre prima poteva pregare solo in una altra lingua), o
a profetizzare, o gli comincia a fare vedere delle cose in
visione che avverranno o che sono avvenute, o degli spiriti maligni che tormentano taluni. O si mette a pregare
sugli ammalati spinto dalla potenza di Dio ed essi guariscono. Questo quando non c’è l’imposizione delle mani
di nessuno e la distribuzione del dono o dei doni non è
da Dio preannunziata né tramite visione né tramite un
sogno.
Per quanto riguarda il dono di Dio che Timoteo ricevette in seguito all’imposizione delle mani di Paolo, crediamo che esso si tratti dello Spirito Santo. Paolo aveva
infatti il dono di imporre le mani ai credenti affinché
ricevessero lo Spirito Santo; abbiamo un esempio nel
caso di quei circa dodici discepoli di Efeso su cui scese
lo Spirito Santo dopo che lui gli impose le mani.4 Anche
in questo caso però non si vede nessun sacramento
dell’ordine, come invece lo vedono i teologi cattolici.
Non ci meravigliamo comunque che essi in questi passi
qua sopra citati ci vedano il sacramento dell’ordine
quando esso non c’è: di cose che non esistono ne vedono tante nella Bibbia!
I preti non possono essere i presbiteri di cui parla la
Scrittura
Ma torniamo al cosiddetto presbiterato cattolico; i teologi papisti asseriscono che i preti sono dei presbiteri
del Signore costituiti per pascere la Chiesa come lo erano anche coloro che furono fatti costituire dagli apostoli
Paolo e Barnaba, ma questo non può corrispondere al
vero innanzi tutto perché i preti sono delle persone morte nei loro falli mentre gli anziani fatti eleggere dagli
apostoli erano dei credenti. Parlare con loro infatti o
parlare con le prostitute o gli omicidi è la stessa cosa;
perduti sono loro e perduti gli altri. Hanno dunque bisogno anche loro di nascere di nuovo. E che sia così lo
confermano tutti quei nostri fratelli che prima di convertirsi erano dei preti; le loro testimonianze sono chiare a
riguardo; ‘Ero perduto’, ‘Fossi morto da prete sarei andato diritto diritto all’inferno’, ‘Ero nel buio e nelle tenebre’ e così via. Potremmo fermarci qui nella nostra
confutazione ma vogliamo proseguire al fine di dimostrare ulteriormente - se mai ce ne fosse il bisogno quanto falsa sia l’affermazione che li definisce dei presbiteri. Gli anziani (presbiteri) che gli apostoli facevano
eleggere per ciascuna Chiesa avevano delle caratteristiche che i preti non hanno. Gli anziani (o vescovi) se-
1
Atti 13:4
1 Tim. 4:14
3
2 Tim. 1:6
2
64
4
Cfr. Atti 19:6,7
I sacramenti
condo quello che dice Paolo, per essere costituiti sulla
Chiesa dovevano essere irreprensibili, e tra le altre cose
mariti di una sola moglie, dovevano governare bene le
loro famiglie, ed oltre a ciò dovevano essere santi, giusti, ed attaccati alla fedel Parola. E queste erano le caratteristiche di quei vescovi fatti eleggere dagli apostoli
nelle Chiese. Come possono quindi i teologi papisti affermare che i sacerdoti della chiesa romana sono i presbiteri che sono stati costituiti dal Signore nella sua
Chiesa quando essi non sono né sposati, né santi né giusti e neppure attaccati alla Parola di Dio? Infatti sono
forzatamente celibi (con le sue nefaste conseguenze),
schiavi dei vizi e attaccati alla tradizione anziché alla
Parola di Dio, come lo erano i Farisei e gli scribi del
tempo di Gesù alla tradizione giudaica. Qualcuno dirà:
‘Ma guarda che oggi i preti parlano di più della Bibbia’.
Sarà vero forse che alcuni di loro leggono di più la Bibbia, ma rimane il fatto che essi insegnano ancora oggi
che la salvezza si ottiene compiendo opere buone, perché incoraggiano a guadagnarsi il paradiso come ci si
guadagna il pane quotidiano; insegnano che i peccati
sono cancellati dal battesimo, incoraggiano a pregare ed
adorare Maria e i santi ed a prostrarsi davanti alle loro
statue; essi pretendono di assolvere il peccatore che va
da loro a confessargli i suoi peccati cosiddetti mortali
perché credono di essere i rappresentati di Dio sulla terra; pretendono, quando fanno la messa, di ripetere il sacrificio di Cristo sulla croce; per citare solo alcune delle
cose storte principali che dicono e fanno. Non basta forse tutto questo per comprendere che tra i preti papisti e i
presbiteri fatti eleggere dagli apostoli c’è la differenza
che passa tra il nero e il bianco?
I preti, quantunque siano chiamati sacerdoti, non sono
dei veri sacerdoti cioè i sacerdoti di cui parla il Nuovo
Testamento perché non sono ancora nati di nuovo e anche ciò lo dimostriamo mediante la Scrittura. Pietro
scrisse ai fedeli rinati mediante la fede nella risurrezione
di Cristo: “Ma voi siete una generazione eletta, un real
sacerdozio... come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire
sacrificî spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù
Cristo”;1 e vi ricordo che tra coloro a cui Pietro scrisse
queste parole vi erano pure le donne perché più avanti
rivolge una esortazione alle mogli secondo che è scritto:
“Mogli, siate soggette ai vostri mariti...”,2 gli anziani,
ossia i vescovi, che erano stati preposti dal Signore a
pascere le sue pecore secondo che egli dice: “Io esorto
dunque gli anziani che sono fra voi....”,3 e i giovani secondo che è scritto: “Voi più giovani, siate soggetti agli
anziani...”.4 Dalle parole di Pietro quindi deduciamo in
maniera chiara che, primo, sotto la grazia per diventare
sacerdoti di Dio e di Cristo bisogna solo nascere di nuovo e non fare seminari teologici per dopo essere ordinati
sacerdoti da qualcuno di grado superiore; secondo, che
quindi tutti i credenti, dagli anziani, o vescovi, che devono pascere il gregge di Dio, alle donne e ai giovani,
sono un real sacerdozio nel cospetto di Dio. Cambiano i
La chiesa cattolica romana
compiti da adempiere perché ognuno è stato collocato
nel corpo di Cristo nel posto voluto da Dio, ma non la
posizione spirituale nel cospetto di Dio e degli altri credenti. E’ chiaro che i credenti per essere chiamati tutti
quanti sacerdoti di Dio devono avere qualcosa da offrire, altrimenti questo nome non avrebbe ragione di essere
loro dato dalla Scrittura; ebbene, i sacrifici che essi devono offrire sono la preghiera, la lode, le azioni di grazie, e le opere buone. Qualcuno dirà: Nessuno deve
dunque offrire la messa, neppure i presbiteri? No, nessuno deve offrire la messa, neppure gli anziani; perché
essa non è un sacrificio spirituale gradito a Dio, ma solo
un’impostura che porta il nome di sacrificio.
Conclusione; tra il popolo di Dio non esiste una casta
sacerdotale particolare che debba offrire a Dio la messa,
perché tutti sono dei veri sacerdoti essendo stati fatti rinascere a nuova vita ed appartati per adempiere un sacerdozio spirituale. Dio, sotto il Nuovo Patto, non ha
istituito nessuna casta sacerdotale privilegiata in seno
alla Chiesa; questo è quello che ci insegna la Scrittura.
Cristo Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Ma voi non vi
fate chiamar ‘Maestro’; perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno sulla
terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro,
quello che é nei cieli. E non vi fate chiamar guide, perché una sola è la vostra guida, il Cristo”;5 facendo chiaramente capire loro che tra di loro non c’erano credenti
privilegiati ed appartati che potevano farsi chiamare
‘Maestro’ o ‘Guide’ o ‘Padre’, mentre da quello che insegna il catechismo cattolico emerge chiaramente che
Dio avrebbe costituito una casta sacerdotale a fare le sue
veci in mezzo al suo popolo. Il che è un’eresia,
un’impostura, generata dal diavolo per tenere milioni di
persone incatenate ai sacramenti della chiesa cattolica la
cui amministrazione (parlo del battesimo, della penitenza, dell’estrema unzione, ma soprattutto dell’eucarestia)
è affidata ai preti, dai quali nella pratica dipende la salvezza dei loro fedeli seguaci. Quindi il sacerdozio cattolico è strettamente legato ai sacramenti, e per questo costituisce uno dei fondamenti su cui si fonda la religione
cattolica romana. Se voi considerate bene il potere spirituale che i preti hanno agli occhi dei loro parrocchiani vi
renderete conto il perché di questo attaccamento a loro;
ma anche vi renderete conto il perché il prete è temuto e
rispettato da tanti quasi che fosse Dio sulla terra. Attenzione però ai sofismi teologici di cui fanno uso i difensori del papismo: essi non negano che tutti i membri
della chiesa siano sacerdoti, ma distinguono le qualità
sacerdotali. Ecco le loro parole: ‘Occorre distinguere
accuratamente nella partecipazione dei membri della
Chiesa al sacerdozio di Cristo una duplice qualità sacerdotale: quella conferita dal carattere sacramentale
dell’ordine, da una parte; quella conferita dai caratteri
sacramentali del battesimo o della cresima, dall’altra..’.6
Ciance, solo ciance; non esiste questa duplice qualità
sacerdotale sotto la grazia; tutti i credenti sono sacerdoti, non esiste un ministerio sacerdotale come quello conferito dall’ordine.
1
1 Piet. 2:9,5
1 Piet. 3:1
3
1 Piet. 5:1
4
1 Piet. 5:5
2
5
Matt. 23:8-10
Citato da Bernardo Bartmann in op. cit., pag. 352
6
65
I sacramenti
Ora, per farvi comprendere come per i Cattolici i loro
sacerdoti sono una vera casta sacerdotale privilegiata e
separata dal popolo sottopongo alla vostra attenzione
queste parole del loro catechismo: ‘La dignità del Sacerdozio è grandissima per la sua potestà sul Corpo
reale di Gesù Cristo che rende presente nell’Eucarestia,
e sul Corpo mistico di Lui, la Chiesa che governa, con
la sua missione sublime di condurre gli uomini alla santità e alla vita beata (...) Qual venerazione merita dunque il Sacerdozio! Non per i meriti che il sacerdote abbia come uomo, ma perché ministro di Gesù Cristo e
dispensatore dei suoi misteri. Ricordate e pensate che i
più grandi favori spirituali li avete ricevuti e li ricevete
per mano del sacerdote. Egli vi ha battezzati e fatti cristiani; egli vi indirizza per la via del cielo, vi perdona
quando avete peccato, vi dà Gesù stesso nella santa
Comunione. Egli dovrà assistervi e confortarvi in morte,
e benedire alla vostra salma portata al cimitero’.1 Ecco
quali sono le menzogne che vengono insegnate ai Cattolici sul conto dei loro sacerdoti! Quindi, la curia romana
contorcendo con la sua abituale astuzia il significato
delle Scritture ha creato nel suo seno una casta sacerdotale appartata dal popolo. Essa, come sapete, per sostenerla prende come esempio i sacerdoti Leviti i quali erano stati appartati da Dio di mezzo al popolo d’Israele
per offrire sacrifici al suo nome a pro del popolo, per
offrire il profumo sull’altare e per ammaestrare gli Israeliti. Ma nei fatti i sacerdoti cattolici romani, secondo
il catechismo romano, sono superiori ai sacerdoti leviti
perché essi sono stati investiti ‘di tutti i poteri divini’2 e
fanno le veci di Dio sulla terra! Questa è la ragione per
cui questa casta sacerdotale possiede questa alta stima in
mezzo ai membri di questa organizzazione fino al punto
che le persone li chiamano ‘Padre’, perché viene fatta
passare come la casta sacerdotale istituita da Dio per
offrire i sacrifici (le messe) per i peccati del popolo. Perardi ardisce persino dire che ‘senza prete un paese è
moralmente morto’!3 Ma i fatti dimostrano che i paesi
qui in Italia anche con i preti sono moralmente e spiritualmente morti; e questo perché essi stessi sono morti
spiritualmente: i loro discorsi sono discorsi vuoti che
non conferiscono grazia a chi li ascolta, le loro pompose
funzioni sono opere morte, vi si può odorare l’odore
dell’incenso ma non l’odore della vita; vi si può odorare
il fetore che emanano le loro eresie ma non il profumo
della conoscenza di Dio! Andiamo alla loro vita privata:
essi hanno una condotta scandalosa essendo intemperanti ed insubordinati, molti di loro sono infatti sodomiti,
fornicatori; ed hanno un parlare fuori dal loro luogo di
culto che assomiglia a quello della gente più volgare che
esiste; taluni bestemmiano Dio e insultano pure Maria
con ogni sorta di male parole (e poi ci vengono a dire
che noi disprezziamo Maria!), e raccontano facezie
scurrili; è vero che non tutti tra loro raggiungono gli
stessi eccessi di dissolutezza, ma bisogna dire che comunque tutti sono schiavi dell’iniquità perché ancora
non hanno ubbidito al Vangelo. Parlando con loro ci si
rende conto di come essi siano lontani da Dio, senza
La chiesa cattolica romana
Cristo, morti nei loro falli e nelle loro trasgressioni; parlando con loro ci si rende conto come essi siano stati
sedotti dai loro superiori. Povere anime! Devono diventare dei Cristiani ma pretendono di fare diventare gli altri dei Cristiani; sono sulla via della perdizione e quelli
che si lasciano guidare da loro vanno in perdizione, ma
pretendono di indirizzare le anime per la via del cielo;
hanno bisogno di ravvedersi e di confessare le loro iniquità al Signore e pretendono di rimettere i peccati al
popolo! Sono stati sedotti e seducono, ma d’altronde
l’apostolo lo dice chiaramente: “I malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, seducendo ed essendo
sedotti”.4 O preti cattolici, rientrate in voi stessi; pentitevi dei vostri peccati, e invocate Cristo Gesù affinché
vi cancelli tutti i vostri peccati, e troverete riposo alle
anime vostre. E uscitevene subito dalla chiesa cattolica
romana per non essere partecipi dei suoi peccati.
La testimonianza di un ex-prete
Ecco come il fratello Fumagalli che ha fatto il prete cattolico per diversi anni, e quindi aveva ricevuto
l’ordinazione da parte del vescovo in base al sacramento
dell’ordine, parla del suo passato nella chiesa cattolica e
cosa dice a proposito della maniera in cui ha conosciuto
il Signore.5
Il Signore ‘ha operato una grande, una grande cosa nella
mia vita, mi ha salvato, mi ha fatto un suo figlio, e mi ha
riempito la vita, il mio cuore di gioia, di pace, quello
che non avevo mai avuto nella mia vita. Io ho fatto il
prete cattolico per quindici anni, quindi ho imparato, ho
studiato tutte le dottrine cattoliche, non solo, ma poi da
prete ero stato mandato in seminario per due anni, io ho
fatto professore di seminario per cinque anni, ho fatto
direttore spirituale di seminario per due anni, ho aperto
un collegio teologico a Londra, ma la mia vita era nel
buio e nelle tenebre e brancolavo nel buio. Ricordo che
dopo essere stato ordinato prete avevo guardato quei
libri sui quali avevo studiato per lunghi anni, tutti libri,
grossi libri, scritti in latino di teologia, di dogmatica, di
morale e sentivo come dentro di me una voce che mi
diceva: ‘Ma non ti rendi conto che tante cose che sono
scritte in quei libri non possono essere vere?’ Il Signore
stava già parlando al mio cuore anche se ero cieco, anche se ero stato indottrinato in tante cose che non avevano niente a che fare con la verità della Parola di Dio.
E ricordo che presi tutti quei libri e li andai a buttare
nella carta straccia. Però c’era in me un vuoto, la verità
non la conoscevo. Avevo la Bibbia ma ero cieco e non
la potevo intendere; non la potevo intendere perché mi
era stato insegnato che per intendere la Bibbia dovevo
fondarmi sul magistero della chiesa cattolica. Ora, la
Bibbia è l’unico libro al mondo che non si può avvicinare con la ragione, con l’intelletto e meno che meno con
la filosofia e la teologia. La Bibbia è l’unico libro che ha
come autore suo lo Spirito Santo, Dio stesso, gloria a
Gesù. Ora, la Bibbia dice anche che l’unico modo per
intenderlo si può solo fare questo quando lo Spirito di
1
4
2
5
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 561
Ibid., pag. 561
3
Ibid., pag. 562
66
2 Tim. 3:13
Queste sue parole le ho trascritte da una registrazione sonora
su audiocassetta.
I sacramenti
Dio apre la mente a intendere queste cose. Gloria al Signore. Ora, ricordo che dopo avere qui in Italia passato
sette anni come professore di seminario, come direttore
di seminario chiesi ai miei superiori di mandarmi in Africa nelle missioni. Credevo forse di trovarmi più realizzato in terra di missione, lavorando in un ambiente
totalmente estraneo, diverso da quello qui in Italia. Ma i
miei superiori mi proposero di andare negli Stati Uniti
per altri studi. Io accettai la proposta, e così, dopo avere
passato alcuni mesi in Inghilterra, Londra, dove ero stato mandato per aprire un collegio teologico, varcai
l’oceano nel gennaio del 1969, e nel settembre dello
stesso anno, sempre come prete, iniziai a studiare
all’università statale di New York, a Buffalo. Iniziai a
studiare antropologia, una disciplina complessa che studia l’uomo dalle sue origini fino ai problemi di maggiore attualità del giorno d’oggi. E così iniziai a studiare
anche l’uomo come è presentato dalla cosiddetta scienza, che l’uomo deriva dalla scimmia, è evoluto dalla
scimmia e da forme ancora inferiori a questa. Ora, come
prete cattolico, io non avevo nessun problema di coscienza a studiare queste cose perché la dottrina cattolica dice questo, nella enciclica Humani Generis di Pio
XII scritta nel 1950, che noi possiamo accettare, cioè la
chiesa cattolica, che l’uomo è venuto da forme inferiori;
per cui anche se avevo delle riserve nella mia mente mi
trovai un giorno a credere l’evoluzione in modo completo. Non solo, ma arrivai anche ad insegnarla
all’università. Io credevo, siccome mi ero reso conto di
non avere trovato la risposta a tanti problemi nella mia
mente nella dottrina cattolica, credevo di trovarla nella
scienza, studiando, ricercando, investigando, ma mi
rendevo conto che quanto più ricercavo, quanto più la
verità si allontanava da me, quanto più mi vedevo come
sprofondare in un pantano o nelle sabbie mobili, non
avevo alcun posto in cui mettere i miei piedi al sicuro. E
siccome non trovavo niente che mi appagasse, allora
iniziai a ricercare e a studiare anche nell’occulto, nella
parapsicologia, in altre religioni, nelle religioni orientali, studiare e investigare sugli ufo, praticavo yoga, leggevo e mi interessavo di astrologia, tutte queste cose, e
non sapevo che tutti questi campi sono campi che appartengono a Satana. Ero cieco, non conoscevo la Parola di
Dio; strano, ho fatto il prete quindici anni ma non conoscevo la Parola di Dio. Per cui non potevo ovviamente
né insegnarla e meno che meno praticarla. Per cui continuai a ricercare; poi andai in Africa. In Africa sarei dovuto andare per compiere una ricerca. Però prima di andare in Africa, ricordo che passai da Roma e richiesi ai
miei superiori di darmi un po’ di tempo libero per riflettere, per decidere sul futuro della mia vita, perché onestamente non mi sentivo più di fare il prete. Mi ero reso
conto che troppe cose non potevano essere vere, erano
storte, nella chiesa cattolica, ma i miei superiori mi invitarono a tramandare la mia decisione ultima, a riflettere
di nuovo. In questo stato d’animo andai in Africa, in
Kenya, e qui mi fermai per diciassette mesi. Compii
questa ricerca in mezzo ad una popolazione di pastori
nomadi nel Kenya settentrionale, e credo proprio che il
Signore mi dava l’opportunità in questo ambiente, un
ambiente al di fuori di tutte le pressioni nelle quali ero
vissuto fino allora, perché di lavoro me ne facevano fa-
La chiesa cattolica romana
re, e quanto più ne facevo, quanto più me ne davano da
fare. Ma non avevo tempo neppure per riflettere alle cose più importanti, diciamo che riguardavano la mia vita.
E qui ricordo, alla sera, anche se lavorai seriamente per
questa ricerca, avevo tempo, tempo per riflettere, per
pensare, soprattutto per dare ascolto a tutte quelle onde
tumultuose della mia anima che affioravano e che mi
facevano vedere che la mia vita era un vita da ipocrita,
una vita da disonesto, perché oramai avevo visto, avevo
realizzato, mi ero reso conto che troppe cose nella chiesa cattolica erano storte e io ero ancora dentro. Per cui
riconobbi e mi resi conto che potevo fare un unica scelta
onesta, ed era quella di lasciare la chiesa cattolica, di
lasciare di fare il prete, sapevo che mi sarei messo contro i miei superiori, i miei colleghi, i miei parenti, i miei
amici, un po’ tutti, ma onestamente a questo punto più
non mi interessava e decisi; decisi che me ne sarei andato. E a questo punto accadde una cosa strana, ma meravigliosa nella mia vita. Fino ad allora, da quando ero
entrato in seminario, m’avevano detto: ‘Se tu lasci la
chiesa cattolica, se tu non diventi prete, mi dicevano allora, Dio non può che maledire la tua vita. Certo, questo
è un modo molto... è ... io ero entrato in seminario a nove anni, sono cose tristi, ma la verità bisogna dirla perché oggi troppe ipocrisie sono predicate un po’ da tutti i
pulpiti e anche dai mezzi, diciamo, i mass media. Ma la
verità è l’unica che può liberare l’uomo, e la verità è una
persona, è Gesù Cristo, gloria al suo santo nome, alleluia. Ora, decisi, anche se m’avevano detto che il Signore m’avrebbe maledetto, che non sarei più potuto vivere
in pace, io quando decisi di uscirmene dalla chiesa cattolica provai una pace così profonda e così grande che
non avevo mai conosciuto prima. Non solo, ma mi sentii
liberato in quel momento, liberato da un oppressione, da
catene che gravavano sopra di me e ora intendo il significato di tutto questo. Io credo che per la prima volta in
vita avevo dato ascolto alla voce di Dio che mi diceva:
‘Esci, esci da dove sei’. E avevo per la prima volta ubbidito alla voce di Dio senza guardare né a destra né a
sinistra, senza guardare a quello che avrebbero potuto
dire colleghi, superiori, parenti o amici, gloria al Signore, ed ero stato liberato anche in quel momento da uno
dei più grandi gioghi, il giogo della religione organizzata, nel caso mio della religione cattolica romana. Terminata la mia ricerca in Africa tornai negli Stati Uniti, in
America, e qui mi trovai da solo, però tutto questo non
mi scoraggiava perché mi sentivo perlomeno libero da
questo giogo. Mi adattai a fare un po’ di tutto, poi ottenni un posto d’insegnamento part-time all’università.
E così decisi che avrei perseguito nel mondo una carriera come professore di università. Terminai i miei studi,
ottenni il grado accademico più alto che danno le università americane, e credevo in questo modo di farmi
una carriera nel mondo, di farmi un nome, ma grazie al
Signore che egli aveva un piano molto più grande per
me. Divenni agnostico, non credevo quasi più a niente,
buttai a mare quasi tutto quello in cui credevo prima.
Però c’era un vuoto in me, e soprattutto certi momenti,
anche quando avevo cercato di trovare nei piaceri o in
altro, soddisfazione, io sentivo come un vuoto, un vuoto
che mi schiacciava, un vuoto che mi opprimeva (...) finché un giorno comprai un libro, un libro che è stato tra-
67
I sacramenti
dotto anche in italiano, dal titolo Addio terra, ultimo
pianeta, di Hal Lindsey. Iniziai a leggere questo libro
con senso molto critico, questo era all’inizio del 1979,
ma poi mi dovetti fermare. Mi trovavo di fronte per la
prima volta in vita a un qualche cosa che la mia ragione
non poteva spiegare e cioè delle profezie che scritte
2500, 2600 anni fa si avveravano ora sotto i mie occhi e
con la mia ragione non potevo spiegare queste cose. Io
conoscevo dalla scienza che neppure il più grande
scienziato del mondo può prevedere con certezza quello
che può accadere all’indomani. Sapevo quindi che nessun uomo al mondo poteva fare questo, per cui in quel
momento il Signore mi mise come con le spalle al muro,
io dovetti ammettere in quel momento che la Bibbia doveva per forza di cose essere vera e che poteva venire
solo da Dio. I preti non credono alla Bibbia, io non credevo alla Bibbia, perché mi avevano indottrinato a mettere la tradizione cattolica, i dogmi cattolici, le dottrine
cattoliche, teoricamente, si dice, alla pari della Bibbia,
ma praticamente e di fatto sono al di sopra della Bibbia.
E questo lo so perché ho fatto il prete quindici anni. E’
una cosa molto triste questa. Ecco perché Satana è riuscito a tenere incatenate tante anime nelle tenebre, nella
menzogna, perché la verità è vietata loro. E anche quando si accostano alla Bibbia si accostano sempre indottrinati da filosofie e dottrine umane. Ora, in quello stesso
momento il Signore ebbe misericordia di me, e aprì la
mia mente e toccò il mio cuore e in quel momento io mi
vidi quello che ero, ero un peccatore ed ero perduto, per
me non ci sarebbe, non c’era speranza di salvezza, anche se volevo fare del mio meglio per contribuire nel
mondo della ricerca, dell’insegnamento e pubblicazione,
a migliorare situazioni di popoli, soprattutto di popolazioni del terzo mondo. Lo Spirito Santo mi convinse di
peccato, di giustizia e di giudizio, ero perduto, e c’era
un’unica possibilità di salvezza per me, Gesù Cristo che
era andato a morire alla croce per i miei peccati. E in
quel momento intesi che dovevo fare una scelta, o gridare a Gesù o andare in perdizione. E in quel momento
uscì dal mio cuore una preghiera: ‘Gesù, perdona tutti i
miei peccati ed entra nel mio cuore come mio Signore e
Salvatore’. E in quel momento sperimentai veramente
una cosa meravigliosa, in quel momento mi sentii pulito
da ogni peccato, mi sentii lavato da tutte quelle colpe,
peccati che gravavano su di me, che pesavano su di me.
Li avevo confessati tante volte, ma erano sempre con
me; avevo fatto confessioni generali tante volte, ma quei
peccati nessuno me li aveva tolti perché solo uno può
togliere i nostri peccati, è Gesù, l’Agnello di Dio che
toglie il peccato del mondo, gloria al suo santo nome,
Alleluia Gesù, alleluia. E in quel momento io mi sentii
nascere di nuovo. In me entrò una gioia così grande che
dovetti inginocchiarmi e piangendo di gioia, veramente
assaporare l’opera grande che Gesù aveva compiuto in
me in quel momento, mi aveva salvato, per grazia, per
quella fede che avevo posto in lui, egli mi aveva salvato
e in me entrò la certezza che ero stato salvato in quel
momento. Da prete io mi domandavo: ‘La salvezza che
cosa è? Non lo sapevo. E io sono andato da tanti preti
dopo che il Signore mi ha salvato a parlare di Gesù, della salvezza, della necessità della nuova nascita, e i preti
non lo sanno, non sanno, non sanno cosa significa sal-
68
La chiesa cattolica romana
vezza, non sanno cosa significa nuova nascita. Questo è
triste (...) io vi confesso che detesto il sistema della religione cattolica romana perché porta in perdizione tante
anime (...). Sì, in quel momento io ebbi la certezza che
ero salvato e ricordo che la prima cosa che dissi a me
quando tornai al mio tavolo di studio, io mi dissi: ‘La
salvezza è così semplice, come mai nessuno mi ha mai
parlato di queste cose prima?’ Gloria al Signore, alleluia
(...) da quel giorno che accettai Gesù nel mio cuore lo
Spirito di Dio è entrato in me ed egli mi ha aperto gli
occhi e sapevo ora con certezza che la verità era la Bibbia, la Parola di Dio. Per cui iniziai a studiare la Parola
di Dio, e ora intendevo, la capivo, quello che prima invece non intendevo (...) poi richiesi il battesimo in acqua; dopo due mesi circa che il Signore mi aveva salvato il Signore mi battezzò di Spirito Santo (...) Il Signore
presto tornerà; ma sei tu pronto? Questo, sei tu pronto?
Io non ero pronto. Ho fatto quindici anni il prete, avevo
studiato tanto, fossi morto da prete sarei andato diritto in
perdizione, diritto, perché non c’è il purgatorio. Il purgatorio è un’invenzione dei preti, sono stati ingannati
loro, ingannano gli altri. La Scrittura dice chiaramente è
stato stabilito che gli uomini muoiano una volta sola e
poi viene il giudizio; ora, se uno ha accettato Gesù Cristo come suo personale Signore e Salvatore Gesù lo lava
dai suoi peccati, se lo lava dai suoi peccati quale pena
c’è da pagare? Ha già pagato tutto lui; alla croce, il Signore ha fatto l’opera completa, prima di morire ha detto: ‘E’ compiuto!’ E’ compiuto!’ E’ compiuto!’ Gloria
al Signore, alleluia! (...) Il Signore è stato buono con me
...’.
La gerarchia ecclesiastica romana a confronto con la
Scrittura
Che dice la Scrittura? Conferma o smentisce questa gerarchia ecclesiastica esistente in seno alla chiesa romana? Innanzi tutto essa dice che in seno alla Chiesa non
c’é nessuna casta dominante suddivisa in gradi gerarchici come c’é tra i Cattolici e le religioni orientali, perché tutti i credenti, benché abbiano dei doni differenti
secondo la grazia che Dio ha dato loro, hanno uguale
importanza davanti a Dio. Nessuno infatti può dire di
essere tenuto da Dio in maggiore considerazione di un
altro. A conferma di ciò vi ricordo che Paolo ai Galati,
parlando di coloro che godevano di particolare considerazione fra la Chiesa (cioè Giacomo, Cefa e Giovanni),
dice: “Quali già siano stati a me non importa; Iddio non
ha riguardi personali”.1 Come ho detto prima i credenti
hanno dei doni differenti, e questo perché “il corpo non
si compone di un membro solo, ma di molte membra”2
che hanno delle funzioni diverse a secondo della misura
del dono largito da Cristo.
Vediamo quindi quali siano gli uffici stabiliti da Dio
nella sua Chiesa: Paolo dice ai Corinzi: “Dio ha costituito nella Chiesa primieramente degli apostoli; in secondo
luogo dei profeti; in terzo luogo de’ dottori; poi, i miracoli; poi i doni di guarigione, le assistenze, i doni di go1
Gal. 2:6
1 Cor. 12:14
2
I sacramenti
verno, la diversità delle lingue”,1 ed agli Efesini: “Ed é
lui che ha dato gli uni, come apostoli; gli altri, come
profeti; gli altri, come evangelisti; gli altri, come pastori
e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera
del ministerio, per la edificazione del corpo di Cristo”.2
Gli apostoli sono coloro che vengono mandati dallo Spirito Santo a predicare in altre nazioni,3 essi fondano delle chiese e fanno eleggere per ciascuna Chiesa degli anziani.
I profeti sono coloro che hanno ricevuto il dono di profezia e dei doni di rivelazione (che sono: dono di parola
di sapienza, dono di parola di conoscenza, e dono del
discernimento degli spiriti).
I dottori sono coloro che insegnano accuratamente le
dottrine contenute nella Scrittura.
Gli evangelisti4 sono coloro che vanno di città in città ad
annunziare l’Evangelo con i doni di guarigioni, e cacciano i demoni nel nome di Gesù.
I pastori sono coloro che devono pascere il gregge di
Dio, assieme agli anziani (che vengono chiamati in greco presbyteros e corrispondono ai vescovi);5 essi si
prendono cura delle pecore e le ammaestrano.
I diaconi,6 sono preposti a svolgere servizi assistenziali
di vario genere a pro dei pastori e degli anziani e dei
poveri e delle vedove. Essi non devono avere la capacità
di insegnare per ricoprire questo ufficio, e perciò questo
ufficio può essere ricoperto anche da delle donne.
Come potete vedere non sono menzionati né l’ostiariato,
né il lettorato, né l’esorcistato, né l’accolitato, e neppure
il suddiaconato, e neppure il cardinalato, e meno che
meno il papa.
Per quanto riguarda poi il presbiterato cattolico occorre
dire che esso non è quello della Scrittura, perché oltre
alle ragioni sopra esposte, la Scrittura non fa distinzione
tra presbiteri e vescovi; infatti i vescovi sono i presbiteri, e i presbiteri sono i vescovi. Quindi anche questi termini, quando usati dai teologi cattolici, non si riferiscono all’ufficio di cui parla la Scrittura. Per quanto riguarda il diaconato bisogna dire una cosa simile; il nome
dell’ufficio è scritturale, ma, oltre a dire che i loro diaconi sono increduli come i loro preti, i diaconi cattolici
non adempiono affatto le funzioni che deve esercitare
un vero diacono. Basta ricordare che devono servire il
sacerdote nella messa solenne per rendersi conto che
divario esista tra il diaconato biblico e quello del cattolicesimo.
Le accuse rivolteci confutate
Vediamo ora di confutare le accuse che ci lanciano i
Cattolici.
1
1 Cor. 12:28
Ef. 4:11,12
3
Il termine greco apostolos significa ‘messaggero’.
4
Evangelista deriva dal greco euaggelistes che significa ‘portatore di buone notizie’.
5
Il termine anziano (in greco presbyteros) sta ad indicare l’età
matura del credente, mentre il termine vescovo l’ufficio che
egli ricopre perché la parola greca episkopos significa ‘sorvegliante’ o ‘guardiano’.
6
Il termine deriva dal greco diakonos che significa ‘servitore’.
2
La chiesa cattolica romana
La prima accusa che i Cattolici romani ci lanciano è
questa: ‘I Protestanti non hanno veri vescovi anche se
ne portano il nome e quindi neppure veri sacerdoti’. Così dicendo essi mostrano di non conoscere le Scritture.
Ora, le Chiese di Dio hanno degli anziani a pascerle i
quali vengono anche chiamati vescovi; questo è quello
che si deduce dal fatto che Paolo quando vennero a lui
gli anziani della Chiesa di Efeso che lui aveva mandato
a chiamare da Mileto, li chiamò vescovi secondo che é
scritto: “Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo
al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio...”.7 Quindi l’anziano ricopre
l’ufficio di vescovo. Ma oltre a ciò bisogna dire che colui che ambisce all’ufficio di vescovo nella Chiesa deve
avere dei particolari requisiti senza i quali non può ricoprire quest’ufficio. Paolo spiega questo a Timoteo
quando gli dice: “Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, costumato, ospitale, atto ad insegnare, non dedito al
vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non amante
del danaro, che governi bene la propria famiglia e tenga
i figliuoli in sottomissione e in tutta riverenza (che se
uno non sa governare la propria famiglia, come potrà
aver cura della chiesa di Dio?), che non sia novizio, affinché, divenuto gonfio d’orgoglio, non cada nella condanna del diavolo. Bisogna inoltre che abbia una buona
testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada in
vituperio e nel laccio del diavolo”.8 Quindi non ha nessun fondamento l’accusa rivoltaci, appunto perché quei
credenti che sono stati eletti dalla Chiesa anziani perché
possedenti tutte le caratteristiche enumerate da Paolo
sono dei vescovi che sono stati costituiti tali dallo Spirito Santo. Essi portano il nome di vescovi perché lo sono
secondo l’insegnamento della Scrittura.
Un’altra calunnia lanciataci dai Cattolici è che noi non
abbiamo veri sacerdoti. Essa si fonda sul significato errato che essi danno alla parola sacerdote sotto il Nuovo
Patto. Per loro un sacerdote è uno che offre sacrifici per
i peccati del popolo come facevano i sacerdoti Giudei
(perciò chi ministra la messa) e che possiede ‘il potere
di rimettere i peccati’. Ma noi non abbiamo di questi
sacerdoti e neppure ne vogliamo perché sappiamo che
non ce n’è affatto bisogno nella Chiesa di Dio dato che
il sacrificio di Cristo è stato offerto una volta per sempre
per i nostri peccati e che nessuno ha il potere di rimetterci i peccati che commettiamo all’infuori di Dio stesso. Si tengano i loro sacerdoti; quanto a noi riconosciamo come sacerdoti tutti i figliuoli di Dio lavati con il
sangue dell’Agnello perché essi lo sono perché offrono
sacrifici spirituali accettevoli a Dio per mezzo di Gesù
Cristo (badate che questi sacrifici non vengono offerti
né per espiazione e neppure per meritarsi il perdono di
Dio, ma come segno di riconoscenza in verso Dio essendo il frutto portato dalla Parola di Dio piantata in
noi).
Per concludere: la chiesa romana possiede una gerarchia
cosiddetta sacra che appare maestosa ed affascinante a
tutti coloro che non conoscono la verità; bisogna riconoscere che essa riesce a colpire le persone con tutti quei
7
Atti 20:28
1 Tim. 3:2-7
8
69
I sacramenti
riti di iniziazione che la concernono e con tutti i suoi
abiti sacerdotali, ma nonostante tutto ciò bisogna dire
che essa non trova riscontro nella Parola di Dio.
Lo so, sembra tutto vero nella chiesa romana, anche la
gerarchia di cui essa è composta a prima vista sembra
ordinata da Dio, ma questa è solo una vana apparenza
perché essa non è stata istituita da Cristo Gesù. I teologi
papisti cercano pure di spiegare il tutto con le Scritture
ma i loro ragionamenti non vengono affatto confermati
dalle Scritture ma vengono smentiti da esse.
Quindi, noi non riconosciamo il papa quale successore
di Pietro, non riconosciamo il cardinalato come istituzione divina, non riconosciamo i vescovi cattolici come
veri vescovi, non riconosciamo i preti come veri presbiteri, non riconosciamo i loro diaconi come veri diaconi,
e non riconosciamo neppure gli altri loro ordini come il
suddiaconato, l’ostiariato, il lettorato, l’esorcistato, e
l’accolitato. In altre parole non riconosciamo la gerarchia cattolica come una gerarchia voluta e ordinata da
Dio per il suo popolo.
L’imposizione del celibato ai chierici è una dottrina di
demoni
Vediamo ora di confutare mediante le Scritture la dottrina del celibato forzoso. Paolo disse a Timoteo: “Ma lo
Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni
apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e
a dottrine di demonî per via della ipocrisia di uomini
che proferiranno menzogna, segnati di un marchio nella
loro propria coscienza; i quali vieteranno il matrimonio....”.1 Quindi la dottrina che vieta il matrimonio ai
preti e ai diaconi è diabolica! Ma perché il dogma che
nega ai preti e ai diaconi di sposarsi é una dottrina di
demoni che contrasta la verità? Perché quello di non
sposarsi, ossia il celibato, é un dono che procede da Dio
e non qualcosa che degli uomini hanno il diritto di imporre ad altri, infatti Gesù ha detto che “non tutti son
capaci di praticare questa parola” (quella di non prendere moglie) “ma quelli soltanto ai quali é dato”,2 e Paolo
ha detto: “Io vorrei che tutti gli uomini fossero come
son io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno
in un modo, l’altro in un altro”.3
Qual’è il risultato che porta l’imposizione del celibato ai
preti? Questo; che i preti si abbandonano all’impurità ed
alla fornicazione scandalizzando così le persone; ma
d’altronde Paolo lo ha detto chiaramente perché l’uomo
deve sposarsi: “Per evitar le fornicazioni, ogni uomo
abbia la propria moglie...”.4 Non c’é dunque da meravigliarsi se poi coloro a cui viene imposto il celibato si
abbandonano all’impurità ed alla fornicazione. Noi siamo giunti alla conclusione che siccome Paolo dice ai
celibi: “Ma se non si contengono, sposino; perché è meglio sposarsi che ardere”,5 la chiesa romana con il suo
dogma sul celibato non fa altro che affermare che per i
1
1 Tim. 4:1-3
Matt. 19:11
3
1 Cor. 7:7
4
1 Cor. 7:2
5
1 Cor. 7:9
2
70
La chiesa cattolica romana
preti è meglio ardere che sposarsi.6 Per l’ennesima volta
la curia romana ha voltato le spalle alla verità! Ma quello che riscontriamo ancora una volta nel parlare della
curia romana sul celibato è l’ennesimo parlare contraddittorio. Perché? Perché da un lato essa afferma che il
celibato è un dono che viene da Dio (lo chiamano dono
di castità) e dall’altro afferma che la chiesa lo esige da
tutti coloro che ambiscono al sacerdozio e che sono entrati nel sacerdozio! Ma se il celibato è un dono perché
imporlo e non lasciarlo facoltativo? Imporre a qualcuno
un dono di Dio, come nella realtà fa la curia romana con
i suoi sofismi, è una cosa assurda: è come dire a qualcuno che non ha il dono di potenza di operare miracoli che
deve fare miracoli! E’ come dire a un credente che non
ha il dono di profezia che deve per forza di cose profetizzare perché questo è un dono di Dio! Ma Paolo ha
detto ai Romani: “Se abbiamo dono di profezia, profetizziamo...”,7 quindi se non abbiamo il dono di profezia
non possiamo metterci a profetizzare. Nella stessa maniera, se uno ha il dono di non sposarsi non si sposi, ma
chi non ce l’ha si sposi per non cadere nella fornicazione. Ma noi vogliamo anche dire a tale proposito che la
facoltà di non sposarsi non viene data da Dio ad alcuni
perché questi la chiedono a Dio, ma indipendentemente
dalla loro volontà ossia perché Dio ha decretato di non
farli sposare. Ma poniamo anche il caso che uno domandi a Dio il dono di non sposarsi: chi ha detto che
Dio per forza di cose glielo concederà? La Scrittura dice
che “questa è la confidanza che abbiamo in lui: che se
domandiamo qualcosa secondo la sua volontà, Egli ci
esaudisce; e se sappiamo ch’Egli ci esaudisce in quel
che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli
abbiamo domandate”;8 quindi, quand’anche un credente
chiedesse a Dio il dono di non sposarsi, egli sarà esaudito solo se questa è la volontà di Dio in verso lui. Ma non
così insegna la curia romana che afferma che Dio non
glielo negherà. Ma la falsità di questa affermazione è
evidente: i sacerdoti cattolici sono entrati nell’ordine
pensando di avere il dono del celibato perché Dio glielo
aveva concesso per svolgere le loro funzioni sacerdotali,
6
Si tenga presente che un prete che commetta fornicazione o
che commetta regolarmente adulterio è malvisto nella chiesa
romana ma può tranquillamente continuare a svolgere il suo
ufficio, mentre se egli dovesse sposarsi allora non può più adempiere il suo ufficio di prete perché non c’è dispensa che gli
possa permettere di avere moglie e fare nello stesso tempo il
prete! Ecco come il loro papa Gregorio si è espresso: ‘Si dimanda, se i Presbiteri, avendo molte concubine, si devono
considerare bigami? Risponde, che per avere più concubine
non incorrono nell’irregolarità di bigamia, anzi il vescovo,
come fa coi fornicatori, può concedere loro la dispensa, e così
possono esercitare il loro ufficio. Nota, che colui che ha molte
concubine, non incorre nell’irregolarità. Ed è cosa maravigliosa, che chi pecca in questo modo è dispensato, ma chi non
pecca in quell’altro modo (cioè se prende moglie) non è dispensato’ (Decret. Gregor., lib. I, de Bigam., tit, 21, cap. 7,
‘Quia circa’). Non è questo un disprezzo verso il matrimonio?
Certo che lo è perché si ritiene che la fornicazione e il matrimonio per un prete siano ambedue un male, anzi che la fornicazione sia un male minore del matrimonio perché non gli impedisce di continuare a fare il prete!!
7
Rom. 12:6
8
1 Giov. 5:14,15
I sacramenti
e poi essi si sono resi conto di essere privi di questo dono. Ecco le prove che questa affermazione è l’ennesima
menzogna nella quale la curia romana induce milioni di
persone a credere!
Ma vediamo ora di esaminare mediante le Scritture la
ragione addotta a favore dell’imposizione del celibato; e
cioè che il celibato sia necessario ai sacerdoti, o meglio
indispensabile per servire Dio in maniera fedele e santa.
Prescindendo dal fatto che i sacerdoti cattolici non servono a Dio e che è diabolico imporgli il celibato, noi, da
quello che insegna la Scrittura deduciamo in maniera
evidente che si può servire Dio nella Chiesa degnamente
anche da sposati e non solo da celibi (ossia con il dono
del celibato ricevuto da Dio). Se così non fosse, Paolo
non avrebbe mai detto a Timoteo che sia i vescovi che i
diaconi devono essere mariti di una sola moglie e devono governare bene le loro famiglie, (facendo implicitamente intendere che essi devono essere sposati). Ma poi
c’è un’altra cosa da dire; Paolo a Tito ha detto che
l’anziano (ossia il vescovo) oltre che marito di una sola
moglie, per essere assunto in questo ufficio, deve essere
anche giusto, santo, e temperante; ciò significa che il
vescovo anche da sposato può essere giusto, santo e
temperato in ogni cosa, e che il matrimonio non è qualcosa che lo terrebbe di conseguenza lontano dalla giustizia e dalla santità e dalla temperanza. Certamente, se
il vescovo doveva essere celibe e non sposato, perché
questo suo stato sarebbe stato indispensabile per essere
giusto santo e temperato, Paolo non avrebbe detto tali
cose a Tito. Sempre per confermare ciò ricordiamo che
Paolo a Timoteo quando gli parla di come devono essere i vescovi e i diaconi per essere assunti gli dice: “Anche questi siano prima provati; poi assumano l’ufficio di
diaconi se sono irreprensibili”;1 il che significa che i
candidati (sposati) al vescovato e al diaconato, dopo che
sono stati provati per un certo tempo possono essere
trovati irreprensibili, cioè senza colpa, e questo quantunque siano sposati e abbiano famiglia. Tutto ciò fa capire che il matrimonio non è una distrazione tale da fare
di conseguenza vivere in maniera ingiusta e empia e intemperante chi lo ha contratto e perciò chi è sposato non
può assumere l’ufficio di vescovo o diacono nella Chiesa di Dio. E poi anche gli apostoli erano sposati (tranne
che Paolo e Barnaba) secondo che dice Paolo ai Corinzi:
“Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno con noi
una moglie, sorella in fede, siccome fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”.2 Che Pietro
fosse sposato lo attesta anche Matteo quando parla della
guarigione di sua suocera: “Poi Gesù, entrato nella casa
di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva in letto con
la febbre; ed egli le toccò la mano e la febbre la lasciò”.3
Eppure gli apostoli erano degli uomini santi perché si
santificavano nel timore di Dio e non davano motivo di
scandalo in cosa alcuna! Questa è un ulteriore conferma
che essere sposati ed avere relazioni carnali con la propria moglie non significa camminare secondo la carne e
non potere piacere a Dio.
1
1 Tim. 3:10
1 Cor. 9:5
3
Matt. 8:14
2
La chiesa cattolica romana
Ma a queste Scritture del Nuovo Patto che sono nettamente in favore del matrimonio pure dei vescovi e dei
diaconi, vogliamo pure aggiungere altre Scritture
dell’Antico Patto che confermano la stessa cosa; e cioè
che si può essere sposati ed essere dei fedeli e santi servitori di Dio nella sua casa.
Noè, che Pietro chiama, predicatore di giustizia, e che la
Scrittura dice che “fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi”,4 era sposato con figli.
Mosè che era profeta e che lo scrittore agli Ebrei dice
che “fu bensì fedele in tutta la casa di Dio come servitore per testimoniar delle cose che dovevano esser dette”,5
era sposato e aveva dei figli.
Aaronne, il sommo sacerdote era sposato secondo che è
scritto: “Aaronne prese per moglie Elisceba, figliuola di
Amminadab, sorella di Nahashon; ed ella gli partorì
Nadab, Abihu, Eleazar e Ithamar”.6 Secondo la legge il
sommo sacerdote si poteva sposare. Ricordiamo che il
sommo sacerdote era l’unico che poteva entrare nel luogo santissimo, cioè nel luogo al di là del velo dove si
trovava l’arca; che vi entrava una volta all’anno e che vi
entrava con il sangue che doveva servire a fare
l’espiazione dei peccati del popolo.
Isaia, anche lui profeta, era sposato perché è scritto:
“M’accostai pure alla profetessa, ed ella concepì e partorì un figliuolo”.7
Osea, anche lui profeta, era sposato perché è scritto:
“Quando l’Eterno cominciò a parlare a Osea, l’Eterno
disse ad Osea: Và, prenditi per moglie una meretrice, e
genera dei figliuoli di prostituzione...”.8
Il profeta Ezechiele era pure lui sposato secondo che è
scritto: “La mattina parlai al popolo, e la sera mi morì la
moglie...”.9
Vogliamo concludere dicendo questo; la curia romana
afferma che i sacerdoti cattolici romani sono come i sacerdoti leviti dell’Antico Patto in un certo senso, ma essi
dimenticano volontariamente che anche i sacerdoti leviti, che offrivano i sacrifici a pro del popolo, erano sposati e si potevano sposare. Ricordiamo a proposito dei
sacerdoti, che Zaccaria, il padre di Giovanni il Battista,
era un sacerdote della muta di Abia e che era sposato
con Elisabetta che era delle figlie d’Aaronne. Ed “erano
ambedue giusti nel cospetto di Dio, camminando irreprensibili in tutti i comandamenti e precetti del Signore”.10 Vedete? Egli era un sacerdote sotto l’Antico Patto,
era sposato eppure camminava irreprensibile in tutti i
precetti del Signore.
Adesso spieghiamo alcune Scritture prese dalla curia
romana a sostegno del celibato forzoso.
Per quanto riguarda il fatto che Dio vietò a Geremia di
sposarsi secondo che è scritto: “La parola dell’Eterno mi
fu rivolta in questi termini: Non ti prender moglie e non
aver figliuoli né figliuole in questo luogo”,11 bisogna
4
Gen. 6:9
Ebr. 3:5
6
Es. 6:23
7
Is. 8:3
8
Os. 1:2
9
Ez. 24:18
10
Luca 1:6
11
Ger. 16:1,2
5
71
I sacramenti
dire innanzi tutto che fu Dio a vietargli di sposarsi e non
il sommo sacerdote del tempo o qualcun altro, e poi che
questo ordine specifico di Dio in verso lui aveva la seguente motivazione: “Poiché così parla l’Eterno riguardo ai figliuoli e alle figliuole che nascono in questo paese, e alle madri che li partoriscono, e ai padri che li generano in questo paese: Essi morranno consunti dalle
malattie, non saranno rimpianti, e non avranno sepoltura; serviranno di letame sulla faccia del suolo; saranno
consumati dalla spada e dalla fame, e i loro cadaveri saran pasto agli uccelli del cielo, e alle bestie della terra”.1
Quindi Dio vietando a Geremia di sposarsi e di avere
figli volle risparmiargli altre afflizioni.
Vogliamo dire anche qualcosa attorno alle parole di Gesù: “Figliuole di Gerusalemme, non piangete per me, ma
piangete per voi stesse e per i vostri figliuoli. Perché ecco, vengono i giorni nei quali si dirà: Beate le sterili, e i
seni che non han partorito, e le mammelle che non hanno allattato...”.2 Con queste parole Gesù non ordinò alle
vergini di non maritarsi e neppure proclamò beate le
donne che erano sterili perché altrimenti avrebbe contraddetto la verità dato che secondo la legge la donna
era libera di sposarsi e colei che era sterile non era considerata una donna beata. Gesù volle dire solo che
quando Gerusalemme sarebbe stata atterrata dalle legioni romane sarebbe avvenuto che per il fatto che le donne
che avevano partorito figli e figlie sarebbero rimaste
prive dei loro figli, allora in quei giorni le sterili che non
avevano potuto partorire e allattare sarebbero state proclamate felici perché non avrebbero subito quella privazione dolorosa.
Per quanto riguarda le parole di Paolo: “Chi non è ammogliato ha cura delle cose del Signore, del come potrebbe piacere al Signore; ma colui che è ammogliato,
ha cura delle cose del mondo, del come potrebbe piacere
alla moglie”,3 parole che vengono prese per esaltare il
celibato e disprezzare il matrimonio, vogliamo dire che
Paolo con esse ha voluto soltanto dire che chi non è
ammogliato è privo di quelle sollecitudini che sono presenti invece in colui che è ammogliato; e perciò può dedicare maggiore tempo alle cose del Signore non avendo
moglie e figli di cui prendersi cura. Certo, per esempio
chi non è ammogliato nei viaggi che fa a motivo del
Vangelo è più libero di uno che viaggia per lo stesso
motivo con moglie e figli; e nelle persecuzioni non ha
da pensare anche alla sorte della sua moglie e dei suoi
figli; ma questo non fa del celibe una persona più santa
di colui che è sposato o una persona più felice di colui
che è ammogliato. Un’altra ragione per cui Paolo consigliava ai celibi di rimanere in quello stato era per risparmiargli la tribolazione nella carne che avrebbero
patito se si fossero sposati infatti dice: “Tali persone avranno tribolazione nella carne, e io vorrei risparmiarvela”;4 ma anche qui bisogna dire che la tribolazione
nella carne presente in coloro che si sposano non è qualcosa che degrada il matrimonio rispetto al celibato.
Lungi da noi il pensare che il matrimonio sia da di-
La chiesa cattolica romana
sprezzare perché procura tribolazione nella carne a chi
lo contrae, o perché, “colui che è ammogliato, ha cura
delle cose del mondo, del come potrebbe piacere alla
moglie”5 (motivo che viene vanamente addotto a sostegno del celibato forzoso); perché è altresì scritto: “Sia il
matrimonio tenuto in onore da tutti”.6 Quindi anche il
matrimonio dei ministri di Dio, dei vescovi e dei diaconi, deve essere tenuto in onore. Per concludere, rimane
il fatto che Paolo non ha imposto il celibato a nessuno,
ma ha detto di non prendere moglie a chi ha ricevuto il
dono di non sposarsi, e di sposarsi a chi arde e sente di
non avere il dono di non sposarsi assicurandogli che,
così facendo, egli non peccherà secondo che è scritto:
“Se però prendi moglie, non pecchi”.7
Quanto a voi, o preti intemperanti che ardete, convertitevi dagli idoli al Signore, uscite da questo pseudosacerdozio cristiano e sposatevi; allora sarete dei veri sacerdoti nel cospetto di Dio e smetterete di ardere.
Infine, dobbiamo dire che il celibato è sempre stato argomento di viva discussione in seno alla chiesa romana
perché non tutti sono stati d’accordo sull’opportunità di
imporlo. Ci sono molti prelati oggi nella chiesa latina
che vorrebbero che il celibato fosse reso facoltativo. Ma
fino a quest’oggi ha prevalso l’imposizione che ha prodotto scandali di ogni genere in seno alla chiesa romana
da che è stata assunta. Ma che fanno molti preti costretti
a vivere celibi contro la loro volontà? Chiedono la dispensa per potersi sposare; preferendo sposarsi e lasciare il sacerdozio cattolico anziché continuare ad abbandonarsi alla fornicazione ed all’impurità. Tra il 1963 e il
1969, sotto Paolo VI, più di ottomila sacerdoti chiesero
la dispensa dai voti, mentre altri tremila lasciarono il
sacerdozio senza aspettare il permesso. Anche sotto
Giovanni Paolo II molti preti hanno abbandonato il sacerdozio per potersi sposare. Ora, viene di domandarsi:
Ma perché dinanzi a tutti gli scandali operati dai preti,
molti dei quali vivono con la propria concubina, e dinanzi a tutte le richieste di dispensa che ogni anno vengono inoltrate da tanti preti, e dinanzi all’abbandono del
sacerdozio da parte di molti preti senza aspettare il permesso, la curia romana continua a imporre il celibato?
Che utile ne ricava? Non va a suo danno? Certo che va a
suo danno per molti versi, ma non bisogna dimenticarsi
che la chiesa papale mediante il celibato forzoso difende
i suoi interessi economici e finanziari. Mi spiego meglio
facendo questo esempio: perché la chiesa romana tollera
che un prete vivi fornicando rimanendo nello stesso
tempo al suo posto, mentre non tollera che un prete si
possa sposare e rimanere a compiere il suo ufficio di
sacerdote? La ragione è perché la concubina di un prete
non può avanzare nessuna pretesa sui beni ecclesiastici
alla morte del prelato, mentre una moglie sì. Quindi la
chiesa romana si usa del celibato forzoso per mantenere
la proprietà di tutti i suoi beni accumulati nel corso del
tempo.8 Ma un’altra ragione per cui la curia romana im5
1 Cor. 7:33
Ebr. 13:4
7
1 Cor. 7:28
8
Pelagio II (579-590), dopo che il concilio di Tours (567) aveva decretato che qualsiasi ecclesiastico che avrebbe avuto relazione carnale con sua moglie doveva essere scomunicato per
6
1
Ger. 16:3,4
Luca 23:28,29
3
1 Cor. 7:32,33
4
1 Cor. 7:28
2
72
I sacramenti
pone il celibato ai preti è perché essendo un sistema assolutistico necessita dei sudditi totalmente sottomessi ai
loro superiori. E il celibato garantisce quella sottomissione incondizionata che vuole il papa. Insomma un prete celibe, per la curia romana, è molto più controllabile
di uno sposato; un prete celibe è più leale di uno sposato. Quindi, nella realtà, il motivo che viene addotto al
celibato, cioè quello di una vita più santa, è solo un pretesto; perché il celibato viene imposto per una questione
di controllo.
IL MATRIMONIO
La dottrina dei teologi papisti
Il matrimonio fu elevato da Cristo al rango di sacramento; esso dà ai coniugi la grazia di vivere santamente
e di allevare cristianamente i figli. Non si può contrarre
un vero matrimonio fuori dal sacramento. Il controllo
delle nascite è ammesso, ma senza fare uso di contraccettivi. Il matrimonio è indissolubile, ma in alcuni casi
la chiesa, in virtù di un potere divino, lo può sciogliere
e dare la facoltà di passare a seconde nozze. La chiesa
ammette i matrimoni misti a certe condizioni.
Secondo la dottrina della chiesa romana ‘il Matrimonio
è il Sacramento che unisce l’uomo e la donna indissolubilmente, (come sono uniti Gesù Cristo e la Chiesa sua
sposa), e dà loro la grazia di santamente convivere e di
educare cristianamente i figliuoli’.1 Il matrimonio è un
sacramento perché ‘Gesù Cristo lo elevò alla dignità di
Sacramento che conferisce la grazia’.2 Ma quando avvenne questa elevazione? Molti teologi non lo sanno
dire; ma alcuni ritengono che questo avvenne alle nozze
di Cana di Galilea dove Gesù mutò l’acqua in vino. A
sostegno del matrimonio come sacramento i teologi papisti prendono le seguenti parole di Gesù: “Talché non
son più due, ma una sola carne; quello dunque che Iddio
ha congiunto, l’uomo nol separi”,3 e quelle di Paolo:
“Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha
amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua
mediante la Parola... Perciò l’uomo lascerà suo padre e
sua madre e s’unirà a sua moglie, e i due diverranno una
stessa carne. Questo mistero è grande; dico questo, riun anno e ridotto allo stato laicale, si accontentava più o meno
che gli ecclesiastici sposati non lasciassero i beni della chiesa
alle mogli e ai figli. I sacerdoti dovevano quindi fare un inventario dei beni della chiesa quando assumevano l’ufficio e lasciare tutto intatto quando se ne andavano. Gregorio VII che in
seguito costrinse molti sacerdoti sposati a cacciare via le loro
mogli perché voleva che osservassero il celibato, espresse il
motivo per cui voleva che i sacerdoti già sposati mandassero
via le loro mogli quando disse: ‘La Chiesa non potrà sfuggire
alla tirannia della laicità se prima i sacerdoti non sfuggiranno a
quella delle proprie mogli’ (Non liberari potest Ecclesia a servitute laicorum nisi liberentur prius clerici ab uxoribus). In
altre parole, il motivo era perché voleva che i vasti possedimenti della chiesa rimanessero intatti. Alla radice di questo
suo diabolico insegnamento c’era quindi la cupidigia.
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 569
2
Ibid., pag. 569
3
Matt. 19:6
La chiesa cattolica romana
guardo a Cristo ed alla Chiesa”.4 E per chi non lo accetta come sacramento c’è il seguente anatema tridentino:
‘Se qualcuno dirà che il matrimonio non è in senso vero
e proprio uno dei sette sacramenti della legge evangelica, istituito da Cristo, ma che è stato inventato dagli
uomini nella chiesa, e non conferisce la grazia, sia anatema’.5
Nel Nuovo Manuale del Catechista si legge: ‘Il Matrimonio, pei cristiani, è Sacramento di cui, se così possiamo esprimerci, è depositaria e amministratrice la
Chiesa; per essi non c’è Matrimonio legittimo o vero
fuori del Sacramento. Perciò i fedeli non possono contrarre vero Matrimonio fuori del Sacramento’.6 Queste
cose il Perardi le dice per affermare che dato che il matrimonio amministrato dalla chiesa cattolica è riconosciuto dallo Stato Italiano anche agli effetti civili, i Cattolici non devono né prima né dopo il matrimonio religioso andare a fare l’atto civile, perché il matrimonio
religioso è completo, e un simile atto ‘sarebbe contrario
alla Dottrina cristiana e grave irriverenza al Sacramento
stesso e a Gesù Cristo che lo volle Sacramento e come
tale lo affidò alla sua Chiesa’.7 Ma proseguendo il Perardi afferma pure: ‘Più colpevoli ancora sarebbero quei
cristiani che non si sposassero in chiesa, ma solo in municipio. In tale modo essi 1) Rinnegherebbero praticamente la Dottrina cristiana; - 2) Farebbero un Matrimonio nullo, per cui non sarebbero sposati e convivrebbero
in istato di peccato e quindi non potrebbero neppure accostarsi ai Sacramenti, incapaci dell’assoluzione sinché
non regolarizzano col Sacramento la loro condizione; 3) Costituirebbero una famiglia sul peccato e la farebbero vivere nel peccato come su fondamento; - 4) In tali
condizioni essi sarebbero pubblici peccatori ai quali, in
caso di morte, dovrebbe essere negata anche la sepoltura
religiosa’.8
La chiesa cattolica romana è a favore del controllo delle
nascite (che essa chiama ‘paternità responsabile’). Ecco
che cosa si legge nel libro Compendio della morale cattolica: ‘Durante un certo numero di giorni al mese, prima e dopo l’ovulazione femminile, è impossibile la fecondazione e dunque la finalità procreatrice non può
esser realizzata. In questo lasso di tempo (la cui determinazione esatta è difficile da stabilire), la Chiesa ha
ammesso che fosse del tutto legittimo ricercare la finalità propria dell’amore con rapporti sessuali di per sé infecondi (...) La Chiesa non è per la procreazione ad ogni
costo: essa lascia interamente la decisione ai coniugi:
Pio XII l’aveva ricordato in un celebre discorso del
1951: gli sposi possono essere dispensati ‘da quella prestazione positiva obbligatoria (quella di procreare), anche per lungo tempo, anzi per l’intera durata del matrimonio, per seri motivi, come quelli che si hanno non di
4
Ef. 5:25,26,31,32
Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 1
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 578
7
Ibid., pag. 578
8
Ibid., pag. 578. Pio IX nel Sillabo condannò la seguente proposizione: ‘In virtù del contratto meramente civile, può aver
luogo tra i cristiani il vero matrimonio; ed è falso che o il contratto di matrimonio tra i cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento’
(LXXIII).
5
73
I sacramenti
rado nella cosiddetta ‘indicazione’ medica, eugenica,
economica e sociale (...) La regola da seguire è allora
questa: se gli sposi non vogliono figli (per ragioni serie),
sono liberi di non averne, ma possono avere relazioni
sessuali solo nei periodi di naturale non fecondità; devono invece astenersi durante il periodo fecondo, cioè
nei giorni in cui avviene l’ovulazione (...) Al contrario
sono dichiarati illeciti, gravemente proibiti, i mezzi contraccettivi che intervengono nello svolgimento del ciclo
femminile’.1 Dopo avere letto queste parole non dovrebbe sorprendere un gran che se in questa nazione così cattolica, così influenzata dai preti, la media di bambini per famiglia è così bassa perché i papi hanno decretato essere cosa legittima per le coppie di sposi non volere avere famiglie numerose. Il magistero in sostanza
dice: Non volete avere molti figli? Non vi preoccupate,
non commettete peccato, basta che vi appoggiate ai
mezzi che vi suggeriamo noi e non fate ricorso ai contraccettivi, all’aborto ed altro. Si noti però che il magistero insegna pure che in certi casi la coppia può decidere di non avere per nulla dei figli.
Nel Codice di diritto canonico si legge: ‘Le proprietà
essenziali
del
matrimonio
sono
l’unità
e
l’indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento’;2 ed ancora: ‘Il matrimonio rato e consumato non
può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte’.3 La chiesa romana dunque
proclama la indissolubilità del matrimonio e difatti essa
dice che nessuno dei coniugi ‘finché l’altro vive, può
passare ad altre nozze’. Nemmeno in caso uno dei due
commette adulterio, difatti in questo caso ammette la
separazione perpetua tra i due ma non il passaggio a
nuove nozze (c’è un anatema tridentino - Sess. XXIV,
can. 7 - contro chi dirà che la chiesa sbaglia
nell’insegnare che in caso di adulterio marito e moglie
1
Jean-Marie Aubert. Compendio della morale cattolica, Cinisello Balsamo 1989, pag. 354,355. Insegnando questo la chiesa cattolica romana contraddice Agostino il quale ebbe a dire:
‘Ci si domanda anche per solito se si deve parlare di matrimonio, quando un uomo e una donna, entrambi liberi da altri legami coniugali, si uniscono non per procreare figliuoli, ma
solo per soddisfare la reciproca intemperanza ponendo però tra
di loro la condizione che nessuno dei due abbia rapporti con
altra persona. In un caso del genere forse parlare di matrimonio non sarebbe fuor di proposito, purché essi osservino vicendevolmente questa condizione fino alla morte di uno dei
due o purché, anche non essendo uniti a questo scopo, tuttavia
non abbiano escluso la prole, come avviene invece quando la
nascita di figli non è desiderata o addirittura è evitata con
qualche pratica riprovevole. Ma se mancano i due elementi
della fedeltà e della prole, o anche uno solo di essi, non vedo
in qual maniera potremo chiamare matrimonio simili unioni’
(Agostino, La dignità del matrimonio, Roma 1982, pag. 97).
Anche se Agostino in questo caso fa riferimento ad un unione
libera priva del vincolo matrimoniale, egli fa capire che secondo lui la prole in un matrimonio ci deve essere. Oltre a
queste sue parole comunque si potrebbero citare altre sue parole in favore alla procreazione a tutti i costi. Quindi, lo ripeto,
la chiesa cattolica romana essendo a favore della regolazione
delle nascite contraddice il suo padre Agostino.
2
Codice di diritto canonico, can. 1056
3
Ibid., can. 1141
74
La chiesa cattolica romana
non possono contrarre un altro matrimonio finché l’altro
vive).4 Ma la chiesa romana afferma anche che ella può
sciogliere il matrimonio in alcuni casi; e difatti la sede
pontificia in diversi casi scioglie a suo piacimento i matrimoni. Ma vediamo di esaminare da vicino questa dottrina della chiesa romana. Nel libro a cura di Cappellini
Ernesto Corso di Diritto Canonico II, (che possiede
l’Imprimatur) del 1976 è scritto: ‘Lo scioglimento del
vincolo, d’altra parte, è operato dalla Chiesa solo eccezionalmente in determinati casi, sulla linea di una dottrina che la stessa Chiesa ha sempre sostenuto. La Chiesa, infatti, ha sempre sostenuto l’indissolubilità intrinseca del matrimonio, cioè l’assoluta impossibilità che gli
stessi coniugi sciolgano il loro matrimonio. Ritiene, invece, che la indissolubilità estrinseca, ossia quella derivante da autorità divina, non è di carattere assoluto e
ammette eccezioni. In questo senso, quindi, lo scioglimento del matrimonio, operato dalla Chiesa in determinate circostanze, come vedremo, non corrisponde a potestà ‘propria’ in quanto pura società umana, ma a potestà ‘vicaria’, concretizzata in nome di Cristo, e che presuppone una speciale concessione divina’.5 Come potete
vedere, per quanto riguarda questa indissolubilità estrinseca essa non è assoluta; ci sono infatti delle eccezioni
perché il papa in certe circostanze può sciogliere il matrimonio da parte di Dio. Qualcuno dirà: ‘Ma come può
permettersi il papa di fare una tale cosa?’ La risposta è:
‘In virtù del potere di sciogliere e di legare che lui dice
di avere ricevuto da Dio’! Quindi, quello che si dice il
successore di Pietro può sciogliere, in certi casi, persino
il matrimonio! Prima di proseguire e dire quali sono
questi casi in cui la chiesa romana può sciogliere il matrimonio è bene fare presente che la legislazione canonica quando parla di divorzio non adopera il termine divorzio ma il termine ‘scioglimento del vincolo’; tutto
questo, è evidente, per non fare apparire che la chiesa
cattolica romana, in alcuni casi, è a favore del divorzio
quindi contro l’indissolubilità del matrimonio.6 Le cir-
4
Insegnando questo, la chiesa cattolica romana annulla la sua
tradizione perché Tertulliano, Lattanzio, e Cirillo
d’Alessandria affermavano che l’adulterio era causa di divorzio e permettevano un altro matrimonio. E si è messa contro la
chiesa orientale che, rifacendosi sempre ai padri, ammette il
divorzio in caso di adulterio e permette alla parte innocente di
passare a nuove nozze.
5
Cappellini Ernesto, Corso di Diritto Canonico II, Brescia
1976, pag. 161-162
6
I teologi papisti per fare apparire che la chiesa cattolica romana è contro il divorzio citano quasi sempre il seguente fatto
storico. Nel 1527 Enrico VIII re d’Inghilterra chiese all’allora
papa Clemente VII la dispensa per potere divorziare da Caterina d’Aragona (il motivo era perché questa non gli aveva dato
un figlio maschio) e sposarsi Anna Bolena. Ma a questa richiesta il papa non acconsentì. Ma si tenga ben presente questo: egli non acconsentì non perché fosse contro il divorzio
(perché i papi di re ne hanno fatto divorziare e risposare nel
corso del tempo), ma perché in quel tempo egli era sotto il
controllo del potente imperatore Carlo V, nipote di Caterina,
che da poco aveva fatto saccheggiare Roma ed aveva le sue
truppe nei pressi di Roma, per cui il suo assenso alla richiesta
di Enrico avrebbe dispiaciuto a Carlo V che si sarebbe vendicato del papa. Fu insomma la paura di una rappresaglia di Car-
I sacramenti
costanze in cui, secondo la legislazione canonica, la
chiesa romana può sciogliere il vincolo matrimoniale
sono chiamate impedimenti dirimenti ed annullano il
matrimonio tra battezzati, il matrimonio di non battezzati e il matrimonio misto.
Esse sono le seguenti.
1) L’inconsumazione: ‘Il matrimonio non consumato fra
battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal Romano
Pontefice, su richiesta di entrambi le parti o di una delle
due, anche se l’altra fosse contraria’.1 Le ragioni della
inconsumazione possono essere diverse, tra cui anche
quella di impotenza da parte di uno e di entrambi i coniugi perché, come dice il Codice di diritto canonico:
‘L’impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da
parte dell’uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio’.2
2) L’ordine sacro: ‘Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini’,3 ciò
significa che nel caso l’uomo diventi un prete, l’uso delle nozze già contratte diventa illecito e di conseguenza il
matrimonio viene sciolto.
3) Il voto solenne: il Codice di diritto canonico afferma
quanto segue: ‘Attentano invalidamente il matrimonio
coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di
castità emesso in un istituto religioso’. 4 Quindi chi entra
nei Francescani o nei Benedettini, per esempio, rende
nullo il suo matrimonio.
4) Il privilegio della fede: ‘Il matrimonio celebrato tra
due non battezzati, per il privilegio paolino si scioglie in
favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata. § 2. Si
ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuole
coabitare con la parte battezzata o non vuole coabitare
pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia
stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa
per separarsi’.5 Questo privilegio viene chiamato privilegio paolino perché la curia romana dice che è stato
promulgato da Paolo quando ha detto: “Ma agli altri dico io, non il Signore: Se un fratello ha una moglie non
credente ed ella è contenta di abitar con lui, non la lasci;
e la donna che ha un marito non credente, s’egli consente ad abitar con lei, non lasci il marito; perché il marito
non credente è santificato nella moglie, e la moglie non
credente è santificata nel marito credente; altrimenti i
vostri figliuoli sarebbero impuri, mentre ora sono santi.
Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali
casi, il fratello o la sorella non sono vincolati...”.6 Secondo l’interpretazione data dai teologi papisti a queste
parole, se uno dei coniugi (che si sono sposati da non
battezzati) si ‘converte’ e si fa battezzare nella chiesa
lo V e non l’avversione al divorzio che indusse Clemente a
rispondere di no al re d’Inghilterra.
1
Codice di diritto canonico, can. 1142
2
Ibid., can. 1084 - § 1. La sterilità della donna invece non dirime il matrimonio: ‘La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio...’ (can. 1084 - § 3).
3
Ibid., can. 1087
4
Ibid., can. 1088
5
Ibid., can. 1143
6
1 Cor. 7:12-15
La chiesa cattolica romana
cattolica romana mentre l’altro non vuole ‘convertirsi’
né coabitare pacificamente, il loro matrimonio viene
sciolto; e la parte cattolica, con la dispensa pontificia,
può passare a nuove nozze con una parte cattolica.7 Secondo la curia romana lo scopo della dispensa per privilegio paolino è quello di salvare e preservare la fede del
coniuge convertito al cattolicesimo.
5) In favore della fede di uno dei coniugi; in questo caso, per gravi situazioni coniugali, la chiesa cattolica romana, per proteggere la fede del coniuge cattolico scioglie il matrimonio celebrato (con dispensa o meno
dall’impedimento di disparità di culto) tra la parte cattolica e la parte non battezzata, ossia essa scioglie un matrimonio misto. Alcuni casi di scioglimento fra parte
cattolica e parte non battezzata: Pio XII, 18 e 24 luglio
1947, 30 Gennaio 1950; Giovanni XXIII, 21 Febbraio e
1 Agosto 1959.8 C’è un’altra situazione in cui il papa
ritiene di potere sciogliere il matrimonio in favore della
fede di uno dei due coniugi ed è quello del matrimonio
celebrato tra una parte battezzata non cattolica e l’altra
non battezzata. Alcuni casi di scioglimento fra parte battezzata non cattolica e parte non battezzata: Pio XI, 2
aprile, 10 luglio e 5 novembre 1924; Pio XII, 1 maggio
1950. La giustificazione che viene addotta a questo agire del papa è questa: ‘La competenza è giustificata non
solo nel caso in cui la parte è cattolica ma anche
nell’altro caso in cui la parte battezzata non è cattolica,
in quanto la Chiesa considera sudditi tutti quelli che
hanno ricevuto un battesimo valido in qualsiasi Chiesa
cristiana, proprio in virtù della sua unità fondamentale
voluta da Cristo nel momento in cui costituì una sola
Chiesa; unità affidata da Cristo all’apostolo Pietro e ai
successori. La Chiesa li considera sudditi, soprattutto
per quanto riguarda la concessione di diritti e privilegi o
grazie, benché escluda i battezzati non cattolici da determinati doveri’.9 Ma c’è di più, il papa ritiene di avere
la potestà di sciogliere anche dei matrimoni tra non battezzati senza previa conversione di nessuno dei due coniugi ma solo in favore della fede di terza persona. In
7
Cfr. can. 1146. In questa maniera, cioè permettendo alla parte
cattolica di divorziare e di risposarsi, la chiesa cattolica romana si mette di nuovo apertamente contro il suo padre Agostino
di Ippona, che lei reputa il più grande dei dottori, il quale non
ammetteva che quando il coniuge credente veniva lasciato dal
coniuge non credente, a motivo della sua fede, passasse a nuove nozze perché questo per lui significava commettere adulterio. Ed anche contro altri cosiddetti padri che erano a favore
dell’indissolubilità del matrimonio assoluta, senza eccezioni,
come Agostino.
8
Cfr. Ernesto Cappellini, op. cit., pag. 175
9
Ibid., pag. 176. Tradotto nella pratica significa che se un Protestante si sposa una Mussulmana e le cose arrivano a tal punto che lui decide di divorziare dalla moglie perché si vuole
sposare una cattolica può recarsi dal papa che in virtù della sua
autorità può sciogliere anche il suo matrimonio, e costui scioglierà il suo matrimonio per permettergli di sposare la cattolica. Insomma il papa crede di avere autorità su tutti i matrimoni
di coloro che si dicono Cristiani e non solo su quelli dei Cattolici romani. Riconoscete dunque fratelli quanto arrogante sia
quest’uomo.
75
I sacramenti
altre parole può sciogliere pure il matrimonio tra Maomettani, tra Ebrei, ecc.1
6) Il ratto: ‘Non è possibile costituire un valido matrimonio tra l’uomo e la donna rapita o almeno trattenuta
allo scopo di contrarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga spontaneamente il matrimonio’.2
7) Il delitto: ‘Chi, allo scopo di celebrare il matrimonio
con una determinata persona, uccide il coniuge di questa
o il proprio, attenta invalidamente tale matrimonio’.3
1
Alcuni esempi di questo tipo di scioglimento operato dal papa. Il 12 marzo del 1957 Pio XII sciolse il matrimonio di due
Maomettani: la ragazza, avendo divorziato civilmente, ebbe in
custodia il figlio; il marito si recò in Francia dove si risposò
nell’Ufficio di Stato Civile, poiché la sposa era cattolica. Siccome desiderava convertirsi, il Sant’Uffizio sotto la guida del
cardinale Ottaviani consigliò di applicare il ‘privilegio di San
Pietro’ (chiamato così perché i teologi papisti dicono che Pietro ricevette la potestà di sciogliere i matrimoni) perché richiedeva meno tempo di quello ‘paolino’ e così il papa sciolse
quel matrimonio. Paolo VI invece concesse il divorzio a due
Ebrei di Chicago il 7 febbraio 1964. Il marito, dopo il divorzio
dalla moglie, aveva sposato una cattolica; non aveva alcun
desiderio di ‘convertirsi’ e l’aveva ammesso, voleva solo tranquillizzare la sua nuova moglie. Il papa ‘mosso a pietà’ concesse il divorzio affinché il loro matrimonio fosse regolarizzato.
2
Codice di diritto canonico, can. 1089
3
Ibid., can. 1090 - § 1. Oltre a questi enumerati ci sono altri
impedimenti dirimenti che sono i seguenti: l’età: ‘L’uomo
prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici
pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio’
(can. 1083 - § 1); il vincolo precedente: ‘Attenta invalidamente il matrimonio chi è legato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non consumato’ (can. 1085 - § 1); la consanguineità: ‘Nella linea retta della consanguineità è nullo il
matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi
che naturali’ (can. 1091 - § 1); l’affinità: ‘L’affinità nella linea
retta rende nullo il matrimonio in qualunque grado’ (can.
1092); la pubblica onestà: ‘L’impedimento di pubblica onestà
sorge dal matrimonio invalido in cui vi sia stata vita comune o
da concubinato pubblico e notorio; e rende nulle le nozze nel
primo grado della linea retta tra l’uomo e le consanguinee della donna, e viceversa’ (can. 1093); la parentela legale: ‘Non
possono contrarre validamente il matrimonio tra loro nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale, quelli che
sono uniti da parentela legale sorta dall’adozione’ (can. 1094);
l’errore: ‘L’errore di persona rende invalido il matrimonio’
(can. 1097 - § 1); il dolo: ‘Chi celebra il matrimonio, raggirato
con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità
dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente
la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente’ (can.
1098); la mancanza di consenso: ‘Ma se una o entrambe le
parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio
stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà
essenziale, contraggono invalidamente’ (can. 1101 - § 2), questo significa che se un Cattolico riesce a dimostrare, anche
dopo molti anni di matrimonio, che sposandosi aveva posto
come condizione di non avere figli o di divorziare nel caso il
matrimonio si fosse rivelato un insuccesso allora otterrà lo
scioglimento del matrimonio. Un esempio di matrimonio
sciolto adducendo il difetto di consenso fu quello di Napoleone Bonaparte con Giuseppina. Nel 1810 infatti le autorità ecclesiastiche cattoliche della Francia (con il permesso di Pio
VII) glielo annullarono (nel suo caso addussero anche il difet-
76
La chiesa cattolica romana
Quindi, come potete vedere, la chiesa romana proclama
sia la indissolubilità del matrimonio che la sua dissolubilità in alcuni casi; come mettere d’accordo le due cose? E’ impossibile farlo, ma come al solito i teologi cattolici romani con i loro sofismi riescono a fare apparire
due cose apertamente contraddittorie tra di loro ambedue vere! E per chi rifiuta questi impedimenti dirimenti
stabiliti dalla chiesa cattolica romana c’è il seguente anatema: ‘Se qualcuno dirà che la chiesa non poteva stabilire degli impedimenti dirimenti il matrimonio, o che
stabilendoli ha errato, sia anatema’.4
La chiesa cattolica romana permette i matrimoni misti,
cioè permette ai suoi fedeli di sposarsi quelli che essa
chiama i Protestanti.5 E questo anche perché li ritiene
dei mezzi che possono contribuire ad avvicinare le
Chiese evangeliche a quella cattolica ossia che possono
giovare all’ecumenismo che è in corso. In un documento dal titolo Testo comune per un indirizzo pastorale dei
matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti sottoscritto
il 16 Giugno 1997 si legge che ‘la coppia interconfessionale può contribuire ad avvicinare le comunità, creando occasioni di incontro, dialogo, scambio e, se possibile, momenti di comunione. Le comunità, a loro volta, possono aiutare le coppie interconfessionali promuovendo lo spirito ecumenico ciascuna al proprio interno e
nei loro reciproci rapporti, e offrire occasione per rimuovere - per quanto possibile - impedimenti e ostacoli
di varia natura (teologica, giuridica, psicologica) che
rendono difficile, a coniugi di diversa confessione, vivere insieme la loro vocazione cristiana’.6 Fino ad alcuni
anni fa la chiesa cattolica se un Cattolico si voleva spoto di forma) e gli permisero di risposarsi con la nipote di Maria Antonietta, Maria Luisa di Austria. La mancanza del parroco e di due testimoni: ‘Sono validi soltanto i matrimoni che
si contraggono alla presenza dell’Ordinario del luogo o del
parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di essi
che sono assistenti, nonché alla presenza di due testimoni...’
(can. 1108 - § 1); la violenza: ‘E’ invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall’esterno, anche
non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto
a scegliere il matrimonio’ (can. 1103).
4
Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 4.
5
E non solo con i Protestanti che adesso lei non ritiene più
(apparentemente) dei settari eretici, ma anche con i non Cristiani come i Mussulmani, gli Ebrei, ecc. Infatti quantunque
essa dica che ‘è invalido il matrimonio tra due persone, di cui
una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non
separata dalla medesima con atto formale, e l’altra non battezzata’ (can. 1086 - § 1) perché per essa la disparità di culto è un
impedimento dirimente pure lo permette dietro dispensa infatti
afferma: ‘Non si dispensi da questo impedimento se non dopo
che siano state adempiute le condizioni di cui ai cann. 1125 e
1126’ (can. 1086 - § 2). La chiesa cattolica romana quindi sui
matrimoni misti (dato che permette il matrimonio fra i Cattolici - che lei naturalmente definisce Cristiani - e Mussulmani,
Ebrei, ecc.) contraddice i cosiddetti padri i quali definivano
‘fornicazione’ o ‘adulterio’ il matrimonio di un cristiano con
un non cristiano, e molti teologi papisti del passato, tra cui
Pietro Lombardo il loro maestro di sentenze, i quali affermavano che i matrimoni misti sono nulli. Anche questo è un esempio di come la chiesa cattolica romana quando lo ritiene
opportuno è pronta ad annullare anche la sua ‘venerabile’ tradizione.
6
Il Regno-documenti 13/’97, pag. 430-431
I sacramenti
sare con un Evangelico imponeva ad ambedue, per il
rilascio della dispensa di disparità di culto (dato che la
diversità di confessione religiosa era considerata un impedimento), delle condizioni contenute in un documento
intitolato Cauzioni che debbono essere date da entrambi
gli sposi per ottenere la dispensa dall’impedimento di
mista religione o di disparità di culto, che gli sposi dovevano firmare; eccole.
- Per la parte cattolica:
Io sottoscritta di religione cattolica, prossima a contrarre
matrimonio con... di religione... toccando il S. Vangelo
dichiaro e giuro:
1) Farò battezzare ed educare nella religione cattolica
tutti i figli e le figlie che avrò dalla mia unione con detto
mio sposo;
2) Non mi presenterò né prima né poi per un simile
atto di matrimonio dinanzi al ministro di culto non cattolico;
3) Esigerò piena libertà per me e per i miei figliuoli
nel praticare la religione cattolica;
4) Procurerò per quanto potrò la conversione del mio
sposo alla religione cattolica.
In fede di questa mia giurata promessa mi sottoscrivo....
- Per la parte non cattolica:
Io sottoscritto di religione...prossimo a contrarre matrimonio con... di religione cattolica, prometto con giuramento nel nome Santo di Dio:
1) di fare battezzare tutti i figli e tutte le figlie che avrò dalla mia unione con detta mia sposa.
2) di lasciare libera la mia sposa nella professione della sua fede cattolica;
3) di non presentarmi mai per questo mio matrimonio
dinanzi al ministro di culto non cattolico.
Tanto prometto e giuro di osservare nel Nome Santo di
Dio ed in fede di questa mia giurata promessa firmo il
presente atto...1.
Ma, ‘il nuovo Codice di diritto canonico ha tolto
l’impedimento e, per quanto riguarda la coerenza religiosa e l’educazione dei figli, esige solo dalla parte cattolica l’impegno a comportarsi in conformità alla propria fede e il dovere di rendere noto tale impegno al
proprio partner’.2
Ecco infatti quanto esso afferma a riguardo dei matrimoni misti: ‘Il matrimonio fra due persone battezzate,
delle quali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in
essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, l’altra invece sia iscritta a una
Chiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione
con la Chiesa cattolica, non può essere celebrato senza
espressa licenza della competente autorità’,3 ed ancora:
‘L’Ordinario del luogo, se vi è una causa giusta e ragionevole, può concedere tale licenza; ma non la conceda
se non dopo il compimento delle seguenti condizioni: 1°
la parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di
fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica; 2° di queste
1
Citato da Nisbet Roberto in Ma il Vangelo non dice così, Torino 1969, pag. 135-136.
2
Il Regno-documenti 13/’97, pag. 433
3
Codice di diritto canonico, can. 1124
La chiesa cattolica romana
promesse che deve fare la parte cattolica, sia tempestivamente informata l’altra parte, così che consti che questa è realmente consapevole della promessa e
dell’obbligo della parte cattolica; 3° entrambe le parti
siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere escluse da nessuno dei
due contraenti’.4
Confutazione
Il matrimonio non è un ordinamento istituito da Cristo
Noi non accettiamo il matrimonio come ordinamento
istituito da Cristo, e questo perché il matrimonio non é
stato istituito da Gesù Cristo (come invece lo sono stati
il battesimo e la cena del Signore) ma è stato da lui solo
confermato perché esso fu istituito da Dio al principio
della creazione quando Dio fece con una costola
dell’uomo una donna e la menò all’uomo e disse:
“L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla
sua moglie, e saranno una stessa carne”.5 Certo, esso è
una cosa santa e giusta istituita da Dio ma non possiamo
accettarlo come un ordinamento cioè come un rito ordinato da Cristo al pari della cena del Signore e del battesimo, anche perché dall’insegnamento del Signore Gesù
e da quello dell’apostolo Paolo emerge che il rito del
matrimonio non é imposto a tutti coloro che hanno creduto come invece lo sono il rito del battesimo e quello
della cena del Signore. Il battesimo é obbligatorio perché Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Andate dunque,
ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del
Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo...”,6 e: “Chi
avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”;7 e così
pure la cena del Signore è obbligatoria perché Gesù nella notte in cui fu tradito, sia quando diede il pane che
quando diede il calice ai suoi discepoli disse: “Fate questo in memoria di me”:8 Ma la stessa cosa non si può
dire del matrimonio perché Gesù non ha ordinato a tutti
di sposarsi perché ha ammesso che ci sono alcuni che
hanno ricevuto da Dio la grazia di non contrarre matrimonio secondo che é scritto: “Non tutti son capaci di
praticare questa parola, ma quelli soltanto ai quali é dato”,9 ed anche “Chi é in grado di farlo, lo faccia”;10 e
questo lo ha confermato Paolo dicendo: “Io vorrei che
tutti gli uomini fossero come son io; ma ciascuno ha il
suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un
altro”.11
Il fatto poi che le Scritture rappresentano l’unione tra
Cristo e la Chiesa con il matrimonio tra l’uomo e la
donna non giustifica affatto la definizione di sacramento
data dai Cattolici al matrimonio. Perché esso non viene
contratto per ricordare o per significare l’unione tra Cristo e la Chiesa, ma solo perché due persone si amano e
4
Ibid., can. 1125
Gen. 2:24
6
Matt. 28:19
7
Mar. 16:16
8
1 Cor. 11:24,25
9
Matt. 19:11
10
Matt. 19:12
11
1 Cor. 7:7
5
77
I sacramenti
decidono di volere vivere assieme. E questo lo ricordiamo risale ancora a prima della venuta di Cristo. Se è
per questo allora bisognerebbe stabilire come ordinamenti molte altre cose tra cui anche la festa della Pasqua
perché essa rappresenta la nostra pasqua, cioè Cristo, la
quale é stata immolata per noi. E chi potrebbe obbiettare
qualcosa al fatto che Gesù mangiò la Pasqua con i suoi
discepoli? Ma noi non ci permettiamo di stabilire ordinamento una festa giudaica come la Pasqua (che fu istituita da Dio come ombra di qualcosa che doveva avvenire) solo per il fatto che essa abbia un inequivocabile
significato spirituale e perché Gesù stesso la celebrò in
osservanza alla legge mosaica.
Ma vi è da dire pure questa cosa, e cioè, che il fatto che
i Cattolici abbiano chiamato il matrimonio sacramento é
dovuto ad un errore di traduzione esistente nella Vulgata, ossia nella traduzione latina della Bibbia fatta da Girolamo, che è bene ricordare il concilio di Trento decretò che ‘si debba ritenere come autentica nelle pubbliche
letture, nelle dispute, nella predicazione’.1 L’errore è il
seguente: nella lettera di Paolo agli Efesini è scritto:
“Chi ama sua moglie ama se stesso. Poiché niuno ebbe
mai in odio la sua carne; anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la Chiesa, poiché noi
siamo membra del suo corpo. Perciò l’uomo lascerà suo
padre e sua madre e s’unirà a sua moglie, e i due diverranno una stessa carne. Questo mistero é grande; dico
questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa”,2 ma nella Vulgata la parola greca mysterion che significa mistero é
stata tradotta con la parola latina sacramentum. E così i
Cattolici romani, siccome che Paolo ha rappresentato
l’amore che un marito deve avere verso la propria moglie con l’amore che Cristo manifesta verso la sua Chiesa che è il suo corpo, aiutati dalla parola sacramentum
hanno fatto diventare il matrimonio un sacramento.3
Questa è un’ulteriore prova di quanto possa influire negativamente sia la cattiva traduzione e sia la cattiva interpretazione di un solo termine della Parola di Dio!
Per quanto riguarda poi il fatto che essi dicano che il
matrimonio conferisca una particolare grazia a chi lo
contrae non è vero perché secondo la Scrittura il matrimonio in sé stesso, non avendola, non conferisce la grazia di convivere santamente e di allevare cristianamente
i figli.
Vorrei fare ora delle considerazioni sul matrimonio.
- Come il battesimo dei fanciulli non conferisce nessuna
grazia al neonato perché é risaputo che esso non nasce
affatto di nuovo mediante quel versamento di acqua sul
suo capo; così nella stessa maniera il matrimonio non
conferisce la grazia, di cui i teologi papisti parlano, a
coloro che lo contraggono.
- I Cattolici romani che sono stati battezzati per infusione non avendo ancora creduto nel Vangelo anche se si
sposano non possono convivere santamente e non pos1
Concilio di Trento, Sess. IV, secondo decreto
Ef. 5:28-32
3
Faccio notare però che adesso nelle Bibbie cattoliche il termine mysterion in Ef. 5:32 è tradotto rettamente con mistero,
come per esempio nelle edizioni Paoline del 1972, 1977, 1983
e 1990. Rimane il fatto però che questo passo viene tuttora
preso per sostenere che il matrimonio è un sacramento.
2
78
La chiesa cattolica romana
sono allevare cristianamente i loro figli appunto perché
essi stessi non sono ancora dei Cristiani perché vivono
senza Cristo. Sono senza Cristo, vivono senza Cristo,
come possono adempiere quindi la Parola di Dio senza
la grazia di Dio? Solo quando nasceranno di nuovo saranno in grado con la grazia di Dio di vivere santamente
e di allevare i loro figli in ammonizione del Signore e in
ogni disciplina; non prima. A conferma di ciò vi sono
tutte quelle testimonianze di quelle coppie (di exCattolici romani) che si sono convertite al Signore e sono entrati così a fare parte della famiglia di Dio i quali
ci hanno confermato di avere cominciato a vivere santamente e ad allevare i loro figli cristianamente solo dopo la loro conversione essendo stati impossibilitati a farlo prima a motivo del peccato che li dominava e della
schiavitù della religione cattolica romana, falsamente
chiamata cristiana.
I coniugi credenti devono convivere in modo degno del
Vangelo perché questa è la volontà di Dio secondo che é
scritto: “Mogli, siate soggette ai vostri mariti, come si
conviene nel Signore”,4 e: “Mariti, convivete con esse
colla discrezione dovuta al vaso più debole che é il
femminile. Portate loro onore, poiché sono anch’esse
eredi con voi della grazia della vita, onde le vostre preghiere non siano impedite”.5 E i padri devono allevare
degnamente i loro figli secondo che é scritto: “E voi,
padri, non provocate ad ira i vostri figliuoli, ma allevateli in disciplina e in ammonizione del Signore”.6 Tutti
questi sono comandamenti che essi devono osservare e
li possono osservare solo con la grazia che procede da
Dio. Dico che essi possono osservarli con la grazia che
viene dal Signore perché Gesù ha detto: “Senza di me
non potete far nulla”.7
Per certo noi teniamo il matrimonio in onore come é
giusto che sia, ma non gli attribuiamo nessuna grazia
santificante o aiutante come fanno i Cattolici romani,
appunto perché esso, non avendola in se stesso, non la
conferisce. E poi, se il matrimonio è un sacramento,
come i teologi papisti dicono, come mai la chiesa romana lo vieta ai preti? La risposta è: ai preti il matrimonio
non conferirebbe nessuna grazia! Ma non è forse questa
una delle tante contraddizioni in cui cade la curia romana interpretando a suo piacimento la Parola di Dio?
Una parola infine a riguardo dell’affermazione che Gesù
elevò il matrimonio alla dignità di sacramento alle nozze di Cana di Galilea. Essa è una menzogna perché la
Scrittura non dice nulla a tale riguardo; essa dice solo
che Gesù fu invitato a quelle nozze con i suoi discepoli
e che mentre vi partecipava fece il primo dei suoi miracoli, mutò l’acqua in vino. Ecco che cosa di certo Gesù
fece a quelle nozze.
Diletti, come potete vedere i teologi papisti non si arrendono dinanzi al fatto che in nessun luogo del Nuovo
Testamento viene detto che Gesù istituì il sacramento
del matrimonio e attribuiscono a Gesù una cosa che egli
non compì mai pur di sostenere la sacramentalità del
matrimonio. Ancora una volta si deve dunque constatare
4
Col. 3:18
1 Piet. 3:7
6
Ef. 6:4
7
Giov. 15:5
5
I sacramenti
quanto dannoso sia dare retta a insegnamenti errati perché ciò porta a fare dire alla Scrittura quello che essa
non dice attribuendo a Gesù o agli apostoli parole e atti
che essi giammai dissero e compierono mettendosi così
contro la Parola di Dio.
Non è affatto vero che il matrimonio civile non è un vero matrimonio o è un matrimonio nullo
Era inevitabile che la chiesa cattolica romana elevando
il matrimonio al rango di sacramento si mettesse a disprezzare il matrimonio compiuto solo civilmente senza
il suo rito religioso ossia senza la sua funzione religiosa
e benedizione. Lo abbiamo ben visto; per essa coloro
che non si sposano in uno dei suoi luoghi di culto ma
solo in municipio rinnegano apertamente la dottrina di
Cristo, fanno un matrimonio nullo per cui si metterebbero a vivere nel peccato e costituirebbero una famiglia
sul peccato, oltre che non potrebbero neppure accostarsi
ai suoi sacramenti, e quando muoiono gli si dovrebbe
negare la sepoltura religiosa.
Noi rigettiamo tutto quanto essi dicono a tale proposito
perché procede dal diavolo che è padre della menzogna.
Il matrimonio, non essendo un ordinamento o un rito
religioso che Cristo ha istituito e di cui ne ha lasciato
l’amministrazione alla sua Chiesa, come invece nel caso
del battesimo e della santa cena, anche se viene compiuto solo in municipio ha tutto il valore di quello che viene compiuto in un luogo di culto della chiesa cattolica o
in un locale di culto di una Chiesa evangelica. Dico nel
luogo di culto della chiesa cattolica perché noi riconosciamo il matrimonio cattolico anche se non condividiamo la sua sacramentalità, e nel locale di culto di una
Chiesa evangelica perché oggi molti pastori hanno
l’autorizzazione da parte dello Stato di sposare e quantunque non condividiamo che un pastore ricerchi questa
autorizzazione statale per mettersi a sposare i credenti
noi riconosciamo come pienamente valido quel matrimonio.
L’autorità statale ha il potere di sposare due cittadini e
siccome essa è stata ordinata da Dio secondo che è scritto: “Le autorità che esistono, sono ordinate da Dio”1
quando due persone vengono da essa sposate vengono
unite da Dio e perciò il loro matrimonio è valido. Non
importa proprio nulla se essi rifiuteranno di non andare
davanti ad un prete o davanti ad un pastore a sposarsi, il
loro matrimonio rimane valido e chi oserà sprezzarlo
perché privo del rito religioso (sia cattolico che evangelico) o perché non fatto esclusivamente davanti ad un
ministro di culto riconosciuto dallo Stato avente potere
di sposare tiene un comportamento sbagliato davanti a
Dio di cui si deve pentire. Avete dunque compreso perché molti Cattolici che non frequentano mai il loro luogo di culto quando si devono sposare ci tengono a farsi
sposare dal prete? Perché nel caso contrario, cioè se decidessero di sposarsi solo civilmente, si attirerebbero
l’inimicizia della chiesa papista e le male parole di quei
Cattolici che reputano il matrimonio un sacramento istituito da Cristo per cui esso è sacro solo se ministrato da
La chiesa cattolica romana
un prete. Anche il sacramento del matrimonio dunque
serve alla curia romana per tenere schiave sotto di sé
tante anime.
Il controllo delle nascite si oppone alla Parola di Dio
perché Dio ha comandato all’uomo e alla donna di moltiplicare
La Scrittura dice: “Crescete e moltiplicate e riempite la
terra”,2 ed altrove che la donna “sarà salvata partorendo
figliuoli, se persevererà nella fede, nell’amore e nella
santificazione con modestia”.3 Queste parole fanno
chiaramente capire che Dio ordina all’uomo di generare
e alla donna di partorire figli. Avere figli perciò non è
qualcosa di facoltativo ma di obbligatorio agli occhi di
Dio. Quanti figli? Quanti ne vuole dare Dio; non sono
marito e moglie quindi a decidere quanti figli avere ma
Dio, questo significa che essi non devono fare nulla per
impedire il concepimento. Si lasci a Dio di fare quello
che Egli vuole; che sia lui a impedire che la donna rimanga incinta. Non si dimentichi mai che Dio oltre ad
essere buono è saggio, giusto ed è in grado di supplire
ad ogni bisogno e perciò quei coniugi che affidano interamente a lui la pianificazione della loro famiglia non
avranno mai da pentirsi di essersi abbandonati nelle mani di Dio perché non rimarranno né confusi e neppure
delusi. E’ vero, saranno probabilmente chiamati (da taluni che si reputano savi e intelligenti) ingenui, sprovveduti, bestie senza ragione, ecc. ma questo avverrà a
motivo di giustizia e non perché essi sono dati al male. I
figli sono un eredità che viene da Dio, e costituiscono
un premio, e sono paragonati dalla Scrittura a delle frecce in mano di un prode. E coloro che ne hanno il turcasso pieno sono dichiarati beati.4 Al bando dunque le ennesime ciance del magistero cattolico romano che ingannano le persone. O Cattolici romani fino a quando
andrete dietro a questa dottrina perversa del magistero
romano: convertitevi dalle vostre vie malvagie al Signore e mettetevi a fare figli (non vi opponete a Dio e non
vi preoccupate perché sarà Dio stesso a regolare la loro
nascita e a provvedere tutto ciò di cui essi hanno bisogno) e ad allevarli nel timore di Dio!
Il vincolo matrimoniale si scioglie solo con la morte di
uno dei due; solo allora l’uomo o la donna possono contrarre un altro matrimonio senza rendersi colpevoli di
adulterio
Gesù ha detto: “Non avete voi letto che il Creatore da
principio li creò maschio e femmina, e disse: Perciò
l’uomo lascerà il padre e la madre e s’unirà con la sua
moglie e i due saranno una sola carne? Talché non son
più due, ma una sola carne; quello dunque che Iddio ha
congiunto, l’uomo nol separi”;5 facendo chiaramente
capire che l’uomo non deve separare ciò che Dio ha unito. Non è abbastanza chiaro? Ma che vanno dunque
2
Gen. 1:28
1 Tim. 2:14,15
4
Cfr. Sal. 127:3-5
5
Matt. 19:4-6
3
1
Rom. 13:1
79
I sacramenti
cianciando i papi quando dicono che essi hanno ricevuto
da Dio la potestà di sciogliere i matrimoni? Il Figlio di
Dio ha detto per ordine di Dio: “L’uomo nol separi”, e il
papa dei Cattolici dice che in nome di Cristo può sciogliere i matrimoni! A chi dobbiamo credere dunque? Al
papa? Affatto; perché egli mente, come hanno mentito i
suoi predecessori. Lui non ha ricevuto da Cristo nessun
potere di sciogliere i matrimoni perché Cristo non può
rinnegare se stesso. Cristo, dopo essere stato assunto in
cielo, non cambiò idea sull’indissolubilità del matrimonio, e non rivelò a Pietro che egli aveva il potere di
sciogliere persino i matrimoni in certi casi e che doveva
trasmettere questa potestà ai suoi successori. Questa è la
ragione per cui noi rigettiamo e dichiariamo una impostura l’affermazione papale che dice che il papa può
sciogliere il matrimonio in virtù dell’autorità divina ricevuta da Cristo. Sì, lo sappiamo che il papa usa le parole che Gesù rivolse a Pietro: “Tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai
sciolto in terra sarà sciolto nei cieli”1 per difendere lo
scioglimento del matrimonio che egli opera; ma non ci
meravigliamo più di tanto di questo suo illegittimo uso
di queste parole di Cristo. Basta considerare che nel
passato ci sono stati papi come Gregorio VII e Innocenzo III che hanno preso queste parole per sostenere che il
papa aveva ricevuto da Cristo il potere di stabilire e deporre i re e di sciogliere i loro sudditi dall’obbligo di
fedeltà verso di loro (quando la Scrittura afferma di essere sottoposti alle autorità civili perché sono stabilite
da Dio), per comprendere che non c’è da meravigliarsi
di quello che essi dicono a riguardo del potere di sciogliere il matrimonio. Ma prescindendo dal fatto che il
papa non ha il potere di sciogliere il matrimonio, ossia
dal fatto che egli non ha ricevuto da Cristo l’autorità divina di concedere dispense per il divorzio nei casi prima
citati, vogliamo dire alcune altre cose.
Innanzi tutto Gesù dice in Matteo che “chiunque manda
via sua moglie, quando non sia per cagion di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio”;2 ed in Luca: “Chiunque manda via la moglie e ne sposa un’altra,
commette adulterio”,3 il che significa che l’uomo ha il
diritto di mandare via la propria moglie solo se questa le
è infedele, e dopo averla mandata via, finché sua moglie
è in vita, non ha il diritto di contrarre un nuovo matrimonio perché se lo facesse commetterebbe adulterio lui
stesso. Quindi la sola causa legittima per mandare via la
propria moglie è l’adulterio; non si può mandarla via
per altre cause, perché chi lo fa, la fa essere adultera.
Ma quantunque la moglie venga mandata via dal marito
a giusta ragione in questo caso, il marito non può passare a seconde nozze, perché questo significherebbe per
lui commettere adulterio. Nel caso poi la moglie si separa dal marito o perché questo le è stato infedele o per
altre ragioni, dice Paolo: “Rimanga senza maritarsi o si
riconcilî col marito”.4 Naturalmente la riconciliazione
(nel caso il marito le è stato infedele), che implica anche
il ritorno a vivere con il marito, può avvenire solo nel
La chiesa cattolica romana
caso il marito chiede perdono e abbandona il suo peccato. Le nuove nozze sono vietate alla donna che si separa
dal marito anche nel caso questa separazione avviene a
motivo dell’infedeltà del marito; e questo perché la
Scrittura dice: “La moglie è vincolata per tutto il tempo
che vive suo marito”,5 ed anche che “se mentre vive il
marito ella passa ad un altro uomo, sarà chiamata adultera”.6 Anche in questo caso solo la morte del marito
scioglie il vincolo matrimoniale e permette alla donna di
risposarsi secondo che è scritto: “Ma se il marito muore,
ella è libera di fronte a quella legge; in guisa che non è
adultera se divien moglie d’un altro uomo”.7 E’ la morte, e nient’altro che scioglie il matrimonio; quindi il papa dei Cattolici dà l’avvallo all’adulterio quando dà la
dispensa per risposarsi a persone che hanno il coniuge
ancora in vita.
Vediamo adesso di confutare alcuni di questi impedimenti dirimenti.
L’impotenza di uno dei coniugi non dà affatto all’altra
parte né il diritto di mandare via l’altra parte, e neppure
quello di sposarsi di nuovo, nella stessa maniera in cui
non annulla il vincolo matrimoniale la sterilità della
donna o dell’uomo. Ci troviamo davanti all’ennesimo
precetto papista contraddittorio.
Anche il fatto di passare a un ordine maggiore della
chiesa cattolica romana o in uno dei suoi istituti religiosi
(quantunque sia errato volere entrare nell’ordine e negli
istituti religiosi) non annulla il vincolo matrimoniale. La
Scrittura non dice che se un credente sposato riceve dal
Signore un particolare ministero da adempiere nella
Chiesa, questi automaticamente è sciolto dal vincolo
matrimoniale, o deve reputare illecito l’uso delle nozze
dal momento che viene costituito dal Signore in quel
ministero. L’apostolo Pietro quando fu stabilito apostolo
dal Signore era sposato; ma non dichiarò il suo matrimonio nullo dal momento che ricevette da Cristo quel
ministero. Egli fu costituito da Gesù anche vescovo perché Gesù gli ordinò di pascere le sue pecore e questo è
confermato dal fatto che lui dice nella sua prima epistola di essere un anziano, ma non per questo il suo matrimonio fu annullato dall’ordine divino rivoltogli dal
Signore, perché se lui avesse ripudiato la sua moglie per
questa ragione lui l’avrebbe fatta adultera. La chiesa
cattolica romana afferma che per servire efficacemente
nella chiesa come prete, bisogna essere sciolti dal matrimonio già contratto; questa è una dottrina di demoni.
La Scrittura non afferma affatto che un uomo non può
servire efficacemente Dio nell’ufficio di vescovo, o in
un particolare ministero, se è sposato; anzi dobbiamo
dire che essa per quanto riguarda l’ufficio di vescovo
afferma proprio il contrario, perché dice che il vescovo
deve essere marito di una sola moglie e deve sapere governare bene la sua famiglia.
Per quanto riguarda il cosiddetto privilegio paolino diciamo che esso è una invenzione (di chi non sappiamo)
perché non esiste. Paolo, dicendo ai Corinzi: “In tali casi, il fratello o la sorella non sono vincolati”,8 non ha
1
5
2
6
Matt. 16:19
Matt. 19:9
3
Luca 16:18
4
1 Cor. 7:11
80
1 Cor. 7:39
Rom. 7:3
7
Rom. 7:3
8
1 Cor. 7:15
I sacramenti
inteso dire che se il non credente si separa il credente è
libero di sposarsi, ma ha detto solo che in questi casi,
cioè nel caso il non credente non è più contento o disposto a coabitare con il credente e decide di separarsi dal
credente, il credente non è obbligato più a non lasciare il
non credente. Bisogna stare attenti a tutti questi privilegi
che la curia romana ha fatto spuntare fuori dalla Bibbia
nel corso del tempo dando arbitrarie interpretazioni alla
Bibbia. Quanti privilegi hanno i preti! quanti privilegi
hanno i vescovi! e quanti ancora più numerosi privilegi
ha il papa! E tutti, a loro dire, sono scritti nella Bibbia.
Per quanto riguarda infine gli altri impedimenti dirimenti, siamo persuasi che, secondo quello che insegna la
Scrittura, anche questi non rendono affatto nullo il matrimonio.
Nel caso del ratto possiamo citare un passo della legge
che anche se non dice che l’uomo può sposare una donna rapita in vista del matrimonio, fa capire che anche un
tale matrimonio è legittimo. E’ scritto infatti nel Deuteronomio: “Quando andrai alla guerra contro i tuoi nemici e l’Eterno, il tuo Dio, te li avrà dati nelle mani e tu
avrai fatto dei prigionieri, se vedrai tra i prigionieri una
donna bella d’aspetto, e le porrai affezione e vorrai
prendertela per moglie, la menerai in casa tua; ella si
raderà il capo, si taglierà le unghie, si leverà il vestito
che portava quando fu presa, dimorerà in casa tua, e
piangerà suo padre e sua madre per un mese intero; poi
entrerai da lei, e tu sarai suo marito, ed ella tua moglie”.1 Ma a tale riguardo vogliamo citare pure un episodio narrato nel libro dei Giudici che parla di matrimoni avvenuti con il rapimento della donna, al fine di dimostrare come il vincolo matrimoniale non è affatto
sciolto dal ratto della donna. Vi era stata una guerra tra i
figliuoli d’Israele e la tribù di Beniamino. Migliaia di
Beniaminiti erano stati messi a morte e molte delle loro
città erano state date alle fiamme.2 I figliuoli d’Israele
avevano giurato di non dare le loro figliuole ai Beniaminiti,3 ma dopo la guerra i figliuoli d’Israele si pentirono di quello che avevano fatto a Beniamino e si domandarono come avrebbero potuto provvedere delle
donne ai superstiti di Beniamino dato che avevano giurato di non dare loro nessuna delle loro figliuole.4 Scoprirono che tra coloro che erano saliti a Mitpsa non
c’erano gli abitanti di Jabes di Galaad, e perciò mandarono a sterminare gli abitanti di quella città assieme alle
donne che avevano avuto relazioni carnali con l’uomo.
Tra gli abitanti di questa città trovarono quattrocento
fanciulle che non avevano avuto relazioni carnali con
l’uomo e le menarono al campo, a Sciloh, e poi le dettero ai Beniaminiti.5 Ma siccome non ve ne erano abbastanza per tutti,6 gli anziani della raunanza dettero
quest’ordine ai figliuoli di Beniamino: “Andate, fate
un’imboscata nelle vigne; state attenti, e quando le figliuole di Sciloh usciranno per danzare in coro, sbucherete dalle vigne, rapirete ciascuno una delle figliuole di
1
Deut. 21:10-13
Cfr. Giud. cap. 20
3
Cfr. Giud. 21:1
4
Cfr. Giud. 21:6,7
5
Cfr. Giud. 21:8-14
6
Cfr. Giud. 21:14
La chiesa cattolica romana
Sciloh per farne vostra moglie, e ve ne andrete nel paese
di Beniamino... E i figliuoli di Beniamino fecero a quel
modo; si presero delle mogli, secondo il loro numero,
fra le danzatrici; le rapirono, poi partirono e tornarono
nella loro eredità...”.7 Sia ben chiaro però che queste
Scritture non autorizzano l’uomo a rapire la donna per
sposarsela perché, come potete vedere, esse fanno riferimento a delle particolari circostanze, ma comunque
riteniamo che esse annullano il precetto della chiesa romana relativo all’impedimento del ratto.
Nel caso del delitto occorre dire che nella Scrittura abbiamo un esempio di come persino l’omicidio contro il
coniuge dell’altro non annulla il matrimonio stabilito tra
l’omicida e il coniuge rimasto vedovo; è il caso
dell’uccisione di Uria lo Hitteo da parte di Davide. La
Scrittura dice che Davide dopo avere commesso adulterio con Bath-Sheba, la moglie di Uria lo Hitteo, gli fece
morire il marito e se la prese per moglie.8 Rese nullo il
suo matrimonio con Bath-Sheba il suo gesto criminale?
Affatto. Attenzione; non per questo però possiamo dire
che Davide fece bene, perché la Scrittura dice: “Quando
la moglie di Uria udì che Uria suo marito era morto, lo
pianse; e finito che ella ebbe il lutto, Davide la mandò a
cercare e l’accolse in casa sua. Ella divenne sua moglie,
e gli partorì un figliuolo. Ma quello che Davide avea
fatto dispiacque all’Eterno”.9 E di lì a poco Dio punì severamente Davide per l’adulterio e l’omicidio di cui lui
si era reso colpevole; gli promise che la spada non si
sarebbe mai allontanata dalla sua casa, che avrebbe suscitato una sciagura in casa sua, che avrebbe preso le
sue mogli e le avrebbe date in mano di un suo prossimo,
ed infine che il bambino che gli aveva partorito BathSheba doveva morire. Quindi, quantunque il delitto di
Davide non annullò il suo matrimonio, lui fu punito da
Dio per esso. Dio è giusto, e lui vendica il sangue di tutti coloro che vengono uccisi a motivo della loro moglie.
Per terminare questo discorso sul divorzio cattolico ritengo sia necessario dire che i Cattolici romani per ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale, e potere
così passare a nuove nozze (non passano a nuove nozze
solo i chierici), devono ottenere dalla chiesa romana la
sentenza di nullità del matrimonio che costa alcuni milioni (a Roma 4 milioni e mezzo). In Italia la ‘Sacra Rota’ concede ogni anno cinquemila sentenze di nullità,
mentre nell’intero mondo cattolico ogni anno ‘vengono
giudicati nulli almeno 70 mila matrimoni’.10 Come potete vedere per il papato questa sua ‘potestà’ di sciogliere
i matrimoni è una fonte di disonesto guadagno.
I matrimoni misti sono una trappola del diavolo per fare
sviare dalla fede e dalla verità i santi
Per matrimonio misto o interconfessionale si intende un
matrimonio tra un credente ed una incredula, in questo
caso specifico tra un credente ed una cattolica romana.
Naturalmente se colui che porta il nome di Evangelico o
Protestante non è nato di nuovo neppure lui è ancora un
2
7
Giud. 21:20,21,23
Cfr. 2 Sam. 11:27
9
2 Sam. 11:26,27
10
Il Messaggero, 6 Aprile 1997, pag. 10
8
81
I sacramenti
credente e quindi il matrimonio con la cattolica romana
sarà un matrimonio tra increduli. Sarebbe un matrimonio misto solo di nome ma non di fatto perché ambedue
sono ancora sotto la potestà del diavolo quantunque dicano di appartenere a due confessioni religiose diverse.
Fratelli, sappiate che da quello che dice la Scrittura è
vietato ad un credente di sposarsi un’incredula perché
Paolo dice: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un
giogo che non é per voi; perché qual comunanza v’è egli
fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce
e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che
v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo
fra il tempio di Dio e gl’idoli? Poiché noi siamo il tempio dell’Iddio vivente..”.1 Quindi vi esorto a voi che
cercate moglie di cercarvela fra le figliuole di Dio e non
fra le incredule perché questa è la volontà di Dio in verso voi. Ricordatevi che voi siete il tempio di Dio e che
in voi dimora lo Spirito di Dio che vi brama fino alla
gelosia, e che quindi non potete avere comunione con
una donna che è ancora un tempio di idoli. Mi spiego: in
voi dimora Dio perché é scritto: “Non sapete voi che
siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in
voi?”,2 quindi siccome che tra il tempio di Dio e gli idoli quali Maria, Antonio, Giuseppe ed altri che una donna
ha innalzato nel suo cuore non vi è nessuna comunione,
voi per forza di cose non potete andare d’accordo con
una cattolica romana che va dietro agli idoli muti. Uso
un altro termine di paragone per farvi comprendere
quanto sia illusorio pensare di sposarsi un’idolatra e
condurre poi una vita felice con lei. Ora, voi sapete che
il Padre di tutti coloro che hanno creduto in Cristo é
Dio, ma voi sapete anche che il padre di tutti coloro che
ancora non sono nati di nuovo è il diavolo. Quindi come
Dio non va per nulla d’accordo con Satana che gli é avversario, così anche un figliuolo di Dio non può andare
d’accordo con una donna che ancora è sotto la potestà di
Satana, e questo perché essa, essendo sotto la sua potestà, é inclinata a fare il male ed a parlare male.
Vi ricordo anche che sotto la legge Dio ordinò ai figliuoli d’Israele di non sposarsi donne appartenenti ai
popoli idolatri secondo che é scritto: “Non
t’imparenterai con loro, non darai le tue figliuole ai loro
figliuoli e non prenderai le loro figliuole per i tuoi figliuoli, perché stornerebbero i tuoi figliuoli dal seguir
me per farli servire a dèi stranieri, e l’ira dell’Eterno
s’accenderebbe contro a voi...”.3 Come potete vedere
Dio sapeva che se i figliuoli d’Israele si fossero sposati
delle donne straniere che andavano dietro agl’idoli esse
poi li avrebbero fatti smettere di seguire e servire Dio, e
perciò diede questo ordine. Ora, é vero che noi non siamo sotto la legge, é vero che le donne cattoliche non
vanno dietro a Malcom, ad Astarte, o a Baal, ma è altresì vero che una donna cattolica romana và dietro ad idoli
muti raffiguranti Maria ed altri personaggi del passato e
li serve, quindi quest’ordine dato ai figliuoli d’Israele lo
possiamo applicare anche a noi che siamo sotto la grazia. Lo ripeto: Dio non vuole che noi suoi figliuoli ci
sposiamo delle adoratrici e delle serventi degli idoli del-
La chiesa cattolica romana
la chiesa romana e questo perché sa che esse per certo
pervertirebbero il nostro cuore e lo stornerebbero dal
servire e seguire il Signore. Insomma farebbero nei nostri confronti quello che le mogli straniere fecero nei
confronti del re Salomone secondo che è scritto che “le
sue mogli gli pervertirono il cuore; cosicché, al tempo
della vecchiaia di Salomone, le sue mogli gl’inclinarono
il cuore verso altri dèi; e il cuore di lui non appartenne
tutto quanto all’Eterno, al suo Dio, come aveva fatto il
cuore di Davide suo padre”.4 E voi sapete che per questo motivo Dio si indignò contro Salomone e lo punì
strappandogli il regno e dandolo al suo servo.5 Badate a
voi stessi: non vi appoggiate sul vostro discernimento
dicendo in cuore vostro: ‘Ma in fondo in fondo é una
brava ragazza anche se ancora non é convertita; sono
sicuro che col tempo poi si convertirà!’, perché questo
stesso ragionamento perverso lo hanno fatto prima di
voi quei credenti che hanno voluto seguire il loro cuore
e non il Signore, sposandosi delle ragazze cattoliche
romane, e adesso sono pieni di guai e dolori, e conducono una vita infelice. Sono scomparsi dalle raunanze della Chiesa perché hanno abbandonato la comune adunanza; si sono gettati alle loro spalle la Parola del Signore, e
loro che pensavano di convertire la loro moglie al Signore si sono convertiti all’andazzo di questo mondo;
sono tornati nelle sale da ballo, sono tornati nei cinema,
sono tornati negli stadi ad acclamare la squadra di calcio, sono tornati ad agire perversamente, sono tornati al
luogo di culto della chiesa cattolica ad assistere alle
pompose funzioni religiose di questa pseudochiesa e tutto ciò a motivo di un matrimonio con una infedele, matrimonio che non avrebbero dovuto contrarre per il loro
bene.
Se un prete è disposto a sposare una sua parrocchiana
con un credente lavato con il sangue dell’Agnello, un
pastore (colui che può, ai sensi della legge italiana, essendo la sua nomina di ministro di culto approvata dal
Governo, celebrare matrimonio con effetti civili) non
deve per nessuna ragione accettare di sposare una pecora del Signore affidata alla sua sorveglianza con una cattolica romana perché in questo caso acconsentirebbe a
un matrimonio ingiusto che avrà nefaste conseguenze
sulla vita del caparbio credente. In questa circostanza il
pastore deve ubbidire al comando che Paolo diede a
Timoteo: “Non partecipare ai peccati altrui; conservati
puro”6 e perciò deve rifiutarsi di sposarli. Ma vogliamo
anche dire che un pastore, che è tale veramente, deve
dissuadere con parole persuasive i credenti celibi dallo
sposarsi delle infedeli e questo per evitare che essi si
mettano sotto un giogo che non é per loro. Il matrimonio non é qualcosa da prendere alla leggera come fanno
molti, perché per mezzo di esso ci si unisce ad una donna carnalmente e si diventa una sola carne con lei; e poi
perché esso si dissolve solo con la morte di uno dei due
coniugi e in nessun’altra maniera. Il che equivale a dire
che un credente che si sposa non può mettersi a pensare:
‘Ma tanto, anche se mi va male c’é il divorzio e mi pos-
1
4
2
5
2 Cor. 6:14-16
1 Cor. 3:16
3
Deut. 7:3,4
82
1 Re 11:3,4
Cfr. 1 Re 11:9-13
6
1 Tim. 5:22
I sacramenti
so risposare’, perché divorziare dalla propria moglie e
sposarsi un’altra donna significa commettere adulterio.
Fratelli che siete preposti a pascere il gregge del Signore, suonate la tromba in seno alla Chiesa di Dio affinché
i giovani credenti non rimangano ingannati dalle parole
dolci e lusinghiere di quelle infedeli che Satana manda
in mezzo al popolo di Dio per sedurre i figliuoli di Dio e
farli allontanare dal Signore. E voi, fratelli celibi e sorelle nubili, abbiate piena fiducia nel Signore e domandate a lui il vostro coniuge; Egli é fedele e vi concederà
pure il coniuge credente che fa giusto per voi. Ma vi
scongiuro nel nome del Signore: ‘Non vi mettete con gli
infedeli per il bene dell’anima vostra!’.
CONCLUSIONE
Come abbiamo potuto vedere la chiesa cattolica possiede una teologia sacramentaria tutta particolare. Riassumiamola per sommi capi. Il bambino dopo pochi giorni
che nasce viene battezzato e fatto cristiano, mediante
l’infusione di una acqua che ha il potere di cancellare i
peccati; quest’acqua naturalmente opera la stessa cosa
anche quando è versata su un battezzando adulto. Dopo
il battesimo, viene la cresima con cui il battezzato riceve
il sigillo dello Spirito Santo; questo perché un successore degli apostoli, vale a dire un vescovo, impone loro le
mani e invoca sui battezzati lo Spirito Santo. Dopo di
ciò il battezzato comincerà a prendere la comunione,
che non è altro che Cristo stesso, perché il prete che ha
ricevuto l’ordine trasforma con delle parole il pane in
vero corpo sangue e divinità di Cristo. Quel pane ha il
potere di rimettergli i cosiddetti peccati veniali e di preservarlo da quelli cosiddetti mortali. Ma oltre a ciò egli
dovrà andarsi a confessare dal prete per ottenere la remissione dei peccati ‘mortali’ compiuti, perché senza
l’assoluzione del prete andrebbe all’inferno. Il prete ha
questa autorità perché conferitagli dal sacramento
dell’ordine. Il Cattolico praticante dunque, impaurito,
non mancherà di andare a confessarsi dal prete per ricevere la sua assoluzione. Ma dopo avere ricevuto
l’assoluzione egli dovrà compiere opere di soddisfazione per ottenere piena remissione dei suoi peccati, e lucrare le indulgenze. E quindi, egli si darà da fare per
guadagnarsi il perdono divino dando denaro alle missioni cattoliche, aiutando i preti nelle parrocchie, andando a fare pellegrinaggi, recitando preghiere ogni
giorno, digiunando, ecc. Ma nonostante ciò egli non potrà giammai dire di essere salvato, di essere certo di avere i propri peccati rimessi, perché dire una simile cosa è
presunzione. Con il sacramento del matrimonio, naturalmente per essere sacramento deve essere celebrato da
un prete, il Cattolico riceverà la grazia di vivere santamente e di allevare cristianamente i suoi figli. Nel caso
poi decidesse di rinunciare al matrimonio, per farsi prete, tanto meglio; perché sommamente importante è
l’ufficio di prete. Quando poi si troverà malato grave ci
sarà l’estrema unzione con cui gli verranno rimessi tutti
i peccati, anche quelli che lui non avrà confessati, perché magari in coma profondo e irreversibile. Ma dopo
tutto ciò non potrà andare subito in cielo dopo morto.
Lo aspetta il purgatorio, luogo terribile, dove deve anda-
La chiesa cattolica romana
re a scontare quel residuo di pena temporanea che ‘noi
poveri peccatori’ - dicono i preti - abbiamo. Ma la chiesa lo rassicura; in purgatorio non ci starà per sempre,
perché gli verrà in aiuto con la messa, vero sacrificio di
Cristo che il prete compie ogni giorno in favore dei vivi
e dei morti, e con elemosine, e con le indulgenze. Mediante queste cose gli saranno alleviate le pene, e poi
sarà fatto uscire da quel carcere!
A questo punto io domando a voi che vi siete dati
all’ecumenismo con i Cattolici: come pensate di andare
d’accordo con i Cattolici sapendo tutte queste cose?
Non vi rendete conto che da qualsiasi punto prendete il
cattolicesimo la dottrina dei sacramenti, così concepita
da loro, non la potrete giammai evitare perché la salvezza ‘romana’ passa per forza di cose per questa strada dei
sacramenti quali segni efficaci della grazia che rappresentano e conferiscono? Non capite che, in virtù di questa loro dottrina sui sette sacramenti (cito solo questa
perché basta solo questa), è impossibile pensare di
camminare assieme con i Cattolici? Ma non vi rendete
conto che avete a che fare con delle persone schiave di
un sistema sacramentale che mena diritto diritto
all’inferno e da cui quindi esse devono essere liberate se
vogliono ereditare il regno di Dio?
83
La chiesa
La chiesa cattolica romana
Capitolo 3
LA CHIESA
La dottrina dei teologi papisti
E’ la società dei veri Cristiani i quali professano la fede
in Cristo, hanno i sette sacramenti, si sottomettono al
papa, che essendo il successore di Pietro è il capo visibile di essa, ed ai vescovi che sono i successori degli
apostoli. La chiesa cattolica romana è la unica e vera
chiesa perché solo lei è una, santa, cattolica e apostolica. Le altre chiese, quantunque hanno il nome di chiesa,
non sono vere chiese. Fuori della chiesa cattolica romana non c’è salvezza. Chi abbandona la chiesa cattolica è un eretico ed apostata.
Ecco cosa insegna il catechismo del Perardi a riguardo
della Chiesa: ‘La Chiesa é la società dei veri cristiani,
cioè dei battezzati che professano la fede e dottrina di
Gesù Cristo, partecipano ai suoi Sacramenti e ubbidiscono ai Pastori stabiliti da Lui’.1
Vediamo adesso qual’è il significato di queste parole
che troviamo sempre nello stesso catechismo: ‘sono cristiani tutti coloro che hanno ricevuto validamente il Battesimo’2 e che oltre ad essere battezzati credono ‘esplicitamente le verità che si debbono credere di necessità
di mezzo o per precetto, e almeno implicitamente tutte
le verità rivelate che Gesù Cristo ci propone per mezzo
della Chiesa’;3 confessano ‘esplicitamente la fede anche
a costo della vita quando è necessario’4 e vivono ‘in
conformità dei dettami della Fede, praticandone le opere
e osservando i Comandamenti di Dio e della Chiesa’;5
che ‘partecipano ai suoi Sacramenti, cioè credono (e
usano) tutti i sette Sacramenti che Gesù Cristo ha istituito per santificare le nostre anime’,6 e ubbidiscono ai Pastori stabiliti da Cristo ‘di cui è capo il Sommo Pontefice’7 e gli altri ‘sono i Vescovi, che in comunione col
Papa reggono e governano la Diocesi loro assegnata’.8
Nel catechismo si legge: ‘La Chiesa di Gesù Cristo è la
Chiesa Cattolica Romana, perché essa sola è una, santa,
cattolica e apostolica, quale Egli la vuole’.9
- ‘La Chiesa è una perché tutti i suoi membri ebbero,
hanno ed avranno sempre unica la fede, il sacrificio, i
Sacramenti e il capo visibile, il Romano Pontefice, successore di san Pietro (...) La nostra Chiesa risponde a
tutte queste condizioni di unità. Essa ha: 1) Unica la fede, cioè quella di Gesù Cristo predicata dagli Apostoli.
Noi crediamo le stesse verità che furono credute dai cristiani di ogni luogo e tempo passato (...) 2) Unico il sa-
crificio, cioè la santa Messa, incruenta rinnovazione e
rappresentazione del sacrificio della Croce (..) 3) I sette
Sacramenti che Gesù Cristo istituì per santificarci, non
uno di più, né uno di meno; 4) Il capo visibile, il Romano Pontefice, successore di San Pietro; la nostra Chiesa
è retta e governata dal Romano Pontefice..’.10
- La chiesa cattolica romana è santa perché ‘è stata fondata da Gesù Cristo che è santo’ e ‘perché in lei sono
santi la dottrina, il sacrificio e i Sacramenti, e tutti sono
chiamati a santificarsi; e perché molti realmente furono
santi, e sono e saranno’.11
- La chiesa romana è cattolica, cioè universale, ‘perché
è istituita e adatta per tutti gli uomini e sparsa su tutta la
terra’.12
- La chiesa romana è apostolica ‘perché è fondata sugli
Apostoli e sulla loro predicazione, e governata dai loro
successori, i Pastori legittimi, i quali, senza interruzione
e senza alterazione, seguitano a trasmetterne e la dottrina e il potere’.13
- ‘La Chiesa di Gesù Cristo, detta per eccellenza Cattolica, si chiama pure Romana, o Romana Cattolica, appunto perché il suo capo visibile, colui che la regge e
governa in nome di Gesù Cristo, è il Vescovo di Roma,
il successore di san Pietro nella sede romana’.14
Tutti coloro che non sono stati battezzati da fanciulli (o
da adulti) in seno alla chiesa romana, o che rifiutano di
credere tutto o in parte quello che essa insegna, o che
negano qualcuno dei loro sacramenti, o rifiutano di ubbidire al papa ed ai suoi vescovi, non sono dei veri cristiani perché non appartengono alla Chiesa di Gesù Cristo che è la chiesa cattolica romana. Si legge infatti nel
catechismo: ‘Qual’è la Chiesa di Gesù Cristo? La Chiesa di Gesù Cristo è la Chiesa Cattolica-Romana’;15 ‘chi
non è battezzato non è cristiano’,16 ‘gli eretici, che negano o tutto o in parte quello che Gesù Cristo ha rivelato, non appartengono più alla Chiesa quantunque siano
stati battezzati’,17 ‘coloro che dicono di professare la
fede di Gesù Cristo, e poi negano l’uno o l’altro dei Sacramenti, non appartengono neppure essi alla Chiesa’,18
‘coloro che rifiutano di riconoscere e di ubbidire il Papa
e il rispettivo Vescovo non sono veri cristiani’.19
‘Gli eretici sono i battezzati che si ostinano a non credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata dalla
Chiesa, per esempio, i protestanti (...) Sono apostati i
battezzati i quali, con qualche atto esterno, rinnegano,
ripudiano la fede cattolica già professata. Non è perciò
apostata (quantunque reo di gravissima colpa) il cristiano che ne trascura i doveri, ma quegli che con un atto
esterno (come sacrificare agl’idoli, abiurare la fede cat-
10
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 181
2
Ibid., pag. 181
3
Ibid., pag. 181
4
Ibid., pag. 181
5
Ibid., pag. 181
6
Ibid., pag. 181
7
Ibid., pag. 182
8
Ibid., pag. 182
9
Ibid., pag. 188
84
Ibid., pag. 189-190
Ibid., pag. 192
12
Ibid., pag. 195
13
Ibid., pag. 196
14
Ibid., pag. 199
15
Ibid., pag. 188
16
Ibid., pag. 450
17
Ibid., pag. 181
18
Ibid., pag. 181
19
Ibid., pag. 182
11
La chiesa
tolica, praticare un culto anticristiano, passare al protestantesimo, ecc.) rinnega la fede prima professata’.1
Bonifacio VIII (1294-1303) affermò: ‘C’è una sola Santa Chiesa Cattolica e Apostolica, al di fuori della quale
non esiste salvezza né remissione dei peccati’.2 Secondo
questo papa, tutti coloro che si trovavano fuori dalla
chiesa romana andavano in perdizione perché essa era
l’arca della salvezza e chi ne era fuori sarebbe annegato.
Il loro ‘sacrosanto’ concilio di Firenze (1439-1443) ha
confermato ciò dicendo che la sacrosanta chiesa romana
‘crede, fermamente, confessa e predica che nessuno di
quelli che sono fuori della chiesa cattolica, non solo pagani, ma anche Giudei o eretici e scismatici, possano
acquistare la vita eterna, ma che andranno nel fuoco eterno, preparato per il demonio e per i suoi angeli, se
prima della fine della vita non saranno stati aggregati ad
essa; e che è tanto importante l’unità del corpo della
chiesa, che solo a quelli che rimangono in essa giovano
per la salvezza i sacramenti ecclesiastici, i digiuni e le
altre opere di pietà, e gli esercizi della milizia cristiana
procurano i premi eterni. Nessuno - per quante elemosine abbia potuto fare, e perfino se avesse versato il sangue per il nome di Cristo - si può salvare, qualora non
rimanga nel seno e nell’unità della chiesa cattolica’.3
Ancora oggi questa asserzione è dogma nella chiesa romana. Il suo concilio Vaticano II ha detto infatti: ‘Il santo Concilio (...) insegna, appoggiandosi sulla Sacra
Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo, presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del Battesimo, ha insieme confermata la necessità della Chiesa, nella quale
gli uomini entrano mediante il Battesimo come per la
porta. Perciò non potrebbero salvarsi quegli uomini, i
quali, non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da
Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria,
non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in essa
perseverare’.4 In altre parole fuori dalla chiesa cattolica
romana ‘non si hanno né i mezzi stabiliti né la guida sicura alla salute eterna. I mezzi stabiliti da Gesù Cristo
sono la vera fede, il sacrificio, i Sacramenti ecc.; la guida sicura è la Chiesa docente’,5 e perciò c’è la perdizione. Sempre il concilio ecumenico Vaticano II ha confermato questo dicendo: ‘Solo per mezzo della cattolica
Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’.6
1
Ibid., pag. 221,222. Se dunque voi siete degli eretici e degli
apostati perché avete abbandonato la chiesa cattolica romana,
come mai siete chiamati anche voi fratelli separati? Come potete essere eretici ed apostati e nello stesso tempo fratelli?
Come potete essere da loro insigniti a ragione del nome di Cristiani?
2
Bolla Unam Sanctam del 18 Novembre 1302
3
Concilio di Firenze, Sess. XI
4
Concilio Vaticano II (1962-1965), Lumen gentium, 14: citato
nel Catechismo della Chiesa cattolica a cura di Rino Fisichella, pag. 173
5
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 224
6
Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. I
La chiesa cattolica romana
Per sostenere che la chiesa cattolica romana è la sola
vera Chiesa i teologi papisti citano anche il fatto che i
Cattolici romani sono centinaia di milioni nel mondo, e
che tra di loro avvengono dei miracoli.
Confutazione
Quando si diventa membri della Chiesa di Dio secondo
la Scrittura
Non si diventa membri della Chiesa di Gesù Cristo
quando si viene battezzati da fanciulli in seno alla chiesa romana ma quando si nasce di nuovo, ossia quando si
nasce d’acqua e di Spirito. E la nuova nascita il peccatore la sperimenta quando si ravvede dei suoi peccati e
crede nel Signore Gesù Cristo; è allora, e solo allora,
che egli può considerarsi membro del corpo di Cristo.
Quindi sono membri della Chiesa di Dio tutti coloro che
sono nati di nuovo secondo l’insegnamento del Signore.
Ma questa Chiesa non si può identificare con una particolare denominazione escludendo così tutte le altre perché la Chiesa di Dio è composta da tutti coloro che in
ogni luogo a prescindere la denominazione di cui fanno
parte hanno sperimentato la nuova nascita. Con questo
non vogliamo dire che rimanendo fuori dalla Chiesa di
Cristo si può essere lo stesso salvati; affatto, perché noi
sappiamo che solo i nati di nuovo erediteranno il regno
di Dio ossia coloro che sono membra di Cristo, ma solo
che non si può identificare la Chiesa con una particolare
denominazione cristiana (e meno che meno con la chiesa cattolica romana che pretende di possedere i soli
mezzi, cioè i sacramenti, tramite cui le persone possono
essere salvate) escludendo da essa coloro che non ne
fanno parte, perché la sua Chiesa è formata da tutti coloro che lo conoscono e sono stati da lui conosciuti e non
da persone che hanno il nome di Cristiani ma che non
sono rigenerate.7
Qualcuno dirà: ‘Ed il battesimo?’. Esso è un atto che
rappresenta la nostra entrata nella Chiesa di Dio dopo
essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via
della concupiscenza (si può anche dire che è un segno
esteriore con cui chi ha creduto testimonia la sua entrata
nell’assemblea dei riscattati dopo avere vissuto una vita
al servizio dell’iniquità e del peccato), che viene ministrato a persone che sono già passate dalla morte alla
7
Ci tengo a dire sin da adesso che noi non escludiamo che in
mezzo alla chiesa cattolica romana ci possano essere dei veri
nati di nuovo che quantunque sono stati salvati per la grazia di
Dio, perché Dio si è fatto da loro trovare, si trovano temporaneamente ancora per svariate circostanze tra i Cattolici romani
pur non condividendone molte dottrine e pratiche. E ci tengo
pure a dire che siamo sicuri, che tra tutti coloro che nel mondo
si dicono Pentecostali, Valdesi, Battisti, Anglicani, Riformati,
Metodisti, o altro, ci sono molti che non essendo ancora nati di
nuovo sono sulla via della perdizione quantunque frequentino
magari da anni il locale di culto e sentono la predicazione della Parola di Dio o che magari dopo avere un giorno conosciuto
la grazia di Dio sono diventati tiepidi e il Signore quindi li
vomiterà dalla sua bocca. Costoro se muoiono in questo stato
vanno all’inferno per cui anche se risultano membri di una
particolare Chiesa evangelica questa loro appartenenza non
gioverà loro nulla.
85
La chiesa
vita, che sono state già strappate dalla potestà delle tenebre e trasportate nel regno di Dio.1
Teniamo presente pure, quando parliamo del battesimo,
che esso anticamente veniva ministrato il giorno stesso
che le persone credevano, e non dopo settimane o mesi;
e poi che non era una cerimonia pomposa, come purtroppo è diventato oggi in molti casi, da sembrare un
rito magico o qualcosa di simile, quasi che possedesse la
virtù di fare diventare Cristiani e membri della Chiesa di
Dio. Non è così perché se il battesimo avesse il potere di
fare diventare figliuoli di Dio e perciò membri della
Chiesa di Dio la fede sarebbe annullata.
La Chiesa di Dio secondo la Scrittura
Vediamo ora come viene chiamata e rappresentata la
Chiesa di Dio dalla Scrittura, al fine di comprendere e
dimostrare perché non si può identificarla con la chiesa
cattolica romana.
- Gesù Cristo ha paragonato la Chiesa ad una vite; egli
disse infatti ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite, e il
1
Se consideriamo un altro rito di iniziazione prescritto da Dio
vale a dire la circoncisione giudaica noteremo una certa somiglianza con il battesimo istituito da Cristo. Dio prescrisse che
ogni figlio maschio nato da genitori Giudei dovesse essere
circonciso nella carne l’ottavo giorno. Questo sarebbe stato il
segno del patto fra Dio e il suo popolo sotto l’Antico Patto.
Con quel segno esteriore prescritto da Dio dunque i suoi genitori mettevano in grado il neonato di entrare ufficialmente a
fare parte del popolo eletto. Era nato un altro maschio ebreo
che si aggiungeva al loro popolo; e si noti che chi riceveva la
circoncisione era già nato. Così anche tramite il battesimo in
acqua chi è appena nato dall’acqua e dallo Spirito, cioè è nato
la seconda volta per virtù della Parola di Dio e dello Spirito
Santo (è agli occhi degli altri credenti un neonato dal punto di
vista spirituale) viene messo in grado di entrare a fare parte
dell’assemblea dei riscattati, viene insomma aggiunto al numero dei credenti già esistenti. Infatti il giorno della Pentecoste si dice che coloro che accettarono la Parola furono battezzati e poi si dice che “furono aggiunte a loro circa tremila persone” (Atti 2:41). La differenza sta che mentre la circoncisione era dolorosa per il neonato, il battesimo non è un atto doloroso in se stesso perché chi lo riceve viene semplicemente
immerso nell’acqua: e poi mentre la circoncisione il neonato la
riceveva senza essere consapevole di quello che gli facevano e
senza saper il significato di quel segno e senza avere espresso
il desiderio di farsi circoncidere, il battesimo viene ricevuto
solo da persone che hanno creduto col cuore nel Signore,
quindi che sono consapevoli di quello che gli viene fatto e intendono il significato del segno che ricevono. Se dunque si
prende la circoncisione dell’Antico Patto per parlare del battesimo sotto il Nuovo Patto, si deve del continuo tenere presente
che sono solo dei segni testimonianti l’entrata nel popolo di
Dio, ma anche che come la circoncisione dell’Antico Patto
veniva ricevuta da un neonato fisico così il battesimo viene e
deve essere ricevuto da un neonato spirituale e quindi da chi è
già nato di nuovo il che implica che sia in grado di discernere
perché si è ravveduto dai suoi peccati ed ha creduto in Cristo.
Nel caso invece si considera la circoncisione di Abramo da lui
ricevuta a novantanove anni, occorre tenere presente che essa
fu da lui ricevuta consapevolmente cioè con il desiderio di riceverla in obbedienza al comando di Dio. Ma anche che non
fu la circoncisione a giustificarlo ma la sua fede riposta nella
promessa di Dio quando ancora era incirconciso (cfr. Rom.
4:9-12).
86
La chiesa cattolica romana
Padre mio é il vignaiuolo. Ogni tralcio che in me non dà
frutto, Egli lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo
rimonda affinché ne dia di più. Voi siete già mondi a
motivo della parola che v’ho annunziata. Dimorate in
me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé
dar frutto se non rimane nella vite, così neppur voi, se
non dimorate in me. Io son la vite, voi siete i tralci”.2
Ora, noi ci siamo uniti al Signore e siamo diventati un
solo spirito con lui quando ci siamo ravveduti dai nostri
peccati ed abbiamo creduto nel suo nome; per questo
diciamo di essere entrati a fare parte della vite, cioè della casa di Dio. Quindi coloro che non si sono ancora
ravveduti e non hanno creduto nel Figliuolo di Dio non
sono uno con noi in Cristo Gesù, non importa di che
Chiesa essi dicono di fare parte, perché non sono dei
tralci della vigna di Dio. Come si fa dunque a riconoscere se una persona è un tralcio di questa vite? Innanzi tutto dal fatto che possiede la certezza di avere ottenuto la
remissione dei peccati (perché si è ravveduto ed ha creduto in Cristo); e poi dai frutti degni del ravvedimento
che egli porta osservando i comandamenti di Cristo. In
altre parole dal fatto che egli dimora in Cristo e che Cristo dimora in lui. Come si possono dunque definire tralci della vite i Cattolici romani che dicono di non avere
la certezza del perdono dei peccati e che sono dati
all’idolatria e ad ogni forma di superstizione? La risposta è: non si può.
- La Chiesa di Gesù Cristo è l’assemblea di quelli che il
Signore ha riscattati dal presente secolo malvagio, cioè
di quelli che egli ha tirato fuori dal presente sistema di
cose.3 E noi, essendo stati tirati fuori dal presente secolo, siamo entrati a fare parte di questa santa assemblea:
mentre tutti coloro che sono ancora di questo mondo
non ne fanno parte, non importa se sono stati battezzati
da fanciulli, cresimati o se si comunicano regolarmente.
Essi sono nel numero di coloro che la Scrittura chiama
“quelli di fuori”4 e non tra coloro che la Scrittura definisce “quelli di dentro”.5 Ma perché possiamo affermare
che i Cattolici romani sono fuori dalla Chiesa di Dio e
non dentro, e quindi del mondo e non di Cristo? Perché
essi stessi, con la loro stessa bocca, affermano di non
essere stati salvati. Non si può infatti definire una persona perduta un membro dell’ekklesia di Dio; perché le
pecore perdute sono fuori dall’ovile e non dentro. Ribadiamo però anche che non si possono definire membri
della Chiesa di Dio neppure tutti quelli che si dicono
Evangelici o Protestanti ma che ancora non sono nati di
nuovo. Essi sono perduti e fuori dalla Chiesa alla stessa
stregua dei Cattolici romani.
- La Chiesa è una casa spirituale formata da pietre viventi, cioè da uomini e donne che erano un giorno morti
nei loro peccati e dopo sono stati vivificati dallo Spirito
Santo; e noi per la grazia di Dio siamo parte di queste
pietre viventi. Questo è quello che insegna Paolo quando dice agli Efesini: “E voi pure ha vivificati, voi
ch’eravate morti nei vostri falli e nei vostri peccati...
2
Giov. 15:1-5
Il termine italiano chiesa deriva dalla parola greca ekklesia
che significa ‘assemblea’.
4
Col. 4:5
5
1 Cor. 5:12
3
La chiesa
La chiesa cattolica romana
Voi dunque non siete più né forestieri né avventizî; ma
siete concittadini dei santi e membri della famiglia di
Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui voi pure entrate a far parte dell’edificio,
che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito”.1
L’apostolo Pietro lo conferma nella sua prima epistola,
infatti prima dice agli eletti: “Siete stati rigenerati non
da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente... come bambini pur ora
nati, appetite il puro latte spirituale...”,2 e poi afferma:
“Anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa
spirituale...”.3 Quindi la Chiesa non può essere identificata con una organizzazione di persone ancora morte nei
loro peccati che corrono dietro agl’idoli muti, e che purtroppo, essendo state ingannate dai loro rettori, pensano
di essere rinate e di essere entrate a fare parte della
Chiesa di Gesù Cristo quando gli è stata versata sul capo
l’acqua ‘benedetta’. Dov’è la vita in loro? Noi vediamo
solo morte. Quella morte spirituale nella quale pure noi
eravamo immersi nel passato quando eravamo schiavi
del peccato. Noi sappiamo bene che cosa significa essere morti nei propri falli; per questo ci esprimiamo con
sicurezza quando diciamo che i Cattolici romani sono
ancora morti nei loro falli. Non è un giudizio ingiusto
dato dall’apparenza, ma un giudizio giusto che si fonda
sui fatti.
- La Chiesa di Dio è il corpo di Cristo perché Paolo,
scrivendo alla Chiesa di Dio che era in Corinto, dice loro: “Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso,
ciascuno per parte sua”.4 E siccome che le persone entrano a fare parte di esso per opera dello Spirito Santo
secondo che è scritto: “Noi tutti abbiam ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e
Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito”,5 perché è Lui che prima le
convince quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio e
poi le vivifica; non si possono chiamare membri del
corpo di Cristo persone che ancora non sono state vivificate dallo Spirito Santo. Per certo se i Cattolici romani
fossero stati vivificati e fossero perciò membra del corpo di Cristo, non avrebbero bisogno di nascere di nuovo
e non perseguiterebbero e non insulterebbero tutti coloro che nel loro mezzo si ravvedono e credono nel Vangelo e si separano da loro e cominciano a riprovare le
loro eresie e la loro idolatria, perché noi sappiamo che
Cristo non è diviso contro se stesso. Anzi, essi si atterrebbero al capo del corpo, cioè a Cristo, come noi; ma
dov’è tutto ciò quando è manifesto che essi si attengono
al cosiddetto papa anziché a Cristo? Paolo dice anche
parlando del corpo di Cristo che “se un membro soffre,
tutte le membra soffrono con lui; e se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui”;6 ma noi non
riscontriamo che se qualcuno di noi soffre essi soffrono
con noi, e neppure che se qualcuno di noi è onorato da
Dio o dagli uomini essi si rallegrano con noi, il che conferma che non possono definirsi membri del corpo di
Cristo. Queste sono le prove che dimostrano che essi
non sono membri del corpo di Cristo, ma lo devono ancora diventare.
- La Chiesa, secondo le parole di Pietro, è “una generazione eletta”,7 cioè un insieme di persone che sono state
elette a salvezza mediante la fede nella verità. Quindi
coloro che ne sono membri sono sicuri di essere salvati
perché hanno sperimentato la salvezza di Dio. Non si
possono perciò definire Chiesa di Dio uomini e donne
che ammettono apertamente di non essere stati salvati
ma di essere ancora dei peccatori, o che è manifesto che
sono ancora dei peccatori schiavi delle concupiscenze
carnali e di ogni forma di idolatria e superstizione. A
meno che non si voglia cominciare a chiamare coloro
che sono ancora perduti, ritrovati; coloro che sono ancora schiavi del peccato, salvati; o coloro che sono della
notte, figliuoli del giorno.
- La Chiesa, sempre secondo le parole di Pietro, é “un
real sacerdozio”,8 ossia un regno di sacerdoti che offrono a Dio sacrifici spirituali accettevoli per mezzo di Gesù Cristo. Perciò non si possono definire Chiesa di Dio i
Cattolici romani che offrono il loro culto a Maria, agli
angeli, o ai santi (sia a quelli veri che a quelli falsi) che
sono morti, perché questo loro sacrificio non é accettevole a Dio ma gli é in abominio. Diciamo che i sacrifici
spirituali che i Cattolici offrono alle loro statue e alle
loro immagini sono un fetore alle narici di Dio, perché
sono offerti ai demoni che si celano dietro questi loro
idoli. Ricordatevi che Paolo dice che le carni che i Gentili sacrificano agl’idoli essi “le sacrificano ai demonî e
non a Dio”;9 la medesima cosa si può dire di tutti i Cattolici romani che offrono i loro sacrifici spirituali ai loro
idoli; essi li offrono ai demoni e non a Dio.
- La Chiesa, secondo le parole di Pietro, è “una gente
santa”,10 cioè una gente che è stata santificata mediante
lo Spirito Santo e che procaccia la santificazione. Quindi siccome che i peccatori schiavi delle loro concupiscenze e dell’idolatria non possono essere definiti dei
santi, i Cattolici romani non sono membri della Chiesa,
anche se hanno ricevuto il battesimo, la cresima e poi la
comunione e si confessano al prete.
- Paolo chiama la Chiesa dell’Iddio vivente “colonna e
base della verità”,11 il che significa che essa serve di sostegno alla verità che è in Cristo Gesù, cioè alla Parola
di Dio secondo che è scritto: “La tua parola è verità”;12 e
che essa si leva in favore della verità. Come si può
quindi chiamare la chiesa romana la Chiesa di Dio
quando invece di sostenere la verità, cioè la Parola di
Dio, la calpesta e la soffoca con l’ingiustizia? Essa non
predica il Vangelo della grazia di Dio ma un altro Evangelo perché annunzia che l’uomo viene salvato dalle o-
1
1 Piet. 2:9
1 Piet. 2:9
9
1 Cor. 10:20
10
1 Piet. 2:9
11
1 Tim. 3:15
12
Giov. 17:17
Ef. 2:1,19-22
1 Piet. 1:23; 2:2
3
1 Piet. 2:5
4
1 Cor. 12:27
5
1 Cor. 12:13
6
1 Cor. 12:26
2
7
8
87
La chiesa
pere buone, e cioè per i suoi meriti, e non dalla fede soltanto. Per questo non si può definire questa chiesa “colonna e base della verità”, ma la si deve chiamare nemica acerrima della verità.
I due ordinamenti istituiti da Cristo per la sua Chiesa
Cristo non ha istituito sette sacramenti ma solo due ordinamenti o riti, che sono il battesimo per immersione e
la cena del Signore; perciò non ha nessun fondamento
scritturale l’affermazione che attribuisce a Cristo
l’istituzione di sette sacramenti.
Di conseguenza coloro che negano i sacramenti della
chiesa romana perché non conformi a verità e perché
riconoscono solo i due ordinamenti qui sopra citati non
possono essere definiti degli eretici perché non sono
propagatori di nessuna eresia. Facciamo notare che la
ragione per cui preferiamo chiamare il battesimo e la
cena del Signore ordinamenti o riti anziché sacramenti è
perché per sacramenti la chiesa romana intende dei ‘segni efficaci della grazia, istituiti da Gesù Cristo per
santificarci’,1 cioè dei segni efficaci che ‘significando la
grazia realmente la conferiscono’.2 E secondo la Scrittura il battesimo e la cena del Signore che Cristo ha istituiti non conferiscono la grazia che essi rappresentano,
ma solo la rappresentano infatti il battesimo simboleggia il lavacro compiuto da Cristo in noi mediante la sua
parola, mentre la cena del Signore annuncia la morte di
Cristo avvenuta una volta per sempre.
Un altra ragione per cui preferiamo chiamare il battesimo e la cena del Signore ordinamenti (od anche riti) è
perché la parola sacramento nel latino classico significa
giuramento ed al tempo dell’impero romano era il giuramento di fedeltà (sacramentum) che i soldati romani
facevano al loro vessillo. E noi sappiamo che il battesimo e la cena del Signore non costituiscono affatto un
giuramento di fedeltà a Dio che ci ha salvati, ma semplicemente degli atti simbolici.
Il primo è il seppellimento del credente morto al mondo
e rinato a nuova vita, ed il secondo è una rammemorazione della morte del Signore.
Chi c’è a capo della Chiesa
Il capo dello Stato del Vaticano non é il capo visibile
della Chiesa di Cristo sulla terra perché Cristo non ha
costituito sulla sua Chiesa nessun capo prima di essere
assunto in cielo. Egli, che è il Capo, ha detto: “Dovunque due o tre son raunati nel nome mio, quivi son io in
mezzo a loro”,3 perciò il capo della Chiesa è sempre e
dovunque presente fra i suoi discepoli, senza il bisogno
di essere rappresentato visibilmente da nessuno.
L’apostolo Paolo spiega chiaramente ed in svariate maniere che il capo della Chiesa, sia in cielo che sulla terra, é Cristo Gesù:
- Egli dice agli Efesini che Dio ha risuscitato il suo Figliuolo e lo ha fatto sedere alla sua destra al di sopra di
La chiesa cattolica romana
ogni principato e autorità e potestà e signoria, e d’ogni
altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma
anche in quello a venire e che Egli “gli ha posta ogni
cosa sotto ai piedi, e l’ha dato per capo supremo alla
Chiesa, che é il corpo di lui, il compimento di colui che
porta a compimento ogni cosa in tutti”;4 ed anche: “Seguitando verità in carità, noi cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo”,5 e: “Cristo è capo
della Chiesa, egli, che è il Salvatore del corpo”.6 Quindi,
come il capo della moglie è uno solo e cioè suo marito,
così il capo della Chiesa (che è la moglie dell’Agnello)
è uno solo e cioè Cristo, il suo sposo, e nessun altro. Ora, uno dei nomi che porta il capo dello Stato del Vaticano è ‘sposo della chiesa’, il che equivale a dire che la
moglie dell’Agnello ha due mariti (uno in cielo e l’altro
in terra) il che non é vero perché Paolo dice alla Chiesa
di Corinto: “Io son geloso di voi d’una gelosia di Dio,
perché v’ho fidanzati ad un unico sposo, per presentarvi
come una casta vergine a Cristo”.7 Quindi colui che in
terra è chiamato sposo della Chiesa è un impostore che
cerca con le sue lusinghe di diventare lo sposo della
Chiesa di Dio (mediante l’ecumenismo) per condurre la
sposa di Cristo lungi dal suo sposo, in perdizione. Detto
in altre parole, il cosiddetto papa cerca di indurre la
Chiesa di Dio a tradire il suo sposo, cioè Cristo Gesù,
perché vuole che essa si vada a rifugiare sotto le sue ali.
- Ai Colossesi Paolo dice: “Ed egli é avanti ogni cosa, e
tutte le cose sussistono in lui. Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; egli che é il principio, il primogenito dai morti, onde in ogni cosa abbia il primato”.8 Perciò la Chiesa di Dio non ha due capi, di cui uno é in cielo e l’altro é sulla terra; o uno invisibile e l’altro visibile,
ma uno solo ed Egli è in cielo alla destra di Dio e mediante la fede nel cuore di tutti coloro che lo hanno ricevuto come loro personale Signore e Salvatore.
Per quanto riguarda poi i vescovi della chiesa papista
bisogna dire che essi non sono dei vescovi costituiti dallo Spirito Santo per pascere la Chiesa di Dio perché non
hanno per nulla i requisiti necessari che deve avere il
vescovo secondo le parole di Paolo a Timoteo, e non
possono essere definiti i successori degli apostoli perché
gli apostoli non lasciarono successori. Il ministerio che
gli apostoli avevano ricevuto da Cristo non era trasmissibile.
Quindi in conclusione noi figliuoli di Dio disconoscendo l’ufficio del papa e quello dei suoi vescovi non dimostriamo nessuna disubbidienza in verso il Signore,
anzi riteniamo fermamente che rigettandoli ci mostriamo ubbidienti al Vangelo. E non solo questo, riteniamo
pure che tutti coloro che vogliono piacere al Signore e
ubbidirgli devono prima o poi rigettare il papa e i suoi
vescovi.
4
Ef. 1:22,23
Ef. 4:15
6
Ef. 5:23
7
2 Cor. 11:2
8
Col. 1:17,18
5
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 430
Ibid., pag. 430
3
Matt. 18:20
2
88
La chiesa
Perché la chiesa cattolica romana non è una, santa, cattolica e apostolica
Unità.
La Chiesa di Dio antica aveva la fede in Cristo Gesù
predicata dagli apostoli. Ma questa fede la chiesa cattolica romana non la possiede perché essa ripone la sua
fiducia in Maria e in altri presunti intercessori che non
possono fare proprio nulla in suo favore, e nei propri
meriti anziché nei meriti di Gesù Cristo. E difatti essa
non annunzia la fede in Cristo come via di salvezza perché è occupata a predicare che la salvezza si ottiene per
opere e non per fede. Questo è un altro Vangelo e non il
Vangelo predicato dagli apostoli.
E non si può dire neppure che la chiesa cattolica romana
crede in tutte le cose in cui credeva la Chiesa primitiva
perché quest’ultima non credeva nel purgatorio, nelle
indulgenze, nell’immacolata concezione di Maria, nella
transustanziazione, nella ripetizione incruenta del sacrificio di Cristo, nel culto delle immagini,
nell’intercessione dei santi in cielo, nei sette sacramenti
che essa possiede, nel primato di Pietro prima e poi di
quello del vescovo di Roma quale suo successore, e in
tante altre sue dottrine; quindi non è vero che i Cattolici
romani credono le stesse cose che furono credute dai
primi Cristiani. In effetti tutte queste dottrine erano estranee al ‘credo’ dei primi Cristiani. Basta leggere gli
Atti degli apostoli e le epistole degli apostoli per rendersi conto di tutto ciò.
E poi non si può dire neppure che la stessa chiesa cattolica romana abbia sempre creduto le stesse cose perché
come vedremo in appresso gli stessi papi si sono contraddetti tra di loro nel corso del tempo; ci furono degli
scismi durante i quali esistevano due o talvolta tre papi e
ognuno aveva la sua parte di seguaci; e i cosiddetti padri
e i concili si sono contraddetti anch’essi nel corso dei
secoli. Qui mi limito a ricordare ai lettori alcune controversie verificatesi nell’ambito della chiesa cattolica romana. I Domenicani combattevano l’immacolata concezione di Maria mentre i Francescani la difendevano e a
motivo di ciò nacquero tra loro delle aspre e lunghe
guerre. I Gesuiti (seguaci di Ignazio Loyola, 1491 ca. 1556) e i Giansenisti (seguaci di Cornelio Jansen, 15851638) si scontrarono su tante questioni di fede e di morale, come anche i Tomisti (seguaci di Tommaso
d’Aquino, 1225-1274) e i Scottisti (seguaci di Duns
Scoto, 1263-66 ca. -1308) sull’effetto dei sacramenti. In
verità studiando la storia della chiesa cattolica romana ci
si rende conto di quanto divisa sia stata nel passato. E
non è che le cose sono cambiate nella sostanza, perché
anche oggi tra i Cattolici romani sono in corso delle
controversie sull’infallibilità papale, sul celibato, sul
controllo delle nascite, sul limbo, sul battesimo dei
bambini, e su altri punti dottrinali; alcuni dicono una
cosa altri un’altra. Perciò non è neppure vero che anche
oggi tutti i Cattolici credono le stesse cose. E poi ci
vengono a parlare di unità a noi!
Che dire allora dell’unità esteriore di cui fa sfoggio la
chiesa cattolica romana (nella maggioranza dei suoi
membri)? Diciamo che essa è un’unità che si può riscontrare anche nei Testimoni di Geova, nei Mormoni, e
La chiesa cattolica romana
in tante altre pseudochiese. Pure loro si vantano di essere uniti, di credere le stesse cose, di agire nella stessa
maniera. Ma che significa questo? che sono la vera
Chiesa di Dio solo perché manifestano tra di loro
un’unione apparente nel perseguire i loro scopi? Affatto.
Anche stando uniti si può sbagliare; anche stando uniti
in qualche credenza o pratica si può andare in perdizione. Nel vedere questa unità fra i Cattolici è come se noi
vedessimo un branco di capri che tutti uniti s’avviano
verso un burrone. E questo perché sono uniti nel credere
le medesime menzogne e nel compiere le medesime opere meritorie che non li possono salvare dall’ira a venire. Quindi, per riassumere, la chiesa cattolica romana
mente quando afferma di essere lei sola la Chiesa di
Cristo a motivo di questa cosiddetta unità passata e presente. E noi siamo rattristati molto nel vedere i suoi
membri credere in questa menzogna.
La vera unità è quella che scaturisce dall’unità con Cristo Gesù; in altre parole la vera Chiesa è unita al suo
interno perché i suoi membri sono uniti a Cristo Gesù
mediante la fede. Possono anche variare certe forme esteriori tra le diverse Chiese, talvolta variano anche certe dottrine non fondamentali, ma questo non significa
che non siano uno in Cristo Gesù; perché i veri credenti
si sentono legati l’uno all’altro dall’amore di Cristo a
prescindere dalla denominazione a cui dicono di appartenere.
Santità.
Innanzi tutto è falso che Gesù Cristo abbia fondato la
chiesa cattolica romana; con questo vogliamo dire che
Gesù Cristo ha fondato sì la sua Chiesa universale, ma
essa non è per nulla la chiesa cattolica romana perché
Gesù ha fondato la sua Chiesa su se stesso e perciò sulla
verità e non sulla menzogna come invece è fondata la
chiesa cattolica romana. Sì, l’antica Chiesa di Roma,
quella a cui Paolo scrisse la sua lettera, era stata veramente fondata da Cristo, ma pian piano quella Chiesa
scomparve e il suo posto lo prese una chiesa apostata
che tolse il fondamento che era Cristo Gesù e vi mise il
suo vescovo e bramosa di potere si mise a signoreggiare
con la sua arroganza le altre chiese e volle estendere il
suo potere di giurisdizione a tutto il mondo; di questa la
chiesa cattolica romana ha ereditato l’arroganza, la falsità, le eresie; questa è una chiesa che non assomiglia in
nulla all’antica Chiesa di Roma. Quella era lodata per la
sua fede, questa è lodata per le sue ricchezze materiali;
quella era ricca in conoscenza questa perisce per mancanza di conoscenza; quella era ripiena di bontà, questa
è spietata. Proseguiamo la nostra confutazione: è falso
che la chiesa cattolica romana è santa perché non sono
santi né la sua dottrina, né la sua messa e neppure i suoi
sacramenti, e poi perché i suoi membri non sono chiamati a santificarsi ma a corrompersi dietro gl’idoli muti
e dietro ogni sorta di superstizione. Ma come si fa a definire santa la dottrina che incoraggia a mentire? O quella che dice che è lecito uccidere per legittima difesa? O
quella che afferma che fumare non è peccato? O quella
che afferma che il papa in alcuni casi ha il potere di
sciogliere i matrimoni e fare passare a nuove nozze uno
dei due coniugi mentre l’altro è in vita? O quella che
impone il celibato ai preti? O quella che permette il culto a Maria, agli angeli, ai santi che sono in cielo? O
89
La chiesa
quella della messa? O la venerazione delle reliquie? E
non è neppure santificante come invece afferma il catechismo della chiesa romana: ‘Tutte le attività della
Chiesa convergono, come a loro fine, verso la santificazione degli uomini..’,1 perché i suoi sacramenti, i mezzi
di salvezza di cui essa dice di essere in possesso, non
hanno il potere di conferire nessuna grazia santificante a
chi li riceve, e perché non è la Chiesa che santifica ma
Dio secondo che è scritto: “Or l’Iddio della pace vi santifichi Egli stesso completamente...”.2 Per quanto riguarda poi il fatto che la chiesa cattolica romana affermi
di essere santa perché ‘molti realmente furono santi, e
sono e saranno’;3 bisogna dire che questa è quella santità eccezionale che loro assegnano a coloro che si sono
distinti per opere meritorie particolari. Essi ricordano tra
di questi, ‘Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Giuseppe Cottolengo’4 e molti altri.5 Ma tra i santi della chiesa
cattolica romana non ci sono solo persone che si sono
distinte per le loro opere di beneficenza, ma anche per le
loro inique opere, come per esempio Damaso, Pio V, e
tanti altri.
Quindi tra i santi dichiarati tali dai Cattolici ci sono uomini le cui vesti erano lordate; quelli che ignorando la
giustizia di Dio che si ha mediante la fede in Cristo cercarono di stabilire la loro giustizia che agli occhi di Dio
è un panno lordato, e quelli che invece si abbandonarono in maniera palese ad ogni sorta di iniquità, vestiti anche loro di abiti sudici perché le iniquità nella Scrittura
sono rappresentate da abiti sporchi.
La Scrittura afferma che la Chiesa di Cristo è santa secondo che è scritto che Gesù l’ha amata e “ha dato se
stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata
col lavacro dell’acqua mediante la Parola”,6 e che tutti
quelli che ne fanno parte sono dei santi già sulla terra
(questo anche se non tutti si santificano nella stessa misura) perché tutti - senza distinzione di sorta - sono “stati santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo”,7 e perciò non esiste una categoria di santi normali
e una di santi eccezionali. Tra i santi ci sono quelli che
si santificano di più e quelli che si santificano di meno.
Cattolicità.
La chiesa romana non è stata istituita per tutti gli uomini
e non è adatta agli uomini perché, al contrario di quello
che i teologi dicono, essa non serve a fare diventare santo nessuno. Come può essere definita utile a fare diventare santi gli uomini una chiesa che distoglie le persone
1
Rino Fisichella, Il Catechismo della Chiesa Cattolica, pag.
169
2
1 Tess. 5:23
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 192
4
Giovanni Bosco (1815-1888) aprì oratori, ospizi e collegi sia
in Italia che all’estero. Giuseppe Cafasso (1811-1860) si distinse tra le altre cose nell’assistenza ai morenti; in particolar
modo i carcerati e i condannati al patibolo. Giuseppe Cottolengo (1786-1842) si prodigò con i derelitti, i raminghi, i senza tetto ed in particolare gli ammalati privi di assistenza.
5
Come vedremo in appresso, i santi della chiesa cattolica romana sono dichiarati tali dagli uomini, dopo la loro morte dopo una lunga e costosa prassi, e dopo che si sono accertati almeno quattro miracoli compiuti dal morto.
6
Ef. 5:25,26
7
Ebr. 10:10
90
La chiesa cattolica romana
dal volgersi a Cristo per ottenere gratuitamente la salvezza da lui ed essere da lui santificati, e li induce a
confidare nelle proprie opere per la propria salvezza?
Non è forse vero invece che la chiesa cattolica romana
con le sue perverse dottrine aiuta gli uomini a rimanere
peccatori? Un Mussulmano diventa Cattolico? Rimane
peccatore. Un Buddista diventa Cattolico romano? Che
cambia? Il nome della religione solo, perché peccatore
era prima di diventare Cattolico e peccatore rimane anche dopo. Cambiano le dottrine, ma l’ex Mussulmano o
l’ex Buddista continua a rimanere perduto, perché
l’Islam, il Buddismo ed il Cattolicesimo sono religioni
che si basano sui meriti umani che non possono affrancare l’uomo dal peccato; cambiano gli atti del culto, ma
non cambia il cuore perché il cuore lo può trasformare
solo Cristo Gesù mediante il Vangelo della grazia. Proprio quello che la chiesa cattolica romana si rifiuta di
annunziare agli uomini. Per quanto riguarda la sua pretesa cattolicità riconosciamo che la chiesa romana é
sparsa sulla faccia della terra e che di essa fanno parte
persone di tante nazioni, ma non la riconosciamo come
la Chiesa universale stabilita da Dio perché non è la
Chiesa di Dio sparsa sulla faccia della terra, ma solo una
grossa organizzazione religiosa che benché dica di essere cristiana non predica il Vangelo della grazia di Dio
ma un suo proprio Vangelo fondato sui meriti dell’uomo
anziché sulla grazia di Dio, che non costituisce per nulla
una buona notizia. Può forse essere chiamata buona novella quella che dice che chi vuole essere salvato deve
ricevere i sacramenti; il battesimo una volta sola, la cresima pure, la comunione più spesso possibile, la penitenza almeno una volta all’anno; ed oltre a ciò deve fare, fare, fare più opere buone possibili per guadagnarsi
la salvezza eterna. E per giunta dopo avere fatto tutte
queste cose egli non può essere sicuro di essere salvato
e di andare subito in cielo alla sua morte - perché se lo
dicesse peccherebbe di presunzione - perché egli deve
andare in purgatorio ad espiare i suoi peccati? No, non
può essere definita buona ma cattiva notizia questa della
chiesa cattolica romana, perché nella sostanza ha annullato la grazia di Dio rendendo vana la fede.
La Chiesa di Cristo è veramente cattolica, cioè universale, perché di essa fanno parte persone di ogni tribù, popolo, lingua e nazione;8 che nel luogo della terra dove
abitano rendono a Dio un culto in ispirito e verità mediante Cristo Gesù. Nel loro cuore dimora Cristo, sulle
loro labbra abbondano le azioni di grazie rivolte a Dio
per averli messi in grado di partecipare alla sorte dei
santi nella luce. Dio ne conosce il numero; noi no. Certo
è però che essi sono riconoscibili dalla certezza di essere salvati che possiedono e dai loro frutti di giustizia che
portano. Questa è la Chiesa che è utile agli uomini perché annuncia al mondo la parola della fede che dice che
se l’uomo confessa con la sua bocca Gesù come Signore
e crede col cuore che Dio l’ha risuscitato sarà salvato.9
Questa è la buona novella della grazia di Dio; perché
afferma che per essere salvati occorre soltanto credere;
questo messaggio è utile agli uomini perché da certezza
di salvezza eterna a chi lo accetta con tutto il cuore.
8
Cfr. Ap. 5:9
Cfr. Rom. 10:8-13
9
La chiesa
Apostolicità.
E’ falso che la chiesa romana sia apostolica perché essa
non si attiene agli insegnamenti che gli apostoli hanno
dato per lo Spirito Santo. Essa si attiene a molti precetti
che voltano letteralmente le spalle alla verità che é in
Cristo Gesù; quelli insegna, non quelli degli apostoli.
Gli apostoli insegnavano che si viene salvati soltanto
mediante la fede e loro dicono che la fede non basta; gli
apostoli insegnavano che c’è solo un mediatore tra Dio
e gli uomini, mentre loro insegnano che oltre a Cristo ci
sono tanti altri mediatori tra cui spicca Maria; gli apostoli insegnavano che dopo questa vita c’è solo l’inferno
e il paradiso, mentre loro gli hanno aggiunto il purgatorio; gli apostoli mettevano in guardia dagli idoli e loro
invece insegnano a servire le statue e le immagini; gli
apostoli esortavano a non mentire e loro invece dicono
che in alcuni casi si può mentire; ecco alcuni punti in
cui la dottrina cattolica romana è l’opposta di quella apostolica. Ed oltre a ciò essa non è neppure governata
dai successori degli apostoli, ma solo da uomini morti
nei loro falli che si fanno passare per i legittimi successori degli apostoli. Gli apostoli non poterono lasciare
dei successori perché l’ufficio che essi avevano ricevuto
da Dio non era trasmissibile ad altri. Essi trasmisero il
loro insegnamento e non il loro ministerio. Ma quando
mai nella Scrittura il ministerio apostolico veniva trasmesso da chi lo possedeva ad un suo successore? Il ministerio apostolico, come anche qualsiasi altro ministerio, non si riceveva per successione ma per decreto di
Dio in virtù di una vocazione celeste. Per questo si deve
escludere che gli apostoli abbiano trasmesso il loro ministerio a dei loro successori.
La vera Chiesa di Cristo è sì apostolica perché i suoi
membri sono “stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra
angolare”;1 dove per fondamento degli apostoli si deve
intendere l’insegnamento degli apostoli. Quindi ogni
chiesa che si attiene fermamente alla dottrina dei santi
apostoli è una Chiesa di Cristo, mentre ogni chiesa che
rigetta il loro insegnamento non è apostolica.
Romanità.
La Chiesa di Gesù Cristo è sì una, è sì santa, è sì apostolica, e cattolica, ma non è affatto Romana perché il suo
capo e colui che la governa non è il capo dello Stato del
Vaticano che risiede a Roma, ma Cristo Gesù che dimora alla destra del Padre nei luoghi altissimi. Lui prima di
lasciare questo mondo e tornare al Padre non lasciò nessun capo visibile alla sua Chiesa. Per quanto riguarda
questa pseudochiesa essa possiede il titolo di romana
perché colui che la governa risiede a Roma dove essa
dice che l’apostolo Pietro ha esercitato il suo papato e lo
abbia trasmesso ai suoi successori a Roma; ma questa
del papato di Pietro a Roma e della trasmissione del relativo primato petrino è una favola artificiosamente
composta; un qualcosa smentito dalle Scritture e dalla
storia.
Quindi se il titolo di Romana si può addurre per questa
organizzazione solo perché colui che la comanda è a
Roma, certamente non si può applicare alla Chiesa di
1
Ef. 2:20
La chiesa cattolica romana
Gesù Cristo sparsa sulla faccia della terra perché il suo
Capo è in cielo e non a Roma.
Concludendo, questa organizzazione non può essere definita neppure cristiana ma deve essere definita anticristiana, e questo perché a parole dice di attenersi al capo
che é Cristo, ma nei fatti rinnega il suo insegnamento e
lo annulla in moltissime maniere, impedendo alle persone di credere nel Vangelo per ottenere la remissione dei
loro peccati.
Sappiamo bene che il concilio Vaticano ha decretato:
‘Se alcuno dirà, che la vera Chiesa di Cristo, fuori della
quale nessuno può salvarsi, non sia quella di Roma, che
è una, santa, cattolica ed apostolica, sia anatema’;2 ma a
noi non ci importa nulla di questo loro ennesimo anatema perché esso non è verità ma menzogna.
Le accuse rivolteci confutate
Abbiamo dimostrato che la chiesa cattolica romana
mente quando afferma di essere la sola Chiesa di Cristo
perché solo lei è una, santa, cattolica e apostolica. Vediamo adesso in che maniera il catechismo romano parla
delle chiese che non sono sotto la giurisdizione del loro
papa: ‘La sola Chiesa Cattolica-Romana è la Chiesa di
Gesù Cristo; le altre, quantunque si dicano cristiane, non
sono e non possono essere la Chiesa di Gesù Cristo. Infatti nessuna di esse ha né può avere le singolari distintive qualità della Chiesa di Gesù Cristo; nessuna di esse
è una, santa, cattolica e apostolica’.3
Nei dettagli le accuse sono queste.
- Unità. Ci viene detto che noi non possediamo l’unità
perché siamo centinaia di sette e ognuno crede quello
che gli pare, perché non abbiamo la messa e né altro sacrificio, perché c’è chi tra noi ammette due sacramenti,
chi tre, chi cinque, chi nessuno, e perché non siamo governate dal successore di Pietro.
Rispondiamo. Innanzi tutto vogliamo dire che quantunque le Chiese evangeliche portino nomi diversi, e sono
in grande numero, pure tutti quei loro membri che sono
veramente nati di nuovo formano un unico corpo, perché hanno creduto nello stesso Signore, e hanno lo stesso Padre. Sono stati battezzati dello stesso battesimo, e
hanno la stessa speranza. Ci teniamo a precisare però
che noi non riconosciamo né il battesimo degli infanti e
neppure quello per infusione amministrato da alcune
chiese perché non conforme alla Scrittura.
E’ vero che tra le Chiese evangeliche non tutti accettano
tutte le dottrine bibliche; perché le divergenze dottrinali
ci sono, noi questo non lo disconosciamo, ma riconosciamo altresì che tutti predicano la dottrina della giustificazione per sola fede, che è la dottrina che permette
agli uomini di nascere di nuovo ed entrare nel regno di
Dio e la maggiore parte insegna e pratica il battesimo in
acqua. Ma tutt’altra cosa è quando si parla della chiesa
cattolica romana; essa infatti con la sua tradizione ha
annullato la dottrina cardine del Vangelo. Da questo il
nostro profondo dissenso con lei.
2
Concilio Vaticano I, De Eccl. Christi, can. 13; citato da Luigi
Desanctis in Compendio di controversie tra la parola di Dio e
la teologia romana, ott. ediz. Firenze 1925, pag. 31
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 209
91
La chiesa
La chiesa cattolica romana
Per quanto riguarda i sacramenti (che taluni chiamano
ordinamenti come noi); c’è chi ne ha due, chi tre, chi
nessuno (come purtroppo l’Esercito della salvezza);
questo è vero. Ma nonostante questo noi con questi nostri fratelli che riconoscono tre ordinamenti perché vi
aggiungono la lavanda dei piedi, o con quelli che purtroppo non hanno il battesimo e la cena del Signore ci
sentiamo ugualmente legati dalla fede in Cristo. Riproviamo però fermamente il fatto che l’Esercito della salvezza abbia tolto il battesimo e la cena del Signore; non
siamo per nulla d’accordo con questo, ma pure sappiamo che tra di loro ci sono tanti fratelli, nati veramente
d’acqua e di Spirito. Non abbiamo la messa perché Cristo non l’ha istituita; essa è un atto profano. Offriamo a
Dio però altri sacrifici; quello della lode, le opere di beneficenza, le azioni di grazie.
Non siamo governati dal successore di Pietro e neppure
dai successori degli apostoli; ecco l’altra accusa. Ma
l’apostolo Pietro e gli apostoli con lui non hanno lasciato successori. Le chiese locali sono governate da pastori
che sono assistiti da degli anziani o in alcuni casi solo
da un collegio di anziani. Ci sono poi tante chiese che si
sono unite per formare una denominazione in cui purtroppo troviamo una forma gerarchica, che assomiglia a
quella papale. Ma noi non siamo d’accordo con questo
tipo di organizzazione perché non ha fondamento nella
Scrittura.
- Santità. Le accuse sono queste. Non la possediamo
perché siamo stati fondati da uomini ribelli, non abbiamo i mezzi per santificare gli uomini perché abbiamo
rinnegato la maggiore parte dei sacramenti e la messa, e
quelli che conserviamo non sono che cerimonie. La nostra dottrina non è santa perché si fonda sulla negazione
del libero arbitrio, della necessità delle opere buone, e
sulla sufficienza della fede per salvarsi.
Rispondiamo. Non è vero che siamo stati fondati da Lutero e Calvino; loro sono stati uomini di cui Dio si è
usato per operare una riforma, tutto qua. Per quanto riguarda la loro condotta diciamo che a ciò che ci viene
dato a conoscere non furono irreprensibili; per le loro
colpe dovranno rendere conto a Dio. Ma è altresì vero
che la curia romana ha lanciato ogni sorta di calunnie
contro questi due uomini tanto è stata indispettita dal
fatto che essi hanno risvegliato negli uomini l’amore per
la Scrittura. Noi riteniamo di essere stati edificati sul
fondamento che è Cristo Gesù, e da lui stesso.
Non abbiamo i mezzi per santificare gli uomini. Se per
mezzi si intendono i sette sacramenti romani, è vero che
noi non li abbiamo, ma perché non sono scritturali. Essi
non santificano proprio nessuno. Ma abbiamo con noi
Cristo che è “Colui che santifica”,1 egli è il mezzo per
mezzo del quale gli uomini vengono santificati; per
mezzo di lui si ottiene la grazia, per mezzo della fede in
lui si viene santificati. Che bisogno c’è dunque dei sette
sacramenti romani? Nessuno.
Quanto agli ordinamenti che possediamo è vero che essi
non conferiscono la grazia ma pure li celebriamo con la
massima serietà e devozione, così come sono stati istituiti da Cristo. Non è vero che neghiamo il libero arbitrio, perché insegniamo che l’uomo possiede una volon-
tà personale, però questa sua volontà rimane sempre
soggetta a Dio. L’uomo nasce corrotto, totalmente corrotto, incapace di scegliere la via della salvezza. Quando
l’uomo decide di invocare il Signore per la sua salvezza,
lo fa in virtù del decreto che Dio ha formato in se stesso
prima della fondazione del mondo. L’uomo però è ignaro di questo quando prende questa decisione; lo scoprirà
però dopo. Parleremo della predestinazione, Dio volendo, in altra occasione. Neghiamo la necessità delle opere
buone per salvarsi; è vero, perché si viene salvati soltanto per la fede in Cristo; la Scrittura lo insegna ripetutamente questo. Non neghiamo però la necessità di fare
frutti del ravvedimento (le opere buone) dopo essere stati salvati, per rendere ferma la nostra elezione a salvezza. Le opere buone devono essere praticate dai riscattati.
- Cattolicità. Non la possediamo perché esistiamo solo
da circa quattrocentocinquanta anni.
Rispondiamo. Non è affatto vero, perché le nostre origini risalgono a più di mille novecento anni fa. Precisamente risalgono al giorno in cui la prima persona credette che Gesù era il Cristo; quello fu il primo credente
in Cristo, il nostro primo fratello.
- Apostolicità. Noi non la possediamo perché non siamo
fondati sugli apostoli né sulla loro predicazione, ma sulla dottrina dei vari Lutero, Calvino e altri che erano ribelli alla dottrina degli apostoli.
Rispondiamo. Falso, noi siamo apostolici, perché la nostra predicazione è in armonia con quella degli apostoli.
Lutero e Calvino si ribellarono piuttosto alla dottrina dei
falsi apostoli, cioè della curia romana; per questo furono
etichettati ribelli. Essi insegnarono la giustificazione per
sola fede in opposizione alla dottrina della salvezza per
opere predicata dalla curia romana, ed in questo proclamarono ciò che è giusto.
1
2
Ebr. 2:11
92
La salvezza non è in una chiesa ma è in Cristo Gesù
La Scrittura dice che la salvezza è in Cristo Gesù, nel
suo nome, e non in una religione o in una organizzazione perché Pietro disse: “E in nessun altro é la salvezza;
poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia
stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser
salvati”.2 Certo, la Chiesa di Dio (e qui non ci riferiamo
a nessuna denominazione o organizzazione particolare,
ma all’insieme dei riscattati dell’Eterno) proclama agli
uomini la salvezza che è in Cristo Gesù; in mezzo a lei
dimora il Salvatore, ma questo non significa che sia lei a
salvare gli uomini, perché la salvezza appartiene a Dio e
al suo Figliuolo. Vogliamo dire con questo che la Chiesa di Dio possiede il nome di Colui che è potente a salvare gli uomini e quello annunzia ma non il potere di
conferire la grazia a nessuno, perché questa la conferisce solo Dio in Cristo Gesù a chi crede. La chiesa cattolica romana invece afferma più o meno esplicitamente
che fuori di essa non c’è salvezza, perché secondo la sua
dottrina la grazia giustificante e santificante si ottiene
mediante i suoi sacramenti amministrati da lei. In questa
maniera è lei che fa diventare Cristiani gli uomini con il
battesimo, è lei che li conferma, ed è sempre lei che
Atti 4:12
La chiesa
mediante i sacerdoti assolve gli uomini dai loro peccati,
e li sostenta con il vero corpo e sangue di Cristo, ed infine gli dà l’estrema unzione per aiutarli a passare da
questa vita a quell’altra. E una volta morti viene in loro
aiuto con le indulgenze per farli passare dal purgatorio
in paradiso. Insomma essa con la sua dottrina sui sacramenti tiene incatenate a sé le persone, facendo dipendere la loro salvezza eterna dai suoi sacramenti. Questa è
la ragione per cui ancora oggi i Cattolici pensano che al
di fuori della loro chiesa non ci sia salvezza; perché viene detto loro che fuori di essa non c’è nessuna chiesa
con il vero battesimo che possiede lei, con dei veri sacerdoti che hanno il potere di rimettere i peccati come li
possiede lei, che mutano l’ostia nel vero corpo di Cristo,
e che dopo morti mediante le messe potranno farli passare dal purgatorio in paradiso. Ah! quante anime si affidano ai sacerdoti cattolici romani per la loro salvezza
credendo che essi siano dei mediatori tra Dio e loro!
Una cosa è certa: chi è salvato è membro della Chiesa di
Dio ed ha il suo nome scritto nei cieli. Ma chi ha il suo
nome scritto nel registro della chiesa romana ed è definito membro di essa, e non ha il suo nome scritto nei
cieli, è perduto; e questo perché la salvezza non la si ottiene entrando a fare parte della chiesa cattolica romana
con il battesimo e ricevendo in seguito gli altri suoi sacramenti ma ravvedendosi e credendo in Cristo Gesù,
quindi per grazia, senza compiere opere buone. Certo è
che la curia romana affermando che fuori dalla chiesa
romana non v’è salvezza fa pensare alle persone che solo in mezzo a lei si sta al sicuro, ma questa é una menzogna perché tutti coloro che hanno conosciuto il Signore e sono usciti da essa riconoscono di essere stati liberati da una casa di servitù dove per lungo tempo hanno
ubbidito a dei precetti umani che voltano le spalle alla
verità. Essi si vergognano di quelle cose che un giorno
compivano in ubbidienza ai precetti di questa organizzazione e sono riconoscenti a Dio per avere loro fatto
conoscere la verità che li ha resi liberi. A coloro che
cercano il Signore in mezzo a questa organizzazione il
Signore dice tuttora: “Uscite da essa”.1
A questo punto è bene anche dire che la curia romana da
alcuni decenni a questa parte ha mitigato un pò
l’affermazione che al di fuori della chiesa romana non
c’è possibilità di salvarsi, anzi possiamo dire che l’ha
apertamente contraddetta anche se molti Cattolici forse
non se ne sono accorti. Siamo abituati a sentire la curia
romana contraddirsi, per questo non ce ne meravigliamo
un gran che. Ma qual’è questa ennesima contraddizione
in cui è caduta la curia romana? Questa. Essa dice:
‘...chi è fuori della Chiesa senza propria colpa (perché è
nato da genitori non cattolici, e non conosce che la vera
Chiesa è la cattolica) e vive bene, cioè ama e serve il Signore nel migliore modo che conosce, egli può salvarsi...’.2 Ci si domanderà il perché di questo apparente
cambiamento; bene, la ragione è perché la curia romana
per potere mettersi a parlare di ecumenismo con i suoi
cosiddetti ‘fratelli separati’ si è trovata costretta ad abbandonare la sua rigidezza, nel parlare s’intende non nei
fatti, per non compromettere il suo dialogo con tutte
La chiesa cattolica romana
quelle chiese che essa cerca di portare ai suoi piedi.
Quindi, in sostanza, queste parole sulla possibilità di
salvezza anche per coloro che non fanno parte della
chiesa cattolica romana servono alla chiesa romana per
camuffarsi e poter attirare così i cosiddetti fratelli separati nel suo seno. Fratelli, non vi fate sedurre da quei
loro discorsi, fondati sul decreto sull’ecumenismo, in
cui parlano di noi come di ‘chiese’ perché nella sostanza
la chiesa cattolica romana si ritiene ancora ‘lo strumento
generale della salvezza’ ed afferma che ‘solo per mezzo
della cattolica chiesa di Cristo (...) si può ottenere tutta
la pienezza dei mezzi di salvezza’,3 il che equivale a dire che noi non siamo veramente chiesa perché non possediamo questa pienezza dei mezzi di salvezza. Ci tengo
a ribadire questo perché so che molti credenti sono rimasti
ingannati
da
questi
discorsi
papisti
sull’appartenenza alla chiesa che vengono fatti dopo il
concilio Vaticano II. Io ho potuto riscontrare personalmente che questo loro discorso che tende a riconoscere
in coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana dei Cristiani contraddice la loro tradizione. Perché? Perché affermare che fuori della loro organizzazione le persone possono salvarsi lo stesso significa andare contro le loro dottrine così come sono esposte per
esempio dal concilio di Trento, in altre parole significa
annullarle. Ma vediamo da vicino questa loro ennesima
contraddizione. Ora, da un lato essi affermano che solo
loro possiedono la pienezza dei mezzi di salvezza e che
noi questa pienezza non la possediamo, e dall’altro lato
essi dicono che pure noi possiamo salvarci senza ‘la
pienezza dei mezzi di salvezza’. Ma allora questo vuole
dire che gli uomini possono salvarsi anche senza i loro
sacramenti? Se sì, perché dunque sono così attaccati ai
loro sacramenti come lo erano i loro predecessori attribuendogli il potere di giustificare e santificare? Perché
dunque non ritrattano tutto quello che essi affermano sui
loro sacramenti? Perché non affermano che il concilio di
Trento ha sbagliato grandemente lanciando l’anatema
contro coloro che non riconosceranno la loro tradizione
e i loro sette sacramenti? Perché non tolgono di mezzo
tutte le loro dottrine che non hanno un fondamento scritturale a partire da quella che attribuisce ai loro sacramenti il potere di conferire la grazia santificante per poi
proseguire con tutte le altre? Ma tutto ciò è impensabile
perché in questo caso dovrebbero smentire i loro padri, i
loro dottori, i loro concili, insomma tutta la loro tradizione. Allora, il fatto che essi affermino che c’è salvezza fuori dalla loro chiesa non può che essere falso perché non si concilia affatto con tutta la loro tradizione.
Ma fermatevi un momento e riflettete fratelli: come può
la chiesa papista affermare che tutti coloro che rigettano
il papa e la via della salvezza così come la insegna lei
(cioè per mezzo dei suoi sacramenti) sono maledetti
(quindi noi saremmo sotto la maledizione)4 e dire nello
stesso tempo che anche noi (qui mi riferisco in particolare a coloro che sono fuori dalla chiesa cattolica romana perché nati da genitori che non sono più o non sono
3
Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 1
Credo che taluni farebbero bene ad andare a leggersi tutti gli
anatemi che il concilio di Trento (cito solo questo) ha lanciato
contro i Protestanti.
4
1
Ap. 18:4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 224
2
93
La chiesa
La chiesa cattolica romana
mai stati Cattolici romani) possiamo salvarci o che siamo a ragione insigniti del nome di Cristiani e riconosciuti da essa come fratelli nel Signore? Ma ditemi: ma
da quando in qua i maledetti sono anch’essi figliuoli di
Dio? Non è forse vero che secondo la Scrittura i maledetti saranno gettati nel fuoco eterno? Ed ancora, come
fa la chiesa cattolica ad affermare che la Bibbia solo non
basta per salvarsi (perché ci vuole anche la tradizione) e
nello stesso tempo dire che noi ci possiamo salvare solo
con la Bibbia senza la loro tradizione? E voglio proseguire: ma come si fa a credere al papato quando i loro
libri di dogmatica e i loro catechismi passati e presenti
non differiscono in nulla tra di loro se non nel modo di
presentare certe dottrine (cioè oggi sono un pò meno
duri nei nostri confronti di quanto fossero una volta)?
Quando le affermazioni sui sacramenti, sul papato, sul
purgatorio, sulla salvezza, sono le stesse di quelle che
facevano secoli fa i loro eminenti teologi? Perché credere che dicono il vero quando dicono che anche noi ci
possiamo salvare quando continuano a sostenere le stesse eresie di secoli fa? Come si può affermare che la
chiesa cattolica romana dice il vero quando afferma che
noi possiamo salvarci ugualmente quando leggo che il
suo concilio di Firenze ha detto che la sacrosanta chiesa
romana ‘crede, fermamente, confessa e predica che nessuno di quelli che sono fuori della chiesa cattolica, non
solo pagani, ma anche Giudei o eretici e scismatici, possano acquistare la vita eterna, ma che andranno nel fuoco eterno, preparato per il demonio e per i suoi angeli,
se prima della fine della vita non saranno stati aggregati
ad essa; e che è tanto importante l’unità del corpo della
chiesa, che solo a quelli che rimangono in essa giovano
per la salvezza i sacramenti ecclesiastici, i digiuni e le
altre opere di pietà, e gli esercizi della milizia cristiana
procurano i premi eterni. Nessuno - per quante elemosine abbia potuto fare, e perfino se avesse versato il sangue per il nome di Cristo - si può salvare, qualora non
rimanga nel seno e nell’unità della chiesa cattolica’1? Ce
lo spieghino i contenziosi!
A quelli che prima erano Cattolici romani e che a motivo dell’ecumenismo, reputano questo mio parlare troppo duro o ingiusto dico: ‘Se non mi credete andatevi a
leggere i loro libri di teologia dogmatica, il loro catechismo, i canoni del concilio di Trento, il concilio Vaticano
II. Ma io dico: ma non serve che vi andiate a leggere i
loro noiosi e menzogneri libri per rendervi conto di
quello che vi dico; basta che vi mettete a parlare - se
non l’avete ancora fatto - con preti, suore, e semplici
zelanti Cattolici romani sulla certezza della salvezza che
avete ottenuto soltanto mediante la fede in Cristo, o che
vi mettiate a riprovare il purgatorio, il papato, il culto a
Maria, le loro immagini, le loro processioni, i loro sacramenti, dicendo che esse sono delle dottrine di demoni che a nulla vi hanno giovato quando le accettavate, ed
allora vi renderete conto come sarete reputati perduti,
altro che salvati; traviati altro che sulla retta via; eretici
ed apostati altro che Cristiani. ‘Siete una setta’, vi cominceranno a dire; altro che comunità ecclesiale. ‘Hai
voltato le spalle al successore di Pietro e perciò a Cristo’
vi diranno; ‘Hai cambiato bandiera, hai rinnegato la ve-
rità per andare dietro alla menzogna’, proseguiranno.
‘Torna all’ovile, perché altrimenti andrai all’inferno!’ ti
diranno i tuoi ex-compagni nella loro ignoranza per
spaventarti e farti tornare nel loro mezzo. Anche voi fratelli che non avete mai fatto parte della chiesa cattolica
romana, perché siete nati in una famiglia di cosiddetti
apostati cioè di ex Cattolici romani o in una famiglia
che non ha mai fatto parte della chiesa cattolica romana,
mettevi a riprovare la tradizione cattolica romana e vedrete pure voi gli insulti che riceverete dai suoi sostenitori! Vi domanderete allora il perché vi risponderanno in
questa maniera benché parlino tanto di ecumenismo, di
unità delle chiese, di amore di Dio, di comunione dello
Spirito Santo. La risposta è che questa loro via a loro
appare diritta ma finisce col menare nello stagno ardente
di fuoco e di zolfo, mentre la via sulla quale siete voi a
loro appare storta e tenebrosa, una via di perdizione,
perché su di essa non ci vedono il loro papa, il culto a
Maria, il purgatorio, le indulgenze, i sacerdoti e tante
altre cose, ma solo la Bibbia, solo Cristo. In altre parole
perché loro ancora sono sotto la potestà di Satana mentre voi ne siete stati liberati; loro sono ancora perduti,
mentre voi siete salvati; loro ancora sono nelle tenebre
mentre voi per la grazia di Dio siete nella luce. Quindi
quando si parla con loro bisogna insistere sul fatto che
la salvezza si ottiene direttamente da Dio, mediante la
fede soltanto, e perciò gratuitamente, senza l’ausilio dei
loro sacramenti, e senza l’intercessione né di Maria e né
di nessun altro all’infuori di Cristo Gesù. E quindi persuaderli che essi non si trovano nella Chiesa di Dio ma
fuori. Questo naturalmente va nettamente contro la loro
dottrina sulla Chiesa e attira molti oltraggi; ma è la verità e vale perciò proclamarla.
1
2
Concilio di Firenze, Sess. XI
94
La vera Chiesa non si riconosce dal gran numero dei
suoi aderenti
I teologi cattolici romani, forti del fatto che la loro chiesa conta centinaia di milioni di membri sulla faccia di
tutta la terra (secondo alcune recenti statistiche sarebbero quasi un miliardo nel mondo), affermano che la chiesa di Roma è la vera Chiesa. Ma è dal numero degli aderenti che si deduce se una certa chiesa è la vera Chiesa
di Dio o meno? Possiamo affermare che tutti i Cattolici
romani in Italia sono Cristiani solo perché essi affermano che nei loro registri vi sono più di cinquanta milioni di iscritti? Quante volte ci siamo sentiti dire dai
Cattolici: ‘Noi siamo molti, voi siete invece pochi,
quindi non potete essere la vera Chiesa di Dio’!
Ma vediamo secondo le Scritture se le cose stanno proprio come dicono i teologi cattolici.
- Gesù ha detto: “Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione,
e molti son quelli che entran per essa. Stretta invece è la
porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son
quelli che la trovano”;2 da ciò si comprende che quelli
che trovano la via che mena alla vita, cioè Cristo Gesù,
sono pochi e non molti in confronto alla popolazione
mondiale.
Matt. 7:13,14
La chiesa
- Gesù disse ai suoi: “Non temere, o piccol gregge; poiché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno”;1 anche
da queste parole si intende che il gregge di Dio è formato da poche persone e non da moltitudini.
- Gesù disse: “Molti son chiamati, ma pochi eletti”;2 ed
un giorno alla domanda: “Signore, son pochi i salvati?”,3 rispose così: “Sforzatevi d’entrare per la porta
stretta, perché io vi dico che molti cercheranno d’entrare
e non potranno”.4 Come si può vedere, ancora una volta
il Signore spiegò che i salvati sono pochi e non molti.
Se poi queste Scritture non bastano per convincersi che i
salvati dal Signore sono pochi allora ricordiamo che è
scritto che ai giorni di Noè, nell’arca “poche anime, cioè
otto, furon salvate tra mezzo all’acqua”,5 e che dalla distruzione di Sodoma e Gomorra e delle città circonvicine Dio salvò solo Lot, sua moglie (che poi divenne una
statua di sale) e due sue figliuole. Quindi non è affatto
vero che la caratteristica della vera Chiesa è la moltitudine degli iscritti.
In quel giorno davanti al trono del giudizio, non saranno
consultati né i registri della chiesa romana (e, ben inteso, neppure quelli delle Chiese evangeliche), ma il libro
della vita dell’Agnello. Solo coloro i cui nomi saranno
trovati scritti in quel libro erediteranno il regno di Dio,
gli altri, non importa di che chiesa risultavano membri,
saranno gettati nello stagno ardente di fuoco e di zolfo.
Perciò o Cattolici, voi che vi appoggiate sulla vostra cosiddetta cattolicità è tempo che vi poniate questa domanda: ‘Sono io sulla via della perdizione fra quei molti
di cui parlò Gesù o sulla via che mena alla vita, tra quei
pochi che l’hanno trovata?’ Esaminando voi stessi riconoscerete, per l’aiuto dello Spirito Santo, di essere tra i
molti che camminano sulla via della perdizione ed allora
non vi rimarrà altro che invocare il Signore Gesù Cristo
affinché vi salvi dalla perdizione eterna. Vi supplichiamo nel nome di Cristo: ‘Salvatevi da questa organizzazione pseudocristiana della quale fate parte!’
Coloro che escono dalla chiesa cattolica romana perché
accettano il Vangelo non sono eretici e neppure apostati
Come avete potuto vedere fra tutti coloro che i Cattolici
considerano sia eretici che apostati ci siete pure voi fratelli che dopo essere stati battezzati da fanciulli vi siete
ravveduti dai vostri peccati, avete creduto nel Vangelo e
vi siete separati dai Cattolici romani per unirvi ai santi
(che loro chiamano Evangelisti, o Evangelici, o Protestanti). Anche voi, secondo loro, avete voltate le spalle a
Dio; anche voi, secondo loro, avete cambiato bandiera!
Ma non é così, fratelli, perché voi sapete molto bene che
le spalle a Dio gliele avete tenute rivolte proprio quando
professavate la religione cattolica romana, mentre da
quando avete creduto nel Signore e vi siete uniti ai santi
avete rivolto il vostro sguardo a Dio. Vi dicono che avete cambiato bandiera, e questo è vero perché ora la vostra bandiera non è più né Maria, né il cosiddetto papa e
1
Luca 12:32
Matt. 22:14
3
Luca 13:23
4
Luca 13:24
5
1 Piet. 3:20
2
La chiesa cattolica romana
né la religione cattolica ma il Signore secondo che é
scritto: “Il Signore é la mia bandiera”.6 Voi diletti avete
creduto nella verità rivelata da Dio mediante il suo Figliuolo, ma avete rigettato tutte le menzogne insegnate e
praticate dalla chiesa romana perché esse non hanno
nulla a che fare con la verità del Vangelo. E perciò siete
sulla via della salvezza; non temete i loro insulti e le loro calunnie. E non vergognatevi affatto di essere definiti
da loro eretici o apostati, anzi glorificate Iddio per essere reputati degni di essere vituperati per il nome di Gesù
come lo furono i discepoli antichi. Sopportate con pazienza le loro ingiurie fratelli, sapendo che viene il giorno in cui il Signore farà conoscere la differenza che v’è
fra il giusto e l’empio, fra colui che serve Dio e colui
che non lo serve.7
I loro oltraggi (passati e presenti) contro di noi; noi ci
compiacciamo in essi
La sacra Scrittura attesta in svariate maniere che i profeti antichi furono oltraggiati, che il Signore Gesù fu oltraggiato e anche gli apostoli di Gesù Cristo furono oltraggiati.
Vediamo ora le Scritture che attestano ciò:
- Geremia disse: “Io non do né prendo in imprestito, e
nondimeno tutti mi maledicono”.8
- Gesù ha detto: “E’ venuto Giovanni non mangiando
né bevendo, e dicono: Ha un demonio! E’ venuto il Figliuol dell’uomo mangiando e bevendo, e dicono: Ecco
un mangiatore ed un beone, un amico dei pubblicani e
de’ peccatori”.9
- Matteo dice che gli scribi e i Farisei dicevano di Gesù:
“Costui non caccia i demonî se non per l’aiuto di Beelzebub, principe dei demonî”;10 Giovanni dice che tra le
turbe gli uni dicevano di Gesù: “Travia la moltitudine”;11 Luca dice che i capi sacerdoti lo accusarono davanti a Pilato dicendo: “Abbiam trovato costui che sovvertiva la nostra nazione e che vietava di pagare i tributi
a Cesare”.12
- Luca dice che a Tessalonica le turbe davanti ai magistrati dissero queste parole contro gli apostoli: “Costoro
che hanno messo sossopra il mondo, son venuti anche
qua, e Giasone li ha accolti; ed essi tutti vanno contro
agli statuti di Cesare, dicendo che c’é un altro re, Gesù”;13 ad Efeso Demetrio disse agli artigiani: “Voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato gran
moltitudine non solo in Efeso, ma quasi in tutta l’Asia,
dicendo che quelli fatti con le mani non sono dèi”;14 a
Filippi, i padroni della serva che era posseduta e fu liberata mediante l’apostolo Paolo dissero ai magistrati di
6
Es. 17:15 (Diod.)
Cfr. Mal. 3:16-18
8
Ger. 15:10
9
Matt. 11:18,19
10
Matt. 12:24
11
Giov. 7:12
12
Luca 23:2
13
Atti 17:6,7
14
Atti 19:26
7
95
La chiesa
Paolo e Sila: “Questi uomini, che son Giudei, perturbano la nostra città...”.1
Come potete vedere sia i profeti, che Gesù, che gli apostoli furono oltraggiati.
Ora, secondo l’insegnamento di Cristo anche noi che
siamo tuttora in vita saremo oltraggiati a cagione del
Figliuol dell’uomo infatti lui ha detto: “Se hanno chiamato Beelzebub il padrone, quanto più chiameranno così quei di casa sua!”,2 ma Egli ci ha detto pure di rallegrarci quando saremo oltraggiati a motivo del suo nome
secondo che é scritto: “Beati voi, quando
v’oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per cagion mia.
Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio é grande ne’ cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che
sono stati prima di voi”.3
Dopo avere detto ciò propongo alla vostra attenzione
alcuni passi di un’opera letteraria di Giovanni Perrone
(Gesuita che attorno al 1852 era considerato il più grande teologo romano) la quale s’intitola Catechismo intorno al Protestantesimo ad uso del popolo. ‘Questo
nome di protestante, e di protestantesimo viene adoperato a significare la ribellione di tutte le moderne sette
contro la chiesa Cattolica fondata da Gesù Cristo, ovvero, ciò che riesce al medesimo, la ribellione degli uomini orgogliosi contro Gesù Cristo fondatore della medesima Chiesa’4 (Il protestantesimo) ‘contiene una dottrina
orribile in teoria, ed immorale in pratica, cioè una dottrina oltraggiosa a Dio, oltraggiosa all’uomo, dannosa
alla società, e contraria al buon senso ed al pudore (...)
né i pagani, né i turchi non sono mai giunti a tanta empietà di dottrina’;5 (i Protestanti) ‘possono questi considerarsi come rivoltosi nati, i quali sono sempre pronti ad
ogni novità; e ad ogni sommossa che si ecciti vi accorrono ad occhi chiusi, senza calcolare né i pericoli loro
né i danni altrui (...) Questo puro Vangelo, come lo
chiamano, ossia il protestantesimo, non è altro che la
irreligione, e la scostumatezza mantellata di belle parole, è il più terribile flagello che pesi sopra l’umanità; esso conduce la società sordamente all’anarchia, allo scioglimento...’;6 ‘Sono la schiuma della ribalderia e della
immoralità in ogni paese. Vengono in prima fila alcuni
pochi preti e frati apostati sacchi di putridume e di vizii
(...) è il rifiuto d’Italia, è il sozzume più vile degli Italiani che passa nelle file dei barbetti. Tutti i malviventi,
che non osservano nessuna pratica religiosa, tutti i settari venduti al diavolo anima e corpo, tutti gli atei ed increduli che vivono da bestia, sono le reclute più preziose
del protestantesimo in Italia (...) (Se costoro prevalessero) ‘l’Italia diverrebbe un campo di guerre civili le
più accanite; il sangue cittadino scorrerebbe per le città
e per le campagne; scomparirebbero tutte le istituzioni
di carità e di beneficenza cristiana; si farebbe scempio
1
Atti 16:20
Matt. 10:25
3
Matt. 5:11,12
4
Giovanni Perrone, Catechismo intorno al Protestantesimo ad
uso del popolo, Roma 1854, pag. 10. Questo libro del Perrone
a suo tempo fu sparso a piene mani dai preti per tutti i paesi
d’Italia.
5
Giovanni Perrone, op. cit., pag. 22,23
6
Ibid., pag. 44,45
2
96
La chiesa cattolica romana
di tutti i buoni; si manderebbero in rovina i più superbi
edifici dei quali ora va altiera la nostra penisola’;7 ‘E’
certo di certezza di fede che quanti cattolici si fanno
protestanti, tutti sono dannati, tranne il caso di un sincero pentimento prima di morire coll’abiura degli errori
professati. Fuori di questo caso, è di fede che tutti i cattolici che si fanno protestanti, tutti si dannano irremissibilmente per tutta l’eternità (..) Basta il non essere ateo
per esserne persuaso’8; ‘..li dovete avere in orrore ed in
abominazione (...) Intendo dire che al solo sentire a parlare di protestantesimo voi dovete ricolmarvi di spavento, più che se sentiste a parlare di un tentativo
d’assassinio contro la vostra vita (...) Il protestantesimo
e i fautori del protestantesimo sono nell’ordine religioso
e morale ciò che la peste e gli appestati sono nell’ordine
fisico’;9 ‘Questi dobbiamo sfuggirli ad ogni nostro potere, non tenere conversazioni con loro, trattarli insomma
dall’odio in fuori, come si trattano i ladri e gli assassini
(...) Questo è anzi l’atto più esimio della carità’;10 ‘Fuggite da loro come dal demonio. Pregate sempre Dio che
vi tenga lontano da questi sciagurati apostati corrompitori della fede e della morale’.11 Ecco, come molti nostri
fratelli furono considerati dai Cattolici romani circa centocinquanta anni fa in questa nazione.
Adesso vi propongo alcuni estratti da degli articoli apparsi sull’Osservatore Romano sessanta anni fa circa. In
uno si legge: ‘Esiste un vero pericolo protestante o meglio anticattolico in Sicilia? La risposta al lettore (...) Il
loro motto potrebbe ben essere: non bramo altr’esca.
Distruggere la fede dei Padri. E passiamo in rivista i
manipoli di questi ‘guastatori’. Poi l’articolista enumera
tra gli altri i Valdesi, i Metodisti, i Battisti ed i Pentecostali. Di questi ultimi si esprime così: ‘I pentecostali.
Conosciamo anche questi. Pretendono di rivivere la vita
della chiesa primitiva. Si radunano in sale pubbliche,
dove si legge la bibbia e si cantano inni. Ad un certo
punto cominciano ad invocare lo Spirito Santo con alte
grida, a contorcersi, a tremare, a battere a terra i ginocchi, a rotolare sul pavimento, a fare miracoli. Sicuro.
L’unico e massimo - dati i tempi - fare ridere coloro che
vi capitano per caso. Quanto contribuisca questo culto
alle malattie nervose, specialmente nelle donne e nei
bambini,
s’immagina’.
Parlando
poi
dell’evangelizzazione fatta dai Protestanti egli afferma:
‘E non è raro il caso di incontrarsi con gregari del proselitismo acattolico in quasi tutti i ritrovi pubblici, dinanzi
le caserme all’uscita od alla ritirata dei soldati, sui treni,
sulle tranvie per le strade e per le piazze ove insistentemente vogliono imporre, specie a signore, signorine (...)
la loro merce avariata, sulla quale scrivono sovente
l’indirizzo delle loro riunioni onde attirare gli incauti e
trascinarli così ad abbracciare i loro errori’12 In un altro
articolo si legge: ‘Di una prassi intollerabile per cui la
cosiddetta e sia pure per un momento, supposta libertà
di proselitismo - niente affatto compresa nella libertà di
7
Ibid., pag. 70, 73, 75
Ibid., pag. 102,103
9
Ibid., pag. 109
10
Ibid., pag. 112,113
11
Ibid., pag. 115
12
L’Osservatore Romano, 25 Aprile 1934, pag. 2
8
La chiesa
culto finché culto significa ciò che in italiano non si
chiama proselitismo nemmeno per sinonimo - non si
limita alla propaganda esercitata mediante sermoni in
chiesa, o libri religiosi, o studi e discussioni... degni di
questo nome, ma si butta alla sfrenata, subdola, iniqua
attività di apostati, di colportori, di mercanti di libri dai
titoli ingannevoli, fatta dovunque nelle case, nelle vie,
nelle piazze, come si fosse in terra di missione, tra’ barbari, sì che si è potuto stampare e dire che di là dall’Alpi
e degli Oceani, si viene in Italia per redimerla dalla superstizione e rivelarle il vero Vangelo. Ed è a questo
sconcio carnevale di buffoni, a questo bel concetto
ch’essi hanno, a questa bella fama ch’essi vanno diffondendo, della Patria, che un alto funzionario della Direzione Generale dei Culti avrebbe dato l’opera sua sotto
veste giuridica quasi a servizio della scienza e della vita
religiosa ferite sin qui da una lacuna...’.1
Ma oggi come stanno le cose? Anche oggi noi siamo
vituperati dai Cattolici romani - sempre per i soliti motivi - perché secondo loro le chiese di cui noi tutti facciamo parte non hanno come fondatore Cristo Gesù ma
solo degli uomini, perché rifiutiamo di riconoscere il
cosiddetto papa come capo della Chiesa di Dio sulla terra, perché non rendiamo il culto a Maria come fanno
loro, e per molte altre ragioni. In poche parole perché
rigettiamo la loro tradizione.2
A conferma di ciò propongo alla vostra attenzione alcune parole di Amatulli Flaviano, Fondatore e Direttore
Generale del Movimento Ecclesiale ‘Apostoli della Parola’. ‘Quelli che escono dalla Chiesa, che Cristo ha
fondato personalmente e insegnano altre dottrine, la
Bibbia li chiama ANTICRISTI, cioè nemici di Cristo e
perturbatori. Per tanto, sono MALEDETTI’;3 ‘bisogna
evitarli per non lasciarsi contaminare dai loro errori’;4
‘Non è conveniente leggere o ascoltare propaganda protestante, per non lasciarsi sedurre dai loro errori (...) generalmente quelli che escono dalla vera Chiesa che ha
fondato Cristo, per entrare nelle sette, lo fanno per ignoranza’;5 ‘I pastori protestanti non hanno gli stessi poteri
che hanno i pastori della Chiesa Cattolica, perché le loro
organizzazioni religiose sono state fondate da uomini,
separati dalla Chiesa fondata da Cristo e alla quale diede
i suoi poteri’;6 ‘Anche i fratelli separati hanno il diritto
di predicare la Parola di Dio? No. I fratelli separati non
hanno nessun diritto di predicare la Parola di Dio (...) Se
lo fanno, è per proprio conto, senza nessuna garanzia da
1
L’Osservatore Romano, 7 Aprile 1934, pag. 2
D’altronde non si capisce perché le cose dovrebbero essere
differenti quando la chiesa cattolica romana è la stessa di secoli fa e noi continuiamo a riprovare tutte le sue eresie ed imposture come facevano esattamente i nostri fratelli che ci hanno
preceduto. Sappiate dunque che c’è da preoccuparsi quando si
sente dire che taluni Evangelici sono ben visti e stimati da zelanti preti cattolici o da altri zeloti della gerarchia cattolica
perché questo significa che essi hanno smesso di riprovare e
confutare pubblicamente le eresie papiste per accattivarsi la
loro amicizia e rispetto, e per non aver noie.
3
Amatulli Flaviano, La Chiesa Cattolica e le sette protestanti,
Putignano 1991, pag. 19. Il libro ha l’Imprimatur.
4
Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 20
5
Ibid., pag. 21
6
Ibid., pag. 31
2
La chiesa cattolica romana
parte di Dio’;7 ‘Secondo la Bibbia, sono anticristi tutti
coloro che escono dalla Chiesa di Cristo e l’attaccano
(...) In questo senso, sarebbero anticristi i fratelli separati, che sono usciti dalla Chiesa di Cristo e stanno cercando tutti i modi per danneggiarla’.8 E questo in pieno
dialogo ecumenico! Così mentendo, i Cattolici romani
ancora oggi dicono ogni sorta di male contro di noi a
motivo del Vangelo: ma noi siamo felici di essere reputati degni di essere vituperati a cagione di Cristo come
lo sono stati in questa nazione e in molte altre molti nostri fratelli dai loro predecessori, ancora prima che noi
nascessimo. Fratelli nel Signore, come dice Pietro: “Se
siete vituperati per il nome di Cristo, beati voi! perché
lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su voi”.9
Alcuni precetti della chiesa romana confutati
La chiesa romana pretende di essere la vera ed unica
Chiesa di Dio che esista sulla faccia di tutta la terra. Oltre a ciò bisogna dire che essa si arroga un altro diritto
che non possiede infatti si legge nel Nuovo Manuale del
catechista: ‘La Chiesa ha autorità di fare leggi e precetti perché l’ha ricevuta nella persona degli Apostoli, da
Gesù Cristo, l’Uomo-Dio; e perciò chi disubbidisce alla
Chiesa, disubbidisce a Dio medesimo’.10 Ma vediamo
quali sono alcuni di questi precetti che questa pseudochiesa ha emanato e dice che se si infrangono si disubbidisce a Dio. Ecco come li troviamo scritti nel Catechismo della chiesa cattolica e come noi ci opponiamo ad
essi.
- Primo precetto: ‘Parteciperai alla Messa la domenica e
le altre feste comandate’.11
Ora, secondo la chiesa romana chi non va a messa in
questi giorni commette un peccato grave perché non adempie quell’altro loro comandamento che dice di santificare le feste; ma non è affatto così perché siccome che
il peccato è la violazione della legge e non esiste nella
legge il comando di ricordarsi delle feste cattoliche per
santificarle, e che Cristo non ha per nulla comandato di
assistere ad una funzione religiosa che pretende di ripetere il suo sacrificio, chi non va ad assistere a questo rito
inventato da loro (né in quei giorni e neppure negli altri)
non commette per nulla peccato.
Noi anzi esortiamo i Cattolici a non andare più a messa,
ma ad andare piuttosto presso un locale di culto dove i
santi adorano Dio in ispirito e in verità e dove viene
predicata la Parola di Dio non adulterata.
- Secondo precetto: ‘Confesserai tutti i tuoi peccati almeno una volta all’anno’.12
La Scrittura insegna invece che la confessione dei propri
peccati va fatta a Dio e non a un prete. Quindi, o Cattolici romani, andate al Signore direttamente a confessare
le vostre iniquità e otterrete quel perdono che il prete
giammai potrà darvi. Una volta ottenuto questo perdono
7
Ibid., pag. 43
Ibid., pag. 152
9
1 Piet. 4:14
10
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 347
11
Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano 1992,
pag. 506
12
Ibid., pag. 506
8
97
La chiesa
continuate a confessare le vostre iniquità al Signore, ricordandovi che questa confessione va fatta non almeno
una volta all’anno, ma ogni qual volta si prega Dio; Gesù infatti disse che quando noi preghiamo dobbiamo dire al Padre nostro: “Rimettici i nostri debiti”.1
- Terzo precetto: ‘Riceverai umilmente il tuo Creatore
almeno a Pasqua’.2
Qui si fa riferimento all’ostia che, siccome secondo loro, alla consacrazione diviene Gesù Cristo, viene chiamata Creatore; bestemmia! O Cattolici quel pezzo di
pasta non è il vostro Creatore; perché Egli è in cielo.
Invece di andare a ricevere l’ostia, che vi viene presentata come Dio stesso e che nessun bene vi può fare, ricevete Cristo per fede nei vostri cuori; ora; non indugiate a farlo, e sarete riconciliati con Dio. E poi ritiratevi
dalla chiesa cattolica romana.
- Quarto precetto: ‘Santificherai le feste che ti sono comandate’.3
La Scrittura non comanda di osservare giorni, mesi o
anni. Se uno stima il giorno di domenica o quello di Pasqua più di altri giorni, egli è libero di farlo alla gloria di
Dio, ma questa stima sua personale di quel giorno non
può mutarsi in precetto perché questo costituisce un
precetto umano. Tra le feste cattoliche da osservare ci
sono anche le loro feste in onore di Maria, e di altri; vanità, imposture che non hanno nulla a che fare con la
verità.
- Quinto precetto: ‘Osserverai il digiuno prescritto e parimenti l’astinenza’,4 il che nella pratica significa che
non si deve mangiare carne nel venerdì e negli altri
giorni proibiti e si deve digiunare nei giorni prescritti’.
Con quest’altro precetto viene imposto ai Cattolici di
non mangiare carne in giorno di venerdì (in memoria
della passione di Gesù Cristo e perché con questa mortificazione pensano di partecipare alle sofferenze di Cristo), e in questi giorni di digiuno: nei sabati della Quaresima, nel mercoledì delle Ceneri, nel mercoledì e sabato delle quattro tempora, nelle vigilie di Natale, Pentecoste, Assunta e Tutti i Santi. Per quanto riguarda il
digiunare nei giorni prescritti bisogna dire che il digiuno
consiste in questo;
1)
astenersi da determinati cibi come dalle carni
nei giorni sopra menzionati e dalle uova e dai latticini
nella seconda refezione;
2)
astenersi da altri pasti oltre il pranzo; cioè di
fare un solo vero pasto o a mezzogiorno o alla sera con
il consenso di fare un’altra refezione leggera alla sera o
a mezzogiorno (secondo che il vero pasto si fa a mezzogiorno o alla sera) nella quale sono proibite le uova e i
latticini.
Tra i motivi per cui viene imposto questo precetto c’é
quello della penitenza dei peccati infatti il catechismo
dice: ‘Col digiuno e colla astinenza che la Chiesa
c’impone facciamo penitenza in espiazione dei nostri
peccati’.5
La chiesa cattolica romana
Naturalmente anche in questo caso chi infrange questo
precetto si rende colpevole davanti a Dio secondo loro.
Ma che dice la Parola? La Parola ci insegna queste cose.
>Dio vuole che noi digiuniamo perché Gesù ha detto:
“E quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come
gl’ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità che
cotesto é il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni,
ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non apparisca
agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la
ricompensa”,6 ma il vero digiuno non è da intendersi
come un’astensione dalla sola carne o qualche altro cibo
ma come un’astensione sia da ogni vivanda che da ogni
bevanda perché di Gesù, quando digiunò per quaranta
giorni, è scritto che “durante quei giorni non mangiò
nulla”;7 di Paolo è detto che in quei tre giorni “non
mangiò né bevve”,8 e di Mosè, quando salì sul monte
Sinai, è scritto: “E Mosè rimase quivi con l’Eterno quaranta giorni e quaranta notti; non mangiò pane e non
bevve acqua”.9 Certo, uno è libero di astenersi dal mangiare qualche cosa di particolare durante un certo periodo di tempo, o di astenersi solo dal mangiare e non dal
bere, questo non è che noi lo neghiamo però rimane il
fatto che il digiuno completo è quello qui sopra descritto.
>Il Signore non ha imposto di non mangiare carne il venerdì in memoria della sua morte ma ha ordinato di celebrare la santa cena con il pane ed il vino per ricordarla
ed annunziarla perché Gesù sia quando diede il pane che
quando diede il calice da bere ai suoi discepoli disse loro: “Fate questo in memoria di me”,10 e perché Paolo
dice ai Corinzi: “Poiché ogni volta che voi mangiate
questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la
morte del Signore, finch’egli venga”.11
>Coloro che ordinano ad altri di non mangiare un certo
cibo in particolari giorni non parlano da parte di Dio
perché Paolo ha detto che “il regno di Dio non consiste
in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo”.12 Il mangiare carne non
contamina il giusto né in giorno di venerdì e né in altro
giorno.
>Il digiuno come lo intende la Scrittura non lo si fa per
espiare i propri peccati perché in se stesso il digiuno non
ha il potere di espiare alcun peccato, ma lo si fa per
umiliarsi davanti a Dio e per fare udire la propria voce
in alto. Certo, il digiuno è un’opera buona e mediante di
esso si mortificano gli atti del corpo perché quando si
digiuna ci si sente più forti spiritualmente e si sentono
molto meno forti certe passioni della carne, ma rimane il
fatto che non è mediante di esso che si espiano i propri
peccati. Gesù Cristo “è la propiziazione per i nostri pec-
6
Matt. 6:16-18
Luca 4:2
8
Atti 9:9
9
Es. 34:28
10
1 Cor. 11:24,25
11
1 Cor. 11:26
12
Rom. 14:17
7
1
Matt. 6:12
Ibid., pag. 506
3
Ibid., pag. 506
4
Ibid., pag. 506
5
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 355
2
98
La chiesa
cati”,1 come dice Giovanni, e non il digiuno o qualche
altra cosiddetta opera di penitenza.
Questi qua sopra citati sono dei precetti che la chiesa
romana ha stabilito per i suoi seguaci, precetti d’uomini
che ci fanno ricordare le parole che Dio disse al popolo
mediante Isaia: “La parola dell’Eterno è stata per loro
precetto dopo precetto, precetto dopo precetto regola
dopo regola, regola dopo regola...”.2 Questa è la Parola
di Dio per i Cattolici, un insieme di regole stabilite
dall’uomo ed il timore che hanno di Dio non è altro che
un’insieme di comandamenti imparati dagli uomini. E
tutto questo perché viene inculcato loro sin da quando
sono piccoli fanciulli ad osservare tutti questi precetti
per piacere a Dio e per non disubbidirgli.
Cosa c’è alla radice dei loro insegnamenti
E’ scritto che “l’amor del danaro é radice d’ogni sorta di
mali”,3 ed uno di questi mali che scaturisce da esso è
appunto l’eresia. L’apostolo Paolo parlando a Tito di
alcuni della circoncisione che lui ha definito ribelli,
cianciatori e seduttori di menti scrisse così: “Sovvertono
le case intere, insegnando cose che non dovrebbero, per
amor di disonesto guadagno”.4 Una cosa simile possiamo dirla di coloro che tengono nelle loro mani le redini
della chiesa romana, perché essi sovvertono il mondo
intero insegnando cose che non dovrebbero per amore di
disonesto guadagno.
La chiesa romana nel corso del tempo ha introdotto ogni
sorta di eresie per amore di disonesto guadagno, infatti
se si va a vedere da vicino l’insegnamento relativo al
primato del papa, alla canonizzazione dei santi, alle
messe per i morti, al purgatorio, alle reliquie, alle indulgenze, al potere di sciogliere e legare, ed ad altre cose ci
si accorge che essi sono serviti e servono al papato per
arricchirsi oltremodo.
Cominciamo con l’insegnamento della supremazia del
vescovo di Roma sulla Chiesa universale. Proclamandosi capo universale della Chiesa il cosiddetto papa ha accentrato su di sé tutto il potere, stabilisce per il mondo i
vescovi che a lui piacciono i quali giurano ‘di mantenere, difendere, accrescere e favorire i diritti, gli onori, i
privilegi e l’autorità del loro signore, il papa’. E questo
giuramento comprende anche il dovere di contribuire ‘a
procurare i mezzi di cui la Sede Apostolica secondo le
condizioni dei tempi necessita, per essere in grado di
prestare in modo appropriato il suo servizio alla Chiesa
universale’.5 E difatti i vescovi (e gli arcivescovi) pagano al papa delle tasse in occasione della visita ad limina.6
Vediamo adesso l’insegnamento sulla canonizzazione
dei santi (che si fonda sull’errato significato che essi
danno al termine santo e su un’inesistente potere del papa di fare santi alcuni dopo morti). Basta che i Cattolici
1
1 Giov. 2:2
Is. 28:13
3
1 Tim. 6:10
4
Tito 1:11
5
Codice di diritto canonico, can. 1271
6
Cfr. Fausto Salvoni, Da Pietro al Papato, Genova 1970, pag.
365
2
La chiesa cattolica romana
paghino grandi somme di denaro al papa per ottenere la
canonizzazione di qualcuno morto in odore di santità7
(la canonizzazione è preceduta dalla beatificazione che
costa anch’essa parecchi soldi). D’altronde la sapienza
dice che “il danaro risponde a tutto”8 e che “i regali che
uno fa gli apron la strada e gli danno adito ai grandi”.9
Che c’é da meravigliarsi quindi se coloro che hanno
grosse disponibilità finanziarie riescono ad ottenere certi
‘privilegi’ (quello di avere un ‘santo’ nella propria famiglia, o nella propria diocesi o parrocchia) dal papa?
Certo, per fare santo qualcuno occorre anche che egli sia
stato una sorta di eroe spirituale durante la sua vita, e
che i suoi insegnamenti siano stati integri dal punto di
vista cattolico, e che egli faccia almeno quattro miracoli
dopo morto (due per essere beatificato, e altri due dopo
la beatificazione per essere fatto santo). Ma su queste
cose non ci sono grossi problemi perché la curia romana
sa come fare quadrare tutto quando ci sono di mezzo
grosse somme di denaro da intascare.
Veniamo ora all’insegnamento sulla messa e sul suffragio. Se un Cattolico vuole alleviare le anime dei suoi
defunti dalle pene che essi soffrono nel cosiddetto purgatorio o vuole liberare le anime dei suoi defunti dal
purgatorio deve fare dire la messa per i morti che ha un
prezzo (anche se il suo prezzo è presentato come libera
offerta).10 Quindi, basta che paga ed otterrà queste grazie per i suoi morti. La messa quindi è una fonte di disonesto guadagno per la curia romana. Quello che biso7
Francesco Di Silvestri-Falconieri (membro di una Chiesa evangelica del suo tempo) racconta a proposito della canonizzazione della sua lontana parente Giuliana Falconieri (12701341), donna che durante la sua vita portava catene ai lombi
(che erano così strette che finirono col penetrargli nella carne
e non le si poterono più levare), funicelle alle gambe e alle
braccia, dormiva sulla terra nuda e al più sopra una stoia e recitava l’ave Maria mille volte al giorno, racconta dico che
all’inizio del XVIII secolo Giuliana cominciò a fare miracoli e
Benedetto XIII la beatificò nel 1729. La santificazione avvenne pochi anni dopo. Racconta il Di Silvestri: ‘La santificazione non si fece attendere molto: Alessandro Falconieri, cardinal
diacono del titolo di santa Maria della Scala, personaggio influentissimo in Conclave, fece radunare i voti della maggior
parte dei cardinali sul suo vecchio cugino Lorenzo Corsini,
che divenne papa col nome di Clemente XII, a condizione
ch’egli canonizzasse santa Giuliana; e difatti, il 16 giugno del
1737, si celebrò dal pontefice la solenne cerimonia in san Pietro, alla presenza d’Orazio II Falconieri , figlio di Mario e
nuovo capo della famiglia e del cardinale Alessandro’ (Francesco Di Silvestri-Falconieri, I due santi di casa Falconieri,
Roma 1914, pag. 15). Ecco un chiaro esempio dunque di quali
intrighi ed interessi si nascondono dietro le canonizzazioni.
8
Eccl. 10:19
9
Prov. 18:16
10
Il Codice di diritto canonico afferma che ‘è lecito ad ogni
sacerdote che celebra la Messa, ricevere l’offerta data affinché
applichi la Messa secondo una determinata intenzione’ (can.
945 §1.) e che ‘è vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più
poveri, anche senza ricevere alcuna offerta’ (can. 945 §2.). E’
evidente che i legislatori di questo nuovo codice hanno cercato
con queste parole di fare apparire che la messa non è in vendita. Nella realtà però la messa è in vendita, e coloro che le fanno dire lo sanno molto bene perché senza soldi non c’è messa.
C’è un vero e proprio mercato attorno alla messa.
99
La chiesa
gna osservare a riguardo della messa per i morti è questo: che Cristo per offrire se stesso sulla croce del Calvario non richiese nessuna offerta da parte di nessuno,
mentre il prete, che si fa passare per sacerdote di Dio,
per offrire il presunto corpo ed il sangue di Cristo
(l’ostia) in sacrificio propiziatorio per i Cattolici che
stanno nel cosiddetto purgatorio si fa pagare. Essi dunque profanano doppiamente il sacrificio di Cristo; prima
pensando di ripeterlo e poi facendosi pagare per esso. O
Cattolici ma non vi rendete conto che ai preti importano
solo i vostri soldi?
Per ciò che concerne l’insegnamento sulla venerazione
delle reliquie esso è una fonte di grandi ricchezze per il
papato perché ai Cattolici viene detto che in quel santuario o in quell’altro ci sono o il corpo o le parti del
corpo di quello o di quell’altro ‘santo’ o degli oggetti
che erano di quello o di quell’altro santo e che andandovi a visitarle possono ottenere benefici da Dio, ed essi,
ingannati, vi si recano con la speranza di ottenere qualche grazia per mezzo delle reliquie. E così i sovrintendenti di questi santuari si arricchiscono oltre modo vendendo alle persone ogni sorta di oggetto che ricorda
quel santuario o la reliquia del ‘santo’ e ricevendo le
offerte votive che essi fanno al ‘santo’. E dove vanno a
finire infine tutti questi introiti? Nelle casse papali.1
E diciamo pure qualcosa sulla dottrina che dice che il
papa ha il potere di sciogliere quello che vuole in virtù
delle chiavi ricevute da Cristo. In virtù di questa dottrina, il papa, quantunque dice di ritenere il matrimonio
indissolubile, ritiene di avere la potestà di sciogliere il
1
L’abate Muratori, nella sua 67 Dissertazione intitolata Delle
maniere colle quali anticamente le chiese, i canonici, i monasteri ed altre università religiose acquistarono, o si procacciarono gran copia di ricchezze e comodi terreni, enumera tredici
maniere. La decima dice: ‘Invase in alcune parti d’Italia, e forse anche in tutte, una opinione, che ognuno riconoscerà per un
gran veicolo a sempre più arricchir le chiese e i monasteri.
Cioè, fu predicata ed inculcata come efficacissima via di guadagnar la grazia di Dio in terra, ed il suo beatissimo regno
nell’altra vita, la pia munificenza dei Fedeli verso i luoghi sacri. Perciò così sovente s’incontra nelle vecchie carte la seguente formola comunemente usata dai notai: Chiunque dei
beni suoi donerà cosa ai santi e venerabili luoghi, giusta la parola del Salvatore, ne riceverà il centuplo in questo secolo;
dippiù, e che maggior cosa è, possederà la vita eterna... Inbevuti adunque di tale opinione nei vecchi tempi i Fedeli, non è
da stupire se facevano a gara per caricar di nuovi doni i sacri
templi e i monasteri: e se all’udir tante lodi della limosina verso sanctis et venerabilibus locis, ogni dì più crescesse la loro
liberalità verso di essi. Ma non si vuol già dissimulare che gli
ecclesiastici d’allora facendo sonar questa opinione per tirare a
sé la roba altrui, si abusavano non poco della Religione, essendo falsissimo, come dissi, che il divin nostro Maestro abbia
applicato tanto di merito alle donazioni fatte ai luoghi sacri.
Era questo merito solamente fondato nella ingordigia di chi
esortava e consigliava di esser liberale verso le chiese, senza
ricordarsi dei poverelli, dei quali soli parla il Salvatore’. A
distanza di secoli dunque le cose non sono sostanzialmente
cambiate in seno alla chiesa cattolica romana perché ai Cattolici vengono tuttora promessi ogni sorta di benefici materiali e
spirituali se daranno denaro a questa o quell’altra istituzione
cattolica, che poco importa se è un santuario, un istituto religioso, un monastero, o una basilica.
100
La chiesa cattolica romana
matrimonio.2 Ma lo scioglie facendosi pagare, infatti se
uno vuole divorziare e risposarsi deve andare alla ‘Sacra
Rota’ (o meglio ad uno dei Tribunali ecclesiastici regionali) e pagare. E considerando che ogni anno per il
mondo egli scioglie migliaia di matrimoni il papato incassa parecchi soldi. Ma il papa non dà solo il permesso
di divorziare e risposarsi ma anche il permesso (naturalmente anche questo a pagamento) che permette di
non osservare certi precetti della chiesa il quale è chiamato dispensa. Secondo il Codice di diritto canonico
infatti la dispensa è ‘l’esonero dall’osservanza di una
legge puramente ecclesiastica in un caso particolare’.3
Per esempio c’è la dispensa che autorizza ad astenersi
dal digiuno, quella che autorizza a lavorare in certe feste
di precetto e quelle matrimoniali che permettono di contrarre matrimonio quantunque ci siano degli impedimenti impedienti.4 A proposito del lato finanziario di queste
dispense ecco cosa dice l’Enciclopedia Cattolica: ‘Per
le dispense matrimoniali si segue un sistema di tassazione tradizionale. Si fa così distinzione fra ricchi e poveri, si distinguono cioè quelli che possiedono o guadagnano fino ad un determinato limite, da quelli che lo superano. Per i poveri è stabilita una tassa minima variabile con l’impedimento (i miserabili pagano solo le spese)
per i ricchi invece ha luogo la componenda. Questa è
una cifra stabilita caso per caso dalla S. Sede in seguito
alla indicazione della possidenza personale degli sposi e
dei loro introiti. La percentuale varia anche qui con la
diversità e la gravità degli impedimenti’.5 Chi può negare davanti a queste cose che la dottrina sullo sciogliere e
sul legare è fonte di disonesto guadagno per il papato?
Faccio notare a proposito delle dispense che sono veramente un inganno nei confronti dei Cattolici, perché da
2
Vedi il matrimonio.
Codice di diritto canonico, can. 85
4
Secondo la chiesa cattolica questi impedimenti sono quelli
che non permettono di contrarre il matrimonio ossia che lo
rendono illecito. Tra di essi ci sono quello del voto semplice di
castità, della disparità di culto, e della consanguineità in terzo
grado di linea collaterale. Questi sono impedimenti di diritto
ecclesiastico, ma il papa in virtù del suo potere di legare e
sciogliere può persino dispensare da quelli di diritto divino.
Ecco cosa si legge in Corso di Diritto Canonico II: ‘Ciò risolve l’altro problema se il Romano Pontefice possa dispensare
dagli impedimenti di Diritto divino positivo. Tutti gli autori
sono assolutamente dell’avviso che il Papa lo possa fare in
virtù della sua potestà vicaria. (...) Il principio su cui si basa
tale facoltà è il potere di ‘legare e sciogliere’, cui bisogna riconoscere la massima ampiezza ed efficacia finché non si provi che è stato limitato’ (Op. cit., pag. 40), ed ancora: ‘La dispensa, invece, dall’impedimento di consanguineità in secondo grado mescolato col primo, ossia fra zii e nipoti, è riservata
alla Santa Sede; perché sia concessa, sono richieste ragioni più
gravi’ (Ibid., pag. 60). Faccio presente a riguardo del permettere un matrimonio tra zii e nipoti che questo significa andare
contro la Parola di Dio che afferma: “Non scoprirai la nudità
della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa
scopre la sua stretta parente; ambedue porteranno la pena della
loro iniquità” (Lev. 20:19). Quindi, questa cosiddetta santa
sede permettendo simili unioni permette a taluni di trasgredire
la legge di Dio facendogli credere che il papa può dispensarli
pure dalla legge di Dio. Anche essa dunque porterà la pena
della sua iniquità; siatene certi.
5
Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 1050
3
La chiesa
un lato la curia romana gli fa credere che la Chiesa ha
l’autorità da parte di Dio di formulare precetti e di farli
osservare ai suoi fedeli e poi gli da pure l’opportunità di
infrangerli. Da ciò si deduce che se quei precetti si possono infrangere con il suo beneplacito essi non valgono
nulla ai loro occhi, ma sono solo delle restrizioni che
hanno introdotto solo con lo scopo di togliere denaro
alle persone.
Analizziamo ora l’insegnamento sulle indulgenze perché anch’esse sono state e sono fonte di grande guadagno per il papato.
L’indulgenza plenaria - secondo l’insegnamento papale
- è la remissione di tutta la pena temporanea dovuta per
i peccati, il che significa che coloro che la prendono (se
muoiono subito dopo) se ne vanno subito in paradiso
senza passare dal Purgatorio perché non gli rimangono
più pene per i peccati da scontare nell’aldilà! Che bisogna fare per acquistarla? Occorre compiere l’opera indulgenziata, la confessione, la comunione e recitare la
preghiera secondo le intenzioni del papa dei Cattolici
romani. L’opera indulgenziata talvolta è la visita a determinate basiliche o luoghi di pellegrinaggio, il che equivale a dire di portare offerte là dove si è diretti. E così le casse papali si riempiono di denaro. Le indulgenze
vengono acquistate dai Cattolici romani anche a pro dei
loro morti, perché le indulgenze sono parte di quei suffragi che i Cattolici sono invitati a compiere a pro delle
anime che si trovano nel Purgatorio. A che servono
quelle indulgenze a pro dei morti? Ad alleviare le loro
pene e ad affrettarne la loro uscita dal purgatorio!
Nel passato le indulgenze plenarie furono (ma ribadiamo lo sono tuttora; basta pensare alle ingenti somme di
denaro che entrano nelle casse papali durante ogni Giubileo) un grande affare finanziario per il papato perché
di esse si servirono papi avidi di disonesto guadagno per
arricchirsi oltremodo. Lasciamo la parola ad uno storico
cattolico di nome Ludovico Von Pastor a riguardo: ‘Per
l’acquisto dell’indulgenza, che i viventi intendevano
guadagnare per sé, fu sempre richiesta, oltre alla visita
della chiesa ed al contributo in denaro la confessione
(...) compiuta la confessione, naturale presupposto
all’acquisto dell’indulgenza, i fedeli dovevano mettere
nel ceppo delle elemosine una somma di denaro rispondente alle loro condizioni finanziarie. Quest’oblazione a
scopi pii, che era accessoria (...) divenne ora il vero motivo per cui si chiedevano e venivano concesse indulgenze. Come quasi tutti gli inconvenienti di cui soffrì la
Chiesa alla fine del medioevo, anche l’abuso
dell’indulgenza risale in gran parte al tempo dello scisma d’Occidente. Al fine di potersi sostenere contro il
papato francese, Bonifacio IX, anche altrimenti non
schifiltoso nei mezzi per colmare la cassa della Camera
apostolica, in numero straordinariamente alto concesse
indulgenze allo scopo confessato di ottenere per tale via
del denaro (...) L’indulgenza andò sempre più prendendo la forma d’un affare finanziario’.1 Per quanto riguarda la predicazione sulle indulgenze per i morti fatta da
Tetzel ai giorni di Leone X in Germania il Pastor dice
che ‘Tetzel realmente ha predicato essere dogma cri1
Ludovico Von Pastor, Storia dei Papi, vol. IV, Roma 1908,
pag. 216, 218, 219
La chiesa cattolica romana
stiano, che per acquistare l’indulgenza a favore dei morti occorreva soltanto l’oblazione in denaro, non dolore e
confessione (..) non può soggiacere ad alcun dubbio
che, quanto alla sostanza almeno, egli, partendo da questo presupposto, abbia predicato la massima drastica:
‘tosto che il denaro suona nella cassetta, l’anima balza
fuori del purgatorio’.2 A proposito del fatto che Leone X
(1513-1521) approvò la vendita delle indulgenze per
raccogliere il denaro necessario alla costruzione
dell’attuale ‘basilica di san Pietro’, il Pastor riferisce
che ‘non ostante il suo attaccamento alla Santa Sede il
rigido cardinale Ximenes espresse il suo malcontento
per l’indulgenza concessa da Leone X a favore della basilica di S. Pietro’.3
Quindi, come si può ben vedere, sia il papato che tutti
coloro che sono sotto la sua scia hanno avuto sempre
grandi interessi finanziari nell’annunziare queste dottrine malefiche al popolo (canonizzazione, purgatorio, indulgenze, messa, ecc.). Perché dunque meravigliarsi di
questo loro attaccamento a questi loro dogmi di fede che
non hanno nulla a che fare con la verità, quando si sa
che essi sono fonte di ricchezza sia per la sede centrale
di Roma che per tutte le sue succursali sparse per il
2
Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 225
Ibid., pag. 221. E dato che siamo in tema vogliamo ricordare
anche queste altre cose del passato per fare comprendere come
la chiesa romana si è arricchita in maniera disonesta facendo
leva su insegnamenti falsi. Ci fu un periodo della storia della
chiesa romana nel quale dei preti adottarono Il canone penitenziale di Teodoro nel quale erano annoverati tutti i peccati
che questo arcivescovo aveva potuto immaginare; essi vi erano messi a modo di indice e a ciascuno d’essi era applicata
una penitenza piuttosto grave (ricordiamo che le opere penitenziali per i Cattolici consistono in digiuni ed in pene corporali). Così quando i ‘laici’ andavano a confessare i loro peccati
dai preti (ancora la confessione obbligatoria non era stata istituita) per sapere quanta penitenza essi dovevano fare, il prete
traeva il suo penitenziale, calcolava il numero dei peccati e
tirava la somma delle penitenze che per un peccatore comune
ascendevano a molti anni. Il ‘laico’ si spaventava, ma il prete
lo tranquillizzava perché gli faceva sapere che esisteva la maniera per riscattare le penitenze con denaro sia per i poveri che
per i ricchi. Per esempio, un giorno di penitenza, un ricco lo
riscattava con tre denari mentre un povero con uno. In quel
periodo è stato riscontrato che un denaro equivaleva al mantenimento di un giorno di tre uomini. E così avvenne che sorse
la concorrenza dei monasteri e delle chiese che cominciarono
ad offrire la remissione della penitenza a minore prezzo per
farsi più clienti (queste cose le ha raccontate l’abate Ludovico
Muratori nella sessantottesima dissertazione delle Antichità
Italiane, dal titolo: ‘Della redenzione dei peccati, per cui molti
beni calarono una volta nei sacri luoghi’). Ancora più sfacciata
fu la vendita del perdono dei peccati che inventò Giovanni
XXII (1316 - 1334). Questo papa, che a dire degli storici cattolici era molto avido di denaro, pubblicò la Tassa della Cancelleria Apostolica, un libro in cui i peccati, che erano in numero di 610, venivano rimessi dai confessori dietro il pagamento di una precisa somma di denaro stabilita per ogni peccato. Così l’incestuoso, l’adultero, il fornicatore, il ladro,
l’omicida, il sodomita, il bugiardo potevano ottenere
l’assoluzione dei loro misfatti soltanto pagando la relativa
somma prescritta! E questa tassazione fu molto redditizia perché quando Giovanni XXII morì, le casse papali erano stracolme di denaro; il tesoro lasciato da questo papa ammontava
infatti a 25 milioni di fiorini d’oro.
3
101
La chiesa
mondo? Se dovessero rinunciare a queste loro dottrine
di conseguenza dovrebbero rinunciare a tanti e tanti soldi perché scomparirebbero le loro miniere da cui attingono le loro ricchezze; ma il fatto è che essi non hanno
nessuna intenzione di rinunciare ad esse perché sono
cupidi di disonesto guadagno. Sono disposti a fare di
tutto per saziare la loro cupidigia; lo hanno dimostrato
abbondantemente durante i secoli. Non abbiamo bisogno di ulteriori prove, come se quelle che ci sono fossero insufficienti. Ma essi, oltre ad arricchire loro stessi,
fanno arricchire molti perché procurano un gran guadagno a molti e molti artigiani sparsi un pò per tutto il
mondo; molti orafi si arricchiscono facendo per i Cattolici medaglie e medaglioni di tutti i generi, molti scultori
si arricchiscono costruendo per il Vaticano le statue;
molti pittori si arricchiscono dipingendo per loro; molti
negozi si arricchiscono vendendo ogni sorta di mercanzia che ha a che fare con reliquie, santuari, Maria, con il
rosario, con i crocifissi, con le cosiddette immagini sacre, e con miriadi di altri cose. A tale proposito un paragone appropriato va fatto: come quel Demetrio orefice,
che faceva dei tempietti di Diana in argento, procurava
non piccol guadagno agli artigiani, così ora il papato
procura non piccol guadagno a tutti coloro che lavorano
per lui in una maniera o nell’altra. Questa è una delle
ragioni per cui noi figliuoli di Dio siamo in avversione
ed abominio al papato ed a coloro che sono in rapporti
economici con esso, perché riprovando le sue eresie su
Maria, l’eresia del purgatorio e quella delle indulgenze e
la sua dottrina sulle statue e sulle immagini e tutte le sue
secolari invenzioni dottrinali noi ci opponiamo automaticamente anche ai suoi enormi interessi finanziari e a
quelli di tante industrie e artigiani e editori e tipografi e
tanti altri. Quello che emerge infatti, studiando le dottrine cattoliche e le pratiche devozionali che sono ad esse
collegate, è che dietro di esse si annidano enormi interessi finanziari di cui noi abbiamo soltanto una pallida
idea. In altre parole ci troviamo davanti ad un gigantesco impero finanziario ed economico, camuffato da
Chiesa di Dio, che attinge i suoi capitali da
quell’enorme numero di eresie e di superstizioni che costituiscono la tradizione cattolica romana.
I miracoli: segni che la chiesa cattolica romana è nella
verità?
Secondo i teologi romani i miracoli che avvengono fra
di loro dimostrano che essi sono nella verità. Così si espresse il cardinale Bellarmino (1542-1621): ‘La gloria
dei miracoli è un segno (della vera Chiesa). Son da
premettersi due cose fondamentali: La prima, che i miracoli sono necessari alla nuova fede, e a persuadere la
missione straordinaria. La seconda, che i miracoli sono
efficaci e sufficienti. Dalla prima deduciamo, che la
Chiesa degli avversari non può essere la vera Chiesa; e
dalla seconda, che la nostra è la vera Chiesa’.1
Ora, noi non crediamo affatto che i miracoli siano cessati con la morte degli apostoli, e questo perché “Gesù
La chiesa cattolica romana
Cristo è lo stesso ieri, oggi, e in eterno”.2 Essi avvengono in mezzo al suo popolo per le mani di ministri che
hanno ricevuto il dono di potenza di operare miracoli e
sono necessari perché sono la manifestazione dello Spirito secondo che é scritto: “Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune”.3 Essi servono infatti a confermare nella fede i credenti ed a trarre
all’ubbidienza della fede gli uomini che vivono lontani
da Dio. Bisogna dire però, che i miracoli non avvengono solo in mezzo al popolo di Dio, per lo Spirito Santo,
per mezzo di santi uomini rivestiti di potenza, ma anche
tra i pagani, cioè tra coloro che non conoscono Dio e
vanno dietro agl’idoli muti, ma in questo caso avvengono per mezzo di ministri di Satana quali maghi o uomini
molto religiosi all’apparenza. Nel caso dei segni e prodigi che in seno alla chiesa romana viene detto si verificano per mezzo di cosiddetti santi essi devono essere
attribuiti all’avversario e non a Dio, e questo perché
queste persone, che poi magari vengono puntualmente
beatificate e santificate dal papa, sono degli idolatri che
non conoscono Iddio. Il loro sguardo è malefico, le loro
parole dolci e lusinghiere, le loro opere d’iniquità. Essi
devono essere inclusi tra quei falsi profeti di cui parlò
Gesù che “faranno gran segni e prodigî da sedurre, se
fosse possibile, anche gli eletti”.4 Sì, perché il loro scopo é quello di sedurci e di farci apostatare dalla fede. E’
fuori di dubbio, questi loro prodigi suscitano meraviglia
tra le persone, come li suscitava quelli che operava Simone a Samaria prima che credesse al Vangelo. Ma essi
servono a fare rimanere i Cattolici romani ancora più
attaccati al culto di Maria, al culto degli angeli e dei loro
santi ed a convincerli che la loro chiesa è la vera Chiesa.
Come ho detto prima, questi falsi profeti operano questi
prodigi sotto l’influsso di poteri diabolici per sedurci,
ma badate che tutto questo rientra nel volere di Dio perché Dio per mezzo di questi impostori ci mette alla prova per vedere se noi lo amiamo con tutto il nostro cuore;
questo è quello che apprendiamo da queste parole scritte
nella legge: “Quando sorgerà in mezzo a te un profeta o
un sognatore che ti mostri un segno o un prodigio, e il
segno o il prodigio di cui t’avrà parlato succeda, ed egli
ti dica: ‘Andiamo dietro a dèi stranieri (che tu non hai
mai conosciuto) e ad essi serviamo’, tu non darai retta
alle parole di quel profeta o di quel sognatore; perché
l’Eterno, il vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se
amate l’Eterno, il vostro Dio, con tutto il vostro cuore e
con tutta l’anima vostra”.5 Quindi i prodigi non possono
essere presi come segni dimostratori che chi li compie è
nella verità o che l’organizzazione di cui lui è membro è
la vera Chiesa, perché se fosse così dovremmo chiamare
Chiesa di Dio anche le associazioni di maghi e stregoni
che ci sono anche in questa nazione. Il fatto è che mentre i maghi non mostrano di essere religiosi ma irreligiosi, i cosiddetti santi o santoni della chiesa romana sono
delle persone molto religiose che recitano il rosario, il
Padre nostro, che vanno alla messa fatta dal prete e fanno tante altre cose della loro religione. Non possiamo
2
1
Bellarmino, De Conc. et Eccl. lib. IV, cap. 14 de not. Eccl;
citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie, pag.
24
102
Ebr. 13:8
1 Cor. 12:7
4
Matt. 24:24
5
Deut. 13:1-3
3
La chiesa
definirli né santi e né credenti appunto perché dimostrano di essere una banda di seduttori professanti le arti
seduttrici dell’errore per mezzo di segni e prodigi. Contrastano la parola di verità, sono attaccati morbosamente
alla tradizione cattolica romana; noi rifiutiamo di dargli
retta anche se fanno le cose che fanno; quand’anche facessero scendere il fuoco dal cielo usandosi del nome di
Maria, quand’anche si mettessero a camminare
sull’acqua nel nome di Antonio o di Francesco o di
chicchessia, noi non daremo loro retta appunto perché
essi sono degli idolatri che ci incitano all’apostasia. Gesù Cristo dice: “Venite dietro a me”,1 quindi noi dobbiamo seguire lui e nessun altro, per non smarrirci per le
vie desolate di questa religione anticristiana che si fa
passare anche per mezzo dei prodigi che avvengono nel
suo mezzo come la vera Chiesa.
Alcune parole a proposito dell’imposizione delle mani
fatta nel nome di Gesù sugli ammalati in seno alla chiesa cattolica romana
Voglio dire ora alcune cose a proposito delle guarigioni.
In seno alla chiesa romana, nell’ambito del movimento
carismatico, ci sono vescovi e preti che impongono le
mani sugli infermi nel nome di Gesù. Ora, noi non siamo affatto contro il fatto che essi impongano le mani
sugli infermi nel nome di Gesù per la loro guarigione,
però siccome che essi continuano a rimanere in seno alla chiesa romana ed attaccati alla sua tradizione essi non
ci convincono affatto. Ma voglio pure dire che
quand’anche il Signore nella sua misericordia guarisca
un Cattolico romano da una malattia in seguito
all’imposizione delle mani di uno di questi vescovi o
preti, o in seguito ad una sua invocazione fatta con fede
(dal malato) al Signore affinché lo guarisca, questo non
ci porta a definire la chiesa romana la vera Chiesa che
possiede la sana dottrina. Noi riteniamo che queste guarigioni avvenute o che possono avvenire mediante il
nome di Gesù anche nell’ambito della chiesa romana
siano non solo una prova della fedeltà e della bontà di
Dio in verso coloro che nel bisogno lo invocano senza
conoscerlo, ma anche dei mezzi con i quali Dio ci mette
alla prova, a noi suoi figliuoli, per vedere se lo amiamo
con tutto il cuore e se rimaniamo attaccati alla fedel Parola quale ci è stata insegnata. Con questo discorso vogliamo dirvi di diffidare di chiunque dice di credere che
Gesù guarisce e che prega pure sugli ammalati nel nome
di Gesù, ma nello stesso tempo si attiene alla tradizione
della chiesa romana. State attenti fratelli.
La chiesa cattolica romana
successore di Pietro a capo della Chiesa ci siano i successori degli apostoli, cioè i vescovi che a loro volta
consacrano i preti nelle loro diocesi. Ma oltre a questi
insegnamenti, essa è collegata alla dottrina sacramentaria perché nella chiesa riveste una importanza notevole
il prete con tutti i suoi presunti poteri (il potere di fare
cristiani con il battesimo, quello di rimettere i peccati,
quello di trasformare il pane e il vino nel corpo e sangue
di Gesù Cristo, ecc.). Cosicché chi ha il papa o meglio
chi è sottomesso al papa e ai vescovi cattolici, e chi possiede tutti i sette sacramenti è un membro della vera
Chiesa, chi invece rifiuta di sottomettersi al papa e ai
suoi vescovi e di riconoscere i suoi sette sacramenti, anche se si dice cristiano nella realtà non è un vero cristiano. Potrebbe un vero cristiano opporsi al vicario di Cristo? Potrebbe un vero cristiano sprezzare i sette sacramenti istituiti da Cristo per la sua Chiesa? essi dicono.
E’ evidente quindi che stando così le cose ‘le altre chiese’ non possono avere la pienezza dei mezzi di salvezza.
E così a giusta ragione dichiariamo che, avendo i Cattolici una tale cognizione della Chiesa, è impossibile andare d’accordo con i Cattolici romani. Fratelli, nessuno
vi seduca.
Ma anche in questo caso mi trovo costretto a fare alcune
domande agli amanti dell’ecumenismo: Ditemi, come
potete pensare di andare d’accordo con i Cattolici quando essi ritengono che voi non possedete tutti i mezzi per
salvarvi? O come potete pensare che essi vi chiamano
sinceramente Cristiani, quando sanno che voi non credete che il papa è il vicario di Cristo e i suoi vescovi i successori degli apostoli? A nostro avviso, stando così anche la loro dottrina sulla Chiesa, se essi rimangono attaccati ad essa; e voi non la riconoscete, è impossibile
che voi andiate d’accordo con essi. Che sorta di unità
dunque procacciate con questa gente se non siete disposti a riconoscere il primato del vescovo di Roma, e tutti i
loro sacramenti (magari all’infuori del battesimo perché
questo lo accettate!)? Strano per davvero questo vostro
modo di agire! Parlate tanto di unità con i Cattolici, ma
non volete riconoscere il cosiddetto successore di Pietro
e tutti i loro sacramenti. Non siete dunque coerenti.
CONCLUSIONE
Come avete potuto constatare da voi stessi la dottrina
sulla Chiesa insegnata dalla chiesa cattolica romana è
strettamente collegata al primato di Pietro ed alla cosiddetta
successione
apostolica,
vale
a
dire
sull’insegnamento che Pietro fu costituito da Cristo capo visibile della Chiesa e che lasciò questo suo primato
al vescovo di Roma ed ai suoi successori; e che oltre al
1
Matt. 4:19
103
Il papato
La chiesa cattolica romana
Capitolo 4
per il consenso della chiesa.5 Se poi qualcuno - Dio non
voglia! - osasse contraddire questa nostra definizione;
sia anatema’.6
IL PAPATO
Confutazione
La dottrina dei teologi papisti
Colui che viene chiamato papa non è il vescovo universale
Il papa è il successore di Pietro, e quindi il capo visibile
della Chiesa di Cristo. Egli ha tra gli altri poteri, quello
di fare santo qualcuno morto in fama di santità, di aprire il regno dei cieli e di chiuderlo a chi vuole perché ne
possiede le chiavi, e quando definisce dottrine in materia di fede e di morale è infallibile.
‘Il Papa è il successore di san Pietro nella sede di Roma e nel primato, ossia nell’apostolato ed episcopato
universale; quindi il capo visibile, Vicario di Gesù Cristo capo invisibile, di tutta la Chiesa, la quale perciò si
dice Cattolica-Romana’.1 Egli viene definito vescovo
universale perché Gesù disse a Pietro di pascere i suoi
agnelli, le sue pecorelle e le sue pecore;2 capo della
Chiesa e principe degli apostoli perché Gesù disse sempre a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò
la mia Chiesa”.3 Oltre a questi passi i teologi papisti ne
prendono degli altri, che citeremo e spiegheremo in appresso, per sostenere il primato di Pietro. Ma perché
viene detto che proprio lui, il ‘vescovo’ di Roma, e non
un altro vescovo di un’altra città, è il successore di Pietro, e quindi il capo della Chiesa? Perché - dice la tradizione papista - Pietro venne a Roma, vi fondò la Chiesa,
la pasturò per più di venti anni lasciando poi il suo ministero ai suoi successori. Sempre quest’uomo viene
chiamato padre santo, ha il potere di dichiarare santo
qualcuno che è morto ed ha le chiavi del regno dei cieli.
Il papa viene definito anche infallibile quando parla ‘excattedra’. Ecco cosa dice il catechismo a tale riguardo:
‘Il Papa, da solo, non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio, ossia è infallibile come la Chiesa
(quando da Pastore e Maestro di tutti i cristiani, definisce dottrine circa la fede ed i costumi)’.4 L’infallibilità
papale fu dichiarata dogma dal concilio Vaticano I nel
1870 in questi termini: ‘Noi insegniamo, e definiamo
essere dogma divinamente rivelato che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi
dev’essere ritenuta da tutta la chiesa, per
quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua chiesa, allorché definisce
la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste
definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 198
Cfr. Giov. 21:15-18
3
Matt. 16:18
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 207
2
104
Il titolo di vescovo universale fu dato per la prima volta
dall’imperatore Foca (che nel 602 era salito sul trono di
Costantinopoli dopo avere fatto uccidere il suo predecessore e la sua famiglia) al vescovo di Roma Bonifacio
III (607), titolo che peraltro era stato rifiutato dal suo
predecessore Gregorio I (590-604). Questa è l’origine di
questo appellativo dato al capo della chiesa romana.
Passiamo ora a dimostrare con le Scritture che colui che
viene chiamato papa non è il vescovo universale.
Ora, secondo la Scrittura tutti i credenti che sono sulla
terra hanno sì dei vescovi (gli anziani) che li sorvegliano e li pascono per ordine di Dio, ma al di sopra di essi
non c’é affatto il capo dello Stato del Vaticano, ma il
nostro Signore Gesù Cristo che Pietro chiama il Pastore
e Vescovo delle anime nostre. Ecco chi é il Vescovo universale, Gesù Cristo, il Figlio di Dio che siede alla destra di Dio. Ma allora chi é costui che definiscono papa?
Certamente un impostore, che si é preso un titolo che
non gli si addice affatto.
Le seguenti Scritture attestano che Gesù Cristo é il Pastore della sua Chiesa.
- Isaia disse di lui: “Come un pastore, egli pascerà il suo
gregge; raccoglierà gli agnelli in braccio, se li torrà in
seno, e condurrà pian piano le pecore che allattano”;7
- Dio disse tramite Ezechiele del suo Cristo: “E susciterò sopra d’esse un solo pastore, che le pascolerà; il mio
5
Anteriormente al concilio Vaticano I molti Cattolici negavano
l’infallibilità papale. Per esempio, negli Stati Uniti prima del
Vaticano I era stato pubblicato il libro Controversial Catechism che recava l’Imprimatur dell’arcivescovo di New York,
Hughes, in cui c’era la seguente domanda con la relativa risposta: ‘Domanda: i cattolici non devono credere che il papa è
infallibile? Risposta: è un invenzione dei protestanti, e non un
dogma della fede cattolica; nessuna sua decisione può essere
vincolante sotto pena di eresia, a meno che non sia accolta ed
applicata dal corpo dottrinale, cioè dai vescovi della Chiesa’.
Questa domanda fu soppressa dal Catechism nell’edizione
successiva. La ragione è evidente, dopo il Vaticano I
l’infallibilità papale non era più un invenzione dei Protestanti
ma un dogma cattolico da accettare per forza, sotto pena di
scomunica.
6
Concilio Vaticano I, Sess. IV, cap. IV. A proposito della votazione di questo dogma va detto che alla vigilia della votazione centocinquantacinque vescovi dell’opposizione lasciarono Roma in segno di protesta, dopo avere sottoscritto una
dichiarazione in cui affermavano che, in segno di rispetto per
il papa, preferivano astenersi dalla votazione pubblica anziché
pronunziare dinanzi al papa il non placet. Alla votazione poi
tra i 535 cosiddetti padri presenti 533 votarono a favore
dell’approvazione del dogma mentre 2 (il cardinale americano
Kenrick e quello italiano Guidi) dissero non placet.
7
Is. 40:11
Il papato
servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore”;1
- Michea disse del Cristo: “Egli starà là e pascerà il suo
gregge colla forza dell’Eterno..”;2
- in Zaccaria é scritto: “Così parla l’Eterno, il mio Dio:
Pasci le mie pecore...”;3
- Gesù disse: “Io sono il buon pastore, e conosco le mie,
e le mie mi conoscono...”;4 e: “Ho anche delle altre pecore, che non son di quest’ovile; anche quelle io devo
raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà
un solo gregge, un solo pastore”.5
E’ vero che Gesù, dopo che fu risuscitato dai morti, disse a Simon Pietro: “Pasci i miei agnelli... Pastura le mie
pecorelle... Pasci le mie pecore”,6 ma Pietro non si arrogò mai il titolo di vescovo supremo della Chiesa di Cristo, tanto é vero che nella sua prima epistola dice ai santi: “Poiché eravate erranti come pecore; ma ora siete
tornati al Pastore e Vescovo delle anime vostre”7 (che
non era lui, ma Gesù Cristo). E agli anziani egli dice:
“Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che
sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di
Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che ha da
essere manifestata: Pascete il gregge di Dio...”;8 poi dice
loro come devono farlo ed infine dice loro: “E quando
sarà apparito il sommo Pastore, otterrete la corona della
gloria che non appassisce”.9 Pietro quindi non si reputava affatto il vescovo universale ma solamente uno dei
vescovi (gli anziani) che pascevano la Chiesa di Dio in
quei giorni. Per lui il Vescovo universale era Cristo Gesù.
Queste sono le ragioni per cui noi non accettiamo il capo dello Stato del Vaticano come Vescovo supremo della Chiesa, perché la Scrittura attesta che il Pastore e Vescovo delle anime nostre é solo Cristo Gesù, e che
l’apostolo Pietro non fu costituito Pastore supremo della
Chiesa primitiva con l’autorità di trasmettere ai suoi
successori questa dignità; e quindi non è vero che Pietro
trasmise il suo vescovado ad un suo successore (che secondo i teologi cattolici fu un vescovo della Chiesa di
Roma del primo secolo dopo Cristo).
L’apostolo Pietro non fu costituito capo della Chiesa e
non lasciò successori
Il capo dello Stato del Vaticano non può essere definito
in nessuna maniera il successore di Pietro. La ragione é
perché Gesù non conferì mai a Simon Pietro il primato
sugli altri apostoli e sulla Chiesa dicendogli di trasmetterlo poi ad altri; di conseguenza coloro che insegnano
che egli era a capo della Chiesa d’allora e che il suo
primato sia stato da lui trasmesso a qualcun altro insegnano una falsa dottrina e seducono coloro che
1
Ez. 34:23
Mic. 5:3
3
Zacc. 11:4
4
Giov. 10:14
5
Giov. 10:16
6
Giov. 21:15,16,17
7
1 Piet. 2:25
8
1 Piet. 5:1,2
9
1 Piet. 5:4
2
La chiesa cattolica romana
l’accettano. Adesso dimostreremo mediante le Scritture
quanto appena detto cominciando con lo spiegare il passo del “Tu sei Pietro...”10 in Matteo, perché è su di esso
che i teologi papisti si appoggiano per spiegare che Pietro fu costituito da Cristo capo e fondamento della Chiesa, e quindi che fu il primo papa.
Ora, Gesù disse a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ades non la
potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno de’ cieli;
e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto ne’
cieli”.11 Queste parole Gesù le rivolse a Pietro dopo che
questi gli disse dinanzi agli altri discepoli: “Tu sei il
Cristo, il Figliuol dell’Iddio vivente”,12 e noi crediamo
in esse infatti crediamo che Gesù Cristo edificò la sua
Chiesa sopra la sola pietra angolare che esista in tutto il
tempio di Dio e che é lui stesso, il Figliuol di Dio, e non
Pietro, nulla togliendo al fatto che Pietro sia una parte
del fondamento posto da Cristo sopra di lui. Che “questa
pietra”, a cui Gesù fece riferimento in quella risposta a
Simon Pietro, è Gesù Cristo stesso, e che il fatto che poco prima egli si sia rivolto a Pietro dicendogli: “Tu sei
Pietro..” non significa che questa pietra è Pietro, lo si
deduce anche dal confronto con queste parole che Gesù
disse ai Giudei: “La pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella ch’è divenuta pietra angolare... E chi
cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà
colui sul quale cadrà”.13 Perché? Perché in queste parole
Gesù dicendo “su questa pietra” si riferì a lui medesimo
e non a qualcun altro; certo non disse ‘su di me stesso’,
ma è evidente che parlò di lui e non di qualcun altro.
Quindi, anche il “su questa pietra” presente nel discorso
di Gesù a Pietro significa su Cristo e non su Pietro. Perciò, come Gesù quando disse “chi cadrà su questa pietra” non volle dire: ‘Chi cadrà su Simon Pietro’, così
anche quando egli disse: “Su questa pietra edificherò la
mia Chiesa” non disse: ‘Su Simon Pietro edificherò la
mia chiesa’, perché in tutti i due discorsi “questa pietra”
è lui stesso e nessun altro.
Le seguenti Scritture attestano chiaramente che Pietro
non fu costituito da Cristo né il fondamento della Chiesa, né il principe degli apostoli e neppure il capo supremo della Chiesa.
- Paolo dice agli Efesini: “Voi dunque non siete più né
forestieri né avventizî; ma siete concittadini dei santi e
membri della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul
fondamento degli apostoli e de’ profeti, essendo Cristo
Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere
un tempio santo nel Signore”.14
La casa di Dio é una casa spirituale formata da pietre
viventi, cioè da uomini e donne vivificati da Cristo, ed
ha come fondamento alla base di essa Cristo Gesù, la
pietra angolare. Ma sopra Cristo é stato posto un altro
fondamento da Dio che é costituito dagli apostoli e dai
profeti, e difatti noi figliuoli di Dio ci basiamo nella no10
Matt. 16:18
Matt. 16:18,19
12
Matt. 16:16
13
Matt. 21:42,44
14
Ef. 2:19-21
11
105
Il papato
La chiesa cattolica romana
stra vita sugli insegnamenti di Cristo Gesù, su quelli degli apostoli e sulle parole dei profeti. Ma rimane il fatto
che il Capo e il Fondamento della Chiesa rimane sempre
Cristo perché lui é il Salvatore del corpo. Come potete
vedere nelle parole di Paolo non si intravede la benché
minima prova della supremazia dell’apostolo Pietro su
gli altri apostoli, appunto perché Pietro é uno degli apostoli che formano il fondamento della Chiesa e non il
solo apostolo di cui è formato il fondamento.
- L’apostolo Paolo dice ai Corinzi: “Io, secondo la grazia di Dio che m’è stata data, come savio architetto, ho
posto il fondamento; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com’egli vi edifica sopra; poiché nessuno può
porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo
Gesù”.1
Queste parole di Paolo, assieme a queste sue altre parole
scritte ai Romani: “Così, da Gerusalemme e dai luoghi
intorno fino all’Illiria, ho predicato dovunque
l’Evangelo di Cristo, avendo l’ambizione di predicare
l’Evangelo là dove Cristo non fosse già stato nominato,
per non edificare sul fondamento altrui”,2 confermano
che il fondamento della Chiesa di Dio è Cristo Gesù, e
non Pietro o il suo presunto successore come invece asserisce la chiesa romana.
- L’apostolo Pietro nella sua prima epistola dice: “Accostandovi a lui, pietra vivente, riprovata bensì dagli
uomini ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi,
come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale...
Poiché si legge nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion
una pietra angolare, eletta, preziosa; e chiunque crede in
lui non sarà confuso”,3 ed ai capi sacerdoti e agli anziani
disse del Cristo: “Egli è la pietra che è stata da voi edificatori sprezzata, ed é divenuta la pietra angolare”.4
Quindi Pietro ha definito Gesù pietra vivente, eletta e
preziosa ed anche la pietra angolare che Dio aveva promesso di mettere in Sion dopo che sarebbe stata rigettata dagli edificatori; quindi lui stesso riconobbe che Cristo era la prima pietra di tutta la costruzione e che tutti i
credenti (lui incluso) erano come delle pietre viventi che
si dovevano accostare alla pietra vivente che é Cristo.
Che fanno invece i teologi cattolici romani? Disconoscono Cristo Gesù come la pietra angolare, e difatti la
chiesa romana non ha come fondamento Cristo Gesù,
ma il papato che fonda la sua esistenza sulla menzogna
e sull’ipocrisia. Se la chiesa romana fosse veramente
fondata sopra Cristo Gesù (come dice di essere) essa si
atterrebbe alle parole di Cristo e non annullerebbe
l’insegnamento del Signore nostro Cristo Gesù e quello
degli apostoli.
- Marco dice: “E vennero a Capernaum; e quand’egli fu
in casa, domandò loro: Di che discorrevate per via? Ed
essi tacevano, perché per via aveano questionato fra loro
chi fosse il maggiore. Ed egli postosi a sedere, chiamò i
dodici e disse loro: Se alcuno vuol essere il primo, dovrà essere l’ultimo di tutti e il servitor di tutti”.5
Ora, se Pietro fosse stato il principe degli apostoli di
certo Gesù lo avrebbe detto in quest’occasione in cui i
discepoli avevano discusso fra loro per sapere chi era il
maggiore; ma da quello che dice Marco, Gesù non dichiarò Pietro il maggiore degli apostoli. Egli disse che
chi fra loro voleva essere il primo doveva essere il servitore di tutti. Ed oltre a ciò, bisogna dire che dato che
questa disputa fra i discepoli avvenne dopo che Gesù
dichiarò beato Simon Pietro per la sua confessione di
fede e gli disse: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa...”,6 è evidente che i discepoli a
quelle parole di Gesù dirette a Pietro non gli avevano
affatto dato l’interpretazione che gli danno i teologi papisti. Perché? Perché altrimenti essi non avrebbero questionato fra loro chi fosse il maggiore, essendo stata la
questione risolta in precedenza da Gesù.
- Paolo ai Galati chiama Giacomo, Cefa, e Giovanni
“quelli che godono di particolare considerazione”7 e anche quelli “che godono maggior considerazione”,8 e dice che essi erano “reputati colonne”9 nella Chiesa.
Anche in queste parole di Paolo, Pietro non ricopre una
posizione di dominio sopra gli altri apostoli o sopra la
Chiesa di Dio perché viene annoverato tra le colonne
della Chiesa assieme ad altri due apostoli. Da come parlano invece i teologi cattolici romani Pietro era la colonna portante dell’intera Chiesa. A chi credere dunque?
A Paolo, di certo, perché lui parlava da parte di Dio in
Cristo.
- Dopo che Gesù fu assunto in cielo, prima che giungesse il giorno della Pentecoste, l’apostolo Pietro si alzò in
mezzo ai fratelli che erano adunati, che ammontavano a
circa centoventi persone, e disse innanzi tutto che era
stato necessario che si adempisse ciò che lo Spirito Santo aveva detto tramite Davide intorno a Giuda Iscariota,
poi disse queste parole: “Bisogna dunque che fra gli
uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo
che il Signor Gesù è andato e venuto fra noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno ch’egli,
tolto da noi, è stato assunto in cielo, uno sia fatto testimone con noi della risurrezione di lui”.10 E questo fu
fatto perché trassero a sorte tra Mattia e Giuseppe, ed
essendo stato sorteggiato Mattia egli fu aggiunto agli
undici. Notate che non fu Pietro a decidere chi doveva
prendere il posto di Giuda, ma la sorte. Questo conferma che Pietro in seno alla Chiesa non possedeva il posto
di ‘capo della Chiesa’, come invece asserisce la curia
romana, perché altrimenti lo avrebbe scelto lui il successore di Giuda.
- A Gerusalemme quando si riunirono gli apostoli e gli
anziani per discutere un’importante questione che era
sorta, cioè se circoncidere i Gentili e comandare loro
d’osservare la legge o no, l’apostolo Pietro non ricoprì
la posizione di principe degli apostoli o di vescovo universale. E’ scritto infatti: “Essendone nata una gran discussione, Pietro si levò in piè, e disse loro: Fratelli, voi
sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me,
1
Matt. 16:18
Gal. 2:6
8
Gal. 2:6
9
Gal. 2:9
10
Atti 1:21,22
1 Cor. 3:10,11
Rom. 15:19,20
3
1 Piet. 2:4-6
4
Atti 4:11
5
Mar. 9:33-35
2
106
6
7
Il papato
affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del
Vangelo e credessero. E Dio, conoscitore dei cuori, rese
loro testimonianza, dando lo Spirito Santo a loro, come
a noi; e non fece alcuna differenza fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede. Perché dunque tentate adesso Iddio mettendo sul collo de’ discepoli un
giogo che né i padri nostri né noi abbiam potuto portare? Anzi, noi crediamo d’esser salvati per la grazia del
Signor Gesù, nello stesso modo che loro”.1 Dopo Pietro
parlarono anche Paolo e Barnaba, ed infine Giacomo
che fu quello che giudicò di non dare molestia ai credenti di fra i Gentili, ma di ordinargli di astenersi dalle
cose sacrificate agli idoli, dalla fornicazione, dalle cose
soffocate e dal sangue.
Ora, se Pietro avesse avuto la priorità in ogni cosa sicuramente questo si sarebbe palesato a Gerusalemme in
quell’importante riunione, ma bisogna dire che, ancora
una volta, della sua sbandierata supremazia non c’é la
benché minima prova. Pietro sì parlò per primo, ma colui che disse cosa bisognava dire ai Gentili di evitare fu
Giacomo e non Pietro, infatti egli disse: “Io giudico che
non si dia molestia a quelli dei Gentili che si convertono
a Dio...”.2 E badate che quello di Giacomo non fu un
consiglio ma un giudizio; dico questo perché i sostenitori del primato di Pietro tendono con i loro discorsi a farlo passare per un semplice suggerimento.
- “Or gli apostoli ch’erano a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria avea ricevuto la parola di Dio, vi
mandarono Pietro e Giovanni. I quali, essendo discesi
là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito
Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di
loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo”.3
Anche in questo caso non emerge nella maniera più assoluta che Pietro fosse il Principe degli apostoli o il capo della Chiesa. Notate infatti che Pietro fu mandato in
Samaria assieme a Giovanni dagli apostoli che erano in
Gerusalemme, e che sia Pietro che Giovanni pregarono
per i Samaritani affinché ricevessero lo Spirito Santo, il
che sta ad indicare che ambedue avevano il dono di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito
Santo e non solo Pietro.
- Pietro, sia prima del giorno della Pentecoste, che il
giorno della Pentecoste, e sia dopo, e precisamente nel
caso della guarigione dello zoppo al tempio, quando lui
e Giovanni comparvero davanti al Sinedrio, quando Anania portò i denari ai piedi degli apostoli, e quando
Simone offerse a lui e a Giovanni del denaro per ricevere l’autorità di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo, dico, in tutte queste diverse
circostanze, egli si palesò essere il primo a parlare tra
gli apostoli,4 ma non il primo per importanza tra gli apostoli. Vi ricordo a tale proposito che Paolo e Barnaba
erano stati ambedue appartati per ordine dello Spirito
Santo ad Antiochia, ed ambedue erano stati mandati dallo Spirito Santo a compiere quell’opera, ma tra i due
1
Atti 15:7-11
Atti 15:19
3
Atti 8:14-17
4
Cfr. Atti 1:15; 2:14; 3:12; 4:8; 5:3; 8:20
2
La chiesa cattolica romana
Paolo era il primo a parlare infatti a Listra le turbe dopo
avere visto la guarigione compiuta da Paolo lo chiamarono Mercurio “perché era il primo a parlare”.5 A conferma di ciò vi ricordo che ad Antiochia di Pisidia,
quando i capi della sinagoga mandarono a dire a Barnaba e Paolo che se avevano una parola d’esortazione da
dire al popolo la potevano dire, fu Paolo ad alzarsi e a
parlare per primo ai presenti.6 Ma tutto ciò non ci porta
a dire che Paolo era superiore a Barnaba o suo capo. La
stessa cosa si può dire dell’apostolo Pietro nei confronti
degli altri apostoli; egli parlava per primo, ma non aveva il primato né su loro e né sulla Chiesa.
Ma tutto questo che abbiamo detto sin qui, benché sia
provato mediante le sacre Scritture, non incontra per
nulla il favore della chiesa romana che ha lanciato il seguente anatema contro chi non riconoscerà che il papa è
per diritto divino il successore di Pietro sopra tutta la
Chiesa: ‘Se, quindi, qualcuno dirà che non è per istituzione dello stesso Cristo signore, cioè per diritto divino,
che il beato Pietro ha sempre dei successori nel primato
su tutta la chiesa; o che il Romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato: sia anatema’.7 Oh! quanto è vera la parola del profeta: “Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli
occhi perché non veggano, e il cuore perché non comprendano”.8
Spiegazione di alcuni passi presi per sostenere il primato di Pietro
I teologi romani per sostenere che Gesù conferì il primato del potere della Chiesa a Pietro oltre ai passi più
conosciuti che sono: “Tu sei Pietro, e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa”,9 “Ti darò le chiavi del regno
de’ cieli”,10 e “Pasci i miei agnelli... Pastura le mie pecorelle... Pasci le mie pecore”;11 prendono diversi altri
passi della Scrittura che si riferiscono a Simon Pietro.
Vediamoli, per vedere se in effetti stanno ad indicare
che l’apostolo Pietro ricevette il primato sulla Chiesa
primitiva.
- “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi
come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te affinché
la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli”.12 Gesù disse queste parole a
Pietro la notte in cui egli fu tradito e i teologi affermano
che questo “conferma i tuoi fratelli” sta ad indicare che
Pietro ricevette la missione di raffermare i suoi fratelli,
cioè gli apostoli, intendendo con questo che anche il papa, siccome è successore, ha ricevuto la missione di
confermare i fedeli.
Noi non abbiamo nulla da dire sul fatto che Gesù affidò
a Simon Pietro il compito di confermare i suoi fratelli,
perché questo è verità. Ma con queste parole Gesù non
5
Atti 14:12
Cfr. Atti 13:16
7
Concilio Vaticano I (1869-1870), Sess. IV, cap. II
8
Is. 44:18
9
Matt. 16:18
10
Matt. 16:19
11
Giov. 21:15,16,17
12
Luca 22:31,32
6
107
Il papato
conferì a Pietro nessuna supremazia sugli altri apostoli,
o sulla Chiesa. Pietro ricevette da Gesù quella particolare missione in quella particolare circostanza sapendo
che i suoi discepoli sarebbero stati di lì a poco dispersi e
rattristati grandemente a motivo della sua morte; ma
questa missione particolare fu circoscritta nel tempo e a
Pietro. Vogliamo dire con questo che la missione di
confermare i propri fratelli Gesù non la estese a dei presunti successori di Pietro per tutte le età a venire, come
invece affermano i teologi romani. E’ risaputo poi che i
papi prendono queste parole di Gesù per arrogarsi ogni
diritto; tra cui il diritto di fare ogni sorta di leggi ecclesiastiche per confermare i membri della chiesa romana.
Ed oltre a ciò vogliamo ricordare, a sostegno del fatto
che non vi è una particolare persona (il cosiddetto successore di Pietro) messa nella Chiesa dal Signore per
confermare tutti i fedeli, che Paolo ai Corinzi dice che il
Signore li avrebbe confermati secondo che è scritto: “Il
quale anche vi confermerà sino alla fine, onde siate irreprensibili nel giorno del nostro Signor Gesù Cristo”,1 e
non Cefa, ossia Simon Pietro, quantunque Cefa fosse
ancora in vita quando lui scrisse tanto è vero che nella
Chiesa di Corinto c’erano alcuni che dicevano di essere
di Cefa! Come la mettiamo dunque o teologi romani? Se
Pietro doveva confermare tutta la Chiesa come mai
mentre era ancora in vita Paolo dice ai santi di Corinto
che il Signore li avrebbe confermati? Certo, Dio si usa
pure dei suoi ministri per confermare i suoi figliuoli infatti Paolo dice ai Tessalonicesi: “Mandammo Timoteo,
nostro fratello e ministro di Dio nella propagazione del
Vangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella
vostra fede, affinché nessuno fosse scosso in mezzo a
queste afflizioni”;2 e Luca dice che Paolo e Barnaba “avendo evangelizzata quella città e fatti molti discepoli,
se ne tornarono a Listra, a Iconio ed Antiochia, confermando gli animi dei discepoli...”;3 ma di certo, e lo diciamo con fermezza e chiarezza, Egli non si userà del
papa dei Cattolici per confermarci nella fede, perché costui non è un ministro di Cristo ma di Satana. Non importa quanto i teologi romani sbandierano questo versetto della Scrittura che dice che Pietro deve confermare i
suoi fratelli; costui che si dice di essere il successore di
Pietro vuole sedurre le menti dei discepoli di Cristo e
non confermare i loro animi.
- “E Gesù, fissato in lui lo sguardo, disse: Tu se’ Simone, il figliuol di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa (che
significa Pietro)”.4 Secondo i teologi romani Gesù
gl’impose il nome di Pietro per significare che si sarebbe servito di lui come di pietra su cui avrebbe poi costituito, come su fondamento, la sua Chiesa.
Noi invece diciamo che benché Gesù gli diede questo
soprannome a Simone, che significa ‘roccia’, ciò non
lascia intravedere nella maniera più assoluta che
l’apostolo Simone Pietro fu costituito unico fondamento
della Chiesa. Pietro come gli altri apostoli sono parte del
fondamento su cui la Chiesa è stata edificata; anche gli
altri apostoli sono quindi delle pietre come lo è lui. E a
La chiesa cattolica romana
conferma che anche se Pietro ricevette questo soprannome non è il solo fondamento della Chiesa ricordiamo
che Giovanni dice che il muro della nuova Gerusalemme “avea dodici fondamenti, e su quelli stavano i dodici
nomi dei dodici apostoli dell’Agnello”,5 e non quello di
Pietro soltanto. Il fatto che Gesù soprannominò Pietro
proprio Simone, ha di certo il suo motivo, perché Gesù
non soprannominava le persone a caso o senza motivo.
Riteniamo che Gesù abbia voluto soprannominarlo in
quella maniera a motivo della fermezza e della risolutezza viste in questo suo discepolo. Teniamo presente
anche che Gesù soprannominò pure Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, e non solo Simone; Marco dice
infatti che Gesù gli “pose nome Boanerges, che vuol
dire figliuoli del tuono”.6 Ma non perché Gesù pose
questo nome a quei due fratelli, noi diciamo che essi ricevettero speciali poteri nella Chiesa.
- “E montato in una di quelle barche che era di Simone,
lo pregò di scostarsi un pò da terra; poi, sedutosi, d’in
sulla barca ammaestrava le turbe”.7 Secondo i teologi
romani anche il fatto che Gesù predicò d’in sulla barca
di Pietro e non da quella di un altro discepolo attesta il
primato di Pietro.
Folle deduzione! ma non c’è da meravigliarsi più di tanto. I teologi romani ci hanno abituato a sentire cose
peggiori di queste! Ma io vorrei dire: ‘Ma allora anche il
padrone dell’asinello su cui Gesù montò ed entrò in Gerusalemme doveva per forza di cose avere una posizione
altissima nella Chiesa di Dio!’; ed ancora: ‘Ma allora
anche il padrone della casa nella quale Gesù scelse di
mangiare la Pasqua doveva per forza di cose avere una
eminente posizione nella Chiesa, perché fu in quella
stanza che Gesù istituì la santa cena!’. E di questo passo
potrei proseguire ma mi fermo qui.
- Matteo dice: “Or i nomi de’ dodici apostoli son questi:
Il primo Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello;
Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello; Filippo e
Bartolommeo; Toma e Matteo il pubblicano; Giacomo
d’Alfeo e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda
l’Iscariota, quello stesso che poi lo tradì”.8 In base alla
interpretazione della curia romana, il fatto che Pietro sia
nominato per primo, e che ci sia scritto “il primo Simone detto Pietro”, significa che Pietro fu costituito da Cristo il principe degli apostoli. Ma questo non può essere
vero perché tempo dopo, quando fra i discepoli sorse la
disputa per sapere chi fosse il maggiore, Gesù non disse
loro: ‘Perché disputate? Non lo sapete che il primo fra
voi è Pietro?’, ma gli disse: “Chiunque fra voi vorrà esser primo, sarà vostro servitore”.9 Il fatto che Pietro sia
nominato per primo nella lista degli apostoli non significa affatto che egli fosse il principe degli apostoli perché questo suo primato sugli apostoli non emerge dalle
Scritture. Se fosse così come dicono i teologi romani
Pietro avrebbe dovuto essere nominato sempre per primo, ma egli non sempre viene citato per primo: Paolo
dice per esempio: “E quando conobbero la grazia che
5
1
1 Cor. 1:8
2
1 Tess. 3:2,3
3
Atti 14:21,22
4
Giov. 1:42
108
Ap. 21:14
Mar. 3:17
7
Luca 5:3
8
Matt. 10:2-4
9
Matt. 20:27
6
Il papato
m’era stata accordata, Giacomo e Cefa e Giovanni, che
son reputati colonne, dettero a me ed a Barnaba la mano
d’associazione...”,1 citando Pietro al secondo posto, dopo Giacomo; l’angelo che apparve alle donne disse loro:
“Ma andate a dire ai suoi discepoli ed a Pietro, ch’egli
vi precede in Galilea...”,2 citando Pietro dopo gli altri
discepoli.
- Paolo dice che Gesù Cristo “risuscitò il terzo giorno,
secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai Dodici...”.3 Anche questo, cioè che Gesù apparve per primo a
Pietro, e poi a tutti gli altri apostoli, secondo i teologi
romani, attesta il primato di Pietro.
Ma noi riteniamo invece che qui non si vede nessun
primato, ma solo il fatto che Gesù apparve prima a Pietro affinché potesse confermare i suoi fratelli, come gli
aveva detto prima di essere arrestato. E poi ricordiamo
che se Pietro fu il primo dei discepoli a cui Gesù apparve, è anche vero che egli “apparve prima a Maria Maddalena”4 che andò ad annunziarlo ai suoi discepoli che,
udito che egli viveva e che le era apparso, non le credettero. Ma anche qui dobbiamo dire che il fatto che Gesù
apparve prima ad una donna che ad un uomo non vuole
dire che la donna sia superiore all’uomo, o che Maria
Maddalena per questo ebbe un qualche primato fra le
donne.
- Pietro disse a Gerusalemme: “Fratelli, voi sapete che
fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me, affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e
credessero”.5 Dio scelse fra i dodici Pietro per fare udire
l’Evangelo ai Gentili; questa scelta, per i teologi romani,
attesta la supremazia di Pietro sugli altri discepoli.
Non è affatto vero perché Dio non scelse Pietro per quel
compito perché egli era il capo degli apostoli, ma per
altri suoi motivi. Ricordiamo che Pietro, benché Dio lo
mandò a quei Gentili ad annunziare l’Evangelo, fu costituito apostolo della circoncisione e non apostolo dei
Gentili perché in questo ufficio Dio costituì Paolo. Ai
Galati infatti Paolo dice: “Quelli che godono di particolare considerazione... videro che a me era stata affidata
la evangelizzazione degli incirconcisi, come a Pietro
quella de’ circoncisi”;6 quindi Pietro fu mandato da Dio
ai Giudei mentre Paolo ai Gentili. Ma tutto ciò non indica né che Pietro avesse il primato nell’evangelizzazione
degli uomini e né che fosse principe su Paolo e sugli altri apostoli.
Mi fermo qui con i passi che si riferiscono a Pietro che i
teologi romani prendono per sostenere il primato di Pietro, anche se ce ne sono altri. Ma che lezione traiamo
noi da tutto ciò? Per l’ennesima volta questa; che quando qualcuno vuole sostenere una falsa dottrina si usa
pure di quei passi della Scrittura che secondo lui possono contribuire a confermarla dandogli le sue personali
interpretazioni, ma anche che nel fare questo egli rimane confuso. In questo caso i teologi romani per sostenere il primato di Pietro e la successione di questo primato
1
Gal. 2:9
Mar. 16:7
3
1 Cor. 15:4,5
4
Mar. 16:9
5
Atti 15:7
6
Gal. 2:6,7
2
La chiesa cattolica romana
compiono delle acrobazie esegetiche veramente audaci;
ma la loro stoltezza è manifesta a tutti coloro che hanno
conosciuto la verità e tagliano rettamente la Parola di
Dio.
Colui che viene chiamato papa non è il vicario di Cristo
Come abbiamo visto la chiesa romana afferma che il
capo dello Stato del Vaticano é il vicario di Cristo sulla
terra, cioè colui che ne fa le veci. Il Perardi si esprime
così a riguardo: ‘Questi rappresenta Gesù Cristo su questa terra, ne fa le veci, e perciò regge e governa la Chiesa in nome di Lui’.7
La Scrittura invece insegna che Cristo prima di tornare
al Padre suo non lasciò il suo posto a Pietro stabilendolo
suo vicario sulla terra. Il Signore, prima di andarsene,
promise ai suoi discepoli che avrebbe mandato lo Spirito Santo il quale li avrebbe guidati in ogni verità ed annunziato molte altre cose, difatti disse: “Molte cose ho
ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata;
ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi
guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma
dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà le cose a
venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e
ve l’annunzierà”.8 Gesù non disse ai suoi: ‘Avete con
voi Pietro il quale vi guiderà nella verità e vi farà sapere
le altre cose che ho da dirvi!’, quindi costui che si definisce vicario di Cristo mente, perché sulla terra c’é lo
Spirito Santo che ci guida nella verità e ci fa intendere
quale sia la volontà del Signore.
Certo, Dio ha costituito nella sua Chiesa gli apostoli, i
profeti, gli evangelisti, i pastori e i dottori al fine di perfezionarci e di edificarci ma anch’essi sono guidati dallo
Spirito della verità. Mentre il cosiddetto papa non é guidato dallo Spirito della verità ma é sedotto dal diavolo e
questo é manifesto dal fatto che egli annulla l’Evangelo;
quindi come può essere reputato un ministro di Dio costituito da Dio per l’edificazione della sua Chiesa?
Colui che viene chiamato papa non è infallibile ‘ex cathedra’
Cominciamo col dire che i teologi papisti dicono che il
papa è infallibile solo quando insegna come papa, e non
anche quando insegna esprimendo il suo parere personale; e che come uomo, può operare bene ed operare male,
cioè può peccare; ma a nostro giudizio queste affermazioni sono solo affermazioni di comodo che servono solo a dire, nel caso il loro papa dicesse qualcosa di storto
anche agli occhi dei suoi fedeli seguaci o si rendesse
colpevole di qualche grave delitto, che egli è un uomo
come tutti gli altri; quindi in sostanza costituiscono uno
scudo contro eventuali critiche. Ma noi diciamo: ma
nella pratica qual è quel Cattolico romano che non reputa infallibili le dichiarazioni del suo papa non fatte ‘ex
cattedra’? Ma qual è quel fedele cattolico che osa mettere in discussione le affermazioni del suo papa fatte non
‘ex cattedra’ quando il concilio Vaticano II ha detto che
7
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 182
Giov. 16:12-14
8
109
Il papato
‘questo religioso ossequio della volontà e
dell’intelligenza lo si deve in modo particolare prestare
al magistero autentico del romano pontefice, anche
quando non parla ‘ex cattedra’?1 E poi ancora: come
fanno i teologi ad affermare che il papa come uomo può
peccare2 e poi nello stesso tempo affermare che nessuno
può ‘riesaminare un giudizio pronunziato dalla sede apostolica - di cui non vi è autorità maggiore -, come a
nessuno è lecito giudicare di un giudizio dato da essa’,3
quando la Scrittura dice: “Riprendi pure il tuo prossimo”?4 Come potete vedere ci troviamo per l’ennesima
volta davanti a delle contraddizioni che fanno capire che
il dogma dell’infallibilità papale nella realtà si estende
anche a quelle dichiarazioni che non sono catalogate tra
quelle fatte ‘ex cattedra’. Questo loro dogma serve a incutere timore ai Cattolici romani facendogli credere che
loro in Roma hanno un capo che possiede una particolare assistenza dello Spirito Santo quando parla ‘ex cattedra’, in virtù della quale non può sbagliare in quelle sue
dichiarazioni perché lo Spirito Santo parla per bocca
sua, e perciò chi si ribella alle sue dichiarazioni è come
se si ribellasse a Dio stesso. Questo dogma quindi è veramente un’arma potente nelle mani di questi anticristi
che si succedono ai vertici della chiesa cattolica romana
perché mediante di esso possono in qualsiasi momento
confermare o introdurre a loro piacimento tutto quello
che più gli fa comodo per dominare spiritualmente e
1
Concilio Vaticano II, Sess. V. cap. III.
Le dichiarazioni fatte da un papa ex-cattedra, su cui in ambito
cattolico c’è unanimità, sono rare. La definizione
dell’immacolata concezione, fatta da Pio IX nel 1854, fu per
esempio una di queste, un’altra fu quella dell’assunzione di
Maria in cielo fatta da Pio XII nel 1950 con il relativa anatema
contro chi la negherà. Ancora però non è stato stilato un elenco di tutte le dichiarazioni ex-cattedra fatte dai papi sino ad
ora. Come anche non è stata invocata l’infallibilità su dichiarazioni che concernono il sacerdozio delle donne, l’aborto,
ecc. Cosicché neppure i Cattolici sanno con certezza quali sono le dichiarazioni dei loro papi in cui devono credere perché
infallibili. Ma d’altronde questo comportamento del papato è
comprensibile; non gli conviene infatti fare una cosa che gli
impedirebbe nel futuro di smentire qualcuna delle sue attuali
prese di posizione e di introdurre altri dogmi. Si sa infatti che
nella tradizione cattolica col passare del tempo entrano a fare
parte nuove leggi e nuovi dogmi papali che vanno a smentire
quelle di papi precedenti. In altre parole, il fatto che molto raramente si sente dire che il papa ha parlato ex-cattedra o che
questa o quell’altra dichiarazione è stata fatta ex-cattedra sta a
dimostrare che i papi stessi si rendono conto del pericolo che
corrono nel parlare ex-cattedra. Giovanni XXIII (1958-1963)
ebbe ad affermare un giorno: ‘Non sono infallibile. Sarei infallibile soltanto se parlassi ex cattedra, cosa che non intendo
fare’. Questa sua affermazione che sembra una battuta in realtà fa capire il perché i papi non ricorrono con frequenza a parlare ex cattedra.
2
Egli ha il suo personale confessore, ma particolarità della sua
confessione è che il confessore alla fine riceve la benedizione
dal papa. ‘Si sa che ordinariamente al Venerdì verso sera il
confessore del Papa si reca al Vaticano per ascoltarne la confessione come quella di ogni fedele. Unica differenza è che,
dopo la confessione, il confessore riceve la benedizione del
Papa’ (Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 209).
3
Concilio Vaticano I, Sess. IV, cap. III
4
Lev. 19:17
110
La chiesa cattolica romana
materialmente le persone che sono sotto di loro. Tanto
loro sanno che qualsiasi cosa diranno ‘ex cattedra’ ci
saranno milioni di persone in tutto il mondo che si dovranno mostrare d’accordo con loro se non vogliono incorrere nella scomunica per essersi ribellati al capo della
Chiesa e quindi a Cristo.
Ma la questione dell’infallibilità papale, dato che essa fu
dichiarata dogma solo nel 1870, fa sorgere tante domande quali: ‘Ma se il papa dal 1870 in poi è dichiarato
infallibile quando parla in materia di fede e di morale,
come mai - e su questo sono d’accordo tanti Cattolici tanti papi del passato quando parlarono in materia di fede errarono grandemente?’, ed ancora: ‘Se le eresie che
sottoscrissero i papi riconosciuti eretici dagli stessi studiosi cattolici non erano dichiarazioni ex cattedra quali
erano invece le loro dichiarazioni ex cattedra?’ Quando
fu in sostanza che i papi parlarono all’intera Chiesa e in
maniera definitiva? Alcuni rispondono a questi quesiti
dicendo che i papi prima del 1854 non esercitavano
l’infallibilità papale?! Come! - noi rispondiamo - allora
solo dal 1854 in poi sotto Pio IX lo Spirito Santo avrebbe cominciato ad assistere in questa maniera il capo della vostra chiesa? Significa questo forse che prima di
quel tempo la Chiesa di Dio sulla faccia della terra non
aveva una guida infallibile in materia di fede e di morale
e che bisognava aspettare Pio IX per averla? Ho voluto
fare questo discorso per dimostrare quanto assurdo e
contraddittorio sia il dogma dell’infallibilità papale.
Adesso dimostreremo innanzi tutto come Pietro, di cui il
cosiddetto papa si dice il suo successore, non fu un uomo infallibile.
L’apostolo Pietro non fu infallibile né prima e né dopo
che Gesù gli disse: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa..”,5 e di ciò esibiamo le seguenti
prove scritturali.
- Dopo che Gesù rivolse quelle parole a Simone Pietro,
egli disse che doveva andare a Gerusalemme a soffrire
molte cose dagli anziani, dai capi sacerdoti e dagli scribi
ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno. “E Pietro,
trattolo da parte, cominciò a rimproverarlo, dicendo:
Tolga ciò Iddio, Signore; questo non ti avverrà mai. Ma
Gesù, rivoltosi, disse a Pietro: Vattene via da me, Satana; tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose
di Dio, ma delle cose degli uomini”.6
Pietro aveva creduto che Gesù era il Cristo, ma come
tutti gli altri Giudei pensava che il Cristo sarebbe venuto
per ristabilire il regno in Israele e non per morire per la
nazione d’Israele; in altre parole per regnare e non per
farsi mettere in croce. Questa è la ragione per cui quando sentì dire a Gesù che doveva soffrire ed essere ucciso
si mise a rimproverare il Signore perché lui ancora non
aveva il senso delle cose di Dio ma solo il senso delle
cose degli uomini. Il senso delle cose di Dio egli lo acquistò dopo che Gesù Cristo risuscitò. Gesù rimproverò
severamente Pietro, chiamandolo Satana, perché quelle
parole che lui disse le disse da parte di Satana.
- Pietro rinnegò il Signore tre volte nella notte in cui
Gesù fu tradito,7ma dopo si convertì.
5
Matt. 16:18
Matt. 16:22,23
7
Cfr. Luca 22:54-62
6
Il papato
La chiesa cattolica romana
- Paolo racconta ai Galati come e perché si oppose a
Pietro ad Antiochia: “Ma quando Cefa fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia perch’egli era da condannare. Difatti, prima che fossero venuti certuni provenienti da Giacomo, egli mangiava coi Gentili; ma quando costoro furono arrivati, egli prese a ritrarsi e a separarsi per timor di quelli della circoncisione. E gli altri
Giudei si misero a simulare anch’essi con lui; talché
perfino Barnaba fu trascinato dalla loro simulazione. Ma
quando vidi che non procedevano con dirittura rispetto
alla verità del Vangelo, io dissi a Cefa in presenza di
tutti: Se tu, che sei Giudeo, vivi alla Gentile e non alla
giudaica, come mai costringi i Gentili a giudaizzare?...”.1 Pietro era da condannare, secondo Paolo, perché
si mise a simulare e a costringere i Gentili a giudaizzare,
e per questo Paolo lo riprese davanti a tutti.
- Quando Pietro in Ioppe ebbe quella visione nella quale
il Signore gli disse: “Levati, Pietro; ammazza e mangia”,2 egli rispose: “In niun modo, Signore, poiché io
non ho mai mangiato nulla d’immondo né di contaminato”,3 e per questa sua risposta il Signore lo riprese infatti
gli disse: “Le cose che Dio ha purificate, non le far tu
immonde”.4 Pietro sapeva che Gesù aveva dichiarato
tutti i cibi puri perché gli aveva sentito affermare: “Non
capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo
non lo può contaminare, perché gli entra non nel cuore
ma nel ventre e se ne va nella latrina?”,5 ma in quella
visione chiamò immondi dei cibi che Dio aveva purificati e perciò il Signore lo ammonì.
Come potete vedere anche Pietro fallì in alcune cose,
ma d’altronde anche lui era un uomo della stessa natura
che noi. Giacomo ha detto che “tutti falliamo in molte
cose” 6 includendosi tra coloro che falliscono. E se lui,
che era reputato una colonna nella Chiesa d’allora, ammise di fallire, chi é costui che é stato definito infallibile
ex cattedra? Certamente non un ministro di Cristo, ma
un ministro di Satana che seduce le persone facendogli
credere che lui quando parla in materia di fede non può
sbagliare.
Qualcuno dirà: Ma le epistole di Pietro non sono forse
infallibili? Certo che lo sono, perché furono da lui scritte sotto la spinta e la guida dello Spirito Santo. Ma certamente non si può dire che le epistole dei papi siano da
loro scritte perché mossi dallo Spirito Santo di Dio. E
che dire poi dei discorsi di Pietro trascritti negli Atti degli apostoli? Anche quelli sono infallibili perché pronunciati per lo Spirito Santo. Ma anche in questo caso
non si possono per nulla paragonare i discorsi solenni
del papa a quelli di Pietro perché essi sono infarciti di
ogni genere di menzogne.
Ora, i teologi cattolici romani insegnano che il papa
nell’insegnare le verità rivelate da Dio - verità di fede o
verità di morale - è infallibile com’é infallibile la chiesa
e dicono che il fatto che il papa sia infallibile risulta dal
Vangelo. Ecco come si esprime il Perardi nel suo ma-
nuale a tale riguardo: ‘San Pietro (e nella sua persona il
Papa suo successore) è fondamento della Chiesa; egli
deve confermare nella fede gli altri Pastori, deve pascere tutto il gregge. Ma la Chiesa non può essere fondata
sull’errore; essa non sarebbe fondata sulla verità se il
Papa non fosse infallibile, poiché ne é la pietra fondamentale; né il Papa potrebbe confermare in modo certo
gli altri nella fede, e invece di pascere il gregge, egli potrebbe avvelenarlo coll’errore, se potesse errare
nell’insegnamento’.7 Noi diciamo invece con l’ausilio
della sacra Scrittura che egli falla nell’insegnare perché
dalla sua bocca fuoriescono molte menzogne anche
quando insegna in materia di fede e di costumi. E poi ci
vengono a dire che egli è stato stabilito da Dio per confermare nella fede i pastori? Ma costui non conferma
nella fede proprio nessuno perché invece di predicare la
parola della fede come faceva Simone Pietro l’annulla
con i suoi precetti. E poi ci vengono a dire che Dio lo ha
costituito a pascere il gregge? Ma dove le conduce tutte
queste pecore che lo seguono? Certamente non sulla via
della verità che mena in cielo, ma su quella della menzogna che mena nello stagno ardente di fuoco e di zolfo.
L’opera di costui e dei suoi vescovi é un opera di distruzione perché egli distrugge il sentiero per cui le pecore
dovrebbero inoltrarsi per ottenere la vita da Dio. Ben
profetò il profeta Isaia di costoro quando disse: “Quelli
che guidano questo popolo lo sviano, e quelli che si lascian guidare vanno in perdizione”.8 No, costui non é
affatto la pietra fondamentale della Chiesa, anzi non é
neppure una delle pietre viventi di cui é composta la
Chiesa di Dio; no, noi non diciamo che egli potrebbe
avvelenare il popolo se fallisse nell’insegnamento, ma
diciamo che egli lo avvelena realmente perché la sua
lingua é piena di mortifero veleno.
La vera Chiesa non sente affatto il bisogno di questo
cosiddetto papa in materia di fede o di morale, quantunque questi si dichiari infallibile in questo campo, perché
essa possiede lo Spirito della verità che la guida,
l’ammaestra, e la conferma: e noi sappiamo che Egli
non può fallire. Anche la Scrittura costituisce una infallibile guida per la Chiesa. Questo però non significa che
non può accadere che i conduttori o coloro da essi condotti introducano nella Chiesa eresie di perdizione. Perché questo può avvenire, anzi è stabilito che avvenga in
questi ultimi giorni perché si devono adempiere le seguenti Scritture: “Di fra voi stessi sorgeranno uomini
che insegneranno cose perverse per trarre i discepoli
dietro a sé”,9 “Ci saranno anche fra voi falsi dottori che
introdurranno di soppiatto eresie di perdizione”;10 “Bisogna che ci sian fra voi anche delle sètte, affinché quelli che sono approvati, siano manifesti fra voi”;11 “Ma lo
Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni
apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e
a dottrine di demonî”.12 Ma rimane il fatto che lo Spirito
di Dio e la Parola di Dio continueranno a guidare i fede-
1
7
2
8
Gal. 2:11-14
Atti 10:14
3
Atti 10:14
4
Atti 10:15
5
Mar. 7:18,19
6
Giac. 3:2
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 208
Is. 9:15
9
Atti 20:30
10
2 Piet. 2:1
11
1 Cor. 11:19
12
1 Tim. 4:1
111
Il papato
li che compiono la loro salvezza con timore e tremore in
maniera da non farli smarrire. Possono venire meno dei
ministri di Dio ma giammai verrà meno la guida di Dio.
Le prove della fallibilità dei papi
Nel corso dei secoli si sono succeduti centinaia di papi
nella chiesa romana. Ora, mediante i seguenti esempi di
papi che hanno sottoscritto eresie, si sono contraddetti e
sono stati dichiarati eretici, dimostreremo la fallibilità
dei papi anche nelle loro dichiarazioni ufficiali:
- Liberio (352-366) aderì formalmente all’eresia ariana
(che negava la divinità di Gesù Cristo),1 sottoscrivendo
la professione di fede eretica del concilio di Sermio e
giungendo perfino a scomunicare Atanasio che difendeva la divinità di Cristo. Sia i suoi predecessori che lui
stesso avevano di già condannato l’eresia di Ario; in seguito, i suoi successori condannarono l’eresia ariana.
- Innocenzo I (401-417) scrisse al concilio di Milevis
che i neonati erano obbligati a ricevere la comunione e
che se fossero morti battezzati ma non comunicati, sarebbero ugualmente andati all’inferno. In seguito, questa
dottrina è stata annullata dal concilio di Trento nel 1562
con la seguente dichiarazione: ‘Finalmente lo stesso
santo sinodo insegna che i bambini che non hanno l’uso
della ragione, non sono obbligati da alcuna necessità
alla comunione sacramentale dell’eucarestia. Rigenerati,
infatti, dal lavacro del battesimo e incorporati a Cristo,
non possono, a quell’età, perdere la grazia di figli di
Dio, che hanno acquistato’,2 e sempre il concilio tridentino ha anatemizzato chi la sosterrà con la seguente dichiarazione: ‘Se qualcuno dirà che la comunione eucaristica è necessaria ai bambini anche prima che abbiano
raggiunto l’età di ragione, sia anatema’.3
- Ormisda (514-523) nel 514 dichiarò eretici certi monaci della Scizia, perché sostenevano che uno della Trinità aveva sofferto la morte della croce; ma Giovanni II
nel 532 dichiarò quei monaci ortodossi (cioè persone
che sostenevano una dottrina retta).4
- Vigilio (537-555) nel 553 con una dichiarazione ufficiale definì conformi alla dottrina cattolica alcuni scritti
1
Liberio era stato mandato in esilio dall’imperatore Costanzo
perché si era opposto alla deposizione di Atanasio, egli sosteneva infatti assieme ad Atanasio la identica natura tra il Padre
e il Figlio (Ario invece sosteneva che il Figliuolo era stato creato e perciò non era della stessa sostanza e natura del Padre).
Ma mentre era in esilio scrisse delle lettere in cui aderiva alla
dottrina di Ario e scomunicava Atanasio, al fine di cattivarsi
l’amicizia dell’imperatore e poter tornare così in Roma. Girolamo scrisse: ‘Liberio vinto dal tedio dell’esilio, sottoscrivendo alla pravità eretica, entrò vittorioso a Roma’. Anche Ilario e
Atanasio rimproverarono a Liberio la sottoscrizione dell’eresia
ariana.
2
Concilio di Trento, Sess. XXI, cap. IV
3
Concilio di Trento, Sess. XXI, can. 4
4
Il termine ortodosso deriva dalle parole greche orthos che
significa ‘corretto’ o ‘diritto’, e doxa che significa ‘opinione’
o ‘onore’ e viene usato per definire chi insegna la retta dottrina. Quando però questo termine è usato in riferimento agli
Ortodossi greci bisogna dire che è usato impropriamente perché la chiesa ortodossa greca-bizantina, di cui dicono fanno
parte, non possiede una dottrina retta.
112
La chiesa cattolica romana
denominati ‘Tre capitoli’ (che lui stesso aveva condannato nel 548). Ma il quinto concilio ecumenico (Costantinopolitano II) tenutosi a Costantinopoli dal 5 maggio
al 2 Giugno 553 dichiarò solennemente che quegli stessi
scritti dovevano essere considerati eretici. Ma Vigilio si
risolse ad accettare il concilio e le sue conclusioni solo
l’8 dicembre. Egli ritrattò le sue recenti posizioni contrarie alla condanna dei ‘Tre capitoli’ infatti scrisse al
patriarca di Costantinopoli riconoscendo il proprio errore e concludeva dicendogli: ‘Pertanto ciò che ho fatto in
difesa dei ‘Tre capitoli’ viene annullato con la definizione del presente nostro scritto’.5
- Gregorio I detto Magno (590-604) disse che i bambini
non battezzati vanno diritti all’inferno e laggiù soffrono
per l’eternità. Ora, questa dottrina è condannata dalla
chiesa romana perché essa dice che i bambini se muoiono non battezzati vanno in un luogo detto limbo (dove
secondo loro non c’é alcuna pena) e non più all’inferno
come invece affermò Gregorio I. Sempre Gregorio affermò che chi si prendeva il titolo di vescovo universale
era precursore dell’anticristo; mentre Gregorio VII
(1073-1085) affermò che il vescovo di Roma è e deve
essere chiamato vescovo universale; ecco le sue parole:
‘Solo il pontefice romano ha il diritto di essere chiamato
universale’.6
- Onorio I (625-638) approvò ed insegnò la eresia dei
monoteliti (i monoteliti affermavano che in Cristo
c’erano due nature, ma una sola volontà e una sola azione, quella divina). Ecco le sue parole: ‘Noi confessiamo
una volontà unica del Nostro Signore Gesù Cristo, perché in lui non era volontà alcuna della carne, né ripugnante al volere divino’. Per questa sua presa di posizione fu condannato come eretico dal sesto concilio ecumenico nel 681. I papi successivi, confermarono la
condanna: tra questi Leone II che nel 682 scrisse
all’imperatore Costantino dicendo ‘di scomunicare tutti
gli eretici, tra cui Onorio che non fece risplendere la
dottrina apostolica in questa chiesa di Roma, ma che per
un tradimento profano tentò di sovvertire la fede immacolata e tutti coloro che morirono nel suo errore’.
- Adriano II (867-872) dichiarò valido il matrimonio
civile, mentre Pio VII (1800-1823) lo condannò.
- Pasquale II (1099-1118) ed Eugenio III (1145-1153)
autorizzarono il duello, mentre Giulio II (1503-1513) e
Pio IV (1559-1565) lo proibirono.
- Giovanni XXII (1316-1334) nel 1331 insegnò che le
anime dei santi non avevano la vista di Dio prima della
risurrezione della carne. Questa eresia fu condannata dal
suo successore Benedetto XII (1334-1342). E sempre
Giovanni XXII nella Bolla Cum inter nonnullos del
1323 affermò: ‘Dire che Cristo e gli apostoli non possedevano nulla significa travisare le Scritture’;7 secondo
lui quindi Cristo e gli apostoli non erano vissuti poveri.
Questo innanzi tutto contrasta la Parola di Dio, e in se5
Epistola ad Eutichio, Patriarca di Costantinopoli, dell’8 Dicembre 553
6
Dictatus papae, punto 2
7
Citato da Peter de Rosa in Vicari di Cristo, Milano 1989, pag.
226. Per questa ragione questo papa definì eretici i Francescani e i funzionari civili furono obbligati a mandarli al rogo sotto
pena di essere trattati essi stessi quali eretici.
Il papato
condo luogo è in piena contraddizione con quello che
avevano affermato i suoi predecessori Onorio III, Innocenzo IV, Alessandro IV, Bonifacio VIII.
- Sisto V (1585-1590) nel 1590 fece pubblicare una edizione della Vulgata (che lui personalmente aveva riscritto per correggerne gli errori che esistevano nelle edizioni pubblicate fino a quel tempo) e con una bolla dichiarò: ‘Nella pienezza del potere apostolico, decretiamo e
dichiariamo che questa edizione... approvata per
l’autorità concessaCi dal Signore, dev’essere accolta e
considerata come vera, legittima, autentica e incontestata in tutte le discussioni pubbliche e private, nelle letture, nelle prediche e nelle spiegazioni’. Poco tempo dopo
la pubblicazione della ‘sua’ Vulgata Sisto V morì. Ma la
Vulgata da lui pubblicata fu trovata piena di errori. Il
cardinale Bellarmino allora per salvare l’onore di Sisto
V suggerì al suo successore Gregorio XIV (1590-1591)
di correggerla e di presentarla al pubblico con il nome di
Sisto adducendo delle scuse. Ecco cosa ebbe a dichiarare nella sua autobiografia il Bellarmino: ‘Alcune, persone, la cui opinione aveva grande peso, ritenevano che
dovesse essere proibita pubblicamente; io non ero dello
stesso avviso e dimostrai al Santo Padre che, invece di
proibire la versione della Bibbia in questione, sarebbe
stato meglio correggerla in modo tale da poterla pubblicare senza danni all’onore di papa Sisto. Ciò si poteva
fare eliminando il più presto possibile le modifiche
sconsigliabili e pubblicando poi il volume con il nome
di Sisto e una prefazione in cui si spiegava che nella
prima edizione si erano verificati alcuni errori dovuti
alla fretta dei tipografi e di altre persone’ (in sostanza il
cardinale gli suggerì di mentire). La Vulgata di Sisto
dopo essere stata corretta fu pubblicata nel 1592 da
Clemente VIII (1592-1605) che fu costretto a ritirare le
copie della precedente Vulgata che erano state messe in
commercio.
- Paolo V (1605-1621) nel 1616 fece ammonire Galileo
Galilei il quale sosteneva che la terra oltre a muoversi su
se stessa gira attorno al sole. In un documento del Santo
Uffizio datato 25 Febbraio 1616 si legge:
‘L’Illustrissimo S (ignor) Cardinal Millino notificò
all’Assessore e al Commissario del Santo Officio, che
riferita la censura dei Padri Teologi sulla proposizione
del matematico Galileo, che il sole sia il centro del
mondo e immobile di moto locale, e che la terra si muove anche di moto diurno, il Santissimo (Paolo V) ha ordinato all’Ill.mo S(ignor) Cardinal Bellarmino, di chiamare dinanzi a sé il predetto Galilei, e di ammonirlo ad
abbandonare la detta opinione; e se rifiuterà di obbedire,
il P(adre) Commissario, di fronte ad un notaio e ai testimoni, lo precetti perché si astenga totalmente
dall’insegnare, difendere o comunque trattare quella
dottrina od opinione; se non acconsentirà sia carcerato’.
E così fece il Bellarmino, e il Galileo diede le garanzie
richieste. Ma nel 1632 (sotto Urbano VIII) il Galileo
fece stampare il libro Dialogo di Galileo Galilei delli
due Massimi Sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano in cui sotto la forma di un dialogo sosteneva quelle
convinzioni che non avrebbe dovuto diffondere. E così
l’Inquisizione lo chiamò a Roma e lo processò condannandolo di eresia. Nel verdetto emanato contro di lui nel
1633 si legge: ‘... Diciamo, pronuntiamo, sententiamo e
La chiesa cattolica romana
dichiariamo che tu, Galileo suddetto, per le cose dedotte
in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a
questo S Off.o vehementemente sospetto d’heresia, cioè
d’haver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle
Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e
che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra
si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tenere e difendere per probabile un’opinione dopo essere
stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura...’. E Galileo fu costretto ad abiurare le sue convinzioni e difatti affermò giurando sul Vangelo: ‘... abiuro,
maledico e detesto li suddetti errori et heresie, e generalmente ogni et qualunque altro errore, heresia e setta
contraria alla S.ta Chiesa...’. Nel 1822 Pio VII ratificò
un decreto dell’Inquisizione autorizzando tutti i trattati
copernicani sull’astronomia, mentre nel 1835 le opere di
Copernico, Keplero e Galileo furono tolti dall’Indice dei
libri proibiti. Questo equivalse a dire che Paolo V e Urbano VIII, nell’insegnare che la terra era immobile e che
il sole gli girava attorno e nel condannare come eretica
la tesi di Galileo secondo la quale la terra ruota attorno a
se stessa e attorno al sole, errarono.
- Pio IX (1846-1878) nel 1854 decretò l’immacolata
concezione di Maria, dottrina questa che va apertamente
contro la Scrittura che insegna che solo Gesù è stato
concepito senza peccato. Ma quello che vogliamo fare
notare è che essa fu condannata da diversi predecessori
di Pio IX (come Gelasio I, Gregorio detto Magno, Innocenzo III e Leone Magno) ed è contraria all’unanime
consenso dei cosiddetti padri.
Questi non sono che alcuni degli esempi di eresie e di
contraddizioni papali che annullano la dottrina
dell’infallibilità del papa. Come può quindi affermare
Giuseppe Perardi nel suo Manuale che ‘non ci fu mai
Papa che abbia insegnato una dottrina la quale abbia
meritato censura; il Papa insegnò sempre la verità, riprovò l’errore negli altri richiamandoli alla verità’1 e
che egli non può errare quando definisce dottrine circa
la fede?2 Come ha potuto questo teologo fare tali affermazioni quando Adriano VI (papa della chiesa romana)
nel 1523 disse: ‘Se per Chiesa romana si intende il suo
capo o pontefice, è indiscutibile che egli possa errare
anche su argomenti concernenti la fede. Lo fa quando
predica l’eresia nei propri giudizi o nelle proprie decretali. In verità molti pontefici romani furono eretici, e
l’ultimo di essi fu papa Giovanni XXII (1316-1334)’?3
Ed ancora diciamo: ‘Ma come ha fatto Pio IX, davanti a
tanti esempi di papi che hanno insegnato cose false, dichiarare errata la seguente affermazione: ‘I Romani
Pontefici (...) in definire cose di fede e di costumi erra1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 209
Affermazione quest’ultima che si scontra con questa presente
nel decreto Graziano: ‘Nessuno può giudicare i peccati del
papa, perché lui può giudicare gli uomini, ma non essere giudicato da alcuno, a meno che sia trovato colpevole d’eresia’
(Decretum Gratiani, Divis. 1 Dist. XI c. 6), e con quello che
hanno detto altri teologi papisti del passato. Pietro D’Ailly (m.
1420) per esempio affermò esplicitamente che il papa può errare in materia di fede, come fece Pietro quando Paolo gli resistette in faccia; e Gersone (m. 1429) disse che il papa può errare, come Pietro.
3
Citato da Peter de Rosa in op. cit., pag. 217
2
113
Il papato
rono’?1 Ci vuole veramente o tanta ignoranza o tanta
malafede per fare simile affermazioni.
E poi, non è finita, i teologi romani dicono anche che le
decisioni dei papi sono parte della tradizione che deve
essere venerata al pari della Scrittura! Ma come fanno a
dire ciò quando gli stessi papi si sono contraddetti tra di
loro e scomunicati? Come fanno a fidarsi di questa loro
tradizione che si contraddice da sé e si annulla da sé e
contraddice ed annulla la Parola di Dio?2 Ce lo spieghino i teologi cattolici romani!
Colui che viene chiamato papa non è affatto il santo Padre
Che dire poi del fatto che il capo dello Stato del Vaticano si faccia chiamare padre santo? Diciamo che sia lui
che si fa chiamare così e sia coloro che lo chiamano così
sono nell’errore.
Gesù ha detto: “Non chiamate alcuno sulla terra vostro
padre, perché uno solo é il Padre vostro, quello che é
ne’ cieli”;3 quindi il nostro Padre é in cielo e non sulla
terra. A conferma che nessun altro, all’infuori di Dio, é
degno di essere chiamato Padre santo vi ricordo che il
Figlio di Dio nei giorni della sua carne chiamò “Padre
santo”4 il Padre suo che é nel cielo; quindi imitiamo
Cristo.
Colui che viene chiamato papa non ha il potere di fare
santo nessuno
L’Enciclopedia Cattolica alla voce canonizzazione afferma: ‘La canonizzazione è un atto o sentenza definitiva, con la quale il Sommo Pontefice decreta che un servo di Dio, già annoverato tra i beati, venga iscritto nel
catalogo dei santi e si veneri nella Chiesa universale con
il culto dovuto a tutti i canonizzati’.5 Colui che viene
chiamato papa quindi ha pure il potere di dichiarare santi taluni che durante la loro vita si sono contraddistinti
per delle virtù eroiche o per delle loro qualità particolari.
Ma che dice la Scrittura? Innanzi tutto la Scrittura dice
che Colui che santifica e dichiara santi è Cristo secondo
che è scritto: “Poiché e Colui che santifica e quelli che
son santificati, provengon tutti da uno”;6 e poi essa insegna che tutti i credenti sono santi (sia coloro che vi1
Sillabo degli Errori, XXIII
Vedi, per ulteriori conferme sull’inattendibilità della tradizione, la parte dove ho confutato la tradizione.
3
Matt. 23:9
4
Giov. 17:11
5
Enciclopedia Cattolica, vol. 3, 569. La prima canonizzazione,
di cui esiste ancora il documento pontificio, è quella di Udalrico, vescovo di Augusta, eseguita da Giovanni XV nel 993 durante il Sinodo celebrato al Laterano. Secondo l’Enciclopedia
Cattolica il merito di avere indirizzata la procedura canonica
della canonizzazione a quella austerità e sicurezza che vige
ancora spetta a Urbano VIII (1623-1644) il quale fece pubblicare in un volumetto tutti i decreti e i successivi schiarimenti
emanati durante il suo lungo governo in materia di canonizzazione, che porta il titolo Urbani VIII Pont. O. M. Decreta servanda in canonizatione et beatificatione sanctorum.
6
Ebr. 2:11
2
114
La chiesa cattolica romana
vono sulla terra e sia coloro che sono morti e sono ora
alla presenza del Signore), e questo perché essi sono stati santificati “mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo
fatta una volta per sempre”.7
Le seguenti Scritture attestano che noi figliuoli di Dio
siamo stati santificati e perciò siamo i santi che sono
sulla terra.
- Paolo scrisse ai Corinzi: “Paolo, chiamato ad essere
apostolo di Cristo Gesù per la volontà di Dio, e il fratello Sostene, alla chiesa di Dio che é in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù”,8 ed ancora: “Non v’illudete; né i
fornicatori, né gl’idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriachi, né gli oltraggiatori, né i rapaci erederanno il regno
di Dio. E tali eravate alcuni; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del
Signor Gesù Cristo, e mediante lo Spirito dell’Iddio nostro”;9
- ai Filippesi: “Paolo e Timoteo, servitori di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi”;10
- ai Colossesi: “Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, ai santi e fedeli fratelli in Cristo che sono in Colosse..”;11
- ai Romani: “Colui che investiga i cuori conosce qual
sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per
i santi secondo Iddio”,12 ed anche: “Ma per ora vado a
Gerusalemme a portarvi una sovvenzione per i santi”.13
Come potete vedere da voi stessi i santi non sono quelli
canonizzati dal capo dello Stato del Vaticano ma quelli
resi tali da Dio mediante lo Spirito, perciò la canonizzazione fatta in seno alla chiesa romana é una pratica che
si oppone alla Scrittura e che non ha nessun valore.14
Colui che viene chiamato papa non ha le chiavi del regno dei cieli
Gesù disse un giorno a Pietro: “Io ti darò le chiavi del
regno de’ cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra
sarà legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra
sarà sciolto ne’ cieli”.15 Queste parole sono prese dai
teologi cattolici romani per sostenere che siccome che il
capo dello Stato del Vaticano é il successore di Pietro,
di conseguenza lui possiede le chiavi del regno di Dio, e
perciò chi vuole entrare nel regno di Dio deve per forza
di cose entrare a fare parte della chiesa romana (e questo
può avvenire riconoscendo il capo dello Stato del Vaticano come capo della Chiesa); perché fuori di essa (la
chiesa romana), essi dicono, vi è la perdizione, dentro
invece c’é la salvezza! Ora, le suddette parole di Gesù
all’apostolo Pietro sono state malamente interpretate dai
7
Ebr. 10:10
1 Cor. 1:1,2
9
1 Cor. 6:9-11
10
Fil. 1:1
11
Col. 1:1,2
12
Rom. 8:27
13
Rom. 15:25
14
Vedi anche ‘Coloro che la chiesa cattolica romana fa santi
non erano altro che dei peccatori che ora sono all’inferno’ e ‘I
miracoli falsi operati dalle reliquie dei loro santi’.
15
Matt. 16:19
8
Il papato
Cattolici romani: naturalmente essi questa errata interpretazione (come tante altre) hanno tutto l’interesse a
farla e a conservarla perché essa serve loro per fare apparire alla gente che il capo dello Stato del Vaticano é
investito di un’autorità particolare come lo fu il suo
(presunto) predecessore Pietro!
Abbiamo già dimostrato ampiamente che colui che essi
chiamano papa è un impostore, e non il successore di
Pietro, e questo perché Pietro non fu il primo vicario di
Cristo che prima di morire lasciò il suo vicariato ad un
suo successore. Ora, vediamo di spiegare la questione
delle chiavi del regno date a Pietro.
Noi crediamo fermamente che Gesù diede le chiavi del
regno dei cieli a Pietro ma questo non significa che Pietro ricevette l’autorità di fare santo chi voleva lui, o di
salvare e perdere chi voleva lui o che ricevette una particolare autorità che lo elevava al di sopra di tutti gli altri apostoli e della Chiesa intera o quella di deporre i re
anticristiani sciogliendo i loro sudditi dal giuramento di
fedeltà. Ora noi, usandoci di altre Scritture, faremo alcune considerazioni sulle parole di Gesù a Pietro, al fine
di spiegare che cosa sono queste chiavi del regno dei
cieli che Gesù diede a Pietro e in che cosa consiste questo potere di legare e sciogliere.
- Gesù, il Figlio di Dio, era presso il Padre nel regno dei
cieli avanti la fondazione del mondo: egli discese dal
cielo. Se dunque ha parlato di chiavi del regno dei cieli,
vuole dire che il regno di Dio ha una porta per la quale
vi si entra, altrimenti non si spiega l’immagine delle
chiavi usata da Gesù.
- Gesù quando riprese gli scribi e i Farisei disse loro:
“Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché serrate il
regno de’ cieli dinanzi alla gente; poiché, né vi entrate
voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”,1
ed anche: “Guai a voi, dottori della legge, poiché avete
tolta la chiave della scienza! Voi stessi non siete entrati,
ed avete impedito quelli che entravano”.2
Da queste parole emerge chiaramente che gli scribi con
i Farisei chiudevano l’accesso al regno dei cieli sia davanti a loro che davanti a quelli che cercavano di entrarvi. Ora, per serrare il regno dei cieli davanti a loro e agli
altri dovevano per forza di cose avere a loro disposizione una chiave; e questa chiave era la chiave della scienza che essi avevano tolta. Essi sedevano sulla cattedra di
Mosè ed ammaestravano il popolo mediante la legge ma
con i loro insegnamenti avevano fatto cadere molti nel
peccato perché essi erano dei precetti d’uomini che annullavano la Parola di Dio. Quindi gli scribi e i Farisei
avevano tolto alla Parola di Dio il suo vero significato e
la sua efficacia perché l’avevano annullata con la loro
tradizione. E’ chiaro che falsando il senso della Parola
di Dio, non solo loro non entravano nel regno dei cieli
ma non vi entravano neppure quelli che loro ammaestravano. Gesù li chiamò “guide cieche”3 appunto per
questo, perché, avendo annullata la Parola di Dio, non
erano in grado di guidare il popolo. Spieghiamo questo
concetto con un esempio tratto dalle Scritture: voi sapete che un giorno Gesù disse a quel giovane ricco che gli
1
Matt. 23:13
Luca 11:52
3
Matt. 23:16
2
La chiesa cattolica romana
domandò cosa doveva fare di buono per ereditare la vita
eterna, che se voleva entrare nella vita doveva osservare
questi comandamenti: “Non uccidere; non commettere
adulterio; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora
tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te
stesso”.4 Come potete vedere tra i comandamenti enunciati da Cristo c’è anche quello di onorare padre e madre, che era uno dei comandamenti che gli scribi e i Farisei avevano annullato dicendo: “Se uno dice a suo padre o a sua madre: Quello con cui potrei assisterti è offerta a Dio, egli non è più obbligato ad onorar suo padre
o sua madre”.5 Quindi, come avrebbero potuto entrare
nella vita gli scribi e i Farisei e quelli da loro guidati
non osservando il comandamento di onorare il padre e
la madre come insegnava la legge del Signore? Riassumendo: la legge era la chiave che gli scribi e i Farisei
avevano per accedere loro stessi e per fare accedere gli
altri nel regno dei cieli, ma essi la tolsero perché annullarono la legge con la loro tradizione. Ma gli scribi e i
Farisei serravano il regno dei cieli davanti a loro stessi e
alle persone anche perché non riconoscevano in Gesù di
Nazaret il Messia. Dicevano di Gesù: “Quest’uomo non
è da Dio..”,6 e: “Noi sappiamo che quell’uomo è un
peccatore”,7 ed ancora: “Costui non caccia i demonî se
non per l’aiuto di Beelzebub, principe dei demonî”;8 e
siccome che essi sedevano sulla cattedra di Mosè queste
cose che essi dicevano su Gesù erano accettate da molti
Giudei, i quali perciò erano impediti dalle loro parole di
entrare nel regno di Dio, dato che in esso si può entrare
solo riconoscendo in Gesù il Cristo di Dio.
- Le chiavi del regno dei cieli di cui parlò Gesù a Pietro
erano costituite dalle sane parole del Signore Gesù Cristo; parole che egli aveva ricevute dal Padre e che diede
anche a Pietro. Diciamo anche a Pietro e non solo a Pietro perché Gesù diede la Parola di Dio (le chiavi per legare e sciogliere) anche agli altri apostoli secondo che è
scritto: “Le parole che tu mi hai date, le ho date a loro;
ed essi le hanno ricevute...”.9
- Pietro, per mezzo delle chiavi che ricevette da Gesù, il
giorno della Pentecoste permise a molti Giudei di entrare nel regno di Dio. In quel giorno molti Giudei, dopo
che lo sentirono predicare, furono compunti nel cuore e
dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Fratelli, che dobbiam fare? E Pietro a loro: Ravvedetevi, e ciascun di voi
sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission
de’ vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito
Santo. Poiché per voi è la promessa, e per i vostri figliuoli, e per tutti quelli che son lontani, per quanti il
Signore Iddio nostro ne chiamerà”.10 Notate che quei
Giudei nella sostanza chiesero cosa dovevano fare per
entrare nel Regno di Dio e che Pietro glielo disse con
ogni franchezza. Quella risposta che gli diede Pietro era
la Parola del Regno e per quei Giudei fu la chiave che
gli permise di entrare nel Regno di Dio. Come potete
4
Matt. 19:18,19
Matt. 15:5,6
6
Giov. 9:16
7
Giov. 9:24
8
Matt. 12:24
9
Giov. 17:8
10
Atti 2:37-39
5
115
Il papato
vedere Pietro non serrò il regno dei cieli davanti a quei
Giudei, come invece facevano gli scribi e i Farisei, perché lui gli disse che Iddio aveva fatto e Signore e Cristo
quel Gesù che essi avevano crocifisso1 e che cosa essi
dovevano fare per entrare nel regno dei cieli secondo le
parole ricevute da Cristo Gesù.
- Secondo quello che insegna la Scrittura, tutti i credenti
possiedono la chiave per fare entrare i peccatori a fare
parte della Chiesa di Dio, perché tutti i credenti conoscono la maniera in cui si entra a farne parte e la possono riferire a quelli di fuori. Quando un figliuolo di Dio
dice ad uno che é ancora perduto: ‘Ravvediti dei tuoi
peccati, credi nel Signore Gesù e sarai salvato’, non sta
facendo altro che dirgli quello che deve fare per entrare
nel regno dei cieli e perciò è uno strumento di cui Dio si
usa per condurre la pecora perduta all’ovile del Sommo
Pastore.
- Il fatto di sciogliere e legare é presente anche in queste
parole che Gesù ha rivolto a tutti i suoi discepoli: “Se
poi il tuo fratello ha peccato contro di te, và e riprendilo
fra te e lui solo. Se t’ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; ma, se non t’ascolta, prendi teco ancora una o due
persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca
di due o tre testimoni. E se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla
chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siati come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legate sulla terra, saranno legate nel
cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo”.2
In questo caso il legare sulla terra consiste
nell’escludere dalla comunità un fratello che pecca contro un altro fratello e rifiuta di ascoltare sia il fratello a
cui ha fatto il torto, sia i testimoni e sia la Chiesa; in
questo caso Gesù ha detto: “Siati come il pagano e il
pubblicano” per significare che non si devono più intrattenere relazioni con costui. Lo sciogliere sulla terra consiste invece nel tornare ad avere relazione con un fratello che ha peccato contro un altro fratello e che dopo essere stato ripreso si pente del suo peccato. Dalle parole
di Gesù sia quello che leghiamo e sia quello che sciogliamo viene legato e sciolto anche nel cielo. Vorrei
farvi notare che il legare è collegato all’ostinazione e lo
sciogliere al pentimento del fratello che dopo avere peccato viene ripreso; la stessa cosa si può dire anche del
legare e dello sciogliere in relazione a coloro che sono
fuori dal regno di Dio, perché se il peccatore all’udire la
parola della salvezza si ostina in cuore suo e non
l’accetta, egli viene legato da colui che gli annunzia la
via della salvezza, ossia viene mantenuto fuori dal Regno perché i suoi peccati gli vengono ritenuti; mentre se
il peccatore si pente e accetta la Parola allora viene
sciolto dal suo legame al peccato mediante la Parola e
viene fatto entrare nel Regno di Dio perché i suoi peccati gli vengono rimessi. In relazione all’autorità di sciogliere ricevuta da Pietro, ricordiamo che sia il giorno
della Pentecoste e sia il giorno in cui Pietro guarì lo
zoppo alla porta del tempio detta ‘Bella’, molti Giudei
furono da lui ‘sciolti’ dal forte legame della legge mediante la parola della predicazione perché essi, accettan-
La chiesa cattolica romana
do la parola che lui predicò loro, ottennero da Dio la
remissione dei loro peccati. Anche riguardo a Cornelio e
i suoi parenti si può dire che essi furono da lui ‘sciolti’
mediante la parola della sua predicazione; perché
l’angelo che era apparso a Cornelio gli aveva detto che
Simone gli avrebbe parlato di cose per le quali sarebbe
stato salvato lui e la sua casa. In relazione all’autorità di
legare invece bisogna dire che coloro che durante la sua
vita rigettarono la parola da lui predicata furono da lui
legati e rimasero fuori perché, rigettandola, i loro peccati gli furono ritenuti.
Per quanto riguarda invece l’autorità di legare e di sciogliere all’interno della Chiesa che anche Pietro aveva
ricevuto da Cristo, ricordiamo il caso di Simone a Samaria. Questo credente, quando vide che per
l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo, offerse loro del denaro dicendogli di dare anche a lui quell’autorità. Ma Pietro lo riprese severamente per il suo peccato dicendogli: “Ravvediti dunque di
questa tua malvagità... Poiché io ti veggo in fiele amaro
e in legami di iniquità”;3 egli fece ciò che il Signore aveva detto di dovere fare verso un fratello che aveva
peccato, infatti lo riprese. Ora, noi non sappiamo se Simone si pentì e fu sciolto, o se si ostinò e fu legato; certo è che se si pentì fu perdonato e guadagnato, ma se si
ostinò in cuore suo fu legato ed escluso dalla comunità
dei santi di Samaria.
Nel passato vi sono stati capi dello Stato Pontificio che
hanno scomunicato degli uomini che hanno proclamato
la verità. Sono stati da loro scomunicati predicatori del
Vangelo, traduttori della Bibbia, e molti altri; e questo
perché secondo le guide di questa organizzazione religiosa essi minacciavano il cristianesimo e volevano distruggere la Chiesa mediante i loro insegnamenti. Le
guide cieche pensarono così di avere estromesso dalla
unica e vera Chiesa degli scellerati; ma le cose non erano affatto così, perché quelli che loro chiamavano scellerati o peste, non uscirono dalla Chiesa di Dio ma bensì
vi entrarono dopo essere usciti da quel carcere sotterraneo che è la cosiddetta santa chiesa apostolica che è tale
solo di nome ma non di fatto perché non é né una santa
assemblea di riscattati e neppure apostolica, e questo
perché i suoi aderenti non sono ancora stati riscattati
dalla potestà di Satana ed essa non si attiene affatto alla
dottrina degli apostoli. Grazie siano rese a Dio, per
mezzo di Cristo Gesù, per avere illuminato la mente di
molti di questi ‘scomunicati’ dalla chiesa romana; perché per mezzo di essi la parola della fede cominciò ad
essere predicata con franchezza e con forza, le sacre
Scritture cominciarono ad essere tradotte nella lingua
del popolo e molti poterono essere salvati mediante
l’Evangelo.
Il capo dello Stato del Vaticano che in questo momento
è Giovanni Paolo II pretende di avere le chiavi del regno
dei cieli, ma i fatti dimostrano che egli non le possiede e
quindi non può permettere l’accesso al regno di Dio a
nessuno di quelli che confidano nelle sue parole. Lui
insegna che Maria è ‘la porta del cielo’, ‘la dispensatrice
dei doni celesti’ ‘la corredentrice col nostro Signore’;
quindi induce le persone a confidare in Maria per la loro
1
Cfr. Atti 2:36
Matt. 18:15-18
2
116
3
Atti 8:22,23
Il papato
salvezza ingannandole. Egli insegna pure che la vita eterna ce la si deve meritare compiendo opere buone
mentre la Scrittura afferma che la vita eterna è il dono di
Dio. Come può quindi affermare di avere le chiavi del
regno dei cieli? Di certo, costui insegnando cotali menzogne alla gente, serra davanti a sé e davanti agli altri il
regno di Dio. La verità è che quest’uomo, assieme ai
suoi collaboratori dispersi per il mondo intero, sta conducendo milioni di anime alla perdizione. E poi i teologi
romani si scandalizzano quando ci sentono predicare
contro la tradizione cattolica romana perché con essa
essi annullano la Parola di Dio; si scandalizzano come si
scandalizzarono i Farisei quando sentirono dire a Gesù
che non é quel che entra nella bocca che contamina
l’uomo, ma quello che ne esce. E perché i Farisei si
scandalizzarono? Perché Gesù con quelle parole fece
capire alle turbe che la tradizione dei Farisei era menzogna. Ma che disse Gesù ai suoi discepoli, quando seppe
da loro che i Farisei erano rimasti scandalizzati dal suo
discorso? “Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha
piantata, sarà sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di
ciechi; or se un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella fossa”.1 Queste parole sono applicabili alla
curia romana.
Il lusso, le ricchezze ed il potere temporale di colui che
si dice il vicario di Cristo e il successore di Pietro confermano che egli non può essere un servo di Dio
Quando si parla del falso dottore che ha la sua residenza
qui a Roma, e precisamente nella Città del Vaticano, e
mi riferisco a colui che falsamente viene chiamato
sommo pontefice, non si può non parlare del lusso, delle
ricchezze e del potere temporale che egli possiede. Ora,
il papa dei Cattolici romani dice di fare le veci di Cristo
sulla terra e di essere il successore di Pietro. Ci si aspetterebbe dunque di vedere un uomo che segue le orme di
Gesù Cristo e quelle dell’apostolo Pietro, cioè che
cammina in ogni umiltà come fecero Gesù e Pietro. Ma
noi diciamo: Dov’é questa umiltà in lui? Noi non la vediamo affatto. Vediamo solo alterigia e lusso. Gesù era
povero e visse umilmente sulla terra e questo lo dimostrò apertamente, difatti non aveva un luogo dove posare il capo, non andò in giro vestito con abiti magnifici, e
non visse nelle delizie come fa quello che si fa chiamare
il suo vicario che abita in un palazzo in Vaticano composto da centinaia di stanze, indossa dei vestimenti fatti
con tessuti pregiati e adornati d’oro e vive nelle delizie.
Un giorno Gesù dopo avere sfamato una moltitudine
con solo cinque pani e due pesci, siccome seppe che
stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò sul
monte tutto solo, quindi rifiutò di essere consacrato re
dagli uomini, mentre colui che si proclama il suo vicario
sulla terra quando diventa papa si fa dichiarare sovrano
di uno Stato. Gesù davanti a Pilato disse che il suo regno non era di questo mondo, ma il papa che si dice suo
vicario dimostra invece di procacciarlo il potere temporale in ogni tempo e di volerlo estendere sempre di più
sulla terra in ogni maniera e non si vergogna di vivere e
1
Matt. 15:13,14
La chiesa cattolica romana
di parlare come un potente della terra. Gesù entrò in Gerusalemme sopra un asinello ma lui viaggia godendo di
ogni comfort e di ogni lusso, esattamente come qualsiasi
re della terra, se non di più. Gesù venne per servire e per
deporre la sua vita per noi e quindi non aveva con sé
delle guardie per proteggerlo affinché i Giudei non gli
facessero alcun male, ma questi è scortato dalle guardie
del corpo che hanno l’ordine di colpire a morte nel caso
la sua vita sia messa a repentaglio, ed inoltre é servito
da un esercito di guardie svizzere; è veramente un principe della terra e non un uomo che segue le orme di Cristo Gesù.
Anche Pietro era un uomo umile e povero che non faceva affatto il tipo di vita che fa colui che si dice il suo
successore. Alla porta del tempio detta ‘Bella’, egli disse allo zoppo: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho....”,2
quindi non possedeva neppure del denaro per fare un
elemosina in quell’occasione, ma costui è a capo di un
impero che vanta ingenti ricchezze e come dice il Codice di diritto canonico ‘è il supremo amministratore ed
economo di tutti i beni ecclesiastici’.3 Pare un re Salomone dei tempi moderni per ricchezze (non per sapienza), e non un apostolo di Cristo che vive umilmente con
il suo Dio come lo fu Pietro. A casa di Cornelio, quando
Cornelio gli si fece incontro e gli si gittò ai piedi e
l’adorò, Pietro lo rialzò dicendo: “Levati, anch’io sono
uomo!”,4 ma da come agisce questo cosiddetto successore di Pietro, è come se egli dicesse alle persone: ‘Abbassatevi davanti a me perché io sono Dio per voi’. Sì,
in effetti il papa dei Cattolici ritiene di essere Dio sulla
terra. E tale lo considerano i Cattolici romani perché
viene da essi adorato, baciato, e gli cantano dei cantici.
La cerimonia dell’incoronazione è un chiaro esempio di
come in effetti quest’uomo è ritenuto essere Dio. Si legge per esempio nell’Enciclopedia Cattolica che durante
questa cerimonia ‘il pontefice va al trono dove riceve
l’ultima adorazione. I cardinali baciano il piede e la
mano del papa che li abbraccia due volte, i patriarchi,
gli arcivescovi e i vescovi gli baciano il piede e il ginocchio destro, gli abati mitrati e i penitenzieri gli baciano il piede’.5 Anzi il papa viene considerato maggiore di Dio perché il cardinale Bellarmino, fatto santo, ebbe a dichiarare che gli uomini devono ubbidire al papa,
anche se questo insegna cose storte, piuttosto che a Dio.
Ecco le sue parole: ‘Se però il Papa errasse, ordinando i
vizi, o proibendo le virtù, la Chiesa è tenuta a credere
che i vizi siano cosa buona, e le virtù malvagie, se non
si vuole peccare contro coscienza. Si è tenuto ancora,
nelle cose dubbie, stare al giudizio del Sommo Pontefi2
Atti 3:6
Codice di diritto canonico, can. 1273
4
Atti 10:26
5
Enciclopedia Cattolica, vol. 6, 1781. A proposito della cerimonia dell’incoronazione va detto che anticamente era circondata da uno sfarzo straordinario. Con Giovanni Paolo I (1978)
però è scomparso una parte dello sfarzo che la caratterizzava.
Sono stati infatti banditi alcuni sfarzi: niente triregno, niente
sedia gestatoria, niente guardie nobili. Solo l’altare bianco dove viene celebrata una messa per la sua consacrazione; poi la
‘professione di ubbidienza’ dei cardinali che sfilano davanti a
lui, col bacio dell’anello e l’abbraccio. Giovanni Paolo II si è
adeguato alle innovazioni del suo predecessore.
3
117
Il papato
ce, e fare quel ch’egli comanda, e non fare quel ch’egli
proibisce, e affinché non si agisca contro coscienza, si è
obbligato di credere che sia buono ciò che egli comanda, e cattivo ciò che egli proibisce”.1 Notate che nel caso il papa insegni la perversione il Cattolico è obbligato
ad ubbidirgli per non peccare contro coscienza? Ma noi
diciamo: Ma non è forse vero il contrario? Cioè non è
forse vero che se il papa dice una menzogna, perché tale
si dimostra alla luce della Scrittura, gli uomini non devono ubbidirgli a motivo di coscienza? Certo che è così:
ma non per molti Cattolici romani accecati dal diavolo.
Non c’è dubbio, dalle parole di Bellarmino si evince che
bisogna ubbidire al papa anziché a Dio, che tra quello
che dice il papa e ciò che dice la Parola di Dio, quello
che dice il primo è superiore. E noi non possiamo che
esprimere il nostro odio verso quelle folli parole, che
ripeto sono procedute dalla bocca di un ‘santo’ della
chiesa cattolica romana (il che significa che anche le sue
parole sono considerate sante).
Non si può dunque affatto dire che quest’uomo sia un
esempio di vita ai credenti come lo furono gli apostoli.
Paolo poté ben dire ai santi di Corinto: “Siate miei imitatori”,2 e a quelli di Filippi: “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e vedute in me, fatele; e l’Iddio
della pace sarà con voi”,3 e questo perché lui era imitatore di Cristo e non di qualche despota della terra, ma
costui che afferma di essere niente di meno che il vicario di Cristo non può affatto dire agli uomini di vivere
come vive lui per essere un esempio in questo mondo e
questo perché fa una vita che s’addice ad un principe e
non a un ministro di Cristo. Come possono dire quindi i
Cattolici che noi parliamo male del loro capo senza ragione quando lui con la sua condotta dimostra apertamente di non tenere in nessuna considerazione i comandamenti di Cristo ma di innalzarsi contro Cristo? Se noi
fossimo dei calunniatori di un ministro di Cristo che si
conduce in modo degno di Dio senza dare motivo di
scandalo in cosa alcuna certamente verremmo svergognati dalla sua stessa condotta perché irreprensibile ma
questi non tiene affatto in considerazione le parole di
Pietro: “Questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene,
turiate la bocca alla ignoranza degli uomini stolti”.4 Se
lui quindi facesse la volontà di Dio (come pretende di
farla), e se noi fossimo degli stolti avremmo la nostra
bocca turata; ma noi non siamo degli uomini stolti che
prendono piacere nel dire male della retta condotta di
qualcuno e perciò la nostra bocca non può essere in alcuna maniera turata perché dice la verità. Gesù un giorno disse queste parole alla guardia del sommo sacerdote
che lo percosse: “Se ho parlato male, dimostra il male
che ho detto”;5 quindi, se noi che diciamo a proposito di
costui (che è stato chiamato dal cardinale Bellarmino
con quindici nomi diversi che sono: ‘Papa, Padre dei
padri, Pontefice dei cristiani, Sommo Sacerdote, Principe dei sacerdoti, Vicario di Cristo, Capo del corpo della
Chiesa, Fondamento della Chiesa, Pastore dell’ovile di
La chiesa cattolica romana
Cristo, Padre e Dottore di tutti i fedeli, Rettore della casa di Dio, Custode della Vigna di Dio, Sposo della
Chiesa, Presule della Sede apostolica, Vescovo universale’6) che è un anticristo diciamo una cosa non vera
ce lo dimostrino i teologi papisti che abbiamo parlato
male.
L’apostolo Pietro non fondò la Chiesa di Roma e non ne
fu vescovo
I teologi Cattolici romani, appoggiandosi alla tradizione,
affermano che Pietro venne a Roma, fondò la Chiesa di
Roma esercitò l’ufficio di vescovo universale a Roma
per venticinque anni (dal 42 al 67) e prima di morire
trasmise la sua carica ai suoi successori.
Cominciamo con la venuta di Pietro a Roma: la Scrittura non ne parla come invece fa della venuta di Paolo,
quindi non possiamo confermarla con la Scrittura. Questo non ci spinge però a dire che Pietro non venne mai a
Roma; può essere pure vero che Pietro sia venuto a Roma. Ma nel caso ci sia venuto è da rifiutare il fatto che
egli ne sia stato il fondatore perché la Chiesa di Roma
esisteva già prima che lui vi andasse infatti si presume
che essa fu fondata da quegli avventizi Romani che il
giorno della Pentecoste dopo avere udito la predicazione
di Pietro si convertirono a Cristo. Se Pietro ne fosse stato il pastore o uno degli anziani certamente Paolo nella
sua epistola alla Chiesa di Roma non avrebbe tralasciato
di fare il suo nome quando alla fine di essa dice di salutare i santi facendone i nomi, mentre invece il nome di
Pietro non è incluso in quella lista.7 Può essere mai che
il primo papa, il primo vescovo universale, il vicario di
Cristo, così come lo chiama la chiesa cattolica romana,
il primo vescovo di Roma non sia stato citato minimamente da Paolo quantunque fosse a Roma? Come si
spiega tutto ciò. Si spiega con il fatto che Pietro non era
né a Roma a quel tempo e meno che meno vescovo universale come invece vogliono fare credere i Cattolici.
Ma i Cattolici non si arrendono dinanzi all’evidenza, e
dicono che la prova che Pietro fu a Roma c’è nella
Scrittura e si trova nella prima epistola di Pietro dove lui
dice: “La chiesa che è in Babilonia eletta come voi, vi
saluta..”;8 dove per Babilonia si intende Roma. Non
siamo per nulla d’accordo con questa interpretazione
data a Babilonia, perché qui per Babilonia si deve intendere la città di Babilonia e non la città di Roma. Perché
mai Pietro avrebbe dovuto chiamare Roma Babilonia?
Ma chi è che anche oggi scrivendo da Roma direbbe che
i santi che sono in Babilonia danno i loro saluti? Noi
riteniamo che se Paolo nelle sue epistole abbia chiamato
Roma in questa maniera,9 anche Pietro se avesse citato
Roma l’avrebbe chiamata così. Il fatto che parla di Babilonia dunque vuole dire che in quel tempo quando
scriveva quella epistola si trovava a Babilonia (in Oriente dunque) con i santi di quella città. Con questo non
intendiamo dire però che Pietro non sia mai stato a Roma, ma solo che Babilonia è Babilonia, e non Roma.
1
Bellarmino, De Rom. Pontifice, Lib. IV, cap. 23
1 Cor. 11:1
3
Fil. 4:9
4
1 Piet. 2:15
5
Giov. 18:23
2
118
6
Bellarmino, De Rom. Pontif. lib. II, cap. 31
Cfr. Rom. 16:3-15
8
1 Piet. 5:13
9
Cfr. Rom. 1:7; 2 Tim. 1:17
7
Il papato
Dopo avere dimostrato che Pietro non fu costituito da
Cristo capo della Chiesa, e che non si sa se sia venuto a
Roma ma si sa che se mai venne a Roma non vi fondò la
Chiesa, ma vi venne quando la Chiesa esisteva già ed
aveva un collegio di anziani a condurla, risulta chiaro
dunque che la cosiddetta successione apostolica, che i
teologi cattolici dicono di possedere ininterrotta da Pietro fino ad ora, è un’invenzione papista per fare apparire
vero il primato del cosiddetto papa. Ma non solo è
un’invenzione, si dimostra pure interrotta tante volte nel
corso della storia; perché ci furono periodi in cui la sede
di Roma fu vacante1 e periodi in cui si contesero il papato due e persino tre papi; senza poi parlare della cosiddetta ‘cattività avignonese’ e dei papi dichiarati scellerati dagli stessi storici cattolici.
Breve storia del papato
Abbiamo quindi dimostrato mediante le Scritture come
colui che viene chiamato papa non è né il vescovo universale, né il successore di Pietro perché Pietro non fu
vescovo di Roma e non lasciò successori, né il capo della Chiesa di Dio, e neppure il vicario di Cristo, ed altre
cose sul suo conto. Vogliamo ora esaminare per sommi
capi la storia del papato al fine di comprendere come sia
potuto accadere che dall’antica Chiesa di Roma, la cui
fede era pubblicata per tutto il mondo, sia sorto questo
piccolo Stato comandato da colui che si dice il vescovo
di Roma e il successore di Pietro il quale possiede un
enorme potere spirituale su centinaia di milioni di persone di tutto il mondo. Traccerò la storia del papato parlando sia dell’origine del potere spirituale che di quello
temporale soffermandomi di volta in volta su quegli eventi che hanno contribuito maggiormente a sviluppare
questi poteri; mi soffermerò anche a parlare di alcuni
papi contraddistintisi per la loro arroganza, doppiezza,
empietà, sete di denaro e di sangue, e per la loro dissolutezza e di alcune stragi e guerre avvenute per opera
dei papi o per la conquista del seggio papale o per la
conservazione del trono pontificio, o per la salvaguardia
degli interessi e dei territori del papato o per accrescere
il proprio territorio di giurisdizione. Ho deciso di inserire in questo libro questa parte storica sul papato perché
sono giunto alla conclusione dopo avere studiato il cattolicesimo romano che senza di essa il libro sarebbe stato mancante di una parte importante ai fini della comprensione del cattolicesimo. Ritengo infatti che se un
credente vuole capire bene cosa è il cattolicesimo romano oltre che a conoscere a fondo le sue dottrine, deve
conoscere la storia del papato, se non tutta, almeno una
parte. Solo così egli può avere un quadro completo del
cattolicesimo e può dimostrare ai Cattolici, oltre che con
le sacre Scritture, anche con i fatti storici registrati dai
loro stessi storici e scrittori che quell’istituzione su cui
1
Ecco alcuni esempi; dalla morte di Giovanni XXI (12761277) all’elezione di Nicolò III (1277-1280) la sede fu vacante
per sei mesi; dalla morte di Nicolò IV (1288-1292)
all’elezione di Celestino V (1294) la sede fu vacante per ventisette mesi; dalla morte di Clemente V (1305-1314)
all’elezione di Giovanni XXII (1316-1334) la sede fu vacante
per circa due anni.
La chiesa cattolica romana
essi fondano tutte le loro speranze non è altro che
un’istituzione umana che non si basa affatto sulle parole
di Gesù a Pietro (come viene asserito da essi nella loro
ignoranza) perché è solo il frutto di circostanze storiche
verificatesi nei primi otto secoli che ne hanno permesso
la nascita e la crescita;2 istituzione che una volta nata
per potere conservarsi in vita e svilupparsi ha ricorso a
compromessi di svariato genere, a menzogne, alla violenza, alla guerra, a soprusi di ogni genere; i cui capi
che si sono succeduti al suo vertice hanno fomentato
guerre ed ingiustizie di ogni genere, benedicendo i malvagi e maledicendo i giusti, approvando l’iniquità e riprovando la giustizia, ed introducendo e avallando ogni
sorta di dottrine false.
Dal secondo al quarto secolo.
Verso la fine del secondo secolo il vescovo di Roma
cominciò ad attribuirsi delle prerogative di supremazia
sugli altri vescovi. L’allora vescovo Vittore (189-199)
infatti nella controversia che esisteva attorno alla Pasqua tra le chiese d’Oriente e quelle d’Occidente (gli
Orientali dicevano che bisognava festeggiarla il 14 di
Nisan qualunque fosse il giorno nel quale cadeva, mentre i Romani dicevano che bisognava festeggiarla la
Domenica più vicina al 14 di Nisan) richiese alle comunità dell’Asia di attenersi alla prassi romana che rimontava, a suo dire, alla tradizione apostolica; e nel caso di
rifiuto minacciò l’esclusione dalla comunione ecclesiale. Ma le chiese d’Oriente si opposero a Vittore per
mezzo di Policrate vescovo di Efeso.3
2
Badate che con questo non si vuole dire che il papato non sia
sorto per volere di Dio perché essendo uno Stato come tanti
altri è Dio che lo ha fatto sorgere: su questo non c’è il minimo
dubbio. Ma vogliamo solo dire che il papato non è la Chiesa
che Dio ha edificato sul fondamento degli apostoli e dei profeti essendo lui stesso la pietra angolare, e quindi non ha nessun
diritto di dire che le sue origini risalgono a Cristo quando egli
disse a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la
mia Chiesa...”. Quindi noi non neghiamo che esso sia uno Stato, ma neghiamo nella maniera più categorica che esso sia il
risultato naturale, spontaneo e giusto delle suddette parole del
Signore a Simon Pietro. Il papato non ha nulla a che fare con il
Vangelo, come la zizzania non ha nulla a che fare con il grano.
3
A Vittore si oppose pure Ireneo, vescovo di Lione. Bisogna
dire però che lo stesso Ireneo con alcune sue parole ha contribuito alla nascita del primato del vescovo di Roma su tutta la
Chiesa, infatti egli disse: ‘Ma poiché sarebbe troppo a lungo in
quest’opera enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la
Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli Apostoli e la fede annunciata agli uomini che giunge fino a noi
attraverso le successioni dei vescovi confondiamo tutti coloro
che in qualunque modo, o per infatuazione o per vanagloria o
per cecità e per errore di pensiero, si riuniscono oltre quello
che è giusto. Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua
origine più eccellente, deve necessariamente essere d’accordo
ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte - essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli Apostoli’ (Ireneo, Contro le eresie, Milano 1981, Libro III, pag. 218). Nonostante questa opposizione
ricevuta da Vittore, i teologi cattolici persistono nell’affermare
l’origine divina del primato del vescovo di Roma. Uno scrittore ha detto per esempio che la supremazia del vescovo di Roma in quel tempo era ‘sentita ma non definita’, un altro dice
119
Il papato
Anche nel terzo secolo il vescovo di Roma continuò a
ritenersi in un certo senso superiore agli altri vescovi
infatti Callisto I (217-222) riteneva appoggiandosi sul
“Tu sei Pietro” d’avere il potere di legare e sciogliere e
quindi di accogliere nella chiesa anche gli adulteri in
quanto la sua chiesa era vicina al sepolcro di Pietro. Ma
a Callisto gli si oppose Tertulliano dicendogli: ‘Chi sei
tu che (in tal modo) sovverti e deformi l’intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale potere personalmente a Pietro?’.1
Poi fu la volta di Stefano I (254-257) a ritenersi in possesso di qualcosa che gli altri vescovi non avevano, e
quindi superiore agli altri vescovi, infatti egli rivendicò
la successione di Pietro a motivo del luogo dove egli era
vescovo e di avere quindi l’autorità di accogliere nella
chiesa anche i battezzati dagli eretici. In altre parole Stefano, appoggiandosi sulla tradizione, accettava il battesimo ministrato dagli eretici per cui coloro che lasciavano una setta per entrare a fare parte della Chiesa, secondo lui, non avevano bisogno di essere ribattezzati, ma
solo che il vescovo gli imponesse le mani. Ma a Stefano
si oppose Cipriano, vescovo di Cartagine, il quale non
riteneva valido il battesimo degli eretici e perciò se un
eretico si convertiva doveva essere ribattezzato. Lui non
diceva però ribattezzato ma semplicemente battezzato
perché per lui quel battesimo non era vero. Cipriano disse in una sua lettera a Quinto a proposito di questa controversia: ‘Non è, d’altronde, il caso di dettare una norma in forza di una consuetudine:2 tocca alla ragione
prevalere’.3 E per essersi rifiutato di dare ragione a Stefano fu da lui scomunicato.
che ‘Roma fin dalla fine del II secolo si dimostra cosciente
d’una missione ch’essa adempie con una dirittura ed una fermezza di procedimento davvero sorprendenti!’. Ciance, solo
ciance.
1
Tertulliano, De pudicitia 21
2
Quella evocata da Stefano.
3
Lettera 71, III. 1. Anche nel caso di Cipriano però, come in
quello di Ireneo, va detto che benché in questa occasione si
oppose al vescovo di Roma, con delle sue parole egli contribuì
a far sorgere il primato del vescovo di Roma su tutta la Chiesa.
Perché egli sosteneva che tra tutte le chiese quella di Roma
avesse una qualche superiorità su tutte le altre. Per esempio a
Cornelio, parlando degli scismatici cartaginesi, scrisse: ‘Dopo
tutto questo, creatisi addirittura uno pseudovescovo, osano
imbarcarsi e portare alla cattedra di Pietro e alla Chiesa principale, da cui è sorta l’unità sacerdotale, delle lettere da parte
di scismatici e profani’ (Lettera 59, 14). In altri passi comunque Cipriano sembra escludere che per lui il vescovo di Roma
avesse un primato di giurisdizione sulla Chiesa universale infatti dice: ‘Noi non facciamo violenza ad alcuno, né stabiliamo
una legge, dal momento che nel governo della Chiesa ogni
vescovo è padrone delle proprie decisioni, pronto a rendere
conto delle proprie azioni al Signore (Lettera 72, 3) ed ancora
‘Ogni vescovo è libero di esercitare il suo potere come meglio
crede, e non può essere giudicato da un altro, né giudicare egli
stesso un altro..’.
Anche Firmiliano, vescovo di Cesarea di Cappadocia (dal 230
a dopo il 268), si oppose a Stefano perché non riteneva valido
il battesimo degli eretici. In una sua lettera a Cipriano scrisse
parole dure contro Stefano, come per esempio: ‘Come Giuda:
il perfido tradimento consumato empiamente contro il Salvatore non può permettergli di presentarsi - neppure apparentemente - come promotore dei frutti copiosi maturati dalla pas-
120
La chiesa cattolica romana
Queste opposizioni ricevute da ben tre vescovi romani
nello spazio di poco più di mezzo secolo attestano chiaramente che le chiese in quel periodo non riconoscevano
che il vescovo di Roma avesse un primato giurisdizionale di istituzione divina sopra la Chiesa universale; una
cosa del genere era del tutto estranea alle chiese di allora. (Occorre dire però che nei riguardi del vescovo di
Roma molte chiese avevano cominciato a mostrare un
certo riguardo cioè avevano cominciato a mostrargli un
onore speciale). Il contrario, cioè che le chiese dei primi
secoli dopo Cristo considerassero il vescovo di Roma il
loro capo o il vescovo dei vescovi, da cui esse dipendevano e a cui dovevano un assoluta sottomissione, i cui
giudici erano inappellabili e non criticabili perché pronunciati dal vicario di Cristo sulla terra, non si può dimostrare né con gli scritti del Nuovo Testamento e neppure con gli scritti dei cosiddetti padri tanto è vero che
persino uno scrittore cattolico è costretto ad affermare:
‘Non si può accertare per il periodo dei primi tre secoli
una supremazia giuridica del vescovo di Roma sulla
Chiesa universale’.
Ma per quali motivi il vescovo di Roma cominciò a reputarsi (e ad essere reputato da taluni) superiore agli altri vescovi o comunque degno di speciale onore nei loro
confronti? I motivi sono i seguenti: 1) Roma era la capitale dell’Impero Romano e quindi la città più importante
di tutto l’Impero e quindi anche il vescovo di quella città doveva essere oggetto di particolare onore; 2) a Roma
al tempo degli apostoli vi era stata una Chiesa famosa
per tutto il mondo per la sua fede alla quale Paolo,
l’apostolo dei Gentili, aveva scritto una delle sue più
lunghe epistole, e secondo molti una delle sue più importanti; 3) la Chiesa di Roma godeva fama di essere
attaccata alla sana dottrina (chiamata da molti tradizione
apostolica) e avversa all’eresia (per esempio si era opsione del Signore, dalla quale ha origine la liberazione del
mondo e dei popoli. Ma sorvoliamo, intanto, sul contegno di
Stefano, per evitare il pericolo, che mentre indugiamo nel ricordo della sua temerarietà ed insolenza, troppo a lungo perduri in noi la mestizia causata dal suo sconveniente modo
d’agire (...) E’ quanto, invece, ha ora osato consumare Stefano
con l’iniziativa di rompere con voi la pace, che sempre, con
amore e rispetto vicendevoli, i suoi predecessori hanno salvaguardato nei nostri riguardi. Peggio: ha denigrato i beati apostoli Pietro e Paolo, come se a trasmettergli quelle norme fossero stati essi, che al contrario nelle loro lettere aborriscono gli
eretici e ci danno ammonizioni, perché ce ne teniamo lontani.
Se ne può trarre l’evidente conclusione che è tradizione
d’origine umana quella che favorisce gli eretici, sostenendo a
forza che essi posseggono il battesimo, che non può appartenere invece - e in modo del tutto esclusivo - che alla Chiesa
(...) A questo punto, doveroso sdegno mi coglie di fronte
all’evidente e tangibile follia di Stefano, soprattutto perché mentre va tronfio della preminenza della sua sede episcopale e
rivendica il possesso della successione di Pietro, sul quale
poggiano le fondamenta della Chiesa - non si perita
d’intromettere una gran quantità di altre pietre e di gettare così, di fresco, il basamento di altre chiese, con il corredare del
sostegno della sua autorità l’esistenza d’un battesimo presso
gli eretici (..) Stefano che pure si vanta d’occupare per diritto
di successione la cattedra di Pietro, non è affatto stimolato da
zelo nella sua azione di fronte agli eretici...’ (Cipriano, Le lettere, Ventimiglia 1979, pag. 494, 498-499, 510).
Il papato
posta con forza alle eresie degli Gnostici),1e allo scisma
ed a questo proposito si faceva presente la lettera del
vescovo romano Clemente (88-97) da lui scritta alla
Chiesa di Corinto quando in seno ad essa dei giovani si
erano ribellati ai loro conduttori: in questa lettera Clemente esortava i credenti a sottomettersi agli anziani
costituiti dagli apostoli;2 4) la tradizione diceva che a
Roma vi era morto l’apostolo Paolo; 5) la tradizione diceva che Pietro era venuto a Roma e vi era rimasto diversi anni a pascere la Chiesa di quella città (come vescovo) e vi era pure morto martire per cui chi era vescovo di quella città era automaticamente successore di Pietro. Ma tra tutti i motivi qua sopra citati quello che più
di altri spinse i vescovi di Roma a ritenersi superiori agli
altri fu quest’ultimo citato, e difatti è su questo che tuttora insistono i Cattolici per sostenere il primato del loro
vescovo romano su tutta la Chiesa.
Ma questo primato (sulla Chiesa universale) del cosiddetto successore di Pietro occorreva dimostrarlo con le
Scritture, cioè bisognava dimostrare che Pietro era stato
da Cristo costituito capo della sua Chiesa sulla terra
perché solo così il suo ‘successore’ avrebbe potuto rivendicare di avere un primato di origine divina. Ecco
dunque che i vescovi di Roma cominciarono a dichiarare, prima timidamente e dopo sempre con più chiarezza,
che in virtù delle parole di Gesù a Pietro: “Tu sei Pietro,
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa... Io ti darò le
chiavi del regno de’ cieli; e tutto ciò che avrai legato
sulla terra sarà legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai
sciolto in terra sarà sciolto nei cieli”,3 l’apostolo Pietro
era stato costituito Principe degli apostoli, capo e fondamento della Chiesa, e che il vescovo di Roma, dato
1
Gli Gnostici (da non confondere con gli agnostici che sono
quelli che dicono che Dio non si può conoscere) che prendevano il nome dalla parola greca gnosis che significa ‘conoscenza’ erano suddivisi in diversi gruppi e raggiunsero la loro
massima diffusione verso la metà del secondo secolo. Per loro
la materia si identificava con il male e lo spirito con il bene,
per cui Dio non poteva essere il creatore di questo mondo materiale. Il creatore del mondo materiale non era per essi l’Iddio
buono di cui parla il Nuovo Testamento ma l’Iddio dell’Antico
Testamento, che essi chiamavano demiurgo e detestavano, e
che per loro era una emanazione dell’alto dio dello gnosticismo (in altre parole per loro l’Iddio del Nuovo Testamento era
un Dio totalmente diverso da quello dell’Antico). Per quanto
riguarda Cristo essi affermavano che dato che la materia era il
male e lui era assoluto bene spirituale egli non poteva rivestire
un corpo umano; egli non poteva unirsi alla materia. Per loro
quindi il Cristo entrò nel corpo di Gesù solo per il periodo che
intercorse tra il suo battesimo e l’inizio della sua sofferenza
sulla croce, lasciando morire sulla croce l’uomo Gesù. In altre
parole per loro Gesù non era il Cristo. Per loro poi questo cristo che dimorò in Gesù per un po' di tempo avrebbe insegnato
una speciale gnosi o conoscenza che avrebbe aiutato l’uomo a
salvarsi mediante un processo intellettuale. Tra gli Gnostici a
Roma si diffusero molto i seguaci di un certo Marcione, natio
del Ponto.
2
Uno scrittore cattolico a proposito di questa lettera arriva a
dire: ‘E’ il primo testo che in pratica affermi la superiorità del
vescovo di Roma su tutte le Chiese sparse nel mondo’.
3
Matt. 16:18-19. A questo passo poi furono aggiunti anche
quello che dice: “Quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli” (Luca 22:32) e quello che dice: “Pasci le mie pecore”
(Giov. 21:17).
La chiesa cattolica romana
che era il suo successore (perché Pietro era stato a Roma
e qui era morto), aveva di conseguenza ricevuto in eredità il primato dato da Cristo a Pietro. Si può quindi dire
che le parole di Gesù dette a Pietro “tu sei Pietro e su
questa pietra edificherò la mia Chiesa...” (e ripeto, unitamente alle parole della tradizione che affermavano che
Pietro era venuto a Roma e quivi era morto martire,
senza le quali le parole di Gesù non avrebbero potuto
essere applicate al vescovo di Roma) cominciarono ad
un certo punto della storia della Chiesa (dal III secolo in
avanti) a servire ai vescovi di Roma per sostenere il loro
primato su tutta la Chiesa, in altre parole essi si misero
ad interpretare in quella maniera errata quelle parole di
Gesù a Pietro, facendo contemporaneamente sempre
presente che la loro sede era vicina al sepolcro di Pietro,
perché spinti dal loro orgoglio e dalla loro sete di potere. Volevano insomma avere il primato sulla Chiesa universale presente in ogni luogo. Che arroganza, che
presunzione! Ma questa loro ambizione di dominare su
tutta la Chiesa incontrò l’opposizione di molti che giustamente videro in quell’atteggiamento del vescovo di
Roma una dimostrazione di arroganza. Ma il seme malvagio era ormai stato seminato dai vescovi di Roma e
col passare del tempo esso, con l’aiuto degli imperatori
e dei re, sarebbe cresciuto fino a far diventare il vescovo
di Roma il sovrano di uno Stato.
La supremazia del vescovo di Roma ricevette un forte
impulso nel quarto secolo. Vediamo alcuni avvenimenti
che ce lo dimostrano. Costantino (306-337), dopo essere
salito al potere concesse ai Cristiani la ‘libertà’ di professare la loro fede con l’editto di Milano (313) in cui si
diceva: ‘Da lungo tempo pensiamo che non si debba negare la libertà di religione; anzi, ad ogni uomo dovrebbe
essere garantita la libertà di manifestare i propri pensieri
ed i propri desideri, permettendogli così di considerare
le cose dello spirito secondo la propria scelta. E’ per
questo motivo che ordiniamo di permettere a chiunque
di osservare le proprie credenze e la propria religione’.
La Chiesa poteva finalmente, dopo tanti anni di persecuzione,4 godere della ‘libertà di culto’ al pari dei pagani. Costantino restituì alle chiese le proprietà che erano
state loro confiscate dai suoi predecessori durante le
4
I Cristiani vennero perseguitati sotto Nerone (54-68) il quale
accusò i Cristiani di Roma di avere causato l’incendio che poi
distrusse parte della città e servendosi di questo motivo ne fece morire parecchi, tra cui alcuni bruciandoli vivi. La tradizione dice che fu sotto il suo regno che morirono martiri in Roma
sia l’apostolo Paolo che l’apostolo Pietro. Ci furono persecuzioni contro i Cristiani anche sotto Domiziano (81-96): sotto il
suo impero la tradizione dice che Giovanni fu esiliato
sull’isola di Patmo (dove scrisse il libro dell’Apocalisse). Sotto Settimio Severo (193-211); sotto Massimino (235-238);
sotto Decio (249-251) che ordinò ai Cristiani di sacrificare agli
dèi e molti avendo rifiutato di ubbidire furono messi a morte;
sotto Valeriano (253-260); sotto Diocleziano (284-305) che
vietò ai Cristiani di riunirsi e ordinò la distruzione dei loro
luoghi di culto e degli Scritti sacri, ordinò la deposizione e
l’arresto dei vescovi che persistevano a testimoniare del Vangelo. I Cristiani vennero puniti con la perdita delle proprietà,
con l’esilio, la prigione, con l’esecuzione per mezzo della spada o delle fiere, e con i lavori forzati.
121
Il papato
persecuzioni, egli fece pure costruire molte basiliche1 e
concesse loro vastissimi latifondi.2 I vescovi perciò si
trovarono nelle mani delle ingenti proprietà da amministrare.3 Oltre a ciò i vescovi vennero esentati da diversi
tributi; le loro proprietà erano esentasse. Venne pure
permesso di lasciare i propri beni alle chiese, e i lasciti
non venivano sottoposti a nessuna tassa. Ma Costantino
in questa maniera divenne una sorta di ‘capo visibile’
della Chiesa perché cominciò a comandare in materia di
fede e dottrina anche sui vescovi che erano costretti ad
inchinarsi davanti alle sue decisioni anche nelle cose
spirituali se non volevano perdere i loro privilegi. Vediamole alcune di queste sue ingerenze negli affari interni della Chiesa.
Nei primi anni del IV secolo scoppiò la controversia
donatista. Era successo che in quegli anni nell’Africa
settentrionale un certo Ceciliano era stato ordinato vescovo da un certo Felice. Ma siccome - veniva sostenuto
da taluni - questo Felice sotto la persecuzione di Diocleziano che c’era stata aveva ceduto dinanzi ai pagani (per
cui era un traditore), molti non approvarono
l’ordinazione di Ceciliano perché secondo loro il comportamento di Felice la invalidava. A capo di costoro si
mise un certo Donato, da qui il nome di Donatisti dato
agli avversari di Ceciliano, che si appellarono
all’imperatore chiedendo la deposizione di Ceciliano.
Nel 314 (mentre c’era in corso la controversia donatista)
l’imperatore fece convocare un concilio ad Arles, a cui
parteciparono vescovi o loro delegati della Gallia,
dell’Italia, dell’Africa, della Spagna e della Britannia. A
questo concilio non partecipò però Silvestro (314-335)
vescovo di Roma (tenuto per papa). Questo concilio
prese posizione contro la posizione donatista perché abrogò l’uso africano di ribattezzare gli eretici convertiti,
purché il loro primo battesimo fosse stato amministrato
nel nome della Trinità ed approvò le ordinazioni compiute da indegni. I Donatisti invece facevano dipendere
la validità delle ordinazioni dalla condotta di colui che
1
Fu lui - secondo quanto ci viene detto -, per esaudire i desideri del vescovo di Roma Silvestro I, a costruire (sopra la tomba
dell’apostolo Pietro, dicono) l’antichissima basilica di San
Pietro qui a Roma, basilica che poi nel corso del tempo sarebbe stata abbellita da re e papi e ricostruita a partire dal sedicesimo secolo per opera di Giulio II, ricostruzione che fu terminata nella sua interezza verso la fine del diciottesimo secolo.
La Fabbrica nel suo complesso era costata fino ad allora la
somma di circa 46.800.000 scudi. Altre basiliche fatte costruire dall’imperatore qui a Roma sono queste: la basilica di S.
Paolo che sarebbe stata fatta costruire da Costantino dietro
richiesta di Silvestro I; quella di S. Croce in Gerusalemme dietro quella di sua madre (in questa basilica sua madre avrebbe
riposto un pezzo della vera croce di Cristo da lei stessa ritrovata in terra santa); e quella Lateranense a cui regalò statue d’oro
e d’argento, candelabri e vasellame di ogni tipo.
2
Viene detto da molti che Costantino diventò un cristiano. Le
sue opere però non confermano questo. Sappiamo infatti che
fece uccidere sua moglie, un suo figlio, e fece costruire magnifici templi pagani in Costantinopoli, mantenne il titolo di Pontifex Maximus (Pontefice Massimo) della religione romana e
non smise di offrire il culto al dio sole.
3
Costantino diede al vescovo di Roma anche il palazzo del
Laterano, proprietà personale dell’imperatrice Fausta; questo
palazzo sarà la dimora dei papi per tutto il Medio Evo.
122
La chiesa cattolica romana
le faceva. Nel 316 Costantino dichiarò definitivamente
Ceciliano innocente ed emanò una legge molto severa
contro i Donatisti: essi venivano condannati all’esilio
con la confisca dei beni, le basiliche da esse occupate
dovevano essere loro tolte e date ai Cattolici. Questa
sentenza non fece che inasprire gli animi dei Donatisti.
A Cartagine nel 317 tre basiliche donatiste furono occupate a prezzo di atroci massacri; i soldati si abbandonarono a ogni sorta di violenze. Dappertutto nell’Africa
proconsolare ci furono saccheggi, uccisioni di vescovi,
oltraggi alle vergini. Nel 321 però l’imperatore concesse
ai Donatisti libertà di culto annullando così le decisioni
del concilio di Arles.4 Sempre Costantino fece convocare il concilio generale (o ecumenico) di Nicea (nel 325)
che condannò l’eresia ariana e Ario5 (con i vescovi che
la pensavano come lui) all’esilio; lui lo aperse e lui vi
prese parte dominando sull’assemblea riunita. Anche a
questo concilio non partecipò il vescovo di Roma perché vi mandò due suoi delegati.
Nel 330 Costantino volle spostarsi a Bisanzio, che
chiamò Costantinopoli, per farne la capitale
dell’Impero, a Roma così si creò un vuoto politico che
fu immediatamente preso dal vescovo, che così oltre che
a svolgere funzioni religiose cominciò ad esercitare pure
delle funzioni politiche diventando la persona più potente della città.6 Come vedremo in seguito, nell’ottavo secolo negli ambienti papisti sarà redatto un falso documento chiamato Donatio Constantini (la Donazione di
Costantino) in cui si diceva che Costantino nello spostarsi a Bisanzio lasciava la giurisdizione di Roma e di
altri territori al vescovo di Roma; documento che nel
medioevo servirà ai papi per confermare il loro potere
temporale. La controversia ariana continuava però ancora a turbare la Chiesa perché gli Ariani diventavano
sempre di più. Ario riuscì a conciliarsi il favore
dell’imperatore il quale invitò Atanasio (295 ca. - 373),
vescovo di Alessandria, a riammettere Ario nella Chiesa, ma questi si rifiutò di farlo. Allora Costantino nel
335 fece convocare un concilio a Tiro (che si trasferì poi
a Gerusalemme) in cui fece riabilitare Ario, dichiarare
ortodossa la sua dottrina, e fece deporre Atanasio, che
difendeva strenuamente la divinità di Cristo Gesù. Ata4
Anche sotto altri imperatori i Donatisti furono perseguitati.
Successe allora che venne a formarsi una classe di gente che
simpatizzava con i Donatisti i quali furono chiamati circumcellions perché vaganti attorno alle capanne dei contadini. Costoro si diedero a vendicarsi di tutti coloro che attaccavano i
Donatisti e molti caddero loro vittime. I Donatisti più moderati
rifiutarono di allearsi con loro e di approvare le loro inique
opere; ma altri cercarono il loro aiuto.
5
Ario sosteneva che Dio non fu sempre Padre perché il Figlio
non sempre fu. In altre parole egli negava che Gesù fosse Dio
nella stessa maniera in cui lo era il Padre suo. Il concilio di
Nicea oltre che a condannare l’eresia ariana decise che d’ora
innanzi la Pasqua doveva essere celebrata nella stessa data da
tutta la Chiesa; gli Orientali dovettero accettare così la posizione dei Romani.
6
L’ingerenza negli affari civili della città e nelle vicende politiche da parte del vescovo di Roma farà esclamare in seguito a
Gregorio Magno: ‘Chi è quivi pastore spirituale, è talmente
caricato di cure per cose esterne, che non si sa spesso, se egli
copra l’ufficio d’un pastore spirituale ovvero quello d’un
Grande della terra’.
Il papato
nasio fu quindi esiliato (questo fu il suo primo esilio e
durò fino alla morte di Costantino avvenuta nel 337).
Sotto il regno di Costantino avvenne così che la Chiesa
si alleò con l’imperatore permettendogli di intromettersi
negli affari spirituali in cambio dei privilegi, e da quel
momento in poi non sarebbe stata più la stessa perché da
perseguitata diventerà persecutrice, difatti si servirà del
braccio secolare per punire con l’esilio e talvolta per
sterminare coloro che dissentiranno da lei.1
Nel 343 si tenne un concilio a Sardica (l’odierna Sofia),
a cui ancora una volta non fu presente il vescovo di
Roma, che allora era Giulio (337-352), che assolse Atanasio e condannò Ario. In uno dei canoni di questo concilio viene ricordata la consuetudine che un vescovo non
può essere giudicato che dal concilio della propria provincia e viene detto che nel caso il vescovo condannato
non sia soddisfatto del giudizio dato, i conprovinciali
devono scrivere al vescovo di Roma. In altre parole si
da la facoltà ad un vescovo condannato di appellarsi a
Roma. E’ il canone terzo quello citato che precisamente
dice: ‘Se in qualche provincia, uno fra i Vescovi ha una
quistione con un suo fratello e collega nell’episcopato,
né l’uno né l’altro deve appellarsene a Vescovi di altra
provincia. Ma se un Vescovo stima essere a torto condannato, e ritiene la sua causa essere non debole ma
buona, da doversi rinnovare il giudicio, - se piace alla
vostra Carità, onoriamo la memoria di Pietro apostolo, e
si mandi notizia, intorno a quei giudici, a Giulio il Vescovo di Roma, talché per mezzo dei Vescovi vicini alla
provincia, si rinnovi, se occorre, il tribunale, ed egli
(Giulio) stabilisca dei giudici istruttori...’. Il canone
quinto poi aggiunge che in caso di appello, il Vescovo
di Roma può ordinare che la causa sia di bel nuovo esaminata dai Vescovi provinciali. Questo concilio però
fu abbandonato dai vescovi orientali presenti ad esso, e i
suoi canoni non furono da essi riconosciuti. Il concilio
di Sardica riveste una importanza notevole, direi fondamentale, nella evoluzione del potere spirituale di Roma perché per la prima volta in un concilio la sede di
Roma veniva palesemente innalzata al di sopra delle altre. E non per nulla i difensori del potere spirituale del
papa tuttora citano molto il concilio di Sardica a sostegno del primato del vescovo di Roma sulla Chiesa universale.
Nel 355 l’imperatore Costanzo fece convocare un concilio a Milano. Questo concilio condannò di nuovo Atanasio, il quale subì così l’ennesimo esilio che questa volta
durò fino al 362.2 Assieme a lui furono esiliati altri ve1
E’ chiaro che non si può dire che tutti i credenti di allora si
mostrarono d’accordo con coloro che permisero all’imperatore
di immischiarsi nelle cose spirituali, come anche non tutti furono d’accordo che la Chiesa si servisse dell’autorità civile per
convertire gli increduli e gli eretici. E questo lo diciamo perché sappiamo che Dio ha avuto sempre un residuo di uomini e
donne anche nei tempi più tenebrosi che si è mantenuto attaccato alla sua Parola. Un po’ come oggi insomma; molte chiese
si sono alleate con lo Stato, ma non tutti i credenti sono
d’accordo con coloro che hanno contratto questa alleanza.
2
Atanasio subì durante la sua vita ben cinque esili a motivo
della sua posizione antiariana e questo perché quando in quegli anni saliva al potere un imperatore che si mostrava a favore
della dottrina di Ario costui faceva sì che quei vescovi che si
La chiesa cattolica romana
scovi che sostenevano la divinità di Cristo tra cui anche
il vescovo di Roma che allora era Liberio (352-366) il
quale non aveva voluto sottoporsi all’imperatore accettando l’arianesimo e condannando Atanasio. Ma pochi
anni dopo, Costanzo, vedendo che Liberio durante
l’esilio aveva ceduto, lo fece tornare dall’esilio in occasione del concilio di Sirmio (358) e lo costrinse a sottoscrivere l’eresia ariana per potere essere fatto tornare a
Roma. Avvenne così che l’imperatore Costanzo fece
tornare Liberio a Roma. Ma nel mentre a Roma era stato
eletto vescovo Felice. Si era dunque venuta a creare una
situazione difficile ed imbarazzante perché c’erano ora
due vescovi di Roma, il vecchio e il nuovo.
L’imperatore allora fece scrivere a Roma dai vescovi
del concilio di Sirmio, dove era stata approvata per
l’ennesima volta l’eresia ariana, una lettera in cui si diceva che ‘i due vescovi occuperebbero insieme la sede
apostolica e farebbero di comune accordo le funzioni
sacerdotali; e che occorrerebbe dimenticare tutti i dolorosi avvenimenti accaduti a proposito dell’ordinazione
di Felice e della assenza di Liberio’. Ma le cose non andarono come voleva l’imperatore perché a Roma si crearono due fazioni che si scontrarono per diversi anni; ci
furono tumulti anche sanguinosi a quanto dicono alcuni.
Felice ebbe la peggio e dovette andarsene, ed oggi è
considerato un antipapa.3
A Liberio poi successe Damaso (366-384) il quale divenne vescovo di Roma con la forza e la violenza. Ecco
come divenne vescovo costui. Quando morì Liberio
nell’anno 366, si presentarono come candidati al papato
il diacono Ursino e il prete spagnolo Damaso. Ambedue
furono eletti vescovi dai rispettivi partiti. Ma quando si
trattò di prendere possesso della sede vescovile, i partigiani dell’uno e i partigiani dell’altro presero le armi per
decidere chi fosse il vero successore di Pietro. Il combattimento si fece per le vie e per le basiliche; dopo
molte battaglie i seguaci di Ursino si rinchiusero nella
opponevano ad Ario fossero esiliati. Dimostrazione questa che
quando l’autorità temporale viene fatta entrare nella Chiesa e
gli si permette di dettare legge in materia di dottrina (o in altre
parole quando la Chiesa si allea con lo Stato), può costringere
la maggioranza in una maniera o nell’altra (in cambio di favori) ad accettare anche delle eresie perché ha la forza materiale
di farlo e punire coloro che non si vorranno sottomettere ad
essa.
3
Per antipapa i teologi papisti intendono chiunque abbia assunto il nome di pontefice e abbia esercitato o preteso di esercitare le funzioni senza fondamento canonico. L’antipapa può essere dunque sia un papa eletto in maniera non canonica, dopo
la morte o la deposizione di un pontefice regolare, sia un concorrente designato in condizioni dubbie a fronte di un papa
regolarmente eletto, o ancora un intruso che con la forza si sia
imposto durante il pontificato. Ora, Felice, che era anche lui
ariano, è considerato un antipapa ma ciò non può corrispondere a verità perché la sua elezione era stata regolare. E’ chiara
la ragione; bisognava scegliere chi mettere tra i due nella lista
dei legittimi papi perché tutti e due non ci potevano stare avendo ricoperto l’ufficio di vescovo di quella città nello stesso
tempo, e si è finiti con lo scegliere il vecchio ed escludere il
nuovo. C’è poi chi afferma, per giustificare gli avvenimenti,
che Felice faceva il vicario di Liberio in sua assenza. Ma anche questo non è vero perché Felice fu dall’imperatore, dal
clero e dal popolo eletto veramente vescovo di Roma.
123
Il papato
basilica di Sicinnio (che poi sarà chiamata da Sisto III
‘S. Maria Maggiore’). I seguaci di Damaso allora si arrampicarono sul tetto, vi praticarono un foro e cominciarono a lanciare contro i seguaci di Ursino pietre e tegole, mentre gli altri attaccavano il portone centrale.
Quando il portone cedette, scoppiò una lotta sanguinosa
al termine della quale si contarono 137 cadaveri tra i
seguaci di Ursino. Costui fu poi mandato in esilio dal
rappresentante dell’imperatore. Damaso lordò quindi le
sue vesti di sangue per impossessarsi del vescovato romano. Ed ora costui è annoverato tra i santi (Damaso è
quello che suggerì a Girolamo di fare una nuova traduzione della Bibbia che ora porta il nome di Volgata). E
non fu l’unica volta che avvenne che uno divenne vescovo di Roma spargendo o facendo spargere sangue
perché di queste lotte sanguinose fra i partigiani di due
candidati al papato ne seguirono molte nel corso dei secoli successivi. D’altronde, occorre tener presente che il
posto di vescovo di Roma era diventato ambitissimo
perché conferiva un grande potere sulle anime e privilegi e onori in grande numero. Chi diventava vescovo di
Roma diventava una sorta di re che avrebbe potuto vivere nel lusso e nelle delizie. Per capire quanto ciò fosse
vero c’è la testimonianza di Ammiano Marcellino (scrittore pagano), vissuto nel IV secolo, il quale parlando del
clero romano ed in particolare dei vescovi dice: ‘Io devo
confessare che, vedendo quanta pompa e magnificenza
accompagni la dignità, non stupisco punto che coloro
che la ambivano, abbiano adoperato tutti i mezzi possibili per ottenerla (la carica di vescovo). Ottenutala, potevano essere sicuri di divenire ricchi e potenti mediante
i regali che facevano loro le dame romane. Non era più
mestieri che andassero a piedi, ma facevano uso di equipaggi magnifici e riccamente adorni. Sulle loro tavole v’erano a dovizia i cibi più delicati; essi sorpassavano
spesso lo stesso imperatore in magnificenza e dispendio’. Girolamo scrisse che quando Damaso chiese al
prefetto di Roma, un pagano con molti titoli sacerdotali,
di convertirsi, costui gli rispose: ‘Volentieri, se nominerai me Vescovo di Roma’. Ecco dunque che cosa era
diventato il vescovo di Roma agli occhi dei pagani; un
principe, un re della terra.
Nel 380 l’imperatore Teodosio emanò un editto che faceva del cristianesimo la religione ufficiale dell’Impero
Romano; e nel 381 il concilio di Costantinopoli riconosceva il primato della sede romana, e stabiliva che il patriarca di Costantinopoli aveva il primato d’onore secondo a quello del vescovo di Roma. Quindi fu ancora
una volta un concilio a dichiarare la sede di Roma superiore alle altre; ciò nonostante l’allora vescovo di Roma,
Damaso, dichiarava in un concilio romano del 382: ‘La
Santa Chiesa di Roma ha la precedenza su tutte, non
grazie alla deliberazione di questo o quel concilio, ma
perché il primato le fu conferito dalla frase di Nostro
Signore e Salvatore riportata nel Vangelo’!
Dal quinto al settimo secolo.
Anche il vescovo romano Innocenzo I (401-417) rafforzò il primato del vescovo di Roma; egli disse per esempio: ‘Chi non conosce o non vede che quel che venne
dichiarato alla Chiesa di Roma da Pietro, Principe degli
Apostoli e che tuttora qui si ritiene, dovrebbe essere da
tutti osservato? E che nulla si vorrebbe aggiungere o in-
124
La chiesa cattolica romana
trodurre senza la sua autorità o che paresse provenire da
altre parti essendo manifesto che tutte le chiese d’Italia,
delle Gallie, di Spagna, di Africa, di Sicilia e delle isole
intermedie furono stabilite per ufficio del venerabile apostolo Pietro e dei suoi successori’.
Nel 445 l’imperatore Valentiniano III riconobbe il primato del vescovo di Roma nelle cose spirituali, e decretò che quello che decideva quel vescovo doveva essere
legge per tutti. ‘Tutto ciò che l’autorità della sede apostolica sancì o sarà per sancire, sia legge per essi ed a
tutti’. Questo ulteriore riconoscimento imperiale non
fece altro che rafforzare ulteriormente il primato del vescovo di Roma. E difatti l’allora vescovo di Roma Leone I detto Magno (440-461) - che molti chiamano il
primo ‘papa’ - sosteneva apertamente e con grande forza che Gesù concesse a Pietro il primato della dignità
apostolica, che passò poi al vescovo di Roma al quale
compete la cura di tutte le chiese. Questo Leone era così
in stretto rapporto con l’imperatore Valentiniano che
ottenne da lui che fossero promulgate delle leggi severissime contro i Manichei.1 Questo dimostra ancora una
volta come il vescovo di Roma poteva liberamente, in
virtù della sua posizione privilegiata che godeva presso
l’imperatore, fare leva sul potere civile per perseguitare
gli eretici. Il primato di Roma ricevette un’ulteriore conferma da un fatto avvenuto al concilio di Calcedonia del
451, convocato dall’imperatore Marciano, che i papisti
fanno notare con orgoglio per sostenere il primato del
vescovo di Roma. Leone aveva mandato a quel concilio
una lettera in cui confutava l’eresia di Eutiche (costui
era un monaco di Costantinopoli che diceva che la natura umana e divina in Cristo si erano fuse in una sola, la
divina). E il commento dell’assemblea a quella lettera
fu: ‘Per bocca di Leone ha parlato Pietro!’.2 Ma ciò nonostante la cosiddetta supremazia della sede di Roma
ricevette un ridimensionamento da quello stesso concilio di Calcedonia perché esso decretò nel suo ventottesimo canone: ‘I Padri hanno a buon diritto attribuito il
primato alla sede dell’antica Roma, poiché questa città è
sovrana; con lo stesso intento i centocinquantatre ve1
Setta che prese il nome da un certo Mani o Manicheo (216 ca.
- 267) proveniente dalla Mesopotamia. Secondo costoro
l’anima teneva l’uomo legato al regno della luce, ma il suo
corpo lo teneva schiavo del regno delle tenebre. La salvezza
avveniva con la liberazione della luce esistente nella sua anima dalla schiavitù nei confronti della materia del corpo. Questa liberazione poteva essere raggiunta per mezzo
dell’esposizione alla luce, Cristo. Tra i Manichei c’era una
casta sacerdotale chiamati i perfetti che vivevano una vita ascetica ed eseguivano alcuni riti essenziali per l’emanazione
della luce. Gli uditori o ascoltatori divenivano partecipi della
santità di questo gruppo eletto provvedendo ai loro bisogni
materiali, partecipando così anche alla salvezza. Nella setta
veniva esaltata la superiorità del celibato.
2
Si tenga presente che due anni prima, vale a dire nel 449,
c’era stato un altro concilio convocato ad Efeso
dall’imperatore Teodosio II il quale simpatizzava per Eutiche;
questo concilio, in cui ci furono scene di violenza, approvò
l’eresia di Eutiche. Fu definito il ‘brigantaggio di Efeso’. A
questo concilio parteciparono pure i legati del vescovo di Roma che furono minacciati; esso è un esempio che mostra in
maniera palese per l’ennesima volta come le decisioni dei
concili erano influenzate dagli imperatori.
Il papato
scovi teofili hanno accordato il medesimo primato alla
santissima sede della novella Roma, pensando con ragione che la città onorata (dalla presenza)
dell’imperatore e del senato, e che ha gli stessi privilegi
dell’antica Roma imperiale, è grande come quella nelle
cose ecclesiastiche, essendo la seconda dopo di essa’.1 I
legati di Leone presenti al concilio (si noti ancora una
volta che il vescovo di Roma non fu presente personalmente ad un concilio della Chiesa antica) protestarono
contro questo canone; per loro costituiva una ingiuria
alla ‘sede apostolica’. Leone I non accettò il ventottesimo canone ma si lanciò con veemenza contro di esso.
All’imperatrice Pulcheria scrisse persino: ‘..per
l’autorità di S. Pietro, egli assolutamente annullava il
decreto di Calcedonia’.
Durante il V secolo contribuirono ad accrescere il potere
temporale del vescovo di Roma anche le invasioni barbariche. Verso il 410 discesero i Goti sotto Alarico i
quali per tre giorni devastarono Roma, nel 452 gli Unni
sotto Attila e nel 455 i Vandali sotto Genserico. Nel caso del sacco di Roma compiuto dai Goti di Alarico avvenne che Innocenzo I si era recato con una ambasceria
romana a Ravenna per chiedere all’imperatore Onorio di
trattare con i Goti e accondiscendere alle loro richieste
affinché Roma non fosse saccheggiata; ma la missione
si rivelò infruttuosa perché Alarico entrò in Roma e la
saccheggiò per tre giorni. Comunque il vescovo di Roma agli occhi del popolo crebbe in importanza perché
veniva guardato come un difensore. Nel caso di Attila
viene detto che quando egli minacciava di attaccare
Roma e di saccheggiarla Leone I gli andò incontro e riuscì a persuaderlo (versandogli nelle mani un cospicuo
tributo) di non toccare Roma. Nel caso invece di Genserico (che proveniva dall’Africa settentrionale), Leone I
riuscì a persuaderlo a risparmiare a Roma il fuoco e il
sangue; ma dovette acconsentirgli di saccheggiare con
le sue orde la città per due settimane. I Vandali spogliarono i templi delle loro cose preziose e trasportarono in
Africa come schiavi di guerra migliaia di romani. In
questa maniera il vescovo di Roma acquisì agli occhi
della popolazione romana un maggiore prestigio.
Un’altra devastazione barbara si verificò nel 472 sotto
Rechimero.2 L’impero Romano d’Occidente cadde sotto
1
In un libro di storia della Chiesa scritto da parte cattolica a
proposito di questa decisione presa a Calcedonia si legge: ‘Il
concilio di Calcedonia non intendeva negare il primato del
papa, ma riteneva che questo primato della sede apostolica
fosse fondato sulla funzione politica di Roma capitale; in ciò
stava l’errore. I papi fecero sempre poggiare il principio del
loro primato sulla venuta di san Pietro a Roma e sulla loro dignità di successori di Pietro’. Questo fa capire che la curia romana per sostenere il primato spirituale del papa si basa principalmente sulla venuta di Pietro a Roma e sulla cosiddetta
successione apostolica secondo cui Pietro avrebbe lasciato ad
un successore la sua presunta autorità spirituale su tutta la
Chiesa che avrebbe ricevuto da Cristo. Essa non accetta che si
dica che il primato del vescovo di Roma inizialmente era inesistente perché fu il risultato naturale di certe condizioni e certi avvenimenti storici che si verificarono nei primi secoli dopo
Cristo, perché questo significherebbe negare ‘l’installazione
divina’ del primato del papa.
2
Noi sappiamo dalle Scritture che una delle maniere in cui Dio
punisce i popoli è quella di chiamare gli eserciti stranieri con-
La chiesa cattolica romana
i colpi delle invasioni barbariche nel 476 quando Odoacre depose Romolo Augustolo e assunse il titolo di re
d’Italia. La sua caduta permetterà al papato di svilupparsi ulteriormente perché esso non sarà più controllato
e governato dall’imperatore d’Occidente. Il vescovo di
Roma caduto l’impero d’Occidente diventerà sempre
più importante.
Nel 492 divenne papa Gelasio I (492-496) che contribuì
a rafforzare il potere spirituale del vescovo di Roma infatti scrisse all’imperatore Anastasio: ‘Due sono i poteri,
augusto imperatore, che principalmente governano questo mondo; il potere sacro dei vescovi e quello temporale dei re. Di questi due poteri il ministero dei vescovi ha
maggior peso, perché essi devono rendere conto al tribunale di Dio anche per i re dei mortali’, e sempre Gelasio riaffermò il primato di Roma dicendo: ‘E se conviene che tutti i fedeli si sottomettano ai vescovi, i quali
rettamente dispensano le cose sacre, quanto maggiormente è necessario procedere con il capo di quella sede
che Dio ha preposto a tutte le altre e dalla Chiesa universale fu sempre venerata con devozione filiale’.
Nel 498 morì il vescovo di Roma Anastasio II.
All’elezione del nuovo papa avvenne che una parte del
clero e la maggioranza del senato elessero papa
l’arciprete Lorenzo nella basilica di Santa Maria Maggiore. Nel mentre però gli avversari di Lorenzo eleggevano il diacono Simmaco nella basilica del Laterano.
Scoppiarono quindi dei tumulti tra le due fazioni perché
ambedue si consideravano il legittimo successore di Pietro. Le cose arrivarono a tal punto che il re ostrogoto
Teodorico, che era ariano, intervenne nella disputa e fece venire i due contendenti a Ravenna. Fu riconosciuto
il diritto di Simmaco. Tornato a Roma Simmaco fece
convocare un concilio; Lorenzo si sottomise a Simmaco
e gli venne assegnata la diocesi di Nocera in Campania.
Ma la calma durò poco, perché gli avversari di Simmaco
lo attaccarono accusandolo di vari delitti ritenendolo
indegno di occupare la ‘sede apostolica’. Teodorico
convocò di nuovo Simmaco a Ravenna, ma costui giunto a Rimini, decise di fuggire e tornare a Roma dove si
rinchiuse in San Pietro. A Teodorico questo suo comportamento parve una confessione. Gli avversari di
Simmaco approfittarono allora di questa situazione e
ottennero che a Roma fosse mandato un visitatore per
governare temporaneamente la chiesa. Fu mandato Pietro vescovo di Altino che giunto a Roma rifiutò di avere
rapporti con Simmaco. Simmaco protestò contro questa
intrusione. Tutti i beni ecclesiastici e tutti gli edifici religiosi (tranne San Pietro) furono consegnati al visitatore. Il re allora per farla finita con questa situazione fece
convocare un certo numero di vescovi italiani per giudicare Simmaco. L’esito del concilio fu che Simmaco non
poteva essere considerato colpevole e bisognava quindi
riconoscerlo come legittimo pastore. Gli edifici religiosi
e i beni furono riconsegnati a Simmaco. Gli avversari di
tro di essi. Per cui siamo persuasi che fu Dio a chiamare i barbari contro l’impero Romano per abbatterlo; impero che non ci
si deve mai dimenticare aveva durante i secoli devastato tante
nazioni e città e massacrato tante persone, e che a differenti
riprese aveva perseguitato i Cristiani a motivo della loro fede.
“Come hai fatto, così ti sarà fatto” (Abdia 15) dice Dio.
125
Il papato
Simmaco allora a questo punto (dato che non si erano
arresi e volevano mandare via a tutti i costi Simmaco)
ottennero dal re il ritorno di Lorenzo. Lorenzo tornò a
Roma e accaddero gravi tumulti. Il Liber Pontificalis1
parla di preti e chierici massacrati e di donne bruciate. Il
re Teodorico intervenne di nuovo e Lorenzo dovette ritirarsi. Rimase quindi papa Simmaco; alla sua morte subentrò sul trono pontificio Ormisda (514-523). Ormisda
fu seguito da Giovanni I (523-526). Durante il primo
anno di pontificato di Giovanni avvenne che
l’imperatore Giustino emanò un editto contro gli Ariani;
molti di loro per paura abiurarono, altri subirono il martirio e diverse basiliche furono loro tolte e date ai Cattolici. Ma questo editto fece indignare il re Teodorico, che
era anche lui ariano, il quale convocò a Ravenna il vescovo di Roma e gli ordinò di recarsi a Costantinopoli
con un ambasceria composta da alcuni vescovi e quattro
senatori. La missione che gli era stata affidata era quella
di indurre Giustino a ritirare l’editto contro gli Ariani,
restituirgli le loro basiliche e permettere a coloro che
avevano ritrattato di potere tornare a professare la dottrina ariana. Giovanni andò a Costantinopoli ma non
chiese all’imperatore di permettere a coloro che avevano ritrattato di ritornare all’arianesimo; la cosa perciò
non piacque a Teodorico che quando i componenti
dell’ambasceria tornarono a Ravenna li fece tutti imprigionare. Giovanni morì così in prigione.
L’imperatore Giustiniano (527-565) contribuì a rafforzare il primato di Roma perché affermò che il papa di
Roma è il primo di tutti i sacerdoti. ‘Ordiniamo, dietro
la definizione dei quattro concili, che il santissimo papa
della vecchia Roma sia il primo dei vescovi, e che
l’altissimo arcivescovo di Costantinopoli, che è la nuova
Roma, sia il secondo’. Questo imperatore emanò delle
leggi contro gli eretici. Furono da lui perseguitati sia i
Montanisti2 che gli Ariani. Anche questo imperatore si
immischiò nelle cose spirituali della Chiesa infatti condannò con un editto i ‘Tre capitoli’3 e poi nel 553 fece
convocare a Costantinopoli un concilio per condannarli.
E costrinse l’allora vescovo di Roma Vigilio (537-555)
ad accettare la decisione del concilio che Vigilio in un
primo tempo aveva ritenuto nulla. Ancora una volta si
può vedere con quale disinvoltura gli imperatori in quel
tempo costringevano i vescovi ad accettare le loro opinioni in materia di fede. Ma vediamo come era diventato papa questo Vigilio. Vigilio, diacono di nobile fami1
E’ la raccolta delle biografie dei vescovi di Roma ‘da Pietro’
a Pio II.
2
I Montanisti erano i seguaci di un certo Montano e comparvero in Frigia dal 135 circa al 160. Montano si reputava il paracleto o avvocato attraverso cui lo Spirito Santo parlava alla
Chiesa. Egli sosteneva anche che il regno celeste di Cristo sarebbe stato presto stabilito a Pepuza in Frigia e lui vi avrebbe
occupato un posto preminente. Alla morte di uno dei coniugi
era vietato all’altro di passare a nuove nozze, si dovevano osservare molti digiuni e mangiare cibi secchi. Tertulliano (160
ca. - 220 ca.), considerato uno dei più grandi padri della Chiesa, aderì al montanismo.
3
Il termine indicava gli scritti di Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro, e una lettera di Ibas di Edessa. Questo editto
in realtà contrastava il concilio di Calcedonia che aveva riconosciuto ortodossi (di retta dottrina) sia Teodoreto che Ibas.
126
La chiesa cattolica romana
glia, divenne papa - da quanto ci viene detto - comprando la carica e facendo uccidere il papa precedente Silverio (536-537). Costui era stato fatto papa dal re goto Teodato nel 536. Poco dopo Teodato morì e prese il suo
posto il re Vitige che pensò di ritirarsi col grosso
dell’esercito a Ravenna per preparare un offensiva contro Belisario, generale bizantino, che ormai si trovava a
Napoli. Belisario entrava quindi in Roma e le truppe gote se ne andavano. E il papa si alleò con Belisario. Nel
marzo del 537 però il re goto tornò per tentare la riconquista della città e pose sotto assedio Roma. Allora avvenne che Vigilio diede del denaro al generale bizantino
Belisario affinché deponesse con la forza papa Silverio
e consacrasse lui come nuovo papa. Silverio fu così deposto (l’accusa era che egli aveva tradito Belisario invocando l’aiuto del re goto affinché liberasse Roma dai
Bizantini) e relegato allo stato di semplice monaco a Patara in Licia, mentre Vigilio fu consacrato papa dal Senato e dal clero terrorizzato da Belisario. La sua consacrazione ebbe luogo il 29 marzo 537. Ma Silverio trovò
in Patara chi lo difendeva; era il vescovo di Patara che
ottenne così dall’imperatore Giustiniano che Silverio
fosse rimandato a Roma per essere quivi di nuovo giudicato (come abbiamo detto infatti era stato accusato e
condannato per tradimento nei confronti di Belisario).
Ma Belisario, indotto da Vigilio, fece deportare Silverio
nell’isola di Palmaria (Ponza) sotto la vigilanza di due
messi di Vigilio; e dato che Vigilio per essere riconosciuto papa legittimo da tutto il clero aveva bisogno che
Silverio morisse, accelerò la sua morte privandolo del
cibo, in altre parole diede ordini ai suoi messi di farlo
morire di fame (questo in base a quello che dice il Liber
Pontificalis). Ancora una volta si può vedere a che cosa
erano pronti a ricorrere i pretendenti al trono pontificio;
alla corruzione e all’omicidio.
Alla morte di Vigilio fu eletto papa Pelagio I (556-561).
Di costui va detto che prima che diventasse papa aveva
incitato Vigilio a resistere all’imperatore Giustiniano
non schierandosi contro i ‘Tre capitoli’. E per questa sua
posizione fu messo in prigione, da dove continuò a difendere i ‘Tre capitoli’ opponendosi all’editto di Giustiniano e alla decisione del concilio del 553 ed accusando
Vigilio di essere volubile e venale. Ma una volta morto
Vigilio e scarcerato eccolo tornare a Roma ma con altre
idee infatti condannò i ‘Tre capitoli’ ed accettò il concilio di Costantinopoli. Questo voltafaccia si spiega con il
fatto che in virtù di esso Pelagio ebbe il favore
dell’imperatore Giustiniano per diventare papa.
Per il 590, in virtù degli eventi che si erano susseguiti
fino a quel tempo, i due esponenti ecclesiastici più importanti erano il vescovo di Roma e il patriarca di Costantinopoli. Però mentre il patriarca di Costantinopoli
era sotto il diretto controllo dell’imperatore, il vescovo
di Roma non lo era perché a Roma era lui che comandava sia negli affari religiosi che in quelli civili.4 Attorno a quell’anno il patriarca di Costantinopoli che era
Giovanni detto il digiunatore, si auto definì ‘vescovo
universale’; ma Gregorio detto Magno, vescovo di Ro4
Questo spiega il perché il patriarca di Costantinopoli non poté
divenire il capo di uno Stato come il vescovo di Roma, perché
l’imperatore lo teneva sotto diretto controllo.
Il papato
ma, si indignò a motivo di questa sua arroganza, e gli
scrisse una lettera di ammonizione tra le cui parole vi
sono queste: ‘...Possa dunque tua Santità riconoscere
quanto sia grande il tuo orgoglio pretendendo un titolo
che nessun altro uomo veramente pio si è giammai arrogato’. Va detto però che Gregorio Magno mentre da un
lato non voleva essere chiamato ‘vescovo universale’
(come non voleva neppure che altri vescovi si proclamassero tali) perché lui preferiva essere chiamato ‘servo
dei servi di Dio’, dall’altro nei fatti esercitò il potere papale da monarca quale era. Poco dopo, nel 602,
l’imperatore Maurizio (assieme ai suoi figli) fu ucciso
da Foca (di cui viene detto fosse particolarmente crudele
verso i suoi nemici) che ne prese il posto, e Gregorio
Magno gli mandò una lettera di congratulazione nella
quale diceva: ‘Gloria a Dio nei luoghi eccelsi (...) Sentiamo con vivo piacere che la benignità di vostra pietà
sia pervenuta al potere imperiale. I cieli esultino e la terra festeggi, e tutta la cristianità finora sì tristamente afflitta, giubili per le vostre benigne opere’.1 Gregorio
dunque divenne amico dell’imperatore Foca; i loro rapporti quantunque durarono solo due anni circa furono
ottimi. Foca, nel 607, per contraccambiare l’amicizia e
le adulazioni che gli rivolgeva il vescovo di Roma riconobbe la supremazia della ‘sede apostolica di Pietro su
tutte le chiese’ (caput omnium ecclesiarum) e vietò al
patriarca di Costantinopoli di usare il titolo di ‘universale’ che da quel momento doveva essere riservato solo al
vescovo di Roma, che allora era Bonifacio III e che a
differenza di Gregorio Magno, e dimenticando quello
che il suo predecessore aveva dichiarato a tale proposito, non rifiutò affatto di farsi chiamare ‘vescovo universale’. Questo riconoscimento Foca lo concesse perché si
trovava in polemica con il patriarca bizantino Ciriaco e
volle in questa maniera screditarlo presso Roma, e dato
che era odiato a Bisanzio cercava di farsi amare a Roma. Era tenuto in così grande onore Foca dai Romani
che questi nel 608 elevarono ai piedi del Campidoglio
una colonna sormontata da una statua di Foca in bronzo
dorato, recante sulla base un’iscrizione in onore del
‘clementissimo e piissimo imperatore, trionfatore perpetuo, incoronato da Dio sempre Augusto’.
Dall’ottavo al decimo secolo.
Nell’ottavo secolo ci furono tumulti nell’impero a motivo delle statue e delle immagini: il vescovo di Roma
ebbe una parte principale in essi. Ecco come andarono
le cose. L’imperatore d’Oriente Leone III (717-741) intorno all’anno 726 emanò un editto col quale proibiva il
culto delle immagini. Questo editto fece infuriare il vescovo di Roma che allora era Gregorio II (715-731) il
quale scomunicò l’imperatore dichiarandolo eretico e
aizzò il popolo romano, i Veneziani, il re dei Longobardi, e tutti i duchi Longobardi contro l’imperatore bizantino. Il popolo in Italia si rifiutò di abbandonare il culto
delle immagini e si rivoltò contro i soldati imperiali; e
da ambo i lati fu sparso sangue. Anche il patriarca di
Costantinopoli si oppose all’editto imperiale. Nel 730,
l’imperatore d’Oriente, vedendo che il culto delle immagini non era stato abbandonato, decretò che tutte le
immagini fossero distrutte per ogni dove cominciando
1
Epist. XIII, 31
La chiesa cattolica romana
da Costantinopoli. Qui scoppiò fra il popolo una sommossa sanguinosa aizzata dai monaci che fu repressa
dalla guardia imperiale. L’imperatore diede lo stesso
ordine anche al vescovo di Roma che gli rispose di imparare prima meglio il suo catechismo e lo chiamò ‘un
uomo sciocco, imbecille, un ignorante, un pazzo, che
non sapeva più distinguere tra verità e bugia, peggiore
di un eretico’. Il vescovo gli scrisse pure: ‘Tutti i popoli
occidentali guardano con antica devozione a colui del
quale con millanteria tu minacci di abbattere l’effigie, a
S. Pietro intendo, che i regni d’Occidente onorano come
Dio in terra. Desisti dunque dal tuo proposito; la tua
rabbiosa violenza nulla può contro Roma, contro la città, contro le sue coste o le sue navi. L’Europa intera venera il santo principe degli apostoli; se tu manderai a
distruggere la sua immagine, noi ci dichiariamo fin
d’ora innocenti del sangue che sarà versato e dichiariamo che esso ricadrà interamente sul tuo capo’.
L’imperatore gli scrisse altre volte, ma il papa sostenne
sempre la sua opinione e concluse dicendo che ‘Cristo
mandi in corpo all’imperatore il diavolo’ (invocamus
Christum, ut immittat tibi daemonem). Poi egli convocò
un concilio a Roma nel quale venne ordinato il culto
delle immagini e vennero dichiarati eretici e scomunicati tutti coloro che vi si opponessero. E secondo Bellarmino il vescovo di Roma ordinò che i sudditi
dell’imperatore qui in Italia non gli dovessero più pagare alcun tributo. Anche il vescovo successivo, Gregorio
III (731-741), rimase ostinato e non volle ubbidire
all’editto imperiale. Convocò un concilio a Roma e
scomunicò gli iconoclasti.2 L’imperatore allora, vedendo l’ostinazione del vescovo di Roma, s’impossessò dei
beni ecclesiastici in Sicilia e Calabria. L’imperatore poi
fece un nuovo tentativo che fu l’ultimo, per costringere
il vescovo ad ubbidire. Egli mandò nel 734 in Italia una
flotta; ma questa fu distrutta da una tempesta nel mare
Adriatico. Quello che avvenne in questo periodo mostra
fino a che punto oramai si innalzavano i vescovi di Roma e come erano pronti a reagire a degli ordini imperiali
quando questi si opponevano alle loro idee (anche se
errate) o ai loro interessi. Ma questo comportamento dei
vescovi di Roma verso dei re si sarebbe ripetuto nel corso dei secoli: ci saranno infatti vescovi di Roma che deporranno re, scioglieranno i sudditi dal giuramento di
fedeltà nei confronti del loro sovrano, e manderanno i
propri eserciti o eserciti stranieri contro di essi per punirli.
Verso la metà dell’ottavo secolo il papato si consolidò
maggiormente perché il vescovo di Roma riuscì ad estendere il suo potere temporale. Nel 752 venne eletto
pontefice romano Stefano II (752-757) il quale si trovava a disposizione un patrimonio immobiliare enorme.
Questo patrimonio cosiddetto di San Pietro (Patrimonium Petri) comprendeva molti edifici e vasti fondi ter2
La parola iconoclasta significa letteralmente ‘spezzatore di
icone o di immagini sacre, dipinte o scolpite, raffiguranti Gesù
Cristo, Maria e i santi’. Sono chiamati iconoclasti coloro che
riprovano il culto delle cosiddette immagini e statue sacre definendolo idolatria e distruggono le statue e le immagini. Costoro sono anche chiamati iconomachi o nemici delle immagini.
127
Il papato
rieri che erano in diverse provincie d’Italia e nelle regioni vicine, fondi che erano coltivati da coloni e da
schiavi e da cui la sede di Roma ricavava delle ingenti
rendite. Esso era aumentato sempre di più dal tempo di
Costantino in poi perché re, regine, alti funzionari dello
Stato, ed anche privati avevano lasciato prima di morire
i loro beni alla sede di Roma per assicurarsi la salvezza
eterna. Naturalmente tra le donazioni e i lasciti come ce
ne furono di volontari e spontanei ce ne furono anche di
estorti con la furbizia e le lusinghe. Per quanto riguarda
l’uso che di questo patrimonio faceva la chiesa va precisato che una parte veniva utilizzato per soddisfare
l’ingordigia e la superbia dei vescovi e dei loro collaboratori e una parte veniva utilizzato per sovvenire ai bisogni dei malati e dei poveri e per fare fronte alle diverse spese che la chiesa di Roma doveva affrontare per il
mantenimento delle basiliche e del culto. Ora, Stefano
era a capo di un impero immobiliare e la paura di cadere
sotto il dominio dei Longobardi (i quali si erano stabiliti
in Italia dopo l’anno 568) che con Astolfo avevano occupato gli stati imperiali in Italia, conquistato Ravenna e
si accingevano a conquistare anche Roma, lo indusse ad
andare in Francia a chiedere aiuto militare a Pipino re
dei Franchi. Non era la prima volta, e non fu l’ultima,
che un papa chiedeva aiuto militare ad un sovrano occidentale affinché difendesse il suo territorio dai suoi nemici; infatti prima di lui Gregorio III aveva mandato al
re dei Franchi Carlo Martello una ambasciata con ricchi
doni al fine di ottenere un aiuto militare contro i Longobardi, ma il re franco aveva rifiutato di esaudire il papa
perché non voleva rinunciare all’amicizia con i Longobardi. Ma proseguiamo con Stefano II. Cronisti storici
dicono che Stefano II si inginocchiò davanti a Pipino re
dei Franchi1 e con le lacrime agli occhi lo supplicò di
‘difendere la causa di Pietro e della repubblica romana’.
In questo incontro il papa mostrò al re dei Franchi la
Donatio Constantini (documento che sarebbe stato in
seguito dimostrato falso) in cui veniva detto che
l’imperatore Costantino il Grande aveva consegnato al
vescovo di Roma tutte le provincie ed i quartieri della
città di Roma e d’Italia e delle regioni occidentali, e la
supremazia sui patriarchi di Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme. E che lui, l’imperatore, riserbava per sé l’Oriente con capitale Bisanzio, dove si
1
A proposito di questo re va detto che poco tempo prima aveva
ricevuto un ‘favore’ dal papa Zaccaria (741-752). Era successo
infatti che il ‘maestro di palazzo’ Pipino stava in dubbio se
potesse o no venire meno al giuramento di fedeltà fatto al suo
re Childerico III, detronizzarlo e diventare lui stesso sovrano.
Che fece allora? Nel 751 decise di affidare la questione ad un
concilio e mandò a Roma un vescovo ed un abate per chiedere
al papa, la cui autorità morale e religiosa era considerata incontestabile, se fosse possibile l’annullamento di un sacro giuramento fatto ad un re. Zaccaria, che in quei giorni aveva bisogno dell’aiuto dei Franchi contro i Longobardi che minacciavano Roma, rispose che Pipino fosse incoronato re; in altre
parole dichiarò nullo un giuramento per assicurare al papato la
protezione militare del re franco. E così Childerico III finì in
un monastero e Pipino il Breve venne incoronato da un vescovo tra la fine del 751 e gli inizi del 752. Zaccaria aveva così
concesso questo grande favore a Pipino. Ma Zaccaria non poté
beneficiare del contraccambio del re franco perché morì subito
dopo la sua incoronazione.
128
La chiesa cattolica romana
spostava con il consenso papale, non ritenendo giusto
che un imperatore terreno esercitasse la sua potestas
nella stessa sede dell’imperatore celeste. Il re dei Franchi promise al papa la ‘restituzione’2 dei territori sottrattigli da Astolfo3 e per questo suo impegno preso fu nominato da Stefano patricius Romanorum ossia ‘patrizio
dei romani’. Nel 755 Pipino per mantenere il suo solenne giuramento scese in Italia e assediò Astolfo a Pavia,
capitale dei Longobardi. Astolfo allora promise con giuramento di ‘restituire’ al papa l’Esarcato di Ravenna, la
Pentapoli e i territori pontifici occupati. Ma appena Pipino partì alla volta della Francia, Astolfo non mantenne
la promessa, anzi andò e assediò Roma. Allora il papa
angosciato scrisse (immaginando di essere l’apostolo
Pietro in persona) al re dei Franchi invocandone l’aiuto,
e minacciandogli la privazione della vita eterna nel caso
si fosse rifiutato di soccorrerlo: ‘Se poi, ma noi non lo
crediamo, vi renderete colpevoli di indugi o addurrete
pretesti, e non obbedirete con sollecitudine al nostro
ammonimento di liberare questa città, il popolo che vi
dimora, la Chiesa apostolica consegnataci da Dio e il
suo sommo sacerdote, sappiate che per volere della Santissima Trinità, in virtù della grazia dell’apostolato concessaci da nostro Signore, sarete privati, per avere disobbedito alle nostre intimazioni, del regno di Dio e della vita eterna’. Pipino allora scese di nuovo in Italia contro i Longobardi, gli strappò i territori che andavano da
Roma a Ravenna e li concesse in donazione al papa come un possedimento eterno.4 Questa concessione, avvenuta nel 756, segnò la nascita dello Stato pontificio5 che
sarebbe durato fino al 1870.
2
E’ evidente che se di restituzione alla sede di Roma si poteva
parlare per un certo numero di territori conquistati da Astolfo,
certamente per molti altri il termine restituzione non si poteva
usare perché in realtà erano territori che non erano affatto proprietà della chiesa di Roma ma di altri. Per esempio l’Esarcato
di Ravenna e la Pentapoli che Astolfo aveva conquistato appartenevano all’imperatore. Ma Stefano appoggiandosi sulla
Donazione di Costantino si sentì autorizzato a chiedere anche
questi non curandosi affatto che con quel suo gesto lui si impossessava di territori di altri.
3
Come contraccambio per il favore che il suo predecessore
Zaccaria gli aveva fatto.
4
Facciamo notare che nel frattempo si erano presentati a Roma
alcuni legati dell’imperatore Costantino V che inoltrarono a
Pipino la richiesta da parte del loro sovrano di rientrare in possesso dei territori bizantini da lui riconquistati. Al che Pipino
rispose loro che aveva compiuto due spedizioni in Italia alla
riconquista di quei territori per amore di San Pietro, al quale
appartenevano, e per la salvezza della propria anima. E precisò
che non sarebbero bastati tutti i tesori del mondo per indurlo a
tradire la parola data a S. Pietro e ribadì la sua intenzione di
consegnare tutti i territori al papa. Per quanto riguarda i territori consegnati al papa, oltre all’Esarcato il Liber Pontificalis
li elenca per città: Ravenna, Rimini, Pesaro, Cesena, Cattolica,
Fano, Senigallia, Jesi, Forlimpopoli, Forlì, Castrocaro, Montefeltro, Arcena, Monte di Lucaro, Serra dei Conti, Castello di S.
Marino, Sarsina, Urbino, Cagli, Canziano, Gubbio, Comacchio, Narni, Roma e il territorio circostante.
5
Gregorovius, storico tedesco, a proposito della nascita di questo Stato affermò: ‘Con la fondazione di tale stato, cessò il
periodo della storia puramente vescovile e sacerdotale e si
chiuse l’epoca più bella e gloriosa della Chiesa romana. Essa
diventò cosa mondana e i pontefici che, contro la legge del
Il papato
Nel 795 diventò papa Leone III che contribuì ad accrescere il prestigio del vescovo di Roma incoronando,
nell’anno 800, Carlo Magno come Imperatore del cosiddetto sacro romano impero. Carlo Magno confermò
la donazione fatta al papa da Pipino nel 756, e secondo
taluni vi aggiunse ulteriori territori.
Verso la metà del nono secolo ci dicono i documenti
cattolici, sotto Leone IV (847-855), un gruppo di falsificatori papisti produsse le false decretali, una collezione
di decreti di un certo numero di papi (da Clemente I a
Gregorio II) e di concilii su punti dottrinali e di disciplina che avevano come scopo quello di ingrandire e sostenere l’autorità papale. Da queste decretali risultava
che il papa ha la supremazia su tutti i vescovi, che i vescovi posti sotto accusa hanno il diritto di appellarsi al
papa, che il papa ha la ‘piena potestà’ sulla Chiesa, che
la chiesa di Roma, in base ad un unico privilegio, ha il
diritto di aprire e chiudere le porte del paradiso a chi essa vuole. Queste decretali, da questo periodo in poi, servirono ai papi per rivendicare la loro suprema autorità
sulla Chiesa universale. Esse contribuirono molto al rafforzamento del potere papale durante il medioevo.
Nel 896 divenne papa Stefano VI (896-897). Questo papa è stato definito dal cardinale Baronio ‘un intruso’.
Egli fece dissotterrare il cadavere del suo predecessore
Formoso (891-896), lo fece vestire dei suoi abiti pontificali, e lo fece portare davanti ad un’assemblea di cardinali, vescovi e preti, e lo pose seduto per giudicarlo.
Stefano cominciò allora ad accusare quel cadavere di
tanti delitti1 e lo incitava a rispondere a sua difesa. Ma
siccome quel morto non poteva rispondere rispondeva
un altro al suo posto. Alla fine fu giudicato colpevole,
gli furono tagliate dalla sua mano destra le tre dita, il
pollice, l’indice e il medio, con le quali il papa suole
benedire, fu spogliato dei suoi abiti e dopo essere stato
trascinato per le vie di Roma fu gettato nel Tevere per
ordine di Stefano VI. Questo papa fu poi preso da una
parte del popolo romano e gettato in prigione dove secondo alcuni fu poi strangolato.
Vangelo e delle dottrine di Cristo, associarono il sacerdozio al
principato, non poterono dappoi serbarsi alla pura missione di
vescovi apostolici. La loro duplice natura, contraddizione in se
medesima, li trascinò ognor più al basso, in mezzo
all’agitazione delle ambiziose arti politiche, laonde eglino, per
necessità, furono tratti a lotte depravatrici, affine di mantenersi
nel possesso dei loro titoli temporali; furono costretti a discendere a guerre civili interne contro la città di Roma e a lotte
continue contro le potestà politiche’ (Gregorovius, La Storia
della città di Roma nel Medioevo, Roma 1900, vol. I, pag.
546).
1
Questo Formoso quando era ancora vescovo di Porto era stato
secondo alcuni il capo, secondo altri aveva avuto parte nella
cospirazione conosciuta sotto il nome di congiura di Gregorio
il Nomenclatore, congiura che aveva niente di meno lo scopo
di consegnare Roma ai Saraceni. Scoperta la congiura papa
Giovanni VIII (872-882) scomunicò Formoso e lo depose; ma
il suo successore Marino I (882-884) lo aveva riabilitato restituendogli il vescovado. Da papa (891-896) si era reso colpevole di avere rinnegato la casa di Spoleto invocando a tradimento
in Italia un re barbaro. Per questo atto si era attirato un forte
odio da parte degli spoletini; Stefano era stato eletto papa appunto dal partito degli spoletini. Da qui il macabro atto di Stefano VI.
La chiesa cattolica romana
Alla morte di Stefano fu eletto papa Romano (897) il
quale fu papa per circa tre mesi durante i quali annullò i
decreti di Stefano e riabilitò la memoria di Formoso.
Platina (cattolico) dice di questo comportamento di
Romano: ‘Codesti papuzzi (pontificuli) non pensavano
ad altro che a distruggere e a disapprovare quello che
avevano fatto i loro predecessori; lo che è dimostrazione
di piccola mente e di cuore malvagio’. A Romano successe Teodoro II (897), il quale visse solo pochi giorni.
Dopo Teodoro fu eletto papa Sergio ma il partito contrario prese le armi, cacciò Sergio che si ritirò presso Marozia, figlia di Teodora I moglie di Teofilatto, e fece papa Giovanni IX (898-900) che pensò anche lui a riabilitare la memoria di Formoso. A Giovanni successe Benedetto IV il quale visse pochi anni (9002-903). A costui
successe Leone V (903) il quale pochi giorni dopo la
sua elezione fu cacciato in prigione e là fatto uccidere
dal prete Cristoforo che si proclamò papa. Ma questo
dispiacque a Sergio che fece prendere Cristoforo e rinchiudere in prigione dove fu fatto morire, e si dichiarò
papa. Sergio divenne papa con l’aiuto della potente famiglia Teofilatto, le cui due figlie Teodora II e Marozia
con i loro intrighi avrebbero dominato il papato per parecchi anni tanto da far nominare questo periodo del papato l’epoca del regime delle prostitute. Marozia era
l’amante di Sergio e gli aveva dato un figlio che sarebbe
stato fatto poi papa con il nome di Giovanni XI. Il cardinale Baronio, di Sergio III (9043-911) ha detto che
non vi era delitto, per infame che fosse, di cui non fosse
stato macchiato papa Sergio, che era lo schiavo di tutti i
vizi, ed il più scellerato di tutti gli uomini.4 Sergio III fu
2
Il cardinale Baronio nei suoi Annali ecclesiastici entrando a
parlare del papato del decimo secolo in una specie di prefazione afferma: ‘Sono cose che superano ogni immaginazione
quelle che ha dovuto soffrire la Chiesa in questo secolo. Nessuno può immaginare quante indegnità, quante turpitudini,
quante deformità, esecrazioni, ed abominazioni, sia stata costretta soffrire la S. Sede apostolica (...) In quella santa Sede
furono intrusi dei mostri, dai quali sono venuti mali infiniti, e
si sono compiute sanguinose tragedie; e così essa che era immacolata fu ricoperta di ogni lordura, e denigrata con infamia
perpetua’. Ed è un Cattolico che ha detto queste cose.
3
L’arcivescovo Genebrardo (1537-1597), adulatore dei papi,
nella sua cronaca, all’anno 904 dice: ‘Per lo spazio di circa
150 anni, vi furono 50 papi, incominciando da Giovanni VIII
fino a Leone IX, che per primo fu da Dio chiamato come un
nuovo Aronne, e richiamò dal cielo nella sede apostolica
l’antica integrità; ma i papi fino a lui avevano interamente abbandonate le virtù dei maggiori, e debbono essere chiamati
piuttosto apostati che apostoli’. Elfrico, arcivescovo di Canterbury, parlando della situazione della curia romana nel decimo secolo si lamenta che: ‘In quei giorni vi era una trascuratezza orribile nell’ordine dei preti e dei vescovi, che dovevano
essere le colonne della Chiesa; ch’essi non si curavano né di
leggere la Scrittura sacra, né d’istruire discepoli per farne i
loro successori; che quei preti e vescovi erano attaccati agli
onori mondani, alla concupiscenza e all’avarizia più dei laici,
dando cattivi esempi al loro gregge, e non osando parlare della
giustizia, perché essi non l’amavano e non la seguivano’
(Serm. ad Sacerd. m. s. m. bibl. collect. Bened. Cantab.).
4
Il cardinal Baronio all’anno 912 afferma: ‘Quale era allora la
faccia della Chiesa romana! Oh quanto essa era orribile! Le
cortigiane le più infami, ma potenti, dominavano in Roma, ed
a loro piacere si distribuivano i vescovati, si traslocavano i
129
Il papato
seguito sul trono pontificio prima da Anastasio III (911913) e poi da Landone (913-914). Poi fu la volta di Giovanni X (914-928) che fu messo su dalla famiglia Teofilatto. Durante il suo pontificato Marozia ed Alberico
(con cui ella si era sposata) suo marito la fecero da padroni. Rimasta vedova di Alberico, Marozia si sposò
Guido marchese di Toscana; dopodiché per ordine suo
Giovanni X fu gettato in prigione dove fu poi fatto morire soffocato con un cuscino. Mentre Giovanni languiva
in prigione Marozia fece papa Leone VI (928) che visse
solo pochi mesi. Morto questo altro papa Marozia fece
papa Stefano VII (928-931). Alla sua morte ella mise
sul trono papale suo figlio Giovanni XI (931-935) a
proposito del quale il Baronio dice: ‘La santa Chiesa,
cioè la romana, ha dovuto vilmente essere calpestata da
un tal mostro’. Intanto moriva il secondo marito di Marozia, e subito ella pensò a sposarsi Ugo re d’Italia. Ma
c’era un problema; Ugo era il cognato di Marozia e le
leggi canoniche non permettevano tali unioni. Ma la difficoltà fu superata da Giovanni XI che concesse il permesso per il matrimonio. E così Marozia si sposò Ugo;
la cerimonia nuziale avvenne a Castel Sant’Angelo alla
presenza di Giovanni XI. Ma la cerimonia fu seguita da
un fatto che segnò la fine di Marozia. Ugo si mise a offendere Alberico II, il figlio di Marozia e d’Alberico di
Camerino. Alberico che già non vedeva bene quel nuovo matrimonio di sua madre uscì fuori ed incitò il popolo contro il re Ugo. Il popolo allora prese d’assalto il
castello e il re fuggì. Alberico II allora fece gettare in
carcere sua madre e mettere sotto stretta sorveglianza il
suo fratellastro Giovanni XI. Fu fatto papa allora Leone
VII (936-939) a cui succedette Stefano VIII (939-942).
Morto costui Alberico fece papa Marino II (942-946). A
Marino successe Agapito II (946-955). Morto costui divenne papa Giovanni XII (955-964). Non aveva ancora
venti anni quando fu fatto papa, e dimostrò una condotta
scandalosa perché dato ai piaceri della carne e brutalmente violento. Viene asserito che il Laterano durante il
suo pontificato divenne un covo di prostitute. Nel 960
offrì la corona imperiale a Ottone che accettò volentieri
promettendo che avrebbe difeso i patrimoni della chiesa.
E così il 2 febbraio del 962 Ottone venne incoronato assieme a sua moglie. All’incoronazione seguì un patto
chiamato Privilegium Ottonianum mediante il quale Ottone confermava a Giovanni XII e ai suoi successori tutti i diritti e i patrimoni della chiesa, e Giovanni dal canto
suo prestava giuramento di fedeltà all’imperatore promettendo che non lo avrebbe mai tradito. Anche la novescovi; e, quello che è più orribile a dirsi, sulla sede di Pietro,
erano da esse intrusi i loro amanti, falsi papi, i quali non debbono essere registrati che per la cronologia. Imperciocchè chi
potrà credere che siano stati legittimi papi, coloro che senza
alcuna legge sono stati intrusi da cotali empie femmine?
Giammai nella elezione di quei falsi papi si parla del clero che
elegge, o acconsente almeno alla elezione: tutti i canoni erano
costretti a tacere; i decreti dei papi precedenti erano soffocati,
le antiche tradizioni proscritte, le consuetudini, avvalorate
coll’uso nella elezione dei papi, ed i sacri riti interamente tolti.
La libidine aveva preso il luogo di tutto...’. Stando così le cose, vorremmo domandare a questo punto ai difensori del papato: ‘E la successione apostolica di cui tanto parlate che fine
fece in quel tempo? Dov’era?’.
130
La chiesa cattolica romana
biltà e il popolo romano fecero il loro giuramento di fedeltà. Ma appena Ottone fu partito Giovanni si gettò alle
spalle il giuramento fatto e si alleò con Berengario. Ottone saputolo accorse a Roma, ma Giovanni raccolti i
tesori della chiesa se ne fuggì prima a Tivoli e poi in
Corsica. Intanto Ottone prendeva possesso della città.
Pochi giorni dopo l’imperatore convocò un concilio per
giudicare Giovanni a motivo dei delitti di cui era accusato. Giovanni saputolo fece sapere che dichiarava nullo
quel concilio. Giovanni fu giudicato colpevole e al suo
posto Ottone mise un altro papa di nome Leone VIII
(963-965). Intanto Giovanni dalla Corsica fomentava
delle rivolte, la prima fu soffocata nel sangue da Ottone
(fu una vera e propria strage), la seconda, scoppiata dopo la partenza di Ottone mise in fuga Leone VIII mentre
Giovanni tornava a Roma pronto a vendicarsi. Giovanni
fece convocare un concilio in cui dichiarò nullo il precedente concilio e deposto Leone VIII. Giovanni si vendicò dei suoi avversari facendogli mozzare il naso e la
lingua. Ottone allora decise di farla finita con Giovanni
e si mise in marcia per Roma, ma durante il viaggio lo
raggiunse la notizia che Giovanni era morto. Era stato
assassinato da un marito che lo aveva sorpreso in flagrante adulterio con la propria moglie. Lo avrebbe gettato fuori dalla finestra. Il cardinale Bellarmino di questo papa ha affermato che fu quasi il più cattivo dei papi. Ma prima che Ottone potesse giungere a Roma il popolo romano, non riconoscendo Leone VIII, volle eleggere un nuovo papa di nome Benedetto V (964-965).
Giunto a Roma, l’imperatore l’assediò e la prese per
fame. Poi Ottone fece convocare un concilio che fece
deporre Benedetto V.
In questo concilio in cui presiedeva Leone VIII, Benedetto V fu accusato di avere
usurpato il trono papale. Benedetto riconobbe la sua
colpa dicendo: ‘Se ho peccato, abbiate pietà di me’, e
poi si gettò ai piedi del papa e dell’imperatore dichiarando di essere antipapa e vero papa Leone VIII. Ma
mentre Ottone era commosso, Leone era invece infuriato contro di lui. Per compiacere all’imperatore che intercedeva per lui gli impose l’esilio. Così Ottone se lo
portò in Germania dove morì. Rimase papa Leone VIII
che morì nel 965. I romani allora mandarono un ambasciata a Ottone per chiedergli un papa; fu da lui scelto
Giovanni, vescovo di Narni, che prese il nome di Giovanni XIII (965-972). Ma costui non era ben visto dal
popolo romano per cui poco tempo dopo la sua elezione
ci fu una rivolta contro di lui, ma il papa riuscì a fuggire
andandosi a mettere sotto la protezione del conte Pandolfo di Capua. Qualche tempo dopo Giovanni XIII faceva ritorno a Roma con una scorta di soldati capuani,
seguito di lì a poco da Ottone il quale giunto a Roma la
saccheggiò e punì i rivoltosi impiccando alcuni e accecando altri. Morto Giovanni, l’imperatore fece eleggere
Benedetto VI (973-974). Ma il popolo si rivoltò anche
contro di lui, lo gettò in prigione e fecero papa Bonifacio VII. Benedetto fu poi strangolato in prigione (taluni
dicono che fu per mano dello stesso Bonifacio). Ma ecco che ad un certo punto Bonifacio dovette fuggire da
Roma, e non lo fece a mani vuote perché portò via molti
tesori della chiesa, e si rifugiò a Costantinopoli. Intanto,
essendo rimasta vuota la sede, l’imperatore fece eleggere papa Benedetto VII (974-983). Morto Benedetto fu
Il papato
fatto papa Giovanni XIV (983-984). Ma ecco ricomparire Bonifacio VII il quale rientrato in Roma si va a reinsediare sul trono pontificio e fa rinchiudere in prigione
Giovanni XIV dove poi lo farà morire avvelenato. Ma
Bonifacio dopo circa un anno verrà preso ed assassinato
dai suoi nemici. Il suo cadavere trascinato per le vie di
Roma fu gettato ai piedi della statua equestre di Marco
Aurelio. Il papa successivo fu Giovanni XV (985-996)
che si contraddistinse per il suo forte nepotismo e per
essere stato il primo a canonizzare santo qualcuno. Morto anche costui l’imperatore fece papa suo cugino (o nipote secondo altri) Brunone che prese il nome di Gregorio V (996-999). Ma appena Ottone partì dall’Italia ci fu
una rivolta che costrinse Gregorio a fuggire da Roma.
Al suo posto il popolo elesse papa Giovanni XVI ma di
lì a poco ecco rientrare a Roma Ottone, che era stato
chiamato da suo cugino, e vendicarsi di coloro che si
erano rivoltati contro Gregorio. Giovanni XVI fu preso
e per ordine di Ottone gli furono tagliati il naso e la lingua e strappati gli occhi e gettato sanguinante in una
cella di un monastero romano. Ma Gregorio V non contento fece prendere il moribondo e postolo a rovescio in
groppa ad un asino gli fece percorrere le strade di Roma
per farlo insultare dal popolo. Il capo della rivolta invece fu decapitato. A Gregorio succedette Silvestro II
(999-1003). I cronisti dell’undicesimo e dodicesimo secolo dicono di costui che egli diventò papa grazie ad un
patto col demonio al quale aveva venduto la propria anima. E’ ricordato da diversi cronisti e storici medievali
come il papa mago perché aveva imparato la magia,
l’astrologia, la negromanzia e tutte le ‘scienze’ proibite
ad un cristiano.
Ecco dunque alcuni cenni della storia del papato del decimo secolo; il secolo di ferro e di fitte tenebre per il
papato come gli stessi storici cattolici riconoscono. Papi
libertini, omicidi, avidi di disonesto guadagno, messi su
e deposti da imperatori, da donne intriganti menanti la
vita nella lussuria e nella cupidigia. Talvolta poi ce ne
erano due, e altre volte tre di papi contemporaneamente
di cui gli storici cattolici non riescono a dire con certezza chi era il vero papa e chi erano gli antipapi perché
ognuno ha la sua opinione. Dinanzi a questi fatti storici
non si capisce dunque come i teologi papisti possano
dimostrare la loro successione apostolica ma soprattutto
come quegli scellerati possano essere stati dei servi di
Dio costituiti per l’edificazione della sua Chiesa.
Dall’undicesimo al tredicesimo secolo.
Saltiamo qualche anno per arrivare a Benedetto IX
(1032-1044) perché questo è l’unico papa ad avere regnato tre volte! Costui divenne papa secondo taluni
all’età di circa undici anni. Durante il suo pontificato si
abbandonò ad ogni sorta di iniquità. Pier Damiani (prelato cattolico) disse di lui: ‘Quel miserabile sguazzò
nell’immoralità dall’inizio del suo pontificato alla fine
dei suoi giorni’. Ed un altro osservatore scrisse: ‘La Cattedra di Pietro è stata occupata da un diavolo
dell’inferno travestito da prete’. Desiderio di Montecassino, il futuro papa Vittore III, nei suoi Dialoghi scrisse
di Benedetto: ‘...un certo Benedetto (per il nome e non
certo per le opere) figlio del console Alberico, seguendo
le orme di Simon Mago anziché quelle di Simon Pietro,
prodigati dal padre non pochi quattrini fra il popolo, si
La chiesa cattolica romana
arrogò il sommo sacerdozio. Quale sia stata la vita di lui
dopo l’ascesa al soglio, come turpe, come indecente,
crudele ed esecranda non posso raccontare senza inorridire’. Le estorsioni, le rapine, le violenze e le uccisioni
di Benedetto IX irritarono a tal punto i romani che lo
cacciarono da Roma. Ma costui appoggiato
dall’imperatore Corrado che era allora in Italia riuscì a
rientrare in Roma. Ma i Romani, sempre perché erano
stanchi di sopportare Benedetto IX, lo scacciarono di
nuovo ed elessero papa Silvestro III. Ma Benedetto IX
non si diè per vinto e appoggiato dai suoi parenti riuscì
a riprendersi il trono papale (1045), costringendo Silvestro III (che viene riconosciuto da alcuni come vero papa mentre da altri un antipapa) ad andarsene. Alla fine
Benedetto IX decise di dimettersi vendendo la carica
che ricopriva all’arciprete romano Giovanni Graziano
che divenne papa con il nome di Gregorio VI. Benedetto
si ritirò nella casa paterna; ma dopo un po’ di tempo
tornò all’assalto del trono papale con le armi ed insediarsi in Roma come papa. Ecco dunque tre papi regnare
contemporaneamente e dirsi tutti e tre i successori di
Pietro! Ma l’imperatore Enrico III volle porre fine a
questo scandalo e scese in Italia con il suo esercito per
mettere le cose in ordine. Egli convocò un concilio a
Sutri, concilio che decretò la deposizione di Silvestro III
e di Gregorio VI. Pochi giorni dopo l’imperatore fece
convocare un concilio a Roma e dichiarare deposto Benedetto IX ed eleggere papa Clemente II (1046-1047).
Costui morì dopo pochi mesi (viene asserito che fu avvelenato da Benedetto IX); successe allora che Benedetto IX, vedendo che l’imperatore era partito, si riprese il
papato per l’ennesima volta (questo avvenne nel 1047,
ma questo non piacque ai romani). Ma l’imperatore Enrico III fece scacciare Benedetto IX da Roma. e fece
mettere sul trono papale Poppone, vescovo di Bressanone, che prese il nome di Damaso II (1048) che però morì
molto presto, dopo 23 giorni dal suo insediamento sul
trono papale (anche questa volta viene asserito per opera
del veleno di Benedetto IX).
Passiamo ora a parlare di Gregorio VII (1073-1085)
perché sotto questo papa il potere temporale subì un ulteriore potenziamento. Ma prima di iniziare a parlare di
Gregorio VII è bene tenere presente che nel 1054 ci fu
lo scisma tra la chiesa cattolica romana e la chiesa greco-ortodossa. Prima di quell’anno c’erano state diverse
dispute tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente.
Quella sulla data della Pasqua in cui gli Occidentali dicevano che bisognava festeggiarla la Domenica più vicina al quattordici del mese di Nisan, mentre gli Orientali dicevano che bisognava festeggiare la festa il quattordicesimo giorno del mese di Nisan, qualunque fosse
il giorno in cui cadeva. La disputa sul celibato; la Chiesa d’Occidente lo aveva vietato ai diaconi, ai preti e ai
vescovi; mentre la Chiesa d’Oriente aveva permesso ai
diaconi e ai preti di mantenere la propria moglie dopo
l’ordinazione, vietando il matrimonio ai vescovi. La disputa sulla barba in cui gli ecclesiastici occidentali potevano radersi la barba mentre quelli orientali dovevano
portare la barba. Ma la disputa che fece giungere le cose
alla rottura fu quella sulla eucarestia. Il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario (1043-1048) aveva condannato la Chiesa d’Occidente per l’uso del pane non
131
Il papato
lievitato nell’Eucarestia e aveva ordinato la chiusura dei
monasteri e delle basiliche latine di Costantinopoli. Per
porre fine alla disputa Leone IX mandò in Oriente il
cardinale Umberto con altri due legati ma le discussioni
arrivarono a tale punto che il 16 giugno 1054 i legati
romani posero sull’altare della cattedrale di Santa Sofia
un decreto di scomunica contro il patriarca e i suoi seguaci. A sua volta anche il patriarca di Costantinopoli
scomunicò il papa e i suoi seguaci. Queste scomuniche
saranno poi da ambo le parti ritirate nel 1965 al tempo
di Paolo VI. Rimane il fatto però che la chiesa orientale
continua a non riconoscere il primato del papa sulla
Chiesa universale e ad avere delle divergenze dottrinali
con la chiesa d’Occidente.
Ma proseguiamo con la storia del papato parlando di
Gregorio VII. Costui diventò papa nel 1073; egli riteneva che solo il vescovo di Roma dovesse essere chiamato
vescovo universale, che il papa come vicario di Dio sulla terra doveva esercitare non solo il potere spirituale
ma anche quello temporale, che la chiesa non dovesse
stare sottomessa al potere civile anzi lo doveva controllare, e che il papa aveva il potere di deporre i sovrani e
di sciogliere i sudditi dall’obbligo di fedeltà ai loro
principi. Questi suoi principii li espose nel Dictatus papae: ecco alcune proposizioni di questo documento:
‘Solo il pontefice Romano ha il diritto di essere chiamato universale (...) Il papa è l’unica persona a cui i principi devono baciare il piede (..) Il suo nome è unico al
mondo. A lui solo è lecito deporre gli imperatori (...) La
sua sentenza non può esser annullata da alcuno, ma egli
può annullare quelle di tutti gli altri (...) Egli non può
essere giudicato da alcuno (...) Il papa può sciogliere i
sudditi dal giuramento di fedeltà fatto ai sovrani indegni’.1 Gregorio durante il suo pontificato cercò di sopprimere il matrimonio degli ecclesiastici ordinando ai
sacerdoti sposati di dimettere le loro mogli,2 e si batté
pure contro l’investitura degli ecclesiastici da parte dei
laici e contro la simonia. Egli perciò si scontrò con il re
Enrico IV che concedeva investiture dietro compenso di
denaro. Oltre a concedere investiture dietro compenso
Enrico IV si intromise nelle faccende interne del clero
italiano, il che fece indignare ulteriormente il papa che
lo invitò a comparire a Roma per discolparsi sotto pena
di scomunica. Enrico gli rispose convocando all’inizio
del 1076 un concilio a Worms che dichiarò papa illegittimo Gregorio. Gregorio allora gli lanciò la scomunica
liberando i suoi sudditi dall’obbligo di fedeltà verso di
lui. Questa fu la decisione più audace presa fino ad allora da un papa contro un sovrano. Enrico allora, temendo
di perdere il regno perché c’era il pericolo di una guerra
civile, attraversò le Alpi e venne al castello di Canossa
(sull’Appennino emiliano) dove si trovava in quei giorni
il papa. Arrivato al castello nel gennaio del 1077 egli si
1
Dictatus Papae; citato da Fausto Salvoni in Da Pietro al Papato, pag. 305-306
2
E a motivo di questa legge molte donne, vistesi separate con
la forza dai loro mariti, dal dolore si suicidarono. Un gruppo di
vescovi che si riunì a Pavia nel 1076 scomunicò il papa per
avere separato i mariti dalle mogli.
132
La chiesa cattolica romana
umiliò davanti al papa3chiedendogli perdono. E il papa
per questo suo atto di umiliazione lo liberò dalla scomunica. Ma tornato in patria Enrico IV si attirò di nuovo le ire di Gregorio che lo scomunicò di nuovo. Enrico
allora invase l’Italia e mise sul trono un nuovo pontefice
di nome Guiberto (1084) che prese il nome di Clemente
III. Gregorio allora si rifugiò in Castel Sant’Angelo.
Avvenne allora che Gregorio chiamò in suo aiuto i
Normanni che vennero a Roma trovandola indifesa perché Enrico IV se ne era andato pochi giorni prima perché riteneva di non poter fronteggiare con il suo esercito
le forze dei Normanni. Ed i Normanni si diedero alla
violenza contro la popolazione di Roma sterminando
migliaia di persone, violando molte donne, e saccheggiando le case e incendiandole. Dopo che i Normanni
fecero scempio di Roma, Gregorio se ne dovette andare
via dalla città a motivo della furia dei superstiti (e con
lui se ne andarono le truppe normanne), e così rimase
sul trono pontificio Clemente III (che è definito però
antipapa). Gregorio fuggì a Salerno dove morì nel 1085.
Le sue ultime parole sarebbero state: ‘Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, perciò muoio in esilio’.4 Gregorio VII è stato canonizzato santo.
Dopo la sua morte nel 1086 fu eletto papa Desiderio,
abate di Montecassino, che prese il nome di Vittore III.
Gli storici dicono che egli fosse privo di quello spirito
del pontefice che i tempi richiedevano perché non aveva
lo spirito del guerriero come l’aveva avuto il suo immediato predecessore. Morì nel 1087.
A Vittore successe Urbano II (1088-1099) il cui nome è
legato alla prima crociata contro i Turchi. Riunito un
concilio a Clermont nel 1095 Urbano II esortò il popolo
che si diceva cristiano a partire armati verso la Palestina
per andare a liberare i luoghi sacri dalle mani dei Turchi. In cambio egli offrì un indulgenza plenaria dai peccati. Al crociato venivano anche accordate immunità da
tasse e gabelle. Il popolo accecato dalle tenebre si mise
in cammino verso la Palestina al grido di: ‘Dio lo vuole!’. I crociati durante il viaggio si dettero a violenze,
soprusi e a sterminare anche molti Ebrei (cronisti storici
dicono migliaia) ritenuti infedeli da sterminare al pari
dei Turchi. Arrivati a Gerusalemme conquistarono la
città massacrando tante persone anche là; e tutto ciò con
la benedizione papale.
Eugenio III (1145-1153) fu il papa che indisse la seconda crociata contro i Mussulmani che ebbe luogo nel
1147, ma questa crociata si dimostrò un insuccesso.
Clemente III (1187-1191) bandì solennemente nel 1188
la terza crociata che non riuscì a riconquistare Gerusalemme dalle mani di Saladino. Riccardo d’Inghilterra (il
re che giunse in Palestina a capo dei crociati) però ot3
Il papa non lo farà entrare subito nel castello ma lo farà stare
tre giorni e tre notti sotto la neve, al freddo.
4
Per quanto riguarda la tanto dibattuta questione delle investiture il papato arriverà ad un accordo con l’imperatore nel 1122
a Worms. Nell’accordo si stabiliva che l’investitura del potere
spirituale del vescovo col pastorale e l’anello spettava esclusivamente al papa; all’imperatore spettava invece l’investitura
feudale. In Germania quest’ultima precedeva la consacrazione
episcopale, al contrario che in Italia, dove il vescovo doveva
essere prima consacrato. Inoltre veniva consentito
all’imperatore di essere presente all’elezione episcopale.
Il papato
tenne da Saladino che fosse permesso ai pellegrini
l’accesso a Gerusalemme.
Passiamo ora ad Innocenzo III (1198-1216) il papa che
assieme a Gregorio VII contribuì più di tutti a rafforzare
il papato in quel tempo. Innocenzo III fu eletto papa nel
1198. Secondo lui il papa era superiore ai re in virtù
dell’autorità ricevuta da Dio, e perciò aveva il potere di
scomunicare i re e di deporli. Per illustrare questo concetto si usava di una similitudine tutta particolare; diceva che Dio aveva posto due luminari nel firmamento per
illuminare il giorno e la notte, e questi erano il sole, il
luminare maggiore, e la luna il luminare minore. Il sole
era l’autorità pontificia mentre la luna era l’autorità legale. ‘Perciò la luna riceve la sua luce dal sole, ed è
quindi inferiore al sole sia nella grandezza che nel calore, sia nella sua posizione che nei suoi effetti. Allo stesso modo il potere regio deriva la sua dignità dalla autorità pontificia e quanto meno si sottopone ad essa, tanta
minore luce ne riceve. Ma quanto più le si sottomette,
tanto più aumenta il suo fulgore’.1 Per sostenere la sua
autorità assoluta sui regni della terra, Innocenzo fece
uso anche delle seguenti parole che Dio rivolse al profeta Geremia: “Io ti costituisco oggi sulle nazioni e sopra i
regni, per svellere, per demolire, per abbattere, per distruggere, per edificare e per piantare”.2 Di fatto Innocenzo III causò molte turbolenze in vari stati; nel 1200
egli pose sotto interdetto la Francia allorquando Filippo
si rifiutò di mandare via la sua seconda moglie Agnese e
di riprendersi la sua legittima moglie Ingeborg. Questo
interdetto del papa provocò un tumulto in Francia per
cui Filippo si sottomise al papa, e di malavoglia mandò
via Agnese e riprese con sé Ingeborg. Tra il 1205 e il
1213 Innocenzo III si scontrò con Giovanni d’Inghilterra perché quest’ultimo non aveva voluto riconoscere l’arcivescovo che Innocenzo aveva nominato alla
sede vacante di Canterbury. Innocenzo lo scomunicò e
pose anche l’Inghilterra sotto interdetto. I suoi sudditi
allora si opposero al re il quale fu costretto ad umiliarsi
davanti ad Innocenzo.3 Nel 1213 Giovanni dichiarò che
da allora in poi lui e i suoi sudditi avrebbero considerato
i propri domìni feudi papali e avrebbero pagato ogni anno mille marchi al papa. Ecco come Innocenzo III riuscì
ad umiliare i due più potenti sovrani di quel tempo facendo leva sul suo potere temporale. Ma Innocenzo III
oltre a tutto ciò promosse la crociata contro gli Albigesi
nel sud della Francia sterminandone, a quanto dicono gli
storici, decine di migliaia. Secondo Innocenzo anche gli
eretici si dovevano piegare davanti al papa, e l’eresia
1
Citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 310
Ger. 1:10
3
I comportamenti di Gregorio VII e di Innocenzo III sono una
manifestazione dell’arroganza dei papi che pensavano di avere
il diritto divino di deporre i re della terra quando gli pareva e
di ‘sciogliere’ i loro sudditi dal giuramento di fedeltà nei loro
confronti suscitando così tumulti nelle loro nazioni. Questo
modo di considerare i loro comportamenti è stato però condannato da Pio IX che nel suo Sillabo del 1864 ha dichiarato
che è errato affermare che ‘i Romani pontefici (...) si scostarono dai limiti della loro potestà, usurpando i diritti dei Principi...’ (XXIII). Anche lui fu arrogante come lo furono i suoi
predecessori; basta considerare che fu lui a far proclamare il
dogma dell’infallibilità papale.
2
La chiesa cattolica romana
doveva essere estirpata con la forza. Anche Gregorio IX
(1227-1241) si darà da fare per reprimere gli eretici come aveva fatto Innocenzo; egli istituirà infatti in Europa
tra il 1231 e il 1234 i tribunali dell’Inquisizione, affidandone la direzione ai Domenicani.4
Il potere temporale dei papi subì un declino sotto Bonifacio VIII eletto papa nel 1294. Durante il suo pontificato avvenne che Filippo di Francia ed Eduardo I
d’Inghilterra imposero al clero una tassa per sostenere le
spese militari che essi stavano sostenendo nella guerra
che li opponeva l’uno all’altro. Bonifacio allora emanò
la bolla Clericis Laicos con la quale proibiva ai laici,
sotto la minaccia di scomunica e interdetto, d’imporre
qualsiasi tassa e imposta agli ecclesiastici senza il consenso della chiesa di Roma, e vietava ai preti, sotto pena
di scomunica da parte della chiesa romana, di pagare tali
contributi ad un capo temporale. Eduardo reagì dichiarando fuori legge il clero e facendo approvare dal parlamento una legge che proibiva ad esso di prestare ascolto alle pretese papali di autorità temporale in Inghilterra. E Filippo reagì vietando le esportazioni di denaro
dalla Francia in Italia, privando così il papato delle sue
rendite francesi. Allora Bonifacio si trovò in grande difficoltà e decise di venire ad un accomodamento della
legge emanata nella Clericis Laicos, autorizzò quindi
Filippo a riscuotere le imposte del clero in caso di estrema necessità, anche senza consultazione papale. Il re
da parte sua revocò i provvedimenti contro il papato. E
così fu ristabilita la pace tra il re di Francia e il papa.
Bonifacio era un papa assetato del sangue dei suoi nemici difatti fece distruggere nel 1299 la città di Palestrina, in mano ai Colonna suoi nemici (i cardinali Colonna
affermavano apertamente che la sua elezione era illegittima), sterminando, secondo i cronisti, alcune migliaia
di persone. Egli era anche assetato di denaro; sete che lo
portò ad inventare il Giubileo (che si tenne nel 1300)
che secondo le stime dei cronisti portò a Roma centinaia
di migliaia di pellegrini che naturalmente lo arricchirono notevolmente e aumentarono il suo prestigio. Le relazioni tra Filippo e Bonifacio ritornarono ad essere non
buone allorquando nel 1301 Filippo fece arrestare un
legato pontificio per tradimento contro il re. Il papa ordinò a Filippo di rilasciarlo, ma Filippo si oppose
all’ordine di Bonifacio. Allora il papa emanò nel 1302
la bolla Unam Sanctam nella quale sosteneva che fuori
dalla chiesa romana non c’era salvezza e né remissione
dei peccati e che il papa aveva autorità spirituale e temporale sopra tutti e che per essere salvati era necessario
sottoporsi al pontefice romano. Filippo reagì violentemente alla bolla papale, e dato che in Francia erano presenti presso al re i cardinali Colonna (che scomunicati e
cacciati da Bonifacio si erano rifugiati presso Filippo)
che accusavano il papa dicendo che era illegittimo, eretico e simoniaco, egli colse l’occasione per ordinare a
Guglielmo di Nogaret di andare ad arrestare il papa e
condurlo a Parigi dove sarebbe poi stato processato.
Nogaret giunto in Italia organizzò assieme alla famiglia
dei Colonna (nemica acerrima di Bonifacio) una congiura contro il papa che si trovava allora ad Anagni. Entrati
nella cittadina assalirono il palazzo pontificio; il papa fu
4
Vedi la parte dove ho parlato dell’Inquisizione.
133
Il papato
arrestato, ma dopo tre giorni di prigionia gli abitanti di
Anagni si rivoltarono contro i congiurati cacciandoli e
liberando Bonifacio. Tornato a Roma morì nel 1303. Di
lui è stato detto da degli storici cattolici che ‘entrò nel
pontificato come una volpe, vi regnò da leone e vi morì
come un cane’.
Dal quattordicesimo al sedicesimo secolo.
A Bonifacio VIII successe Benedetto XI (1303-1304), e
poi Clemente V (1305-1314) che nel 1309 trasferì la
corte papale ad Avignone, dove era sotto il diretto controllo del re di Francia. Iniziò così quella che è stata definita la cattività avignonese che durò fino al 1377 allorquando Gregorio XI riportò la sede papale a Roma. Il
poeta Petrarca, durante la sua permanenza ad Avignone,
descrisse la corte papale come ‘la vergogna del genere
umano, un ricettacolo di vizi, una cloaca dove si raccoglie tutta la sozzura del mondo. Là si disprezza Dio e si
adora soltanto il denaro, e si calpestano le leggi umane e
divine’. Dopo che morì Gregorio XI (1378) ci fu un periodo di tempo in cui ci furono due papi, Urbano VI e
Clemente VII che si dicevano ambedue il legittimo papa
e il vero successore di Pietro. Urbano VI stava in Roma
mentre Clemente VII portò la capitale ad Avignone per
la seconda volta. Avvenne così che alcune nazioni riconobbero come vero papa il primo mentre altre il secondo. Lo scisma si protrasse fino agli inizi del secolo successivo quando si riunì il concilio di Pisa (1409) che dichiarò illegittimo l’allora papa di Avignone Benedetto
XIII e quello di Roma Gregorio XII (essi furono dichiarati decaduti dalla loro carica pontificia come scismatici
ed esclusi dalla comunione della Chiesa), ed elesse papa
Alessandro V. Ma siccome le decisioni del concilio di
Pisa non ebbero una approvazione generale avvenne che
ci furono non più due papi, ma tre papi che rivendicavano l’autorità suprema sulla Chiesa e scomunicavano solennemente gli altri due. Ognuno di essi aveva i suoi sostenitori a livello internazionale; Gregorio XII aveva
dalla sua parte l’Italia, la Germania e il nord Europa;
Benedetto XIII aveva la Spagna, la Scozia, la Sardegna,
la Corsica e parte della Francia; Alessandro V la maggior parte della Francia e numerosi ordini religiosi.
Morto Alessandro V (1410) gli successe Giovanni
XXIII che fu deposto dal concilio di Costanza (14151418) assieme a Benedetto XIII; Gregorio XII invece
abdicò. Al loro posto fu eletto papa Martino V.
Durante il periodo che va dall’inizio della cosiddetta
cattività avignonese al concilio di Costanza la corte papale era corrotta oltremodo, i papi si abbandonavano ad
ogni dissolutezza, all’impurità e si rendevano colpevoli
di ogni sorta di delitti, e nonostante tutto ciò si proclamavano vicari di Cristo; per questo si cominciarono a
levare da più parti voci di protesta. Tra coloro che riprovarono la condotta dei papi, il loro potere temporale
e molti dei loro dogmi ci furono Giovanni Wycliffe
(1320-1384). Egli sosteneva che il capo della Chiesa era
Cristo e non il papa romano, che l’unica autorità per il
credente era la Bibbia e non la chiesa romana, e che la
chiesa romana doveva conformarsi ai precetti del Vangelo dai quali si era profondamente allontanata. Le sue
idee furono condannate a Londra nel 1382. Oltre a lui ci
fu anche Giovanni Huss (1369-1415) che contestò al
134
La chiesa cattolica romana
papa il primato; quest’ultimo fu scomunicato e condannato al rogo dal concilio di Costanza nel 1415.
Ma vediamo quello che dice Ludovico Von Pastor, che
è uno storico cattolico, su alcuni papi vissuti in questo
periodo storico al fine di capire quali fossero i costumi
di coloro che si dicevano i vicari di Cristo in terra.
Di Clemente VI (1342-1352) egli afferma:
‘Coll’arricchire e favorire i suoi congiunti e col lusso
principesco della sua Corte egli arrecò danni sensibilissimi agli interessi della Chiesa (...) Per continuare le
abitudini di una vita splendida e spendereccia Clemente
VI abbisognò di nuove fonti di denaro, e seppe trovarne,
ma a scapito degli interessi della Chiesa, poiché accrebbe i perniciosi artifizi finanziari di Clemente V e di
Giovanni XXII (....) Quando gli venivano fatte rimostranze per gli abusi che ne derivavano e si accennava
che i suoi antecessori non si sarebbero permesse tali cose, rispondeva: I miei antecessori non seppero essere
papi’.1
Di Bonifacio IX (1389-1404) il Pastor afferma: ‘I mezzi
usati da Bonifacio IX per empire le casse della Camera
apostolica hanno danneggiato gravemente il prestigio e
la venerazione della suprema dignità ecclesiastica. Dense ombre getta sulla memoria di Bonifacio IX anche il
suo nepotismo’.2
Ed infine di Giovanni XXIII (1410-1415) egli afferma:
‘Questo scaltro politico era talmente tocco dalla corruzione del suo tempo da non potere rispondere neanche
lontanissimamente ai doveri della suprema dignità nella
Chiesa (...) E’ sicuramente fondata l’accusa di immoralità personale contro il papa pisano; in una bolla di Alessandro V, a quanto so non presa finora in considerazione, io trovo la prova documentaria d’un figlio pubblicamente riconosciuto e d’una figlia di Baldassarre
Cossa’.3 Il concilio di Costanza disse di Giovanni XXIII
quando lo depose: ‘..egli è stato ed è simoniaco notorio,
dilapidatore pubblico dei beni e dei diritti non solo della
chiesa romana, ma anche di altre chiese (...) Con la sua
vita e i suoi costumi detestabili e disonesti, notoriamente scandalosi per la chiesa e per il popolo cristiano prima della sua assunzione al papato, e anche dopo sino a
questi giorni, egli ha scandalizzato e scandalizza apertamente, col suo modo di vivere descritto, la chiesa di
Dio e il popolo cristiano (...) in quanto indegno, inutile,
dannoso deve essere allontanato, privato e deposto dal
papato e da ogni suo governo spirituale e temporale’.4
Di Martino V (1417-1431) poi che fu il papa che come
abbiamo visto fu eletto dal concilio di Costanza al posto
dei tre esistenti a quel tempo il Pastor dice: ‘Uno sguardo ai possedimenti dei Colonna fa vedere che nel favorire i congiunti Martino V sorpassò i limiti del lecito e
che andò più avanti di quel che esigessero le cose’.5
Vediamo adesso di parlare di altri due papi di questo
secolo, Sisto IV e Alessandro VI.
1
Ludovico Von Pastor, Storia dei papi, Roma 1910, vol. I,
pag. 84-85, 87
2
Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 152
3
Ibid., pag. 177
4
Concilio di Costanza, Sess. XII
5
Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 209-210
Il papato
Sisto IV (1471-1484) fu, come molti altri papi nepotista
e pieno di omicidio. Pastor dice di lui: ‘Il nepotismo eccessivo di Sisto IV, che bene si può spiegare, ma non
giustificare, forma la grande obbrobriosa piaga di questo
pontificato (...) Resta una verità deplorevole, che Sisto
IV (...) nell’esaltare i suoi parenti oltrepassò ogni misura
e si avviò per molti aspetti su vie del tutto mondane...’.1
Egli ebbe anche una parte nella congiura contro i Medici (nella quale fu ucciso Giuliano dei Medici e Lorenzo
scampò) infatti sempre il Von Pastor afferma che: ‘Ad
ogni modo si dovrà deplorare profondamente, che un
papa abbia sostenuto una parte nella storia di questa
congiura’;2 (la congiura fu approvata dal papa perché i
Medici in quel tempo costituivano un ostacolo alle sue
mire espansionistiche). Fu il primo papa a legalizzare le
case di prostituzione di Roma che gli fruttavano migliaia di ducati all’anno ed impose una tassa ai sacerdoti
che avevano un amante. Ogni mezzo per raccogliere denaro gli parve buono tanto che era solito dire: ‘Il papa
non ha bisogno che di penna e d’inchiostro per la somma che vuole’. Il nome di questo papa è legato anche al
terribile tribunale dell’Inquisizione perché fu lui con
una bolla del 1478 ad istituire in Spagna l’Inquisizione
che avrebbe mietuto migliaia di vittime.
Eccoci ora ad Alessandro VI (1492-1503). Dopo che
Rodrigo Borgia diventò papa (comprando i voti dei cardinali) con il nome di Alessandro VI, Giovanni dei Medici disse al cardinale Cybo: ‘Ora siamo nelle grinfie del
lupo forse più selvaggio che il mondo abbia mai visto; o
fuggiamo, o ci divorerà’. Era dato alla fornicazione e
all’adulterio ed ebbe diversi figli. Nominava i cardinali
in cambio di forte somme di denaro e poi li avvelenava
per favorire l’avvicendamento. Fece inoltre espropriare i
latifondi delle grandi famiglie romane - i Colonna, i Caetani, i Savelli - e incamerare i loro patrimoni. Contro i
suoi scandali predicò il frate domenicano Girolamo Savonarola che Alessandro VI tentò di mettere a tacere
offrendogli il cappello da cardinale, ma avendo il frate
rifiutato
lo
fece
processare
e
condannare
all’impiccagione e al rogo. Di lui alcuni dicono che morì di malaria mentre altri che morì avvelenato per errore
con il veleno che lui stesso aveva destinato ad un cardinale di cui voleva incamerare i beni.
Siamo arrivati così al sedicesimo secolo: le cose andavano di male in peggio. La corruzione ed ogni sorta di
iniquità dominavano a tutti i livelli nella chiesa cattolica
romana. I papi non cercavano altro che di divertirsi e di
estendere il loro potere temporale.
Un esempio di questa voglia di dominare su un territorio
sempre più vasto lo abbiamo in Giulio II (1503-1513).
Questo papa tra tutte le passioni possedeva quella della
guerra. Infrangendo la legge canonica si mise addosso
l’armatura e montato sul suo cavallo alla testa del suo
esercito salì al nord per combattere in nome di Dio e
dello Stato pontificio. Riuscì ad estendere il territorio
dello Stato pontificio annettendo ad esso diversi territori
che si erano staccati da esso. Creò così un vasto Stato
pontificio, che andava da Piacenza a Terracina, le cui
1
Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1911, vol. II, pag. 612,
621
2
Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 513
La chiesa cattolica romana
dimensioni sarebbero rimaste praticamente immutate
fino all’Ottocento. Giulio II aveva anche la mania della
grandezza infatti volle far cominciare la ricostruzione
della basilica di San Pietro.
Un altro esempio di papa che dei precetti dell’Evangelo
non ne voleva sentire perché era dato alle passioni ingannatrici lo abbiamo nel successore di Giulio II, vale a
dire Leone X (1513-1521). Ecco alcune cose che dice il
Pastor di questo papa: ‘Più volte Leone X acquistò istrumenti di musica preziosi, ornati di oro e di argento
(...) Spesso prendeva parte in persona alle eleganti e spiritose gare, che decoravano la sua tavola più delle preziose stoviglie, delle scelte vivande e dei vini fini (...)
Rimase però a sufficienza figlio del suo tempo per trovare sommo contento anche negli scherzi triviali dei
buffoni di professione (...) I contemporanei fanno il nome di tutta una serie di simili buffoni, mediante i cui
scherzi e arguzie talvolta triviali Leone X si facea passare il tempo, persuaso che questo lieto trattenimento gli
allungherebbe la vita (....) Leone X faceva trattare
splendidissimamente i suoi ospiti. Il suo successore rimase meravigliato delle colossali spese di cucina, nelle
quali in ispecie figurava fortemente un piatto di lingue
di pavoni (...) Più comprensibile del piacere che provava
per l’arte dei buffoni, è la grande predilezione del Mediceo pel nobile passatempo della caccia. Malgrado il divieto della Chiesa molti cardinali, a partire dai tempi
dello Scarampo, attesero a questo sport, al quale ora dedicossi anche un papa (...) Né pioggia e vento, né freddo
né la serietà della situazione politica riuscivano a trattenerlo da questo diletto’.3 La corte di Leone X era piena
oltre che di buffoni anche di meretrici.4 Fu lui a decretare la vendita delle indulgenze per la ricostruzione della
cosiddetta basilica di San Pietro. E sempre lui disse ad
uno dei suoi cardinali: ‘Quanto bene ci ha fatto quella
favola del Vangelo’. Quando fu scoperta una congiura
che il cardinal Petrucci aveva ordito contro di lui per
3
Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1908, vol. IV, pag. 380,
381, 382, 385, 386.
4
A proposito delle meretrici presenti in Roma va detto che Leone si mostrò molto tollerante nei loro confronti, anzi compiacente, e questo sempre per amore di denaro. Ecco infatti cosa
dichiarò questo papa: ‘Noi, di nostra piena conoscenza, impulso, e pienezza di potere, decretiamo che, per sostenere siffatti
oneri, tutti e singoli beni, e spoglie dei Curiali e delle meretrici
- guadagnati illecitamente, vivendo nella nostra Roma, fuori
del vincolo matrimoniale, e che muoiono senza facoltà di poter fare testamento in qualsiasi abitazione, siano adibiti per
medesimo monastero, e per la loro Congregazione, e per le
Suore pro tempore ivi esistenti; e, in virtù della surriferita autorità, moto e scienza, applichiamo, ed incorporiamo detti beni, e decretiamo applicati ed incorporati, ora e in avvenire,
escluso qualsiasi caso in contrario possa avvenire. Però, se essi
Curiali e donne disoneste volessero lasciare, legare, o donare
al suddetto monastero, convento, e monache, per sopperire ai
loro oneri, la quarta, o la quinta parte dei loro beni, siano mobili, o immobili, od altro qualsiasi, noi allora concediamo loro
facoltà di potere fare testamenti intorno agli altri loro beni di
qualunque qualità, quantità e valore si siano, e disporre di essi
liberamente e lecitamente sin da ora, e per l’avvenire, e ciò per
la surriferita autorità, moto, scienza e pienezza di potere’ (Bolla Salvator noster).
135
Il papato
farlo morire, Leone X fece strangolare questo cardinale
e squartare altri due congiurati.
Durante il pontificato di Leone X scoppiò quella che è
stata ed è tuttora chiamata la Riforma. Più che dire
scoppiò la Riforma sotto Leone X occorrerebbe dire però che sotto questo papa quella protesta contro la chiesa
cattolica romana che si era manifestata nel corso dei secoli precedenti in svariate maniere e da parte di gruppi
diversi che avevano i più svariati nomi (Valdesi,1 Lollardi,2 Hussiti,3 ecc.) assunse delle proporzioni molto
grandi, mai raggiunte in precedenza, perché a favore di
essa si schierarono o sinceramente o per solo pretesto
principi e re (per loro infatti accettare le idee della Riforma significava implicitamente scrollarsi di dosso il
dominio del papato nei propri territori di giurisdizione,
come anche significava entrare in possesso dei beni ecclesiastici della chiesa romana) che con la loro autorità
avrebbero favorito nei territori su cui dominavano la diffusione della Riforma. Va detto però che questo movimento di riforma non solo rimproverava al papa e alla
curia romana gli scandali perpetrati a disonore del Vangelo (come avevano già fatto molti) ma metteva enfasi
sulla giustificazione per sola fede ossia dichiarava con
forza che l’uomo per essere giustificato da Dio deve solo credere nel Signore Gesù non potendo esser giustificato per via di digiuni, di preghiere, di pellegrinaggi, ed
altre opere prescritte dalla chiesa papista. Prima di cominciare a parlare di Martin Lutero, che fu l’uomo che
in virtù di svariate circostanze preparate da Dio fu quello che divenne, se così possiamo definirlo, l’iniziatore di
questo vasto movimento di protesta, è bene riferire alcune parole del cardinale Bellarmino, i cui scritti sono
considerati dai Cattolici privi di errori perché è stato fatto ‘santo’, che rendono bene l’idea di quella che era la
situazione della chiesa cattolica romana prima che
‘scoppiasse’ la Riforma tramite Lutero. Questo alto prelato papista disse: ‘Alcuni anni prima dell’esplosione
dell’eresia luterana e calvinista, non vi era più né severità nei tribunali ecclesiastici, né purezza di costumi, né
conoscenza delle sante scritture, né rispetto delle cose
divine; in una parola, non vi era più religione’. Stando
così le cose non sorprende che le idee di Lutero trovarono subito terreno fertile in tutta Europa e si diffusero
come un uragano perché, quantunque non condividiamo
diverse dottrine di Lutero, questo uomo si studiò di portare le persone a rigettare il papato per le sue iniquità,
superstizioni e sopraffazioni di ogni genere, a leggere la
sacra Scrittura nella loro lingua (cosa che la chiesa cattolica romana in quel tempo di fatto vietava) e a rigettare tante eresie della chiesa cattolica che non erano altro
che una fonte di disonesto guadagno per i papi e tutta la
curia romana (purgatorio, messa come ripetizione del
sacrificio di Cristo e sacrificio espiatorio, indulgenze,
ecc.). Ma soprattutto quest’uomo mettendosi a predicare
1
Coloro che si rifacevano agli insegnamenti di Pietro Valdo,
ricco mercante di Lione convertitosi verso il 1176. Vedi la
parte dove ho parlato delle loro origini e delle persecuzioni da
essi subite.
2
Coloro che si rifacevano agli insegnamenti di Giovanni
Wycliffe.
3
Coloro che si rifacevano agli insegnamenti di Giovanni Huss.
136
La chiesa cattolica romana
che l’uomo è giustificato per sola fede senza il bisogno
delle opere di soddisfazione prescritte dalla chiesa cattolica romana, che costituivano per gli uomini dei pesi difficili a portare che non riuscivano a portare pace alla
loro anima travagliata perché impotenti a giustificarli
dai loro misfatti, fece riapparire da sotto quel cumulo di
immondizie papiste la buona notizia della grazia di Dio
per la gioia di tutti coloro che volevano essere giustificati da Dio ma che, dato che fino a quel momento erano
stati ingannati dai vani ragionamenti dei teologi papisti,
non avevano potuto ottenere questa così tanta anelata
giustificazione che dà vita.
Lutero (1483-1546) era un monaco agostiniano che si
studiava di seguire scrupolosamente le regole del suo
ordine sottomettendo il suo corpo ad un duro regime di
mortificazioni. Nel 1510 egli venne a Roma per sbrigare
degli affari del suo ordine, e qui credeva di trovare un
clero ed un popolo profondamente religiosi, invece vi
trovò sacerdoti ignoranti che celebravano la messa rapidamente e senza alcuna devozione, e le donne che nei
luoghi di culto della chiesa cattolica tenevano un contegno vergognoso. Visto ciò rimase indignato, disgustato
e convinto del bisogno di una riforma in seno alla chiesa
cattolica romana. Dopo essere tornato in patria, tra il
1513 e il 1517 meditando le Scritture fu persuaso dal
Signore che solo la fede in Cristo poteva giustificare
l’uomo davanti a Dio, e nell’accettare questa verità si
sentì rinascere. Ecco cosa scriverà in seguito Lutero su
quella esperienza che cambierà il corso della sua vita:
‘Ero stato infiammato dal desiderio di intendere bene un
vocabolo adoperato nella Epistola ai Romani, al capitolo
primo, dove è detto: ‘La giustizia di Dio è rivelata
nell’Evangelo’; poiché fino allora lo consideravo con
terrore. Questa parola: ‘giustizia di Dio’ io la odiavo,
perché la consuetudine e l’uso che ne fanno abitualmente tutti i dottori mi avevano insegnato ad intenderla filosoficamente. Intendevo la giustizia che essi chiamano
formale o attiva, quella per la quale Dio è giusto e punisce i colpevoli. Nonostante l’irreprensibilità della mia
vita di monaco, mi sentivo peccatore davanti a Dio; la
mia coscienza era estremamente inquieta, e non avevo
alcuna certezza che Dio fosse placato dalle mie opere
soddisfattorie. Perciò non amavo quel Dio giusto e vendicatore, anzi, lo odiavo (...). Ero fuori di me, tanto era
sconvolta la mia coscienza; e rimuginavo senza tregua
quel passo di Paolo, desiderando ardentemente sapere
quello che Paolo aveva voluto dire. Finalmente, Dio ebbe compassione di me. Mentre meditavo giorno e notte
ed esaminavo la connessione di queste parole: ‘La giustizia di Dio è rivelata nell’Evangelo come è scritto: ‘Il
giusto vivrà per fede’, incominciai a comprendere che la
giustizia di Dio significa qui la giustizia che Dio dona, e
per mezzo della quale il giusto vive, se ha fede. Il senso
della frase è dunque questo: l’Evangelo ci rivela la giustizia di Dio, ma la giustizia passiva, per mezzo della
quale Dio, nella sua misericordia, ci giustifica mediante
la fede, come è scritto: ‘Il giusto vivrà per fede’. Subito
mi sentii rinascere, e mi parve che si spalancassero per
me le porte del paradiso. Da allora la Scrittura intera
prese per me un significato nuovo (...). Quanto avevo
odiato il termine: ‘giustizia di Dio’, altrettanto amavo
ora, esaltavo quel dolcissimo vocabolo. Così quel passo
Il papato
di Paolo divenne per me la porta del paradiso’. Lutero
capì allora che tutti i suoi sforzi che aveva fatto da monaco per essere giustificato da Dio, cioè i digiuni, le
preghiere, le veglie, erano stati inutili perché bastava
solo la fede per ottenere la giustificazione.1 Lutero, dopo avere fatto questa preziosa scoperta, si scontrò nel
1517 con il domenicano Tetzel che si era messo a vendere le indulgenze2 nei pressi di Wittenberg dove lui insegnava.3 Il messaggio del Domenicano era: ‘Tosto che
il denaro suona nella cassetta, l’anima balza fuori del
purgatorio’. In quello stesso anno Lutero affiggeva alla
cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi con le quali condannava gli abusi del sistema delle indulgenze e si dichiarava pronto ad un dibattito sull’argomento. Inizialmente quindi, Lutero attaccò gli abusi del sistema delle
indulgenze pensando di riformarlo (in effetti, leggendo
le sue 95 tesi si può vedere che lui non negò al papa il
1
Ecco cosa dirà Lutero: ‘Io fui un buon monaco ed osservai la
disciplina del mio ordine così rigorosamente da poter dire che,
se mai un monaco avesse potuto andare in cielo per la sua disciplina monastica, quello ero io. Tutti i frati del monastero lo
possono confermare (...) Tuttavia la mia coscienza non mi dava la certezza, anzi, dubitavo continuamente e mi dicevo.
‘Questo non l’hai fatto bene. Non eri abbastanza contrito.
Quest’altro non l’hai confessato’. Quanto più mi sforzavo di
guarire con tradizioni umane questa mia coscienza dubbiosa,
incerta e turbata, tanto più la ritrovavo, giorno per giorno, più
dubbiosa, più debole e più turbata’. Ed ancora: ‘Sono stato
monaco per vent’anni e mi sono talmente mortificato con preghiere, digiuni, veglie, col non attribuire alcuna importanza
all’inverno, al freddo, che da solo avrebbe potuto farmi morire; mi sono talmente torturato che per nulla al mondo vorrei
ricominciare, quand’anche lo potessi. Se fossi rimasto in convento, per me sarebbe giunta ben presto la fine. Durante i
quindici anni che sono stato monaco, mi stancavo a dir la messa tutti i giorni, mi sfinivo con i digiuni, le veglie, le preghiere
e con altre pratiche estremamente penose. Dal mondo tutte
queste pratiche esteriori degli ebrei, dei turchi, dei papisti sono
osservate con la più grande serietà, ed anch’io sotto il papismo
mi sarei ben guardato dal riderne o dal farne beffe. Ebbene,
chi lo crederebbe? Tutto ciò è fatica sprecata... Chi avrebbe
creduto che tutto questo era una perdita di tempo e che un
giorno sarei giunto a dirmi: I miei vent’anni di vita monastica
sono perduti? Al convento non ci sono stato che per perdere la
mia anima, la mia vita eterna, la salute fisica... Con l’astinenza
noi pensavamo, noi volevamo diventare tanto meritevoli da
uguagliare il prezzo del sangue di Cristo ed io pure nella mia
follia questo credevo. Non sapevo, allora, che Dio voleva che
io avessi cura del mio corpo e che non confidassi nella temperanza. Io mi sarei ucciso coi digiuni, con le veglie e la resistenza al freddo. Nel cuore dell’inverno non portavo che un
abito leggero, gelavo quasi, tanto ero pazzo e stolto. Perché in
convento mi sono sottoposto alle austerità più dure? Perché mi
sono afflitto il corpo con i digiuni, le veglie, il freddo? Perché
io cercavo di giungere alla certezza che queste opere mi ottenevano il perdono dei peccati’.
2
Vedi la parte dove ho parlato delle indulgenze per capire in
che cosa esse consistono.
3
Vi ricordo che una parte del ricavato della vendita delle indulgenze andava nelle casse papali e servivano alla ricostruzione della basilica di San Pietro. Leone X aveva infatti promulgato nel 1515 una indulgenza allo scopo di ricostruire in
Roma la basilica di San Pietro. All’arcivescovo di Magonza,
Alberto di Brandeburgo, fu affidata la predicazione di tale indulgenza per una parte della Germania. E Alberto delegò al
domenicano Tetzel il compito di predicare l’indulgenza.
La chiesa cattolica romana
potere di concedere le indulgenze come neppure il diritto da parte del popolo di acquistarle; cosicché si deve
concludere che ancora non gli era pienamente chiara la
via di Dio),4 e da ciò si deduce che egli inizialmente non
aveva in mente di separarsi dalla chiesa cattolica romana ma solamente di riformarla al suo interno. Ma poco
tempo dopo, convintosi che per operare una riforma che
permettesse agli uomini di ritornare al Vangelo era necessario separarsi dal sistema instaurato dalla chiesa
romana, egli attaccò il primato del papa, la dottrina dei
sette sacramenti quali mezzi per ricevere la grazia perché affermava che si viene giustificati per sola fede, e il
sistema gerarchico nella chiesa perché diceva che in virtù della fede ogni credente è un sacerdote. Fu allora che
il papa reagì emettendo, nel giugno del 1520, contro Lutero la bolla Exurge Domine (con cui il papa condannava gli ‘errori’ e gli scritti di Lutero e lo minacciava di
scomunica se non avesse ritrattato entro 60 giorni), che
fu bruciata pubblicamente (e con essa bruciò i libri di
diritto canonico) da Lutero sulla piazza di Wittenberg,
dicendo: ‘Poiché tu hai turbato il Santo del Signore, così
il fuoco eterno ti molesti e consumi’. In seguito, ai primi
di gennaio del 1521 Roma emanò la bolla Decet Romanum Pontificem con cui Lutero veniva colpito dalla
scomunica. Lutero fu poi convocato dall’imperatore
Carlo V alla Dieta imperiale di Worms nel 1521 per rispondere in merito alle sue teorie e ritrattare le sue affermazioni. Lutero vi andò ma non volle abiurare, rimase fermo. Alla domanda riguardante la sua ritrattazione
egli rispose: ‘Nei miei scritti non c’è nulla di biasimevo4
Ecco alcune delle tesi che attestano questo: 26) Il papa fa benissimo, quando concede la remissione alle anime non per il
potere delle chiavi (che non ha), ma a modo di suffragio. 27)
Predicano l’uomo coloro che dicono: ‘Appena il soldino ha
tintinnato nella cassa, un’anima se ne vola via’; 28) Quel che è
certo, è che al tintinnio della moneta nella cassa può accrescersi il guadagno e l’avarizia; ma il suffragio della Chiesa
dipende dal beneplacito di Dio solo; 47) Si deve insegnare ai
cristiani che l’acquisto delle indulgenze è cosa libera, non di
precetto; 49) Si deve insegnare ai cristiani, che i perdoni papali sono utili se non confidano in essi, ma estremamente nocivi
se perdono per essi il timore di Dio; 50) Si deve insegnare ai
cristiani, che se il papa conoscesse le estorsioni dei predicatori
di indulgenze, preferirebbe che la basilica di San Pietro andasse in cenere, piuttosto che fosse edificata con la pelle, la carne
e le ossa delle sue pecore; 54) Si fa offesa alla Parola di Dio,
quando, in una stessa predica si dedica alle indulgenze un
tempo eguale o maggiore che ad essa; 67) Le indulgenze, che i
predicatori proclamano come le più grandi grazie, si capisce
che sono veramente tali quanto al guadagno che promuovono;
81) Questa scandalosa predicazione delle indulgenze fa sì che
non è facile neanche a dei dotti difendere la riverenza dovuta
al papa dalle calunnie, o se si preferisce, dalle sottili obiezioni
dei laici; 86) Perché il papa, le cui ricchezze sono oggi più
crasse di quelle dei più ricchi Crassi non costruisce una sola
basilica di San Pietro col suo danaro, invece che con quello
dei poveri fedeli?
Comunque, bisogna riconoscere che le tesi di Lutero, prese e
viste nella loro globalità, costituirono un attacco contro il papato e contro il suo potere di concedere indulgenze, e di questo si accorsero subito i teologi papisti del tempo e Leone X
che cercarono subito di fermarlo perché vedevano nelle sue
idee un qualcosa che poteva portare il popolo a disprezzare le
indulgenze e mettersi contro il papato.
137
Il papato
le: Roma esercita in Germania la tirannia’ e concluse
dicendo: ‘Non posso e non voglio ritrattarmi, perché
non è né sicuro né sincero agire contro la propria coscienza. Che Dio mi aiuti. Amen’. Sulla via del ritorno
dalla Dieta fu rapito da alcuni suoi amici e messo nel
castello di Wartburg di proprietà di Federico il Saggio,
un principe che lo difendeva e proteggeva. Qui rimarrà
circa diciotto mesi, durante i quali tradurrà in tedesco il
Nuovo Testamento, dopo di che tornerà a Wittenberg e
si rimetterà a predicare contro le dottrine papiste. Dopo
la sua partenza da Worms la Dieta imperiale emanò un
editto con cui Lutero veniva messo, assieme ai suoi
scritti, al bando dell’Impero, e chi lo incontrava veniva
esortato a consegnarlo nelle mani dell’autorità imperiale. Ma questo editto contro Lutero per svariati motivi
non fu mai messo in atto.
Ma nonostante l’opposizione del papa e dell’imperatore
la Riforma continuò a propagarsi in Germania (con
l’aiuto di diversi principi) e da lì si diffuse rapidamente
nelle altre nazioni dell’Europa. Il luteranesimo fuori dalla Germania si diffuse molto in Danimarca, Svezia,
Norvegia e Finlandia (in queste nazioni con l’appoggio
dei sovrani che aderirono alla Riforma); ma anche in
Francia, Olanda, e in Italia (incominciando dalla repubblica di Venezia), qui però un po' meno. Oggi le chiese
che si rifanno agli insegnamenti di Lutero si chiamano
chiese luterane.
Oltre il luteranesimo sorse e si diffuse in Europa il calvinismo ossia quell’insieme di dottrine insegnate da
Giovanni Calvino (1509-1564) riformatore nato in
Francia che svolse la sua missione soprattutto in Svizzera, a Ginevra, i cui scritti si diffusero anch’essi per tutta
l’Europa. Quantunque ci fossero delle differenze dottrinali tra Lutero e Calvino1 tutti e due predicavano che
l’uomo è giustificato soltanto per fede senza le opere e
rigettavano il papismo. Il calvinismo si diffuse molto in
Francia (qui i suoi aderenti saranno chiamati Ugonotti),
in Olanda, in Scozia (qui propagherà il calvinismo Giovanni Knox, 1513-1572) e in Inghilterra (coloro che furono soprannominati i Puritani per esempio erano calvinisti). Oggi le chiese che sul continente (specialmente in
Svizzera, Olanda, Francia e parti della Germania) si rifanno agli insegnamenti di Calvino sono denominate
chiese riformate: in Inghilterra e in Scozia invece i Cal-
1
Per esempio Lutero affermava che il pane ed il vino usati nella santa cena fossero veramente il corpo ed il sangue di Gesù
Cristo (dottrina che è denominata consustanziazione), mentre
Calvino negava ciò: una altra differenza dottrinale tra i due
riformatori è quella sulle immagini, Lutero le ammetteva tanto
è vero che nel suo Piccolo Catechismo nel commento ai dieci
comandamenti egli escluse dalla lista dei comandamenti il secondo comandamento (la differenza con la lista dei comandamenti dei Cattolici è che il terzo comandamento è ‘Ricordati
di santificare il giorno del Signore’ ed il sesto ‘Non commettere adulterio’, il nono ‘Non concupire la casa del prossimo tuo’
e il decimo ‘non concupire la moglie del tuo prossimo, né il
suo servo, né la sua serva, né il suo bestiame, né alcuna cosa
gli appartenga’) mentre Calvino non accettava le immagini e
le sculture e difatti nel suo Catechismo nel commento ai dieci
comandamenti si trova il secondo comandamento così come lo
diede Dio.
138
La chiesa cattolica romana
vinisti sono conosciuti comunemente come presbiteriani.
Un altro movimento riformatore sorto in quegli anni che
si diffonderà in Europa è l’anabattismo, sorto in Svizzera nei pressi di Zurigo attorno al 1523. L’anabattismo
era un movimento che si contraddistingueva sia dal luteranesimo che dal calvinismo perché non accettava il battesimo degli infanti ma solo quello degli adulti (da qui il
nome dato ai suoi aderenti di Anabattisti, cioè ribattezzatori), come non accettava l’unione tra Chiesa e Stato
perché predicava la completa separazione tra Chiesa e
Stato. Gli Anabattisti erano anche pacifisti non ammettendo la violenza né a scopo di offesa che di difesa, e
non ammettevano il giuramento in tribunale e che un
cristiano ricoprisse la carica di magistrato.2 Gli Anabattisti si diffonderanno molto nei Paesi Bassi. Dal movimento anabattista sono sorti i Mennoniti (che hanno
preso il nome da Menno Simmons un ex sacerdote cattolico, 1496 ca. -1561 ca.) e i Battisti.
Un discorso un po' diverso merita invece
l’anglicanesimo radicatosi in Inghilterra. Perché esso
iniziò come movimento politico e proseguì come movimento religioso. In Inghilterra esistevano ancora dei
Lollardi (seguaci di Giovanni Wycliffe), e dopo lo
scoppio della Riforma luterana si diffusero gli scritti di
Lutero che furono accettati da molti. In quel tempo era
re d’Inghilterra Enrico VIII che era sposato con Caterina
d’Aragona da cui oramai riteneva di non potere avere
più un figlio maschio che potesse succedergli al trono.
Allora il re chiese al papa Clemente VII l’annullamento
di questo suo matrimonio e il permesso di risposarsi con
Anna Bolena. Il papa però rifiutò di concedere il divorzio a Enrico, il quale allora pensò di farselo rilasciare
dal clero inglese. Il re si fece proclamare nel 1531
dall’assemblea del clero capo e protettore della chiesa e
del clero d’Inghilterra. Così il clero accettò Enrico VIII
come suo capo e nel 1533 il matrimonio del re con Caterina veniva dichiarato nullo mentre lui si era già sposato segretamente con Anna Bolena. Nel 1534 Enrico
fece votare al parlamento la ‘legge di supremazia’ che
riconosceva il re come unico capo supremo in terra della
Chiesa d’Inghilterra. Venne a consumarsi quindi lo scisma; il re d’Inghilterra era diventato il papa della chiesa
nella sua nazione. Ed in questa sua nuova veste fece
perseguitare a morte quei prelati che rifiutarono la sua
supremazia spirituale e fece chiudere molti monasteri i
cui beni e le cui terre passarono in parte alla corona e in
parte furono donate o vendute alla nobiltà. Va detto però
che benché il re perseguitò a morte quei prelati cattolici
che si rifiutarono di riconoscerlo come capo supremo
della chiesa, e fece chiudere molti monasteri, egli si
mantenne sostanzialmente cattolico nella dottrina. Ini2
Per questa posizione quella degli Anabattisti è stata denominata ‘Riforma radicale’, per contrapporla a quella propugnata
dai Luterani e Calvinisti denominata ‘Riforma classica’. In
effetti, gli Anabattisti in diverse cose, a differenza dei Luterani
e dei Calvinisti, si mostrarono più attaccati alla Parola di Dio.
E’ un dato di fatto. E per questo loro attaccamento alla Parola
di Dio su quei punti su cui invece gli altri riformatori preferirono il compromesso saranno perseguitati persino da Lutero e
Zwingli (1484-1531), per i quali la Chiesa doveva servirsi della forza per portare avanti la Riforma e proteggerla.
Il papato
zialmente aveva sì fatto delle concessioni ai Protestanti
per potere avere il loro favore, ma dal 1539 in poi aveva
cambiato atteggiamento facendo promulgare la legge
dei Sei Articoli che era fortemente cattolica. Questa
legge affermava la transustanziazione, la sufficienza
della comunione sotto una specie, il celibato dei preti, la
perpetuità dei voti, le messe private e la confessione auricolare. Nonostante ciò, si può dire, che questo re favorì, contro le sue intenzioni, l’opera di riforma in seno
alla chiesa inglese. Morto Enrico VIII, gli successe al
trono il giovane figlio Edoardo VI (1547-1553) che favorì la diffusione della Riforma nel paese. Nel 1547 il
parlamento permise il calice al popolo nella comunione
e revocò la legge dei Sei Articoli: nel 1549 rese legale il
matrimonio dei preti e ordinò la chiusura delle cappelle
votive dove si diceva la messa in suffragio dell’anima
del donatore. Inoltre fu decretato che i servizi religiosi
dovevano tenersi nella lingua parlata anziché in latino.
Nel 1549 veniva stabilito l’uso del ‘Book of Common
Prayer’ (‘Libro della preghiera comune’), libro che era
opera di un Protestante in cui veniva messo al primo posto l’uso dell’inglese nei servizi religiosi, la lettura della
Bibbia e la partecipazione dei fedeli all’adorazione. Nel
1552 venne pubblicato una seconda edizione di questo
libro (in cui c’era una chiara influenza calvinista) il cui
uso venne ordinato alle chiese. Nel 1553 infine il re
sanzionò i Quarantadue Articoli preparati da un Protestante e che erano fortemente calvinisti; questi articoli
divennero credo della chiesa anglicana. Alla morte di
Edoardo VI gli successe la cattolica Maria Tudor (15531558) che abolì i cambiamenti apportati da Edoardo ed
emanò delle severissime leggi contro coloro che dissentivano dalla chiesa inglese. Molti credenti furono messi
a morte durante il suo regno; da qui il soprannome dato
a questa sovrana ‘la sanguinaria’, ben amata naturalmente dal papa. Altri invece furono costretti a fuggire in
quei paesi europei dove la Riforma era protetta. Dopo
Maria salì al regno Elisabetta che reintrodusse, con
qualche modifica, i cambiamenti apportati da Edoardo
alla chiesa inglese. E per questa sua decisione si attirò la
scomunica dell’allora papa Pio V. Ecco come sorse la
chiesa anglicana (da cui poi si sarebbero staccati coloro
che verranno chiamati Puritani perché ritenevano che in
essa rimanessero troppi avanzi del papismo che dovevano essere tolti, e coloro che furono denominati Metodisti) tuttora esistente.
Tutti coloro che aderirono alla Riforma, non importa se
Luterani, Calvinisti, Anabattisti, Anglicani, furono
chiamati Protestanti.1
1
Ecco l’origine di questo appellativo. Alla Dieta (riunione di
Stato) di Spira (Germania) del 1526 i principi che avevano
accettato la Riforma ottennero che fino a che fosse convocato
un concilio il principe di ogni stato fosse libero di seguire
quella che riteneva la giusta fede. Ma nella Dieta di Spira del
1529 questo diritto venne loro negato perché fu riconosciuta
unica fede legalmente riconosciuta solo quella cattolica romana. Alcuni principi tedeschi allora protestarono e furono perciò
chiamati protestanti. Appellativo che da quel momento sarà
affibbiato a tutti coloro che si opporranno alla chiesa cattolica
romana perché accetteranno la dottrina che l’uomo è giustificato soltanto per fede.
La chiesa cattolica romana
Dopo avere fatto questa doverosa parentesi per trattare
la Riforma che rappresentò dal sedicesimo secolo in avanti per il papato la perdita del suo antico potere in
molte nazioni europee come anche una perdita di molte
entrate e di molti membri, proseguiamo con il successore di Leone X.
Morto Leone X nel 1521, gli succedette Adriano VI nel
1522. Il nuovo papa era olandese. Costui aveva intenzione di riformare la chiesa cattolica romana a cominciare dalla corte papale mandando via le meretrici, i poeti e i buffoni. Ma i suoi propositi non piacquero alla
curia romana che lo prese in avversione. Si ammalò improvvisamente e morì nel 1523.
Prese il suo posto Clemente VII (1523-1534) il quale a
motivo della sua posizione politica antimperiale si attirò
le ire di Carlo V che mandò le sue truppe contro Roma.
I soldati tedeschi giunti a Roma si diedero al saccheggio, uccisero parecchie persone, violentarono le donne e
distrussero parecchie opere d’arte. Il papa si rifugiò in
Castel Sant’Angelo ma si dovette arrendere, fu fatto
prigioniero per alcuni mesi. Il papa dovette pagare molto denaro e grazie alla compiacenza di alcuni ufficiali
riuscì a fuggire dalla città travestito da venditore ambulante. Molti interpretarono allora quel flagello abbattutosi su Roma come un castigo inflitto da Dio a motivo
della vita scandalosa che conducevano i papi e gli ecclesiastici. Clemente VII poté tornare a Roma, trovandola
devastata e spopolata, solo nel 1528. Si riconciliò poi
con Carlo V nel 1529. L’anno dopo Clemente VII incoronò imperatore Carlo V a Bologna. Carlo V fece emanare alla Dieta di Spira del 1529 un decreto contro gli
Anabattisti secondo cui ‘ogni anabattista, ed ogni persona ribattezzata, uomo o donna che fosse, doveva essere
messa a morte o per la spada, o per il fuoco, o altrimenti’. Carlo V farà poi guerra alla Lega di Smalcalda (una
lega formatasi nel 1531 a cui avevano aderito dei principi, dei conti e delle città protestanti per proteggere con
le armi il protestantesimo in Germania) sconfiggendola
nel 1547 a Muhlberg.
Morto Clemente fu eletto papa Paolo III (1534-1549).
Dice di lui il Pastor: ‘In generale questo papa non può
venire assolto dalla taccia, che per più d’un rispetto si
abbandonasse egli stesso ad una vita mondana, che non
conveniva colla gravità del tempo. Anche ora come
prima non soltanto da cardinali, ma anche dal papa in
Vaticano venivano celebrate feste sfarzose, nelle quali
comparivano musici, improvvisatori, persino cantatrici,
danzatori e buffoni’.2 Sotto Paolo III sorsero i Gesuiti
(1540), ‘gli uomini del papa’, che avrebbero con intrighi
e lusinghe di ogni genere aizzati re e governatori contro
i Protestanti per estirparli dai territori di questi;3 fu istituita l’Inquisizione romana (1542) per combattere
l’eresia in ogni luogo,4 e fu convocato il concilio di
Trento nel 1545 (che si protrasse fino al 1563) che non
fece altro che rafforzare il potere del papa e di tutta la
curia romana e confermare tutte le false dottrine cattoli-
2
Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1914, vol. V, pag. 235
Vedi la parte dove ho parlato più diffusamente di loro.
4
Vedi la parte dove ho parlato più diffusamente
dell’Inquisizione.
3
139
Il papato
che a cui si opponevano i riformatori lanciando gli anatemi contro coloro che non le avrebbero accettate.
Il papa successivo fu Giulio III (1550-1555). Sempre il
Pastor ci dice di lui: ‘Egli assisteva parimente alle rappresentazioni teatrali con cui terminavano i suoi banchetti. Eziando donne venivano invitate in Vaticano (...)
Giulio III, che sempre a lato degli affari aveva largamente indulto insieme ai piaceri, amava in ispecie
splendidi conviti (...) Come al pari dei papi del rinascimento usciva a caccia, giocava di grosse somme con
cardinali amici e altri confidenti e manteneva molti buffoni di corte, così Giulio III non aveva neppure scrupolo
alcuno di intervenire a rappresentazioni teatrali sconvenienti’.1
A Giulio successe per poco Marcello II (1555), e poi
venne Paolo IV (1555-1559). Costui si contraddistinse
per le persecuzioni contro gli Ebrei. Ecco cosa dice a
riguardo il Pastor: ‘Sollecitudine per mantenere pura la
fede fu anche la causa delle severissime prescrizioni,
che Paolo IV emanò subito al principio del suo pontificato contro gli Ebrei (...) una bolla del 14 luglio 1555
decretava che in Roma e nelle altre città dello Stato pontificio i Giudei dovessero abitare affatto separati dai cristiani in un quartiere o in una strada con soltanto un ingresso e un’uscita. Fu stabilito inoltre: non è permessa
più d’una sinagoga in ciascuna città, gli Ebrei non possono acquistare immobili e debbono vendere entro un
determinato tempo ai cristiani quelli che si trovano in
loro possesso. Come segno distintivo si prescrissero agli
Ebrei cappelli gialli. Venne loro interdetto di tenere servi cristiani, il lavoro pubblico nei giorni di festa per i
cristiani, troppo strette relazioni coi cristiani, di stendere
contratti fittizi (...) Finalmente non era lecito agli Ebrei
esercitare commercio alcuno di grano o altre cose necessarie al bisogno umano, curare come medici i cristiani’.2 Questo papa come si può ben vedere imitò Faraone
d’Egitto perché anche lui maltrattò gli Ebrei; ma oltre
che ad opprimere e perseguitare gli Ebrei fece perseguitare a morte coloro che avevano abbracciato la Riforma.
Sotto di lui molti credenti morirono a motivo della loro
fede. Fu un persecutore crudele e spietato dei Protestanti. Nel 1559 egli promulgò il primo Index Librorum
Prohibitorum, cioè l’Indice dei libri la cui lettura era
proibita ai Cattolici.3
Dopo Paolo IV altri papi che perseguitarono con grande
ferocia i Protestanti furono Pio V, Gregorio XIII e Sisto
V; tutti e tre pronti ad incoraggiare a sterminare i Protestanti e i sovrani che li favorivano nella loro nazione.
Pio V (1566-1572) incitò il re Carlo IX a sterminare gli
Ugonotti in Francia; nel 1570 con una bolla scomunicò
la regina Elisabetta d’Inghilterra (perché favorì il protestantesimo in Inghilterra) e sciolse i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà verso di lei; ed oltre a ciò cospirò
l’assassinio di questa regina.
Gregorio XIII (1572-1585) con una bolla incitò Carlo
IX a perseverare nello sterminio dei Protestanti finché il
suo regno fosse interamente purgato dalle ‘eresie bla-
La chiesa cattolica romana
sfeme’: il suo segretario di Stato, cardinale Galli, a nome di papa Gregorio un giorno rispose al nunzio pontificio in Spagna, Filippo Sega (al quale il Cattolico inglese Ely aveva sottoposto un piano per uccidere la regina Elisabetta): ‘Chiunque la toglie dal mondo al debito fine del servizio di Dio, non solo non pecca, ma si
acquista un merito, soprattutto tenendo conto della sentenza lanciata contro di lei da Pio V’.
Sisto V (1585-1590) per riconquistare l’Inghilterra alla
chiesa cattolica gli mandò contro il re Filippo di Spagna,
devoto cattolico, con la sua grande flotta chiamata ‘Armada Espanola’ ma l’impresa finanziata da questo papa
sanguinario non riuscì, perché la flotta spagnola fu
sconfitta da quella inglese.
La controriforma cattolica (così viene chiamata la reazione papista alla Riforma protestante) produsse un periodo di dure persecuzioni durante le quali trovarono la
morte in Europa molte migliaia di credenti. Furono annegati, sepolti vivi, bruciati vivi, impiccati, decapitati,
furono insomma trattati come se avessero fatto l’opera
dei malfattori. Il loro reato era quello di non volersi sottoporre al papa accettando i dogmi della chiesa cattolica
romana.4
Dal diciottesimo al ventesimo secolo.
Passiamo ora al diciottesimo secolo ed in particolare
vediamo quali furono gli effetti della rivoluzione francese sul papato; prima però diciamo qualcosa su Clemente XIV (1769-1774). Questo papa è passato alla storia per la sua decisione di sopprimere i Gesuiti a motivo
dei loro misfatti compiuti che avevano incrementato
l’avversione al papato di molti sovrani (in Russia e in
Prussia però i Gesuiti continuarono a sopravvivere fino
alla loro riabilitazione). Di questo papa il Pastor dice:
‘Clemente XIV soleva distrarsi giocando a bigliardo, o,
quando il tempo era buono, a bocce nel giardino del
Quirinale o a Villa Patrizi (...) Quando Clemente XIV
era di buon umore, i suoi intimi potevano permettersi
scherzi e burle quanto mai singolari...’.5 Morì avvelenato.
Con la rivoluzione francese il papato ricevette un altro
duro colpo. L’Assemblea Nazionale del 1789 dichiarò
proprietà dello Stato i beni della chiesa cattolica. Gli
ordini vennero sciolti, i voti soppressi, i vescovi da ora
innanzi dovevano essere eletti dal popolo e il papa doveva solo ricevere la comunicazione dell’avvenuta scelta, gli ecclesiastici dovevano essere pagati dallo Stato e
prestare giuramento di fedeltà ad esso. Le cose per il
papato peggiorarono ulteriormente quando il Direttorio
ritenne che il governo dei preti in Italia fosse incompatibile con l’esistenza della repubblica francese. Nel 1797
a Roma durante una sollevazione popolare ci fu
l’uccisione del generale Duphot da parte di soldati pontifici, il Direttorio colse allora l’occasione per adempiere il suo disegno che era quello di eliminare lo Stato
pontificio, e mandò le truppe francesi sotto il comando
del generale Berthier ad invadere lo Stato pontificio e ad
occupare Roma dove venne proclamata la Repubblica.
L’allora papa Pio VI (1775-1799) che era molto vecchio
1
Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1922, vol. VI, pag. 4647
2
Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 487,488
3
L’Indice verrà abolito nel 1965 da Paolo VI.
140
4
Vedi la parte dove ho trattato le persecuzioni.
Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1933, vol. XVI, pag. 79,
80, 81
5
Il papato
chiese ai suoi nemici che voleva morire qui dove era
vissuto. Gli fu risposto che poteva morire dappertutto; la
sua camera fu saccheggiata, gli tolsero dal dito l’anello
che portava e lo portarono in Francia dove morì nel
1799. In quello stesso anno in Francia salì al potere Napoleone Bonaparte. Egli fece nel 1801 un Concordato
con la chiesa cattolica romana (l’allora papa era Pio VII
che era stato eletto papa nel marzo del 1800 in un conclave tenuto a Venezia e poi era andato a Roma dove
non c’era stato più il papa dal febbraio 1798) in cui riconosceva la religione cattolica come ‘la religione della
maggioranza dei Francesi’, pur non facendone la religione di Stato. I vescovi dovevano essere nominati dallo
Stato e consacrati dal papa. Il clero doveva essere pagato dallo Stato ma alla chiesa non sarebbero state restituite le proprietà incamerate nel 1790. Nel 1804 Napoleone invitò il papa a recarsi a Parigi alla cerimonia della
sua incoronazione imperiale. Pio VII accettò (fu costretto a farlo perché Napoleone minacciava di punirlo se
egli avesse rifiutato) pensando che sarebbe stato lui ad
incoronare l’imperatore Bonaparte, come aveva fatto il
suo predecessore Leone III con Carlo Magno, e che con
questo gesto ne sarebbe venuto del bene alla chiesa cattolica romana; ma quando venne il giorno della cerimonia nella cattedrale di Notre-Dame avvenne che Napoleone prese la corona e se la mise sulla testa con le sue
proprie mani. Il papa era stato ancora una volta umiliato
da Napoleone e tornò a Roma dove tra gli ecclesiastici
regnava l’insoddisfazione per il suo comportamento.
Dopo di ciò Napoleone chiese a Pio VII di unirsi a lui
contro gli Inglesi (che secondo Napoleone non volevano
la pace dell’Impero) ma il papa rifiutò attirandosi le ire
di Napoleone il quale fece occupare Ancona ed Urbino,
e mandò le sue truppe contro Roma occupandola nel
1808. I cardinali che non gli erano amici furono allontanati a cominciare dal segretario di stato. Pio VII (18001823) venne deportato da Roma (prima fu portato a Savona e poi a Parigi) e lo Stato pontificio fu annesso
all’impero francese. Ma con la sconfitta di Napoleone le
cose tornarono come erano prima, perché Napoleone,
costretto dalle circostanze che gli erano sfavorevoli,
diede ordine di mettere in libertà il papa il quale tornò a
Roma trionfalmente. Era il maggio del 1814; lo Stato
pontificio ritornava nelle mani del papa.
Nel 1848 l’allora papa Pio IX fu costretto da una sollevazione popolare a fuggire da Roma e a rifugiarsi a
Gaeta. La popolazione era stanca di vedere il potere civile nelle mani del clero; essa voleva che il governo civile fosse affidato solo ai ‘laici’, cosa che il papa non
voleva assolutamente perché secondo lui lo Stato pontificio era l’eredità di San Pietro che egli aveva ricevuto
da Cristo e quindi esso doveva essere governato dal
successore di Pietro perché gli apparteneva. Ma Pio IX
mentre si trovava in Gaeta, pensò di riprendersi Roma
con la forza facendo appello all’Austria, alla Spagna, al
regno di Napoli e alla Francia la quale mandò le sue
truppe a Roma (dove intanto era stata proclamata la repubblica romana con la sua nuova costituzione che portava in fronte il principio della sovranità popolare, e dichiarata decaduta la sovranità temporale del papa) ‘per
restituire la capitale del mondo cattolico alla sovranità
della Chiesa, secondo il caldissimo desiderio di tutti i
La chiesa cattolica romana
cattolici’. Le truppe francesi dopo essere sbarcate a Civitavecchia, sotto il comando del generale Oudinot,
bombardarono Roma e uccisero parecchie persone per
restituire la città nelle mani del papa.1 Le truppe delle
altre potenze invece occuparono il resto dello Stato pontificio. La repubblica romana fu così sciolta; e il governo degli affari civili fu trasmesso ad una commissione
cardinalizia nominata dal papa. Pio IX poté tornare a
Roma nel 1850.
Nel 1859-1860 Vittorio Emanuele II riuscì ad annettersi
prima la Romagna e poi l’Umbria e le Marche, iniziando così la conquista dello Stato pontificio. Lo Stato pontificio alla fine del 1860 era limitato solo al Lazio e alla
città di Roma dove c’erano delle truppe francesi a difesa
dello Stato pontificio. Nel 1870 avvenne che scoppiò la
guerra tra la Francia e la Prussia. E la Francia fu costretta per ragioni militari a ritirare le sue truppe che teneva
sul suolo italiano in difesa dello Stato della chiesa cattolica. Lo Stato della chiesa si trovò quindi indifeso (e per
giunta la Francia uscì sconfitta dalla guerra) e di questa
condizione ne approfittarono subito gli Italiani per disfarsi una volta per tutte della tirannia del clero. In
quell’anno le truppe piemontesi comandate dal generale
Raffaele Cadorna entrarono per la breccia di Porta Pia
1
Ecco come Gioacchino Ventura, un prelato cattolico francese,
si espresse in una lettera datata 12 Giugno 1849 a riguardo di
quei tragici avvenimenti causati dal ricorso all’aiuto francese
da parte di Pio IX: ‘Caro amico e fratello. Vi scrivo con le lacrime agli occhi, ed il cuore spezzato per il dolore. Mentre
scrivo queste linee, i soldati francesi bombardano Roma, distruggono i suoi monumenti, uccidono con la mitraglia i suoi
cittadini, ed il sangue scorre a torrenti. Ruine si accumulano
sopra ruine, e Dio sa quale sarà la fine di questa terribile lotta.
(...) Il popolo vede che i Francesi a nome del papa fanno scorrere il sangue romano e distruggono la loro bella città. Il popolo vede che è il papa il quale ha sguinzagliato quattro potenze
armate di tutti i mezzi di distruzione contro il popolo romano,
come si sguinzagliano i mastini contro una bestia feroce; e,
vedendo tali cose, egli non sente più nulla e si leva contro il
papa e contro la Chiesa in nome della quale il papa proclama
essere suo dovere riacquistare colla forza il dominio temporale’ (...) Ah! mio caro amico, l’idea di un vescovo che fa mitragliare i suoi diocesani, di un pastore che fa scannare le sue
pecore, di un padre che manda sicari ai suoi figli, di un papa
che vuol regnare ed imporsi a tre milioni di Cristiani per mezzo della forza, che vuole ristabilire il suo trono sulle ruine, sui
cadaveri e sul sangue; quest’idea, dico, è così strana, così assurda, così scandalosa, così orribile, così contraria allo spirito
ed alla lettera dell’Evangelo, che non vi è coscienza che non
ne sia stomacata, non vi è fede che possa resistere ad essa, non
vi è cuore che non ne frema, non vi è lingua che non si senta
spinta a maledire, a bestemmiare! era mille volte meglio perdere tutto il temporale e il mondo intero se fosse bisognato,
piuttosto che dare un tale scandalo al popolo (...) E’ probabile
che Roma soccomba sotto l’attacco delle armi francesi: come
difatti resistere alla Francia? E’ possibile che il papa rientri in
Roma portando in mano la spada anziché la croce, preceduto
dai soldati e seguito dal carnefice, come se Roma fosse la
Mecca ed il Vangelo il Corano. Ma egli non regnerà più sul
cuore dei Romani; sotto questo aspetto il suo regno è finito,
finito per sempre; egli non sarà più papa che sopra un piccolo
numero di fedeli...’. Il Ventura, per questa sua lettera, di cui ho
citato solo pochi passaggi, fu costretto a stare in esilio a Montpelier e poi a Parigi e a perdere il cappello cardinalizio che gli
era stato promesso.
141
Il papato
in Roma annettendo la città del papa al regno d’Italia.
Fu una grande umiliazione per lo Stato pontificio;1 il
papa perse quella che egli definiva l’eredità o il patrimonio di San Pietro2 a cui mai avrebbe rinunciato di sua
spontanea volontà, e si dichiarò ‘prigioniero del Vaticano’; scomunicò il re Vittorio Emanuele II e tutti coloro
che avevano contribuito all’occupazione dello Stato
pontificio e vietò ai Cattolici di partecipare sia in qualità
di candidati che di elettori ad elezioni di qualsiasi tipo.
A qualsiasi offerta del Governo italiano per giungere ad
una riconciliazione Pio IX rispose dicendo: Non possumus. Nel 1871 il Parlamento italiano approvò la cosiddetta Legge sulle Guarentigie con cui andava incontro
alle esigenze della ‘Santa Sede’, comprese quelle economiche assegnandole ‘una dotazione di annua rendita
di L. 3.225.000’ che sarebbe stata esente da ogni specie
di tassa od onere governativo, comunale e provinciale.
Ma sia Pio IX che i suoi successori rifiutarono la mano
offertagli dal Governo italiano, non vollero riconoscere
la Legge sulle Guarentigie.
Nel 1922 salì al potere Benito Mussolini,3 e nello stesso
anno fu eletto papa Pio XI (1922-1939). I due capirono
che avrebbero potuto trarre enormi vantaggi da un accordo rappacificatore, e perciò iniziarono dei negoziati
segreti tra le parti per porre termine all’inimicizia tra
papato e governo italiano che ormai durava da diversi
decenni. I negoziati portarono alla stipulazione, nel
1929, tra la ‘Santa Sede’, rappresentata in
quell’occasione dal cardinale Gasparri, e lo Stato italiano, capeggiato da Benito Mussolini, del Trattato del Laterano e del Concordato (ambedue questi documenti
portano in testa la dicitura ‘In Nome della Santissima
Trinità’) e di una Convenzione finanziaria. Col Trattato
l’Italia riconobbe alla ‘Santa Sede’ la sovranità su un
minuscolo territorio chiamato ‘Città del Vaticano’ e la
1
Vi faccio notare che questa umiliazione Dio la inflisse al papa
proprio nell’anno in cui lui si fece dichiarare infallibile excattedra: in verità “Dio resiste ai superbi” (1 Piet. 5:5).
2
Quello che era chiamato lo Stato pontificio era un’area di circa 41.600 chilometri quadrati con circa 3 milioni di abitanti.
E’ chiaro che venendogli a mancare questo Stato vennero a
mancare al papa anche tante risorse finanziarie. Il papa rifiutò
ogni indennità propostagli decidendo di poggiarsi sull’Obolo
di S. Pietro. La chiesa cattolica fece allora distribuire alle sue
parrocchie nel mondo, delle cartoline postali raffiguranti il
papa giacente in un letto di paglia in una prigione sotterranea.
E questo per stimolare i Cattolici a dare offerte al papa prigioniero dei ‘malvagi italiani’. E molti ci credettero che il papa
vivesse nella più profonda miseria e una gran quantità di pfennings, pennies, scellini, ducati, talleri, pesos e dollari si riversarono nelle casse del Vaticano permettendogli di sovvenire
alle sue spese.
3
Il partito fascista di Benito Mussolini andò al potere con
l’aiuto del Vaticano. Questo infatti aveva impedito in ogni
maniera che il Partito Popolare fondato da Luigi Sturzo (un
prete cattolico) nel 1919, partito che aveva in parlamento circa
cento deputati e che era antifascista, si alleasse con i socialisti
in maniera da formare un governo antifascista che impedisse
la salita al potere del fascismo. Oltre a ciò il Vaticano in una
circolare dell’ottobre del 1922 invitava i vescovi e i preti a
rimanere neutrali nelle lotte politiche interne, il che andò a
favore di Mussolini. A proposito di Luigi Sturzo va detto che
fu costretto dal Vaticano a dare le dimissioni da segretario politico del Partito Popolare e poco dopo ad emigrare dall’Italia.
142
La chiesa cattolica romana
‘Santa Sede’ dichiarò definitamente conclusa la ‘questione romana’, riconoscendo il Regno d’Italia sotto la
dinastia di Casa Savoia con Roma capitale dello Stato
italiano. Vediamo adesso alcuni articoli del Trattato e
del Concordato del Laterano al fine di capire le concessioni fatte e i privilegi concessi dallo Stato Italiano al
Vaticano.
L’art. 1 del Trattato afferma: ‘L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del
Regno 4 Marzo 1848, pel quale la religione cattolica,
apostolica e romana è la sola religione dello Stato’; l’art.
6 afferma che l’Italia ‘provvederà, inoltre, alla comunicazione con le ferrovie dallo Stato mediante la costruzione di una stazione ferroviaria nella Città del Vaticano..’; l’art. 8 del Trattato dice che ‘l’Italia, considerando
sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice,
dichiara punibili l’attentato contro di Essa e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per
l’attentato e la provocazione a commetterlo contro la
persona del Re. Le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti, sono
punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re’;
l’art. 13 dice che ‘l’Italia riconosce alla Santa Sede la
piena proprietà delle Basiliche patriarcali di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di S. Paolo, cogli edifici annessi...’; l’art. 14 che ‘l’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà del palazzo pontificio di Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze
e dipendenze’ e si obbliga a cederle ‘la Villa Barberini
in Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e
dipendenze’4 e poi ‘per integrare la proprietà degli immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenente alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad
altri istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi
vaticani, lo Stato si impegna a trasferire alla Santa Sede
od agli enti che saranno da Essa indicati gli immobili di
proprietà dello Stato o di terzi esistenti in detta zona...
l’Italia, infine, trasferisce alla Santa Sede in piena e libera proprietà degli edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese
di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari,
con tutti gli annessi e dipendenze..’; l’art. 16 dice che
gli immobili citati nei tre articoli precedenti (nell’art. 15
sono citati diversi palazzi della chiesa cattolica romana
situati sul territorio italiano) ‘nonché quelli adibiti a sedi
dei seguenti istituti pontifici: Università Gregoriana, Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, Seminario Russo, Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare
e la Casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e
Paolo, non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo
accordo con la Santa Sede, e saranno esenti da tributi sia
ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente’; l’art. 17 afferma quanto segue:
‘Le retribuzioni di qualsiasi natura, dovute dalla Santa
Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e
dagli altri enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, an4
Nella residenza di Castel Gandolfo, Wojtyla, con i soldi dei
polacchi d’America, vi ha fatto costruire una piscina.
Il papato
che non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a
decorrere dal 1° Luglio 1929, da qualsiasi tributo tanto
verso lo Stato quanto verso ogni altro ente’; l’art. 20 recita quanto segue: ‘Le merci provenienti dall’estero e
dirette alla Città del Vaticano, o, fuori della medesima,
ad istituzioni od uffici della Santa Sede, saranno sempre
ammesse da qualunque punto del confine italiano ed in
qualunque porto del Regno, al transito per il territorio
italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari’; l’art. 21 afferma: ‘Tutti i Cardinali godono in Italia
degli onori dovuti ai Principi del sangue; quelli residenti
in Roma, anche fuori della Città del Vaticano, sono, a
tutti gli effetti, cittadini della medesima’; l’art. 23 afferma che avranno ‘piena efficacia giuridica, anche a
tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche ed ufficialmente comunicati alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari’.
Cito adesso alcuni passi di alcuni articoli del Concordato. L’art. 1 del Concordato dice: ‘.... In considerazione
del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del
Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e mèta di
pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire
in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto con detto
carattere’. L’art. 2 afferma: ‘... Tanto la Santa Sede
quanto i Vescovi possono pubblicare liberamente ed anche affiggere nell’interno ed alle porte esterne degli edifici destinati al culto o ad uffici del loro ministero le istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli,
che crederanno di emanare nell’ambito della loro competenza. Tali pubblicazioni ed affissioni ed in genere
tutti gli atti e documenti relativi al governo spirituale dei
fedeli non sono soggetti ad oneri fiscali... Le autorità
ecclesiastiche possono senza alcuna ingerenza delle autorità civili eseguire collette nell’interno ed all’ingresso
delle chiese nonché negli edifici di loro proprietà’.
L’art. 3 dice: ‘... ‘Gli studenti di teologia, quelli degli
ultimi due anni di propedeutica alla teologia avviati al
sacerdozio ed i novizi degli istituti religiosi possono, a
loro richiesta, rinviare, di anno in anno, fino al ventesimosesto anno di età l’adempimento degli obblighi del
servizio militare. I chierici ordinati in ‘sacris’ ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio
militare, salvo il caso di mobilitazione generale. In tale
caso, i sacerdoti passano nelle forze armate dello Stato,
ma è loro conservato l’abito ecclesiastico, affinché esercitino fra le truppe il sacro ministero sotto la giurisdizione ecclesiastica dell’Ordinario militare ai sensi
dell’art. 14. Gli altri chierici o religiosi sono di preferenza destinati ai servizi sanitari. Tuttavia, anche se siasi
disposta la mobilitazione generale, sono dispensati dal
presentarsi alla chiamata i sacerdoti con cura di anime.
Si considerino tali gli Ordinari, i parroci, i vice parroci e
coadiutori, i vicari ed i sacerdoti stabilmente preposti a
rettorie di chiese aperte al culto’. L’art. 5 afferma che ‘i
sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico’. L’art. 8 afferma che ‘.... In caso di
arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguar-
La chiesa cattolica romana
do dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico. Nel
caso di condanna di un ecclesiastico o di un religioso, la
pena è scontata possibilmente in locali separati da quelli
destinati ai laici, a meno che l’Ordinario competente
non abbia ridotto il condannato allo stato laicale’; l’art.
9 afferma che ‘di regola, gli edifici aperti al culto sono
esenti da requisizioni od occupazioni’ e che ‘salvo i casi
di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare,
per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al
culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica’; l’art. 10 dice che ‘non si potrà per qualsiasi
causa procedere alla demolizione di edifizi aperti al culto, se non previo accordo colla competente autorità ecclesiastica’; l’art. 11 dice: ‘Lo Stato riconosce i giorni
festivi stabiliti dalla Chiesa, che sono i seguenti: tutte le
Domeniche; il primo giorno dell’anno; il giorno
dell’Epifania (6 Gennaio); il giorno della festa di San
Giuseppe (19 Marzo); il giorno dell’Ascensione; il giorno del Corpus Domini; il giorno della festa dei ss. Apostoli Pietro e Paolo (29 Giugno); il giorno
dell’assunzione della B.V. Maria (15 agosto); il giorno
di Ognissanti (1 Novembre); il giorno della festa
dell’Immacolata Concezione (8 Dicembre); il giorno di
Natale (25 dicembre)’;1 l’art. 14 afferma: ‘Le truppe italiane di aria, di terra e di mare godono, nei riguardi dei
doveri religiosi, dei privilegi e delle esenzioni consentite
dal diritto canonico...’; l’art. 29 afferma che ‘...b) Sarà
riconosciuta la personalità giuridica delle associazioni
religiose, con o senza voti, approvate dalla Santa Sede,
che abbiano la loro sede principale nel Regno, e siano
ivi rappresentate... Sarà riconosciuta infine la personalità giuridica alle Case generalizie ed alle Procure delle
associazioni religiose, anche estere. Le associazioni o le
Case religiose, le quali già abbiano la personalità giuridica, la conserveranno. Gli atti relativi ai trasferimenti
degli immobili, dei quali le associazioni sono già in possesso, dagli attuali intestatari alle associazioni stesse saranno esenti da ogni tributo... h)... non saranno applicate
ai ministri del culto per l’esercizio del ministero sacerdotale l’imposta sulle professioni e la tassa di patente,
istituite con il Regio decreto 18 novembre 1923, n°
2538, in luogo della soppressa tassa di esercizio e rivendita, né qualsiasi altro tributo del genere’; l’art. 30 che
‘lo Stato Italiano riconosce agli istituti ecclesiastici ed
alle associazioni religiose la capacità di acquistare beni,
salve le disposizioni delle leggi civili concernenti gli
acquisti dei corpi morali’; l’art. 34 dice che ‘lo Stato italiano, volendo ridonare allo istituto del matrimonio, che
è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni
cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del
matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti
civili... Le cause concernenti la nullità del matrimonio e
la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono
riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri
ecclesiastici. I provvedimenti e le sentenze relative,
quando siano divenute definitive, saranno portate al Supremo Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se
siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice, alla citazione ed alla
legittima rappresentanza o contumacia delle parti. I detti
1
Cinque di quelle festività furono soppresse nel 1977.
143
Il papato
provvedimenti e sentenze definitive coi relativi decreti
del Supremo Tribunale della Segnatura saranno trasmessi alla Corte di Appello dello Stato competente per
territorio, la quale, con ordinanze emesse in camera di
consiglio, li renderà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello stato civile a
margine dell’atto di matrimonio’; l’art. 36 dice: ‘L’Italia
considera fondamento e coronamento dell’istruzione
pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo
la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò
consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi di accordo tra la Santa Sede e lo Stato’; l’art. 40 afferma: ‘Le lauree in sacra teologia date dalle Facoltà
approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo
Stato Italiano. Saranno parimenti riconosciuti i diplomi,
che si conseguono nelle scuole di paleografia, archivistica e diplomatica documentaria erette presso la biblioteca e l’archivio nella Città del Vaticano’.
Oltre a tutto ciò lo Stato italiano si obbligò a dare parecchio denaro al Vaticano, nella Convenzione Finanziaria
si legge all’art. 1 che ‘l’Italia si obbliga a versare, allo
scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la
somma di lire italiane 750.000.000 (settecentocinquanta
milioni) ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto consolidato italiano 5 per cento al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v) del valore
nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo)’.1
1
Durante le trattative, un alto prelato, che si occupava delle
finanze vaticane, disse a un suo confratello: ‘Questa volta bisogna che l’Italia paghi care le indulgenze’. I mezzi finanziari
che lo Stato italiano diede al Vaticano costituirono il fondamento su cui venne costruito quell’impero finanziario che il
Vaticano costituisce oggi. Il giorno stesso in cui l’accordo con
Benito Mussolini fu ratificato Pio XI creò una nuova agenzia
finanziaria, la Amministrazione Speciale della Santa Sede e ne
nominò suo direttore e manager Bernardino Nogara. Costui
accettò la proposta del papa perché il papa soddisfece le sue
richieste tra cui c’erano queste: che tutti gli investimenti che
egli scegliesse di fare fossero totalmente e completamente liberi da qualsiasi considerazioni religiose o dottrinali; che egli
fosse libero di investire i fondi del Vaticano dovunque nel
mondo. E così Nogara si mise in moto. Martin Malachi, Gesuita ex-professore al Pontificio Istituto Biblico di Roma, nel
suo libro Rich Church, Poor Church (Chiesa Ricca, Chiesa
Povera) edito nel 1984, dice: ‘Fedele ai suoi piani iniziali, i
primi maggiori acquisti di Nogara in Italia furono attuati nel
ramo del gas, dei tessili, nella costruzione pubblica e privata,
nell’acciaio, nell’arredamento, negli alberghi, in prodotti minerari e metallurgici, prodotti dell’agricoltura, energia elettrica, armi, prodotti farmaceutici, cemento, carta, legname da
costruzione, ceramica, pasta, ingegneria, ferrovie, navi passeggeri, telefoni, telecomunicazioni e banche’ (pag. 40). Prima
dello scoppio della seconda guerra mondiale il Vaticano acquisì il controllo di molte compagnie e banche sia in Italia che
all’estero e in molte altre compagnie invece riuscì ad avere
una partecipazione minore ma sostanziale. Verso gli anni ‘30
il Vaticano possedeva circa 3 milioni e 716.000 metri quadrati
di beni immobili a Roma, e col tempo sarebbe diventato il
maggior proprietario terriero in Italia dopo lo stesso governo
italiano. Quando Mussolini ebbe bisogno di armamenti per
l’invasione dell’Etiopia nel 1935 una sostanziosa parte di essi
fu provveduta da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva
144
La chiesa cattolica romana
Ma cosa ottenne lo Stato italiano dalla chiesa cattolica
romana in cambio di tutti i favori e privilegi concessigli
(si tenga presente che non li ho citati tutti)? Questi, che
troviamo negli art. 12, 19, 20, 21 e 43 del Concordato.
L’art. 12 afferma: ‘Nelle Domeniche e nelle feste di
precetto, nelle Chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa Conventuale canterà, secondo le norme
della sacra liturgia, una preghiera per la prosperità del
acquisito in nome del Vaticano. Il 27 giugno 1942 Pio XII, su
proposta di Nogara, fondò una nuova società finanziaria nel
Vaticano chiamata Istituto per le Opere Religiose (IOR). La
proposta di Nogara era stata questa: ‘Stabilire una società ecclesiastica centrale per la Chiesa Universale, una società dotata dello status di una banca all’interno dello Stato sovrano della Città del Vaticano e che avesse il vantaggio di appartenere
al papato e al Vaticano; una società che si specializzasse
nell’investire e nel negoziare i fondi e le risorse degli enti ecclesiastici della Chiesa intera’ (Martin Malachi, op. cit., pag.
43). Tramite lo IOR i vari organismi ecclesiastici erano in grado di investire il loro denaro in tutta segretezza ed esenti da
tasse. (Ricordiamo che lo IOR diversi anni fa, quando era diretto da Paul Marcinkus, risultò coinvolto in alcuni scandali
finanziari a motivo di manovre finanziarie illegali da esso
compiuto con l’aiuto del finanziere siciliano Michele Sindona
- il mandato di cattura spiccato contro Sindona parlava ‘di
prove documentali di operazioni irregolari effettuate da Sindona per conto del Vaticano’ -, e di Roberto Calvi, presidente
del Banco Ambrosiano). Dopo la seconda guerra mondiale,
sempre sotto Nogara, l’impero finanziario vaticano continuò a
crescere. Quando Bernardino Nogara morì nel 1958 lasciò un
Vaticano enormemente ricco. L’opera compiuta da questo finanziere a pro del Vaticano fece dire all’allora cardinale Spellman di New York: ‘Dopo Gesù Cristo la più grande cosa che
sia successa alla Chiesa Cattolica è Bernardino Nogara’! Ma
anche dopo la morte di Nogara le finanze continuarono a crescere. Verso la metà degli anni sessanta, le agenzie finanziarie
del Vaticano controllavano la metà delle agenzie di credito in
Italia. Molte industrie avevano dietro denaro del Vaticano.
L’Istituto Farmacologico Serono di Roma per esempio era di
proprietà Vaticana. Questo Istituto nel periodo in cui la chiesa
cattolica romana condannava la contraccezione artificiale (Paolo VI la condannò esplicitamente con l’enciclica Humanae
Vitae del 1968) lanciava sul mercato un contraccettivo molto
popolare chiamato Luteolas, che fece intascare molto denaro
al Vaticano (a dimostrazione questo che quando ci sono di
mezzo i suoi interessi finanziari il Vaticano non ha per nulla
timore di rinnegare nei fatti quello che insegna a parole). Nel
1968, secondo quanto dichiarò l’allora ministro delle Finanze
Preti, la ‘S. Sede’ possedeva titoli azionari italiani per un valore di circa 100 miliardi, con un dividendo che oscillava dai tre
ai quattro miliardi l’anno. Anche all’estero il Vaticano possedeva titoli azionari per molti miliardi. Esso aveva pacchetti
azionari in diverse grandi compagnie internazionali tra cui la
General Motors, la Shell, Gulf Oil, General Electric, Betlehem
Steel, International Business Machines (IBM), e TWA. Il Vaticano possiede una forte riserva aurea negli Stati Uniti, a Forte Knox. Quanto al valore delle attuali ricchezze in mano al
Vaticano non ci sono dei dati che permettono di dire con una
certa esattezza quanto in realtà possiede in titoli, azioni, beni
immobili; c’è un velo su tutto ciò. Di sicuro c’è che il Vaticano è molto ricco materialmente, e che se sulle sue finanze la
curia romana mantiene un forte riserbo, ci sono svariate ragioni. Una delle quali è quella di poter fare credere ancora alla
gente che la chiesa cattolica romana è ‘la chiesa dei poveri’ ed
ha continuamente bisogno dei soldi dei suoi fedeli per portare
avanti la sua missione nel mondo.
Il papato
Re d’Italia e dello Stato italiano’; l’art. 19 che ‘prima di
procedere alla nomina di un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum jure successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona
prescelta al Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina. Le pratiche relative si svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni
riservatezza, in modo che sia mantenuto il segreto sulla
persona prescelta, finché non avvenga la nomina della
medesima’; l’art. 20 dice: ‘I vescovi, prima di prendere
possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà...’; l’art. 21 dice:
‘Le nomine degl’investiti dei benefici parrocchiali sono
dall’autorità ecclesiastica competente comunicate riservatamente al Governo italiano e non possono avere corso prima che siano passati trenta giorni dalla comunicazione. In questo termine, il Governo italiano, ove gravi
ragioni si oppongano alla nomina, può manifestarle riservatamente all’autorità ecclesiastica, la quale, permanendo il dissenso, deferirà il caso alla Santa Sede’; l’art.
43 infine afferma: ‘Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in
quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e
sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della
Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principi cattolici. La Santa Sede prende occasione della stipulazione
del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico’.1
1
Il Vaticano si alleò anche con Hitler (che - si tenga presente era salito al potere con l’aiuto del partito cattolico di centro)
infatti nel 1933 fu stipulato un Concordato tra la ‘Santa Sede’
e il Reich tedesco. In questo concordato si trovano degli articoli simili a quelli che si trovano in quello stipulato con il governo di Mussolini. Per esempio il Vaticano nell’art. 32 si impegnava a vietare agli ecclesiastici e ai sacerdoti
l’appartenenza ai partiti politici e ogni attività in loro favore;
nell’art. 14 di comunicare al luogotenente del Reich il nome
delle persone che intendeva scegliere come arcivescovi e vescovi; nell’art. 16 di fare prestare ai vescovi un giuramento di
fedeltà al Reich; nell’art. 30 di fare recitare tutte le Domeniche
e le feste di precetto una preghiera per la prosperità del Reich
e del popolo germanico. Il Vaticano in cambio ottenne che
l’insegnamento religioso diventasse obbligatorio nelle scuole
elementari, professionali, medie e superiori ‘in conformità con
i princìpi della Chiesa cattolica’. Il Vaticano fu aspramente
criticato anche da giornali cattolici che videro in questo Concordato la ‘canonizzazione dell’hitlerismo’. Ma l’Osservatore
Romano del 27 luglio rispose che ‘la Santa Sede trattava con
gli Stati in quanto tali, per assicurare i diritti e la libertà della
Chiesa, prescindendo da ogni considerazione e apprezzamento
di altra natura’. Queste parole fanno chiaramente capire che la
chiesa cattolica è disposta ad allearsi con il governo di qualsiasi nazione, non importa se democratico o dittatoriale, pur di
salvaguardare i suoi propri interessi. E di interessi il Vaticano
ne aveva da difendere parecchi anche in Germania ai giorni di
Hitler. Ecco perché la cosiddetta santa Sede, quantunque Hitler in seguito infrangerà il Concordato perseguitando diversi
prelati cattolici e organizzazioni cattoliche, non condannò mai
l’hitlerismo perché un simile comportamento avrebbe significato arrivare alla rottura con il Führer cosa che al papa metteva paura perché avrebbe di conseguenza significato compro-
La chiesa cattolica romana
Pio XI espresse la sua soddisfazione per il Concordato il
13 febbraio 1929 parlando ai professori e agli allievi
dell’Università cattolica del Sacro Cuore in questi termini: ‘E forse ci voleva anche un uomo come quello che
la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non
avesse le preoccupazioni della scuola liberale... E con la
grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro,
con l’incontro di molti e abili assecondamenti, siamo
riusciti ‘per medium profundum’ a concludere un Concordato, che se non è il migliore di quanti ce ne possano
essere, è certo tra i migliori’.2
mettere i suoi interessi in Germania. E sempre questa è la ragione per cui il papa (Pio XII) dinanzi allo sterminio degli Ebrei non espresse mai una parola di solidarietà verso gli Ebrei
(come si è abituati a sentire che fa oggi quando in qualche
guerra vengono perpetrati i cosiddetti crimini contro
l’umanità) che venivano portati a decine di migliaia nei campi
di concentramento nazisti e quivi sterminati nelle camere a
gas, perché la sua preoccupazione era quella di salvaguardare
gli interessi del Vaticano in Germania, e una sua parola di
condanna contro quello sterminio ordinato da Hitler avrebbe
compromesso quegli interessi. A riguardo di questo silenzio
del papa durante le persecuzioni naziste contro gli Ebrei durante la seconda guerra mondiale in una nota del libro Il manganello e l’aspersorio di Ernesto Rossi si legge:
‘L’ambasciatore tedesco presso il Vaticano e il Nunzio a Berlino continuarono a mantenere ‘buone relazioni’ fra i due governi, e i rapporti sulle atrocità in Germania e in Polonia, che
il Nunzio presso il governo tedesco inviava a Roma, rimasero
negli archivi del Vaticano. Buone relazioni: infatti
l’Ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, barone Ernesto
Weizsasaecker, restò nel Vaticano fino al 26 agosto 1946,
mentre l’ultimo diplomatico giapponese l’aveva lasciato in
gennaio’ ed ancora: ‘Dopo la razzia perpetrata dalle SS a Roma il 16 ottobre 1943, l’ambasciatore Weizsasaecker (condannato poi come criminale di guerra, dal tribunale di Norimberga, a quindici anni di carcere per delitti contro l’umanità)
scrisse a Keppler e a Ritter un telegramma, datato 28 ottobre,
in cui si legge: ‘Benché sollecitato da ogni parte, il Papa non si
è lasciato convincere a esprimere ufficialmente qualsiasi riprovazione per le avvenute deportazioni degli ebrei di Roma.
Pur sapendo che tale suo atteggiamento in questa circostanza
verrà severamente giudicato dai nostri nemici, e sarà sfruttato
dagli ambienti protestanti dei paesi anglosassoni nella loro
propaganda contro il cattolicesimo, egli si è comportato, in
questa delicata circostanza, in modo da non turbare minimamente le relazioni con il governo tedesco e con ambienti tedeschi di Roma’. Il nazismo verrà chiaramente condannato dal
papa solo dopo la resa incondizionata della Germania; quando
oramai il Vaticano non aveva nulla da temere dai nazisti.
2
Benito Mussolini, mediante questi patti Lateranensi, si guadagnò la stima e il favore della curia romana e dei Cattolici
romani che non mancarono di manifestarglieli a poco più di un
mese di distanza dalla firma dei Patti nelle ‘elezioni plebiscitarie’. Cardinali e vescovi scesero in campo apertamente incitando i Cattolici a dare il loro voto di approvazione a Mussolini. Il plebiscito del 24 Marzo diede 8.506.676 ‘sì’ su
8.650.470 votanti. Inoltre va detto che Mussolini ebbe il sostegno della curia romana quando volle conquistare l’Etiopia.
Tra i messaggi dati da prelati papali ai Cattolici in favore di
quella guerra riportiamo solo i seguenti. Il 28 ottobre 1935 il
cardinale Schuster di Milano disse ai Cattolici raunati nella
cattedrale di Milano: ‘Cooperiamo con Dio in questa missione
nazionale e cattolica di bene, soprattutto in questo momento in
cui, sui campi di Etiopia, il vessillo d’Italia reca il trionfo della
Croce di Cristo, spezza le catene agli schiavi, spiana le strade
145
Il papato
Il 18 febbraio del 1984 la ‘Santa Sede’ e la Repubblica
Italiana hanno firmato un Nuovo Concordato che ha apportato delle modifiche al Concordato Lateranense. La
prima differenza che si nota in questo nuovo Concordato è che a differenza del precedente questo non porta in
testa la dicitura ‘In nome della Santissima Trinità’. Un
altra differenza la si nota nel primo punto del protocollo
addizionale secondo cui ‘si considera non più in vigore
il principio, originariamente richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello
Stato italiano’.1 Per cui uno è ‘libero’ (quantunque lo
Stato italiano continuerà ad assicurare l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado) a scuola di avvalersi o
meno dell’insegnamento cattolico. L’art. 9 afferma infatti che ‘nel rispetto della libertà di coscienza e della
responsabilità educativa dei genitori, è garantito a cia-
ai missionari del Vangelo (...) Pace e protezione all’esercito
valoroso che, in obbedienza intrepida al comando della Patria,
a prezzo di sangue, apre le porte di Etiopia alla fede cattolica e
alla civiltà romana’. Il 12 dicembre Giorgio Maria Del Rio,
arcivescovo di Oristano, pubblicò sul bollettino della archidiocesi un appello ai Cattolici in cui si legge tra le altre cose: ‘Le
popolazioni abissine sono ad un infimo livello religioso e morale, sono lontane dalla vera fede, dalla nostra religione cattolica, che è fonte di civiltà e di progresso. Tutto ciò che si fa
quindi per dare alla Italia i mezzi necessari ad affermare in
quelle terre la sua influenza e la sua autorità non è solo in vantaggio della Patria e della civiltà, ma anche della religione cattolica. La nostra povera ma generosa Italia, dietro i suoi soldati, porta in Abissinia non solo il pane, le strade, la liberazione
dalla schiavitù, tutte le provvidenze della civiltà; ma vi porta
ancora la Croce di Gesù Cristo, gli insegnamenti e gli aiuti
della Religione cattolica, apostolica, romana, che nelle mani
dei nostri missionari non ha mai servito a preparare conquiste
politiche’. Ricordiamo che nella guerra d’Etiopia Mussolini
autorizzò l’impiego di gas lacrimogeni e di iprite, per
l’artiglieria e l’aviazione. Le vittime fra gli Etiopi furono migliaia. Il 5 maggio 1936 le truppe italiane con alla testa il Maresciallo Badoglio entrarono in Addis Abeba. Tornato in Italia
un mese dopo, Badoglio fu ricevuto da Pio XI. ‘Il colloquio
con Pio XI si protrasse per oltre un’ora e mezzo, superando di
gran lunga i venti minuti protocollari delle visite pontificie.
Nel pomeriggio, il Legato del Papa gli restituì la visita nel suo
appartamento in via XX settembre’ (Vanna Vailati, Badoglio
racconta, Torino 1955, pag. 323). Evidentemente il papa era
rimasto molto contento della conquista dell’Etiopia da parte
dell’esercito italiano.
1
La Conferenza Episcopale Italiana comunque a proposito di
questa modifica, per tranquillizzare i Cattolici, ha detto: ‘Se
poi il Protocollo addizionale avverte che ‘si considera non più
in vigore il principio... della religione cattolica come sola religione dello Stato’, si possono comprendere le ragioni di un
simile cambiamento che, anche alla luce della Dichiarazione
del Concilio sulla libertà religiosa, si ispira al rispetto dovuto a
chiunque abbia altra fede o diversa convinzione di coscienza.
Questo cambiamento nulla toglie ai valori della religione cattolica. Essa appartiene da sempre al popolo italiano nel quale
si è largamente radicata per la forza del Vangelo, fino ad essere fermento della sua storia, della sua civiltà, della sua cultura,
dei suoi impegni per un’ordinata convivenza civile, per aperti
rapporti di collaborazione in Europa e nel mondo, per il progresso di tutti i popoli e per la pace’.
146
La chiesa cattolica romana
scuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi
di detto insegnamento’.2
Per quanto riguarda le facilitazioni fiscali si legge
nell’art. 7 che ‘agli effetti tributari gli enti ecclesiastici
aventi fine di religione o di culto, come pure le attività
dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di
beneficenza o di istruzione’ (n.3), ma anche che ‘le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli
enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato
concernenti tali attività e al regime tributario previsto
per le medesime’ (n.3).3
2
A proposito di questa ‘libertà’ concessa ai non Cattolici di
professare la loro fede va detto che la chiesa cattolica è stata
costretta dalle circostanze (così diverse per molti versi da
quelle di secoli fa) a concederla loro perché se le circostanze
fossero state altre questa ‘libertà’ essa non l’avrebbe giammai
concessa. In altre parole essa si è adattata ai tempi, come sempre ha fatto, ma senza rinunciare con questo alla tesi che solo
lei ha il diritto di essere completamente libera di divulgare la
sua dottrina perché solo lei è la depositaria della verità. A conferma che nella realtà la chiesa cattolica anche quando dà ad
altri libertà religiosa lo fa con rammarico e ipocritamente ecco
quanto si legge in un articolo di Civiltà cattolica: ‘Ora la
Chiesa cattolica, convinta per le sue divine prerogative di essere l’unica vera Chiesa, deve reclamare per sé soltanto il diritto alla libertà, perché unicamente alla verità, non mai
all’errore, questo può competere; quanto alle altre religioni
essa non impugnerà la scimitarra, ma domanderà che con
mezzi legittimi degni della persona umana, non sia loro consentito di diffondere false dottrine. Per conseguenza in uno
stato cattolico, in cui la maggioranza è cattolica, la Chiesa
chiederà che all’errore non sia data esistenza legale e che, se
esistono minoranze di religione diversa, queste abbiano solo
un’esistenza di fatto, senza la possibilità di divulgare le loro
credenze... in alcuni paesi poi, i cattolici saranno costretti a
chiedere la piena libertà religiosa per tutti, rassegnati di potere
convivere, là dove essi solo avrebbero il diritto di vivere. In
questo caso la Chiesa non rinuncia alla sua tesi, che suona
come la più imperativa delle leggi, ma si adatta all’ipotesi,
cioè alle condizioni di fatto, dalle quali la sua vita concreta
non può prescindere... La Chiesa non può arrossire di questa
sua intransigenza, così come l’afferma nel principio e così
come l’applica nella pratica’ (F. Cavalli, S. J. ‘Le condizioni
dei protestanti in Spagna’ in Civiltà Cattolica, 3 aprile 1948).
Tradotto nella pratica questo significa che se in Italia salisse al
potere un dittatore come Hitler o Mussolini la chiesa cattolica
si alleerebbe con esso e chiederebbe subito che ai Protestanti
venga tolta (o almeno ridotta) la libertà di professare la loro
fede e di divulgare la Parola di Dio - cosa che riteniamo non
gli verrebbe rifiutata dal dittatore perché il papa sa come persuadere qualsiasi dittatore a concedergli favori - e perciò ritornerebbero le persecuzioni di un tempo.
3
Per quanto riguarda le remunerazioni dei sacerdoti cattolici
va detto che esse vengono loro conferite dagli Istituti diocesani per il sostentamento del clero che sono strettamente collegati all’Istituto centrale per il sostentamento del clero che ha il
fine di integrare le risorse degli Istituti diocesani. La remunerazione è equiparata, ai soli fini fiscali, al reddito di lavoro
dipendente. L’IDSC opera, su tale remunerazione, le ritenute
fiscali e versa anche, per i sacerdoti che vi siano tenuti, i contributi previdenziali e assistenziali previsti dalle leggi vigenti.
Lo Stato interviene con agevolazioni fiscali e con consistenti
contributi pubblici per garantire, attraverso l’Istituto centrale
per il sostentamento del clero, che agli IDSC non manchino i
fondi necessari per corrispondere la remunerazione a tutti i
Il papato
Anche a proposito del matrimonio in questo nuovo
Concordato si nota qualche differenza infatti l’art. 8 dopo avere affermato che ‘sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei
registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa
comunale’ afferma: ‘La Santa Sede prende atto che la
trascrizione non potrà aver luogo: a) quando gli sposi
non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età
richiesta per la celebrazione; b) quando sussiste fra gli
sposi un impedimento che la legge civile considera inderogabile’. Quanto poi alle sentenze di nullità pronunciate dai tribunali ecclesiastici esse sono equiparate a
sentenze straniere, quindi viene introdotto l’istituto della
deliberazione.
Come reagisce il papato quando un governo di una nazione si mette contro la chiesa cattolica romana togliendogli i suoi privilegi
Lo Stato ‘Città del Vaticano’ è uno Stato anomalo perché oltre ad essere uno Stato è anche una organizzazione religiosa che possiede centinaia di milioni di membri
in tutto il mondo che quantunque non possono definirsi
cittadini dello Stato ‘Città del Vaticano’, perché sono
cittadini di un altro Stato, hanno come loro capo chi governa questo minuscolo Stato presente sulla penisola
italiana per cui si trovano a dover ubbidire a due capi di
Stato, quello della loro nazione di cui sono effettivamente cittadini e dove abitano e quello dello Stato del
Vaticano qui a Roma perché egli si ritiene anche il capo
visibile della chiesa di cui loro fanno parte e fuori dalla
quale - secondo loro - non c’è salvezza. Naturalmente
nel caso il capo dello Stato di cui loro fanno parte va
contro gli interessi della chiesa cattolica romana essi
sono tenuti a disubbidire al capo della loro nazione e
opporglisi con la forza per ubbidire al loro sommo pontefice che per loro è il vicario di Cristo sulla terra non
importa quello che egli dice pena la scomunica che
comprometterebbe il loro destino eterno. Leone XIII
(1878-1903) lo ha detto chiaramente nell’enciclica Sapientiae Christianae quello che devono fare i cittadini
cattolici in questo caso: ‘Se le leggi dello Stato apertamente dissuonino dal diritto divino, se impongano offese alla Chiesa o contrarino i doveri religiosi o manomettano l’autorità di Gesù Cristo nel suo Vicario, allora è
dovere il resistere e colpa l’ubbidire..’ (quel ‘resistere’
significa insorgere contro l’autorità civile). Ecco perché
molti capi di Stato cercano di conciliarsi il favore del
papa di Roma perché sanno che avendo il suo favore
avranno i loro cittadini di religione cattolica dalla loro
parte. Ed ecco perché sempre il papa riesce ad influenzare politicamente molte nazioni della terra perché sa di
avere sotto di sé tante e tante persone, che sono persuase
che la loro salvezza eterna dipende da lui e che per non
andare all’inferno quindi sono pronti ad ubbidirgli in
tutto e per tutto, per cui egli si fa forte perché sa di aversacerdoti delle rispettive diocesi. Si tenga presente che il denaro che la chiesa cattolica incamera (dal 1990) dall’otto per
mille del gettito complessivo IRPEF può essere utilizzato anche per il sostentamento del clero.
La chiesa cattolica romana
le dalla sua parte o meglio in pugno. Facciamo un esempio esplicativo. Mettiamo caso che il Governo italiano un giorno emanasse una legge che ordina di distruggere tutte le cosiddette statue e immagini sacre presenti sul territorio italiano perché ritiene che esse siano
degli idoli e di sopprimere i pellegrinaggi che si fanno
qui in Italia e le processioni del Corpus domini e di pregare Maria, e di togliere alla chiesa papista tutti i suoi
privilegi (tra cui ricordiamo c’è la esenzione da tasse e
tributi di svariato genere), ecc. Che cosa avverrebbe?
Che ciò farebbe infuriare il papa che lancerebbe subito
una scomunica sia contro il Governo italiano che contro
tutti coloro che ardiranno distruggere le statue e le immagini ed ubbidire agli altri ordini governativi. E siccome che il Governo italiano sarebbe considerato eretico e apostata per avere preso queste decisioni i cittadini
italiani cattolici non sarebbero più tenuti ad ubbidirgli
(magari anche non pagando le tasse) per non essere considerati anche loro eretici ed apostati. Succederebbe pure che molti zelanti Cattolici (incitati e aiutati come
sempre succede in questi casi dai Gesuiti) si rivolterebbero pure contro il governo fomentando tumulti di ogni
genere, e, come sempre è avvenuto in questi casi, molti
rimarrebbero feriti ed uccisi. E perché tutto questo? Per
paura di incorrere nella scomunica del papa che li priverebbe del paradiso, a loro dire. Ma c’è di più, potrebbe
pure succedere che il papa chiami l’esercito di una nazione sua amica sul territorio italiano al fine di difendere le sue statue e le sue immagini e permettere i pellegrinaggi e le processioni e che si continui a dire l’Ave
Maria, e per ripristinare la ‘libertà cristiana’ in questa
nazione (il che significa per fare ritornare la chiesa cattolica in possesso di tutti i suoi privilegi affinché possa
continuare a svolgere tranquillamente la sua missione)
in altre parole per impedire che gli ordini governativi
surriferiti non siano messi in pratica, e così lo Stato italiano si troverebbe invaso da un esercito straniero e costretto a difendersi con la forza per cui molti cadrebbero
morti. Ricordatevi infatti che il papa è a capo di uno
Stato e come capo di Stato può pure chiamare in suo
aiuto una nazione straniera quando sono in gioco i suoi
interessi economici e temporali in Italia o in qualche altra nazione. Succederebbe insomma quello che è già
successo nel passato; niente di nuovo. Forse alcuni, sentendoci parlare in questa maniera, diranno che simili cose non possono più succedere nel nostro secolo. Ma costoro si sbagliano grandemente e per dimostrarlo citerò
due casi avvenuti in questo ventesimo secolo in cui la
chiesa cattolica romana quando il governo di una nazione gli si è messo contro compromettendo i suoi grandi
interessi gli si è lanciato contro fomentando tra il popolo
la rivoluzione contro il governo a suo dire ribelle. I casi
sono quelli della Spagna e dell’Argentina, due paesi dove la chiesa cattolica ha goduto e gode tuttora di molti
privilegi.
Il 14 Aprile 1931 gli spagnoli proclamarono la Repubblica. La nuova costituzione decretò la completa separazione fra chiesa e Stato. Tra i provvedimenti contro la
chiesa cattolica ci furono i seguenti: fu proibito
l’insegnamento agli ordini religiosi perché lo Stato acquisì il monopolio sull’educazione, lo Stato smise di
pagare gli stipendi ai parroci col denaro pubblico e di
147
Il papato
mantenere a sue spese l’apparato della chiesa, fu sciolta
la Compagnia di Gesù ed i suoi beni furono confiscati.
In altre parole la Repubblica spagnola non fu disposta a
riconoscere ‘la libertà della Chiesa’ come la riconosceva
il governo di Mussolini in Italia. Tali provvedimenti costituirono un grande attacco agli enormi interessi della
chiesa cattolica allora molto potente, ricca e piena di
privilegi sul territorio spagnolo. I Gesuiti avevano infatti
il controllo della pubblica istruzione, un terzo delle terre
apparteneva alle congregazioni religiose e la chiesa aveva ingentissime somme di denaro investiti nelle banche, nelle industrie, negli affari. Il 16 febbraio 1936 il
Fronte Popolare dei repubblicani vinse le elezioni alle
Cortes (prima delle elezioni, Gomà, il cardinale primate
della Spagna, aveva ordinato ai Cattolici di votare contro le forze repubblicane). Le gerarchie ecclesiastiche
allora, con in testa i Gesuiti, sostennero che i Cattolici
avevano il diritto di insorgere contro il governo della
repubblica spagnola. Il 17 luglio 1936 scoppiò la rivolta
militare contro la Repubblica spagnola; questa rivolta fu
guidata dal generale Franco, fu preparata dalle gerarchie
ecclesiastiche, e sostenuta da Hitler e Mussolini con armi e uomini (in America nel mentre la stampa cattolica
presentava il conflitto in atto in Spagna come una guerra
santa per la salvezza del cristianesimo, e la chiesa cattolica ebbe un ruolo decisivo nell’impedire che fosse tolto
l’embargo per le armi per la Spagna, armi che molti ritengono avrebbero permesso alle forze repubblicane di
vincere il conflitto). La rivolta, che portò allo sterminio
da parte dei fascisti capeggiati da Franco di decine di
migliaia di persone, ebbe il sostegno dei cardinali e dei
vescovi e ricevette la benedizione e l’approvazione papale che pensava in questa maniera di potere riprendere
il suo dominio in Spagna. Le forze armate capeggiate da
Franco (che includevano tedeschi e italiani al loro interno) ebbero la meglio sui repubblicani e così la chiesa
cattolica poté ritornare a farla da padrona in Spagna. Sul
quaderno di Civiltà Cattolica del 28 Maggio 1938, la
rivista riportò, dal Bollettino ufficiale dello Stato spagnolo, la motivazione con la quale il governo nazionale
aveva ridato la personalità giuridica alla Compagnia di
Gesù, restituendole i beni confiscati dai repubblicani:
‘Nel presente glorioso risveglio della tradizione Spagnuola, è parte principale la restaurazione della Compagnia di Gesù in Ispagna, nella pienezza della sua personalità, e questo per varie ragioni. In primo luogo, per
riparare debitamente l’ingiustizia consumata contro di
essa. In secondo luogo, siccome lo Stato spagnolo riconosce ed afferma l’esistenza della Chiesa cattolica quale
società perfetta, con la pienezza dei suoi diritti, così deve anche riconoscere la personalità giuridica agli Ordini
religiosi canonicamente approvati, com’è la Compagnia
di Gesù fin da Paolo III, e posteriormente da Pio VII e
dai suoi successori. In terzo luogo, per essere la Compagnia di Gesù un Ordine eminentemente spagnolo, e di
grande significato universale, che fa atto di presenza
all’apice dell’Impero spagnolo, partecipando intensamente a tutte le sue vicissitudini, di modo che, con felice coincidenza, vanno sempre congiunte nella storia le
persecuzioni contro di essa e il processo di sviluppo
dell’anti-Spagna. Finalmente, per l’enorme suo apporto
culturale, che tanto ha contribuito all’ingrandimento
148
La chiesa cattolica romana
della nostra Patria e all’aumento del tesoro scientifico
dell’umanità; per il che Menendes y Pelayo qualificò la
persecuzione contro di essa un colpo mortale per la cultura spagnuola e un attentato brutale e oscurantista contro la scienza e le lettere umane’. Il 19 Maggio 1939
Franco fece il suo ingresso trionfale in Madrid. Pio XII
il giorno della vittoria gli mandò questo messaggio: ‘Innalzando il nostro cuore a Dio, ringraziamo Lui e Vostra
Eccellenza per l’auspicata vittoria della Spagna cattolica
e preghiamo perché questo nostro diletto paese, trovata
la pace, rinnovi energicamente la sua antica tradizione
cristiana che lo fece così grande. Con tali sentimenti inviamo a V. E. e a tutto il popolo spagnolo la nostra apostolica benedizione...’. Il regime di Franco si sdebitò
verso la casta ecclesiastica cattolica; le restituì e perfino
aumentò i suoi possedimenti, introdusse speciali tasse a
favore dei fondi ecclesiastici ed assunse a carico del bilancio dello Stato il mantenimento della chiesa e del clero, e la religione cattolica venne proclamata unica religione di Stato.
Dalla Spagna spostiamoci in Argentina al tempo in cui
governava il generale Peròn. L’Argentina è sempre stato
un paese cattolico, tanto che secondo la costituzione del
1853 il Presidente e il vice Presidente della Repubblica
dovevano appartenere ‘alla comunione cattolica apostolica romana’. Il generale Peròn fu eletto Presidente della
Repubblica Argentina nel 1946 e questa sua elezione
ebbe il benevolo assenso della chiesa cattolica romana.
Salito al potere Peròn favorì la chiesa cattolica romana
aumentando le congrue del clero e introducendo nuovamente l’istruzione religiosa nelle scuole. Egli stesso si
dimostrava essere un Cattolico convinto perché invocava con appropriate cerimonie Maria e i Santi a speciali
protettori di singole istituzioni; tanto lui che sua moglie
Evita assistevano a funzioni religiose e si comunicavano
in pubblico. Il 15 novembre 1953 in ginocchio sulla
Plaza de Mayo aveva persino indirizzato una speciale
preghiera a Maria. Tutto lasciava quindi presagire che la
chiesa cattolica sotto il suo regime avrebbe goduto del
favore del governo. Ma verso la fine del 1954 le cose
presero una brutta piega per la chiesa cattolica romana;1
il Congresso in pochi mesi approvò molte leggi contro
di essa; soppressione dell’insegnamento religioso, dei
sussidi governativi alle scuole private, legalizzazione
1
Voglio fare presente che proprio in quello stesso anno Dio
visitò l’Argentina perché ci fu un grande risveglio in quella
nazione. In quell’occasione Dio si usò di Tommy Hicks un
fratello americano. In The Christian Century del luglio 1954 si
leggono a proposito delle riunioni tenute da questo fratello in
Buenos Aires le seguenti cose: ‘Hicks prega per loro. Egli grida: ‘Satana, lasciali andare, esci da loro, lasciali andare’. Improvvisamente un isterismo di massa sembra colpire ognuno. I
paralizzati si muovono e cominciano a camminare. Le madri
gridano con gratitudine mentre i piccoli figli camminano.
L’aria della notte è sconvolta da migliaia di gridi di ‘Ti ringrazio, Gesù’, ‘Gloria, gloria, gloria’, ‘Amen, amen’. ‘Alleluia’.
Le lacrime scendono dalle guance di molti. I piccoli bambini,
guariti, corrono verso Hicks per baciarlo. I bastoni e le grucce
sono agitate nell’aria per significare che esse non servono più.
Uno grida ‘Posso vedere’ ed un altro ‘Posso sentire’.... Ministri con esperienza e missionari da molte nazioni dicono che
non hanno mai visto niente di simile’.
Il papato
del divorzio, abolizione dell’esenzione fiscale per i beni
destinati al culto, soppressione dal calendario civile delle feste religiose dell’Epifania, del Corpus Domini,
dell’Assunzione, d’Ognissanti, dell’Immacolata Concezione e la chiusura dei locali dell’Azione Cattolica.
L’Osservatore Romano dichiarò tale politica oppressiva
per il cattolicesimo. Al principio del 1955 più di cento
religiosi erano stati privati della cattedra o esonerati
come ispettori scolastici, e 200 scuole libere erano state
chiuse. Invece degli insegnanti di religione apparvero
nelle scuole elementari e medie dei ‘consiglieri spirituali’. Alla fine di giugno 125 religiosi e laici cattolici erano in carcere per attività sediziose. Fu poi approvato un
disegno di legge che dichiarava tassabili i conventi, i
luoghi di culto della chiesa cattolica e in genere le proprietà ecclesiastiche. Il 16 giugno il Vaticano scomunicò
‘tutti coloro che avevano calpestato i diritti della Chiesa’; anche se Peròn non era nominato si capì molto bene
che il provvedimento era diretto a colpirlo direttamente
(facciamo presente che la scomunica il Vaticano non la
lanciò neppure contro Hitler quando invadeva le altre
nazioni e faceva sterminare milioni di persone nei campi
di concentramento). Contemporaneamente alla scomunica papale, a Buenos Aires scoppiò la rivolta che era
stata preparata dal clero cattolico. Nel giugno del 1955
alcuni aerei militari bombardarono il Palazzo del Governo ed altri edifici pubblici; l’attacco fece circa trecento vittime fra la folla e oltre un migliaio di feriti; ma
poche ore dopo l’insurrezione veniva soffocata.
L’Osservatore Romano allora annunciò apertamente che
il Vaticano non avrebbe desistito dalla sua offensiva se
non dopo avere conquistato l’autorità secolare in Argentina: ‘Quando un capo si ribella contro Dio sottoscrive
la propria condanna’ - minacciò l’organo di stampa vaticano. Dopo qualche mese di tregua la rivolta scoppiò
di nuovo a metà di settembre del 1955. Qualche bomba
cadde sulla Capitale Federale e si parlò di 350 vittime;
allora lo scomunicato presidente Peròn decise di dimettersi e di lasciare l’Argentina per ‘salvare la nazione dal
massacro’ che era iniziato per opera del clero cattolico.
Questi fatti avvenuti verso la metà di questo secolo mostrano dunque in maniera chiara come il papato non è
cambiato per nulla; esso è ancora pronto a lanciare scomuniche e a fomentare rivoluzioni e violenze di ogni
genere contro quei governi che decidono di ‘opprimere’
la chiesa cattolica romana nei loro paesi. Nessuno si illuda dunque sul reale carattere del papato; esso come
nell’antichità è ancora una bestia feroce pronta a sbranare i suoi nemici. I sorrisi del papa dunque, le sue dolci
parole, le sue strette di mano, i suoi incoraggiamenti a
fare il bene, sono solo delle maschere sotto cui si nasconde un uomo che se vede che qualche capo di Stato
ardisce mettersi a ‘perseguitare’ la sua chiesa è pronto a
incoraggiare l’assassinio e la violenza pur di rimuovere
il ‘persecutore’. Ma è anche pronto a tacere, a fare finta
di niente, a non dire una parola, nel caso un dittatore,
con cui egli si è alleato e favorisce la chiesa cattolica, si
abbandoni a soprusi e violenze, e crimini di ogni genere
contro Ebrei, Protestanti, ecc., e questo per non perdere
la sua amicizia e quindi i suoi favori e privilegi. Le
scomuniche lui le lancia solo contro chi intacca fortemente gli interessi della chiesa cattolica.
La chiesa cattolica romana
Due sogni e una visione dati da Dio sul presente papa
Termino questa mia confutazione sul papato riferendovi
quello che io e mio fratello abbiamo sognato e quello
che una nostra sorella in Cristo ha visto in visione attorno a Giovanni Paolo II.1
Alcuni anni fa in sogno io mi vidi di fronte a Wojtyla e
gli dissi puntando il dito contro di lui: ‘Tu stai mandando all’inferno milioni di persone!’
Mio fratello ha sognato invece che si trovava sdraiato e
Wojtyla arrabbiato lo percuoteva sul petto, e egli (mio
fratello) gli ha detto: ‘La Chiesa non è tua ma di Dio’.
La sorella Maria invece (mentre aveva gli occhi aperti)
lo ha visto in visione vestito di bianco con un collare
nero al suo collo. Questa visione le fu concessa da Dio
una sera pochi istanti dopo che io avevo riferito in presenza di lei e di mio fratello il sogno che avevo avuto
sul papa anni prima e che ho riferito sopra.
Chi ha orecchi da udire oda.
1
Karol Wojtyla è nato in Polonia a Wadovice presso Cracovia
il 18 maggio 1920. E’ stato eletto papa il 16 ottobre 1978. E’
molto devoto a Maria e ne ha promosso altamente il culto. Ha
viaggiato molto per tutto il mondo e dovunque è andato si sono raccolte centinaia di migliaia di persone per vederlo e sentirlo. Lui dice che i viaggi li compie ‘per annunziare il Vangelo... per confermare i fratelli nella fede... per consolare la
Chiesa... per incontrare l’uomo’. Ha finanziato il movimento
polacco di Solidarnosh facendogli pervenire parecchi soldi per
portare avanti la protesta contro il regime comunista polacco
di allora. Ama nuotare e sciare. Secondo gli attuali elenchi del
Vaticano Giovanni Paolo II risulta essere il 264esimo papa.
Ma occorre dire che su questo numero di papi tra gli studiosi e
i teologi cattolici non c’è per nulla unanimità a motivo di fonti
storiche contraddittorie e di alcune questioni controverse. Per
esempio attualmente dall’elenco dei papi è omesso quello di
uno Stefano eletto papa nel 752 tra Zaccaria (741-752) e Stefano II (752-757), perché costui morì tre giorni dopo la sua
elezione senza essere stato consacrato. Il che costituisce una
contraddizione palese perché nello stesso elenco ci sono dei
papi che morirono senza esser stati incoronati. Inoltre ci sono
delle incertezze sul numero degli antipapi (i papi illegittimi);
per esempio tuttora ne sono riconosciuti 37 ma in realtà furono
39 perché non sono inclusi Clemente VIII (1423-1429) e Benedetto XIV (1425-1430); oltre a ciò ci sono taluni considerati
antipapi che però ricevettero una elezione regolare. Poi permangono i seguenti forti dubbi, Leone VIII (963-965) viene
messo tra i papi ma dovrebbe essere antipapa fino alla morte
di Giovanni XII (955-964), come anche Benedetto V (964966) che viene messo tra i papi legittimi dovrebbe essere considerato antipapa fino alla morte di Leone VIII. Come si può
ben vedere risulta dal presente elenco che Leone VIII fu papa
legittimo assieme a Giovanni XII per un certo tempo e che
Benedetto V fu papa legittimo per un certo tempo contemporaneamente a Leone VIII. Oltre a tutto ciò c’è il dubbio della
triplice elezione di Benedetto IX; nell’elenco dei papi costui
viene fatto regnare per tre volte (1032-1044: 1045; 10471048) per cui si dovrebbero ritenere antipapi sia Silvestro III
(1045) che Damaso II che pontificò nel 1048 (messi
nell’elenco dei papi) se si considerassero illegali le sue deposizioni. Come potete vedere i Cattolici non sono sicuri neppure sul numero dei loro papi perché non sanno dire con esattezza chi furono tutti gli antipapi; ci sono antipapi che taluni reputano veri papi, e papi che altri reputano degli antipapi. Che
confusione c’è persino sulla loro cosiddetta successione apostolica!
149
Il papato
CONCLUSIONE
Abbiamo visto nella seconda parte di questo capitolo
come è sorto questo piccolo Stato ‘Città del Vaticano’,
che esercita un enorme potere politico sulla faccia della
terra.1 Per riassumere molto brevemente la storia del
papato possiamo dire quanto segue. Si cominciò a dire
che la Chiesa di Roma era stata fondata da Pietro e che
lui vi aveva adempiuto un lungo episcopato, poi - facendo leva su delle parole di Gesù a Pietro - che Pietro
era stato costituito principe degli apostoli e capo della
Chiesa e che alla sua morte aveva lasciato il suo ufficio
al vescovo di Roma, suo successore. Quando poi la
Chiesa cominciò a ricevere onori e privilegi
dall’Imperatore romano il vescovo di Roma, appoggiato
dall’Imperatore, rafforzò notevolmente la sua posizione
fino a diventare un autorità politica a capo di un regno
terreno e a ritenersi il capo della Chiesa universale. Aggiungiamo a tutto ciò le frodi di ogni genere, gli inganni, gli intrighi dei vescovi di Roma e le alleanze con i
principi e i re che si sono succeduti nel corso dei secoli,
e le guerre sanguinose eccitate dai papi per salvaguardare i loro interessi ed estendere il loro potere ed ecco il
papato di oggi. Troppo tempo ci sarebbe voluto per raccontare in maniera approfondita la lunga storia del papato; per questo ho voluto citare solo i fatti principali. Ma
anche senza averla raccontata tutta sono persuaso che
avete ben compreso come esso si fonda sull’arroganza,
sulla menzogna e su soprusi e violenze di ogni genere
perpetrati dai vescovi di Roma. E’ stato fondato
sull’errore e costruito con il sangue, la violenza e la frode, e continua a sussistere mediante la sua arroganza e
la sua malvagità. Ma viene il giorno che Dio gli farà ricadere sul suo capo tutta la violenza e la malvagità da
esso perpetrata contro l’umanità in tutti i tempi. Sì perché il papato ha fatto del male sia materialmente che
spiritualmente a tanta gente; di sangue ne ha versato e
ne ha fatto versare tanto; di crudeltà di ogni genere ne
ha perpetrate a non finire contro gli uomini; e di seduzioni pure. Dio ha visto e ascoltato tutto, Dio vede ed
1
Il Vaticano è un piccolo Stato di circa 0,44 chilometri quadrati (ancora più piccolo del Liechtenstein, di Monaco e di San
Marino); si compone di cinquanta edifici, sei basiliche oltre la
basilica di San Pietro, alcuni cimiteri, i Musei e la Biblioteca,
ed ospita circa diecimila stanze, atri e gallerie. Possiede una
stazione ferroviaria, un eliporto da cui spicca il volo
l’elicottero che deve portare il papa all’aeroporto di Fiumicino
o Ciampino o alla sua villa di Castel Gandolfo, alcuni uffici
postali, un tribunale, alcune caserme, un posto di Vigili del
fuoco, e un laboratorio dove si restaurano arazzi. C’è poi
l’Annona, una specie di supermarket dove le merci, essendo
esenti da imposte, costano meno che sul territorio italiano, e
per questo è stato denominato ‘il paradiso dello shopping’: un
parco macchine, un garage sotterraneo e un grande e proprio
parcheggio; la tipografia Poliglotta che è in grado di stampare
in quasi tutte le lingue conosciute e per questo è ritenuta la
stamperia più ricca del mondo per caratteri tipografici; e gli
uffici di alcune pubblicazioni vaticane tra cui quella
dell’Osservatore Romano. Il Vaticano possiede anche un suo
albergo, e una farmacia. Possiede anche un esercito tra cui il
corpo più famoso è quello delle Guardie svizzere che come
dice il nome sono tutte svizzere; il loro numero fu ridotto da
Paolo VI a settantacinque.
150
La chiesa cattolica romana
ascolta tutto; e lui a suo tempo farà giustizia di tutto il
sangue dei martiri di Gesù che esso ha sparso e fatto
spargere; lui farà giustizia di tutte le menzogne che esso
ha predicato usandosi del suo santo nome.
Col papato non va fatta nessuna alleanza. L’unica cosa
che vale la pena fare nei suoi confronti è smascherarlo,
cioè dimostrare come esso non è parte integrante della
Chiesa di Cristo, che non è - come invece vogliono fare
credere i Cattolici - alla base della Chiesa, perché esso
si oppone alla Chiesa di Dio, colonna e base della verità,
nella stessa maniera in cui vi si oppone il regno del diavolo. Ma lo fa in una maniera particolare, con dei sofismi tutti particolari. Certamente il papato fa parte del
regno del diavolo; ma purtroppo molti non se ne avvedono, perché sulla fronte porta la dicitura ‘santa chiesa
cattolica apostolica romana’. Ma viene quel giorno in
cui tutti, dal primo all’ultimo vedranno cosa è veramente il papato.
La sacra scrittura
La chiesa cattolica romana
Capitolo 5
LA SACRA SCRITTURA
IL SUO CONTENUTO
La dottrina dei teologi papisti
La sacra Scrittura non basta per essere salvati.
La teologia romana insegna che la sacra Scrittura non
contiene tutto quello ch’è necessario alla salvazione delle anime. Essa infatti considera come verità rivelate da
Dio sia la sacra Scrittura che la tradizione. In base a
questa loro considerazione la Scrittura non è la completa
rivelazione di Dio, ma solo una parte perché l’altra è
costituita dalla loro tradizione. Citiamo le parole del Perardi a tale proposito: ‘NON BASTA LA BIBBIA. - Infatti né Gesù Cristo né alcun Apostolo, in nome di Lui,
ha mai detto ciò; e i Libri più importanti, i Libri del
nuovo Testamento vengono dopo la piena costituzione
della Chiesa con tutto il suo patrimonio di verità, non
per riformarla ma per aiutarla’,1 ed ancora: ‘Ciò che Dio
ha rivelato e ci propone a credere per mezzo della
Chiesa, si conserva nella Sacra Scrittura e nella Tradizione’.2 Ed a queste vi aggiungiamo quelle di Amatulli
Flaviano: ‘In nessuna parte si dice che basta la Bibbia
per salvarsi (....) Per salvarsi, bisogna tenere presente la
Bibbia e la Tradizione’3 ed ancora: ‘Basta la Bibbia per
salvarsi. E’ un altro inganno. Secondo quest’altra teoria,
nella Bibbia uno trova tutto ciò che è necessario per salvarsi’.4
Confutazione
La Scrittura contiene tutto ciò che è necessario sapere
per essere salvati e per condurre una vita santa, giusta e
temperata
Ma vediamo ora da vicino se la Scrittura dice cose a
sufficienza affinché l’uomo sia salvato o se essa è incompleta e perciò dobbiamo pure noi credere nella tradizione cattolica romana come dicono i teologi cattolici.
Innanzi tutto cominciamo col dire che per essere salvati
bisogna confessare con la bocca Gesù come Signore e
credere alla sua risurrezione secondo che è scritto ai
Romani: “Questa è la parola della fede che noi predichiamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù
come Signore, e avrai creduto col cuore che Dio l’ha
risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti col cuore si
crede per ottener la giustizia e con la bocca si fa confes1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376
Ibid., pag. 373
3
Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 41,42
4
Ibid., pag. 77
2
sione per esser salvati. Difatti la Scrittura dice: Chiunque crede in lui, non sarà svergognato”.5 Come potete
vedere, Paolo ha messo per iscritto la parola della fede
che lui e i suoi collaboratori predicavano a voce agli
uomini affinché fossero salvati, perciò si deve affermare
che quello che lui ha scritto di fare per essere salvati lo
diceva pure a voce. Quindi i Cattolici non ci vengano a
dire che Paolo assieme ai suoi collaboratori abbiano detto a voce che per essere salvati ed ottenere la giustizia
da Dio bisogna fare qualche altra cosa oltre quella che
lui ha scritto qui ai Romani, perché questo è da escludersi nella maniera più categorica! Ora, per essere salvati, secondo Paolo, bisogna confessare con la bocca
Gesù come Signore e credere col proprio cuore che Dio
l’ha risuscitato dai morti; perciò bisogna vedere se le
Scritture contengono dei passi che affermano o fanno
capire che Gesù Cristo è il Signore, e se in esse c’é
scritto che Dio l’ha risuscitato dai morti, perché nel caso
essi mancano allora veramente le cose scritte nella Bibbia non possono essere dichiarate sufficienti per la salvezza dell’uomo.
Le Scritture del Nuovo Patto contengono in abbondanza
passi che affermano che Gesù Cristo è il Signore e che
Egli dopo essere morto sulla croce fu risuscitato dai
morti; non li citiamo tutti per brevità ma solo alcuni.
Signoria di Gesù Cristo.
- Gesù disse ai suoi: “Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che
sono il Signore e il Maestro, v’ho lavato i piedi, anche
voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri”;6
- Toma disse a Gesù: “Signor mio e Dio mio!”;7
- Pietro disse ai Giudei: “Sappia dunque sicuramente
tutta la casa d’Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”;8 e sempre Pietro
disse a casa di Cornelio: “E questa è la parola ch’Egli ha
diretta ai figliuoli d’Israele, annunziando pace per mezzo di Gesù Cristo. Esso è il Signore di tutti”;9
- Paolo dice che i principi di questo mondo hanno crocifisso “il Signor della gloria”.10
Risurrezione di Cristo.
- “Il Signore è veramente risuscitato ed è apparso a Simone”;11
- Pietro disse ai Giudei: “Uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti”12 ed anche: “Voi,
per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò...”;13
- Paolo dice che Gesù Cristo “risuscitò il terzo giorno,
secondo le Scritture”.14
Quindi, noi possiamo affermare che un uomo che vive
lontano da Dio e che non ha mai letto la Scrittura se la
legge e confessa con la sua bocca che Gesù Cristo, cioè
5
Rom. 10:8-11
Giov. 13:13-14
7
Giov. 20:28
8
Atti 2:36
9
Atti 10:36
10
1 Cor. 2:8
11
Luca 24:34
12
Atti 3:15
13
Atti 2:23,24
14
1 Cor. 15:4
6
151
La sacra scrittura
colui del quale hanno parlato Mosè nella legge, i profeti,
e poi gli apostoli, è il Signore (come dice la stessa Scrittura) e crede con il suo cuore che Dio l’ha risuscitato dai
morti (come dice la stessa Scrittura) egli sarà salvato
all’istante dai suoi peccati. Questo è confermato dalle
moltissime testimonianze in seno alla fratellanza sparsa
per tutto il mondo di persone che sono state salvate leggendo la sola Scrittura e credendo nel Vangelo come in
essa é scritto; quindi la Scrittura è sufficiente per la salvezza dell’anima perché in essa è rivelato il Vangelo di
Dio che concerne il suo Figliuolo, mediante il quale si
viene salvati. Al bando la tradizione cattolica romana, al
bando le profane ciance della loro tradizione generata
dal diavolo che serve solo a confondere le persone molto più di quanto lo siano già! Fanno credere alle persone
che la Bibbia non è sufficiente; noi invece proclamiamo
che essa è sufficiente e che la loro tradizione non è affatto necessaria.
Queste altre Scritture affermano l’utilità e la sufficienza
della sacra Scrittura sia per la salvazione che per la salutare crescita del credente.
- Luca dice: “E’ parso bene anche a me, dopo essermi
accuratamente informato d’ogni cosa dall’origine, di
scrivertene per ordine, o eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state
insegnate”;1
- Gesù disse: “Investigate le Scritture.... esse son quelle
che rendon testimonianza di me”;2
- Giovanni dice: “Queste cose sono scritte, affinché
crediate che Gesù è il Cristo, il Figliuol di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”;3
- Paolo dice a Timoteo: “Ma tu persevera nelle cose che
hai imparate e delle quali sei stato accertato, sapendo da
chi le hai imparate, e che fin da fanciullo hai avuto conoscenza degli Scritti sacri, i quali possono renderti savio a salute mediante la fede che è in Cristo Gesù. Ogni
Scrittura é ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché
l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni
opera buona”;4
- nei Salmi è scritto: “La dichiarazione delle tue parole
illumina; dà intelletto ai semplici”;5
- Pietro dice: “Abbiamo pure la parola profetica, più
ferma, alla quale fate bene di prestare attenzione, come
a una lampada splendente in luogo oscuro, finché spunti
il giorno e la stella mattutina sorga ne’ vostri cuori; sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della
Scrittura procede da vedute particolari; poiché non è
dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia,
ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché
sospinti dallo Spirito Santo”;6 ed anche: “Per mezzo di
Silvano, nostro fedel fratello, com’io lo stimo, v’ho
scritto brevemente esortandovi, e attestando che questa
è la vera grazia di Dio; in essa state saldi”;7
1
Luca 1:3,4
Giov. 5:39
3
Giov. 20:31
4
2 Tim. 3:14-17
5
Sal. 119:130
6
2 Piet. 1:19-21
7
1 Piet. 5:12
2
152
La chiesa cattolica romana
- Giovanni dice: “Noi vi scriviamo queste cose affinché
la vostra allegrezza sia compiuta”.8
Quindi, come potete constatare da voi stessi, la Scrittura
è completa e contiene tutto ciò che è necessario sapere e
credere per essere salvati e tutto ciò che è necessario
sapere e compiere per piacere a Dio con tutta la nostra
condotta. Notate infatti che la Scrittura rende testimonianza del Signore Gesù e credendo in Lui si ottiene la
vita, è in grado di rendere savio chi ha creduto, essa riprende, insegna, corregge ed educa alla giustizia affinché il credente sia completo di nulla mancante, illumina
il semplice, ed è la vera grazia di Dio in cui il credente
deve stare saldo fino alla fine per ottenere in quel giorno
la corona di giustizia. Per questo rigettiamo
l’affermazione dei teologi romani che dice che la Bibbia
non basta perché ciò che Dio ha rivelato e ci propone a
credere non è solo nella Scrittura ma anche nella tradizione. Ma se è vero che la Bibbia contiene tutto ciò che
l’uomo necessita di sapere per essere salvato dai suoi
peccati e che il credente dopo essere stato salvato ha bisogno di sapere per piacere a Dio, è altresì vero che la
tradizione papista contiene tutto ciò che serve alla curia
romana per tenere schiave centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, vale a dire tutte quelle dottrine di
demoni come quella sui sacramenti, sul purgatorio, sulle
indulgenze, sul culto a Maria, sul culto dei santi e delle
reliquie e tante altre, che non ci si deve mai dimenticare
fruttano soldi a non finire alla cosiddetta sede apostolica. Ecco dunque perché la Bibbia non basta ed è incompleta per i papisti, perché non contiene tutti quei mezzi
di cui essi si servono per tenere legate le anime sotto la
menzogna e per arricchirsi ed estendere il loro potere
temporale. Dove infatti si trovano la dottrina sui sette
sacramenti, il purgatorio, la messa, le indulgenze, il culto di Maria e dei santi e tante altre diavolerie se non nella loro tradizione? Ecco perché noi credenti siamo odiati
dalla curia romana, perché noi, attenendoci solamente a
ciò che troviamo scritto nella Bibbia, rifiutiamo automaticamente di servirli e di riempirgli le casse con i nostri
soldi.
Infine voglio dirvi questo fratelli: vedete, una delle caratteristiche delle sette che portano il nome di chiese
cristiane è quella di possedere qualcosa oltre la Bibbia
che secondo loro completa la rivelazione di Dio scritta
(cioè la Bibbia). Nei Mormoni questo qualcosa è costituito dal libro di Mormon e da altri libri che essi chiamano sacri e che mettono allo stesso livello della Bibbia; nei Testimoni di Geova sono gli insegnamenti della
Torre di Guardia (dove il Corpo Direttivo è il ‘servo discreto e fedele’) che secondo loro sono la spiegazione
delle dottrine della Bibbia che lo Spirito Santo avrebbe
rivelato loro; mentre nella chiesa cattolica romana questo qualcosa è costituito dalla tradizione (dottrine inventate con ogni sorta di mezzi, anche facendo uso di errate
interpretazioni scritturali). Quello che si riscontra tra i
Mormoni e tra i Testimoni di Geova (per fare solo alcuni esempi) é che essi hanno annullato la Parola di Dio
mediante la loro cosiddetta parte mancante alla rivelazione di Dio: la stessa cosa si deve dire essere accaduta
nella chiesa romana perché anch’essa con ‘la parte man8
1 Giov. 1:4
La sacra scrittura
cante alla Bibbia’ (così è considerata dai Cattolici nei
fatti la tradizione) ha soffocato e messo sotto i piedi la
Parola di Dio. Questo è quello che si riscontra in maniera chiara parlando con i Cattolici romani, infatti per essi
la tradizione è così importante che non tengono in nessuna considerazione la Parola di Dio. Essi si turbano
quando ci sentono celebrare la Parola di Dio, quando ci
sentono parlare esclusivamente di essa, o si accorgono
che i nostri ragionamenti sono tratti solo dalle Scritture
e non teniamo in nessuna considerazione la loro tradizione; si rattristano e ci insultano pure a motivo di questo nostro attaccamento alla Parola di Dio. Considerate
un momento il motivo per cui avviene tutto ciò: non è
forse perché i loro rettori gli inculcano sin da fanciulli la
tradizione invece che la Parola di Dio? Non é forse perché gli è stato fatto credere che la tradizione dei padri ha
lo stesso valore della Parola di Dio? Certo che è per
questo. Perché dunque meravigliarsi di questo loro
comportamento verso di noi? E’ inevitabile che i Cattolici romani pensano che siamo noi che abbiamo rigettato
la Parola di Dio, che siamo noi che non ci atteniamo alla
Parola di Dio, appunto perché le loro guide cieche gli
hanno fatto credere che tutto quel bagaglio di precetti
che é la loro tradizione è Parola di Dio alla stessa maniera della sacra Scrittura. Noi dunque per loro che non
conoscono le Scritture non possiamo essere nella verità
perché rigettiamo la loro tradizione. Ma verrà il giorno
che essi si renderanno conto che non siamo noi che rigettiamo la loro tradizione che siamo nell’errore, ma
erano loro che giacevano nell’errore proprio perché osservavano la tradizione anziché la Parola di Dio.
LA SUA ISPIRAZIONE
La dottrina dei teologi papisti
Gli apostoli non scrissero per ordine del Signore.
I teologi romani affermano che la Scrittura è ispirata da
Dio; ecco infatti cosa dice il Perardi: ‘La Sacra Scrittura è la raccolta dei libri scritti per ispirazione di Dio
nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, e ricevuti dalla
Chiesa come opera di Dio stesso’.1 Ma nello stesso
tempo fanno un discorso tutto particolare in relazione
agli scritti del Nuovo Testamento. Il discorso è questo:
‘Il cristianesimo, invece, fin da principio poggiò unicamente sull’insegnamento orale; non era e non fu mai
una religione del ‘libro’ (...) Ai suoi discepoli Gesù diede il mandato di predicare, non di scrivere (...) Se più
tardi, dopo trenta o quarant’anni venne loro l’idea di
mettere in iscritto gli insegnamenti e le azioni del Signore, lo fecero certamente per provvidenziale disposizione, al fine di edificare i fedeli e di dimostrare la Divinità di Cristo e della sua parola (Giov. 20,31); ma non
per ordine di Gesù’.2 Ma che cosa vogliono dire i teologi papisti con queste parole? Perché parlano in questa
maniera? E’ vero quello che essi dicono? Ora, quello
che i teologi romani vogliono dire è questo: Gesù non
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 373
Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, Alba
1950, vol. I, pag. 48
La chiesa cattolica romana
scrisse nulla e non lasciò nessun libro ai suoi apostoli,
che essi potevano distribuire ai fedeli. Gesù comandò
loro d’insegnare quello che egli aveva loro comandato a
voce e questo essi fecero, e questi insegnamenti coloro
che li ricevevano dalla viva voce degli apostoli li trasmettevano a loro volta ad altri, quindi inizialmente gli
insegnamenti del Signore venivano trasmessi a voce e
non per iscritto. Gli scritti degli apostoli comparvero
solo dopo molti anni da che la chiesa era nata; ma essi
comparvero non per riformarla ma per aiutarla, perché
la chiesa era già pienamente costituita e possedeva il
suo patrimonio di verità. E questi scritti non furono
scritti dagli apostoli per ordine di Cristo Gesù, ma per
provvidenziale disposizione.
Confutazione
Gli Scritti del Nuovo Testamento, essendo stati scritti da
uomini mossi dallo Spirito Santo, furono scritti per ordine del Signore
E’ vero che Gesù non scrisse nessun libro e che quindi
gli apostoli non avevano ricevuto da lui nessuno scritto
che potevano distribuire agli altri, perché Gesù disse loro che lo Spirito Santo, che Egli gli avrebbe mandato,
gli avrebbe ricordato ogni cosa che lui aveva detto loro.
Inizialmente gli apostoli trasmisero la dottrina solo a
voce ai fedeli, come a Gerusalemme, e da che sappiamo
noi, le loro epistole vennero solo dopo che le prime
chiese furono fondate.
Ma è bene che si ricordi innanzi tutto che essi avevano
le sacre Scritture dell’Antico Patto e che era da esse che
essi traevano i loro ragionamenti per annunziare
l’Evangelo (lo stesso Gesù spiegò ai due discepoli sulla
via d’Emmaus tutte le cose che lo concernevano mediante la legge ed i profeti, e l’apostolo Pietro per esempio fece uso di diverse Scritture dell’Antico Patto nel
suo messaggio ai Giudei il giorno della Pentecoste) e la
sana dottrina, e poi che, quantunque il canone del Nuovo Testamento, così come lo abbiamo noi adesso, non
fosse ancora completo perché si andò completandosi col
passare dei decenni, i fedeli all’inizio potevano ascoltare
direttamente gli apostoli che erano stati con Gesù.
Ma a questo punto bisogna rispondere all’obbiezione
fatta dai teologi romani secondo la quale gli apostoli
scrissero sì per disposizione divina ma non per comando
di Gesù Cristo.
Ora, innanzi tutto dobbiamo riscontrare per l’ennesima
volta una contraddizione in queste loro parole. Perché?
Perché affermare come ha fatto anche il cardinale Bellarmino: ‘Non neghiamo che, per volere divino, gli Apostoli abbiano scritto ciò che scrissero; ma altro è fare
una cosa per suggerimento ed ispirazione, ed altro farla
per aperto comando’,3 significa da un lato che gli scritti
degli apostoli furono scritti per volontà di Dio e
dall’altro che gli apostoli non scrissero per ordine di
Cristo. Le due cose non si possono conciliare, perché se
noi diciamo che essi scrissero per volere divino, e non
per volontà umana, diciamo di conseguenza che essi
2
3
Roberto Bellarmino, De Verbo Dei, lib. IV, cap. 3
153
La sacra scrittura
scrissero per comando di Cristo anche se non c’è scritto
chiaramente nelle loro epistole che il Signore gli disse:
‘Scrivi...’.
E poi non è neppure vero che negli scritti degli apostoli
non c’è scritto l’esplicito ordine di scrivere alle chiese.
Prendiamo per esempio il libro della Rivelazione; noi
sappiamo che Giovanni non scrisse quel libro di sua volontà ma per volontà di Dio; è un libro ispirato al pari di
tutti gli altri. Ma non hanno mai letto queste parole i
teologi papisti in questo libro: “Scrivi dunque le cose
che hai vedute, quelle che sono e quelle che devono avvenire in appresso...”;1 “All’angelo della chiesa d’Efeso
scrivi...”;2 “E all’angelo della chiesa di Smirne scrivi...”;3 “E all’angelo della chiesa di Pergamo scrivi...”;4
“E all’angelo della chiesa di Tiatiri scrivi....”;5 “E
all’angelo della chiesa di Sardi scrivi...”;6 “E all’angelo
della chiesa di Filadelfia scrivi...”;7 “E all’angelo della
chiesa di Laodicea scrivi...”;8 ed ancora: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora
innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono”;9 “E l’angelo mi disse: Scrivi: Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello”;10
“E Colui che siede sul trono disse: Ecco, io fo ogni cosa
nuova, ed aggiunse: Scrivi, perché queste parole sono
fedeli e veraci”?11 Come si può ben constatare mentono
i teologi papisti quando dicono che gli apostoli non
scrissero per aperto comando divino, perché Giovanni
dice chiaramente nella Rivelazione di avere scritto tutte
quelle cose alle sette chiese dell’Asia per ordine di Cristo e di Dio. Ma essi dicono: ‘Ma non c’è scritto in ogni
Vangelo, e in ogni epistola che quello che l’autore aveva scritto lo aveva scritto per ordine di Dio!’ Ma noi diciamo: E perché mai ci dovrebbe essere scritto? Da
quando in qua Dio è obbligato ad agire come vogliono
gli uomini? Chi gli prescrive la via da seguire? E poi
cosa cambia se non c’è scritto che fu per aperto comando divino che essi scrissero? Forse che le loro epistole
non sono ispirate come le Scritture dell’Antico Testamento perché in esse non compare l’ordine divino di
scriverle? Prendiamo per esempio le epistole di Paolo:
in nessuna di esse c’è scritto che il Signore gli ha ordinato di scrivere quelle cose, cioè in nessuna di esse c’è
scritto che Gesù o Dio gli disse: ‘Scrivi alla chiesa o alle
chiese queste cose....’; eppure l’apostolo Pietro parlando
delle epistole di Paolo le include tra le Scritture secondo
che è scritto: “Nelle quali epistole sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione”;12 quindi l’apostolo Pietro considerava le epistole
1
Ap. 1:19
Ap. 2:1
3
Ap. 2:8
4
Ap. 2:12
5
Ap. 2:18
6
Ap. 3:1
7
Ap. 3:7
8
Ap. 3:14
9
Ap. 14:13
10
Ap. 19:9
11
Ap. 21:5
12
2 Piet. 3:16
2
154
La chiesa cattolica romana
di Paolo ispirate al pari del libro di Isaia, per esempio, il
quale fu scritto dal profeta per ordine di Dio secondo
che è scritto: “Or vieni e traccia queste cose in loro presenza sopra una tavola, e scrivile in un libro, perché rimangano per i dì a venire, sempre, in perpetuo”.13 Con
questo vogliamo dire che anche se le epistole di Paolo
non contengono l’ordine divino di scriverle da lui ricevuto, pure noi le accettiamo come epistole scritte alle
chiese per ordine del Signore perché esse sono Scrittura
ispirata da Dio. Facciamo un altro esempio per spiegare
questo concetto: l’apostolo Paolo dice a Timoteo: “La
Scrittura dice: Non metter la museruola al bue che trebbia; e l’operaio è degno della sua mercede”.14 Il primo
passo è preso dalla legge che noi sappiamo fu scritta per
ordine di Dio secondo che è scritto: “Poi l’Eterno disse
a Mosè: ‘Scrivi queste parole; perché sul fondamento di
queste parole io ho contratto alleanza con te e con Israele”;15 il secondo passo è citato dal primo libro di Luca
dove non c’è scritto: ‘Dio disse a Luca: Scrivi queste
parole...’; eppure Paolo mette tutti e due sullo stesso livello perché li chiama Scrittura. Quindi, per l’ennesima
volta, ribadiamo che anche se in un libro del Nuovo Testamento non c’è scritto l’ordine del Signore di scrivere
quelle cose, pure esso è stato scritto per ordine del Signore perché l’autore non ha pronunziato quelle parole
di sua volontà ma per volontà del Signore, sospinto dallo Spirito Santo. Non aveva forse detto Gesù che lo Spirito Santo non avrebbe parlato di suo ma avrebbe detto
tutto ciò che avrebbe udito da Lui?16 Dunque, se crediamo che le parole degli scrittori del Nuovo Testamento furono pronunciate dallo Spirito Santo dobbiamo altresì credere che fu il Signore a ordinare loro di scrivere
quelle cose.
E poi, noi diciamo anche questo: ‘Se l’apostolo Paolo
non scrisse per ordine del Signore come mai ordina ai
santi, sospinto dallo Spirito Santo, di leggere le sue epistole dicendo: “Io vi scongiuro per il Signore a far sì che
questa epistola sia letta a tutti i fratelli”,17 e: “E quando
questa epistola sarà stata letta fra voi, fate che sia letta
anche nella chiesa dei Laodicesi, e che anche voi leggiate quella che vi sarà mandata da Laodicea”?18 E come
mai dice anche ai fedeli di Tessalonica: “Così dunque,
fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiam trasmessi sia con la parola, sia con una nostra epistola”?19 Non è forse perché le sue epistole erano da lui
scritte per ordine del Signore? Certo che è così, infatti
sotto l’Antico Patto perché Geremia diede l’ordine a Baruc di andare a leggere nel tempio il libro che aveva
scritto sotto sua dettatura?20 Non fu forse perché Geremia lo aveva scritto per ordine di Dio?21
Ma a questo punto qualcuno domanderà: ‘Ma perché i
teologi papisti parlano in questa maniera a riguardo delle Scritture del Nuovo Patto quantunque dicano che esse
13
Is. 30:8
1 Tim. 5:18
15
Es. 34:27
16
Cfr. Giov. 16:13
17
1 Tess. 5:27
18
Col. 4:16
19
2 Tess. 2:15
20
Cfr. Ger. 36:5,6
21
Cfr. Ger. 36:2,3
14
La sacra scrittura
siano ispirate? La ragione è questa: essi, dicendo che
inizialmente la Chiesa andava avanti anche senza tutte
le epistole degli apostoli ma solo con i loro insegnamenti orali vogliono dire che è per questa ragione
che non bisogna poi dare alla Bibbia tutto questo valore
che gli diamo noi. Perché anche se gli apostoli non avrebbero scritto quello che hanno scritto, (Bellarmino
affermò che essi ‘se disputarono intorno ai dogmi lo fecero per caso’)1 il Vangelo e i loro insegnamenti ci sarebbero arrivati lo stesso oralmente, di seconda mano,
tramite il successore di Pietro e i suoi collaboratori. Ma
questo discorso lo fanno anche per sostenere che quantunque gli apostoli scrissero ‘per disposizione provvidenziale’, non scrissero tutto ciò che riguarda la vita e
gli insegnamenti di Gesù, e non scrissero tutta la dottrina di Dio, in modo che si debba escludere la tradizione.
Infatti Bartmann afferma che gli apostoli ‘coi loro scritti
non intesero descrivere tutto l’insegnamento e tutta la
vita del Signore, ma solo metterne in luce i punti principali’.2 In altre parole questo discorso a loro serve per
fare credere alle persone che oltre che nella Scrittura le
verità rivelate da Dio sono anche nella tradizione romana! Ecco ciò che si nasconde dietro questo loro astuto
discorso!
Infine, per ciò che riguarda le Scritture dell’Antico Patto, citiamo alcuni versi (oltre i due scritti in Esodo e in
Isaia citati precedentemente) che mostrano come esse
furono scritte per ordine di Dio.
- “Or Mosè mise in iscritto le loro marce, tappa per tappa, per ordine dell’Eterno...”;3 “L’Eterno disse a Mosè:..
Scrivetevi dunque questo cantico, e insegnatelo ai figliuoli d’Israele...”.4
- Dio disse a Geremia: “Prenditi un rotolo da scrivere e
scrivici tutte le parole che t’ho dette contro Israele, contro Giuda e contro tutte le nazioni, dal giorno che cominciai a parlarti, cioè dal tempo di Giosia, fino a
quest’oggi”;5
- Habacuc disse: “L’Eterno mi rispose e disse: Scrivi la
visione, incidila su delle tavole, perché si possa leggere
speditamente...”.6
Anche per quanto riguarda le Scritture dell’Antico Patto
va detto però che non in tutti i libri c’è scritto che il Signore ordinò di scrivere quel determinato libro. Ma pure, noi crediamo che quei libri dove non c’è scritto
quest’ordine furono scritti per ordine di Dio.
In conclusione, “ogni Scrittura è ispirata da Dio...”,7 infatti “nessuna profezia della Scrittura procede da vedute
particolari; poiché non è dalla volontà dell’uomo che
venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo”;8 il che significa che non fu per caso o senza l’ordine
del Signore che fu scritta tutta la Scrittura (Vecchio e
1
De Verbo Dei, lib. IV, cap. 4
Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, vol. I,
pag. 48
3
Num. 33:2
4
Deut. 31:16,19
5
Ger. 36:2
6
Hab. 2:2
7
2 Tim. 3:16
8
2 Piet. 1:20,21
La chiesa cattolica romana
Nuovo Testamento), ma proprio per ordine del Signore.
Al bando i sofismi dei teologi romani.
COME SI RICONOSCONO I LIBRI SACRI
La dottrina dei teologi papisti
I Libri sacri si riconoscono per mezzo della chiesa cattolica romana.
Ecco come si esprime il catechismo cattolico a riguardo
del come si riconoscono quali sono i libri ispirati da
Dio: ‘Senza della chiesa noi non potremmo neppure sapere quali Libri siano inspirati e che siano pervenuti a
noi integri e inalterati; nessun’altra autorità ce lo dice’,9
ed ancora: ‘Noi infatti sappiamo dalla Chiesa e solamente dalla Chiesa che quei libri sono divinamente ispirati (...) Solo la Chiesa ci dice autorevolmente quali sono i Libri divinamente inspirati’.10 Quindi secondo la
chiesa romana senza il suo aiuto e ‘la sua infallibile guida’ noi credenti non potremmo sapere neppure quali
siano i libri ispirati e quelli non ispirati!
Confutazione
I Libri sacri si fanno riconoscere da soli da tutti i credenti, come la luce si fa riconoscere (da coloro che ci
vedono) in mezzo alle tenebre
Noi credenti non abbiamo bisogno del magistero cattolico per discernere quali siano i libri ispirati nei quali
dobbiamo riporre la nostra fiducia e questo perché conosciamo la voce del Pastore e Vescovo delle anime nostre secondo che egli ha detto: “Le mie pecore ascoltano
la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono...”.11
Eppure ci sono degli estranei che vorrebbero farci capire
che senza il loro aiuto noi non possiamo neppure discernere la voce del Pastore! Ma quali sono quelle pecore che vanno a consultare gli estranei per sapere se la
voce del loro pastore è vera?
Noi, come figliuoli della luce e del giorno (così ci ha
chiamati Paolo)12 abbiamo la luce della vita e riusciamo
a discernere chiaramente la luce dalle tenebre; non abbiamo affatto bisogno dell’aiuto del magistero cattolico
per sapere se la luce é luce o se le tenebre sono tenebre!
E come potremmo sentire il bisogno di affidarci alla
guida di persone senza discernimento che “mutan le tenebre in luce e la luce in tenebre”13 come e quando lo
vogliono loro a danno di moltitudini di persone che essendo state accecate dalle tenebre ripongono in loro fiducia? Lungi da noi il pensiero di consultare le tenebre!
Come dice invece il profeta: “Alla rivelazione! alla testimonianza!”.14 Ma se il popolo cattolico romano non
parla così come parliamo noi, “non vi sarà per lui alcuna
2
9
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376
Ibid., pag. 373, 374
11
Giov. 10:27
12
Cfr. Ef. 5:8, 1 Tess. 5:5
13
Is. 5:20
14
Is. 8:20
10
155
La sacra scrittura
aurora! Andrà errando per il paese, affranto, affamato...”.1
Non è stata e non è la Chiesa di Dio di per sé a decidere
quali libri sono ispirati e quali no, perché i libri ispirati
si sono sempre fatti riconoscere e si riconoscono da sé
come la luce si è sempre fatta riconoscere e si fa riconoscere in mezzo alla notte. Pietro infatti paragona la
Scrittura ad una lampada splendente in luogo oscuro.2
Chi è che avendo la vista non riesce a vedere una lampada splendente in luogo oscuro? In altre parole la
Chiesa di Dio ha dovuto e deve solo prendere atto della
realtà; cioè che sulla terra, in mezzo a questo mondo di
tenebre, ci sono dei libri ispirati che emanano luce divina e devono essere messi sullo stesso livello l’uno con
l’altro perché Parola di Dio pura d’ogni scoria, e ci sono
anche libri non ispirati, che di luce divina non ne emanano che non devono essere messi allo stesso livello dei
primi, cioè non devono per nessun motivo essere inclusi
nel canone. Quando dico la Chiesa di Dio non intendo
una particolare casta in seno ad essa ma tutti i membri
di essa. E come possono riconoscerli all’istante senza
alcuna esitazione? Con l’aiuto dello Spirito di Dio che
dimora in essi che mediante i suoi impulsi li attira ai libri scritti per opera sua, ma li allontana da quelli che
non sono stati scritti sospinti da Lui ma che taluni vogliono che siano fatti passare per ispirati. In altre parole,
la Bibbia non prende la sua autorità dalla Chiesa, ma la
Chiesa da essa perché essa è la Parola di Dio.
Questa asserzione della chiesa cattolica romana, cioè
quella di essere solo lei in grado di riconoscere quali
sono i Libri sacri, trova tante smentite in tante loro decisioni.
Per esempio nella quarta sessione del concilio di Trento
(1546) 5 cardinali e 48 vescovi (tali erano infatti i presenti in quella sessione del concilio) decretarono che i
libri apocrifi erano ispirati quando essi non lo sono per
nulla al pari di qualsiasi altro libro non ispirato, infatti
contengono contraddizioni, eresie e favole. 3 Eppure la
chiesa romana li ha riconosciuti sacri e ha lanciato
l’anatema contro chi non li riconoscerà tali! Sarebbe
questa dunque la capacità di discernere il sacro dal profano che la chiesa cattolica romana afferma di possedere
e di esercitare sotto la guida dello Spirito Santo e che
sarebbe così preziosa agli uomini? Ma non si deve invece dire che non fu per nulla lo Spirito della verità a fargli riconoscere sacri quei libri apocrifi (perché non fu
lui a sospingere gli scrittori di quei libri a scrivere favole giudaiche e sogni e visioni ingannatrici) ma piuttosto
lo spirito dell’errore che aleggia sopra ogni concilio della curia romana quando esso si riunisce? E noi sappiamo
perché parve loro bene inserire i libri apocrifi nel canone, perché avevano tutti gli interessi a farlo. Essi servono loro infatti di appoggio per giustificare le preghiere
per i morti, e la dottrina che fa dei morti degli intercessori presso Dio.
Ma la chiesa cattolica romana dichiara autorevoli, perché secondo lei ispirati dallo Spirito Santo, anche tante
1
Is. 8:20,21
Cfr. 2 Piet. 1:19
3
Vedi la parte dove ho parlato dei libri apocrifi dimostrando
che non sono ispirati.
La chiesa cattolica romana
altre decisioni dei concili come il celibato forzoso, il
purgatorio, la messa, per citarne solo alcune, che non
fanno altro che contrastare la verità. Diciamo quindi ancora: E sarebbe questa la capacità di cui lo Spirito Santo
l’avrebbe fornita di discernere il vero dal falso? Ma non
è forse meglio dire che se occorresse basarsi su quello
che dice la chiesa cattolica romana a proposito di ciò
che bisogna riconoscere come sacro e come invece come profano, come autorevole e come non autorevole,
noi ci svieremmo dalla verità perché saremmo indotti da
essa a riconoscere per cose vere e autorevoli tante menzogne generate da Satana? Sì, è proprio così, senza dubbio. Prendiamo per esempio le storielle sui loro santi,
sulle loro reliquie miracolose, e tante apparizioni di Maria tutte dichiarate autentiche da essa e degne di essere
credute: ma che non sono altro che profanità fatte passare per verità. Ci dovremmo forse mettere a riconoscerle
come autorevoli perché il magistero romano gli conferisce autorità riconoscendoli sani ed integri? Così non sia.
Come potremmo farlo quando lo Spirito di Dio che è in
noi ci brama fino alla gelosia e ci attesta che esse sono
menzogne?
LA SUA COMPRENSIONE
La dottrina dei teologi papisti
Gli Scritti sacri si possono comprendere rettamente solo
tramite il magistero.
Il concilio Ecumenico Vaticano II ha dichiarato:
‘L’ufficio poi di interpretare autenticamente la parola di
Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo magistero
vivo della chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di
Gesù Cristo’,4 cioè ai vescovi in comunione con il capo
dello Stato del Vaticano. Il significato di questa affermazione é questo in sostanza: l’uomo non può comprendere in maniera retta ciò che la Scrittura dice senza
la guida del magistero della chiesa romana (per confermarvi ciò vi ricordo quello che il fratello Fumagalli dice
nella sua testimonianza: ‘Avevo la Bibbia, ma ero cieco
e non la potevo intendere; non la potevo intendere perché mi era stato insegnato che per intendere la Bibbia
dovevo fondarmi sul magistero della chiesa cattolica’)
perché esso solo ha il potere di interpretare e di fare
comprendere rettamente la Parola di Dio. Potere che ha
per mandato divino e che esso esplica sotto la guida dello Spirito Santo, per cui le sue spiegazioni sono infallibili, dato che ‘l’infallibilità promessa alla chiesa risiede
pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo magistero col successore di Pietro’.5
Confutazione
E’ il Signore che fa comprendere rettamente gli Scritti
sacri e non il magistero della chiesa cattolica romana
Non è affatto come dice la chiesa cattolica romana perché è il Signore mediante il suo Spirito che fa compren-
2
156
4
Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. II
Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. III
5
La sacra scrittura
dere rettamente le Scritture. Ora, con le seguenti Scritture e riflessioni attorno ad esse dimostrerò quanto appena
detto.
- Gesù prima di morire aveva detto ai suoi discepoli:
“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e saranno adempiute rispetto al Figliuol dell’uomo tutte le cose scritte dai
profeti; poiché egli sarà dato in man de’ Gentili, e sarà
schernito ed oltraggiato e gli sputeranno addosso; e dopo averlo flagellato, l’uccideranno; ma il terzo giorno
risusciterà. Ed essi non capirono nulla di queste cose;
quel parlare era per loro oscuro, e non intendevano le
cose dette loro”.1 Vi sono altre Scritture che attestano
come gli stessi discepoli di Gesù non capivano né le
Scritture che parlavano di Gesù e neppure le sue parole
che preannunziavano la sua morte e la sua risurrezione,
ed esse sono le seguenti: “Or i suoi discepoli non intesero da prima queste cose...”;2 “Ma essi non capivano quel
detto ch’era per loro coperto d’un velo, per modo che
non lo intendevano....”;3 “Ma essi non intendevano il
suo dire...”.4 Notate che i discepoli, benché avessero
creduto che Gesù era il Cristo il Figliuolo di Dio che era
proceduto dal Padre, non avevano compreso ancora le
cose che Mosè e i profeti avevano dette di lui, cioè che
egli doveva soffrire e risuscitare dai morti. Ma com’era
possibile che degli uomini che avevano creduto in lui,
non intendevano ancora le cose scritte di lui? La ragione
é perché quelle Scritture erano coperte da un velo per
loro e perciò era loro impossibile comprenderle. Le
compresero dopo che Gesù risuscitò infatti fu allora che
il Signore aprì loro la mente per intenderle secondo che
è scritto: “Poi disse loro: Queste son le cose che io vi
dicevo quand’ero ancora con voi: che bisognava che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, ne’ profeti e
nei Salmi, fossero adempiute. Allora aprì loro la mente
per intendere le Scritture...”;5 fu allora che essi “si ricordarono che queste cose erano state scritte di lui”,6 e
che i Giudei gliele avevano fatte. Tutto ciò ci mostra
come per intendere le Scritture che parlano di Gesù Cristo non é sufficiente leggerle o ascoltarle, perché é necessario anche che il Signore apra la mente per intenderle come fece in verso i suoi discepoli, quando apparve
loro. Quindi se il Signore fu potente a fare comprendere
ai suoi discepoli le Scritture aprendogli la mente perché
non si dovrebbe pensare che egli questo lo continui a
fare ancora oggi senza servirsi di persone fisiche? Vi è
forse qualcosa di troppo difficile per il Signore? O forse
il suo modo di agire è cambiato?
- Gesù quando parlò dello Spirito Santo che Egli avrebbe mandato ai suoi discepoli dopo che sarebbe stato assunto in cielo, disse loro: “Molte cose ho ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; ma quando
sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in
tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto
quello che avrà udito, e vi annunzierà le cose a venire”,7
1
Luca 18:31-34
Giov. 12:16
3
Luca 9:45
4
Mar. 9:32
5
Luca 24:44-45
6
Giov. 12:16
7
Giov. 16:12,13
2
La chiesa cattolica romana
ed ancora: “Egli vi insegnerà ogni cosa...”.8 Da queste
parole emerge che Gesù ha mandato lo Spirito Santo per
insegnarci ogni cosa e per guidarci nella verità, e perciò
non abbiamo bisogno affatto della guida del magistero
romano per intendere la verità, perché lo Spirito di Dio
stesso ci guida e ci insegna ogni cosa; Egli basta. Ma
qualcuno dirà: Ma la promessa Gesù la fece solo ai suoi
apostoli? Sì, le parole furono rivolte a loro in quella occasione ma sono dirette a tutti i discepoli di Cristo. Nulla togliendo con tutto ciò al fatto che Dio nella sua
Chiesa ha costituito i dottori i quali hanno il dono
d’insegnare, ma non certo la capacità di fare comprendere perché questa la continua ad avere lo Spirito di Dio
mandato dal cielo che è in ogni credente.
- Gesù un giorno giubilò per lo Spirito e disse: “Io ti
rendo lode, o Padre, Signor del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai savi e agl’intelligenti, e
le hai rivelate ai piccoli fanciulli! Sì, o Padre, perché
così ti é piaciuto”.9 Noi pure riconosciamo che Dio rivela le cose relative al regno di Dio a coloro che mutano e
diventano come i piccoli fanciulli, ma le nasconde a coloro che sono molto studiati e si credono savi e intelligenti. E noi, per la grazia di Dio siamo proprio tra i piccoli fanciulli a cui Dio ha rivelato il suo Figliuolo e le
cose relative al suo regno, e per questo lo lodiamo; sì, lo
lodiamo perché riconosciamo di essere pervenuti alla
conoscenza della verità perché Dio ci ha dato
quell’intendimento che nessun uomo sulla faccia della
terra ci avrebbe potuto dare. Noi avremmo potuto ascoltare anche il migliore oratore, l’uomo più eloquente
nell’esporre le cose relative al regno di Dio, ma se non
fosse stato per l’intervento soprannaturale di Dio noi
non avremmo giammai compreso quello che in realtà è
così semplice ma che tanti sulla terra - tra cui i teologi
papisti - hanno reso con i loro discorsi così difficile, così intricato. Ma che cos’è così semplice? Il messaggio
della salvezza e la via per riceverla.
- L’apostolo Paolo disse a Timoteo: “Considera quello
che dico, poiché il Signore ti darà intelligenza in ogni
cosa”;10 quindi Paolo credeva che sarebbe stato il Signore stesso a fare intendere a Timoteo le cose che lui gli
aveva scritto. Non una categoria di credenti in qualche
parte del globo con il potere di interpretare rettamente le
cose che lui gli scriveva, ma il Signore stesso.
- L’apostolo Paolo disse ai Filippesi: “Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; e se in alcuna
cosa voi sentite altrimenti, Iddio vi rivelerà anche quella”.11 In queste parole Paolo espresse la sua fiducia che
se i santi di Filippi non comprendevano ancora qualcosa
il Signore gliel’avrebbe fatta intendere rivelandogliela.
Avete notato? In questi due passi delle Scritture è messa
in risalto l’opera potente di comprensione operata da
Dio nei credenti.
- Giovanni ha scritto: “Ma quant’è a voi, l’unzione che
avete ricevuta da lui dimora in voi, e non avete bisogno
che alcuno v’insegni; ma siccome l’unzione sua
v’insegna ogni cosa, ed è verace, e non è menzogna,
8
Giov. 14:26
Luca 10:21
10
2 Tim. 2:7
11
Fil. 3:15
9
157
La sacra scrittura
dimorate in lui come essa vi ha insegnato”.1 Come potete vedere Giovanni credeva che era l’unzione che i credenti avevano ricevuto dal Signore che gl’insegnava
ogni cosa, e non un particolare collegio di vescovi preposto dal Signore. Le parole dell’apostolo non fanno
altro che confermare le parole che Gesù disse ai suoi
discepoli quando promise loro lo Spirito Santo: “Egli
v’insegnerà ogni cosa”.2 E’ bene però fare una puntualizzazione a questo punto; il fatto che l’unzione del Santo ci insegna ogni cosa non significa che noi non abbiamo bisogno dei ministri di Dio, perché altrimenti la
Scrittura si contraddirebbe dato che essa afferma che
Dio ha costituiti nella sua Chiesa, gli apostoli, i profeti,
gli evangelisti, i pastori e i dottori per il perfezionamento dei santi e per l’edificazione del corpo di Cristo.3 Ripeto questo concetto in questi termini: Giovanni con
queste parole non ha voluto dire che i credenti, perché
hanno ricevuto l’unzione dal Santo, non hanno bisogno
di essere ammaestrati da nessuno perché Luca dice:
“Quelli dunque i quali accettarono la sua parola, furon
battezzati.... Ed erano perseveranti nell’attendere
all’insegnamento degli apostoli”,4 ed anche che Paolo
dimorò in Corinto “un anno e sei mesi, insegnando fra
loro la parola di Dio”;5 e perché Paolo disse a Timoteo:
“Ordina queste cose e insegnale”,6 e a Tito: “Insegna
queste cose...”.7 Giovanni ha voluto soltanto dire che
noi conosciamo la verità e che non abbiamo bisogno di
quei personali e contraddittori ammaestramenti intorno
a Gesù che tanti impostori spandono a piene mani, perché quelli che abbiamo ricevuto dallo Spirito di Dio intorno a Gesù Cristo sono veraci e sufficienti alla nostra
salvezza. Conosciamo tutto ciò che può salvare le anime
nostre perché l’unzione del Santo c’insegna ogni cosa e
non abbiamo perciò bisogno degli insegnamenti diabolici del magistero romano, dei Mormoni o di quelli dei
cosiddetti Testimoni di Geova o di quelli dei seguaci di
Moon, o di qualche altra pseudochiesa. Quindi, concludendo; quantunque l’unzione del Santo ammaestra tutti i
credenti, coloro che hanno ricevuto il dono
d’insegnamento devono insegnare ai credenti le cose
relative al regno di Dio per confermarli e contribuire
alla loro crescita spirituale, e i credenti a loro volta devono perseverare all’attendere al loro insegnamento
perché questa è la volontà di Dio. Coloro che ammaestrano e coloro che vengono ammaestrati tengano sempre bene a mente queste parole di Paolo a Timoteo:
“Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose, perché, facendo così, salverai te stesso e quelli
che ti ascoltano”.8 Notate infatti come la salvezza è assicurata sia al ministro che persevera nell’essere
d’esempio ai credenti e insegna loro la sana dottrina, e
sia a coloro che attendono al suo insegnamento e lo mettono in pratica.
1
1 Giov. 2:27
Giov. 14:26
3
Cfr. Ef. 4:11,12
4
Atti 2:41,42
5
Atti 18:11
6
1 Tim. 4:11
7
Tito 2:15
8
1 Tim. 4:16
2
158
La chiesa cattolica romana
- L’apostolo Paolo ha detto ai Corinzi: “E se il nostro
vangelo é ancora velato, é velato per quelli che son sulla
via della perdizione, per gl’increduli, dei quali l’iddio di
questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce
dell’evangelo della gloria di Cristo, che é l’immagine di
Dio, non risplenda loro”.9 Oggi, per la grazia di Dio,
possediamo oltre che gli Scritti dell’Antico Patto che
parlano di Gesù, anche le testimonianze scritte di Matteo, Marco, Luca e Giovanni che parlano in maniera
chiara della nascita di Gesù, della sua vita, dei suoi insegnamenti e delle sue opere potenti, della sua morte e
della risurrezione, eppure molti di quelli che leggono ed
ascoltano l’Evangelo scritto da questi uomini non lo intendono affatto e tra questi vi sono pure milioni e milioni di Cattolici romani sparsi sulla faccia della terra.
Hanno il magistero eppure il Vangelo é ancora velato
per loro. Perché é velato? Perché non riescono a comprendere il messaggio del Vangelo? Il motivo è perché
essi hanno le loro menti accecate dalle tenebre e perciò
non possono vedere la luce che il Vangelo di Dio emana. Ciò che bisogna fare per essere salvati è scritto chiaramente ma per loro è oscurità profonda. E perché questo? Perché il Vangelo è stato dal loro magistero offuscato con la tradizione, in maniera che quello che è luce
per loro è tenebre; e quanto grandi sono queste tenebre!
Come i Giudei che fanno la lettura dell’Antico Patto
hanno un velo steso sopra il loro cuore che gli impedisce di riconoscere che le Scritture profetiche si sono adempiute in Gesù di Nazaret, così oggi moltitudini di
uomini che leggono o ascoltano il Vangelo hanno ancora le loro menti ottuse. Essi sono sulla via della perdizione e fino a quando non si ravvederanno e non crederanno con il cuore in ciò che leggono o ascoltano non
potranno comprendere il Vangelo. Come potete vedere
si perviene a comprendere il Vangelo in seguito ad una
illuminazione operata da Dio, perciò rigettiamo la dottrina che afferma che una particolare classe di persone
abbia il potere di fare comprendere le parole del Vangelo.
Per concludere; esistono due tipi di persone sulla terra;
quelle che hanno inteso la Scrittura perché si sono umiliate davanti a Dio e il Signore ha aperto loro la mente
per intenderla e continuano ad intenderla rettamente
perché lo Spirito di Dio le guida; e quelle che giacciono
nelle tenebre con la mente ottusa perché rifiutano di umiliarsi davanti a Dio e preferiscono dare ascolto ai precetti umani anziché a quelli di Dio così chiaramente
scritti. Tra quest’ultime ci sono anche la curia romana e
i suoi seguaci.
Alcune considerazioni finali ora. La ragione per cui i
vertici della chiesa romana dicono che per capire la
Bibbia occorre la guida del magistero è che temono che
i loro seguaci comincino a intendere rettamente tutte
quelle Scritture che demoliscono tutta la loro secolare e
perversa tradizione. E perciò cercano con le loro parole
di dissuaderli dal credere che le cose stanno veramente
così come sono scritte, facendo dei ragionamenti che
hanno alla loro base sempre la loro perversa tradizione
(ci si può benissimo rendere conto di questo leggendo le
note ‘esplicative’ messe nelle Bibbie cattoliche); in altre
9
2 Cor. 4:3,4
La sacra scrittura
parole il magistero si usa della tradizione per tenere velato il Vangelo davanti agli occhi degli uomini. Ma Dio
è più potente del magistero romano, e come nel passato
fece comprendere rettamente il significato della sua Parola a tutti quei Cattolici romani che si disposero a cercare solo nella Scrittura la verità, così fa ancora oggi.
Sono tanti infatti coloro che dopo essere stati ingannati
dai sofismi della cosiddetta chiesa docente, illuminati da
Colui che è la luce del mondo giungono a comprendere
rettamente le cose necessarie alla loro salvezza così come sono scritte nella Scrittura. In verità Dio è più grande dell’uomo. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.
Ma pensate fratelli solo per un momento se noi che abbiamo creduto dovessimo basarci sul magistero romano
per intendere le Scritture - come dicono essi - nella maniera retta. Finiremmo con il comprendere in maniera
del tutto errata la Parola di Dio. Infatti ci metteremmo a
credere che non si può essere certi della propria salvezza, che dopo morti dovremo andare a purgarci in purgatorio perché il sangue di Gesù non può purgarci da ogni
peccato, che oltre a Gesù in cielo c’è tutta una schiera di
mediatori molto potenti a cui è bene affidarsi, che i vescovi non devono sposarsi per potere pascere il gregge
di Dio, che il papa è il capo visibile della Chiesa di Cristo perché è il successore di Pietro il quale fu costituito
da Cristo capo della Chiesa, che noi dobbiamo pregare
per i morti, che la cena del Signore è la ripetizione del
sacrificio di Cristo, e via via le altre dottrine papiste.
Quindi si deve dire che se noi ci appoggiassimo sul magistero romano ci svieremmo dalla verità che abbiamo
conosciuto. Il magistero romano è dunque uno strumento nelle mani di Satana di cui egli si usa per far credere
un mucchio di menzogne che non hanno nulla a che fare
con la verità. Il magistero non ha per nulla inteso la Parola di Dio e perciò non la può affatto insegnare; esso è
nelle tenebre più fitte e col suo insegnamento non può
per nulla guidare i Cattolici. Ma come fate - dirà qualcuno - a esprimervi in questa maniera così categorica a
riguardo dei componenti del magistero romano? Perché
abbiamo fatto e facciamo tuttora quello che prima di noi
hanno fatto i Bereani; abbiamo esaminato ed esaminiamo le Scritture per vedere se le cose stanno veramente
così e abbiamo riscontrato e riscontriamo tuttora che
esse non sono confermate dagli Scritti sacri, ma da essi
smentite e dichiarate menzogne. Per questa ragione vi
diciamo a voi fratelli in Cristo di non dare per nulla retta
al magistero cattolico per non sviarvi dalla verità; e a
voi Cattolici romani di smettere di dare retta al vostro
magistero perché esso vi sta conducendo a vostra insaputa nel fuoco eterno. Piegate le vostra ginocchia davanti al Signore, imploratelo affinché vi perdoni tutti i
vostri peccati; così facendo Lui stesso verrà a voi e dopo
avervi perdonato vi farà intendere la sua Parola; in una
maniera che vi accorgerete è l’opposto di quella sperimentata fino a quel momento.
La chiesa cattolica romana
zogne. L’attaccano quelli di Scienza Cristiana, i Mormoni, i Testimoni di Geova, i seguaci del coreano Moon, e come abbiamo visto anche la chiesa cattolica romana che si proclama la madre delle chiese. L’attacco
dei suoi nemici è però abilmente mascherato, tanto che
ad un primo acchito non sembra un attacco ma solo una
maniera per spiegare alcuni aspetti della Parola di Dio:
come il suo contenuto e la sua comprensione. Ma analizzando bene il discorso di costoro ci si accorge di
quanto velenoso e mortifero sia perché tende a fare apparire la sacra Scrittura o incompleta o incomprensibile
o così difficile da capire che ha bisogno di speciali persone che hanno ricevuto una particolare ‘illuminazione
divina’ o ‘intendimento spirituale’ che la spieghino al
popolo ignorante e incapace di penetrare i misteri della
Bibbia come fanno loro. E come ho detto prima
l’attacco di costoro si propone sempre di sedurre le persone tramite la Bibbia stessa, di indurle a credere ogni
sorta di dottrine di demoni; nella chiesa cattolica romana per esempio tende a fare accettare la salvezza per opere meritorie, il purgatorio, il culto a Maria, ai santi,
agli angeli, il primato del papa, e tutte le altre tradizioni
cosiddette apostoliche.
Ora, benché la Parola di Dio non seduce nessuno perché
è la verità pure occorre dire che costoro facendo leva su
delle sue parole, prese fuori dal loro contesto, o dando
interpretazioni false a storie o parole scritte in essa, riescono a sedurre le persone. Ma si badi bene che essi oltre che a sedurre gli altri a loro volta sono stati sedotti
dal diavolo.
E’ necessario quindi che voi fratelli conosciate bene le
sacre Scritture al fine di non cadere preda di questi seduttori di menti che sanno come sfruttare la mancanza
di conoscenza della Parola di Dio nei figliuoli di Dio, ed
anche al fine di essere in grado con l’aiuto di Dio di
smascherare e confutare i ragionamenti di costoro con la
speranza che alcuni di loro rimangano persuasi delle cose dettegli. Non sprezzate la conoscenza della Scrittura
perché ne avreste del danno voi stessi e non sareste di
alcun aiuto a coloro che sono rimasti sedotti da questi
ragionamenti che si elevano contro la Parola di Dio. Investigate le Scritture, mettetevi da parte quotidianamente un certo lasso di tempo per investigarle, e meditatele
del continuo, perché esse vi possono rendere savi in Cristo e fortificare sempre maggiormente, e scampare dai
lacci di codesti uccellatori travestiti da ministri di Cristo.
CONCLUSIONE
La Scrittura è tuttora attaccata da coloro che cercano il
loro proprio interesse e che invece di edificare la Chiesa
si studiano di sedurla per trascinarla dietro a delle men-
159
Il purgatorio e dottrine collegate
Capitolo 6
IL PURGATORIO E DOTTRINE COLLEGATE
IL PURGATORIO
La dottrina dei teologi papisti
Il purgatorio è un luogo di tormento dove vanno coloro
che muoiono in grazia, a espiare la pena dovuta per i
loro peccati. La chiesa viene in aiuto alle anime che sono in esso con il suffragio, affinché le loro pene siano
alleviate e siano liberate dal purgatorio. La messa offerta sull’altare privilegiato ha il potere di fare uscire
subito l’anima dal purgatorio. La ragione ci fa sentire
la necessità di un purgatorio; chi può essere così santo
e puro all’atto della morte da poter andare subito in
paradiso?
L’Enciclopedia Cattolica definisce il purgatorio così:
‘Stato ultraterreno, duraturo fino all’ultimo giudizio, in
cui le anime di coloro, che sono morti in Grazia, ma con
imperfezioni o peccati veniali o pene temporali da scontare per i peccati gravi rimessi, espiano e si purificano
prima di salire in paradiso’.1 E’ bene precisare che secondo quello che insegna la chiesa romana attualmente
sul purgatorio, le anime che sono in questo luogo soffrono sì pene intensissime per espiare i debiti che hanno
verso Dio, ma essa stessa non sa dire in che cosa consistono precisamente queste pene e neppure se tra esse ci
sia il fuoco. Il Perardi così si è espresso: ‘Le anime in
Purgatorio soffrono la privazione di Dio e altre pene sino a che abbiano soddisfatto in tutto ai debiti che hanno
colla giustizia di Dio (...) Non sappiamo esattamente
quali siano le altre pene che, oltre la privazione di Dio,
si soffrono in Purgatorio. Taluni pensano che tali pene
siano simili a quelle dell’Inferno (...) Non sappiamo in
che cosa esse consistano, e neppure se tra esse vi sia il
fuoco’.2 L’Enciclopedia Cattolica afferma comunque
che secondo la dottrina comune dei teologi cattolici nel
purgatorio si patiscono ‘sofferenze causate dal fuoco’.3
Ma come fanno i teologi romani a sostenere il purgatorio con le sacre Scritture? Principalmente (perché come
vedremo in appresso essi prendono altri passi della
Scrittura) mediante queste parole di Paolo: “Io, secondo
la grazia di Dio che m’è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamento; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com’egli vi edifica sopra; poiché nessuno
può porre altro fondamento che quello già posto, cioè
Cristo Gesù. Ora, se uno edifica su questo fondamento
oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia,
l’opera d’ognuno sarà manifestata, perché il giorno di
Cristo la paleserà; poiché quel giorno ha da apparire
qual fuoco; e il fuoco farà la prova di quel che sia
l’opera di ciascuno. Se l’opera che uno ha edificata sul
1
Enciclopedia Cattolica, vol. 10, 330
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 172, 175
3
Enciclopedia Cattolica, vol. 10, 337
2
160
La chiesa cattolica romana
fondamento sussiste, ei ne riceverà ricompensa; se
l’opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno; ma egli stesso
sarà salvo; però come attraverso il fuoco”.4 Secondo i
teologi papisti questo “sarà salvo, però come attraverso
il fuoco” significa che il giusto dopo avere penato nel
purgatorio per un certo tempo, sarà salvato nel paradiso
di Dio, perché il fuoco purificatore lo avrà purificato da
ogni residuo di peccato. E per sostenere questa loro interpretazione essi prendono diversi loro padri tra cui
Agostino di Ippona che ha detto: ‘Secondo questa opinione, nell’intervallo di tempo che corre dalla morte di
questo corpo fino a quando si giungerà al giorno in cui
avverrà la resurrezione dei corpi - giorno dell’estremo
giudizio nel quale si pronunzierà la sentenza del premio
o del castigo - le anime dei defunti che, durante la loro
vita terrena, non hanno avuto costumi e affetti tali da
meritare di essere consumati come legna, fieno e paglia,
non subiranno il fuoco che brucerà quelle anime che
non vissero in tale modo. Queste saranno afflitte dal
fuoco di una tribolazione passeggera che brucerà a fondo le costruzioni di legno, fieno e paglia, non meritevoli
di eterna condanna; e le brucerà o su questa terra, o
quaggiù e nell’aldilà, o solo nell’altra vita. A questa opinione non mi oppongo perché forse è un opinione vera’.5
Le anime che sono nel purgatorio possono essere aiutate
dai vivi. Il catechismo della chiesa romana afferma infatti: ‘Possiamo soccorrere e anche liberare le anime
dalle pene del Purgatorio con i suffragi ossia con preghiere, indulgenze, elemosine ed altre opere buone, e
sopra tutto con la santa Messa (...) Il frutto di queste
opere, applicato alle anime del Purgatorio, prende il
nome di suffragio, perché suffraga, cioè allieva le pene
delle anime del Purgatorio e ne affretta la liberazione’.6
In altre parole ai Cattolici romani viene detto che con le
preghiere, le elemosine, le indulgenze, le opere buone e
soprattutto con la messa essi concorrono a pagare i debiti che le anime dei defunti devono espiare in purgatorio.
Questo suffragio è molto sentito dai Cattolici romani
soprattutto il 2 Novembre che è la festa dei morti; una
festa che ha mille anni essendo stata istituita nel 998 da
Odilone abate di Clunì il quale si contraddistingueva per
il suo zelo nel pregare per le anime del purgatorio. A
sostegno di questo cosiddetto suffragio, i teologi romani
prendono diverse citazioni dei cosiddetti padri tra cui
queste di Agostino: ‘Dobbiamo ammettere che le anime
dei trapassati possono ricevere qualche sollievo dalla
pietà dei parenti, quando per esse offrono il santo Sacrificio del Mediatore, ovvero distribuiscono elemosine ai
poveri. Ma questi suffragi profitteranno soltanto a coloro i quali, durante la loro vita, avranno meritato che
queste opere buone possano essere loro applicate (...) A
coloro cui possono essere di giovamento, essi ne ricavano questo vantaggio; o ricevono piena ed intiera remis4
1 Cor. 3:10-15
Agostino di Ippona, La città di Dio, Libro XXI, cap. XXVI.
Anche se Agostino talvolta è ambiguo nel parlare e pare essere
incerto sul purgatorio, pure occorre dire che a giusta ragione la
chiesa papista lo reputa il vero padre del purgatorio perché con
le sue parole ne ha gettato le fondamenta.
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 172, 173
5
Il purgatorio e dottrine collegate
sione delle loro colpe, o certamente qualche sollievo nel
rigore delle loro pene’.1 E soprattutto il seguente passo
dei Maccabei dove è detto che Giuda Maccabeo fece
offrire un sacrificio per i peccati di alcuni Giudei morti
in battaglia (sotto le cui tuniche erano state ritrovati degli ‘oggetti sacri agli idoli di Iamnia’):2 ‘Per questo egli
fece compiere il sacrificio di espiazione per quelli che
erano morti, affinché fossero assolti dal peccato’.3
L’altare privilegiato, dice l’Enciclopedia Cattolica, ‘è
quello che gode dell’indulto della indulgenza plenaria,
da applicarsi al defunto per il quale si celebra la Messa’.4 Dell’altare privilegiato godono i cardinali e coloro
ai quali è stato concesso dal papa. Nella pratica ciò significa che ogni messa celebrata su uno di questi altari
libera un’anima dal purgatorio. ‘... tutti gli altari sono
privilegiati il giorno della commemorazione dei defunti’.5
Ma qual’è il fine di questa dottrina del purgatorio?
Quello di tranquillizzare i peccatori facendogli credere
che anche dopo morti potranno essere purificati dai loro
peccati ed accedere dopo questa purificazione in paradiso.6 Ecco come il teologo Perardi cerca di tranquillizzare i Cattolici romani parlando del purgatorio nel suo
Nuovo Manuale del Catechista: ‘Anche la ragione ci fa
sentire la necessità del Purgatorio. Niente di macchiato
può entrare in Paradiso. Ora, quante anime si sono
guardate dal peccato mortale, ma tuttavia sono cariche
di peccati veniali; quante anime convertite, tratte
dall’abitudine, ricaddero in colpe gravi, di cui si confessarono, ma non poterono farne penitenza; quante anime
si pentirono soltanto in punto di morte! Esse non possono entrare subito in Paradiso. Dovranno venirne escluse
per sempre e andare all’Inferno? Se non esistesse il Purgatorio, la giustizia di Dio ci apparirebbe troppo spaventosa; potremmo sperare di trovarci, in punto di morte,
così puri, così santi da meritare subito il Paradiso? - La
misericordia di Dio ci apparirebbe troppo scarsa, troppo
limitata poiché non potrebbe mai accogliere in cielo le
anime ree anche di sole colpe veniali’.7
Storia
Le origini di questa dottrina del purgatorio sono antiche;
essa infatti fu inventata per primo da Platone quattrocento anni prima della venuta di Cristo (questo filosofo
credeva pure nella reincarnazione). Questo filosofo divideva le anime in tre categorie; nella prima erano le
anime giuste che erano immediatamente ricevute nelle
1
Agostino di Ippona, Enchiridion, cap. CIX
Cfr. 2 Maccabei 12:38-40
3
2 Maccabei 12: 45
4
Enciclopedia Cattolica, vol. 1, 925
5
Lessico universale italiano, vol. 1, Roma 1968, pag. 464
6
Quantunque la distinzione tra peccati veniali e peccati mortali
riguarda i battezzati della chiesa cattolica, chiamati da essa
Cristiani, io nella mia confutazione quando ne parlo riferendomi a loro ne parlo come se essa concernesse i peccati di
peccatori perché è risaputo che il loro battesimo non fa diventare cristiano proprio nessuno. Essi sono sotto il peccato e non
sono stati ancora affrancati dal peccato mediante il sangue di
Cristo.
7
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 175
2
La chiesa cattolica romana
isole dei beati; nella seconda erano le anime dei sacrileghi, degli omicidi e degli altri cattivi che erano immediatamente condannate ai supplizi eterni nel Tartaro;
alla terza categoria appartenevano le anime di coloro
che non erano stati abbastanza giusti per essere ammessi
alle isole dei beati, né abbastanza cattivi per essere condannati in eterno. Tali anime, secondo Platone, erano
condannate per un maggiore o un minore tempo a diverse pene, secondo la qualità dei loro peccati, fino a che si
fossero purificate per essere ammesse alle isole dei beati. Questa dottrina platonica fu poi presa dal poeta Virgilio e abbellita. Anche Origene (uno dei cosiddetti padri
della chiesa) sosteneva il purgatorio, infatti egli diceva
che tutti dovranno passare per il fuoco prima di essere
ammessi nel cielo. Il purgatorio di Origene però era diverso da quello attuale della chiesa romana perché esso
era per tutti gli uomini, ossia sia per i giusti che per i
peccatori (questo perché per lui tutti gli uomini un giorno sarebbero stati salvati), mentre il purgatorio cattolico
è solo per i ‘giusti’; e poi esso iniziava alla fine del
mondo mentre quello cattolico romano esiste già
nell’aldilà e durerà fino al giorno del giudizio. La dottrina del purgatorio fu poi sostenuta da Agostino di Ippona, ed anche da Gregorio Magno il quale, nella sua
opera letteraria I dialoghi parla esplicitamente del purgatorio prendendo dei passi della Scrittura tra cui quello
di Paolo ai Corinzi: “...egli stesso sarà salvo; però come
attraverso il fuoco”.8 Ma secondo lui il purgatorio si
trovava sulla terra. Nel libro quarto racconta una storia,
che lui dice averla sentita da ‘grandi uomini savi e antichi’ secondo la quale un certo diacono di nome Pascasio
durante lo scisma che per alcuni anni (a partire dal 498)
oppose due papi, Simmaco e Lorenzo, si schierò dalla
parte del ‘falso’ papa Lorenzo. E dopo molto tempo che
era morto, un certo Germano, vescovo di Capua andò a
curarsi alle terme Angolane (negli Abruzzi), dietro consiglio dei medici; e qui con grande stupore vi trovò Pascasio che serviva quelli che vi si bagnavano. Alla domanda perché si trovasse lì, questo Pascasio rispose:
‘Per null’altra cagione sono deputato in questo luogo
penale, se non perché troppo pertinacemente difesi la
parte di Lorenzo contro Simmaco’. E gli disse di pregare per lui e che se tornando lì non lo avrebbe trovato avrebbe significato che era stato esaudito. Germano,
mosso a compassione, pregò molto per lui e pochi giorni
dopo tornò a quelle terme e non vi trovò Pascasio. Gregorio aggiunge poi che se Pascasio poté essere purgato
dal suo peccato dopo la morte fu perché aveva peccato
per ignoranza, e perché lo aveva meritato con le sue
molte elemosine da vivo! Fu appunto questo papa Gregorio I ad istituire attorno all’anno 593 questa dottrina
nella chiesa romana. Quantunque poi nel corso dei secoli successivi il purgatorio subì dei cambiamenti esso fu
definito dogma prima dal concilio di Firenze nel 1439,9
8
1 Cor. 3:15
A Firenze si raggiunse l’unione sui punti essenziali
dell’esistenza del purgatorio e del valore dei suffragi. Ma già
nel secondo concilio di Lione (1274) si trova un articolo riguardante il purgatorio: ‘Se avviene che qualche fedele veramente pentito muoia in grazia di Dio, ma prima di avere ter9
161
Il purgatorio e dottrine collegate
e poi da quello di Trento nel 1563 in questi termini: ‘La
chiesa cattolica, istruita dallo Spirito santo, conforme
alle sacre scritture e all’antica tradizione, ha insegnato
nei sacri concilii, e recentissimamente in questo concilio
ecumenico, che il purgatorio esiste e che le anime lì tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in
modo particolarissimo col santo sacrificio dell’altare, il
santo sinodo comanda ai vescovi che con diligenza facciano in modo che la sana dottrina sul purgatorio, quale
è stata trasmessa dai santi padri e dai sacri concilii, sia
creduta, ritenuta, insegnata e predicata dappertutto’.1
Confutazione
Il purgatorio non esiste; i morti vanno o in cielo con il
Signore se sono salvati o all’inferno nei tormenti se sono perduti
Gesù Cristo nel suo insegnamento non ha mai lasciato
intravedere che oltre al paradiso e all’inferno ci sia un
terzo luogo, ossia una via di mezzo tra i due, infatti egli
ha detto: “Entrate per la porta stretta, poiché larga é la
porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti
son quelli che entran per essa. Stretta invece è la porta
ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli
che la trovano”.2 Quindi ci sono solo due vie, ed esse
sono la via della perdizione e la via della salvezza. Coloro che sono sulla prima, essendo pieni di peccati,
quando muoiono vanno nell’Ades nei tormenti, per esservi tormentati in attesa del giudizio.3 Per loro che
muoiono nei loro peccati, non rimane più alcuna speranza secondo che é scritto: “Quale speranza rimane mai
all’empio quando Iddio gli toglie, gli rapisce l’anima?”,4
ed anche: “E’ stabilito che gli uomini muoiano una volta
sola, dopo di che viene il giudizio”,5 ed ancora: “Gli
empi se n’andranno al soggiorno de’ morti”.6 Perciò é
veramente diabolico da parte della curia cattolica romana fare credere alle persone al purgatorio, perché così
facendo essa non induce i peccatori (i suoi battezzati e
cresimati che si confessano regolarmente ai preti, che
secondo lei sono in grazia) a ravvedersi e a credere in
Cristo come prescrive la Parola di Dio,7 perché gli fa
credere che anche dopo morti avranno modo di essere
purgati dai loro peccati ed accedere in paradiso. (Infatti,
se per esempio non si pentono dei loro peccati veniali
avranno modo di espiarli nel purgatorio, e se commettono dei peccati mortali e li confessano al prete senza sentire il bisogno di abbandonarli o senza avere la forza di
abbandonarli, avranno sempre modo di purgarsi nel
purgatorio). Coloro che invece sono sulla seconda via,
cioè su quella della salvezza, quando muoiono vanno
subito ad abitare con il Signore nel cielo. E noi siamo
minata la penitenza (satisfactio) dovuta ai peccati, la sua anima viene perfezionata da pene purificatrici’.
1
Concilio di Trento, Sess. XXV, decreto sul purgatorio
2
Matt. 7:13,14
3
Cfr. Giov. 5:29; Dan. 12:2; Ap. 20:12-15
4
Giob. 27:8
5
Ebr. 9:27
6
Sal. 9:17; cfr. Luca 16:22-31; Is. 5:14
7
Cfr. Luca 13:1-5
162
La chiesa cattolica romana
tra questi per la grazia di Dio. Il Cattolico romano dirà:
‘Ma come fate ad essere così sicuri che quando morirete
andrete subito in paradiso? Lo siamo perché siamo stati
cosparsi con il sangue di Gesù secondo che è scritto che
siamo stati eletti anche “ad esser cosparsi del sangue di
Gesù Cristo”,8 e siamo stati purgati da tutti i nostri peccati mediante il sangue di Cristo Gesù secondo che é
scritto che egli “ci ha lavati dai nostri peccati col suo
sangue”.9 Ed oltre a ciò perché come dice Giovanni “se
camminiamo nella luce, com’Egli é nella luce, abbiam
comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo
Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”.10 Ecco perché
abbiamo la certezza di essere salvati e di avere la vita
eterna e che quando morremo andremo subito in paradiso, senza fare sosta alcuna in nessun purgatorio, perché i
nostri vecchi peccati ci sono stati purgati appieno col
sangue di Cristo, e i nostri peccati che confessiamo al
Signore ci vengono purgati appieno sempre dal sangue
di Cristo. ‘Ma questa è presunzione!’ dirà a questo punto il Cattolico romano. Affatto, perché ci sono diverse
Scritture che attestano chiaramente che coloro che
muoiono in Cristo vanno ad abitare subito in cielo con
Gesù.
Le anime di coloro che erano stati uccisi per la Parola di
Dio che Giovanni vide, erano sotto l’altare in cielo davanti al trono di Dio. Ecco come si esprime Giovanni:
“Io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati
uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa...”.11
Paolo disse che per lui la morte era guadagno infatti lui
aveva il desiderio di partire e d’essere con Cristo perché
era cosa di gran lunga migliore. Ecco le sue parole:
“Poiché per me il vivere è Cristo, e il morire guadagno...
Io sono stretto dai due lati: ho il desiderio di partire e
d’esser con Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore”.12 Di certo se l’apostolo avesse dovuto andarsene
prima in purgatorio a soffrire pene atroci non avrebbe
considerato la sua morte un guadagno ma una perdita.
E sempre Paolo disse ai Corinzi che lui e i suoi collaboratori erano pieni di fiducia e avevano molto più caro a
partire dal corpo e d’abitare col Signore: “Ma siamo
pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal
corpo e d’abitare col Signore”.13 Ma ditemi: come avrebbero potuto quegli uomini desiderare così tanto la
dipartenza dal loro corpo se avessero creduto in un purgatorio dove andare ad espiarvi mediante atroci sofferenze dei loro debiti insoluti? Questo sta a dimostrare
che essi non credevano per nulla nel purgatorio.
Nel libro dell’Apocalisse si legge: “E udii una voce dal
cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi
muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si
riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono”.14 Quindi lo Spirito della verità attesta che coloro che muoiono nella grazia sono beati perché si riposa8
1 Piet. 1:2
Ap. 1:5
10
1 Giov. 1:7
11
Ap. 6:9
12
Fil. 1:21,23
13
2 Cor. 5:8
14
Ap. 14:13
9
Il purgatorio e dottrine collegate
no dalle loro fatiche in cielo. Questo esclude che essi si
trovino in un purgatorio ad espiare dei loro debiti mediante delle sofferenze atroci di poco inferiori a quelle
dell’inferno; perché in questo caso non sarebbero più
felici ma bensì infelici perché invece che riposarsi dalle
loro fatiche starebbero soffrendo pene atroci per punizione dei loro debiti. Ma purtroppo esiste anche lo spirito dell’errore in questo mondo ed esso dice che per i
morti in Cristo c’è un purgatorio dopo la morte.
Ma proseguiamo con la confutazione del purgatorio.
Gesù ha detto: “Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in
giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”,1 e Paolo ha
detto ai Romani: “Non v’é dunque ora alcuna condanna
per quelli che sono in Cristo Gesù”.2 Quindi se per coloro che sono in Cristo non v’é nessuna condanna e Gesù
ha detto che essi non vengono in giudizio è contraddittorio pensare che dopo morti prima di entrare nel regno
di Dio essi avranno bisogno di andarsene in un purgatorio a soddisfare i debiti che gli rimangono verso la giustizia di Dio. Perché? Perché questo sarebbe un controsenso dato che nel purgatorio, secondo il catechismo
romano, si va per essere condannati, quantunque per un
tempo e non per sempre, a delle pene atroci per espiare i
debiti contratti verso Dio! Ed a proposito di questi cosiddetti debiti che la curia romana afferma che si devono espiare in purgatorio noi diciamo: ‘Ma se, secondo la
Scrittura, Dio cancella all’uomo che va a lui a confessargli i suoi peccati sia i peccati che la pena eterna che
egli merita non è diabolico affermare che egli deve andare dopo morto ad espiarli in un luogo di sofferenza?’
Certo che lo è. Ma non per i teologi romani che accecati
dal diavolo prendono piacere ad insegnare cose contrarie alla sana dottrina. Affermare che una persona giustificata da Dio quando muore deve passare dal purgatorio
a scontare i debiti contratti verso la giustizia di Dio è lo
stesso che dire che un condannato alla pena
dell’ergastolo se viene graziato e gli viene cancellata la
sua pena, deve continuare a rimanere lo stesso in prigione per alcuni anni a soffrire per espiare le sue colpe dopodiché potrà uscire dal carcere!
Noi affermiamo, appoggiandoci sulla sacra Scrittura,
che al peccatore quando gli vengono rimessi tutti i suoi
peccati gli viene annullata la pena eterna e non gli resta
da pagare alcuna colpa né in questo mondo e neppure in
quello a venire perché Cristo ha pagato tutto il prezzo
del riscatto dell’anima sua. Per coloro che sono stati
giustificati per il sangue di Cristo non rimangono più
debiti da pagare perché Cristo sulla croce ha espiato tutti i loro debiti. Sappiamo bene che il concilio di Trento
ha lanciato la seguente maledizione contro coloro che
affermano questo (contro di noi dunque): ‘Se qualcuno
afferma che, dopo avere ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la
colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo
tale che non gli rimanga alcun debito di pena temporale
da scontare sia in questo mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno
1
Giov. 5:24
Rom. 8:1
2
La chiesa cattolica romana
dei cieli: sia anatema’.3 Ma che importa fratelli? Noi
sappiamo in chi abbiamo creduto e siamo persuasi che
colui che ci ha lavato dai nostri peccati e ci fatto la promessa della vita eterna non può avere mentito. Continueremo a gloriarci nel Signore a motivo del totale purgamento dei nostri vecchi peccati operato dal sangue di
Cristo, ed a motivo della vita eterna che egli ci ha donato nella sua grazia; lancino pure i loro anatemi i concilii,
noi crediamo nella Parola di Dio che attesta che quando
i giusti (ossia i giustificati per la grazia di Dio) muoiono
vanno subito in paradiso con il Signore Gesù, perché
hanno le loro vesti nettate appieno dal sangue
dell’Agnello. A Cristo Gesù sia la gloria in eterno. Amen.
Spiegazione delle parole di Paolo: “Sarà salvo; però
come attraverso il fuoco”
Paolo disse ai Corinzi: “Io, secondo la grazia di Dio che
m’è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamento; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com’egli
vi edifica sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù. Ora, se
uno edifica su questo fondamento oro, argento, pietre di
valore, legno, fieno, paglia, l’opera d’ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la paleserà; poiché
quel giorno ha da apparire qual fuoco; e il fuoco farà la
prova di quel che sia l’opera di ciascuno. Se l’opera che
uno ha edificata sul fondamento sussiste, ei ne riceverà
ricompensa; se l’opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno;
ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco”.4
Come abbiamo visto secondo i teologi papisti questo
“sarà salvo, però come attraverso il fuoco” significa che
il giusto dopo avere penato nel purgatorio per un certo
tempo, sarà salvato nel paradiso di Dio, perché il fuoco
purificatore lo avrà purificato da ogni residuo di peccato. E come abbiamo anche visto, a sostegno di questa
interpretazione essi citano Agostino di Ippona.
Diletti, guardatevi da questa interpretazione ingannatrice, perché queste parole di Paolo non si riferiscono affatto ad un fuoco purificatore esistente in qualche luogo
del mondo invisibile dove le anime degli uomini vanno
per essere purificati dai loro peccati per potere poi accedere al paradiso, ma al fuoco del giorno di Cristo il che
é un’altra cosa. Diamo la spiegazione di queste parole di
Paolo. L’apostolo aveva predicato il Cristo a Corinto e
molti in seguito alla sua predicazione credettero nel Signore, dopodiché furono battezzati. Fu lui quindi a porre
il fondamento (Cristo Gesù) di quella casa spirituale (la
3
Concilio di Trento, Sess. VI, can. 30. Vorrei fare notare ai
lettori che nel libro apocrifo detto la Sapienza, che il concilio
di Trento stesso ha incluso nel canone dichiarandolo sacro, si
legge una dichiarazione che smentisce un purgatorio dopo la
morte. Eccola: ‘Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di
Dio e nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, una disgrazia fu considerata la loro dipartita,
e il loro viaggio lontano da noi una rovina, ma essi sono nella
pace’ (Sapienza 3: 1-3) Quindi persino uno dei libri apocrifi
così cari ai Cattolici smentisce il purgatorio!
4
1 Cor. 3:10-15
163
Il purgatorio e dottrine collegate
chiesa) di Corinto. Ma dopo di lui a Corinto erano giunti
altri che avevano predicato ed insegnato, ossia che avevano edificato del materiale sul fondamento da lui posto. E lui a questo proposito dice a ciascuno di badare a
come edifica sopra il fondamento perché innanzi tutto
nessuno può togliere il fondamento che è Cristo Gesù
per mettergliene un altro; e poi perché nel giorno di Cristo sarà ricompensata solo la fatica impiegata per edificare oro, argento e pietre di valore (dottrine vere) perché
queste cose alla prova del fuoco rimarranno; mentre la
fatica impiegata per edificare legno fieno, e paglia (dottrine strane) non sarà premiata perché questo materiale
sarà bruciato all’impatto del fuoco, e colui che ha edificato questo materiale vano sarà salvato, però come attraverso il fuoco. In conclusione, nel giorno di Cristo il
fuoco farà la prova di quello che un credente ha edificato, e tutto ciò di buono e di giusto che egli ha detto e fatto sussisterà ed otterrà la sua ricompensa, mentre ciò
che é senza valore e che lui ha edificato sarà bruciato
dal fuoco e per esso non otterrà nessuna ricompensa.
Lui passerà come attraverso il fuoco, ma sarà salvato.
Spiegazione di altri passi presi per sostenere il purgatorio
Nella Scrittura non è rivelata affatto la dottrina del purgatorio, ma i teologi papisti riescono a fare apparire a
moltitudini di persone che la dottrina del purgatorio è
nella Bibbia. Come abbiamo visto poco fa, uno dei passi
presi dai teologi romani per sostenere il purgatorio è
quello di Paolo ai Corinzi; ma questo passo non lascia
intravedere il benché minimo purgatorio cattolico. Ma
vi sono anche altri passi della Scrittura che essi prendono per sostenere questa eresia di perdizione.
Uno di questi è questo scritto in Matteo: “Ed a chiunque
parli contro il Figliuol dell’uomo, sarà perdonato; ma a
chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello avvenire”.1 Ma io
mi domando: ‘Ma dove sta il purgatorio qua?’ Esso non
si intravede minimamente. Gesù dice solo che colui che
bestemmia contro lo Spirito Santo “non ha remissione in
eterno, ma è reo d’un peccato eterno”,2 e i teologi gli
fanno dire che ci sono dei peccati che si debbono espiare nel purgatorio! Questa è astuzia diabolica! Ma poniamo anche il caso che ci siano dei peccati che vengono rimessi nel mondo a venire, innanzi tutto per mondo
a venire Gesù non intese il purgatorio, ma poi secondo
la dottrina del purgatorio chi muore in grazia va a soffrire delle pene gravi per espiare i suoi debiti, quindi viene
condannato ad un supplizio e non perdonato!
Un altro passo è questo: “Fà presto amichevole accordo
col tuo avversario mentre sei ancora per via con lui; che
talora il tuo avversario non ti dia in man del giudice, e il
giudice in man delle guardie, e tu sii cacciato in prigione. Io ti dico in verità che di là non uscirai, finché tu
non abbia pagato l’ultimo quattrino”.3 Secondo i teologi
romani questo “non uscirai di là finché tu non abbia pagato l’ultimo quattrino”, significa che dalla prigione del
La chiesa cattolica romana
purgatorio (che Bartmann preferisce chiamare ‘una casa
di cura, dove i malati attendono con pazienza completa
guarigione’4) dove coloro che muoiono in grazia vengono gettati dal Giudice per ordine dell’avversario che è
Dio; essi non usciranno finché non abbiano pagato tutti i
loro debiti che hanno nei confronti di Dio. Ma questa è
l’ennesima interpretazione arbitraria data dai teologi
romani. Le parole di Gesù si riferiscono innanzi tutto a
delle liti fra fratelli perché prima di dire quelle parole
egli disse: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta
sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia quivi la tua offerta dinanzi
all’altare, e và prima a riconciliarti col tuo fratello; e poi
vieni ad offrir la tua offerta”.5 Quindi, se un fratello ha
qualcosa contro a noi perché noi gli abbiamo fatto un
torto, prima di offrire i nostri sacrifici spirituali a Dio
dobbiamo andare dal fratello offeso e chiedergli perdono per riconciliarci con lui. Perché se non facciamo così
Dio ci punirà per il torto commesso contro di lui e ci
farà pagare questo nostro debito che abbiamo contratto
con il fratello fino all’ultimo. Non ce lo rimetterà ma ce
lo farà pagare per la nostra ostinazione. Ma questo avverrà sulla terra, e non in qualche luogo di sofferenza
che non è l’inferno e che si trova nelle viscere della terra o da qualche altra parte.
Un altro passo preso per sostenere il purgatorio è questo
scritto in Zaccaria: “E te pure, Israele, a motivo del sangue del tuo patto, io trarrò i tuoi prigionieri dalla fossa
senz’acqua”.6 Ma anche qui si deve dire che non c’è la
benché minima allusione al purgatorio della chiesa cattolica romana. In questo caso il Signore predisse che
avrebbe fatto uscire dai paesi stranieri gli Israeliti che
erano in cattività per farli tornare nel loro paese; difatti
sempre in Zaccaria il Signore dice: “Ecco, io salvo il
mio popolo dal paese del levante e dal paese del ponente; e li ricondurrò, ed essi abiteranno in mezzo a Gerusalemme...”.7 Queste parole possono avere anche il seguente significato spirituale; il Signore ha promesso a
Israele di liberare i suoi prigionieri dal peccato in virtù
del sangue del Nuovo Patto, ossia in virtù del sangue di
Cristo. Egli ha promesso di tirarli fuori dalla fossa
senz’acqua dove essi si trovano.
Sapere che il purgatorio non esiste non ci fa apparire per
nulla troppo limitata la misericordia di Dio e troppo
spaventosa la sua giustizia
In risposta al discorso che il Perardi fa per persuadere le
persone che se non esistesse il purgatorio la misericordia di Dio sarebbe troppo limitata e la sua giustizia
troppo spaventosa per il motivo che molte anime essendo morte con soli peccati veniali non possono essere
mandate da Dio all’inferno, come anche non possono
essere mandate da Dio all’inferno quelle anime che essendosi confessati al prete in punto di morte non hanno
potuto fare penitenza, vogliamo dire le seguenti cose.
Innanzi tutto cominciamo col dire che questa distinzione
4
1
Matt. 12:32
2
Mar. 3:29
3
Matt. 5:25,26
164
Bernardo Bartmann, Il Purgatorio, Milano 1934, pag. 110
Matt. 5:23,24
6
Zacc. 9:11
7
Zacc. 8:7,8
5
Il purgatorio e dottrine collegate
fra peccati ‘veniali’ (perdonabili) e peccati ‘mortali’ che
fanno i teologi cattolici romani è una dottrina falsa e
molto dannosa perché induce i peccatori (i battezzati e
cresimati che si confessano al prete e prendono regolarmente la comunione sono ancora tali) che non commettono determinati peccati cioè quelli chiamati mortali, e coloro che li commettono e li vanno a confessare al
prete, a credere che dopo morti avranno la possibilità
dopo che si saranno purgati nel purgatorio di entrare in
paradiso a differenza di coloro che li commettono e non
li confessano al prete i quali se ne andranno all’inferno;
i preti dunque insegnando questa dottrina illudono oltre
che loro stessi anche gli altri peccatori. Ma noi, che ci
studiamo di non illudere nessuno ma di dire la verità in
ogni cosa, diciamo che secondo la Scrittura se chi è sotto il peccato rifiuta di credere nel Figliuolo di Dio (e
quindi non nasce di nuovo) sarà condannato (e questo
anche se egli non è uno stregone, un omicida, un adultero o un fornicatore, ma un religioso dedito ai riti della
sua religione - in questo caso della chiesa cattolica romana). Non importa a quali peccati egli è dato, se egli
non crede in Cristo Gesù se ne andrà in perdizione, infatti Giovanni Battista disse che “chi rifiuta di credere al
Figliuolo non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra
lui”1 e Gesù che “chi non avrà creduto sarà condannato”.2
Nessuno vi tragga in errore perché non importa che genere di peccati ha il peccatore; se egli muore nei suoi
peccati andrà all’inferno senza la benché minima possibilità di essere salvato dal Signore! Per parlare alla maniera dei Cattolici, non va in paradiso né il Cattolico
praticante o meno che commette solo dei peccati veniali
(come li chiamano loro) o commette quelli più gravi e li
confessa al prete, e neppure chi commette dei peccati
mortali (come li chiamano loro) e non li confessa al prete, perché tutti e due sono morti nei loro falli e nelle loro
trasgressioni, pieni di iniquità nel cospetto di Dio. Tutti
e due devono ravvedersi dai loro peccati e credere nel
Vangelo mentre sono in vita sulla terra; nel caso contrario, quando moriranno ciò che li aspetta, é l’ardore del
fuoco del soggiorno dei morti! Non c’é nessun purgatorio per chi ha commesso solo peccati ‘veniali’ ma solo il
tormento del fuoco dell’inferno, come anche per chi ha
commesso peccati ‘mortali’ e muore con o senza la confessione auricolare. Al bando dunque questa distinzione
tra peccati! Il peccato é peccato, ed il suo salario é la
morte: e chi lo commette ne é schiavo e non può entrare
nel Regno di Dio. Ma pure può essere affrancato da esso: come? Pentendosi e credendo nel nome del Figliuolo
di Dio; allora sì che potrà entrare nel Regno dei cieli.
Nel caso contrario, quando morirà per lui non si apriranno le porte del cielo ma si aprirà la bocca del soggiorno dei morti per ingoiarlo assieme ai suoi peccati
che gravano su di lui.
Il Perardi afferma che la misericordia di Dio sarebbe
troppo scarsa se non facesse entrare nel cielo quelli che
non si sono resi colpevoli di sole trasgressioni ‘veniali’.
Ma questo non è vero, perché non esistono uomini peccatori che meritano di andare in paradiso dopo essere
La chiesa cattolica romana
andati in purgatorio perché rei di soli determinati peccati, perché tutti meritano l’inferno come salario della loro
iniquità. Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di
Dio, dice la Scrittura, ma sempre la Scrittura afferma
che il nostro Dio è misericordioso e coloro a cui Dio fa
misericordia vengono giustificati mediante la fede nel
sangue di Cristo e perciò hanno la certezza di andare
direttamente in cielo dopo morti. La misericordia di Dio
é grande, sì, ed essa si manifesta verso l’uomo peccatore
sulla terra salvandolo quando questi si converte dalle
sue vie malvagie; ma essa non si manifesterà in nessuna
maniera verso nessuno di quelli che moriranno nei loro
falli perché hanno rifiutato di credere nel Figliuolo di
Dio. Non è dunque perché la sua misericordia è troppo
scarsa o troppo limitata che in cielo non entreranno i
peccatori ‘dai peccati veniali’, ma perché la sua giustizia è eccelsa. Chi dunque sprezza la benignità di Dio
sulla terra non riconoscendo che essa lo trae a ravvedimento; chi la sprezza perché vuole seguire il suo cuore
impenitente, sappia quel tale che si sta accumulando un
tesoro d’ira per il giorno del giudizio e che quando morirà se ne andrà dove c’é il pianto e lo stridore dei denti.
Non si lasci trarre in inganno dalle parole dolci e lusinghiere dei preti perché lo aspetta l’inferno se non si ravvede. Non importa se è stato battezzato da bambino, se è
stato cresimato, se prende la comunione, non importa se
non è un adultero o un omicida o uno stregone o un ubriacone e si confessa al prete tutti i giorni o una sola
volta all’anno; se non si ravvede da tutti i suoi peccati e
crede con il suo cuore nel Vangelo quando morirà se ne
andrà in perdizione!
Il Perardi dice anche che se non esistesse il purgatorio la
giustizia di Dio apparirebbe troppo spaventosa. Noi invece diciamo che se esistesse il purgatorio Dio sarebbe
non solo ingiusto ma si contraddirebbe pure. Sarebbe
ingiusto perché permetterebbe ad una categoria di peccatori di entrare in cielo (anche se prima devono andarsene in purgatorio) perché si sono resi colpevoli, come
dicono loro, solo di determinate colpe ‘veniali’ o perché
hanno confessato le loro trasgressioni ‘mortali’ al prete,
mentre all’altra non glielo consentirebbe perché si sono
resi colpevoli di colpe gravi e sono morti senza confessarli al prete! In altre parole in cielo Dio non ci farebbe
entrare i salvati, i giustificati con il sangue di Cristo, ma
una categoria di peccatori meno colpevoli di quelli che
invece se ne andranno all’inferno! Ma non subito, ma
solo dopo avere penato (non si sa quanti anni, secoli o
millenni) nel purgatorio. Quindi una categoria di peccatori avrà la possibilità di essere purgata dai suoi misfatti
anche dopo morti mentre l’altra no. La salvezza quindi,
se le cose fossero così, si potrebbe ottenere solo non
commettendo certi peccati e non più col pentimento e
colla fede in Cristo. Basterebbe dire alle persone, non
uccidete, non commettete adulterio, non bestemmiate e
fate qualche opera buona e vedrete che un giorno entrerete in paradiso. Non sarebbe quindi più vera la Scrittura
che dice che chi confessa le sue trasgressioni a Dio e le
abbandona otterrà misericordia,3 perché anche non confessando a Dio certi peccati si otterrà da lui lo stesso
misericordia. Ecco perché molti Cattolici romani si illu-
1
Giov. 3:36
Mar. 16:16
2
3
Cfr. Prov. 28:13
165
Il purgatorio e dottrine collegate
dono di potere entrare un giorno in paradiso anche se
peccatori: perché essi pensano di non essere alla fin fine
così peccatori da meritare l’inferno. Non sono mica degli omicidi, degli adulteri, degli stregoni, o dei sodomiti
che invece lo meritano!! Abbiamo prima detto che Dio
si sarebbe contraddetto creando un purgatorio: vediamo
alcune contraddizioni nelle quali sarebbe caduto Dio se
avesse creato la dottrina del purgatorio. Perardi dice che
quelle anime che si sono pentite in punto di morte non
possono entrare subito in paradiso perché non hanno la
possibilità di fare penitenza (cioè di compiere le opere
di soddisfazione). Ma noi diciamo: come fece allora
quel ladrone pentitosi sulla croce in punto di morte (e
quindi impossibilitato a compiere opere di soddisfazione) ad entrare in quello stesso giorno in paradiso dato
che Gesù gli disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai
meco in paradiso”?1 Ce lo spieghino i teologi romani
come fece un uomo che era stato condannato alla crocifissione perché malfattore (quindi in base alla teologia
papista aveva commesso dei peccati mortali), ad andare
subito in paradiso senza passare dal loro purgatorio!
Forse che Gesù mentì al ladrone dicendogli quelle parole, una sorta di ‘bugia ufficiosa’, per tranquillizzarlo
nella sua agonia e non fargli pensare che doveva, prima
di andare in paradiso, andare a soffrire nel purgatorio?
Affatto; perché Gesù è la verità. Egli parlò a quel ladrone da parte di Dio. Lo diciamo noi ai teologi romani
perché quel ladrone poté entrare in paradiso in quello
stesso giorno subito dopo che morì; perché egli fu purificato appieno dai suoi peccati mediante il sangue di
Cristo Gesù che egli stava in quei momenti spandendo
per la remissione anche dei suoi peccati. Quell’uomo si
pentì e credette in Colui che giustifica l’empio; ecco
perché ricevette da Gesù quella risposta così chiara e
così consolante. Per Gesù quindi non esisteva un purgatorio dopo morti per coloro che si pentono dai loro peccati in punto di morte ma non possono fare penitenza;
altrimenti si sarebbe contraddetto nel dire quelle parole
a quell’uomo in fin di vita. Un altra contraddizione nella
quale Dio sarebbe caduto è questa. Egli avrebbe fatto
capire a coloro che erano stati da lui giustificati che il
sangue del suo Figliuolo non era sufficiente a purgarli
appieno sulla terra, quindi la sua giustificazione sarebbe
stata parziale e non completa. E perciò l’opera espiatoria di Cristo sarebbe risultata incompleta perché insufficiente a giustificare appieno l’uomo che crede in lui.
Dicendo infatti che coloro che muoiono in Cristo o nella
grazia non possono andare subito in paradiso perché non
possono essere così santi e puri, cioè non possono essere
privi di ogni macchia di peccato, Dio implicitamente
avrebbe negato che il sangue di Gesù suo Figliuolo potesse purificare l’uomo da ogni macchia di peccato. Ma
il fatto è che avrebbe anche riconosciuto che le pene del
purgatorio erano più efficaci del sangue di Cristo, perché quello che non poteva fare il sangue di Cristo sulla
terra lo avrebbe potuto fare il fuoco del purgatorio, e ciò
sarebbe stato un oltraggio contro il sangue prezioso di
Cristo. Ed inoltre Egli avrebbe richiesto per la salvezza
dell’uomo un doppio pagamento; un primo pagamento
da parte di Cristo Gesù e un secondo pagamento da par1
Luca 23:43
166
La chiesa cattolica romana
te del credente in Lui, il che contrasta apertamente con
la sana dottrina che afferma che il prezzo del riscatto è
stato pagato appieno da Cristo il quale ha potuto così
acquistarci la redenzione eterna. Non avremmo avuto
più allora in Gesù un Salvatore morto al nostro posto,
che con il suo sacrificio vicario ha compiuto la purificazione di tutti i nostri peccati e li ha appieno espiati permettendoci così di entrare in cielo appena dopo morti,
ma semplicemente un amico che aveva fatto ciò che era
necessario a farci scampare ai tormenti eterni della geenna ma nello stesso tempo non aveva potuto o voluto
scamparci dai tormenti temporanei del purgatorio. Quelli li avremmo dovuti patire noi dopo morti; perché non
era giusto che soffrisse solo lui per i nostri peccati, anche noi dovevamo soffrire in qualche modo per essi per
potere accedere al paradiso!!!
Il Perardi dice che se non esistesse il purgatorio la giustizia di Dio apparirebbe troppo spaventosa; noi diciamo
invece che la giustizia di Dio è eccelsa e perfetta proprio
perché Dio nel mondo invisibile non ha creato il purgatorio ma l’Ades (che un giorno però cesserà di esistere
perché i peccatori risorti saranno gettati nel fuoco eterno, l’altro luogo di tormento creato da Dio che attende
ancora di ricevere quelli che vi sono destinati) e il paradiso. Egli punisce l’uomo impenitente che segue la durezza del suo cuore facendolo scendere quando muore
nelle fiamme dell’Ades in attesa del giudizio, ma salva
l’uomo che si pente e crede in lui (quantunque questi
possieda dei difetti e fallisca in molte cose) facendolo,
quando muore, salire in cielo nella gloria, e questo perché egli è stato purificato da tutti i suoi peccati mediante
il sangue di Gesù e rivestito della giustizia di Dio che è
in Cristo Gesù. Le cose sono molto chiare e perfettamente giuste. Ma perché i teologi papisti parlano in questa maniera così lusinghevole? La ragione per cui essi
dicono che se non esistesse il purgatorio la giustizia di
Dio sarebbe troppo spaventosa è perché essi stessi ancora non hanno sperimentato la purificazione di tutti i loro
peccati e la loro coscienza li accusa di essere dei peccatori perduti ed hanno paura del giudizio di Dio. Noi
siamo sicuri infatti che se essi fossero stati purgati dai
loro peccati mediante il sangue di Cristo sarebbero sicuri, come lo siamo noi, di andare in paradiso alla loro
morte, e non gli apparirebbe ‘troppo spaventosa’ la giustizia di Dio, senza il loro purgatorio, ma gli apparirebbe così come è, perfetta senza macchia. Dal loro modo
di parlare traspare chiaramente che essi hanno la paura
della morte e del castigo e cercano di cancellare questa
paura mediante il purgatorio: ma ahimè, il purgatorio
non può togliere in nessuna maniera né la paura della
morte e neppure quella del castigo. Perché questa paura
la può togliere solo il sangue di Gesù di cui essi ancora
non sono cosparsi.
Queste qui sopra esposte sono le ragioni per cui noi diciamo che il purgatorio non è una dottrina di Dio, ma
solo una invenzione umana scaturita dalla mente carnale
di uomini corrotti. Il purgatorio è una dottrina di demoni.
Il purgatorio e dottrine collegate
Il suffragio è un impostura papale che serve solo a fare
arricchire la curia romana
La Scrittura, negando il purgatorio, nega pure ogni suffragio in favore di coloro che i teologi papisti dicono
essere là ad espiare i loro debiti, quindi questo suffragio
va rigettato essendo un’impostura legata ad un altra impostura (vale a dire il purgatorio). Ma ammettiamo pure
per un momento che il purgatorio papista esista; non
hanno mai letto i teologi papisti che “ciascuno porterà il
suo proprio carico”1 e che nessuno “può in alcun modo
redimere il fratello, né dare a Dio il prezzo del riscatto
d’esso”?2 Come possono quindi insegnare essi che i vivi
possono in qualche maniera offrire a Dio un sacrificio
espiatorio per i morti che sono nel purgatorio? e quale
sarebbe poi questo sacrificio? La messa. Ma se già per i
vivi la messa non costituisce per nulla un sacrificio propiziatorio come potrà esserlo per i morti? Come potete
bene vedere le imposture (in questo caso il purgatorio
con la messa) sono ben collegate tra di loro nella teologia romana.3
L’unico sacrificio propiziatorio che ha valore è quello
compiuto da Gesù Cristo quando offrì se stesso sulla
croce per i nostri peccati; ed esso è stato compiuto una
volta per sempre e quindi è irripetibile. Ed oltre a ciò
esso può giovare solo ai vivi, nel senso che ne possono
beneficiare solo i viventi, per coloro infatti che lo accettano c’è la remissione dei peccati assicurata per
l’eternità.
Ma quanto a coloro che sono morti nei loro peccati questo sacrificio non può più in alcun modo servire essendo
scaduto per loro il tempo in cui potevano credere in esso
ed essere così perdonati. Essi morranno nei loro peccati
e con i loro peccati e per essi dovranno soffrire per
l’eternità. Nessun cosiddetto sacrificio espiatorio (che
sia la messa, o un elemosina, o altro) offerto a pro di
essi da coloro che sono rimasti sulla terra potrà giammai
servirgli perché Dio non ne terrà in nessun conto.
A proposito delle parole prese dal libro dei Maccabei in
favore del suffragio papista diciamo le seguenti cose.
Innanzi tutto va detto che i libri dei Maccabei non sono
Scrittura ispirata da Dio quantunque figurino nel canone
La chiesa cattolica romana
delle Bibbie cattoliche4 e perciò è errato prendere quei
passi a sostegno del suffragio per i morti. Poi va detto
che per quel che concerne il sacrificio fatto offrire da
Giuda Maccabeo, nella legge di Mosè non vi erano dei
sacrifici da offrire per i peccati dei morti, quindi
quand’anche Giuda abbia fatto quel gesto egli non si è
attenuto alla legge dei suoi padri. Il che rende nullo il
suo gesto perché non prescritto dalla legge di Mosè data
da Dio al suo popolo. E quindi i Cattolici prendono a
sostegno del loro suffragio niente di meno che un gesto
senza valore di un Giudeo.
Termino dicendo che questo suffragio riesce a fare solo
una cosa, ad arricchire i preti e tutta la curia romana
perché le messe da offrire per i defunti i Cattolici romani le devono pagare (o meglio, devono fare delle offerte
per esse). Da tutto ciò si vede come la curia romana ricorre a tutto per arricchirsi, anche ai sentimenti di tristezza che provano gli uomini (che non hanno speranza)
al ricordo dei loro cari morti. E difatti i preti fanno credere ai loro parrocchiani che i loro defunti si trovano nel
purgatorio da dove possono essere liberati dalle sofferenze mediante il loro denaro. Il che costituisce una
consolazione per il popolo ingannato e nello stesso tempo una fonte di guadagno per loro stessi ingannati e ingannatori. Anche per i morti sono importanti i preti
dunque, e non solo per i viventi; per i morti perché sono
loro che con la messa alleviano le loro pene e li liberano
dal purgatorio, per i viventi invece perché sono loro gli
intermediari di Dio sulla terra tramite cui diventano Cristiani e vengono perdonati!!
Considerate fratelli per un momento con quale astuzia il
papato riesce a tenere legate le persone a sé! Come è
differente invece la verità che è in Cristo Gesù; i nostri
parenti che sono morti in Cristo sono in cielo con il Signore e là aspettano la risurrezione, e questo ci riempie
di consolazione. I nostri parenti che invece sono morti
nei loro peccati sono all’inferno nei tormenti, e quantunque questo ci dispiaccia, noi non possiamo fare più
nulla in loro favore.
O uomini e donne che avete dato retta ai preti, smettete
di fare offrire messe per i vostri parenti o amici morti;
esse non possono giovare loro nulla.
La testimonianza di un ex prete sul suffragio
1
Gal 6:5
Sal. 49:7
3
E’ inevitabile che questo suffragio in favore delle anime che
sono nel purgatorio favorisca i ricchi e sfavorisca i poveri. La
ragione è perché i ricchi riescono, lasciando molti soldi ai preti
o avendo dei parenti e degli amici ricchi, ad avere molte messe
in loro favore e così avranno la possibilità di uscire dal purgatorio prima di quelli che sono poveri e non hanno lasciato nulla o che hanno i parenti così poveri da non potere fargli dire
molte messe. Per cui chi è più agiato ha la speranza di passare
in purgatorio meno tempo del disagiato, anche se magari meritava di rimanerci più a lungo!! Non è forse questa una cosa tra
le tante che fa capire chiaramente come il purgatorio ed il suffragio della messa non possono essere veri perché altrimenti
risulterebbe che Dio è ingiusto? Nessuno poi vi tragga in inganno dicendo che la messa il prete la dice anche per i poveri,
perché in realtà i ricchi continuano ad essere favoriti dai preti
per quel che concerne il cosiddetto suffragio.
2
Ho detto poco fa che il suffragio che è costituito oltre
che dalle preghiere anche dalla messa è una fonte di denaro per i preti e la curia romana in genere.
Per farvi capire a che punto sono arrivati taluni preti di
questa chiesa chiamata falsamente cristiana pur di fare
pagare le messe ai loro parrocchiani voglio ora trascrivere l’eloquente testimonianza di un nostro fratello di
nome Chiniquy morto un secolo fa circa, che prima di
convertirsi era stato per lunghi anni sacerdote della
chiesa cattolica romana. Ecco le sue parole: ‘Alle quattro circa della mattina delle grida pervennero al mio orecchio. Riconobbi la voce di mia madre. ‘Che cosa è
successo cara mamma? ‘Oh, mio piccolo bambino, tu
non hai più un padre! Egli è morto! Dicendo queste pa4
Vedi le ragioni per cui non lo sono nella sezione dedicata ai
libri apocrifi.
167
Il purgatorio e dottrine collegate
role ella perse coscienza e cadde sul pavimento! Mentre
un amico che aveva passato la notte con noi le diede la
conveniente attenzione, io mi affrettai al letto di mio
padre. Lo strinsi al mio cuore, lo baciai, lo coprii con le
mie lacrime, mossi la sua testa, gli strinsi le mani, cercai
di sollevarlo sul suo cuscino: non potevo credere che
egli era morto (...) Mi inginocchiai a pregare Dio per la
vita di mio padre. Ma le mie lacrime e le mie grida furono inutili. ‘Egli era morto!’ Era già freddo come il
ghiaccio! Due giorni dopo che egli fu seppellito mia
madre era così oppressa dal dolore che non poté seguire
la processione funeraria. Io rimasi con lei come il suo
unico aiuto terreno. Povera mamma! (...) Nonostante
fossi allora molto giovane, io potevo capire la grandezza
della nostra perdita, e mescolai le mie lacrime con quelle di mia madre. Quale penna può descrivere che cosa
avviene nel cuore di una donna quando Dio le toglie
improvvisamente via il marito nel fiore della sua vita, e
la lascia sola, immersa nella miseria, con tre piccoli
bambini di cui due sono persino troppo piccoli per conoscere la loro perdita! Come sono lunghe le ore del
giorno per la povera vedova che è lasciata sola, e senza
mezzi, tra gli stranieri! Come sono dolorose le notte insonni per il cuore che ha perso ogni cosa! Come è lasciata vuota una casa dall’eterna assenza di colui che era
il suo capo, il suo supporto e il suo padre! (...) Oh, come
sono amare le lacrime che sgorgano dai suoi occhi
quando il suo più piccolo bambino, che ancora non capisce il mistero della morte, si getta nelle sue braccia e
le dice: ‘Mamma, dov’è papà? Perché non torna? Io mi
sento solo!’ La mia povera mamma passò quelle prove.
Io sentivo i suoi singhiozzi durante le lunghe ore del
giorno, e anche durante le ancor più lunghe ore della
notte. Molte volte l’ho vista cadere sulle sue ginocchia
per implorare Dio di essere misericordioso verso lei e i
suoi tre infelici orfani. Non potevo fare altro che confortarla, amarla, pregare e piangere con lei! Erano passati
solo pochi giorni dal seppellimento di mio padre quando
vidi arrivare a casa nostra Mr. Courtois il parroco (quello che aveva cercato di portarci via la Bibbia). Egli aveva la reputazione di essere ricco, e dato che noi eravamo
poveri e infelici da quando mio padre era morto, il mio
primo pensiero fu che egli fosse venuto a confortarci e
ad aiutarci. Potei vedere che mia madre aveva le stesse
speranze. Ella lo accolse come un angelo dal cielo. (...)
Dalle sue prime parole però potei comprendere che le
nostre speranze non sarebbero state realizzate. Egli cercò di essere comprensivo, e disse persino qualcosa circa
la fiducia che noi dovevamo avere in Dio, specialmente
nei periodi di prova; ma le sue parole erano fredde e aride. Voltandosi verso di me, disse: ‘Continui a leggere
la Bibbia, mio piccolo ragazzo? ‘Sì, signore,’ risposi,
con una voce tremante di ansietà, perché temevo che
egli avrebbe fatto un altro tentativo per portarci via quel
tesoro, e io non avevo più un padre per difenderlo. Poi,
rivolgendosi a mia madre, egli disse: - Io ti dissi che non
era giusto per te e per il tuo bambino leggere quel libro’.
Mia madre abbassò gli occhi e rispose solo con le lacrime che scorrevano giù dalle sue guance. La domanda fu
seguita da un lungo silenzio, e il prete dopo continuò:
‘C’è qualcosa da dare per le preghiere che vengono cantate, e i servizi che tu hai richiesto siano offerti per il
168
La chiesa cattolica romana
riposo dell’anima di tuo marito. Ti sarei molto grato se
tu mi pagassi quel piccolo debito.’ ‘Mr. Courtois’, rispose mia madre, ‘mio marito non mi ha lasciato
nient’altro che debiti. Io ho solo il lavoro delle mie mani
per procurare da vivere ai miei tre bambini, di cui il più
grande è davanti a lei. Per amore di questi piccoli orfani,
se non per il mio, non ci prendere quel poco che ci è rimasto. ‘Ma tu non rifletti. Tuo marito è morto improvvisamente senza nessuna preparazione; egli è quindi
nelle fiamme del purgatorio. Se tu vuoi che egli sia liberato, devi necessariamente unire i tuoi personali sacrifici
alle preghiere della Chiesa e alle messe che noi offriamo’. ‘Come ti ho detto, mio marito mi ha lasciato assolutamente senza mezzi, ed è impossibile per me darti del
denaro’, replicò mia madre. (...) ‘Ma le messe offerte
per il riposo dell’anima di tuo marito devono essere pagate’, rispose il prete. Mia madre si coprì la faccia con il
suo fazzoletto e pianse. Per quanto mi riguarda, io questa volta non mischiavo le mie lacrime con le sue. I miei
sentimenti non erano di dolore, ma di rabbia e di indescrivibile orrore. I miei occhi erano fissi sul volto di
quell’uomo che torturava il cuore di mia madre (...) Dopo un lungo silenzio mia madre alzò gli occhi, arrossati
con le lacrime, sul prete e disse: ‘Vedi quella mucca nel
prato, non lontano da casa nostra? Il suo latte e il suo
burro che facciamo da essa formano la parte principale
del cibo dei miei bambini. Io spero che tu non ce la porterai via. Se comunque, un tale sacrificio deve essere
fatto per liberare dal purgatorio l’anima del mio povero
marito, prenditela come pagamento delle messe da offrirsi per spegnere quelle fiamme divoranti’. Il prete si
alzò all’istante dicendo: ‘Molto bene’, e uscì. I nostri
occhi lo seguirono ansiosamente; ma invece di incamminarsi verso il piccolo cancello che era davanti alla casa, egli si diresse verso il campo, e guidò la vacca davanti a lui nella direzione di casa sua. A quella vista io
gridai dalla disperazione: ‘O mamma mia! egli sta portando via la nostra mucca! Che sarà di noi?’ Il signor
Nairn ci aveva dato quella splendida mucca quando essa
aveva tre mesi (...) Io la nutrivo con le mie proprie mani, e avevo spesso diviso il mio pane con lei. Io l’amavo
come un bambino ama sempre un animale che egli ha
cresciuto. Sembrava anche che essa mi comprendesse e
mi amasse. Da qualsiasi distanza essa mi poteva vedere,
correva verso di me per ricevere le mie carezze e qualsiasi cosa io potessi avere da darle. Mia madre stessa la
mungeva; e il suo ricco latte era così delizioso e sostanzioso per noi. (...) Anche mia mamma gridò dal dolore
come vide il prete portare via gli unici mezzi che il cielo
le aveva lasciato per nutrire i suoi bambini. Gettandomi
nelle sue braccia, io le domandai: ‘Perché hai dato via la
nostra mucca? Che sarà di noi? Noi moriremo sicuramente di fame’. ‘Caro figlio’, ella rispose, ‘Io non pensavo che il prete sarebbe stato così crudele da portarci
via l’ultima risorsa che Dio ci aveva lasciato. Ah! se io
avessi creduto che lui sarebbe stato così spietato io non
gli avrei mai parlato come ho fatto. Come tu dici, mio
caro figlio, che sarà di noi? Ma non mi hai tu spesso letto nella tua Bibbia che Dio è il Padre della vedova e
dell’orfano? Noi pregheremo a quell’Iddio che è disposto ad essere tuo Padre e il mio; Egli ci ascolterà, e vedrà le nostre lacrime. Inginocchiamoci e chiediamogli di
Il purgatorio e dottrine collegate
essere misericordioso verso di noi, e di restituirci l’aiuto
del quale il prete ci ha privato’. Ci inginocchiammo. Ella prese la mia mano destra con la sua sinistra, e alzando
l’altra mano verso il cielo, ella offrì una tale preghiera
all’Iddio delle misericordie per i suoi poveri bambini
che io non ho mai più udito da allora’.1
Le parole di Chiniquy fanno chiaramente capire che
questa diabolica dottrina del purgatorio e del suffragio
ha portato molti preti a divorare persino le case delle
povere vedove. E che cosa ci si poteva aspettare di buono da essa?
L’altare privilegiato è un impostura
E’ superfluo dire che l’altare privilegiato è una delle
imposture di cui si usa la curia romana per impossessarsi del denaro delle persone. Certo è che in base al potere
che gli altari privilegiati hanno il purgatorio dovrebbe
essere vuoto; ma le cose non stanno così perché il purgatorio è sempre pieno di anime che aspettano con ansietà che i loro amici e i loro parenti facciano elemosine
e facciano dire delle messe in loro favore! Quindi rientra nell’interesse dei papi mantenere il purgatorio sempre pieno.
IL GIUDIZIO PARTICOLARE
La dottrina dei teologi papisti
Subito dopo morti l’anima di ogni uomo subisce un giudizio divino e viene mandata in base al suo esito o in
paradiso o al purgatorio o all’inferno.
Il catechismo afferma: ‘Il giudizio particolare è quello
che subisce l’anima di ogni uomo, subito dopo la morte.
Non appena essa è separata dal corpo, si presenta dinanzi a Gesù Cristo, a rendere conto della sua vita. E’ opinione di molti pii scrittori che il giudizio particolare si
compia nel luogo stesso dove la persona viene a morire;
spirati, l’anima incontra subito Gesù Cristo suo giudice,
cui deve rendere conto di tutto il proprio operato (....)
Dopo il giudizio particolare, l’anima, se è senza peccato e senza debito di pena, va in Paradiso; se ha qualche
peccato veniale o qualche debito di pena, va in Purgatorio finché abbia soddisfatto; se è in peccato mortale,
qual ribelle inconvertibile a Dio, va all’Inferno’.2
Confutazione
Appena morti non avviene nessun giudizio particolare
Questa dottrina papista è falsa perché quando una persona muore sia che sia un figliuolo di Dio o un figliuolo
del diavolo, essa non va davanti a Gesù Cristo per essere giudicato e quindi dichiarato assolto nel primo caso o
condannato nel secondo. Questo perché Gesù ha detto in
riferimento a coloro che credono in lui: “Chi ascolta la
1
Pastor Chiniquy, Fifty years in the Church of Rome, (Cinquant’anni nella Chiesa di Roma) London 1908, pag. 39-42
2
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 166,170
La chiesa cattolica romana
mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita
eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte
alla vita”,3 ed anche: “Chi crede in lui non è giudicato”;4
mentre per coloro che rifiutano di credere in lui ha detto: “Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figliuol di Dio”.5
Quindi, la persona quando muore se credente va subito
in paradiso in attesa di ricevere il premio della sua fatica
(alla risurrezione), se incredulo se ne va subito
all’inferno nei tormenti in attesa del giudizio e della relativa condanna (che riceverà sempre alla risurrezione);
non c’è nessun giudizio particolare che essa deve subire
subito dopo morta, perché all’atto della morte o è già
giudicato o non è giudicato. Per concludere, mediante la
fede la persona non viene giudicata ma giustificata sin
dalla terra; senza la fede invece la persona è già giudicata sin dalla terra.
IL PECCATO
La dottrina dei teologi papisti
I peccati si distinguono in veniali e mortali; i primi non
privano chi li commette della grazia, mentre i secondi
sì. I peccati veniali si espiano anche senza confessione;
quelli mortali invece abbisognano della confessione per
essere perdonati.
La dottrina sul peccato che insegna la chiesa romana,
cioè il come si viene liberati dai peccati e la distinzione
dei peccati, sta alla base dei suoi due sacramenti indispensabili alla salvezza, ma essa sta anche alla base del
purgatorio. Ritengo dunque utile esporvela per sommi
capi affinché possiate comprendere bene il perché il
purgatorio è una dottrina indispensabile nella teologia
papista.
Innanzi tutto essa insegna che mediante il battesimo il
bambino diventa un cristiano, cioè rinasce spiritualmente a nuova vita, perché gli vengono cancellati i peccati
mediante il battesimo; poi essa insegna la distinzione tra
peccati veniali e peccati mortali facendo credere ai battezzati che vi sono dei peccati, quelli veniali, che non
privano l’anima della grazia di Dio, ed altri, quelli mortali, che privano l’anima della grazia di Dio.
E per ciascuna di queste categorie di peccati la chiesa
romana ha escogitato questo rimedio. Essa dice che un
battezzato può ricevere il perdono dei suoi peccati veniali (dal latino venialis che significa ‘perdonabile’) durante la sua vita col pentimento, con buone opere e senza la confessione al prete, il Perardi afferma infatti:
‘Può aversene il perdono col pentimento e con buone
opere, anche senza la confessione sacramentale’6 o altrimenti li soddisferà dopo morto con le pene gravi del
purgatorio;7 mentre se commette un peccato mortale
3
Giov. 5:24
Giov. 3:18
5
Giov. 3:18
6
Giuseppe Perardi, op. cit. pag. 241
7
In questa maniera la chiesa cattolica si contraddice perché il
concilio Laterano del 1215 ha imposto la confessione di tutti i
peccati e non solo di una parte; e poi perché questi peccati di
‘seconda categoria’ che secondo loro non privano l’anima del4
169
Il purgatorio e dottrine collegate
può ricevere il perdono di esso solo confessandolo al
prete: ‘La grazia di Dio, perduta per il peccato mortale,
si riacquista con una buona confessione sacramentale’1
e dice che se muore senza averne fatta confessione sacramentale non potrà mai avere accesso al paradiso perché se ne andrà all’Inferno! Ecco come si esprime il Perardi a tale riguardo: ‘Chi muore in istato di peccato
mortale, va all’Inferno’.2
In altri termini, per la chiesa romana siccome che le due
categorie di peccati hanno degli effetti spirituali diversi
sull’individuo che li commette (il peccato veniale non
toglie la grazia mentre il peccato mortale sì), di conseguenza cambia anche il modo in cui se ne può ottenere
il perdono; più facile per il primo perché in questo caso
basta il pentimento con qualche opera buona, più difficile per il secondo perché in questo caso è necessaria la
confessione o la contrizione perfetta!
Ma non è tutto: perché dato che la penitenza ‘rimette la
pena eterna, ma ne lascia ordinariamente una temporanea da scontare o in questa vita o nell’altra’ il penitente
deve anche lui dare la sua parte di soddisfazione per espiare tutta la pena dei suoi peccati commessi.
Per chi dice invece che ‘tutta la pena viene sempre rimessa da Dio insieme alla colpa e che l’unica soddisfazione dei penitenti è la fede, con cui apprendono che
Cristo ha soddisfatto per essi’ c’è l’anatema tridentino3
In questa maniera, cioè insegnando che il battezzato, sia
nel caso di peccati veniali e sia di peccati mortali, deve
sempre fare delle opere per ottenere la remissione del
debito della pena temporanea meritata e che il pentimento e la fede in Cristo non sono sufficienti a soddisfare, il purgatorio trova il suo logico posto, perché? Perché è il luogo dove il penitente deve andare dopo morto
a scontare qualsiasi debito di pena temporanea rimastogli sulla terra: che tutti hanno, solo che per alcuni è più
grande e per altri meno. In paradiso infatti ci va solo colui che è senza peccato neppure veniale e senza debito
la grazia di Dio sono degni della punizione divina perché coloro che li commettono senza averli espiati sulla terra li devono
espiare in purgatorio con atroci sofferenze. Quindi, la chiesa
romana non reputa indispensabile la confessione dei peccati
veniali al prete che fa le veci di Dio e poi afferma che per essi
si dovrà penare nel purgatorio; il che vuole dire che essa dichiara non grave ciò che Dio punisce con la sua ira! Ma se
Cristo avesse veramente istituito la confessione al prete e ci
fosse veramente il purgatorio, non sarebbe un controsenso non
obbligare le anime a confessare anche i peccati veniali? Non
sarebbe tutto ciò un andare contro gli interessi delle anime che
possono morire con dei peccati veniali non perdonati?
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 240
2
Ibid., pag. 238. Il fatto è però che il penitente anche dopo averne fatto la confessione al prete anche se non va all’inferno,
se ne va sempre in un luogo di tormenti atroci quale è il purgatorio. Una domanda quindi si impone a questo punto: come è
mai possibile che la chiesa romana che si vanta di avere le
chiavi del regno dei cieli, perché possiede il successore di Pietro e i successori degli apostoli che la guidano, non può fare
evitare il purgatorio, che è un luogo di tormenti, a coloro che
si confessano e fanno ciò che essa gli dice? Come è possibile
che queste cosiddette chiavi riuscirebbero a fare scampare
dall’inferno ma non dal purgatorio? Non è forse questo una
prova di quanto sia inefficace questo potere delle chiavi?
3
Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 12
170
La chiesa cattolica romana
di pena cioè che ha già soddisfatto a tutta la pena temporanea dovuta per i peccati gravi, cioè chi è puro di
ogni macchia, e dato che in punto di morte nessuno può
sperare di trovarsi così puro e così santo da potere subito accedere in paradiso - come essi dicono - perché tutti
hanno qualche colpa da espiare, allora il penitente deve
andarsene prima nel purgatorio a pagare il suo debito
per potere poi accedere in paradiso! Avete compreso
dunque in che maniera il purgatorio è strettamente collegato alla dottrina del peccato insegnata dalla chiesa
papista? Perché esso costituisce quel posto da cui tutti
devono passare per espiare con le loro sofferenze ogni
debito di pena temporanea contratto sulla terra che essi
non hanno potuto o voluto pagare sulla terra con le loro
opere. In altre parole esso costituisce quel luogo dove,
dato che sulla terra mediante la sola fede nel sacrificio
propiziatorio di Cristo non si può in nessuna maniera
ottenere la remissione di tutta la pena meritata con i
peccati (il che significa che il sangue di Cristo non può
cancellarla), il penitente deve per forza di cose andare
per mettersi finalmente a posto davanti a Dio, cioè per
pagare tutto quello che gli rimane a pagare!
Per farvi comprendere ora quali sono per i teologi cattolici romani i peccati veniali, che non sono gravi, e quelli
mortali che invece sono gravi, vi citerò alcune parole
sempre dal Nuovo Manuale del Catechista: ‘La legge di
Dio, ad esempio, proibisce di rubare. Se io rubo pochi
soldi a un ricco, il mio peccato non è mortale, ma veniale; è mortale se rubo una somma grave. Una semplice
bugia è peccato veniale, ma mortale la bestemmia’.4
Per quanto riguarda la bugia occorre dire che, secondo i
teologi romani, essa è di tre tipi, cioè, la bugia giocosa,
la bugia ufficiosa, e la bugia dannosa (questa distinzione
fu introdotta da Tommaso d’Aquino).
La bugia giocosa è quando si mentisce per giuoco, senza
alcuno scopo serio, e per il solo piacere di mentire; la
bugia ufficiosa è quando si mentisce per scusarsi, ovvero per produrre un qualche vantaggio a sé stesso o ad
altri, senza che però ne venga per essa danno al prossimo; la bugia dannosa è quando per essa ne viene ingiusto danno al prossimo.
Le prime due classi di bugie, secondo la teologia romana, non sono che peccato veniale, mentre la bugia dannosa è un peccato grave. Citiamo a tale proposito ciò
che dice l’Enciclopedia Ecclesiastica alla voce ‘bugia’:
‘Solo la bugia dannosa può essere colpa grave, come
quando inducesse in errore su Dio, la religione, la morale, o recasse danno grave al prossimo nella vita, nelle
ricchezze o nella fama; in tutti questi casi, infatti, è una
grave violazione del precetto della carità (...) La bugia
ufficiosa (quella cioè che mira a qualche vantaggio) e
quella giocosa, non sono peccato grave (...) anzi, la giocosa, secondo alcuni, può essere del tutto innocente, ossia non essere neppure bugia. Questa dottrina sulla colpevolezza di chi mente è comune nella Chiesa’.5
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 241. Anche tra i peccati mortali ci sono quelli più gravi e quelli meno gravi; ma su questa
loro distinzione non mi soffermerò per non dilungarmi troppo.
Mi limito a dire che essa è arbitraria e denota quanta ignoranza
della Scrittura ci sia tra i teologi papisti.
5
Enciclopedia Ecclesiastica, vol. 1, pag. 533
Il purgatorio e dottrine collegate
E se questo non basta per capire che i teologi della chiesa romana ammettono in alcune circostanze la menzogna citiamo anche quello che dice l’Enciclopedia Cattolica alla voce menzogna: ‘In molti casi, basterà il silenzio o la frase evasiva allo scopo di salvare il segreto, di
eludere una minaccia, di essere cortesi. Ma tante altre
volte il silenzio o la frase evasiva sono proprio tali da
tradire quegli scopi. Non si può allora né tacere né evadere; bisogna dire qualcosa; d’altronde il proprio pensiero non può dirsi senza pericolo. E’ lecita in simili circostanze la risposta falsa? Con la grande maggioranza
degli uomini sani, i dottori cattolici rispondono di sì’.1
Confutazione
Come i peccati vengono rimessi e l’unica distinzione
esistente tra di essi secondo la Scrittura
La sacra Scrittura insegna che “il peccato é la violazione
della legge”2 e che “tutti hanno peccato e son privi della
gloria di Dio”.3 Perché tutti hanno peccato? Perché Adamo, il primo uomo, peccò e per mezzo di lui il peccato è passato su tutti gli uomini; dice Paolo infatti che
“per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati
costituiti peccatori”;4 quindi tutti coloro che vengono al
mondo nascono con il peccato secondo che é scritto: “Io
sono stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha
concepito nel peccato”.5 In altre parole ogni creatura
umana sin da quando nasce è incline per natura a peccare contro Dio perché ha il peccato in sé; e difatti noi tutti
“eravamo per natura figliuoli d’ira, come gli altri”.6 Ora,
il peccato, di cui è contaminata la coscienza di ogni essere umano sin dalla sua nascita, per mezzo del comandamento prende vita e uccide chi lo serve perché come
dice Paolo “senza la legge il peccato è morto... ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita, ed io morii”,7 e può essere cancellato dalla sua coscienza solo
mediante il sangue di Gesù Cristo secondo che é scritto:
“Se il sangue di becchi e di tori e la cenere d’una giovenca sparsa su quelli che son contaminati santificano in
modo da dar la purità della carne, quanto più il sangue
di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se
stesso puro d’ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente?”.8 Ma quando avviene questa purificazione? Quando
1
Enciclopedia Cattolica, vol. 8, 703. Non c’é quindi da meravigliarsi un gran che se in questa nazione così cattolica la bugia è un costume e non è considerata un peccato: la bugia cosiddetta giocosa per esempio è molto diffusa perché a tutti
piace mentire per farsi beffe del prossimo; anche la bugia cosiddetta ufficiosa è molto diffusa difatti tanti mentono per scusarsi e per nascondere certe cose, e tanti mentono ai bambini
sin dalla loro tenera età per non fargli fare certe cose o per fargliene fare altre; e tutto questo perché queste menzogne vengono considerate bugie leggere ovvero peccati veniali.
2
1 Giov. 3:4
3
Rom. 3:23
4
Rom. 5:19
5
Sal. 51:5
6
Ef. 2:3
7
Rom. 7:8,9
8
Ebr. 9:13,14
La chiesa cattolica romana
l’uomo si riconosce peccatore davanti a Dio e lo implora affinché lo perdoni e crede con il suo cuore nel Vangelo. Questo é attestato da queste parole che l’apostolo
Pietro rivolse ai Giudei: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, onde i vostri peccati siano cancellati...”;9 quindi è
del tutto menzognera la dottrina cattolica che afferma
che il fanciullo mediante il battesimo viene nettato e liberato dal suo peccato. Certo, il bambino ancora dopo
pochi giorni dalla sua nascita non ha ancora compiuto
peccati, però ha il peccato in sé; ma questo non può
svanire dalla sua coscienza mediante dell’acqua cosiddetta santa versata sulla sua testa. Quell’acqua lo bagna
ma non lo libera dal peccato che ha ereditato dai suoi
antenati.10
Per quanto riguarda invece i peccati commessi dopo essere stati purificati e liberati dai peccati commessi nella
nostra ignoranza, anch’essi vengono cancellati mediante
il sangue di Cristo e ciò dopo averne fatta confessione a
Dio secondo che è scritto: “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.11 Non esistono quindi secondo
la Scrittura due categorie di peccati per ottenere il cui
perdono occorre seguire due prassi diverse, una più facile e l’altra più difficile come nella chiesa papista. Da
tutte le iniquità che il credente commette, per ottenerne
il perdono da Dio, egli si deve pentire davanti a Dio e
confessarle a Dio abbandonandole perché è scritto: “Chi
le confessa e le abbandona otterrà misericordia”.12 Si
noti pure che a differenza di quanto insegna la chiesa
cattolica sulla remissione dei peccati dopo il battesimo,
la Scrittura non insegna che dopo avere ottenuto direttamente dal Signore la remissione di essi rimane per essi
una pena temporanea da scontare perché questo è in
piena contraddizione con lo stesso concetto di remissione insegnatoci dalla Parola di Dio. Infatti dire che il Signore ci rimette i nostri debiti in virtù del nostro pentimento e della nostra fede in lui, ma noi dobbiamo sempre dare la nostra parte di soddisfazione o in questa vita
o nell’altra per essi significa attribuire a Dio questo modo di agire. Che lui ha promesso di rimetterci i nostri
debiti che avremmo contratto verso lui dopo la nostra
conversione in virtù del sacrificio propiziatorio del suo
Figliuolo, ma nei fatti richiede da noi che diamo un contributo per estinguere i nostri debiti. Questo significherebbe che la remissione promessaci dal Signore non è
una vera remissione. E che quindi lui ha mentito: ma no,
lui non ha mentito, sono piuttosto i teologi papisti che
mentono contro la verità secondo che è scritto: “Sia Dio
riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo”,13 facendo
dire alla Scrittura quello che essa non dice. La verità è
9
Atti 3:19
Se Gesù avesse creduto che il battesimo cancella automaticamente i peccati di chi lo riceve certamente lo avrebbe imposto anche lui ai neonati e non lo avrebbe prescritto solo a coloro che avrebbero creduto in lui. Il fatto dunque che Gesù lo
abbia comandato solo per coloro che hanno creduto in lui esclude che lui gli attribuisse l’importanza e l’efficacia che gli
attribuiscono i teologi papisti, e difatti per Gesù era la fede che
salvava l’uomo dal peccato e non il rito del battesimo.
11
1 Giov. 1:9
12
Prov. 28:13
13
Rom. 3:4
10
171
Il purgatorio e dottrine collegate
che il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato
a noi credenti, ed è in grado di nettarci e di renderci più
bianchi della neve secondo che dice Davide nei Salmi:
“Lavami, e sarò più bianco che neve”1 nel momento in
cui ci macchieremmo. In altre parole, noi credenti per
mezzo del prezioso sangue di Cristo, il prezzo da lui pagato per la remissione dei nostri peccati commessi prima e dopo la nostra rigenerazione, otteniamo dal Signore nella sua grande misericordia l’estinzione totale di
ogni nostro debito cosicché dopo la nostra confessione
non rimane proprio nulla da scontare.2 Ecco perché siamo sicuri che quando moriamo andiamo subito con il
Signore in cielo, perché quando noi confessiamo i nostri
falli a lui il suo sangue di cui noi siamo stati cosparsi ci
imbianca in maniera tale da poterci presentare puri da
ogni macchia nel cospetto di Dio ad ogni istante. Quindi
la nostra non è affatto presunzione, ma semplicemente
fiducia nel potere purificatore del sangue di Gesù. Per
chi è sotto il sangue di Gesù non c’è condanna alcuna,
non c’è debito di pena da espiare in un purgatorio, perché in quel sangue ci sono tutti i meriti necessari alla
soddisfazione di tutti i suoi debiti contratti dopo la sua
conversione.
Per quanto riguarda poi la distinzione generale tra peccati veniali e mortali che fanno i teologi papisti diciamo
le seguenti cose. Giacomo ha detto: “Chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si
rende colpevole su tutti i punti”,3 e la Scrittura dice che
è “maledetto chiunque non persevera in tutte le cose
scritte nel libro della legge per metterle in pratica”;4 per
questo noi consideriamo del tutto inutile ma anche dannosa la distinzione tra peccati veniali e peccati mortali
che fanno i teologi cattolici, perché sappiamo che benché non tutti i Cattolici romani possono essere accusati
di avere ucciso delle persone o di commettere dei pecca1
Sal. 51:7
La chiesa cattolica attribuisce all’acqua benedetta da lei usata
sui suoi battezzati il potere di cancellare ogni peccato e ogni
pena dovuta per essi infatti afferma che il battesimo toglie ‘il
peccato originale e gli attuali se vi sono, con ogni debito di
pena per essi dovuta’ (Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 454);
questo perché secondo lei quell’acqua ha ricevuto da Dio la
potenza dello Spirito Santo di cancellare ogni macchia
dall’uomo. E per questo essa afferma che se un adulto muore
subito dopo il battesimo egli se ne va direttamente in paradiso.
Ma allora noi diciamo: ‘Perché mai un credente dopo essere
stato asperso con il sangue benedetto di Cristo Gesù al momento della sua conversione e dato che viene con esso lavato
continuamente dai suoi peccati non dovrebbe avrebbe in ogni
istante della sua vita la certezza di andare subito in paradiso?’
Forse perché il sangue di Gesù non ha lo stesso potere di cancellare appieno i peccati del cristiano ed ogni pena dovuta per
essi come invece ce l’ha la sua cosiddetta acqua santa? Se è
così, ciò significa che la sua acqua ‘santa’ è più potente del
sangue di Gesù, perché essa è in grado di cancellare ogni debito di pena, mentre il sangue di Cristo no! Ma no, le cose non
stanno affatto così, perché quell’acqua del prete non ha alcun
potere di purificare il peccatore dai suoi peccati perché questo
ce lo ha solo il sangue di Gesù. E’ nel suo sangue che c’è la
remissione dei peccati e non nell’acqua battesimale della chiesa papista. Il sangue di Gesù sì dà la certezza di andare in paradiso subito, ma la sua acqua ‘santa’ no.
3
Giac. 2:10
4
Gal. 3:10
2
172
La chiesa cattolica romana
ti contro natura (che sono peccati mortali per i teologi
papisti) pure tutti sono sotto la maledizione della legge e
morti nei loro falli e nelle loro trasgressioni.
Anche per noi credenti questa distinzione tra i peccati
che fanno i papisti non ha valore perché sappiamo che
“ogni iniquità è peccato”5 che offende Dio, disonora la
sua parola e produce la morte. Giacomo dice per esempio che il peccato (e non fa nessuna distinzione tra i
peccati) “quand’è compiuto, produce la morte”.6 Per
questo odiamo tutti i peccati, anche quelli che non paiono così distruttivi, e ci studiamo di non compierli e
quando pecchiamo confessiamo il nostro peccato a Dio
per essere da Lui purificati con il sangue del suo Figliuolo. Come ho detto prima, torno a ripeterlo, non esistono per noi credenti peccati meno gravi per i quali occorre seguire una prassi più sbrigativa e più semplice
per ottenere il perdono divino, e peccati gravi per i quali
occorre seguire un’altra prassi più difficile. In altre parole sappiamo che Dio è pronto a perdonarci i nostri
peccati, non importa di che natura siano, a condizione
che noi ci pentiamo da essi e glieli confessiamo. Quando Gesù c’insegnò a pregare ci disse di dire al Padre nostro: “Rimettici i nostri debiti”7 e non disse che per taluni debiti basta fare una cosa mentre per altri non basta!!
Sia ben chiaro questo.
Va detto però che tra tutti i peccati c’è un peccato che se
un credente commette non può essere perdonato perché
è impossibile menarlo da capo a ravvedimento; é il peccato che mena a morte. Le seguenti Scritture confermano questo.
- “V’è un peccato che mena a morte; non é per quello
che dico di pregare”;8
- “Se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la
conoscenza della verità, non resta più alcun sacrificio
per i peccati; rimangono una terribile attesa del giudizio
e l’ardore d’un fuoco che divorerà gli avversarî”;9
- “Perché quelli che sono stati una volta illuminati e
hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi
dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di
Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento, poiché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliuol di Dio, e lo
espongono ad infamia”;10
- “Chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo,
non ha remissione in eterno, ma è reo d’un peccato eterno”.11
Quindi, secondo la Scrittura esiste un peccato che mena
a morte (alla morte seconda) il credente che lo commette, ed esso consiste nel volontario rinnegamento della
propria professione di fede, e per chi lo commette é impossibile ravvedersi di nuovo perché crocifigge di nuovo per conto suo il Figlio di Dio e lo espone ad infamia.
Questa è l’unica distinzione tra i peccati che fa la Scrittura: tutti possono essere rimessi tranne quello a morte
5
1 Giov. 5:17
Giac. 1:15
7
Matt. 6:12
8
1 Giov. 5:16
9
Ebr. 10:26,27
10
Ebr. 6:4-6
11
Mar. 3:29
6
Il purgatorio e dottrine collegate
perché chi commette quest’ultimo crocifigge di nuovo il
Figlio di Dio e lo espone ad infamia.
A proposito invece della distinzione particolare vista in
precedenza diciamo: per quanto riguarda il rubare la
Scrittura insegna che Dio dice: “Non rubare”,1 perciò
non importa quanto uno ruba ad un ricco, se poco o tanto, perché chi ruba trasgredisce la legge di Dio e riceve
come retribuzione dal peccato la morte secondo che è
scritto: “Il salario del peccato é la morte”.2 A proposito
del mentire la Scrittura dice: “Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo
membra gli uni degli altri”,3 perciò non importa se uno
dice una bugia per ridere o per scusarsi o per diffamare
il suo prossimo perché egli commette una cosa in abominio a Dio secondo che è scritto: “Le labbra bugiarde
sono un abominio per l’Eterno”.4
E a proposito della bugia da loro chiamata giocosa la
Scrittura la condanna perché afferma: “Come un pazzo
che avventa tizzoni, frecce e morte, così è colui che inganna il prossimo, e dice: Ho fatto per ridere!”.5 Quindi,
i dottori della chiesa romana che parlano in quel modo a
riguardo della menzogna mentono loro stessi contro la
verità e inducono le persone ad amare e praticare la
menzogna a danno della loro anima.
Avete compreso dunque perché parlando con i Cattolici
ci si sente sovente dire: ‘Ma io lavoro, non rubo (si intende, grosse somme di denaro) non bestemmio, non
uccido, non commetto adulterio, di che cosa mi devo
ravvedere? Perché loro pensano che sono degni di ricevere il castigo eterno solo per certi peccati, per gli altri
no perché c’é il purgatorio che glieli purgherà dopo
morti se da essi non si sono pentiti in tempo! Come potete vedere questa distinzione tra peccati veniali e mortali ha avuto ed ha nefaste conseguenze sulle persone
perché le porta a sottovalutare una certa categoria di
peccati, appunto quella dei veniali, a danno della loro
anima.6
O Cattolici, che avete ricevuto il battesimo da infanti,
sappiate che se non vi ravvedete dai vostri peccati e non
credete nel Vangelo quando morirete ve ne andrete
all’inferno perché morirete nei vostri peccati. Non importa se morirete nei peccati ‘veniali’ o nei peccati
‘mortali’ (come li chiamate voi), voi perirete perché Gesù ha detto: “Se non credete che sono io (il Cristo), morrete nei vostri peccati”,7 ed anche: “Se non vi ravvedete,
tutti similmente perirete”;8 e quand’anche prima di morire vi confessaste al prete non scamperete alle fiamme
dell’inferno perché il prete non potrà in nessuna maniera
1
Es. 20:15
Rom. 6:23
3
Ef. 4:25
4
Prov. 12:22
5
Prov. 26:18,19
6
E’ chiaro che anche nel caso tutti i peccati fossero stati considerati mortali dalla teologia romana per cui dovevano essere
obbligatoriamente confessati al prete, le cose non sarebbero
state migliori, perché quantunque quelli che sono definiti i veniali fossero stati reputati degni di castigo eterno pure avrebbero dovuto essere sempre confessati ad un uomo che non ha
per nulla il potere di rimetterli.
7
Giov. 8:24
8
Luca 13:3
La chiesa cattolica romana
darvi l’assoluzione divina non avendo il potere di assolvere i peccatori. Vi scongiuriamo quindi a pentirvi di
tutti i vostri peccati e chiedere perdono direttamente al
Signore Iddio perché lui solo può purificavi appieno e
all’istante da essi dandovi così la certezza assoluta di
andare in cielo con Gesù Cristo appena morti.
LE PREGHIERE PER I MORTI (PARTE DEL SUFFRAGIO)
La dottrina dei teologi papisti
Pregando per le anime in purgatorio si alleviano le loro
pene.
I teologi papisti affermano che pregando per coloro che
sono morti, si possano lenire le pene delle anime meritevoli di salvezza che sono nel purgatorio, e si possa pure abbreviare il tempo che ci devono rimanere! Questa
dottrina, come potete vedere, é strettamente legata al
purgatorio. Essa è stata fabbricata con delle parole attinte dal libro dei Maccabei (uno dei libri apocrifi non ispirati da Dio) che dicono che un certo Giuda Maccabeo
assieme ad altri supplicarono Dio di perdonare i peccati
di alcuni soldati Giudei caduti in battaglia,9 e che questo
Giuda fece raccogliere del denaro che mandò a Gerusalemme per fare offrire un sacrificio espiatorio per il
peccato di quei morti. A queste parole sono state aggiunte diverse parole dei loro cosiddetti padri che erano
in favore delle preghiere per i morti. Tra queste spiccano quelle di Agostino: essi citano infatti spesso queste
parole di Agostino che lui rivolse a Dio per sua madre
dopo che questa morì: ‘Rimetti anche Tu a lei i suoi debiti, quelli che contrasse in tanti anni, dopo avere ricevuto l’acqua della salute. Rimettili, o Signore, rimettili,
te ne supplico, non entrare in giudizio con essa...’;10 poi
delle altre sue parole con le quali egli dice a Dio di ispirare i suoi servi affinché si ricordino all’altare di sua
madre Monica e di suo padre Patrizio, defunti;11 e questa sua citazione dal libro La città di Dio che dice: ‘La
stessa preghiera della Chiesa o di qualche uomo pio a
favore di alcuni defunti è esaudita, ma soltanto per quelli che, rigenerati in Cristo, non hanno condotto nel loro
corpo una vita tanto cattiva da essere giudicati indegni
di questa misericordia, ma neppure una vita così buona
da non avere bisogno di quella misericordia’.12
Confutazione
I morti non hanno bisogno delle nostre preghiere
2
Non ritengo superfluo dirvi di riprovare e confutare
questa dottrina diabolica che fa credere a milioni di persone che i viventi possano in qualche modo contribuire
alla salvezza delle anime di coloro che sono morti nei
loro falli pregando per loro. La Scrittura afferma che
quando muore un peccatore egli se ne va nel soggiorno
9
Cfr. 2 Maccabei 12:41,42
Agostino di Ippona, Le Confessioni, Lib. IX, cap. XIII
11
Cfr. Agostino, op. cit., Lib. IX, cap. XIII
12
Agostino di Ippona, La Città di Dio, Lib. XXI, cap. 24,2
10
173
Il purgatorio e dottrine collegate
dei morti dove c’é un fuoco non attizzato da mano
d’uomo e dove c’é il pianto e lo stridore dei denti. Per
lui non c’é più nessuna possibilità di essere salvato; gli
rimarrà solo di aspettare il giudizio del gran giorno e la
relativa condanna. Per chi invece muore nel Signore,
cioè muore riconciliato con Dio, c’é la gloria, perché
l’anima sua si diparte dal corpo e va ad abitare con il
Signore lassù nel cielo. Quindi se l’uomo muore perduto, perduto rimarrà in attesa del giudizio e anche dopo
che sarà giudicato, cioè per l’eternità; se invece muore
salvato, sarà salvo sia nell’attesa della risurrezione che
anche dopo che Dio giudicherà il suo popolo.
Secondo l’insegnamento della Parola di Dio non esistono vie alternative a quella che mena alla perdizione ed a
quella che mena alla vita; ma non secondo il catechismo
cattolico, infatti per esso esiste, ed é il purgatorio dove
secondo loro le anime dei defunti con l’aiuto delle preghiere dei viventi ricevono l’alleviamento delle loro pene e la liberazione da esse per potere accedere al paradiso di Dio. Che inganno che è questo purgatorio!
Noi dobbiamo pregare per i vivi
La Scrittura ci insegna che noi dobbiamo pregare per
tutti gli uomini affinché siano salvati, ma questo lo dobbiamo fare mentre essi sono ancora in vita, e non anche
dopo che essi sono morti infatti l’apostolo Paolo dice a
Timoteo: “Io esorto dunque, prima d’ogni altra cosa,
che si facciano supplicazioni, preghiere, intercessioni,
ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti
quelli che sono in autorità, affinché possiamo menare
una vita tranquilla e quieta, in ogni pietà e onestà”.1 Paolo stesso in questo ci ha lasciato l’esempio, perché egli
pregava per gli increduli affinché fossero salvati secondo che é scritto: “Il desiderio del mio cuore e la mia
preghiera a Dio per loro é che siano salvati”,2 ma le sue
preghiere egli le rivolgeva a Dio solo per coloro che erano ancora in vita. E questo perché lui sapeva che sarebbe stato del tutto inutile pregare per la salvezza dei
peccatori morti, perché non credeva all’esistenza di un
purgatorio nell’aldilà da dove le anime con l’aiuto delle
sue preghiere avrebbero potuto passare in paradiso.
Anche per quanto riguarda i credenti la Scrittura ci insegna che noi dobbiamo pregare per loro mentre sono in
vita, perché una volta che sono morti noi con le nostre
preghiere in loro favore non possiamo fare alcunché in
loro favore. Il Figliuol di Dio nei giorni della sua carne
pregò per i vivi, e così anche gli apostoli dopo di lui. Vi
sono molte Scritture che lo confermano; perciò pure noi
dobbiamo pregare per i nostri fratelli solo mentre essi
sono in vita, e non anche dopo che sono morti perché in
cielo essi non hanno punto più bisogno delle nostre preghiere.
CONCLUSIONE
1
1 Tim. 2:1,2
Rom. 10:1
2
174
La chiesa cattolica romana
Il come si sia formata questa malefica dottrina del purgatorio nel corso del tempo e come essa sia stata accettata da molti come buona a danno delle loro anime ci fa
comprendere alcune cose. Innanzi tutto che se una dottrina non può essere confermata dagli Scritti sacri e va
contro la sana dottrina essa deve essere rigettata e confutata senza indugio alcuno per non trovarsi avvelenati
spiritualmente. In secondo luogo che non importa quanto antica sia una dottrina, o chi siano stati i suoi sostenitori, se essa va contro la Parola di Dio deve essere rigettata; insomma, non importa chi la sosteneva
nell’antichità, se Agostino, Girolamo, Ambrogio, ecc.
essa va rigettata. Nessuno si lasci trarre in inganno dal
fatto che quegli scrittori vissero molti secoli fa; perché
questo non ha nessun valore, perché per stabilire se una
dottrina è vera non si deve guardare quanto antica sia
ma se è conforme all’insegnamento della Parola di Dio
presa nella sua globalità. Abbiamo visto che i Cattolici
romani citano spesso molti dei cosiddetti padri della
chiesa attribuendo alle loro parole uguale importanza
che alle parole dei profeti e degli apostoli e del Signore
Gesù. Difatti, essi citano spesso questi antichi scrittori
per sostenere le loro eresie. A noi non importa quanto
siano stati famosi e rispettati quegli uomini ai loro tempi, e neppure quanto eloquenti siano stati, e neppure
quanti volumi abbiano scritto; ciò che di storto essi hanno detto noi non lo accettiamo. Per noi le loro strane
dottrine non hanno per nulla lo stesso valore della Parola di Dio come invece ce l’hanno per i Cattolici, anzi è
meglio dire che per noi credenti non hanno nessun valore perché esse si oppongono nettamente alle sane parole
del Signore e degli apostoli. L’esempio del purgatorio
conferma quanto appena detto: il purgatorio infatti, che
è parte della cosiddetta venerabile tradizione passata di
mano in mano, attacca il potere espiatorio del sangue di
Cristo, perché lo annulla. E’ dunque una dottrina di demoni, non una dottrina degli apostoli; demoniaca e non
apostolica. E’ una vanità ingannatrice scaturita da delle
menti carnali che bisogna rigettare, distruggere e smascherare con le Scritture. Siate ferventi di spirito, zelanti
nelle Scritture, levatevi in favore della verità anche voi
distruggendo questa roccaforte papista che ha illuso fino
ad ora centinaia di milioni di persone scaraventandole
all’inferno
.
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
Capitolo 7
IL CULTO A MARIA, AI SANTI E AGLI ANGELI; LE STATUE E LE IMMAGINI; I PELLEGRINAGGI E LE PROCESSIONI
IL CULTO A MARIA
La chiesa cattolica romana, come ben sapete, tributa un
culto a Maria, la madre di Gesù. A Maria sono rivolte
preghiere e canti; le statue e le immagini che la raffigurano sono un po’ da per tutto, nelle basiliche cattoliche,
negli ospedali, negli orfanotrofi, nei collegi, per le strade, per le piazze, sui monti, nelle grotte, nelle case; per
esse molta gente va in delirio, davanti ad esse molte
persone si prostrano invocandola affinché li aiuti, li guarisca, li consoli, e affinché li salvi. A Maria sono anche
dedicati due mesi all’anno; Maggio, il mese di Maria; e
Ottobre, il mese del Rosario. Alcune delle feste universali in suo onore sono: 1) l’Immacolata Concezione (8
Dicembre); 2) la Natività (8 Settembre); 3) l’Annunciazione (25 Marzo, nove mesi prima di natale); 4)
la Purificazione (2 Febbraio); 5) l’Assunzione (15 Agosto). Per quanto riguarda poi i santuari mariani venerati
da milioni di Italiani ce ne sono a decine in tutta Italia.
Nel mondo intero sono moltissimi.
Maria in realtà è più importante di Gesù per i Cattolici
romani,1 per loro è una sorta di dea onnipotente a cui
persino Gesù deve ubbidire. Questo è quello che gli
hanno inculcato i preti sin dalla loro fanciullezza. Di
Maria viene detto dai preti che fu concepita senza peccato e durante la sua vita non peccò mai, che è la madre
di Dio, che rimase sempre vergine, che fu la prima persona a cui Gesù apparve dopo essere risuscitato, che fu
assunta in cielo anima e corpo dopo essere risorta, che
in cielo prega per i Cristiani, che un giorno schiaccerà il
capo del diavolo, che è corredentrice dell’umanità, che è
la madonna, e che è la madre della Chiesa.
Confutazione delle eresie dette su Maria
Ella fu concepita senza peccato.
‘Maria nel primo instante della sua concezione, per una
grazia speciale, è stata preservata pura da ogni macchia
di peccato originale. - E’ di fede.’2 Quindi Maria sarebbe stata concepita e sarebbe nata senza peccato. Il dogma dell’immacolata concezione di Maria fu emanato,
con il favore dei Gesuiti, da Pio IX nel 1854 in questi
1
Nella realtà Maria è più importante di Gesù per i Cattolici. Si
consideri, tra le altre cose, che qui a Roma su 580 luoghi di
culto della chiesa cattolica (quelli citati su Tuttocittà ‘97) ben
133 sono dedicati esclusivamente a Maria, mentre solo 33 sono dedicati esclusivamente a Gesù (incluso Corpus Domini e
SS. Sacramento).
2
Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, vol. II,
pag. 168
La chiesa cattolica romana
termini: ‘La beatissima Vergine Maria nel primo istante
della sua concezione, per una grazia ed un privilegio
singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di
Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale’.3 La
ragione addotta è che Gesù per potere nascere immacolato aveva bisogno di una madre altresì immacolata.
Questo dogma è una menzogna perché tutti gli uomini e
tutte le donne nati sulla terra (all’infuori di Gesù) sono
nati col peccato secondo che é scritto: “Ecco, io sono
stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha concepito nel peccato”,4 ed ancora: “Tutti hanno peccato”,5
perciò anche Maria aveva peccato e non poteva dire, e
siamo sicuri che non lo disse e pensò mai, di essere nata
senza peccato.6 Il fatto che ella stessa riconobbe che Dio
era il suo Salvatore dicendo: “L’anima mia magnifica il
Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvatore”,7
dimostra che ella non era nata senza peccato, perché in
tale caso non avrebbe chiamato Dio suo Salvatore e non
avrebbe avuto bisogno di essere salvata. ‘Ma i teologi
romani affermano che anche Maria fu salvata’, dirà
qualcuno. Noi rispondiamo: ‘Sì, ma a tale proposito
fanno un discorso tutto particolare’. Bartmann dice per
esempio: ‘Anche Maria è stata redenta da Cristo, come
ogni altro uomo, ma in modo differente da tutti gli altri
(...) La sua redenzione consiste nella preservazione e
non nella liberazione dal peccato (redemptio praeservativa, non reparativa)’.8 Ma noi vorremmo domandare a
costui: ‘Ma se Maria fu preservata dal peccato ma non
liberata da esso come si può affermare che ella fu salvata?’ Dobbiamo riconoscere che i teologi romani hanno
fatto ricorso ad ogni specie di sofisma per ingannare le
persone! No, non è affatto così come dicono i teologi
papisti. Paolo dice ai Galati che “la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi alla
fede in Gesù Cristo fossero dati ai credenti”,9 perciò anche Maria era stata rinchiusa da Dio sotto il peccato affinché pure lei ottenesse misericordia mediante la fede
nel Signore Gesù Cristo. Ma vogliamo esibire un’altra
prova scritturale che Maria non nacque senza peccato, il
sacrificio che Giuseppe e Maria offrirono nel tempio
quando andarono a presentare il bambino Gesù.10 La
legge dice infatti: “E se (ella) non ha mezzi da offrire un
agnello, prenderà due tortore o due giovani piccioni:
uno per l’olocausto e l’altro per il sacrifizio per il peccato. Il sacerdote farà l’espiazione per lei, ed ella sarà pu-
3
Bolla Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854
Sal. 51:5
5
Rom. 3:23
6
E’ da notare che Tommaso d’Aquino, uno dei sommi dottori
della chiesa romana (su cui è basata molta della sua teologia),
era nettamente contrario all’immacolata concezione. Ecco
quanto egli dichiarò: ‘Il corpo della Vergine fu concepito nel
peccato originale e perciò contrasse quei difetti’ (Tommaso
d’Aquino, La Somma Teologica, III, q.14).
7
Luca 1:46,47
8
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 169
9
Gal. 3:22
10
Cfr. Luca 2:22-24
4
175
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
ra”.1 Quindi Maria dovette offrire anche lei quel sacrificio per il peccato. Ora, noi domandiamo: ‘Se ella fosse
stata senza peccato che bisogno c’era che offrisse quel
sacrificio?’ Ci rispondano i contenziosi.
Ma vediamo ora quali sono le inevitabili conseguenze a
cui porta l’affermazione papista che affinché Gesù potesse nascere immacolato era necessario che anche sua
Madre fosse immacolata. Innanzi tutto si fa passare Dio
per bugiardo perché Egli dice che “tutti hanno peccato e
son privi della gloria di Dio”;2 e poi si innalza Maria
sopra tutte le altre creature facendola apparire una sorta
di dea quando in effetti ella si dichiarò l’ancella del Signore; poi si fa dimenticare alle persone che Gesù nacque senza peccato non perché sua madre fosse senza
peccato ma perché fu generato nel seno di sua madre
dallo Spirito di Dio che è santo e quindi Dio non aveva
bisogno di una donna senza peccato per fare nascere il
suo Unico Figliuolo dal suo seno. Oltre a ciò se Maria
era immacolata dovremmo dedurre che anche sua madre, sua nonna e tutte le altre donne presenti nella sua
genealogia fossero anch’esse immacolate, e quindi si
stabilirebbe una catena di donne immacolate, il che è
diabolico. Ed infine definendo Maria nata senza peccato
e vissuta pure senza peccato (perché si deve tenere presente che la chiesa papista insegna pure che ella ‘fu esente durante tutta la sua vita dal peccato personale’),3
viene di conseguenza spontaneo dire che ella non ebbe
bisogno di essere riscattata e purificata dal sangue di
Cristo come gli altri, appunto perché senza peccato. Ma
allora come mai morì se ella era senza peccato dato che
la Scrittura dice che “per mezzo del peccato v’è entrata
la morte”4 e che “il dardo della morte è il peccato”?5 La
risposta è una sola: per i peccati degli uomini!! Ed ecco
che allora ci sono due morti espiatorie e non più solo
quella di Cristo. E non è forse così per i Cattolici romani? Quando essi chiamano Maria corredentrice
dell’umanità che cosa vogliono dire se non che Cristo
ha redento gli uomini assieme a lei? Ecco quali sono le
altre eresie che scaturiscono dal dogma dell’immacolata
concezione di Maria. Per l’ennesima volta si deve riconoscere che un abisso chiama un altro abisso.
Ella è la madre di Dio.
‘Maria é Madre di Dio in senso vero e proprio. - E’ di
fede’.6
Maria fu definita madre di Dio dal concilio di Efeso del
431. Il secondo concilio Costantinopolitano ha lanciato
il seguente anatema contro coloro che non la ritengono
tale: ‘Se qualcuno afferma che la santa gloriosa e sempre vergine Maria solo impropriamente e non secondo
1
Lev. 12:8
Rom. 3:23
3
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 174. La Scrittura dice invece che solo Gesù fu tentato senza però mai peccare (Cfr. Ebr.
4:15) e che “se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi” (1 Giov. 1:10). I teologi
papisti dicendo che Maria non peccò mai durante la sua vita
mentono e fanno Dio bugiardo.
4
Rom. 5:12
5
1 Cor. 15:56
6
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 157
2
176
La chiesa cattolica romana
verità è madre di Dio (...) e non la ritiene davvero e secondo verità madre di Dio (...) costui sia anatema’.
Questa dottrina è una menzogna perché Dio è il Creatore di tutte le cose mentre Maria era solo una creatura.
Certo, ella fu prescelta per dare alla luce il Figlio di Dio,
ma tenete sempre presente che la Parola che é stata fatta
carne era con Dio e Dio avanti che Dio creasse tutte le
cose, quindi anche prima che Maria fosse concepita nel
seno di sua madre; e che il Figlio di Dio coeterno con il
Padre nascesse da Maria secondo la carne perché egli
era l’Unigenito che era presso il Padre avanti la fondazione del mondo; ed infine che siccome che per mezzo
della Parola è stata fatta ogni cosa e “senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta”,7 di conseguenza anche Maria come tutte le altre creature fu fatta per mezzo
della Parola e perciò non può essere definita ‘madre di
Dio’ ma deve essere chiamata solo la madre di Gesù.
Voler difendere la divinità di Cristo dicendo che Maria
é la madre di Dio (come fece il concilio di Efeso) é un
errore perché fa apparire quell’umile ancella del Signore
che era Maria niente di meno che la madre del Creatore!
La Scrittura, che é ispirata da Dio, definisce Maria la
madre di Gesù; perciò, considerando che coloro che
l’hanno chiamata così parlarono sospinti dallo Spirito
Santo e credevano che Gesù Cristo era Dio perché in lui
si compiacque il Padre di fare abitare tutta la pienezza,
nessuno ha il diritto di chiamare Maria madre di Dio. I
teologi della chiesa romana prendono le seguenti parole
che Elisabetta, ripiena di Spirito, rivolse a Maria: “Come mai m’è dato che la madre del mio Signore venga da
me?”,8 per sostenere che hanno il diritto di chiamarla
‘madre di Dio’. Non é affatto così come essi dicono, e
questo perché Cristo Gesù é il nostro Signore ma non é
il nostro Padre celeste, infatti noi quando ci rivolgiamo
a Cristo sia nei canti che nell’adorazione non lo chiamiamo Padre, ma bensì Signore. Questo era anche il
comportamento degli apostoli infatti Paolo ai Corinzi
dice: “Per noi c’é un Dio solo, il Padre, dal quale sono
tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore,
Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale siamo noi”;9 ed ai Filippesi dice: “Ed é
perciò che Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha
dato il nome che é al disopra d’ogni nome, affinché nel
nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla
terra e sotto la terra, e ogni lingua confessi che Gesù
Cristo é il Signore, alla gloria di Dio Padre”.10 Come
potete vedere l’apostolo confessava con la sua bocca
che Cristo é il Signore e non il nostro Padre celeste, infatti in queste Scritture il Signore Gesù Cristo é menzionato separatamente da Dio Padre. Quindi Elisabetta
fece bene a chiamare Maria, “madre del mio Signore”,
perché chiamandola così riconobbe che colui che era nel
seno di Maria era il suo Signore. Anche noi affermiamo
che Maria era la madre del nostro Signore, ma così dicendo non attribuiamo a Maria, né culto, né particolari e
7
Giov. 1:3
Luca 1:43
9
1 Cor. 8:6
10
Fil. 2:9-11
8
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
speciali riguardi ma diciamo solamente la verità attorno
a lei. Ricordatevi che quando i magi venuti dall’Oriente
entrarono nella casa dove era il fanciullino Gesù, la
Scrittura dice che essi “videro il fanciullino con Maria
sua madre; e prostratisi, lo adorarono; ed aperti i loro
tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra”.1
Quei magi videro sia il fanciullino che sua madre ma si
prostrarono per adorare il fanciullino e non Maria sua
madre, eppure sapevano che quella donna era la madre
del re dei Giudei che era nato. Oltre a ciò, quando essi
aprirono i loro tesori presero dei doni per offrirli al fanciullino e non a sua madre. Ricordatevi pure che un
giorno mentre Gesù parlava una donna di fra la moltitudine alzò la voce e disse a Gesù: “Beato il seno che ti
portò e le mammelle che tu poppasti! Ma egli disse: Beati piuttosto quelli che odono la parola di Dio e
l’osservano!”.2 Gesù sapeva che Maria era stata prescelta da Dio per concepirlo e partorirlo; egli sapeva che
Maria era benedetta fra le donne proprio per aver messo
al mondo lui che era il Figlio di Dio, e ciò nonostante
quando quella donna davanti a tante persone proclamò
beato il seno che lo portò e le mammelle che lui poppò,
Gesù proclamò la beatitudine di coloro che ascoltano la
Parola di Dio e l’osservano. Badate che con questa risposta Gesù non disse che Maria sua madre non era beata, ma dette la priorità alla beatitudine che sperimentano
coloro che sono facitori della Parola di Dio, anziché alla
gioia che certamente la madre di Gesù sperimentò sia
nel portare nel suo seno per nove mesi Colui che é stato
generato (secondo la carne) dallo Spirito Santo, e sia
nell’allattarlo. D’altronde Maria nel suo canto aveva
detto: “D’ora innanzi tutte le età mi chiameranno beata,
poiché il Potente mi ha fatto grandi cose”,3 e
nell’esclamazione di quella donna già vediamo
l’adempimento di quelle parole. Ancora oggi molti dicono bene di Maria e noi siamo tra questi, ma fino a
quando si tratta di benedire Maria (dire bene di lei) dicendo che ella é definita dalla Parola “benedetta fra le
donne” e “beata” non c’é nulla di male; ma quando invece avviene che gli uomini oltre che a chiamarla beata
la adorano e la pregano allora essi si rendono colpevoli
di un peccato che é quello di idolatria.
Ella rimase sempre vergine.
‘Maria concepì e partorì suo Figlio senza danno per la
sua verginità, e restò vergine anche dopo il parto. - E’ di
fede’.4
E’ falso che Maria è rimasta vergine dopo il parto perché la Scrittura afferma che Giuseppe “prese con sé sua
moglie; e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il
suo figlio primogenito, e gli pose nome Gesù”.5 Questo
significa che Giuseppe, dopo che Maria partorì Gesù,
conobbe sua moglie.6 Ma non solo Giuseppe la conobbe
1
Matt. 2:11
Luca 11:27,28
3
Luca 1:48,49
4
Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 163
5
Matt. 1:24,25
6
Amatulli Flaviano nel suo libro innanzi citato per spiegare ai
Cattolici che queste parole di Matteo non vogliono dire che
dopo che Maria partorì Gesù, ella ebbe relazioni carnali con
2
La chiesa cattolica romana
ma ebbe anche dei figli da lei perché Gesù aveva dei
fratelli e delle sorelle.
Queste Scritture confermano che Maria concepì e partorì altri figli dopo Gesù.
- “Ella diè alla luce il suo figliuolo primogenito”,7 perciò se Gesù fosse stato il suo unico figlio sarebbe stato
chiamato il suo unigenito e non il suo primogenito.
- “Poi si partì di là e venne nel suo paese e i suoi discepoli lo seguitarono. E venuto il sabato, si mise ad insegnar nella sinagoga; e la maggior parte, udendolo, stupivano dicendo: Donde ha costui queste cose? e che sapienza è questa che gli é data? e che cosa sono cotali
opere potenti fatte per mano sua? Non é costui il falegname, il figliuol di Maria, e il fratello di Giacomo e di
Giosè, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?”;8
- “E giunsero sua madre ed i suoi fratelli; e fermatisi
fuori, lo mandarono a chiamare”;9
- “Neppure i suoi fratelli credevano in lui”;10
- “Tutti costoro perseveravano di pari consentimento
nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di
Gesù, e coi fratelli di lui”;11
- Paolo ai Corinzi: “Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno con noi una moglie, sorella in fede, siccome fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e
Cefa?”;12
- Paolo ai Galati: “In capo a tre anni, salii a Gerusalemme per visitar Cefa, e stetti da lui quindici giorni; e
non vidi alcun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il
fratello del Signore”;13
- Nei Salmi è detto a proposito del Cristo: “Io son divenuto... un forestiero ai figliuoli di mia madre”.14 (Come
Giuseppe dice: ‘Rispetto a questa maniera di esprimersi, ecco
un altro esempio, preso dalla Bibbia: E Mical, figlia di Saul,
non ebbe figli fino al giorno della morte di Davide (2 Sam
6,23). Che vuol dire ciò? Che dopo la morte di Davide ebbe
figli? Evidentemente no’ (pag. 192). Ma costui ha citato male
le parole della Scrittura perché la Scrittura non dice fino alla
morte di Davide ma fino alla morte di Mical infatti il testo dice: “E Mical, figlia di Saul, non ebbe figliuoli fino al giorno
della sua morte”. Quindi Mical non ebbe figli fino alla sua
morte. Alcuni esempi tratti dalla Bibbia che ci mostrano invece che il significato delle parole di Matteo è quello che gli
diamo noi, sono i seguenti. Gesù prima di dipartirsi disse ai
suoi: “quant’è a voi, rimanete in questa città, finché dall’alto
siate rivestiti di potenza” (Luca 24:49). Questo significa che
dopo che sarebbero stati rivestiti di potenza potevano dipartirsi
da Gerusalemme, il che noi sappiamo poi avvenne. Negli Atti
è scritto che più di quaranta Giudei si recarono dai capi sacerdoti e dagli anziani e dissero loro: “Noi abbiam fatto voto con
imprecazione contro noi stessi, di non mangiare cosa alcuna,
finché non abbiam ucciso Paolo” (Atti 23:14). Questo significa che dopo che l’avrebbero ucciso avrebbero ripreso a mangiare regolarmente.
7
Luca 2:7
8
Mar. 6:1-3
9
Mar. 3:31
10
Giov. 7:5
11
Atti 1:14
12
1 Cor. 9:5
13
Gal. 1:18,19
14
Sal. 69:8
177
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
potete vedere la Scrittura aveva preannunziato in questa
particolare maniera che la vergine che avrebbe concepito e partorito il Cristo di Dio non sarebbe rimasta vergine perché avrebbe avuto altri figli infatti lo Spirito di
Cristo disse tramite Davide: “Sono divenuto un forestiero ai figliuoli di mia madre”).
La Scrittura è chiara quindi a tale riguardo, Gesù aveva
dei fratelli e delle sorelle. Ma i teologi romani l’hanno
oscurata dicendo che questi fratelli erano i cugini di Gesù perché nella Scrittura talvolta il termine fratelli si riferisce anche ai parenti. E per sostenere questo prendono i seguenti passi: “E Abramo disse a Lot: Deh, non ci
sia contesa fra me e te, né fra i miei pastori e i tuoi pastori, poiché siam fratelli”;1 “E ricuperò tutta la roba, e
rimenò pure Lot suo fratello...”;2 e fanno notare che Lot
è chiamato fratello di Abramo quantunque fosse figlio
di suo fratello Haran, e perciò suo nipote. Al che noi rispondiamo dicendo che è vero che talvolta la Scrittura
con il termine fratelli si riferisce ai parenti, come nipoti,
zii, e cugini; ma questo discorso non si può fare nel caso
dei fratelli di Gesù perché è ampiamente dimostrato dai
passi qui sopra esposti che essi erano veramente figli di
sua madre e non suoi cugini. E poi occorre dire, a conferma di tutto ciò, che per quanto riguarda Giacomo egli
è chiamato da Paolo il fratello (in greco: adelfòs) del
Signore, e non il cugino (in greco: anepsiòs) del Signore. Con ciò vogliamo dire che se Giacomo, che é chiamato “il fratello del Signore”, fosse stato il cugino del
Signore Paolo non lo avrebbe chiamato il fratello del
Signore, ma bensì il cugino del Signore; ma Paolo sapeva l’esatto grado di parentela che c’era tra Giacomo ed
il Signore Gesù, perciò lo chiamò “il fratello del Signore”. Paolo non avrebbe mai chiamato il cugino del Signore “il fratello del Signore”, perché lui il cugino di
qualcuno lo chiamava cugino infatti parlando di Marco
ai Colossesi disse: “Vi salutano Aristarco, il mio compagno di prigione, e Marco, il cugino (in greco: anepsiòs) di Barnaba..”.3 Ma Paolo credeva che il Signore
Gesù aveva non un solo fratello, ma più fratelli, infatti
ai Corinzi parla dei “fratelli del Signore”4 i quali, da
quello che lui dice, erano ammogliati; confermando
quindi le parole di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
L’interpretazione data quindi dai teologi romani secondo la quale questi fratelli di Gesù erano i cugini di Gesù
non ha quindi nessun fondamento scritturale appunto
perché coloro che sono chiamati nel Vangelo “i suoi fratelli” erano figliuoli della madre di Gesù e non di sua
zia.
Ella fu la prima persona a cui apparve Cristo dopo essere risorto.
E’ ‘legittimo pensare che verosimilmente la madre sia
stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso’,5 ha
detto l’attuale papa.
Falso anche questo. La sacra Scrittura infatti afferma
che la prima persona a cui Gesù apparve dopo essere
La chiesa cattolica romana
risorto fu Maria detta Maddalena. Ecco quanto dice
Marco: “Or Gesù, essendo risuscitato la mattina del
primo giorno della settimana, apparve prima a Maria
Maddalena, dalla quale avea cacciato sette demonî. Costei andò ad annunziarlo a coloro ch’erano stati con lui,
i quali faceano cordoglio e piangevano”.6
Quest’apparizione di Gesù a Maria Maddalena è riportata dal discepolo che Gesù amava il quale dice che dopo
che Pietro e Giovanni giunsero al sepolcro e si accertarono che il corpo di Gesù non era più nel sepolcro se ne
tornarono a casa, ma Maria rimase presso al sepolcro a
piangere. E mentre piangeva si chinò per guardare dentro il sepolcro e vide due angeli i quali le domandarono
perché piangesse. Lei rispose loro che era perché avevano tolto il suo Signore dal sepolcro e non sapeva dove
l’avevano posto. Detto questo, si voltò e vide Gesù in
piedi ma non lo riconobbe. Gesù le domandò perché
piangesse e chi cercava, e lei, pensando che fosse il
giardiniere, gli disse che se sapeva dove l’avevano posto
di dirglielo. Allora “Gesù le disse: Maria! Ella, rivoltasi,
gli disse in ebraico: Rabbunì! che vuol dire: Maestro!
Gesù le disse: Non mi toccare, perché non sono ancora
salito al Padre; ma và dai miei fratelli, e dì loro: Io salgo
al Padre mio e Padre vostro, all’Iddio mio e Iddio vostro”.7
Ella fu assunta in cielo.
‘Infine l’Immacolata Vergine preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua
vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e
con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina
dell’Universo, perché fosse più pienamente conformata
al Figliuolo suo, il Signore dei dominanti, il vincitore
del peccato e della morte’.8 Il dogma dell’assunzione di
Maria in cielo fu proclamato da Pio XII nel 1950. La
festa dell’Assunzione di Maria ricorre il 15 Agosto.
Questa é una favola artificiosamente composta per esaltare Maria. Dell’assunzione di Maria non c’é il benché
minimo accenno nella Parola di Dio. Possiamo dire che
Maria, essendo una credente, quando morì andò ad abitare con il Signore, ma non che Maria morì e risuscitò e
fu assunta in cielo con il suo corpo. Maria è in cielo con
la sua anima è là sta aspettando anche lei la risurrezione
del suo corpo che avverrà al ritorno di Cristo. Paolo ha
detto infatti ai Corinzi che Cristo è la primizia di quelli
che dormono e che quelli che sono di Cristo (quindi anche Maria) saranno vivificati alla sua venuta.9
Ella prega per noi.
Maria fa da mediatrice tra Cristo e gli uomini perché
prende le preghiere che le si fanno e le porta a Cristo. Il
concilio Ecumenico Vaticano II ha decretato a tale proposito quanto segue: ‘Assunta in cielo ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna (...) Per questo la beata Vergine è invocata
1
Gen. 13:8
Gen. 14:16
3
Col. 4:10
4
1 Cor. 9:5
5
Corriere della Sera, 22.5.97, pag. 15
2
178
6
Marco 16:9,10
Giov. 20:16,17
8
Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. VIII
9
Cfr. 1 Cor. 15:20-23
7
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice’.1
Questo é falso perché si fa passare Cristo per un giudice
spietato non accessibile direttamente da parte degli uomini, ma solo attraverso sua madre che stando al suo
fianco gli intenerisce il cuore. Ma da quando in qua Gesù sulla terra si dimostrò spietato in verso gli uomini o
inaccessibile direttamente da parte delle persone? Ma
non è forse scritto che Gesù nel vedere le folle ne aveva
compassione e ne guariva gli infermi che gli portavano?
Ma non è forse vero che quando quel lebbroso andò da
Gesù e gli disse che egli se lo voleva lo poteva mondare
Gesù fu mosso a pietà e lo mondò? E che dire di quando
Gesù pianse davanti alla tomba di Lazzaro, o vedendo
Gerusalemme? Ma non sono queste le prove della grande compassione di Cristo? Ma forse che le persone sulla
terra per ottenere pietà da lui dovevano fargli arrivare le
loro richieste tramite sua madre Maria? Affatto! Non c’è
la benché minima prova di tutto ciò nel Vangelo. Gesù
ha sempre indirizzato le persone ad andare direttamente
a lui, come quando disse per esempio: “Venite a me, voi
tutti che siete travagliati ed aggravati e io vi darò riposo”.2 Quindi le persone del mondo che non lo conoscono ancora possono rivolgersi direttamente a Cristo per
ottenere grazia senza bisogno della mediazione di Maria. Al bando dunque questa opera di intenerimento di
Maria al fianco di Gesù in cielo.
Anche per i credenti vale lo stesso discorso perché essi
pure non hanno bisogno di nessun mediatore fra loro e
Cristo perché a Cristo si può accedere direttamente con
tutta libertà, con quella stessa libertà che possedevano i
suoi discepoli che camminarono, parlarono, mangiarono
e bevvero assieme a lui quando era sulla terra. Abbiamo
una prova di questa libertà che abbiamo di accostarci a
Cristo nell’invocazione di Stefano prima di morire: egli
disse a Gesù: “Signor Gesù, ricevi il mio spirito”;3 come
potete vedere Stefano si rivolse direttamente a Cristo
che era alla destra di Dio e non ebbe bisogno di rivolgersi a terzi per fare giungere la sua preghiera al Figliuolo di Dio. Maria non può essere in nessuna maniera
mediatrice perché la Scrittura dice che “v’è un solo Dio
ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo
Gesù uomo”,4 perciò come all’infuori di Dio non c’é
altro Dio secondo che é scritto: “Fuori di me non v’é
Dio”,5 così all’infuori di Cristo non c’é altro mediatore
perché lui è il solo che esiste secondo che disse lui stesso: “Io son la via, la verità e la vita; nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me”.6 La Scrittura dice anche
che Cristo Gesù “può anche salvar appieno quelli che
per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre
per intercedere per loro”;7 perciò l’intercessione e la
mediazione di Cristo è sufficiente a coloro che vanno a
Dio nel suo nome, e non hanno affatto bisogno
La chiesa cattolica romana
dell’intercessione di qualcun altro. Ma la dottrina cattolica romana annulla quest’unica e sufficiente intercessione che Cristo svolge alla destra del Padre dicendo
agli uomini: ‘Recitate sempre con gran devozione la
Santa Maria con cui riconoscete e invocate Maria come
Madre di Dio. Maria Vergine, perché vera Madre di
Dio, dal cielo può tutto a favore dei suoi devoti. Siatene
fervidamente devoti!’8 e: ‘La Vergine santa, con la sua
potente intercessione, ottiene da Dio e dispensa tutte le
grazie divine di cui è depositaria’,9 ed ancora: ‘...La
Madre spirituale degli uomini conosce perfettamente
tutte le necessità materiali e spirituali dei suoi figli, e la
sua intercessione provvede a tutti secondo i bisogni di
ogni anima’.10 Ecco come Satana ha accecato le menti
dei Cattolici affinché la luce del Vangelo non risplenda
loro! Ecco cosa gli viene insegnato, che Maria è onnipotente in cielo mentre nella realtà non può fare assolutamente, e ripeto assolutamente nulla, in favore degli uomini che la invocano non solo perché non li può ascoltare ma perché non ha il potere di soccorrere i mortali
come non ce lo hanno neppure gli altri fedeli che sono
in cielo. Anche l’affermazione che Maria conosce tutti i
bisogni degli uomini è falsa perché la Scrittura dice che
“i morti non sanno nulla”,11 mentre colui di cui si attesta
che vive, Egli, dico, conosce le cose che tutti noi abbiamo bisogno prima ancora che gliele chiediamo, perché egli è onnisciente.
Ecco adesso alcune Scritture che ci mostrano che noi
siamo chiamati a pregare Dio solo nel nome di Cristo:
- Gesù disse: “Quel che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figliuolo. Se
chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”12 ed
anche: “In verità, in verità vi dico che quel che chiederete al Padre, Egli ve lo darà nel nome mio. Fino ad ora
non avete chiesto nulla nel nome mio; chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa”;13
- Paolo dice ai santi di Colosse: “E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del
Signor Gesù...”.14
Noi credenti ci accostiamo al trono della grazia in un
nome solo, quello del Signore Gesù, come appunto ce lo
ha comandato lui stesso; siamo esauditi da Dio Padre in
virtù della sua mediazione, questo é quello che sperimentiamo del continuo.
Infine, per quanto riguarda l’avvocatura di Maria dobbiamo dire che essa è una impostura perché è scritto
chiaramente: “Se alcuno ha peccato, noi abbiamo un
avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto”.15
Chi crede veramente in Cristo affida la sua causa a Cristo, il suo avvocato, e non a Maria che non può difen-
8
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 139
P. Pasquale Lorenzin O.F.M, Teologia dogmatica, Verona
1968, vol. II, pag. 505
10
Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 506
11
Ecc. 9:5
12
Giov. 14:13,14
13
Giov. 16:23,24
14
Col. 3:17
15
1 Giov. 2:1
9
1
Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. VIII
Matt. 11:28
3
Atti 7:59
4
1 Tim. 2:5
5
Is. 44:6
6
Giov. 14:6
7
Ebr. 7:25
2
179
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
dere proprio nessuno in cielo come invece può fare Cristo Gesù.
Alcune parole ora sul rosario. Il rosario è sia un oggetto
materiale che un modo di pregare che usano i Cattolici
romani nella loro devozione a Maria. Con questo modo
di pregare essi recitano cinque decine di Ave Maria, che
sono intercalate ad ogni dieci da un Padre Nostro e da
una brevissima meditazione detta mistero che consiste
nel ricordare qualcosa che concerne la redenzione, come
la intendono i Cattolici, quindi pensando anche
all’intervento di Maria, infatti i due ultimi misteri si riferiscono all’assunzione di Maria ed alla sua incoronazione in cielo che non sono altro che favole. Per facilitare la recita di tale preghiere essi adoperano un oggetto
chiamato Rosario o Corona, formato da una serie di cinquanta piccoli grani incatenati tra di loro e divisi ad ogni
decina da un grano un pò più grosso. I grani piccoli rappresentano le Ave Maria, mentre i più grossi i Pater Noster. Il rosario ‘completo’ consiste nella recita di tre corone. Parlando del Rosario si deve parlare della preghiera rivolta a Maria che porta il nome di Ave Maria, nome
che gli é stato dato dai Cattolici con le parole che
l’angelo Gabriele rivolse a Maria quando le apparve e la
salutò, appunto: “Ave (Ti saluto)”.1 Questa preghiera ha
un pò più di quattro secoli di vita dato che fu introdotta
al completo nel breviario nel 1568. La preghiera dice:
‘Ave o Maria. Piena di grazia il Signore è con te. Tu sei
benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio prega per noi, peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte’. Come potete vedere questa preghiera è un’invocazione a Maria
nella quale ci sono anche le parole che Elisabetta rivolse
a Maria quando questa l’andò a trovare; in essa Maria
viene chiamata piena di grazia e madre di Dio cose che
non sono vere perché Maria non era né piena di grazia e
neppure la madre di Dio, ma solo una umile ancella del
Signore che partorì Gesù. Con questa preghiera i Cattolici dicono a Maria di pregare per loro in quel momento
e nell’ora della loro morte, cosa che abbiamo visto Maria in cielo non può fare perché ella non può in nessuna
maniera né ascoltarli e neppure intercedere per loro. Ma
io dico: ‘Ma quando mai nella Scrittura si dice che
Maria volle che i discepoli di Gesù la pregassero? Ma
quando mai Maria mentre era ancora viva lasciò detto
loro di pregarla perché in cielo ella avrebbe potuto ascoltarli?
I Cattolici dicono le loro preghiere meccanicamente
pensando di essere esauditi per la moltitudine delle loro
parole: quello che importa loro è di raggiungere il numero di preghiere stabilito, niente di più. Questo è il
modo di pregare che contraddistingue i pagani dai Cristiani; esso è vano perché Gesù ha detto: “E nel pregare
non usate soverchie dicerie come fanno i pagani, i quali
pensano d’essere esauditi per la moltitudine delle loro
parole. Non li rassomigliate dunque, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele
chiediate...”.2
1
Luca 1:28
Matt. 6:7,8
2
180
La chiesa cattolica romana
La preghiera insegnataci da Gesù è il Padre nostro, secondo che è scritto: “Voi dunque pregate così: Padre
nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra
com’è fatta nel cielo. Dacci oggi il nostro pane cotidiano; e rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo
rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”;3 eleviamola a Dio sotto
l’impulso della grazia e con fede. E’ chiaro però che noi
credenti non siamo chiamati a dire solo questa preghiera
a Dio, perché se leggiamo le epistole di Paolo vi troviamo delle particolari preghiere che quest’apostolo elevava a Dio per i fratelli4 che faremo bene pure noi a
innalzare con fede a Dio per i nostri fratelli. Poi vi sono
tutte quelle preghiere fatte con lo spirito, ovvero mediante lo Spirito Santo (in altra lingua) che coloro che
hanno ricevuto lo Spirito Santo sono chiamati ad elevare
a Dio appunto per lo Spirito Santo,5 senza intendere
quello che essi dicono a Dio. Ed infine quelle invocazioni che rivolgiamo a Dio in circostanze particolari per
noi (o per altri); prima di metterci in viaggio per chiedergli di proteggerci, in mezzo a certi pericoli, nella malattia affinché ci guarisca, o nel bisogno di qualcosa di
materiale affinché supplisca al nostro particolare bisogno. Ma in tutti questi casi le preghiere sono rivolte a
Dio.
Infine, per quanto riguarda l’oggetto materiale fatto di
grani di cui si usano i Cattolici romani per pregare bisogna dire che esso è di origine pagana perché viene usato
dai tempi antichi sia tra i Buddisti che tra i Mussulmani,
quindi è un’usanza, quella di pregare con il rosario, che
affonda le sue radici nel paganesimo.
Ella schiaccerà il capo del diavolo.
Anche questa è una menzogna fabbricata dalla curia
romana per esaltare Maria. E’ una menzogna che viene
fatta sembrare verità al popolo in questa maniera: vengono prese le seguenti parole che Dio rivolse al serpente
antico: “E io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la
tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti
schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno”,6 e gli viene data l’interpretazione che in queste parole è adombrata la vittoria che Maria riporterà sul serpente.
Badate che Dio disse al serpente che la progenie della
donna, e non la donna, gli avrebbe schiacciato il capo,
perciò si deve concludere che Dio con queste parole
predisse al serpente che il Cristo gli avrebbe schiacciato
il capo. Quindi, secondo quello che dice la Scrittura non
sarà Maria a calpestare Satana ma bensì Dio infatti
nell’epistola ai Romani Paolo dice: “E l’Iddio della pace
triterà tosto Satana sotto ai vostri piedi”.7 A Dio sia la
gloria ora e in eterno. Amen.
Ella è corredentrice dell’umanità.
Maria ‘dipendentemente da Cristo, ma come unico principio con Lui, cooperò alla redenzione oggettiva e per3
Matt. 6:9-13
Cfr. Ef. 1:15-19; 3:14-19; Fil. 1:9-11; Col. 1:9-12; 2:1-3; 2
Tess. 1:11,12
5
Cfr. Rom. 8:26,27; Ef. 6:18; Giuda 20
6
Gen. 3:15
7
Rom. 16:20
4
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
ciò fu vera corredentrice (...) dipendentemente da Gesù,
ma come unico principio con Lui, soddisfece per tutti i
peccati dell’umanità, pagò a Dio il prezzo della nostra
liberazione, guadagnò tutte le grazie per gli uomini, placando (a suo modo) Dio con il suo volontario e necessario concorso al sacrificio della croce’.1
Questa è un altra menzogna che i teologi cattolici insegnano su Maria e lo fanno facendo ogni sorta di ragionamenti vani quali per esempio: ‘Si può dire che la vergine sia la salvatrice del mondo per avere sofferto insieme col Figlio, volontariamente da lei offerto alla divina giustizia’. La Scrittura dice in svariate maniere che
solo Gesù Cristo è il Salvatore del mondo perché solo
lui morì sulla croce per i nostri peccati e nessun altro
con lui: ecco alcuni passi che lo affermano:
- Gesù disse: “Il Figliuol dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perito”;2e: “Io son la porta: se
uno entra per me, sarà salvato”;3 ed ancora: “Io non son
venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo”.4
- Paolo disse: “Certa è questa parola e degna d’essere
pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel
mondo per salvare i peccatori..”;5
- Pietro disse: “E in nessun altro è la salvezza; poiché
non v’é sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato
agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati”;6
Quindi noi rigettiamo le affermazioni dei teologi cattolici secondo i quali Maria, la madre di Gesù, abbia sofferto assieme al suo Figlio per noi, perché esse sono
prive di qualsiasi fondamento scritturale. Hanno fatto
diventare Maria pure la salvatrice del mondo. Certo che
i teologi di questa organizzazione religiosa hanno introdotto ogni sorta di menzogna sul conto di Maria. O guide cieche; ma ditemi: ‘Chi fu inchiodato sulla croce?
Gesù o Maria?’, ‘Chi ha sparso il suo sangue come
prezzo di riscatto per i nostri peccati? Gesù o Maria?’,
‘Chi è risorto per la nostra giustificazione? Gesù o Maria? Ma fino a quando vi glorierete della menzogna e
mentirete contro la verità?
Ella è la madonna.
Il termine madonna è una parola latina (mea domina)
che significa ‘mia signora’; questo soprannome dato a
Maria non compare nelle sacre Scritture ma le è stato
dato per esaltarla. Come Tommaso chiamò Gesù Cristo
“Signor mio”,7 così i Cattolici romani chiamano Maria
‘mia Signora’ per non farla apparire da meno del Figliuolo di Dio.
Maria non è la nostra Signora, ma è una nostra sorella,
per questo noi credenti ci rifiutiamo di chiamarla madonna.
Ella è la madre della Chiesa.
Ella fu dichiarata tale da Paolo VI nel 1964 in questi
termini: ‘Noi proclamiamo Maria Santissima madre della Chiesa (...) e vogliamo che con tale titolo soavissimo
1
Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 499-500
Luca 19:10
3
Giov. 10:9
4
Giov. 12:47
5
1 Tim. 1:15
6
Atti 4:12
7
Giov. 20:28
2
La chiesa cattolica romana
d’ora innanzi la Vergine venga ancora più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano’. Alla nascita di questo titolo hanno contribuito le seguenti parole di Agostino su Maria: ‘...Ma ella è madre, con piena evidenza,
delle sue membra - e noi siamo tra questi - poiché ha
cooperato, con la carità, alla nascita, nella Chiesa, dei
fedeli che sono le membra del capo’.8 Per sostenere con
le Scritture questo titolo datole i teologi papisti prendono le parole di Gesù dette al discepolo che egli amava:
“Ecco tua madre!”.9
Questo titolo dato a Maria non corrisponde affatto a verità perché la Scrittura la chiama la madre di Gesù ma
non la madre della Chiesa, e perciò dissentiamo profondamente dalle suddette parole di Agostino. (Tenete
sempre presente che i teologi romani si rifanno spesso a
parole di Agostino per sostenere diverse loro eresie). La
madre della Chiesa è la Gerusalemme di sopra secondo
che é scritto ai Galati: “Ma la Gerusalemme di sopra è
libera, ed essa é nostra madre. Poich’egli é scritto: Rallegrati, o sterile che non partorivi! Prorompi in grida, tu
che non avevi sentito doglie di parto! Poiché i figliuoli
dell’abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei
che aveva il marito”.10 La madre delle figliuole di Dio
non è Maria ma Sara perché Pietro dopo avere detto alle
mogli che il loro ornamento non deve essere l’esteriore
“ma l’essere occulto del cuore fregiato dell’ornamento
incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli
occhi di Dio é di gran prezzo”,11 dice: “E così infatti si
adornavano una volta le sante donne speranti in Dio,
stando soggette ai loro mariti, come Sara che ubbidiva
ad Abramo, chiamandolo signore; della quale voi siete
ora figliuole, se fate il bene e non vi lasciate turbare da
spavento alcuno”.12
Per ciò che concerne il fatto che Gesù mentre era sulla
croce, vedendo sua madre e presso a lei il discepolo
ch’egli amava, disse a sua madre: “Donna, ecco il tuo
figlio!”13 ed al discepolo: “Ecco tua madre”,14 bisogna
dire che Gesù queste parole le rivolse solo a sua madre e
solo al discepolo ch’egli amava, infatti é scritto subito
dopo che “da quel momento, il discepolo la prese in casa sua”.15 Non ci meravigliamo del fatto che la curia
romana prende diversi passi che si riferiscono a Maria e
li interpreta a suo piacimento per esaltare la madre di
Gesù. Perché? Perché è risaputo che coloro che mentono contro la verità e si gloriano contro di essa perché
pieni di contenzione e d’invidia, per sostenere la menzogna mediante la verità devono per forza di cose dare
spiegazioni false alla Parola di Dio. Fanno dire alle
Scritture quello che esse non dicono; come fanno i Testimoni di Geova, i Mormoni, e tante e tante altre sette,
né più né meno.
8
Agostino di Ippona, Della Santa Verginità, Parte prima, sezione prima, VI
9
Giov. 19:27
10
Gal. 4:26,27
11
1 Piet. 3:4
12
1 Piet. 3:5,6
13
Giov. 19:26
14
Giov. 19:27
15
Giov. 19:27
181
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
Abbiamo visto dunque quali sono le menzogne che la
curia romana dice sul conto di Maria; ma riteniamo che
non siano finite. Quale sarà la prossima? Forse che anche lei è stata generata dallo Spirito Santo? O forse che
quando Gesù tornerà dal cielo sua madre sarà sul cavallo bianco che lui cavalcherà o magari su un altro cavallo
bianco al suo fianco? Staremo a vedere; c’è da aspettarsi
comunque di tutto da queste guide cieche.
Le glorie di Maria
Per farvi comprendere quanto i Cattolici siano attaccati
al culto di Maria e cosa rappresenta veramente Maria
per loro propongo alla vostra attenzione alcuni brani
tratti dal libro Le glorie di Maria, scritto da Alfonso
Maria De Liguori (1696-1787) più di due secoli fa ed
approvato solennemente dalla chiesa romana con un decreto speciale di Gregorio XVI. Questo libro su Maria è
molto amato dai Cattolici romani.
‘Dio vuole che tutte le grazie ci provengano per mano
di Maria’;1 ‘Quante sono le creature che servono a Dio,
tante debbono ancora servire a Maria; giacché gli Angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella
terra, essendo soggette all’impero di Dio, sono anche
soggette al dominio della Vergine’;2 ‘L’eterno Padre ha
dato al Figlio l’ufficio di giudicare e punire, ed alla Madre l’ufficio di compatire e sollevare i miserabili’;3 ‘Siccome Adamo ed Eva per un pomo venderono il mondo,
così ella col Figlio con un cuore riscattarono il mondo.
Ha ben potuto Dio, conferma s. Anselmo, creare il
mondo dal niente; ma essendosi perduto il mondo per la
colpa, non ha voluto Dio ripararlo senza la cooperazione
di Maria’;4 ‘E’ impossibile che si danni un devoto di
Maria che fedelmente l’ossequia ed a lei si raccomanda’.5 Mi fermo qui con le aberrazioni scritte da
quell’idolatra6 perché ritengo che abbiate capito a sufficienza che cosa è in effetti Maria per i Cattolici romani.
E poi i Cattolici romani ci vengono a dire di essere dei
Cristiani, che siamo tutti fratelli e tante altre belle cose!
Ma quali Cristiani, ma quali fratelli?
Fratelli, mi rivolgo a voi che parlate tanto di ecumenismo: ma vi rendete conto con chi avete a che fare? Ma
non lo vedete che vi siete messi con gente che a Cristo
non lo tengono in nessuna considerazione a confronto di
Maria? Svegliatevi dal vostro sonno mortale nel quale
siete caduti!
I mariani sono degli idolatri
1
Alfonso Maria De Liguori, Le glorie di Maria, Roma 1944,
pag. 15
2
Alfonso de Liguori, op. cit., pag. 28
3
Ibid., pag. 31
4
Ibid., pag. 206,207
5
Ibid., pag. 282
6
Alfonso dei Liguori dopo la sua morte, e precisamente nel
1839, è stato pure canonizzato santo da Gregorio XVI, il che
conferma che per essere canonizzati santi dal papa è necessario essere stati degli idolatri sulla terra.
182
La chiesa cattolica romana
Chi sono i mariani? Sono tutti quei Cattolici che dicono
che si deve adorare solo Iddio, ma rinnegano con le loro
opere questa loro affermazione perché si prostrano davanti alle statue ed alle immagini raffiguranti Maria e
l’adorano, la pregano, la invocano. A capo dei mariani
c’è Giovanni Paolo II; sotto la sua spinta il culto a Maria in questo ultimo decennio ha ricevuto un forte impulso sia in questa nazione che nel resto del mondo.
Sia ben chiaro che la loro consueta affermazione: ‘Ma
noi non l’adoriamo ma la veneriamo’, non significa affatto che essi la ricordano e l’onorano ma non l’adorano,
e questo perché i fatti dimostrano il contrario. Sono degli idolatri perché offrono il culto ad una creatura invece
che al Creatore; sono degli idolatri perché la Scrittura
dice: “Adora il Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il
culto”,7 mentre loro adorano Maria da loro considerata
la loro Signora e il loro Dio. Come fanno ad affermare
che la loro venerazione non è idolatria quando essi cantano, pregano e invocano Maria quasi che fosse Dio?
C’è un’altra affermazione a cui i Cattolici romani ricorrono allo scopo di fare capire che loro non adorano Maria ma adorano solo Dio, ed è questa: essi dicono che a
Dio rivolgono il culto di latria (dal greco latreia che
significa ‘adorazione’ e ‘servizio’),8 ma a Maria il culto
di iperdulia (servizio superiore) e non quello di latria.
E’ superfluo dire che questo è uno di quei ragionamenti
vani fatti dalla curia romana per difendere il culto a Maria. Il culto va reso solo a Dio; quindi non importa di
che tipo sia il culto reso ad altre persone fuori che Dio,
se di dulia, di iperdulia, o di protodulia, esso è idolatria.
Fratelli, lo ripeto: sappiate che tutti coloro che adorano e
pregano Maria sono degli idolatri le cui menti sono state
accecate dall’iddio di questo secolo; perciò non vi tirate
indietro dal dire ai Cattolici romani che essi si devono
ravvedere (smettendo di servire la creatura) e credere
nella verità del Vangelo per servire il Creatore che é benedetto in eterno. Amen.
Ciò che dice la Scrittura di Maria
Dopo avere dimostrato quante cose false vengono dette
dai teologi papisti su Maria voglio trascrivere ciò che la
sacra Scrittura dice di questa nostra sorella in Cristo.
Maria era una giovane vergine della città di Nazareth
che era stata promessa sposa ad un uomo della casa e
famiglia di Davide, chiamato Giuseppe. Ella, prima che
si sposasse con Giuseppe, al tempo stabilito da Dio ricevette la visita dell’angelo Gabriele il quale le disse:
“Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore é teco. Ed
ella fu turbata a questa parola, e si domandava che cosa
volesse dire un tal saluto. E l’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco
tu concepirai nel seno e partorirai un figliuolo e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato Figliuol dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono
7
Matt. 4:10
Questo termine è presente in questo versetto: ‘L’ora viene che
chiunque v’ucciderà, crederà di offrir servigio (latreia) a Dio”
(Giov. 16:2).
8
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
di Davide suo padre, ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine. E Maria disse all’angelo: Come avverrà questo, poiché non
conosco uomo? E l’angelo, rispondendo, le disse: Lo
Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti
coprirà dell’ombra sua; perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio. Ed ecco, Elisabetta,
tua parente, ha concepito anche lei un figliuolo nella sua
vecchiaia; e questo é il sesto mese per lei, ch’era chiamata sterile; poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace. E Maria disse; Ecco, io son l’ancella del Signore;
siami fatto secondo la tua parola. E l’angelo si partì da
lei”.1
Dopo di ciò, Maria andò a visitare Elisabetta e quando
la salutò, avvenne che il bambino che era nel seno di
Elisabetta le balzò nel seno; “ed Elisabetta fu ripiena di
Spirito Santo, e a gran voce esclamò: Benedetta sei tu
fra le donne, e benedetto é il frutto del tuo seno! E come
mai m’è dato che la madre del mio Signore venga da
me? Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto m’è
giunta agli orecchi, il bambino m’è per giubilo balzato
nel seno. E beata é colei che ha creduto, perché le cose
dettele da parte del Signore, avranno compimento. E
Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvatore, poich’egli ha riguardato alla bassezza della sua ancella. Perché ecco,
d’ora innanzi tutte le età mi chiameranno beata, poiché
il Potente mi ha fatto grandi cose. Santo é il suo nome; e
la sua misericordia é d’età in età per quelli che lo temono. Egli ha operato potentemente col suo braccio; ha
disperso quelli ch’erano superbi ne’ pensieri del cuor
loro; ha tratto giù dai troni i potenti, ed ha innalzato gli
umili; ha ricolmato di beni i famelici, e ha rimandati a
vuoto i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia di cui avea parlato ai nostri
padri, verso Abramo e verso la sua progenie in perpetuo. E Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi; poi se
ne tornò a casa sua”.2
Ora, Giuseppe quando vide che Maria era rimasta incinta, non sapendo che ella fosse rimasta incinta per virtù
dello Spirito Santo, “si propose di lasciarla occultamente. Ma mentre avea queste cose nell’animo, ecco che un
angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: Giuseppe, figliuol di Davide, non temere di prender teco
Maria tua moglie; perché ciò che in lei é generato, é dallo Spirito Santo. Ed ella partorirà un figliuolo, e tu gli
porrai nome Gesù, perché é lui che salverà il suo popolo
dai loro peccati. Or tutto ciò avvenne, affinché si adempiesse quello che era stato detto dal Signore per mezzo
del profeta: Ecco, la vergine sarà incinta e partorirà un
figliuolo, al quale sarà posto nome Emmanuele, che, interpretato, vuol dire: ‘Iddio con noi’. E Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli avea
comandato, e prese con sé sua moglie; e non la conobbe
finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito; e
gli pose nome Gesù”.3
1
Luca 1:28-38
Luca 1:41-56
3
Matt. 1:19-25
2
La chiesa cattolica romana
Maria, quando venne per lei il tempo di partorire, dié
alla luce il suo figliuolo primogenito e lo partorì a Betleem, il villaggio dove stava Davide. La ragione per cui
lei e suo marito Giuseppe si trovavano a Betleem quando lei dovette partorire fu perché in quei giorni uscì da
parte di Cesare Augusto un decreto che si facesse un
censimento di tutto l’impero. E siccome che tutti andavano a farsi registrare nella loro città, anche Giuseppe,
siccome che era della famiglia di Davide, dovette recarsi a Betleem, la città di Davide per farsi registrare con
Maria sua sposa.4 Ora, tutto ciò avvenne affinché si adempisse quello che aveva detto il profeta Michea a
proposito del luogo dove sarebbe nato il Cristo del Signore; il profeta infatti aveva detto: “E tu, Betleem, terra di Giuda, non sei punto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un Principe, che pascerà il mio popolo Israele”.5 A Betleem, il bambino
Gesù quando nacque, fu posto in una mangiatoia e là
andarono a trovarlo i pastori che erano stati avvertiti da
un santo angelo di Dio di ciò che era avvenuto in Betleem.6 Quando i pastori dissero ciò che era loro stato detto
di quel bambino dall’angelo tutti rimasero meravigliati
delle cose udite da loro, e “Maria serbava in sé tutte
quelle cose, collegandole insieme in cuor suo”.7 Sempre
a Betleem andarono a trovare il bambino Gesù i magi
che erano venuti dall’Oriente per adorarlo; essi, guidati
dalla stella che gli era apparsa in Oriente,8 arrivarono
alla casa dov’era il fanciullo, “ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo
adorarono; ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni:
oro, incenso e mirra”.9
Dopo tutto ciò, Giuseppe per ordine di Dio si ritirò in
Egitto fino alla morte di Erode, dopodiché, sempre per
ordine di Dio, ritorno in Israele e andò ad abitare in una
città della Galilea chiamata Nazaret.10 Fu qui che Gesù
fu allevato dai suoi genitori. All’età di circa dodici anni,
i suoi genitori lo portarono a Gerusalemme alla festa
della Pasqua, e terminati i giorni della festa, “come se
ne tornavano, il fanciullo Gesù rimase in Gerusalemme
all’insaputa dei genitori”.11 Quando essi si accorsero che
non era nella comitiva si misero a cercarlo fra i parenti
ed i conoscenti e tornarono a Gerusalemme facendone
ricerca. Lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai
dottori che li ascoltava e faceva loro delle domande.12
Quando i suoi genitori lo videro “sua madre gli disse:
Figliuolo, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io
ti cercavamo, stando in gran pena. Ed egli disse loro:
Perché mi cercavate? Non sapevate ch’io dovea trovarmi nella casa del Padre mio?”.13
4
Cfr. Luca 2:1-7
Matt. 2:6; Mic. 5:1
6
Cfr. Luca 2:8-18
7
Luca 2:19
8
Cfr. Matt. 2:9
9
Matt. 2:11,12
10
Cfr. Matt. 2:13-23
11
Luca 2:43
12
Cfr. Luca 2:44-47
13
Luca 2:48,49
5
183
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
All’età di circa trent’anni Gesù lasciò la Galilea e si recò al Giordano dove fu battezzato da Giovanni il Battista. Cominciò da quel tempo a predicare il regno di Dio,
a guarire gli infermi e a cacciare i demoni. Il primo dei
suoi miracoli, lo fece a Cana di Galilea in occasione di
un convito nuziale al quale si era recato con i suoi discepoli. Era presente anche sua madre, la quale quando
vide che era venuto a mancare il vino disse a Gesù:
“Non han più vino. E Gesù le disse: Che v’è fra me e te,
o donna? L’ora mia non é ancora venuta”:1 a queste parole Maria disse ai servitori: “Fate tutto quel che vi dirà”.2 I servitori fecero tutto ciò che Gesù ordinò loro di
fare; riempirono sei pile di acqua, poi ne attinsero e ne
portarono al maestro di tavola il quale assaggiò l’acqua
che era diventata vino. Così Gesù mutò l’acqua in vino
a Cana di Galilea.
In un altra occasione, mentre egli stava insegnando
giunsero sua madre e i suoi fratelli i quali fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare. Gli fu detto: “Ecco tua
madre i tuoi fratelli e le tue sorelle là fuori che ti cercano. Ed egli rispose loro: Chi é mia madre? e chi sono i
miei fratelli? E guardati in giro coloro che gli sedevano
d’intorno, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli!
Chiunque avrà fatta la volontà di Dio, mi é fratello, sorella e madre”.3
Venne poi il giorno in cui Gesù fu crocifisso, e Maria
sua madre era presso la croce mentre Gesù soffriva su di
essa. Gesù, prima di spirare, “vedendo sua madre e
presso a lei il discepolo ch’egli amava, disse a sua madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo:
Ecco tua madre! E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua”.4
Dopo che Gesù risuscitò e fu assunto in cielo, Maria era
con i discepoli nella sala di sopra a pregare assieme a
loro, infatti é scritto: “Allora essi tornarono a Gerusalemme dal monte chiamato dell’Uliveto, il quale é vicino a Gerusalemme, non distandone che un cammin di
sabato. E come furono entrati, salirono nella sala di sopra ove solevano trattenersi Pietro e Giovanni e Giacomo e Andrea, Filippo e Toma, Bartolomeo e Matteo,
Giacomo d’Alfeo, e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo. Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di
Gesù, e coi fratelli di lui”.5
Ecco i riferimenti su Maria presenti nella sacra Scrittura. Come potete vedere tra questa Maria e quella della
chiesa cattolica romana c’è una grande differenza.
IL CULTO AI SANTI
La dottrina dei teologi papisti
1
Giov. 2:3,4
Giov. 2:5
3
Mar. 3:32-35
4
Giov. 19:26,27
5
Atti 1:12-14
2
184
La chiesa cattolica romana
I santi che sono in cielo vanno pregati perché essi intercedono presso Dio per noi. Solo la chiesa ha il diritto di
riconoscere santo un cristiano defunto. I credenti hanno
dei santi in cielo che li proteggono. Giuseppe, il marito
di Maria, è il patrono della Chiesa di Cristo. Le reliquie
dei santi sono degne di essere venerate.
Secondo la curia romana coloro che sono sulla terra si
devono rivolgere in preghiera pure ai santi perché essi
intercedono per loro presso Dio, infatti il concilio di
Trento ha decretato quanto segue: ‘Il santo sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che hanno l’ufficio e
l’incarico di insegnare, che (...) prima di tutto istruiscano diligentemente i fedeli sull’intercessione dei santi,
sulla loro invocazione (....) insegnando che i santi, regnando con Cristo, offrono a Dio le loro orazioni per gli
uomini; che è cosa buona ed utile invocarli supplichevolmente e ricorrere alle loro orazioni, alla loro potenza
e al loro aiuto, per impetrare da Dio i benefici, per mezzo del suo figlio Gesù Cristo, nostro Signore...’.6 E questo è quello che fa il Perardi nel suo catechismo quando
dice: ‘Preghiamoli di intercedere per noi’.7 Anche per
coloro che sono contrari a questa dottrina c’è l’anatema:
‘Quelli, i quali affermano che i santi - che godono in
cielo l’eterna felicità - non devono invocarsi o che essi
non pregano per gli uomini o che l’invocarli, perché
preghino anche per ciascuno di noi, debba dirsi idolatria, o che ciò è in disaccordo con la parola di Dio e si
oppone all’onore del solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo; o che è sciocco rivolgere le nostre suppliche con la voce o con la mente a quelli che regnano
nel cielo, pensano empiamente’.8 Per sostenere questa
dottrina i teologi papisti prendono questo passo scritto
nel libro della Rivelazione: “E un altro angelo venne e si
fermò presso l’altare, avendo un turibolo d’oro; e gli
furon dati molti profumi affinché li unisse alle preghiere
di tutti i santi sull’altare d’oro che era davanti al trono.
E il fumo dei profumi, unendosi alle preghiere dei santi,
salì dalla mano dell’angelo al cospetto di Dio”,9 ed anche un passo scritto in uno dei libri dei Maccabei (che
ricordiamo sono dei libri non ispirati da Dio) dove si
parla di un sogno che raccontò Giuda Maccabeo, il quale disse di avere veduto un sacerdote che era morto il
quale pregava per il popolo dei Giudei; ‘Ecco che cosa
aveva veduto: Onia, già Sommo Sacerdote, uomo dabbene, verecondo d’aspetto, dolce nei costumi, distinto
nel suo parlare, adorno di ogni virtù sin da fanciullo,
Onia tendeva le mani e pregava per tutto il popolo dei
Giudei’10.
Essi prendono anche diverse citazioni dei cosiddetti padri, tra cui alcune di Agostino secondo le quali ai suoi
tempi molte persone ottennero la guarigione per
l’intercessione dei martiri; una di queste dice: ‘Se volessi soltanto riferire i miracoli delle guarigioni ottenute
per l’intercessione del glorioso martire santo Stefano
6
Concilio di Trento, Sess. XXV
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 282
8
Concilio di Trento, Sess. XXV
9
Ap. 8:3,4
10
2 Maccabei 15:12 (Bibbia, Torino 1971)
7
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
nella città di Calama e nella nostra, tralasciando tutti gli
altri, dovrei scrivere una quantità di libri’.1
Secondo il catechismo cattolico ‘solamente la Chiesa ha
diritto di riconoscere formalmente come Santo un cristiano defunto, e proporlo alla venerazione e autorizzarne la invocazione pubblica; cosa che la Chiesa fa dopo
lunghi e minuziosi processi d’indagine su tutta la vita e
gli scritti di lui, e solo se saranno dimostrati e da essa
riconosciuti due miracoli operati dopo la morte di tale
servo di Dio. La Chiesa prima lo dichiara beato con un
culto limitato poi, se riconosce due altri miracoli operati
dopo la beatificazione, lo canonizza, lo iscrive nel canone, ossia catalogo, elenco dei Santi; allora esso può essere pubblicamente onorato e invocato in tutta la Chiesa’.2
‘Si dicono Santi Patroni, o protettori quelli che ogni città, diocesi, parrocchia, istituzione, ceto sociale, professione, ecc., elegge a propri intercessori davanti a Dio, e
sotto il cui patrocinio si pongono le singole persone’.3
E quali sono questi protettori ai quali i Cattolici romani
si raccomandano e nei quali ripongono la loro fiducia?
Non li citeremo tutti per brevità, ma solo alcuni.
- Protettori di categorie di lavoratori: Francesco di Sales, degli scrittori e giornalisti cattolici; Alberto Magno,
degli studiosi di scienze naturali; Matteo, della guardia
di finanza; Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, dei
primari; Francesco di Paola, dei marittimi e delle società
di navigazione; Caterina da Siena, delle infermiere;
Giovanni Bosco, degli editori italiani; Isidoro-agricola,
degli agricoltori; Andronico, degli argentieri; Ivo, degli
avvocati; Crispino e Crispiniano, dei calzolai; Matteo,
degli esattori, dei banchieri e dei cambiavalute; Giuseppe, dei falegnami; Luca, Cosma e Damiano, dei medici;
Pietro e Andrea, dei pescatori;.....
- Protettori che sono invocati in determinate malattie e
calamità: per essere guariti dalle apoplessie, Andrea
Avellino; dalle infestazioni del demonio, Ubaldo; dalla
peste, Rocco; dall’ernia, Cataldo; dal mal d’occhi, Lucia; dal mal di denti, Apollonia; dal mal di gola, Biagio...
- Protettori che sono invocati nelle varie necessità; nei
viaggi di mare, Francesco Saverio; per ritrovare cose
perdute, Antonio da Padova; per avere prole, Francesco
di Paola e Rita; contro i ladri, furti, ecc., Disma buon
ladrone; contro i fulmini e le saette, Barbara; per trovare
marito, Pasquale Baylon...4
- Protettori di alcune città d’Italia: Roma, Pietro; Napoli, Gennaro; Milano, Ambrogio; Torino, Giovanni Battista; Venezia, Marco; Bologna, Petronio; Bari, Nicola.5
Nel Nuovo Manuale del Catechista il Perardi, dopo avere spiegato che Giuseppe era lo sposo di Maria, e che
non fu padre vero di Gesù ma padre putativo di Gesù
perché non fu Giuseppe a generare Gesù, dice: ‘Tuttavia
è grande la dignità di S. Giuseppe e come sposo di Maria e come custode di Gesù. Egli fu, se possiamo dire
1
Agostino di Ippona, La città di Dio, lib. XXII, cap. VIII
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 284.
3
Dizionario Ecclesiastico, Torino 1958, pag. 114
4
Enciclopedia Cattolica, vol. 9, 988, 989
5
Dizionario Ecclesiastico, pag. 115
2
La chiesa cattolica romana
così, l’uomo di fiducia della Santissima Trinità...’.6 Poi
dice: ‘Siate devoti di S. Giuseppe; e pregatelo specialmente di due grazie: che salvi l’anima vostra dalla morte del peccato come salvò Gesù bambino dalla morte
minacciatagli da Erode; che come egli morì assistito da
Gesù e da Maria, vi ottenga di morire invocandone devotamente i nomi. - Ripetete ogni giorno le tre giaculatorie: ‘Gesù, Maria e Giuseppe, vi dono il cuore e
l’anima mia.. assistetemi nell’ultima agonia... spiri in
pace con voi l’anima mia’.7 Ed infine il Perardi, servendosi delle Scritture, spiega alle persone perché essi devono pregare Giuseppe ed essergli devoti. Ecco cosa
dice questo teologo: ‘Giuseppe, figlio di Giacobbe, fu
figura di S. Giuseppe. Egli fece un sogno che raccontò
ai fratelli: Sognai, disse, che noi eravamo insieme nel
campo a legare i covoni: quand’ecco il mio covone sorgere e tenersi ritto, e i vostri, standogli intorno, adorare
il mio. Risposero i fratelli a Giuseppe: A che tende codesto tuo sogno? Forse che tu sarai nostro re? Forse che
tu signoreggeresti sopra di noi? - S. Giuseppe è esaltato
al di sopra di tutti i Santi in cielo; tutti gli uomini, suoi
fratelli, lo debbono onorare. Fece poi Giuseppe un altro
sogno, nel quale vide il sole, la luna e undici stelle che
lo adoravano. Ma il padre ne lo sgridò, dicendo: Che
vuole egli dire cotesto? Forse che io ed i tuoi fratelli,
abbiamo ad inchinarci a te? Essi non intendevano la realtà di cui il sogno di Giuseppe era figura. Il sole increato, il Signore Gesù Cristo e la Madonna onorano Giuseppe, capo della sacra Famiglia che essi costituivano’.8
Questo è quello che viene insegnato ai Cattolici sin dalla loro fanciullezza per fargli pregare ed adorare Giuseppe, che per loro è il patrono della Chiesa,9 e fargli
festeggiare la festa in suo onore!
I teologi papisti insegnano che è giusto rivolgere il culto
alle reliquie dei santi. Il Perardi afferma per esempio:
‘Noi veneriamo anche il corpo dei Santi, perché servì
loro ad esercitare virtù eroiche, fu certamente tempio
dello Spirito Santo, e risorgerà glorioso alla vita eterna’.10
Questa venerazione che la chiesa cattolica romana nutre
in verso i corpi dei morti o parti di essi od oggetti che
essi hanno lasciato e l’attribuzione ad essi di virtù soprannaturali viene confermata dai teologi papisti con
alcune Scritture e con degli scritti di alcuni antichi scrittori tra cui Agostino di Ippona. I passi della Scrittura su
cui si appoggiano i teologi papisti per sostenere che è
giusto venerare le reliquie e credere che per mezzo di
esse Dio concede agli uomini dei benefici perché tutto
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 141
Ibid., pag. 141
8
Ibid., pag. 141-142
9
Lo ha dichiarato tale Pio IX. Ecco il decreto che ha sancito
questa ennesima impostura papale: ‘Commosso per la turpissima e luttuosa condizione delle cose, il Santissimo nostro Signore, Pio papa IX, onde soddisfare ai voti dei Sacri Prelati, e
affidare sé stesso ed i fedeli tutti al potentissimo patrocinio del
Patriarca San Giuseppe, solennemente lo ha dichiarato Patrono
della Cattolica Chiesa’ (Decret. ‘Quemadmodum Deus’ della
Congr. dei SS. RR. 8 Dicembre 1870).
10
Ibid., pag. 285
7
185
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
ciò era fatto e creduto anticamente sono i seguenti.
“L’anno seguente delle bande di Moabiti fecero una
scorreria nel paese; e avvenne, mentre certuni stavano
seppellendo un morto, che scòrsero una di quelle bande,
e gettarono il morto nel sepolcro di Eliseo. Il morto, non
appena ebbe toccate le ossa di Eliseo, risuscitò, e si levò
in piedi”;1 “E Iddio faceva de’ miracoli straordinari per
le mani di Paolo; al punto che si portavano sui malati
degli asciugatoi e de’ grembiuli che erano stati sul suo
corpo, e le malattie si partivano da loro, e gli spiriti maligni se ne uscivano”.2
Per quanto riguarda invece le parole di Agostino di Ippona prese a sostegno di questo culto esse si trovano nel
suo libro La Città di Dio. Egli qui fa chiaramente capire
che ai suoi tempi le reliquie dei martiri venivano portate
in processione dai vescovi coi loro fedeli, e narra che
diversi malati furono guariti con le reliquie di Stefano!
E con tutto ciò si mostra perfettamente d’accordo. Ed
oltre a parlare di queste processioni e di queste guarigioni egli fa le seguenti affermazioni che fanno capire
altresì chiaramente che lui credeva pure che i morti operassero dei miracoli in favore dei viventi infatti dice:
‘Quei martiri, dunque, che ora possono impetrare tali
grazie dal Signore per il cui nome furono uccisi, morirono per la fede nella risurrezione; per essa soffrirono
con ammirabile pazienza, e ora possono manifestare una
simile potenza nell’ottenere miracoli (...) Crediamo
dunque ad essi che dicono la verità e che compiono tanti
miracoli, poiché i martiri morirono proclamando la verità ed è per questo che possono fare i miracoli che noi
vediamo’.3
Confutazione
I santi che sono in cielo non pregano per noi
La dottrina dell’intercessione dei santi che sono in cielo
è una menzogna, perché come Maria non può mediare
fra Dio e gli uomini, così neppure possono mediare i
santi che sono in cielo a favore di coloro che sono sulla
terra perché essi non possono in alcuna maniera ascoltare le preghiere che gli uomini fanno loro. Il passo della
Scrittura preso dai teologi romani per sostenere che essi
sono dei mediatori, non fa riferimento a loro preghiere a
favore di quelli che sono sulla terra, ma fa riferimento
alle preghiere dei santi che sono sulla terra fatte a Dio,
le quali salgono a Lui come un profumo d’odore soave.
Per quanto riguarda il sogno riferito da Giuda Maccabeo
é una menzogna che non ha nulla a che fare con la verità. Mediante il racconto di questo sogno lo scrittore di
questo libro è riuscito ad introdurre in seno a molti uomini la falsa dottrina che i morti intercedono per i vivi
ed é riuscito così a fare dimenticare a molti uomini il
nome del Signore e la sua parola. Ma quello di raccontare sogni falsi per traviare il popolo di Dio è un’arte seduttrice dell’errore che veniva esercitata già durante la
1
2 Re 13:20,21
Atti 19:11,12
3
Agostino di Ippona, La Città di Dio, Libro XXII, cap. IX, X
2
186
La chiesa cattolica romana
vita degli antichi profeti infatti Dio dice in Geremia:
“Ecco, dice l’Eterno, io vengo contro quelli che profetizzano sogni falsi, che li raccontano e traviano il mio
popolo con le loro menzogne e con la loro temerità...”.4
Questo esempio ci serve a noi tutti a comprendere come
il diavolo riesce ad introdurre delle eresie in seno al popolo di Dio anche servendosi del racconto di sogni; per
questo é necessario essere prudenti ed esaminare accuratamente mediante le Scritture i sogni che si hanno o
che altri dicono di avere avuto, per evitare di accettare
un sogno che va contro la Parola di Dio. Nel corso dei
secoli, sono sorti molti falsi profeti che con le loro visioni e i loro sogni hanno sedotto tanti credenti facendogli credere la menzogna, perciò state in guardia fratelli ed esaminate attentamente sia i sogni che le visioni
che udite o che vedete; accettateli quando sono veraci e
confermano pienamente la verità, ma rigettateli senza
esitare quando si oppongono alla sacra Scrittura. Per ciò
che riguarda poi le parole di Agostino relativamente
all’intercessione dei santi in favore dei vivi bisogna dire
che quest’uomo errò grandemente.
La Scrittura ci insegna che noi credenti ci dobbiamo rivolgere in preghiera a Dio. Ecco alcuni passi che attestano ciò: “Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; ma in ogni cosa siano le vostre richieste rese note a
Dio in preghiera e supplicazione con azioni di grazie”;5
e: “Invocami nel giorno della distretta; io te ne trarrò
fuori, e tu mi glorificherai”;6 ed ancora: “Voi
m’invocherete, verrete a pregarmi e io v’esaudirò”.7 E
che ogni volta che lo preghiamo dobbiamo farlo nel
nome di Gesù Cristo, ossia appoggiandoci sulla sua mediazione perché lui è il solo mediatore tra Dio e noi secondo che è scritto: “V’è un solo Dio ed anche un solo
mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo..”,8 e:
“Quel che chiederete nel mio nome, lo farò”,9 ed anche:
“In verità, in verità vi dico che quel che chiederete al
Padre, Egli ve lo darà nel nome mio. Fino ad ora non
avete chiesto nulla nel nome mio: chiedete e riceverete,
affinché la vostra allegrezza sia completa”,10 ed ancora:
“...affinché tutto quel che chiederete al Padre nel mio
nome, Egli ve lo dia”.11 Quindi è contrario alla sana dottrina sia rivolgersi in preghiera ai santi che sono in cielo
e sia pregare Dio appoggiandoci sulla loro mediazione.
Se i santi che sono in cielo potessero ascoltare le preghiere di milioni di persone sparse sopra la faccia della
terra, ciò significherebbe che essi sono in grado di venire a conoscenza diretta dei nostri bisogni il che va apertamente contro la Scrittura che insegna che coloro che
sono morti e sono andati ad abitare in cielo con il Signore sono delle creature di Dio che non sanno nulla di ciò
che accade sulla terra e non vedono quello che vi succe-
4
Ger. 23:32
Fil. 4:6
6
Sal. 50:15
7
Ger. 29:12
8
1 Tim. 2:5
9
Giov. 14:13
10
Giov. 16:23,24
11
Giov. 15:16
5
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
de secondo che è scritto: “I morti non sanno nulla”,1 ed
anche: “Abrahamo non sa chi siamo, e Israele non ci
riconosce”.2 E se essi potessero intercedere per noi che
siamo sulla terra ciò significherebbe che in cielo ci sono
tanti mediatori il che va contro la Parola di Dio che dice
che tra Dio e gli uomini c’è un solo mediatore e cioè
Gesù Cristo.3 I Cattolici romani definendo i santi che
sono in cielo dei potenti intercessori in realtà sminuiscono e fanno passare per irrilevante la mediazione che
Gesù Cristo compie alla destra del Padre in favore dei
suoi discepoli sulla terra.
Il modo in cui i teologi papisti sostengono la loro devozione a Giuseppe è un esempio che mostra cosa significa interpretare arbitrariamente la Parola di Dio
Avete notato con quale astuzia i teologi cattolici, per
sostenere la devozione a Giuseppe, riescono a fare dire
alla Parola di Dio quello che essa non dice? Così facendo, essi dimostrano di non essere da meno dei seguaci di
Russell o di altri impostori che hanno interpretato allegoricamente ma malamente alcuni passi della Scrittura
per fini disonesti. Innanzi tutto voglio che notiate che
questi passi sono stati citati malamente dal Perardi infatti egli dice che nel primo sogno i covoni dei fratelli di
Giuseppe adorarono quello di Giuseppe, e nel secondo
che il sole la luna e le undici stelle lo adorarono, il che
non è vero perché nella Scrittura é scritto che i covoni
dei suoi fratelli s’inchinavano dinanzi al suo e che il sole la luna e le undici stelle gli s’inchinavano dinanzi. Il
Perardi dice che i fratelli di Giuseppe non intesero la
realtà di cui il secondo sogno di Giuseppe era figura,
senza rendersi conto che anche lui dando questa sua interpretazione a questo sogno dimostra di non avere affatto capito il significato del sogno di Giuseppe! Ci troviamo davanti ad un’ennesima prova di come il cosiddetto magistero cattolico sia nell’errore e di come dà il
significato allegorico che vuole alla Parola di Dio per
sostenere le sue eresie. Noi ci limitiamo a dire che il significato allegorico dato dal Perardi ai due sogni che
ebbe Giuseppe è follia!
Ma ho voluto citarvi questa loro fantasiosa interpretazione data ai due sogni di Giuseppe, figlio di Giacobbe,
anche per farvi comprendere come sia sufficiente dare
un significato allegorico sbagliato a qualche Scrittura
per creare una falsa dottrina o per confermarne una già
esistente. Nel corso dei secoli sono stati tanti i significati allegorici dati arbitrariamente a molti passi della Scrittura e per mezzo di essi molti falsi dottori sono riusciti
ad introdurre o confermare in seno alla Chiesa di Dio
degli insegnamenti contrari alla sana dottrina. La chiesa
romana è stata sempre feconda di cosiddetti dottori che
hanno introdotto e confermato le più strane dottrine per
mezzo appunto di significati allegorici; essa è bene esercitata in questa arte seduttrice dell’errore avendola
collaudata adeguatamente nel corso dei secoli preceden1
Eccl. 9:5
Is. 63:16
3
Cfr. 1 Tim. 2:5
2
La chiesa cattolica romana
ti. Fratelli, state in guardia dalle sue artificiose interpretazioni dietro le quali si nasconde l’astuzia del serpente
antico. Ed infine voglio dire che è veramente follia dichiarare Giuseppe, che è una creatura, il patrono della
Chiesa, perché la Chiesa ha già il suo patrono che è Dio,
l’Onnipotente, l’Onnisciente e l’Onnipresente. Egli è
Colui che la protegge difatti Paolo dice: “Ma il Signore
è fedele, ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno”,4 e Isaia che Dio è colui “che difende la causa del
suo popolo”5 e Pietro afferma che Dio ha cura di noi6
quindi ci protegge pure. E potrei proseguire citando
molti altri passi ma mi fermo qui.
Coloro che la chiesa cattolica romana fa santi non erano
altro che dei peccatori che ora sono all’inferno
Ora, dopo avere dimostrato che i santi che sono in cielo
non possono intercedere per gli uomini sulla terra, e che
quindi è del tutto inutile invocarli, voglio dire chi sono
questi santi così chiamati dai Cattolici. Badate che da
queste considerazioni che sto per fare sono esclusi i santi tradizionali, vale a dire, Paolo, Pietro, Giovanni e tutti
gli altri santi di cui parla la Scrittura, e tutti quei santi
che dopo la morte degli apostoli, quantunque non annullarono il Vangelo come fa la chiesa cattolica romana,
furono dichiarati santi dai papi e inseriti nel canone dei
santi. Dalle parole del catechismo prima citate a proposito della canonizzazione si comprende chiaramente che
secondo la chiesa romana sono santi solo una parte di
coloro che dicono di credere, e già questa è una menzogna perché secondo la Scrittura tutti coloro che hanno
creduto nel Signore Gesù sono dei santi perché sono stati “santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo
fatta una volta per sempre”;7 essi sono stati santificati da
Cristo, Dio benedetto in eterno, già sulla terra e non
hanno perciò bisogno di essere dichiarati santi dopo
morti da qualche autorità ecclesiastica. Ma poi bisogna
dire che il defunto viene dichiarato santo dal cosiddetto
papa se viene riconosciuto essere stato un fedele Cattolico romano, quindi se viene riconosciuto che durante la
sua vita si attenne scrupolosamente alla tradizione cattolica romana, il che equivale a dire che sarà dichiarato
santo se pregava Maria e l’adorava, se riconosceva il
cosiddetto papa come capo della Chiesa, i vescovi come
pastori istituiti da Cristo, se si sforzò di guadagnarsi il
paradiso con le opere giuste, se avversò quindi fortemente i Protestanti, e così via dicendo.8 Alcuni esempi
che dimostrino ciò? Roberto Bellarmino, che durante la
sua vita fu uno dei più strenui difensori delle eresie della
chiesa romana e uno dei più forti oppositori del protestantesimo, dopo la sua morte fu dichiarato santo da Pio
XI nel 1930. Ma oltre a Bellarmino si può pure citare
4
2 Tess. 3:3
Is. 51:22
6
Cfr. 1 Piet. 5:7
7
Ebr. 10:10
8
Sul fatto degli almeno quattro miracoli che il morto deve fare
per essere dichiarato santo parlerò in appresso, qui mi limito a
dire che si tratta dell’ennesima impostura papale.
5
187
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
Alfonso De Liguori grande adoratore di Maria, autore
dell’infame libro Le glorie di Maria, fatto santo nel
1839 da Gregorio XVI. Ed infine il cardinale Carlo Borromeo (1538-1584), fatto santo da Paolo V nel 1610, di
cui viene detto che fu uno dei più spietati persecutori dei
Protestanti, quale consigliere intimo ed ascoltato dei seguenti tre papi sanguinari: Pio IV (1559-1565), che fece
massacrare centinaia di Valdesi nelle Calabrie; Pio V
(1566-1572), che incitò Carlo IX a massacrare gli Ugonotti in Francia e fece ardere in Italia Paleario e Carnesecchi; e Gregorio XIII (1572-1585) che si rallegrò
dell’avvenuta strage degli Ugonotti e fece coniare una
medaglia in ricordo di quel evento così lieto per il papato. Quindi, si giunge alla conclusione che tutti quei santi
che vengono riconosciuti tali e canonizzati perché hanno ubbidito in tutto e per tutto alla dottrina della chiesa
romana non erano altro che dei peccatori che dopo morti
sono andati subito all’inferno a piangere e stridere i loro
denti in mezzo all’ardente fuoco in attesa del giorno del
giudizio in cui saranno condannati. (Non possiamo però
escludere che tra costoro alcuni in punto di morte hanno
rigettato le eresie papiste e si sono pentiti dai loro peccati ed accettato il Signore e quindi sono morti santificati da Dio; in questi casi il nostro suddetto discorso non
vale per loro). Certamente tra coloro canonizzati santi
dai papi non ci sono uomini che mentre erano in vita
(mi riferisco soprattutto al periodo che va dal quattordicesimo secolo fino ad ora) erano contro la dottrina che
dice che la giustificazione si ottiene per opere e non per
fede soltanto, contro il primato del cosiddetto papa, contro la preghiera rivolta a Maria, contro la messa come la
ripetizione del sacrificio di Cristo, contro il purgatorio,
contro le indulgenze, contro il culto delle loro cosiddette
immagini sacre o contro tante e tante altre cose storte
che la chiesa romana insegna e fa praticare (insomma
contro il cattolicesimo romano), perché questi ultimi
sono da essa definiti e ricordati come eretici, come seduttori, come nemici della Chiesa. A conferma di ciò
sottopongo alla vostra attenzione alcune parole del decreto emanato dal concilio di Costanza nel 1415 contro
Giovanni Wycliffe: ‘In questi nostri tempi l’antico e invidioso nemico ha suscitato nuove battaglie, affinché
quelli che sono approvati siano resi manifesti. Loro capo e condottiero fu un tempo il falso cristiano Giovanni
Wycliffe. Mentre viveva egli affermò pertinacemente e
insegnò contro la religione cristiana e la fede cattolica
molti articoli (....) Per autorità del concilio romano e per
ordine della chiesa (..) si è proceduto alla condanna di
Wycliffe e della sua memoria (...) questo santo sinodo
dichiara, definisce e sentenzia che Giovanni Wycliffe è
stato eretico notorio e ostinato, e che è morto
nell’eresia: lo anatematizza e condanna la sua dottrina.
Stabilisce e ordina inoltre che vengano esumati il suo
corpo e le sue ossa, se è possibile distinguerli dai corpi
degli altri fedeli, e vengano gettati lontano dal luogo
della sepoltura ecclesiastica, secondo le legittime sanzioni del diritto canonico’.1 Ma che disse e fece di male
quest’uomo per attirarsi anche dopo la sua morte la ma1
Concilio di Costanza, Sess. VIII
188
La chiesa cattolica romana
ledizione della chiesa romana? Giovanni Wycliffe
(1320-1384) durante la sua vita disse tra le altre cose
che il papa non era né il vicario di Cristo e neppure il
capo della Chiesa di Dio, che la dottrina della transustanziazione era falsa, che Cristo non aveva istituito la
messa, che non bisognava credere nelle indulgenze del
papa; e poi tradusse il Nuovo Testamento in inglese per
metterlo alla portata del popolo. Ma di uomini che verranno sempre ricordati dal papato come eretici e seduttori per cui non c’è la benché minima speranza che siano canonizzati santi, ma che in realtà erano dei santi se
ne potrebbero citare molti altri. Come potete ben comprendere ci sono dei giusti che vengono ricordati dalla
chiesa romana come se durante la loro vita avessero fatto l’opera dei malvagi, e ci sono molti malvagi che essa
ricorda con grande rispetto come se essi durante la loro
vita fossero stati dei veri santi. Basta vedere nell’elenco
dei santi della chiesa cattolica romana per accorgersi
come essa ha dichiarato santi tanti uomini malvagi, arroganti, ecc. Noi credenti quindi non possiamo metterci
a chiamare santi uomini e donne che hanno vissuto tutta
una vita in ribellione alla Parola di Dio per ubbidire alla
tradizione cattolica romana e che adesso sono nelle
fiamme dell’Ades. Non possiamo accettare né queste
loro canonizzazioni, e neppure il fatto che essi vengano
dichiarati degni di essere invocati e pregati.2
O Cattolici romani, rientrate in voi stessi, pentitevi dei
vostri peccati davanti a Dio e credete nel suo Figliuolo e
sarete all’istante resi santi dall’Iddio vivente. Sarete così
aggiunti al numero dei veri santi che solo Dio conosce e
2
A riguardo della beatificazione di qualcuno che precede la
sua canonizzazione va detto che per essa viene inoltrata una
richiesta alla Congregazione delle cause dei santi da parte dei
Cattolici di una diocesi quando presso di loro esiste la convinzione che quella persona morta in fama di santità è oramai in
cielo e là prega per loro. Si capisce da questo che il presunto
santo non può essere subito dichiarato beato in cielo perché
prima deve passare un periodo di tempo più o meno lungo nel
purgatorio a soffrire. Non si capisce però in base a quale criterio dopo un certo tempo dalla sua morte certe persone cominciano a sentire che egli sia entrato finalmente in paradiso. E’
di questi giorni la notizia che Giovanni Paolo II ha fretta di
beatificare Maria Teresa di Calcutta, morta pochissimi giorni
fa; la vorrebbe beatificare infatti per il Giubileo. Ma affinché
questo avvenga occorre saltare qualche procedura perché il
tempo che rimane è troppo breve. E così se le cose andranno
come essi sperano Maria Teresa di Calcutta sarà dichiarata
beata ancora prima di altri, morti decenni prima di lei e che
sono in attesa di essere beatificati! Noi credenti però sappiamo
che affinché qualcuno morto in Cristo sia dichiarato beato non
abbiamo bisogno di aspettare giorni, mesi, anni, o secoli, perché più di millenovecento anni fa lo Spirito Santo dichiarò
beati tutti i credenti in Cristo Gesù che muoiono infatti Giovanni dice: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati
i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo
Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le
loro opere li seguono” (Ap. 14:13) e questo perché essi entrano subito nel paradiso di Dio che è in cielo. Ma i Cattolici romani che muoiono nei loro peccati non sono per nulla beati
perché se ne vanno nell’Ades nei tormenti. Ma la curia romana
fa credere ai suoi seguaci che essi sono felici! Che inganno,
che illusione, che impostura!
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
che dopo morti vanno in cielo. Comprenderete allora
come questa canonizzazione papale non è altro che una
menzogna che serve per altro alla cosiddetta sede apostolica ad arricchirsi perché dovete sapere che per fare
dichiarare santo qualcuno dal papa occorre pagare molti
e molti soldi. Considerate per un momento questo: Dio
per santificare qualcuno non chiede soldi ma lo fa gratuitamente, la curia romana invece per fare santo qualcuno vuole del denaro. Ma soprattutto considerate che
coloro che Dio santifica sono dei veri santi, mentre coloro che canonizza santi il papa sono dei peccatori dimoranti all’inferno fatti passare santi sulla terra. Ah, se
questi uomini potessero uscire dall’inferno e tornare sulla terra! Dichiarerebbero al mondo intero che essi erano
all’inferno a soffrire pene indicibili mentre sulla terra
erano fatti passare per dei potenti intercessori presso
Dio!
I protettori dei Cattolici romani non proteggono proprio
nessuno
Abbiamo visto quali sono (una parte) i protettori dei
Cattolici romani. Dobbiamo quindi affermare che nella
teoria i Cattolici dicono di credere in Dio ma nella pratica dimostrano che loro Dio non lo conoscono, non lo
reputano potente da soccorrerli in nessuna delle loro necessità; in verità il popolo cattolico romano è stato ingannato dalla curia romana. Eccole le prove che dimostrano quanto idolatri e superstiziosi siano i Cattolici;
sono come gli antichi pagani che avevano un dio da invocare in ogni loro distretta, e poi ci vengono a dire di
essere dei Cristiani! e si offendono pure se non gli diamo ragione. Ma come gli si può dare ragione dinanzi a
queste ulteriori prove comprovanti la loro estraneità alla
vita di Dio? E poi i teologi papisti affermano che codesta tradizione di invocare i loro santi nelle diverse distrette fa parte della rivelazione di Dio? Ma come si
permettono di dire che Dio abbia rivelato delle tali aberrazioni? Il nostro Dio è vivente, il suo orecchio non è
troppo duro per udire, il suo braccio è potente da soccorrere chiunque lo invoca in qualsiasi distretta si trovi,
la sua mano non è troppo corta per salvare; é Lui che si
deve invocare nella distretta, é in Lui che bisogna avere
piena fiducia, non nei santi che sono in cielo. Perché
essi non possono proteggere proprio nessuno dai pericoli perché a questo, cioè a proteggere i fedeli, sono preposti gli angeli di Dio secondo che é scritto: “Gli Angeli
del Signore sono accampati intorno a quelli che lo temono, E li liberano”,1 ed ancora: “Egli comanderà ai
suoi angeli di guardarti in tutte le tue vie”.2 O uomini
che professate la religione cattolica romana quando
rientrerete in voi stessi e vi volgerete al Signore per ottenere il suo perdono ed il suo aiuto? Smettete di invo1
Sal. 34:7 (Diod.)
Sal. 91:11. Naturalmente sapere questo non autorizza nessuno
a invocare gli angeli perché essi sono agli ordini di Dio e ubbidiscono alla sua parola. Ricordatevi che Davide credeva che
gli angeli lo proteggevano ma egli nelle sue distrette si rivolgeva solo a Dio.
2
La chiesa cattolica romana
care i morti; invocate l’Iddio vivente e vero mentre Egli
è vicino; smettete di cercare il favore di Tizio e di Caio
che sono morti e sepolti e non possono fare nulla per voi
e mettetevi a cercare il Signore mentre lo si può ancora
trovare. Salvatevi da questa assemblea pseudocristiana!
Il nostro protettore, guaritore e soccorritore
Noi credenti abbiamo come protettore il Signore Iddio
Onnipotente, l’Eterno degli Eserciti, il Creatore di tutte
le cose, il Santo; in Lui ci siamo rifugiati; sotto le sue ali
ci sentiamo sicuri perché è scritto: “Poiché tu hai detto:
O Eterno, tu sei il mio rifugio; tu hai preso l’Altissimo
per il tuo asilo, male alcuno non ti coglierà, né piaga alcuna s’accosterà alla tua tenda. Poiché egli comanderà
ai suoi angeli di guardarti in tutte le tue vie”,3 ed anche:
“L’Eterno è colui che ti protegge; l’Eterno è la tua ombra; egli sta alla tua destra. Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. L’Eterno ti proteggerà da ogni
male; egli proteggerà l’anima tua. L’Eterno proteggerà
il tuo uscire e il tuo entrare da ora in eterno”.4 Sempre
lui è il nostro guaritore, perché è scritto: “Egli è quel...
che sana tutte le tue infermità”,5 perciò Lui invochiamo
nelle nostre infermità, come fece il profeta Geremia dicendo: “Guariscimi, o Eterno, e sarò guarito”.6 Ed infine
nelle nostre molteplici necessità, o in mezzo a delle calamità è sempre Lui colui che invochiamo; per ritrovare
cose perdute, per trovare moglie o marito, per avere
bambini quando essi non vengono, per trovare casa, per
trovare lavoro, e per ogni altro bisogno invochiamo il
nostro Dio perché lui ci ha detto: “Invocami nel giorno
della distretta; io te ne trarrò fuori, e tu mi glorificherai”.7 Noi abbiamo un grande Iddio di cui abbiamo sperimentato la fedeltà in tutte le nostre distrette; in verità
ciascuno di noi può e deve dire, come Davide,
“quest’afflitto ha gridato, e l’Eterno l’ha esaudito e l’ha
salvato da tutte le sue distrette”.8
A Dio che ci libera da tutte le nostre distrette, sia la gloria, l’onore e la lode in eterno. Amen.
La venerazione delle reliquie è idolatria
Eccoci ad un’altra pratica della chiesa romana che è da
riprovare perché menzogna: la venerazione dei corpi dei
morti o di alcuni loro resti che essi dicono reliquie. Cominciamo col dire che non è vero che i corpi che essi
dicono di venerare siano stati i corpi di uomini veramente santi perché come abbiamo visto per santo la Parola di Dio non intende un uomo che abbia esercitato
‘virtù eroiche’ per guadagnarsi per mezzo di esse il paradiso (perché un tale, secondo la Scrittura, è un peccatore), ma un uomo che ha creduto nel Signore ed é stato
giustificato per grazia e santificato mediante lo Spirito
3
Sal. 91:9-11
Sal. 121:5-8
5
Sal. 103:3
6
Ger. 17:14
7
Sal. 50:15
8
Sal. 34:6
4
189
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
Santo. Vi ricordo a tale proposito che Paolo quando
scrisse ai santi di Corinto si rivolse a tutti loro come “ai
santificati in Cristo Gesù”,1 e che disse a tutti loro che
avevano creduto: “Non sapete voi che siete il tempio di
Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?”.2 Quindi è errato pensare che esista una categoria di persone che dopo che sono morte si possono dichiarare santi perché
hanno compiuto delle opere di carità a favore dei deboli
al fine di guadagnarsi la vita eterna. Ma noi diciamo pure che quand’anche colui che é morto sia stato durante
la sua vita un vero santo, cioè un credente in Cristo Gesù che è stato d’esempio ai credenti perché ha imitato
Cristo Gesù, il suo corpo non deve essere affatto venerato come non deve essere affatto visitata periodicamente
la sua tomba come se su di essa si potesse ottenere qualche grazia. Questo lo diciamo fondandoci sul fatto che i
santi antichi quando morivano dei loro confratelli non
cominciavano a venerare per nulla i loro corpi. Ecco alcuni passi della Scrittura che attestano ciò.
- Quando morì Giovanni il Battista, (di cui la Scrittura
dice che mentre era in vita Erode aveva soggezione “sapendolo uomo giusto e santo”,3 e che era stato ripieno
dello Spirito Santo sin dal seno di sua madre4) i suoi discepoli “andarono a prendere il suo corpo e lo deposero
in un sepolcro”;5 ma non é che i suoi discepoli da allora
cominciarono a venerarne il corpo decapitato andando
al sepolcro a pregare.
- Stefano era un uomo pieno di Spirito Santo che faceva
gran segni e prodigi fra i Giudei, e quando morì lapidato
dai Giudei avvenne che “degli uomini timorati seppellirono Stefano e fecero gran cordoglio di lui”.6 Ecco che
cosa é lecito fare per un morto; seppellirlo con onore e
fare cordoglio per lui, ma niente di più.
Andare al sepolcro dove è seppellito un credente che
visse santamente colla convinzione che toccando la sua
tomba si possa ottenere una grazia da Dio è solo superstizione, quindi un sentimento che non procede da Dio.
Un credente ci può aiutare mentre è in vita facendoci del
bene, pregando per noi ecc., ma una volta che egli muore non è più in grado di fare alcun ché di buono in nostro favore perché se ne va in cielo alla presenza del Signore: per questo è del tutto illusorio affidarsi a sue presunte intercessioni presso Dio o credere che egli può
fare dei miracoli a pro dei viventi anche da morto. Noi
dobbiamo venerare l’Iddio che ha dimorato nel corpo
dei santi e non i loro corpi morti che hanno veduto la
corruzione.
Alcune parole a proposito dell’interpretazione data a
certi passi della Scrittura per sostenere la venerazione
delle reliquie
1
1 Cor. 1:2
1 Cor. 3:16
3
Mar. 6:20
4
Cfr. Luca 1:15
5
Mar. 6:29
6
Atti 8:2
2
190
La chiesa cattolica romana
Per quanto riguarda la prima Scrittura, citata dai teologi
papisti a conferma della venerazione delle reliquie, bisogna dire che il morto fu gettato nel sepolcro di Eliseo
da coloro che lo dovevano seppellire per il fatto che furono presi dalla paura di una banda di Moabiti che essi
videro lì nei pressi. Quindi il morto non fu portato da
quegli uomini e messo in quel sepolcro perché essi erano convinti che se gli avessero fatto toccare le ossa del
corpo del profeta Eliseo esso sarebbe tornato in vita.
Possiamo dire quindi che questo avvenne ‘per caso’. E’
bene precisare però che noi non crediamo nel caso come
la gente del mondo perché Gesù ha detto che non può
cadere a terra un solo passero senza la volontà di Dio,
perciò crediamo che questo fatto avvenne per volontà di
Dio. Ma anche se quel morto risuscitò per la volontà e la
potenza di Dio quando toccò le ossa del profeta Eliseo,
noi non siamo autorizzati dalla Parola a portare i nostri
morti presso il sepolcro di qualche ministro di Dio che
sulla terra guariva gli ammalati per farglieli toccare perché così risusciteranno. Noi non attribuiamo nessuna
virtù soprannaturale a nessun corpo morto di qualsiasi
ministro di Dio; noi non attribuiamo nessuna virtù particolare a parti del suo corpo, alla sua cenere o ad oggetti
da lui lasciati sulla terra perché non siamo persone superstiziose. Noi non crediamo, come invece lo credeva
Agostino, che Dio conceda dei benefici agli uomini
tramite le reliquie di un suo santo uomo in virtù della
sua intercessione.
Per quanto riguarda la seconda Scrittura citata dai teologi papisti bisogna dire che noi crediamo che anche oggi
in particolari casi, quando lo vuole Dio, mediante un
grembiule o un asciugatoio, che é stato sul corpo di un
ministro del Vangelo che ha doni di guarigioni o il dono
di potenza d’operare miracoli, posto sul corpo di infermi
essi possano guarire mediante la loro fede nel Signore e
per la potenza di Dio: (sia ben chiaro però che noi, benché crediamo questo, non siamo di quelli che pregano
sui fazzoletti o chiedono ai credenti di portare dei vestiti
dei malati per pregare sui vestiti). Ma da qui a dire veneriamo i corpi dei santi morti ‘perché per mezzo dei
residui dei loro corpi che noi diciamo reliquie, Dio concede agli uomini non pochi benefizi’7 ci passa una grandissima differenza.
Per riassumere diciamo quindi che non si devono assolutamente venerare i corpi o parte dei corpi od oggetti di
credenti morti pensando che per mezzo di essi Dio conceda delle guarigioni perché questo comportamento è
idolatrico. Dio nella sua Chiesa ha stabilito i miracoli e i
doni delle guarigioni e dice che se uno è malato deve
chiamare gli anziani della Chiesa affinché preghino su
lui ungendolo d’olio nel nome del Signore. Egli non dice all’ammalato di andare a visitare la tomba o la reliquia di un suo servo morto, ma gli ordina di aver fede in
Lui per ricevere la guarigione. Guarigione che otterrà
non per l’intercessione in cielo di qualche santo ma solo
per la mediazione di Gesù Cristo che è alla destra di Dio
perché è nel suo nome che gli anziani pregano
7
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 285
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
sull’ammalato o che altri credenti pregano Dio di guarirlo.
Badate a voi stessi fratelli perché la venerazione delle
reliquie dei santi è collegata alla dottrina
dell’intercessione dei santi in cielo: sono due cose inseparabili. Chi venera le reliquie di qualcuno morto crede
pure che quel morto prega Dio per lui; e chi si mette a
credere che i morti intercedono per i vivi si mette pure a
venerare le loro reliquie. E tutto questo porta l’uomo a
non appoggiarsi sulla mediazione di Gesù Cristo, il Vivente, a non ritenere che essa sia sufficiente per ottenere
la guarigione. Gesù Cristo è risorto, è in cielo con il suo
corpo, per la fede nel suo nome si riceve la guarigione
come qualsiasi altro beneficio di Dio. Abbiate piena fiducia in Dio Padre ed anche nel suo Figliuolo Gesù che
prega per noi alla sua destra.
La seduzione perpetrata per mezzo delle reliquie
Satana è riuscito a sedurre moltitudini di persone anche
mediante la venerazione delle reliquie insegnata dai
Cattolici. Oggi ci sono un pò da per tutto santuari cattolici, basiliche e altri luoghi di culto della chiesa cattolica, dove è detto vengono custodite ogni sorta di reliquie,
dai capelli, la mascella, il braccio, la testa di diversi loro
cosiddetti santi o qualche loro oggetto, a pezzi di legno
che vengono fatti credere residui della croce su cui fu
crocifisso Gesù. Tutto questo ha portato molte persone a
offrire il loro culto alle reliquie e difatti ci sono le funzioni religiose in onore di esse. Basti ricordare una per
tutte e cioè quella che ogni anno ha luogo nella basilica
che porta il nome di Pietro a Roma in onore della ‘cattedra di Pietro’. Pensate che i Cattolici per sostenere che
l’apostolo Pietro ha esercitato l’ufficio di papa a Roma
hanno fatto spuntare pure la sedia con spalliera sulla
quale Pietro si sarebbe seduto quando presiedeva le raunanze della Chiesa! Ma a Roma non c’é solo ‘la cattedra
di Pietro’ ma anche le catene con cui Pietro fu legato
(con una in Gerusalemme per ordine di Erode e con
l’altra in Roma per ordine di Nerone), il carcere dove
egli fu messo ed anche la tomba in cui egli sarebbe sepolto; insomma c’é tutto quello che serve ai Cattolici
per attestare con certezza che Pietro venne in Roma
(della sua venuta a Roma ne parla la tradizione ma non
la sacra Scrittura) e ad avvalorare la loro favola artificiosamente composta sul papato di Pietro a Roma. Che
cosa ci insegna tutto questo? Che quello delle reliquie è
un potente strumento nelle mani di Satana per fare credere ogni sorta di leggende alle persone.
A molti Cattolici non importa proprio nulla se la Scrittura tace attorno a molte cose o dice il contrario di quello
che la loro tradizione secolare dice; essi si fanno forti
del fatto che esiste una storia a riguardo di un pezzo di
legno o di un pezzo di carne putrefatta o di un osso o di
qualcosa d’altro ed in quella credono ciecamente senza
mettere in discussione la cosa.
Ma noi diciamo: quand’anche Pietro fosse stato a Roma,
quand’anche la Scrittura avesse detto che egli predicò il
Vangelo in questa città e anche il luogo preciso dove
egli poi sarebbe stato messo a morte, ma che privilegi
La chiesa cattolica romana
avrebbe mai potuto conferire tutto ciò alla Chiesa di
Roma? Che superiorità avrebbe mai potuto reclamare la
Chiesa di Roma sulle altre chiese? Ma quali virtù soprannaturali avremmo potuto attribuire alla sua tomba?
Agli oggetti che gli uomini di Dio hanno lasciato sulla
terra non bisogna dare quell’importanza che non hanno;
e non bisogna attribuirgli neppure poteri soprannaturali,
perché in questo caso si farebbe posto pian piano al diavolo che sa come sfruttare le debolezze dei mortali.
IL CULTO AGLI ANGELI
La dottrina dei teologi papisti
Gli angeli vanno invocati perché pregano per noi assieme a Maria e ai santi.
Il catechismo romano afferma: ‘Invochiamo anche la
Madonna, gli Angeli e i Santi perché, essendo cari al
Signore e pietosi verso di noi, ci aiutino nelle nostre
domande con la potente intercessione. (...) Gli Angeli e i
Santi sono potenti intercessori presso Dio, perché suoi
servi fedeli, anzi amici prediletti’.1 Oltre a Maria e ai
santi quindi - secondo la teologia papista - anche gli angeli vanno invocati perché sono degli intercessori presso
Dio. E a loro viene rivolto un culto: gli angeli custodi
sono festeggiati il 2 Ottobre. E per sostenere che gli angeli pregano per noi che siamo sulla terra, i teologi romani prendono queste parole del profeta Zaccaria: “Allora l’angelo dell’Eterno prese a dire: ‘O Eterno degli
eserciti, fino a quando non avrai tu pietà di Gerusalemme e delle città di Giuda, contro le quali sei stato indignato durante questi settant’anni? E l’Eterno rivolse
all’angelo che parlava meco, delle buone parole, delle
parole di conforto”.2
Confutazione
Gli angeli del Signore non vanno invocati
La sacra Scrittura dice che “gli Angeli del Signore sono
accampati intorno a quelli che lo temono E li liberano”,3
e che perché noi abbiamo preso Dio per nostro rifugio
Egli comanderà ai suoi angeli di guardarci in tutte le nostre vie.4 Ma in nessun punto essa dice che noi dobbiamo invocare gli angeli perché essi intercedono presso
Dio in favore nostro. E questo sempre per lo stesso motivo già esposto prima; perché tra Dio e gli uomini c’è
solo un mediatore, cioè Gesù Cristo. E la Scrittura non
dice neppure che noi dobbiamo rendere il culto agli angeli, anzi essa ci mette in guardia da questo culto agli
1
Ibid., pag. 604. Facciamo notare che insegnando questa dottrina sull’invocazione degli angeli i teologi papisti si mettono
contro il concilio di Laodicea della seconda metà del IV secolo il quale decretò: ‘Non bisogna che i cristiani abbandonino la
Chiesa di Dio e invochino gli Angeli’ (Non oportet cristianos,
ecclesia Dei relicta, abire at Angelos nominare).
2
Zacc. 1:12,13
3
Sal. 34:7 (Diod.)
4
Cfr. Sal. 91:11
191
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
angeli con queste parole: “Nessuno a suo talento vi defraudi del vostro premio per via d’umiltà e di culto degli
angeli affidandosi alle proprie visioni, gonfiato di vanità
dalla sua mente carnale”.1 Gli angeli non sono degni di
ricevere il nostro culto perché solo Dio è degno di essere adorato: abbiamo una conferma di ciò anche nelle seguenti parole di Giovanni: “E io, Giovanni, son quello
che udii e vidi queste cose. E quando le ebbi udite e vedute, mi prostrai per adorare ai piedi dell’angelo che mi
avea mostrate queste cose. Ma egli mi disse: Guàrdati
dal farlo: io sono tuo conservo e de’ tuoi fratelli, i profeti, e di quelli che serbano le parole di questo libro. Adora Iddio”.2 Sappiamo bene che i Cattolici dicono: ‘Ma
noi non li adoriamo, li veneriamo, cioè li onoriamo...’,3
ma i fatti dimostrano che la loro cosiddetta venerazione
verso gli angeli non è altro che una vera e propria adorazione; perciò è fondata l’accusa di idolatria che gli
viene rivolta. Per ciò che riguarda le parole di Zaccaria,
bisogna dire che l’angelo dell’Eterno menzionato era il
Figlio di Dio che ancora non aveva preso la nostra natura umana; perciò queste parole semmai confermano
l’intercessione del Figlio di Dio e non quella degli angeli che sono solo delle creature.
LE STATUE E LE IMMAGINI
La dottrina dei teologi papisti
Le sacre immagini vanno esposte per la venerazione.
Dio gradisce il culto alle immagini perché davanti ad
esse avvengono dei miracoli.
Il concilio di Nicea II, che fu convocato dall’imperatrice
Irene, decretò: ‘Noi definiamo con ogni accuratezza e
diligenza che, a somiglianza della preziosa e vivificante
Croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in
mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case
e nelle vie; siano esse l’immagine del Signore e Dio e
Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata
Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni
di onore, di tutti i santi e pii uomini’.4 Per dimostrare
che la chiesa cattolica non fa nulla di male nel fare queste immagini e statue ed esporle alla venerazione dei
fedeli i teologi papisti fanno presente che Mosè fece dei
cherubini d’oro per porli sull’arca e un serpente di rame
che pose su un antenna.
Il culto del sacro cuore di Gesù.
L’origine di questa devozione al cuore di Gesù è strettamente collegata alle visioni che ebbe una certa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) perché esse servirono ai Gesuiti come appoggio per divulgare questo culto al cuore di Gesù. Questa giovane raccontò che le era
apparso Gesù Cristo sopra l’altare, che egli s’era aperto
il petto e le aveva mostrato il cuore tra le fiamme, cir1
Col. 2:18
Ap. 22:8,9
3
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 282
4
Concilio di Nicea II (787).
2
192
La chiesa cattolica romana
condato da una corona di spine, squarciato da una ferita
e con sopra una piccola croce; insomma quel cuore che
oggi è riprodotto in milioni di immagini e su milioni di
medaglie. In un’altra apparizione, avuta tempo dopo,
ella disse che Gesù le chiese il culto pubblico, con
l’istituzione di una festa riparatrice e le indicò come collaboratore Claudio de La Colombière, un Gesuita che
era il suo confessore. E fu appunto questo de La Colombière che, spinto da grande zelo, riuscì a diffondere,
vivente ancora Alacoque, il culto al cuore di Gesù tra
molte persone. Ancora oggi il culto al sacro cuore di
Gesù è molto diffuso, soprattutto tra le donne, che più
degli uomini vengono colpite nell’immaginazione e nei
sensi da questa immagine del cuore di Gesù coronato di
spine. Ma come giustificano questo culto al cuore di
Gesù i teologi cattolici? In questa maniera: ‘Il suo cuore
perciò, considerato unito alla persona divina, è degno di
adorazione, la quale termina alla persona stessa di Gesù
(....) Oggetto proprio del culto quindi non è solo il cuore
fisico, né solo l’amore, ma il cuore fisico come simbolo
dell’amore (...) Il cuore infatti è stato sempre preso come simbolo dell’amore (...) Comunemente con
l’espressione Sacro Cuore si suole significare tutta la
persona di Gesù...’.5
Il culto della croce.
L’Enciclopedia Cattolica afferma che il culto della croce ‘è fondato sulla stretta appartenenza che essa ha con
la divina persona del Redentore’.6 La chiesa cattolica
romana ha istituito due feste in onore della croce; il 3
Maggio e il 14 Settembre. Il ‘Venerdì santo’ essa
l’adora con le parole: ‘Ecce lignum crucis’ (Ecco il legno della croce); ‘Venite, adoremus’ (Venite e adoriamo), ‘Crucem tuam adoramus, Domine’ (Adoriamo la
tua croce o Signore). Questa sua adorazione rivolta alla
croce è stata chiaramente sostenuta da Tommaso
D’Aquino il quale disse: ‘La croce stessa sulla quale
Cristo fu confitto, merita il nostro culto (....) perché ci
rappresenta la figura di Cristo disteso su di essa, e perché venne a contatto con le membra di lui e fu bagnata
dal suo sangue. Per ambedue i motivi viene adorata con
il medesimo culto reso a Cristo, cioè con il culto di latria’.7
Nel Nuovo Manuale del Catechista si può leggere: ‘Che
Dio poi gradisca questo culto è provato da tanti miracoli
che si sono operati dinanzi alle sacre immagini; quanti
quadretti dinanzi ad esse, segno di riconoscenza’.8
Confutazione
Le cosiddette immagini e statue sacre sono degli idoli e
la cosiddetta venerazione alle immagini e alle statue è
idolatria
Noi con i nostri occhi e con le nostre orecchie siamo testimoni in questa nazione della grande idolatria che que5
Enciclopedia Cattolica, vol. 4, 1062
Ibid., vol. 4, 959
7
Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, III, q. 25
8
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 288
6
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
sta cosiddetta chiesa perpetra dovunque, infatti le statue
e le immagini raffiguranti Maria o qualche altro personaggio del passato sono diffuse da per tutto in questa
nazione e non danno segno di diminuire anzi sono in
continuo aumento sotto la spinta di guide accecate dalle
tenebre che preferiscono osservare la loro tradizione anziché la Parola di Dio. Davanti a questi spauracchi dei
loro idoli che non hanno in loro nessun soffio vitale e
non hanno il potere di soccorrere quelli che li invocano,
sono in molti che si prostrano ad adorarli e pregarli. Ma
i Cattolici dicono che non adorano le statue e le immagini ma le venerano, anzi che neppure le venerano le
immagini materiali ma venerano chi esse rappresentano;
ecco come si esprime il Perardi nel suo manuale: ‘Similmente veneriamo le immagini dei Santi; veneriamo e
non adoriamo, e neppure non veneriamo l’immagine
materiale in sé ma il Santo o la Madonna in essa rappresentati’.1 Ma questa cosiddetta venerazione resa al personaggio rappresentato dalla scultura o dal dipinto di cui
essi parlano, non è altro che uno dei tanti sofismi di cui
la curia romana si usa per ingannare sia i Cattolici romani che coloro che non lo sono, infatti così parlando
(cioè usando la parola venerazione al posto di quella di
adorazione) la curia romana riesce a camuffare l’idolatria e a farla passare semplicemente per un onore. In effetti non è vero che la chiesa romana non venera le immagini materiali ma bensì le persone che esse rappresentano perché il loro secondo concilio di Nicea afferma
quanto segue: ‘L’onore reso all’immagine, infatti, passa
a colui che essa rappresenta; e chi adora l’immagine,
adora la sostanza di chi in essa è riprodotto’.2 Anche
Tommaso D’Aquino conferma ciò quando a proposito
dell’immagine di Cristo afferma: ‘Noi invece onoriamo
con culto di latria le immagini di Cristo che è vero Dio,
non per le immagini stesse, ma per la realtà che raffigurano..’.3 Quindi, in realtà questa venerazione resa alle
statue e alle immagini rappresentanti Cristo, Maria o
qualche altra persona non è altro che una vera e propria
adorazione resa alla statua e all’immagine non importa
chi essa rappresenta.
Vediamo ora innanzi tutto cosa dice la Parola di Dio a
riguardo delle statue e delle immagini della chiesa cattolica romana e del culto che gli viene reso da essa. Dio
dice: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna
delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra
o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali
cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo,
sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui
figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità, fino alla millesima
generazione, verso quelli che m’amano e osservano i
miei comandamenti”.4 Questo é il secondo comandamento dato da Dio a Mosè sul monte Sinai. Perciò, secondo la Scrittura peccano sia coloro che le costruiscono queste statue e immagini e sia coloro che le ser-
La chiesa cattolica romana
vono. Che poi queste statue vengono servite dai Cattolici romani è una cosa manifesta che non può essere
smentita perché essi accendono davanti ad esse delle
candele, le puliscono con cura quando hanno bisogno di
pulizia, le vestono di sfarzosi paramenti, le adornano di
gioielli, le portano su dei piedistalli nelle loro periodiche processioni, e dedicano loro frutta, dolci, ed altre
cose. Anche le immagini che essi hanno fatto sono da
loro servite perché essi davanti ad esse recitano le loro
preghiere, si fanno il segno della croce, si prostrano, accendono i loro ceri, mettono i loro fiori. Oltre a tutto
ciò, come detto sopra, dinanzi ad esse i Cattolici romani
si prostrano con somma riverenza e le adorano e le pregano. Quindi questo loro servizio reso alle statue e alle
immagini è contrario alla Parola di Dio. Ora, abbiamo
visto prima come i Cattolici romani cercano di difendere
il loro culto alle statue e alle immagini, ma come si difendono i Cattolici dall’accusa di rendere a Maria e ai
santi, tramite il sussidio delle loro statue e immagini, il
culto dovuto solo a Dio? In questo caso fanno ricorso ad
un altro sofisma; essi dicono che a loro non gli rendono
il culto di latria che deve essere reso solo a Dio, ma un
culto inferiore; a Maria il culto di iperdulia (servizio
superiore) e ai santi quello di dulia (servizio). Ma noi
replichiamo: Ma dove mai nella Scrittura si parla di un
culto da rivolgere a Maria, un altro ai santi morti e uno a
Dio? Ma quando mai nella Scrittura è detto che i defunti
siano degni di un qualche tipo di culto? Il culto va reso
solo a Dio, il Vivente, e difatti Gesù affermò: “Adora il
Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il culto”,5 e questo
culto gli va reso in ispirito e verità, perché Gesù disse
alla donna samaritana: “Ma l’ora viene, anzi é già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e
verità; poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Iddio é spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che
l’adorino in ispirito e verità”;6 quindi, siccome che noi
dobbiamo adorare Dio solo che è l’Onnipotente,
l’Onnisciente e l’Onnipresente, e che lui richiede da noi
di adorarlo in ispirito e verità appunto perché Egli è spirito, noi non abbiamo bisogno di nessuna immagine, ma
dico proprio nessuna, per adorarlo. E il culto rivolto a
Maria e ai santi veramente santi e a quelli fatti santi dagli uomini? Esso è in abominio a Dio, quantunque venga fatto passare per un tipo di culto inferiore.
Facciamo notare anche che i teologi papisti dicendo che
ai santi e alle loro immagini rendono un culto di dulia, e
a Maria e alle sue immagini rendono un culto di iperdulia o extradulia si condannano da loro stessi perché la
parola dulia è una parola greca che significa ‘servizio’ e
il secondo comandamento dice espressamente a proposito delle sculture e delle immagini: “Non servir loro”;7
notate quindi che alle statue e alle immagini non va reso
nessun servizio, né superiore né inferiore. Per quanto
riguarda il secondo comandamento qui sopra citato dal
libro della legge di Mosè, è bene ricordare però che la
chiesa romana lo ha fatto scomparire, ma non dalla Bib-
1
Ibid., pag. 287-288
Concilio di Nicea II; in Decisioni dei Concili Ecumenici, Torino 1978, pag. 204
3
Tommaso d’Aquino, op. cit., III, q. 25
4
Es. 20:4-6
2
5
Matt. 4:10
Giov. 4:23,24
7
Es. 20:5
6
193
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
bia ma dal catechismo che viene trasmesso al popolo. In
altre parole essi hanno mutilato le dieci parole, sopprimendo il secondo comandamento e riempiendo il vuoto
che si é venuto a creare sdoppiando il decimo; infatti il
loro secondo comandamento é: ‘Non nominare il nome
di Dio in vano’, mentre il nono: ‘Non desiderare la donna d’altri’ ed il decimo: ‘Non desiderare la roba d’altri’.
La ragione per cui questo secondo comandamento é stato soppresso é questa: la curia romana afferma che Dio,
nell’Antico Patto, proibì agli Ebrei di farsi delle immagini e delle statue perché essi vivevano in mezzo a popoli idolatri e c’era il pericolo che essi le adottassero
come divinità, mentre ora questa proibizione non é più
necessaria perché non c’é più questo pericolo, perciò le
statue e le immagini sono permesse. Esse, loro dicono,
costituiscono un valido aiuto al culto esterno, ed aiutano
i fedeli a ricordare i veri servitori di Dio e li invitano ad
imitarne le virtù! Come potete vedere ci troviamo davanti a dei vani ragionamenti, a delle altezze che si elevano contro la conoscenza di Dio, e perciò li dobbiamo
distruggere. Ora, è vero che gli Ebrei vivevano in mezzo
a dei popoli idolatri che avevano mutato la gloria di Dio
in ogni sorta di immagini e che essi erano esposti al pericolo di idolatria; ma é altresì vero che pure noi credenti ci troviamo in mezzo ad una generazione storta e perversa che ha mutato la gloria dell’incorruttibile Iddio in
immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, e che
anche oggi per l’Israele di Dio c’è il pericolo di cadere
nell’idolatria, tanto è vero che Giovanni ci ha scritto di
guardarci dagli idoli;1 e Paolo ha scritto di fuggire
l’idolatria,2 ed in riferimento alle disubbidienze degli
Israeliti nel deserto ha detto: “Or queste cose avvennero
per servir d’esempio a noi, onde non siam bramosi di
cose malvage, come coloro ne furon bramosi; onde non
diventiate idolatri come alcuni di loro, secondo che é
scritto: Il popolo si sedette per mangiare e per bere, poi
s’alzò per divertirsi”.3
Diletti, nessuno vi seduca con parole seducenti. Sappiate che noi oggi dobbiamo osservare il comandamento
che ci proibisce di farci immagini e statue di persone o
di animali per servirle e adorarle, nella stessa maniera in
cui dovevano osservarlo gli Israeliti nel deserto. Per
quanto riguarda poi il fatto che le statue e le immagini
di quello o di quell’altro santo aiutano gli uomini a ricordarsi di esso per imitarne le virtù, diciamo che per
ricordarci di imitare Cristo, o quell’umile ancella del
Signore e nostra sorella Maria, o i nostri fratelli Paolo,
Pietro o Giovanni o qualche altro santo di cui parla la
Scrittura è sufficiente leggere le Scritture dove si parla
della loro condotta e delle loro parole. Nel caso poi non
avessimo a disposizione con noi le Scritture per leggere,
di certo Dio mediante il suo Spirito ci ricorderà le parole
di Cristo e la sua irreprensibile condotta, come anche le
altre Scritture di cui abbiamo bisogno di ricordarci. Non
sono dunque affatto necessarie le statue e le immagini;
se così fosse, cioè se fossero un aiuto potente e indi1
Cfr. 1 Giov. 5:21
Cfr. 1 Cor. 10:14
3
1 Cor. 10:6,7
2
194
La chiesa cattolica romana
spensabile per ricordarci dei santi servitori di Dio di certo Gesù prima e gli apostoli dopo avrebbero dato istruzioni a riguardo, ma essi non le hanno date. Ma forse le
hanno date solo a voce e mai furono messe per iscritto
cosicché non troviamo traccia di esse nella Scrittura?
Non può essere perché altrimenti si sarebbero rivelati
doppi in parole e sarebbero andati contro il comandamento di Dio.
Per questo la Chiesa primitiva non aveva né immagini e
neppure statue. Ma col passare del tempo degli uomini
corrotti introdussero il culto delle immagini. Da quello
che dice Ireneo il culto delle immagini fu introdotto nella Chiesa dagli Gnostici infatti egli dice: ‘Si denominano gnostici ed hanno alcune immagini dipinte, altre fabbricate anche con altro materiale, dicendo che sono
l’immagine di Cristo fatta da Pilato nel tempo in cui Gesù era con gli uomini. E le incoronano e le espongono
con le immagini dei filosofi del mondo, cioè con
l’immagine di Pitagora, di Platone, di Aristotele e degli
altri, e riservano ad esse tutti gli altri onori, proprio come i pagani’.4 Ecco i padri del culto alle immagini che
la chiesa cattolica tanto ama e tanto difende definendolo
tradizione apostolica!
I cherubini d’oro ed il serpente di rame non furono costruiti per essere serviti
Quando si parla contro le statue e le immagini con i Cattolici romani non é difficile sentirsi rispondere da alcuni
di loro: ‘Ma anche Mosè fece costruire due cherubini
d’oro sull’arca del patto; anche Mosè fece un serpente
di rame e lo mise su un’antenna affinché coloro che venivano morsi dai serpenti lo guardassero e scampassero
alla morte!’. (Queste sono parole che i preti mettono in
bocca ai loro fedeli).
Cosa dobbiamo dire dunque a queste persone per fargli
capire che i cherubini d’oro e il serpente di rame non
possono essere paragonati alle loro statue e immagini?
Dobbiamo dirgli questo. Certo che questo é quello che
Mosè fece, ma egli lo fece in ubbidienza alla parola che
Dio gli aveva rivelato infatti nel caso dei cherubini Dio
gli disse: “E farai due cherubini d’oro; li farai lavorati al
martello, alle due estremità del propiziatorio...”,5 e per
quanto riguarda il serpente egli gli disse: “Fatti un serpente ardente, e mettilo sopra un’antenna; e avverrà che
chiunque sarà morso e lo guarderà, scamperà”.6 Quindi
Mosè non fece quelle cose di testa sua, ma in ubbidienza alla udibile voce di Dio. La stessa cosa non si può
dire però di coloro che costruiscono statue raffiguranti
Maria, o qualcun altro personaggio del passato, e che si
prostrano davanti ad esse per pregarle! E poi né Mosè e
neppure il popolo si misero a pregare o ad adorare i cherubini o il serpente di rame o ad accendergli davanti delle candele; mentre da parte cattolica bisogna dire che
essi offrono il loro culto alle loro statue e alle loro im-
4
Ireneo, Contro le Eresie, Lib. I, cap. 25,6
Es. 25:18
6
Num. 21:8
5
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
magini pregandole, adorandole ed accendendogli davanti delle candele.
Per quanto riguarda il serpente di rame bisogna dire che
esso fu costruito da Mosè per ordine di Dio affinché
chiunque veniva morsicato dai serpenti velenosi, guardandolo, potesse scampare dalla morte. Ma gli Israeliti,
dopo che entrarono nella terra promessa, cominciarono
ad offrirgli dei profumi e questo continuò fino al regno
di Ezechia perché è scritto che questo re quando cominciò a regnare “fece a pezzi il serpente di rame che Mosè
avea fatto; perché i figliuoli d’Israele gli aveano fino a
quel tempo offerto profumi”.1 Come potete vedere
quindi, quel pezzo di rame che non aveva in sé nessun
potere di fare alcun bene agli uomini diventò oggetto di
culto da parte degli Israeliti, e per questo fu distrutto da
quel re, affinché non fosse più occasione di peccato. E
questo è quello che dovrebbe fare il papa dei Cattolici,
ordinare di distruggere tutte le loro cosiddette immagini
e statue sacre che sono occasione di peccato per i Cattolici romani in tutto il mondo.
Vi ricordo inoltre che l’apostolo sì ha detto che l’idolo è
nulla, ma ha anche detto che “le carni che i Gentili sacrificano, le sacrificano ai demonî e non a Dio”.2 La
stessa cosa si può dire del culto che viene reso a Maria o
a qualcuno dei loro santi; esso è rivolto ai demoni e non
a Dio, e coloro che lo rivolgono hanno comunione coi
demoni e non con Dio.
Per questo noi credenti abbiamo in abominio tutte le loro statue e le loro cosiddette immagini sante, ed il loro
culto che gli rivolgono, perché per mezzo di tutte queste
cose essi si mettono in contatto con il diavolo che si nasconde abilmente dietro questa loro cosiddetta venerazione.
La sapienza dice che “non c’é sapienza, non intelligenza, non consiglio che valga contro l’Eterno”,3 per questo
ogni ragionamento che viene fatto dai Cattolici romani
per difendere la loro idolatria risulta vano.
Che dire poi della domanda: ‘Chi é che non conserva
appeso al muro o sul comodino con rispetto e venerazione il ritratto delle persone defunte?’ Questa è una
domanda fattaci per difendere la loro idolatria! Per ciò
che ci concerne, non siamo affatto d’accordo a mettere
fotografie o ritratti di persone morte appesi al muro o
appoggiati sul comodino per rievocarne la loro memoria. Per rievocare la memoria di qualcuno è sufficiente
pensarci o fare il suo nome.
Il culto del sacro cuore di Gesù è idolatria
Come potete vedere i teologi cattolici romani anche nel
caso del culto al sacro cuore di Gesù riescono con i loro
abituali sofismi a fare apparire l’idolatria come un culto
reso a Gesù Cristo. Loro dicono che il culto al sacro
cuore di Gesù è un culto reso alla persona di Gesù; ma
questo non è vero perché se si considera da vicino in
La chiesa cattolica romana
che consiste questa devozione si vede che essa è rivolta
ad una immagine e non a Gesù.
Noi non crediamo che Gesù sia apparso a Margherita
Maria Alacoque rivelandole e facendole vedere quelle
cose; crediamo piuttosto che quelle apparizioni che lei
dice di avere avuto siano delle imposture scaturite dalla
sua mente gonfiata di vanità. Gesù non può avere detto
quelle cose a quella donna, perché egli non è un ministro di peccato che incita le persone all’idolatria.
Mentre Gesù era ancora sulla terra coi suoi discepoli, fu
adorato; ma non si dice affatto che coloro che lo adorarono adorarono il suo cuore fisico, ma adorarono tutta la
sua persona.
Anche dopo che Gesù fu assunto in cielo i suoi discepoli
lo adorarono secondo che è scritto: “E avvenne che
mentre li benediva, si dipartì da loro e fu portato su nel
cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme...”;4
ma anche in questo caso i discepoli non adorarono il
cuore di Gesù o Gesù servendosi di un’immagine di lui
o del suo cuore, perché lo adorarono in ispirito.
Il culto della croce è idolatria
La Parola di Dio dice: “Adora il Signore Iddio tuo, ed a
lui solo rendi il culto”,5 quindi il rendere un culto ad una
croce è idolatria. Essa è solo un pezzo di legno che rappresenta la croce su cui morì Gesù e basta. Ma noi diciamo: Ma dove mai sta scritto nella Bibbia che i Cristiani devono salutare la croce e venerarla? Gli apostoli
predicavano la croce di Cristo, ma non dissero mai né di
costruirsi una croce di legno, piccola o grande che fosse,
e tanto meno di adorare la croce perché essa ricorda Gesù. Concludiamo dicendo questo: quand’anche ci fosse
in un luogo della terra la vera croce sulla quale fu crocifisso Gesù noi non saremmo chiamati a renderle nessun
tipo di culto; e il fatto che Gesù sia stato messo su una
croce non significa che uno si debba mettere ad adorare
la croce perché essa è collegata in un certo senso alla
vita di Gesù. Perché altrimenti, se si dovesse ragionare
come fanno i Cattolici romani, dovremmo metterci ad
adorare una mangiatoia perché in una mangiatoia fu posto Gesù quando nacque, dovremmo adorare una lancia
perché fu una lancia a forargli il costato, i chiodi perché
le sue mani e i suoi piedi furono trafitti con dei chiodi,
delle spine perché in testa gli fu messa una corona di
spine, e così via!
Adoriamo Cristo Gesù, ma non la croce su cui lui fu
crocifisso.
I miracoli avvenuti davanti alle immagini procedono dal
diavolo
La curia romana giustifica il culto alle immagini, col
fatto che davanti ad esse sono avvenuti dei miracoli.
Come potete vedere sono arrivati al punto di definire
gradevole a Dio il culto delle immagini. Non è affatto
così come dicono loro perché il loro culto alle immagini
1
2 Re 18:4
1 Cor. 10:20
3
Prov. 21:30
2
4
Luca 24:51,52
Matt. 4:10
5
195
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
La chiesa cattolica romana
é in abominio a Dio e le seguenti Scritture lo attestano.
Il profeta Ezechiele dice: “Ed egli mi condusse
all’ingresso del cortile. Io guardai, ed ecco un buco nel
muro. Allora egli mi disse: Figliuol d’uomo, adesso fora
il muro. E quand’io ebbi forato il muro, ecco una porta.
Ed egli mi disse: Entra, e guarda le scellerate abominazioni che costoro commettono qui. Io entrai, e guardai;
ed ecco ogni sorta di figure di rettili e di bestie abominevoli, e tutti gl’idoli della casa d’Israele dipinti sul muro attorno attorno; e settanta fra gli anziani della casa
d’Israele, in mezzo ai quali era Jaazania, figliuolo di
Shafan, stavano in pié davanti a quelli, avendo ciascuno
un turibolo in mano, dal quale saliva il profumo d’una
nuvola d’incenso”.1
Per quel che concerne i miracoli che essi dicono avvengono davanti a queste loro immagini essi sono bugiardi
e sono compiuti dal diavolo al fine di non far distogliere
i Cattolici dal culto alle loro immagini. Per quale motivo
anche in questa nazione il culto alle immagini tra i Cattolici é radicato così profondamente? Appunto perché
davanti a questi idoli Satana ha operato dei fenomeni
soprannaturali che poi sono stati attribuiti alla persona
che la statua o l’immagine rappresentano. Prendiamo
per esempio il cosiddetto miracolo di Gennaro che avviene a Napoli. Secondo quello che viene insegnato ai
Cattolici Gennaro morì martire nel terzo secolo e una
donna raccolse il sangue in una fiala. E questo sangue
coagulato tre volte all’anno si liquefà al culto dei Cattolici. Che cosa ha prodotto questo prodigio bugiardo? Ha
prodotto soprattutto negli abitanti di Napoli nient’altro
che una cieca fiducia in Gennaro, tanto è vero che lo
invocano spesso affinché gli faccia qualche grazia. Attenzione però: i Cattolici non attribuiscono questi fatti
soprannaturali che avvengono davanti ai cadaveri dei
loro idoli all’opera del diavolo, ma o alla madre di Gesù
(se il prodigio avviene davanti alla sua immagine) o a
questo o a quell’altro cosiddetto santo (se il prodigio
avviene davanti alla sua immagine), il che è un pò diverso. Ma appunto in questo consiste l’astuzia del diavolo, cioè nel fare passare un suo prodigio come un opera avvenuta per l’intercessione in cielo di Maria o di
qualcun altro. Non è qualcosa da nulla, perché in questa
maniera é riuscito a consolidare l’idolatria in seno ai
Cattolici. Alla fine quello che importa al diavolo è riuscire a fare apparire utile il culto delle immagini, e i
morti come dei potenti intercessori presso Dio (distogliendo così le persone dal rivolgersi a Cristo Gesù il
solo mediatore tra Dio e gli uomini); e dobbiamo riconoscere che c’é riuscito. E’ il seduttore di tutto il mondo: ha sedotto certi popoli facendogli adorare il sole, la
luna, le stelle; altri, facendogli adorare le immagini rappresentanti bestie della campagna, rettili e uccelli; ed i
Cattolici, facendogli adorare e pregare le immagini di
Maria e di tanti altri, o meglio coloro che sono morti. La
sola differenza che c’é tra la religione cattolica romana
e tante altre religioni sta nel fatto che le immagini e le
statue che i Cattolici adorano e pregano raffigurano dei
personaggi storici diversi da quelli che adorano e prega-
no quelli delle altre religioni. Cambiano quindi solo i
nomi degli idoli, ma tutto il resto é lo stesso e l’artefice
di tutto ciò rimane sempre il diavolo. Sarà bene ricordarsi di qualcosa che è scritto nel libro dell’Apocalisse
che ci fa capire che cosa il diavolo è potente di fare per
sedurre le persone mediante delle immagini. E’ scritto:
“Poi vidi un’altra bestia, che saliva dalla terra, ed avea
due corna come quelle d’un agnello, ma parlava come
un dragone. Ed esercitava tutta la potestà della prima
bestia, alla sua presenza; e facea sì che la terra e quelli
che abitano in essa adorassero la prima bestia la cui piaga mortale era stata sanata. E operava grandi segni, fino
a far scendere del fuoco dal cielo sulla terra in presenza
degli uomini. E seduceva quelli che abitavano sulla terra
coi segni che le era dato di fare in presenza della bestia,
dicendo agli abitanti della terra di fare un’immagine della bestia che avea ricevuta la ferita della spada ed era
tornata in vita. E le fu concesso di dare uno spirito
all’immagine della bestia, onde l’immagine della bestia
parlasse e facesse sì che tutti quelli che non adorassero
l’immagine della bestia fossero uccisi..”.2 Come potete
vedere avverrà che sorgerà un falso profeta che farà
grandi segni in presenza della bestia e sedurrà mediante
questi segni molte persone dicendo loro di fare
un’immagine della bestia che dopo essere stata ferita a
morte tornerà in vita. Ma il fatto é che a questo falso
profeta il diavolo darà il potere pure di dare uno spirito
all’immagine della bestia la quale si metterà a parlare e
molti vedendola parlare si metteranno ad adorarla.
Oggi, l’astuzia operata dal diavolo per mezzo delle immagini e delle statue di Maria o di qualcun altro per sedurre i Cattolici è la stessa infatti anche se non le fa parlare riesce a farle lacrimare, sanguinare, aprire gli occhi
ecc. E così avviene che molti vedendo queste opere del
diavolo si affezionano maggiormente ai cadaveri dei loro idoli, e sono indotti a rendergli il culto. Ma
quand’anche scendesse il fuoco dal cielo in presenza di
queste statue e immagini, quand’anche esse si mettessero a parlare noi non crederemo alla dottrina che permette il culto alle immagini; appunto perché sappiamo chi
si cela dietro questa cosiddetta venerazione, il diavolo.
Fratelli, state in guardia; nessuno vi seduca.
1
3
Passi della Scrittura che condannano il farsi statue e
immagini ed il loro culto
- “E l’Eterno disse a Mosè: Và, scendi; perché il tuo
popolo che hai tratto dal paese d’Egitto, s’é corrotto; si
son presto sviati dalla strada ch’io avevo loro ordinato
di seguire; si son fatti un vitello di getto, l’hanno adorato, gli hanno offerto sacrifizi, e hanno detto: O Israele,
questo è il tuo dio che ti ha tratto dal paese d’Egitto”.3
Mosè era andato sul monte Sinai per ricevere da Dio la
legge, ma in sua assenza il popolo con il consenso di
Aaronne si fece un idolo che raffigurava un vitello, lo
adorò e gli offrì dei sacrifici attribuendo a quell’idolo
vano la sua liberazione dall’Egitto. Il popolo d’Israele
2
Ez. 8:7-11
196
Ap. 13:11-15
Es. 32:7,8
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
quindi dopo avere visto Dio operare grandi e tremendi
giudizi sia in Egitto che nel deserto, dopo avere visto la
gloria di Dio sopra il monte Sinai, il monte stesso fumare e tremare, e dopo avere udito la voce di Dio, si corruppe fino al punto di farsi quel vitello d’oro per adorarlo al posto di Dio. Esso invece di adorare e servire Iddio
si mise ad adorare e servire un idolo, e per questo suo
atto Dio si adirò al punto da volerlo distruggere. Ma
Mosè intercedette per esso e Dio non lo distrusse; comunque Mosè tornato al campo diede ordine di uccidere
gli idolatri, ed in quel giorno caddero uccisi circa tremila uomini.
Al principio la Chiesa aborriva le statue e le immagini,
poi a poco a poco degli uomini hanno introdotto nel suo
mezzo il culto delle immagini e delle statue, riuscendo a
distogliere molti fedeli da Dio e fargli adorare le immagini. Questo poté avvenire perché molti vescovi preposti
a pascere il gregge di Dio smisero di vegliare. Bisogna
dire anche però che vi furono dei vescovi che rigettarono il culto delle immagini ed esortarono i fedeli a non
conformarsi a questa usanza pagana che degli uomini
corrotti avevano introdotto nella Chiesa. Per quanto riguarda la chiesa romana bisogna dire che essa è immersa nell’idolatria.
- Mosè disse al popolo: “Or dunque, siccome non vedeste alcuna figura il giorno che l’Eterno vi parlò in Horeb
in mezzo al fuoco, vegliate diligentemente sulle anime
vostre, affinché non vi corrompiate e vi facciate qualche
immagine scolpita, la rappresentazione di qualche idolo,
la figura d’un uomo o d’una donna, la figura di un animale tra quelli che son sulla terra, la figura d’un uccello
che vola nei cieli, la figura d’una bestia che striscia sul
suolo, la figura d’un pesce che vive nelle acque sotto la
terra...”.1
I Cattolici dicono che le loro statue e le loro immagini
non sono idoli perché non rappresentano animali o uccelli o pesci, ma non è così come essi dicono perché la
Parola di Dio chiama idoli sia le sculture e le immagini
di bestie, di uccelli e di pesci che le sculture e le immagini rappresentanti Cristo, Maria, e i santi tradizionali e
qualsiasi altra persona. Il passo suddetto lo fa capire
molto bene questo. Fratelli, nessuno vi seduca in alcuna
maniera.
- “Non erigerai alcuna statua: cosa, che l’Eterno, il tuo
Dio, odia”.2
- “I Leviti parleranno e diranno ad alta voce a tutti gli
uomini d’Israele: Maledetto l’uomo che fa un’immagine
scolpita o di getto, cosa abominevole per l’Eterno, opera
di mano d’artefice, e la pone in luogo occulto! E tutto il
popolo risponderà e dirà: Amen”.3
Quindi tutti coloro che fanno un’immagine scolpita sono sotto maledizione.
- Nei Salmi è scritto: “Gl’idoli delle nazioni sono argento e oro, opera di mano d’uomo. Hanno bocca e non
parlano; hanno occhi e non vedono; hanno orecchi e non
odono, e non hanno fiato alcuno nella loro bocca. Simili
La chiesa cattolica romana
ad essi siano quelli che li fanno, tutti quelli che in essi
confidano”.4
Ecco perché i Cattolici romani non parlano come dovrebbero, non vedono quello che noi vediamo, e non
sentono quello che noi sentiamo, e perché sono morti
nei loro falli senza la vita di Dio; appunto perché ripongono la loro fiducia negli idoli che si fabbricano.
- In Isaia è scritto: “Quelli che fabbricano immagini
scolpite son tutti vanità; i loro idoli più cari non giovano
a nulla: i loro propri testimoni non vedono, non capiscono nulla, perch’essi siano coperti d’onta. Chi è che
fabbrica un dio o fonde un’immagine perché non gli
serva a nulla? Ecco, tutti quelli che vi lavorano saranno
confusi, e gli artefici stessi non sono che uomini! Si radunino tutti, si presentino!... Saranno spaventati e coperti d’onta tutt’insieme. Il fabbro lima il ferro, lo mette nel
fuoco, forma l’idolo a colpi di martello, e lo lavora con
braccio vigoroso; soffre perfino la fame, e la forza gli
vien meno; non beve acqua, e si spossa. Il falegname
stende la sua corda, disegna l’idolo con la matita, lo lavora con lo scalpello, lo misura col compasso, e ne fa
una figura umana, una bella forma d’uomo, perché abiti
una casa. Si tagliano dei cedri, si prendono degli elci,
delle querci, si fa la scelta fra gli alberi della foresta, si
piantano dei pini che la pioggia fa crescere. Poi tutto
questo serve all’uomo per far del fuoco, ed ei ne prende
per riscaldarsi, ne accende anche il forno per cuocere il
pane; e ne fa pure un dio e l’adora, ne scolpisce
un’immagine, dinanzi alla quale si prostra. Ne brucia la
metà nel fuoco, con l’altra metà allestisce la carne, ne
cuoce l’arrosto, e si sazia. Ed anche si scalda e dice: Ah!
mi riscaldo, godo di veder questa fiamma! E con
l’avanzo si fa un dio, il suo idolo, gli si prostra davanti,
l’adora, lo prega e gli dice: Salvami, poiché tu sei il mio
dio! Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perché non veggano, e il cuore
perché non comprendano. Nessuno rientra in se stesso,
ed ha conoscimento e intelletto per dire: ‘Ne ho bruciata
la metà nel fuoco, sui suoi carboni ho fatto cuocere il
pane, v’ho arrostito la carne che ho mangiata, e farò col
resto un’abominazione? e mi prostrerò davanti ad un
pezzo di legno?’ Un tal uomo si pasce di cenere, il suo
cuore sedotto lo travia, sì ch’ei non può liberare l’anima
sua e dire: ‘Questo che tengo nella mia destra non è una
menzogna?’.5
Con queste parole Dio dichiara inutili e sedotti gli uomini che fabbricano un idolo, lo adorano e lo pregano
invocando il suo aiuto. La Parola di Dio non lascia spazio a malintesi; è chiara.
- Dio dice in Geremia: “Ma costoro tutti insieme sono
stupidi e insensati; non è che una dottrina di vanità; non
è altro che legno; argento battuto in lastre portato da
Tarsis, oro venuto da Ufaz, opera di scultore e di man
d’orefice; son vestiti di porpora e di scarlatto, son tutti
lavoro d’abili artefici. Ma l’Eterno è il vero Dio, egli è
l’Iddio vivente, e il re eterno; per l’ira sua trema la terra,
e le nazioni non posson reggere dinanzi al suo sdegno....
1
Deut. 4:15-18
Deut. 16:21
3
Deut. 27:14,15
2
4
Sal. 135:15-18
Is. 44:9-20
5
197
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
La chiesa cattolica romana
I pellegrinaggi procurano grazie eccezionali e sono
scritturali.
Uno scrittore cattolico ha affermato che il pellegrinaggio è innanzi tutto un atto di fede e poi è ‘una forma eminente di preghiera e vale a colui che lo compie grazie
eccezionali’.
I teologi papisti sostengono i pellegrinaggi con le Scritture dicendo che secondo la legge di Mosè anche gli Israeliti si dovevano recare tre volte all’anno a Gerusalemme, la città santa. Perciò quello che viene prescritto
ai Cattolici è scritturale perché anche loro vengono esortati ad andare in luoghi santi.
sepolto, cominciarono ad essere considerati da molti dei
luoghi più santi degli altri, e perciò cominciò da parte di
molti la migrazione verso questi luoghi; migrazione, che
dobbiamo dire, non si è fermata fino a oggi.
Ma non solo la terra santa cominciò ad essere la meta di
molti pellegrini, ma anche Roma, e questo perché la tradizione diceva che in questa città vi erano morti martiri
Pietro e Paolo, e molti venivano a venerare le loro tombe.
Nel corso del tempo i pellegrinaggi in seno alla chiesa
romana si moltiplicarono in maniera impressionante
perché cominciarono a moltiplicarsi tombe di martiri e
reliquie di ogni genere, e la gente fu convinta che andando a venerare quelle tombe o quelle reliquie avrebbero ottenuto da Dio per mezzo di esse delle grazie. Poi
gli fu detto che se avessero fatto il pellegrinaggio in
quel luogo o in quell’altro luogo avrebbero ottenuto la
remissione delle loro pene temporali, cioè l’indulgenza;
e così essi furono oltremodo invogliati a compiere i pellegrinaggi. Ancora oggi i pellegrinaggi sono collegati
alle indulgenze. In Italia i luoghi dove i pellegrini cattolici si recano in maggiore numero sono Roma, Assisi e
Loreto. All’estero Lourdes, Fatima, La Salette e Medjugorje.
Ma vediamo di esaminare il perché i Cattolici vanno in
gran numero in questi luoghi cosiddetti santi: a Roma ci
vanno per visitare le tombe di Pietro e Paolo; ad Assisi
ci vanno per adorare e pregare Francesco ed ottenere
tramite lui delle grazie; a Loreto vanno a visitare la cosiddetta casa di Maria trasportata dagli angeli da Israele
in Italia; a Lourdes, a Fatima, a La Salette e a Medjugorje ci vanno per ottenere da Maria le grazie di cui
hanno bisogno e per adorarla. E in tanti altri luoghi ci
vanno per venerare la sindone, corpi e pezzi di corpi di
persone morte, pezzi di legno che dicono essere della
croce su cui fu crocifisso Gesù, le vesti, il velo e
l’anello di fidanzamento di Maria; e tante altre cose che
sarebbe troppo lungo enumerare tutte.
Storia
Confutazione
Per quanto riguarda l’origine e la diffusione dei pellegrinaggi in seno alla chiesa cattolica romana diciamo
queste poche cose.
Dopo la morte di Cristo, il luogo dove Gesù era nato,
quello dove era stato allevato, i luoghi dove aveva predicato, e soprattutto il luogo dove era stato crocifisso e
La Scrittura non conferma affatto i pellegrinaggi cattolici
Quando fa udire la sua voce v’è un rumor d’acque nel
cielo; ei fa salire i vapori dalle estremità della terra, fa
guizzare i lampi per la pioggia e trae il vento dai suoi
serbatoi; ogni uomo allora diventa stupido, privo di conoscenza; ogni orafo ha vergogna delle sue immagini
scolpite; perché le sue immagini fuse sono una menzogna, e non v’é soffio vitale in loro. Sono vanità, lavoro
d’inganno; nel giorno del castigo, periranno”.1
Quindi tutti coloro che si reputano savi e insegnano a
farsi statue e immagini sono stupidi ed insensati davanti
a Dio ed insegnano una dottrina vana. Inoltre secondo il
profeta Geremia nel giorno in cui Dio castigherà le nazioni per la loro malvagità periranno tutte le statue e tutte le immagini che gli uomini si sono fatti per adorarli.
Che lo sappiano bene i Cattolici romani: le statue e le
immagini raffiguranti Cristo, Maria, i santi antichi od
altri uomini che essi hanno innalzato e dipinto nelle loro
basiliche, nelle loro case, per le strade e le piazze, sulle
montagne e in tanti altri luoghi nel giorno del castigo
periranno assieme a coloro che gli offrono il culto.
I PELLEGRINAGGI2
La dottrina dei teologi papisti
1
Ger. 10:8-10, 13-15
Il pellegrinaggio è un rito religioso presente anche nell’Islam,
nel Buddismo e nell’Induismo. Maometto impone ai suoi seguaci di recarsi in pellegrinaggio a Medina, ma soprattutto alla
Mecca. E Buddha impone ai suoi seguaci di compiere quattro
pellegrinaggi ai luoghi principali della sua carriera mortale che
sono il suo villaggio natale, il luogo dove ricevette ‘la rivelazione’, quello dove iniziò a predicare ed infine il villaggio dove morì. Per gli Induisti ci sono alcuni fiumi sacri, tra questi
quello più importante è il Gange; per loro tuffarsi in esso o
semplicemente costeggiarlo significa assicurarsi la beatitudine
eterna; per questo si spostano da luoghi lontani per recarsi a
questo fiume.
2
198
Gli Israeliti salivano a Gerusalemme perché Gerusalemme è la città che fu scelta da Dio per mettervi il suo
nome e gli Israeliti avevano ricevuto da Dio l’ordine di
salire tre volte all’anno nel luogo che lui avrebbe scelto
secondo che è scritto: “Tre volte all’anno ogni tuo maschio si presenterà davanti all’Eterno, al tuo Dio, nel
luogo che questi avrà scelto: nella festa dei pani azzimi,
nella festa delle settimane e nella festa delle Capanne”.3
Questa è la ragione per cui al tempo di Gesù è detto che
i suoi genitori “andavano ogni anno a Gerusalemme per
la festa di Pasqua”,4 e che quando Gesù raggiunse dodici anni salì anche lui con essi a Gerusalemme “secondo
3
Deut. 16:16
Luca 2:41
4
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
l’usanza della festa”.1 Anche dopo che Gesù fu assunto
in cielo Gerusalemme continuò ad essere la meta periodica di molti Giudei; ricordiamo a tale proposito che a
Pentecoste “in Gerusalemme si trovavan di soggiorno
dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il
cielo”,2 proprio in ragione dell’ordine dato da Dio nella
legge.
Ma ora noi credenti in Cristo non siamo chiamati come
lo erano i Giudei a salire annualmente a Gerusalemme
per celebrarvi le tre feste giudaiche sopra menzionate
perché Cristo ha abolito nella sua carne queste pratiche
religiose dicendo alla donna samaritana: “L’ora viene
che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il
Padre... Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità; poiché tali
sono gli adoratori che il Padre richiede. Iddio è spirito; e
quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e
verità”.3 Dio è ovunque, e noi non abbiamo bisogno di
andare in qualche particolare luogo per adorarlo; perché
questo lo possiamo fare dovunque. Gesù Cristo ha anche detto: “Poiché dovunque due o tre son raunati nel
nome mio, quivi son io in mezzo a loro”;4 queste sue
parole confermano che noi non abbiamo bisogno di fare
nessun pellegrinaggio in verso qualche particolare luogo
per trovare la sua presenza, perché egli è presente in
mezzo a noi. Ricordiamo anche che la legge ha
un’ombra dei futuri beni e non la realtà stesse delle cose; quindi anche le feste giudaiche che i Giudei erano
chiamati a celebrare salendo a Gerusalemme erano figura di cose che dovevano avvenire e non la realtà stesse
delle cose. La realtà di quel salire a Gerusalemme consiste nel fatto che noi siamo venuti alla Gerusalemme di
sopra secondo che è scritto agli Ebrei: “Ma voi siete venuti al monte di Sion, e alla città dell’Iddio vivente, che
è la Gerusalemme celeste”;5 questo significa di conseguenza che noi non siamo chiamati ad andare in pellegrinaggio a Gerusalemme né tre volte all’anno e neppure una volta all’anno o almeno una volta nella vita. Noi
credenti siamo chiamati pellegrini e forestieri perché
siamo in viaggio verso la nostra patria celeste; come
Abramo, Isacco e Giacobbe confessarono di essere dei
pellegrini perché cercavano una patria migliore, quella
celeste, nella stessa maniera pure noi dichiariamo di essere in pellegrinaggio verso la città celeste di cui siamo
cittadini. Là siamo diretti, a quella città aneliamo, e come siamo angustiati finché questo viaggio non è terminato!
Abbiamo così dimostrato che il pellegrinaggio verso
Gerusalemme prescritto da Dio è stato abolito e che noi
credenti non siamo chiamati a recarci in qualche particolare luogo della terra per adorare Dio o per ricevere
da lui qualche particolare beneficio o benedizione, perché non ci sono certi luoghi dove Dio è più presente che
in altri. Per chiarire questo concetto faccio un esempio.
Noi sappiamo con certezza che Gesù Cristo nacque in
1
Luca 2:42
Atti 2:5
3
Giov. 4:21,23,24
4
Matt. 18:20
5
Ebr. 12:22
2
La chiesa cattolica romana
Betleem, fu allevato in Nazaret, fu battezzato nel fiume
Giordano, e sempre presso il fiume Giordano fu unto di
Spirito Santo. Sappiamo pure che egli camminò sul mare di Tiberiade, che operò miracoli attorno a questo mare; che predicò nel tempio di Gerusalemme, che fu messo a morte a Gerusalemme. Ora, tutte queste cose sono
vere perché la Scrittura le attesta chiaramente; ma questo non ci porta a volere andare in Israele per camminare nei luoghi dove camminò Gesù Cristo, il Figlio di
Dio, per essere benedetti o guariti per mezzo di essi dal
Signore come se essi avessero delle virtù soprannaturali
o che Dio conferisse delle grazie particolari a coloro che
si recano negli stessi luoghi dove camminò il suo Figliuolo. Fermo restando che la terra d’Israele è terra
santa, se noi facessimo così diventeremmo pure noi superstiziosi.
Una parola al ‘pellegrino’ cattolico
Per concludere voglio dire al ‘pellegrino’ cattolico romano queste parole del profeta: “Per il tuo lungo cammino ti stanchi, ma non dici: E’ inutile!”;6 ma anche:
‘Rientra in te stesso; ma non ti rendi conto di essere stato ingannato e di andare dietro alla vanità? Non salire a
questi luoghi dove è praticata l’idolatria: vai a Cristo e
troverai in lui ogni benedizione spirituale’. Non continuare a compiere questi pellegrinaggi pensando di acquistare meriti davanti a Dio o di ricevere grazie eccezionali, ma vieni al monte Sion, vieni alla Gerusalemme
celeste riconoscendoti un peccatore bisognoso del perdono divino ed allora sì che otterrai grazia sopra grazia.
LE PROCESSIONI
La dottrina dei teologi papisti
Le processioni sono delle suppliche fatte a lode di Dio.
Nella liturgia cattolica la processione è una supplica solenne fatta in onore e lode di Dio o dei santi, in ringraziamento, in penitenza e in espiazione, specialmente in
tempi di calamità. Esistono processioni ordinarie, che
ricorrono ogni anno in alcune feste o in certi giorni (dei
ceri, delle palme ecc.), e processioni straordinarie che
vengono indette per circostanze particolari in occasione
di una calamità o di un ringraziamento. La più solenne,
fra tutte le processioni, è la processione eucaristica della
festa del Corpus Domini (Corpo del Signore).
Confutazione
La processione non è una pratica scritturale ma una pratica di origine pagana
Ha la processione un fondamento biblico? Nessuno. Nel
libro degli Atti degli apostoli, in cui Luca narra in maniera particolareggiata come si svolgeva la vita della
Chiesa primitiva a Gerusalemme; e nelle epistole che gli
6
Is. 57:10
199
Il culto a Maria, ai santi e agli angeli;
le statue e le immagini; i pellegrinaggi e le processioni
apostoli scrissero alle Chiese non troviamo traccia di
nessuna processione in onore e lode di Dio, o per chiedergli la pioggia o scongiurare una tempesta. Anche per
quanto riguarda il pane che veniva spezzato e distribuito
ai fedeli in commemorazione della morte di Cristo, non
si dice che esso veniva portato in processione per le vie
delle città o dei paesi. Anche le processioni in onore di
santi o di martiri non esistevano. Invece oggi queste
processioni in onore dei santi (quelli veri e quelli falsi)
sono molto diffuse in seno alla chiesa romana; ogni anno, in ogni paese, viene portata in processione la statua
raffigurante Tizio o Caio che si dice sia il protettore del
paese. E il popolo senza intendimento si prostituisce
dietro questi idoli muti che sono in abominio a Dio, adorandoli, invocandoli affinché li protegga, ringraziandoli; e così invece che dare la gloria a Colui a cui appartiene la gloria, la danno ai loro idoli. Fino a quando durerà questo? La processione è un’usanza pagana. In
Grecia l’inizio dei giochi di Olimpia era preceduto da
una processione formata dai magistrati delle città, dai
sacerdoti e da rappresentanti delle varie città che si recavano ad offrire un solenne sacrificio a Zeus. Anche in
Egitto la processione era un usanza molto diffusa; nel
giorno fissato l’immagine del loro dio veniva posta su di
un carro a forma di barca, e se la processione procedeva
sul Nilo, il sacerdote e il popolo accompagnavano
l’immagine del loro dio dalla sponda con danze, cantici
e luminarie. Quindi, ancora una volta, emerge in maniera chiara che il cattolicesimo contiene un’ennesima usanza di origine pagana.
CONCLUSIONE
Il culto a Maria, quello ai santi e agli angeli, rivolto con
l’ausilio di immagini e statue di ogni genere e di ogni
grandezza, con pellegrinaggi a quello o quell’altro santuario e con processioni in onore di Maria ecc., certamente costituisce agli occhi di Dio qualcosa di abominevole che lo ripugna. Non mi dilungo ulteriormente; vi
dico solo fratelli fuggite l’idolatria presente nella chiesa
cattolica romana per non attirarvi l’ira di Dio sul vostro
capo. Aborritela e confutatela.
200
La chiesa cattolica romana
Dottrine e pratiche varie
Capitolo 8
DOTTRINE E PRATICHE VARIE
LA FESTA DI NATALE
La dottrina dei teologi papisti
Il natale è una festa di precetto da santificare. Buona
cosa è fare il presepio per natale.
Tra le feste che la chiesa romana ordina di osservare vi
è anche la festa di natale infatti essa, nel suo catechismo, è tra le cosiddette feste di precetto della Chiesa di
cui essi devono ricordarsi per santificarla secondo il loro
comandamento. Essa viene celebrata con tre messe di
cui una a mezzanotte perché secondo la tradizione Gesù
fu partorito da Maria in quell’ora.
Alla festa del natale sono collegate molte consuetudini:
una di queste è quella di fare il presepio. Esso consiste
in una rappresentazione figurale fatta con statuette
dell’evento della nascita di Gesù Cristo. Il catechismo
cattolico riferisce l’origine del presepio in questi termini: ‘San Francesco d’Assisi aveva gran devozione al mistero del Natale del Salvatore. Si alzava spesso a mezzanotte per adorare Gesù nell’ora in cui fece la prima
comparsa nel mondo. Più tardi, nel 1220, chiese ed ottenne dal papa, Onorio III, il permesso di fare il presepio durante la Messa della mezzanotte di Natale, e ciò in
mezzo ad un bosco che era accanto al monastero di
Greccio. Formò una specie di caverna con delle pietre,
del muschio e rami d’alberi; vi pose una mangiatoia,
v’introdusse anche un bue ed un giumento, e vi eresse
l’altare per la celebrazione della Messa. Una gran folla
di popolo accorse alla funzione illuminando la foresta
con fiaccole. Più tardi si fece il presepio con le figurine,
e dapprima nel napoletano verso il secolo XV, e poi in
Sicilia ed in altre regioni d’Italia e dell’estero’.1
Storia del natale
Vediamo innanzi tutto come è nata questa festa. Originariamente la Chiesa non celebrava la nascita di Gesù.
Col passare del tempo, tuttavia, i Cristiani d’Egitto cominciarono a considerare il 6 Gennaio come data della
natività. L’usanza di celebrare la nascita di Gesù in quel
giorno si andò diffondendo in tutto l’Oriente e risulta
come data per acquisita all’inizio del IV secolo. Più o
meno nella stessa epoca, la Chiesa d’Occidente, che non
aveva mai riconosciuto il 6 Gennaio come il giorno della natività, assunse come data celebrativa il 25 Dicembre.
Essa fu successivamente adottata anche dalla chiesa
d’Oriente. Le ragioni che spinsero molti vescovi a spostare la festa di natale dal 6 Gennaio al 25 Dicembre furono le seguenti: in quel giorno secondo una consuetu1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 143-144
La chiesa cattolica romana
dine pagana del tempo veniva celebrato ‘il dio sole’, o
meglio la nascita del sole al quale si accendevano dei
fuochi in segno di festa, e siccome molti che si erano
convertiti al Cristianesimo prendevano pure loro parte a
questa festa perché identificavano il sole con Gesù Cristo perché in Malachia egli é chiamato “il sole della giustizia”,2 quando essi si resero conto che gli stessi Cristiani avevano una certa inclinazione per questa festa,
tennero consiglio e deliberarono che la natività di Cristo
fosse solennizzata in quel giorno e la festa dell’epifania
il 6 Gennaio.3
Confutazione
La festa di natale non va celebrata perché sotto la grazia
noi non siamo chiamati a celebrare delle feste; oltre tutto la festa di natale non solo si fonda su una data di nascita di Gesù inventata ma è pure di origine pagana
Certamente la nascita di Gesù Cristo rappresenta uno
dei più grandi avvenimenti della storia dell’umanità,
questo é fuori di dubbio; però bisogna dire che di essa
nella Scrittura non è menzionata né il giorno e né l’ora.
Ma il fatto é che non solo non c’é scritto né il giorno e
né l’ora in cui nacque, ma sia Matteo che Marco che
Luca e Giovanni non danno sufficienti indizi per stabilire esattamente neppure il mese in cui egli nacque. Noi
sappiamo che Gesù Cristo nacque sotto l’impero di Cesare Augusto perché Luca dice che fu Cesare Augusto a
emanare il decreto secondo il quale si doveva fare il
censimento di tutto l’impero (Giuseppe si trovava a Betleem con Maria quando ella partorì perché vi era andato
2
Mal. 4:2
Il termine italiano epifania deriva dal greco epiphaneia che
significa ‘apparizione’ e che nel Nuovo Testamento è presente
per esempio anche in questo passo: “..la grazia che ci è stata
fatta in Cristo Gesù avanti i secoli, ma che è stata ora manifestata coll’apparizione (epiphaneia) del Salvator nostro Cristo
Gesù” (2 Tim. 1:9,10).
Ecco in breve come ebbe origine la festa dell’epifania. Inizialmente i seguaci dello gnostico Basilide, vissuto nel II secolo, festeggiavano il battesimo di Cristo il 10 o il 6 gennaio.
Essi però, facendo distinzione tra il Cristo e Gesù, sostenevano
che il Cristo fosse apparso per la prima volta sulla terra al battesimo di Gesù. Per cui l’epifania (l’apparizione) di Cristo per
loro coincideva con il battesimo di Gesù. Ma perché i Basilidiani scelsero di festeggiare questa festa proprio il 6 gennaio?
Perché in Alessandria (Basilide era alessandrino) si festeggiava in quel giorno la nascita di Eone dalla vergine Kore e quel
giorno era anche consacrato a Osiride. Così i seguaci di Basilide scelsero proprio quella data per proclamare davanti ai pagani che Cristo era il vero Essere divino apparso sulla terra.
Col passare del tempo però andò a finire che la chiesa
d’Oriente assunse dagli eretici, da lei combattuti, l’usanza di
celebrare l’epifania, e così troviamo che essa nella prima metà
del IV secolo celebrava l’epifania il 6 gennaio, collegando tra
loro, in tale festa, il battesimo e la nascita di Cristo, e questo
perché per la Chiesa - a differenza degli eretici denominati
Gnostici - l’apparizione di Cristo sulla terra aveva avuto luogo
alla nascita di Gesù; essendo Gesù il Cristo di Dio. Quindi anche l’origine dell’epifania affonda le radici nel paganesimo.
3
201
Dottrine e pratiche varie
a farsi registrare);1 sappiamo anche che quando nacque
Gesù regnava sulla Giudea Erode detto il grande;2 sappiamo anche che nella stessa contrada dove nacque Gesù nella notte in cui egli venne al mondo vi erano dei
pastori che stavano nei campi e facevano la guardia al
loro gregge e che ad essi apparve un angelo del Signore
per annunciare loro che in quel giorno era nato nella città di Davide un Salvatore, che era Cristo il Signore.3 Ma
per ciò che concerne la data della sua nascita la Scrittura
tace.
Ora, ci deve pure essere una ragione per cui Dio non
abbia, per mezzo del suo Spirito, sospinto nessuno a
scrivere la data della nascita di Gesù Cristo; noi non vogliamo dire il motivo perché non lo conosciamo però
vogliamo fare alcune considerazioni su di essa.
- Essa di certo era conosciuta sia da Giuseppe che da
Maria, che dai fratelli e dalle sorelle di Gesù; essa era di
certo pure registrata all’anagrafe del tempo. Giacomo
era il fratello del Signore ed era in grande considerazione nella Chiesa primitiva, e pur sapendo la data di nascita del Signore che secondo la carne era suo fratello
maggiore non ritenne opportuno solennizzare il giorno
della nascita di Gesù.
- Nella Scrittura vi sono scritte tante date che si riferiscono sia a feste giudaiche che ad avvenimenti particolari avvenuti nella storia del popolo d’Israele; ne ricordiamo alcune:
>la Pasqua secondo la legge doveva essere celebrata il
quattordicesimo giorno del mese di Abib perché fu in
quel giorno che il Signore trasse dall’Egitto il popolo
d’Israele dopo una schiavitù secolare;4
>la festa della Pentecoste o delle primizie doveva essere
celebrata sette settimane dopo la festa degli azzimi
quindi il terzo giorno del terzo mese che corrispondeva
al giorno in cui Dio scese in mezzo al fuoco sul monte
Sinai e pronunziò il decalogo.5
>la festa delle Capanne doveva essere celebrata il quindicesimo giorno del settimo mese per ricordare che gli
Israeliti avevano dimorato in tende durante il loro pellegrinaggio nel deserto;6
>la festa delle Espiazioni doveva essere celebrata il decimo giorno del settimo mese; in quel giorno il sacerdote compiva l’espiazione dei suoi peccati e di quelli di
tutto il popolo; 7
>il settimo giorno del quinto mese del diciannovesimo
anno di Nebucadnetsar, re di Babilonia, fu il giorno in
cui Nebuzaradan, capitano della guardia del corpo, al
servizio del re di Babilonia, giunse a Gerusalemme ed
arse la casa dell’Eterno e la casa del re, e diede alle
fiamme tutte le case di Gerusalemme;8
1
Cfr. Luca 2:1-5
Cfr. Matt. 2:1
3
Cfr. Luca 2:8-14
4
Cfr. Es. 12:1-14
5
Cfr. Deut. 16:9-12; Es. 19:16
6
Cfr. Deut. 16:13-15; Lev. 23:34
7
Cfr. Lev. 16:1-34
8
Cfr. 2 Re 25:8,9
2
202
La chiesa cattolica romana
>il terzo giorno del mese di Adar del sesto anno del regno di Dario fu il giorno in cui la ricostruzione del tempio a Gerusalemme fu portata a termine;9
>il quinto giorno del quarto mese del quinto anno della
cattività del re Joiakin la Parola dell’Eterno fu espressamente rivolta al sacerdote Ezechiele, figliuolo di Buzi,
nel paese dei Caldei presso al fiume Kebar;10 nel libro
del profeta Ezechiele vi sono scritte molte altre date che
si riferiscono ai giorni in cui Dio rivelò la sua parola al
profeta.
Queste sono alcune delle date scritte nella Parola di Dio;
parrà strano, eppure fra le tante date registrate non c’é
quella della nascita del Salvatore, ma questo non ci preoccupa e neppure ci turba perché sappiamo che
“l’Eterno ha fatto ogni cosa per uno scopo”,11 quindi
siamo sicuri che anche questa volontaria omissione di
questa data non é a caso.
Ma come noi ben sappiamo, quello su cui tace la Parola
di Dio è sempre fonte di speculazione per molti; e così,
ecco che per le ragioni prima esposte gli uomini hanno
pensato di prendere un giorno, nel quale poi veniva festeggiato il sole, per farlo diventare il giorno della nascita di Cristo. Riteniamo che non sia stato giusto da parte
degli antichi prendere a proprio piacimento un giorno
qualsiasi del calendario e affermare che in esso era nato
Gesù, perché così essi hanno fatto credere la menzogna
a moltitudini di persone.
Ancora oggi molti sono convinti che Gesù sia nato il 25
Dicembre il che non può essere dimostrato in nessuna
maniera! Badate che con questo non intendiamo dire
che sia sbagliato ricordarsi della nascita di Gesù e di tutto quello che la Scrittura dice a riguardo; affatto, ma riteniamo che il ricordo di quel giorno non deve portare
nessuno di noi ad inventarsi la data della natività di Gesù.
La chiesa romana ordina di santificare il giorno di natale
non facendo in essa nessuna opera servile e partecipando alle sue messe; noi invece come credenti non ci sentiamo obbligati per nulla a santificare quel giorno perché non é un giorno che é stato santificato da Dio ma un
giorno fatto diventare santo da una tradizione che bisogna dire nel corso del tempo ha santificato e benedetto
tante e tante pratiche pagane che sono contrarie
all’insegnamento del Signore.
Il presepio è una forma di idolatria; e perciò non va fatto
Fare il presepio a molti potrà sembrare un segno di
grande devozione verso il Salvatore, potrà sembrare bello quanto si vuole, ma sta di fatto che si oppone alla
Scrittura perché implica la trasgressione del comando di
Dio di non farsi immagini e sculture alcune. Per questa
ragione questa usanza va rigettata.
Diletti, ricordatevi pure della nascita di Gesù Cristo, ma
fatelo spesso e non una volta all’anno, e fatelo nella
semplicità del cuore vostro meditando su tutti quei passi
della Scrittura che ne parlano. Se infatti lo Spirito Santo
9
Esd. 6:15
Cfr. Ez. 1:1-3
11
Prov. 16:4
10
Dottrine e pratiche varie
ha sospinto sia Matteo che Luca a scrivere diverse cose
sulla nascita di Gesù è anche perché Dio ha voluto in
questa maniera che noi suoi figliuoli mantenessimo vivo
il ricordo di quegli eventi che hanno caratterizzato la
sua nascita. Ma più che della sua nascita, diletti, ricordatevi della sua morte e della sua resurrezione avvenuta
per la nostra giustificazione. E parlate di questi due eventi sia tra di voi che a coloro che non conoscono Dio,
tra cui ci sono i Cattolici romani, affinché credendo in
essi con tutto il loro cuore siano affrancati dal peccato.
I SACRAMENTALI
La dottrina dei teologi papisti
I sacramentali sono cose o azioni che hanno degli effetti
soprattutto spirituali; sono di istituzione ecclesiastica.
Secondo quello che insegna la teologia romana i sacramentali sono cose o azioni, di cui la Chiesa, imitando in
qualche modo i sacramenti si serve per raggiungere, in
virtù della sua impetrazione, effetti soprattutto spirituali.
La differenza che passa tra i sacramenti e i sacramentali,
secondo i teologi papisti, è questa: i sacramenti producono la grazia santificante e sono di istituzione divina,
mentre i sacramentali non conferiscono la grazia santificante e non sono di istituzione divina ma ecclesiastica.
Confutazione di alcuni di essi
Fra i sacramentali esamineremo e confuteremo l’acqua
‘santa’, le medaglie, lo scapolare, le candele, le campane, il crocifisso e il segno della croce.1
L’acqua santa.
Che cos’è l’acqua santa? Essa è, secondo l’Enciclopedia
Cattolica, l’acqua benedetta ‘di cui si serve comunemente la Chiesa, confezionandola con una miscela di
sale mentre si recitano apposite preghiere. Questa mescolanza di sale, simbolo di incorruttibilità, è stata ispirata, non tanto dal fatto biblico di Eliseo profeta che sanò col sale le acque di Gerico, quanto dalla diffusa credenza che il sale fosse dotato d’una virtù repulsiva contro i demoni. La preparazione dell’acqua santa, giusta le
prescrizioni del rituale romano, comporta: a) un esorcismo sul sale e sull’acqua per purificarli da ogni influenza impura o nociva; b) una benedizione su entrambi,
perché il sale ‘sia a tutti quanti ne gusteranno salute per
l’anima e pel corpo’, e l’acqua ‘riceva la virtù della grazia divina di scacciare i demoni, di guarire le malattie,
così che qualsiasi cosa nelle case e nei luoghi dei fedeli
sarà stata aspersa con questa acqua, sia preservata da
ogni sozzura e liberata da ogni male’.2 L’esorcismo operato sul sale è il seguente: ‘Io ti esorcizzo o creatura di
sale, per l’Iddio vivo, per l’Iddio vero, per l’Iddio santo,
il quale ordinò che, per mezzo del profeta Eliseo, fossi
posto nell’acqua, acciò fosse sanata la sua sterilità: io ti
esorcizzo acciò tu diventi sale esorcizzato a salvezza dei
La chiesa cattolica romana
credenti, e sii la salvezza dell’anima e del corpo per tutti
quelli che ti useranno’. Quest’acqua benedetta è contenuta in una conca o vasca, chiamata acquasantiera, che
si trova all’ingresso dei templi d’idoli della chiesa romana; e con essa i Cattolici si aspergono la fronte. Essa
viene anche portata dal prete qua e là in un secchio metallico munito di maniglia, quando con essa deve benedire le case.
Come si può ben comprendere questo rito della benedizione fatta con quest’acqua è una delle tante superstizioni trapiantatasi in mezzo alla chiesa romana nel corso
del tempo. Come si può infatti mettersi a credere che
dell’acqua salata abbia la virtù di purificare l’anima delle persone da certi peccati e di tenere lontani i demoni
se non a causa della grande ignoranza presente nei Cattolici e della loro cecità spirituale? Ecco che cosa insegna la curia romana ai Cattolici! A riporre la loro fiducia in un acqua salata! Ma questa loro fiducia nell’acqua
santa è un illusione perché essa non solo non purifica la
loro anima ma neppure tiene lontano da essi i demoni.
Anzi dobbiamo dire che i templi d’idoli dei Cattolici
sono infestati di spiriti seduttori e di ogni spirito
d’immondo; in verità sono alberghi di demoni. E che
dire dell’aspersione delle case private di coloro che le
fanno aspergere con quest’acqua pensando di metterle al
sicuro dall’opera dei demoni? Diremo che anche quest’aspersione è vana.
Noi credenti siamo stati aspersi con il sangue prezioso
di Cristo e in virtù della potenza purificatrice che possiede il sangue di Gesù siamo mondati da tutti i nostri
peccati secondo che è scritto: “Il sangue di Gesù, suo
Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”,3 ed ancora: “Avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica
dalla mala coscienza”;4 per esso siamo stati santificati
perché è scritto: “Perciò anche Gesù, per santificare il
popolo col proprio sangue, soffrì fuor della porta”;5
sempre per esso abbiamo la redenzione secondo che è
scritto: “In lui noi abbiamo la redenzione mediante il
suo sangue”,6 ed abbiamo vinto il diavolo secondo che è
scritto: “Ma essi l’hanno vinto a cagion del sangue
dell’Agnello...”.7 Noi quindi non abbiamo bisogno di
nessuna aspersione di nessun’acqua benedetta perché
l’aspersione del sangue di Cristo che abbiamo ricevuto
per la grazia di Dio ci è sufficiente. E non abbiamo bisogno neppure che il prete venga a benedirci la casa con
l’acqua benedetta, per questo quando viene non accettiamo che asperga le nostre case. Colui che ci protegge è
il Signore; noi in lui abbiamo riposto la nostra fiducia e
riponiamo del continuo la nostra fiducia. A lui raccomandiamo le nostre anime, le nostre famiglie, i nostri
beni materiali; siamo nelle mani di Dio e non ci può accadere nulla senza il permesso di Dio perché persino i
capelli del nostro capo sono tutti contati.
Al bando dunque questa superstizione cattolica romana
sull’acqua santa; o Cattolici rientrate in voi stessi e fatevi aspergere anche voi da Dio con il sangue di Cristo
3
1
Oltre a questi ci sono gli Agnus Dei, gli anelli (matrimoniali
o religiosi), le ceneri quaresimali, i rami d’ulivo e le palme, le
corone del rosario, e le cosiddette immagini sacre.
2
Enciclopedia Cattolica, vol. 1, 234
1 Giov. 1:7
Ebr. 10:22
5
Ebr. 13:12
6
Ef. 1:7
7
Ap. 12:11
4
203
Dottrine e pratiche varie
per ottenere la salvezza dell’anima vostra, per essere
santificati, per essere lavati da tutti i vostri peccati e per
vincere così il diavolo. Vi scongiuriamo nel nome del
Signore a farlo!
Le medaglie.
Le medaglie sono delle piastre di metallo a forma di
monete sulle quali sono raffigurate delle immagini, che
generalmente sono quelle di Gesù, quelle di Maria e dei
‘santi’ della chiesa romana. Vengono preventivamente
benedette dal parroco, dal vescovo, da cardinali, ed anche dal papa, e ad esse viene attribuito il potere di proteggere colui che le indossa e ad esse sono collegate
molte grazie. Prendiamo per esempio la medaglia con
l’effigie che rappresenta Cristoforo; i Cattolici credono
che essa messa in macchina li protegga dagli incidenti;
per questo quando cambiano macchina si premurano a
prendere la medaglia ‘protettrice’ e a porla
nell’automobile nuova.
I Cattolici sono così attaccati a queste medaglie benedette che se le cuciono agli abiti, le baciano e le ribaciano durante le loro preghiere, le appendono al letto e alle
pareti. D’altronde è comprensibile questo loro morboso
attaccamento a queste medaglie; gli viene detto dalle
loro guide cieche che esse hanno il potere di preservare
dal male chi ce le ha e di assicurargli svariate grazie e
loro ci credono, perciò se le tengono vicino! Ma tutto
questo è solo una forma di superstizione radicatasi nel
cuore di queste persone che vivono nelle tenebre; niente
di più. Assomiglia molto alla superstizione di cui sono
invasi molte popolazioni selvagge a riguardo dei loro
amuleti. Ancora una volta riscontriamo nella chiesa romana evidenti forme di paganesimo abilmente camuffate. Noi riproviamo questi amuleti dei Cattolici assieme
alle superstizioni collegate ad essi perché la Scrittura
dice di non farsi immagine alcuna di cose che sono lassù
in cielo o quaggiù sulla terra o sotto la terra e perché le
credenze che accompagnano queste medaglie sono
menzogne generate dal diavolo.
Lo scapolare.
Lo scapolare è un oggetto formato da due rettangolini di
lana, della grandezza di tre-quattro centimetri uniti da
un cordoncino, che si mette sul collo. Lo scapolare è un
segno di devozione, e spesso serve ad indicare una specie di partecipazione in ispirito ad un dato ordine monastico, dell’abito del quale lo scapolare prende il colore.
Anche gli scapolari possiedono, secondo la tradizione
romana, particolari virtù e conferiscono grazie e privilegi; ad essi sono annessi anche delle indulgenze. Il più
famoso scapolare è quello Carmelitano che, la tradizione dice, Maria avrebbe conferito a Simon Stock, generale dell’ordine dei Carmelitani; chi lo indossa scampa
all’inferno. Maria avrebbe pure promesso a Giovanni
XXII che sarebbe andata lei stessa in purgatorio ogni
sabato per trarne fuori tutti gli scapolaristi che sarebbero
morti la settimana precedente e portarli direttamente in
paradiso. Questo è stato garantito da Giovanni XXII
nella sua bolla detta Sabbatina del 1322 e confermato
da Alessandro V, Clemente VII, Pio V e Gregorio XIII.1
1
Se questi papi hanno garantito ciò in favore degli scapolaristi
come mai le autorità ecclesiastiche cattoliche non ordinano a
204
La chiesa cattolica romana
Lo scapolare si può benissimo paragonare ad altri oggetti, quali il ferro di cavallo, il cornetto, i dadi ecc., considerati da molti dei portafortuna, perché anch’esso, viene
detto, porta fortuna a chi lo porta. La Parola di Dio riprova questa pratica superstiziosa del portare lo scapolare perché essa affonda le sue radici nel paganesimo. Ma
che bene può mai fare un oggetto del genere a chi lo indossa? Ah! come sono fitte le tenebre nelle quali i Cattolici romani brancolano. Preghiamo per loro affinché
Dio li strappi dalla potestà delle tenebre e li porti a
camminare nella luce.
Le campane.
La campana è uno strumento di bronzo a forma di tazza
capovolta, che suona quando le pareti ne sono percosse
da un battaglio nell’interno o da un martello all’esterno.
Le campane sono usate dalla chiesa romana per chiamare i Cattolici alle funzioni religiose, e ad esortarli alla
preghiera in determinate ore del giorno come per esempio quando suona l’Angelus. In questo caso al suono
della campana del mattino, del mezzogiorno e del tramonto i Cattolici sono invitati a recitare tre Ave Maria.
Esse sono considerate delle cose sacre e vengono perciò
consacrate e benedette. Anche alle campane sono attribuite particolari poteri; uno di questi è quello di allontanare la grandine. In alcuni paesi dell’Umbria per esempio è opinione diffusa fra la gente che se il campanaro è
sollecito a suonare le campane prima che la grandine sia
arrivata nel territorio della parrocchia, essa non potrà
entrarvi. In Abruzzo non tutte le campane hanno gli
stessi poteri, alcune infatti sono dotate di virtù superiori
alle altre per allontanare la grandine, e di quali si tratta?
Di quelle battezzate nel nome di un santo protettore
contro la grandine!
Ma che dice la Scrittura sulle campane? Diciamo che
essa non ne parla minimamente; esse non erano in uso
nella Chiesa primitiva. Gli apostoli non chiamavano al
culto i fedeli e non esortavano i fedeli a pregare facendo
suonare delle campane o qualche altro strumento. Per
quanto riguarda la credenza che esse abbiano il potere di
allontanare la grandine, diciamo semplicemente che è
una menzogna. Possiamo dire che le campane dei Cattolici non possono allontanare la grandine dal territorio
della parrocchia nella stessa maniera in cui gli dèi
d’Egitto, ai giorni di Mosè, non poterono allontanare il
flagello della grandine dal paese dell’Egitto.
Le candele.
‘Sono il mezzo più comune e obbligatorio
dell’illuminazione liturgica nelle funzioni religiose’, dice l’Enciclopedia Cattolica.2 E difatti esse si vedono
sugli altari, e davanti alle immagini ed alle statue, e
vengono poste anche sulle tombe.
La Scrittura non dice che noi dobbiamo usare le candele
nel culto che rendiamo a Dio. Certamente però le candechiunque di portare questo scapolare e così strappare in brevissimo tempo ‘alle pene del purgatorio’ tante anime? La risposta è perché esse hanno tutto l’interesse a ‘mantenere’
sempre pieno il purgatorio; per cui più anime vi stanno e per
più tempo possibile, e meglio è. L’interesse naturalmente è di
tipo economico, perché per le anime che sono nel purgatorio i
Cattolici devono far dire le messe che sono a pagamento.
2
Enciclopedia Cattolica, vol. 3, 519
Dottrine e pratiche varie
le sono utili, nel caso va via la luce nelle nostre case,
perché accese danno un pò di luce nel buio.
Ricordiamo che l’uso della candela nella funzione religiosa è di origine pagana; l’imperatore per esempio nelle sue comparse era accompagnato con ceri accesi. Ed
inoltre che le candele vengono usate dai maghi e dalle
streghe nelle loro messe nere. Per quale motivo usano le
candele? Perché esse creano l’atmosfera necessaria alle
loro diaboliche funzioni.
Il crocifisso.
Ecco cosa dice il Perardi nel suo Nuovo Manuale del
Catechista a riguardo del crocifisso: ‘Siate devotissimi
di Gesù crocifisso (...) portatene devotamente
l’immagine al collo; baciate spesso il Crocifisso in vita
per meritare di morire stringendolo devotamente tra le
mani. - Sopra del letto ponete il Crocifisso; alla sera baciatene devotamente le piaghe’.1
Come potete vedere ci troviamo davanti ad un’ennesima
forma di idolatria perpetrata dalla curia romana a danno
di coloro che gli vanno dietro. Cominciamo col dire che
noi crediamo che Gesù Cristo fu crocifisso sulla croce
per i nostri peccati, ma non solo lo crediamo, ma lo predichiamo pure perché in noi c’é “lo stesso spirito di fede, ch’è in quella parola della Scrittura: Ho creduto,
perciò ho parlato”.2 Noi ci gloriamo pure della croce del
Signore nostro Gesù Cristo come faceva l’apostolo Paolo perché per mezzo di essa il mondo per noi é stato
crocifisso e noi siamo stati crocifissi per il mondo;3 ma
noi non ci permettiamo di farci una croce né di legno e
né di altro materiale, e neppure di attaccarci una statuetta raffigurante il nostro Signore mentre soffriva su di
essa, e questo perché la Scrittura ci vieta di fare simili
cose secondo che è scritto: “Non ti fare scultura alcuna
né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o
quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti
prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro...”.4
I Cattolici dicono che è la tradizione che dice loro di
farsi il crocifisso e di portarselo con loro e di baciarlo e
di attaccarlo alle pareti di casa loro o di qualche altro
luogo; ma a noi non ci importa nulla della loro tradizione. Da come parlano i Cattolici c’é potenza nel crocifisso ma questo é falso perché la potenza é nel nome di
Cristo Gesù e nella parola della croce e non in un pezzo
di legno. Ma poi in questa maniera fanno apparire Gesù
Cristo sempre sofferente, ed ancora in croce; ma egli
non é più appeso alla croce perché da essa fu tirato giù e
posto in un sepolcro da Giuseppe d’Arimatea. Ma più
che questo Egli risuscitò dai morti e non muore più. Noi
non sentiamo affatto il bisogno del crocifisso né appeso
al nostro collo e neppure appeso alle pareti di casa nostra o dei nostri locali di culto per ricordarci di Gesù
perché a noi basta leggere il Vangelo per ricordarci delle sofferenze che Cristo ha patito per noi, e perché noi
siamo chiamati a ricordarci della morte del Signore mediante la cena istituita da Gesù Cristo e non con questo
artifizio umano che é il crocifisso.
La chiesa cattolica romana
E così la chiesa romana ha fatto spargere per il mondo
intero crocifissi di ogni genere; qui in Italia ci sono crocifissi un pò dovunque. Il crocifisso, da come parlano
molti Cattolici, li fà sentire al sicuro; senza il crocifisso
con loro invece non si sentono più sicuri, come se esso
avesse il potere di proteggere quelli che se lo portano
dietro o la casa dove é appeso! Ma “il giusto se ne sta
sicuro come un leone”5 perché sa di essere stato riconciliato con Dio mediante il sangue di Cristo e perché sa
che il Signore é il suo rifugio e male alcuno non lo coglierà secondo che é scritto: “Poiché tu hai detto: O Eterno, tu sei il mio rifugio; tu hai preso l’Altissimo per il
tuo asilo, male alcuno non ti coglierà, né piaga alcuna
s’accosterà alla tua tenda. Poiché egli comanderà ai suoi
angeli di guardarti in tutte le tue vie”,6 per questo egli
considera quella del crocifisso solo una superstizione
che per altro serve a fare guadagnare non poco denaro ai
costruttori di crocifissi.
Il segno della croce.
I Cattolici si fanno il segno della croce portandosi la
mando destra alla fronte, e dicendo: In nome del Padre:
poi al petto, dicendo: e del Figliuolo; quindi alla spalla
sinistra e alla destra, dicendo: e dello Spirito Santo.
Questo perché è stato loro insegnato quanto segue:
‘Come cristiani abbiamo un segno esterno che ci distingue da quelli che non sono cristiani; esso é il segno della croce (....) Nel segno della Croce, con le parole esprimiamo l’Unità e Trinità di Dio, e con la figura della
Croce la Passione e la Morte del Nostro Signor Gesù
Cristo (....) Abbiate gran venerazione pel segno della
Croce con cui esprimete i due misteri principali (...) E’
sempre bene fare il segno della Croce, ma specialmente
prima e dopo ogni atto di religione, prima e dopo il cibo
e il riposo, e nei pericoli dell’anima e del corpo’.7
Anche qui ci troviamo davanti a un insegnamento di cui
non troviamo il benché minimo riscontro nelle Scritture.
Noi crediamo che Dio é trino, cioè che la Divinità è
composta da Dio Padre, da Dio Figliuolo e da Dio Spirito Santo e che i tre sono uno ab eterno e in eterno; noi
crediamo in ciò che la Scrittura dice attorno alle sofferenze di Cristo, alla sua morte, ma per esprimere la nostra fede in queste cose non siamo chiamati a farci il segno della croce, ma bensì a testimoniarne con la nostra
bocca come fecero prima di noi anticamente gli apostoli.
E poi la Scrittura ci insegna a rendere grazie a Dio con
le nostre parole prima di mangiare e non facendoci il
segno della croce perché così hanno fatto sia Gesù che
gli apostoli prima di noi secondo che é scritto: “Gesù
quindi prese i pani; e dopo aver rese grazie, li distribuì
alla gente seduta...”,8 e: “Paolo... preso del pane, rese
grazie a Dio, in presenza di tutti; poi, rottolo, cominciò
a mangiare”.9 L’apostolo Paolo ha detto a Timoteo:
“Poiché tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è
da riprovare, se usato con rendimento di grazie; perché é
5
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 148
2
2 Cor. 4:13
3
Cfr. Gal. 6:14
4
Es. 20:4,5
Prov. 28:1
Sal. 91:9-11
7
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 84, 85, 86, 87
8
Giov. 6:11
9
Atti 27:33,35
6
205
Dottrine e pratiche varie
santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera”;1 e non
dal segno della croce. E poi ancora; ma dove mai sta
scritto nella Parola di Dio che quando si é nella distretta
ci si deve fare il segno della croce per invocare
l’assistenza di Dio? Essa dice di invocare Dio con la nostra bocca, non con qualche segno particolare, infatti
Dio dice: “Invocami nel giorno della distretta; io te ne
trarrò fuori, e tu mi glorificherai”.2
IL GIURAMENTO
La dottrina dei teologi papisti
E’ lecito giurare. Il giuramento fatto agli eretici si può
infrangere senza per questo commettere peccato. Il giuramento falso in certe circostanze è ammesso.
La teologia romana ammette che si può giurare: nel Codice di diritto canonico è detto: ‘Il giuramento, ossia
l’invocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia’.3 Affinché nessuno rimanga ingannato
da questi due ‘non’ di questo precetto, sappiate che essi
messi l’uno dopo l’altro in questa maniera vogliono dire
che giurare è lecito perché è come se ci fosse scritto: ‘Il
giuramento può essere prestato secondo verità, prudenza
e giustizia’. Che il giuramento è ammesso dalla chiesa
cattolica romana è confermato anche da quello che dice
il catechismo: ‘Non è lecito giurare senza grave motivo;
non è lecito per cose da poco citare e offrire la testimonianza di Dio (...) solo se foste citati in giudizio come
testimoni avreste giusta ragione di giurare’.4
La chiesa papista nel corso dei secoli ha dato prova molte volte di avere fatto sua la diabolica massima che dice
che ‘il fine giustifica i mezzi’. Uno di questi mezzi giustificato perché con esso ci si propone una cosa buona,
cioè la persecuzione degli eretici, è il non mantenere un
giuramento fatto agli eretici. Ecco come si espresse il
cardinale Osio: ‘Non ti fare scrupolo, per nessuna ragione, d’essere tenuto di osservare ciò che hai promesso
(all’eretico), poiché il giuramento non debb’essere legame d’iniquità’.5 Una chiara prova di come la chiesa
papista è stata pronta ad annullare o fare annullare una
promessa di giuramento fatta ai suoi nemici l’abbiamo
nel comportamento del concilio di Costanza che annullò
il salvacondotto che il re Sigismondo aveva rilasciato a
Giovanni Huss affinché questo potesse venire al concilio, stare e tornarsene.6 Difatti, quando Huss arrivò a
Costanza fu arrestato, processato dal concilio e condannato ad essere arso. Il concilio in quell’occasione emanò
il seguente decreto: ‘...nonostante tale salvacondotto, il
1
1 Tim. 4:4,5
Sal. 50:15
3
Codice di diritto canonico, can. 1199
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 292
5
Cardinale Osio, Epist. 202, ad Enrico re di Polonia sugli eretici: citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie,
pag. 59
6
Le parole esatte del salvacondotto dicevano: ‘Omni prorsus
impedimento remoto, transire, stare, morari, et redire libere
permittatis’.
2
206
La chiesa cattolica romana
giudice ecclesiastico può indagare sugli errori di tali
persone, e procedere debitamente contro di essi e punirli
... persino se sono venuti al luogo del processo facendo
assegnamento sul salvacondotto, ed altrimenti non sarebbero venuti’.7 E’ da notare che più di un secolo dopo,
il concilio di Trento (1545-1563) offerse ai Protestanti
un salvacondotto per presentarsi al concilio ed esporre
le loro dottrine. Ma questo salvacondotto non fu accettato e perciò essi non si presentarono a Trento;
l’esperienza di Huss aveva insegnato a non fidarsi delle
promesse di quei cosiddetti venerabili padri.8
La teologia cattolica insegna che si può fare un falso
giuramento senza peccato, pur di aggiungere mentalmente alle parole del giuramento pronunziate qualche
cosa che ne modifica il senso, la qual cosa viene chiamata riserva mentale.
Per spiegare questo loro insegnamento citiamo un fatto
storico. Durante il fascismo in Italia, tutti coloro che
chiedevano la tessera del partito fascista dovevano giurare: ‘Giuro di eseguire senza discutere gli ordini del
Duce e di difendere con tutte le mie forze e, se necessario, col mio sangue, la causa della rivoluzione fascista’.
Alla domanda che cosa si dovesse pensare di una tale
formula di giuramento Pio XI nell’enciclica Non abbiamo bisogno del 29 giugno 1931 rispose: ‘La risposta
dal punto di vista cattolico, ed anche puramente umano,
è inevitabilmente una sola, e Noi, Venerabili Fratelli,
non facciamo che confermare la risposta che già vi siete
data: un tale giuramento, così come sta, non è lecito’.9
Dopo una tale dichiarazione quindi ci si sarebbe aspettato che il papa dicesse ai Cattolici di non fare un simile
giuramento (impedendo così a molti di entrare nel partito fascista) ma questo non avvenne perché Pio XI diede
loro questo consiglio: ‘Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e sapendo come tessera e giura7
Citato da Richard Frederick Littledale in Plain reasons against joining the church of Rome, (Chiare ragioni contro
l’unirsi alla chiesa di Roma), London 1886, pag. 128
8
Va fatto notare che il concilio di Trento, dopo avere offerto il
salvacondotto ai Protestanti, dicendo che essi potevano venire
liberamente nella città di Trento, rimanere in essa fare proposte, parlare trattare e discutere con lo stesso sinodo qualsiasi
argomento, con l’assicurazione che sarebbero state prese tutte
le precauzioni per salvaguardare le loro vite, affermò quanto
segue: ‘Esclusa, inoltre, qualsiasi frode ed inganno, con la più
sincera buona fede promette che il sinodo non cercherà alcuna
occasione, palesemente o di nascosto, e non farà uso, in nessun modo, della sua autorità, del suo potere, di qualche suo
diritto o statuto o privilegio di leggi e canoni o di qualsiasi
concilio, specie quelli di Costanza e di Siena, che possa riuscire di qualche pregiudizio a questa fede pubblica, a questa solenne assicurazione e alla pubblica e libera udienza; e non
permetterà che alcuno se ne serva, derogando per questa volta
a tutte quelle disposizioni’. (Sottolineature mie. Sess. XV del
25 Gennaio 1552). In questa maniera esso non condannò la
infame decisione di Costanza di annullare il salvacondotto del
re a Huss, ma disse solo che questa volta il concilio si sarebbe
astenuto di appoggiarsi su leggi statuti o canoni di qualsiasi
concilio, specialmente del concilio di Costanza, che permettevano al concilio di rompere fede agli eretici per il bene della
chiesa. Giudicate da voi stessi le parole di quel concilio.
9
Enciclica ‘Non abbiamo bisogno’ in Tutte le encicliche dei
sommi pontefici, vol. 1, Milano 1979, pag. 973
Dottrine e pratiche varie
mento sono per moltissimi condizione per la carriera,
per il pane, per la vita, abbiamo cercato mezzo che ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo possibile le difficoltà esteriori. E Ci sembra potrebbe essere
tal mezzo per i già tesserati fare essi davanti a Dio ed la
propria coscienza la riserva: ‘salve le leggi di Dio e della Chiesa’, oppure ‘salvi i doveri di buon cristiano’, col
fermo proposito di dichiarare anche esternamente una
tale riserva, quando ne venisse il bisogno’.1 In altre parole, il papa riconosceva che quel giuramento non si poteva fare ma nello stesso tempo disse che essi potevano
giurare con riserva (ossia falsamente) per non compromettere le loro carriere, e la loro vita.
Confutazione
Sotto la grazia è proibito giurare
Che dice la Scrittura a proposito del giurare? In Matteo
è scritto che Gesù disse: “Avete udito pure che fu detto
agli antichi: Non ispergiurare, ma attieni al Signore i
tuoi giuramenti. Ma io vi dico: Del tutto non giurate, né
per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme,
perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per il
tuo capo, poiché tu non puoi fare un solo capello bianco
o nero. Ma sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no; poiché il
di più vien dal maligno”.2
Come potete vedere Gesù Cristo ha vietato di giurare;
quindi il precetto che permette il giuramento che è trascritto nel Codice di diritto canonico è un precetto
d’uomini che volta le spalle alla verità che è in Cristo
Gesù. Ecco un’altra prova di come le guide cieche di
questa organizzazione religiosa hanno annullato la parola di Cristo con le loro parole! Ma come fanno a sostenere i teologi cattolici romani che è lecito giurare ad un
cristiano? Alla solita maniera, dando errate spiegazioni
alla Scrittura. Ora, confuteremo i ragionamenti che essi
fanno per sostenere il giuramento.
- ‘Gesù ha detto di non ispergiurare, cioè di non giurare
il falso nel nome di Dio, ma non ha detto di non giurare
in nessuna circostanza’.
Ora, è vero che nella legge vi è il precetto: “Non giurerete il falso, usando il mio nome; ché profaneresti il
nome del tuo Dio”,3 ed il giuramento è ammesso perché
è scritto: “Giura nel suo nome”;4 ma Gesù è venuto per
completare la legge infatti ha detto: “Del tutto non giurate”,5 quindi Gesù ha detto non solo di non giurare il
falso ma anche di non giurare affatto. Le parole di Gesù
sono chiare; noi credenti non dobbiamo giurare in nessuna circostanza e per nessun motivo. Questo lo ha confermato anche Giacomo dicendo: “Ma, innanzi tutto,
fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra,
né con altro giuramento”.6
1
Ibid., pag. 973
Matt. 5:33-37
3
Lev. 19:12
4
Deut. 10:20
5
Matt. 5:34
6
Giac. 5:12
2
La chiesa cattolica romana
- ‘Gesù non ha detto di non giurare per Dio’.
Gesù, dicendoci di non giurare per il cielo implicitamente ci ha detto di non giurare per Dio perché egli ha
detto che “chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio
e per Colui che vi siede sopra”;7 quindi è falso quanto
dicono i teologi cattolici romani.
- Paolo ha giurato infatti ha detto ai Galati: “Ora, circa
le cose che vi scrivo, ecco, nel cospetto di Dio vi dichiaro che non mentisco”;8 ai Romani: “Iddio... mi è testimone ch’io non resto dal far menzione di voi in tutte le
mie preghiere”;9 ed ai Corinzi: “Or io chiamo Iddio a
testimone sull’anima mia ch’egli è per risparmiarvi
ch’io non son più venuto a Corinto”.10
Ma dov’è in queste parole di Paolo il giuramento? Noi
non lo vediamo. L’apostolo ha usato queste espressioni
per attestare che egli diceva la verità perché Cristo parlava in lui. Ma non si mise mai a giurare nel nome di
Dio che egli affermava il vero: come avrebbe potuto
Paolo mettersi a giurare quando Gesù aveva detto: “Del
tutto non giurate”11 e poi dire ai santi: “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e vedute in me, fatele;
e l’Iddio della pace sarà con voi”?12
- Nell’epistola agli Ebrei è scritto che “gli uomini giurano per qualcuno maggiore di loro; e per essi il giuramento è la conferma che pone fine ad ogni contestazione”.13
Con queste parole non ci viene detto che noi possiamo
giurare, innanzi tutto perché quando lo scrittore dice
“gli uomini giurano” non si sta riferendo ai santi ma agli
uomini del mondo che anche in quel tempo usavano
giurare per qualcuno maggiore di loro; e poi perché
questo discorso sul giuramento lo scrittore agli Ebrei lo
fece per fare capire ai credenti Giudei che come gli uomini giurano per qualcuno maggiore di loro per porre
fine ad ogni contestazione così anche Dio per “mostrare
vie meglio agli eredi della promessa la immutabilità del
suo consiglio, intervenne con un giuramento, affinché,
mediante due cose immutabili, nelle quali è impossibile
che Dio abbia mentito, troviamo una potente consolazione noi, che abbiam cercato il nostro rifugio
nell’afferrar saldamente la speranza che ci era posta dinanzi”.14 E siccome che Dio non poteva giurare per
qualcuno maggiore di lui giurò per se stesso. Il giuramento con il quale Dio è intervenuto per consolarci è
quello che egli ha fatto al suo Figliuolo: “Il Signore l’ha
giurato e non si pentirà: tu sei sacerdote in eterno”.15
Sappiamo che Dio non può mentire e mantiene i giuramenti fatti; per esempio quando egli promise con giuramento ad Abramo di benedirlo e moltiplicarlo grandemente, lui adempì la parola dettagli perché è scritto:
7
Matt. 23:22
Gal. 1:20
9
Rom. 1:9
10
2 Cor. 1:23
11
Matt. 5:34
12
Fil. 4:9
13
Ebr. 6:16
14
Ebr. 6:17,18
15
Ebr. 7:21
8
207
Dottrine e pratiche varie
La chiesa cattolica romana
“E così, avendo aspettato con pazienza, Abramo ottenne
la promessa”.1
- ‘Sotto la legge era ammesso giurare’.
Sì, sotto la legge era ammesso giurare; ma sotto la legge
erano ammesse tante altre cose quali per esempio la circoncisione nella carne, l’osservanza del sabato, che con
la venuta di Cristo sono state annullate. Quindi non si
può fare questo ragionamento per sostenere il giuramento sotto la legge di Cristo; Gesù lo ha detto chiaramente:
“Del tutto non giurate”.2 Il motivo per cui noi non dobbiamo giurare con nessun giuramento? Ce lo dice Giacomo: “Affinché non cadiate sotto giudicio”.3
Noi Cristiani siamo chiamati a dire la verità in ogni circostanza; sappiamo che Dio aborrisce la menzogna e
che egli punisce il falso testimonio sia che dica la falsa
testimonianza dopo avere giurato sia che la dica senza
fare alcun giuramento, e questo ci incute timore.
Io sono l’Eterno”.6Le cose sono chiare. Ecco ora quello
che dice la Scrittura a proposito di questa gente che giura il falso. Dio dice in Malachia: “E io m’accosterò a voi
per il giudizio, e, senza indugio, io sarò testimonio contro gl’incantatori, contro gli adulteri, contro quelli che
giurano il falso”,7 e in Geremia afferma: “Anche quando
dicono: ‘Com’è vero che l’Eterno vive’, è certo che giurano il falso. O Eterno, gli occhi tuoi non cercano essi la
fedeltà?”.8 Quindi sappiano tutti coloro che giurano con
l’intenzione di non mantenere il giuramento che si attirano sul loro capo l’ira e il giudizio di Dio.
Un’osservazione finale che mi pare doverosa. Stando
così le cose sul giuramento mi viene da domandare a
coloro che sono a favore dell’ecumenismo: ‘Come potete fidarvi di tutte le belle promesse fatte dalla curia romana nei vostri confronti quando la loro teologia permette in taluni casi persino il falso giuramento?
Il non mantenere un giuramento fatto ai propri nemici è
un atto condannato dalla legge di Dio
L’OMICIDIO
La dottrina dei teologi papisti
Il non mantenere un giuramento fatto è peccato davanti
a Dio infatti nella legge è scritto: “Questo è quel che
l’Eterno ha ordinato: Quand’uno... avrà con giuramento
contratta una solenne obbligazione, non violerà la sua
parola, ma metterà in esecuzione tutto quello che gli è
uscito di bocca”;4 quindi se uno giura (anche se non è
lecito sotto la grazia) deve mantenere la parola data, anche ad un nemico, se non vuole essere giudicato da Dio.
Nei Salmi è scritto: “O Eterno, chi dimorerà nella tua
tenda? chi abiterà sul monte della tua santità? Colui che
cammina in integrità ed opera giustizia... Se ha giurato,
foss’anche a suo danno, non muta”.5 Ma non così la
pensa la chiesa romana quando si tratta di difendere i
propri interessi. In verità, della curia romana non ci si
può fidare neppure quando giura in nome di Dio!
Il giuramento con riserva è condannato da Dio
Abbiamo visto che sotto la grazia giurare non è più lecito, che infrangere un giuramento fatto nei confronti dei
propri nemici è peccato, vediamo ora perché il cosiddetto giuramento con riserva è condannato da Dio. Questo
giuramento è un giuramento falso perché chi giura non
lo fa sinceramente ma colla ferma intenzione di non osservare il giuramento fatto infatti aggiunge al giuramento una qualche riserva che secondo lui gli permetterà al
momento opportuno di infrangere il giuramento fatto
senza per questo commettere alcunché di male.
Naturalmente chi lo ha sentito giurare pensa che egli
abbia giurato sinceramente, ma questo perché non sapeva nulla della sua riserva mentale ammessa dalla teologia romana. La legge dice: “Non giurerete il falso, usando il mio nome; ché profaneresti il nome del tuo Dio.
E’ lecito uccidere per difendersi.
Nel Dizionario di morale cattolica alla voce Difesa si
legge: ‘Dato che ne siamo solo i depositari, noi abbiamo, davanti a Dio e davanti al prossimo, il dovere di difendere la nostra vita se è ingiustamente minacciata. Chi
uccide il suo aggressore non disubbidisce alla legge divina: egli cerca di difendersi (atto volontario diretto) e
non di uccidere (atto volontario indiretto)’.9
Confutazione
Uccidere il proprio aggressore è peccato
Ancora una volta dobbiamo riscontrare quanto la chiesa
cattolica romana non tenga in nessuna considerazione la
Parola di Dio perché afferma che non solo si deve usare
violenza nei confronti del prossimo se questo ci assale
ma anche che nel caso lo si uccida non si disubbidisce
alla legge divina. Gesù lo ha detto chiaramente: “Voi
avete udito che fu detto: Occhio per occhio e dente per
dente. Ma io vi dico: Non contrastate al malvagio; anzi,
se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche
l’altra; ed a chi vuol litigar teco e toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello. E se uno ti vuol costringere a
far seco un miglio, fanne con lui due”.10 Quindi come
suoi discepoli noi non dobbiamo rispondere alla violenza con la violenza perché un simile comportamento va
sia contro le parole di Cristo Gesù e sia contro il suo esempio (e non potrebbe essere altrimenti perché Gesù
quello che disse di fare agli altri lo fece lui stesso). La
Parola di Dio infatti dice che lui “maltrattato, umiliò se
6
1
Ebr. 6:15
2
Matt. 5:34
3
Giac. 5:12
4
Num. 30:2
5
Sal. 15:1,2,4
208
Lev. 19:12
Mal. 3:5
8
Ger. 5:2,3
9
Jean-Louis Bruguès, Dizionario di morale cattolica, Bologna
1994, pag. 122
10
Matt. 5:38-41
7
Dottrine e pratiche varie
stesso, e non aperse la bocca. Come l’agnello menato
allo scannatoio, come la pecora muta dinanzi a chi la
tosa, egli non aperse la bocca”.1 Egli non rispose mai
con la violenza ai suoi aggressori e persecutori. Lo dimostrò quando fu percosso da una delle guardie mentre
si trovava davanti al sommo sacerdote2 e quando fu percosso dai soldati del governatore.3 E non solo, ma anche
quando Pietro nell’orto del Getsemani sfoderò la sua
spada e percosse il servo del sommo sacerdote in difesa
del Maestro, infatti in quell’occasione Gesù ammonì
Pietro dicendogli: “Riponi la tua spada al suo posto,
perché tutti quelli che prendon la spada, periscon per la
spada”.4 Egli dunque non permise neppure che i suoi
discepoli combattessero per lui affinché non fosse dato
nelle mani dei suoi nemici.
Ma come abbiamo visto ai Cattolici romani, e per primo
ai loro papi, non importa proprio nulla delle sante parole
di Gesù e dell’esempio perfetto che ci ha lasciato Gesù.
Basta considerare che le guardie preposte alla difesa dei
papi hanno l’ordine di colpire a morte coloro che mettono a repentaglio la loro vita per rendersi conto di questo.
Il PAGAMENTO DEI TRIBUTI
La dottrina dei teologi papisti
Le chiese e gli ecclesiastici, in virtù di un privilegio che
hanno per diritto divino, non sono obbligati a pagare
dazi, imposte e gabelle alle autorità civili.
‘E’ proibito, sotto pena di scomunica, ai magistrati secolari d’imporre alle chiese pesi, come scavamenti, spedizioni, ed altri siffatti’;5 ‘Le collette pei militi, le ospitalità, ed altri pesi sulle Chiese, e luoghi pii, e sugli ecclesiastici, e le imposte ai loro beni, o frutti, anche pagati
spontaneamente, sono proibiti ai laici, senza che
l’autorità Apostolica lo permetta’;6 ‘Le Chiese non son
tenute a pagare imposte; né i luoghi pii, né gli ecclesiastici, o Secolari o Regolari d’ambo i sessi. Non possono
essere gravati, sia direttamente, sia indirettamente, di
gabelle, tributi ed altri pesi, sui beni che possiedono, o
in titolo della loro carica, o in qualsiasi altro modo, come p. es. a titolo di eredità, oppure di donazione ecc.,
poiché i diritti surriferiti parlano indistintamente’.7
Ecco perché l’art. 16 del Trattato del Laterano esenta
molti immobili del Vaticano (quelli citati negli articoli
13,14,15,16) ‘da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente’ e
l’art. 17 esenta da qualsiasi tributo verso lo Stato le retribuzioni dovute a dignitari, impiegati e salariati della
‘Santa Sede’ e dagli altri enti centrali della Chiesa, an-
1
Is. 53:7
Cfr. Giov. 18:22
3
Cfr. Matt. 27:27-31
4
Matt. 26:52
5
Decretal. Tit. XLIX De imm. Eccl. cap. 4. Non minus
6
Urbano VIII p., Bolla del 5 Giugno 1641
7
Felice Potestà, Exam. Eccl. tom. 1, part. 2, De primo praec.
Decal. cap. 4
2
La chiesa cattolica romana
che fuori di Roma;8 e l’art. 20 esenta da tutti i dazi doganali le merci importate dalla Città del Vaticano e da
istituzioni e uffici della ‘Santa Sede’ anche fuori di Roma; perché la chiesa cattolica ritiene di avere il diritto di
non pagare i tributi e le gabelle ai governanti. Questo
diritto fa parte delle immunità ecclesiastiche.9
A sostegno di questo suo diritto (considerato di natura
divino) di non pagare i tributi allo Stato la chiesa cattolica romana prende le parole di Gesù: “I figliuoli, dunque, ne sono esenti”;10 e le seguenti parole scritte nella
storia di Giuseppe: “Giuseppe ne fece una legge, che
dura fino al dì d’oggi, secondo la quale un quinto del
reddito delle terre d’Egitto era per Faraone; non ci furono che le terre dei sacerdoti che non furono di Faraone”.11
Come il Vaticano può reagire se gli viene negato questo
suo cosiddetto diritto.
A proposito di questo suo cosiddetto diritto di non dovere pagare le tasse alle autorità voglio ricordare alcuni
fatti verificatisi alcuni decenni fa che fanno capire come
il Vaticano può reagire quando gli viene negato da parte
del governo statale questo suo cosiddetto diritto.
Nel 1935 il governo fascista aveva imposto sui dividendi una tassa speciale, tassa che li colpiva all’origine. Le
società, prima di distribuire agli azionisti i dividendi,
dovevano detrarne la tassa in questione (il 10% in un
primo momento, portata in seguito al 20%), versando
direttamente al ministero delle Finanze la somma corrispondente. La tassa si chiamò ‘cedolare’ perché applica8
Ancora prima della stipulazione del Concordato la chiesa cattolica usufruiva di esenzioni fiscali. La disposizione contenuta
nell’art. I n. I r.d. 13 febbraio 1927, n. 124. accordava
l’esenzione dall’imposta sui celibi ai sacerdoti cattolici ed ai
religiosi che avessero pronunciato i voti di castità.
9
Nel Nuovo Concordato del 1984 in materia di esenzioni fiscali le cose sono rimaste sostanzialmente invariate infatti l’art. 7
dice che ‘agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di
religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi,
sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione’. Va segnalato però che lo stesso articolo dice subito
dopo che ‘le attività diverse da quelle di religione o di culto,
svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della
struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime’. La chiesa cattolica gode tuttora di svariate esenzioni
fiscali anche in questa nazione.
10
Matt. 17:26
11
Gen. 47:26. Dato che le esenzioni tributarie concesse ai beni
e agli ecclesiastici della chiesa cattolica sono da quest’ultima
ritenute di diritto divino non è ammesso dire che esse trovano
la loro origine nella legge civile. Pio IX (il papa che volle farsi
dichiarare infallibile) condannò l’opinione secondo cui le immunità ecclesiastiche trovano la loro origine nella legge civile
e che dipendono in tutto da questa, in quanto esse possono essere concesse od abrogate a discrezione dell’autorità civile,
trovando il loro fondamento nel diritto positivo degli Stati.
Questa sua condanna fu enunciata il 10 giugno 1851
nell’allocuzione Multiplices inter. Quindi, quando la chiesa
cattolica si accinge a stipulare un concordato con uno Stato,
essa ritiene che le esenzioni fiscali le sono dovute dallo Stato
per diritto divino, e non che le possono essere o non essere
concesse dall’autorità civile. In altre parole lo Stato ha il dovere di concedere questi privilegi fiscali alla chiesa cattolica perché Dio ha stabilito così!
209
Dottrine e pratiche varie
ta alle cedole o cuponi. Il Vaticano che in quel tempo
era piuttosto intimorito dal regime fascista non disse una
parola e pagò regolarmente la tassa. Nel 1942 il ministero delle Finanze dava disposizione a tutti gli uffici competenti di esentare la ‘Santa Sede’ dal pagamento della
‘cedolare’. La circolare era firmata dall’allora Direttore
Generale del ministero delle Finanze che si chiamava
Buoncristiano, ed elencava le organizzazioni che facevano capo alla ‘Santa Sede’: il Sant’Uffizio, la Congregazione Concistoriale, quella del Concilio, la Congregazione per i Religiosi, Propaganda Fide, la Congregazione per le Università e i Seminari, la Fabbrica di San Pietro, i Tribunali Vaticani della Penitenziera Apostolica,
della Segnatura Apostolica e della Sacra Rota, oltre ai
seguenti uffici; la Cancelleria Apostolica, la Reverenda
Camera Apostolica, la Segreteria di Stato,
l’Amministrazione dei Beni della Santa Sede,
l’Amministrazione Speciale e l’Istituto per le Opere di
Religione. A riguardo di questo Istituto era detto tra parentesi ‘in quanto amministra fondi appartenenti alla
Santa Sede’. Il 29 Dicembre 1962, il governo italiano
applicò di nuovo una tassa del 15% sui cuponi, aumentandola in seguito sino al 30%. Questa tassa fu chiamata
‘cedolare secca’. Il Vaticano accettò ufficialmente
l’imposizione della cedolare senza protestare, ma subito
iniziò delle trattative segrete con il Governo italiano. Le
trattative si conclusero nell’ottobre del 1963 con uno
scambio di note tra il Segretario di Stato, cardinale Cicognani, e l’ambasciatore d’Italia presso la ‘Santa Sede’, Bartolomeo Migone. Ecco alcune parole del testo
della nota del cardinale Cicognani datata 11 Ottobre
1963: ‘Nello spirito del nostro Concordato con riguardo
alla citata legge n. 1745, sarebbe auspicabile anche ora
il riconoscimento di un trattamento agevolativo alla
Santa Sede. Pertanto propongo: che la ritenuta
d’acconto o d’imposta istituita con la legge 29 dicembre
1962, non sia applicata, con decorrenza dalla istituzione
della medesima, sugli utili in qualsiasi forma e sotto
qualsiasi denominazione distribuiti dalle società e spettanti alla Santa Sede (..) Qualora il Governo italiano accettasse la proposta contenuta nella presente lettera, La
pregherei di darmene cortese conferma’. Quello stesso
giorno l’ambasciatore italiano rispondeva: ‘Eminenza
Reverendissima, ho l’onore di accusare ricevuta della
nota di Vostra Eminenza Reverendissima in data odierna, così concepita: (segue il testo completo della lettera
del cardinale Cicognani). Ho l’onore di portare a conoscenza di Vostra Eminenza Reverendissima che il Governo italiano è d’accordo su quanto forma oggetto della
Nota sopra riportata..’. Il governo di allora era un governo provvisorio ed era capeggiato da Giovanni Leone.
La cosa però fu tenuta segreta; né il Parlamento e né
l’opinione pubblica ne furono informati. Circa un mese
dopo, il 13 novembre 1963, il ministro delle Finanze
Mario Martinelli inviò una circolare all’Associazione
fra le Società italiane per Azioni e all’Associazione fra
le Banche, ordinando di non dedurre il 30% dai dividendi delle azioni di proprietà della Santa Sede. Questo
documento fu emanato però in queste circostanze: lo
scambio di note tra il cardinale Cicognani e
l’ambasciatore Migone non era stato approvato dal Par-
210
La chiesa cattolica romana
lamento che non ne sapeva nulla, e il governo si era dimesso otto giorni prima che Martinelli firmasse la circolare, quando cioè Martinelli non era più ministro delle
Finanze. Quando poi Aldo Moro formò il nuovo governo, Roberto Tremelloni prese il posto di Martinelli al
dicastero delle Finanze. Scoperta l’esistenza della circolare Tremelloni ne fu sdegnato e minacciò di dimettersi
se non fosse stata immediatamente annullata. Allora
Moro propose un compromesso per risolvere
l’imbarazzante situazione; il Governo italiano avrebbe
presentato al Parlamento un progetto di legge per ratificare lo scambio delle Note, rendendo così legale la circolare di Martinelli anche se con effetto retroattivo. Il
Vaticano, da parte sua, avrebbe informato il Governo
italiano dell’esatto ammontare dei titoli azionari in suo
possesso affinché il Governo potesse sapere e riferire al
Parlamento quali valori venivano esentati dal pagamento della ‘cedolare’. Il compromesso però non fu accettato né dal cardinale Cicognani, il quale si rifiutò di svelare l’ammontare degli investimenti del Vaticano, né dai
socialisti al Governo. Nel giugno 1964, caduto il Governo, Moro formò una seconda coalizione di governo.
Allora il Vaticano minacciò, se le cose non si risolvevano come voleva, di buttare sul mercato tutti i titoli azionari in suo possesso. E dato che in quel tempo la Borsa
era in crisi, se il Vaticano avesse messo in pratica la minaccia, il suo gesto avrebbe avuto delle conseguenze
disastrose per l’economia italiana. Il Governo allora fu
costretto ad arrendersi (certamente il partito democristiano non si arrese di malavoglia), e nell’ottobre del
1964 venne preparato un progetto di legge, che doveva
ratificare lo scambio di Note tra il Governo e il Vaticano, avvenuto un anno prima. La legge fu approvata dal
Consiglio dei Ministri; ma la cosa finì lì perché quella
legge non venne presentata al Parlamento per essere approvata, respinta o modificata. Il Vaticano intanto continuava a non pagare la tassa; la stampa di sinistra allora
nel 1967 attaccò il Governo, voleva sapere perché il Vaticano non pagava la tassa, quanto non pagava e quanti
titoli possedeva in Italia. Cominciarono così a uscire dei
dati. Nel gennaio del 1968 il Presidente del Consiglio
Giovanni Leone dichiarò in Senato: ‘Il Governo non
proporrà il disegno di legge di ratifica e pertanto la Santa Sede pagherà l’imposta secondo quanto stabilito dalla
legge’. Il Vaticano allora si rassegnò e fece sapere che
avrebbe pagato la cedolare e chiese la rateizzazione delle quote arretrate. Ma quanti titoli azionari possedeva il
Vaticano in Italia in quel tempo? Ne possedeva per un
valore di circa cento miliardi. Nel febbraio del 1968 infatti il ministro delle Finanze Preti, nel corso di un dibattito alla Commissione Parlamentare per gli Affari
Esteri, disse che la Santa Sede possedeva titoli azionari
italiani per un valore di circa cento miliardi, con un dividendo che oscillava dai tre ai quattro miliardi l’anno.
Va detto però che il Vaticano pur accettando di pagare
la cedolare continuò a protestare in linea di principio
sostenendo che l’esenzione gli era dovuta sia giuridicamente in quanto ente morale ed ente internazionale sia
in base alla Legge sulle Guarentigie e al Concordato.
Dottrine e pratiche varie
Confutazione
Cristo quando fondò la sua Chiesa, e gli apostoli in seguito non affermarono mai che i beni materiali della
Chiesa e coloro che in essa svolgono una particolare opera hanno il diritto divino di essere esentati dal pagamento dei tributi allo Stato
Gesù disse: “Rendete dunque a Cesare quel ch’è di Cesare, e a Dio quel ch’è di Dio”.1 E si tenga presente che
queste parole egli le disse ai Giudei che erano in quel
tempo sotto la dominazione romana e perciò schiavi di
un’altra nazione sul proprio territorio che Dio aveva dato ad Abrahamo come eredità perpetua.
Paolo inoltre ha scritto ai santi di Roma: “Rendete a tutti
quel che dovete loro: il tributo a chi dovete il tributo; la
gabella a chi la gabella...”.2
Le cose sono chiare: tutti i credenti sono chiamati in
qualunque nazione vivano a pagare allo Stato di cui
fanno parte i tributi che esso impone loro. Questo obbligo si estende quindi anche ai ministri del Vangelo che
sono a pieno tempo e quindi vivono del Vangelo non
avendo un lavoro secolare. Nel loro caso però occorre
tener presente la legislazione dello Stato in materia, perché in taluni casi lo Stato - quando il pastore (ecc.) di
una Chiesa non avrà determinati requisiti, come quello
di far parte di una chiesa riconosciuta da esso come ente
giuridico - non esige il pagamento delle tasse sulle loro
entrate (mi riferisco qui alle offerte o allo stipendio che
riceve dalla chiesa in cui adempie il suo ministerio). Alla luce dell’insegnamento della Parola di Dio dunque,
non vi è ministro del Vangelo nella Chiesa che può affermare di avere ricevuto da Dio il diritto di non pagare
tasse sulle sue entrate per questo o per quell’altro motivo. Anche per quanto riguarda le proprietà che può possedere o ne entra in possesso il ministro del Vangelo, o
una Chiesa, vale lo stesso discorso; non esiste un diritto
basato sul Vangelo per cui queste proprietà hanno il diritto di essere esentasse. Considerando bene la cosa,
dobbiamo dire che se Dio avesse dato questo diritto ad
alcuni suoi servitori e alla sua Chiesa, il che avrebbe
implicato che lo Stato aveva l’obbligo da parte di Dio di
non imporre tasse ai ministri di Chiesa ed alle loro proprietà o alle proprietà della Chiesa (se questa ne fosse
venuta in possesso), Egli si sarebbe reso colpevole di
un’ingiustizia che avrebbe fatto biasimare la sua dottrina. Ma Dio è giusto e non può commettere ingiustizie di
nessun genere; per questo non ha accordato ai suoi ministri ed alla sua Chiesa un tale diritto che si sarebbe rivelato nei confronti degli altri cittadini di una nazione
una evidente ingiustizia. Errano dunque i teologi papisti
nell’affermare che i ministri e le istituzioni della chiesa
cattolica romana hanno il diritto di essere esentati dal
pagare i tributi all’autorità civile in virtù di un privilegio
concessogli da Dio. E come sempre avviene ogni qual
volta degli uomini che si dicono Cristiani e ministri della Chiesa di Dio si arrogano nei confronti dello Stato dei
diritti inesistenti, essi vengono biasimati. E difatti, per
La chiesa cattolica romana
citare un esempio tra i tanti, in un libro che parla dei
Patti Lateranensi, scritto da parte non cattolica, prima
dell’inizio dell’esposizione del Trattato e del Concordato del 1929 si leggono queste parole di avvertimento:
‘Pochi italiani conoscono ancora i Patti Lateranensi.
Quello che segue è il testo integrale. Le parti in neretto
sono quelle particolarmente lesive per la Costituzione
italiana ed evidenziano i grossi privilegi e le ingerenze
della chiesa romana’. E tra le parti in neretto ci sono anche l’art. 17 e l’art. 20 del Trattato, e la lettera H
dell’art. 29 del Concordato.
Per quanto riguarda le parole di Gesù a Pietro con cui il
Signore affermò che i figli sono esenti dai tributi va detto che con quelle parole Gesù non conferì ai suoi discepoli nessun diritto di non pagare le tasse perché con
quella risposta volle soltanto dire a Pietro che lui quale
Figlio del Re d’Israele aveva il diritto di non pagare i
tributi che ogni Israelita dai vent’anni in su doveva pagare per il mantenimento del culto a Dio. Ma questo diritto lo aveva solo lui, e non anche Pietro con lui. Ma
pure, Gesù volle pagare il tributo impostogli dagli uomini per non scandalizzarli e per questo mandò Pietro al
mare a gettare l’amo perché avrebbe trovato nella bocca
del primo pesce pescato il denaro da dare a coloro che
riscuotevano le didramme. E non solo il denaro che doveva pagare lui, ma anche quello che doveva pagare
Pietro infatti Gesù gli disse: “... prendi il primo pesce
che verrà su; e, apertagli la bocca, troverai uno statère.
Prendilo, e dàllo loro per me e per te”.3 Bell’esempio
questo di Gesù di cosa significa non essere d’intoppo
agli uomini. Per quanto riguarda infine il fatto dei sacerdoti d’Egitto le cui terre non furono acquistate da
Giuseppe per Faraone (essi ricevevano infatti da Faraone una provvisione e vivevano di essa, per questo non
venderono le loro terre), per cui essi non furono obbligati a pagare la quinta parte del reddito delle loro terre,
si tenga presente che ciò concerneva dei sacerdoti pagani. Essi erano mantenuti da Faraone che era anche lui
pagano. In quel comportamento di Faraone verso quei
sacerdoti non si ravvisa nessun diritto divino, per i ministri del Vangelo o per le chiese, di non pagare le tasse
sui propri beni.
IL FURTO
La dottrina dei teologi papisti
Il furto in alcuni casi non è un’ingiustizia.
‘Il furto in caso di necessità o il diritto dei poveri - E’ un
problema classico e rivela bene lo spirito del cristianesimo, il quale rifiuta di dare un carattere assoluto al diritto di proprietà. Viene chiamato anche il diritto dei poveri. Bisogna distinguere due casi: la miseria e la semplice povertà. a) Vi è miseria quando mancano i beni
necessari alla sopravvivenza e indispensabili per la vita
fisica. Chi si trova in questa situazione ha la vita in pericolo. In questo caso, se non ha altri modi per uscire dalla miseria, non solo può, ma deve prendere il bene di cui
ha immediatamente bisogno là dove si trova, salvo ov-
1
Matt. 22:21
Rom. 13:7
2
3
Matt. 17:27
211
Dottrine e pratiche varie
viamente presso chi è altrettanto o più misero di lui,
senza commettere né furto, né ingiustizia. Addirittura, in
questo caso, una terza persona può aiutare il bisognoso
con i beni di un altro’.1
Confutazione
Il furto è in abominio a Dio
La Scrittura dice: “Non rubare”.2 Questo lo dice al ricco
e al povero, al savio e all’ignorante, ai Giudei e ai Gentili, insomma a tutti. Se da questo ordine fossero dispensati i miseri Dio avrebbe dei riguardi personali nei confronti dei miseri, ma il comando è anche per loro e se lo
infrangono peccano perché il peccato è la trasgressione
della legge.
Certo, la Scrittura dice che “non si disprezza il ladro che
ruba per saziarsi quand’ha fame”,3 ma attenzione, la
Scrittura non lo giustifica, perché subito dopo dice che
“se è còlto, restituirà anche il settuplo, darà tutti i beni
della sua casa”.4 Questo significa che anche la coscienza
di chi ruba per fame accusa il ladro; perché mai infatti
egli sarebbe disposto a riparare il danno fatto restituendo il settuplo o tutti i beni della sua casa se venisse colto? Non è forse perché capisce, in virtù della voce della
sua coscienza, che egli sta facendo qualcosa di male? E
poi non dice forse la sapienza anche che “il pane frodato
è dolce all’uomo; ma, dopo, avrà la bocca piena di
ghiaia”?5 Quindi anche chi ruba il pane dell’altro per
sfamarsi alla fine sentirà il rimorso della coscienza dentro di lui. E questo perché egli ha peccato contro Dio, ed
il salario del peccato è la morte. Pensate a Gesù nel deserto dopo che ebbe passato quaranta giorni senza mangiare; egli ebbe fame. Secondo la teologia romana egli
avrebbe potuto sfamarsi rubando a qualcuno quello che
gli bisognava per sopravvivere senza commettere
un’ingiustizia! Ma che fece Gesù? Confidò nel Padre
suo e lo aspettò, ed Egli mandò i suoi angeli a servirlo.
Gesù in quell’occasione non si sarebbe mai permesso di
rubare neppure una briciola al suo prossimo perché egli
temeva ed amava Dio. Se egli avesse ragionato come
ragionano i papi egli avrebbe peccato e non avrebbe potuto redimerci.
Ma come abbiamo visto per la teologia papista è lecito a
qualcuno anche rubare per aiutare i bisognosi con ciò
che ha rubato, perché anche questo non è un’ingiustizia.
Ed anche qui dobbiamo dire che questa dottrina è dal
diavolo e non da Dio perché il comando di non rubare
vale in ogni circostanza della vita. Non si può rubare a
qualcuno per potere supplire ai bisogni degli altri con la
refurtiva perché la Scrittura dice: “Chi rubava non rubi
più, ma s’affatichi piuttosto a lavorare onestamente con
le proprie mani, onde abbia di che far parte a colui che
ha bisogno”.6 Notate che è lavorando onestamente che
1
Jean-Marie Aubert, op. cit., pag. 405
Es. 20:15
3
Prov. 6:30
4
Prov. 6:31
5
Prov. 20:17
6
Ef. 4:28
La chiesa cattolica romana
si deve venire incontro ai bisognosi e non rubando agli
altri. L’apostolo dice pure in un altro luogo che “se c’è
la prontezza dell’animo, essa è gradita in ragione di
quello che uno ha, e non di quello che non ha”7 o che ha
per averlo rubato agli altri. In altre parole se siamo
pronti ad aiutare il nostro prossimo la nostra prontezza
sarà gradita agli occhi di Dio in base a quello che abbiamo ma anche che abbiamo ottenuto onestamente. Se
nella legge era vietato di portare nella casa di Dio la
mercede di una meretrice perché l’offerta era contaminata dal peccato (in questo caso dal peccato di fornicazione), perché mai dovrebbe essere gradita a Dio un offerta fatta al nostro prossimo bisognoso con del denaro
o con altro rubato? Non sarebbe questa una contraddizione in cui sarebbe caduto Dio? No, Dio non è caduto
in nessuna contraddizione perché vieta il rubare in qualsiasi circostanza e per qualsiasi motivo. Il fine non giustifica i mezzi per il cristiano. Vuoi aiutare il tuo prossimo, dice Iddio? Fallo onestamente, con i tuoi beni e
non andare a rubare quelli degli altri. La Parola di Dio è
chiara e non lascia spazio a opinioni di nessun genere.
Ma noi vorremmo domandare a questi teologi papisti?
Ma non avete mai letto che Dio ha detto: “Ama il tuo
prossimo come te stesso” 8 ed ancora che “l’amore non
fa male alcuno al prossimo”?9 O che noi dobbiamo fare
agli altri tutto quello che vogliamo che gli altri facciano
a noi?10 Come potete dunque dire che rubare a qualcuno
per aiutare i bisognosi sia lecito? E poi ancora: Ma non
vi rendete conto che tenendo una simile condotta, anche
se il fine è buono, non si finisce che far biasimare la
dottrina e il nome di Dio? Ravvedetevi, smettete di ragionare in questa maniera perversa.
IL MONACHESIMO
La dottrina dei teologi papisti
E’ cosa buona e meritevole isolarsi dal mondo per darsi
alla vita monastica.
Per monachesimo si intende la vita ascetica in comune o
vita cenobitica nata in Oriente nel secolo quarto la quale
si diffuse quasi contemporaneamente anche in Occidente.
Inizialmente il monachesimo era poco o male organizzato ma con Benedetto da Norcia esso ricevette una regola ben precisa, la cosiddetta regola di Benedetto che
contribuì molto a sviluppare il monachesimo sia maschile che femminile. Lo stesso Benedetto costruì un
monastero a Montecassino attorno al 529. Da questo
monte, secondo Urbano II ‘quasi da paradisiaca fonte
scaturì la veneranda istituzione dell’Ordine monastico’.
Nel Medioevo questo monte arrivò ad essere paragonato
al monte Sinai. Per ciò che concerne la regola di Benedetto da Norcia essa dice che il monaco deve rinunciare
ad ogni bene materiale privato, rimanere casto e vivere
nella più profonda povertà personale. Inoltre, per ciò
2
212
7
2 Cor. 8:12
Matt. 22:39
9
Rom. 13:10
10
Cfr. Matt. 7:12
8
Dottrine e pratiche varie
che concerne le sue attività giornaliere esse sono la preghiera, la lettura e il lavoro.
Confutazione
Il monachesimo non è in armonia con l’insegnamento di
Gesù Cristo
Il monachesimo non è biblico perché i credenti, secondo
l’insegnamento del Signore, non sono chiamati a fare
una vita da eremiti, nel deserto o su un monte, lontano
dalle persone, ma sono invece chiamati a vivere in mezzo a questa generazione peccatrice risplendendo come
luminari.
Questo lo ha detto Gesù quando disse ai suoi: “Voi siete
la luce del mondo; una città posta sopra un monte non
può rimaner nascosta; e non si accende una lampada per
metterla sotto il moggio; anzi la si mette sul candeliere
ed ella fa lume a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”.1
Gesù stesso che era la luce del mondo visse in mezzo
alla gente di questo mondo, il suo ministerio non lo adempì in un cantuccio di questo mondo, ma pubblicamente in mezzo ai peccatori. Mangiò e bevve assieme ai
pubblicani e ai peccatori, insegnò per le strade, per le
piazze, sui monti, sulle rive del mare di Galilea, nelle
sinagoghe e nel tempio che erano i luoghi dove i Giudei
si radunavano per udire la legge e i profeti.
Qualcuno dirà: ‘Ma anche Gesù si appartò sul monte
con Giacomo, Giovanni e Pietro, anche lui si ritirava nei
luoghi deserti!’ Sì, è vero, ma è altresì vero che in questi
luoghi deserti egli non ci rimase tutta la sua vita come i
monaci o le monache di clausura. Lui si ritirava in luoghi deserti per pregare secondo che è scritto: “Si ritirava
ne’ luoghi deserti e pregava”,2 e: “Si ritirò in disparte
sul monte per pregare”,3 ma poco dopo tornava nei paesi
e nelle città per predicare l’Evangelo e guarire coloro
che avevano bisogno di guarigione.
Anche noi siamo persuasi che è cosa buona di tanto in
tanto appartarsi in luoghi solitari, lontani dal frastuono
della città o del paese, per pregare o meditare o leggere
la Parola di Dio; ma sentiamo sempre di dovere tornare
in mezzo alla gente che non conosce il Signore per testimoniargli con le nostre parole e con le nostre opere
l’Evangelo di Dio.
A che serve la lampada se dopo essere stata accesa viene messa sotto il letto? A nulla. Nella stessa maniera,
che utile ne avranno le persone del mondo se i discepoli
di Cristo si rifugiano in qualche luogo sperduto della
terra per vivere da eremiti? Nessuno.
Ricordiamo poi che sia nei monasteri dei monaci che
nei conventi delle monache, il fatto che essi devono rinunciare a sposarsi per vivere da persone caste, alimenta
sia la fornicazione che la sodomia. Vi sono abbondanti
fatti che comprovano tutto ciò.
La chiesa cattolica romana
Questa è una delle nefaste conseguenze del monachesimo. Tutto ciò ci insegna che ogni qual volta si viola la
Parola di Dio e si stabiliscono precetti umani che voltano le spalle alla verità i frutti non possono che essere
velenosi.
COLLANE, ANELLI, ORECCHINI, ECC.
La dottrina dei teologi papisti
E’ lecito alla donna mettersi addosso collane, anelli orecchini, ecc.
‘E’ vero che la Bibbia proibisce l’uso di collane, anelli,
orecchini e qualsiasi altro tipo di ornamento? Non è
vero. La Bibbia proibisce solamente l’uso degli ornamenti, che possono favorire l’orgoglio personale e il disprezzo dei poveri (Cfr Gn 41,42; Gdt 10,4)’.4 Il passo
citato dal libro di Giuditta dice: ‘Poi si mise (Giuditta) i
sandali, si adornò di collane, di braccialetti, di anelli, di
orecchini, di tutti i suoi gioielli; si fece così bella da invaghire ognuno che la guardasse’. Oltre a questi passi
Amatulli cita - in favore dell’ornamento esteriore - il
passo nel libro del Cantico dei cantici che dice: ‘Le tue
guance sono belle in mezzo alle collane, e il tuo collo è
bello tra i filari di perle”;5 e quello che in Luca dice che
il padre del figliuol prodigo al suo ritorno ordinò che si
rivestisse con la veste più bella e gli si mettesse un anello al dito.6
Confutazione
La Scrittura ordina che l’ornamento della donna non deve essere quello esteriore; perciò ella deve rigettare anelli, collane, orecchini, braccialetti, ecc.
L’apostolo Paolo dice a Timoteo: “Similmente che le
donne si adornino d’abito convenevole, con verecondia
e modestia: non di trecce e d’oro o di perle o di vesti
sontuose, ma d’opere buone, come s’addice a donne che
fanno professione di pietà”,7 e l’apostolo Pietro dice alle
mogli: “Il vostro ornamento non sia l’esteriore che consiste nell’intrecciatura dei capelli, nel mettersi attorno
dei gioielli d’oro, nell’indossar vesti sontuose, ma
l’essere occulto del cuore fregiato dell’ornamento incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi
di Dio è di gran prezzo. E così infatti si adornavano una
volta le sante donne speranti in Dio...”.8
Come si può vedere Dio vuole che le donne non si mettano addosso né gioielli d’oro e né perle, e quindi condanna l’indossare collane, orecchini, braccialetti, anelli
e così via.
Non è abbastanza chiara la Scrittura a tale riguardo?
Sono proprio questi ornamenti (collane, orecchini, anelli, braccialetti ecc.) che favoriscono l’orgoglio secondo
4
Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 166.
Cant. 1:10
6
Luc. 15:22
7
1 Tim. 2:9,10
8
1 Piet. 3:3-5
5
1
Matt. 5:14-16
Luca 5:16
3
Matt. 14:23
2
213
Dottrine e pratiche varie
La chiesa cattolica romana
che è scritto nel libro del profeta Ezechiele: “La bellezza dei loro ornamenti era per loro fonte d’orgoglio”.1
Perciò, o donne che professate la religione cattolica romana, sappiate che quando una donna si ravvede dai
suoi peccati e crede in Gesù Cristo, diventa una figlia di
Sara, ed ella deve smettere di indossare ogni sorta di
gioielli; anche l’anello nuziale, il cui uso, oltre tutto, si
basa su una superstizione.
menti indecenti per le donne. Nella legge è scritto che la
donna non si deve vestire come l’uomo.6
La Scrittura insegna infine che alla donna non è permesso insegnare infatti Paolo dice che non permette alla
donna d’insegnare.7 Ricordiamo che Gesù scelse e mandò a predicare dodici uomini, e poi settanta; e non delle
donne. Le donne lo seguivano e lo servivano.8 Chi ha
orecchi da udire oda.
CAPELLI, PANTALONI, VELO, INSEGNAMENTO
IL FUMO
La dottrina dei teologi papisti
La dottrina dei teologi papisti
La donna può mettersi i pantaloni, e può insegnare, e
non è obbligata a mettersi il velo sul capo quando prega.
‘Perché nella chiesa Cattolica le donne fanno cose che
non vanno d’accordo con la Bibbia, come per esempio
tagliarsi i capelli, usare i pantaloni, non coprirsi la testa con il velo, predicare, ecc.? Non tutto quello che si
trova nella Bibbia è dottrina. La Bibbia contiene anche
usanze, che non siamo obbligati a osservare’.2
Fumare non è peccato fino a che non si abusa del fumo.
‘E’ peccato fumare? Nella misura in cui il fumare causa
danno alla salute, è peccato. Dire che non si può fumare
nemmeno una sigaretta, è un’esagerazione, che serve
soltanto per ‘favorire il proprio orgoglio’.9
In altre parole, per la chiesa cattolica romana abusare
del fumo è peccato, non abusarne non è peccato. Questo
è confermato anche dal catechismo che dice: ‘La virtù
della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali’.10
Confutazione
La Scrittura dice che la chioma è un onore per la donna,
che si deve vestire da donna e con modestia e verecondia, che si deve coprire il capo quando prega o profetizza e che non le è permesso insegnare
Dalla risposta di Amatulli si evince chiaramente perché
tutte quelle cose che le donne fanno nella chiesa cattolica romana e che sono vietate dalla Scrittura sono tranquillamente accettate.
La Scrittura insegna che la chioma per la donna è un
onore e quindi il tagliarsi i capelli è un disonorarsi, come per l’uomo è disonorarsi farsi crescere la chioma sul
capo.3 La Scrittura dice che la donna deve avere sul capo, a motivo degli angeli, un segno dell’autorità da cui
dipende, e che questo segno è il velo.4 Per questo è
scritto che la donna che prega o profetizza a capo scoperto disonora il suo capo.5 Se l’uomo disonora il suo
capo, cioè Cristo, pregando o profetizzando con il capo
coperto; così la donna disonora il suo capo, cioè l’uomo,
se prega o profetizza con il capo scoperto.
La Scrittura insegna inoltre che la donna si deve vestire
con verecondia e modestia; i pantaloni sono dei vesti1
Ez. 7:20
Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 178. Come mai invece le ‘usanze’ che si trovano nella loro tradizione e non nella Bibbia,
secondo il magistero romano, si devono osservare? La risposta
non può essere che questa: ‘Perché la tradizione è più importante della Bibbia’.
3
Cfr. 1 Cor. 11:15,6,14. Ci sono delle donne con i capelli da
uomo, che nel vedere degli uomini con la chioma, esclamano:
‘Vedi quell’uomo? Sembra una donna!’; ma si dimenticano
che loro stesse agli occhi di coloro che temono Dio sembrano
più degli uomini che delle donne.
4
Cfr. 1 Cor. 11:10
5
Cfr. 1 Cor. 11:5
Confutazione
Fumare, o poco o tanto, è peccato
Questo insegnamento cattolico è falso perché Paolo dice
ai Corinzi: “Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e
che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Iddio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è
santo; e questo tempio siete voi”,11 ed ancora: “E non
sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito
Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Poiché foste comprati a prezzo;
glorificate dunque Dio nel vostro corpo”.12 Un credente
dunque si deve astenere totalmente dal fumare per non
contaminare e danneggiare il suo corpo che è il tempio
dello Spirito Santo. Dire che un credente almeno una
sigaretta al giorno la può fumare, ma cinquanta sigarette
non le può fumare è come dire che una bugia al giorno
la si può dire, ma cinquanta no, insomma che mentire è
lecito ma abusare della menzogna no.
IL BALLO
La dottrina dei teologi papisti
2
214
Il ballo in un clima di sano divertimento è ammesso.
6
Cfr. Deut. 22:5
Cfr. 1 Tim. 2:11,12
8
Cfr. Luca 8:2,3
9
Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 182
10
Rino Fisichella, op. cit., pag. 423
11
1 Cor. 3:16,17
12
1 Cor. 6:19,20
7
Dottrine e pratiche varie
‘E’ vero che è peccato ballare?’ Tutto dipende di che
tipo di ballo si tratta. Se si realizza in un clima di disordine morale, è peccato; se si fa in un clima di sano divertimento, è buono’,1 dopo di che viene citato il passo
della Scrittura in cui si dice che Davide e tutto Israele
danzavano dinanzi a Dio a tutto potere.
Confutazione
Il ballo in un clima di ‘sano’ divertimento è una concupiscenza carnale da cui i santi si devono astenere
Questa risposta di Amatulli fa chiaramente capire che il
ballo fatto in un clima di ‘sano’ divertimento è consentito dalla chiesa cattolica romana.
Ma che cosa si intende per clima di sano divertimento?
Ritengo che basta osservare il clima che in un qualsiasi
paese d’Italia regna quando arriva il giorno della festa
del ‘patrono’ del paese per rendersene conto. Non è forse vero che in quei giorni i Cattolici respirano aria di
sano divertimento? Certo che è così. Basta recarsi o
dentro le sale parrocchiali o in altri casi fuori da esse in
luoghi vicini al luogo di culto della chiesa cattolica e si
vedranno le feste con ballo organizzate dalla chiesa cattolica romana con i soldi raccolti nel paese in onore del
loro cosiddetto santo patrono. Per alcuni giorni musicisti
e cantanti si alternano in questo clima di sano divertimento per intrattenere gli abitanti del paese con musiche
di ogni genere; e sulla pedana montata davanti a loro
una folla di Cattolici romani, giovani e vecchi, ballano
al suono delle loro musiche. Ecco dunque il ballo fatto
in un clima di sano divertimento di cui parla Amatulli
Flaviano. Ma noi diciamo: Ma come si fa a paragonare
il ballo di Davide e del popolo d’Israele davanti a Dio
compiuto in quell’occasione del trasporto dell’arca
dell’Eterno con questo ballo a cui si abbandonano i Cattolici romani? Si deve essere per forza di cose ciechi per
farlo. Quel ballo compiuto da Davide e dal popolo era
un ballo che esprimeva la loro gioia, ma anche la loro
riconoscenza verso Dio perché l’arca dopo molto tempo
veniva trasportata a Gerusalemme. E che quel ballo fosse qualcosa di gradito a Dio lo si capisce anche dal fatto
che a motivo del fatto che Mical, moglie di Davide, disprezzò Davide perché lo vide saltare e danzare davanti
a Dio, Dio punì Mical privandola di figli fino alla sua
morte.2 Ma la stessa cosa non si può dire del ballo a cui
si abbandonano i Cattolici romani in queste feste patronali. Esso infatti è un ballo prodotto dalla lascivia e dalla lussuria, insomma dalle concupiscenze carnali, per
nulla espressione di gioia e di lode a Dio. Questo ballo
lo si può paragonare un po’ alle danze a cui si abbandonarono gli Israeliti quando si fecero il vitello d’oro secondo che è scritto che Mosè quando scese dal monte
“vide il vitello e le danze”.3 Sì perché come quelle danze erano fatte in onore del loro idolo così anche le danze
dei Cattolici romani sono fatte in onore dei loro idoli;
che però non hanno la forma del vitello d’oro, ma la
La chiesa cattolica romana
forma di un personaggio umano che è diverso a secondo
del luogo.
Come gli Israeliti si adagiarono per mangiare e bere e
poi si alzarono per divertirsi, così fanno i Cattolici in
queste occasioni; mangiano e bevono e poi si mettono a
danzare a suon di musica rock, o disco, o altro, insomma si divertono come fecero gli Israeliti. Tutto ciò è in
abominio a Dio perché non glorifica Dio.
Per ballo in clima di sano divertimento tollerato dalla
chiesa cattolica romana si deve intendere anche quello
che ha fatto recentemente un prete di Napoli. Eccone il
resoconto tratto da un periodico cattolico: ‘Altri preti
vanno in discoteca per parlare di Dio con i giovani; lui
ha preferito trasformare il salone parrocchiale in una
sala da ballo, per sottrarre i ragazzi ai rischi del sabato
sera e per avvicinarli alla vita della comunità. Padre Mario Rega, 58 anni, religioso dei Pii Operai Catechisti
Rurali, è l’inventore di questa nuova strategia pastorale
per superare la barriera tra Chiesa e nuove generazioni:
un’idea che - assicura - ha già prodotto frutti insperati,
riportando tra i banchi della chiesa o nelle sale della catechesi decine di ragazzi e ragazze che prima rimanevano a debita distanza dalle porte del tempio. Siamo nel
centro di Napoli, in via Toledo, nella storica chiesa di
San Nicola alla Carità. Zona di confine tra la city degli
affari e i ‘Quartieri spagnoli’, priva di luoghi di aggregazione per i giovani ma densa di pericoli per chi dispone soltanto della strada come passatempo. ‘Vedevo i ragazzi trattenersi per ore sulle panchine’, racconta il sacerdote, ‘e mi chiedevo come poter stabilire con loro un
contatto’. Poi l’intuizione: usare il salone parrocchiale
per fare trascorrere ai giovani delle serate di divertimento sicure, lontano da droga, alcol, incidenti stradali. Padre Rega acquista le luci e l’impianto di amplificazione,
chiede aiuto per l’organizzazione ai ragazzi che frequentano assiduamente la parrocchia. A fine novembre
la discoteca debutta, ed è subito successo...’.4 Ancora
una volta dobbiamo constatare che per i preti vale sempre la massima dei Gesuiti ‘il fine giustifica i mezzi’.
Mi pare che ogni confutazione sia superflua!
Con questo nostro discorso abbiamo voluto dimostrare
che la differenza tra i due tipi di balli che fa Amatulli
Flaviano non esiste; è solo un sofisma per giustificare i
balli organizzati dalla chiesa cattolica romana. Sia quelli
in onore del loro ‘santo patrono’ di turno e sia quelli organizzati alla maniera di quel prete di Napoli e sia altri.
D’altronde, la chiesa cattolica romana si deve pur cattivare in qualche maniera l’amicizia e il favore dei suoi
fedeli che amano divertirsi, altrimenti questi non si faranno più vedere nei suoi luoghi di culto con grave danno economico per le sue casse. Quindi alla radice di
questi vani ragionamenti c’è ancora una volta l’amore
del denaro.
1
Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 155
Cfr. 2 Sam. 6:16-23
3
Es. 32:19
2
4
Jesus, Febbraio 1997, pag. 85
215
Dottrine e pratiche varie
LE PRESCRIZIONI DELL’ASSEMBLEA DI GERUSALEMME
La dottrina dei teologi papisti
Le decisioni prese dall’assemblea di Gerusalemme sono
cadute da sé e perciò non sono più valide.
La chiesa cattolica romana insegna che la delibera
dell’assemblea di Gerusalemme di doversi astenere dal
sangue, dalle cose soffocate e dalle cose sacrificate agli
idoli oggi non è più valida.
Nel 1442 il concilio di Firenze ha infatti deliberato
quanto segue: ‘Anche la proibizione degli apostoli delle
cose immolate ai simulacri, del sangue e delle carni soffocate era adatta al tempo in cui dai giudei e gentili, che
prima vivevano praticando diversi riti e secondo diversi
costumi, sorgeva una sola chiesa. In tale modo giudei e
gentili avevano osservanze in comune e l’occasione di
trovarsi d’accordo in un solo culto e in una sola fede in
Dio, e veniva tolta materia di dissenso (...) Ma quando
la religione cristiana si fu talmente affermata da non esservi più in essa alcun Giudeo carnale, ma anzi tutti
d’accordo erano passati alla chiesa, condividendo gli
stessi riti e cerimonie del Vangelo, persuasi che per
quelli che sono puri ogni cosa è pura, allora venne meno
la causa di quella proibizione, e perciò anche l’effetto’.1
A questa dichiarazione aggiungiamo le seguenti conferme.
Nel periodico Alleluja Francis A. Sullivan (teologo del
movimento carismatico cattolico) dopo avere esposto gli
articoli di fede della Chiesa Cristiana Evangelica Pentecostale così come sono esposti nel periodico Risveglio
Pentecostale del Novembre 1953, tra i cui articoli vi è il
seguente: ‘Noi crediamo che è necessario astenersi dalle
cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione, in ossequio a quanto decretato
dallo Spirito santo nel primo Concilio di Gerusalemme’,
facendo notare le divergenze più importanti che esistono
tra la fede pentecostale e quella cattolica afferma:
‘L’insistenza dei pentecostali sulla obbligatorietà permanente dei ‘decreti’ del Concilio di Gerusalemme è un
esempio di interpretazione ‘fondamentalistica’ della Sacra Scrittura. Tali prescrizioni hanno avuto ragione nella
situazione della chiesa primitiva, quando c’erano molti
cristiani convertiti dal giudaismo che ancora osservavano la Legge Mosaica. Cambiata la situazione, non hanno
più ragione o forza per quanto riguarda le prescrizioni
dietetiche’.2
Nella Bibbia cattolica (Ediz. Paoline del 1971) in una
nota che parla dell’assemblea di Gerusalemme si legge:
‘Giacomo, dopo avere confermato le parole di Pietro
con la Scrittura (Am. 9,11-12), propone delle prudenziali misure disciplinari che, avendo il fine provvisorio di
rendere più facili le relazioni fra i Gentili e i Giudei,
caddero da sé, quando la fusione fu completa’. Notate
che in questo caso anche l’astensione dalla fornicazione
è inclusa tra le misure disciplinari che caddero da sé;
1
Concilio di Firenze, Sess. XI del 4 Febbraio 1442
Alleluja, Marzo-Aprile 1976, pag. 4-5
2
216
La chiesa cattolica romana
mentre nelle parole di Sullivan sopra esposte la fornicazione resta tuttora valida.
Nella New Catholic Encyclopedia (1967) alla voce ‘Gerusalemme, Concilio di’ si legge a riguardo delle ingiunzioni date a quel Concilio quanto segue: ‘Fuori dagli Atti nessuna menzione di esse è fatta; Paolo non si
riferisce mai ad esse (cf. 1 Cor 8.1-10.30) nelle sue Epistole, un indicazione che esse erano solo di importanza
locale e temporanea’.
Quindi, per ricapitolare; quello che parve bene allo Spirito Santo e agli apostoli e agli anziani di imporre a noi
Gentili per il nostro bene non è più valido oggi perché le
circostanze sono cambiate.
Confutazione
Le decisioni dell’assemblea di Gerusalemme devono
essere ancora osservate da tutti i santi di fra i Gentili
L’insegnamento papista sopra esposto è falso; questo
significa fare dire alla Parola di Dio quella che essa non
dice. Ma che c’è da meravigliarsi di tutto ciò? La chiesa
cattolica ci ha abituato a questo.
Quello che fa indignare è che la decisione di
un’assemblea che sappiamo con certezza essere giusta
perché fu lo Spirito Santo a fargliela prendere venga reputata sorpassata (è da tenere presente che molti teologi
papisti per la fornicazione da cui bisogna astenersi secondo l’assemblea di Gerusalemme intendono il matrimonio tra parenti prossimi o tra consanguinei),3 mentre
le decisioni dei loro passati e più recenti concili pieni di
intrighi di ogni genere e da dove sono scaturite eresie di
ogni genere quelle vengono proclamate ai quattro venti
come infallibili, come stabili nei secoli dei secoli e vengono accompagnate dagli anatemi contro chi ardirà trasgredirle o disconoscerle. Basta prendere il testo del
concilio di Trento che viene ancora citato a più non posso per rendersi conto di questo. Ecco quello a cui si assiste nella chiesa cattolica!
Ma veniamo alla confutazione di quest’altra eresia della
chiesa cattolica romana. Risponderemo punto per punto
alle loro obbiezioni per dimostrare quanto vane esse
siano.
1) Queste misure disciplinari caddero da sé quando la
fusione fra Giudei e Gentili fu completa.
Noi domandiamo: ‘E quando la fusione fu completa?’
E’ bene ricordare che la fusione tra Giudei e Gentili era
già completa quando ci fu l’assemblea di Gerusalemme.
Con ciò vogliamo dire che c’erano già chiese formate da
Giudei convertiti e Gentili convertiti che con la grazia di
Dio andavano avanti nelle vie di Dio. E questo perché
Cristo mediante la sua morte aveva fatto dei due popoli
uno solo ed aveva abbattuto il muro di separazione che
3
Nella Bibbia edizioni Paoline del 1990 nella nota di Atti
15:13-21 si legge infatti che per fornicazione si intende ‘i matrimoni tra consanguinei’. Il fatto quindi che essi ritengono
decaduta anche l’ingiunzione di non sposarsi parenti stretti
spiega il perché la chiesa cattolica ritiene che un nipote si può
sposare sua zia, cosa questa condannata dalla legge di Dio
(cfr. Lev. 18).
Dottrine e pratiche varie
c’era tra Giudei e Gentili con l’abolire nella sua carne la
causa dell’inimicizia, la legge fatta di comandamenti in
forma di precetti. Non è che si dovette aspettare
l’assemblea di Gerusalemme per vedere Giudei credenti
e Gentili credenti andare d’accordo; perché questo accordo c’era già in Cristo: essi erano fratelli membri di
uno stesso corpo. Ad Antiochia di Siria per esempio
c’erano sia Giudei che Gentili che avevano creduto;1
come anche ad Antiochia di Pisidia2 ed Iconio3 dove erano stati a predicare Paolo e Barnaba nel loro viaggio
missionario.
Ma allora per quale ragione si riunì quell’assemblea a
Gerusalemme? Perché dopo che Paolo e Barnaba erano
tornati ad Antiochia dalla loro missione in cui Dio aveva aperto la porta della fede ai Gentili, dei Giudei venuti
dalla Giudea si misero a insegnare che senza la circoncisione secondo il rito di Mosè non si poteva essere salvati; al che ne nacque una grande discussione tra Paolo
e Barnaba e costoro: il motivo è evidente. Insegnare la
circoncisione significava annullare la grazia di Dio perché la salvezza non era più per grazia ma per opere. Fu
deciso allora che Paolo e Barnaba e altri fratelli salissero a Gerusalemme per discutere la questione con gli apostoli e gli anziani. Allora in quell’incontro fu deciso
che ai fratelli di fra i Gentili non si doveva imporre né la
circoncisione e né l’osservanza della legge per esser
salvati perché questo avrebbe significato tentare Dio, e
porre sul collo dei discepoli un giogo pesante insopportabile al posto del giogo leggero di Gesù Cristo. Ma
quantunque non fu imposta ai Gentili l’osservanza della
legge per la loro salvezza, pure parve bene allo Spirito
Santo imporre loro di astenersi dalla fornicazione, dove
per fornicazione si intende il rapporto carnale illecito
con una donna che non è la propria moglie,4 dalle cose
soffocate, dalle cose sacrificate agli idoli e dal sangue;
che erano tutte cose che erano contenute nella legge di
Mosè. Vorrei fare notare che queste prescrizioni furono
deliberate dallo Spirito Santo innanzi tutto perché gli
apostoli dissero: “E’ parso bene allo Spirito Santo ed a
noi...”,5 il che fa chiaramente capire che quelle prescrizioni non possono essere un giogo pesante per coloro
che sono sotto la grazia, e difatti non lo sono. Noi Gentili di nascita non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscerlo.
Va notato poi che il fatto che furono date ai Gentili solo
queste prescrizioni contenute nella legge, non significa
che altre prescrizioni come per esempio quella di non
consultare gli spiriti, o gli indovini, ed altre di natura
comportamentale o morale non dovessero essere osservate dai Gentili, ma solo che in quell’occasione lo Spirito Santo volle porre l’attenzione su quelle prescrizioni
necessarie, probabilmente perché esse erano tra le più
trasgredite fra i Gentili e perciò quando i Gentili si convertivano a Cristo erano tentati a continuare a trasgredirle con molta facilità.
1
Cfr. Atti 11:19-21
Cfr. Atti 13:43,48
3
Cfr. Atti 14:1
4
Riteniamo comunque che anche lo sposarsi la propria sorella
o la propria zia o nipote significa trasgredire la Parola di Dio.
5
Atti 15:28
2
La chiesa cattolica romana
Ma c’è ancora qualcosa da dire: Prendiamo anche solamente le prescrizioni che riguardano l’alimentazione,
dato che alcuni commentatori cattolici intendono la fornicazione bandita dall’assemblea come la intendiamo
noi e ritengono perciò che il suo divieto sia ancora valido, per quale motivo oggi non dovrebbero essere più
valide quando ancora oggi ci sono Giudei che credono e
Gentili che credono e in qualsiasi Chiesa dove si trovano assieme possono sempre insinuarsi dei Giudei che
dicono che se i Gentili non si fanno circoncidere e non
osservano la legge di Mosè non possono essere salvati e
si ripresenterebbero così le stesse circostanze che si verificarono ad Antiochia e a Gerusalemme? Non è forse
questo un motivo per cui è errato ritenere cadute quelle
prescrizioni dietetiche quando quelle stesse circostanze
possono ripresentarsi in ogni tempo? Ed ancora: Ma
perché ritenerle cadute quando ancora oggi molti tra i
Gentili in tutto il mondo uccidono gli animali soffocandoli, sacrificano carni e altri cibi agli idoli, e mangiano il sangue esattamente come facevano i Gentili ai
giorni degli apostoli? E’ vero che quelle prescrizioni
dietetiche furono date ufficialmente ai Gentili in quella
circostanza particolare per appianare la via dato che era
venuto a crearsi quel grave problema ma forse che lo
Spirito Santo volle dare quelle prescrizioni solo per un
tempo in attesa di tempi ‘migliori’? Affatto; se fosse
stato così lo avrebbe detto. Anche gli apostoli avrebbero
sottolineato con forza che quelle prescrizioni dietetiche
non avrebbero più avuto forza o ragione di essere quando Giudei e Gentili si sarebbero ben amalgamati. Ma
ecco che sono arrivati i teologi cattolici romani e con un
sofisma hanno cancellato la validità di quelle prescrizioni. Siamo fondamentalisti per loro perché interpretiamo la Scrittura in maniera fondamentalistica; ma se è
per questo allora siamo in buona compagnia perché lo
erano anche gli apostoli dei ‘fondamentalisti’.
L’osservanza delle prescrizioni dietetiche date a Gerusalemme non è neppure qualcosa lasciata alla volontà dei
credenti o come dicono altri ‘una questione di libertà
cristiana’; perché esse non sono facoltative per cui chi
vuole le può osservare e chi non vuole no; essa ci è imposta dallo Spirito Santo. Qui non si tratta di considerare personalmente la carne di coniglio impura e di astenersi da essa, o di non volere bere vino per delle opinioni personali, perché in questi casi uno è libero di agire in
base alla sua convinzione personale e non deve essere
giudicato (sempre che non lo imponga ad altri); qui si
tratta di trasgredire dei comandamenti dati per mezzo
dello Spirito Santo, che pur concernendo cibi sono molto importanti tanto che vengono messi assieme alla prescrizione di astenersi dalla fornicazione. Nessuno dunque vi inganni fratelli.
2) Quelle prescrizioni dietetiche avevano valore solo
localmente.
E’ vero che la lettera che gli apostoli e gli anziani scrissero fu indirizzata ai fratelli di fra i Gentili che si trovavano in Antiochia, in Siria e in Cilicia perché così dice
il testo;6 ma questo non significa che il suo contenuto
avesse valore solo per i credenti che abitavano in quelle
6
Cfr. Atti 15:23
217
Dottrine e pratiche varie
zone. Sarebbe come dire che l’epistola di Paolo ai Colossesi era valida solo per i credenti di Colosse o quella
ai Romani solo per i santi di Roma solo perché non c’è
scritto che esse erano rivolte a tutti i santi sulla faccia
della terra. E’ chiaro che quelle lettere furono scritte in
una particolare circostanza a Chiese specifiche, ma il
loro messaggio è valido per tutti i credenti di tutte le età:
la stessa cosa va detta di quella lettera scritta a quei credenti di quelle zone sopra menzionate. E che sia così è
confermato dal fatto che dopo che quella lettera fu portata ad Antiochia e letta là; quando Paolo e Sila partirono per visitare i fratelli nelle città dove erano stati precedentemente Paolo e Barnaba è scritto che “Passando
essi per le città, trasmisero loro, perché le osservassero,
le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme”.1 Per quali città? Derba, Listra, Iconio, Antiochia di Pisidia, ed altre che non facevano parte né della Siria e né della Cilicia che sono le zone di cui
si parla nella lettera redatta da quei di Gerusalemme.
Abbiamo un’ulteriore conferma che quelle prescrizioni
erano valide anche per i credenti di altre zone nel fatto
che nella Chiesa di Tiatiri vi era una donna di nome Jezabel che insegnava e seduceva i servitori del Signore
affinché mangiassero cose sacrificate agli idoli,2 e nella
Chiesa di Pergamo quelli che professavano la dottrina di
Balaam insegnando a mangiare le cose sacrificate agli
idoli;3 in ambedue questi casi il Signore riprova il mangiare le cose sacrificate agli idoli da parte di suoi discepoli. E badate che Tiatiri e Pergamo erano delle città
dell’Asia,4 e non della Siria o della Cilicia.
Le ragioni che adducono dunque i Cattolici per questo
‘cadere da sé’ delle prescrizioni dietetiche sono esse che
non hanno forza, sono esse che non hanno ragione di
essere. Ribadisco con forza che noi credenti in Cristo
Gesù di fra i Gentili in ubbidienza allo Spirito Santo
dobbiamo osservare e fare osservare ancora oggi le prescrizioni date per noi Gentili perché esse sono ancora
valide, tali e quali come erano ai giorni dell’assemblea
di Gerusalemme. Ma anche che in ubbidienza allo Spirito Santo dobbiamo rigettare tutti quei precetti dietetici e
non dietetici che si oppongono alla Parola di Dio presi
da tutti i concili della storia del cristianesimo, che sono
tanti.
3) L’apostolo Paolo nelle sue epistole non si riferisce
mai alle prescrizioni dietetiche dell’assemblea di Gerusalemme perciò esse debbono essere ritenute decadute.
In particolare i sostenitori di questa tesi fanno presente
il fatto che quando Paolo parla ai Corinzi delle cose sacrificate agli idoli egli permette ai credenti di quella città di mangiarle il che va apertamente contro il decreto di
Gerusalemme.
Ma le cose non stanno affatto così; perché leggendo attentamente le parole di Paolo ai Corinzi su questa specifica questione si noterà che egli non voleva che i credenti mangiassero le cose sacrificate agli idoli. Per con-
La chiesa cattolica romana
fermare ciò facciamo notare le seguenti affermazioni di
Paolo.
- “Alcuni, abituati finora all’idolo, mangiano di quelle
carni com’essendo cosa sacrificata a un idolo; e la loro
coscienza, essendo debole, ne è contaminata”.5 Quindi
nella Chiesa di Corinto c’erano alcuni credenti che continuavano a mangiare delle cose sacrificate agli idoli e
la loro coscienza ne veniva contaminata da questo atto.
- “Io dico che le carni che i Gentili sacrificano, le sacrificano ai demonî e non a Dio; or io non voglio che abbiate comunione coi demonî”;6 quindi Paolo era persuaso che per un credente mangiare delle carni sacrificate
agli idoli significava avere comunione con i demoni
perché quelle carni erano contaminate.
Per quanto riguarda le affermazioni di Paolo secondo le
quali i credenti potevano mangiare tutto ciò che vendevano al macello e tutto quello che veniva posto davanti
a loro dagli increduli se invitati presso di loro, 7 diciamo
questo: con esse Paolo non ha contrastato affatto il decreto di Gerusalemme perché egli ha detto solo di mangiare ciò che viene venduto al macello o che ci viene
messo davanti da persone del mondo senza fare inchieste; notate il “senza fare inchieste”;8 e quindi
quand’anche quelle carni fossero state sacrificate agli
idoli, noi non sapendo nulla di ciò, non abbiamo comunione con i demoni, perché ci accostiamo a quelle carni
non come se fossero cose sacrificate agli idoli ma come
un qualsiasi tipo di cibo.
Altra cosa invece è se noi sapendo che quelle carni sono
sacrificate agli idoli ci accostiamo ad esse ritenendo che
quelle carni se mangiate possano esserci di qualche utilità spirituale; allora in quel caso noi avremmo comunione con i demoni e provocheremmo Dio a gelosia.
Perciò è sbagliato pensare che Paolo con quelle parole
abbia voluto dimostrare che il decreto di Gerusalemme
riguardante le carni sacrificate agli idoli era stato solo
circoscritto ad un tempo e ad un luogo.
LA CREAZIONE DELL’UOMO
La dottrina dei teologi papisti
L’uomo discende dai bruti.
Pio XII (1939-1958) nell’enciclica Humani Generis
(1950) affermò quanto segue: ‘Il Magistero della Chiesa
non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle
scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la
dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da
materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio)’. Come potete vedere in questa enciclica
l’evoluzione non venne affatto condannata, ma venne
implicitamente ammessa sia pure come ipotesi e con
prudenza. Il fatto che anche i teologi furono incoraggiati
1
5
2
6
Atti 16:4
Cfr. Ap. 2:20
3
Cfr. Ap. 2:14
4
Cfr. Ap. 1:4,11
218
1 Cor. 8:7
1 Cor. 10:20
7
Cfr. 1 Cor. 10:23-30
8
1 Cor. 10:25,27
Dottrine e pratiche varie
a fare delle ricerche e a discuterne dimostrò certamente
un certo favore della chiesa cattolica verso questa teoria
dell’evoluzione. Sono passati quasi cinquanta anni da
quella enciclica; come stanno oggi le cose? Stanno che
la chiesa cattolica romana insegna l’evoluzione
dell’uomo cioè che l’uomo deriva da esseri inferiori o
da bruti. Ma non è un evoluzione che esclude l’atto creativo di Dio ma un evoluzione che presuppone la creazione. Ecco infatti quanto ha affermato Giovanni Paolo
II in un Simposio su Fede cristiana e teoria
dell’evoluzione: ‘Una fede rettamente compresa nella
creazione e un insegnamento rettamente inteso
dell’evoluzione non creano ostacoli (...) L’evoluzione
infatti presuppone la creazione; la creazione si pone nella luce dell’evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo - come una creatio continua - in cui
Dio diventa visibile agli occhi del credente come creatore del cielo e della terra’.1 Questo tipo di evoluzione sostenuto dalla chiesa romana è chiamato evoluzionismo
antropologico
mitigato
e
si
differenzia
dall’evoluzionismo antropologico radicale di Lamarck,
di Darwin e di Haeckel e professato da molti biologi,
perché esso afferma che l’evoluzione è ristretta solo
all’origine del corpo umano (giacché l’anima è creata
direttamente da Dio) mentre quello radicale afferma che
l’evoluzione dell’uomo comprende anche l’anima. Ma
nella sostanza che cosa dice questo tipo di evoluzionismo sostenuto dalla chiesa romana? Questo; che Dio
mediante uno speciale intervento sia causa principale
del corpo umano, ma si è servito di un bruto come di
materia e strumento. In altre parole, come dice Fiorenzo
Facchini, ‘l’uomo è frutto, a un tempo, dell’evoluzione
biologica e di un concorso particolare creativo di Dio’,
perché si è evoluto da un essere inferiore creato da Dio.
Uno studioso cattolico, per spiegare questo concetto, ha
affermato: ‘Non discendiamo dai bruti, ma ascendiamo
da essi’. Quindi a distanza di circa mezzo secolo
dall’enciclica Humani Generis di Pio XII l’evoluzione
non è più una semplice ipotesi ma una verità da abbracciare a braccia aperte che non si deve mettere in dubbio:
ecco come recentemente Giovanni Paolo II ha posto fine
ad ogni dubbio: ‘L’Enciclica Humani generis considerava la dottrina dell’‘evoluzionismo’ un’ipotesi seria,
degna di una ricerca e di una riflessione approfondite
al pari dell’ipotesi opposta (...) Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell’Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria
dell’evoluzione una mera ipotesi. E’ degno di nota il
fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta
all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di
scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere’.2
Confutazione
L’uomo fu fatto da Dio a sua immagine e somiglianza, e
quindi non fu mai un bruto
La chiesa cattolica romana
Siamo veramente disgustati nel vedere come questa
chiesa, che si dice cristiana ed afferma di avere nel suo
magistero un’interprete infallibile della Scrittura, cerchi
di conciliare le ipotesi scientifiche con la Parola di Dio
finendo così per dare un altro significato alla creazione
dell’uomo così come è descritta ed insegnata dalla sacra
Scrittura.
Questo atteggiamento della chiesa cattolica romana nei
confronti di questa dottrina diabolica che è
l’evoluzionismo è l’ennesima dimostrazione del disprezzo che essa nutre verso la Parola di Dio. Passiamo
ora alla distruzione di questi ragionamenti che si elevano contro la conoscenza di Dio.
Nel libro della Genesi è scritto: “E l’Eterno Iddio formò
l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici
un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente...
L’Eterno Iddio prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino d’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. E
l’Eterno Iddio diede all’uomo questo comandamento:
Mangia pure liberamente del frutto d’ogni albero del
giardino; ma del frutto dell’albero della conoscenza del
bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che
tu ne mangerai, per certo morrai... E l’Eterno Iddio avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e
tutti gli uccelli dei cieli, li menò all’uomo per vedere
come li chiamerebbe, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli darebbe. E l’uomo dette
de’ nomi a tutto il bestiame, agli uccelli dei cieli e ad
ogni animale dei campi..”.3
La Scrittura è chiara; Dio il sesto giorno fece l’uomo
dalla polvere della terra. Non può essere vero quindi in
nessuna maniera che l’uomo si sia evoluto con il tempo
da dei bruti innanzi creati da Dio fino a diventare
quell’essere che oggi noi conosciamo perché in questo
caso Dio avrebbe formato l’uomo da della materia vivente e non più da materia inorganica come dice la
Scrittura. In altre parole l’uomo non può essere il frutto
di un evoluzione biologica da materia vivente perché la
materia da cui Dio trasse l’uomo non era materia organica ma semplice polvere (ed in quella torna l’uomo
quando muore secondo che disse Dio: “Mangerai il pane
col sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra
donde fosti tratto; perché sei polvere, e in polvere ritornerai”).4 Inoltre va notato che benché anche gli animali
della terra, e quindi anche tutte le specie di scimmie,
furono anch’essi creati il sesto giorno l’uomo fu formato
il sesto giorno con un atto creativo ben distinto; quindi
la scimmia fu fatta scimmia, e l’uomo fu fatto uomo. A
ciò aggiungiamo il fatto che Dio quando creò l’uomo
disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra
somiglianza...”;5 perché anche questo conferma che
l’uomo non può in nessuna maniera derivare da un essere inferiore animale, perché appunto fu fatto ad immagine e somiglianza di Dio subito, all’istante. Non è
quindi che prima Dio formò la scimmia e poi la fece evolvere, nel corso di non si sa quanti millenni o milioni
di anni, fino a farla diventare uomo fatto a sua immagi3
1
L’Osservatore Romano 27 Aprile 1985
2
L’Osservatore Romano, 24 Ottobre 1996
Gen. 2:7,15-17,19,20
Gen. 3:19
5
Gen. 1:26
4
219
Dottrine e pratiche varie
ne e somiglianza; no, Dio fece subito l’uomo a sua immagine e somiglianza.
Ed infine aggiungiamo che Dio quando fece l’uomo gli
parlò, quindi l’uomo aveva la facoltà di intendere, e poi
che gli menò gli animali affinché lui li chiamasse per
nome il che ci fa capire che egli era dotato di intelligenza. Questo ancora esclude qualsiasi forma di evoluzione. Ma veniamo al nocciolo della questione: perché voler negare che Dio abbia creato distintamente dagli esseri animali un essere umano tale e quale a quello che noi
conosciamo oggi traendolo dalla polvere della terra in
un tempo breve se non in pochi istanti? Perché volere
affermare questa ‘creatio continua’? Noi riteniamo che
la ragione per cui la chiesa cattolica romana si sia aperta
alla teoria evolutiva è perché quello che è scritto nella
Genesi sulla creazione dell’uomo è diventato
all’improvviso, dinanzi alle ricerche scientifiche, troppo
semplice per essere vero, ed in aperto contrasto con
quello che dicono gli scienziati sulla origine dell’uomo,
così in netto contrasto che se avesse continuato ad insegnare una creazione dell’uomo che escludeva qualsiasi
forma di evoluzionismo avrebbe finito coll’essere dichiarata contraria alla ragione umana ed alla scienza, e
così via. Perciò essa ha cercato il compromesso; che
consiste da un lato in una negazione parziale
dell’evoluzionismo (cioè di quello che dice che l’anima
deriva dalla materia e non è stata infusa nell’uomo da
Dio) e dall’altro nell’affermazione che Dio ha creato un
essere inferiore, un bruto, da cui col tempo ha fatto evolvere l’essere umano; e tutto questo finisce
coll’annullare il chiaro insegnamento della Parola di
Dio. Ennesima chiara prova questa che quando si cerca
di piacere agli uomini anziché a Dio, quando si decide
di conformarsi al presente secolo, si finisce col mettersi
contro la Parola di Dio e quindi contro Dio. Badate
dunque a voi stessi fratelli affinché anche voi non cadiate nello stesso errore; rimanete attaccati alla Parola di
Dio. Non cercate di adeguarla alle teorie degli uomini;
ma credetela anche se le cose che essa dice vi paiono
andare contro la ragione e contro la logica umana.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE
La dottrina dei teologi papisti
I sei giorni della creazione sono ere geologiche.
‘Non dobbiamo già credere che Dio abbia creato il
mondo in una settimana, che nel sesto giorno di questa
settimana abbia creato l’uomo; Dio non creò il mondo
in un attimo come ora lo vediamo, ma dopo creata la
materia la fece ordinare e disporre nel corso di secoli
innumerevoli, lunghi periodi geologici’.1
Confutazione
I sei giorni della creazione sono giorni di 24 ore
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 36
220
La chiesa cattolica romana
Anche questo insegnamento papista è falso perché la
Scrittura ci dice chiaramente che i giorni della creazione
sono letterali infatti essa dice alla fine di ognuno dei sei
giorni: “Così fu sera, poi fu mattina”,2 e non lunghe ere
geologiche. Che poi le cose stanno così lo fece capire
chiaramente Dio quando promulgò l’ordine di osservare
il sabato; egli disse infatti: “Lavora sei giorni e fà in essi
ogni opera tua; ma il settimo è giorno di riposo, sacro
all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno.... poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra,
il mare e tutto ciò ch’è in essi, e si riposò il settimo
giorno...”.3
IL RITORNO DI CRISTO
La dottrina dei teologi papisti
Al ritorno di Cristo i credenti viventi morranno e risorgeranno assieme a coloro che erano già morti, e non
inizierà nessun regno millenario.
Nel Nuovo Manuale del Catechista si legge: ‘Gesù Cristo tornerà visibilmente su questa terra alla fine del
mondo per giudicare i vivi e i morti, ossia tutti gli uomini, buoni e cattivi (...) Insegnandoci che nostro Signore Gesù Cristo verrà a giudicare tutti, i vivi ed i morti, il
Catechismo ci spiega pure che per morti qui intende i
cattivi, e per vivi i buoni’.4
Che cosa significa tutto ciò? Che secondo la dottrina
cattolica quando Cristo tornerà, non inizierà il millennio
durante il quale i santi regneranno con lui sulla terra; e
difatti essi rigettano il millennio come periodo di mille
anni durante il quale Cristo regnerà sulla terra con i suoi
santi. Pasquale Lorenzin in Teologia dogmatica, parlando del millenarismo sorto nei primi tempi della Chiesa,
lo chiama eresia.5
Ma c’è un’altra cosa attorno al ritorno di Cristo che rigettano i Cattolici è cioè il fatto che al ritorno di Cristo i
credenti viventi sulla terra non morranno. Ecco come si
esprime Pasquale Lorenzin nel suo libro: ‘Tutte le ipotesi circa il tempo della venuta di Gesù sono senza fondamento. Una sola cosa è certa: alla venuta di Gesù non
vi saranno uomini viventi in terra (..) Non vi è dubbio
quindi che tutti i nati di Adamo pagheranno il tributo
alla morte, e dalle ceneri dell’uomo disciolto,
l’onnipotenza divina farà rinascere la nuova e gloriosa
vita’.6
Quindi alla venuta di Cristo per i teologi papisti tutti i
credenti moriranno fisicamente.7 E per sostenere ciò essi
si appoggiano su Agostino che disse: ‘Riteniamo che
anche quanti il Signore troverà vivi in quel breve spazio
2
Gen. 1:5,8,13,19,23,31
Es. 20:9-11
4
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 164
5
Vedi la parte nella tradizione dove parlo di questo loro rigetto
del millennio (accettato però da diversi loro cosiddetti padri).
6
Pasquale Lorenzin, Teologia Dogmatica, vol. II, pag. 789,
790
7
Faccio presente che questa dottrina è la ‘sentenza più comune’, a suo tempo sostenuta anche da Tommaso d’Aquino.
3
Dottrine e pratiche varie
di tempo subiranno
l’immortalità..’.1
La chiesa cattolica romana
la
morte
e
acquisteranno
Confutazione
Quando Gesù tornerà i santi viventi non morranno ma
saranno mutati, ed inizierà su questa terra un regno millenario
Nella lettera di Paolo ai Tessalonicesi è scritto: “Poiché
questo vi diciamo per parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore,
non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con potente grido, con voce
d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e
i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi,
che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle
nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo
sempre col Signore”.2
Ed in una lettera ai Corinzi si legge: “Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter
d’occhio, al suon dell’ultima tromba”.3 E’ chiaro quindi
come la luce del sole che alla venuta di Cristo i morti in
Cristo risusciteranno, e i credenti viventi che saranno
rimasti fino alla sua venuta non vedranno la morte ma
saranno solo mutati. E’ decretato quindi che alla venuta
di Cristo ci sia una parte della Chiesa di Dio che non
gusterà la morte fisica. La venuta di Cristo precederà e
darà inizio al millennio, cioè ad un regno millenario sulla terra durante il quale Cristo e i suoi regneranno. Nel
libro dell’Apocalisse è scritto infatti: “E vidi le anime di
quelli che erano stati decollati per la testimonianza di
Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano
adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi
tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni. Il
rimanente dei morti non tornò in vita prima che fosser
compiti i mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione.
Su loro non ha potestà la morte seconda ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni”.4 Dopo il millennio (durante il quale Satana sarà
legato) Satana sarà sciolto e sedurrà le nazioni che si
raduneranno contro il campo dei santi e la città diletta
ma il fuoco di Dio scenderà dal cielo e le consumerà.
Poi ci sarà la risurrezione degli empi che saranno giudicati secondo le loro opere.5
I NUOVI CIELI E LA NUOVA TERRA
La dottrina dei teologi papisti
Questo cielo e questa terra non saranno annichiliti, ma
solo trasformati.
I teologi papisti negano la distruzione di questo cielo e
di questa terra difatti affermano; ‘Il mondo presente non
sarà distrutto, ma rinnovato, per essere degna sede degli
eletti... ‘.6 A sostegno di questa dottrina citano ancora
una volta Agostino che ha detto: ‘Una volta compiuto
questo giudizio, allora questo cielo e questa terra cesseranno d’esistere e cominceranno ad esistere un cielo
nuovo e una terra nuova; infatti questo mondo passerà
per una trasformazione delle cose, non per un totale annientamento’.7
Confutazione
Questo cielo e questa terra si dissolveranno e al loro posto Dio ne creerà altri migliori
La Scrittura dice invece: “Ma il giorno del Signore verrà
come un ladro; in esso i cieli passeranno stridendo, e gli
elementi infiammati si dissolveranno, e la terra e le opere che sono in essa saranno arse. Poiché dunque tutte
queste cose hanno da dissolversi, quali non dovete voi
essere, per santità di condotta e per pietà, aspettando e
affrettando la venuta del giorno di Dio, a cagion del
quale i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si struggeranno? Ma, secondo la sua promessa,
noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, ne’ quali abiti
la giustizia”.8 Quindi, questi cieli e questa terra, secondo
Pietro, scompariranno un giorno perché verranno distrutti dal fuoco di Dio e ciò è in accordo con le parole
di Gesù: “Il cielo e la terra passeranno...”;9 essi si dissolveranno e al loro posto Dio farà venire all’esistenza
un nuovo cielo e una nuova terra che rimarranno stabili
in eterno. Giovanni in visione li vide difatti dice: “Poi
vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo
cielo e la prima terra erano passati, e il mare non era
più”.10 E noi aspettiamo l’adempimento di questa visione avuta da Giovanni sull’isola di Patmo. Ecco perché
noi diciamo assieme a Paolo che “abbiamo lo sguardo
intento non alle cose che si vedono, 11 ma a quelle che
non si vedono: poiché le cose che si vedono sono solo
per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne”.12 A Dio sia la gloria in eterno. Amen.
CONCLUSIONE
Alla fine di questo capitolo dedicato alla confutazione di
queste altre strane dottrine cattoliche non si può non riconoscere per l’ennesima volta che la chiesa cattolica
romana ha in avversione la Parola di Dio. Quindi, oltre a
predicare un altro Vangelo, la chiesa cattolica romana
insegna altre dottrine che si oppongono al consiglio di
Dio. Il quadro che emerge quindi è tragico, deprimente.
Non si può proprio andare d’accordo con i Cattolici né
6
Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 792
Agostino di Ippona, La Città di Dio, Lib. XX, cap. 14
8
2 Piet. 3:10-13
9
Matt. 24:35
10
Ap. 21:1
11
Tra cui ci sono questo cielo e questa terra.
12
2 Cor. 4:18
7
1
Agostino di Ippona, La città di Dio, Lib. XX, cap. 20, 2
1 Tess. 4:15-17
3
1 Cor. 15:52
4
Ap. 20:4-6
5
Cfr. Ap. 20:7-15
2
221
Dottrine e pratiche varie
sulla salvezza, né sui sacramenti, né sulla Chiesa e neppure su molte altre parti del consiglio di Dio. Ma ancora
una volta, e non temo di ripetermi, voglio domandare
agli ecumenici: ‘Ma come pensate di mettervi d’accordo
con i Cattolici anche sulla creazione del mondo,
dell’uomo, sul fumo, sulle prescrizioni dell’assemblea
di Gerusalemme, sull’omicidio per ‘legittima difesa’, e
gli altri punti sopra esposti? Vorrei una risposta anche a
tale riguardo.
222
La chiesa cattolica romana
La tradizione
La chiesa cattolica romana
Capitolo 9
LA TRADIZIONE
La dottrina dei teologi papisti
La tradizione è parte della rivelazione di Dio e perciò
va rispettata al pari della Scrittura.
‘La tradizione è l’insegnamento di Gesù Cristo e degli
Apostoli, fatto a viva voce, e dalla Chiesa trasmesso fino a noi senza alterazione’;1 ‘Fonti principali della Tradizione sono i Concilii della Chiesa,2 i Libri liturgici, gli
Atti dei Martiri, le antiche iscrizioni sulle tombe e sui
monumenti, le preghiere pubbliche, le opere dei Padri e
dei Dottori della Chiesa. - Il titolo di Padri si dà agli
Scrittori sacri fino al secolo XII; quello di Dottore si dà
tanto ai Padri quanto ad altri Scrittori eminenti, specialmente Santi la cui dottrina é approvata dalla Chiesa
e generalmente seguita’.3 Quindi, secondo la chiesa pa1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 375. Il concilio di Trento ha
affermato che le tradizioni non scritte ‘raccolte dagli apostoli
dalla bocca dello stesso Cristo e dagli stessi apostoli, sotto
l’ispirazione dello Spirito Santo, tramandate quasi di mano in
mano, sono giunte fino a noi’ (Sess. IV, primo decreto).
2
Per concilio si intende un’assemblea dei prelati della chiesa
cattolica, convocati per definire questioni di fede, morale e
disciplina ecclesiastica. Anticamente era chiamato anche ‘sinodo’, e secondo il diritto canonico può essere di tre tipi: provinciale, se contempla il raduno dei vescovi ordinari di una
sola provincia ecclesiastica; plenario, se accoglie vescovi di
più provincie; ecumenico (il termine deriva da una parola greca che significa ‘terra abitata’) o universale, quando
l’assemblea è costituita dai ‘vescovi di tutta la chiesa che,
convocati dal papa e da lui presieduti (o da un suo legato) deliberano intorno ad affari che interessano l’intera comunità’. A
proposito di questi ultimi va detto che i primi sette concili ‘ecumenici’ vale a dire quelli di Nicea I (325), Costantinopoli 1
(381), Efeso (431), Calcedonia (451), Costantinopoli II (553),
Costantinopoli III (680-681) e Nicea II (787), furono convocati dall’imperatore e non dal vescovo di Roma e i vescovi di
Roma in essi non ricoprivano nessuna posizione di preminenza nei confronti degli altri vescovi. Questi concili sono riconosciuti ‘ecumenici’ sia dalla chiesa cattolica romana che dalla
chiesa ortodossa. Gli altri concili ‘ecumenici’ sono quelli di
Costantinopoli IV (869-870), Lateranense I (1123), II (1139),
III (1179), IV (1215), Lione I (1245) e II (1274), Vienna di
Francia (1311-1312), Costanza (1414-1418), Basilea-FerraraFirenze (1431-1443), Lateranense V (1512-1517), Trento
(1545-1563), Vaticano I (1869-1870), Vaticano II (19621965). Questi non sono però riconosciuti come ecumenici dalla chiesa ortodossa ma solo da quella latina. Ci sono però degli
storici e teologi papisti che non condividono l’ecumenicità di
alcuni di questi.
3
Ibid., pag. 377. Si tenga presente che la tradizione per la chiesa cattolica romana è necessaria alla salvezza perché come
abbiamo visto per essa la Bibbia non contiene tutto ciò che è
necessario alla salvezza. Ma si tenga altresì ben presente che
gli scritti dei cosiddetti padri, gli atti dei concili, le bolle dei
papi formano una serie di centinaia di grossi volumi, il che
pista la loro tradizione è costituita da precetti che Gesù
diede a voce ai suoi apostoli, che a loro volta trasmisero
a voce ad altri fedeli servitori del Signore che a loro volta sempre oralmente l’hanno fatta pervenire inalterata a
loro che sono, secondo loro, la vera e unica chiesa depositaria di tutta la rivelazione divina! In sostanza la tradizione è parte della rivelazione di Dio e come tale quindi
va rispettata al pari della Scrittura: Perardi afferma infatti che ‘noi dobbiamo avere per la dottrina trasmessaci
per Tradizione, lo stesso rispetto e la stessa fede che abbiamo per la dottrina della Sacra Scrittura, poiché l’una
e l’altra sono verità rivelate da Dio’.4
I teologi papisti per sostenere che tutta la loro tradizione, benché non sia scritta nella Scrittura, deve essere
accettata nella stessa maniera in cui è accettata la Scrittura perché anch’essa è stata rivelata da Dio fanno un
discorso tutto particolare appoggiandosi a certi passi
della Scrittura. Noi adesso vi proporremo questo loro
discorso così come lo troviamo nel catechismo del Perardi. Una sola volta è dichiarata utile la sacra Scrittura,
vale a dire quando Paolo dice a Timoteo: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a
correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di
Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona”.5 Ma non è dichiarata utile per i fedeli ma ‘per i sacri ministri come aiuto a loro per insegnare, educare e
correggere (...) Utile e non già necessaria’.6 Ed ancora:
‘Non solo non si impone mai la lettura della Bibbia, ma
si insiste perché si ricordino, si conservino e si tramandino gl’insegnamenti appresi oralmente, che divengono
Tradizione viva della Chiesa’,7 e cita i seguenti versi
significa che uno per essere salvato dovrebbe andare a leggersi
tutta questa serie di grossi volumi per conoscere la tradizione.
Ma il fatto è che ammettendo pure che uno si vada a leggere
tutti quei grossi volumi per accertarsi della tradizione alla fine
si troverà davanti a ostacoli insormontabili perché troverà,
come abbiamo già visto in parte quando abbiamo parlato dei
papi e come vedremo fra poco, un mucchio di contraddizioni
fra i papi, i cosiddetti padri e i concili, prove queste che la tradizione non si può mettere allo stesso livello della sacra Scrittura.
4
Ibid., pag. 375-376. Nei fatti però la tradizione è ritenuta superiore alla sacra Scrittura. Ecco per esempio cosa disse il cardinale Baronio: ‘Or la tradizione, essendo la base delle Scritture, se ciò si sconvolge, tutto l’edificio va in rovina. Chi non
s’accorge di ciò? Rimanga adunque fermo, e valido, che la
Chiesa di Dio, appena fondata, cominciò a riscaldarsi e a propagarsi, non tanto cogli scritti, quanto colle tradizioni apostoliche; e gli stessi fedeli sono obbligati tanto a queste, quanto lo
sono a quelle, ma queste, le tradizioni, sopravanzano gli scritti,
in modo che gli scritti non possono sussistere senza le tradizioni, mentre le tradizioni hanno fermezza, anche se non vi
fossero gli scritti’ (Baronio, Ann. Eccl. Ann. Chr. 53, n° 11).
Inoltre va detto che nella chiesa cattolica romana, secondo una
bolla di Pio IV, coloro che debbono essere promossi a qualche
dignità ecclesiastica devono fare una professione di fede in cui
è contenuto questo articolo: ‘Ammetto ed abbraccio fermamente le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche, come pure
tutte le osservazioni e costituzioni della santa madre Chiesa...’.
5
2 Tim. 3:16,17
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376
7
Ibid., pag. 376
223
La tradizione
della Scrittura per confermare ciò: “Or io vi lodo perché
vi ricordate di me in ogni cosa, e ritenete i miei insegnamenti quali ve li ho trasmessi”;1 “Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiam trasmessi sia con la parola, sia con una nostra epistola”;2 “Ordina queste cose e insegnale... Attendi finché
io
torni,
alla
lettura,
all’esortazione,
all’insegnamento... Bada a te stesso e all’insegnamento;
persevera in queste cose”;3 “Attienti con fede e con
l’amore che è in Cristo Gesù al modello delle sane parole che udisti da me. Custodisci il buon deposito per
mezzo dello Spirito Santo che abita in noi”;4 “Tu dunque, figliuol mio, fortificati nella grazia che è in Cristo
Gesù, e le cose che hai udite da me in presenza di molti
testimoni, affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci
d’insegnarle anche ad altri”.5 E a riguardo di Timoteo il
Perardi dice: ‘Timoteo non scrisse le cose udite da S.
Paolo, le insegnò secondo l’ordine di lui e le trasmise
per tradizione’.6
La teoria del germe.
Il cardinale Newman (1801-1890) nel suo libro Lo sviluppo della dottrina cristiana, per difendere la tradizione, ha propugnato la teoria del germe. Seconda questa
teoria la tradizione della chiesa cattolica romana quantunque non sia contenuta tale e quale negli insegnamenti
di Gesù pure vi era contenuta in forma di germe; poi col
passare del tempo essa si è sviluppata fino a prendere le
dimensioni e la forma che possiede oggi. In altre parole,
per questo cardinale vi è stata una evoluzione della dottrina di Cristo, evoluzione rappresentata dalla tradizione, tutto qua. Ecco alcune sue parole tratte da questo
libro che fanno capire molto bene questa teoria del germe: ‘E ancora nello stesso capitolo di san Marco si legge: ‘Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che getta il
seme in terra e dorme e si alza di giorno e di notte e il
seme germoglia e cresce ed egli non sa come; perché la
terra produce frutto da sola’. Si indica qui una forza vitale interiore, sia essa un principio o una dottrina, piuttosto che una semplice manifestazione esteriore. Inoltre,
osserviamo che qui si fa intendere il carattere spontaneo
e insieme progressivo della crescita (...) La parabola del
Regno dei Cieli descrive anche lo sviluppo della dottrina sotto un altro aspetto e cioè indica il suo potere attivo, che si traduce in un processo di integrazione e di interpretazione (....) Tenendo fermo che il cristianesimo
viene da Dio, da Dio viene necessariamente anche tutto
quello che è in esso in modo implicito e ciò che da esso
si sviluppa (...) Dalla dottrina della Mediazione consegue quella dell’espiazione, della messa, dei meriti dei
santi e dei martiri, le invocazioni loro rivolte e il loro
culto (....) Fra i sacramenti, poi, il battesimo si sviluppa
da una parte nella cresima e poi nella dottrina della penitenza, del purgatorio e delle indulgenze. E l’eucarestia
si sviluppa nella dottrina della Presenza reale,
1
1 Cor. 11:2
2 Tess. 2:15
3
1 Tim. 4:11,13,16
4
2 Tim. 1:13,14
5
2 Tim. 2:1,2
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376
La chiesa cattolica romana
nell’adorazione dell’Ostia, nella risurrezione dei corpi e
nella virtù delle reliquie (...) Questi singoli sviluppi poi
non si pongono in modo indipendentemente l’uno
dall’altro, ma si intrecciano l’uno con l’altro e, pur venendo da un solo germe crescono insieme’.7
Confutazione
La tradizione cattolica romana non può procedere da
Cristo perché annulla la Parola di Dio e perciò va rigettata
Ora, i teologi papisti affermano che la loro tradizione
procede da Cristo; ma allora, come si spiega il fatto che
questa loro tradizione annulla palesemente le cose che
Gesù Cristo prima e gli apostoli poi hanno insegnato e
che noi troviamo scritte così chiaramente nella Scrittura? Come mai questa loro tradizione è amara al nostro
palato mentre la Parola di Dio scritta è più dolce del
miele? Come mai la loro tradizione è storta mentre la
Parola di Dio è diritta? La ragione può essere ed è una
sola; essa non procede da Dio. Ma allora da chi procede? Dal nemico di Dio, dal diavolo che è bugiardo e padre della menzogna: non può essere altrimenti. Per questo non si deve avere per essa nessun rispetto ma solo
odio, e in essa non bisogna riporre nessuna fiducia. La
tradizione cattolica romana assomiglia per molti versi
alla tradizione che avevano gli scribi e i Farisei al tempo
di Gesù; infatti come quella tradizione, di cui gli scribi e
i Farisei andavano orgogliosi, annullava la legge di Mosè, ossia la legge che Dio aveva dato al suo popolo sul
monte Sinai (vi ricordo che gli scribi e i Farisei dicevano, tra le altre cose, che se uno diceva a suo padre o a
sua madre: Quel con cui potrei assisterti è offerta a Dio,
egli non era più obbligato ad onorare suo padre e sua
madre, mentre la legge dice: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice padre e madre sia punito di morte);8
così la tradizione della chiesa cattolica romana, di cui i
papi e i suoi seguaci sono così fieri di avere, annulla
l’Evangelo di Cristo ossia la parola della grazia che Dio
ci ha trasmesso per mezzo del suo Figliuolo. E questo lo
abbiamo ampiamente dimostrato nel corso della nostra
confutazione. Ma che fece Gesù nel constatare che gli
scribi e i Farisei con la loro tradizione avevano annullato la Parola di Dio, ed avevano così serrato il regno dei
cieli dinanzi alla gente impedendogli di entrarvi? Egli li
riprese severamente, come meritavano. Egli disse loro
infatti : “Ipocriti, ben profetò Isaia di voi quando disse:
Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuor loro é
lontano da me. Ma invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che son precetti d’uomini”.9 Queste
sono le parole di Cristo che tuonano contro tutti coloro
che sono a capo di questa pseudochiesa i quali preferiscono osservare e fare osservare agli altri dei precetti
umani che voltano le spalle alla verità, anziché la Parola
2
224
7
John H. Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, Bologna 1967, pag. 82, 83,103,104
8
Cfr. Matt. 15:4,5; Mar. 7:10-12
9
Matt. 15:7-9
La tradizione
di Dio. Ma oltre a riprendere gli scribi e i Farisei Gesù
mise in guardia i suoi discepoli dalla dottrina dei Farisei
che aveva annullata la Parola di Dio dicendo ai suoi discepoli: “Guardatevi dal lievito de’ Farisei”,1 e così ancora oggi egli ci comanda di guardarci dal lievito della
chiesa romana per non corromperci. “Un pò di lievito fa
lievitare tutta la pasta”,2 dice la Parola, perciò state attenti a non assimilare nessuna delle eresie della chiesa
romana. Fratelli, “io vi ho scritto non perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete, e perché tutto
quel ch’é menzogna non ha che fare colla verità”.3
La teoria del germe del Newman è una menzogna al pari
della teoria dell’evoluzione di Darwin
Gesù ha detto un giorno spiegando la parabola del seminatore che “il seme è la parola di Dio”;4 quindi lui
paragonò il suo insegnamento alla semenza seminata dal
seminatore. Ora, siccome che tutto l’insegnamento di
Gesù è buono, si deve dire che tutto il seme di cui lui
parlò era in tutto e per tutto buono, privo di qualsiasi
germe malvagio. E quindi dal suo puro insegnamento
non potevano e non possono scaturire dottrine che contrastano e annullano le sue stesse parole, cioè delle eresie. Vogliamo dire con questo che Gesù non ha seminato della semenza contenente all’interno dei germi malvagi che poi col tempo si sono sviluppati fino a diventare delle piante velenose. No, affatto. Ma col passare del
tempo degli uomini o nella loro ignoranza senza rendersene conto o in mala fede per sedurre gli altri, nella
buona semenza vi hanno immesso dei germi malvagi,
rappresentati dalle loro interpretazioni false, dalle loro
opinioni errate, e da dottrine strane, che a loro volta
hanno fatto scaturire inevitabilmente altre perversità
perché “un abisso chiama un altro abisso”5 e perché “un
pò di lievito fa lievitare tutta la pasta”.6 Questa fu un
opera del diavolo, che è il seduttore di tutto il mondo,
chiamato “il nemico”7 da Gesù perché ha in avversione
la verità, che riuscì quindi a poco a poco a immettere in
mezzo al Vangelo delle strane dottrine, facendole passare per tradizioni apostoliche, le quali hanno finito
coll’annullare il Vangelo della grazia di Dio. E così la
verità ha cominciato ad essere seminata assieme a tanti
errori. Ma mentre la verità, il buon seme della Parola di
Dio, ha continuato a fare del bene a quelli che l’hanno
accettata così come è, cioè priva di ogni adulterazione,
l’errore (il germe malvagio introdotto dal diavolo con la
sua astuzia) ha generato tanti altri errori che sono appunto i precetti della tradizione cattolica romana che
hanno causato danni e delitti in numero infinito durante
i secoli. Basta prendere il diabolico precetto che impedisce ai preti di sposarsi (sviluppatosi anche in seguito
1
Luca 12:1; cfr. Matt. 16:6-12
1 Cor. 5:6
3
1 Giov. 2:21
4
Luca 8:11
5
Sal. 42:7
6
1 Cor. 5:6
7
Matt. 13:39
2
La chiesa cattolica romana
ad una errata interpretazione data alla cena del Signore)
per rendersi conto delle nefaste conseguenze che esso ha
avuto sulla società e su loro stessi; ma la stessa cosa si
può dire della messa (sviluppatosi anch’essa dall’errato
significato dato alla cena del Signore), delle indulgenze
(alla cui origine c’è un errato significato dato alle parole
di Gesù: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”8
che ha dato vita al sacramento della penitenza), e di tutte le altre eresie della chiesa romana. Quindi, la tradizione cattolica romana che annulla il Vangelo della grazia non era per nulla contenuta in germe
nell’insegnamento di Gesù; perché essa è derivata dai
germi malvagi e ingannatori scaturiti dai cuori di vescovi, papi, cardinali, e tanti altri. E’ dunque in questi germi che bisogna ricercare le origini delle tradizioni della
chiesa cattolica romana che non sono, secondo la curia
romana, esplicitamente contenute nella Parola di Dio, e
non nella Parola di Dio, pura d’ogni scoria. E difatti non
è nella Parola di Dio che io ho trovato le tradizioni della
chiesa cattolica romana che ho sin qui confutato, ma
nelle interpretazioni errate date dai suoi cosiddetti padri
e papi; leggendo la Parola di Dio guidati dallo Spirito
della verità non si può minimamente intravedere in essa
la tradizione cattolica romana, neppure contenuta in
germe. Ma allora come mai i Cattolici riescono a vederci invece la tradizione? Perché loro non si fanno guidare
dallo Spirito di Dio nella lettura della Parola, ma bensì
dal magistero della chiesa cattolica che sa come mutare
la luce in tenebre, e fare dire a Gesù e agli apostoli quello che essi non hanno mai detto. Per un certo verso questa teoria del germe avanzata dal Newman assomiglia
alla teoria di Darwin che ‘affermò che l’uomo era legato
alla vita animale per mezzo di tipi ancestrali comuni’,
cioè che discendeva da animali. Il che noi sappiamo non
può essere vero perché la Scrittura insegna che l’uomo è
una creatura di Dio formata da Dio a sua immagine e
somiglianza mentre gli animali non sono stati fatti a sua
immagine e somiglianza, e perché l’uomo fu formato
separatamente dagli animali e susseguentemente a loro.
Non c’è dunque nessuna connessione tra l’uomo e gli
animali; come anche non c’è nessuna connessione tra la
Parola di Dio e la tradizione perversa della chiesa cattolica romana. Affermare che la tradizione cattolica romana si sia spontaneamente sviluppata dal seme della Parola di Dio è come affermare che la verità può generare la
menzogna; che la Parola di Dio ha il potere di sviluppare dottrine diaboliche. Ma che ha da fare la menzogna
con la verità? Nulla. Gesù Cristo è la verità, lui è la Parola di Dio ed un giorno disse riferendosi al diavolo, che
è padre della menzogna: “Esso non ha nulla in me”;9
quindi è impossibile pensare che dalle parole di Gesù
siano potute in seguito uscire fuori - cioè svilupparsi - il
purgatorio, la messa, il papato, le indulgenze, il culto a
Maria e ai santi, le preghiere per i morti (per citare solo
alcune); tutte dottrine che contrastano la Parola di Dio
perché sono state generate dal diavolo che è bugiardo e
padre della menzogna. Se fosse altrimenti dovremmo
8
Giov. 20:23
Giov. 14:30
9
225
La tradizione
affermare che nella verità che era Cristo Gesù c’era nascosta anche la menzogna!! Insomma che il diavolo avesse qualcosa in Gesù!! E’ quindi diabolico il ragionamento di Newman; perché anch’esso si oppone alla
verità. Nessuno v’inganni fratelli con i suoi sofismi.
Il discorso fatto con le Scritture a sostegno della tradizione è falso
Come abbiamo visto il Perardi afferma che una sola volta la Scrittura è dichiarata utile e poi che essa è dichiarata utile per i sacri ministri e non per tutti i fedeli e poi
che essa è utile e non necessaria. Come replichiamo
noi? Così. Innanzi tutto diciamo che è falso che solo una
volta la Scrittura è dichiarata utile, perché Paolo a Tito
verso la fine dell’epistola gli dice: “Queste cose sono
buone ed utili agli uomini”.1 Quali sono queste cose utili
di cui Paolo parla se non le cose che gli ha scritto? E poi
bisogna dire che vi sono molti altri passi che fanno capire chiaramente che le cose che sono state scritte per ispirazione dello Spirito Santo sono utili; tra questi citiamo
questo: “Perché tutto quello che fu scritto per l’addietro,
fu scritto per nostro ammaestramento, affinché mediante
la pazienza e mediante la consolazione delle Scritture,
noi riteniamo la speranza”.2 Come potete vedere il discorso di Perardi è vano. Veniamo ora alla questione
che il passo a Timoteo si riferisce ai ministri di Dio e
non a tutti i fedeli; ma che significa questo? Che per
quelli che hanno ricevuto un ministero da Dio, come lo
aveva ricevuto Timoteo, la Scrittura è utile mentre per
quelli che non hanno un ministero non è utile? Ma questa è follia. Paolo dice ai Romani che “tutto quello che
fu scritto per l’addietro, fu scritto per nostro ammaestramento”,3 quindi per ammaestrare non solo i ministri
di Dio ma anche quelli che non hanno un ministero, insomma per tutti i membri del corpo di Cristo. E citando
ancora le parole di Paolo a Tito “queste cose sono buone
ed utili agli uomini”,4 egli non dice ‘sono utili agli uomini di Dio’, ma “agli uomini” in generale senza nessuna distinzione. Ma che vanno cianciando codeste guide
cieche? Il fatto poi che il Perardi dica che la Scrittura è
utile ma non necessaria, è l’ennesima prova di quanto
astuti siano i teologi papisti nell’esporre le loro dottrine.
Ma allora se la Scrittura non è necessaria perché mai
Dio ha voluto che fosse scritta? Ma allora la Scrittura
per i teologi romani è solo un aiuto per gli uomini e
niente di più! Ma allora ci spieghino come mai Mosè
disse al popolo: “Questa non è una parola senza valore
per voi: anzi, è la vostra vita”!5 E’ chiaro che il loro discorso tende a non fare apparire la Scrittura come
l’unica Parola di Dio esistente sulla terra!
Veniamo adesso alle affermazioni del Perardi secondo
cui non si impone mai la lettura della Bibbia ma si devono ricordare conservare e tramandare gli insegnamen1
Tito 3:8
Rom. 15:4
3
Rom. 15:4
4
Tito 3:8
5
Deut. 32:47
2
226
La chiesa cattolica romana
ti appresi oralmente, (e per fare ciò cita i passi che abbiamo visto) che costituiscono la tradizione della chiesa.
Le cose non stanno affatto così come dice lui. Innanzi
tutto è sbagliato dire che non si impone la lettura della
Bibbia, perché è scritto nella legge riguardo al re: “E
quando s’insedierà sul suo trono reale, scriverà per suo
uso in un libro, una copia di questa legge secondo
l’esemplare dei sacerdoti levitici. E terrà il libro presso
di sé, e vi leggerà dentro tutti i giorni della sua vita, per
imparare a temere l’Eterno, il suo Dio, a mettere diligentemente in pratica tutte le parole di questa legge e
tutte queste prescrizioni, affinché il cuor suo non si elevi
al disopra de’ suoi fratelli, ed egli non devii da questi
comandamenti né a destra né a sinistra, e prolunghi così
i suoi giorni nel suo regno, egli coi suoi figliuoli, in
mezzo ad Israele”.6 Sempre nella legge è scritto che
Mosè, dopo avere scritto in un libro la legge
dell’Eterno, la diede ai sacerdoti levitici e diede loro
quest’ordine: “Alla fine d’ogni settennio, al tempo
dell’anno di remissione, alla festa delle Capanne, quando tutto Israele verrà a presentarsi davanti all’Eterno, al
tuo Dio, nel luogo ch’egli avrà scelto, leggerai questa
legge dinanzi a tutto Israele, in guisa ch’egli l’oda”.7Dio
disse a Giosuè: “Questo libro della legge non si diparta
mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, avendo
cura di mettere in pratica tutto ciò che v’è scritto; poiché
allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai”.8 Il profeta Isaia dice: “Cercate nel libro
dell’Eterno, e leggete”.9 Il profeta Geremia dopo avere
scritto per ordine di Dio le parole che Dio gli aveva rivelato, per ordine di Dio disse a Baruc: “Io sono impedito, e non posso entrare nella casa dell’Eterno; perciò,
và tu, e leggi dal libro che hai scritto a mia dettatura, le
parole dell’Eterno, in presenza del popolo, nella casa
dell’Eterno...”.10 L’apostolo Paolo scrisse ai Colossesi:
“E quando questa epistola sarà stata letta fra voi, fate
che sia letta anche nella chiesa dei Laodicesi...”;11 e ai
Tessalonicesi disse: “Io vi scongiuro per il Signore a far
sì che questa epistola sia letta a tutti i fratelli”.12E Giovanni dice: “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa, poiché il tempo è vicino!”.13
Dopo avere citato tutti questi passi che ordinano la lettura (pubblica e privata) della Bibbia per il nostro bene e
le parole di Giovanni che affermano che chi la legge è
beato, si comprende il perché nella chiesa romana vige
una grandissima ignoranza delle Scritture; perché essi
trascurano la lettura privata e pubblica della Parola di
Dio. A cominciare dal cosiddetto papa, e poi proseguendo con i cardinali, coi vescovi, coi preti, coi frati,
colle suore ed infine i semplici membri della chiesa romana tutti giacciono nell’ignoranza della Parola di Dio
6
Deut. 17:18-20
Deut. 31:10,11
8
Gios. 1:8
9
Is. 34:16
10
Ger. 36:5,6
11
Col. 4:16
12
1 Tess. 5:27
13
Ap. 1:3
7
La tradizione
perché trascurano la lettura della Bibbia. Sì, è vero che
oggi la lettura della Bibbia non è più vietata al popolo
come una volta; ma rimane il fatto che la sua lettura è
pilotata dalla curia romana che sa come renderla inefficace. Nelle Bibbie cattoliche si trovano infatti tante note
‘esplicative’ che hanno come fine quello di annullare
molti e molti versi della Parola di Dio1 scritti così chia-
1
Alcuni esempi di note fuorvianti sono queste presenti nella
Bibbia Ed. Paoline del 1990 (sesta ediz.). In una nota al passo:
“Ma non si accostò a lei, fino alla nascita del figlio che egli
chiamò Gesù” (Mat. 1:25) si legge: ‘L’espressione di Mt - intento a dimostrare il concepimento verginale di Gesù - non
implica, nel linguaggio semitico, che la situazione ‘dopo’ sia
cambiata’. In una nota (Gal. 1:19) che spiega chi è Giacomo, il
fratello del Signore, si legge: ‘Giacomo, il fratello, cioè parente, cugino del Signore, si deve distinguere da Giacomo di Zebedeo...’. In una nota che spiega le parole di Gesù “Tu sei beato, o Simone figliol di Giona....” (Matt. 16:17-19) si legge:
‘Con linguaggio di forte sapore semitico - carne-sangue, CefaPietro, porte degl’inferi, legare-sciogliere - che ne assicura la
più alta antichità, Gesù promette a Pietro ch’egli sarà la roccia
su cui poggerà la sua Chiesa, la quale sarà inespugnabile per le
forze avverse. Pietro viene così costituito, come vicario di Gesù, fondamento e capo della Chiesa, con il potere legislativo e
giudiziario. Il suo operato sarà convalidato da Dio. L’esegesi
cattolica ritiene che queste promesse valgano anche per i successori di Pietro, basandosi sull’intenzione di Gesù di provvedere all’avvenire del Regno fondato da lui, che doveva sopravvivere a Pietro e divenire eterno ed universale’. In una
nota che mira a spiegare le parole di Paolo ai Corinzi “sarà
salvo però come attraverso il fuoco” (1 Cor. 3:15) si legge:
‘La salvezza come attraverso il fuoco denota un ottenimento
stentato. Origene ha ravvisato per primo qui l’indicazione del
purgatorio; a seguito di lui non pochi cattolici hanno portato
questo passo a conferma di tale insegnamento della Chiesa’. A
proposito del discorso di Pietro all’assemblea di Gerusalemme
(Atti 15:7-11) si legge in nota: ‘Parla Pietro, come capo della
Chiesa...’. In una nota sulla cena del Signore (Matt. 26:26-29)
si legge: ‘L’Eucaristia è sacrificio e sacramento’. In una nota
che commenta le parole di Maria all’angelo: “Come avverrà
questo, perché non conosco uomo?” (Luca 1:34) si legge: ‘La
domanda di Maria all’angelo non avrebbe senso se non avesse
in cuore il proposito di perpetua verginità..’. Per spiegare le
parole di Luca: “Diede alla luce il suo figlio primogenito”
(Luca 2:7) la nota dice: ‘Lc dice Gesù primogenito e non unigenito, per preparare la scena della presentazione al tempio...’.
Per spiegare la purificazione che compì Maria dopo avere partorito Gesù (cfr. Luca 2:22) in nota si legge: ‘Alla purificazione era obbligata solo la madre, Lv 12,2-8, e non vi era obbligata Maria, purissima: tuttavia l’evangelista vuole sottolineare
la fedeltà all’osservanza della legge da parte dei genitori di
Gesù e indicare la Città santa come punto di partenza della
salvezza apportata da lui’. Sulle parole di Gesù ai suoi discepoli “a chi rimettete i peccati sono loro rimessi...” (Giov.
20:22) si legge in nota: ‘Il soffio di Gesù simboleggia il dono
dello Spirito Santo e con esso la partecipazione alla potestà di
Gesù di rimettere i peccati o di ritenerli, e cioè di perdonarli o
no’. Per spiegare con le Scritture che Pietro pasturò la Chiesa
di Roma si legge nella nota di 1 Piet. 5:13: ‘Babilonia indica
certamente Roma...’. Per spiegare come fu nella Chiesa primitiva che cominciò il processo che portò all’adozione del celibato sacerdotale si legge nella nota di 1 Timoteo 3:2 che
commenta il fatto che il vescovo doveva essere marito di una
sola moglie: ‘Il passo può quindi documentare l’inizio di un
La chiesa cattolica romana
ramente che distruggono le pretese della chiesa romana.
Prova eloquente questa che la curia romana nella realtà
non ama la Parola di Dio e non vuole che gli uomini la
leggano per intenderla rettamente ma solo al fine di ritenere i suoi falsi insegnamenti che menano alla perdizione chi li accetta. Ma allora perché adesso essa permette la lettura della Bibbia al popolo sia pure con note,
col pericolo sempre però che qualcuno non si appoggi
su di esse per capirla? Se essi adesso permettono la lettura della Bibbia ai loro membri è perché non hanno potuto fare altrimenti dopo la Riforma; sono stati costretti
loro malgrado a permetterla per non apparire malvagi.
Che figura avrebbero fatto se no i papi davanti alla divulgazione della Bibbia operata dai Protestanti? Ma rimane il fatto che costoro detestano la Bibbia come la
detestavano secoli e secoli fa al tempo delle inquisizioni. Sembrerà un controsenso tutto ciò ma è così; questo
è il comportamento degli ipocriti. Ma noi vogliamo levare la nostra voce affinché i Cattolici leggano la Parola
di Dio e la intendano rettamente affinché possano essere
liberati dalle catene di questa religione e pervenire alla
conoscenza della verità che è in Cristo Gesù. O Cattolici
romani, vi scongiuriamo a leggere la Parola di Dio (senza appoggiarvi sulla spiegazione fuorviante del vostro
magistero) perché essa parla della grande salvezza che
Cristo Gesù è venuto a dare agli uomini; Egli può salvarvi appieno se voi aprite il vostro cuore all’amore della verità!
Ma veniamo ora ai passi che il Perardi prende per sostenere che la tradizione cattolica romana non è altro che
l’insegnamento orale di cui si parla in essi. Ora, cominciamo col fare questa premessa; noi non escludiamo che
Gesù o l’apostolo Paolo o altri apostoli, abbiano rivolto
degli insegnamenti o detto delle cose che non sono scritte. Mi spiego meglio; noi non sappiamo con precisione
quali furono le cose che Gesù disse ai suoi discepoli nei
quaranta giorni che precedettero la sua ascensione; sappiamo che Gesù in quei giorni ragionò “delle cose relative al regno di Dio”;2 ma non possiamo dire di più. Anche quando è scritto che Gesù ammaestrava le turbe e
basta noi non possiamo dire con certezza assoluta quali
fossero i suoi insegnamenti particolari in quelle circostanze3 (anche se siamo persuasi che egli ripeté più volte gli insegnamenti che sono trascritti). E’ detto che Gesù, quando gli fu menata quella donna colta in adulterio,
“chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra”;4 ma non
sappiamo fino al presente cosa egli abbia scritto. Giovanni dice che “Gesù fece in presenza dei discepoli
molti altri miracoli, che non sono scritti in questo libro”,5 ed anche che “vi sono ancora molte altre cose che
Gesù ha fatte, le quali se si scrivessero ad una ad una,
credo che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri
che se ne scriverebbero”;6 e siccome che quando Gesù
processo che porterà rapidamente alla richiesta del celibato
sacerdotale’.
2
Atti 1:3
3
Cfr. Matt. 4:23; Luca 4:15; 5:3
4
Giov. 8:6
5
Giov. 20:30
6
Giov. 21:25
227
La tradizione
operava dei miracoli o delle guarigioni spesso proferiva
anche delle parole con la sua bocca, bisogna dire che
noi non sappiamo quali furono queste parole che Gesù
disse quando operò quei miracoli e quelle guarigioni che
non sono scritte né da Matteo, né da Marco, né da Luca
e né da Giovanni. Diverse volte è scritto che Gesù si ritirava da solo in luoghi deserti e pregava; ma non c’è
scritto il contenuto di tutte le preghiere che Gesù rivolse
al Padre suo.
Anche per quanto riguarda l’apostolo Paolo bisogna dire
che non possiamo dire che nella Bibbia sono scritte tutte
le cose che egli predicò, insegnò a voce e per iscritto, e
fece; basta ricordare che lui dice ai Corinzi: “V’ho scritto nella mia epistola di non mischiarvi coi fornicatori”,1
e che questa epistola noi non la possediamo; o che dice
ai Colossesi di leggere l’epistola “che vi sarà mandata
da Laodicea”,2 che noi non possediamo, per intendere
come queste due epistole di Paolo non sono parte del
Canone perché non sono pervenute a noi. Possiamo aggiungere anche il fatto che lui ai Corinzi dice: “Le altre
cose regolerò quando verrò”3 e noi non sappiamo quali
fossero quelle cose e come lui le regolò perché ciò non è
scritto. Il fatto che non sappiamo di cosa in particolare
egli discorresse ad Efeso con i discepoli nella scuola di
Tiranno,4 o quale fu il suo discorso che egli tenne ai
credenti di Troas quella notte in cui Eutico cadde dal
terzo piano.5 Ma di questi esempi ne potremmo fare
molti altri.
Ma questo discorso da noi fatto esclude nella maniera
più assoluta che Gesù o gli apostoli abbiano trasmesso a
voce degli insegnamenti errati quali quelli che ha la
chiesa romana. Mi spiego; anche se non sta scritto di
cosa in specifico Gesù parlò ai suoi durante i quaranta
giorni, o alle turbe quando è solo scritto che egli le ammaestrava, è da escludersi che Gesù abbia trasmesso ai
suoi discepoli o alle turbe il battesimo e la cena del Signore come la curia romana li insegna al popolo, e gli
altri cinque sacramenti insegnati dalla curia romana, o la
dottrina sul purgatorio, o quella di doversi rivolgere in
preghiera agli angeli o a Maria sua madre o agli apostoli
quando sarebbero morti, o quella del celibato forzoso
per i ministri del Vangelo e così via; perché? Perché non
sono verità! Anche per quanto riguarda Paolo non si può
dire che in quelle cose che egli trasmise a voce ai fedeli
di Tessalonica o di qualche altra città, o a Timoteo, ci
fossero il purgatorio, le indulgenze, la transustanziazione, la Via Crucis, il culto a Maria, ai santi, agli angeli, e
tante altre cose. Perché? Sempre per la stessa ragione:
perché esse non sono verità che procedono da Dio, ma
menzogne che procedono dal diavolo. Gesù non si è mai
contraddetto, Paolo, Pietro e gli altri apostoli non si sono mai contraddetti da loro, né tra di loro, e non hanno
mai contraddetto gli insegnamenti di Gesù; i loro insegnamenti formano un tutt’uno ben compatto. Quindi tutte quelle dottrine che vengono attribuite o a Gesù o agli
La chiesa cattolica romana
apostoli, ma che contraddicono gli insegnamenti di Gesù stesso e degli apostoli vanno rigettati senza esitazione
perché imposture. Il modo di parlare della curia romana
attorno alla tradizione, cioè le loro parole che attribuiscono la loro tradizione agli apostoli, è molto simile a
quello di taluni falsi dottori che sorsero in mezzo al popolo di Dio dopo la morte degli apostoli (vale a dire nei
primi secoli dopo Cristo), i quali per sostenere le loro
eresie di perdizione si attaccavano alla tradizione apostolica dicendo che benché le loro dottrine non erano
nella Bibbia essi le avevano ricevute per tradizione da
taluni che erano stati in contatto con gli apostoli di Cristo. Non c’è dunque nulla di nuovo sotto il sole; i fatti
dimostrano che la chiesa romana, non potendo dimostrare le sue dottrine non bibliche con le Scritture perché
queste le condannano o non ne fanno menzione, ricorre
al vecchio inganno cioè a dire di avere ricevuto queste
sue dottrine non direttamente dagli apostoli ma indirettamente da loro. E per sostenere l’autenticità delle sue
eresie cita le stesse parole di Gesù che usavano i falsi
dottori nei primi secoli dopo Cristo, ossia: “Molte cose
ho ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità...
vi annunzierà le cose a venire”.6 Volendo con questo
dire che Gesù non aveva detto tutto agli apostoli, infatti
aveva loro promesso che per mezzo dello Spirito gli avrebbe rivelato altre cose, tra cui appunto ci sono le sue
tradizioni. Ma noi confutiamo questa loro asserzione
dicendo questo: sì, è vero che lo Spirito della verità avrebbe rivelato agli apostoli altre cose; ed in verità lo ha
fatto e per rendersi conto di questo basta leggere le epistole degli apostoli: ma essi dimenticano che lo Spirito è
la verità, e che avrebbe detto ciò che avrebbe udito da
Gesù infatti avrebbe preso del suo e glielo avrebbe annunziato.7 Mentre le cose che essi dicono non possono
essere state rivelate dallo Spirito della verità, perché sono menzogne che procedono dal diavolo. L’avversario
contrasta la verità, lui contraddice ciò che è scritto; lui
ha comunicato ai teologi Cattolici romani le eresie che
hanno spacciato per Parola di Dio.
Alla curia romana che contrasta la verità come fecero
Jannè e Jambrè sono rivolte queste parole da parte dello
Spirito: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e
d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo;
come fecero i padri vostri, così fate anche voi”;8 ed anche queste: ‘O pieni d’ogni frode e d’ogni furberia, figliuoli del diavolo, nemici d’ogni giustizia, non cesserete di pervertire le diritte vie del Signore?’
A voi uomini e donne che siete trascinati dietro all’arida
e micidiale tradizione cattolica romana che mena alla
perdizione viene detto: “Non camminate secondo i precetti de’ vostri padri, non osservate le loro prescrizioni,
e non vi contaminate mediante i loro idoli”;9 non andate
a Lourdes, non salite a Fatima, non vi recate a Loreto
perché di certo questi viaggi non vi menano alla salvez-
1
1 Cor. 5:9
Col. 4:16
3
1 Cor. 11:34
4
Cfr. Atti 19:9
5
Atti 20:7-11
2
228
6
Giov. 16:12,13
Cfr. Giov. 16:14,15
8
Atti 7:51
9
Ezec. 20:18
7
La tradizione
za, questi luoghi saranno colpiti dal furore di Dio e distrutti; “cercate il Signore, e voi viverete”,1 circoncidete
i vostri cuori affinché il furore di Dio non vi consumi a
motivo della vostra idolatria. Vi scongiuriamo o uomini
ad uscire da questa organizzazione nella quale siete rinchiusi affinché non siate partecipi dei suoi peccati e non
abbiate parte alle sue piaghe. Oggi, se udite la sua voce
non indurate i vostri cuori!
Quello che hanno detto alcuni cosiddetti padri della
chiesa su ciò che non è espressamente scritto
Come abbiamo visto gli scritti di quelli che la chiesa
cattolica romana chiama padri della chiesa sono parte
della sua tradizione. Essi sono così altamente considerati che il concilio di Trento nella sua quarta sessione ha
dichiarato che nessuno deve osare di interpretare la
Scrittura ‘contro l’unanime consenso dei padri’. Ora,
siccome che la chiesa romana afferma che la verità non
è contenuta solo nella Bibbia ma anche nella tradizione,
e siccome che noi sappiamo che la tradizione cattolica
romana non è sostenuta dalla Scrittura, vogliamo vedere
quello che alcuni di questi antichi scrittori che essa
chiama padri della Chiesa e che tiene in grandissima
stima hanno detto doversi fare a proposito di ciò che
non può essere confermato dalla Scrittura o che non fa
parte della Scrittura e contraddice la Scrittura.
- Basilio (330-379) disse: ‘Rigettare alcuna cosa che si
trova nelle Scritture, o ricevere alcune cose che non sono scritte, è un segno evidente d’infedeltà, è un atto di
orgoglio... il fedele deve credere con pienezza di spirito
tutte le cose che sono nelle Scritture senza togliere o aggiungere nulla’;2
- Ambrogio (340 ca. -397) disse: ‘Chi ardirà parlare
quando la Scrittura tace?... Noi nulla dobbiamo aggiungere al comando di Dio; se voi aggiungete o togliete alcuna cosa siete rei di prevaricazione’.3
- Girolamo (347 ca. - 419-20 ca.) disse: ‘Se voi volete
chiarire le cose in dubbio, andate alla legge e alla testimonianza della Scrittura; fuori di lì siete nella notte
dell’errore. Noi ammettiamo tutto ciò che è scritto, rigettiamo tutto ciò che non lo è. Le cose che si inventano
sotto il nome di tradizione apostolica senza l’autorità
della Scrittura sono colpite dalla spada di Dio’.4
- Cipriano (200 ca. - 258) disse: ‘Che orgoglio e che
presunzione è l’uguagliare delle tradizioni umane alle
ordinanze divine...!’;5
- Giustino Martire (morto nel 165 ca.) disse: ‘Non abbiamo alcun comandamento di Cristo che ci faccia obbligo di credere alle tradizioni e alle dottrine umane, ma
soltanto a quelle che i beati profeti hanno promulgate e
1
Amos 5:6 (Diod.)
Basilio, Lib. de Fid. -- regul. moral. reg. 80; citato da Luigi
Desanctis in La tradizione, terza ed. Firenze 1868, pag. 19
3
Ambrogio, Lib. II de vocat. Gent. cap. 3 et lib. de parad. cap.
2; citato da Luigi Desanctis in op. cit., pag. 19
4
Girolamo, In Isaiam, VII; In Agg., I; citato da Roberto Nisbet
in op. cit., pag. 28
5
Cipriano, Epist. 71; citato da Teofilo Gay in Arsenale antipapale, Firenze 1882, pag. 204-205
2
La chiesa cattolica romana
che Cristo stesso ha insegnate, ed io ho cura di riferire
ogni cosa alle Scritture e chiedere ad esse i miei argomenti e le mie dimostrazioni’.6
- Tertulliano (160 ca. - 220 ca.) disse: ‘Ci mostri la
scuola di Ermogene che ciò ch’essa insegna sta scritto:
se non è scritto, tremi in vista dell’anatema fulminato
contro coloro che aggiungono alla Scrittura, o ne tolgono alcuna cosa’.7
Ora, leggendo tutte queste dichiarazioni si deduce che
gli stessi scrittori che la chiesa romana prende per sostenere alcune delle sue false dottrine (perché in effetti i
sopra citati scrittori hanno insegnato anche delle dottrine false, contraddicendosi) erano contro quelle dottrine
e pratiche che non potevano essere dimostrate con le
Scritture e che venivano fatte passare per tradizione apostolica (ribadiamo però con forza che sempre costoro
si sono contraddetti accettando e insegnando dottrine
che non sono provabili con la Scrittura e vanno apertamente contro di essa, e questo lo dimostreremo più tardi).
Quindi, la chiesa cattolica romana non si attiene neppure essa in tutto e per tutto a quello che hanno detto i suoi
padri perché non rigetta tutto ciò che non è scritto nelle
sacre Scritture come suggeriscono (contraddicendosi
però nella pratica) di fare questi suoi padri.
Essa, per l’ennesima volta si contraddice (come hanno
fatto i suoi padri) perché da un lato dice che bisogna interpretare le Scritture per mezzo dei padri e poi che bisogna accettare le tradizioni nella stessa maniera in cui
si accetta la Scrittura (il concilio Vaticano II ha dichiarato infatti che la Scrittura e la tradizione ‘devono essere
accettate e venerate con pari sentimento di pietà e rispetto’)8 il che va apertamente contro il consenso di
questi suoi padri. Come mai dunque la chiesa romana
parla ed agisce in questa maniera contraddittoria? La
ragione è perché essa non vuole assolutamente rigettare
e rinnegare la sua tradizione. Rigettarla infatti significherebbe dovere rinunziare al potere temporale e ad una
inesauribile sorgente di denaro.
La chiesa romana rigetta l’insegnamento del millennio
dei suoi cosiddetti padri
Secondo la Scrittura Gesù Cristo quando tornerà sulla
terra instaurerà un regno millenario difatti Giovanni dice: “E vidi le anime di quelli che erano stati decollati
per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di
quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e
sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono
con Cristo mille anni. Il rimanente dei morti non tornò
in vita prima che fosser compiti i mille anni. Questa è la
prima risurrezione. Beato e santo è colui che partecipa
alla prima risurrezione. Su loro non ha potestà la morte
seconda ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regne-
6
Giustino Martire, Dialogo con Trifone
Tertulliano, Contro Ermogene, cap. 22
8
Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. II
7
229
La tradizione
ranno con lui quei mille anni”.1 Questa dottrina fu creduta e proclamata da alcuni di questi cosiddetti padri
della chiesa, come per esempio Papia, Ireneo, Tertulliano, Giustino martire, Lattanzio, Melitone e Metodio (Agostino prima l’accettò e poi la rigettò).
Ma la chiesa romana la rigetta perché la considera una
eresia; si legge infatti nell’Enciclopedia Cattolica alla
voce millenarismo: ‘Errore escatologico, secondo cui
Gesù Cristo deve regnare visibilmente mille anni su
questa terra, alla fine del mondo’.2 Così dicendo essa va
contro quegli stessi scrittori che essa considera i padri
della chiesa. Così facendo contraddice i suoi padri e si
contraddice da se stessa. Questo sta a dimostrare che se
la curia romana decide di rigettare qualcosa di giusto
che ha detto Ireneo o Lattanzio o Giustino Martire o
Tertulliano, ella lo fa con la stessa disinvoltura con la
quale accetta le loro false dottrine senza curarsi di apparire contraddittoria.
A questo punto è lecito domandarsi: come fanno essi a
dichiarare che le Scritture si devono interpretare secondo il consenso dei padri e poi ella stessa rigetta apertamente delle loro giuste interpretazioni date a riguardo
delle parole di Giovanni nell’Apocalisse a riguardo del
millennio (qui mi riferisco all’interpretazione di un regno millenario visibile, e non a loro convinzioni fantasiose a proposito del millennio)? La risposta è che essa
della sua cosiddetta venerabile e autorevole tradizione
ritiene quello che gli fa comodo (di Papia per esempio
accetta che Pietro è venuto a Roma ma non il millennio)
ma rigetta quello che gli si rivolta contro. E’ assurdo
dunque sentirle dire che la tradizione è anch’essa Parola
di Dio e lei stessa mostra in alcuni casi di non tenerla
per nulla in considerazione. Come fa essa dunque a dire
ai Cattolici di venerare una tradizione che lei stessa
sprezza quando vuole? E come fanno i Cattolici a fidarsi
di una tradizione che non solo si contraddice con se
stessa ma è contraddetta dall’attuale chiesa cattolica
romana? Perché dunque i Cattolici dovrebbero accettare
la tradizione quando le loro stesse guide dimostrano di
rigettarne una parte?
O Cattolici romani, è ora che riflettiate su questo modo
di agire delle vostre guide cieche; è ora che rientrate in
voi stessi e che rigettiate in blocco questa tradizione che
annulla la Parola di Dio ma che vi viene fatta passare
per infallibile Parola di Dio.
Casi in cui i cosiddetti padri vanno contro la tradizione
cattolica romana
Vediamo adesso di vedere come dei cosiddetti padri erano contro alcune delle dottrine che oggi sono parte
della tradizione romana.
- Ireneo (150 ca.- 200 ca.) riprovò il culto delle immagini infatti affermò che i primi ad introdurre nella Chiesa il culto delle immagini furono gli Gnostici: ‘Si denominano gnostici ed hanno alcune immagini dipinte,
altre fabbricate anche con altro materiale, dicendo che
1
Ap. 20:4-6
Enciclopedia Cattolica, vol. 8, 1008-1009
2
230
La chiesa cattolica romana
sono l’immagine di Cristo fatta da Pilato nel tempo in
cui Gesù era con gli uomini. E le incoronano e le espongono con le immagini dei filosofi del mondo, cioè con
l’immagine di Pitagora, di Platone, di Aristotele e degli
altri, e riservano ad esse tutti gli altri onori, proprio come i pagani’.3
- Atenagora (II sec.) era contro l’offrire incenso a Dio:
‘L’artefice e il padre di questo universo non ha bisogno
né di sangue, né di grasso, né di profumo di fiori o di
aromi..’.4
- Tertulliano (160 ca. - 220 ca.) era contro il primato del
vescovo di Roma sostenuto dalla chiesa romana, infatti
scrivendo al vescovo di Roma che si era appellato al
“Tu sei Pietro” per sostenere la propria autorità dice:
‘Chi sei tu che (in tal modo) sovverti e deformi
l’intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale
potere personalmente a Pietro?’;5 Tertulliano era contro
la perpetua verginità di Maria infatti egli sosteneva che
Maria non rimase vergine dopo avere partorito Gesù.6 E
sempre Tertulliano era contrario alla dottrina della transustanziazione infatti affermò: ‘Dopo avere dichiarato,
dunque, di desiderare di fare la cena di Pasqua in quanto
Gli apparteneva, - ché sarebbe stato indegno se Dio avesse desiderato qualcosa che non gli apparteneva - prese il pane e lo distribuì ai suoi discepoli e fece di esso, il
suo corpo, dicendo: ‘Questo è il mio corpo’, cioè ‘la
forma del mio corpo’. Ma non sarebbe potuto essere la
forma del corpo, se non ci fosse stato il corpo di realtà.
Del resto, una cosa vuota, cioè un fantasma, non avrebbe potuto ammettere una raffigurazione. O se Cristo si
raffigurò il corpo nel pane per questo motivo, che mancava della realtà del corpo, allora avrebbe dovuto dare il
pane per noi’.7 Tertulliano era pure contro l’uso
dell’incenso nel culto: ‘La nostra offerta non consiste
già in grani di incenso di poco prezzo, in lacrime di
pianta arabica...’;8 e contro il farsi le statue e le immagini: ‘Il diavolo ha introdotto nel mondo gli artisti che
fanno le statue e le immagini e tutte le altre rappresentazioni (...) dicendo Dio: tu non farai alcuna somiglianza
delle cose che sono sul cielo né sulla terra né nel mare,
ha proibito ai suoi servi in tutto il mondo di abbandonarsi all’esercizio di coteste arti’.9 Egli era anche contro
il battesimo dei neonati: ‘Per questo, pur tenendo conto
delle situazioni, delle disposizioni e anche dell’età di
ogni persona, rimandare il battesimo presenta maggiori
utilità, soprattutto quando si ha a che fare con bambini.
Se non ci sono casi proprio gravi, che necessità c’è di
mettere anche i padrini nel rischio di non poter neppure
mantenere, in caso di morte, le promesse che hanno fatto o di trovarsi frustrati se quei bambini crescono poi
3
Ireneo, Contro le eresie, Lib. I, cap. 25,6
Atenagora, Supplica per i cristiani, Alba 1978, pag. 62
5
Tertulliano, De pudicitia 21
6
L’Enciclopedia Cattolica a tale riguardo afferma: ‘Tertulliano fu l’unico che, condotto dal suo esagerato realismo e da tesi
preconcette, cedette riguardo alla verginità di Maria nel parto
e dopo il parto’ (vol. 12, 1271).
7
Tertulliano, Contro Marcione IV, 40
8
Tertulliano, Apologetico, Bologna 1980, pag. 123
9
Tertulliano, Sull’idolatria, libro 3, IV
4
La tradizione
con cattive tendenze? Certamente il Signore ha detto:
Non impedite ai bambini di venire a me (Mt 19,14).
Vengano pure, ma quando saranno più grandi e potranno essere istruiti, vengano pure quando potranno sapere
dove vanno; diventino pure cristiani, quando saranno in
grado di conoscere Cristo! Perché mai bambini innocenti dovrebbero aver tanta fretta di ricevere il perdono dei
peccati? Per gli affari della nostra vita ordinaria nel
mondo ci comportiamo con prudenza assai più guardinga; ad un bambino nessuno affida l’amministrazione di
beni terreni, perché allora affidargli la responsabilità di
beni divini? Imparino pure anche loro a chiedere la salvezza perché si veda con chiarezza che tu la salvezza la
dai a chi la chiede!’.1
- Origene (185 ca. - 254) era contro il primato di Pietro:
‘Se tu immagini che solo su Pietro sia stata fondata la
Chiesa che cosa potresti tu dire di Giovanni, il figlio del
tuono, o di qualsiasi altro apostolo? Chiunque fa sua la
confessione di Pietro può essere chiamato un Pietro’.2
- Cipriano (200 ca. - 258) era contrario ad attribuire il
primato a Pietro a motivo delle parole che gli rivolse
Gesù infatti scrisse: ‘Gesù parlò a Pietro, non perché gli
attribuisse una autorità speciale, ma solo perché rivelandosi ad uno solo fosse visibile il fatto che la chiesa
dev’essere tutta unita nella fede di Cristo. Pietro è solo
il ‘simbolo’, il ‘tipo’ di tutti gli apostoli e di tutti i vescovi’.3
- Eusebio (260 ca. - 340) era contro l’immacolata concezione di Maria infatti disse: ‘Niuno è esente dalla
macchia del peccato originale, neanche la madre del
Redentore del mondo. Gesù solo è esente dalla legge del
peccato, benché nato da una donna sottoposta al peccato’.4
- Ambrogio (340 ca. -397) di Milano era contrario al
primato di Pietro infatti disse: ‘Pietro... ottenne un primato, ma un primato di confessione e non d’onore, un
primato di fede e non di ordine’.5 Ambrogio era anche
contro l’immacolata concezione di Maria infatti affermò: ‘Gesù è il solo che i lacci del peccato non abbiano
avvinto; niuna creatura concepita per l’accoppiamento
dell’uomo e della donna, è stata esente dal peccato originale; ne è stato esente Colui solo il quale è stato con-
1
Tertulliano, Il battesimo, Roma 1979, pag. 162-163
Origene, Commento a Matteo 12: 10-11: citato da Fausto
Salvoni in Da Pietro al papato, pag. 92
3
Cipriano, De catholica ecclesiae unitate c. 4-5; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 93. Va detto comunque che Cipriano nei suoi scritti parla della successione apostolica e attribuisce alla sede episcopale di Roma una certa preminenza nella
Chiesa, da qui il fatto che egli contribuì notevolmente alla
formulazione del primato del vescovo di Roma nella Chiesa
universale.
4
Eusebio, Emiss. in Orat. II de Nativ.; citato da Teofilo Gay in
op. cit., pag. 129
5
‘Petrus... primatum egit, primatum confessionis utique non
honoris, primatum fidei non ordinis’. Ambrogio, De incarnationis dominicae sacramento IV; citato da Fausto Salvoni in
op. cit., pag. 96
2
La chiesa cattolica romana
cepito, senza quell’accoppiamento, da una Vergine per
opera dello Spirito Santo’.6
- Lattanzio (sec. III-IV) era contro le statue e le immagini: ‘Quindi non c’è dubbio che dovunque c’è una statua o un immagine non c’è religione. Perché se la religione consiste di cose divine, e se non c’è niente di divino eccetto che in cose che sono celesti, le immagini
mancano di religione, dato che non ci può essere niente
di celeste in quello che è fatto di terra’.7
- Epifanio (nato dopo il 310 e morto nel 403), vescovo
di Cipro, era contro le immagini infatti nella sua lettera
al vescovo Giovanni afferma: ‘Io vi trovo un velo sospeso alle porte di questa medesima chiesa, il quale era
colorato e dipinto, esso aveva un’immagine, l’immagine
di Cristo può essere o di qualche santo; io non ricordo
più chi essa rappresentasse. Io dunque avendo veduto
questo sacrilegio; che in una chiesa del Cristo, contro
l’autorità delle Scritture, l’immagine di un uomo era sospesa, lacerai quel velo’. 8 Ed egli era anche contro il
culto a Maria infatti, nel confutare la setta delle Colliridiane che aveva cominciato a offrire un culto a Maria,
egli scrisse: ‘Non si deve onorare i Santi oltre il loro
merito, ché Iddio è Colui cui dobbiamo servire. La Vergine non è stata proposta alla nostra adorazione, poiché
ha adorato ella stessa Colui il quale secondo la carne
nacque da essa. Nessuno dunque adori Maria. A Dio solo, Padre, Figlio e Spirito Santo, appartiene questo mistero, e non a qualsiasi uomo o donna. Laonde, cessino
certe donnicciuole dal turbare la Chiesa, smettano dal
dire: Noi onoriamo la Regina del cielo’, perciocché con
questi discorsi e coll’offrirle le loro focacce, adempiono
ciò che è stato preannunziato: ‘Alcuni apostateranno
dalla fede, dandosi in braccio a spiriti seduttori e alle
dottrine dei demoni’. No, quest’errore del popolo antico
non prevarrà su noi, per farci scostare dal Dio vivente
ed adorare le creature’.9
- Giovanni Crisostomo (344-407) affermò: ‘S. Paolo ha
scritto per turare la bocca agli eretici che condannano il
matrimonio, e per mostrare che il matrimonio non solo è
cosa innocente, ma eziandio è così onorevole che con
esso si può diventare vescovo’; 10 quindi Crisostomo era
contrario al vietare il matrimonio ai vescovi. Crisostomo
era anche contrario alla confessione auricolare infatti
nella nona Omelia della penitenza, commentando le parole di Davide: “Io ho peccato contro te, contro te solo”,11 disse: ‘A Dio solo dunque manifesta il tuo peccato
e quello ti sarà perdonato’ e nell’Omelia 20 sulla Genesi
scrisse: ‘Se Lamec non isdegnò di confessare i propri
peccati alle sue mogli, come saremo noi degni di perdono, se non vorremo confessarli a Colui che conosce i
6
Ambrogio, In Psalm. 118; citato da Teofilo Gay in op. cit.,
pag. 129
7
Lactantius, The Divine Institutes (Istituzioni divine), Washington 1964, Lib. II, cap. 18, pag. 162
8
Jerome, Lettres, Paris 1951, pag. 171
9
Epiph. lib. III, Comment. II, tom. 2, Haeres 79: citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 136
10
Crisostomo, Hom. II, in Ep. Tit. cap. II; citato da Teofilo
Gay in op. cit., pag. 52
11
Sal. 51:4
231
La tradizione
delitti nostri i più occulti?’. E sempre Crisostomo era
contro la transustanziazione infatti scrisse: ‘Prima della
consacrazione lo chiamiamo pane, ma poi... perde il
nome di pane e diventa degno che lo si chiami il Corpo
del Signore, sebbene la natura del pane continui tale in
esso’.1 Infine Crisostomo era contro il primato di giurisdizione di Pietro: ‘Ebbe perciò Pietro un primato? Sì!
poiché fu il primo a confessare il Cristo, divenne anche
il primo apostolo all’inizio della Chiesa’.2
- Agostino (354-430) non riteneva affatto per cosa certa
che Pietro fosse la pietra sulla quale è stata edificata la
Chiesa di Cristo come invece asserisce la chiesa papista.
Egli ebbe infatti a dire: ‘In un certo luogo del libro, parlando dell’Apostolo Pietro, dissi che la Chiesa è basata
in lui come sulla pietra, come è cantato anche da molti,
nei versi del beatissimo Ambrogio, dove dice del gallo:
Con il canto di questo la stessa pietra della Chiesa
pianse la sua colpa. Ma in seguito però ho esposto spessissimo le parole dette dal Signore: Tu sei Pietro e sopra
questa pietra edificherò la mia Chiesa; come se per, sopra questa, si dovesse intendere quello che Pietro ha
affermato quando ha esclamato: Tu sei il figlio di Dio
vivo; e che Pietro ha preso nome da questa pietra, perché raffigura la persona della Chiesa edificata sopra
questa pietra, ed ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli.
Non gli è stato detto infatti: Tu sei pietra, ma Tu sei Pietro; pietra era il Cristo, e Simone che lo aveva riconosciuto come lo riconosce tutta la Chiesa, fu detto appunto Pietro. Il lettore scelga qual’è la più probabile delle
due sentenze’.3
Agostino era contro la transustanziazione: parafrasando
le parole di Gesù affermò: ‘Comprendete in senso spirituale quello che vi dissi: Non mangerete questo corpo
che vedete, e non berrete questo sangue che sarà sparso
da quelli che mi crocifiggeranno. Vi ho raccomandato
un sacramento che vi darà la vita, se lo intendete spiritualmente, e quand’anche sia necessario celebrarlo in
modo visibile, bisogna tuttavia intenderlo spiritualmente’.4
Agostino era anche contro il permettere un nuovo matrimonio al marito o alla moglie mentre ambedue erano
ancora vivi perché per lui il vincolo matrimoniale si
spezzava solo con la morte di uno dei due. Egli scrisse:
‘... alla donna non è permesso di sposare un’altr’uomo
finché è vivo il marito dal quale si separò,...’,5 ed ancora: ‘...l’uomo è legato finché la moglie è nella vita cor1
Crisostomo, Epistola a Cesario: citato da Roberto Nisbet in
op. cit., pag. 79
2
Crisostomo, Or. 8,3 Adv. Jud.; citato da Fausto Salvoni in op.
cit., pag. 95
3
Agostino, I due libri delle ritrattazioni, Firenze 1949, Libro
primo, cap. XXI, pag. 117-118. Come si può bene vedere Agostino prima aveva asserito che la pietra era l’apostolo Pietro
e poi aveva cambiato opinione dicendo che la pietra era la
confessione fatta da Pietro, e lascia al lettore di scegliere tra le
due interpretazioni da lui suggerite.
4
Agostino, Enarrationes in Psalmos 98, 9: citato da Roberto
Nisbet in op. cit., pag. 79
5
Agostino, Il sermone del Monte, Firenze 1928, cap. XIV; pag.
48
232
La chiesa cattolica romana
porale (...) se una donna si separa da un adultero, non si
unisca a un altro: infatti resta legata al marito, finché
egli vive, e non si libera dalla legge del marito se non
quando egli è morto; allora non diventa adultera, se si
lega con un altro’.6 Per cui lui, anche nel caso uno dei
due coniugi diventava un cristiano e l’infedele lasciava
il fedele a motivo della sua fede, non permetteva che il
cristiano passasse a nuove nozze. ‘..il risposarsi dopo
avere lasciato il proprio coniuge, non è lecito, né
all’uomo né alla donna, neppure per qualsivoglia forma
di fornicazione, sia della carne, sia dello spirito, e in
quest’ultima bisogna intendere anche la mancanza di
fede. Infatti il Signore senza fare nessuna eccezione dice: Se la moglie lascia il proprio marito e ne prende un
altro, è adultera, e: Ogni uomo che ripudia la propria
moglie e ne prende un’altra, è adultero’.7 La chiesa cattolica romana lo contraddice apertamente perché, come
abbiamo visto, il suo capo ritiene di poterlo sciogliere e
dare l’autorizzazione per un nuovo matrimonio in diversi casi, tra cui c’è anche quello del privilegio della fede
(chiamato erratamente privilegio paolino).8
- Gelasio I (fu papa dal 492 al 496), che è annoverato
anche tra i papi, affermò contro i Manichei che è sbagliato comunicarsi sotto una sola specie: ‘Abbiamo scoperto che alcuni prendono solamente il sacro corpo e si
astengono dal sangue sacrato, bisogna che costoro o ricevano ambedue le parti o sien privi di ambedue, poiché
la divisione d’un solo e medesimo sacramento non può
farsi senza un gran sacrilegio’.9 Quindi la dottrina che
priva i laici del calice, dottrina che fu promulgata dal
concilio di Costanza nel 1415, era considerata da Gelasio un sacrilegio. Sempre Gelasio non accettava la transustanziazione infatti scrisse: ‘Il sacramento del corpo e
del sangue di Cristo è veramente cosa divina; ma il pane
e il vino vi rimangono nella loro sostanza e natura di
pane e vino’.10
- Gregorio di Nissa (335 ca. - 394 ca.) denunciò con
forza, in una delle sue epistole, la vanità e follia dei pellegrinaggi ai luoghi santi.11
- Girolamo (347 ca. - 419-20 ca.) non reputava il pellegrinaggio a Gerusalemme un atto meritevole: in una sua
6
Agostino, I Connubi adulterini, 2, 5
Agostino, I Connubi adulterini, 1, 31
8
Nell’Introduzione a I Connubi adulterini si legge che
l’affermazione di Agostino secondo cui la separazione di cui
parla Paolo (1 Cor. 7:15) non permette un nuovo matrimonio
‘pur essendo conforme alla tradizione anteriore, è contraria
alla prassi posteriore della Chiesa occidentale che ha visto e
vede concessa in 1 Cor. 7,15 la facoltà di passare a nuove nozze, il ‘privilegio paolino’ appunto’ (in Matrimonio e Verginità,
Roma 1978, pag. 225) e in una nota all’interno del libro
sull’affermazione sopra citata da Agostino (1,31) si legge: ‘Al
contrario la Chiesa, applicando il privilegio paolino, considera
il matrimonio sciolto a tutti gli effetti e consente una nuova
unione, purché con un credente’ (in op. cit., pag. 273). Agostino quindi, in questo caso, per la chiesa cattolica non ha nessuna autorità.
9
Citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 39
10
Gelasio, Delle due nature
11
Gregorio di Nissa, Epist. II, De euntibus Hieros, Opera, III,
1010, ed. Migne
7
La tradizione
lettera a Paolino afferma infatti: ‘Non è un titolo di onore il fatto di essere stati a Gerusalemme (...) I credenti
vengono apprezzati, personalmente, non in base al diverso posto in cui risiedono, ma in base al merito della
loro fede. I veri adoratori non adorano il Padre né a Gerusalemme né sul monte Garizim, perché Dio è Spirito,
ed è necessario che i suoi adoratori lo adorino in spirito
e verità’.1
- Arnobio (vissuto nel IV secolo) era contro l’offrire
incenso: ‘Rimane da dire qualcosa, senza troppe lungaggini, dell’incenso e del vino che sono unti e fanno
parte delle cerimonie e vengono molto usati per il culto.
Innanzi tutto, proprio riguardo all’incenso, vi domandiamo donde e in che tempo avete potuto conoscerlo per
ritenere a ragione che si deve offrirlo agli dèi e che riesce molto gradito ai loro gusti’.2
- Leone I (fu papa dal 440 al 461) era contro
l’immacolata concezione di Maria: ‘Cristo solo tra gli
uomini è stato innocente, perché Egli solo è stato concepito senza la sozzura e la cupidigia carnale’.3
- Gregorio Magno (fu papa dal 590 al 604) non accettava come canonico il libro dei Maccabei infatti, citando
un passo dei Maccabei, avverte ch’egli cita ‘un libro
non canonico, ma scritto solamente per la edificazione
dei fedeli’. Egli era anche contro l’assunzione del titolo
di vescovo universale da parte di un qualsiasi vescovo
infatti affermò: ‘Colui che vuol farsi chiamare pontefice
universale diventa per il suo orgoglio il precursore
dell’anticristo; nessun cristiano deve prendere questo
nome di bestemmia...’;4 e scrivendo a Giovanni, patriarca di Costantinopoli, che si era proclamato vescovo universale, gli disse: ‘..che dirai tu Giovanni a Cristo che è
capo della Chiesa universale nel rendimento dei conti il
giorno del giudizio finale? Tu che ti sforzi di preporti a
tutti i tuoi fratelli vescovi della Chiesa universale e che
con un titolo superbo vuoi porti sotto i piedi il loro nome in paragone del tuo? Che vai tu facendo con ciò, se
non ripetere con Satana: Ascenderò al cielo ed esalterò
il mio trono al di sopra degli astri del cielo di Dio? Vostra fraternità mentre disprezza (gli altri vescovi) e fa
ogni possibile sforzo per assoggettarseli, non fa che ripetere quanto già disse il vecchio nemico: Mi innalzerò
al di sopra delle nubi più eccelse (...) Possa dunque tua
Santità riconoscere quanto sia grande il tuo orgoglio
pretendendo un titolo che nessun altro uomo veramente
pio si è giammai arrogato’.5
- Teodoreto, vescovo di Ciro (393-458), era contro la
transustanziazione infatti affermò: ‘I simboli mistici (il
pane e il vino) non abbandonano la loro natura dopo la
1
Girolamo, Le lettere, Roma 1962, vol. 2, Lettera a Paolino,
pag. 94,95
2
Arnobio, I sette libri contro i pagani, Torino 1962, Lib. VII,
26, pag. 227
3
Citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 130
4
Greg. Ep. Lib. VI, 80: citato da Puaux in Anatomia del papismo, Firenze 1872, pag. 65
5
Gregorio, Epistolarum V, Ep. 18, PL 77, pag. 739-740; citato
da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 330
La chiesa cattolica romana
consacrazione, ma conservano la sostanza e la forma in
tutto come prima’.6
- Vigilio (fu papa dal 537 al 555), era contro la transustanziazione infatti affermò: ‘Quando la carne di Gesù
Cristo era sulla terra, essa certamente non era nel Cielo;
ed ora ch’essa è nel Cielo, non è sicuramente sulla terra’.7
Ecco dunque le prove che questi cosiddetti padri sopra
citati erano contrari ad alcune delle dottrine che la chiesa cattolica romana insegna oggi. Qualcuno domanderà
allora: Ma allora quale è il criterio che usa la chiesa cattolica romana nell’accettare alcune tradizioni e nel rigettarne altre dei suoi cosiddetti padri? Come fa dunque a
definire tradizioni apostoliche delle cose a cui erano
contrari persino dei suoi cosiddetti padri? Come mai in
questi casi non considera autorevoli questi suoi padri
come invece fa in altri casi? Le risposte si possono riassumere in questa frase: quando i cosiddetti padri affermano delle cose gradite alla chiesa romana allora sono
degni di fiducia ma quando si discostano dalla sua linea
e gli vanno apertamente contro allora non devono essere
ascoltati ma rigettati. In questi casi occorre dire che la
chiesa romana talvolta cerca di nascondere queste contraddizioni dei suoi padri, e altre volte invece dà loro
delle spiegazioni strane, adducendo altri loro passi in
cui sembra che dicessero un’altra cosa. Questo si può
ben constatare leggendo i loro libri di controversia. E’
per questo che quando si devono confutare le eresie della chiesa cattolica romana non è affatto consigliabile
citare contro di loro i loro stessi padri perché essi a loro
volta prendono - in alcuni casi - altri loro passi in cui
fanno vedere che essi non volevano dire quello che hanno detto. E bisogna dire che talvolta si deve davvero riconoscere che questi loro padri erano ambigui nel parlare. La Scrittura, solo la Scrittura si prenda per distruggere i loro vani ragionamenti; perché essa non è ambigua,
non si contraddice su nessun punto, e non può essere da
loro presa a sostegno delle sue eresie.
Per concludere questa parte diciamo questo: una delle
fonti da cui la chiesa romana ha attinto la sua tradizione,
vale a dire i suoi cosiddetti padri, non può da essa essere
citata in tutto e per tutto a sostegno di tutte le sue dottrine perché taluni di loro erano nettamente contrari ad alcune di esse. Perciò quando si sente dire alla chiesa romana che la sua tradizione si fonda sui padri non bisogna pensare affatto che tutti quegli scrittori erano
d’accordo con tutto quello che essa oggi dice a riguardo
di Maria, dell’eucarestia, del battesimo, del purgatorio,
del primato di Pietro, del primato del vescovo di Roma,
della confessione, delle preghiere per i morti, del culto
delle immagini e di tante altre cose, perché in effetti su
diverse di queste dottrine alcuni di loro parlarono rettamente confutandole e non sono affatto da riprendere ma
piuttosto da imitare.
6
Teodoreto, Dialogus, Liber II; citato da Roberto Nisbet in op.
cit., pag. 79
7
Vigilio, Contro Eutich. Lib. IV: citato da Luigi Desanctis in
La tradizione, pag. 55
233
La tradizione
Casi in cui i cosiddetti padri hanno insegnato dottrine
false non accettate dalla chiesa cattolica romana oggi
Abbiamo più volte accennato al fatto che i cosiddetti
padri della chiesa insegnarono anche delle dottrine false.
Questi esempi lo confermano:
- Ireneo insegnava che i santi non vanno subito in cielo
appena morti perché vi entreranno solo dopo la risurrezione: ‘Poiché il Signore ‘se n’è andato in mezzo
all’ombra della morte’, dove erano le anime dei morti,
poi è risorto corporalmente e dopo la risurrezione è stato
elevato al cielo, è chiaro che anche le anime dei suoi
discepoli, per i quali il Signore ha fatto queste cose, andranno nella regione invisibile, assegnata loro da Dio, e
lì dimoreranno fino alla risurrezione, aspettando la risurrezione; poi riprenderanno i loro corpi e risusciteranno
integralmente, cioè corporalmente, come risuscitò il Signore, e così andranno al cospetto di Dio. (...) Come
dunque il nostro Maestro non se n’è andato appena si fu
allontanato dal corpo, ma fu elevato al cielo dopo avere
atteso il tempo della sua risurrezione stabilito dal Padre,
il tempo indicato precedentemente per mezzo di Giona,
ed essere risuscitato dopo tre giorni, così anche noi dobbiamo attendere il tempo della nostra risurrezione stabilito da Dio e preannunziato dai Profeti per poi risuscitare ed essere elevati al cielo, quelli che il Signore giudicherà degni di questo’.1
- Giovanni Damasceno (VII - VIII sec.) annoverava i
cosiddetti Canoni apostolici (una collezione di 85 canoni, la maggior parte di essi disciplinari e presi da locali
concili Orientali del quarto secolo) tra i libri ispirati del
Nuovo Testamento.2
- Origene affermò la preesistenza delle anime cioè che
l’anima dell’uomo non è stata creata assieme al corpo
ma prima del corpo e poi è stata inserita nel corpo
dall’esterno. Egli quindi sosteneva che gli uomini sulla
terra venivano premiati o puniti da Dio in base a dei loro meriti o demeriti della loro precedente vita. Nei Principi affermò a riguardo di Giacobbe ed Esaù: ‘Allora,
dopo avere esaminato più a fondo le scritture riguardo a
Giacobbe ed Esaù, troviamo che non dipende da ingiustizia di Dio che prima di essere nati e di avere fatto alcunché di bene o di male - cioè in questa vita -, sia stato
detto che il maggiore avrebbe servito al minore; e troviamo che non è ingiusto che nel ventre della madre
Giacobbe abbia soppiantato suo fratello (...), se crediamo che per i meriti della vita precedente a ragione egli
sia stato amato da Dio sì da meritare di essere preposto
al fratello..’.3 Origene insegnava anche che tutti i pecca-
La chiesa cattolica romana
tori, il diavolo e i demoni un giorno saranno salvati, infatti, parlando del fatto che un giorno tutti i nemici di
Cristo saranno posti sotto i suoi piedi disse: ‘In che modo i nemici del salvatore siano posti dal padre come
sgabello dei suoi piedi, conviene intenderlo degnamente, secondo la bontà di Dio (...) Infatti non dobbiamo
credere che Dio ponga i nemici di Cristo come sgabello
dei suoi piedi nello stesso modo in cui i nemici sono posti sotto i piedi dei re terreni che li sterminano (...) Invece Dio pone i nemici di Cristo come sgabello dei suoi
piedi non per la loro distruzione ma per la loro salvezza
(...) Vedi perciò che per tutti costoro soggezione significa salvezza dei sottomessi’.4 Questa dottrina è denominata apocatastasi.5 E sempre Origene sosteneva che le
pene per i malvagi non sono eterne. Per lui alla fine anche i peccatori, dopo un periodo di purificazione, saranno salvati.
- Gregorio di Nissa insegnava l’apocatastasi come Origene; ecco quanto egli disse commentando le parole di
Paolo : “Affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra”:6 ‘A mio
parere l’Apostolo divino, tenendo presenti nella sua profonda sapienza queste tre condizioni che si notano nelle
anime, ha voluto alludere all’accordo nel bene che un
giorno si stabilirà tra tutte le nature razionali (...) Con
queste sue parole egli allude al fatto che, una volta distrutto il male dopo un lunghissimo periodo di tempo,
non rimarrà altro che il bene. Anche queste nature, infatti, riconosceranno concordemente la signoria di Cristo’,7 ed in un altro luogo dice: ‘Il proposito di Dio è
uno solo: rendere possibile a tutti la partecipazione ai
beni che si trovano in lui non appena il numero naturale
di noi uomini avrà raggiunto la sua pienezza - parlo sia
degli uomini che si sono purificati dal vizio già in questa vita, sia di quelli che, dopo questa vita, sono stati
curati dal fuoco per un periodo di tempo conveniente,
sia di quelli che in questa vita non hanno conosciuto né
il bene né il male’.8
- Ilario di Poitiers (nato tra il 310 e il 320 e morto nel
367) affermò che Gesù Cristo sulla croce non sentì dolore: ‘Su questa sua umanità, sebbene cadessero le percosse o giungessero le ferite o si avvolgessero i nodi o il
corpo fosse appeso, tutte queste cose mostravano la violenza della passione, tuttavia non producevano il dolore
della passione (..) il corpo di Cristo, per sua virtù, subì
la violenza dei maltrattamenti che gli erano inflitti senza
avvertire il dolore’.9
4
Ser. Mat., 8; in op. cit., pag. 201
Termine greco che etimologicamente significa ‘rimettere una
cosa al suo posto primitivo’, e che nella Scrittura è usato una
sola volta, quando Pietro dice: “..il cielo deve tenere accolto
(Gesù) fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose... (apokatastasis)” (Atti 3:21). Superfluo dire che Pietro quando parlò dell’apocatastasi non intese dire che un giorno anche i peccatori, il diavolo, gli angeli ribelli e i demoni, saranno salvati.
6
Fil. 2:10
7
Gregorio di Nissa, L’anima e la risurrezione, Roma 1981,
pag. 77
8
Gregorio di Nissa, op. cit., pag. 132
9
Ilario, La Trinità, Torino 1971, Lib. 10,23, pag. 539,540
5
1
Ireneo, Contro le eresie, Lib. V, 31,2. La chiesa cattolica non
accetta questa dottrina di Ireneo, perché per essa in cielo ci
vanno subito (cioè senza passare dal purgatorio) coloro che
sono puri di ogni colpa, che non hanno nessuna pena temporanea da scontare in purgatorio; e dopo un certo tempo quelle
anime che sono andate a purificarsi in purgatorio, e perciò
ambedue le categorie di anime, per essa, ci vanno prima della
risurrezione corporale.
2
Cfr. John of Damascus, Writings - Orthodox Faith, Lib. IV,
cap. 17, New York 1958, pag. 376
3
Origene, I Principi, Torino 1968, Libro II, 9, 7
234
La tradizione
- Arnobio insegnava che Dio non era il creatore delle
anime: ‘E poi? Solo noi ignoriamo, non conosciamo chi
creò le anime, chi le formò...?’1 e diceva che le anime
dei peccatori erano mortali: ‘E invero sono precipitate
giù e, ridotte al nulla, scompaiono per l’azione vanificante di una distruzione irrimediabile. Sono infatti di
media qualità come si sa per l’insegnamento di Cristo,
tali cioè che possono morire se non conoscono Dio (..)
l’anima, ignorando Dio, sarà consumata mediante tormenti di lunghissima durata dal fuoco tremendo... Non
c’è motivo, quindi, che ci inganni, non c’è motivo che ci
faccia concepire speranze infondate quel che si dice da
taluni pensatori recenti e fanatici per l’eccessiva stima
di se stessi che, cioè, le anime sono immortali...’.2
- Giustino Martire insegnava che le anime dei credenti
alla morte non vanno subito in cielo: ‘Che se voi vi siete
imbattuti in sedicenti Cristiani che non facciano questa
confessione, ma osino anche vituperare il Dio
d’Abramo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe, e neghino la risurrezione dei morti, sostenendo invece, che
all’atto del morire, le loro anime siano assunte in cielo,
non riteneteli per Cristiani’.3 Giustino Martire insegnava
pure che le pene per i dannati non saranno eterne, perché dopo un certo periodo di tempo saranno annichiliti.
- Taziano (II sec.) insegnò un generale dissolvimento di
tutto l’uomo tra la morte e la risurrezione;
- Clemente d’Alessandria (II-III sec.) disse che la filosofia conduceva alla conoscenza di Dio infatti dopo avere citato alcune dichiarazioni di alcuni filosofi disse:
‘Bastano anche queste affermazioni scritte da pagani per
ispirazione di Dio e da noi scelte, per condurre alla conoscenza di Dio chi è capace anche in piccola misura di
scoprire la verità’.4 Sempre lui affermò che Gesù non
ebbe né fame né sete perché se egli mangiò e bevve lo
fece solo per dimostrare la sua natura umana e non per
necessità, ecco cosa dice infatti nel suo libro Stromata:
‘Lo ‘gnostico’ è tale che soggiace soltanto alle passioni
che sono in funzione del mantenimento del corpo, come
fame, sete e simili. Quanto al Salvatore, invece, sarebbe
ridicolo pensare che il corpo, in quanto corpo, richiedesse i necessari servigi per il mantenimento; non è che Egli mangiasse a causa del corpo, che era tenuto in vita
da una santa potenza, ma perché in chi lo frequentava
non si insinuassero falsi pensieri intorno a Lui, come in
effetti alcuni poi credettero che Egli si fosse manifestato
solo in apparenza. In realtà Egli era assolutamente immune da passione; nessun moto di passione penetrava la
1
Arnobio, op. cit., Libro II, 58; pag. 79
Ibid., Lib. II, 14-15; pag. 51
3
Dialogo con Trifone, LXXX. E’ vero che la chiesa papista
dice che i giusti che muoiono non vanno subito in cielo, ma la
dottrina è diversa da quella di Giustino perché secondo essa le
anime dei giusti se ne vanno prima in purgatorio ad espiare le
loro colpe per poi andare in cielo prima della risurrezione corporale.
4
Clemente Alessandrino, Il protrettico, Torino 1971, Cap VI,
72,5; pag. 142.
La chiesa cattolica romana
sua persona, né piacere né dolore’.5 Clemente diceva
anche che gli apostoli alla loro morte evangelizzarono le
anime nell’Ades: ‘..gli apostoli, seguendo il Signore,
evangelizzarono anche quelli che si trovavano nell’Ade;
evidentemente era necessario che i migliori discepoli
diventassero imitatori del Maestro anche là..’.6 Un’altra
strana dottrina di Clemente era quella che sosteneva che
il peccato che commisero i nostri progenitori nel giardino d’Eden, fu di natura sessuale.
- Tertulliano insegnava il traducianesimo materialista,
ossia la teoria secondo la quale le anime vengono trasfuse ai figli dai genitori mediante il seme materiale.
Ecco la sua dichiarazione: ‘In che modo dunque è stato
concepito l’essere vivente? Essendosi formata insieme
la sostanza sia del corpo che dell’anima o formandosi
prima una di queste due? Noi affermiamo che entrambe
queste sostanze vengono concepite, fatte e portate a
compimento nello stesso momento, proprio come nello
stesso momento vengono anche fatte uscire, e diciamo
anche che non vi è alcun momento all’atto del concepimento in cui venga stabilito un ordine di precedenza (...)
L’anima inseminata nell’utero insieme con la carne riceve insieme con essa anche il sesso..’.7 La chiesa cattolica romana rigetta questa dottrina infatti afferma: ‘..un
cattolico non può sostenere nessuna specie di traducianesimo: quello materialista perché eretico (esso nega
infatti la spiritualità dell’anima)...’.8 Sempre Tertulliano
insegnava che solo le anime dei fedeli morti martiri andavano subito in cielo, le anime degli altri invece scendevano negli inferi e precisamente nel seno d’Abramo.
Ecco quello che egli disse: ‘Finché la terra è intatta, per
non dire chiusa, essa non apre a nessuno il cielo. Il regno dei cieli infatti verrà aperto con la fine del mondo
(...) Quanti sperimentano questa nuova morte in nome di
Dio, violenta appunto come quella di Cristo, sono accolti in un luogo diverso e particolare (...) La sola chiave
del paradiso è il tuo sangue. Vi è anche un mio libro sul
paradiso, in cui ho mostrato che tutte le altre anime rimangono negli inferi fino al giorno della seconda venuta
del Signore’.9 Tertulliano affermava che per i credenti
l’omicidio, l’idolatria, la frode, l’adulterio e la fornicazione e qualsiasi altra profanazione del tempio di Dio
sono peccati imperdonabili.10 Tertulliano affermava che
tutti coloro che non si erano ancora sposati dovessero
rimandare il battesimo: ‘Per motivi non meno seri dovrebbero rimandare il loro battesimo tutti quelli che non
si sono ancora sposati; molti pericoli e molte prove
stanno davanti a loro, si tratti di gente ancora vergine
che sta crescendo negli anni o di gente vedova che non
sa ancora che pesci pigliare..; costoro dovrebbero rimandare il battesimo fino a quando non si siano decisi o
a sposarsi o a impegnarsi con coraggio nella castità’.11
2
5
Clemente Alessandrino, Stromata, Torino 1985, Lib. VI, cap.
9; pag. 706
6
Clemente Alessandrino, op. cit., Lib. VI, 45,5: pag. 688-689
7
Tertulliano, L’anima, Venezia 1988, 27,1; 36,2; pag. 125,157
8
Enciclopedia Cattolica, vol. 12, 415
9
Tertulliano, op. cit., 55:3,5; pag. 207
10
Cfr. Tertullien, La Pudicité, Paris 1993, XIX 25,26; pag. 261
11
Tertulliano, Il battesimo, Roma 1979, pag. 163
235
La tradizione
- Agostino affermò che i bambini che non si comunicavano sotto le due specie non potevano essere salvati;
‘Nessuno senza il Battesimo ed il sangue del Signore
può sperare la salvezza e la vita eterna; invano, senza
questi sacramenti, la vita eterna è promessa ai bambini’.1 Agostino sosteneva il traducianesimo spiritualista,
che si differenziava da quello materialista di Tertulliano
in quanto secondo esso l’anima del figlio deriverebbe
dall’anima del genitore. Ecco come si espresse: ‘Come
una fiaccola ne accende un’altra senza che la fiamma
comunicante perda nulla della sua luce, così l’anima si
trasmette dal padre al figlio’.2 Anche questo tipo di traducianesimo è rigettato dalla chiesa cattolica romana:
‘..un cattolico non può sostenere nessuna specie di traducianesimo... quello spiritualista (sia che faccia derivare l’anima del figlio da un seme spirituale, sia che attribuisca all’azione dei genitori un’attività creatrice) perché erroneo’.3
Agostino insegnava che le relazioni carnali in ambito
matrimoniale erano legittime solo se avevano il fine di
procreare altrimenti costituivano dei peccati. Egli infatti
ebbe a dire: ‘Quanto al fatto che i coniugati cedano alla
concupiscenza usando il loro rapporto matrimoniale al
di là di quello che è necessario per la procreazione dei
figli, anche questo lo pongo tra le cose per le quali ogni
giorno noi preghiamo: Perdona le nostre offese come
noi perdoniamo a chi ci ha offeso’,4 ed anche:
‘...rendere il debito coniugale non è affatto una colpa,
esigerlo oltre la necessità di procreare è un peccato veniale’.5 La chiesa papista attualmente contraddice il suo
padre Agostino perché non reputa peccato le relazioni
carnali che non hanno come fine la procreazione (mentre Agostino come abbiamo visto le considerava dei
peccati) ed è a favore del controllo delle nascite (a cui
Agostino si opponeva perché era per la procreazione a
tutti i costi). Però di un controllo delle nascite che non si
basa su mezzi come l’aborto, l’interruzione dell’atto,
sterilizzazione e antifecondativi chimici e meccanici
(questi mezzi sono dichiarati da essa illeciti), ma su altri
mezzi come l’astensione dell’atto coniugale per sempre
(continenza assoluta) o per un tempo determinato (continenza temporanea) o soltanto periodicamente nelle
presunte epoche di fecondibilità. Questi mezzi, quando
1
Agostino, De pec. mer. et remiss. 1,24,34: citato da Bernardo
Bartmann, Teologia Dogmatica, vol. III. pag. 193. Ricordo
che questa dottrina è stata condannata dal concilio di Trento.
2
Agostino, Ep., 190, 15: citato nell’Enciclopedia Cattolica,
vol. 12, 415
3
Enciclopedia Cattolica, vol. 12, 415
4
Agostino, Discorsi, Roma 1989, Discorso 354/A
5
Agostino, La Dignità del matrimonio, Roma 1982: pag. 100.
Alla luce delle Scritture questa dottrina è falsa perché, quantunque marito e moglie non devono fare nulla per impedire il
concepimento perché questo è un atto di ribellione a Dio, si fa
passare la relazione carnale nell’ambito della coppia che non
può avere o non può più avere figli o durante il periodo di infecondibilità come peccato quando la Scrittura non la definisce tale perché dice: “Il marito renda alla moglie quel che le è
dovuto; e lo stesso faccia la moglie verso il marito” (1 Cor.
7:3).
236
La chiesa cattolica romana
sono accompagnati da ‘motivi morali sufficienti e sicuri,
rendono lecita una regolazione della prole’.6
- Atenagora definì adulterio le seconde nozze: ‘La norma della nostra vita non consiste nell’esercizio delle parole ma nel dimostrare ed insegnare con le opere: si rimane come si è nati oppure ci si accontenta di un solo
matrimonio. Le seconde nozze non sono altro che un
decoroso adulterio (...) E chi si separa dalla prima moglie, anche se questa è morta, è un adultero dissimulato
e agisce contro la mano di Dio perché Dio al principio
plasmò un solo uomo e una sola donna, trasgredisce in
tal modo la comunione di carne con carne, secondo
l’unità che si realizza nell’unione delle persone’.7
- Lattanzio negò la divinità di Cristo. Nel suo libro Istituzioni divine fece le seguenti affermazioni: ‘Dio, che è
il Modellatore e il Fondatore delle cose, come abbiamo
detto nel secondo libro, prima di intraprendere questa
opera del mondo, generò il santo e incorruttibile spirito
che Egli chiamò Suo Figlio. E nonostante Egli dopo ne
creò innumerevoli altri, che noi chiamiamo angeli, questo solo è il Suo Primogenito Figliuolo, degno
dell’appellativo del Divino Nome, cioè, Egli possiede il
potere e la maestà del Padre’;8 ‘In primo luogo noi attestiamo che Egli nacque due volte; prima, nello spirito,
più tardi, nella carne’;9 ‘Perché nella prima nascita spirituale Egli fu senza una madre dato che fu generato da
Dio il Padre solamente, senza la funzione di una madre.
Nella seconda, quella secondo la carne, Egli fu senza un
padre, dato che fu formato in un seno vergine senza la
funzione di un padre...’.10 Lattanzio insegnava anche
che dopo la morte tutte le anime ‘sono trattenute in una
custodia comune, fino a che giungerà il tempo in cui il
Grande Giudice terrà l’esame dei meriti’.11
- Girolamo per scoraggiare una vedova di nome Furia
dal risposarsi le scrisse: ‘Quante spine porti con sé il
matrimonio, l’hai constatato a tue spese durante la vita
matrimoniale. Te ne sei saziata fino alla nausea, come
gli Ebrei della carne di quaglia. Il tuo palato ha provato
l’amarezza infinita del fiele, hai vomitato cibi acidi e
malsani, hai mitigato l’arsura dello stomaco; perché vorresti ancora ingerire cose che ti sono state di danno?
proprio come un cane che ritorna ai cibi vomitati, o un
maiale al fango dove s’è voltolato? Persino gli animali
che non hanno la ragione, compresi gli uccelli migratori,
non vanno a ricadere nelle medesime trappole e reti! (...)
L’uomo che una madre porta in casa ai figli non è un
6
Pio XII, Discorso alle ostetriche del 29 ott. 1951, in Civ.
Catt. 1951, IV, p. 53; citato nell’Enciclopedia Cattolica alla
voce ‘nascite controllo’ (vol. VIII, 1663). Cfr. Jean-Marie Aubert, Compendio della morale cattolica, Cinisello Balsamo
(MI) 1989, pag. 354-355.
7
Atenagora, Le opere, Siena 1974, XXXIII, pag. 64. Facciamo
notare a tale riguardo che agli occhi di Dio le seconde nozze
mentre uno dei coniugi è ancora in vita sono adulterio, ma le
seconde nozze dopo la morte del coniuge non costituiscono
affatto adulterio come invece asseriva Atenagora.
8
Lactantius, The Divine Institutes, Washington 1964, Lib. 4,
cap. 6: pag. 255
9
Lactantius, op. cit., Lib. 4, cap. 8: pag. 258-259
10
Ibid., Lib. 4, cap. 13: pag. 273
11
Ibid., Lib. 7, cap. 21: pag. 526
La tradizione
padrigno ma un nemico; è tutt’altro che un padre; è un
tiranno (....) Confessa apertamente i tuoi desideri poco
puliti! Nessuno, giustamente, va a marito per non dormire poi col marito’.1 Ecco con che termini dispregiativi
si esprimeva Girolamo attorno al matrimonio che voleva
contrarre una vedova. Sempre Girolamo nel commento
ai Galati disse che Paolo quando rimproverò Pietro dicendogli: “Se tu, che sei Giudeo, vivi alla Gentile e non
alla giudaica, come mai costringi i Gentili a Giudaizzare?”2 usò una menzogna strategica. Per confermare questo citiamo una affermazione dello stesso Girolamo presa da una sua lettera scritta ad Agostino: ‘In secondo
luogo mi chiedi perché nei Commentari sulla lettera ai
Galati ho detto che Paolo non ha potuto riprendere Pietro per un fatto compiuto pure da lui stesso, cioè riprendere un altro di simulazione, di cui egli stesso era colpevole. Tu invece sostieni che il rimprovero
dell’Apostolo non fu finto, ma autentico e che perciò io
non dovrei insegnare che lì si tratta di menzogna, ma
che tutto ciò che sta scritto nella Bibbia deve essere inteso come sta scritto’.3 Ma Girolamo, per difendere la
condotta di Pietro ad Antiochia, si spinge ad accusare
Paolo di avere simulato anche lui, in altre parole di avere agito in alcune circostanze anche lui come Pietro, e
perciò egli non doveva rimproverare Pietro come fece,
infatti dopo avere citato i passi della Scrittura dove Luca
racconta che Paolo tornato a Gerusalemme, dietro consiglio dei fratelli, prese quattro fratelli che avevano fatto
un voto e, dopo essersi purificato, entrò nel tempio annunziando di volere compiere i giorni della purificazione, fino alla presentazione dell’offerta per ciascuno di
loro, Girolamo afferma: ‘Oh, Paolo! Anche a proposito
di questo fatto ti domando: ‘Perché mai ti facesti radere
la testa? Perché mai hai fatto la processione a piedi nudi
secondo il rito giudaico? Perché mai avresti offerto sacrifici e per te sarebbero state immolate vittime prescritte dalla Legge mosaica?’ Certamente risponderai: ‘Perché non si scandalizzassero i Giudei convertiti’. Ti fingesti dunque Giudeo per salvare i Giudei. E questa simulazione ti fu insegnata da Giacomo e dagli altri seniori: eppure non riuscisti a scamparla (...) Abbiamo visto che Pietro e Paolo finsero l’uno come l’altro
d’osservare i precetti della Legge per paura dei Giudei.
Con quale faccia, allora, con quale ardire ha potuto Paolo biasimare l’altro di una mancanza commessa pure da
lui stesso?’.4 In altre parole, per Girolamo, Pietro ad Antiochia fece solo finta di osservare la Legge per non fare
allontanare i Giudei dalla fede in Cristo (e quindi si
comportò bene), e Paolo usò una bugia strategica per
calmare gli animi perché anche lui altre volte faceva finta di osservare la legge per non scandalizzare i Giudei
credenti.5
1
Girolamo, Le lettere, Roma 1962, vol. 2, pag. 37,50
Gal. 2:14
3
Le Opere di sant’Agostino. Le Lettere, 1969, 75, 3,4, pag. 601
4
Op. cit., 75, 3,10-11; pag. 613
5
Confutiamo le asserzioni di Girolamo. Innanzi tutto Paolo
non mentì perché sempre ai Galati ha detto poco prima: “Ora,
circa le cose che vi scrivo, ecco, nel cospetto di Dio vi dichiaro che non mentisco” (Gal. 1:20). E poi ricordiamo che tra il
2
La chiesa cattolica romana
Ora, queste strane dottrine qui sopra citate neppure la
chiesa cattolica romana le accetta, ma rimane il fatto che
esse erano proclamate da quelle stesse persone che lei
prende per sostenere la sua tradizione. Quindi la tradizione dei suoi padri, secondo lei, si suddivide in una
parte buona e in una cattiva; in una parte vera e in un
altra mendace; la prima è da accettare la seconda no.
Quindi neppure lei venera la sua tradizione al pari delle
Scritture, perché non accetta tutto quanto quello che i
suoi padri hanno detto. E questo naturalmente essa è costretta a farlo perché riconosce le contraddizioni che ne
deriverebbero se dovesse accettare tutto quello che essi
hanno detto. Ha deciso perciò di accettare solo quei loro
insegnamenti che piacciono a lei e che le servono a confermare le sue presenti tradizioni. Il fatto è però che anche quegli insegnamenti dei cosiddetti padri che lei ha
preso per sostenere la sua tradizione sono mendaci e sono da rigettare, ma lei li ritiene e li venera perché sono
per lei una fonte di guadagno.
Per ciò che ci riguarda, le eresie dei cosiddetti padri sopra citate ci mostrano come quegli uomini non si possono citare affatto come autorità, come invece viene fatto
dalla chiesa romana, e non sono per nulla degni di fiducia come lo sono invece i profeti e gli apostoli. Certo, è
vero che non tutto quello che essi dissero è falso ma rimane il fatto che non ci si deve per nulla appoggiare a
loro nella comprensione delle Scritture se non si vuole
rimanere ingannati dai loro errori così tanto diffusi nei
loro scritti. Ricordatevi che i Cattolici romani sono rimasti ingannati non dalle Scritture, perché esse non ingannano nessuno, ma dalle interpretazioni arbitrarie date alle Scritture dai loro cosiddetti padri. Perciò vi esorto
ad essere molto prudenti nel caso doveste leggere gli
scritti di Agostino, di Girolamo, di Tertulliano, di Clemente d’Alessandria, di Origene e degli altri cosiddetti
padri della chiesa.
comportamento tenuto da Paolo con i Giudei in alcune circostanze della sua vita e quello tenuto da Pietro ad Antiochia c’è
una grande differenza. Quello di Paolo non era da condannare
perché lui si faceva Giudeo con i Giudei per guadagnarli a
Cristo, e con i credenti che venivano dal Giudaismo si faceva
Giudeo per fare capire loro che egli non disprezzava la legge
di Mosè; mentre quello di Pietro ad Antiochia era da condannare perché lui per paura dei Giudei si ritirò dai Gentili, con i
quali prima mangiava, e cominciò ad imporre ai Gentili
l’osservanza della legge di Mosè affinché fossero giustificati.
In sostanza mentre Paolo, quando si faceva osservatore della
legge con i Giudei, lo faceva per non essergli d’intoppo, e non
imponeva loro - come neppure ai Gentili - l’osservanza della
legge per la loro giustificazione perché egli predicava che si
viene giustificati soltanto mediante la fede e non per le opere
della legge; Pietro ad Antiochia era da condannare perché lui
costringeva i Gentili ad osservare la legge per essere giustificati per la legge. Le cose sono completamente differenti dunque. Quindi Pietro si mise a simulare e con lui altri; ma quando Paolo vide che non procedevano dirittamente rispetto al
Vangelo, allora rimproverò Pietro. A giusta ragione, a testa
alta, senza temere di essere svergognato da alcuno perché lui
quantunque fosse Giudeo non costringeva i Gentili (e neppure
i Giudei) ad osservare la legge per essere giustificati, come
invece fece Pietro ad Antiochia.
237
La tradizione
Casi in cui le dottrine false dei cosiddetti padri sono accettate dalla chiesa cattolica romana oggi
Facciamo ora alcuni esempi di dottrine false insegnate
dai cosiddetti padri che la chiesa romana accetta.
- Ireneo.
La superiorità della chiesa di Roma. Egli disse: ‘Ma
poiché sarebbe troppo a lungo in quest’opera enumerare
le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa
grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli
Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli
Apostoli e la fede annunciata agli uomini che giunge
fino a noi attraverso le successioni dei vescovi confondiamo tutti coloro che in qualunque modo, o per infatuazione o per vanagloria o per cecità e per errore di
pensiero, si riuniscono oltre quello che è giusto. Infatti
con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d’accordo ogni
Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte - essa
nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata
la tradizione che viene dagli Apostoli’.1
- Tertulliano.
La tradizione. Dopo avere detto che ai suoi giorni per
consuetudine si battezzava per triplice immersione, che
dopo il battesimo i credenti mangiavano un miscuglio di
latte e miele e che a partire da quel giorno non si facevano il bagno per tutta la settimana successiva, che le
oblazioni per i defunti venivano fatte nell’anniversario
della loro morte e che digiunare o adorare Dio in ginocchio di domenica veniva reputato un’empietà e che ‘tutte le volte che iniziamo o terminiamo qualcosa, tutte le
volte che entriamo o usciamo di casa, quando ci vestiamo, ci mettiamo i calzari, andiamo al bagno, ci mettiamo a tavola, accendiamo le lucerne, andiamo a letto, ci
sediamo, qualsiasi sia l’occupazione alla quale ci accingiamo, facciamo sovente sulla nostra fronte un piccolo
segno di croce’, egli dice: ‘Per queste e altre simili prassi della disciplina cristiana, se tu pretendi delle norme
bibliche, non ne troverai nessuna. Alla loro fonte ti saranno invece mostrate la tradizione che ne ha causato
l’origine, la consuetudine che ne ha motivato la continuità e la fedeltà che spinge ad osservarle’.2 Queste parole di Tertulliano (che come potete vedere contraddi1
Ireneo, Contro le eresie, Libro III, pag. 218
Tertulliano, La Corona, Roma 1980, 3-4; pag. 153,155. Il
battesimo per triplice immersione, il mangiare latte e miele
dopo il battesimo, il non farsi il bagno per i successivi sette
giorni, il fare oblazioni per i morti nell’anniversario della loro
morte, e il farsi il segno della croce sulla fronte ogni qualvolta
si fa qualcosa durante il giorno, o il reputare il digiuno o
l’adorazione in ginocchio di domenica una empietà, sono tutte
cose che dato che non si possono confermare con le sacre
Scritture vanno rigettate. Considerate invece se noi le ammettessimo solo perché le dice Tertulliano; saremmo costretti a
doverle difendere, cioè a dire il perché è giusto fare quelle cose anche se non sono scritte. E in che maniera verremmo trascinati a farlo? Con vani ragionamenti, dai quali sgorgherebbero via via dottrine perverse. Questo è quello che avviene
infatti ogni qual volta si cerca di giustificare mediante le Scritture delle tradizioni umane che si oppongono alla verità.
2
238
La chiesa cattolica romana
cono le sue stesse parole citate prima) vengono prese
dalla curia romana a sostegno della tradizione non scritta.
Per loro naturalmente sono una conferma che una cosa
per essere accettata dai credenti non ha bisogno di essere per forza di cose scritta nella Bibbia. Per noi invece
esse confermano che già ai tempi di Tertulliano molti
credenti si erano messi a fare certe cose per tradizione
senza preoccuparsi del fatto che esse erano pratiche non
scritturali, e ad esse naturalmente se ne aggiunsero molte e molte altre con i secoli che finirono coll’annullare il
Vangelo. Bisogna fare notare però a proposito di queste
cosiddette tradizioni apostoliche riferite da Tertulliano
nei suoi scritti che la chiesa cattolica romana molte oggi
non le accetta, il che significa smentire uno dei suoi padri e cadere nell’ennesima contraddizione. Infatti essa
dice che la tradizione apostolica è Parola di Dio da rispettarsi come la Scrittura ed essa ne rigetta alcune parti!
- Agostino.
Perpetua verginità di Maria. Egli disse: ‘Vergine concepì, vergine partorì, vergine rimase’3 e: ‘Quando pertanto sentite parlare di fratelli del Signore, pensate a
consanguinei di Maria, non v’immaginate una prole venuta da ulteriore parto di lei. Come infatti nel sepolcro
ove fu posto il corpo del Signore, non giacque né prima
né dopo alcun morto, così il grembo di Maria né prima
né poi concepì alcun essere mortale’.4
La messa come ripetizione del sacrificio di Cristo. Egli
disse: ‘Cristo non s’è forse immolato da se stesso una
sola volta? Eppure nel mistero liturgico s’immola per i
fedeli non solo ogni ricorrenza pasquale, ma ogni giorno. E non mentisce di certo chi, interrogato se Cristo
veramente s’immola, risponde di sì’.5
Il digiuno eucaristico. ‘Da ciò si può comprendere che
fu lui (Paolo) a stabilire il digiuno eucaristico che non è
modificato da alcuna diversità di usanze’.6
La tradizione. ‘Quanto invece alle prescrizioni non
scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della
tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile
capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la
cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di
tale genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del
Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa’.7
3
Agostino, Serm. 51, 18; citato in La vergine Maria, a cura di
Michele Pellegrino, Alba 1954, pag. 21
4
Agostino, Tract. in Io. 28, 3; citato in op. cit., pag. 71
5
Agostino, Le Lettere, 98,9: pag. 927
6
Ibid., 54, 6,8: pag. 447
7
Ibid., 54,1,1: pag. 437. Agostino qui cade in una contraddizione perché in un suo libro afferma che lui si sottomette solo
all’autorità dei libri canonici e che tutto ciò che è necessario
alla fede alla condotta della vita si trova nelle dichiarazioni
chiare della Scrittura, mentre qui dice che bisogna ritenere tutte quelle cose non scritte ricevute per tradizione e che vengono
osservate per il mondo.
La tradizione
Negazione che la prima risurrezione nell’Apocalisse è
la risurrezione corporale dei giusti e negazione del regno millenario di Cristo sulla terra alla sua venuta. ‘Vi
sono due risurrezioni: la prima, che avviene ora ed è la
risurrezione delle anime, che non permette di cadere
nella seconda, che non avviene ora ma avverrà alla fine
del mondo, e che non riguarda le anime, ma i corpi (...)
L’evangelista Giovanni ha parlato di queste due risurrezioni nel libro dell’Apocalisse in modo che la prima delle due, non compresa da taluni dei nostri, fu scambiata
per una ridicola favoletta (...) Coloro che sulla base delle parole di questo libro hanno ipotizzato che la prima
risurrezione sarà la risurrezione del corpo, fra l’altro sono stati soprattutto colpiti dal numero di mille anni (...)
egli ha parlato di mille anni per indicare precisamente
tutti gli anni di questo mondo, volendo evidenziare con
un numero perfetto la stessa pienezza del tempo (...)
perciò il numero mille indica la totalità, poiché è il quadrato di dieci che diventa un solido’.1 In altre parole, la
prima risurrezione di cui parla Giovanni nell’Apocalisse
è la risurrezione spirituale che secondo Agostino si sperimenta col battesimo; i mille anni sono il periodo di
tempo che intercorre tra la prima venuta di Cristo e il
suo ritorno, e la seconda risurrezione è la risurrezione
corporale.
Negazione del fatto che non tutti morranno. ‘..riteniamo
che anche quanti il Signore troverà vivi in quel breve
spazio di tempo subiranno la morte e acquisteranno
l’immortalità...’.2
Negazione della distruzione di questo cielo e di questa
terra. ‘Una volta compiuto questo giudizio, allora questo cielo e questa terra cesseranno d’esistere e cominceranno ad esistere un cielo nuovo e una terra nuova; infatti questo mondo passerà per una trasformazione delle
cose, non per un totale annientamento’;3 ‘Quanto poi
alle parole: Il mare non c’era più (....) Allora infatti non
ci sarà questo mondo agitato e burrascoso, che è la vita
dei mortali, indicato con il nome di mare’.4
Il battesimo degli infanti. ‘Il bambino quindi è reso fedele non da un atto volontario della fede simile a quello
dei fedeli adulti, ma dal sacramento della stessa fede.
Poiché, allo stesso modo che il padrino risponde ch’egli
crede, così pure si chiama fedele non col dare l’assenso
personale della sua intelligenza, ma col ricevere il sacramento della stessa fede. Quando poi egli comincerà a
capire, non avrà bisogno di un nuovo battesimo, ma
comprenderà il sacramento ricevuto e si conformerà, col
consenso della volontà, alla realtà spirituale da esso
rappresentata’.5
Il battesimo cancella i peccati. ‘Il sacramento del Battesimo, istituito contro il peccato originale, affine di cancellare, mediante la rigenerazione spirituale, la macchia
della generazione carnale, cancella anche i peccati attua-
1
Agostino, La città di Dio, Lib. XX, cap. 6,2; 7,1,2
Agostino, op. cit., Lib. XX, cap. 20,2
3
Ibid., Lib. XX, cap. 14
4
Ibid., Lib. XX, cap. 16
5
Agostino, Le Lettere, 98, 10: pag. 927, 929
2
La chiesa cattolica romana
li che trova in noi e che avremo potuto commettere con
pensieri, con parole e con opere’.6
Il potere di rimettere i peccati del battesimo di sangue
in assenza di quello con acqua. ‘Anche se non si è ricevuto il lavacro di rigenerazione, la morte dovuta alla
professione di fede in Cristo ha lo stesso potere di rimettere i peccati che l’acqua del santo battesimo’.7
Il purgatorio. ‘Se il fanciullo ha ricevuto i sacramenti
del Mediatore, se cioè verrà trasferito dalla potestà delle
tenebre nel regno di Cristo, anche se morirà in quell’età,
non solo eviterà le pene eterne, ma non soffrirà neppure
le pene del purgatorio’;8 ‘Secondo questa opinione,
nell’intervallo di tempo che corre dalla morte di questo
corpo fino a quando si giungerà al giorno in cui avverrà
la resurrezione dei corpi - giorno dell’estremo giudizio
nel quale si pronunzierà la sentenza del premio o del
castigo - le anime dei defunti che, durante la loro vita
terrena, non hanno avuto costumi e affetti tali da meritare di essere consumati come legna, fieno e paglia, non
subiranno il fuoco che brucerà quelle anime che non
vissero in tale modo. Queste saranno afflitte dal fuoco di
una tribolazione passeggera che brucerà a fondo le costruzioni di legno, fieno e paglia, non meritevoli di eterna condanna; e le brucerà o su questa terra, o quaggiù e
nell’aldilà, o solo nell’altra vita. A questa opinione non
mi oppongo perché forse è un opinione vera’.9
Le preghiere per i morti. ‘La stessa preghiera della
Chiesa o di qualche uomo pio a favore di alcuni defunti
è esaudita, ma soltanto per quelli che, rigenerati in Cristo, non hanno condotto nel loro corpo una vita tanto
cattiva da essere giudicati indegni di questa misericordia, ma neppure una vita così buona da non avere bisogno di quella misericordia’.10
Il suffragio in favore dei morti. ‘Dobbiamo ammettere
che le anime dei trapassati possono ricevere qualche sollievo dalla pietà dei parenti, quando per esse offrono il
santo Sacrificio del Mediatore, ovvero distribuiscono
elemosine ai poveri. Ma questi suffragi profitteranno
soltanto a coloro i quali, durante la loro vita, avranno
meritato che queste opere buone possano essere loro applicate. Vi sono degli uomini la cui vita non è stata né
abbastanza buona da non avere bisogno di suffragi, né
6
Agostino, Enchiridion, Firenze 1951, cap. LXIII, pag. 86
Agostino, La città di Dio, Lib. XIII, cap. 7
8
Agostino, op. cit., Lib. XXI, cap. 16. Si tenga presente però
che adesso per la chiesa cattolica romana il neonato per andare
in paradiso ha bisogno solo del battesimo: e che nel caso morisse senza averlo ricevuto non andrebbe all’inferno e neppure
in purgatorio ma in un luogo detto limbo.
9
Ibid., Lib. XXI, cap. 26. Certamente Agostino ha contribuito
con i suoi scritti alla formazione della dottrina del purgatorio
anche se bisogna dire che in alcune occasioni si mostra incerto
e dubbioso come in questa citazione in cui dice che forse
quell’opinione è vera. In un altra occasione pare proprio che
smentisca la dottrina del purgatorio che insegna la chiesa papista infatti dice: ‘Le anime dei giusti, separate dal loro corpo,
sono nel riposo, mentre quelle degli empi scontano le loro pene, finché i corpi dei giusti risorgeranno alla vita eterna, quelli
degli empi alla morte eterna, che si chiama seconda morte’ (La
città di Dio, Lib. XIII, cap. 8).
10
Ibid.,, Lib. XXI, cap. 24,2
7
239
La tradizione
abbastanza cattiva da non potere ricevere alcun sollievo.
Ve ne sono degli altri così santi da non averne bisogno,
o così cattivi da non potere trarne nessun profitto’ (...) A
coloro cui possono essere di giovamento, essi ne ricavano questo vantaggio: o ricevono piena ed intera remissione delle loro colpe, o certamente qualche sollievo nel
rigore delle loro pene’.1
I santi martiri che sono in cielo fanno miracoli. ‘Quei
martiri, dunque, che ora possono impetrare tali grazie
dal Signore per il cui nome furono uccisi, morirono per
la fede nella risurrezione; per essa soffrirono con ammirabile pazienza, e ora possono manifestare una simile
potenza nell’ottenere miracoli (...) Crediamo dunque ad
essi che dicono la verità e che compiono tanti miracoli,
poiché i martiri morirono proclamando la verità ed è per
questo che possono fare i miracoli che noi vediamo’.2
Il riconoscimento della canonicità dei libri apocrifi. Nel
suo libro L’Istruzione cristiana Agostino enumerando i
libri canonici dell’Antico Patto vi include anche Tobia,
Giuditta, i due libri dei Maccabei e l’Ecclesiastico e la
Sapienza.3 Quindi quando si sente dire che Agostino diceva di sottomettersi ai libri canonici si deve tenere presente che tra di essi per lui - a differenza di Girolamo c’erano pure i libri apocrifi.
L’autorità della chiesa. ‘Non crederei al Vangelo se a
ciò non mi movesse l’autorità della Chiesa Cattolica’.4
- Giovanni Damasceno.
L’adorazione delle immagini. ‘Succede certamente sovente che alcune volte quando non abbiamo la Passione
del Signore nella mente noi possiamo vedere
l’immagine della sua crocifissione e, ricordandoci così
la sua Passione redentrice, ci prostriamo e adoriamo. Ma
non è il materiale che noi adoriamo, ma quello che è
rappresentato (...) Questa è la tradizione scritta, come lo
è l’adorare rivolti a oriente, adorare la croce, e così molte altre cose simili’;5 ‘Questo legno davvero prezioso e
degno di venerazione, perciò, sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della nostra adorazione, giacché fu come santificato dal contatto
con il santissimo corpo e sangue del Signore’.6
L’assunzione in cielo di Maria. ‘Gli angeli assieme agli
arcangeli ti hanno trasportato (...) Le potenze celesti ti si
fanno incontro con sacri cantici ed un festoso rituale,
dicendo press’a poco: Chi è costei che s’avanza come
l’aurora, bella come la luna, eletta come il sole? (...) Il
re ti ha fatto entrare nella sua stanza, dove le potestà vegliano su di te, i principati ti benedicono, i troni ti fan
1
Agostino, Enchiridion, cap. CIX. Si noti che da queste ultime
parole traspare il purgatorio.
2
Agostino di Ippona, La Città di Dio, Libro XXII, cap. IX, X
3
Cfr. Agostino, L’Istruzione cristiana, Verona 1994, Libro II,
VIII 13; pag. 89, 91. Questo spiega anche perché lui sosteneva
che si potesse pregare per i defunti e che i santi martiri potessero intercedere per i vivi; perché nei libri apocrifi, come abbiamo visto, ci sono dei passi che sostengono tali pratiche.
4
Agostino, Contra Epist. Man.
5
John of Damascus, op. cit., Lib. IV, cap. 16; pag. 372
6
Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 4,
11: citato in La teologia dei padri, Roma 1974, vol. II; pag.
144
240
La chiesa cattolica romana
festa, i cherubini rimangono interdetti per la gioia e lo
stupore, i serafini cantano le lodi per te, che fosti realmente la madre del Signore (...) Il tuo corpo, immacolato ed esente da qualsiasi contaminazione, non è stato
lasciato sulla terra, ma tu, o regina, signora e padrona,
vera madre di Dio, sei stata assunta nella regale dimora
celeste. Il cielo ha attirato a sé colei la cui grandezza era
superiore a quella dei cieli’.7
- Girolamo.
Perpetua verginità di Maria. Nella sua lettera contro
Elvidio egli sostiene che Maria dopo avere partorito Gesù è rimasta vergine e che quelli che la Scrittura chiama
fratelli e sorelle di Gesù non erano figli partoriti da Maria.
Celibato sacerdotale. In una lettera a Gioviniano il quale criticava la vita monastica e il celibato sacerdotale,
Girolamo parlò del matrimonio con disprezzo. Egli citò,
per difendere il celibato sacerdotale, un passo di Teofrasto che diceva tra le altre cose: ‘L’uomo saggio non
prenderà mai moglie...E’ da stolti prendere moglie per
procreare figliuoli onde il nostro nome sopravviva nel
mondo, abbia sostegni la nostra vecchiaia...’. Bisogna
dire che nei suoi scritti sovente si avverte questa sua avversione al matrimonio; non che lo vieta (nel suo scritto
Verginità e matrimonio ha affermato che lui non condanna le nozze), ma certamente ne parla con disprezzo
più di una volta al fine di invogliare gli uomini e le donne a non sposarsi e a darsi alla vita monastica alla quale
si era dato lui stesso. Per questa ragione Girolamo va
annoverato tra coloro che hanno contribuito con i loro
scritti, esaltanti all’inverosimile il celibato, a vietare il
matrimonio ai sacerdoti cattolici. E difatti la chiesa cattolica romana lo prende per sostenere il suo celibato sacerdotale e la vita monastica.
Venerazione delle reliquie. In una sua lettera a Ripario
gli dice a proposito di un certo Vigilanzio che era contro
la venerazione delle reliquie: ‘Mi dici che Vigilanzio
(...) ha riaperto la sua bocca schifosa, che sta vomitando
un letamaio di putridume contro le reliquie dei santi
martiri, e che noi - che ne ammettiamo il culto - ci
chiama cinerari e idolatri, perché - dice - veneriamo le
ossa di uomini che sono morti. Che uomo disgraziato!
Bisognerebbe dar sfogo a tutte le sorgenti di lacrime per
piangerlo! Ma è possibile che non capisca che, dicendo
queste cose, è tale e quale un samaritano o un giudeo?
Sono persone, queste, che ritengono immondi i cadaveri
umani, e sospettano persino di contaminazione gli oggetti che si trovano nella loro casa. Ma sì! vanno dietro
alla lettera che uccide, e non allo spirito che vivifica!
(...) Le reliquie dei martiri le onoriamo per adorare il
Dio per il quale essi si sono fatti martiri! (...) Se le reliquie dei martiri non bisogna onorarle, come mai leggiamo; E’ preziosa agli occhi del Signore, la morte dei
suoi santi?’8
Il vescovo di Roma è il successore di Pietro. In una lettera a Damaso, vescovo di Roma, gli dice: ‘Per questo
7
Giovanni Damasceno, Omelia sul transito di Maria: citata in
La teologia dei padri, vol. II, pag. 171-172
8
Girolamo, Le lettere, vol. 3, pag. 328, 329, 330
La tradizione
ho deciso di consultare la Cattedra di Pietro, dove si
trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima
lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo (...) La tua
grandezza, a dire il vero, mi mette in soggezione, ma la
tua bontà m’attira (...) Metti da parte ciò che è invidiabile, sottraiti un momento al fasto dell’altissima dignità
romana; è col successore del pescatore e con un discepolo della croce che desidero parlare. Io non seguo altro
primato che quello di Cristo; per questo mi metto in
comunione con la tua Beatitudine, cioè con la cattedra
di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa’.1
- Cipriano.
Il battesimo rigenera. ‘L’acqua deve essere prima purificata e santificata dal sacerdote, perché possa cancellare con il battesimo i peccati di chi viene battezzato’.2
- Crisostomo.
Le preghiere per i morti. ‘Piangiamo i nostri defunti,
che si sono dipartiti nei peccati, veniamo loro in aiuto
con tutte le forze. Come ed in che modo? Pregando noi
stessi per loro e pregando altri di pregare per essi, e donando incessantemente per essi ai poveri’.3
I cosiddetti padri l’uno contro l’altro
Ora, da come parlano i teologi cattolici romani della loro tradizione i loro padri sono degni di fiducia e quindi
sono arbitri della fede degli uomini. Molti quindi, nella
loro ignoranza, si fanno l’idea che essi erano tutti di pari
consentimento. Noi adesso dimostreremo invece che gli
amati padri della chiesa romana non andavano
d’accordo neppure tra loro su diverse cose (alcune di
queste divergenze che citeremo si evincono dalle loro
citazioni fin qui viste) e scrissero l’uno contro l’altro.
Policarpo (70 ca. - 155) affermava che la Pasqua andava
celebrata il quattordicesimo giorno del mese di Nisan
non importa che giorno della settimana fosse, mentre
Aniceto (II sec.) vescovo di Roma affermava che la Pasqua andava celebrata la domenica più vicina al quattordici del mese di Nisan.
Cipriano affermava che il battesimo degli eretici non era
valido infatti disse: ‘Abbiamo decretato che il battesimo
stabilito nella Chiesa cattolica deve rimanere unico. Per
questo motivo noi non ribattezziamo, ma battezziamo
coloro che provengono da un’acqua adultera e profana,
perché costoro devono essere lavati e santificati
dall’acqua vera che dona la salvezza’,4 ma Agostino non
era d’accordo con Cipriano sul ribattezzare gli eretici:
‘..ribattezzare un eretico il quale abbia ricevuto quel carattere di santità che è stato tramandato dalla dottrina
cristiana, è indubbiamente una colpa...’,5 ed afferma che
Cipriano era nel torto infatti disse: ‘Ma che Cipriano
avesse avuto del battesimo un’opinione contraria alla
norma e alla pratica della Chiesa, si riscontra non già
1
Girolamo, Le lettere, vol. 1, pag. 97, 98
Opere di San Cipriano, Torino 1980, Lettera 70; pag. 687
3
Crisostomo, In ep. ad Philip 3,4
4
Opere di San Cipriano, Lettera 73, pag. 697
5
Opere di Sant’Agostino. Le lettere 23,2: pag. 121
2
La chiesa cattolica romana
nelle Scritture canoniche, ma nelle opere scritte da lui e
in una sua lettera indirizzata ad un concilio’,6 ed ancora:
‘...tra il battesimo di Cristo conferito dall’Apostolo e il
battesimo di Cristo conferito da un eretico non v’è differenza di sorta poiché, per quanto grande possa essere la
differenza di coloro che li amministrano, l’essenza dei
Sacramenti è sempre la medesima’.7 E con Cipriano non
era d’accordo neppure Stefano (che era vescovo di Roma) il quale non voleva che gli eretici fossero ribattezzati infatti diceva: ‘Se dunque degli eretici vengono a
noi, da qualsiasi setta, non si faccia alcuna innovazione,
ma si segua solo la tradizione, imponendo loro le mani
per riceverli a penitenza, visto che gli eretici stessi, da
una setta all’altra, non battezzano affatto secondo il loro
rito particolare quelli che passano alla loro parte, ma li
ammettono semplicemente alla comunione’.
Veniamo alle discordie tra Girolamo e Agostino. Girolamo affermava che Paolo quando riprese Pietro ad Antiochia usò una bugia strategica mentre Agostino affermava che Paolo non fece uso di nessun tipo di bugia ma
rimproverò giustamente Pietro per il suo comportamento infatti in una lettera a Girolamo gli dice: ‘Nel tuo
Commento all’Epistola dell’apostolo Paolo ai Galati ho
trovato un particolare che mi ha sconcertato assai. Se
infatti nella Sacra Scrittura si ammettessero delle bugie
per così dire officiose, quale autorità potrebbe essa ancora avere? (...) applicati con ardore a correggere quel
tuo lavoro ed emendalo dagli errori e poi - come suol
dirsi - canta la palinodia (ritrattazione)’,8 ed in un altra
ancora: ‘Ecco perché dice la verità quando dice
d’essersi accorto che Pietro non procedeva rettamente
secondo la verità del Vangelo e d’esserglisi perciò opposto apertamente, perché obbligava i pagani a osservare i riti giudaici’.9 Ora, noi siamo d’accordo con Agostino nel dire che Paolo non usò una bugia strategica nel
riprendere Pietro, perché Pietro sbagliò e fu da lui ripreso giustamente, perché questa è la verità. Ma come può
un Cattolico romano, a cui viene detto di interpretare la
Scrittura appoggiandosi al parere di questi due eminenti
padri, riuscire a interpretare rettamente le parole di Paolo? Sarà impossibile perché le interpretazioni sono contrastanti! Non è questa la dimostrazione che non è cosa
per nulla sicura appoggiarsi sulla guida dei cosiddetti
padri per comprendere le Scritture? Un altra cosa in cui
Agostino e Girolamo non si trovarono d’accordo fu sulla traduzione della Bibbia fatta da Girolamo in Latino
(chiamata la Vulgata). Ad Agostino non piaceva infatti
gli disse: ‘Quanti poi pensano ch’io sia geloso dei tuoi
utili lavori, capiscano una buona volta (se pur sarà possibile) perché non voglio che venga letta nelle chiese la
tua versione dall’ebraico: non voglio ch’essa venga introdotta come una novità contro l’autorità dei Settanta e
si vengano in tal modo a turbare con un grave scandalo i
fedeli Cristiani’.10 Va detto poi a tale proposito che il
concilio di Trento si è schierato contro il suo padre A6
Ibid., 93, 10;38: pag. 857
Ibid., 93, 11;48: pag. 871
8
Ibid., 40, 3,3; 4,7: pag. 305, 309
9
Ibid., 82, 2,22: pag. 701
10
Ibid., 82, 5, 35; pag. 717
7
241
La tradizione
La chiesa cattolica romana
gostino in questo caso perché ha decretato: ‘Lo stesso
sacrosanto sinodo, considerando, inoltre, che la chiesa
di Dio potrebbe ricavare non piccola utilità, se si sapesse quale, fra tutte le edizioni latine dei libri sacri, che
sono in uso, debba essere ritenuta autentica, stabilisce e
dichiara che questa stessa antica edizione volgata, approvata nella chiesa dall’uso di tanti secoli, si debba ritenere come autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione e che nessuno osi o presuma
respingerla con qualsiasi pretesto’.1 A chi deve credere
dunque il Cattolico romano, ad Agostino o al concilio di
Trento che hanno idee opposte sulla Volgata? Un’altra
divergenza tra questi due ‘padri’ è questa. Girolamo non
riteneva canonici il libro di Tobia, quello di Giuditta,
dei Maccabei, della Sapienza e dell’Ecclesiastico2 mentre Agostino li enumerava tra i libri canonici dell’Antico
Patto.3
Tertulliano diceva che Maria non era rimasta vergine
dopo il parto mentre Agostino e Girolamo dicevano il
contrario.
Papia, Ireneo, Tertulliano, Giustino Martire e Lattanzio
credevano nel regno millenario di Cristo sulla terra
mentre Agostino no, perché, come abbiamo visto, lui
interpretò il millennio allegoricamente. Anche Origene
non credeva nel millennio, infatti lo combatté.
Ireneo diceva che le anime dei Cristiani alla morte non
salgono subito in cielo perché in cielo ci andranno solo
alla risurrezione dei corpi,4 mentre Tertulliano affermava che il cielo si apriva subito solo per le anime dei Cristiani morti martiri.5
Origene e Gregorio di Nissa sostenevano che alla fine
saranno salvati tutti gli uomini e il diavolo e i demoni,
mentre Agostino condannava questa dottrina.6
Ireneo e Lattanzio erano contro il culto delle immagini
mentre Giovanni Damasceno lo sosteneva con forza.
Epifanio era contro il culto a Maria mentre Giovanni
Damasceno lo predicava con forza.
Lattanzio negava la divinità di Cristo mentre Atanasio,
Agostino ed altri cosiddetti padri la difendevano.
Tertulliano, Lattanzio, Teodoreto di Ciro e Cirillo
d’Alessandria affermavano che l’adulterio era causa di
divorzio e permettevano un altro matrimonio; mentre
Girolamo, Clemente Alessandrino, Origene e Agostino
erano contro il nuovo matrimonio in caso di adulterio.7
Atenagora considerava le seconde nozze (dei vedovi) un
adulterio,8 mentre Clemente Alessandrino, Origene e
Agostino le difendevano.
Lattanzio era contrario al ricorrere all’uso della forza
per difendere la dottrina cristiana infatti scrisse: ‘Biso-
gna difendere la religione non uccidendo ma morendo
per essa, non con la crudeltà ma con la pazienza, non
con il delitto, ma con la fede (...) Poiché se tu vuoi difendere la religione con il sangue, con i tormenti e con il
dolore, questo non sarà un difenderla, ma uno sporcarla
e oltraggiarla’;9 e così anche Tertulliano che affermò:
‘Tuttavia è un diritto umano ed una esigenza naturale
che ciascuno veneri la Divinità di cui è convinto; le
convinzioni religiose di uno non portano ad altri né
danni né vantaggi. Inoltre la religione esige di per sé il
rifiuto di ogni coazione in materia religiosa, la religione
deve essere accettata con spontaneità e non per la violenza, dal momento che anche le vittime da offrire in
sacrificio si pretende che vengano presentate con sincerità e di buon grado’.10 Ma Agostino di Ippona era favorevole all’uso della forza per costringere i pagani ad accettare il Vangelo e gli eretici a tornare nel seno della
Chiesa, e per difendere la Chiesa contro i suoi nemici:
egli ebbe ad affermare infatti: ‘Dapprima ero del parere
che nessuno dovesse essere condotto per forza all’unità
di Cristo, ma si dovesse agire solo con la parola, combattere con la discussione, convincere con la ragione,
per evitare d’avere tra noi come finti cattolici coloro che
avevamo già conosciuti tra noi come critici dichiarati.
Questa mia opinione però dovette cedere di fronte a
quella di coloro che mi contraddicevano non già a parole, ma che mi portavano le prove dei fatti. Mi si adduceva innanzitutto in contrario l’esempio della mia città natale che, mentre prima apparteneva interamente al partito donatista, s’era poi convertita alla Chiesa cattolica
per paura delle sanzioni imperiali’11 (citerò altre sue parole a tale proposito in appresso).
Agostino diceva che si poteva giurare infatti affermò: ‘Il
Signore, dunque, non comandò di non giurare, come cosa del tutto illecita, ma, acciocché alcuno non appetisca
il giurare, come se fosse per sé stesso bene, e acciocché
nessuno giuri facilmente senza necessità, e cada nello
spergiurare per la consuetudine del giurare. Non dobbiamo riguardare il giuramento in sé stesso come un bene, ma come una cosa che si può adoperare per necessità e di cui dobbiamo servirci soltanto quando si vede
che gli uomini sono restii a credere ciò che è loro utile
credere, se non sia confermato dal giuramento’,12 mentre Crisostomo insegnava apertamente che non si deve
mai giurare perché il giuramento è qualcosa di malvagio: ‘Ma come, - voi direte, - che male c’è nel giurare?
Certo che è male giurare, da quando regna la perfezione
evangelica; ma prima non lo era’.13
1
9
Concilio di Trento, Sess. IV, Decreto 2
Cfr. Girolamo, Prologo a Graziano
3
Cfr. Agostino, L’istruzione cristiana, Libro II, VIII 13; pag.
89,91
4
Cfr. Ireneo, Contro le eresie, Libro V, 31,1-2
5
Cfr. Tertulliano, L’anima, pag. 207
6
Cfr. Agostino, La città di Dio. Lib. XXI, cap. 17 e cap. 23
7
Cfr. Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol. III, pag.
391
8
Anche Tertulliano, quando diventò montanista, condannò le
seconde nozze di coloro che erano rimasti vedovi.
2
242
Lattanzio, Epitome divinarum institutionum, Lib. V, cap. 20,
nel Corpus script. eccles. latin, (nuova serie) vol. IV, Milano
1890, pag. 620; citato da Italo Mereu in Storia
dell’intolleranza in Europa, Milano 1979, pag. 67
10
Tertulliano, A Scapula, Roma 1980, II, 2; pag. 169
11
Agostino, Le lettere, (lettera a Vincenzo), 93, 5.17; pag. 829831
12
Agostino, Il sermone del Monte, Firenze 1928, cap. XVII;
pag. 63
13
Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo,
Roma 1966, Discorso XVII, 6; pag. 285
La tradizione
Ecco alcuni dei tanti esempi di contraddizioni tra padri
che si possono citare. Noi domandiamo a questo punto:
Come si possono mettere le parole di questi cosiddetti
padri sullo stesso livello delle parole di Cristo o degli
apostoli quando essi non erano concordi tra loro? Come
può essere degna di essere ascoltata come Parola di Dio
una tradizione che al suo interno ha simili contraddizioni? La teologia romana fa passare i padri per custodi
della tradizione apostolica, ma come si spiega che essi si
scontrano l’uno con l’altro affermando da ambo i lati di
rifarsi alla tradizione?
Quindi, per concludere questo discorso, il fatto che la
Scrittura non si contraddice su nessun punto mentre
questa cosiddetta tradizione apostolica dei cosiddetti
padri si contraddice al suo interno in moltissimi punti
sta a dimostrare che la Scrittura è la Parola di Dio pienamente affidabile e degna di assoluta fiducia, mentre la
tradizione non è altro che un’insieme di dottrine che,
all’infuori di quando sono scritturali, sono in contraddizione tra di loro e apportano confusione nella mente di
coloro che le seguono. Quindi, mentre dobbiamo dire
della Parola di Dio che la somma di essa è verità, della
tradizione (l’insegnamento dei cosiddetti padri) dobbiamo dire che è un miscuglio di verità e di menzogna;
la verità è costituita da tutte quelle affermazioni veraci
di Tertulliano, di Agostino, di Ambrogio, di Girolamo,
di Gregorio Magno e di tutti gli altri, la menzogna invece da tutte quelle dottrine ed affermazioni che non hanno nulla a che fare con la verità essendo solo dottrine
d’uomini che voltano le spalle alla verità. La regola da
seguire dunque quando si leggono gli scritti di questi
cosiddetti padri - come anche gli scritti di chiunque altro
- è questa: esaminare accuratamente ciò che essi hanno
detto mediante le Scritture e scartare senza esitazione
ciò che non ha fondamento nella Scrittura. Seguendola
non ci si può smarrire dietro dottrine d’uomini.
I concili: le loro eresie e le loro contraddizioni
Secondo i teologi papisti i concili sono parte della loro
tradizione, e difatti per essi costituiscono del continuo
dei punti di riferimento per ciò che riguarda la dottrina
della chiesa romana. Essi attribuiscono ai decreti dei
concili uguale importanza che alla Parola di Dio, e questo perché ritengono che i loro concili si siano riuniti
nello Spirito Santo. Per loro sono infallibili perché il
concilio Vaticano II ha decretato quanto segue:
‘L’infallibilità promessa alla chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo magistero col successore di Pietro’.1 Ora, dimostreremo con
alcuni esempi come i concili hanno decretato cose contrarie alla Parola di Dio oppure hanno decretato delle
cose che prima o dopo furono condannate da altri concili o da cosiddetti padri o da papi stessi. Facciamo questo
affinché chi legge comprenda come i concili non possono essere messi sullo stesso piano né dell’assemblea di
Gerusalemme né della Scrittura come invece vogliono i
Cattolici perché hanno insegnato anch’essi (come fecero
1
Concilio Vaticano II, Sess. V. cap. III
La chiesa cattolica romana
i loro padri) delle eresie (così non fece l’assemblea di
Gerusalemme e così non fa la Scrittura) e si sono contraddetti l’uno con l’altro nella maniera più sfacciata
(mentre la Parola di Dio non si contraddice su nessun
punto).
- Eresie insegnate dai concili.
I concili di Tiro (335), Antiochia (340), di Milano (355)
e di Rimini (359) approvarono l’eresia di Ario che negava la divinità di Cristo.
Il concilio di Efeso (431) dichiarò Maria ‘madre di Dio’.
Il terzo concilio di Costantinopoli ordinò che i matrimoni contratti cogli eretici si dovevano sciogliere.
Il quarto concilio Laterano (1215) decretò la transustanziazione e la confessione al prete di tutti i peccati da farsi almeno una volta all’anno e che gli eretici dovevano
essere sterminati.
Il concilio di Costanza (1415) decretò la soppressione
del calice e che fosse lecito non mantenere il giuramento fatto agli eretici.
Il concilio di Firenze (1439-1443) proclamò ufficialmente l’esistenza del purgatorio.
Il concilio di Trento (1545-1563) aggiunse ai libri canonici i libri apocrifi, dichiarò che la tradizione deve essere riverita al pari della sacra Scrittura, e definì
l’istituzione di tutti i sacramenti da parte di Cristo e il
loro numero settenario.
Il concilio Vaticano del 1870 decretò l’infallibilità del
papa.
- Contraddizioni tra concili stessi e con i cosiddetti padri e papi.
Il concilio di Elvira (306) impose il celibato ai preti (o
almeno la completa astensione dai rapporti coniugali),
mentre quello di Costantinopoli del 692 (che va sotto il
nome di Quinisextus in Trullo o semplicemente Trullano) decretò che i preti possono continuare a vivere nel
matrimonio celebrato prima della loro ordinazione, astenendosi dai rapporti coniugali solo nel giorno del loro
servizio sacro, mentre negli altri giorni possono convivere come marito e moglie con la propria sposa.
Il concilio di Nicea del 325 condannò l’eresia di Ario,
ma dieci anni dopo il concilio di Tiro, che si trasferì a
Gerusalemme, decretò contro la decisione di Nicea e
ristabilì Ario e proclamò dottrina della Chiesa l’eresia
condannata dal concilio niceno. Il concilio di Antiochia
(340) riconfermò la decisione di Tiro, mentre quello di
Sardica del 343 condannò di nuovo la dottrina di Ario.
In seguito il concilio di Milano (355) e quello di Rimini
(359) decretarono di nuovo a favore dell’eresia di Ario.
Il concilio di Efeso del 431 condannò la dottrina di Eutiche ma quello del 449 l’approvò, e poi quello di Calcedonia (451) la condannò di nuovo.
Il terzo concilio Costantinopolitano ordinò, nel secondo
canone, che si ribattezzassero coloro che erano stati battezzati dagli eretici; mentre il loro padre Agostino e il
loro papa Stefano avevano dichiarato che non si doveva
ribattezzarli.
Il concilio di Costantinopoli (754) condannò espressamente il culto delle immagini raffiguranti Cristo, Maria
e i santi. Nel documento finale di questo concilio sono
scritte queste parole: ‘Noi possiamo inoltre dimostrare il
243
La tradizione
nostro sentimento per mezzo delle sante Scritture e dei
padri. Infatti si legge nella Scrittura: “Iddio è spirito; e
quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e
verità”; e: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla
terra”; anche Dio ha parlato agli Israeliti dal mezzo del
fuoco e dalla cima della montagna e non gli ha mostrato
nessuna immagine; in un altro passaggio: “Hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Iddio in immagini simili a
quelle dell’uomo corruttibile..e hanno adorato e servito
la creatura invece del Creatore” (...) Noi dunque appoggiandoci sulla santa Scrittura e sui Padri, dichiariamo
unanimemente, in nome della santa Trinità, che noi
condanniamo, rigettiamo ed allontaniamo con tutte le
nostre forze dalla Chiesa cristiana qualsiasi immagine di
qualsiasi maniera che sia fatta con l’arte della pittura’.
Ma il concilio di Nicea del 787 negò l’ecumenicità del
concilio del 754 e approvò una definizione di fede sulla
legittimità delle immagini e la natura del culto relativo
che si concludeva con quattro condanne degli iconoclasti. Nel documento finale si leggono le seguenti parole:
‘Noi definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a
somiglianza della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in mosaico, di
qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte
nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle
vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie;
siano esse l’immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore,
di tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di
quelli che esse rappresentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione’. Non è finita qui, perché nel concilio
di Francoforte del 794 venne condannato di nuovo il
culto delle immagini che era stato approvato al concilio
di Nicea del 787. Infine questo culto delle immagini
venne approvato dal concilio di Trento.1
Il concilio di Costantinopoli (754) negò la presenza reale e la transustanziazione perché chiamò il pane e il vino
della santa cena ‘l’immagine del corpo vivificante di
Cristo’, mentre il concilio Laterano IV e quello di Trento dichiararono la presenza reale e la transustanziazione.
Il concilio di Costanza nel 1415 dichiarò il concilio superiore al papa infatti disse: ‘Chiunque, di qualunque
condizione e dignità, compresa quella papale, è tenuto
ad obbedirgli...’,2 mentre il concilio Lateranense V
(1512-1517) affermò il contrario dicendo: ‘Il romano
pontefice, in quanto ha un’autorità superiore a tutti i
concili, ha pieno diritto e potestà di indire, trasferire,
sciogliere i concili’.3 Sempre il concilio di Costanza decretò la soppressione del calice ma quello di Basilea ne
decretò la restituzione ai Boemi (restituzione abolita in
seguito da Pio V).
1
Cfr. Concilio di Trento, Sess. XXV
Concilio di Costanza, Sess. IV. Ricordiamo che questo concilio depose tre papi, ossia Giovanni XXIII, Gregorio XII e Benedetto XIII
3
Concilio Lateranense V, Sess. XI
2
244
La chiesa cattolica romana
Il concilio di Trento nel 1546 dichiarò canonici i libri
apocrifi includendoli nel canone; con questa decisione il
concilio di Trento annullò la decisione che il concilio di
Laodicea, tenutosi nella seconda metà del IV secolo,
aveva preso a riguardo del libro di Giuditta, di quello di
Tobia, della Sapienza, dell’Ecclesiastico, e dei libri I e
II Maccabei, che era stata quella di non dichiararli canonici. In altre parole il concilio di Trento dichiarò nulla
la decisione di non includere questi libri nel canone presa dal concilio di Laodicea. La prova che questi libri
apocrifi da quel concilio di Laodicea non furono riconosciuti ispirati da Dio la si trova nel canone n° 60 dove è
enumerato il catalogo dei libri dell’Antico Patto che è
privo del libro di Giuditta, di quello di Tobia, della Sapienza, dell’Ecclesiastico e dei Maccabei.
Riteniamo che questi esempi siano sufficienti per fare
comprendere quali eresie i concili hanno introdotto nella
chiesa cattolica romana e in quali contraddizioni sono
caduti pure i concili nel corso del tempo.4 Come si può
quindi reputare anche la tradizione derivata dai concili
Parola di Dio quando essa contraddice in molti punti la
Sacra Scrittura e si contraddice essa stessa? Dagli esempi dei concili sopra citati apparirebbe che Dio abbia rinnegato la sua parola spesso, e prima diceva una cosa poi
ne diceva un’altra totalmente diversa sullo stesso soggetto e poi ci ripensava tornando a dire la cosa da lui
dichiarata interdetta. E’ evidente dunque che le decisioni dei concili non possono essere accettate come Parola
di Dio perché molte di esse contrastano apertamente la
Parola di Dio e perché gli stessi concili si annullano a
vicenda. E’ molto meglio affidarsi totalmente alla Scrittura che è la Parola di Dio che non si contraddice su
nessun punto, benché sia formata da libri scritti
nell’arco di più di mille anni da autori diversi, e che in
tutti questi secoli si è rivelata infallibile e immutabile.
La Scrittura è l’infallibile e autorevole Parola di Dio capace di guidare gli uomini sulla via santa senza farli inciampare! La Scrittura è la Parola di Dio che può salvare gli uomini dalle tenebre dove si trovano e menarli alla
luce. Ma per quanto riguarda molti decreti dei concili
che si sono tenuti nel corso dei secoli essi sono precetti
umani che contribuiscono a mantenere nel buio della
superstizione e dell’incredulità le persone che li accetta4
Faccio inoltre notare che alcuni scrittori cattolici hanno riconosciuto che non ci si può fidare degli atti dei concili. Bellarmino per esempio afferma che per essere stati custoditi con
negligenza, gli atti dei concili abbondano di errori (cfr. Bellarmino, De Concil. lib. 3, cap. 2). Ed il teologo Richer nella
sua Storia dei concilii è costretto a confessare, con suo grande
dolore, egli dice, che non vi sono libri nei quali si trovino tante
falsità, tanti scritti supposti quanti se ne trovano negli atti dei
concili (cfr. Richer, Hist. Concilior. lib. 1, cap. 2). Persino degli atti di un concilio come quello di Nicea che è definito ecumenico non si può stare sicuri. Baronio (An. 325) basandosi
su diversi scrittori antichi dice che molti canoni di questo concilio sono andati perduti: e Gregorio di Valenza è della stessa
opinione (cfr. De fide quaest, I, p. 7, § 37). E poi gli Orientali
ammettono 80 canoni di questo concilio, mentre gli Occidentali ne ammettono solo 20. Mettendo tutte le cose assieme
dunque viene fuori un quadro dei concili che è assolutamente
incerto e inaffidabile.
La tradizione
no e che mantengono le persone in uno stato di aperta
ribellione a Dio.
Alcune considerazioni finali sui cosiddetti padri e sui
concili
Abbiamo visto alcune delle eresie di alcuni di quelli che
la chiesa cattolica romana chiama padri della chiesa e di
alcuni dei tanti concili tenutisi nel corso dei secoli, ed
alcune delle contraddizioni esistenti tra di loro; ma come abbiamo anche potuto vedere nel mezzo di tante eresie e contraddizioni vi sono pure delle affermazioni giuste. E come ho citato solo una parte delle eresie e contraddizioni così ho citato solo una parte delle affermazioni giuste fatte dai cosiddetti padri e dai concili. Voglio dire quindi questo: nessuno pensi o si metta a dire
che nulla di giusto o vero si trovi negli scritti degli scrittori ecclesiastici antichi o nei concili antichi perché questo non è affatto vero.
Adduciamo ulteriori prove - oltre a quelle già citate qua
e là nel libro - per confermare che quegli antichi scrittori
ecclesiastici non solo fecero delle affermazioni errate
introducendo o confermando dottrine o pratiche pagane,
ma anche difesero alcuni punti dottrinali fondamentali.
Per ciò che riguarda i cosiddetti padri, questi pochi esempi.
Ignazio mise in guardia i credenti dalle dottrine gnostiche e docetiste; un esempio di ciò lo abbiamo nella sua
epistola a Smirne dove scrive ai credenti di quella città
di guardarsi dall’eresia dei Doceti.
Ireneo si oppose agli Gnostici; il suo libro Adversus Haereses (Contro le eresie) contiene la confutazione delle
dottrine degli Gnostici1 (ma in esso ci sono alcune sue
affermazioni errate).
Atanasio si oppose alla dottrina di Ario che negava
l’eternità e divinità di Cristo (dando però alcune interpretazioni sbagliate ad alcuni passi della Scrittura).
Tertulliano si oppose allo gnostico Marcione e ai suoi
seguaci scrivendo contro di loro (anche lui però nel difendere la verità disse delle cose sbagliate).
Agostino si oppose con i suoi scritti ai Pelagiani che negavano la dottrina del peccato originale (ma nel confutarli attribuì al battesimo il potere di cancellare i peccati).
Anche per quanto riguarda i concili, bisogna dire che
determinate delibere di alcuni di essi furono nettamente
in difesa del Vangelo; anche qui vogliamo citare alcuni
esempi per confermarlo.
Il concilio di Nicea del 325 condannò l’eresia di Ario
che affermava che Cristo non era coeterno con il Padre
perché anch’egli fu creato dal nulla.
Il concilio di Costantinopoli del 381 condannò l’eresia
di Macedonio che affermava che lo Spirito Santo era
una creatura subordinata al Padre ed al Figlio: lo stesso
concilio condannò l’eresia di Apollinare che sosteneva
che Cristo era stato dotato di un vero corpo e di una vera
anima, ma che il suo spirito era stato sostituito dal Logos (la Parola).
1
Gli Gnostici negavano, tra le altre cose, che Gesù era il Cristo
La chiesa cattolica romana
Il concilio di Efeso del 431 condannò la dottrina di Nestorio (che diceva che Cristo era in effetti solo un uomo
perfetto moralmente legato alla divinità); questo stesso
concilio condannò le idee di Pelagio che sosteneva che
l’uomo nasce non contaminato dal peccato.
Ci è parso giusto e necessario fare questo discorso per
evitare che qualcuno si metta erratamente a pensare che
nessuno degli antichi scrittori da noi menzionati e dei
concili si levarono in favore della verità su nessuna parte del consiglio di Dio.
E’ vero che la chiesa cattolica romana cita i suoi padri e
i concili come se essi fossero stati d’accordo con tutto
quello che essa insegna oggi, ma ciò non è affatto vero
perché come abbiamo potuto vedere nel corso della nostra esposizione essi dissero pure delle cose giuste che si
oppongono a lei stessa; e difatti essa si trova in grande
imbarazzo nel constatare questo, ed è impossibilitata a
dimostrare il contrario.
CONCLUSIONE
Per concludere noi diciamo che ci vogliamo attenere
all’autorità della sacra Scrittura - autorità che essa possiede già in sé stessa e che non prende dalla Chiesa - che
sappiamo essere una guida infallibile e sicura. Gli scritti
di Tertulliano, Giustino Martire, Agostino, Ambrogio ed
altri invece non si possono citare nella stessa maniera
degli Scritti sacri perché imperfetti, pieni di errori e di
contraddizioni. Accettiamo le cose giuste che essi hanno
detto perché conformi alla Scrittura, e ci rallegriamo nel
leggerle, ma rigettiamo decisamente tutto ciò che di falso essi hanno detto perché costituisce lievito malvagio.
Che dunque nessuno si lasci trarre in inganno dal fatto
che essi sono insigniti - a torto - del titolo di padri della
chiesa e si metta ad accettare tutto quello che essi hanno
detto perché si metterebbe contro la verità e rimarrebbe
confuso perché essi stessi si contraddicono da loro stessi
e tra di loro. Un discorso simile - anche se un pò diverso
- si potrebbe fare pure sui ‘riformatori’, Lutero e Calvino, per citare solo alcuni; anche i loro scritti contengono
delle affermazioni e delle dottrine errate che noi credenti non possiamo accettare perché contrastano la verità.
Lutero per esempio insegnava il battesimo dei fanciulli
contraddicendosi,2 ed insegnava anche la presenza reale
nel pane e nel vino (consustanziazione)3 ma negava la
2
Per lui il battesimo non presuppone la fede, anzi la suscita.
Egli disse che ‘un bambino diventa un credente se al battesimo
Cristo gli parla per bocca di colui che lo battezza, poiché si
tratta della Sua Parola, del Suo comandamento, e la Sua Parola
non può rimanere senza frutto’. Come potete vedere da voi
stessi Lutero in questo caso ha detto qualcosa che viene annullato dalla Scrittura. Infatti da nessuna parte viene detto che il
battesimo suscita la fede in chi lo riceve. Anzi si deve dire che
è la fede sorta nel cuore dell’uomo dopo avere udito ed intesa
la Parola di Dio che suscita in lui il desiderio di farsi battezzare. Il che non può accadere in un neonato.
3
Per questa posizione a riguardo del pane e del vino egli si
scontrò con Zwingli (riformatore svizzero) che invece sosteneva che quando Gesù disse: “Questo è il mio corpo” intese
dire che quel pane significava o rappresentava il suo corpo.
245
La tradizione
transustanziazione degli elementi, e definì l’epistola di
Giacomo una epistola di paglia, per citare solo alcune
sue errate affermazioni. Per quanto riguarda Calvino,
egli insegnava il battesimo degli infanti, sosteneva che
un credente non può in nessuna maniera perdere la grazia da cui la dottrina ‘una volta salvati sempre salvati’,
che Dio aveva cessato di operare miracoli tramite dei
suoi servi infatti disse che Dio ‘non manifesta più quella
potenza né i miracoli che si compivano per mano degli
apostoli in quanto quel dono è stato limitato nel tempo
ed è scomparso in parte anche a causa dell’ingratitudine
degli uomini’,1 e che fosse lecito alla Chiesa fare ricorso
alle autorità civili per punire gli eretici o i disordinati e
difatti fu il Concistoro di Ginevra, con lui a capo, che
sentenziò la morte di Serveto che era antitrinitario, ed
inoltre egli permetteva in caso di adulterio che il coniuge innocente passasse a nuove nozze.
Eppure quantunque ciò, noi riconosciamo che Dio si usò
di quegli uomini per scuotere la chiesa cattolica romana
e per portare l’Evangelo della grazia a molte anime. E
noi siamo grati a Dio per quello che di giusto e di vero
quegli uomini dissero ai loro giorni. E della loro opera
noi vediamo ancora i frutti dopo più di quattro secoli.
Rimanga fermo però che ciò che di falso e ingiusto hanno detto o fatto pure Lutero o Calvino noi lo rigettiamo
al pari di quello che di falso e di ingiusto hanno detto o
fatto Agostino, Girolamo o Ambrogio ed altri. Lungi da
noi il mostrare riguardi personali nei confronti di essi.
Personalmente sono giunto a questa conclusione dopo
avere letto alcuni scritti di questi cosiddetti padri e gli
atti di diversi concili dell’antichità (mi riferisco in particolare ai cosiddetti padri e ai concili dei primi sei-sette
secoli); che il Signore anche durante quei secoli durante
i quali sorsero molti falsi dottori in seno alla sua Chiesa
che introdussero molte false dottrine e pratiche superstiziose continuò ad avere in ogni luogo coloro che lo amavano e lo adoravano in ispirito e verità e si opponevano alle eresie che spuntavano fuori una dietro l’altra.
Il fatto è che però alcuni di coloro che si opposero a certe eresie vi si opposero facendo uso anche di errate dottrine. In altre parole, non sempre gli scrittori ecclesiastici antichi si opposero a delle eresie come si conveniva, cioè con una dottrina pura di ogni scoria.
Un’altra cosa che si può riscontrare nei discorsi di quegli scrittori è che ci sono alcune parti integre, cioè pure,
dalla cui lettura si rimane edificati ma ci sono delle altre
che sono contaminate dalla menzogna, dalla superstizione che si rimane meravigliati nel dovere constatare
come dalla stessa fonte uscissero verità e menzogna. Un
esempio per tutti, Gregorio Magno; disse anche delle
cose vere, ma nei suoi Dialoghi vi sono delle storie profane e da vecchie che lui racconta per sostenere il purgatorio. Fu lui infatti uno dei padri del purgatorio. Non ci
si può non rattristare e indignare nel leggere quelle favole. Oltre a ciò fece un cattivo uso dell’allegoria dando
interpretazioni fantasiose a molti passi della Scrittura.
Questa cosa la si può riscontrare ancora oggi nell’am1
Giovanni Calvino, Istituzioni della Religione Cristiana, Libro
IV, cap. XIX
246
La chiesa cattolica romana
bito del cattolicesimo; ci sono scrittori cattolici romani
che riescono a dimostrare con le Scritture che i Testimoni di Geova - prendo loro come esempio - dicono il
falso quando affermano che Gesù non è Dio o che non
esiste l’inferno o che l’uomo non ha un’anima, o che lo
Spirito Santo non è una persona; e lo fanno abbastanza
efficacemente, e siamo d’accordo con questi loro discorsi, ma nello stesso tempo i loro libri di controversia
sono pieni di discorsi in favore della salvezza per meriti,
del purgatorio, del culto a Maria e così via. Insomma
contengono il grano e la pula; la verità e la menzogna.
Una parte di essi sono in favore della verità, un’altra
parte contro la verità. Non si possono quindi rigettare
totalmente, ma neppure accettare totalmente. Le cose si
ripetono a distanza di tanti secoli. Che cosa si apprende
da tutto ciò? Che la chiesa cattolica romana, benché abbia nel corso dei secoli introdotto ogni sorta di menzogne e superstizioni - che formano la sua tradizione - che
hanno annullato la grazia, pure ha continuato ad affermare la Trinità, che Cristo è Dio, (escludendo alcuni periodi remoti in cui aveva approvato l’eresia ariana) che
egli portò i nostri peccati, che risuscitò il terzo giorno,
che apparve e fu assunto in cielo, che la Scrittura è ispirata da Dio. E Dio ha continuato a vigilare su questa
parte sana del suo messaggio (ossia sulla sua parola così
come è scritta nella Bibbia) facendo capire a tanti suoi
membri che il Cristo di cui avevano sentito parlare aveva già compiuto ogni cosa per la loro salvezza e che non
rimanevano opere meritorie da compiere per ottenerla
ma solo di ravvedersi e di credere in lui. E quindi che la
maniera per ottenere la giustificazione, la salvezza e la
vita eterna di cui parlavano le loro guide era falsa. Questo in effetti è quello che è successo a molti Cattolici
romani nel corso dei secoli; illuminati da Dio sul significato di alcune parole della Buona Novella che leggevano o sentivano dai loro stessi superiori si sono ravveduti ed hanno creduto in Cristo ottenendo gratuitamente
da Dio la salvezza della loro anima. In questo vediamo
la dimostrazione della potenza e della saggezza di Dio
che in mezzo ad una chiesa idolatra qual è la chiesa cattolica romana è riuscito fino a questo giorno ad illuminare molte anime ed a salvarle dai loro peccati. Possiamo dire che la chiesa cattolica romana è sorta per volere
di Dio perché Dio aveva deciso di mostrare all’umanità
che non importa quanto gli uomini corrotti e riprovati
quanto alla fede cercheranno di oscurare la luce del
Vangelo, non importa quanto gli uomini cercheranno di
proibire la lettura del Vangelo o il suo ascolto, Lui continuerà a regnare sul suo trono, e le sorti dell’uomo sono
nelle sue mani e non nelle mani degli uomini, e quando
ha deciso di salvare un’anima lo farà come e quando
vuole senza che alcuno glielo possa impedire. Lancino
gli anatemi i concili, lancino le loro scomuniche i papi,
Dio regna! Dicasi fra le nazioni: Il nostro Dio governa
l’universo, da Lui dipendono le vie dei papi, dei cardinali, dei vescovi e dei preti e di tutti i Cattolici romani.
Lui continuerà a strappare dalla potestà delle tenebre
tanti Cattolici romani, quelli cioè che lui ha preconosciuto e predestinato. Costoro crederanno alla verità del
Vangelo così come è scritta; anche se per un certo tem-
La tradizione
La chiesa cattolica romana
po - più o meno lungo - rimarranno legati alla superstizione ed alla menzogna, viene il giorno in cui Dio farà
vedere a tutti chi egli è e che le sue pecore non rimarranno per sempre nelle mani di questi uomini malvagi.
247
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
Capitolo 10
FALSIFICAZIONI ED IMPOSTURE PERPETRATE DALLA CHIESA CATTOLICA ROMANA
Nel corso dei secoli la chiesa cattolica romana si è resa
colpevole di tante imposture e falsificazioni. Essa, oltre
ad avere introdotte dottrine perverse di ogni genere (il
primato del vescovo di Roma, la sua infallibilità,
l’immacolata concezione di Maria, il purgatorio, per citare solo alcune delle tante), ha fabbricato documenti di
vario genere, ha introdotto dei libri non ispirati nel canone della Scrittura, ha falsificato passi della Scrittura,
ha falsificato i dieci comandamenti nel suo catechismo,
gli atti dei concili, gli scritti dei cosiddetti padri, ha inventato reliquie di ogni genere, ha inventato ogni sorta
di leggenda, ogni sorta di miracoli e di rivelazioni. Tutto
ciò per potere sostenere il suo potere temporale, il suo
primato universale, e i suoi dogmi.
Vediamole da vicino queste imposture e falsificazioni.
LE FALSE DECRETALI (O DECRETALI PSEUDOISIDORIANE)
Le false decretali sono formate da una collezione di decreti di un certo numero di papi (da Clemente I a Gregorio II) e di concilii su punti dottrinali e di disciplina che
avevano come scopo quello di ingrandire e sostenere
l’autorità papale. Furono fatte da un certo Isidoro Mercatore ma furono falsamente attribuite a Isidoro vescovo
di Siviglia. Introdotte nel nono secolo, di esse fece uso
per la prima volta l’ambizioso Nicola I (858-867) per
provare la sua autorità pontificia. Da queste decretali
risultava che il papa ha la supremazia su tutti i vescovi,
che i vescovi posti sotto accusa hanno il diritto di appellarsi al papa, che il papa ha la ‘piena potestà’ sulla Chiesa, che la chiesa di Roma, in base ad un unico privilegio, ha il diritto di aprire e chiudere le porte del paradiso
a chi essa vuole. Queste decretali furono riconosciute
false dalla chiesa cattolica romana nel 1789 per mezzo
di Pio VI, ma rimane il fatto che fino a quando non vennero riconosciute false furono dichiarate autentiche e
che nel medioevo contribuirono ad accrescere l’autorità
papale. Dunque il papato che noi oggi vediamo si è
formato anche con l’aiuto di questi falsi documenti.
LA DONAZIONE DI COSTANTINO
Eccoci ad un altra impostura papale, la cosiddetta donazione di Costantino che servì ai papi per rivendicare
l’aumento di territori, l’autonomia politica e il predominio sull’Occidente. Questo documento (che costituisce
una parte delle decretali prima citate), redatto secondo
alcuni sotto il pontificato di Stefano II (752-757), comparve verso la metà del secolo nono e per tutto il medioevo fu ritenuto genuino. Fu dimostrato falso
dall’umanista Lorenzo Valla, un assistente del papa, nel
248
La chiesa cattolica romana
1440. Vediamo in breve il contenuto di questo falso: nel
314 un prete di nome Silvestro fu consacrato vescovo di
Roma. In quel tempo l’imperatore Costantino aveva
bandito la persecuzione contro i Cristiani e lo stesso
Silvestro era dovuto fuggire e rifugiarsi in una grotta nei
pressi del monte Soratto. Qui lo raggiunse la notizia che
l’imperatore era stato colpito dalla lebbra. L’imperatore
malato di lebbra fu allora consigliato dai maghi
dell’impero di immergersi in una vasca piena di sangue
spremuto dal ventre di bambini appena nati, ma egli rifiutò di accettare il loro consiglio. Ed in quella stessa
notte vide in sogno Pietro e Paolo che gli diedero
l’indirizzo di Silvestro. L’imperatore, credendo che fosse un medico, lo mandò a chiamare, e Silvestro arrivato
presso di lui gli parlò della fede cristiana e lo battezzò
nel palazzo Lateranense. Quando l’imperatore riemerse
dalla vasca nella quale era stato calato era completamente guarito. La persecuzione allora fu da lui fatta cessare e il cristianesimo reso religione ufficiale
dell’impero. Quando poi Costantino abbandonò Roma
per recarsi a Bisanzio, lasciò la giurisdizione civile
dell’Occidente a Silvestro e successivamente riconobbe
la supremazia del vescovo di Roma sui patriarcati di Alessandria e Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli.
Il pontefice ottenne pure il manto purpureo, lo scettro e
la scorta a cavallo. Ciò gli conferiva l’autorità temporale
sull’impero d’Occidente e lo rendeva indipendente da
quello d’Oriente.
LA LETTERA DI STEFANO II A PIPINO RE DEI
FRANCHI
Quando Astolfo, re dei Longobardi, assediò Roma attorno alla metà dell’ottavo secolo l’allora papa Stefano
II (752-757) chiese aiuto ai Franchi affinché venissero a
liberare Roma dai Longobardi. In una lettera diretta al re
dei Franchi Pipino, egli scrisse a nome dell’apostolo
Pietro. Ecco le parole: ‘Io Pietro, apostolo di Dio, che vi
tengo per miei figli adottivi per difendere dalle mani dei
nemici questa città di Roma e il popolo affidatomi da
Dio e il tempio in cui riposa il mio corpo, vi scongiuro a
strappare dalla contaminazione delle genti e a liberare la
Chiesa di Dio a me affidata dalla divina potenza soprattutto per le gravi afflizioni che soffriamo da parte della
pessima razza dei Longobardi’.1 Ogni confutazione è
superflua.
FALSIFICAZIONI APPORTATE ALLA BIBBIA
Una delle accuse che è stata sempre fatta dai Cattolici
romani ai Protestanti sin dai tempi della Riforma è quella di avere falsificato la Bibbia per sostenere le loro dottrine sbagliate! Questa è la ragione per cui la curia romana aveva dato ordine ai suoi seguaci di non leggere
1
L’abate Muratori così si espresse a riguardo di questa lettera:
‘Certamente nulla è più capace di travolgere le nostre idee e di
farci nascere in mente delle dolci e strane immaginazioni, che
la sete e l’amore di beni temporali innata in noi tutti’ (Annali
d’Italia, p. IV, Milano 1844, pag. 313).
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
Bibbie ‘protestanti’, e di gettarle nel fuoco nel caso entrassero in possesso di esse. Questa naturalmente era ed
è una calunnia per tenere il popolo lontano dalle Bibbie
tradotte fedelmente, ma anche per evitare ai Cattolici di
leggere Bibbie che non portassero ai margini le note cosiddette esplicative - ma che in effetti sono fuorvianti poste dai traduttori cattolici per ordine del papa nelle
loro Bibbie. Ora, con questo, non vogliamo dire che le
Bibbie tradotte dai Protestanti (uso questo termine solo
per distinguerle dalle Bibbie cattoliche) siano delle traduzioni perfette, ma solo che non è vero che esse siano
state contorte per sostenere eresie. Ma vediamo ora di
dimostrare come siano stati invece i Cattolici a falsificare la Bibbia e non i Protestanti. Innanzi tutto farò riferimento ad alcune Bibbie cattoliche di alcuni secoli fa.
Quella pubblicata a Bordeaux nel 1686 per comando
dell’arcivescovo e col consenso dei dottori in Teologia
della Università di quella città, e quella di monsignor De
Sacy. E poi quella italiana, chiamata di Antonio Martini,
arcivescovo di Firenze, che porta la data del 1799.
Qualcuno dirà: ‘Ma perché ricordarle?’ Per far capire
come la chiesa cattolica romana, per mantenere il popolo nell’ignoranza e lontano dalla verità e affossato nelle
tenebre delle sue eresie, nei secoli passati ha fatto ricorso anche alla manomissione delle Scritture come hanno
fatto nel corso dei secoli tanti e tanti scellerati a loro
perdizione.
- Versione pubblicata a Bordeaux nel 1686, e quella di
De Sacy.
>In Luca si legge: ‘Son père et sa mère faisaient chaque
année un pelerinage à Jérusalem’ ossia ‘Suo padre e sua
madre facevano tutti gli anni un pellegrinaggio a Gerusalemme’; mentre il testo dice: “Or i suoi genitori andavano ogni anno a Gerusalemme...”.1 E’ evidente che i
Cattolici che leggevano queste parole pensavano che i
pellegrinaggi che erano prescritti loro come opere di penitenza avevano una certa base biblica.
>Sempre in Luca si legge: ‘Tu serviras de latrie à lui
seul’ ossia ‘Tu servirai di latria a lui solo’; mentre Gesù
rispose a Satana: “Adora il Signore Iddio tuo, e a lui solo rendi il tuo culto”.2 Con questa manomissione ai Cattolici veniva fatto credere che solo Dio doveva essere
servito con il culto di latria, mentre Maria e i santi no;
questi potevano essere serviti ma con un altro culto!
Maria con quello di iperdulia e i santi con quello di dulia, secondo i sofismi papisti.
>Negli Atti si legge: ‘Or, comme ils offroient au Seigneur le sacrifice de la messe, et ils jeùnoient, le S.
Esprit leur dit...’ ossia ‘Ora mentre essi offrivano al Signore il sacrificio della messa e digiunavano, lo Spirito
Santo disse loro...’; mentre la traduzione fedele dice:
“Mentre facevano il pubblico servigio del Signore, e digiunavano, lo Spirito Santo disse:...”.3 Così i Cattolici
pensavano che la messa era celebrata anche al tempo
degli apostoli, quando questo è falso.
La chiesa cattolica romana
>Nella prima epistola ai Corinzi è scritto: ‘Si l’oeuvre
de quelqu’un brule, il en portera la peine, mais il sera
sauvé quant à luy, ainsi toute fois come par le feu du
purgatoire’ ossia ‘Se l’opera di alcuno brucia, egli ne
porterà il danno; ma sarà salvato in modo però, che sarà
come per lo fuoco del purgatorio’; mentre il testo dice:
“Se l’opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno; ma egli
stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco”.4 E così
quei Cattolici che leggevano quel Nuovo Testamento
credevano che l’apostolo Paolo credeva nel purgatorio
della chiesa romana, quando ciò è falso.
>Sempre nella prima epistola ai Corinzi si legge: ‘A
ceux qui sont conjoints par le sacrement du mariage je
leur commande..’ ossia ‘A quelli che sono congiunti
mediante il sacramento del matrimonio, io ordino loro...’; mentre il testo dice: “Ma ai coniugi ordino...”.5
Così i Cattolici credevano che Paolo riteneva il matrimonio un sacramento, quando ciò non è vero.
>Nella seconda epistola ai Corinzi si legge: ‘Ne vous
joignez point par sacrement du mariage avec les infidèles’ ossia ‘Non vi unite per nulla mediante il sacramento
del matrimonio con gli infedeli’; mentre il testo dice:
“Non vi mettete con gl’infedeli”.6
>Nella prima epistola di Paolo a Timoteo si legge: ‘Or
l’Esprit dit clairement qu’en derniers temps, quelques
uns se separeront de la foy romaine, en se donnant aux
esprits d’erreur et aux doctrines enseignées par les diables’ ossia ‘Or lo Spirito Santo dice chiaramente che
negli ultimi giorni alcuni si separeranno dalla fede romana dandosi agli spiriti dell’errore e alle dottrine insegnate dai diavoli’; mentre il testo dice: ‘Ma lo Spirito
dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demonî”.7E così quei Cattolici che lessero quelle
parole credettero che coloro che si erano separati dalla
chiesa cattolica romana (perché questa insegnava un altro Vangelo), avevano dato retta a dottrine di demoni!!
Più avanti si legge che uomini proferiranno menzogna
segnati di un marchio nella loro coscienza ‘condamnant
le sacrement du mariage’ ossia ‘condannando il sacramento del matrimonio’; mentre il testo dice; ‘I quali vieteranno il matrimonio”.8 In questa maniera i riformatori
che non accettavano il matrimonio come sacramento
venivano fatti passare come gli uomini ipocriti di cui
aveva parlato Paolo.
>Nella lettera di Paolo ai Galati si legge: ‘O Galates insensés, qui vous a ensorcelés, pour faire que vous
n’obéissiez pas à la verité? N’avez-vous pas Jésus
Christ portrait devant vos yeux comme crucifix entre
vous?’ ossia ‘O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, per
fare sì che voi non ubbidiate alla verità? Non avete voi
Gesù Cristo dipinto davanti ai vostri occhi come crocifisso tra di voi?’; mentre il testo dice: “O Galati insensati, chi v’ha ammaliati, voi, dinanzi agli occhi de’ quali
4
1 Cor. 3:15
1 Cor. 7:10
6
2 Cor. 6:14
7
1 Tim. 4:1
8
1 Tim. 4:3
5
1
Luca 2:41
Luca 4:8
3
Atti 13:2 (Diod.)
2
249
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
Gesù Cristo crocifisso è stato ritratto al vivo?”.1La manomissione aveva come scopo quello di fare pensare che
l’immagine dipinta di Cristo crocifisso era in uso presso
le chiese fondate dall’apostolo Paolo.
>Nella lettera agli Ebrei si legge: ‘les murs de Jéricho
tombèrent après une procession de sept jours’ ossia ‘‘le
mura di Gerico caddero dopo una processione di sette
giorni’; mentre il testo dice che “..le mura di Gerico
caddero dopo essere state circuite per sette giorni”.2
Quindi oltre al pellegrinaggio che facevano Giuseppe e
Maria ogni anno a Gerusalemme quei teologi fecero
spuntare fuori pure una processione. Naturalmente per
sostenere l’efficacia delle processioni cattoliche romane.
>Nella prima epistola di Giovanni si legge: ‘Il y a quelque péché qui n’est pas mortel, mais véniel’ ossia ‘C’è
qualche peccato che non è mortale, ma veniale’; mentre
il testo dice: ‘Ogni iniquità è peccato; e v’è un peccato
che non mena a morte”.3 Questa manomissione aveva lo
scopo di far credere che non tutti i peccati erano mortali,
ma ce ne erano anche di veniali.
>Nell’epistola di Giuda si legge ‘..la foi qui a etè donnèe une fois aux saints par la tradition’ ossia ‘..la fede,
che è stata donata ai santi una volta per tutte mediante la
tradizione’; mentre il testo dice: “..la fede che è stata
una volta per sempre tramandata ai santi”.4 Questa manomissione aveva lo scopo di fare credere quanto importante fosse la tradizione della chiesa cattolica romana.
>Nella lettera di Paolo a Filemone si legge: ‘je vous prie
aussi de me préparer un logement. Car j’espére que
Dieu me redonnera à vous encore une fois, par le mèrite
de vòs prières’ ossia ‘Vi prego pure di prepararmi un
alloggio, perché spero che Dio mi ridarà a voi ancora
una volta, per il merito delle vostre preghiere’; mentre il
testo dice: “Preparami al tempo stesso un alloggio, perché spero che, per le vostre preghiere, io vi sarò donato”.5 Per i Cattolici le preghiere che fanno acquistano
meriti davanti a Dio, in altre parole essi sono dei mezzi
tramite cui ci si guadagna la vita eterna; ecco il perché
di quest’altra manomissione.
- Vecchio e Nuovo Testamento secondo la Vulgata
(Venezia 1799) tradotto da Antonio Martini.
>Nel Vangelo scritto da Matteo si legge: ‘Ed egli non la
conosceva sino a quando partorì il suo figliuolo primogenito, e chiamollo per nome Gesù’; mentre il testo dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il
suo figlio primogenito e gli pose nome Gesù”.6
L’infedeltà sta nel verbo che invece che al passato remoto è stato posto all’imperfetto.
>In Marco si legge: ‘Ma dopo che Giovanni fu messo in
prigione, Gesù andò nella Galilea, predicando il Vangelo del Regno di Dio, e dicendo: è compito il tempo, e si
avvicina il Regno di Dio fate penitenza, e credete al
Vangelo’; mentre il testo dice: “Dopo che Giovanni fu
1
Gal. 3:1
Ebr. 11:30
3
1 Giov. 5:17
4
Giuda 3
5
Filem. 22
6
Matt. 1:25
2
250
La chiesa cattolica romana
messo in prigione, Gesù si recò in Galilea, predicando
l’evangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto e il
regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete
all’evangelo”.7 “Ravvedetevi” è diventato ‘fate penitenza’ nella traduzione del Martini per persuadere le persone che Gesù esortava le persone ad andare a confessarsi
come prescrive la chiesa cattolica romana in base al suo
sacramento della penitenza. Ma oltre al fatto che Gesù
non istituì affatto quel sacramento il verbo greco metanoeo non significa fare penitenza ma ‘pentirsi’ o ‘ravvedersi’.8
>In Luca si legge: ‘Ed entrato l’Angelo da lei, disse:
Dio ti salvi, piena di grazia: il Signore è teco’; e così
Maria diventa piena di grazia ossia senza peccato e dispensatrice delle grazie. Ma il testo tradotto fedelmente
dice: “E l’angelo, entrato da lei, disse: Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore è teco”.9 Nel testo greco infatti c’è una parola che è un verbo passivo che significa
‘avere ottenuto grazia, favore’. E che Maria ottenne grazia da Dio è confermato dalle successive parole
dell’angelo a Maria: “Non temere, Maria, perché hai
trovato grazia presso Dio”.10 Qui lo scrittore usa il verbo
heurisko che significa ‘trovare’. Lo stesso verbo è usato
da Paolo quando scrive a Timoteo: ‘Gli conceda il Signore di trovar misericordia presso il Signore in quel
giorno”.11 L’espressione greca che significa ‘piena di
grazia’ è invece presente in Giov. 1:14 dove si dice che
la Parola fatta carne “ha abitato per un tempo fra noi
piena di (la parola greca per ‘piena’ usata qui è pleres)
grazia”.
>Negli Atti degli apostoli si legge: ‘E si adunarono gli
Apostoli e i sacerdoti per disaminare questa cosa’; mentre il testo dice: “Allora gli apostoli e gli anziani si raunarono per esaminar la questione”.12 Poco dopo si legge:
‘Allora piacque agli Apostoli e ai sacerdoti con tutta la
Chiesa...’; mentre il testo dice: “Allora parve bene agli
apostoli e agli anziani con tutta la chiesa..”.13 Poco dopo
si legge: ‘Ponendo nelle loro mani questa lettera: gli
Apostoli e i sacerdoti fratelli, ai fratelli gentili...’; mentre il testo dice: “E scrissero così per loro mezzo: Gli
apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di fra i Gentili”.14
Più avanti ancora si legge: ‘E passando di città in città
raccomandavano di osservare le regole stabilite dagli
Apostoli e dai sacerdoti che erano in Gerusalemme’;
mentre il testo dice: “E passando essi per le città, trasmisero loro, perché le osservassero, le decisioni prese
dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme”.15 Come potete vedere in questi passi la paro7
Mar. 1:14,15
Lo stesso verbo è presente anche in questi versetti: “Essi si
ravvidero alla predicazione di Giona” (Luca 11:32); “Se non
vi ravvedete, tutti similmente perirete” (Luca 13:3); “E se si
pente, perdonagli” (Luca 17:3).
9
Luca 1:28
10
Luca 1:30
11
2 Tim. 1:18
12
Atti 15:6
13
Atti 15:22
14
Atti 15:23
15
Atti 16:4
8
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
la anziani è stata sostituita con sacerdoti. Il motivo è evidente; far credere che nella Chiesa primitiva c’erano i
sacerdoti papisti.
Sempre negli Atti si legge: ‘Ma uomini timorati fecero
il funerale di Stefano, e fecero gran pianto sopra lui’;
mentre invece il testo dice: “E degli uomini timorati
seppellirono Stefano e fecero gran cordoglio di lui”.1 La
ragione di questa manomissione era per sostenere i
pomposi e costosi funerali della chiesa cattolica romana
che fruttavano non pochi soldi ai preti.
Sempre negli Atti si legge: ‘Or mentre essi offerivano al
Signore i sacri misteri, e digiunavano, disse loro lo Spirito Santo...’; mentre il testo dice: “E mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo
disse...”.2 La manomissione di culto in sacri misteri fu
fatta per fare credere ai Cattolici che ai tempi degli apostoli si celebrava la messa quando questo non è affatto
vero.
>Ai Corinzi si legge: ‘Né solo questo ma è stato anche
eletto dalle Chiese compagno del nostro pellegrinaggio
per questa beneficenza..’; mentre il testo dice: “Non solo, ma egli è stato anche eletto dalle chiese a viaggiare
con noi per quest’opera di carità...”.3 Così i Cattolici
leggevano che gli apostoli erano dediti a un pellegrinaggio, e perciò erano incoraggiati a compiere i pellegrinaggi prescritti dalla chiesa romana per ottenere il perdono dei loro peccati.
>Agli Efesini si legge: ‘Questo sacramento è grande; io
però parlo riguardo a Cristo ed alla Chiesa’; mentre il
testo dice: “Questo mistero è grande; dico questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa”.4 Questa falsificazione
aveva l’intento di sostenere che il matrimonio era un
sacramento.5 Nel greco c’è mysterion che significa ‘mistero’ e non sacramento. Lo stesso termine greco è usato
da Paolo quando dice ai Colossesi: “...questo mistero fra
i Gentili, che è Cristo in voi, speranza della gloria”.6
>Ai Colossesi si legge: ‘Nessuno vi supplanti a suo capriccio per via di umiltà col superstizioso culto degli
angeli...’; mentre il testo dice: “Nessuno a suo talento vi
defraudi del vostro premio per via d’umiltà e di culto
degli angeli...”.7 Mettendo superstizioso culto degli an1
Atti 8:2
Atti 13:2
3
2 Cor. 8:19
4
Ef. 5:32
5
Martini ha tradotto così perché la Vulgata di Girolamo dice:
‘Sacramentum hoc magnum est...’ ossia ‘questo sacramento è
grande’.. Va fatto notare però che nella stessa epistola agli Efesini il Martini ha tradotto lo stesso termine latino sacramentum, usato da Girolamo nel tradurre mysterion, con mistero.
Ecco i passi: ‘Ut notum faceret nobis sacramentum suae voluntatis’ (Ef. 1:9 della Vulgata) = ‘Per far noto a noi il mistero
della sua volontà’ (Martini); ‘Quoniam secundum revelationem notum mihi factum est sacramentum’ (Ef. 3:3 della Vulgata) = ‘Conciossiaché per rivelazione fu a me notificato questo mistero’ (Martini). Come mai dunque Martini non ha tradotto anche in Ef. 5:32 sacramentum con mistero? Il motivo lo
abbiamo già detto ma lo ripetiamo; per fare credere che il matrimonio era un sacramento.
6
Col. 1:27
7
Col. 2:18
2
La chiesa cattolica romana
geli il Martini cercò di fare capire ai Cattolici che c’era
un culto reso agli angeli che era sbagliato, ma che ce
n’era anche uno che era giusto; quello sbagliato era
quello superstizioso mentre quello giusto era quello prescritto dalla chiesa cattolica romana perché sincero e
verace e non superstizioso! Questo lo si deduce dalla
nota del Martini che dice: ‘Prende di mira, i discepoli di
Simone Mago, i quali anteponevano la mediazione degli
Angeli a quella di G. C.’, il che significa che anteporre
la mediazione di Gesù Cristo a quella degli angeli,
quindi non escludendo quest’ultima, sia invece lecito!
>Nella prima epistola a Timoteo si legge: ‘Fa adunque
di mestieri che il vescovo sia irreprensibile, che abbia
preso una moglie sola’; mentre la traduzione fedele è:
“Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie”.8 ‘I diaconi abbiano preso una
sola donna..’; mentre il testo dice: “I diaconi siano mariti di una sola moglie...”.9 E’ evidente il tentativo di annullare il fatto che i vescovi e i diaconi devono essere
sposati per potere assumere l’ufficio nella Chiesa.
Sempre in questa epistola si legge: ‘I preti, che governano bene siano reputati meritevoli di doppio onore’;
mentre il testo dice: “Gli anziani che tengon bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore”.10 Ed anche: ‘contro di un prete non ammettere accusa se non
con due o tre testimoni’; mentre il testo dice: “Non ricevere accusa contro un anziano, se non sulla deposizione
di due, o tre testimoni”.11 Il motivo per cui Martini al
posto di anziani e anziano ha messo preti e prete è evidente; fare credere che essi esistevano ai giorni degli
apostoli.
>In Tito si legge a proposito dell’anziano: ‘Uom, che sia
senza taccia, che abbia avuto una sola moglie...’; mentre
il testo dice: “Quando si trovi chi sia irreprensibile, marito d’una sola moglie,...”.12 Anche qui è evidente il tentativo di sostenere il celibato dei preti.
>Agli Ebrei si legge: ‘E non vogliate dimenticarvi della
beneficenza, e della comunione di carità, imperocchè
con tali vittime si guadagna Dio’; mentre il testo dice:
“E non dimenticate di esercitar la beneficenza, e di far
parte agli altri de’ vostri beni; perché è di tali sacrificî
che Dio si compiace”.13 Ecco come il Martini falsificò
questo passo per fare credere che con le opere buone ci
si poteva guadagnare la vita eterna. Ma il testo non dice
che con la beneficenza si guadagna Dio, ma che Dio
prende piacere nella beneficenza e nel fare parte agli
altri dei nostri beni essendo questi dei sacrifici spirituali
a lui accettevoli.
>In Giacomo si legge: ‘Havvi egli tra voi chi sia ammalato? Chiami i preti della Chiesa...’; mentre il testo dice:
“C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della
chiesa, e preghino essi su lui...”.14 Il greco presbyteros
significa anziani e non preti, ma Martini ha messo preti
8
1 Tim. 3:2
1 Tim. 3:12
10
1 Tim. 5:17
11
1 Tim. 5:19
12
Tito 1:6
13
Ebr. 13:16
14
Giac. 5:14
9
251
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
perché volle fare credere che i preti esistevano ai giorni
degli apostoli.
>Nell’epistola di Pietro si legge: ‘I sacerdoti adunque:
che sono tra di voi, gli scongiuro, io consacerdote, e testimone dei patimenti di Cristo’; mentre il testo dice:
“Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che
sono anziano con loro (in greco: sympresbyteros) e testimone delle sofferenze di Cristo...”.1 Più avanti si legge ‘Parimenti voi, o giovani, siate soggetti ai sacerdoti’;
mentre il testo dice: “Parimente, voi più giovani, siate
soggetti agli anziani”.2 E così quei Cattolici d’allora
credevano che la loro casta sacerdotale era stata ordinata
da Dio. Ma la parola greca presbyteros - lo ripetiamo non significa sacerdoti, ma anziani; quindi la traduzione
del Martini è infedele.
Adesso vediamo alcune falsificazioni operate in Bibbie
più recenti.
- Nella Bibbia tradotta da Eusebio Tintori (Chieri 1957)
diversi passaggi sono stati manomessi nella stessa maniera in cui ha fatto il Martini. Eccone alcuni: ‘Ed entrato da lei l’angelo, disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco!’; 3 ‘Fate penitenza, perché il Regno dei cieli è vicino’;4 ‘Da allora incominciò Gesù a predicare e a
dire: Fate penitenza, ché il Regno dei cieli è vicino’;5
‘Parimenti voi, o giovani, state soggetti ai sacerdoti’;6
‘Gli apostoli e i sacerdoti allora si adunarono per esaminare questa cosa’;7 ‘I preti che governano bene sian reputati degni di doppio onore’;8 ‘Contro un prete non ricevere accuse, se non sono provate da due o tre testimoni’;9 ‘Si ammala qualcheduno tra di voi? Faccia chiamare i preti della chiesa, ed essi preghino sopra di lui, ungendolo coll’olio nel nome del Signore’;10 ‘Ma bisogna
che il vescovo sia irreprensibile, non abbia sposato che
una sola moglie...’;11 ‘I diaconi abbiano sposato una sola
moglie...’;12 ‘Questo sacramento è grande io però parlo
riguardo a Cristo ed alla Chiesa’;13 ‘Nessuno v’inganni
a suo capriccio con affettazione di umile e superstizioso
culto degli angeli...’.14
- Nel Nuovo Testamento tradotto da Fulvio Nardoni
(Roma 1966) in Marco si legge: ‘Intanto giungono sua
madre e i suoi cugini (greco: adelfòi) e, stando fuori,
mandano a chiamarlo. Ora, una gran folla sedeva intorno a lui, e gli dissero: Ecco, tua madre e i tuoi parenti (il
greco ha: i tuoi fratelli) sono là fuori che ti cercano. Ma
egli, rispondendo loro, disse: Chi sono mia madre e i
miei parenti (greco: adelfòi)? Poi gettando uno sguardo
1
1 Piet. 5:1
1 Piet. 5:5
3
Luca 1:28
4
Matt. 3:2
5
Matt. 4:17
6
1 Piet. 5:5
7
Atti 15:6
8
1 Tim. 5:17
9
1 Tim. 5:19
10
Giac. 5:14
11
1 Tim. 3:2
12
1 Tim. 3:12
13
Ef. 5:32
14
Col. 2:18
2
252
La chiesa cattolica romana
sopra coloro che erano seduti in cerchio intorno a lui,
disse: Ecco mia madre e i miei parenti (greco: adelfòi).
Chiunque fa la volontà di Dio, egli è mio fratello (greco:
adelfòs), mia sorella (adelphe) e mia madre’. Ma lo
stesso testo tradotto fedelmente dice: ‘I suoi fratelli adunque, e sua madre, vennero; e, fermatisi di fuori,
mandarono a chiamarlo. Or la moltitudine sedeva
d’intorno a lui, e gli disse: Ecco, tua madre, e i tuoi fratelli son là di fuori, e ti cercano. Ma egli rispose loro,
dicendo: ‘Chi è mia madre, o chi sono i miei fratelli? E,
guardati in giro coloro che gli sedevano d’intorno, disse:
Ecco mia madre, e i miei fratelli. Perciocchè, chiunque
avrà fatta la volontà di Dio, esso, è mio fratello e mia
sorella, e mia madre”.15 Come potete vedere il Nardoni
ha tradotto il greco adelfos che significa ‘fratello’ in tre
modi diversi, prima con cugini,16 poi con parenti ed infine con fratello a secondo della necessità. La ragione è
evidente; non fare leggere che Gesù aveva dei fratelli e
delle sorelle17 figli di Maria.18
In Matteo si legge: ‘E senza che egli l’abbia conosciuta,
diede alla luce un figlio, e lo chiamò Gesù’; mentre il
testo dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito e gli pose nome Gesù”.19 Il
motivo della manomissione è quello di fare credere che
Maria anche dopo avere partorito Gesù non fu conosciuta da Giuseppe.
In Luca si legge: ‘L’Angelo, essendo entrato presso di
lei, le disse: ‘Ave, o piena di grazia, il Signore è con te’;
mentre il testo dice: “E l’angelo, entrato da lei, disse: Ti
saluto, o favorita dalla grazia: il Signore è teco”.20 Quel
‘pieno di grazia’ è stato messo per sostenere che Maria
era nata senza peccato, ma come abbiamo già detto il
greco smentisce questa traduzione. E’ chiaro che con
15
Mar. 3:31-35 (Diod.)
Si sa che viene asserito da parte cattolica che quei fratelli di
Gesù erano i suoi cugini cioè i figli di una sua zia ma il fatto è
che la parola greca che significa cugino è anepsios e non adelfos. Per esempio Marco è chiamato il cugino o il figlio della
sorella (anepsios) di Barnaba (cfr. Col. 4:10).
17
Anche le sorelle di Gesù non potevano essere sue cugine
perché il greco per cugina è suggenes. Diodati lo ha tradotto
così in questo caso: “Ed ecco, Elisabetta, tua cugina, ha eziandio conceputo un figliuolo nella sua vecchiezza” (Luca 1:36).
Questo termine significa anche parente; ecco perché Luzzi
nella Riveduta nello stesso versetto ha preferito mettere “tua
parente” e Diodati lo ha tradotto con parenti dove è detto: “E i
suoi vicini e parenti, avendo udito che il Signore...” (Luca
1:58). Nella King James Version (Versione di Re Giacomo)
del 1611, nei due versetti citati il termine è stato tradotto con
cugina e con cugini.
18
Lo stesso brano tradotto dal Nardoni in quella maniera,
nell’ediz. Paoline del 1990 è tradotto così: ‘Giungono poi sua
madre e i suoi fratelli, che, fermatisi di fuori, lo mandano a
chiamare. La folla intanto gli stava seduta intorno. Gli dicono:
Ecco, tua madre e i tuoi fratelli, fuori, ti cercano. Risponde
loro: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Poi, guardando in giro quelli che gli sedevano intorno, dice: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, mia sorella e mia madre’. Quindi, persino una versione
cattolica smentisce la traduzione del Nardoni.
19
Matt. 1:25
20
Luca 1:28
16
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
queste parole (‘piena di’) che l’angelo Gabriele non disse mai a Maria, i Cattolici riescono a presentare Maria
come una donna che aveva in sé ogni grazia, anche
quella di essere senza peccato. Coloro che hanno adulterato queste parole dell’angelo Gabriele definendo Maria
‘piena di grazia’ hanno voluto così mettere Maria sullo
stesso livello del Figliuolo di Dio (anche se a parole dicono che Maria aveva meno grazia di Gesù Cristo) e
questo perché di Gesù Cristo è detto che egli era pieno
di grazia secondo che é scritto in Giovanni: “E la Parola
é stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi,
piena di grazia e di verità”.1 Ecco perché milioni di persone in tutto il mondo sono convinte che Maria era piena di grazia e perciò anche senza peccato; ecco perché
moltitudini di pecore erranti la invocano dicendole: ‘Ave Maria, piena di grazia....’, con la speranza di essere
esauditi! E se qualcuno fa notare loro che anche di Stefano è detto che era pieno di grazia? In questo caso rispondono che il ‘piena di grazia’ che l’angelo Gabriele
gli disse ‘appare, in un certo modo, come un nome caratteristico che sta al posto di nome proprio; ed per questo che non si può ammettere alcuna somiglianza con S.
Stefano (Atti 6,8)...’. Come potete vedere da voi stessi i
teologi romani hanno un’astuta risposta da dare anche a
questa domanda.
Nella prima lettera di Paolo a Timoteo si legge: ‘Bisogna però che il vescovo sia irreprensibile, non abbia
preso moglie che una volta sola’; mentre il testo dice:
“Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie...”.2 Il Nardoni nella nota dice:
‘Qui bisogna intendere che il vescovo non deve essere
un vedovo passato a seconde nozze’; ecco dunque il
motivo per cui ha manomesso quel passo, per fare credere che nella Chiesa primitiva potevano essere eletti
vescovi solo coloro che erano senza moglie, cioè i celibi
o i vedovi non risposati. Il che noi sappiamo non corrisponde al vero. Va detto poi che la traduzione del Nardoni fa credere che Paolo abbia detto che i vescovi dovevano essere stati mariti di una moglie sola, per cui un
credente che era rimasto vedovo due volte (cioè che era
stato marito di due mogli) non poteva ambire all’ufficio
di vescovo. Quindi siccome che lui di vescovi mai sposati non ne fa parola, si dovrebbe dedurre che anticamente per essere assunti come vescovi bisognava aspettare di diventare vedovi della prima moglie! Il che è una
follia crederlo perché si fa credere che finché un credente era sposato non poteva assumere l’ufficio di vescovo.
Nella lettera di Paolo a Tito si legge: ‘Ma quando si è
mostrata la bontà di Dio (Padre), nostro Salvatore, e il
suo amore verso l’uomo, egli allora ci ha salvati, non
per merito delle opere di giustizia, che noi potevamo
avere fatte, ma per la sua misericordia, mediante il battesimo di rigenerazione, in cui lo Spirito Santo ci rinnova, (facendoci una nuova creatura, Spirito) che egli ha
diffuso sopra di noi...’; mentre il testo dice: “Ma quando
la benignità di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini sono stati manifestati, Egli ci ha salvati
1
Giov. 1:14
1 Tim. 3:2
2
La chiesa cattolica romana
non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo
la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, ch’Egli ha
copiosamente sparso su noi...”.3 La ragione per cui Nardoni ha messo ‘il battesimo di rigenerazione in cui lo
Spirito Santo ci rinnova’ è per avvalorare la dottrina papista che dice che l’acqua del battesimo ha dallo Spirito
Santo la virtù di fare rinascere chi lo riceve. 4
- Nella Bibbia cattolica, edizioni Paoline, del 1971 (Torino) si legge: ‘L’angelo, essendo entrato da lei, le disse:
Ave, o piena di grazia..’ mentre in realtà si deve leggere
che l’angelo le disse: “Ti saluto, o favorita dalla grazia....”.5
In Matteo hanno messo: ‘E senza che egli la conoscesse,
diede alla luce un figlio, e lo chiamò Gesù’ mentre il
testo è: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito
il suo figlio primogenito e gli pose nome Gesù”.6
Negli Atti hanno messo ‘Fate penitenza e ciascun di voi
sia battezzato..’ al posto di: “Ravvedetevi, e ciascun di
voi sia battezzato...”.7 Il greco metanoeo significa pentirsi o ravvedersi (il che implica un provare dispiacere
verso il proprio modo di pensare o agire sbagliato) e non
operare qualche opera di mortificazione corporale o
qualche digiuno o qualche opera di penitenza prescritta
dalla chiesa romana. Mettendo ‘fate penitenza’ al posto
di ‘ravvedetevi’ la curia romana si è così preposta di fare credere ai lettori della loro Bibbia che per ottenere
l’espiazione dei loro peccati devono fare appunto delle
opere di penitenza, che abbiamo visto in che cosa consistono, e non che essi si devono solo pentire e credere nel
Vangelo. Il fatto è però che mettendo ‘fate penitenza’ al
posto di ravvedetevi essi si sono contraddetti da loro
stessi, perché nella teologia papista la penitenza segue il
battesimo e non lo precede, mentre in quella maniera
risulta che la penitenza è prescritta prima del battesimo!
Sempre negli Atti si legge: ‘Dopo avere pregato e digiunato, ordinarono dei sacerdoti per ciascuna Chiesa..’;
come potete vedere molti Cattolici leggono nelle loro
Bibbie che per le chiese furono costituiti dagli apostoli
dei preti e non degli anziani, e che essi non furono eletti
con l’approvazione delle chiese come invece dice il testo originale: “E fatti eleggere per ciascuna chiesa degli
anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono
i fratelli al Signore..”.8
- Nella Bibbia di Gerusalemme (Seconda ediz. 1974)
queste parole di Matteo: “Non la conobbe finch’ella non
ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù”9 sono
state manomesse dai loro traduttori al fine di difendere
la perpetua verginità di Maria, infatti i loro traduttori
hanno reso il verso così: ‘Senza che egli la conoscesse,
partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’. Siamo
d’accordo che Maria partorì Gesù senza avere conosciuto suo marito Giuseppe; ma non si può essere affatto
3
Tito 3:4-6
Vedi la parte dove ho confutato il loro battesimo.
5
Luca 1:28
6
Matt. 1:25
7
Atti 2:38
8
Atti 14:23
9
Matt. 1:25
4
253
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
La chiesa cattolica romana
d’accordo con una simile traduzione che nasconde ai
Cattolici che per Maria il non essere conosciuta da Giuseppe fu un qualcosa che durò solo per un tempo dopo il
suo matrimonio, cioè fino a quando ella non ebbe partorito Gesù, e non per sempre.
Sempre in questa Bibbia le parole di Pietro: “Sapendo
prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari”1 sono state cambiate
in: ‘Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione’. Come potete vedere i traduttori di questa Bibbia cattolica hanno manomesso le Scritture infatti da come hanno tradotto queste
parole di Pietro emerge che Pietro avrebbe detto che la
Bibbia non la si può interpretare da sé perché
l’interpretazione non può essere soggettiva (ma la si deve interpretare come la interpreta il magistero della
Chiesa cattolica!). Questa è la spiegazione che i teologi
danno a questo contorto passo infatti la nota che spiega
questo passo nell’edizione Paoline del 1971 dice: ‘Dunque i singoli fedeli non possono interpretare a capriccio
la Bibbia, ma devono ricevere l’interpretazione della
Chiesa’. Ma come abbiamo visto il suddetto passo
dell’epistola di Pietro tradotto correttamente dice: ‘Sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della
Scrittura procede da vedute particolari”,2 il che significa
che coloro che scrissero le profezie non le scrissero di
loro volontà perché quelle loro profezie furono pronunziate dallo Spirito Santo per mezzo di loro quando e
come e dove Egli volle. Quindi da come lo hanno tradotto i Cattolici il suo significato è: ‘L’interpretazione
che il lettore dà alla Scrittura non deve essere soggettiva’ (ma deve essere quella data dal magistero); e non
più quello originale, e cioè che la Scrittura non è il frutto di un interpretazione personale o di vedute particolari
di coloro che l’hanno scritta. Attenzione; con questo discorso non vogliamo dire che le Scritture si possono interpretare a proprio piacimento, nel senso che uno è libero di interpretarle secondo le sue voglie; ma solo che i
credenti possono con l’aiuto di Dio intendere rettamente
le Scritture perché lo Spirito di Dio li guida in ogni verità.
- Nella Bibbia edizioni Paoline del 1990 (Sesta ediz.) si
legge: ‘Sappiate anzitutto questo: a nessuna profezia
della Scrittura compete una interpretazione soggettiva’.
Mentre come abbiamo poco fa detto la corretta traduzione è: “Sapendo prima di tutto questo: che nessuna
profezia della Scrittura procede da vedute particolari”.3
- Il primo: “Io sono l’Eterno, l’Iddio tuo, che ti ho tratto
dal paese d’Egitto, dalla casa di servitù. Non avere altri
dii nel mio cospetto”.4
- Il secondo: “Non ti fare scultura alcuna né immagine
alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno,
l’Iddio tuo, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità
dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità, fino alla
millesima generazione, verso quelli che m’amano e osservano i miei comandamenti”.5
- Il terzo: “Non usare il nome dell’Eterno, ch’è l’Iddio
tuo, in vano; perché l’Eterno non terrà per innocente chi
avrà usato il suo nome in vano”.6
- Il quarto: “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fà in essi ogni opera tua; ma il
settimo é giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio
tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch’è dentro alle
tue porte; poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò ch’è in essi, e si riposò il settimo
giorno; perciò l’Eterno ha benedetto il giorno del riposo
e l’ha santificato”.7
- Il quinto: “Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi
giorni siano prolungati sulla terra che l’Eterno, l’Iddio
tuo, ti dà”.8
- Il sesto: “Non uccidere”.9
- Il settimo: “Non commettere adulterio”.10
- L’ottavo: “Non rubare”.11
- Il nono: “Non attestare il falso contro il tuo prossimo”.12
- Il decimo: “Non concupire la casa del tuo prossimo;
non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa
alcuna che sia del tuo prossimo”.13
La chiesa romana li ha mutilati e modificati e così contorti li inculca ai suoi fedeli, piccoli e grandi. Ecco infatti come li troviamo scritti nel Nuovo Manuale del Catechista.
- Il primo è: ‘Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro
Dio fuori di me’;14
- Il secondo: ‘Non nominare il nome di Dio invano’.15
- Il terzo: ‘Ricordati di santificare le feste’.16
- Il quarto: ‘Onora il padre e la madre’.17
LA MANIPOLAZIONE DEI DIECI COMANDAMENTI
Es. 20:2,3
Es. 20:4-6
6
Es. 20:7
7
Es. 20:8-11
8
Es. 20:12
9
Es. 20:13
10
Es. 20:14
11
Es. 20:15
12
Es. 20:16
13
Es. 20:17
14
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 272
15
Ibid., pag. 290
16
Ibid., pag. 297
17
Ibid., pag. 303
Questi sono i dieci comandamenti che Dio pronunziò
sul monte Sinai e che scrisse con il suo dito sulle due
tavole di pietra che diede al suo servo Mosè.
1
2 Piet. 1:20
2 Piet. 1:20
3
2 Piet. 1:20
2
254
4
5
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
- Il quinto: ‘Non ammazzare’.1
- Il sesto: ‘Non commettere atti impuri’.2
- Il settimo: ‘Non rubare’.3
- L’ottavo: ‘Non dire falsa testimonianza’.4
- Il nono: ‘Non desiderare la donna d’altri’.5
- Il decimo: ‘Non desiderare la roba d’altri’.6
Il secondo comandamento la curia romana lo ha tolto
dal decalogo per non fare apparire le cosiddette statue e
immagini sacre come degli idoli in abominio a Dio. Così facendo ha trasgredito l’ordine divino: “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete
nulla”.7
Per ciò che riguarda invece il comandamento di Dio circa il giorno del riposo di sabato la curia romana ha pensato di modificarlo in questa maniera: ‘Ricordati di santificare le feste’ e questo per fare ricordare ai suoi seguaci di osservare le feste di precetto che sono, oltre tutte le domeniche, ‘Natale, Circoncisione, Epifania, Ascensione, Corpus Domini; Immacolata e Assunzione di
Maria Vergine, S. Giuseppe, i Santi Pietro e Paolo e
Tutti i Santi’.8 Ora, Dio nella legge istituì delle feste;
esse erano la festa di Pasqua, la festa di Pentecoste, la
festa delle Capanne, e comandò agli Israeliti di osservarle, ma il comandamento di osservarle non fu messo
da lui tra le dieci parole assieme al comandamento sul
sabato, lo avrebbe potuto fare ma sta di fatto che non lo
fece. (Tenete presente però che quelle feste istituite da
Dio erano “l’ombra di cose che doveano avvenire”).9
Quindi se Dio non mise tra i dieci comandamenti il suo
comandamento di osservare le feste da lui istituite, come si sono permessi i Cattolici di modificare il decalogo
per introdurre il loro ordine di osservare le loro feste?
Per certo coloro che hanno adulterato le dieci parole di
Dio si sono resi colpevoli di una colpa davanti a Dio
perché fanno dire a Dio quello che Lui non ha detto. Ma
non solo Dio non disse nel decalogo agli Israeliti: ‘Ricordati di santificare le feste’, ma Egli ora non comanda
a nessuno di santificare le feste istituite dalla chiesa romana (si tenga presente che viene comandato ai Cattolici di onorare Dio con atti di culto esterno dei quali l’atto
essenziale è la messa). Perché mai si dovrebbe santificare un giorno in onore della menzogna come
l’immacolata concezione, o l’assunzione di Maria in
cielo? O perché mai si dovrebbe onorare la festa del
Corpus Domini in cui viene fatto credere che un pezzo
di pane è Dio e perciò va adorato? O perché mai si dovrebbe onorare il 25 Dicembre come data di nascita di
Gesù quando questa festa ha origini pagane? O la festa
della circoncisione, o dell’epifania, o dell’ascensione, o
1
Ibid., pag. 309
Ibid., pag. 320
3
Ibid., pag. 326
4
Ibid., pag. 335
5
Ibid., pag. 343
6
Ibid., pag. 344
7
Deut. 4:2
8
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 299. Nel nuovo Codice di diritto canonico manca tra le feste di precetto la Circoncisione
(cfr. can. 1246, § 1).
9
Col. 2:17
2
La chiesa cattolica romana
di Giuseppe, di Pietro e Paolo, e di tutti i santi? Perché
la chiesa romana lo ordina? Ma queste sono feste che
fanno parte della tradizione che non trovano nessuna
conferma nella Scrittura e perciò vanno rigettate. Fratelli, astenetevi dal partecipare a queste feste istituite dalla
chiesa romana per non contaminarvi e non provocare a
gelosia il Signore.10
Ma i Cattolici romani non hanno solo fatto scomparire il
secondo comandamento dal decalogo e modificato il
quarto, perché a riguardo del comandamento di non usare il nome di Dio in vano e quello di onorare il padre e
la madre non li insegnano come essi sono scritti perché
ne hanno tolto una parte. Per quanto riguarda infatti il
terzo comandamento Dio disse: “Non usare il nome
dell’Eterno, ch’è l’Iddio tuo, in vano; perché l’Eterno
non terrà per innocente chi avrà usato il suo nome in
vano”,11 mentre i Cattolici (per loro è il secondo comandamento) lo insegnano così: ‘Non nominare il nome
di Dio in vano’, omettendo la seconda parte. Ma oltre a
ciò è bene che sappiate quale è il significato che essi
danno alle parole ‘nome di Dio’. Essi dicono che con la
parola nome di Dio ‘s’intende non solo il nome di ‘Dio’
ma anche ogni altro nome con cui Egli possa venire
chiamato e ogni altra persona e cosa che abbia relazione
diretta con Lui, come Sacramento, Madonna, Santi, Anima, ecc.’.12 Come potete vedere per i Cattolici questo
comandamento si riferisce non solo al nome santo di
Dio ma anche a nomi di altre persone e di determinate
cose. Questo significa veramente interpretare la Parola
di Dio arbitrariamente; così fanno pensare alle persone
che il nome di Maria e dei loro santi è santo quanto
quello di Dio. Noi non vogliamo dire con questo che sia
lecito usare il nome di Maria o quello di qualcuno dei
loro cosiddetti santi per imprecare, affatto! ma solo che
non si deve far dire alla Parola di Dio quello che essa
non dice. I Cattolici così hanno fatto leva anche su questo ordine di Dio per esaltare a loro piacimento e secon10
E dato che siamo in tema di feste diciamo qualcosa anche a
proposito della festa del cosiddetto protettore del paese (che
non è annoverata tra le feste di precetto), che annualmente ricorre in ogni paese e città d’Italia. In che cosa consiste questa
festa? Nel ricordare una favola artificiosamente composta su
qualcuno che è morto e sepolto da molto tempo. Le storie sono
le più svariate e tutte attribuiscono al cosiddetto santo capacità
e caratteristiche particolari. La gente ci crede perché queste
storielle le sentono sin dalla loro fanciullezza, e convinta che
le cose stiano così quando arriva quel particolare giorno rievoca le sue gesta e lo celebra. In che maniera? Facendo dolci
particolari, pranzi particolari in onore del defunto, pregandolo
e portando la sua statua sulle spalle per le strade. Tutto questo
è suggellato da feste da ballo organizzate dalla parrocchia la
quale invita delle bande musicali per intrattenere a suon di
musica gli idolatri e dai puntuali fuochi d’artificio. Esaminando da vicino quello che avviene nel paese in quel particolare
giorno si deve riconoscere che assomiglia molto a quello che
avvenne alle pendici del monte Sinai quando gli Israeliti fattosi un vitello d’oro gli offrirono un sacrificio, mangiarono e
bevvero, si misero a danzare e si rallegrarono delle opere delle
loro mani. Astenetevi dal partecipare in qualsiasi maniera anche a queste feste per non provocare a gelosia il Signore.
11
Es. 20:7
12
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 290
255
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
do le loro voglie Maria e i loro santi. Bisogna riconoscere che dove possono e quando possono ce lo mettono
sempre il nome di Maria e quello dei loro santi.
Per quanto riguarda invece il quinto comandamento che
dice: “Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che l’Eterno, l’Iddio tuo,
ti dà”,1 che come dice Paolo, è “il primo comandamento
con promessa”,2 i Cattolici lo hanno modificato e mutilato perché lo insegnano così: ‘Onora il padre e la madre’. Anche qui la modifica e la mutilazione sono state
fatte per uno scopo ben preciso; e questo si capisce
quando si legge nel loro catechismo che questo comandamento non comanda di ubbidire solo ai propri genitori
ma anche di ubbidire ai propri superiori ecclesiastici
quali il papa, il vescovo e il parroco. Li chiamano padre,
e perciò li devono onorare come i propri genitori: la
chiesa romana è la loro madre e perciò di conseguenza
la devono onorare sottomettendosi ad essa. Bisogna dire
quindi che essi anche in questo caso fanno dire alla Parola di Dio quella che essa non dice; e così la curia romana per assoggettarsi le popolazioni ha fatto ricorso
proprio a tutto. In verità non c’é timore di Dio dinanzi
agli occhi loro. I Cattolici devono sottoporsi innanzi tutto alla Parola di Dio; così facendo intenderanno come i
loro superiori ecclesiastici non sono degni di essere ubbiditi perché essi stessi rifiutano in tutto e per tutto di
ubbidire a Dio. Tutti coloro che nel loro mezzo hanno
deciso di ubbidire alla Parola di Dio anziché agli uomini
sono usciti dalla chiesa romana perché hanno capito,
grazie a Dio, che l’ubbidienza che pretendeva da loro la
curia romana consisteva nel disubbidire a Dio ed ai suoi
comandamenti.
LA NEGAZIONE DELLA BIBBIA AL POPOLO
Ci fu un tempo in cui la Bibbia venne da parte della curia romana negata agli uomini. Nel concilio di Tolosa
del 1229 fu deliberato infatti quanto segue: ‘Proibiamo
ancora che sia permesso ai laici di avere i libri del Vecchio e Nuovo Testamento, tranne il Saltero, o il Breviario per dire l’Ufficio divino, o le Ore della Beata Vergine a chi desidera averle per devozione; però proibiamo
strettamente che quei libri siano in lingua volgare’.3 Ma
perché questo divieto? Perché gli uomini del volgo non
venivano reputati degni di leggerla; il cardinale Osio,
nel libro De Verbo Dei affermò infatti: ‘Permettere ai
laici la lettura delle sante Scritture, è lo stesso che dare
le cose sante ai cani, e gittare le perle dinanzi ai porci’.4
Ed anche perché veniva asserito che la Bibbia era troppo difficile per essere compresa dal popolo ignorante,
ed alcuni leggendola potevano male interpretarla ed essere indotti all’errore. E così per diversi secoli la lettura
della sacra Scrittura fu reputata una cosa nociva alla
Chiesa e per questo la curia romana studiò i modi per
frenare la sua diffusione fra il popolo; una evidente prova di ciò è il seguente fatto storico. Nel 1553 Gian Maria Ciocchi del Monte (Giulio III: 1550-1555) incaricò
tre dei più dotti vescovi del tempo: Vincenzo De Durantibus, Egidio Falceta e Gherardo Busdrago, di studiare i
mezzi per frenare la diffusione della Riforma. Nel documento conclusivo i tre prelati così si esprimevano:
Finalmente - fra tutti i consigli che noi possiamo dare a
Vostra Beatitudine, abbiamo lasciato per ultimo il più
necessario... - debbono farsi tutti gli sforzi acciocché si
permetta il meno possibile la lettura del Vangelo, specialmente in lingua volgare, in tutti i paesi sotto la Vostra giurisdizione. Basti quel pochissimo che suol leggersi nella messa, né più di quello sia permesso di leggere a chicchessia. Finché gli uomini si contentarono di
quel poco, gli interessi della Santità Vostra prosperarono, ma quando si volle leggere di più, allora cominciarono a decadere. Quel libro, insomma (il Vangelo), è
quello che più di ogni altro ha suscitato contro di noi
quei turbini e quelle tempeste per le quali è mancato poco che non fossimo interamente perduti. Ed invero, se
qualcuno lo esamina interamente e diligentemente, e poi
confronta le istruzioni della Bibbia con quello che si fa
nelle nostre chiese, si avvedrà subito della discordanza e
vedrà che la nostra dottrina è molte volte diversa e più
spesso ancora ad essa contraria: la qual cosa se si comprendesse dal popolo, non cesserebbe di reclamare contro di noi, fino a tanto che tutto non sia divulgato, ed
allora diverremmo oggetto di dispregio e di odio in tutto
il mondo. Perciò bisogna sottrarre la Bibbia alla vista
del popolo, ma con grande cautela per non suscitare tumulti’.5 Ecco dunque perché la curia romana vietò la
lettura della Bibbia al popolo, perché temeva che il popolo leggendola si accorgesse degli abusi e delle eresie
presenti nella chiesa cattolica romana e si sollevasse
contro di essa.
Un altra prova attestante quanto i papi avessero in avversione che la Bibbia fosse letta da tutti è la bolla Unigenitus di Clemente XI nel 1713 nella quale venivano
condannate come ‘false, scandalose, perniciose, sediziose, empie, blasfeme ed eretiche’ le seguenti proposizioni
riguardanti la lettura della Bibbia: la proposizione 79,
che dice che è utile e necessario in ogni tempo e in ogni
luogo a tutte le persone di studiare ed imparare lo spirito, la santità e i misteri delle Sacre Scritture; la proposizione 80, che dice che la lettura della Scrittura è per tutti; la proposizione 84, che dice che togliere dalle mani
dei cristiani il Nuovo Testamento, o tenerglielo chiuso
togliendogli i mezzi per comprenderlo, significa chiudere la bocca di Cristo; la proposizione 85, che dice che
vietare ai Cristiani la lettura delle Sacre Scritture, specialmente dei Vangeli, è vietare ai figli della luce l’uso
della luce, ed è gettarli in una sorta di scomunica.
5
1
Es. 20:12
2
Ef. 6:2
3
Concilio di Tolosa, cap. 14
4
Citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie, pag.
6
256
La chiesa cattolica romana
L’originale di questo documento con le firme autografe dei
tre vescovi, ed il titolo Avvisi sopra i mezzi più opportuni per
sostenere la Chiesa romana, è datato Bologna, 20 ottobre
1553. Si conserva nella Biblioteca nazionale di Parigi (foglio
B. N. 1088, vol. 2, pag. 641-650). Citato da Roberto Nisbet in
op. cit., pag. 15,16
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
E siccome che il papato allora considerava cosa empia
che tutti leggessero le sacre Scritture esso considerava
anche cosa empia la loro traduzione nella lingua del popolo per cui i traduttori di esse gli erano in abominio.
Una prova di questo odio che il papato nutriva verso i
traduttori di Bibbie in lingua volgare l’abbiamo nelle
seguenti parole di Barnaba Chiaramonti (Pio VII 1800 1823): ‘Dichiaro che le associazioni formate nella maggiore parte d’Europa, per tradurre in lingua volgare e
spandere la legge di Dio, mi fanno orrore, che esse tendono a rovesciare la fede cristiana fin dalle sue fondamenta, che bisogna distruggere questa peste con tutti i
mezzi possibili, e svelare le empie macchinazioni di
questi manovratori’.1 E per concludere questa carrellata
di condanne e proibizioni ricordiamo che nel 1820 fu
messo all’indice (dalla Congregazione dell’Indice) persino un Nuovo Testamento tradotto da un Cattolico e
precisamente ‘il Nuovo Testamento di monsignor Martini’; la ragione era perché non possedeva le note.
Nessuno dunque v’inganni dicendovi che la chiesa cattolica romana un tempo proibì al popolo di leggere solo
le Bibbie cosiddette false tradotte dai Protestanti in lingua volgare dopo che venne la Riforma perché abbiamo
dimostrato che la proibizione di leggere la Bibbia risale
a secoli prima della Riforma (a quel tempo era vietata
dunque al popolo la lettura delle Bibbie tradotte dai Cattolici) e poi perché nel 1820 come abbiamo provato fu
messo all’indice un Nuovo Testamento di un famoso
traduttore cattolico (che essendo privo delle note costituiva un serio pericolo per il papato).
Ma oggi, come stanno le cose? Oggi, la traduzione e la
diffusione della sacra Scrittura da parte della chiesa romana sono incoraggiate perché il concilio Vaticano II ha
decretato che “è necessario che i fedeli abbiano largo
accesso alla Sacra Scrittura’,2 ma nonostante oggi la
chiesa romana non impedisce la divulgazione della Bibbia fra le persone e neppure la sua lettura, essa continua
mediante il suo magistero a dare errate interpretazioni a
molti e molti passi della Scrittura riuscendo così con la
sua abituale frode ed astuzia a nascondere la verità ai
Cattolici. Ma grazie siano rese a Dio perché anche in
questa generazione Dio ha illuminato le menti di tanti
Cattolici romani facendogli comprendere rettamente la
Parola di verità e li ha riscattati dal giogo opprimente di
questa religione abilmente costruita dal diavolo. Oggi,
essi sono nostri fratelli ed assieme ci rallegriamo e lodiamo Dio, per averci fatto conoscere la verità; quella
verità che ci ha resi liberi dal peccato.
L’INTRODUZIONE DEI LIBRI APOCRIFI NEL CANONE DELLA BIBBIA
Nella sessione del 8 Aprile 1546 del concilio di Trento
furono dichiarati canonici, oltre ai sessantasei libri da
cui é formata la Bibbia, anche altri libri che portano
questi nomi: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico,
Baruc e 1 e 2 Maccabei. Inoltre furono fatte delle ag1
Bolla del 28 Giugno 1816
Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. VI
2
La chiesa cattolica romana
giunte al libro di Ester e a quello di Daniele perché furono anch’esse ritenute Scritture ispirate. Nel documento redatto in quel concilio, a proposito di questa loro decisione, sono scritte tra le altre cose queste parole: ‘Se
qualcuno, poi, non accetterà come sacri e canonici questi libri, interi con tutte le loro parti, come si é soliti leggerli nella chiesa cattolica e come si trovano
nell’edizione antica della volgata latina e disprezzerà
consapevolmente le predette tradizioni, sia anatema’.3
Questi libri aggiunti sono apocrifi (da apokryphos, termine greco che significa ‘nascosto’)4 e sono chiamati
dalla chiesa romana deuterocanonici ossia aggiunti al
canone.
Ora, i Cattolici ci accusano di avere mutilato la Bibbia
togliendogli i libri qui sopra enumerati con le aggiunte a
Ester e a Daniele, ma questo non è affatto vero perché
noi non abbiamo tolto alcunché al canone delle Scritture. La verità è che loro hanno adulterato il canone delle
Scritture aggiungendovi i libri che hanno voluto e ci accusano di averli tolti perché non ci siamo conformati
alla decisione del concilio di Trento. In altre parole loro
non sopportano che noi ci siamo astenuti dall’includere
nel canone dei libri che sin da quando comparvero non
furono dichiarati canonici!
Le ragioni per cui noi non riconosciamo i libri apocrifi
come canonici, cioè come parte del canone delle Scritture, sono le seguenti.
- Essi sono pieni di contraddizioni e di errori, e di ciò ci
sono le seguenti prove.
>Nel libro di Ester è scritto a proposito di quando Ester
si presentò dopo il digiuno al re: “Il re era assiso sul trono reale nella casa reale, di faccia alla porta della casa.
E come il re ebbe veduta la regina Ester in piedi nel cortile, ella si guadagnò la sua grazia; e il re stese verso Ester lo scettro d’oro che teneva in mano; ed Ester
s’appressò, e toccò la punta dello scettro. Allora il re le
disse: Che hai regina Ester? che domandi? Quand’anche
tu chiedessi la metà del regno, ti sarà data”.5Nelle aggiunte fatte a questo libro troviamo scritto a proposito
dello stesso episodio queste parole: ‘Varcate tutte le
porte, si presentò davanti al re, che stava assiso sul suo
trono, rivestito di tutti gli ornamenti della sua maestà,
fulgente d’oro e di pietre preziose: il suo aspetto era imponente. Or, appena egli ebbe alzato il capo scintillante
di splendore, e lanciato uno sguardo ardente di collera,
la regina cambiò colore, svenne e si appoggiò sulla spalla della damigella che l’accompagnava’.6 Come potete
vedere la descrizione fatta nell’aggiunta contrasta quella
autentica del libro ispirato, perché nella prima è detto
che Ester si guadagnò il favore del re mentre nella seconda è detto che il re lanciò uno sguardo di collera verso Ester e che ella per giunta svenne.
3
Concilio di Trento, Sess. IV, primo decreto.
Questo termine greco è presente in questo verso della Scrittura: “Poiché non v’è nulla di nascosto (apokryphos) che non
abbia a diventar manifesto” (Luca 8:17).
5
Est. 5:1-3
6
Ed. Paoline. 1971, Ester 15: 9-10
4
257
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
>Nel libro di Tobia, che è pieno di favole, riscontriamo
una menzogna che lo scrittore fa dire a un angelo di Dio
di nome Rafael.
Prima troviamo scritto che Tobia uscì in cerca di un
uomo pratico della strada, che lo accompagnasse nella
Media, e appena uscito, si vide davanti Rafael, l’angelo,
ma non sapeva che era un angelo di Dio, poi quando
Tobit, suo padre, gli chiese: Fratello, potresti dirmi di
qual famiglia e di qual tribù tu sei?, questi gli rispose:
‘Io sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi
fratelli’.1 Gli angeli di Dio sono santi e non si mettono a
mentire quando parlano perché essi fanno e dicono tutto
ciò che Dio vuole. Se l’angelo si chiamava Rafael avrebbe dovuto rispondere che si chiamava Rafael; come
mai allora disse di essere Anania?
Sempre in questo libro riscontriamo anche la superstizione insegnata niente di meno che da un angelo di Dio!
E’ scritto infatti in esso che una notte Tobia scese verso
il fiume Tigri per lavarsi i piedi, ed ad un tratto un grosso pesce balzò fuori dall’acqua per divorare il piede del
ragazzo che si mise a gridare. L’angelo allora gli disse
di afferrare il pesce e di trargli fuori il fiele, il cuore e il
fegato che possono essere utili come farmaci, e di buttare via gli intestini. Dopo che Tobia ebbe arrostito una
parte del pesce e l’ebbe mangiata, si misero in cammino
e durante il cammino il giovane domandò all’angelo che
farmaco ci può essere nel cuore e nel fegato e nel fiele
del pesce. L’angelo allora gli rispose: ‘Quanto al cuore e
al fegato del pesce, se ne fai salire il fumo davanti a un
uomo o a una donna, che subiscono un attacco da parte
di un demonio o di uno spirito malvagio, cesserà ogni
attacco contro di loro e non ne resterà più traccia alcuna’.2 Ma come si può accettare per ispirato un libro dove gli angeli si mettono pure a insegnare la superstizione?
>Nel libro di Giuditta si fa risalire la storia di questa
donna a poco dopo il rientro dei Giudei dalla cattività
dei Babilonesi, e in un passo viene detto: ‘I figli
d’Israele, che abitavano in Giudea, venuti a sapere quello che Oloferne, generale in capo di Nabucodonosor, re
d’Assiria, aveva fatto a quei popoli, e come avesse spogliato i loro santuari e li avesse distrutti, temettero grandemente al vederselo davanti e si sentirono angosciati
per Gerusalemme e per il tempio del Signore loro Dio,
perché da poco avevano fatto ritorno dalla schiavitù ed
era cosa recente la riunificazione di tutto il popolo della
Giudea, la purificazione dei vasi sacri e del Tempio, che
era stato profanato’.3 In queste poche parole ci sono diverse menzogne perché quando i Giudei tornarono dalla
cattività in Giudea non esisteva più il re Nebucodonosor, re di Babilonia, perché morto da molti anni, e sul
regno dei Medi e dei Persiani in quel tempo regnava Ciro re di Persia il quale era stato lui a rimandare liberi gli
esuli Ebrei affinché tornassero in Giudea a costruire il
tempio di Dio.
>Lo scrittore del secondo libro dei Maccabei termina
con queste parole: ‘Se la disposizione della materia è
stata buona e come si conviene alla storia, é quello che
ho desiderato. Se poi é mediocre e di scarso valore, é
quanto ho potuto fare’.4 Uno scrittore ispirato da Dio
non avrebbe mai scritto delle parole simili perché Dio
non si può scusare con nessuno di non avere potuto fare
del suo meglio, e perché nello Scritto ispirato tutto é
buono e tutto ha valore perché ciò che vi é scritto é Parola di Dio.
Sempre in questo libro troviamo una menzogna che
consiste in questo: lo scrittore dice che il profeta Geremia se ne andò al monte dove Mosè era salito per vedere la terra promessa e presso questo monte in una caverna nascose il tabernacolo e l’arca e l’altare dei profumi,
e poi che aveva detto ad alcuni che il luogo sarebbe rimasto ignoto fino a quando Dio avrebbe riunito nuovamente il suo popolo infatti in quel tempo Dio avrebbe
rivelato dove erano quegli oggetti sacri.5 Ma le cose non
possono essere vere perché nel libro del profeta Geremia è scritto che all’arca del patto dell’Eterno non vi si
sarebbe più pensato quando Dio li avrebbe ricondotti in
Sion infatti è scritto: “E vi ricondurrò a Sion; e vi darò
dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con
conoscenza e con intelligenza. E quando sarete moltiplicati e avrete fruttato nel paese, allora, dice l’Eterno, non
si dirà più: ‘L’arca del patto dell’Eterno!’ non vi si penserà più, non la si menzionerà più, non la si rimpiangerà
più, non se ne farà un’altra”.6 Come potete vedere anche
questa aperta contraddizione fa capire come questo libro
non può essere ispirato da Dio.
Altra contraddizione che fa dei libri dei Maccabei dei
libri inaffidabili è la descrizione della morte di Antioco
Epifane che è riportata in tre maniere completamente
diverse l’una dall’altra. Difatti in un passo è scritto: ‘Al
sentire tali notizie, il re restò abbattuto e, preso da profonda agitazione, si gettò sul letto, e s’ammalò per la
gran tristezza, perché le cose non erano andate secondo i
suoi desideri. Egli rimase così per molti giorni, e siccome la sua tristezza andava crescendo, si sentì vicino a
morire’7 (e più avanti si dice che morì); in un altro passo
si dice che lo stesso re morì lapidato in Persia nel tempio della dea Nanea infatti troviamo scritto che i sacerdoti di Nanea ‘massacrarono il condottiero e i suoi
compagni a sassate, tagliarono loro le membra e la testa’;8 ed infine in un altro passo troviamo scritto che
morì roso dai vermi ad Ecbatana perché Dio lo colpì con
una piaga.9
Abbiamo dimostrato alcuni dei numerosi errori che esistono in questi libri i quali ci fanno comprendere che gli
scrittori che scrissero quelle cose non furono sospinti
dallo Spirito Santo.
Nei libri apocrifi ci sono anche delle storie che servono
di base ad alcune dottrine perverse presenti nella chiesa
4
Ibid., 2 Maccabei 15:38
Cfr. 2 Maccabei 2: 1-8
6
Ger. 3:14-16
7
Ed. 1971, 1 Maccabei 6:8,9
8
Ibid., 2 Maccabei 1:16
9
Ibid., cfr. 2 Maccabei 9:1-28
5
1
Ibid., cfr. Tobia 5:4-13
Ed. Paoline 1990 (sesta ed.), Tobia 6:8
3
Ed. 1971, Giuditta 4:1-3
2
258
La chiesa cattolica romana
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
romana. Per esempio nei Maccabei ci sono dei passi che
parlano di preghiere per i morti e di un sacrificio espiatorio offerto per dei morti1 e di preghiere fatte da un sacerdote morto e dal profeta Geremia (morto anch’egli)
per i vivi sulla terra.2
Sì, é vero dell’esistenza nei libri della Sapienza e
dell’Ecclesiastico, per esempio, di alcune cose vere che
non possono essere annullate, ma non per questo i libri
apocrifi possono essere considerati canonici.
- Lo Spirito della verità che dice la verità, non attesta
per nulla in noi figliuoli di Dio che essi sono Parola di
Dio perché ci fa sentire in maniera inequivocabile che
essi non devono essere accettati come Parola di Dio. Le
pecore del Signore conoscono la sua voce ed essa non
può confondersi con un altra; e la voce con cui parlano
questi libri non é quella del Pastore delle anime nostre.
- Né Gesù Cristo e neppure gli apostoli fecero mai riferimento a questi libri apocrifi, e questo loro silenzio sta
a dimostrare che essi non erano considerati da loro Parola di Dio. Una cosa possiamo dirla: che se gli Ebrei
avessero tolto dai libri canonici quelli che secondo i teologi romani sono canonici, si sarebbero resi colpevoli
anche di questa colpa davanti a Dio, e Gesù Cristo, Colui per mezzo del quale sono tutte le cose, non avrebbe
mancato di riprenderli severamente anche per questo
loro atto iniquo.
- Gli Ebrei prima e poi anche i Cristiani dei primi secoli
dopo Cristo non li riconobbero mai come canonici.
Gli Ebrei, a cui (non lo dimentichiamo questo) “furono
affidati gli oracoli di Dio”3 non riconobbero mai come
canonici quei libri e quelle aggiunte ad Ester e a Daniele; è per questo infatti che nella Bibbia ebraica (che contiene solo i libri dell’Antico Patto) essi sono assenti. La
Chiesa primitiva negò la canonicità di questi libri infatti
non li mise mai allo stesso livello di quelli sacri. E dato
che la chiesa cattolica romana si appoggia così tanto ai
suoi cosiddetti antichi padri facciamo presente ai Cattolici romani che ci sono diverse testimonianze di alcuni
di loro vissuti nei primi secoli dopo Cristo che dicono
che quei libri ai loro giorni non venivano considerati
canonici. Uno di questi, Girolamo, tenuto in grandissima stima dalla chiesa cattolica, affermò: ‘La Chiesa
legge il libro di Tobia, di Giuditta, dei Maccabei, di Baruc, di Susanna, della Sapienza, dell’Ecclesiastico,
l’inno dei tre giovani e le favole di Belo e del Dragone;
ma essa non li riceve affatto nel novero delle Scritture
autentiche’.4 Il concilio di Trento dunque, riconoscendo
per canonici gli apocrifi ha contrastato anche Girolamo
che è l’autore della traduzione latina detta Vulgata che il
concilio di Trento ha dichiarato dovere essere accettata
come la sola autentica tra tutte le versioni. E’ vero che
Girolamo disse pure delle cose perverse e che la traduzione da lui fatta conteneva molti errori ma in quelle sue
1
Cfr. 2 Maccabei 12:38-46
Cfr. 2 Maccabei 15:11-16
3
Rom. 3:2
4
Girolamo, Prologo a Graziano. Oltre a Girolamo ci fanno
sapere - con rammarico - gli studiosi cattolici che anche Ilario
di Poitiers e Origene non riconoscevano questi libri come ispirati.
2
La chiesa cattolica romana
parole sopra citate afferma chiaramente che la Chiesa ai
suoi tempi non accettava come canonici gli stessi libri
aggiunti dalla chiesa romana al canone. Perché dunque
Girolamo in questo caso non è accettato dalla curia romana come invece lo è quando sostiene che è cosa buona la venerazione delle reliquie dei santi martiri, o che il
vescovo di Roma è il successore di Pietro? La ragione è
evidente; essa prende quello che gli fa comodo dai suoi
padri; quello che di giusto essi hanno detto invece e che
non sostiene la loro tradizione è rigettato.
Infine, vogliamo citare le seguenti Scritture che attestano che è vietato sia aggiungere che togliere alcunché
alla Parola di Dio:
- “Ogni parola di Dio è affinata col fuoco... Non aggiunger nulla alle sue parole, ch’egli non t’abbia a riprendere, e tu non sia trovato bugiardo”;5
- “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e
non ne toglierete nulla..”;6
- “Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio
aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di
questa profezia, Iddio gli torrà la sua parte dell’albero
della vita e della città santa, delle cose scritte in questo
libro”.7
Quindi coloro che hanno fatto queste aggiunte alla Parola di Dio ne porteranno la pena per l’eternità, perché si
sono permessi di fare passare alle moltitudini delle parole d’uomini e delle favole per Parola di Dio.
LE FALSIFICAZIONI DEI LIBRI DEI COSIDDETTI
PADRI
Dopo che scoppiò la Riforma il papato vedendo che la
Riforma si andava sempre più diffondendosi nelle nazioni, e che i Protestanti per confermare le loro dottrine
anticattoliche facevano appello oltre che alla Scrittura
talvolta anche agli scritti dei cosiddetti padri, il che faceva apparire persino i cosiddetti padri contro certe dottrine papiste, promulgò l’Index librorum expurgandorum ossia ‘L’Indice dei libri da espurgarsi’ in cui oltre
ai libri dei cosiddetti padri furono messi anche certi libri
di autori cattolici in cui c’erano dei passi non graditi ai
papi perché andavano a favore dei Protestanti. In questi
libri in base agli ordini degli inquisitori dovevano essere
fatte delle cancellazioni e delle interpolazioni.
Ecco alcuni esempi di come sono stati falsificati alcuni
scritti dei cosiddetti padri.
Nel libro di Cipriano intitolato De Unitate Ecclesiae
dove egli dice: ‘Il resto degli apostoli erano eguali in
potere ed onore a Pietro’ i papisti hanno aggiunto ‘E il
primato fu dato a Pietro’; e dove egli dice: ‘Colui che si
oppone e resiste alla chiesa crede egli stesso di essere
nella chiesa?’ hanno messo: ‘Colui che abbandona la
sedia di Pietro sulla quale la chiesa fu fondata, crede e-
5
Prov. 30:5,6
Deut. 4:2
7
Ap. 22:18,19
6
259
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
gli stesso di essere nella chiesa?’1 Le suddette manomissioni avevano lo scopo di fare credere l’origine divina
del primato di Pietro sulla Chiesa, e che chi si opponeva
alla sede di Roma non poteva più dirsi membro della
Chiesa di Dio.
Un altra distorsione è stata apportata alle seguenti parole
di Gregorio Magno. Il testo originale dice: ‘Il re
dell’orgoglio è vicino; e (che è una malvagità pronunciare) un intero esercito di sacerdoti è procurato per presenziare alla sua venuta (Sacerdotum ei preparatur exercitus)’; ma i papisti lo hanno modificato in questa
maniera: ‘Il re dell’orgoglio è vicino; e, (che io aborro a
dire) quando egli verrà i sacerdoti saranno condannati e
messi a morte’ (Sacerdotum est proeparatus exitus).2 La
manomissione aveva lo scopo di non fare credere che secondo Gregorio Magno - quando sarebbe venuto
l’anticristo molti sacerdoti lo avrebbero acclamato e difeso, ma che alla sua venuta i sacerdoti sarebbero stati
messi a morte.
In una edizione delle opere di Agostino fatta in Venezia
nel 1584, gli editori confessano apertamente di avere
tolto tutti quei passi che potevano favorire le dottrine
dei Protestanti: in qua curavimus removeri ea omnia
quae fidelium mentes haeretica pravitate possent inficere.3
LA FALSIFICAZIONE DEI CANONI DEI CONCILI
Per quanto riguarda la falsificazione dei canoni conciliari vogliamo ricordare questi fatti storici. Nel 419 al concilio di Cartagine (Africa) si discuteva il caso di Apiario, un prete di Sicca, che a motivo della sua cattiva
condotta era stato deposto dal suo vescovo e si era perciò appellato a Zosimo (417-418) vescovo di Roma
1
De Unitate Ecclesiae, cap. III. Cfr. Thomas James, A Treatise
of the Corruptions of Scripture, Councils, and Fathers, by the
prelates, pastors, and pillars of the church of Rome for the
maintenance of popery, (Un trattato delle corruzioni delle
Scritture, dei Concili e dei Padri, fatte dai prelati, dai pastori e
dalle colonne della chiesa di Roma per il mantenimento del
papato) London 1843, pag. 76-77. Rivisto e corretto dalle edizioni del 1612 e 1688. Questo libro antico scritto da un credente contiene la dimostrazione di molte falsificazioni operate
dai papi sulle Scritture, sui concili e sugli scritti dei cosiddetti
padri, che molti farebbero bene a leggere per rendersi conto da
vicino dell’astuzia papale. Si può consultare alla Biblioteca
Valdese di Roma.
2
Cfr. Thomas James, op. cit., pag. 146
3
A proposito di questa opera di falsificazione ordinata dai papi
è interessante la testimonianza che rese un certo Boxbornio,
un professore di Lovanio, che era impiegato assieme ad altri a
rivedere i libri designati dagli inquisitori. Egli ebbe a dichiarare: ‘Dopo avere ricevuto l’ordine di mettere ad esecuzione il
decreto tirannico degli inquisitori, e dopo avere notato fino a
600 diversi passaggi per passarvi la spugna e per essere cancellati (il quale mio errore desidero potere cancellare col mio
sangue e le mie lacrime!), il mio cuore finalmente fu commosso, e gli occhi miei furono aperti dalla misericordia del mio
Dio, e scorsi chiaramente l’abominazione nel papato, l’idolo
nel tempio, la tirannia nella repubblica, e l’infezione nella religione’ (Boxbornio III, de Eccl. Initio).
260
La chiesa cattolica romana
(quantunque in base alle leggi dei sinodi africani egli
non potesse appellarsi al vescovo di Roma)4 il quale aveva accettato con gioia di prendere la sua difesa e lo
aveva rimandato in patria con alcuni suoi legati. I legati
di Bonifacio I (il successore di Zosimo che era da poco
morto) a Cartagine presentarono dunque a nome del loro
papa dei canoni del concilio generale (quindi che obbligava sia le chiese d’Occidente che quelle d’Oriente) di
Nicea (325) che attribuivano al vescovo di Roma il diritto di ricevere appello da parte dei vescovi delle altre
chiese (quando in realtà quei canoni erano del concilio
locale di Sardica del 343 che non era stato accettato dalle chiese d’Oriente). Ma i più di duecento vescovi che
formavano il concilio (tra i quali c’era pure Agostino di
Ippona) mandarono a consultare gli atti originali di quel
concilio di Nicea (negli archivi di Alessandria, Antiochia e Costantinopoli) e trovarono che quei canoni del
concilio di Nicea asseriti da Bonifacio I erano inesistenti. Quindi scrissero una lettera a Bonifacio I in cui si lamentavano del tentativo di frode compiuto nei loro confronti dai suoi legati (che si erano presentati in suo nome). Nella lettera era scritto: ‘Noi speriamo che per divina misericordia, fin quando la Santità Vostra presiederà la Chiesa Romana, non dovremo più soffrire una simile arroganza e che verranno usati a nostro riguardo
modi tali di agire da non essere più obbligati a protestare’.
Questo illecito uso dei canoni di Sardica fu fatto anche
da Celestino (422-432), successore di Bonifacio I, cinque anni dopo, nel 424, sempre nel caso di Apiario. Costui si era ancora comportato male e si era preso un altra
scomunica. Si appellò di nuovo a Roma, il papa lo ascoltò e, come riconoscono persino alcuni storici cattolici, ‘disgraziatamente’ prese le sue difese e lo mandò a
Cartagine con un suo legato. In un concilio plenario, il
vescovo di Cartagine, riprese l’esame della causa. Vennero riferite le lagnanze degli abitanti di Tabraca (presso
cui era stato Apiario), ma ciò nonostante il legato papale
difendeva con arroganza Apiario. Ma dopo alcuni giorni
di discussioni, successe l’imprevisto; Apiario confessò i
suoi propri misfatti. A questo punto il legato papale fu
costretto ad abbandonare la sua difesa. La causa era ormai già giudicata; furono inviati a Celestino gli atti del
concilio e una lettera in cui ‘il papa veniva esortato a
non accogliere più tanto facilmente i querelanti venuti
dall’Africa, tanto più che i decreti di Nicea prescrivevano ai vescovi di rispettare le sentenze dei loro colleghi
ed esigevano che i processi ecclesiastici fossero condotti
a termine sul posto. Nessun concilio autentico permetteva al papa di inviare legati, come aveva fatto; i canoni
allegati a tal fine non erano canoni di Nicea, come le
inchieste avevano esaurientemente provato. Nella Chiesa del Cristo bisogna agire con semplicità ed umiltà,
senza ricorrere ai modi arroganti del secolo’.
4
Il concilio Melivetano aveva per esempio decretato: ‘Chiunque vorrà appellare al di là del mare, non sia ricevuto da alcuno, in Africa, alla comunione’.
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
I FALSI MIRACOLI EUCARISTICI
I teologi papisti, talvolta, per confermare la dottrina della transustanziazione, ossia per confermare che il pane e
il vino nelle mani del prete dopo la benedizione diventano il vero corpo ed il vero sangue del Signore Gesù
Cristo, citano diversi miracoli eucaristici. Secondo loro
‘il miracolo eucaristico, particolarmente volto a confermare la fede nel mistero della reale presenza, è pertanto
fuori discussione quanto alla sua possibilità ed alla sua
efficacia probativa, ma è soggetto a tutte le cauzioni,
che una sana critica storica impone’.
Ora, noi per brevità non vogliamo trascrivere tutti questi
miracoli eucaristici avvenuti. Ne citeremo solo due che
sono tra i più conosciuti dai Cattolici romani. Il primo,
che è citato anche dal teologo Perardi nel suo catechismo, è il seguente: ‘Nel 1453 venne saccheggiato il paese di Exilles (circondario di Susa), e fu rapito un ricco
Ostensorio col SS. Sacramento, e messo a fascio con
altri oggetti entro un sacco. Giunti a Torino il 6 Giugno,
i ladri attraversavano la piazza S. Silvestro, quando, il
giumento cadde; le corde che legavano il sacco si sciolsero, l’involto si sfasciò e l’Ostensorio si levò in alto, a
vista di tutti. Il popolo accorse ad adorare Gesù Cristo.
Il vescovo Ludovico dei marchesi di Romagnano, radunò il Capitolo, il Clero, e ordinata una processione,
mosse verso il luogo del miracolo. Giunto il Vescovo,
ecco un nuovo prodigio: l’Ostensorio si apre e cade a
terra, mentre l’Ostia rimane sola, librata in aria, splendente di luce vivissima. A tale vista pianti, grida, voci di
preghiera dei fedeli che supplicano e adorano: il Vescovo elevando un calice verso l’Ostia, scongiura il Signore
di scendere tra i suoi fedeli, ripetendo le parole dei discepoli di Emmaus: Mane nobiscum, Domine. E l’Ostia
scende a poco a poco fino a posarsi nel calice, lasciando
dietro di sé una striscia luminosa. Il luogo dove avvenne
il miracolo fu coperto da una lapide che ricorda il fatto:
nella piazza fu poi edificata la ricca chiesa del Corpus
Domini. Nella chiesa, il posto in cui avvenne il miracolo
e la lapide che lo ricorda, sono circondati da una ricca
cancellata’.1
L’altro cosiddetto miracolo eucaristico che vogliamo
citare è quello avvenuto a Bolsena nel 1263. Questo in
sintesi è quello che viene narrato ai Cattolici romani: al
tempo in cui Berengario arcidiacono di Angers (Francia) sosteneva che nell’eucaristia non vi fosse la presenza reale del corpo di Cristo, Pietro da Praga, un sacerdote di origine boema, assalito da dubbi, decise di recarsi a
Roma per implorare sulla tomba di Pietro la risposta al
suo angoscioso problema. Durante il viaggio sostò a
Bolsena, diocesi di Orvieto, dove si mise a celebrare la
messa. Dopo la consacrazione il prete versò sbadatamente una goccia di vino sul corporale e cercò di sfregarla via, ma la goccia si diffuse per tutto il corporale
trasformandosi in macchie sanguigne tondeggianti in
forma di ostia. In seguito si è detto che le gocce di sangue fossero uscite dall’ostia quando il prete l’aveva rotta
o quando lui l’aveva elevata; e si aggiunto pure che
1
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 473
La chiesa cattolica romana
l’ostia si fosse trasformata in carne e che le macchie di
sangue siano scese anche sopra le pietre dell’altare. Il
sacerdote, visto quello che era accaduto, fu preso da terrore, coprì il calice con la patena, vi pose sopra il corporale, portò tutto in sacrestia e fuggì via. In seguito a
questo fatto il papa Urbano IV nel 1264 istituì la festa
detta del Corpus Domini,2 con la quale i Cattolici romani pretendono onorare il sacramento dell’Eucarestia. Il
nome Corpus Domini significa ‘il corpo del Signore’, e
siccome che la dottrina cattolica dice che l’ostia è il
corpo del Signore in quel giorno particolare l’ostia è
oggetto di una particolare adorazione da parte dei
Cattolici.
I qui sopra citati prodigi non procedono da Dio, ma sono o storie inventate o se veramente le cose sono andate
in questa maniera dei prodigi bugiardi operati da demoni per ingannare le persone. Non possiamo accettare
questi prodigi come prodigi di Dio perché essi non fanno altro che confermare una menzogna, vale a dire la
dottrina secondo la quale quando il prete fa la benedizione dell’ostia essa miracolosamente diventa anima,
corpo sangue e divinità di Cristo.
Per dimostrarvi che ogni miracolo che Dio compie ha
come fine di fare credere alle persone la verità e non la
menzogna, citiamo il miracolo della risurrezione di Lazzaro. Quando Gesù si trovò davanti al sepolcro dove era
stato posto il corpo di Lazzaro, prima ordinò di togliere
la pietra e poi, “alzati gli occhi in alto, disse: Padre, ti
ringrazio che m’hai esaudito. Io ben sapevo che tu mi
esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu m’hai mandato. E detto questo, gridò con gran voce: Lazzaro vieni
fuori! E il morto uscì, avendo i piedi e le mani legati da
fasce, e il viso coperto d’uno sciugatoio. Gesù disse loro: Scioglietelo, e lasciatelo andare. Perciò molti de’
Giudei che eran venuti da Maria e aveano veduto le cose
fatte da Gesù, credettero in lui”.3 Come potete vedere
questo miracolo che Dio operò tramite Cristo Gesù portò molti Giudei che lo videro a credere che Gesù era stato mandato da Dio: non una menzogna quindi, ma la verità, perché in verità Gesù Cristo non venne da sé stesso
in questo mondo ma fu mandato dall’Iddio e Padre suo.
Ma questo miracolo servì pure per confermare nella fede gli stessi discepoli di Gesù perché Gesù aveva detto
ai suoi discepoli: “Lazzaro è morto; e per voi mi rallegro di non essere stato là, affinché crediate..”.4
Un altro miracolo che ci fa comprendere come ogni miracolo che Dio compie in Cristo porta a credere nella
verità e non nella menzogna perché Colui che lo opera è
verità, è quello di Cana di Galilea, ossia il mutamento
dell’acqua in vino. Infatti dopo che Cristo operò il miracolo è scritto che “Gesù fece questo primo de’ suoi mi-
2
Alcuni ritengono però che la festa del Corpus Domini era stata istituita da Urbano IV prima del fatto di Bolsena perché la
bolla con la quale la istituì era stata scritta prima del ‘miracolo’.
3
Giov. 11:41-45
4
Giov. 11:15
261
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
racoli in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria; e i
suoi discepoli credettero in lui”.1
Ho voluto parlarvi anche di questi cosiddetti miracoli
eucaristici per farvi capire come la chiesa cattolica possiede anche racconti di prodigi bugiardi per indurre le
persone a credere che l’ostia consacrata è Cristo stesso.
Se siano successi per opera del diavolo o siano solo una
invenzione dei preti poco importa: falsi rimangono.
LE FALSE STORIE SUI LORO SANTI
La chiesa cattolica romana possiede il culto dei santi.
Abbiamo visto che lei invoca sia i veri santi che sono
morti ed andati in cielo con il Signore, che quelli falsi
che avevano solo l’apparenza della santità perché in realtà erano solo dei peccatori e perciò adesso sono
all’inferno. In ambedue i casi comunque questo loro
culto è condannato dalla Scrittura.
Ora, essa, per sostenere questo culto pagano che le frutta tanto denaro, ha inventato ogni sorta di storia su quello o quell’altro loro santo; così si racconta che Dionigi
fece il giro di Parigi colla sua testa mozzata, che Gesù
ruppe due costole a Filippo Neri per dare maggiore spazio al suo cuore che era troppo pieno dell’amore divino,
che Antonio da Padova era contemporaneamente in due
posti differenti, che suora Maria Francesca mentre stava
vestendo un Gesù bambino di legno gli disse: Caro mio,
se non stendi la gamba non ti posso mettere la calza’ ed
immediatamente il bambino di legno allungò la gamba,
e tante altre.
Ma di storielle i preti ne raccontano anche per sostenere
altre loro eresie: così per sostenere il culto degli angeli
raccontano che Pietro Fabro ‘ogni volta che entrava in
una città implorava il soccorso degli Angeli protettori di
quella terra affinché gli prestassero aiuto a salvare le
anime’;2 e che mentre Isidoro ‘si tratteneva in chiesa ad
ascoltare la S. Messa, l’Angelo lavorava in suo luogo i
campi, ne guardava il gregge e pascolava i giumenti’.3
Per sostenere l’adorazione dell’ostia raccontano che Antonio da Padova ‘si presenta col SS. Sacramento ad una
mula affamata mentre altri le presentano la biada, ed
essa s’inginocchia ed adora il SS. Sacramento’.4
Queste storie mendaci che i preti insegnano sono chiamate dall’apostolo Paolo “favole profane e da vecchie”5
e noi credenti le dobbiamo schivare secondo il comandamento divino. Al bando queste ciance generate dal
diavolo, padre della menzogna!!
I MIRACOLI FALSI OPERATI DALLE RELIQUIE
DEI LORO SANTI
Secondo il catechismo romano la chiesa cattolica romana prima di canonizzare uno dei suoi membri deve prima riconoscere ‘due miracoli operati dopo la morte di
1
Giov. 2:11
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 104
3
Ibid., pag. 103
4
Ibid., pag. 119
5
1 Tim. 4:7
2
262
La chiesa cattolica romana
tale servo di Dio’,6 e dopo averlo beatificato riconoscerne altri due; in tutto quattro quindi.
Che succede dunque? Che all’improvviso si sentono
raccontare dei miracoli operati da quello o da quell’altro
morto (che spesso vengono attribuite alle reliquie del
morto). Queste storie di miracoli mai avvenuti hanno
tutto l’interesse a propagandarle proprio coloro che
hanno domandato la canonizzazione del defunto (che
possono essere un ordine, una famiglia, o una diocesi);
perché essi sanno che senza miracoli non può avvenire
la sua canonizzazione, e perciò non può essere proposto
ufficialmente alla invocazione pubblica. Naturalmente,
oltre che i miracoli falsi occorrono anche tanti soldi per
la canonizzazione ma questo non preoccupa i falsari
perché sanno che alla fine tutto quello che hanno speso
lo ritroveranno. Non mancheranno infatti folle di pellegrini che attirati al santuario dove vengono conservate le
miracolose reliquie del loro santo porteranno denaro
nelle loro casse. Questa dunque della constatazione di
almeno quattro miracoli da parte del morto per essere
canonizzato santo è un eresia che genera delle imposture
perché noi sappiamo che i morti non possono fare miracoli. Ma intanto il diavolo tramite questa eresia continua
a sedurre milioni e milioni di persone per tutto il mondo
facendogli credere che Tizio, Caio e Sempronio fanno
miracoli dopo morti per cui meritano di essere prima
beatificati e poi canonizzati. Quando invece essi sono
nell’Ades a piangere e a stridere i denti dal dolore perché sulla terra avevano riposto la loro fiducia nelle eresie della chiesa cattolica romana e morirono nei loro
peccati. Beati quelli che hanno occhi e vedono, orecchie
e sentono; perché essi hanno conosciuto la verità che li
ha resi liberi da queste menzogne papiste.
LE FALSE APPARIZIONI DI MARIA
Quando si parla di Maria e del culto che i Cattolici romani le rivolgono non si può non accennare a queste
apparizioni di Maria di cui tanti di loro parlano. I Cattolici romani ci tengono particolarmente a queste apparizioni di Maria perché esse confermano le loro dottrine e
particolarmente quella dell’intercessione di Maria. In
altre parole queste visioni per loro costituiscono un sostegno per le loro false dottrine fra cui il loro culto a
Maria. Per questa ragione dunque esse devono essere
considerate delle imposture scaturite dalla mente carnale
di coloro che dicono di averle avute. Qualcuno dirà: ma
allora non credete alle visioni? Sì che crediamo nelle
visioni, ma in quelle di Dio che confermano pienamente
la verità proclamata dalla Scrittura e non in quelle inventate dai devoti di Maria per fare rimanere gli uomini
nell’idolatria ed al servizio della superstizione e delle
svariate eresie della chiesa romana. Difatti, se consideriamo bene il contenuto di queste apparizioni di Maria si
giunge alla conclusione che esse servono a radicare nel
cuore dei Cattolici il culto a Maria, e la loro vana fiducia in questa santa donna morta e sepolta da secoli, e a
6
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 284
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
farli rimanere attaccati alle false dottrine della chiesa
romana.
Vediamo adesso di esaminare alcune di queste apparizioni di Maria al fine di dimostrare quanto sin qui detto.
Lourdes e Medjugorje
Secondo una giovane di nome Bernardetta, l’11 febbraio
1858 le apparve a Lourdes una donna vestita di bianco
con un rosario tra le mani e pareva recitasse questa preghiera poiché si vedevano i grani scorrere a vicenda tra
le sue dita. Ella non le disse nulla, si fece il segno della
croce e scomparve. Seguirono altre apparizioni di questa
donna. In una di queste, avvenuta il 25 Marzo di quello
stesso anno questa figura le apparve sempre con un rosario e questa volta alla domanda della giovane che voleva sapere chi ella fosse questa figura le disse: ‘Io sono
l’Immacolata concezione’. Ma come si possono credere
tali apparizioni quando Maria si definì sulla terra
“l’ancella del Signore”1 e quando anche lei era nata col
peccato originale e non immacolata, tanto che chiamò
Dio “mio Salvatore”?2 Come si possono accettare tali
apparizioni quando farsi il segno della croce non è biblico e neppure tenere tra le mani il rosario? Come si
può credere in una tale apparizione nel sentire che quella donna recitava il rosario? E per giunta a se stessa, dato che dicono che quella figura era Maria! Come potete
vedere le parole attribuite a Maria da quella giovinetta,
messe a confronto con la Scrittura, dimostrano di essere
false. Ma poi, è assurdo che ella abbia detto: ‘Sono
l’Immacolata concezione’, perché Immacolata concezione non é di per sé stesso neppure un nome ma un attributo, per giunta falso dato a Maria. Sarebbe come dire
che un uomo appare a qualcuno e gli dice: ‘Io sono
l’infallibilità del papa’! Che senso avrebbe la frase? Eppure ci sono milioni di persone che credono che a Lourdes Maria sia veramente apparsa a quella giovane e le
abbia detto quelle cose. Risultato? Lourdes, come ben
sapete, è diventato un luogo molto frequentato, dove le
persone vanno a chiedere a Maria miracoli, guarigioni e
ogni tipo di grazia. Tutto questo naturalmente per la
gioia della curia romana che vede in Lourdes una conferma all’immacolata concezione di Maria e alla sua intercessione.
Ecco invece quello che Maria avrebbe detto in alcune
delle sue apparizioni a Medjugorje.
- 6 Agosto 1981: ‘Io sono la Regina della pace’.3 Falso;
non c’è la regina della pace, ma solo il Principe della
pace che è Cristo Gesù. Se Maria è la Regina della pace
questo significa che lei dona la pace agli uomini; e questo non può essere perché va contro quello che ha detto
Gesù: “Io vi lascio pace; vi do la mia pace...”.4 Ma
quando mai Maria mentre era in terra dette la pace a
qualcuno? Mai; come mai dunque adesso che è in cielo
1
Luca 1:38
Luca 1:47
3
Renè Laurentin, Messaggio e pedagogia di Maria a Medjugorje, Brescia 1988, pag. 143
4
Giov. 14:27
2
La chiesa cattolica romana
(non con il corpo) è in grado di dare pace? Come potete
vedere le suddette parole non reggono dinanzi alla verità
che è in Cristo Gesù.
- 15 Novembre 1981: ‘Il mondo sta ricevendo grandi
favori da parte mia e da parte di mio Figlio..’.5 Quindi
le grazie non vengono più dispensate solo da Dio e da
Cristo Gesù, ma pure da Maria. Anche questo è falso
perché Maria non accorda favori proprio a nessuno; lei
non ha il benché minimo potere di accordare alcun favore agli uomini sulla terra. Come d’altronde non ce
l’aveva quando era ancora sulla terra. Pietro chiama Dio
“l’Iddio d’ogni grazia”;6 Paolo saluta i santi dicendogli:
“Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor
Gesù Cristo”,7 e quindi ogni grazia ci è concessa da Dio
e dal suo Figliuolo. Maria non c’entra proprio nulla.
- 13 Maggio 1982 (dopo l’attentato contro Giovanni
Paolo II): ‘I suoi nemici volevano ucciderlo, ma io l’ho
protetto’.8 Falso; Maria non protegge proprio nessuno.
La Scrittura dice: “All’Eterno, al Signore, appartiene il
preservar dalla morte”;9 quindi se Giovanni Paolo II non
morì in quell’attentato è perché Dio non ha permesso
che il suo attentatore riuscisse ad ucciderlo. Fu Dio
quindi a proteggerlo e ad impedire che morisse in quel
giorno perché ancora il suo tempo non era ancora giunto. E lui deve quindi ringraziare Dio, e non Maria.
- 21 Luglio 1982: ‘Nel purgatorio ci sono molte anime.
Ci sono anche persone consacrate a Dio: sacerdoti e
religiosi. Pregate per loro, almeno 7 ‘Pater’, ‘Ave’ e
‘Gloria’ e il ‘Credo’. Ve lo raccomando. Molte anime
sono in purgatorio da molto tempo, perché nessuno
prega per loro’.10 Falso; il purgatorio non esiste e lo abbiamo dimostrato ampiamente con le Scritture. Di conseguenza anche le dottrine ad esso collegate sono false.
- 24 Luglio 1982: ‘...Chiunque ha fatto molto male durante la vita può andare diritto in cielo se si confessa,
rinnega ciò che ha fatto e si comunica alla fine della
vita’.11 Falso; chi è schiavo del peccato se vuole andare
in cielo non deve confessarsi al prete e neppure prendere l’eucarestia prima di morire; ma deve ravvedersi dei
suoi peccati e confessarli a Dio che ha il potere di rimetterglieli. Il ladrone sulla croce prima di morire non si
andò a confessare a nessun sacerdote, e non prese la cena del Signore eppure Gesù gli assicurò che in quel
giorno stesso sarebbe andato in paradiso. La Scrittura
dice che “chiunque avrà invocato il nome del Signore,
sarà salvato”;12 quindi anche questa rivelazione mariana
si palesa un’impostura a confronto con la sacra Scrittura.
- 28 Maggio 1983: ‘E’ molto bello fermarsi il giovedì
per l’adorazione di mio Figlio nel santissimo Sacramento dell’altare. E’ anche bello venerare la croce ogni
5
Renè Laurentin, op. cit., pag. 156
1 Piet. 5:10
7
Fil. 1:2
8
Renè Laurentin, op. cit., pag. 167
9
Sal. 68:20
10
Renè Laurentin, op. cit., pag. 169
11
Ibid., pag. 170
12
Rom. 10:13
6
263
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
Venerdì....’.1 Falso; l’adorazione dell’ostia che i Cattolici chiamano santissimo Sacramento è una cosa abominevole agli occhi di Dio come anche la venerazione della croce; quindi non sono cose belle ma brutte.
- 11 Novembre 1983: ‘....Mettete un’immagine dei Cuori di Gesù e di Maria nelle vostre case’.2 Questo è un
istigazione all’idolatria; la Scrittura dice di non farsi
immagine di cosa alcuna e di non prostrarsi dinanzi ad
essa e di non servirla.
Come vedete Maria dopo avere vissuto sulla terra una
vita al servizio di Dio, una volta che i Cattolici l’hanno
fatta risuscitare e ascendere in cielo si sarebbe corrotta
ed avrebbe cominciato ad apparire agli uomini per confermargli che l’idolatria è cosa bella, che lei protegge gli
uomini, concede favori, che esiste il purgatorio e che
bisogna pregare per le anime che vi sono e via di seguito. Questa è la ragione per cui noi rigettiamo in blocco
queste cosiddette apparizioni di Maria, perché esse si
oppongono alla verità. Avete notato? In tutte queste apparizioni Maria non ha mai detto a nessuno di non pregarla, di distruggere le statue che la raffigurano, di bruciare le sue immagini, e neppure di pregare Dio senza la
sua intercessione, di adorare solo Dio in ispirito e verità,
e di invocare Cristo Gesù per la salvezza dell’anima loro perché lei non può fare nulla per loro lassù in cielo,
ed infine non ha mai detto di uscire dalla chiesa romana!
Per certo se qualcuno dicesse che Maria gli è apparso e
gli ha detto tutte queste cose sarebbe subito reputato uno
che si inventa le cose per fare apostatare i Cattolici dalla
fede!
Qual’è il fine delle visioni che Dio da a coloro che non
lo conoscono
Sappiate fratelli che tutte le visioni che Dio dà a coloro
che ancora non lo conoscono contribuiscono a salvarli e
non a farli rimanere nella via della perdizione. Questo è
confermato dalle parole di Elihu a Giobbe: “Iddio parla,
bensì, una volta ed anche due, ma l’uomo non ci bada;
parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un
sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti
essi giacciono assopiti; allora egli apre i loro orecchi e
dà loro in segreto degli ammonimenti, per distoglier
l’uomo dal suo modo d’agire e tener lungi da lui la superbia; per salvargli l’anima dalla fossa, la vita dal dardo mortale”.3 (Faccio notare che le visioni possono essere anche diurne e non solo notturne). Come si possono
quindi accettare le apparizioni di Maria quando queste
‘visioni’ non servono affatto a distogliere i Cattolici o i
mariani dal culto a Maria ma anzi a fortificare le loro
mani in quest’opera iniqua, quando esse non servono ad
allontanare da loro la superbia di cui sono pieni ma a
gonfiarli ancora di più di orgoglio, quando esse non
contribuiscono alla salvezza dell’anima loro ma bensì a
farli rimanere nella fossa di perdizione? Non sarebbe
una follia farlo? Certo, che lo sarebbe perché ci mette1
Renè Laurentin, op. cit., pag. 179
Ibid., pag. 188
3
Giob. 33:14-18
remmo a credere che Dio da delle visioni per fare rimanere i Cattolici romani sotto il peccato a servire gli idoli
muti anziché per riscattarli dal peccato e farli smettere
di servire gli idoli. Badate dunque a voi stessi e nessuno
vi seduca.
Per farvi comprendere ora come le visioni che dà Dio
contribuiscono alla salvezza di chi le riceve voglio citarvi l’esempio scritturale di Cornelio. Quest’uomo era
un centurione; “era pio e temente Iddio con tutta la sua
casa, e faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio
del continuo. Egli vide chiaramente in visione, verso
l’ora nona del giorno, un angelo di Dio che entrò da lui
e gli disse: Cornelio! Ed egli guardandolo fisso, e preso
da spavento, rispose: Che v’é, Signore? E l’angelo gli
disse: Le tue preghiere e le tue elemosine son salite come una ricordanza davanti a Dio. Ed ora, manda degli
uomini a Ioppe, e fà chiamare un certo Simone, che è
soprannominato Pietro. Egli alberga da un certo Simone
coiaio, che ha la casa presso al mare”.4 Cornelio fece
come l’angelo del Signore gli aveva detto in visione e
mandò a chiamare l’apostolo Pietro, il quale si recò
presso di lui, annunziò a lui e alla sua casa il Vangelo ed
essi credettero e furono battezzati. E’ vero che Cornelio,
quando ricevette la visione dell’angelo era ancora perduto, ma è altresì vero che l’angelo gli disse di mandare
a chiamare Pietro il quale gli avrebbe parlato di cose per
le quali sarebbe stato salvato lui e la sua casa; e difatti
poi successe proprio quello che l’angelo gli aveva detto.
Alcuni sogni e alcune visioni dati dal nostro Dio a uomini e donne per affrancarli dal giogo della chiesa cattolica romana
Sono a conoscenza di alcune testimonianze di persone
che mentre erano nella chiesa cattolica romana sono state visitate da Dio sia con dei sogni che con delle visioni
in cui Dio gli ha fatto comprendere in una maniera o
nell’altra che esse erano perdute in mezzo alla chiesa
romana ed avevano bisogno di essere salvate. Ed in seguito a questi sogni e a queste visioni esse sono state
salvate dai loro peccati e sono usciti dalla chiesa romana
e si sono uniti ai santi. Queste testimonianze confermano quanto detto prima, e cioè che quando Dio da un sogno o una visione a qualcuno che è ancora sotto il giogo
del peccato lo fa per salvarlo. Vi assicuro quindi che
quando un Cattolico romano riceve un sogno o una visione da Dio, egli comprende in una maniera o in un altra di essere nell’errore, e cessa di sentirsi al sicuro nella
chiesa romana e comincia sia a cercare il Signore che i
santi da lui salvati. Non importa se gli appare Gesù stesso, un angelo, o Dio stesso gli parla con la sua voce, o
vede qualcosa d’altro; egli comprenderà di essere perduto anche se è stato battezzato da fanciullo, anche se ha
ricevuto la cresima e prende la comunione, si confessa
al prete ecc. E sentirà la necessità di riconciliarsi con
Dio e di invocare lui direttamente affinché lo perdoni e
lo tiri fuori dalla chiesa romana.
Ecco le testimonianze.
2
264
La chiesa cattolica romana
4
Atti 10:2-6
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
Il fratello Giovanni, ora deceduto, raccontava che era un
fervente Cattolico assetato di conoscere il Signore, e che
per cercare di dissetare questa sete aveva deciso di farsi
prete e perciò era entrato in un istituto salesiano. Egli
pregava sempre, pregava Maria, pregava tanto Luigi e
tanti altri santi. Si andava a confessare dai frati e si studiava di confessare tutti i suoi peccati essendo in questo
molto scrupoloso. Ma nonostante tutto ciò nulla cambiava nella sua vita, cioè non vedeva nessun cambiamento in lui, e a motivo di ciò era scoraggiato. Ma una
notte ebbe questo sogno. Gli apparvero due uomini giganteschi, molto alti e robusti i quali gli domandarono:
Che cosa stai facendo là? Lui stava contemplando il mare, dove c’era molta gente, e lo guardava da lontano. E
quegli uomini gli dissero ancora: ‘Perché te ne stai qui?
Andiamo a divertirci, uniamoci alla folla. Ma lui rispose
loro: Non vengo, non posso venire. Allora quei due uomini lo hanno preso, uno di qua e l’altro di là, e lo hanno cominciato a trascinare con violenza verso quel posto. Allora apparve dal cielo un angelo del Signore con
una spada fiammeggiante, con un viso raggiante e glorioso, e vibrò un colpo alla sua destra e un altro alla sua
sinistra e quei due colossi scomparvero e lui non li vide
più. Rimasto solo con l’angelo, gli disse: ‘Abbi pietà di
me’, e l’angelo gli rispose: Non temere, stai tranquillo,
da qui a poco tempo sarai salvato. E così avvenne perché poco tempo dopo incontrò a Roma alcuni fratelli
che gli parlarono del nome del Signore e lui credette ottenendo il perdono dei suoi peccati. Questo avvenne nel
1936 quando in Italia infieriva la persecuzione fascista
contro i santi.
La sorella Olga invece racconta che lei era molto cattolica e non desiderava lasciare la sua religione. Suo marito era già un credente e la invitò al culto. Mentre si trovava nel locale di culto di questa Chiesa evangelica vide
in visione un chiarore molto forte che illuminò tutto,
uno splendore che non aveva mai visto prima. E vide un
popolo santo, molto bello, le persone avevano dei visi
come d’angeli, avevano dei capelli e degli occhi splendenti, e tutti lodavano e glorificavano Dio dicendo sempre: Alleluia. Allora ella disse: ‘Dio mio che cosa è questo che vedo? E subito una voce potente, ma molto soave le disse: E’ vita! Si voltò per vedere chi le aveva parlato, ma voltatasi non vide nessuno. Pochi giorni dopo si
trovava nel luogo di culto della chiesa cattolica ad assistere alla messa, quando all’improvviso vide tutto scurirsi come quando si fa notte, e vide degli uomini e delle
donne magri con dei vestiti sporchi e vecchi, con dei
visi pallidi come se fossero state delle persone sul letto
d’infermità. Impaurita disse: ‘Dio mio che cosa è questo
che vedo? La stessa voce che aveva sentito nel locale di
culto della Chiesa evangelica le rispose: ‘E’ morte!’.
Quando ella udì quella voce cominciò a piangere e alzò
gli occhi in alto, e vide in mezzo a quell’oscurità delle
teste di persone che erano come delle piccoli luci. Quelle piccole luci erano i santi in questo mondo di tenebre.
Dopo queste rivelazioni lei si convertì al Signore e si
unì ai santi del Signore.
La sorella Maria, che prima era una cattolica devota soprattutto al ‘sacro cuore di Gesù’, dopo che le era stato
La chiesa cattolica romana
parlato del Signore, in una visione sotto una tenda di
evangelizzazione vide inizialmente il Signore Gesù che
soffriva sanguinante sulla croce, dopodiché le fu mostrato a poca distanza da lei un immagine idolo che aveva sulla testa una corona (per mostrarle cosa lei aveva
adorato nella sua ignoranza), e nel mentre lei chiedeva
perdono al Signore per tutti i suoi peccati. Dopodiché,
sempre nella visione, si trovò in cielo a cantare dei cantici al Signore assieme ad una moltitudine di giovani
festanti. Molti anni prima di questa visione ella aveva
sognato di trovarsi in una basilica cattolica, e mentre si
trovava nel confessionale sentì una voce tuonante e rimbombante che le disse: Io sono il Signore Iddio tuo, non
avrai altro dio all’infuori di me. Dopodiché, mentre lei
si accingeva ad andare dal prete a prendere la comunione, vide camminare sopra il prete una grossa bestia spaventosa con una lunga coda.
Il fratello Chiniquy (deceduto alla fine del secolo scorso) racconta che dopo che egli si rifiutò di sottoscrivere
un atto di sottomissione al suo vescovo in cui egli doveva dichiarare di sottomettersi, assieme ai fedeli della sua
parrocchia, al vescovo e fare qualsiasi cosa egli avrebbe
ordinato loro, e il vescovo gli rispose che stando così le
cose egli non poteva più essere un prete cattolico romano, partì e se ne andò all’hotel dove stava ed entrato nella stanza chiuse la porta e si buttò in ginocchio alla presenza di Dio per considerare quello che egli aveva fatto
poco prima. Comprese che la chiesa cattolica romana
non poteva essere la Chiesa di Cristo perché era nemica
della Parola di Dio e quindi egli non poteva più rimanere nel suo mezzo. E chiese a Dio dove fosse la sua Chiesa, e dove doveva andare per essere salvato. Per più di
un ora pregò Dio piangendo senza una risposta. Pensava
quindi che Dio lo avesse abbandonato. Pensò pure alla
guerra che il papa, i vescovi e i preti gli avrebbero fatto
per questa sua decisione. Quindi, nella disperazione
pensò che la cosa migliore fosse morire; prese un coltello per tagliarsi la gola ma Dio gli impedì di suicidarsi
perché fermò il suo braccio e il coltello cadde sul pavimento. Continuò a gridare a Dio chiedendo aiuto.
All’improvviso si ricordò di avere un Nuovo Testamento con lui e pensò che la risposta l’avrebbe trovata in
quel libro. Lo aprì a casaccio e i suoi occhi si posarono
sulle parole di Paolo ai Corinzi: “Voi siete stati riscattati
a prezzo; non diventate schiavi degli uomini”.1 Leggendo quelle parole trovò sollievo all’anima sua perché
comprese che Gesù lo aveva comprato con il suo sangue
e perciò la sua salvezza non dipendeva dalle sue preghiere a Maria, ai santi, dalle sue confessioni e dalle indulgenze. Ma improvvisamente le tenebre avvolsero la
sua anima. Ecco cosa lui racconta a questo punto: ‘Nonostante quelle tenebre fossero profonde, un oggetto ancora più scuro si presentò davanti alla mia mente. Era
una montagna molto alta: ma non una montagna composta di sabbia o di pietre, era la montagna dei miei peccati. Io li vidi tutti davanti a me. E fui ancora più inorridito
quando la vidi muoversi verso di me come se con una
potente mano volesse schiacciarmi. Cercai di scappare,
1
1 Cor. 7:23
265
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
ma invano. Mi sentii legato al pavimento, e il momento
dopo, sarebbe caduta su di me. Mi sentii come schiacciato sotto il suo peso; perché era pesante come il granito. Potevo a mala pena respirare! La mia unica speranza
era di gridare a Dio per aiuto. Con una voce forte, che fu
sentita da molti nell’hotel, gridai: ‘O mio Dio, abbi misericordia di me! I miei peccati mi stanno distruggendo!
Sono perduto, salvami! Ma sembrava che Dio non mi
potesse sentire. La montagna era nel mezzo ed impediva
che le mie grida lo raggiungessero e gli nascondeva le
mie lacrime. Improvvisamente pensai che Dio non avrebbe voluto avere niente a che fare con un tale peccatore, ma avrebbe solo aperto le porte dell’inferno per
gettarmi in quella ardente fornace preparata per i suoi
nemici e che io avevo così riccamente meritato! Ma mi
ero sbagliato; dopo circa otto o dieci minuti di indicibile
agonia, i raggi di una nuova e bella luce cominciarono a
penetrare attraverso la nuvola scura che pendeva su di
me. In quella luce, io vidi chiaramente il mio Salvatore.
Era là, piegato sotto il peso della sua pesante croce. La
sua faccia era coperta di sangue, la corona di spine era
sulla sua testa e i chiodi erano nelle sue mani. Egli mi
guardava con una espressione di compassione, di amore
che nessuna lingua può descrivere. Venendo a me, egli
disse: ‘Ho sentito le tue grida, ho visto le tue lacrime,
vengo a offrirti me stesso come DONO. Ti offro il mio
sangue e il mio corpo fiaccato come DONO per pagare i
tuoi debiti; mi vuoi dare il tuo cuore? Vuoi prendere la
mia Parola per la sola lampada ai tuoi piedi e la sola luce per il tuo sentiero? Io ti porto la vita eterna, come
dono! Io risposi: ‘Caro Gesù, come sono dolci le tue parole all’anima mia! Parla, parla ancora! Sì, amato Salvatore, io voglio amarti; ma non vedi la montagna che mi
sta schiacciando? Oh, rimuovila! Togli i miei peccati!
Non avevo finito di parlare quando vidi la sua potente
mano stesa. Egli toccò la montagna, ed essa scivolò
nell’abisso e scomparve. Nello stesso momento, io sentii come se una doccia di sangue dell’Agnello cadesse
su di me per purificare la mia anima. Ed improvvisamente la mia umile stanza fu trasformata in un paradiso
reale. (..) Con una gioia ineffabile io dissi al mio Salvatore: Caro Gesù, il DONO di Dio, io ti accetto! Tu hai
offerto il perdono dei miei peccati come un dono, io accetto il dono. Tu mi hai portato la vita eterna come dono! Io l’accetto (...) Questa improvvisa rivelazione della
meravigliosa verità della salvezza come un DONO, mi
aveva così completamente trasformato che io mi sentii
completamente un uomo nuovo. L’indicibile angoscia
della mia anima era stata cambiata in una gioia ineffabile. Le mie paure erano andate via per essere rimpiazzate
da un coraggio e da una forza tali che non avevo mai
sperimentato’.1
Conclusione
Alla luce delle sacre Scritture e degli esempi sopra citati
concludiamo dicendo questo. Tutte quelle visioni o so1
Pastor Chiniquy, Fifty years in the Church of Rome, London
1886, pag. 794-796
266
La chiesa cattolica romana
gni che tanti Cattolici dicono di avere ma li portano a
restare nella chiesa romana ad osservare la tradizione di
questa religione con più zelo, non possono provenire da
Dio perché Dio ama la giustizia; Egli ama la verità e
vuole che le persone la conoscano e non che rimangano
a dibattersi nel fango delle eresie della madre delle meretrici e delle abominazioni della terra. Se la chiesa romana fosse la vera Chiesa o come essi dicono la Madre
delle chiese, di certo Dio non avrebbe dato e non darebbe tuttora delle visioni e dei sogni a molti dei suoi
membri per tirarli fuori da essa perché egli non è diviso
contro se stesso; perciò anche le visioni e i sogni che
tanti nostri fratelli e sorelle hanno avuto prima di unirsi
a noi mentre erano ancora tra i Cattolici stanno a dimostrare che i Cattolici romani sono nell’errore.
Ma se da un lato Dio vuole trarre i Cattolici romani dal
carcere nel quale sono, dall’altro c’é l’avversario che
cerca in tutte le maniere di tenerli rinchiusi nelle segrete
e di non fargli vedere la luce. E come fa? Concedendo a
diversi membri della chiesa romana delle false apparizioni nelle quali fa vedere soprattutto una figura femminile che si presenta con il nome di Maria, papi che sono
morti nei loro peccati, familiari morti nei loro peccati
che guarda caso fanno tutti comprendere loro in una
maniera o nell’altra che o Maria è la porta del cielo e
perciò bisogna invocarla per la propria salvezza, o che il
falso profeta che ha la sua residenza nella città del Vaticano è il capo della Chiesa, o che devono compiere opere buone per meritarsi il paradiso. Insomma il diavolo
con la sua astuzia riesce a sedurre i Cattolici servendosi
anche di manifestazioni soprannaturali che lui ha il potere di concedere. Le visioni che costoro hanno di Maria
sono come le visioni che avevano i falsi profeti al tempo
di Geremia perché servono a fortificare le mani ai peccatori e se fosse possibile a sedurre anche gli eletti. Dio
tramite Geremia disse al popolo: “Non ascoltate le parole de’ profeti che vi profetizzano; essi vi pascono di cose vane; vi espongono le visioni del loro proprio cuore,
e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno”;2 e noi vi
diciamo la stessa cosa o Cattolici, non date retta alle parole di queste persone che dicono che Maria gli é apparsa e gli ha detto questa o quell’altra cosa incoraggiandoli a praticare l’idolatria, perché esse proferiscono delle
menzogne e non la verità che procede da Dio. Date invece ascolto alla Parola di Dio e uscite dalla chiesa romana! A voi invece diletti fratelli diciamo, state in
guardia e guardate che nessuno faccia di voi sua preda
mediante le sue proprie visioni per farvi allontanare dal
Signore e dalla fratellanza. Riprovate con forza queste
opere infruttuose delle tenebre che la chiesa romana
sbandiera per il mondo intero. L’apostolo Paolo disse:
“Riprendetele; poiché egli è disonesto pur di dire le cose
che si fanno da costoro in occulto”;3 fatelo in difesa del
Vangelo, alla gloria di Dio.
LA FRODE DELLE RELIQUIE
2
Ger. 23:16
Ef. 5:11,12
3
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
I Cattolici romani si vantano di possedere reliquie di
ogni genere, e che ne abbiano di ogni genere è cosa vera
che nessuno può smentire. Ora menzioneremo alcune di
queste reliquie facendo presente i casi in cui esse sono
moltiplicate.
Il corpo di Andrea apostolo si trova in diversi luoghi, la
sua testa pure.
Giacomo, il fratello del Signore, ha diversi corpi in
altrettanti luoghi, e diverse teste.
La testa di Giovanni Battista si trova in diversi luoghi.
Ci sono anche diversi ombelichi di Gesù, e in giro ci
sarebbe persino il prepuzio di Gesù, (o meglio i prepuzi
di Gesù perché anche questo si è moltiplicato). Ma di
Gesù ci sarebbe pure un suo dente da latte, e dei suoi
capelli, le unghie, una lacrima. Inoltre ci sono diverse
reliquie che hanno una qualche relazione con Gesù: un
pezzo di pane che avanzò nel miracolo della moltiplicazione dei pani alle cinquemila persone, la culla, le fasce
in cui fu avvolto quando era bambino, e un pezzetto di
pane avanzato alla cena del Signore, l’asciugamano col
quale asciugò i piedi agli apostoli. Le reliquie della croce su cui fu crocifisso Gesù, che la chiesa romana asserisce di possedere qua e là nei suoi templi di idoli e che
vengono venerate specialmente il ‘Venerdì Santo’, sono
così numerose che se si unissero assieme formerebbero
decine di croci. La chiesa cattolica romana dice di possedere anche gli scalini del pretorio di Pilato che Gesù
avrebbe salito (formano la ‘scala santa’) la corona di
spine che fu messa dai soldati sul capo di Gesù (le spine
della corona sparse per tutto il mondo sono così numerose che mettendole assieme verrebbero fuori centinaia
di corone); la canna che fu data in mano a Gesù dopo
che fu vestito di porpora; i chiodi con cui fu crocifisso
Gesù (non meno di ventinove centri europei affermano
di possedere un sacro chiodo); la lancia con cui il soldato trafisse il costato di Gesù sulla croce (diversi luoghi
ce l’hanno); la spugna con cui gli dettero da bere i soldati sulla croce; il lenzuolo dove sarebbe stato avvolto il
corpo di Gesù (la cosiddetta sacra sindone custodita e
venerata a Torino), e persino il sangue e l’acqua uscito
dal suo costato trafitto!
Qui in Italia esiste pure la casa di Maria a Nazareth (dove le fu annunciata la nascita di Gesù); gli angeli
l’avrebbero trasportata dalla terra d’Israele in Italia e
precisamente a Loreto (nel 1295) dopo averla fatta sostare prima in Dalmazia e poi a Recanati!1 Ma di Maria
1
A proposito dei pellegrinaggi a Loreto ritengo opportuno riferirvi questi episodi avvenuti al tempo del fascismo in Italia.
Nel luglio del 1937 era sottosegretario agli Scambi e alle Valute Felice Guarneri e a motivo della gravissima situazione
valutaria il governo fascista fu costretto a prendere drastiche
misure per ridurre al minimo i viaggi collettivi degli italiani
all’estero. Il direttore generale per il turismo Oreste Bonomi,
in un promemoria fece presente al Guarneri le ragioni religiose, valutarie e turistiche che consigliavano di fare un eccezione per il pellegrinaggio a Lourdes, sottolineando che un divieto assoluto da parte del governo avrebbe potuto comportare
gravissime ritorsioni da parte della Francia contro l’Italia (dato
che i turisti francesi in Italia erano in continuo aumento). Il
Guarneri sottopose il promemoria a Mussolini, il quale - dice
il Guarneri - ‘vi scrisse di suo pugno, in grosse lettere a lapis
La chiesa cattolica romana
esiste pure il suo latte, dei suoi capelli, il suo velo,
l’anello sposalizio, il pettine e diverse immagini miracolose venute dal cielo.
Dell’apostolo Paolo la chiesa romana possiede il corpo,
alcuni peli della sua barba, e tante e tante ossa; oltre che
la colonna sulla quale gli fu tagliata la testa e la sciabola
che lo decapitò!
Dell’apostolo Pietro il corpo è a Roma; in altri luoghi ci
sono il bastone, una sua pantofola, la spada con la quale
tagliò l’orecchio al servo del sommo sacerdote, la cattedra ossia la seggiola dalla quale lui predicava, la croce
su cui fu crocifisso, e le catene con cui fu incatenato in
Palestina e in Roma (di queste catene si dice che un
giorno venute a contatto si saldarono miracolosamente
formando una catena unica); ed anche una pietra, conservata nel loro luogo di culto dedicato a ‘S. Francesca
Romana al Foro’ sulla quale sarebbero rimaste impresse
le ginocchia di Pietro mentre pregava Dio di punire la
superbia di Simon Mago che s’innalzava nell’aria!
La chiesa cattolica romana ha pure le pietre con cui fu
lapidato Stefano, e le monete che ricevette Giuda dal
sinedrio in cambio di Gesù, il laccio con cui Giuda si
impiccò, e il respiro che Giuseppe marito di Maria mandò mentre spaccava la legna (lo avrebbe raccolto in una
bottiglia un angelo)!
Che dire di tutte queste reliquie? Imposture, solo imposture che le servono a tirare fuori dalle tasche di tante
persone tanti soldi, e a fare apparire la chiesa cattolica
romana come una sorte di custode delle ‘prove’
dell’autenticità del cristianesimo.
Sulle false reliquie che possiede la chiesa cattolica romana si potrebbe scrivere molto di più. Noi però ce ne
asteniamo. Questo basta.2
blu la seguente nota: ‘No - preferire il prodotto nazionale anche e soprattutto nei miracoli. M.’ (Felice Guarneri, Battaglie
economiche fra le due guerre, Bologna 1988, pag. 771). Felice
Guarneri racconta anche il colloquio che ebbe, su questo delicato problema, con il presidente dell’Opera Italiana dei Pellegrinaggi, principe di Napoli, Rampolla: ‘Parlando con lui da
italiano a italiano, da cattolico a cattolico, gli feci presente che
la nostra situazione non consentiva di far fronte al totale fabbisogno di valuta che l’organizzazione tradizionale dei pellegrinaggi italiani a Lourdes richiedeva. Occorreva, quindi, trovare
un modus vivendi, che l’Opera Italiana dei Pellegrinaggi avrebbe potuto fortemente aiutare a realizzare, riducendo entro
limiti sopportabili le sue iniziative per Lourdes, e rendendo
nello stesso tempo più attive le iniziative verso i grandi santuari nostri, quali Loreto e Pompei, così cari al cuore degli italiani. Il mio interlocutore comprese, non mi fece promesse, ma
io riportai dal colloquio la certezza che egli avrebbe orientato
nel senso da me espresso la sua azione. E così avvenne in realtà’ (Ibid., pag. 771-772). E conclude il racconto dicendo: ‘Fu
così che un santuario di grande tradizione religiosa, come Loreto, il quale andava quasi deserto, vide di lì innanzi folle di
credenti prostrarsi davanti al miracolo della ‘santa casa’ (Ibid.,
pag. 772).
2
Per un approfondimento sulla storia e sulla moltiplicazione
delle reliquie vantate dalla chiesa cattolica romana si veda il
Dizionario delle Reliquie e dei Santi della Chiesa di Roma,
Firenze 1888, presso la Biblioteca Valdese di Roma. Ed anche
James Bentley, Ossa senza pace, 1985.
267
Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana
CONCLUSIONE
Abbiamo visto alcune delle falsificazioni ed imposture
perpetrate dalla curia romana nel corso dei secoli; naturalmente queste non sono che una piccolissima parte di
quelle che sono state dimostrate come tali. Ma molte di
esse rimangono ancora celate in attesa di quel giorno
quando Dio le farà venire alla luce davanti a tutti. Che
dire? Diremo per l’ennesima volta - anche se forse non
ce n’è il bisogno - che il papato si fonda sulla menzogna
e sulla frode. Quantunque ciò però, ci sono centinaia di
milioni di persone nel mondo che ripongono la loro fiducia in questa pseudochiesa pensando che essa possa
aprire loro le porte del cielo se si atterranno in tutto e
per tutto ai suoi precetti. Ah! in che inganno sono cadute tutte queste anime! Loro pensano di avere il successore di Pietro, il vicario di Cristo, mentre non sanno che
colui a cui essi hanno affidato la loro vita è un ministro
di Satana travestito da ministro di Cristo. Sì, un ministro
di Satana il cui potere spirituale si fonda sulla menzogna
e sulla frode, e il cui potere temporale è il frutto di tanti
e tanti intrighi, di tante e tante frodi. Ma tutto ciò è celato agli occhi di quelli che lo osannano perché essi hanno
occhi e non vedono. Confesso che nel leggere tutte queste falsificazioni ed imposture della chiesa cattolica romana, mi sono infiammato d’ira ma altresì sono stato
mosso a compassione verso quelle persone che hanno
creduto a tutte queste menzogne in buona fede e che se
la prendono con noi quasi che noi volessimo distoglierli
dalla verità! Ma dopo un attento esame di tutte queste
falsificazioni ed imposture sono giunto a questa conclusione. Ci dovevano essere; Dio aveva stabilito che le
cose andassero in questa maniera. Qualcuno dirà: ‘Che
dici?’ Dico che tutto questo faceva parte del piano di
Dio affinché Egli traesse gloria per il suo nome già sulla
terra traendo dalle fauci del papismo tante anime, e difatti coloro che Dio ha visitato nella chiesa cattolica romana e che ne sono usciti stanno del continuo a glorificare Dio per avere avuto pietà di loro e averli tratti dalla
fossa del papismo. E siamo certi che Dio tirerà fuori dal
papismo tutti coloro che egli ha preconosciuto e predestinato ad essere adottati come suoi figliuoli. Ma Dio
trarrà ancora maggiore gloria dai suoi fedeli quando in
quel giorno paleserà nel cospetto di tutte le genti tutte le
imposture e le falsificazioni, e le eresie della chiesa cattolica romana per mostrare a tutti che Egli è Dio e che di
Lui nessuno si può fare beffe. Ma oltre a manifestare
queste cose, Egli giudicherà con giustizia tutti coloro
che le hanno introdotte e coloro che ci hanno creduto. In
quel giorno dovremo ancora una volta riconoscere che
per la menzogna dei papi, dei cardinali, dei vescovi, dei
preti e di tanti altri, la verità di Dio è abbondata a sua
gloria; che la ingiustizia degli uomini mette in risalto la
giustizia di Dio. Noi, suo popolo, avremo quindi
l’opportunità di contemplare con i nostri occhi la fine
che faranno tutti coloro che hanno amato la menzogna
invece della verità, le tenebre invece che la luce. Ma
mentre siamo ancora in vita avvertiamo queste anime
ingannate affinché in quel giorno Dio non abbia a domandarci conto del loro sangue e il loro sangue ricada
268
La chiesa cattolica romana
sulle loro teste. Al Giudice dei vivi e dei morti, immortale ed invisibile, che a suo tempo farà venire in giudizio ogni opera, sia la gloria ora e in eterno. Amen.
Il movimento carismatico cattolico
Capitolo 11
IL MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO
Nella parte dedicata alla Chiesa (cap. 3) ho accennato al
movimento carismatico presente nella chiesa cattolica
romana; e dato che di esso si sente molto parlare anche
in alcuni ambienti evangelici, ritengo opportuno esporvi
brevemente la storia di questo movimento (chiamato
anche in ambito cattolico il Rinnovamento carismatico
cattolico) ed alcune sue dottrine e caratteristiche, al fine
di farvi comprendere cosa sia e cosa divulghi. Trarrò le
notizie riguardanti la storia e la dottrina di questo movimento da due riviste; quella dal titolo Alleluja del
Rinnovamento carismatico cattolico, e quella dal titolo
Tempi di Restaurazione del movimento Comunione e
Restaurazione (movimento evangelico pentecostale con
sede a Caserta che si è messo a collaborare con i carismatici cattolici).1
LA STORIA
‘Il Rinnovamento carismatico cattolico (denominazione
oggi corrente per designare il neo-pentecostalismo in
ambito cattolico) ha avuto inizio nel 1967. Due studenti
cattolici dell’Università Duquesne a Pittsburg, partecipando a un’assemblea di preghiera organizzata da Pentecostali protestanti, fecero l’esperienza tipica di cui abbiamo parlato,2 mentre il gruppo pregava e imponeva
loro le mani. Poco dopo, durante un ritiro di fine settimana per studenti all’Università Duquesne, questi due
‘battezzati nello Spirito’ condivisero la loro esperienza
con altri: si formava il primo gruppo neo-pentecostale
cattolico per il fatto che numerosi studenti cominciarono
ugualmente a parlare in lingue. Da questa università, il
movimento raggiunse quella di Notre Dame e altre; altrettanto rapidamente si aggiunsero adepti nelle parrocchie, conventi e monasteri, un pò dovunque negli Stati
Uniti. Il ‘Pentecostalismo cattolico’, come fu chiamato,
passò sollecitamente in Canada, nell’America Latina e
in Europa; prese piede anche in alcuni paesi dell’Asia e
dell’Africa, grazie a missionari reduci da una vacanza
nel Nord-America o in Europa (...) Per la maggiore parte dei cattolici in questione, la partecipazione al Rinnovamento carismatico suppone che siano membri di un
gruppo di preghiera che si riuniscono ordinariamente
per un’ora e mezzo o due una volta alla settimana. In
molti gruppi l’assemblea di preghiera settimanale è preceduta o seguita da una celebrazione eucaristica che non
sostituisce la celebrazione parrocchiale della domenica.
Ciò che distingue l’uno dall’altro i gruppi di preghiera
del Rinnovamento carismatico cattolico sono elementi
quali: la proporzione dei non cattolici che vi prendono
1
Adesso il suo nome è Chiesa Evangelica della Riconciliazione.
2
L’autore si riferisce al battesimo con lo Spirito Santo.
La chiesa cattolica romana
parte; il grado di partecipazione del clero cattolico locale; la loro direzione da parte del laicato o del clero; il
loro rapporto con la parrocchia locale (vale a dire
l’appartenenza dei loro membri a una o più parrocchie);
il luogo scelto per la riunione (eventualmente collegato
con una chiesa parrocchiale, una casa religiosa, una università ecc.). Benché numerosi preti abbiano parte attiva
in questi gruppi di preghiera, tuttavia il ruolo prevalente
nella diffusione del Rinnovamento nella Chiesa viene
svolto dal laicato. In molti casi, dei gruppi di preghiera
sono stati avviati da laici e soltanto in seguito hanno
trovato un prete desideroso di farne parte’.3 Per quanto
riguarda la sua diffusione nel mondo ed in particolare in
Italia si legge in Tempi di Restaurazione: ‘Fino al 1990
il Rinnovamento carismatico si è diffuso in 240 paesi
dei cinque continenti fra 82 milioni di cattolici romani
(...) Il Rinnovamento Carismatico cattolico ha un Consiglio Internazionale denominato ICCRS (International
Catholic Charismatic Renewal Services, riconosciuto
dalla Santa Sede, sul piano giuridico-canonico, come
Associazione privata di fedeli della Chiesa Cattolica di
Diritto Pontificio con un suo ufficio ospitato presso la
Cancelleria del Vaticano (...) In Italia si è diffuso da due
centri; a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana ad opera di due Padri Gesuiti, Francis Sullivan e Carlo Maria Martini, ora Arcivescovo Cardinale di Milano,
e a San Mauro Pascoli, in Romagna, ad opera del missionario canadese P. Valerien Gaudet che aveva fatto
l’esperienza all’Università di Notre Dame a South Bend
(Indiana) (...) Il numero complessivo dei gruppi carismatici italiani è 1200, mentre esistono una ventina di
comunità di varia spiritualità (...) Il numero totale dei
membri del Rinnovamento nello Spirito in Italia è di
circa 250 mila, fra laici, sacerdoti e vescovi’.4
Il papa e il movimento carismatico
Il movimento carismatico cattolico è sotto il comando e
la guida del papa. Paolo VI durante il suo pontificato
incaricò il cardinale Suenens di vigilare sul rinnovamento carismatico in tutto il mondo; questo mandato fu confermato a Suenens5 anche da Wojtyla. Il bisogno di vigilare su questo movimento è dovuto al fatto che questo
movimento per molti Cattolici tradizionali rappresenta
un pericolo. Perché un pericolo? Perché temono che gli
adepti di questo movimento diventino dei fondamentalisti, ossia che si mettano a interpretare certi testi della
Scrittura in modo troppo letterale o arbitrario (secondo
loro naturalmente). Detto in altre parole temono che essi
studiando le Scritture si mettano ad interpretare la Parola di Dio rettamente e comprendano che nella chiesa
cattolica romana ci sono troppe cose storte che annulla3
Francis A. Sullivan S. J, ‘Pentecostalismo’ in Alleluja N°1,
Gennaio - Febbraio 1985, pag. 4. Il Sullivan è professore emerito della facoltà di teologia all’Università Gregoriana di Roma, e attualmente insegna ecclesiologia al Boston College.
4
Matteo Calisi, ‘Carismatici Cattolici: chi sono?’ in Tempi di
Restaurazione, Giugno 1994, pag. 8
5
Questo cardinale è morto nel 1996 ed è stato quindi sostituito.
269
Il movimento carismatico cattolico
no la Parola di Dio e perciò se ne separino come hanno
fatto già milioni di Cattolici in questi ultimi decenni. Ma
il papa teme anche ‘il falso ecumenismo’ ossia che i carismatici cattolici minimizzino le differenze tra ‘cristiani’ negligendo quello che nella fede e nella prassi è propriamente cattolico; anche qui è evidente che il cosiddetto papa teme che i carismatici cattolici frequentando
‘i Protestanti pentecostali’ siano indotti a pensare che la
messa, il culto a Maria, la dottrina del purgatorio e tante
altre dottrine propriamente cattoliche comincino ad essere reputate da loro un nulla e se ne escano dalla chiesa
cattolica romana.
Per farvi comprendere come i carismatici cattolici romani siano sotto il pieno controllo del papa il quale con
le sue lusinghe fa di tutto per farli rimanere attaccati alla
tradizione cattolica romana senza distaccarsene in niente, perché si rende conto quale innovazioni ha apportato
in certi ambienti della chiesa cattolica romana questo
movimento, e che di questo passo, se non fossero frenati, potrebbero pure intendere le Scritture come i Cristiani evangelici, propongo alla vostra attenzione delle affermazioni fatte da Giovanni Paolo II, dal cardinale
Suenens, e da altri. Per innovazioni mi riferisco al fatto
che gli adepti a questo movimento cantano molti dei nostri cantici, pregano in maniera spontanea, battono le
mani, taluni leggono maggiormente le Scritture, altri
ricercano l’effusione dello Spirito Santo e il parlare in
altre lingue, tanti cosiddetti laici si mettono a pregare
per gli ammalati nel nome di Gesù con l’imposizione
delle mani, e diverse altre cose che erano impensabili
nella chiesa cattolica romana fino ad alcuni decenni fa.
- Giovanni Paolo II nel 1981 disse: ‘Il prete ha un ruolo
unico e indispensabile da esercitare nel e per il rinnovamento carismatico così come per l’insieme della comunità cristiana..’; e in un discorso pronunciato il 15
Novembre 1986 nella basilica di S. Pietro a circa quindicimila partecipanti al convegno del Rinnovamento
dello Spirito egli disse tra le altre cose: ‘Aderire alla
Chiesa, rimanere a lei uniti, condividere la sua fede, obbedire alle sue leggi, collaborare alla sua missione - anche nell’ambito delle diocesi e delle parrocchie in cui si
distribuisce la famiglia dei credenti in Cristo - è la via
sicura per giungere al cuore della economia della grazia
e attingere alla fonte dello Spirito Santo le energie capaci di operare il rinnovamento delle persone e delle comunità. La vostra presenza, carissimi fratelli e sorelle,
accanto al Successore di Pietro, capo visibile della
Chiesa universale, e le ripetute attestazioni di comunione sincera e operosa con lui e con i Vescovi delle vostre
chiese locali, significano che voi avete ben compreso
ciò che il Vangelo insegna, ciò che lo Spirito Santo presente nei cuori ispira come principio centrale della
‘Legge Nuova’, come regola fondamentale dell’azione e
della preghiera ecclesiale, come segreto sicuro di ogni
rinnovamento e di ogni progresso; essere al servizio del
regno di Cristo secondo le indicazioni dello Spirito in
comunione di fede, di pensiero e di disciplina con i Pastori della Chiesa. Su questa strada vi auguro di perseverare e di progredire, mentre sulle vostre persone, sulle
vostre aspirazioni al bene, sui vostri propositi e il vostro
270
La chiesa cattolica romana
lavoro invoco la benedizione divina, di cui sia pegno la
mia benedizione!’.1
- Il cardinale Suenens all’incontro del 24 Giugno 1979
al santuario della Madonna di Oropa ha detto: ‘Ora vorrei dire perché la Chiesa è una speranza per il rinnovamento. Perché il rinnovamento non sarà e non vivrà se
non nell’ambito della Chiesa, nella piena integrazione
nella Chiesa, nella mediazione della Chiesa...’;2 Suenens
ad Oropa ha affermato anche ‘la necessità di studiare
attentamente che cosa è l’ecumenismo e che cosa è il
carismatico autentico, per non lasciarsi fuorviare dai
numerosi testi pentecostali circolanti, basati su una teologia non accettabile da noi cattolici’;3 e lo stesso cardinale nel suo libro Ecumenismo e Rinnovamento afferma
che ‘dichiarare come fondamentale un Cristianesimo
che accetta il Cristo ma non la Chiesa; la Parola di Dio e
non la Tradizione vivente che la sostiene pur essendole
sottomessa; i carismi dello Spirito ma non la struttura
ministeriale e sacramentale della Chiesa, significa, fin
dal principio, domandare a un cattolico di negare punti
essenziali della sua fede e portare il dialogo ecumenico
a un impasse’. Come potete vedere da voi stessi questi
discorsi parlano molto chiaro; i carismatici cattolici secondo la curia romana devono rimanere nella chiesa cattolica, stare attaccati alla sua tradizione, e stare attenti a
non lasciarsi ‘traviare’ dai libri pentecostali perché si
fondano su una teologia che i Cattolici non possono accettare in nessuna maniera. Ogni commento è superfluo!.
Maria nel movimento carismatico
Sembrerà strano; eppure coloro che tra i Cattolici dicono di avere ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e
di parlare in lingue, di pregare per i malati, di avere cominciato a vivere in maniera diversa dal loro incontro
con il Signore, dico costoro pregano ed adorano Maria.
Citerò a tale riguardo prima alcune affermazioni del
cardinale Suenens su Maria e poi altre di alcuni membri
di questo movimento.
Suenens ad Oropa disse: ‘Come Maria è beata per avere
creduto, così vorrei dire a ciascun cristiano: beati quelli
che credono nello Spirito Santo operante in Maria: beati
quelli che credono nella mediazione di Maria come
strumento dello Spirito Santo (...) Ma nell’ordine spirituale il Signore ci invita ad entrare nel mistero della dipendenza spirituale. Ha detto Gesù a Nicodemo: ‘Non si
entra nel Regno dei cieli se non si nasce di nuovo’ e Nicodemo non capiva. E’ il segreto, direi mistico, di entrare in questa dipendenza, di pregare con la preghiera di
Maria, di avere sempre Maria come mediatrice di tutti i
nostri moti spirituali, di vedere con i suoi occhi, di pregare con le sue labbra, di procedere con il suo cuore (...)
beato il rinnovamento se oggi e nei tempi futuri rimane
fedele a Maria per essere fedele allo Spirito Santo operante (...) La presenza di Maria è indispensabile, come
1
Alleluja, N° 6, Novembre-Dicembre 1986, pag. 3
Alleluja, N° 5, 1979, pag. 4
3
Ibid., pag. 4
2
Il movimento carismatico cattolico
lo era nel Cenacolo nel giorno in cui fu impresso
l’impulso apostolico alla Chiesa (...) Che ciascun di voi
torni da questo pellegrinaggio con l’anima piena di Spirito Santo, con la forza della Pentecoste; e che Maria sia
il sorriso, la dolcezza della vostra vita’.1
Maria Cristina di Milano ha scritto su Alleluja un articolo sul pellegrinaggio del Rinnovamento carismatico
svoltosi a Lourdes dal 29 giugno al 3 luglio; a riguardo
delle parole degli oratori che maggiormente toccarono il
cuore dei presenti cita pure queste su Maria: ‘Ella
c’invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in
una comunione fraterna che ci consente di dire a tutti i
fratelli, quale che sia la loro denominazione, la parola
dell’Angelo a Giuseppe: Non temere di prendere con te
Maria, perché ciò che è nato in lei è opera dello Spirito
Santo’.2
Uno scrittore anonimo membro del Rinnovamento dello
Spirito Santo ha scritto su Alleluja: ‘Come la Chiesa è
sotto la protezione di Maria, così lo è anche il mio matrimonio e tutta la mia vita di relazione con il prossimo.
Inizio dunque la seconda parte della mia preghiera con
una Ave Maria e, tramite l’intercessione della Vergine,
chiedo al Signore un secondo brano perché mi metta
sulle labbra una preghiera adatta alla mia situazione (....)
Quando un fatto mi turba, o provo una forte emozione,
mi rivolgo a Maria con una Ave, con lo scopo di confidare a lei i miei sentimenti e chiederle di intercedere per
me....’.3
LA DOTTRINA E LA PRASSI
1) Il battesimo con lo Spirito Santo
‘Battesimo nello Spirito’ - Possiamo descriverlo come
un’esperienza religiosa che dà una coscienza indubbiamente nuova della presenza e dell’azione di Dio nella
vita di chi lo riceve: questa azione è in genere accompagnata da uno o più doni carismatici (.....) ‘I battezzati’
prendono coscienza di avere una forza nuova per vivere
cristianamente e per testimoniare il Vangelo; inoltre, di
possedere un dono che consente loro di pregare Dio e di
servire il prossimo in maniera più agevole ed efficace.
Questi due ordini di cambiamenti corrispondono esattamente alle due caratteristiche del rinnovamento: ‘pentecostale’ e ‘carismatico’. (...) Se è vero che Luca ha
distinto il rito battesimale e la discesa dello Spirito come due atti o momenti distinti nell’iniziazione cristiana,
nondimeno tutto quanto ha detto porta a congiungerli
strettamente l’uno all’altro; manca un sostegno reale per
affermare che il modo normale per i cristiani del Nuovo
Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera in vista d’una second blessing che avrebbe finalmente fatto di loro dei
‘cristiani pieni di Spirito’. La testimonianza di Paolo è
ancora più radicale: egli non riconosce nessuno come
cristiano se non ha ricevuto lo Spirito Santo e non ammette alcuna iniziazione cristiana indipendentemente
1
Ibid., pag. 5
Alleluja, N° 6, 1979, pag. 12
3
Alleluja, N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag. 10
2
La chiesa cattolica romana
dal dono dello Spirito. Quando i Cattolici cominciarono
a condividere l’esperienza pentecostale, compresero di
dovere spiegare chiaramente come tale esperienza non
fosse affatto in contrasto con la dottrina cattolica, secondo la quale lo Spirito Santo è già dato nell’iniziazione cristiana. Dovevano evitare soprattutto di dare
l’impressione di considerare il sacramento del battesimo
come semplice ‘battesimo in acqua’ e che soltanto attraverso un’esperienza pentecostale si riceveva effettivamente lo Spirito. La soluzione più comunemente proposta nella letteratura del rinnovamento carismatico cattolico è stata di considerare i sacramenti unico ‘luogo’ del
‘dono’ o dell’effusione dello Spirito. In effetti, parlare
d’una nuova effusione dello Spirito prescindendo dalla
ricezione di un sacramento non sarebbe conforme alla
teologia cattolica. Questa soluzione spiega il ‘battesimo
nello Spirito’ pentecostale non già come un dono nuovo
dello Spirito, bensì come una presa di coscienza vissuta
della sua presenza preliminare o come una liberazione
della sua forza, accordata di fatto nei sacramenti, ma
non ancora sperimentata. Donde la distinzione tra ‘battesimo nello Spirito’ in senso teologico (dove lo Spirito
è effettivamente donato, cioè nei sacramenti) ed esperienza vissuta (presa di coscienza della potenza dello
Spirito già ricevuto)’.4 Lo stesso Sullivan ha detto pure:
‘Quello che è chiamato ‘battesimo nello Spirito’ non è
in alcun modo necessariamente legato alla glossolalia5
1). E’ chiaro che questo non è un rifiuto del dono delle
lingue come una manifestazione dello Spirito, bensì un
rifiuto di quello che è stato, e con ragione, chiamato ‘la
legge delle lingue’ 2). Non è nemmeno un rifiuto
dell’idea che ci dovrebbe essere qualche evidenza concreta per dimostrare che una persona è stata realmente
‘battezzata nello Spirito’. D’altronde i cattolici, a differenza dei pentecostali, accettano una varietà considerevole di segni, e non necessariamente le lingue, come evidenza che lo Spirito santo ha cominciato ad essere
presente e a lavorare in una maniera nuova nella vita di
una persona’.6
2) Il pregare e cantare in altra lingua
‘Ci sono senza dubbio molti pentecostali che spiegherebbero le ‘lingue’ come un’attitudine soprannaturale di
parlare in qualche idioma reale ma sconosciuto. Nondimeno, oggi si ammette sempre più che si tratta piuttosto
di una messa in moto di un’attitudine latente naturale a
emettere spontaneamente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito
Santo. Né è limitata all’esperienza cristiana: il medesimo fenomeno è attestato in altre religioni. Lo si considera tuttavia un carisma,7 quando si manifesta come un
4
Francis A. Sullivan S. J in op. cit., pag. 4,5,6
Il termine tecnico glossolalia deriva da glossais lalein, una
frase greca usata nel Nuovo Testamento che significa letteralmente ‘parlare in lingue’ (1 Cor. 12:30). Il termine glossa significa ‘lingua’ e laleo è il verbo ‘parlare’.
6
F. A. Sullivan, ‘L’esperienza pentecostale nel Rinnovamento
carismatico cattolico’ in Alleluja N° 2, 1977, pag. 7
7
Questa parola deriva dal greco charisma che significa ‘dono’
che viene usato nel Nuovo Testamento per indicare i doni dello Spirito Santo. “Poiché desidero vivamente di vedervi per
5
271
Il movimento carismatico cattolico
La chiesa cattolica romana
dono ordinato alla preghiera, particolarmente di lode. Il
suo valore sembra consistere nel fatto che un tale dono
libera le profondità dello spirito umano per esternare
mediante la voce, in maniera udibile (cioè con il corpo
come parte integrante del ‘io’) ciò che non può essere
espresso in un linguaggio concettuale (...) Possiamo accostare il dono delle lingue a quello delle lacrime (..) In
entrambi i casi non si tratta di un dono che conferisca
un’attitudine fisica dapprima inesistente; e come non
tutti i modi di piangere possono assimilarsi al dono delle
lacrime, così non si può rapportare al dono delle lingue
ogni forma di glossolalia. Piangere è ‘dono delle lacrime’ quando significa e, insieme, intensifica
l’atteggiamento interiore di contrizione, di compassione
o di gioia (e quindi con una sorta di efficacia quasi sacramentale)...’.1
3) L’interpretazione delle lingue
‘Coloro che parlano in lingue per lo più fanno uso di
questo dono nella preghiera di lode sia privata sia comunitaria. Ma a volte in un’assemblea, capita che, mentre gli altri tacciono, qualcuno parli per esprimere quello
che sembra non tanto una preghiera in lingue quanto la
trasmissione d’un messaggio. In genere, a questo segue
un tempo di silenzio, dopo di che qualcuno nel gruppo
può formulare ciò che in altre circostanze si definirebbe
una ‘profezia’, ma che in questo caso è l’interpretazione
del messaggio trasmesso in lingue. Qui non si può parlare di traduzione, come se il primo avesse usato una lingua straniera tradotta dal secondo in linguaggio corrente; la migliore spiegazione sembra che il parlare in lingue è stato una specie di segnale dato al gruppo per richiamarne l’attenzione in attesa di una profezia imminente; in altri termini, che il ‘parlare in lingue’ e la successiva ‘interpretazione’ costituiscono due momenti di
una medesima profezia’.2 Sullivan conferma questo
concetto anche in un altro suo scritto dicendo: ‘Il parlare
in lingue è un segnale che il Signore ha una parola da
dire al gruppo, e l’interpretazione è la parola che il Signore desidera che il gruppo senta. Essa è ricevuta e
pronunciata nella stessa maniera che una profezia è ricevuta e pronunciata. Uno domanderà: se
‘l’interpretazione’ è realmente uguale alla profezia, per
quale ragione ha bisogno di essere preceduta dal parlare
in lingue? Secondo me, la ragione è che l’anteriore parlare in lingue crea un’atmosfera di intenso ascolto interno, di aspettativa per una parola dal Signore. Esso avverte quelli del gruppo che profetizzano ad essere pronti
a ricevere un ispirazione per quello che il Signore vuole
che il gruppo senta, ed avverte tutto il gruppo ad essere
pronto ad ascoltarlo. Naturalmente, questa spiegazione
delle lingue con l’interpretazione dà per scontato che
non c’è fra il messaggio in lingue e il messaggio che segue il tipo di corrispondenza che ci sarebbe nel caso
l’interpretazione delle lingue fosse veramente una traduzione’.3
4) La profezia
‘La profezia è intesa nel Rinnovamento come un messaggio del Signore al gruppo e non già come una comunicazione ritenuta buona da chi la trasmette; dunque
come un messaggio scaturente da una sorta di ispirazione divina. Ciò implica prima di tutto che chi parla presenti al gruppo il suo dire come profezia solamente se è
convinto che il messaggio viene realmente dal Signore e
non dalle sue riflessioni personali, inoltre, implica che la
sua convinzione soggettiva sia controllata dal discernimento del gruppo’.4
5) La preghiera di guarigione
‘La preghiera di guarigione è praticata da tutte le assemblee di preghiera neo-pentecostali. Quel che è notevole in una preghiera di questo genere è la fede viva
nella potenza che Dio ha di guarire tutti i nostri mali, sia
fisici sia spirituali, ritenuti curabili normalmente o incurabili (...) La reiterata esperienza di guarigioni straordinarie di persone per le quali hanno pregato, ha indotto
alcuni a considerarsi come dei chiamati da Dio in modo
speciale a un ministero di preghiera per la guarigione. In
certi casi, l’esercizio di questo ministero è contrassegnato dal fenomeno definito come ‘riposo nello Spirito’: la
persona per la quale si prega cade a terra e vi resta per
un pò in una specie di letargo’.5 A proposito del ricorrere al Signore per ottenere la guarigione dalla malattia il
Sullivan però, che pure afferma di credere che il Signore
guarisce tuttora, afferma quanto segue: ‘E’ ovvio, quindi, che Dio vuole che noi ricorriamo a qualsiasi aiuto
medico è disponibile quando noi siamo malati, e che
sarebbe presuntuoso rifiutare tale aiuto sul fondamento
che questo mostrerebbe una mancanza di fede nella potenza di Dio affinché ci guarisca. Noi non abbiamo alcuna maniera, in nessun particolare caso, di sapere se
Dio intende operare un segno della sua potenza sopra la
morte guarendoci senza l’aiuto medico. Il rifiuto
dell’aiuto medico è veramente una maniera per cercare
di forzare Dio a venire con un miracolo - e questa non è
un’attitudine di una fede religiosa genuina, ma un tentativo di manipolare Dio’.6
Questa trascrizione particolareggiata di quello che insegnano quelli del Rinnovamento carismatico cattolico,
forse ad alcuni è parsa troppo lunga o inutile ma noi abbiamo ritenuto necessario farla perché oggi molti, in seno alle Chiese, non sanno cosa in effetti insegnano quelli del movimento carismatico cattolico sul battesimo con
lo Spirito Santo e su alcuni doni collegati al battesimo
con lo Spirito Santo. Stanno al sentito dire; e così si
fanno l’idea che insegnano in tutto e per tutto quello che
viene insegnato nel nostro mezzo. Ma come voi stessi
avete potuto constatare nel leggere le dichiarazioni di
Sullivan, che è un’importante esponente del Rinnova-
comunicarvi qualche dono spirituale (charisma)” (Rom. 1:11);
“...in guisa che non difettate d’alcun dono (charisma)” (1 Cor.
1:7).
1
Francis A. Sullivan in Alleluja N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag.
2,3
2
Ibid., pag. 3
3
272
Francis A. Sullivan, Charisms and charismatic renewal (I
carismi e il rinnovamento carismatico), Michigan 1982. pag.
149
4
Francis A. Sullivan S. J in Alleluja N° 2, pag. 3
5
F. Sullivan, Alleluja, N° 2, pag. 3
6
F. Sullivan, Charisms and charismatic renewal, pag. 166-167
Il movimento carismatico cattolico
mento carismatico, essi non insegnano affatto dirittamente attorno a diverse cose concernenti il battesimo
con lo Spirito Santo e la manifestazione dello Spirito
Santo. Passiamo quindi a dimostrare mediante le Scritture la falsità di certi insegnamenti trasmessi in seno a
questo movimento cattolico.
CONFUTAZIONE
Il battesimo con lo Spirito Santo si riceve non quando si
nasce di nuovo ma dopo essere nati di nuovo; quindi è
una esperienza distinta dalla nuova nascita
Il battesimo con lo Spirito Santo è un esperienza che si
fa dopo avere creduto; quando diciamo dopo avere creduto però non intendiamo dire per forza di cose dopo
essere stati battezzati in acqua perché il caso di Cornelio
sta a dimostrare che taluni possono essere battezzati con
lo Spirito Santo anche prima di essere battezzati in acqua. Qualcuno dirà: ‘Dopo avere creduto che cosa?’
Dopo avere creduto che Gesù è il Cristo, il Figlio di
Dio, e che egli è morto sulla croce per i nostri peccati,
che fu seppellito, e che dopo tre giorni fu risuscitato
mediante la gloria del Padre, ed apparve a coloro che
egli aveva scelto come suoi testimoni. Ora, siccome che
quando si crede con il proprio cuore in ciò che ho qui
sopra detto avviene che si riceve la remissione di tutti i
peccati secondo che è scritto: “Chiunque crede in lui
riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”;1
si viene giustificati cioè resi giusti da Dio perché è scritto: “Col cuore si crede per ottener la giustizia”2 ed anche: “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con
Dio”;3 si viene vivificati dallo Spirito di Dio perché lo
Spirito Santo entra in noi portando la vita in luogo della
morte perché Giovanni dice: “Affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”;4 si riceve la vita eterna perché
Gesù ha detto che “chi crede ha vita eterna”;5 e si diventa figliuoli di Dio secondo che è scritto: “Ma a tutti
quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel
suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà
di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio”;6
dico, in virtù di tutte queste cose affermiamo che quando si crede si nasce da Dio. D’altronde non ha forse detto Giovanni: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è
nato da Dio?”;7 quindi perché meravigliarsi nel sentire
dire che si nasce di nuovo quando si crede nel nome del
Figliuolo di Dio? Va poi detto che quando si diventa
figliuoli di Dio, mediante appunto la nuova nascita, si è
certi di essere tali per questa ragione scritta da Paolo ai
Romani: “Avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il
quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta
1
Atti 10:43
Rom. 10:10
3
Rom. 5:1
4
Giov. 20:31
5
Giov. 6:48
6
Giov. 1:12,13
7
1 Giov. 5:1
2
La chiesa cattolica romana
insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio”:8
perciò in coloro che credono c’è lo Spirito di Dio altrimenti non potrebbero essere sicuri di essere figli di Dio
e di appartenere a Cristo. In altri termini una persona
che ha creduto da pochi attimi ha lo Spirito di Cristo in
lui e mediante di esso sa di appartenergli. Di certo se
egli non avesse lo Spirito di Cristo non potrebbe affermare di essere un figlio di Dio lavato nel prezioso sangue dell’Agnello e di essere un membro del corpo di
Cristo, e di certo Dio stesso non potrebbe chiamarlo suo
figliuolo; e neppure noi potremmo chiamarlo nostro fratello perché Paolo dice che “se uno non ha lo Spirito di
Cristo, egli non è di lui”.9 Dicendo ciò escludiamo che
lo Spirito Santo si riceva quando si viene battezzati in
acqua perché Esso si riceve quando ci si ravvede e si
crede nel Signore, ovvero quando si nasce di nuovo
(prima di essere battezzati in acqua). Ma dicendo ciò
escludiamo anche che lo Spirito Santo venga a dimorare
nel bambino quando il prete versa la cosiddetta acqua
santa sul capo del bambino, e questo perché il neonato
non ha per nulla la fede nel Signore, non avendo ancora
la capacità di credere; l’acqua del prete non ha il potere
di nettarlo dal peccato perché è solo mediante la fede
che i peccati vengono cancellati dalla coscienza umana.
Ma noi sappiamo anche che lo Spirito Santo i fanciulli
non lo ricevono neppure con la cresima; e i motivi li ho
esposti quando ho parlato della cresima. Quindi Sullivan
erra quando afferma che lo Spirito Santo si riceve
nell’iniziazione cristiana, cioè quando si ricevono il battesimo e la cresima. Questa è la ragione per cui i carismatici cattolici parlano di nuova effusione dello Spirito
Santo in relazione al battesimo con lo Spirito Santo,
perché essi sostengono che lo Spirito Santo è già in coloro che sono stati battezzati da fanciulli e poi cresimati
(nella cresima secondo la teologia romana si riceve la
pienezza dello Spirito), ma col battesimo con lo Spirito
Santo si prende coscienza della potenza dello Spirito già
ricevuto. Tutto questo lo dicono per cercare di conciliare il battesimo con lo Spirito Santo con la teologia cattolica romana; conciliazione che non può esserci. Come
potete vedere dalle parole di Sullivan si evince chiaramente che il Rinnovamento carismatico cattolico rimane
pur sempre attaccato alla teologia cattolica e non se ne
distacca nei suoi punti cardini.10 Quanto poi alla sua af8
Rom. 8:15,16
Rom. 8:9
10
A conferma che per i carismatici cattolici (in virtù della loro
dottrina sul battesimo e sulla cresima), il battesimo con lo Spirito Santo non ha lo stesso significato che gli diamo noi, voglio citare alcune parole di Serafino Falvo: ‘L’espressione
‘battesimo nello Spirito’ l’abbiamo mutuata dai Pentecostali
fondamentalisti, i quali, non avendo una teologia sacramentaria, danno ad essa il significato di una vera e propria effusione
dello Spirito Santo, successiva e distinta dalla rigenerazione.
Per noi invece ha un significato differente, che, se non ben
capito, potrebbe prestarsi ad essere equivocato. Comunque
fino a quando non si troverà una frase teologicamente più precisa, anche noi cattolici continueremo a parlare di ‘battesimo
nello Spirito’ (Serafino Falvo, L’ora dello Spirito Santo, Bari
1974, pag. 115). Attenzione dunque quando si sente parlare di
battesimo con lo Spirito Santo ai carismatici, perché per loro
9
273
Il movimento carismatico cattolico
fermazione secondo la quale manca un sostegno reale
per affermare che il modo normale per i Cristiani del
Nuovo Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera per essere
riempiti di Spirito Santo, essa non è da accettare perché
il sostegno c’è: è quello dei discepoli in Gerusalemme.
Che fecero infatti essi dopo che Gesù fu assunto in cielo, loro che erano stati battezzati in acqua? Non pregavano forse assieme e aspettavano di ricevere lo Spirito
Santo? La Scrittura dice che gli apostoli “perseveravano
di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e
con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui”;1 e questo avvenne nei giorni prima che fossero battezzati con
lo Spirito Santo. Non aspettarono forse di essere battezzati con lo Spirito Santo? Certo, infatti Gesù aveva detto
loro di non dipartirsi da Gerusalemme “ma di aspettarvi
il compimento della promessa del Padre”.2
Anche il caso dei credenti di Samaria conferma che il
battesimo con lo Spirito Santo lo si riceve normalmente
(le eccezioni ci sono) dopo avere creduto ed essere stati
battezzati in acqua infatti prima è scritto: “Ma
quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la
buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù
Cristo, furon battezzati, uomini e donne”,3 e poi che gli
apostoli Pietro e Giovanni “essendo discesi là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; poiché
non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano
stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito
Santo”.4
Anche nel caso dei circa dodici discepoli di Efeso essi
furono battezzati con lo Spirito Santo dopo essere stati
battezzati in acqua infatti è scritto: “Udito questo, furon
battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo
ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano”.5
Ed infine citiamo le parole che Pietro il giorno della
Pentecoste rivolse a quei Giudei che furono compunti
nel cuore: “Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato
nel nome di Gesù Cristo, per la remission dei vostri
peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo”.6
Quindi, da tutte queste Scritture si comprende che il battesimo con lo Spirito Santo è una esperienza contraddistinta dalla nuova nascita perché si riceve dopo avere
creduto, e che solitamente, tranne che in alcuni casi, esso si riceve dopo essere stati battezzati in acqua.
La chiesa cattolica romana
Dopo avere ciò detto è inevitabile che qualcuno domandi: ‘Ma se quando le persone nascono di nuovo lo Spirito Santo viene a dimorare in loro, perché è necessario
che esse preghino e aspettino di essere battezzati con lo
Spirito Santo?’ La ragione è per essere rivestiti di potenza, infatti bisogna sempre ricordare che quando Gesù
Cristo battezza con lo Spirito Santo chi ha creduto in
lui, costui viene rivestito di potenza perché Gesù disse:
“Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su
voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la
Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra”.7
Questa è la ragione per cui Gesù disse ai suoi discepoli
di non dipartirsi da Gerusalemme ma di aspettarvi il
compimento della promessa del Padre, cioè di aspettarvi
di essere battezzati con lo Spirito Santo. Sia ben chiaro:
i discepoli prima di essere battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste avevano una misura di Spirito Santo infatti quando Gesù gli apparve disse loro:
“Ricevete lo Spirito Santo”,8 però essi non erano ancora
rivestiti di potenza altrimenti Gesù non avrebbe detto
loro di aspettare di essere rivestiti di potenza e che essi
avrebbero ricevuto potenza quando lo Spirito Santo sarebbe venuto sopra di loro. Quindi il battesimo con lo
Spirito Santo corrisponde al rivestimento di potenza.
Ma vi è un’altra questione a cui rispondere ed è questa:
‘Se i discepoli prima del giorno della Pentecoste avevano lo Spirito Santo, perché si dice che essi furono battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste?
Non è questa una contraddizione? Ora, per comprendere
la differenza che ci fu tra la ricezione dello Spirito che
essi sperimentarono quando Gesù apparve loro e la ricezione del battesimo con lo Spirito Santo che essi sperimentarono il giorno della Pentecoste bisogna tenere presente che il battesimo con lo Spirito Santo è il riempimento di Spirito Santo del credente. In altri termini i discepoli quando Gesù disse loro: “Ricevete lo Spirito
Santo”,9 ricevettero una certa misura di Spirito Santo
senza esserne riempiti, ma quando essi furono battezzati
con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste essi ne
furono ripieni secondo che è scritto: “E tutti furon ripieni dello Spirito Santo...”.10 Come potete vedere non c’è
nessuna contraddizione tra i due eventi, perché il battesimo con lo Spirito Santo non è altro che la ricezione di
una misura maggiore di Spirito Santo da parte del credente.
Il parlare in altra lingua è strettamente collegato al battesimo con lo Spirito Santo perché è il segno esteriore
che ne attesta l’avvenuta ricezione
questo battesimo lo hanno ricevuto col battesimo e con la cresima (nella cresima avverrebbe una nuova infusione di Spirito
Santo più perfetta e più abbondante); quando invece essi si
mettono ‘a parlare in lingue’ prendono semplicemente coscienza di qualcosa che essi avevano già ricevuto con quei loro sacramenti; in altre parole, prendono coscienza della potenza dello Spirito che già avevano ricevuto.
1
Atti 1:14
2
Atti 1:4
3
Atti 8:12
4
Atti 8:15-17
5
Atti 19:5,6
6
Atti 2:38
274
Veniamo ora alla così tanto dibattuta questione sul segno delle lingue. Sullivan afferma che quello che è
chiamato battesimo con lo Spirito Santo non è necessariamente legato alla glossolalia, cioè al parlare in altre
lingue. Questo è falso perché la Scrittura insegna che il
7
Atti 1:8
Giov. 20:22
9
Giov. 20:22
10
Atti 2:4
8
Il movimento carismatico cattolico
battesimo con lo Spirito Santo e il parlare in altre lingue
sono due cose che non si possono scindere l’una
dall’altra; vogliamo dire con questo che non c’è un battesimo con lo Spirito Santo senza il relativo e consequenziale parlare in lingue, perché quando si viene battezzati con lo Spirito Santo si comincia a parlare in altre
lingue perché lo Spirito Santo del quale si viene riempiti
dà subito di parlare in altra lingua. Questo lo fa lo Spirito Santo automaticamente quando scende sul credente;
per questo non c’è assolutamente bisogno di domandarsi: ‘Ma come farò a parlare in altra lingua?’ Lo Spirito
Santo quando scende su un credente e lo riempie, si impossessa della bocca del credente e della sua lingua; e lo
sospinge dal di dentro in maniera potente, ma nello stesso tempo incomprensibile, a proferire frasi incomprensibili con un suono e una sintassi tutta diversa da quella
della sua lingua. Lo Spirito Santo lo fa parlare in una
lingua straniera, senza che il credente l’abbia mai studiata: la lingua che gli fa parlare è perfetta, quindi sia il
suono delle parole, la loro sintassi che la grammatica
sono perfette e non difettano in nulla. Tutto ciò lo opera
lo Spirito Santo, per questo non vi è difetto alcuno. Le
Scritture che attestano che quando i credenti vengono
battezzati con lo Spirito Santo (tenete presente che si
può dire anche ‘quando ricevono lo Spirito Santo’,
‘quando ricevono il dono dello Spirito Santo’, ‘quando
lo Spirito Santo scende su loro’) si mettono subito a parlare in altra lingua per lo Spirito Santo sono queste:
- “E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi”;1
- “Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su
tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che
il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio”;2
- “Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor
Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo
Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e
profetizzavano”.3
Come potete vedere in tutti questi tre casi in cui lo Spirito Santo scese su quei credenti essi si misero a parlare
in altre lingue. Nel caso di Efeso si misero pure a profetizzare, il che conferma che quando si viene battezzati
con lo Spirito Santo si possono ricevere anche dei doni
di parola (questi doni dello Spirito Santo sono la diversità delle lingue, la interpretazione delle lingue, e il dono di profezia) oltre che anche altri doni dello Spirito
Santo. Ma è bene a questo punto fare una distinzione nel
campo delle lingue tra le lingue come segno e le lingue
come dono. Il segno delle lingue comincia ad essere
presente nel credente nel momento in cui viene battezzato con lo Spirito Santo, il dono delle lingue invece
può riceverlo sia quando viene battezzato con lo Spirito
Santo sia tempo dopo avere ricevuto il battesimo con lo
La chiesa cattolica romana
Spirito Santo, ma può anche non riceverlo. Il dono della
diversità delle lingue è un dono dello Spirito Santo mediante il quale lo Spirito Santo dà al credente di parlare
in più lingue straniere, e non è presente in tutti coloro
che sono stati battezzati con lo Spirito Santo perché Paolo dice: “Parlan tutti in altre lingue?”4 (ossia ‘hanno
tutti il dono della diversità delle lingue?’). Ricapitolando; tutti coloro che sono battezzati con lo Spirito Santo
parlano in altra lingua (almeno una), ma non tutti sono
in grado di parlare in più lingue straniere.
Esaminiamo ora la descrizione del pregare in altre lingue fatta dal Sullivan: ‘Una messa in moto di
un’attitudine latente naturale a emettere spontaneamente
dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo’. E’ conforme
all’insegnamento della Scrittura questa definizione? No,
perché nel parlare in altre lingue, sia che esso sia segno
che dono, non c’è nulla di naturale perché esso è soprannaturale; questa è la ragione per cui non si può
comprendere appieno e perché l’uomo naturale lo considera una pazzia. Le cose che il credente dice in altra
lingua, quantunque lui non le comprende, sono cose vere, cose giuste dette in una lingua straniera sconosciuta.
Non si tratta di frasi senza senso, dette e fabbricate
dall’uomo a suo piacimento appunto perché è lo Spirito
che parla per bocca del credente. C’è una evidente prova
di questo nel parlare in lingue dei discepoli il giorno
della Pentecoste infatti la Scrittura dice che quando la
moltitudine di quei Giudei presenti in Gerusalemme per
la festa si radunò presso la casa dove si trovavano i discepoli del Signore che stavano parlando in lingue straniere sospinti dallo Spirito Santo, “fu confusa, perché
ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio. E
tutti stupivano e si maravigliavano, dicendo: Ecco, tutti
costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che
li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e
dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle
parti della Libia Cirenaica, e avventizî Romani, tanto
Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar
delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue”.5 Notate
che quegli uomini Ebrei sentirono parlare i discepoli del
Signore, anch’essi Ebrei ma provenienti dalla Galilea,
nelle loro lingue delle cose grandi di Dio. Altro dunque
che suoni simili ad un linguaggio; si trattava di vere e
proprie lingue straniere ben parlate da quegli uomini
Galilei che non le avevano studiate e ben comprese da
coloro che venivano dal posto dove esse erano parlate.
Noi comprendiamo bene cosa voglia dire Sullivan
quando dice suoni simili a un linguaggio; lui vuole dire
in definitiva parole inventate dall’uomo che non hanno
nessun significato, ma che appaiono lingue straniere.
Queste sono cose che non hanno nulla a che fare con la
manifestazione dello Spirito e perciò le rigettiamo. Noi
sappiamo che quando lo Spirito prega per i santi lo fa
con sospiri ineffabili, che non sono affatto ‘una messa in
1
Atti 2:4
Atti 10:44-46
3
Atti 19:5-6
2
4
1 Cor. 12:30
Atti 2:6-11
5
275
Il movimento carismatico cattolico
moto di un’attitudine latente naturale’; ma un imperscrutabile opera dello Spirito Santo. Al bando quindi
tutti quei discorsi che tendono a fare apparire il parlare
in altre lingue come un qualcosa di naturale e non di soprannaturale. Naturalmente questo tipo di insegnamento
errato ha prodotto i suoi effetti nell’ambito del movimento carismatico cattolico; tanti e tanti Cattolici romani dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo ma non hanno ricevuto proprio niente; sì, proferiscono sillabe e parole che apparentemente danno l’impressione che essi
sono stati battezzati con lo Spirito Santo, ma in effetti
non è la manifestazione dello Spirito perché lo Spirito è
assente, e perciò sono assenti anche la potenza, la santità, la verità, il frutto dello Spirito. Che c’è dunque da
meravigliarsi se tanti Cattolici di questo movimento dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo, dicono di avere
ricevuto ‘la Pentecoste’ nella loro vita, ma nello stesso
tempo si mantengono più che mai attaccati al loro papa,
al culto a Maria, alla tradizione della chiesa cattolica
romana? Dicono che lo Spirito Santo da quando è venuto in loro in questa ‘maniera nuova’ li ha convinti maggiormente dell’infallibilità del papa, dell’efficacia
dell’intercessione di Maria, e di tante altre menzogne;
non è affatto così, perché se essi avessero ricevuto lo
Spirito Santo da tempo non sguazzerebbero più
nell’idolatria e nelle menzogne dei loro papi e dei loro
concili, ma se ne sarebbero usciti da esse, mentre il fatto
che loro ci stanno bene in mezzo al fango della chiesa
cattolica romana vuole dire che ancora non sono nati di
nuovo.
L’interpretazione delle lingue non è una profezia perché
chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini
Per quanto riguarda poi l’interpretazione delle lingue
occorre dire che siccome Paolo dice che “chi parla in
altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio”,1 di conseguenza anche l’interpretazione deve corrispondere ad un
parlare a Dio e non può essere una profezia perché la
profezia è un parlare agli uomini. Vediamo altre Scritture che confermano che chi parla in altra lingua parla a
Dio e non sta profetizzando in altra lingua per cui
l’interpretazione non è una profezia.
- Paolo dice ai Romani: “Parimente ancora, lo Spirito
sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede
egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e Colui che investiga i cuori conosce qual sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per i santi secondo Iddio”;2
- Paolo dice ai Corinzi: “Se prego in altra lingua, ben
prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma
pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo
spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza. Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come
potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire
‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel
1
1 Cor. 14:2
Rom. 8:26,27
2
276
La chiesa cattolica romana
che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato”;3
- Paolo dice agli Efesini: “Orando in ogni tempo, per lo
Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni”.4
- Giuda dice: “Ma voi, diletti, edificando voi stessi sulla
vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito
Santo, conservatevi nell’amor di Dio”.5
Ricapitolando; chi parla in altra lingua prega Dio, canta
a Dio, rende grazie a Dio, e perciò l’interpretazione corrisponde allo specifico parlare a Dio da lui proferito per
lo Spirito in quel momento. L’interpretazione non può
consistere in una profezia perché altrimenti la Scrittura
sarebbe annullata.
Qualcuno allora dirà: che dire allora delle seguenti parole di Paolo: “Chi profetizza è superiore a chi parla in
altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa
ne riceva edificazione”?6Diremo che con queste parole
Paolo non ha per nulla detto che il parlare in lingue interpretato corrisponde ad una profezia. Perché? Perché
Paolo precedentemente ha spiegato che chi parla in altra
lingua parla non agli uomini ma a Dio, mentre chi profetizza parla agli uomini, per cui - spiega sempre Paolo “chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa”.7 Ecco perché Paolo all’inizio del
suo discorso dice di desiderare principalmente il dono di
profezia. Ma pure, anche se chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini, ed edifica se stesso, la Chiesa può ricevere pure essa edificazione da quel parlare in
lingue, e questo avviene quando chi parla in lingue interpreta pure, per lo Spirito, quanto detto in una lingua
sconosciuta. Perché la Chiesa sarà edificata? Perché
mediante l’interpretazione intenderà quanto lo Spirito ha
proferito in altra lingua per bocca del credente. Se per
esempio il parlare in altra lingua consisteva in una intercessione a favore di determinati fratelli che si trovavano
in pericolo di morte in quel momento, o nella necessità
di qualche cosa di materiale o di spirituale, la Chiesa
sarà edificata nel sapere che lo Spirito ha pregato per
quei santi a loro sconosciuti in base al loro bisogno. Se
poi lo Spirito ha fatto salmeggiare il credente, la Chiesa
intenderà il salmo innalzato in altra lingua dal credente.
In questo caso quindi, mediante l’interpretazione la
Chiesa sarà edificata. Quello che purtroppo molti non
hanno ancora capito è che la Chiesa per essere edificata
non deve per forza di cose sentire una profezia, ma può
sentire pure l’interpretazione di un parlare in lingua. O
meglio, che la Chiesa viene edificata anche nel sentire
una preghiera o un salmo interpretato, anche se sappiamo che la preghiera e i salmi vengono rivolti a Dio.
Come noi siamo edificati nel leggere le suppliche e i
cantici di Davide, che ricordiamo furono da lui innalzati
per lo Spirito in ebraico (attenzione, per evitare fraintesi, Davide non parlava in altre lingue) e che qualcuno ha
tradotto per noi, così saremo edificati quando dopo che
qualcuno ha parlato in altra lingua a Dio, lui o qualcun
3
1 Cor. 14:14-17
Ef. 6:18
5
Giuda 20,21
6
1 Cor. 14:5
7
1 Cor. 14:4
4
Il movimento carismatico cattolico
altro interpreteranno, per lo Spirito, quel suo parlare. Di
certo è così.
Ma c’è da dire qualcosa d’altro nella nostra confutazione, e cioè che da come parla Sullivan il parlare in altre
lingue che precede ‘l’interpretazione’ non sarebbe altro
che un segnale che avverte l’uditorio che una profezia è
imminente. In sostanza non un vero parlare in altra lingua che ha bisogno di essere seguito dalla relativa interpretazione per essere reso intelligibile, ma una sorta di
avvertimento sonoro che non ha in sé nessun significato
non essendo una vera e propria lingua. E questo si collega alla sua affermazione secondo cui il parlare in lingue consiste in ‘una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontaneamente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera
dello Spirito Santo’. Quindi occorre dire che
nell’ambiente carismatico cattolico quella che viene
chiamata interpretazione delle lingue per loro non è
l’interpretazione del messaggio dato in un altra lingua
ma una profezia che viene data dopo il ‘segnale di avvertimento’. Tutto ciò è inaccettabile alla luce delle sacre Scritture perché come abbiamo visto il parlare in altre lingue è un vero parlare in una o più lingue straniere
compiuto per opera dello Spirito Santo per bocca del
credente; il parlare è rivolto a Dio e quindi, se c’è chi
interpreta, l’interpretazione corrisponderà non in un
messaggio diretto agli uomini ma in una preghiera o in
un ringraziamento. E poi perché chi profetizza non ha
bisogno di dare un segnale o che altri diano un segnale
che avverta l’imminente profezia, perché il dono di profezia si manifesta indipendentemente dal parlare in lingue, e perciò quand’anche non ci fosse chi parla in altra
lingua in una riunione, chi ha il dono di profezia quando
lo Spirito Santo lo sospinge a profetizzare lo fa senza
nessun problema e si mette a profetizzare anche se prima non c’è stato nessun parlare in lingue. Quindi, per
parlare alla maniera di Sullivan, diciamo che il parlare
in lingue e la successiva interpretazione non costituiscono affatto due momenti di una medesima profezia.
Un ultima cosa infine; se il parlare in lingue non consiste in un parlare in un idioma reale ma sconosciuto ma
solo in un emissione di suoni simili ad un linguaggio e
ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo,
non solo non si può definire parlare in altre lingue, ma
neppure l’interpretazione delle lingue si può chiamare
così, perché non sarebbe per nulla l’interpretazione di
un reale parlare in lingue. Se infatti esso consiste
nell’emissione di suoni simili ad un linguaggio come si
può parlare di interpretazione di una o più lingue?
Quindi, quando si sente dire ai Cattolici carismatici che
parlano in altre lingue e che interpretano, occorre tener
presente qual’è il reale insegnamento che viene loro dato a proposito del parlare in lingue e
dell’interpretazione; insegnamento che si distacca profondamente da quello dato dall’apostolo Paolo. Certo,
forse non tutti i carismatici cattolici accettano gli insegnamenti di Sullivan, ma rimane il fatto che molti li accettano e perciò non si attengono alla verità neppure in
questo. State molto attenti fratelli, perché nell’ambiente
carismatico cattolico c’è parecchia confusione, e molti
La chiesa cattolica romana
termini biblici che usano non hanno per nulla il significato che gli è proprio.
La profezia è un parlare agli uomini da parte di Dio e
quindi non un parlare lusinghevole che incoraggia le
persone a rimanere attaccati all’idolatria e alla menzogna
Per quanto riguarda l’insegnamento sulla profezia esistente in seno al movimento carismatico cattolico, occorre dire che, prescindendo dal fatto che essi dicono
che prima di essere pronunciata ha bisogno
dell’avvertimento sonoro che è costituito dal (loro) ‘parlare in lingue’ (il che abbiamo visto non è qualcosa che
corrisponde al vero), e quantunque esso abbia delle parti
integre e delle parti confuse (per esempio talvolta la parola di sapienza e la parola di conoscenza vengono definite profezia), bisogna dire che se veramente quel parlare profetico presente nell’ambiente carismatico cattolico
procedesse dallo Spirito Santo, certamente sarebbe pieno di esortazioni a fuggire l’idolatria presente nella
chiesa cattolica, le superstizioni, e molte altre cose in
abominio a Dio. Questo perché sappiamo che quando si
manifesta il dono di profezia il popolo, se è dato al peccato e alla menzogna, verrà esortato dal Signore a tornare a lui e a fare frutti degni del ravvedimento. Per rendersi conto di ciò basta leggere i libri dell’Antico Testamento dove viene detto qual’era il messaggio dei profeti al popolo d’Israele quando questo correva dietro gli
idoli muti. Alcuni esempi di profezie di questo genere
chiariranno questo concetto: Isaia disse: “Costoro profondono l’oro dalla loro borsa, pesano l’argento nella
bilancia; pagano un orefice perché ne faccia un dio per
prostrarglisi dinanzi, per adorarlo. Se lo caricano sulle
spalle, lo portano, lo mettono al suo posto, ed esso sta in
piè, e non si muove dal suo posto; e benché uno gridi a
lui, esso non risponde, né lo salva dalla sua distretta. Ricordatevi di questo, e mostratevi uomini! O trasgressori,
rientrate in voi stessi!”.1 Geremia disse: “Come il ladro
è confuso quand’è còlto sul fatto, così son confusi quelli
della casa d’Israele: essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, i quali dicono al legno: ‘Tu sei
mio padre’, e alla pietra: ‘Tu ci hai dato la vita!’.
Poich’essi m’han voltato le spalle e non la faccia; ma
nel tempo della loro sventura dicono: ‘Lèvati e salvaci!’. E dove sono i tuoi dèi che ti sei fatti? Si lèvino, se
ti posson salvare nel tempo della tua sventura? Perché, o
Giuda, tu hai tanti dèi quante città”.2
Non si possono dunque accettare come vere profezie
quelle che inducono i carismatici cattolici a rimanere
attaccati all’idolatria ed alla superstizione ed alle altre
menzogne papiste? Non si può, perché in questo caso si
dovrebbe arrivare alla conclusione che lo Spirito Santo
non brama più alla gelosia i figliuoli di Dio, che rimane
indifferente davanti all’idolatria a cui si dà il popolo di
Dio, per cui essi possono continuare benissimo a fare
ciò che è in abominio a Dio. Ecco perché noi definiamo
1
Is. 46:6-8
Ger. 2:26-28
2
277
Il movimento carismatico cattolico
quelle loro profezie delle false profezie in cui usano il
nome del Signore per incoraggiare le persone a mantenersi attaccati all’idolatria e alla menzogna. In questo si
può dire che coloro che tra loro profetizzano al popolo
fanno quello che facevano i falsi profeti ai giorni antichi: “Dicono del continuo a quei che mi sprezzano:
‘L’Eterno ha detto: Avrete pace’; e a tutti quelli che
camminano seguendo la caparbietà del proprio cuore:
‘Nessun male v’incoglierà”.1 Possiamo anche dire che
costoro se fossero veramente ispirati da Dio farebbero
udire le parole di Dio ai carismatici cattolici, “e li avrebbero stornati dalla loro cattiva via e dalla malvagità
delle loro azioni”.2
Nessuno s’inganni fratelli, perché lo Spirito di Dio
quando ancora oggi sospinge qualcuno a profetizzare gli
fa proclamare la verità che si può chiaramente leggere
nella Scrittura; Egli non può quindi incoraggiare le persone a continuare a credere nel purgatorio, o nel potere
di cancellare i peccati che avrebbe la cosiddetta acqua
benedetta del prete, o nella transustanziazione, o nella
messa come ripetizione del sacrificio di Cristo, o
nell’intercessione di Maria e dei santi in cielo, o nel
primato del cosiddetto papa sulla Chiesa universale, o
nell’utilità delle cosiddette immagini e statue sacre che i
Cattolici hanno un po' da per tutto e a cui rendono il culto, ed in tutte le altre menzogne ed imposture papiste.
Quel loro ‘così parla il Signore’ è dunque falso. Lo ripeto, nessuno di voi si lasci ingannare dall’apparenza.
Il ricorrere nella malattia esclusivamente al Signore per
essere guariti è una semplice manifestazione della propria fiducia nella Parola di Dio
Come abbiamo visto, Sullivan ritiene che quando si è
malati è una presunzione non ricorrere ad alcun aiuto
medicinale per aspettarsi di essere guariti dal Signore; e
si tenga presente che la presunzione secondo il dizionario della lingua italiana è ‘ogni giudizio dedotto da indizi incerti e non da prove sicure; esagerata opinione di
sé; arroganza; tracotanza’. Ma è proprio come dice Sullivan? Ossia è veramente una presunzione nella malattia
aspettare che il Signore ci guarisca senza ricorrere a
nessuna medicina?
No, non è affatto presunzione. Perché? Perché il credente che rifiuta l’aiuto medico perché ha riposto tutta la
sua fiducia nella potenza di Dio e vuole che sia Dio a
guarirlo non fa altro che mettere in pratica la Parola di
Dio e noi sappiamo che il mettere in pratica la Parola di
Dio non è affatto una presunzione. Anzi possiamo dire
che chi è presuntuoso non mette in pratica la Parola di
Dio appunto perché è arrogante. Ma quale parola divina
mette in pratica il credente non ricorrendo affatto a medici e medicine nella sua malattia, ma solo al Signore?
Quella che dice: “Confidate in perpetuo nell’Eterno...”3
e quella che dice: “Confidati in lui, ed egli opererà”.4
La chiesa cattolica romana
Che farà quindi nella pratica il credente malato che aspetta che sia il Signore a ristabilirlo? Farà quello che
dice di fare Giacomo nella sua epistola, chiamerà gli
anziani della Chiesa, i quali pregheranno su di lui ungendolo d’olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede lo salverà e il Signore lo ristabilirà.5 Egli non
chiamerà i medici, ma gli anziani della Chiesa; si appoggerà anziché sulle medicine sul suo Dio; e non saranno le medicine a ristabilirlo ma sarà la sua fede nel
Signore, e quindi una volta guarito non raccomanderà
agli altri questa o quell’altra medicina, questo o
quell’altro medico, ma indirizzerà i malati al Signore.
Termino questa parte ricordando una Scrittura
dell’Antico Patto che ci mostra come Dio non si compiace di coloro che nella loro malattia ricorrono ai medici anziché a Lui. “Il trentanovesimo anno del suo regno, Asa ebbe una malattia ai piedi; la sua malattia fu
gravissima; e, nondimeno, nella sua malattia non ricorse
all’Eterno, ma ai medici”.6
Beati coloro che nella malattia, come in qualsiasi altro
bisogno, ricorrono al Signore, avendo fiducia che Lui li
libererà dalla loro distretta.
Il cadere nello Spirito non è scritturale
Per quanto riguarda il pregare per gli ammalati occorre
precisare che il cosiddetto ‘riposo nello Spirito’ di cui
parla Sullivan, detto anche ‘il cadere nello Spirito’, non
fa parte della manifestazione dello Spirito Santo, perché
in effetti non è altro che una caduta prodotta dalla suggestione che taluni predicatori sanno esercitare
sull’uditorio, e in molti casi da vere e proprie spinte di
chi prega per gli ammalati (che solitamente è assistito
da alcune persone addestrate a prendere dal di dietro chi
viene spinto affinché cadendo non si faccia male). A
sostegno del ‘cadere nello Spirito’ come essi lo chiamano, non ci sono conferme nella Scrittura perciò lo rigettiamo. Riteniamo comunque che in taluni casi gli uomini possano cadere a terra sotto la potenza di Dio perché
questo è confermato dalla Parola di Dio.
CONCLUSIONE
Abbiamo visto che il movimento carismatico cattolico,
quantunque parli del battesimo con lo Spirito, del parlare in lingue, della preghiera della guarigione ecc., continua ad essere un movimento ancorato alla tradizione
cattolica romana. Quindi quando si incontrano gli aderenti a questo movimento bisogna annunciargli il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati
nel nome di Gesù Cristo. Nessuna alleanza è possibile
con loro, nessuna comunione perché essi giacciono ancora nelle tenebre. Non illudetevi fratelli; non fatevi ingannare dall’apparenza o da quei pastori corrotti che
collaborano con loro.
1
Ger. 23:17
Ger. 23:22
3
Is. 26:4
4
Sal. 37:5
2
278
5
Cfr. Giac. 5:14-15
2 Cron. 16:12
6
L’ecumenismo
La chiesa cattolica romana
Capitolo 12
L’ECUMENISMO1
IL CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO DELLA
CHIESA
CATTOLICA
NEI
CONFRONTI
DELL’ECUMENISMO
Nell’enciclica Mortalium Animos (1928) di Pio XI
(1922-1939) si legge: ‘Ma dove sotto l’apparenza di bene si cela più facilmente l’inganno è quando si tratta di
promuovere l’unità tra tutti quanti i cristiani. Non forse
è giusto - si sente dire - anzi non è doveroso che quanti
invocano il nome di Cristo si astengano dalle recriminazioni mutue e si uniscano una volta tanto con un poco di
carità vicendevole? E chi può asseverare di amare Cristo, se non fa il possibile per andare incontro ai desideri
di Lui, che pregava il Padre affinché i discepoli fossero
‘una cosa sola’? (...) Lo stesso Gesù non volle forse che
i Suoi discepoli conservassero come una caratteristica e
come un distintivo, l’amore tra di loro? (...) Se tutti i
cristiani - si aggiunge - divenissero un giorno ‘una cosa
sola’, sarebbero così più forti a respingere la peste
dell’empietà, che, serpeggiando e diffondendosi ogni
giorno più, si apparecchia a indebolire l’Evangelo. Discorsi come i precedenti o simili si fanno con grandi arie
dai cosiddetti pancristiani; gente questa più numerosa
assai di quel che non si creda, se è vero che formano
gruppi speciali e società di larga diffusione, sotto la guida di persone le quali, o la pensino in un modo o
nell’altro, quello che è certo, per lo più non sono cattoliche. L’impresa è condotta così attivamente, che sta guadagnandosi per cento vie l’opinione pubblica; e tenta e
lusinga anche parecchi cattolici, coll’idea che l’unione
da ottenere non disdirà alla Santa Madre Chiesa e ai
suoi desideri se si pensa che non ha avuto mai cosa tanto a cuore quanto di richiamare e ricondurre nel suo
grembo gli sviati (...) i cattolici sappiano cosa pensare e
come regolarsi, davanti alle iniziative di riunire in una
maniera qualunque e in un solo corpo quanti si chiamano cristiani (...) Ciò posto, è evidente che la Sede Apostolica non può in nessuna maniera prendere parte ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o tenere mano a simili tentativi; altrimenti vengono a dar autorità a una pretesa religione cristiana, che è
lontana le mille miglia dalla sola Chiesa di Cristo (...) E
allora come si può pensare a una Confederazione cristiana, i cui membri, anche in materia di fede, possono
ritenere ciascuno quel che gli pare e piace, quand’anche
gli altri hanno idee e sentimenti opposti? E in che maniera, se è lecito, posson fare parte di una medesima
1
La parola deriva dal greco oikoumene che significa ‘terra abitata’. Per ecumenismo si intende quel processo o quello sforzo
intrapreso e portato avanti da diverse parti (sia da parte cattolica che protestante) che ha come scopo quello di unire assieme tutte le chiese.
confederazione di fedeli persone che la pensano diversamente? persone, per esempio, che affermano essere la
tradizione fonte genuina della divina rivelazione, con
persone che ciò negano? persone che credono istituita
da Dio la gerarchia con Vescovi, preti e ministri, e persone che la dicono introdotta via via in diverse circostanze di tempo e di fatti? persone che adorano Cristo
presente realmente nella SS. Eucarestia in virtù di quella
mirabile conversione del pane e del vino che ha il nome
di transustanziazione, e che vi riconoscono la natura di
sacrificio e di Sacramento, e persone che non la ritengono che una memoria, un ricordo della Cena del Signore?
persone che ritengono buono ed utile invocare devotamente i Santi che regnano con Cristo e prima di tutti
Maria Madre di Dio, e venerarne le immagini, e persone
che sostengono non potersi prestare questo culto, perché
lesivo dell’onore di Gesù Cristo? (...) Con una disuguaglianza tale di opinioni, non sappiamo come si possa
tener buona via verso l’unità della Chiesa, se questa unità non può nascere che da unico magistero, unica legge
del credere ed unica fede dei cristiani (...) Cosicché,
Venerabili Fratelli, sarà ora chiaro perché la Sede Apostolica mai abbia permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai
congressi degli acattolici: la riunione dei cristiani non si
può favorire in altro modo che favorendo il ritorno dei
dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale,
precisamente, un giorno ebbero l’infelice idea di staccarsi: a quella unica vera Chiesa di Cristo, diciamo, che
è visibile a tutti, e che tale, per volontà del suo Fondatore, resterà, quale Egli stesso la fondò per la salvezza di
tutti (...) Tornino dunque i figli dissidenti alla Sede Apostolica (...) ma tornino (...) per darsi al suo magistero
e governo (...)’.2
Ecco come la pensava il papato sull’ecumenismo settanta anni fa. In sostanza esso riteneva difficile, anzi impossibile, un unione con coloro che negavano gran parte
dei dogmi essenziali della chiesa cattolica, e quindi riteneva che ogni tentativo di mettersi assieme sarebbe stato
vano e perciò i Cattolici dovevano astenersi dal partecipare ad iniziative che non potevano dare alcun risultato.
Adesso però le cose sono notevolmente cambiate, nel
senso che ora è la chiesa cattolica stessa ad incoraggiare
iniziative ecumeniche per la riunificazione di tutti i Cristiani (questa svolta si è verificata con il concilio Vaticano II che fu convocato da Giovanni XXIII, 19581963, e poi proseguito da Paolo VI, 1963-1978). Quindi
essa non reputa più inutili i tentativi in vista della unificazione delle chiese come allora faceva il suo capo Pio
XI. Unificazione poi che in sostanza consiste nel portare
i cosiddetti dissidenti nel suo grembo, sotto la guida del
suo magistero, in altri termini, in un ritorno all’‘ovile’ di
coloro che si sono allontanati da esso (anche se oggi la
si sente parlare raramente del grande ritorno perché adesso parla non più di assorbimento delle chiese separate ma di una loro unità con Roma nella diversità e nel
rispetto delle particolarità storiche, liturgiche e dottrinali
di ciascuna chiesa). Dinanzi a questo suo nuovo atteg2
Tutte le encicliche dei sommi pontefici, vol. 1, Milano 1979,
pag. 803-811
279
L’ecumenismo
giamento mi trovo dunque costretto, fratelli, a parlarvi
dell’ecumenismo da essa sbandierato (e purtroppo anche
da talune Chiese evangeliche) al fine di avvertirvi sui
pericoli che si nascondono dietro di esso e affinché sappiate come rispondere a coloro che in finti sembianti e
con parole dolci vengono a voi a proporvi questo ecumenismo.
Il decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo
Propongo ora alla vostra attenzione alcuni passaggi del
decreto su l’ecumenismo del concilio Vaticano II datato
21 Novembre 1964, decreto che per molti costituisce
una svolta storica della chiesa romana perché essa per
mezzo di esso si è dichiarata aperta al dialogo con ‘le
altre chiese cristiane’ per ristabilire l’unità dei Cristiani
abbandonando così la sua posizione passata. Anche da
parte nostra riconosciamo che una svolta si è realmente
verificata nell’ambito della chiesa cattolica perché essa
si è messa a dialogare con quelli che ella ora chiama ‘i
fratelli separati’; ma tutto qui, perché nella sostanza la
chiesa romana non ha affatto rotto con il passato ma è
rimasta la stessa dei secoli passati. Per questo siamo
d’accordo con le seguenti parole del cardinale GabrielMarie Garrone (che partecipò al concilio Vaticano II) da
lui dette nel 1985, secondo le quali quanto emerge dal
Vaticano II talora ‘non sottolinea in modo adeguato
l’elemento di continuità con il passato. Qualcuno vi potrebbe leggere addirittura un rifiuto delle concezioni
precedenti. Mentre non vi è nulla di più falso che leggere il Concilio in chiave di rottura con il passato’.1 Ma
veniamo alle parole del decreto su l’ecumenismo.2
‘Il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i
cristiani è uno dei principali intenti del sacro concilio
ecumenico Vaticano secondo. Da Cristo Signore la
chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la
vera eredità di Gesù Cristo; tutti asseriscono di essere
discepoli del Signore, ma la pensano diversamente e
camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse
diviso. Tale divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed é di scandalo al mondo e danneggia la
santissima causa della predicazione del vangelo a ogni
creatura. Il Signore dei secoli, che con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi
peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro
separati l’interiore ravvedimento e il desiderio
dell’unione. Moltissimi uomini in ogni parte del mondo
sono stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri
fratelli separati è sorto, per impulso della grazia dello
1
Intervista a ‘30 giorni’, Marzo 1985, pag. 23. E per capire che
le cose in realtà non siano per nulla cambiate, quantunque
sembrerebbe il contrario, basta considerare che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II si è rifiutata di entrare
a fare parte del Consiglio Ecumenico che ha la sua sede a Ginevra. Paolo VI nella sua storica visita al Consiglio ecumenico
a Ginevra (1969) dichiarò subito: ‘Il mio nome è Pietro’.
2
Concilio Vaticano II, (1962-1965), Sess. V - 21 Novembre
1964
280
La chiesa cattolica romana
Spirito santo, un movimento ogni giorno più ampio per
il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani. A questo
movimento per l’unità, chiamato ecumenico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in
Gesù signore e salvatore, e non solo singole persone separatamente ma anche riunite in gruppi, nei quali hanno
ascoltato il vangelo e che i singoli dicono essere la chiesa loro e di Dio. Quasi tutti però, anche se in modo diverso, aspirano alla chiesa di Dio una e visibile, che sia
veramente universale e mandata a tutto il mondo, perché
il mondo si converta al vangelo e così si salvi per la gloria di Dio3 (...) E il Figlio, prima di offrirsi vittima immacolata sull’altare della croce, pregò il Padre per i credenti, dicendo: “Perché tutti siano uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano uno in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv.
17:21), e istituì nella sua chiesa il mirabile sacramento
dell’eucarestia, dal quale l’unità della chiesa é simboleggiata e prodotta (...) Per stabilire dovunque fino alla
fine dei secoli questa sua chiesa santa, Cristo affidò al
collegio dei dodici la funzione di insegnare, di reggere e
di santificare. Tra di loro scelse Pietro, sopra il quale,
dopo la sua confessione di fede, decise di edificare la
sua chiesa; a lui promise le chiavi del regno dei cieli e,
dopo la sua professione di amore, affidò tutte le sue pecore perché le confermasse nella fede e le pascesse nella
perfetta unità, restando lo stesso Cristo Gesù la somma
pietra angolare e il pastore delle anime nostre in eterno.
Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del
Vangelo, dell’amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell’amore da parte degli apostoli e dei
loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore
di Pietro, sotto l’azione dello Spirito santo, vuole che il
suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione
nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio (.....) In questa chiesa di Dio
una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune
scissioni, che l’apostolo riprova con gravi parole come
degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati
dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della chiesa cattolica, talora
non senza colpa di uomini d’entrambi le parti. Quelli
poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in
tali comunità non possono essere accusati del peccato di
separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. Quelli infatti che credono in Cristo
e hanno ricevuto debitamente il battesimo sono costituiti
in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la chiesa cattolica. Non v’è dubbio che, per le divergenze che
in vari modi esistono tra loro e la chiesa cattolica, sia
nel campo della dottrina e talora anche della disciplina,
sia circa la struttura della chiesa, impedimenti non pochi, e talvolta proprio gravi, si oppongono alla piena
comunione ecclesiastica, al superamento dei quali tende
appunto il movimento ecumenico. Nondimeno, giustificati nel battesimo della fede, sono incorporati a Cristo e
perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e
3
Ibid., Dal proemio
L’ecumenismo
dai figli della chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore (....) Perciò le stesse
chiese e comunità separate, quantunque crediamo che
abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non
sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo
Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di
strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa
pienezza della grazia e della verità che è stata affidata
alla chiesa cattolica. Tuttavia i fratelli da noi separati,
sia presi singolarmente sia le loro comunità e chiese,
non godono di quella unità, che Gesù Cristo ha voluto
elargire a tutti quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per un solo corpo e per una vita nuova; unità che
le sacre scritture e la veneranda tradizione della chiesa
apertamente dichiarano. Infatti, solo per mezzo della
cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale
della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà al solo collegio apostolico con a
capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i
beni della nuova alleanza, per costituire l’unico corpo di
Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente
incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio (...) Per ‘movimento ecumenico’ si intendono le attività e le iniziative che, a seconda
delle varie necessità della chiesa e l’opportunità dei
tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità
dei cristiani, come sono: in primo luogo, tutti gli sforzi
per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con
essi; poi, nei congressi che si tengono con intento e spirito religioso tra i cristiani di diverse chiese o comunità,
il ‘dialogo’ avviato tra esponenti debitamente preparati,
nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della
propria comunità e ne presenta con chiarezza le caratteristiche. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una
conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina
e della vita di entrambe le comunioni, e inoltre quelle
comunioni conseguono una più ampia collaborazione in
qualsiasi servizio richiesto da ogni coscienza cristiana
per il bene comune e, nel modo come è permesso, si radunano per pregare insieme (...) I fedeli cattolici
nell’azione ecumenica devono senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro, comunicando a loro le cose della chiesa, facendo i primi passi
verso di loro. Ma innanzi tutto devono essi stessi con
sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa famiglia cattolica, affinché la
sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara
della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per
mezzo degli apostoli. Benché infatti la chiesa cattolica
sia stata arricchita da Dio di tutta la verità rivelata e di
tutti i mezzi della grazia, tuttavia i suoi membri non se
ne servono per vivere con tutto il dovuto fervore, per cui
il volto della chiesa meno rifulge davanti ai fratelli da
noi separati e al mondo intero e la crescita del regno di
Dio ne è ritardata. Perciò tutti i cattolici devono tendere
alla perfezione cristiana e sforzarsi, ognuno secondo la
sua condizione, perché la chiesa, portando nel suo corpo
l’umiltà e la mortificazione di Cristo, vada di giorno in
La chiesa cattolica romana
giorno purificandosi e rinnovandosi, fino a che Cristo se
la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza
macchia né ruga.1(...) Ecumenismo vero non c’è senza
interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di se stessi e dalla liberissima effusione della
carità (...) In alcune speciali circostanze, come sono le
preghiere che vengono indette ‘per l’unità’, e nei congressi ecumenici è lecito, anzi desiderabile che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo
molto efficace per impetrare la grazia dell’unità, sono
una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati (....) I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della dottrina e della storia, della vita
spirituale e liturgica, della psicologia religiosa e della
cultura, propria dei fratelli. A questo scopo molto giovano i congressi, con la partecipazione di entrambe le
parti, per discutere specialmente su questioni teologiche,
dove ognuno tratti da pari a pari, purché quelli che vi
partecipano sotto la vigilanza dei vescovi siano veramente competenti (.....) Inoltre nel dialogo ecumenico i
teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’investigare con i fratelli separati i divini misteri
devono procedere con amore della verità, con carità e
umiltà. Nel mettere a confronto le dottrine si ricordino
che esiste un ordine o ‘gerarchia’ nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana. Così si preparerà la via, nella
quale, per mezzo di questa fraterna emulazione, tutti saranno spinti verso una più profonda conoscenza e una
più chiara manifestazione delle insondabili ricchezze di
Cristo.2(...) Le comunità ecclesiali da noi separate,
quantunque manchi la loro piena unità con noi derivante
dal battesimo e quantunque crediamo che esse, specialmente per la mancanza del sacramento dell’ordine, non
hanno conservata la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella santa cena fanno
memoria della morte e della risurrezione del signore,
professano che nella comunione di Cristo è significata la
vita e aspettano la sua venuta gloriosa. Bisogna quindi
che la dottrina circa la cena del Signore, gli altri sacramenti, il culto e i ministeri della chiesa costituiscano
l’oggetto del dialogo’.3
Come potete vedere noi ci troviamo davanti ad un documento dove l’errore è mescolato abilmente alla verità;
e dove le menzogne, la falsità e le ipocrisie sono presentate con dolcezza e lusinghe dalla curia romana. Notate
come nelle suddette parole venga ribadito che la chiesa
cattolica romana è la Chiesa costituita da Cristo perché
possiede il successore di Pietro e i successori degli apostoli, cioè i vescovi; e poi anche perché possiede tutti i
mezzi della grazia, cioè i sacramenti tramite cui viene
conferita la grazia agli uomini, e che l’unità dei Cristiani
passa obbligatoriamente per essa. Questo basta per capi1
Ibid., cap. 1
Ibid., cap. 2
3
Ibid., cap. 3
2
281
L’ecumenismo
re che in effetti la chiesa cattolica romana è la stessa di
secoli fa, perché - anche se talvolta in maniera un pò
diversa di quanto faceva un tempo - continua a ritenere
di essere il punto di riferimento per tutti i Cristiani, e
che quindi in realtà essa non è per nulla a favore
dell’ecumenismo vero, ma è solo intenta a procacciare il
suo dominio temporale e ad imporre la sua volontà agli
altri. Lei è la madre delle chiese, tutte le altre sono sue
figlie e perciò quest’ultime si devono riconciliare con
essa e tornare a farsi allattare da lei perché questa, secondo loro, è la volontà di Dio! E questa riconciliazione
- naturalmente - può avvenire solo riconoscendo l’autorità papale, il magistero cattolico, i suoi sacramenti, e
tutta la sua tradizione; questo è in sostanza il messaggio
di fondo che porta avanti la chiesa cattolica romana in
questo sforzo ecumenico, dal 1964 in poi. Alcuni Evangelici però ritengono che la chiesa cattolica romana si
sia aperta con questo decreto sull’ecumenismo; ma noi
diciamo; ‘Ma che cosa ha aperto? Di certo i Cattolici
non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati; ma hanno aperto una fossa ben profonda e
ben camuffata nella quale fare cadere i semplici; ecco
che cosa hanno aperto i Cattolici davanti a noi.
Ora, ho già confutato in precedenza le affermazioni fatte
da parte cattolica secondo le quali il papa è successore
di Pietro, e la chiesa romana lo strumento di salvezza
per il genere umano; perciò qui mi limiterò a fare delle
considerazioni alla luce delle Scritture sull’unità di cui
parla la Scrittura; ritengo doveroso farle, sapendo che il
Vaticano sta intensificando i suoi sforzi per instaurare
un dialogo sempre più ‘fruttuoso’ con molti credenti,
che ha come fine quello di farli scadere dalla grazia, farli sviare dalla verità, e corromperli. In verità bisogna
dire che il diavolo sta tentando più che mai in questi ultimi termini dei tempi di fare apostatare i credenti dalla
fede, e noi riconosciamo che uno dei mezzi di cui si sta
usando per compiere ciò è appunto questo ecumenismo
così come lo intende la chiesa romana e purtroppo anche alcune Chiese evangeliche che si sono lasciate sedurre dalle sue lusinghe. Quello a cui noi assistiamo é
questo, e cioè che mentre quando ci fu la Riforma protestante la chiesa romana infuriata oltremodo nel constatare che tanti suoi membri uscivano da essa perché persuasi che le cose che essa insegnava e praticava erano
contrarie all’insegnamento di Cristo e degli apostoli,
cercò con la sua brutale forza (l’Inquisizione) di fare
rientrare nel suo mezzo quelli che essa aveva perduto,
oggi essa ha cambiato tattica. Essa ha smesso di usare la
spada materiale - ossia l’Inquisizione - contro i figliuoli
di Dio ed ha imbracciato la spada dello Spirito, cioè la
Parola di Dio ma sempre col fine di farci cadere nel
peccato. Non c’é da meravigliarci del fatto che essa cerca di farci entrare a fare parte di essa (ripeto che questo
è il suo pensiero e scopo finale, anche se il suo parlare
talvolta può non essere così esplicito su questo punto)
servendosi proprio della Parola di Dio (che essa detesta
perché nei fatti l’ha annullata svuotandola della sua efficacia). Perché? Perché anche Satana, il tentatore, quando tentò Gesù per farlo peccare si usò della Parola di
Dio. E chi può dire che il Diavolo ami la Parola di Dio?
282
La chiesa cattolica romana
Sta di fatto però che ne fece uso, ma al solo fine di indurre Gesù Cristo a disubbidire al Padre suo! Ma noi
non ignoriamo le macchinazioni di Satana ordite contro
la Chiesa dell’Iddio vivente, colonna e base della verità,
per questo rispondiamo ai Cattolici, che ci sbandierano i
passi della Scrittura concernenti l’unità della Chiesa,
nella stessa maniera in cui fece Gesù nei confronti del
diavolo; noi diciamo loro: “Egli è altresì scritto...”.1 Ora, essi dicono che è scritto che Gesù Cristo, il Signore
pregò per l’unità della Chiesa, e questo è vero; ma è altresì scritto che Gesù ha detto: “Perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate quel che dico?”.2 Quindi, perché essi chiamano Gesù, Signore, capo della Chiesa, ma
rifiutano di piegare il collo sotto di lui ma lo tengono
ben rigido? Con la bocca riconoscono la Signoria di
Cristo ma con le loro opere rinnegano le loro parole
perché mostrano di non avere nessuna intenzione di rinunciare a tutte le loro eresie di cui si vantano pure di
essere custodi. Come dice il profeta Ezechiele essi ascoltano le parole di Dio ma non le mettono in pratica
perché con la bocca fanno mostra di molto amore, ma il
loro cuore va dietro alla cupidigia,3 il loro cuore va dietro agli idoli.
Essi devono innanzi tutto riconoscersi dei peccatori e
non più i membri della Chiesa di Dio; devono poi implorare la misericordia di Dio affinché Egli abbia pietà
di loro; e poi devono fare dei frutti degni del ravvedimento i quali sono ancora del tutto assenti in loro. Ora,
noi sappiamo che quando un Cattolico romano si ravvede e crede nel Vangelo smette subito di adorare e pregare Maria, smette di pregare Paolo, Pietro, Giovanni,
Luigi, Giuseppe ecc., e gli angeli; egli smette di partecipare alla messa, smette di tenersi appesi addosso ed in
casa crocifissi, immagini ed idoli di qualsiasi tipo e
grandezza, smette di andare in pellegrinaggio a qualsiasi
santuario, smette di chiamare il papa ‘padre santo’, e di
considerarlo il capo della Chiesa sulla terra, smette di
partecipare alle funzioni religiose di ogni tipo e genere
tenute nei luoghi di culto della chiesa cattolica romana,
smette in sostanza di osservare la tradizione cattolica
romana e di credere in tutte le sue eresie. E tutto ciò avviene in lui perché Cristo viene a dimorare in lui e gli
rinnova la mente. Egli comincia a stimare la Parola di
Dio come la sola guida della sua vita mettendo al bando
ogni tradizione di uomini che si oppone ad essa; per lui
la Parola di Dio non è più un libro qualsiasi o un libro
che deve essere messo allo stesso livello dei decreti
conciliari del Vaticano o della secolare tradizione della
chiesa romana; e per questo comincia ad amarla ed a
rispettarla come mai aveva fatto prima. Questo è quello
che è successo in tutti i nostri fratelli che hanno trovato
il Signore e sono usciti dal seno di questa organizzazione religiosa; quindi noi siamo persuasi che questi Cattolici romani che ancora non hanno smesso e non hanno
nessuna intenzione di smettere di professare la religione
cattolica romana - perché di fatto ci vogliono rimanere
1
Matt. 4:7
Luca 6:46
3
Cfr. Ez. 33:31-33
2
L’ecumenismo
attaccati a tutti i costi -, benché parlino della signoria di
Cristo e della sua preghiera per l’unità dei credenti, ancora non si sono ravveduti e non hanno creduto nel nome di Cristo Gesù, e di conseguenza ancora non fanno
parte del corpo di Cristo e con essi non possiamo avere
comunione di spirito. Sia ben chiaro quindi: fino a
quando il papa dei Cattolici romani e i suoi vescovi e
tutti i loro seguaci si mostreranno sordi alla voce del Signore nostro Gesù Cristo rifiutando di convertirsi dai
loro idoli al Signore e rifiutando di riconoscere nella sola Scrittura la sola ed unica regola di fede mettendo al
bando la loro perversa tradizione secolare non ci potrà
essere nessuna comunione tra di noi e loro, come non ci
può essere comunione tra uno che adora Dio e uno che
adora Satana. ‘Ma proprio nessuna?’ qualcuno dirà. Sì,
proprio nessuna. Siete certi? Sì, siamo certi. Voi ci direte allora: ‘Ma perché non smettete di essere così rigidi e
diventate più flessibili e più ragionevoli? Non lo vedete
che questa vostra presa di posizione impedisce la comunione con i Cattolici? Ma non lo vedete che questo vostro modo di parlare impedisce una qualsiasi forma di
dialogo con loro? Perché non riconoscete anche voi nella chiesa cattolica romana una chiesa consorella che è
pure essa nella verità quantunque permangono in essa
delle tradizioni umane? Perché dunque non riconoscete
anche voi i suoi sacramenti e l’autorità del papa nella
Chiesa?’ No; noi non scenderemo a nessun compromesso, non acconsentiremo a mettere da parte nessuna parte
del consiglio di Dio perché amiamo la verità che ci ha
reso liberi, ma con fermezza e con forza ribadiremo loro
sino alla fine tutto il consiglio di Dio affinché i Cattolici
romani tornino a noi. Essi torneranno a noi, ma noi non
torneremo a loro, perché sappiamo che essi tutti giacciono nelle tenebre e in un pantano fangoso fatto di precetti d’uomini che voltano le spalle alla verità. A loro
che ci accusano di non osservare la loro tradizione diremo ancora quello che Gesù disse ai Farisei: “E voi,
perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?”1 Ma allora - ci diranno alcuni non vi importa nulla dell’ecumenismo che vuole la chiesa cattolica romana? No, della loro amicizia non ci importa nulla, della loro cosiddetta comunione neppure, di
dialogare con i sordi neppure, perché sappiamo bene
che per ottenere queste cose bisogna accondiscendere in
qualche cosa ad essa, bisogna attenersi alle sue direttive! E quali direttive? Evitare la polemica, evitare i giudizi contro le loro false dottrine che possono compromettere il dialogo, stimarli fratelli e non nemici della
verità, e così via. Con questo vogliamo dire che noi facciamo benissimo a meno dell’amicizia e dell’apparente
e falsa comunione che ci offrono i Cattolici romani, ma
non possiamo fare a meno né di fare dimorare in noi la
verità che è in Cristo Gesù perché da essa dipende il bene della nostra anima in questo nostro pellegrinaggio
terreno e la sua salvezza eterna, e né dal combattere in
sua difesa come hanno fatto gli apostoli prima di noi
perché questo nostro combattimento è utile alla salvezza
delle anime e all’edificazione della Chiesa. Dichiarateci
1
Matt. 15:3
La chiesa cattolica romana
pure fanatici, dichiarateci pure settari; ricordatevi però
che quelli che in questa nazione ci hanno preceduto per
farci pervenire il messaggio della salvezza per grazia
mediante la fede hanno dovuto soffrire molte cose proprio dai Cattolici romani; sì proprio da loro che dicono
di essere Cristiani. E che se loro fossero scesi a qualche
compromesso con la curia romana ci avrebbero annunziato non il vero Vangelo che si fonda sulla grazia di
Dio, ma quello sovvertito dalla curia romana fondato
sulle opere meritorie che non può recare nessuna salvezza a chi lo accetta. Svegliatevi dunque!
L’UNITA’ DELLA CHIESA SECONDO LA SCRITTURA
Vediamo ora alcune Scritture che ci mostrano cosa intende Dio per unità. Ma prima di fare ciò, vi ricordo che
l’unità di cui parlò Gesù ed anche gli apostoli si riferisce
ad una unità nell’ambito della fratellanza, e non di una
unità che i credenti devono procacciare con coloro che
ancora non sono nati di nuovo. Dico questo per farvi
comprendere che è impossibile procacciare unità con i
Cattolici romani o parlare di unità con loro perché loro
ancora si devono ravvedere e credere nel Vangelo come
invece abbiamo già fatto noi. Il fatto é però che se fossero i Buddisti o gli Induisti a chiamarsi Cristiani e a cercare di unirsi a noi o di farci unire a loro, subito molti
risponderebbero che non si può dialogare con loro in
alcun modo fino a che non si saranno convertiti dagli
idoli all’Iddio vivente, ma siccome che questa cosiddetta unità e questo cosiddetto dialogo fraterno con noi li
cercano i Cattolici romani che si dicono Cristiani perché
parlano anche loro di Gesù, dicono di credere in Gesù,
nella sua divinità, nella sua morte e nella sua risurrezione, (ma nei fatti rinnegano il Vangelo perché sono dati
all’idolatria e schiavi del peccato nella stessa maniera di
tanti altri pagani), allora pare che molti fra noi abbiano
perso il discernimento perché hanno cominciato a chiamare fratelli gli idolatri e i peccatori. Ora, fino a quando
sono i Cattolici romani a chiamarci fratelli separati è
comprensibile perché sono ciechi e pensano di essere la
unica e vera famiglia di Dio illudendosi, ma quando sono alcuni di fra noi che cominciano a chiamarli fratelli
allora la cosa é molto preoccupante perché è segno che
alcuni non sanno neppure cosa si intende con il termine
fratello. Gesù un giorno disse: “Mia madre e miei fratelli son quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono
in pratica”;2 quindi non si possono chiamare fratelli di
Gesù persone che non si sono ravvedute ancora dai loro
peccati, che non hanno creduto nel Vangelo e rifiutano
di osservare i comandamenti di Cristo. E dato che non
sono ancora fratelli di Gesù Cristo, non sono neppure
nostri fratelli perché non facenti parte della famiglia di
Dio. Ma ditemi? Come facciamo a chiamare fratelli i
Cattolici romani quando essi nei fatti antepongono la
loro tradizione alla Parola di Dio, calpestando la Parola
di Dio in ogni maniera? Come facciamo a chiamare fratelli persone che dicono di credere ma nello stesso tem2
Luca 8:21
283
L’ecumenismo
po dicono di non avere la vita eterna? Non ha forse detto Gesù: “Chi crede ha vita eterna”?1 Allora come mai
essi affermano di non possedere la vita eterna come invece l’affermiamo noi per la grazia di Dio? La ragione è
perché essi non hanno ancora creduto nel Vangelo!
Hanno sentito parlare del Vangelo, alcuni di loro lo insegnano pure, ma sta di fatto che ancora non ci hanno
creduto. Come mai siamo accusati da loro di essere dei
presuntuosi perché diciamo di avere la vita eterna e che
il Signore ci ha salvati e che quando moriremo andremo
a vivere con Gesù Cristo nel paradiso di Dio? La ragione é sempre la stessa: essi ancora non hanno né gustato
e né visto la bontà di Dio come invece l’abbiamo vista e
gustata noi per la grazia di Dio. (Sia ben chiaro però anche questo: non si possono chiamare fratelli neppure
tutti quegli Evangelici che frequentano il locale di culto
ma non sono ancora nati di nuovo).
Basterebbe questo discorso sin qui fatto per giungere
alla conclusione che è totalmente sbagliato chiamare
fratelli quelli che ancora sono schiavi del peccato e che
non se ne parla neppure di procacciare l’unità con loro
che sono nell’errore, ma voglio proseguire in questo esame scritturale sull’unità tra i credenti di cui parla la
Parola affinché nessuno vi tragga in errore. Citerò a riguardo alcuni passi che sono sovente citati dai teologi
papisti quando parlano di unità tra i Cristiani.
- Gesù nella notte in cui fu tradito disse al Padre: “Io
non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che
credono in me per mezzo della loro parola: che siano
tutti uno; che come tu, o Padre, sei in me, ed io sono in
te, anch’essi siano in noi; affinché il mondo creda che tu
mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai
dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in
loro, e tu in me; acciocché siano perfetti nell’unità, e
affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato, e che
li ami come hai amato me”.2
Innanzi tutto Gesù pregò per dei futuri credenti, ed in
particolare per coloro che avrebbero creduto in lui per
mezzo della parola predicata dai suoi apostoli; quindi
questa unità che lui chiese al Padre la chiese per dei figliuoli di Dio. Egli non pregò affinché i credenti e gli
increduli fossero uniti cioè affinché andassero d’accordo
perché questo è impossibile che avvenga dato che non
c’é comunione alcuna tra la luce e le tenebre. Questo è
quello che ancora alcuni tra di noi non hanno capito, e
cioè che coloro che hanno veramente creduto non possono andare d’accordo con quelli che non hanno ancora
creduto, e perciò ogni tentativo di mettersi d’accordo è
tempo sprecato. Spiego questo concetto in questa maniera: Gesù non cercò di mettersi d’accordo con gli
scribi e i Farisei attorno ai precetti della legge che essi
avevano annullato con la loro tradizione, per non apparire uno che non voleva l’unità dei Giudei, ma li riprese
chiamandoli ciechi, stolti, razza di vipere, ipocriti perché questo essi meritavano. Essi avevano annullato la
Parola di Dio e Gesù non avrebbe potuto compiacere
agli scribi ed ai Farisei nel mostrarsi d’accordo con i
1
Giov. 6:48
Giov. 17:20-23
2
284
La chiesa cattolica romana
loro comandamenti per mezzo dei quali avevano annullato la Parola di Dio. Non cercò minimamente di mostrarsi tollerante verso di loro ma li riprese severamente.
Gesù non compiacque neppure ai Sadducei che non credevano nella risurrezione dei morti, infatti li ammonì
dicendo loro che essi erravano perché non conoscevano
le Scritture e né la potenza di Dio e gli turò così la bocca. Nella stessa maniera noi suoi discepoli non possiamo metterci a barattare la verità con l’unità che ci offrono queste guide cieche della chiesa romana; ma con forza dobbiamo riprenderli come fece Gesù verso i Farisei
e i Sadducei esortandoli a ravvedersi e a credere nel
Vangelo. Ho dimostrato innanzi come la chiesa romana
abbia annullato in moltissimi punti la Parola di Dio e
come essa rifiuta di credere in tutto il consiglio di Dio, e
come le loro guide insegnano ai loro seguaci molte cose
storte e malvagie: come si può quindi pensare di collaborare o di mettersi a discutere con loro che partono col
presupposto di avere ragione e che la loro chiesa é quella fondata da Cristo, quella che possiede la verità, la retta interpretazione delle parole di Gesù e degli apostoli?
Non è forse il caso di ammonirli come fece Gesù in verso i Farisei e i Sadducei? Certo, questo dobbiamo fare.
E’ chiaro, leggendo il decreto del concilio Vaticano, che
noi credenti siamo da loro considerati come i seguaci di
coloro che hanno deciso di uscire dal loro mezzo, ma i
fatti sono altri. Noi siamo seguaci di Cristo Gesù perché
in lui abbiamo creduto, lui seguiamo e lui amiamo; il
nostro capo o fondatore non é Calvino, né Lutero, e né
nessun altro all’infuori di Cristo Gesù. Venendo considerati come delle persone che si sono separate da loro e
facendoci apparire agli occhi dell’opinione pubblica
come persone in un certo senso ribelli all’ordine di Cristo perché rifiutiamo di sottostare al presunto successore
di Pietro, é inevitabile che siamo fatti passare come
quelli che ancora devono capire che la unica e vera
Chiesa é quella cattolica romana e che fuori di essa non
c’é speranza di essere salvati! (A proposito, sappiate che
essi stanno pregando per noi affinché torniamo alla
chiesa madre!) Ma d’altronde questo è il trattamento che
attende tutti coloro che decidono di ubbidire al Vangelo,
ma noi ci rallegriamo quando sentiamo dire ai Cattolici
che siamo dei settari che hanno perduto il senno e che
non capiamo nulla perché questo è un vituperio che subiamo a motivo di Cristo. Ci sentiamo chiamare ‘i fratelli separati’, come se fossimo membri della stessa famiglia ma viviamo per conto nostro. Ma noi non siamo i
loro fratelli separati e non sentiamo affatto il bisogno di
riconciliarci con loro. La coscienza di tutti coloro che si
sono separati da loro non li riprende per nulla, ma gli
attesta per lo Spirito Santo che hanno fatto bene a separarsi da loro. Loro si devono prima riconciliare con Dio;
altro che ecumenismo! Qui a loro si deve ancora parlare
di ravvedimento dalle opere morte, gli si deve dire di
convertirsi dagli idoli muti all’Iddio vivente e vero!
Adesso, leggendo le suddette parole che Gesù rivolse in
preghiera al Padre per coloro che avrebbero creduto in
lui per mezzo della parola degli apostoli, non possiamo
non riconoscere che noi siamo tra coloro che hanno creduto in Cristo Gesù per mezzo della parola degli aposto-
L’ecumenismo
li, perché anche se non abbiamo conosciuto personalmente gli apostoli del Signore pure è stato mediante le
parole scritte anche da Matteo, da Giovanni e da Pietro
che noi abbiamo creduto nel Signore. Dopo avere detto
ciò domandiamoci: Fu esaudita la preghiera di Gesù?
Certo che fu esaudita perché in effetti noi credenti formiamo un corpo unico, siamo membri di una sola famiglia, e facciamo parte di una sola casa. Il fatto che tra di
noi esistano diverse denominazioni che portino nomi
diversi ed abbiano delle convinzioni diverse su alcune
cose relative al regno di Dio (che bisogna dire non annullano la giustificazione per fede) non significa che i
fratelli facenti parte di una denominazione cessano a
motivo di questo di essere membri del corpo di Cristo o
membri della famiglia di Dio. Affatto, e questo perché
noi continuiamo ad avere in comune la stessa speranza,
lo stesso battesimo, lo stesso Spirito, la stessa fede, lo
stesso Dio e lo stesso Signore. Nella realtà c’é una sola
Chiesa sulla terra, che è la Chiesa di Dio, di cui fanno
parte tutti coloro che sono nati di nuovo mediante
l’azione dello Spirito Santo e della Parola di Dio. Certo,
riconosciamo che in Cristo siamo uno secondo che é
scritto ai Galati: “Siete tutti figliuoli di Dio, per la fede
in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati
in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’é qui né Giudeo né Greco; non c’é né schiavo né libero; non c’é né
maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo
Gesù”,1 ma riconosciamo anche che tra di noi persistono
delle divergenze dottrinali per cui non possiamo dire
che siamo perfettamente uniti in una medesima mente e
in un medesimo parlare e sentire. I motivi per cui esistono queste divergenze che alcune volte sono marginali, altre volte più sostanziose, sono di svariato genere.
Non mi metterò ad esaminarli in quest’occasione; sta di
fatto che queste diverse convinzioni dottrinali che hanno
gli altri non sono tali da farceli disconoscere come fratelli. Sarà bene ricordare che anche la Chiesa di Corinto
era una Chiesa di Dio al tempo degli apostoli, però come é noto nel suo seno vi erano delle divisioni difatti vi
erano coloro che dicevano: “Io sono di Paolo”, ed altri:
“Io sono di Apollo”, ed altri ancora: “Io di Cefa”. Ma
che fece l’apostolo quando scrisse loro? Smise forse di
chiamarli fratelli, o non riconobbe più in loro dei fratelli? Affatto; tanto é vero che si indirizza a loro ancora
come a dei fratelli chiamandoli appunto fratelli. A conferma di ciò ecco le seguenti espressioni di Paolo: “Ora,
fratelli, io v’esorto, per il nome del nostro Signor Gesù
Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare, e a non aver
divisioni fra voi, ma a stare perfettamente uniti in una
medesima mente e in un medesimo sentire. Perché, fratelli miei, m’é stato riferito intorno a voi da quei di casa
Cloe, che vi son fra voi delle contese”;2 “Ed io, fratelli,
non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto
parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo”;3 “Io
vi scrivo queste cose non per farvi vergogna, ma per
La chiesa cattolica romana
ammonirvi come miei cari figliuoli”.4 Fu proprio ai Corinzi nel cui mezzo vi erano delle divisioni che Paolo
disse: “Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso,
ciascuno per parte sua”;5 quindi non perché vi erano
quelle divergenze tra quei credenti essi non erano più
figliuoli di Dio. Ma essi avevano creduto; essi erano nati
di nuovo! Ma nel caso della chiesa romana ci troviamo
davanti non a uomini che hanno come fondamento Cristo Gesù ma il papato, la tradizione che annulla la Parola di Dio, il culto a Maria, agli angeli e ai loro santi,
quindi non si possono definire fratelli. Come si possono
definire membri della Chiesa di Dio persone che dicono
che il paradiso ce lo si deve guadagnare facendo del
proprio meglio? O che dopo morti si deve andare in
purgatorio a espiare la pena dei nostri peccati che il sangue di Cristo non ha potuto cancellare?
- Gesù disse: “Ho anche delle altre pecore, che non son
di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse
ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un
solo pastore”.6
Anche queste parole sono prese dalla curia romana
quando parla di ecumenismo; ma il significato che danno ad esse è veramente arbitrario infatti secondo loro il
solo gregge è ‘la chiesa cattolica romana’, ed il solo pastore è il capo dello Stato del Vaticano. Si sbagliano
grandemente dandogli questa interpretazione; sì sono
delle pecore pure loro, ma sono perdute infatti essi seguono la loro propria via ed hanno bisogno di tornare al
Sommo Pastore che è Cristo Gesù. Ma quello che costoro dimenticano o fanno finta di ignorare é che Gesù ha
detto delle sue altre pecore che avrebbe raccolto di fra i
Gentili: “Ed esse ascolteranno la mia voce”,7 quindi una
pecora del Signore si riconosce dal fatto che essa ascolta
la voce di Cristo Gesù. Non ha forse detto Gesù più avanti: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”?8 Non mi
pare proprio che i Cattolici ascoltino la voce del Signore
Gesù; essi ascoltano la voce del loro magistero, del loro
capo, dei loro sacerdoti ma non ascoltano quella di Gesù
perché non la conoscono. Mi sbaglio forse? No, perché i
fatti parlano molto più chiaro di quanto faccia il decreto
del concilio Vaticano. Ora, non é difficile ascoltare
membri (anche influenti) della chiesa romana farci questo discorso: ‘Ma che cosa sono queste divisioni che ci
sono fra noi? Non siamo forse tutti Cristiani? Perché
dunque essere divisi se abbiamo uno stesso Padre?’
Quello che essi nella sostanza ci propongono é di metterci con loro e di mettere da parte certe nostre convinzioni. Ma come rispondiamo noi a queste loro proposte
lusinghevoli? Noi rispondiamo che non acconsentiremo
affatto a mettere in un cantuccio o a soffocare la verità
per amore di unità; ben inteso, la loro unità. No, noi non
ci metteremo con tutti coloro che pure dicendosi Cristiani sono idolatri perché Dio ce lo ha ordinato per
mezzo dell’apostolo Paolo con queste parole: “V’ho
scritto di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi
4
1 Cor. 4:14
1 Cor. 12:27
6
Giov. 10:16
7
Giov. 10:16
8
Giov. 10:27
5
1
Gal. 3:26-28
1 Cor. 1:10,11
3
1 Cor. 3:1
2
285
L’ecumenismo
fratello, sia un... idolatra..”,1 e: “Non vi mettete con
gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual
comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual
comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra
Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e
l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e
gl’idoli?”.2 L’ecumenismo proclamato dalla chiesa romana non é un giogo per i santi; come tanti credenti che
si sono uniti in matrimonio con degli infedeli, dopo non
molto tempo, se non subito, hanno abbandonato la comune adunanza e si sono gettati dietro alle spalle i comandamenti di Dio perché trascinati dalle parole dolci e
lusinghiere del loro coniuge incredulo, così tanti credenti essendosi uniti in un matrimonio spirituale con gli infedeli che hanno la parvenza di fedeli, si sono corrotti e
pian piano sono tornati a voltolarsi nel fango delle eresie cattoliche romane. Hanno commesso adulterio davanti a Dio, perciò sono gente adultera; parlano ed agiscono come gli adulteri, infatti per loro bisogna cercare
di stare assieme ai Cattolici romani a tutti i costi, anche
a costo di mettere da parte una parte del consiglio di
Dio. No, noi non siamo disposti a scendere a nessun
compromesso né con loro e né con altri. Si ravvedano
prima dalle loro opere morte, credano nel Vangelo e
facciano frutti degni del ravvedimento. Il papa, i vescovi, i cardinali, i monsignori, i preti e le suore e tutti i loro consoci si ravvedano e dimostrino con i fatti di essere
diventati dei Cristiani: di parole ne sentiamo molte, ma
di frutti degni del ravvedimento da parte di questi che
parlano tanto di ecumenismo e di unità dei Cristiani non
ne vediamo. Vogliono veramente unirsi a noi o che noi
ci uniamo a loro? Ebbene, si convertano dagli idoli
all’Iddio vivente credendo nel Vangelo della grazia, (il
che significa riconoscere che la salvezza si ottiene per
sola fede in virtù dei meriti di Cristo senza nessuna opera meritoria); e poi distruggano tutti i loro idoli raffiguranti Maria, Giuseppe, Pietro e tutti gli altri, tutte le loro
immagini cosiddette sante, li riducano in frantumi e vadano a buttarle all’immondezzaio; smettano di adorare e
pregare Maria, di adorare la croce, di venerare le reliquie, di fare processioni, pellegrinaggi e di compiere
qualsiasi pratica che si oppone al Vangelo; insomma
smettano di osservare la loro tradizione, e poi potremo
metterci assieme per pregare, per adorare Iddio, per servire Iddio. Ma essi non vogliono fare questo, vogliono
tenersi i cadaveri dei loro idoli, e rimanere attaccati alla
loro tradizione, perciò non si può in nessuna maniera
chiamarli fratelli e collaborare con loro. Lo Spirito che
Dio ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia fratelli, sappiatelo questo, perciò non vi lasciate trarre in
inganno da coloro che in finti sembianti vengono a voi a
parlarvi di ecumenismo ma non vogliono sentire parlare
di tutto il consiglio di Dio. Sì, parlano di unità, e fanno
sfoggio pure di versetti della Scrittura che parlano di
unità; ma noi crediamo nell’unità della Chiesa, ma in
quella fondata sulla verità, e non in quella fondata su un
miscuglio fatto di verità e di eresie che proclama la
La chiesa cattolica romana
chiesa romana, perché quella non è unità ma confusione.
Diletti, rimanete attaccati alla fedele Parola di Dio, rimanete uniti al Signore per camminare uniti a lui fino
alla fine; nessuno vi tragga in errore con i suoi dolci discorsi. Ricordatevi che nella Chiesa si sono sempre insinuati dei ministri di Satana travestiti da ministri di
Cristo al fine di portare eresie di perdizione e confusione; “anche Satana si traveste da angelo di luce”,3 dice
Paolo. Il serpente antico sedusse Eva con la sua astuzia
infatti le disse che non sarebbero morti se avessero
mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene
e del male; esso non le disse esplicitamente: ‘Mangia il
frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male
per disubbidire a Dio ed allontanarti da lui’, ma: “No,
non morrete affatto”. E le seguenti parole di Paolo VI:
‘Noi apriamo le braccia a tutti coloro che si glorificano
del nome di Cristo, li chiamiamo col dolce nome di fratelli; sappiano che troveranno in noi comprensione e benevolenza, che troveranno in Roma la casa paterna che
valorizza ed esalta con nuovo splendore i tesori della
loro storia, del loro patrimonio culturale, della loro eredità spirituale’,4 tendono nella sostanza proprio a farci
fare la stessa cosa che il serpente antico con le sue dolci
parole indusse Eva a fare, cioè farci disubbidire a Dio
mettendoci con gli infedeli e farci così morire spiritualmente.
L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II
Adesso voglio commentare l’enciclica di Giovanni Paolo II intitolata Ut unum sint (Che siano tutti uno) datata
25 Maggio 1995 e che ha come tema l’impegno ecumenico della chiesa cattolica, i frutti del dialogo tra la chiesa cattolica romana e le altre chiese ed anche la maniera
in cui si può raggiungere l’unità visibile tra la chiesa
cattolica e le altre chiese. Il fine che mi propongo con
questo esame, fratelli, è quello di farvi capire che cosa
intende per ecumenismo e per unità delle chiese la chiesa cattolica romana, che questa unità che essi stanno
procacciando apparentemente con le Chiese evangeliche
è una trappola, e come parlare con loro significa parlare
con persone che hanno orecchi ma non odono e perciò è
inutile cercare di dialogare con loro. Prima di cominciare questo esame, voglio fare questa premessa;
nell’enciclica di Giovanni Paolo II ci sono tanti riferimenti al decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano
II (di cui ho citato alcune parti innanzi); inoltre di volta
in volta sarò costretto a ripetere, quantunque in maniera
diversa, concetti già spiegati innanzi. Avverto il lettore
che non prenderò tutta l’enciclica ma solo una parte di
essa, che pur essendo consistente, ritengo sia necessario
trascrivere e confutarla pubblicamente al fine di palesare a tutti l’astuzia di questo uomo.
- ‘Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico
3
1
1 Cor. 5:11
2
2 Cor. 6:14-16
286
2 Cor. 11:14
Citato da Leonard Emile G. in Storia del protestantesimo,
Milano 1971, vol. 3, pag. 367
4
L’ecumenismo
di radunare tutti nell’unità. Infatti la chiesa non è una
realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché
inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; a essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità’. Già nell’Antico
Testamento, riferendosi a quella che era allora la situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo
al semplice simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l’uno all’altro, esprimeva la volontà divina di
‘radunare da ogni parte’ i membri del suo popolo lacerato: ‘Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le
genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele (cf. 37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte
sua, e di fronte alla situazione del popolo di Dio a quel
tempo, vede nella morte di Gesù la ragione dell’unità
dei figli di Dio: ‘Doveva morire per la nazione e non per
la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli
di Dio che erano dispersi’ (11,51-52). Infatti, spiegherà
la Lettera agli Efesini, ‘abbattendo il muro di separazione, (...) per mezzo della croce, distruggendo in se stesso
l’inimicizia’, di ciò che era diviso egli ha fatto una unità
(cf. 2,14-16). L’unità di tutta l’umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo egli ha inviato il suo Figlio,
perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo
Spirito d’amore. Alla vigilia del sacrificio della croce,
Gesù stesso chiede al Padre per i suoi discepoli, e per
tutti i credenti in lui, che siano una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il dovere,
ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio,
di fronte al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del battesimo diventano il corpo di Cristo, corpo nel
quale debbono realizzarsi in pienezza la riconciliazione
e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se
con il battesimo noi siamo stati ‘immersi’ nella morte
del Signore, vale a dire nell’atto stesso in cui, per mezzo
del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione? La
divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo,
ed è di scandalo al mondo e danneggia la santissima
causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura’.1
Giovanni Paolo II, da come parla, sembra che abbia il
cuore affranto nel constatare che le chiese cristiane sono
divise tra loro; naturalmente tra le chiese cristiane c’è
pure la chiesa cattolica romana, e non potrebbe essere
altrimenti, perché essa si reputa la Madre delle chiese.
Egli afferma che Dio tramite Ezechiele fece conoscere
la sua volontà che era quella di radunare il suo popolo
da ogni parte, e tramite Giovanni di radunare i figliuoli
di Dio dispersi tramite la morte del suo Figliuolo; e che
Cristo morendo ha abbattuto il muro della divisione per
fare una unità. Poi passa a dire che Dio vuole radunare
tutta l’umanità lacerata da queste divisioni, e che Gesù
pregò per l’unità dei suoi discepoli e dei credenti. Da
qui il dovere, secondo lui, che hanno tutti coloro che
mediante il battesimo diventano membri del corpo di
Cristo, di cercare la riconciliazione all’interno dei credenti. E poi dice che la divisione è di scandalo al mondo
La chiesa cattolica romana
e danneggia la causa di Cristo. Lui dunque include la
chiesa cattolica tra le chiese cristiane; noi invece non la
includiamo perché essa con la sua tradizione ha annullato la parola di Cristo mettendosela sotto i piedi. Lo abbiamo visto questo quando abbiamo confutato le sue
dottrine; quindi è superfluo che io mi dilunghi più di
tanto su questo aspetto della questione. Si dicono figliuoli di Dio perché hanno ricevuto il battesimo per infusione da bambini; ma noi sappiamo che non si diventa
figli di Dio in quella maniera, ma ravvedendosi e credendo nel nome del Figlio di Dio. Essi pensano di essere entrati a fare parte del corpo di Cristo mediante quel
rito battesimale; il che non è vero. Inoltre, loro assieme
a noi formano, secondo lui, il corpo di Cristo, seppellito
nella morte di Cristo; perciò è contraddittorio che ci siano nel nostro mezzo delle divisioni quando Gesù è morto per riunire in uno i figliuoli di Dio. La divisione è di
scandalo, lui dice. Ma a questo punto bisogna fare questa precisazione: i nostri fratelli prima di noi, non hanno
dato affatto motivo di scandalo uscendo dalla chiesa cattolica romana; anzi ne sono usciti per volere di Dio. Ma
non sono usciti dal corpo di Cristo, o separati da esso;
ma si sono ritirati da idolatri, da superstiziosi, da persone che hanno in abominio la santa Parola di Dio. In altre
parole essi sono stati riscattati da una assemblea pseudocristiana, quale è la chiesa cattolica romana; al pari di
quei nostri fratelli che prima erano tra i cosiddetti Testimoni di Geova, o fra i Mormoni. Ma per essere ancora più chiari, noi riteniamo che tra i nostri fratelli che
sono usciti dalla chiesa cattolica romana e quelli che sono usciti dal Buddismo o dall’Induismo, o dallo Scintoismo, l’unica differenza è che essi si sono ritirati da persone che si dicono Cristiani (cosa che non dicono di essere i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti), perché nella
realtà sono idolatri come i Buddisti, gli Induisti e gli
Scintoisti perché vanno anch’essi dietro agli idoli muti.
Con questo noi vogliamo dire che la divisione che si è
venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutti coloro che hanno conosciuto la verità e ne sono usciti, non
è affatto qualcosa di contraddittorio, ma qualcosa di inevitabile, di giusto, che rientra nella volontà di Dio.
Anche quando al tempo degli apostoli si convertivano
dei Giudei avveniva una divisione tra i Giudei che ritenevano che si veniva giustificati per le opere della legge
e quelli invece che dicevano che si viene giustificati per
la fede soltanto, senza le opere della legge. Abbiamo un
esempio di ciò, in quello che avvenne ad Efeso: “Ma
siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine,
egli ritiratosi da loro, separò i discepoli, discorrendo ogni giorno nella scuola di Tiranno”;2 ed anche in quello
che avvenne ad Antiochia di Pisidia: “E dopo che la
raunanza si fu sciolta, molti de’ Giudei e de’ proseliti pii
seguiron Paolo e Barnaba”.3 Ecco la divisione inevitabile! Ma tutto ciò è normale, perché i credenti in ogni età
sono chiamati a separarsi dagli increduli secondo che è
scritto: “Uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il
2
1
Il Regno, N° 752, Anno 1995, pag. 395
Atti 19:9
Atti 13:43
3
287
L’ecumenismo
Signore...”.1 Ma qual’è lo scandalo di cui quei Giudei
credenti si resero colpevoli separandosi da quei Giudei
duri di cuore, che contraddicevano la parola di verità? E
così, qual’è lo scandalo di cui si sono resi colpevoli
quelli che avendo creduto tra i Cattolici si sono separati
da loro? Nessuno, perciò al bando la definizione di
scandalo data alla divisione che si è venuta a creare tra
la chiesa cattolica romana e tutte quelle chiese che si
attengono al Vangelo della grazia; perché questa non è
un’opera della carne, ma un opera potente compiuta dal
nostro Dio. Noi possiamo dire di essa: “Ciò è stato fatto
dal Signore, ed è cosa maravigliosa agli occhi nostri”.2
Nel decreto sull’ecumenismo è scritto: ‘Quelli poi che
ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali
comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno
rispetto e amore’.3 Questo vuole dire che quelli che si
separarono anticamente dalla chiesa cattolica romana a
motivo della loro fede, possono essere accusati del peccato di separazione. No, non è affatto così, perché Lutero e molti altri quando si separarono dalla chiesa cattolica non commisero alcun peccato di separazione; in questo, dobbiamo dire, essi non operarono uno scandalo. Lo
scandalo semmai lo operava la chiesa cattolica romana
con a capo i suoi ministri che si abbandonavano alla dissolutezza, che invece che pascere il gregge pascevano se
stessi, vendendo indulgenze e appropriandosi dei beni
del popolo in ogni maniera. Per quanto riguarda poi
questo fraterno rispetto e amore con cui la chiesa cattolica dice di abbracciarci, noi non lo vediamo; anzi vediamo il contrario. Vediamo sia nei preti, che nelle loro
pecore una particolare avversione verso noi figliuoli di
Dio. Lusinghe, falsità, ipocrisie; ecco che cosa sono tali
frasi. Non è la divisione che si è venuta a creare tra Cattolici e Evangelici ciò che scandalizza le persone, ma
sono piuttosto il lusso, l’arroganza, l’amore per il potere
e l’amore per il denaro che ci sono nella chiesa cattolica
romana; cominciando dal suo capo carismatico. Ho voluto così mettere le cose in chiaro, prima di proseguire
l’esame di questo discorso; affinché nessuno pensi che
noi proviamo o dobbiamo provare qualche senso di colpa per la nostra avversione al papato, alla tradizione cattolica romana. Ma quale senso di colpa? Noi anzi proviamo una grande gioia nel difendere il Vangelo confutando le eresie della chiesa cattolica romana; abbiamo la
grazia di potere combattere per l’Evangelo come l’hanno avuta prima di noi molti altri; e questo faremo fino a
che avremo un’alito di vita.
- ‘...La chiesa cattolica accoglie con speranza l’impegno
ecumenico come un imperativo della coscienza cristiana
illuminata dalla fede e guidata dalla carità. Anche qui si
può applicare la parola di san Paolo ai primi cristiani di
Roma: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito Santo’, così la nostra ‘speranza
non delude’ (Rm. 5,5). Questa è la speranza dell’unità
La chiesa cattolica romana
dei cristiani, che nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo trova la sua fonte divina’.4
La chiesa cattolica, da come parla Giovanni Paolo II,
desidera ardentemente l’unità visibile di tutte le chiese;
questo è il suo disegno ed il suo papa si è fatto portavoce e promotore di questo ecumenismo; ma essa non vedrà giammai realizzarsi questo disegno di unità visibile
che sta con gran vigore perseguendo; la sua speranza in
questa unità sarà frustrata perché il suo è un astuto disegno che tende a fare confluire i figliuoli di Dio nella
chiesa cattolica romana sotto il loro papa, e Dio farà sì
che quelli che hanno conosciuto la verità non rimangano
ingannati dalle lusinghe papali. Egli “sventa i disegni
degli astuti sicché le loro mani non giungono ad eseguirli”,5 dice la Parola, per questo siamo fiduciosi che
l’astuto disegno della curia romana andrà in fallimento.
Rimarranno grandemente delusi, ne siamo sicuri; Dio ha
sempre avuto in ogni tempo dei servi fedeli che si sono
rifiutati di accondiscendere alla menzogna e
all’idolatria. Al tempo di Elia, benché il popolo avesse
abbandonato il patto di Dio e molti di coloro che parlavano da parte di Dio erano stati messi a morte dal popolo ribelle, pure Dio si era conservato un residuo di settemila uomini che non aveva piegato il loro ginocchio
davanti a Baal e non lo aveva baciato. E così nel popolo
di Dio benché alcuni apostateranno dalla fede e si lasceranno sedurre dalle lusinghe papali pure rimarranno
sempre coloro che rifiuteranno fino alla fine di piegare
il loro ginocchio davanti al papa e di baciargli il piede o
la mano. Alcuni diranno: ‘Ma perché parli così? Il papa
ci vuole bene e si sta impegnando grandemente per mettere assieme tutti i Cristiani!’ Io dico: Voi non sapete
quello che dite; fra poco potrete da voi stessi constatare
che costui, che voi dite che ci vuole bene, benché parli
con voce graziosa ha sette abominazioni in cuore suo ed
un grande odio verso la verità che però riesce a camuffare molto bene. Lui dice che l’amore di Dio è stato
sparso nei loro cuori mediante lo Spirito Santo; ma la
Scrittura dice che: “Questo è l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti”,6 e noi quest’osservanza di
comandamenti da parte loro non la vediamo. Essi hanno
lasciato i comandamenti di Dio per amore della loro tradizione, e poi prendono le parole di Paolo per sostenere
che nei loro cuori c’è l’amore di Dio. Ma quale amore di
Dio hanno? Quello finto certamente, perché se avessero
quello vero osserverebbero la Parola di Dio e noi avremmo comunione con loro. Nessuno v’inganni fratelli, Giovanni dice: “Chi dice: Io l’ho conosciuto e non
osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non
è in lui”.7 Quello che cerca di fare Giovanni Paolo II
non è di unire, ma di sedurre per via di lusinghe coloro
che non fanno parte della chiesa cattolica romana affinché ne entrino a fare parte, o almeno si alleino con essa
per servire assieme ad essa gli idoli muti per i quali va
in delirio. Lo vedremo in appresso qual’è il disegno e il
4
1
2 Cor. 6:17
2
Matt. 21:42
3
Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 7
288
Il Regno, N° 752, pag. 395
Giob. 5:12
6
1 Giov. 5:3
7
1 Giov. 2:4
5
L’ecumenismo
desiderio di Giovanni Paolo II; altro che unità, altro che
disegno di Dio; altro che verità, altro che amore di Dio!
- ‘...Passando dai principi, dall’imperativo della coscienza cristiana, alla realizzazione della via ecumenica
verso l’unità, il Concilio Vaticano II mette soprattutto in
rilievo la necessità della conversione del cuore.
L’annuncio messianico ‘il tempo è compiuto e il regno
di Dio è vicino’ e l’appello conseguente ‘convertitevi e
credete al Vangelo’ (Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la
sua missione, indicano l’elemento essenziale che deve
caratterizzare ogni nuovo inizio; la fondamentale esigenza dell’evangelizzazione in ogni tappa del cammino
salvifico della chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare,
il processo al quale il concilio Vaticano II ha dato avvio,
inscrivendo nel rinnovamento il compito ecumenico di
unire i cristiani tra loro divisi. Ecumenismo vero non c’è
senza interiore conversione. Il concilio chiama sia alla
conversione personale sia a quella comunitaria.
L’aspirazione di ogni comunità cristiana all’unità va di
pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento
della mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l’ecumenismo la contemplazione delle ‘meraviglie di Dio’ (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio
trinitario suscita l’azione di grazie: la percezione che lo
Spirito agisce nelle altre comunità cristiane, la scoperta
di esempi di santità, l’esperienze delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti
insospettabili dell’impegno cristiano (.....) Così la vita
intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa (...) Per quanto riguarda la chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in occasione
dell’anniversario del battesimo della Rus, o del ricordo,
dopo undici secoli, dell’opera di evangelizzazione dei
santi Cirillo e Metodio, ho richiamato tali esigenze e
prospettive. Più recentemente, il Direttorio per
l’applicazione
dei
principi
e
delle
norme
sull’ecumenismo, pubblicato con la mia approvazione
dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei
cristiani, le ha applicate al campo pastorale. Per quanto
riguarda gli altri cristiani, i principali documenti della
Commissione ‘Fede e costituzione’ e le dichiarazioni di
numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle comunità cristiane utili strumenti per discernere ciò che è
necessario al movimento ecumenico e alla conversione
che esso deve suscitare. Tali studi sono importanti sotto
una duplice angolatura: essi mostrano i notevoli progressi già raggiunti e infondono speranza perché costituiscono una base sicura per la ricerca che va proseguita
e approfondita...’.1
Adesso, Giovanni Paolo II passa a parlare delle cose che
occorrono per raggiungere il vero ecumenismo; comincia a parlare della conversione interiore e del rinnovamento della mente perché, secondo lui, senza di essi non
1
Il Regno, N° 752, pag. 396-397
La chiesa cattolica romana
si può raggiungere la perfetta unità tra le chiese. Ma in
cosa consistono nella pratica questa conversione interiore e rinnovamento della mente? Consistono, per i Cattolici, nel mettersi a pensare che bisogna cercare strenuamente l’unità visibile con tutte le chiese; e perciò devono darsi da fare per cercare il dialogo con gli altri Cristiani, come ci chiamano loro. Naturalmente questo dialogo essi lo devono cercare, come vedremo anche dopo,
rimanendo attaccati alla loro Tradizione; quindi
all’idolatria, alla menzogna e alla superstizione. Quindi
in effetti, i Cattolici non vogliono un vero ecumenismo
ma un falso ecumenismo; perché loro partono dal presupposto di essere nella verità e che si devono convertire più radicalmente all’Evangelo, il che significa che
essi pensano di essersi già convertiti al Vangelo ma
questa conversione deve essere più radicale. Noi, dal
canto nostro, diciamo che essi ancora non si sono per
nulla convertiti al Vangelo, e di questo ne abbiamo le
seguenti prove inconfutabili. Pregano e adorano Maria,
pregano e adorano i santi (quelli veri e quelli falsi) e gli
angeli, si prostrano davanti a statue e immagini; partecipano alla messa che per loro è la ripetizione del sacrificio di Cristo, credono in ogni specie di superstizione;
non credono nel Figlio di Dio perché dicono di non essere certi di avere la vita eterna e di essere stati salvati
dal Signore. In effetti, loro per avere comunione con noi
devono ravvedersi dai loro peccati, credere nel Vangelo
e abbandonare la loro tradizione, ed ogni sorta di idolatria; ma questo per i Cattolici, è chiaro, non rientra affatto nelle cose necessarie al raggiungimento di questo ecumenismo, anzi per loro, di queste cose non si deve
neppure parlare se si vogliono avere dialoghi fruttosi
con loro. Quindi; che dialogo ci può essere con i sordi?
Naturalmente questa conversione interiore e questo rinnovamento della mente deve essere reciproco, secondo
Giovanni Paolo II, il che significa che noi, secondo lui,
dovremmo convertirci alla causa dell’ecumenismo, ma a
quell’ecumenismo come lo intendono loro. Ma questa
non sarebbe una conversione più radicale al Vangelo per
noi, ma un vero e proprio traviamento; in altre parole
noi siamo convinti, che se cominciassimo a vedere le
cose come le vedono i Cattolici ci svieremmo e danneggeremmo noi stessi. Perché questo? Perché da come
parlano i Cattolici romani, noi se vogliamo
l’ecumenismo non dobbiamo polemizzare con loro; detto in altre parole, non dobbiamo riprovare le loro eresie
di perdizione, la loro idolatria e tante altre cose storte,
perché questo non si addice a persone che cercano di
stare assieme. Ma allora questo significa che noi dovremmo smettere di combattere il buon combattimento
che la Scrittura ci dice di combattere! allora noi non dovremmo più difendere il Vangelo, ma accondiscendere
alle loro eresie per amore di unità visibile. Ma allora ci
dovremmo mettere a tavola con loro e dirgli: ‘Rispettiamoci reciprocamente, noi rispettiamo le vostre dottrine e voi rispettate le nostre!’ Ma io domando a voi: ‘Ma
Gesù quando si trovò a tavola con i Farisei che fece?
Disse forse: ‘Sentite, cerchiamo di metterci d’accordo
sulla legge, voi dite questo ma io dico quest’altro su
questi comandamenti; però abbiamo in comune Mosè, la
289
L’ecumenismo
religione giudaica, quindi non diamo motivo di scandalo
ai Gentili; stiamo assieme ma non polemizziamo; io non
giudico voi, ma voi neppure dovere giudicare me’? Affatto, ma li rimproverò per la loro ipocrisia, e perché
essi avevano annullato la Parola di Dio con la loro tradizione. Ecco che cosa devono fare i discepoli di Cristo
che amano la verità; ammonire coloro che pur dicendosi
Cristiani hanno annullato con la loro tradizione i comandamenti di Dio. Altro che non polemizzare; altro
che non essere anticattolici! Noi siamo anticattolici;
perché sappiamo che le dottrine della chiesa cattolica
romana fino adesso hanno menato nel fuoco dell’inferno
moltitudini di persone. Esse sono là nei tormenti, e noi
dovremmo cercare di riconoscere le dottrine cattoliche
che li hanno condotti là? Non può essere; ci perseguitino pure, ci guardino pure male; noi continueremo a
distruggere i vani ragionamenti della curia romana. Ma
su questo fatto del dialogo torneremo più avanti, perché
c’è altro da dire.
- ‘...Riprendendo un’idea che lo stesso papa Giovanni
XXIII aveva espresso in apertura del concilio, il decreto
sull’ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta
in questo contesto di modificare il deposito della fede,
di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi
delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di
un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il
falso pretesto che essi non sono più compresi oggi.
L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è verità. Nel corpo di Cristo, il quale è ‘via, verità e vita’ (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere
legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? (...) Uno ‘stare insieme’ che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre
la sua comunione e con l’esigenza di verità che alberga
nel più profondo di ogni cuore umano...’.1
In questo brano Giovanni Paolo II dice in sostanza che
da parte loro non si deve modificare il deposito della
fede, i dogmi dei papi, quali quello dell’immacolata
concezione, dell’infallibilità papale, e così via, perché
l’unità dei Cristiani si può realizzare solo con l’adesione
all’integrità della fede rivelata, in altre parole aderendo
a tutte le loro tradizioni (ricordatevi che essi reputano la
tradizione come verità rivelata da Dio al pari della Scrittura). Quindi, ancora una volta, essi reputano la loro tradizione verità; e dicono in sostanza che l’unità deve essere fondata su questa verità. Ma noi credenti abbiamo
edificato la nostra vita sulla verità e non abbiano nessuna intenzione di cambiare il fondamento vero con uno
falso. Se la tengono la loro ‘verità’, si pascano delle loro
menzogne; noi di certo non ci metteremo a barattare la
verità che abbiamo conosciuto con le loro falsità. Ma
come possono pensare di eliminare l’abisso che ci separa da loro senza punto ravvedersi e senza abbandonare
la loro tradizione? Sembrerà incredibile, ma questo è
quello che stanno cercando di fare. Ci sono due modi di
1
Ibid., pag. 397
290
La chiesa cattolica romana
comportarsi nei confronti dei Cattolici. Il primo è quello
di abbandonare la verità che abbiamo conosciuto e aderire alle loro menzogne; il secondo è quello di predicare
loro il ravvedimento dalle opere morte e la remissione
dei peccati mediante la fede nel nome di Gesù, e pregare
Dio che conceda loro di ravvedersi, in questo caso i
ravveduti smetterebbero di essere membri della chiesa
romana per unirsi a noi. Noi siamo per il secondo che è
quello che fa infuriare il papato; d’altronde noi sappiamo in chi abbiamo creduto, e che questa nella quale
siamo è la via che mena alla vita, mentre quella che battono loro è la via che mena alla perdizione. E non paia
ad alcuno che seguire questo comportamento non è segno di amore verso i Cattolici romani; perché le cose
stanno proprio al contrario. Solamente dicendo ai Cattolici romani di ravvedersi e di credere nel Signore e fare
frutti degni di ravvedimento, si mostra vero amore verso
di loro. Lusingandoli e cercando di venire a compromesso con loro, invece, è segno di non volere la loro
salvezza ma solo di volere la loro amicizia. L’apostolo
ha detto: “Siccome siamo stati approvati da Dio che ci
ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo
in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova
i nostri cuori”;2 sia questo il sentimento di tutti coloro
che sono stati approvati da Dio e chiamati alla predicazione del Vangelo. Certo, i Cattolici non gradiscono che
noi parliamo contro le loro dottrine e pensano che noi li
odiamo; ma questo è l’inevitabile reazione di chi giace
ancora nell’errore contro chi gli mostra la via della salvezza senza lusingarlo.
- ‘...Così credeva nell’unità della chiesa papa Giovanni
XXIII e così egli guardava all’unità di tutti i cristiani.
Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli costatava: E’ molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide’.3
Vorrei soffermarmi brevemente su quest’ultime parole;
ma io dico: ‘Ma come fanno a dire tali cose quando fra
noi e loro non c’è niente che ci unisce? Noi domandiamo come l’apostolo Paolo: “Perché qual comunanza v’è
egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la
luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O
che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?”4 Ma vogliamo pure rispondere a queste domande dicendo che non c’è
nessuna comunanza tra la giustizia e l’iniquità, nessuna
comunione tra la luce e le tenebre, nessuna armonia fra
Cristo e Beliar, e niente di comune tra il fedele e
l’infedele, e nessun accordo tra il tempio di Dio e gli
idoli. Quindi, fratelli, non vi lasciate trascinare pure voi
a dire che con i Cattolici è più forte quello che ci unisce
che quello che ci divide; perché questo è falso. Tra noi e
loro non c’è nulla in comune,5 tra noi e loro non c’è ac2
1 Tess. 2:4
Il Regno, N° 752, pag. 398
4
2 Cor. 6:14-16
5
Forse qualcuno dirà che in comune con i Cattolici abbiamo il
Vangelo, ma non è così perché essi non predicano lo stesso
Vangelo che annunciò Cristo Gesù prima e poi gli apostoli, ma
un altro Vangelo che non può salvare nessuno. E credo questo
di averlo ampiamente dimostrato.
3
L’ecumenismo
cordo, e neppure comunione, come non ce n’è con i
Buddisti, gli Induisti e i Mussulmani; anche se apparentemente parrebbe il contrario. Non guardate
all’apparenza; non giudicate dall’apparenza.
- ‘...Quando i fratelli che non sono in perfetta comunione tra loro si riuniscono insieme per pregare, il Concilio
Vaticano II definisce la loro preghiera anima dell’intero
movimento ecumenico. Essa è un mezzo molto efficace
per impetrare la grazia dell’unità, ‘una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora
uniti con i fratelli separati’. Anche quando non si prega
in senso formale per l’unità dei cristiani, ma per altri
motivi, come, ad esempio, per la pace, la preghiera diventa di per sé espressione e conferma dell’unità. La
preghiera comune dei cristiani invita Cristo stesso a visitare la comunità di coloro che lo implorano: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a
loro (Mt. 18,20). Quando si prega insieme tra cristiani,
il traguardo dell’unità appare più vicino (...) Sulla via
ecumenica verso l’unità, il primato spetta senz’altro alla
preghiera comune, all’unione orante di coloro che si
stringono insieme attorno a Cristo stesso. Se i cristiani,
nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la
loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò che li unisce. Se si incontreranno
sempre più spesso e più assiduamente davanti a Cristo
nella preghiera, essi potranno trarre coraggio per affrontare tutta la dolorosa e umana realtà delle divisioni, e si
ritroveranno insieme in quella comunità della chiesa che
Cristo forma incessantemente nello Spirito Santo, malgrado tutte le debolezze e gli umani limiti (...) La preghiera ‘ecumenica’ è a servizio della missione cristiana
e della sua credibilità. Per questo essa deve essere particolarmente presente nella vita della chiesa e in ogni
attività che abbia lo scopo di favorire l’unità dei cristiani (...) E’ motivo di gioia il constatare come i tanti incontri ecumenici comportino quasi sempre la preghiera
e anzi culminino con essa (...) In questi anni, tanti degni
rappresentanti di altre chiese e comunità ecclesiali mi
hanno fatto visita a Roma e con loro ho potuto pregare,
in circostanze pubbliche e private’.1
Ora, Giovanni Paolo II mette molta enfasi sulla preghiera per l’unità dei Cristiani; secondo lui questa preghiera
ecumenica è molto importante per raggiungere l’unità. Il
Direttorio per l’ecumenismo, organo cattolico, costituito
per dirigere i cattolici in questa via dell’ecumenismo
incoraggia i cattolici a partecipare a delle riunioni di
preghiera con i membri delle Chiese evangeliche. Naturalmente, a tale riguardo, esso dà loro delle chiare direttive come per esempio queste: A) ‘Tale preghiera dovrebbe essere preparata di comune accordo, con
l’apporto dei rappresentanti di chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi. E’ insieme che converrebbe precisare
il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture
bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare’; B) ‘Sebbene la propria chiesa sia il luogo in cui una comunità
ha l’abitudine di celebrare normalmente la propria litur-
La chiesa cattolica romana
gia, le celebrazioni comuni, di cui si è ora parlato, possono avere luogo nella chiesa dell’una o dell’altra delle
comunità interessate, con il consenso di tutti i partecipanti. Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occorre
che sia a tutti gradito, che possa essere convenientemente sistemato e che favorisca la devozione’; C) E’ necessario che si presti sempre seria attenzione tanto a ciò che
è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze di
dottrina che esistono, quanto all’insegnamento e alla
disciplina della chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale’; D) Dato che la celebrazione dell’eucarestia
nel giorno del Signore è il fondamento e il centro di tutto l’anno liturgico, i cattolici, fatto salvo il diritto delle
chiese orientali, hanno l’obbligo di partecipare alla messa la domenica e nei giorni di precetto. Per questo motivo si sconsiglia di organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre chiese e
comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l’obbligo
di partecipare alla messa’.2
Qual’è la nostra convinzione a riguardo di questa preghiera ecumenica con i Cattolici che il loro papa tanto
incoraggia? Questa; che noi non possiamo metterci a
pregare con i Cattolici romani affinché Dio ci unisca a
loro; perché preghiamo per loro affinché siano salvati e
diventino così dei Cristiani. E’ veramente assurdo mettersi a pregare con degli increduli affinché Dio unisca
noi con loro quando bisogna invece pregare per la loro
salvezza. Paolo era Giudeo di nascita, ma non se ne andava a pregare con i Giudei disubbidienti che contrastavano alle cose che lui diceva, ma pregava per la loro
salvezza infatti disse ai Romani: “Fratelli, il desiderio
del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che
siano salvati”.3 Per questo anche noi non ci pensiamo a
riunirci con il papa, i vescovi, i preti, le suore e gli altri
Cattolici romani per pregare con loro per la nostra unità;
perché sappiamo che essi sono perduti e preghiamo Dio
affinché li salvi. E dato che siamo in tema di preghiera,
ricordiamo la famosa giornata mondiale di preghiera
organizzata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. In
quel giorno, lui dice, che ‘i cristiani delle varie chiese e
comunità ecclesiali hanno invocato con una sola voce il
Signore della storia per la pace nel mondo. In quel giorno, in modo distinto ma parallelo, hanno pregato per la
pace anche gli ebrei e i rappresentanti delle religioni
non cristiane, in una sintonia di sentimenti che hanno
fatto vibrare le corde più profonde dello spirito umano’.4 In quel giorno si riunirono i capi di 62 religioni per
pregare; i Pellerossa, i Buddisti, gli Induisti, i Mussulmani e tanti altri con in mezzo Giovanni Paolo II si misero a pregare. Che confusione! Altro che vibrazione
delle corde più profonde dello spirito umano; qui abbiamo assistito ad una manifestazione di ipocrisia. In
quel giorno tutte quelle personalità riunite a pregare ci
hanno ricordato le parole di Gesù: “E quando pregate,
non siate come gl’ipocriti; poiché essi amano di fare o2
Il Regno, N° 718, anno 1994, pag. 24
Rom. 10:1
4
Il Regno, N° 752, pag. 410
3
1
Il Regno, N° 752, pag. 398, 399
291
L’ecumenismo
razione stando in piè nelle sinagoghe e ai canti delle
piazze per esser veduti dagli uomini. Io vi dico in verità
che cotesto è il premio che ne hanno”.1 E questa sarebbe
la preghiera ecumenica che lui ritiene efficace per
l’unità dei Cristiani e per la pace nel mondo? Ma per
quanto riguarda in specifico la preghiera dei Cattolici
per l’unità bisogna dire pure che essi s’appoggiano sulla
mediazione di Maria quando pregano per l’unità infatti
si legge nella rivista Alleluja: ‘Maria prega per l’unità
delle chiese, conducendoci a suo figlio per pronunciare
insieme il nome di Gesù. Ella ci invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna....’.2
Quindi concludendo, il fatto che essi si mettono a pregare con i Mussulmani, con i Buddisti, con gli Induisti, e
con tanti altri pagani, e il fatto che essi si appoggiano
sulla mediazione di Maria confermano chiaramente che
essi sono sotto la potestà delle tenebre, e che è impensabile mettersi a pregare con loro. Giovanni Paolo II dice
di essere contento che tante riunioni ecumeniche terminano con la preghiera comune; noi dal canto nostro siamo rattristati nel constatare non soltanto che taluni dei
nostri, illusi dalla chiesa cattolica romana, si sono messi
a dialogare con i rappresentanti cattolici per raggiungere
non sappiamo quale accordo con costoro che non hanno
nessuna intenzione di rinunciare alle loro eresie, ma anche che si mettono pure a pregare con loro.
- ‘...Se la preghiera è l’anima del rinnovamento ecumenico e dell’aspirazione all’unità, su di essa si fonda e da
essa trae sostentamento tutto ciò che il concilio definisce
‘dialogo (...) il dialogo non è soltanto uno scambio di
idee. In qualche modo esso è sempre uno ‘scambio di
doni’. Per questo motivo, anche il decreto conciliare
sull’ecumenismo pone in primo piano tutti gli sforzi per
eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano
con equità e verità la condizione dei fratelli separati e
perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi.
Questo documento affronta la questione dal punto di
vista della chiesa cattolica e si riferisce al criterio che
essa deve applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi
è però in tutto questo un’esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di ciascuna delle parti che
vogliono fare dialogo ed è condizione previa per avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e
di conflitto a un livello nel quale l’uno e l’altro si riconoscono reciprocamente partner. Quando si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presupporre una volontà di riconciliazione nel suo interlocutore, di unità
nella verità. Per realizzare tutto questo, le manifestazioni del reciproco contrapporsi debbono sparire. Soltanto
così il dialogo aiuterà a superare la divisione e potrà avvicinare all’unità (....) Il dialogo ecumenico ha un importanza essenziale. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima
della dottrina e della vita di entrambe le comunioni, e
inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia
collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni co-
La chiesa cattolica romana
scienza cristiana per il bene comune e, nel modo come è
permesso, si radunino per pregare assieme’.3
Eccoci al dialogo a cui ho accennato prima, e che il Vaticano considera molto importante tenere con noi. Innanzi tutto bisogna dire che il Vaticano ha deciso, per
rendere fruttuosi i suoi dialoghi con alcune chiese cristiane evangeliche, di eliminare dai suoi discorsi tutte
quelle parole e giudizi e comportamenti che rendono più
difficile il suo dialogo con esse; infatti è da notare che
quando parla ufficialmente dei Protestanti non li definisce né sette e neppure eretici e apostati; ma li chiama
‘fratelli separati’, ‘gli altri cristiani’, ‘comunità ecclesiali’, e ‘le altre chiese’ che sono tutti termini che fanno
apparire la chiesa cattolica romana gioiosa per la nostra
esistenza, e fanno credere che essa ci riconosce come
Cristiani anche se non facciamo parte di essa. Certo, a
differenza di molti papi del passato, Giovanni Paolo II è
uno di quelli che usa belle parole verso noi. Però, quantunque la chiesa romana usi questi termini verso noi essa afferma che le stesse chiese e comunità separate,
hanno delle carenze perché, come dice il decreto
sull’ecumenismo, ‘solo per mezzo della cattolica chiesa
di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si
può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’. E
qui cade di nuovo in contraddizione! Ma che cosa vuole
dire con queste parole? Che noi non possediamo tutta la
pienezza dei mezzi di salvezza, perché questa la possiede solo lei! Ma allora siamo perduti? Affatto, perché noi
abbiamo conosciuto Cristo Gesù, il Salvatore del mondo. Egli dimora in noi e della sua pienezza noi abbiamo
ricevuto e grazia sopra grazia. In lui noi abbiamo tutto
pienamente; perché “Cristo è ogni cosa e in tutti”.4 Certo, noi non possediamo i sette sacramenti che ha la chiesa cattolica e che essa definisce i mezzi della salvezza,
ma vogliamo ricordare che la salvezza si ottiene per
mezzo di una persona, Cristo Gesù, che è lo strumento
della salvezza di Dio. E’ la fede in lui che salva, non la
pratica dei sacramenti cattolici. Ma veniamo a questo
dialogo. Giovanni Paolo II fa chiaramente capire che il
dialogo con ‘le altre chiese’, per essere fruttuoso, esige
che anche ‘gli altri cristiani’ eliminino parole e giudizi
che possono urtare gli animi dei Cattolici e rendere difficile il dialogo. Che significa questo? Significa che noi
se vogliamo metterci a dialogare con loro dobbiamo
metterci a chiamarli fratelli, Chiesa di Dio; non dobbiamo dirgli che la dottrina del purgatorio è un’eresia,
che il culto a Maria è idolatria, che il papa non è né il
capo della Chiesa e neppure il successore di Pietro; che
la salvezza è impossibile ottenerla per mezzo dei loro
sacramenti e tante altre cose. Insomma ci dovremmo
mettere a discutere delle cose relative al regno di Dio
alla loro maniera, dicendogli che hanno ragione pure
loro e che noi riconosciamo che anche in loro c’è la verità, e perché? Per non urtarli, e per non porre ostacoli al
dialogo!! Sia ben chiaro fratelli; con i Cattolici non si
può e non si deve mai passare da una posizione di antagonismo ad un livello nel quale si accettano come fratel-
1
3
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Matt. 6:5
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Col. 3:11
L’ecumenismo
li o si riconoscono i loro sacramenti o altre loro eresie.
Chi si mette a farlo si corrompe; chi lo fa diventa sale
insipido che non serve più a nulla. Badate dunque a voi
stessi. Non vi lasciate trarre in inganno da questi loro
sofismi. La verità è una; e non si trova nei riti e nelle
dottrine della chiesa cattolica; quindi c’è poco da dialogare. Bisogna esortarli a ravvedersi e a credere nel Vangelo! Noi non siamo affatto disposti ad abbassare la
guardia e a smettere di contrapporci all’arroganza e alle
menzogne della chiesa cattolica romana. Paolo disse a
Timoteo: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a
certuni che non insegnino dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di
Dio, che è in fede”;1 ed a Tito disse che il vescovo deve
essere “attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di
convincere i contraddittori. Poiché vi son molti ribelli,
cianciatori e seduttori di menti... ai quali bisogna turar la
bocca..”;2 quindi ogni ministro di Dio è chiamato a convincere i contraddittori, e a turare la bocca a coloro che
insegnano cose perverse per amore di disonesto guadagno. Non mi sembra che Paolo abbia detto a Timoteo o
a Tito di mettersi a dialogare attorno ad un tavolo con i
ribelli per cercare un accordo con loro, e per conoscere
meglio le loro dottrine per essere arricchito spiritualmente! Quando il proconsole Sergio Paolo, chiamati a
sé Barnaba e Saulo, chiese di udire la Parola di Dio, è
detto che Elima, un falso profeta Giudeo, cercava di
stornare il proconsole dalla fede. Ma che fece Paolo?
Gli disse fraternamente: ‘Ascolta caro fratello Elima,
cerchiamo di dialogare, e così capirai che noi stiamo
dicendo il vero? Affatto, ma gli disse: “O pieno d’ogni
frode e d’ogni furberia, figliuol del diavolo, nemico
d’ogni giustizia, non cesserai tu di pervertir le diritte vie
del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è sopra
te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in quell’istante, caligine e tenebre caddero su lui;
e andando qua e là cercava chi lo menasse per la mano”.3 Quando Stefano parlò davanti al Sinedrio, disse
loro: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e
d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo;
come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei
profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero
quelli che preannunziavano la venuta del Giusto, del
quale voi ora siete stati i traditori e gli uccisori; voi, che
avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non
l’avete osservata”.4 Ecco come si espressero degli uomini pieni di Spirito Santo verso coloro che contrastavano lo Spirito Santo. Elima pervertiva le diritte vie del
Signore e cercava di stornare il proconsole dalla fede; e
il Sinedrio contrastava lo Spirito Santo, tutte cose che fa
pure la curia romana; perché anch’essa cerca di stornare
le persone dalla fede e contrasta lo Spirito Santo e per1
1 Tim. 1:3,4
Tito 1:9-11
3
Atti 13:10,11
4
Atti 7:51-53
2
La chiesa cattolica romana
verte le diritte vie del Signore; e noi che faremo? Lasceremo che essi dicano tutto quello che vogliono, senza
levare la nostra voce di protesta contro di loro? Così,
non sia! Non ci tacceremo; non smetteremo di contrapporci a costoro; ma con la grazia di Dio vogliamo turare
la loro bocca affinché le persone comprendano di essere
state ingannate da essi.
Badate a voi stessi, o ministri del Vangelo perché la
chiesa cattolica romana cerca con le sue dolci parole in
tutte le maniere di renderci malleabili; per dirigere le
cose nella direzione che essa vuole. Sappiate che voi
siete nella verità e loro sono nell’errore; voi siete nella
luce e loro nelle tenebre; voi siete salvati e loro perduti;
voi potete arricchire loro ma loro possono solo derubarvi la vostra ricchezza! Portate il messaggio
dell’Evangelo ai Cattolici; ma con ogni franchezza; senza celare loro nulla; non lusingateli altrimenti Dio chiederà conto del loro sangue alla vostra mano. Sono loro
che devono riconoscere che noi siamo nella verità; sono
loro che devono tornare a noi e non noi a loro. Sono loro che devono riconoscere i nostri ordinamenti e non noi
i loro sacramenti! Noi lo diciamo chiaramente: noi conosciamo già a fondo le dottrine cattoliche, e non abbiamo bisogno di dialogare con loro per acquistare una
conoscenza più vera di esse, e meno che meno per acquistare una più giusta stima di esse. Ma io domando a
coloro che sono in favore di questi dialoghi ecumenici:
‘Ma quale più giusta stima pensate si può acquistare
delle eresie della chiesa cattolica romana che hanno menato nel soggiorno dei morti decine e decine di milioni
di persone di tutto il mondo fino a questo presente giorno? No, noi non possiamo acquistare nessuna stima delle eresie della chiesa cattolica romana; possiamo e dobbiamo solo confutarle e riprovarle privatamente e pubblicamente. Non ci sono alternative!
- ‘...Il dialogo è anche strumento naturale per mettere a
confronto i diversi punti di vista e soprattutto esaminare
quelle divergenze che sono di ostacolo alla piena comunione dei cristiani tra di loro. Il decreto
sull’ecumenismo si sofferma, in primo luogo, a descrivere le disposizioni morali con le quali vanno affrontate
le conversazioni dottrinali: Nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa,
nell’investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà... ‘.5
Continuiamo a parlare di questo dialogo che la chiesa
cattolica romana dopo il concilio Vaticano II ha instaurato con molte Chiese evangeliche, tra cui anche diverse
chiese pentecostali (il dialogo con i Pentecostali è iniziato ufficialmente nel 1972 e prosegue tuttora). Come
potete vedere a distanza di trenta anni dal concilio Vaticano II (che ha segnato l’inizio dello sforzo ecumenico
cattolico) il capo della chiesa cattolica romana si esprime a riguardo di questo dialogo dicendo che i teologi
romani devono rimanere fermi nella dottrina cattolica
romana in questo dialogo con i ‘fratelli separati’. Questo
significa che non devono cedere su nessun punto, ma
5
Il Regno, N° 752, pag. 401
293
L’ecumenismo
portare avanti le loro dottrine senza vacillare; e sono
passati ben trent’anni dalla fine del concilio Vaticano II!
Ma allora è inevitabile domandarsi; ‘Ma se parlano in
questa maniera perché cercano in tutte le maniere il dialogo con le Chiese evangeliche? Le conoscono bene
quali siano le abissali divergenze dottrinali che ci separano da loro; quindi, secondo noi, è falsa la loro affermazione secondo la quale essi cercano il dialogo con
noi per conoscere meglio quello che noi insegniamo e
per acquistare una più giusta stima della dottrina che
professiamo. Giovanni Paolo II ha definito anche il dialogo con i Cristiani evangelici uno scambio di doni; ma
quali sono questi doni che durante questi ultimi tre decenni hanno preso dagli Evangelici? Nessuno; difatti nel
Catechismo della chiesa cattolica del 1993, a cura di
Rino Fisichella, che è presentato ai Cattolici da lui stesso ci sono le stesse dottrine che ci sono sul Nuovo manuale del catechista di Giuseppe Perardi del 1939. I fatti
parlano chiaro; hanno tenuto tanti e tanti dialoghi e sono
rimasti fermi su tutti i loro punti dottrinali! Non è questo
un segno sufficiente per capire che questo loro dialogo
che vogliono avere con gli Evangelici ha come fine
quello di strappare loro delle concessioni e di offrirgli la
loro amicizia e ‘fraternità’ a condizione che essi facciano un qualche compromesso? Facciamo un esempio per
fare comprendere ciò; il Vaticano vuole il reciproco riconoscimento dei battesimi difatti lo stesso Giovanni
Paolo II ha detto: ‘Il Direttorio per l’applicazione dei
principi e delle norme sull’ecumenismo auspica un reciproco e ufficiale riconoscimento dei battesimi. Ciò che
va ben al di là di un atto di cortesia ecumenica e costituisce una basilare affermazione ecclesiologica’.1 Che
significa tutto ciò? Significa che se noi riconosciamo il
loro battesimo essi riconosceranno ufficialmente anche
il nostro; ma per riconoscere il loro battesimo per infusione dovremmo non solo dare un altro significato al
battesimo perché dovremmo dire che esso cancella i
peccati, ma dovremmo pure affermare che esso può essere ministrato agli infanti e per infusione perché è valido lo stesso. Quindi è da escludersi nella maniera più
assoluta che noi ci mettiamo a barattare la verità sul battesimo in cambio della ‘fraternità’ cattolica. Ma non tutti sono disposti a disconoscere il battesimo per infusione
della chiesa cattolica romana, perché sanno che il dialogo ecumenico in questo caso si interromperebbe o subirebbe un grave colpo. Tra costoro c’è Cecil M. Robeck
Jr. che è un membro di spicco delle Assemblee di Dio
americane che da anni dialoga a livello ufficiale con la
chiesa cattolica romana. In un suo scritto (redatto assieme a Jerry L. Sandidge che ora è morto ma che al
tempo era membro anche lui delle Assemblee di Dio
americane) afferma quanto segue: ‘Noi crediamo che i
paralleli che esistono fra la pratica Pentecostale della
dedicazione degli infanti e la pratica Cattolica Romana
del battesimo degli infanti possiedono una grande promessa per l’apprezzamento e la comprensione reciproci
(hold great promise for mutual understanding and appreciation). Noi suggeriamo quindi che il battesimo dei
1
Ibid., pag. 403
294
La chiesa cattolica romana
credenti (sia esso dei bambini di età appropriata che degli adulti) continui ad essere affermato nella teologia e
nella pratica Pentecostale e che il battesimo degli infanti
compiuto in un’altra famiglia confessionale Cristiana
può essere visto come un alternativa accettabile ed equivalente basata su considerazioni storiche e teologiche. Così, se una persona che si unisce a una chiesa
Pentecostale era stata battezzata da infante o da bambino e se quel battesimo è stato vivificato e reso pieno di
significato attraverso un susseguente e incontro spirituale con Cristo, i Pentecostali non hanno bisogno di insistere sul battesimo in acqua da adulti’.2 E allora che faranno? Lo vedremo presto; perché la chiesa cattolica
romana sta facendo forza affinché le Chiese evangeliche
con cui dialoga riconoscano il suo battesimo e la sua
dottrina sul battesimo. Ma comunque non importa se
alcune Chiese evangeliche riconosceranno il battesimo
cattolico; noi continueremo a ribadire che il battesimo
cattolico romano è nullo. Ma il fatto è che se la chiesa
cattolica romana strapperà a certe Chiese evangeliche il
riconoscimento del suo battesimo, allora sarà incoraggiata a proseguire su questa linea, e cercherà subito di
strappare un altro riconoscimento ancora più importante
per lei che è quello della sua messa. Voi sapete che la
messa, o eucaristia, secondo la dottrina cattolica è la ripetizione del sacrificio di Cristo; quindi se qualche
Chiesa evangelica riconoscerà la sua messa vuole dire
che riconoscerà in essa la ripetizione del sacrificio di
Cristo, il che significa dire ‘amen’ ad una bestemmia.
Non vi illudete voi che siete per l’ecumenismo con la
chiesa cattolica romana; perché il fine che si propone il
Vaticano è quello di portare gli Evangelici a riconoscere
la sua messa e a parteciparvi. Lo ha detto chiaramente lo
stesso Giovanni Paolo II quando ha detto: ‘E’ come se
noi dovessimo sempre ritornare a radunarci nel cenacolo
del Giovedì santo, sebbene la nostra presenza insieme,
in tale luogo, attenda ancora il suo perfetto compimento,
fino a quando, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta
comunione ecclesiale, tutti i cristiani si riuniranno
nell’unica celebrazione dell’eucaristia’.3 Quindi non vi
lasciate trarre in inganno dalle loro dolci parole; perché
questa loro cosiddetta fraternità che essi sbandierano e
vi offrono ha un prezzo: la verità. Che farete dunque?
Venderete la verità in cambio della loro amicizia, o direte: ‘No, noi non possiamo spostare i limiti posti dagli
apostoli’? Io vi dico: Non vendete la verità; difendetela
strenuamente anche dinanzi ai Cattolici: disconoscete
tutte le loro eresie; turategli la bocca e ritiratevi da questo dialogo che avete intrapreso con loro inutilmente.
2
Cecil M. Robeck, Jr., and Jerry L. Sandidge, ‘The ecclesiology of Koinonia and baptism: a pentecostal perspective’,
(L’ecclesiologia della koinonia e del battesimo: una prospettiva pentecostale) in Journal of Ecumenical Studies (Giornale di
studi ecumenici), 27:3. Summer 1990, pag. 531. Il Robeck e
tutti coloro che la pensano come lui ingannano loro stessi e
dimostrano di non conoscere (o di fare finta di non conoscere)
la dottrina cattolica sul battesimo, ed anche di non tenere per
nulla in considerazione l’insegnamento della Parola di Dio sul
battesimo.
3
Il Regno, N° 752, pag. 398
L’ecumenismo
- ‘Quanto detto sopra a proposito del dialogo ecumenico dalla conclusione del concilio in poi induce a rendere
grazie allo Spirito di verità promesso da Cristo Signore
agli apostoli e alla chiesa (cf. Gv 14,26). E’ la prima
volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei
cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa
a un ambito tanto vasto. Ciò è già un immenso dono che
Dio ha concesso e che merita tutta la nostra gratitudine
(..) Uno sguardo d’insieme sugli ultimi trent’anni fa
meglio comprendere molti dei frutti di questa comune
conversione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto
strumento il movimento ecumenico. Avviene ad esempio che - nello stesso spirito del discorso della montagna
- i cristiani appartenenti a una confessione non considerino più gli altri cristiani come nemici o stranieri, ma
vedano in essi dei fratelli e delle sorelle. D’altro canto,
persino all’espressione fratelli separati, l’uso tende a
sostituire oggi vocaboli più attenti a evocare la profondità della comunione - legata al carattere battesimale che lo Spirito alimenta malgrado le rotture storiche e
canoniche. Si parla degli ‘altri cristiani’, degli ‘altri battezzati’, dei ‘cristiani delle altre comunità’. Il Direttorio
per l’applicazione dei principi e delle norme
sull’ecumenismo designa le comunità alle quali appartengono quei cristiani come ‘chiese e comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la chiesa cattolica’ (...) In una parola, i cristiani si sono convertiti a
una carità fraterna che abbraccia tutti i discepoli di Cristo’.1
In questa parte del suo discorso, Giovanni Paolo II mostra la sua gioia per i progressi che si sono fatti in questo
dialogo ecumenico con molte Chiese evangeliche incominciato trent’anni fa circa. Egli ha ragione nel dire che
‘è la prima volta nella storia che l’azione in favore
dell’unità dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto’, perché in effetti
non ci sono mai state così tante chiese cristiane evangeliche di tutte le denominazioni, comprese anche delle
denominazioni pentecostali, che hanno intrattenuto questo dialogo ecumenico con i Cattolici romani, come ci
sono oggi. All’inizio erano poche, ma adesso sono veramente tante. Noi siamo grandemente rattristati invece
nel vedere ciò, ma anche preoccupati per molti nostri
fratelli i cui pastori li trascinano in questa fossa
dell’ecumenismo con i Cattolici romani. Ma questo segno non è altro che uno degli albori della apostasia che
deve esserci prima della venuta del Signore; devono avvenire queste cose; perciò non ce ne meravigliamo. Paolo ha detto che “un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta”;2 per questo non c’è da meravigliarsi se questo cancro dell’ecumenismo si è diffuso così tanto nel corpo di
Cristo. Ora, noi consideriamo un dato molto preoccupante che i Cattolici, a livello ufficiale, si siano messi a
chiamare molti Cristiani evangelici ‘fratelli separati’; e
non più eretici, o apostati; perché questo sta a dimostrare come molti di coloro che si rifanno nei punti cardini
della loro dottrina alla Riforma, hanno smesso di prote1
Ibid., pag. 402
1 Cor. 5:6
2
La chiesa cattolica romana
stare contro la chiesa cattolica romana, hanno smesso di
combattere per l’Evangelo come fecero alcuni secoli fa i
riformatori. Ma perché siamo giunti a questa conclusione? Perché al tempo della Riforma, cioè circa quattrocento anni fa, in Europa e nel mondo i papi non
chiamavano ‘fratelli separati’ Calvino, Lutero e molti
altri, ma li chiamavano con ogni sorta di appellativo
spregevole! Basta andare a rispolverare alcuni dei libri
dei teologi cattolici di quel tempo, o anche leggere discorsi dei papi d’allora per rendersene conto. Come mai
allora questo cambiamento di espressioni da parte cattolica, quando le sue dottrine di demoni sono rimaste nella
sostanza le stesse, anzi ve ne sono aggiunte molte altre e
noi ci atteniamo ancora in diversi punti alle dottrine
proclamate dai riformatori? E’ semplice; perché molti di
quelli che essa chiama Protestanti, non protestano più
contro di essa, come facevano i loro predecessori! Ma il
motivo è anche un altro; la chiesa cattolica romana col
passare del tempo si è resa conto che molte persone uscivano da essa per unirsi a noi, e che con la forza non
riuscivano a farli tornare nel suo seno; quindi ha cambiato tattica. Oggi usa le lusinghe, i riconoscimenti e
tante altre astuzie ad essi collegati per fare tornare in
essa quelli che l’hanno lasciata. Non è qualche cosa da
sottovalutare questo cambiamento di atteggiamento
formale da parte della chiesa cattolica, perché con esso,
in molti casi, è riuscita ad ammorbidire e talvolta a fare
scomparire la protesta di molti Cristiani evangelici.
Questo lo si può constatare anche dal fatto che oggi
molti, proprio perché la chiesa cattolica romana apparentemente si umilia e dice di riconosce in noi dei Cristiani, non vogliono più polemizzare con essa, ossia non
vogliono che si confutino con vigore e con ogni franchezza le sue dottrine, come si faceva una volta; perché
questo potrebbe raffreddare il dialogo che hanno instaurato con i ribelli. Dove sono oggi i libri dove vengono
messe a nudo le eresie della chiesa romana e vengono
annullate mediante la Scrittura? Dove sono oggi i predicatori che denunciano dal pulpito con ogni franchezza le
dottrine di questa organizzazione come facevano secoli
addietro i riformatori? Si possono veramente contare;
perché si fanno sempre più rari col tempo. Ecco una delle cose che ha prodotto questo dialogo ecumenico!
Ma a questo punto, bisogna dire anche che è molto preoccupante e rattristante constatare che molti di quelli
che si dicono Cristiani evangelici si sono messi a chiamare i Cattolici, ‘cristiani’, ‘fratelli’; perché? Perché
allora viene di domandarsi: Ma allora non c’è più bisogno di predicare il ravvedimento e la fede ai Cattolici,
se essi sono tutti dei nostri fratelli? Sono già salvati;
quindi che bisogno c’è di scongiurarli a salvarsi? Ma
qui il fatto è che bisogna predicare il ravvedimento e la
fede a quei cosiddetti Cristiani evangelici che o non sono mai nati di nuovo o che hanno perduto il discernimento. A voi che portate il nome di Cristiani evangelici
ma che non siete affatto dei Cristiani, io vi dico; Ravvedetevi e credete al Vangelo per ottenere la remissione
dei vostri peccati e scampare all’ira a venire’; e a voi
fratelli che invece siete stati ingannati dalle lusinghe papali diciamo invece: Ravvedetevi e tornate al Signore
295
L’ecumenismo
dal quale vi siete allontanati per cercare il favore dei
Cattolici romani.
- ‘...Accade sempre più spesso che i responsabili delle
comunità cristiane prendano insieme posizione, in nome
di Cristo, su problemi importanti che toccano la vocazione umana, la libertà, la giustizia, la pace, il futuro del
mondo. Così facendo essi ‘comunicano’ in uno degli
elementi costitutivi della missione cristiana; ricordare
alla società, in un modo che sappia essere realista, la
volontà di Dio, mettendo in guardia le autorità e i cittadini perché non seguano la china che condurrebbe a calpestare i diritti umani (....) Numerosi cristiani di tutte le
comunità, a motivo della loro fede, partecipano insieme
a progetti coraggiosi che si propongono di cambiare il
mondo nel senso di fare trionfare il rispetto dei diritti e
dei bisogni di tutti, specie dei poveri, degli umiliati e
degli indifesi. Nella lettera enciclica Sollicitum rei socialis ho constatato con gioia questa collaborazione, sottolineando che la chiesa cattolica non può sottrarvisi (...)
Oggi constato con soddisfazione che la già vasta rete di
collaborazione ecumenica si estende sempre più. Anche
per influsso del Consiglio ecumenico delle chiese si
compie un grande lavoro in questo campo’.1
Cambiare il mondo per fare trionfare la giustizia! questo
è dunque il progetto della chiesa cattolica romana, e in
questo suo progetto ha trascinato e sta trascinando pure
molte Chiese evangeliche. Cominciamo col dire che è
un inganno pensare che si può cambiare questo mondo e
far trionfare la giustizia in esso; Gesù quando venne in
questo mondo non cambiò il mondo, nel senso che ai
suoi giorni continuarono ad esserci i poveri, i perseguitati a cagione di giustizia, e quelli che subivano ogni
sorta di soprusi, e di conseguenza continuarono ad esserci coloro che procacciavano il male del loro prossimo. Anche ai giorni degli apostoli, il mondo continuò
ad essere lo stesso; difatti continuarono ad esserci le ingiustizie sociali. Ma sia Gesù che gli apostoli non si impegnarono nella lotta sociale per fare trionfare la giustizia sociale. Loro predicarono l’Evangelo e molti si ravvidero e credettero in esso, fecero del bene agli uomini;
ma non si misero in testa che potevano cambiare il
mondo e fare trionfare il rispetto dei diritti di tutti. Loro
stessi erano poveri e furono perseguitati a motivo di
giustizia; subirono ogni sorta di ingiustizie, furono nel
bisogno, abbandonati e derisi dai loro nemici; eppure
sopportarono tutto ciò con pazienza sapendo di essere
stati chiamati a questo. Ed anche noi non ci illudiamo;
se vogliamo seguire le orme di Cristo e quelle degli apostoli, anche i nostri diritti saranno calpestati dagli
uomini; anche noi subiremo ingiustizie di ogni genere
dagli uomini che non conoscono Dio perché Gesù ha
detto: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”,2 e Paolo ha detto che “tutti quelli che voglion
vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”.3
La Chiesa di Dio che vuole condursi in modo degno del
Vangelo sarà perseguitata; non può essere altrimenti.
1
Il Regno, N° 752, pag. 403.
Giov. 15:20
3
2 Tim. 3:12
2
296
La chiesa cattolica romana
Queste sono le ragioni per cui noi crediamo che, in
qualsiasi caso, non ci si deve mettere in testa il pensiero
che se ci mettiamo tutti assieme, potremo levare la nostra voce in favore della giustizia in maniera più forte e
trasformare questo mondo di tenebre. Ma questo è proprio quello che la chiesa romana vuole fare pensare agli
altri. State attenti perché questo modo di parlare della
chiesa romana ha come fine quello di distrarvi dal buon
combattimento e coinvolgervi nella politica. Sì, nella
politica a cui essa da molti secoli si dà; non dimenticate
che la chiesa romana è politica. Noi credenti non abbiamo nessuna intenzione di darci alla politica o di fare
politica per cercare di fare trionfare il diritto in questo
mondo. Noi, la politica la lasciamo fare a quelli che Dio
a preposti a farla, e per loro preghiamo affinché Dio li
guidi e li aiuti.
Giovanni Paolo II è a capo di un impero temporale;
quindi parla e si comporta da uomo potente della terra;
per questo non parla e non vive come Gesù Cristo o
come l’apostolo Pietro di cui si dice il successore. Ed
essendo capo di uno Stato anche lui cerca di salvaguardare gli interessi del suo Stato, e di estendere in una
maniera o nell’altra il suo potere nel mondo; esattamente quello che hanno fatto i suoi predecessori durante i
secoli passati. Quindi è comprensibile che lui parli di
lotta sociale e di iniziative che hanno come fine quello
di persuadere le autorità di uno Stato a fare o non fare
qualche cosa. Ha il potere di farlo e lo fa. Ma il fatto è
che lui sta cercando di coinvolgere in questa lotta politica, perché tale è, anche noi che dalla politica ce ne dobbiamo stare fuori e lontano per non corromperci. Ma
badate che il fine che egli si propone non è quello di fare trionfare il rispetto dei diritti; ma il rispetto verso di
lui e verso la chiesa cattolica romana. E’ manifesto questo, chi ha gli occhi aperti lo vede bene tutto ciò. Quello
che invece noi vogliamo fare è annunciare il ravvedimento e la parola della fede alla chiesa cattolica romana
e denunciare le sue eresie, le sue ipocrisie, le sue falsità,
che tengono milioni di persone lontano dalla giustizia di
Dio che è in Cristo Gesù. Questa è la lotta che noi perseguiamo. Certo, sappiamo che non tutta la chiesa cattolica romana si convertirà al Signore; comunque vogliamo fare di tutto affinché molti suoi carcerati vengano
alla conoscenza della verità e siano così liberati dal giogo di questa religione organizzata. Quindi, per concludere; il papa dei Cattolici è contento che molte Chiese
evangeliche si impegnano, come fa lui ed assieme a lui,
a livello politico per fare trionfare il rispetto dei diritti; o
meglio per estendere il loro potere temporale sulla terra
dimenticando che il regno di cui Cristo, il capo della
Chiesa, è a capo non è di questo mondo. Noi perciò
siamo rattristati nel constatare che anche delle Chiese
evangeliche vogliono costituire il loro papato sulla terra,
e riproviamo questo loro comportamento fatto di compromessi, di interessi personali, di menzogne e di ipocrisie. La Chiesa di Dio deve predicare il Vangelo agli
uomini e pregare per la loro salvezza; perché solo se gli
uomini accettano il Vangelo potranno mettersi a procacciare la giustizia e il bene altrui.
L’ecumenismo
- ‘I progressi della conversione ecumenica sono significativi anche in un altro settore, quello relativo alla Parola di Dio. Penso prima di tutto a un evento così importante per svariati gruppi linguistici come le traduzioni
ecumeniche della Bibbia (....) Tali traduzioni, opera di
specialisti, offrono generalmente una base sicura alla
preghiera e all’attività pastorale di tutti i discepoli di
Cristo. Chi ricorda quanto abbiano influito sulle divisioni, specie in Occidente, i dibattiti attorno alla Scrittura,
può comprendere quale notevole passo in avanti rappresentino tali traduzioni comuni’.1
Eccoci ora ad un altro argomento importante, che è
quello delle traduzioni della Bibbia fatte tra Cattolici e
Protestanti. Giovanni Paolo II parla di progressi, di passo in avanti e si mostra soddisfatto per queste traduzioni; ma noi dal canto nostro non possiamo parlare affatto
di progressi perché constatiamo che queste traduzioni
ecumeniche portano l’impronta del cattolicesimo romano, innanzi tutto perché contengono i libri apocrifi che
non sono ispirati, poi perché la Parola di Dio risulta adulterata in molti punti, e poi perché contengono note
esplicative ambigue in taluni casi, e confermanti le dottrine cattoliche in altri. Insomma sono delle Bibbie di
compromesso inaffidabili. Ma d’altronde che cosa ci si
poteva aspettare da una traduzione fatta tra i traduttori
Cattolici che sono specializzati sia nell’adulterare la Parola di Dio e sia nel mettere le note esplicative del magistero romano, e persone di Chiese evangeliche che per
portare avanti questo dialogo ecumenico sono disposti a
fare compromessi a scapito della Parola di Dio e della
sana dottrina? Per farvi comprendere perché Giovanni
Paolo II si mostri soddisfatto per le traduzioni ecumeniche sottopongo ora alla vostra attenzione alcuni passi
(con o senza le note esplicative di alcuni di essi) di alcune di queste traduzioni.
T.O.B (Torino 1976).
A) ‘Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva
ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’.2 La nota dice che ‘il testo
non permette di affermare che Maria abbia avuto in seguito rapporti con Giuseppe’. E ci credo che il testo non
lo permette; è stato adulterato! Il testo originale dice: “E
non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e
gli pose nome Gesù”;3 da questo testo si apprende che
Giuseppe dopo che Maria partorì Gesù la conobbe, cioè
ebbe delle relazioni carnali con lei. Il che poi è confermato dal fatto che egli ebbe dei figli e delle figlie da
Maria.
B) ‘Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i
suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli’.4 La nota dice: ‘Nella Bibbia, come ancora oggi
in Oriente, la parola fratelli può indicare i figli della
stessa madre, ma anche i parenti prossimi (Cf Gn 13,8;
14,16; 29,15; Lv 10,4; I Cr 23,22). Qui, il discorso nella
La chiesa cattolica romana
nota è giusto perché in effetti talvolta nella Bibbia il
termine fratelli indica anche dei parenti prossimi come
cugini nipoti ecc., ma è evidente che una tale nota non
s’addice affatto in riferimento ai fratelli di Gesù; perché? Perché noi siamo sicuri che i fratelli di Gesù di cui
Matteo parla in questo passo sono i figli di sua madre e
non suoi cugini o nipoti; e non ci mettiamo a pensare
neppure per un attimo che questi fratelli potessero essere dei suoi parenti prossimi. Una tale nota posta in questo passo fa comprendere ancora una volta quanto lo
spirito ecumenico possa influire negativamente non solo
nella traduzione ma anche nel commento alle note. In
questa nota, nessuno si sbilancia; nessuno prende posizione, si lascia al lettore di pensare che i fratelli di Gesù
potevano essere i figli di sua madre ma anche che potevano essere i suoi parenti prossimi. Ecco una forma di
compromesso ecumenico che tende a soffocare la verità
che Maria non è rimasta vergine perché Giuseppe, dopo
che nacque Gesù, ebbe da lei dei figli.
C) ‘Quando però si sono manifestati la bontà di Dio,
salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha
salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute,
ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo’.5 La nota
in riferimento al lavacro di rigenerazione dice: ‘Allusione al battesimo’. Perché? Per accontentare i Cattolici
che affermano che il battesimo degli infanti rigenera.
Ma le parole di Paolo a Tito non fanno allusione al battesimo, ma alla rigenerazione compiuta in noi
dall’acqua della Parola di Dio.
D) ‘Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni
che avete appreso così dalla nostra parola come dalla
nostra lettera’.6 La nota dice: ‘Si può pensare alla prima
lettera canonica. Ma Paolo, per mezzo di Timoteo, ha
avuto altre occasioni di comunicare con i tessalonicesi.
Le tradizioni sono le verità riguardanti la fede e la vita
cristiana, che Paolo ha ricevuto dalla Chiesa primitiva e
che insegna, a sua volta, alle comunità da lui fondate’.
Perché questa nota dice questo? Per sostenere la tradizione cattolica che, secondo la curia romana, è
l’insegnamento degli apostoli trasmesso a voce ma non
scritto. Nella nota c’è una menzogna perché Paolo non
ricevette verità riguardanti la fede e la vita cristiana dalla Chiesa primitiva perché lui l’Evangelo non lo ricevette e non lo imparò da nessun uomo ma lo ricevette per
rivelazione di Gesù Cristo. Basta ricordare, per confermare ciò, che a riguardo della cena del Signore
l’apostolo non ha detto di averla trasmessa come l’aveva
ricevuta dagli apostoli ma come l’aveva ricevuta dal Signore stesso!
E) ‘Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e,
pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli...’.7 La nota dice: ‘Matteo presuppone, senza dirlo esplicitamente come Lc (22,19) o Paolo (I Cor
11,24), che i discepoli devono fare questo in memoria di
Gesù. Su iniziativa di Gesù non si tratta soltanto di ri-
1
Il Regno, N° 752, pag. 403
Matt. 1:24,25
3
Matt. 1:25
4
Matt. 12:46
2
5
Tito 3:4,5
2 Tess. 2:15
7
Matt. 26:26
6
297
L’ecumenismo
cordarsi di questo fatto o di ripetere la Cena, ma di attualizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla
croce e di anticipare il banchetto escatologico’. Ecco
spuntare pure la messa cattolica (la cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo) sotto le parole ‘attualizzare il
gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce’!
Questi qui sopra citati sono solo alcune delle note fuorvianti che compaiono in questa traduzione ecumenica
fatta da ‘specialisti’!
Parola del Signore (Roma 1976).
A) E Gesù le disse (a sua madre): ‘Donna, perché me lo
dici? L’ora mia non è ancora giunta’.1 Perché non mettere “che v’è fra me e te?”?2 E’ chiaro il motivo, per non
fare apparire così severa la riprensione di Gesù nei confronti di sua madre. E quindi per innalzare in una certa
maniera Maria.
B) ‘Gesù le dice (alla donna samaritana): ‘Dio è spirito.
Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla
verità di Dio’.3 Perché non mettere “bisogna che
l’adorino in ispirito e verità”4? E’ evidente; perché la
vera traduzione rende meglio l’idea che Dio non deve
essere affatto adorato con l’ausilio di statue e di immagini, ma solo in ispirito perché Egli è spirito.
Parola del Signore (Torino 1986).5
A) ‘Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le
profezie che ci sono nella Bibbia’.6 Perché non mettere:
“..poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai
alcuna profezia”7? Perché in questo caso il lettore avrebbe capito che la Scrittura non procede da vedute
particolari perché gli uomini che la scrissero non scrissero di loro volontà perché furono sospinti dallo Spirito
Santo. Mentre nel testo ‘ecumenico’ c’è ampio posto
per metterci la guida ‘infallibile’ nella comprensione
della Scrittura del magistero papista.
B) L’angelo entrò in casa e le disse: - Ti saluto, Maria!
Il Signore è con te: egli ti ha colmata di grazia’.8 Come
mai i traduttori non hanno messo “o favorita dalla grazia”9 o “tu cui grazia è stata fatta”?10 Perché così i Cat1
Giov. 2:4,5
Giov. 2:4
3
Giov. 4:24
4
Giov. 4:24
5
COLLABORATORI. NUOVO TESTAMENTO.
Traduttori:
a - cattolici: Carlo Buzzetti, Carlo Ghidelli
b - evangelici: Bruno Corsani, Bruno Costabel
Revisori:
a - cattolici: Giovanni Canfora, Mario Galizzi, Carlo Maria
Martini, Renzo Petraglio
b - evangelici: Otto Rauch, Alberto Soggin
Consulenti stabili:
a - cattolici: Sofia Cavalletti, Settimio Cipriani, Paolo De Benedetti, Franco Festorazzi, Enrico Galbiati, Massimo Giustetti,
Michele Pellegrino, Maria Vingiani
b - evangelici: Piero Bensi, Luciano Deodato, Edoardo Labanchi, Fausto Salvoni, Luigi Santini, Francesco Toppi.
6
2 Piet. 1:21
7
2 Piet. 1:21
8
Luca 1:28
9
Luca 1:28
10
Luca 1:28 (Diod.)
2
298
La chiesa cattolica romana
tolici possono sempre spiegare la immacolata concezione di Maria e il fatto che ella durante la sua vita non
commise mai peccato.
C) ‘Fate attenzione; nessuno vi inganni con ragionamenti falsi e maliziosi. Sono frutto di una mentalità umana...’.11 Come mai i traduttori hanno fatto sparire la
filosofia e la tradizione degli uomini secondo che è
scritto: “Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi
sua preda con la filosofia e con vanità ingannatrice secondo la tradizione degli uomini...”?12 E’ chiaro il perché: per non fare apparire dannose la filosofia e la tradizione umana presenti ampiamente nella chiesa cattolica
romana.
D) ‘Se qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili
della comunità’.13 Come mai i traduttori hanno fatto
sparire “gli anziani della chiesa” secondo che è scritto:
“C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della
chiesa”14 ed hanno messo i responsabili della comunità?
Perché così i Cattolici possono dire che i responsabili
della comunità di cui parla Giacomo sono i preti (che
però ministrano l’estrema unzione) e i Protestanti possono dire che si tratta del pastore o degli anziani. Ma la
parola greca presbyteros va tradotta con anziani e non
con responsabili della comunità; anche se gli anziani
sono i responsabili della comunità.
E) ‘Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete diventati cristiani?’15 Come mai i traduttori non hanno messo
“quando credeste”? E’ semplice; perché per i Cattolici si
diventa Cristiani e perciò si riceve lo Spirito Santo
quando da infanti si riceve il battesimo, mentre per gli
Evangelici si diventa Cristiani quando si crede da adulti
e perciò si riceve lo Spirito Santo (qui mi riferisco ad
una misura di Spirito Santo e non alla pienezza che si
riceve dopo avere creduto) da adulti. E così la traduzione accontenta ambedue le parti, ma soprattutto i Cattolici perché in questa maniera gli Evangelici non possono
dire che si riceve lo Spirito Santo solo da adulti quando
si crede, mentre i Cattolici possono dire che il neonato
riceve lo Spirito Santo senza credere!!!
F) ‘Per questo io ti dico che tu sei Pietro e su di te, come
su una pietra, io costruirò la mia Chiesa’.16 Perché i traduttori hanno messo ‘su di te’ e non “su questa pietra”?
Superfluo dirlo, perché secondo i Cattolici la Chiesa di
Cristo ha come pietra fondamentale Pietro!!! Anche se
la nota esplicativa cita pure questa traduzione e fa presente che le chiese non sono concordi nella spiegazione
del testo, bisogna dire che quel ‘su di te’ odora fortemente di cattolicesimo. E’ un compromesso, non c’è
dubbio.
G) ‘Fratelli, vi ho parlato di me e di Apollo per darvi un
esempio. Imparate a non andare oltre certi limiti’.17 Il
testo rivisto da Luzzi afferma invece: “Or, fratelli, queste cose le ho per amor vostro applicate a me stesso e ad
11
Col. 2:8
Col. 2:8
13
Giac. 5:14
14
Giac. 5:14
15
Atti 19:2
16
Matt. 16:18
17
1 Cor. 4:6
12
L’ecumenismo
La chiesa cattolica romana
Apollo, onde per nostro mezzo impariate a praticare il
‘non oltre quel che è scritto”.1 Come mai quindi non
hanno messo ‘il non oltre quel che è scritto’ ma ‘oltre
certi limiti’? Perché così i Cattolici possono mettere i
limiti che vogliono loro e noi non possiamo più dirgli
che non si deve praticare oltre quello che sta scritto (e
quindi che non si deve osservare la loro tradizione che
non è parte della Scrittura).
- ‘...Il fine ultimo del movimento ecumenico è il ristabilimento della piena unità visibile di tutti i battezzati. In
vista di questa mèta, tutti i risultati raggiunti sinora non
sono che una tappa, anche se promettente e positiva (..)
Da tale unità fondamentale, ma parziale, si deve ora
passare all’unità visibile necessaria e sufficiente, che si
iscriva nella realtà concreta, affinché le chiese realizzino
veramente il segno di quella piena comunione nella
chiesa, una, santa, cattolica e apostolica che si esprimerà
nella concelebrazione eucaristica. Questo cammino verso l’unità visibile necessaria e sufficiente, nella comunione dell’unica chiesa voluta da Cristo, esige ancora un
lavoro paziente e coraggioso..’.2
Eccoci adesso all’ultima parte del discorso di Giovanni
Paolo II. Come potete vedere in queste parole il papa
dei Cattolici parla del fine che si propone il movimento
ecumenico che consiste nel ristabilimento visibile di tutti i battezzati, cioè, secondo lui, di quelli che sono stati
battezzati da adulti dopo essersi ravveduti e di quelli che
sono stati battezzati da bambini senza essere mai nati di
nuovo. E questo ristabilimento dell’unità si concretizzerà, secondo lui, nella celebrazione della messa; ossia
nella celebrazione della cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo! Il papa dei Cattolici riconosce che ancora ci sono molte divergenze dottrinali che separano i
Cattolici dalle chiese cristiane evangeliche, ma nonostante ciò si mostra ottimista visti i progressi che si sono
compiuti sulla via dell’ecumenismo e incoraggia i suoi
seguaci e quelli che lui chiama ‘gli altri cristiani’ a proseguire per questa via. Che dire? Diremo per l’ennesima
volta che noi credenti non dobbiamo in nessuna maniera
metterci a dialogare con persone che con dolci e lusinghiere parole, con il pretesto di volere l’unità di tutte le
chiese, non vogliono fare altro che portare tutti sotto il
dominio del papato a celebrare quell’atto abominevole
che è la messa! Attenti fratelli, perché questo papa dei
Cattolici è una volpe! Qualcuno dirà: ‘Ma che dici fratello?’ Dico che questa unità visibile di tutte le chiese è
un disegno malefico che il papato ha ben preparato nelle
sue camere segrete per fare sviare i credenti dalla verità.
Non vi lasciate ingannare da questi lupi camuffati da
pecore!
- ‘...Tra tutte le chiese e comunità ecclesiali, la chiesa
cattolica è consapevole di aver conservato il ministero
del successore dell’apostolo Pietro, il vescovo di Roma,
che Dio ha costituito quale perpetuo e visibile principio
e fondamento dell’unità, e che lo Spirito sostiene perché
di questo essenziale bene renda partecipi tutti gli altri.
Secondo la bella espressione di papa Gregorio Magno, il
mio ministero è quello di servus servorum Dei. Tale definizione salvaguarda nel modo migliore dal rischio di
separare la potestà (e in particolare il primato) dal ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà secondo il Vangelo: ‘Io sto in mezzo a voi
come colui che serve’ (Lc 22,27), dice il Signore nostro
Gesù Cristo, capo della chiesa. (...) La missione del vescovo di Roma nel gruppo di tutti i pastori consiste nel
vegliare (episkopein) come una sentinella, in modo che,
grazie ai pastori, si oda in tutte le chiese particolari la
vera voce di Cristo-Pastore. Così, in ciascuna delle chiese particolari loro affidate si realizza l’una, sancta, catholica et apostolica ecclesia. Tutte le chiese sono in
comunione piena e visibile, perché tutti i pastori sono in
comunione con Pietro, e così nell’unità di Cristo. Con il
potere e l’autorità senza i quali tale funzione sarebbe
illusoria, il vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte le chiese. A questo titolo, egli è il primo
tra i servitori dell’unità. Tale primato si esercita a svariati livelli, che riguardano la vigilanza sulla trasmissione della Parola, sulla celebrazione sacramentale e liturgica, sulla missione, sulla disciplina e sulla vita cristiana. Spetta al successore di Pietro di ricordare le esigenze
del bene comune della chiesa, se qualcuno fosse tentato
di dimenticarlo in funzione dei propri interessi. Egli ha
il dovere di avvertire, mettere in guardia, dichiarare a
volte inconciliabile con l’unità di fede questa o quella
opinione che si diffonde. Quando le circostanze lo esigono, egli parla a nome di tutti i pastori in comunione
con lui. Egli può anche - in condizioni ben precise, chiarite dal concilio Vaticano I - dichiarare ex cathedra che
una dottrina appartiene al deposito della fede. Testimoniando così della verità, egli serve l’unità.3 (...) Sono
convinto di avere a questo riguardo una responsabilità
particolare, soprattutto nel costatare l’aspirazione ecumenica della maggiore parte delle comunità cristiane e
ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una
forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando
in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra
a una situazione nuova (....) La chiesa cattolica, sia nella
sua praxis sia nei testi ufficiali, sostiene che la comunione delle chiese particolari con la chiesa di Roma, e
dei loro vescovi con il vescovo di Roma, è un requisito
essenziale - nel disegno di Dio - della comunione piena
e visibile. Bisogna, infatti, che la piena comunione, di
cui l’eucaristia è la suprema manifestazione sacramentale, abbia la sua espressione visibile in un ministero nel
quale tutti i vescovi si riconoscano uniti in Cristo e tutti
i fedeli trovino la conferma della propria fede. La prima
parte degli Atti degli apostoli presenta Pietro come colui
che parla a nome del gruppo apostolico e serve l’unità
della comunità - e ciò nel rispetto dell’autorità di Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme. Questa funzione di Pietro deve restare nella chiesa affinché, sotto il
suo solo capo, che è Cristo Gesù, essa sia visibilmente
nel mondo la comunione di tutti i suoi discepoli.4 (...)
Io, Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei, mi
1
3
2
4
1 Cor. 4:6
Il Regno, N° 752, pag. 410
Ibid., pag. 412, 413
Ibid., pag. 414
299
L’ecumenismo
permetto di fare mie le parole dell’apostolo Paolo, il cui
martirio, unito a quello dell’apostolo Pietro, ha conferito
a questa sede di Roma lo splendore della sua testimonianza, e dico a voi, fedeli della chiesa cattolica, e a voi,
fratelli e sorelle delle altre chiese e comunità ecclesiali,
‘tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio
dell’amore e della pace sarà con voi... La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor 13,11.13)’.1
Per concludere il suo lungo discorso il papa dei Cattolici
non poteva essere più chiaro sul ruolo che lui pensa di
avere in questo ristabilimento dell’unità tra le chiese e
quale è il suo proposito. Abbiamo capito; lui, in sostanza, dice che non ci può essere unità senza di lui perché
lui è il fondamento visibile di questa unità a cui Cristo
ha affidato il compito di sorvegliare pecore e pastori; e
poi fa chiaramente capire che lui vuole riunire tutti sotto
di lui, affinché tutti ascoltino la vera voce di Cristo che
parla in lui naturalmente! Ecco perché noi dichiariamo
l’ecumenismo papale nient’altro che una macchinazione
del diavolo per fare tornare nel seno della chiesa cattolica quelli che per la grazia di Dio ne sono usciti! Che
non ci venite a dire dunque che siamo spietati, senza
amore fraterno e settari nel non volere accettare di dialogare con la curia romana e in generale con i Cattolici
al fine di procacciare la loro unità; perché questo non è
vero. La verità è che noi amiamo la verità e vogliamo
che essa non venga messa sotto i piedi per amore di
questa cosiddetta unità; ma coloro che cercano a tutti i
costi di mettersi d’accordo con la curia romana, quando
è impossibile farlo senza soffocare la verità, non amano
la verità e non cercano neppure la gloria che viene da
Dio ma cercano la gloria che viene dagli uomini. Non ci
importa come siamo catalogati a motivo di questa nostra
presa di posizione; sappiamo però di non avere nessun
rimorso e che la nostra coscienza non ci riprende. Chi
ha orecchi da udire oda.
La chiesa cattolica romana
a partecipare come osservatore al concilio Vaticano II,3
e più tardi da suo fratello Justus, ma gradualmente alcune denominazioni pentecostali hanno cominciato a
mandare dei delegati ufficiali. Per quanto riguarda le
Assemblee di Dio degli Stati Uniti occorre dire che non
è ufficialmente rappresentata, benché a questo dialogo
vi partecipano alcuni suoi membri come Cecil Robeck,
Gary McGee e Del Tarr, ministri ordinati della denominazione americana. Prima che iniziasse il dialogo fu detto che lo scopo di questo dialogo non era ‘interessarsi ai
problemi di un’unione strutturale imminente’, ma era
che ‘la preghiera, la spiritualità e la riflessione teologica
diventino una preoccupazione a livello internazionale,
sotto la forma di un dialogo tra il Segretariato per
l’Unione dei Cristiani della Chiesa cattolica e i capi di
alcune chiese pentecostali e alcuni partecipanti ai movimenti carismatici nelle Chiese protestanti e anglicane’.
Durante il primo quinquennio di dialoghi furono discussi questi argomenti: battesimo con lo Spirito Santo
(1972, Horgen, Svizzera); il rapporto tra il battesimo
con lo Spirito Santo e i riti d’iniziazione, e il ruolo dello
Spirito Santo e i doni dello Spirito Santo nella tradizione mistica (1973, Roma, Italia); teologia dell’iniziazione
cristiana, natura dell’attività sacramentale e battesimo
dei bambini e degli adulti (1974, Schloss Craheim,
Germania Federale); culto pubblico, con particolare riferimento alla celebrazione eucaristica, e dimensione
umana nell’esercizio dei doni spirituali e discernimento
degli spiriti (1975, Venezia, Italia); preghiera e lode
(1976, Roma, Italia).
Durante il secondo quinquennio (nel 1978 non fu tenuto
nessun incontro a motivo della morte di Paolo VI) furono invece discussi i seguenti argomenti; parlare in altre
lingue e la relazione dell’esperienza con la fede (1977,
Roma, Italia); relazione tra Scrittura e tradizione, e il
ministerio di guarigione nella chiesa (1979, Roma, Italia); chiesa come comunità adorante e tradizione e tradizioni (1980, Venezia, Italia); il ruolo di Maria, cioè la
IL DIALOGO CATTOLICO/PENTECOSTALE
A livello internazionale
Dopo alcune discussioni preliminari iniziate nel 1970,
discussioni che ebbero come interlocutori da una parte il
Segretariato per l’Unione dei Cristiani fondato da Giovanni XXIII nel 1960 e dall’altra singoli membri di
chiese pentecostali, nel 1972 iniziarono i dialoghi internazionali tra Cattolici e Pentecostali. Originariamente,
la delegazione pentecostale fu scelta personalmente da
David Du Plessis,2 il quale era stato invitato anni prima
1
Ibid., pag. 415
David Du Plessis (morto nel 1987) nel 1962, a motivo della
sua attività ecumenica, era stato rimosso dalle Assemblee di
Dio americane che gli avevano ritirato le credenziali presso
quella denominazione. Ma egli fu completamente riammesso
nelle Assemblee di Dio americane nel 1979 quando gli furono
restituite le credenziali. Nel 1981 David Du Plessis scrisse che
si era messo a pregare per il papa alla notizia che il ‘Vicario’
2
300
di Cristo era stato sparato. Nel 1983 Du Plessis fu invitato a
Roma per ricevere la medaglia Benemerenti da Giovanni Paolo II e dal cardinale Willebrands. Nel suo libro Simple and
Profound (Semplice e Profondo) egli è arrivato a dire che dopo essere andato a Medjugorje ed avere parlato con i bambini
che ricevevano apparizioni di Maria ‘non ebbi più alcun dubbio sulla autenticità e sulla validità dell’apparizione’ (David
Du Plessis, Simple & Profound, Orleans Mass., 1986, pag.
202). Dispiace veramente constatare che un uomo come David
Du Plessis che un giorno era nato di nuovo ed aveva pure ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e visto il Signore operare potentemente in Sud Africa sia rimasto sedotto dalle dolci
parole ecumeniche del papato e per amore di ‘unità’ si sia gettato alle sue spalle parte del consiglio di Dio. Ma questo è avvenuto per servirci d’esempio, affinché comprendiamo quanto
sia pericoloso e dannoso mettersi a dialogare (nella maniera in
cui vuole la chiesa cattolica naturalmente) con i teologi papisti
partendo dal presupposto che anche loro sono dei fratelli in
Cristo.
3
Era stato il cardinale Bea, che era presidente del Segretariato
per l’unione dei Cristiani, ad invitarlo come unico osservatore
pentecostale al concilio Vaticano.
L’ecumenismo
sua intercessione, la sua venerazione, la sua maternità
ecc. (1981, Vienna, Austria); a proposito di questo incontro occorre dire che Jerry L. Sandidge afferma che la
locazione di questo dialogo ‘costituiva una particolare
preoccupazione per i Pentecostali. Fu deciso di trasferirsi fuori dall’Italia per favorire le Assemblee di Dio italiane, che si erano opposti ad esso perché sia in Roma
che in Italia’.1 L’ultimo incontro di questa seconda serie
di incontri fu tenuto a Collegeville nel Minnesota, nel
1982 e fu discusso il ministero nella chiesa.
Durante il terzo quinquennio furono discussi i seguenti
soggetti; la comunione dei santi (1985, Riano, Roma);
‘lo Spirito Santo e la visione neotestamentaria della koinonia’ (1986, Sierra Madre, California, U.S.A.); ‘Koinonia, Chiesa e Sacramenti’ (1987, Venezia, Italia);
‘Koinonia e battesimo’ (1988, Emmetten, Svizzera);
Koinonia, la Chiesa come comunione (1989, Roma).
Nel quarto quinquennio i temi discussi sono stati:
l’evangelizzazione (1990, Emmetten, Svizzera); il biblico e sistematico fondamento dell’evangelizzazione
(1991, Venezia, Italia); evangelizzazione e cultura
(1992, Rocca di Papa, Roma); evangelizzazione e giustizia sociale (1993, Parigi); evangelizzazione, testimonianza e proselitismo (1994, Kappel am Albis, Svizzera); testimonianza comune (1995, Brixen, Italia).
Il dialogo prosegue dunque da più di venti anni e quantunque da parte pentecostale (come anche da parte cattolica) ci sia il riconoscimento che permangono, dopo più
di venti anni di dialoghi, delle grandi divergenze dottrinali su diversi punti, esso non dà per nulla segno di fermarsi. E’ veramente preoccupante dunque constatare
che da parte di questi membri influenti di queste chiese
pentecostali non ci sia la risoluzione ad abbandonare
questo dialogo; ma come è possibile che non abbiano
ancora capito che con questo dialogo non si possono e
non si potranno mai mettere d’accordo con i Cattolici
perché essi sono nemici della verità e non amici di essa?
Ma non hanno ancora capito che le menzogne insegnate
dalla chiesa cattolica romana non hanno nulla a che fare
con la verità che dimora in noi? Ma non hanno ancora
capito che se vogliono andare d’accordo con i Cattolici
devono rinunciare prima o poi alla verità e farsi nemici
di Dio con tutte le nefaste conseguenze che da ciò ne
vengono? No, pare proprio che non lo abbiamo ancora
capito molti di loro, anzi non lo vogliono per nulla capire perché sono divenuti duri d’orecchi e di cuore ingannati dai sorrisi e dalle lusinghe dei Cattolici romani.
Vogliono a tutti costi stare in buoni rapporti con i Cattolici, vogliono a tutti costi guadagnarsi la loro amicizia e
il loro rispetto; anziché esortarli a ravvedersi e uscire
dal mezzo di questa chiesa idolatra. Ah, come sono privi
di discernimento questi credenti che hanno intrapreso
questo sforzo ecumenico con la chiesa cattolica romana!
Da parte cattolica si continua a sentir dire che ‘lo scopo
del dialogo è l’approfondimento del reciproco rispetto e
1
Jerry L. Sandidge, Roman Catholic/Pentecostal Dialogue
(1977-1982). A Study in developing ecumenism, (Dialogo Cattolico/Pentecostale >1977-1982@. Uno Studio sull’ecumenismo
che si sviluppa) vol. I, Frankfurt am Main 1987, pag. 234.
La chiesa cattolica romana
della reciproca comprensione, non un organica o una
strutturale unità’, ma dobbiamo ancora una volta dire
che da parte di coloro che si mettono a parlare con i Cattolici romani se da un lato ci deve essere il rispetto in
verso la persona, sia esso prete, vescovo o cardinale,
dall’altro non ci può essere e non ci deve essere nessun
rispetto e nessuna pietà nei confronti delle eresie della
chiesa romana che hanno già scaraventato e stanno ancora scaraventando milioni di persone all’inferno! Le
eresie bisogna distruggerle facendo uso della Parola di
Dio; bisogna riprovarle con tutte le forze, e le si devono
chiamare con il loro vero nome, cioè eresie, dottrine di
demoni, e non con qualche altro nome, come per esempio, opinioni differenti, vedute differenti, per non urtare
l’animo dei Cattolici romani! No, non è l’approfondimento del reciproco rispetto o della reciproca
comprensione lo scopo di questo dialogo che la chiesa
romana ha voluto anche con le chiese pentecostali dopo
il concilio Vaticano II, perché il vero scopo è quello di
indurre i Pentecostali (la cui evangelizzazione ‘aggressiva’ preoccupava e preoccupa la chiesa cattolica romana perché ha allontanato da essa decine di milioni di
persone in tutto il mondo) a riconoscere i suoi sacramenti e le sue dottrine, e a distoglierli così
dall’evangelizzare i suoi membri. Insomma, questa cosiddetta reciproca comprensione e questo cosiddetto reciproco rispetto che hanno sin qui cercato di approfondire i Cattolici con questo dialogo sono solo dei pretesti di
cui essa si serve per distoglierli dal confutare con vigore
le sue dottrine (cosa che col passare del tempo, sia in
Europa che in America e sud America, si è notevolmente affievolita rispetto a decenni fa), e strappargli ulteriori membri dalle sue fauci. Forse - o meglio, sicuramente
- questo nostro atteggiamento verrà considerato settarismo o dimostrazione di non volere l’unità della Chiesa
ma la sua distruzione, ma in effetti non è così perché la
vera unità della Chiesa la si può procacciare solo camminando nella verità, e quindi rimanendo attaccati a tutto il consiglio di Dio così come esposto nella Scrittura e
camminando con tutti coloro che dopo avere conosciuto
la verità sono decisi a dimorare nella verità, a costo di
perdere la propria vita e la stima e l’amicizia di coloro
che prima li stimavano e amavano, insomma con coloro
che di puro cuore invocano il Signore, e non con delle
persone che hanno messo la verità non nel loro cuore
ma sotto i loro piedi e la calpestano invece di difenderla.
Perché mettersi a chiamare fratelli e amici coloro che
contrastano e annullano con le loro eresie le dottrine
portanti del cristianesimo quali la giustificazione per
sola fede, il battesimo per immersione come simbolo
della rigenerazione ottenuta per fede, la mediazione unica e sufficiente di Cristo, la signoria di Cristo sulla
Chiesa, e così facendo serrano il regno dei cieli davanti
a loro stessi e davanti a coloro che ammaestrano? Ma
non è questa una follia? Eppure questo è quello che avviene in questi dialoghi e negli incontri ecumenici da
parte pentecostale verso i Cattolici! E’ ora che questi
Pentecostali vengano di nuovo evangelizzati, è ora che
si ravvedano pure loro per tornare a camminare per sentieri diritti perché con questo loro comportamento dimo-
301
L’ecumenismo
strano in maniera inequivocabile di essersi incamminati
per vie tortuose.
Adesso, oltre che di dialogare costoro parlano persino di
mettersi a evangelizzare con i Cattolici romani; infatti a
proposito del dialogo cattolico-pentecostale tenutosi a
Brixen (Italia) dal 15 al 22 Luglio 1995, dove si è discusso dell’Evangelizzazione in comune, si legge nella
rivista Information Service: ‘Il tema di questa fase del
dialogo è l’Evangelizzazione. La discussione di una
comune testimonianza ha rivelato il bisogno da parte del
mondo di sentire il Vangelo, e le difficoltà dei Cristiani
a testimoniare assieme a causa delle loro divisioni. Nello stesso tempo fu fatto notare che ci sono casi in differenti posti dove la testimonianza comune fra Cristiani,
inclusi Pentecostali e Cattolici Romani, si sta già sviluppando. Tutti e due i documenti presentavano un numero di suggerimenti che offrono opportunità per vie
possibili di testimoniare per il Vangelo assieme nel futuro. Le discussioni furono condotte in uno spirito di candore, reciproca fiducia e apprezzamento’. E chi erano i
Pentecostali che hanno partecipato a questo cordiale incontro che si è studiato di gettare le basi per una futura
evangelizzazione assieme ai Cattolici romani? Li voglio
citare così come li leggo nella rivista sopra citata: ‘Rev.
Cecil M. Robeck, Jr. (Assemblies of God,1 Pasadena,
California, U.S.A) (...) Rev. Cheryl Bridges Johns
(Church of God, 2 Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev.
Ronald Kydd (Pentecostal Assemblies of Canada,3 Keene, Ontario, Canada), Rev. Gary McGee (Assemblies of
God); Rev. Francois Moller (Apostolic Faith Mission);4
Rev. Steve Overman (International Church of the Foursquare Gospel,5 Eugene, Oregon, U.S.A.); Rev. Raymond M. Pruitt (Church of God of Prophecy,6 Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev. Del Tarr (Assemblies of
God).7 Dalla lista ho omesso i partecipanti da osservato1
Assemblies of God = Assemblee di Dio
Church of God = Chiesa di Dio
3
Pentecostal Assemblies of Canada = Assemblee Pentecostali
del Canada
4
Apostolic Faith Mission = Missione della Fede Apostolica
5
International Church of the Foursquare Gospel = Chiesa Internazionale del Vangelo Quadrangolare
6
Church of God of Prophecy = Chiesa di Dio della Profezia
7
Si noti che c’erano ben tre membri (di primo piano) delle Assemblee di Dio americane. Cecil Robeck è professore al Fuller
Theological Seminary di Pasadena (California); Gary McGee
è professore di Storia della Chiesa al Seminario teologico delle
Assemblee di Dio in Springfield, Missouri; e Del Tarr è preside della scuola biblica e della Facoltà di teologia delle Assemblee di Dio americane. Considerando quindi che questa denominazione pentecostale americana condiziona in una maniera
o nell’altra le Assemblee di Dio delle altre nazioni tra cui
quella presente in Italia, c’è da aspettarsi che in futuro si vedano entrare in questo dialogo cattolico-pentecostale internazionale (o magari inizialmente in un dialogo ufficiale a livello
nazionale) anche pastori delle Assemblee di Dio italiane. Per
ora nelle Assemblee di Dio italiane ha prevalso la parte più
prudente per cui esse rifiutano di aderire ad un dialogo ufficiale con i Cattolici romani, ma purtroppo esistono dei segni che
lasciano ben sperare i Cattolici che anche loro in qualche maniera si apriranno al dialogo. Matteo Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo) e Co-
2
302
La chiesa cattolica romana
ri. Che dire? Bisogna dire che di questo passo andrà a
finire che molti smetteranno di evangelizzare i Cattolici
romani, per mettersi assieme a loro nell’evangelizzazione!8 Qui, siamo all’apostasia. Ma noi vorremmo domandare a questi Pentecostali che hanno partecipato a
questo incontro a Brixen: ma avete mai letto i libri di
catechismo della chiesa romana? Ma avete mai letto
qualcuno dei suoi libri di teologia dogmatica? Ma sapete
che cosa è il cattolicesimo? Ma avete mai letto la storia
della Riforma e della controriforma? Ma non sapete che
oggi la chiesa romana per sostenere le sue eresie, dopo
più di quattro secoli dalla Riforma, cita ancora il concilio di Trento che fu tenuto per controbattere alla Riforma, come lo citava cento o duecento anni fa? Ma non vi
rendete conto che nulla è cambiato nella chiesa romana
dai giorni della Riforma fino ad adesso? Voi direte: ‘E’
cambiato qualcosa nella forma, nella liturgia, e
nell’atteggiamento ufficiale che essa tiene in verso le
Chiese evangeliche sorte dalla Riforma’. Sì, è vero questo, ma nella sostanza tutto è rimasto come era prima,
Presidente della Consultazione Carismatica Italiana, ha affermato infatti: ‘Noto che un atteggiamento più sensibile alle ragioni del mondo carismatico si va sviluppando nelle ADI soprattutto fra i giovani, e mi sembra che questo sia un segno
positivo per il futuro. Alcuni membri delle ADI hanno partecipato a nostri incontri a titolo strettamente personale, senza
rappresentare ufficialmente la loro denominazione. Alcuni
musicisti delle ADI hanno collaborato con il Ministero nazionale della musica del Rinnovamento italiano, sia suonando in
orchestra che effettuando delle registrazioni discografiche.
Anche questi sono piccoli segni di speranza, e certamente auspico che un dialogo di questo genere possa proseguire su scala più vasta nel futuro’ (Massimo Introvigne, Aspettando la
pentecoste, Padova 1996, pag. 58). Anche il fatto che il nome
di Francesco Toppi, l’attuale presidente delle ADI, compare
tra i consulenti stabili che hanno partecipato alla stesura della
versione della Bibbia interconfessionale (1986), che come abbiamo visto è inaffidabile perché cattolicizzata, è un cattivo
segno che purtroppo lascia ben sperare i Cattolici romani in
una futura apertura al dialogo con le ADI.
8
Nel settembre del 1995 il Gruppo Associato di Lavoro fra il
Consiglio Mondiale delle Chiese e la Chiesa Cattolica Romana ha presentato un documento dal titolo The Challenge of
Proselytism and the Calling to Common Witness (La Sfida del
Proselitismo e la Chiamata alla Testimonianza Comune) il cui
scopo ‘è incoraggiare tutti i Cristiani a perseguire la loro
chiamata per rendere una comune testimonianza dello scopo
salvifico e riconciliatore di Dio nel mondo di oggi e di aiutarli
ad evitare ogni competizione nella missione che contraddice la
loro comune chiamata’ (The Ecumenical Review >La Rivista
Ecumenica@, 48,2, 1996, pag. 213). Faccio presente che del
Consiglio Mondiale delle Chiese fanno parte pure alcune denominazioni pentecostali. La Iglesia Pentecostal de Chile e la
Misiòn Iglesia Pentecostal (entratevi nel 1961), la Igreja Evangelica Pentecostal ‘O Brasil para Cristo’ (entratavi nel
1969), The International Evangelical Church (la Chiesa Evangelica Internazionale, entratavi nel 1972, di cui ci sono
diverse comunità anche in Italia tra cui una delle più note è
quella che si riunisce a Via Chiovenda a Roma), la Iglesia de
Dios (denominazione argentina entratavi nel 1980), la Missao
Evangelica Pentecostal de Angola (entratavi nel 1985) e la
Iglesia de Misiones Pentecostales Libres de Chile (entratavi
nel 1991).
L’ecumenismo
perché le eresie di cinque secoli fa ci sono ancora tutte,
anzi sono aumentate. Il lupo ha cambiato il colore del
pelo, ma è sempre lupo e non è diventato una pecora.
Quand’anche voi diceste che quello che viene chiamato
papa, i cardinali, i vescovi e i preti fossero delle pecore,
perché li sentite parlare con una voce dolce e li vedete
amichevoli, errereste grandemente, perché dietro quel
loro abito di pecora rimangono lupi rapaci, come lo erano i loro predecessori nei secoli passati. Non v’illudete.
Ma forse, alcuni di voi diranno che ci sono vescovi e
preti e tanti ‘laici’ cattolici che parlano anche loro in
altre lingue! Ma noi diciamo: ‘Ma se essi hanno per
davvero ricevuto lo Spirito della verità come fanno a
rimanere attaccati alle dottrine cattoliche romane che
annullano la verità e stanno conducendo nelle fiamme
dell’inferno centinaia di milioni di persone in tutto il
mondo? Come fanno a rimanere nella chiesa romana, in
mezzo all’idolatria, quando ancora in questa generazione tanti preti e Cattolici romani che sono usciti dal suo
mezzo per unirsi ai santi hanno dichiarato in svariate,
ma inequivocabili maniere, che per loro dopo che hanno
conosciuto la verità non è stato più possibile rimanere in
mezzo a questa chiesa idolatra e anticristiana? Che dovremmo dire dunque di tutti questi ex-Cattolici romani?
Che mentono quando dicono che Dio li ha tirati fuori da
questa fossa di perdizione che è la chiesa romana? O
forse dovremmo dirgli di ritornare nel grembo della
chiesa romana perché anche là per loro è possibile dimorare nella verità perché ci sono alcuni che parlano in
lingue? No, nulla di tutto ciò; noi crediamo che essi abbiano piena ragione nel dichiararsi liberati, per la grazia
di Dio, dal giogo della religione cattolica romana e che
essi debbano rimanere assieme a noi fuori da essa e cercare con l’aiuto di Dio di fare sì che tanti altri escano,
per la potenza di Dio, da sotto la potestà del papismo.
Che dunque? Che tutti coloro che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo escano immediatamente dalla
chiesa romana dimostrando così con i fatti di possedere
in loro lo Spirito di Dio che brama i figliuoli di Dio fino
alla gelosia! E se vengono visti dubbiosi o riluttanti a
farlo siano scongiurati dai ministri del Vangelo a farlo
senza stare punto in dubbio, ma non vengano per nulla
incoraggiati a rimanere nel grembo di questa chiesa che
si prostituisce da secoli con i re e i popoli della terra per
non essere partecipi delle sue piaghe quando l’ira di Dio
si rivelerà contro di essa. Non vogliono assolutamente
farlo questi Cattolici romani che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo questo passo di uscire dalla chiesa
romana, perché ritengono che la chiesa romana sia nella
verità perché ha il capo visibile della Chiesa, ossia il cosiddetto successore di Pietro? Questo significa che essi
non hanno ricevuto proprio nulla da Dio, ma si sono ingannati credendo di avere ricevuto lo Spirito Santo.
Ma torniamo alla questione dell’evangelizzazione in
comune tra Cattolici e Pentecostali; una cosa è certa, di
questo passo, nel futuro molti credenti nelle Chiese pentecostali cominceranno ad essere mal visti e perseguitati
proprio dai loro fratelli con i quali andavano al culto e
ad evangelizzare assieme, e tutto ciò perché si rifiuteranno di collaborare nell’evangelizzazione con i Cattoli-
La chiesa cattolica romana
ci. I pastori che dovevano pascerli con assennatezza, li
scacceranno dalla loro presenza, perché riterranno che
essi siano d’impedimento all’evangelizzazione; saranno
considerati di scandalo e di intoppo perché rifiuteranno
di associarsi ai Cattolici romani nell’evangelizzazione.
Sicuramente questo già succede in quei casi dove dei
pastori di chiese pentecostali si sono messi a evangelizzare con i preti. Si adempie così la parola del profeta
Ezechiele: “Voi mi profanate fra il mio popolo per delle
manate d’orzo e per de’ pezzi di pane, facendo morire
anime che non devono morire, e facendo vivere anime
che non devono vivere, mentendo al mio popolo, che dà
ascolto alle menzogne... avete contristato il cuore del
giusto con delle menzogne, quand’io non lo contristavo,
e avete fortificate le mani dell’empio perché non si convertisse dalla sua via malvagia per ottenere la vita...”.1
Ma a suo tempo Dio farà ricadere l’ingiustizia di questi
pastori dati a questo falso ecumenismo sulle loro teste;
loro porteranno la pena di questo loro comportamento.
Essi seminano vento e mieteranno tempesta; pensano di
seminare grano ma mieteranno spine e triboli a motivo
della loro caparbietà di cuore. Sì, sono caparbi; rifiutano
di ascoltare i precetti di Dio per seguire il loro cuore ingannato dalla curia romana. Hanno tutto l’interesse a
farlo, perché questo loro comportamento compiacente
nei confronti dei Cattolici romani accresce il loro prestigio tra i Cattolici romani, e gli permette di arricchirsi
perché ecumenismo oggi è sinonimo di guadagno. La
chiesa cattolica romana infatti costituisce una vasta
clientela per questi cianciatori e speculatori; libri, video
cassette e audio cassette, conferenze ed altro. Non sono
questi per loro un buon motivo per proseguire questo
sforzo ecumenico? Ecco dunque che cosa spinge costoro a cercare la collaborazione dei Cattolici; l’amore di
fama e di denaro. Altro che amore della verità, altro che
desiderio di unità!
In Italia
‘Il tutto iniziò quando l’oratore, il pastore Giovanni
Traettino, impostò il suo discorso sulla Pentecoste come
necessità di ritrovarsi nel Cenacolo in unità e concordia
e nel servizio amorevole e, a simbolo del servizio che i
cristiani devono rendersi nell’amore gli uni agli altri,
lavò i piedi a un frate (....) Quello che abbiamo colto è il
significato spirituale; che attraverso l’umiliazione di
Giovanni, è iniziato un processo di guarigione tra le due
chiese. Da questo gesto infatti è iniziato il dialogo ufficiale. E’ accaduto in quel momento qualcosa che ha
cambiato e cambierà il corso della storia. Vi sono delle
grosse ferite tra evangelici e cattolici, provocate reciprocamente; basta ricordare quelle impartite ai pentecostali nel periodo del fascismo e postfascismo (...) Ma lì
nello stadio di Bari, con quel gesto ci è sembrato cogliere come se il mondo evangelico perdonasse i propri persecutori’2; sono le parole di Matteo Calisi, responsabile
nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo)
1
Ez. 13:19,22
Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 24-25
2
303
L’ecumenismo
per il dialogo ecumenico, intervistato da Ernesto D. Bretscher. Ecco dunque come è iniziato ufficialmente il dialogo tra i Cattolici e i Pentecostali in Italia; tramite la
lavanda dei piedi fatta da Giovanni Traettino (pastore di
una Chiesa in Caserta) ad un frate allo stadio San Nicola
di Bari davanti ad una folla di migliaia di Cattolici. Ma
lasciamo parlare lo stesso Traettino1 su questo ‘storico’
incontro del 1992 a cui lui accettò di partecipare come
oratore e su questo gesto da lui compiuto davanti a così
tanti Cattolici: ‘Giovanni, vorremmo onorare il debito
che abbiamo con i nostri fratelli pentecostali. Le nostre
radici sono nel movimento pentecostale evangelico.
Puoi venire a parlare al 25° anniversario mondiale del
Rinnovamento nello Spirito Santo? Crediamo che il
modo migliore sia quello di invitarti nella qualità di pastore pentecostale per ministrare a tutti noi. Allora il Signore mi disse: ‘Alzati...ammazza e mangia. Le cose che
Dio ha purificate non farle tu impure... Alzati, và con
loro, senza fartene scrupolo, perché li ho mandati io’
(Atti 10:13-15,20). I miei fratelli confermarono che la
guida era dal Signore, e che bisognava rispondere
all’invito. ‘Entra per la porta che il Signore apre, ed Egli
confermerà’. La vigilia di Pentecoste, a Bari, Dio mi
incontrò ancora. ‘Domani laverai i piedi a uno dei responsabili del Rinnovamento carismatico’. ‘Signore risposi - non è possibile! Cosa significa? Cosa capiranno
i cattolici e come l’intenderanno i miei fratelli evangelici? Tu lo sai, Signore, che non è lecito a un evangelico
conservatore nel nostro paese associarsi ai cattolici (cfr.
Atti 10:28), e che già solo questo sarà oggetto di discussione e causa di confusione. Ora mi chiedi perfino di
lavare loro i piedi?!’. ‘Sono io che te lo chiedo, figlio
mio’ mi disse allora il Signore. Cercai di resistere al Signore, ma Egli mi avvolse della Sua presenza e della
Sua forza di convinzione, e mi espugnò. Mi vinse ed io
mi lasciai vincere. ‘Tu sei mio servo, ama col mio cuore... riconosci la mia azione nella loro vita: la nuova nascita, il battesimo nello Spirito Santo...’. Chi ama suo
fratello rimane nella luce e non c’è nulla in lui che lo
faccia inciampare’ (1° Gv. 2:10). La guarigione, una
guarigione profonda era all’opera nella mia anima e nel
mio spirito. Lo Spirito di Dio mi stava toccando, guarendo, illuminando, il mio cuore era intensamente riscaldato dentro di me ed ero avvolto dal senso tangibile
della presenza di Dio. ‘In verità comprendo che Dio non
ha riguardi personali; ma che in qualunque nazione (ed
io pensai: quanto più se è una denominazione cristiana’), chi lo teme e opera giustamente gli è gradito’ (Atti
10:34-35) Quando fui davanti alla folla variopinta dello
stadio di S. Nicola di Bari in quel pomeriggio assolato
del giorno di Pentecoste del ‘92, lo Spirito di Dio scese
sopra di me. ‘La Pentecoste è frontiera; lo Spirito Santo
è spirito di frontiera. Il movimento pentecostale evangelico e cattolico è alle sue radici e nella sua natura più
profonda movimento di frontiera..’. La folla era in piedi
ed acclamava Gesù Signore e Re della vita personale e
della Chiesa. Le mie mani ora lavavano i piedi di frate
1
Traettino adesso è Co-Presidente della Consultazione Carismatica Italiana assieme a Matteo Calisi.
304
La chiesa cattolica romana
Antonio. Le lacrime mi riempivano gli occhi attoniti
mentre avvertivo il calore delle braccia del mio fratello
intorno alle mie spalle e il suo volto poggiato sul mio
capo. Piangeva... Come piangeva! Fu un attimo lunghissimo. Ci trovavamo abbracciati, intensamente uniti nel
cuore. La folla magnificava Dio nello Spirito e Lo lodava applaudendo con tutto il cuore. Fu un appuntamento
divino, Eravamo entrati per la porta che lo Spirito aveva
aperto. La sua presenza tangibile e l’opera profonda di
guarigione operati in tutti noi furono chiaro segno della
Sua approvazione. ‘Se dunque Dio ha dato a loro lo
stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?’ (Atti 11:17)’.2
Quindi secondo le parole di Traettino il tutto è opera di
Dio; la porta che si è aperta tra i Cattolici gliel’ha aperta
Dio; notate infatti quante volte usa il nome del Signore
dicendo che lui gli ha parlato di fare determinate cose
tra cui anche di lavare i piedi ad un responsabile del
RnS! Ed oltre a ciò egli si usa del racconto di Luca sul
come Dio chiamò Pietro a casa di Cornelio per annunziargli la Parola, come similitudine, a sostegno del suo
andare dai Cattolici carismatici. Da allora, cioè dal
1992, si sono cominciati a tenere annualmente degli incontri ufficiali tra membri del RnS e pastori di Chiese
evangeliche. Oltre a ciò delegazioni di pastori di Chiese
evangeliche si recano dietro invito alle conferenze del
RnS. Vogliamo adesso riferire delle impressioni di Ernesto D. Bretscher (uno dei pastori a favore del dialogo
instauratosi) sulla Convocazione nazione del Rinnovamento nello Spirito svoltasi a Rimini dal 22 al 25 Aprile
1994, per fare capire quale sentimento aleggia in mezzo
a costoro: ‘Il padre Emiliano Tardif, dopo una breve riflessione sulla misericordia di Dio espressa attraverso
Gesù in cui cita Isaia 53, pone l’enfasi sul pentimento,
trasformando il convegno in una grande riunione di
umiliazione davanti a Dio. I corridoi si riempiono di
persone, molte delle quali in lacrime, che vanno a confessare i loro peccati ai tanti sacerdoti mobilitati per
l’occasione. La delegazione evangelica rimane commossa nell’osservare questi sacerdoti che abbracciano,
pregano, consolano, impongono le mani e pronunciano
l’assoluzione, mentre il coro continua ad adorare il Signore (...) La teologia è essenzialmente evangelica e cristocentrica. Per usare le parole di Giovanni Traettino,
‘ritrovo un pezzo di evangelismo pentecostale in un
contesto cattolico e non posso non sentirmi come a casa
mia’ (...) Faremo bene a mettere da parte le nostre diffidenze e il nostro spirito anticattolico...’.3
Che dire? Diremo che anche qui in Italia le cose hanno
preso una brutta piega anche sul fronte delle relazioni
tra i credenti e i Cattolici. Certamente Traettino e coloro
che sono d’accordo con lui nel mettersi a dialogare e a
pregare e a collaborare con i Cattolici romani sono una
piccola frazione della fratellanza sparsa in questa nazione; ma pure bisogna prendere atto di questo loro atteggiamento nei confronti dei Cattolici carismatici e rico2
Ibid., pag. 3
Ibid., pag. 12,13,14
3
L’ecumenismo
noscere che il cattolicesimo ha fatto breccia anche in
mezzo al popolo di Dio. Difatti questo dialogo che si è
instaurato non è una porta aperta per la Parola in mezzo
ai Cattolici, ma uno spiraglio aperto al cattolicesimo in
mezzo al popolo di Dio.
Dopo avere esposto queste cose vogliamo innanzi tutto
dire questo. Noi non crediamo in quello che dice Traettino quando dice che il Signore gli ha parlato e gli ha
detto tutte quelle cose; perché se veramente fosse stato
il Signore a chiamarlo là in quello stadio, come chiamò
Pietro a casa di Cornelio, egli avrebbe predicato agli astanti il ravvedimento e la remissione dei peccati mediante la sola fede nel nome di Gesù (perché questo è il
messaggio da portare ai Cattolici romani), e non un
messaggio ecumenico. Che fece infatti Pietro a casa di
Cornelio? Gli annunciò la parola della croce e la remissione dei peccati nel nome di Gesù; perché egli sapeva
che essi erano ancora perduti (quantunque Cornelio temesse Dio con tutta la sua casa) ed avevano bisogno di
esser salvati dai loro peccati.1 L’apostolo non andò ad
una riunione di fratelli, ma andò a predicare a persone
che divennero fratelli in seguito; quando credettero nel
suo messaggio.2 Si contraddice da sé dunque Traettino
quando parla in quella maniera volendo far intendere
che gli avvenne qualcosa di simile a quello che era avvenuto a Pietro. Per quanto riguarda la sua lavanda di
piedi fatta al frate; essa è frutto della sua immaginazione
e non un comando divino. Senza nulla togliere al gesto
della lavanda dei piedi che è un gesto di umiltà che pure
Gesù fece nei confronti dei suoi discepoli; noi vediamo
in quell’atto, un gesto astuto da lui compiuto per accaparrarsi le simpatie dei Cattolici. Gesto che gli è stato
contraccambiato dai Cattolici alla XIX Convocazione
Nazionale del Rinnovamento nello Spirito, tenutasi a
Rimini nell’aprile 1996, con il bacio dei piedi.3
Per quanto riguarda infine le parole di Bretscher diciamo che il fatto che la delegazione evangelica si sia
1
Cfr. Atti 10:38-43
Cfr. Atti 11:13,14
3
Il bacio dei piedi non l’ha ricevuto solo Traettino a
quell’incontro ma lo hanno ricevuto anche altri pastori evangelici; questo è avvenuto alla fine della processione ecumenica
in cui anche Traettino aveva portato la croce. Riportiamo a tal
proposito quanto si legge sul periodico Rinnovamento nello
Spirito Santo di Maggio-Giugno 1996: ‘Momento di intensa
commozione è stato quello della processione ecumenica che
ha visto porsi alla sequela della croce, portata alternativamente
da tutti, i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane (oltre dieci) presenti a questa Convocazione. Questo momento è
culminato nel bacio dei piedi e nell’abbraccio che il Comitato
Nazionale di Servizio del RnS ed i vescovi Bregantini, Chiaretti e Casale si sono scambiati con i fratelli ritrovati’ (pag. 7).
Per quanto riguarda i nomi degli altri Evangelici che hanno
partecipato a quell’incontro segnalo alcuni di questi, così come li leggo nella sopra citata rivista: rev. Emilio Ursomando,
pastore pentecostale della Comunità Cristiana di Reggio Calabria; dott. Geoffrey Allen, anziano della Comunità Cristiana di
Pavia; dott. Ernesto Bretscher jr., pastore evangelico della
Comunità Cristiana di Torino e segretario del Consiglio delle
Chiese di Torino; rev. Massimo Loda, pastore della Comunità
Cristiana di Pavia, responsabile delle Chiese evangeliche del
nord Italia (cfr. pag. 5).
2
La chiesa cattolica romana
commossa nel vedere i Cattolici andare a confessarsi dai
preti e ricevere da loro l’assoluzione in quella convocazione, ci fa soltanto disgustare. Ma come si può rimanere commossi nel vedere persone che invece di andare
direttamente da Dio a chiedere perdono dei loro peccati
vanno da degli altri peccatori che ritengono di essere dei
mediatori tra Dio e gli uomini? Ma che si vadano a leggere cosa dice la teologia romana sul sacramento della
confessione! Anzi che si ravvedano di essersi commossi
dinanzi alla pratica di una delle abominazioni cattoliche
romane che tiene legate al peccato e fa illudere centinaia
di milioni di persone in tutto il mondo. Che si sveglino
dal sonno nel quale sono caduti!! Quanto poi alla esortazione di Bretscher di mettere da parte le nostre diffidenze e la nostra avversione verso il cattolicesimo romano, non se ne parla nemmeno; perché così facendo
inganneremmo noi stessi. Come possiamo abbandonare
le nostre diffidenze e la nostra avversione nei confronti
del cattolicesimo romano dopo avere letto i loro catechismi ed altri loro libri? Come si può fare ciò nel constatare che la chiesa cattolica romana è la stessa nella sostanza di quella dei tempi di Lutero e Calvino? Che anche
costui rientri in se stesso e si svegli dal sonno in cui è
caduto e allora non parlerà più così.
Così Traettino e la sua squadra si sono messi ufficialmente con i Cattolici romani trasgredendo all’ordine di
Paolo: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un giogo
che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la
giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le
tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è
di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra
il tempio di Dio e gl’idoli?”.4 Fratelli, guardatevi da costoro e non lasciatevi ingannare dai loro vani ragionamenti. Perché dietro a tutti questi proclami d’amore fraterno si nascondono dei compromessi e tante cose nascoste e vergognose.
Concludiamo dicendo che noi non escludiamo che tra i
carismatici cattolici di tutto il mondo ci possano essere
persone che abbiano veramente gustato la bontà di Dio e
siano state salvate dai loro peccati e neppure persone
che abbiano veramente ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo; perché il Signore si fa trovare da tutti quelli
che lo cercano con tutto il cuore in mezzo a tutte le
chiese, anche in quelle pseudocristiane come nel caso
della chiesa cattolica. E questo perché lui è giusto, senza
riguardi personali. Ma una cosa è certa; queste persone
saranno sospinte dallo Spirito Santo fuori dal cattolicesimo romano, perché lo Spirito brama a gelosia i figliuoli di Dio e non vuole che essi continuino a recitare
il Rosario, a confessarsi dai preti, a partecipare alla
messa ed altre cose abominevoli nel cospetto di Dio.
Questa è l’opera dello Spirito Santo che hanno potuto
avvertire nella loro vita tutti quei Cattolici visitati da
Dio in seno alla chiesa cattolica romana. Bisogna dunque dire a questi carismatici cattolici di uscire dalla
chiesa cattolica romana; per il loro bene, esclusivamente
per il bene dell’anima loro.
4
2 Cor. 6:14-16
305
L’ecumenismo
La chiesa cattolica romana
Attenzione a non dire quello che ha detto Geoffrej Allen: ‘..la mia speranza non è che i carismatici escano
dalla Chiesa Cattolica, piuttosto che il cattolicesimo, per
tutti gli aspetti in cui non è biblico, esca dai carismatici!’.1 Perché questo è un parlare contraddittorio dato che
se uno vuole che il cattolicesimo non biblico (che è la
massima parte) esca dai carismatici certamente vuole
che essi escano dalla chiesa cattolica romana e che non
vi rimangano. Mentre se uno vuole che il cattolicesimo
non biblico esca dai carismatici, ma contemporaneamente non vuole che essi escano dalla chiesa cattolica
romana; allora egli vuole che il cattolicesimo non biblico rimanga in loro, perché non è possibile rimanere nella chiesa cattolica romana senza aderire - se non proprio
a tutte - a molte delle dottrine diaboliche che ci sono in
essa.
E per rendersi conto di questo si veda di quante dottrine
diaboliche è formato il cattolicesimo romano, e come
esse sono strettamente collegate tra di loro in maniera
da non lasciare alternativa; o rimanere e dare retta al
magistero, o uscire.
IL PROGETTO ‘UNITÀ ATTRAVERSO
DIVERSITÀ’ DI OSCAR CULMANN
LA
Oscar Culmann, eminente teologo luterano, ha scritto un
libro dal titolo Unità attraverso la diversità. In questo
libro parla di come secondo lui sia possibile avere comunione (in greco koinonia) con i Cattolici romani infatti afferma: ‘..abbiamo constatato la necessità di rispondere affermativamente alla questione di sapere se
questa comunione è possibile in via di principio’.2 In
altre parole, per lui è possibile l’unità con la chiesa romana attraverso la diversità. Certo, lui riconosce nel suo
libro che permangono delle divergenze dottrinali non
indifferenti tra la chiesa cattolica romana e quella luterana (questo si può dire anche in relazione alle altre
chiese ‘protestanti’) che impediscono ancora una unità
visibile e specialmente strutturale, ma pure è convinto
che questa unità nella diversità (come lui la chiama) è
possibile e suggerisce nel capitolo secondo come attuare
praticamente questa unità da lui propugnata. Esamineremo i punti fondamentali di questo suo discorso per
queste ragioni; innanzi tutto per dimostrare come dopo
cinque secoli dalla Riforma che portò uno dei suoi protagonisti principali, ossia Lutero, con molti e molti altri
a separarsi dalla chiesa cattolica romana a motivo della
corruzione e della menzogna che essa perpetrava a danno degli uomini, ci siano oggi uomini, nella Chiesa cosiddetta luterana cioè a quella Chiesa che dice di rifarsi
agli insegnamenti di Lutero (alcuni dei quali però sono
errati) e che al tempo della Riforma fu scomunicata e
perseguitata dalla chiesa romana perché affermava che
la giustificazione si ottiene soltanto mediante la fede
senza le opere, e non accettava il primato del ‘papa’, e il
1
Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 29
Oscar Culmann, L’unità attraverso la diversità, Brescia 1987,
pag. 52. Oscar Culmann ha ricevuto il premio internazionale
Paolo VI 1993 per l’ecumenismo.
valore delle indulgenze, e l’invocazione di Maria e dei
santi ed altre dottrine cattoliche, che oggi a differenza di
Lutero, che un giorno affermò che loro si ritenevano
‘separati per l’eternità’ dalla chiesa cattolica romana,
dicono che si può e si deve collaborare con i Cattolici
romani (mantenendo questi tutti i loro insegnamenti falsi) perché sono anche loro dei Cristiani. Ma c’è un altro
motivo per cui vogliamo esaminare e confutare questo
discorso di Culmann; ed è quello di mettere in guardia i
credenti che si trovano nelle diverse ‘denominazioni’
cristiane da simili discorsi vani. Occorre dire infatti che
il discorso che fa Culmann lo fanno, con qualche variante, tanti altri teologi e non teologi anche in altre chiese
protestanti; il che costituisce una spinta in verso questa
cosiddetta unità nella diversità, come viene chiamata,
che in effetti, in base all’insegnamento biblico, non è
per nulla una unità vera, ma solo una trappola, una rete,
un laccio, un qualcosa di malefico che ha come fine di
fare dimenticare a molti credenti che la salvezza si ottiene soltanto credendo in Cristo Gesù e non facendo
opere buone, cioè il messaggio principale da portare agli
uomini, e di farli alleare con quelli che sono dei nemici
dichiarati della giustificazione per sola fede, cioè con la
chiesa romana. Siamo persuasi che questo nostro discorso, in questo tempo in cui si parla tanto di ecumenismo,
scandalizzerà molti o li farà rimanere perplessi, ma non
possiamo parlare altrimenti. I fatti parlano chiaro come
parlavano altresì chiaramente cinque secoli fa in Europa; la chiesa cattolica romana è idolatra, fonda la sua
esistenza sull’impostura, sulla superstizione, sulla menzogna e con essa i veri credenti non possono e non devono in nessuna forma e misura allearsi per non corrompersi anche loro e sviarsi dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Ma veniamo ora alle parole di Oscar Culmann.
- ‘L’unità nella diversità si può realizzare visibilmente
in due modi: anzitutto grazie a una cooperazione ecumenica in certi ambiti particolari, senza che vi sia
un’organizzazione della comunione delle chiese; secondariamente grazie a una struttura speciale (...) questa
cooperazione dovrà essere continuamente intensificata e
le manifestazioni individuali di solidarietà dovranno essere sempre più numerose’.3 E tra le forme di questa solidarietà che devono essere intensificate Culmann ricorda i dialoghi teologici ecumenici allo scopo di redigere
testi comuni, ricerche bibliche comuni, liturgie e culti
comuni, istituti comuni, attività sociali comuni; ma si
sofferma in particolare sui dialoghi teologici e le celebrazioni ecumeniche. Poi dice che ‘nel campo della teologia i maggiori progressi ecumenici sono stati compiuti
nel campo della scienza biblica’ e ci sono ‘delle importanti collane di commenti pubblicate in comune. Le società scientifiche di studi dell’Antico e del Nuovo Testamento comprendono indifferentemente esegeti delle
tre confessioni cristiane. L’elaborazione di traduzioni
ecumeniche della Bibbia ha dato risultati molto positivi’,4 e subito dopo parla della traduzione ecumenica del-
2
306
3
Oscar Culmann, op. cit., pag. 54-55
Ibid., pag. 56-57
4
L’ecumenismo
la Bibbia, la TOB (Traduction oecuménique de la Bible,
Paris 1975), di cui lui parla con soddisfazione.
Anche in questo caso, si deve constatare un errore di
fondo che è comune a tutti questi teologi quando parlano dei Cattolici romani, che è quello di considerarli fratelli in Cristo. A parte il fatto che secondo noi se uno,
anche se dice di fare parte di una Chiesa evangelica, si
mette a chiamare fratelli i Cattolici romani dati
all’idolatria e alla superstizione che affermano che dire
di avere la vita eterna è presunzione, deve lui stesso ancora nascere di nuovo, perché morto nei suoi falli e nelle sue trasgressioni, infatti ciò significa che anche lui è
ancora un figlio della disubbidienza al pari dei Cattolici
romani. Ma noi diciamo a costoro che parlano come
parla Culmann: ‘Ma come mai al tempo della Riforma
queste forme di solidarietà con la chiesa romana non
erano per nulla ricercate dai riformatori? Come mai Lutero o qualcun altro riformatore non avrebbe mai pensato di instaurare un dialogo con i Cattolici romani per
dopo redigere un testo comune e neppure mettersi a tradurre la Bibbia assieme ai Cattolici, o di studiare la
Bibbia assieme ai Cattolici romani? Non è forse perché
la chiesa romana li scomunicava e li insultava dichiarandoli eretici e figli della perdizione, e li paragonava
alla peste? E perché avveniva questo? Perché i riformatori, con tutti i loro difetti e quantunque talvolta affermarono delle cose sbagliate, erano dati alla confutazione
delle eresie cattoliche romane che stavano menando in
perdizione le anime, e desideravano far avere al popolo
delle traduzioni della Bibbia nella loro lingua, cosa che
la chiesa romana non faceva e non voleva fare perché
reputava la Bibbia molto pericolosa nelle mani del popolo da lei considerato ignorante. E il loro lavoro portò
molto frutto, infatti molti, leggendo i libri di controversia di questi riformatori e la Bibbia in lingua volgare, si
resero conto che la salvezza era per grazia e non bisognava fare nulla per meritarla, e che quindi la chiesa
romana era nell’errore e seduceva le anime. Non esistevano i dialoghi ecumenici con la stesura di testi comuni
come oggi; non esisteva e non veniva procacciata nessuna collaborazione con i Cattolici romani da parte protestante, e questo perché i riformatori erano affaticati
nell’intento di strappare dalle fauci del papismo più anime possibili. Oggi invece, quantunque la chiesa cattolica romana è la stessa se non peggio di come era nel
sedicesimo secolo, molti di coloro che hanno beneficiato dell’opera di quei coraggiosi riformatori che per la
loro opera esposero la loro vita alla morte, si sono messi
in testa che si deve cercare la maniera di unirsi in qualche maniera alla chiesa cattolica romana. Quindi, il
messaggio di costoro ai Cattolici romani non è più quello antico, e cioè: ‘Convertitevi dagli idoli all’Iddio vivente e uscite da essa’, ma: ‘Fratelli, le nostre chiese si
devono unire perché siamo fratelli’; quindi rimanete dove siete, perché siete al sicuro. Ecco, a quale punto sono
giunti le cose oggi; ma io dico: ‘Ma se Lutero o Calvino
ed altri fossero vivi oggi, cambierebbero il loro messaggio nei confronti della chiesa romana? Non credo affatto. E così la Riforma dopo secoli, rimane per molti solo
un evento storico che alla fin fine non insegna proprio
La chiesa cattolica romana
nulla; i riformatori sono solo delle persone il cui messaggio contro la chiesa romana oggi non è più valido! Il
messaggio da portare ai Cattolici, per molti Protestanti,
è un altro oggi! E’ triste constatare tutto questo, quando
ci si ricorda delle sofferenze e dei sacrifici che hanno
dovuto compiere tanti uomini nei secoli passati qui in
Europa per portare l’Evangelo ai Cattolici romani! Eppure, e questo lo voglio ribadire con forza, la chiesa cattolica romana, è la stessa di allora!! Eppure, gli anatemi
del concilio di Trento contro tutti coloro che non accetteranno i loro sacramenti, i libri apocrifi come canonici,
la loro tradizione come rivelazione di Dio, e tante altre
imposture vengono ancora citati dai teologi romani per
sostenere le loro dottrine!! Eppure, se si leggono i libri
di teologia di Bellarmino che combatté molto contro i
riformatori, e i libri dei moderni teologi non c’è alcuna
differenza (quanto alla sostanza ben inteso perché il linguaggio si è mitigato)!! Ma allora cosa c’è che non va?
C’è che molti di quelli che si dicono Protestanti o Evangelici sono ancora morti nei loro falli, e non hanno mai
sperimentato la nuova nascita, non si sono mai convertiti a Cristo come i Cattolici romani e perciò stanno bene
assieme. Si sa d’altronde che i perduti stanno bene assieme!
- ‘Quanto ai culti comuni, quelli che sono incentrati sulla predicazione non fanno problema al fine di manifestare la comunione delle chiese. E’ con questo spirito che
papa Giovanni Paolo II ha predicato a fianco del pastore
luterano nella piccola chiesa luterana di Roma. Attualmente esiste uno scambio di predicatori tra numerose
comunità. Occorre certamente vegliare, a questo riguardo, perché la predicazione proclami le verità cristiane
fondamentali che uniscono tutti i cristiani ed eviti di offendere gli uni o gli altri’,1 prosegue Culmann.
Che vergogna, che follia! noi diciamo. Ma qualcuno dirà: questo accade solo tra i Luterani. No, non è vero che
lo scambio di predicatori c’è solo tra loro. Io poco dopo
essermi convertito ho partecipato ad un congresso del
‘pieno
Evangelo’
a
Lugano
organizzato
dall’associazione Uomini Nuovi, dove fu invitato a predicare un prete cattolico romano. La ragione della sua
presenza era da ricercarsi nell’abbondanza di carismatici
cattolici romani presenti a quel congresso i quali dovevano anche loro avere un loro rappresentante e non sentirsi a loro disagio. Ci sono inoltre diverse Chiese evangeliche che permettono ai preti e ai vescovi di parlare
nei loro locali di culto anche in questa nazione. Quello
che una volta era scandalo oggi per molti non lo è; e naturalmente questo scambio di predicatori può avvenire
solo perché la parte non cattolica ha rinunciato a denunciare le false dottrine della chiesa romana. ‘Sono più le
cose che ci uniscono, che quelle che ci dividono’, si sente sovente ripetergli. ‘No, semmai è il contrario’ rispondiamo noi. E poi, in effetti, che cosa unisce costoro?
Che cosa c’è alla base di questa alleanza? L’amore del
denaro; ecco la colla che li unisce. Certamente non è
l’amore della verità o della giustizia, perché chi ama la
1
Ibid., pag. 58
307
L’ecumenismo
verità e la giustizia non può allearsi con un prete o un
vescovo o con un cardinale o con il cosiddetto papa.
- Culmann, facendo poi notare come ancora, dato che
permangono divergenze dottrinali sul significato della
cena del Signore con la chiesa romana, non è possibile
celebrare l’eucaristia assieme a loro dice: ‘Dal momento
che oggi non è possibile un’intercomunione generale,
vorrei tornare su un suggerimento da me già altra volta
avanzato: quello di riprendere un uso della chiesa antica
reintroducendo,
a
fianco
della
celebrazione
dell’eucaristia, l’antica celebrazione delle ‘agapi’ alle
quali possono partecipare le chiese separate (...) Queste
agapi dovrebbero svolgersi nelle sale parrocchiali, o
meglio ancora, possibilmente in case private e a turno
tra cattolici e protestanti’.1
E quindi, secondo costui, noi credenti dovremmo organizzare delle agapi con i Cattolici romani perché essi
sono nostri fratelli. Non abbiamo nulla contro l’agape in
se stessa, ma noi non ci sentiamo di invitare i Cattolici
romani che adorano statue e immagini ad un agape perché Paolo dice: “Quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un ...
idolatra (...) con un tale non dovete neppur mangiare”.2
Altra cosa invece è l’invitare un Cattolico romano a
mangiare perché è nel bisogno, con lo scopo naturalmente di guadagnarlo a Cristo.
- Passando poi ad esaminare la questione se ‘una comunione degna di questo nome è possibile senza un minimo di struttura’,3 Culmann afferma: ‘..la comunità di
chiese che progettiamo, benché non sia a sua volta una
chiesa, dovrebbe essere dotata di una soprastruttura, più
o meno flessibile, rispettosa delle strutture particolari
delle chiese accolte nel suo seno. Anche qui: unità nella
diversità’.4 Ma c’è un problema, ed è quello del papa
che si ritiene il garante dell’unità delle chiese cristiane
perché secondo i Cattolici Dio ha costituito il successore
di Pietro, ossia il vescovo d Roma, ‘perpetuo e visibile
principio e fondamento dell’unità’. Come risolvere questa questione molto complicata? In altre parole Culmann
domanda: ‘In che modo la chiesa cattolica, senza abbandonare la sua pretesa di possedere già nel ministero
petrino la garanzia dell’unità, può trovare il posto che le
compete in seno a una comunità nella quale le chiese
membri ricercano insieme una unità?’5 Ed egli dà pure
la risposta: ‘A meno di rinunciare definitivamente ad
accogliere la più grande delle chiese cristiane, non è
possibile nessuna struttura comune senza una concessione reciproca: da una parte la concessione delle chiese
non cattoliche nella forma di una accettazione limitata
di certi elementi costitutivi della chiesa cattolica per la
creazione di una soprastruttura, alla condizione che ciò
non sia in contrasto con la loro fede; dall’altra parte la
concessione della chiesa cattolica sotto la forma di un
1
Ibid., pag. 62
1 Cor. 5:11
3
Culmann, op. cit., pag. 64
4
Ibid., pag. 65
5
Ibid., pag. 77
2
308
La chiesa cattolica romana
riconoscimento di questa limitazione, senza abbandono
dei propri dogmi’.6
E’ chiaro dunque il progetto di Culmann; cercare di
formare una superstruttura facendo delle concessioni,
cioè riconoscendo in un certo limite il papa, e da parte
cattolica fare la concessione di accettare questa limitazione! E tutto questo per quale motivo? Per non perdere
la più grande delle chiese cristiane! Errore, grave errore
quello di Culmann nel definire Chiesa cristiana la chiesa
cattolica romana. Questo significa che lui ha dimenticato che cosa è il cristianesimo e che cosa fa cristiana una
chiesa, e non solo, egli ha pure dimenticato che la chiesa
cattolica romana nel definire il suo papa segno visibile
dell’unità e principio e fondamento dell’unità, non fa
altro che dire, o riconoscete il papa e vi sottomettete a
lui perché costituito da Dio per mantenere unita la Chiesa di Cristo, o altrimenti non avrete mai l’unità delle
chiese. Insomma, senza il papa, l’unità non è possibile,
il suo servizio è indispensabile!! Ma, a prescindere che
il cosiddetto successore di Pietro, è un impostore, da
quando in qua nella Scrittura si legge che Pietro fosse il
principio e il fondamento dell’unità, come se fosse Pietro che teneva unita la Chiesa intera al suo tempo? E’
l’amore e non il papa che tiene legati i credenti l’uno
all’altro infatti Paolo pregando per i Colossesi dice: “affinché siano confortati nei loro cuori essendo stretti insieme dall’amore...”.7 Quindi non c’è proprio bisogno di
questo cosiddetto servizio petrino per rimanere uniti ai
credenti delle altre chiese; basta amarli come Cristo ci
ha comandato di fare. Sì, i fratelli quando mediante
l’amore servono gli uni gli altri si mantengono uniti, e
non hanno bisogno di Giovanni Paolo II e neppure dei
suoi prossimi successori. E poi, i papi hanno sempre
cercato il loro interesse; la storia ce lo insegna; sono avidi di potere dal primo all’ultimo; ma che servizio possono giammai rendere alla Chiesa di Dio? Semmai, cercano di distruggerla, ma non cercano proprio di edificarla! Questo ancora oggi, nel ventesimo secolo. Molti Protestanti oggi nei loro discorsi ecumenici dicono: ‘Con
Pietro, ma non sotto Pietro’; volendo così dire che sono
disposti a collaborare assieme al cosiddetto successore
di Pietro ma non a riconoscere in lui il capo della Chiesa
per un suo particolare diritto divino accordatogli da Dio.
Noi riteniamo che in base all’insegnamento biblico,
questa volpe non debba essere fatta entrare nella vigna
di Dio perché con la sua astuzia e il suo potere la guasterebbe; è uno di quelli di fuori. Il suo posto non è in
mezzo al popolo di Dio riscattato con il sangue di Cristo, ma in mezzo agli idolatri, ai superstiziosi, ai figli
della disubbidienza come lui. Si ravveda, e creda nel
Vangelo, ed esca dalla chiesa romana abbandonando la
sua posizione, allora, e solo allora lo potremo accogliere
come un nostro fratello, ma non prima. Qualcuno dirà:
‘Ma che dici? Guarda che il papa vuole il bene della
Chiesa’. No, lui non vuole il nostro bene, come non lo
hanno voluto i suoi predecessori. Da che cosa si comprende questo? Dal fatto che lui nell’ovile delle pecore
6
Ibid., pag. 77
Col. 2:2
7
L’ecumenismo
cerca di entrarci non per la porta ma da un’altra parte. E
Gesù ha detto: “In verità, in verità io vi dico che chi non
entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da
un’altra parte, esso è un ladro e un brigante”.1 E chi è la
porta? Cristo. Ma lui questa porta la ignora; egli ha
un’altra porta ed è Maria, la ‘porta del cielo’. Seguendo
lei però, nella maniera in cui prescrive la chiesa romana,
non si entra né nella Chiesa di Dio e neppure nel cielo,
ma si rimane nel buio e si va all’inferno.
Per concludere; noi riteniamo che è impossibile avere
comunione con i Cattolici romani perché noi siamo luce
nel Signore mentre loro sono tenebre e non v’è comunione tra la luce e le tenebre. Come fanno dunque alcuni
credenti a pensare di potere avere comunione con le tenebre? Noi abbiamo parlato con molti Cattolici romani
fino adesso, ma con nessuno di essi abbiamo sentito
comunione. Il fatto dunque che alcuni ci stiano bene assieme a loro è segno che essi o prima camminavano nella luce e poi si sono corrotti perché le tenebre gli hanno
accecato gli occhi o altrimenti sono nelle tenebre e non
hanno mai visto la luce nella loro vita. Quantunque siamo contro l’ecumenismo, pure siamo per la verità e cerchiamo il bene dei Cattolici romani; il nostro desiderio
infatti, nello scrivere contro questo falso ecumenismo, è
che i Cattolici romani vengano salvati e vengano alla
conoscenza della verità. Diletti, ho voluto esporvi brevemente queste cose per mettervi in guardia da coloro
che cercano di sedurvi con le loro dolci parole ecumeniche; affinché perseveriate nella fede, e riteniate fermamente fino alla fine quello che avete udito dal principio
per ottenere in quel giorno dal Signore la corona di giustizia.
COSE PASSATE DA NON DIMENTICARE
Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli Anabattisti e i Pentecostali
A questo punto fratelli voglio parlarvi di diverse cose
che il papato nel corso dei secoli passati ed anche in
questo nostro secolo ha fatto e detto contro coloro che si
separarono dalla chiesa cattolica a motivo della loro fede nel Vangelo. Il tempo verrebbe meno se dovessi mettermi a parlare di tutte le persecuzioni che secoli fa i papi qui in Europa perpetrarono contro tanti uomini che
predicarono la parola della fede, che predicarono contro
la tradizione della chiesa papista, che fecero di tutto per
fare avere al popolo le Scritture tradotte nella loro lingua. Mi limiterò quindi a parlare solo di alcune di queste persecuzioni eccitate da papi sanguinari, violenti e
spietati. Ma prima di iniziare a parlarne voglio citare
alcune parole di Agostino di Ippona perché è su di esse
che la chiesa cattolica romana si è perlopiù basata nel
corso dei secoli per sostenere che è giusto perseguitare
coloro che ancora non fanno parte di essa affinché si
convertano al cattolicesimo e coloro che escono dal suo
seno per farli tornare nel suo grembo. In sostanza, secondo queste parole di Agostino è giusto da parte della
1
Giov. 10:1
La chiesa cattolica romana
Chiesa - per mezzo delle autorità statali - fare perseguitare gli increduli affinché si convertano al cristianesimo
e fare perseguitare gli eretici, ossia coloro che si sviano
dalla verità per andare dietro ad eresie, per farli tornare
nel seno della Chiesa. Ecco le sue affermazioni a tale
proposito: ‘Tu pensi che nessuno deve essere costretto
alla virtù, sebbene tu legga che il padre di famiglia disse
ai servi: Costringete ad entrare tutti quelli che troverete.
Pensi così, sebbene tu legga come Saulo, che poi divenne Paolo, fu spinto a conoscere ed abbracciare la verità
con un atto di forza compiuto da Cristo, che ve lo costrinse (...) E tu pensi che non si devono usare i mezzi
coercitivi con le persone, perché si liberino dalla calamità dell’errore, mentre, dagli esempi incontestabili surriferiti, vedi che agisce in questo modo proprio Dio, di
cui nessuno ci ama in modo più vantaggioso per noi’;2
‘E’ comunque certo che i cattivi hanno sempre perseguitato i buoni, ed i buoni i cattivi, gli uni nocendo con
l’ingiustizia, gli altri giovando con le sanzioni disciplinari; agendo gli uni inumanamente, gli altri moderatamente; servendo gli uni alla cupidigia, gli altri
all’amore. Voglio dire: il carnefice non bada al modo
con cui strazia, il medico invece bada al modo con cui
taglia; questi infatti cerca di ottenere la sanità, quello
invece la cancrena. Gli empi uccisero i Profeti, ma pure
i Profeti uccisero degli empi. I Giudei flagellarono Cristo, ma anche Cristo flagellò i Giudei (...) Sia nel Vangelo, sia negli scritti degli Apostoli, non si riscontra alcun caso in cui ai re della terra sia stato chiesto
l’intervento a difesa della Chiesa contro i suoi nemici.
Chi lo nega? Bisogna però tenere presente che ancora
non si era avverata la profezia che dice: E adesso, o re,
fate giudizio; ravvedetevi, o giudici della terra; servite il
Signore con timore! Ancora infatti si avverava quanto si
legge poco prima nel medesimo salmo: Perché mai le
genti si sono agitate e i popoli hanno meditato vani disegni? Sono insorti i re della terra, i principi hanno cospirato contro il Signore e contro il suo Cristo. D’altra
parte però, se i fatti narrati dai Libri profetici erano figure di quelli che sarebbero accaduti in futuro, nel monarca chiamato Nabucadonosor erano pure raffigurati due
periodi della storia: il periodo cioè trascorso dalla Chiesa sotto gli Apostoli e quello prefigurato nel periodo in
cui il summenzionato re costringeva i buoni e i giusti ad
adorare la propria statua e faceva gettare nel fuoco quelli che vi si rifiutavano. Adesso invece si avvera quello
che accadde nel periodo successivo, prefigurato nel medesimo re, quando cioè egli, convertitosi al culto del vero Dio, decretò che se uno nel suo regno avesse bestemmiato il Dio di Sidrac, Midrac e Abdenago, venisse
punito coi meritati castighi. Il primo periodo di quel re
indica perciò il primo atteggiamento dei re pagani, in
cui i Cristiani furono perseguitati invece degli infedeli;
il periodo successivo di quel re, invece, prefigurò i tempi dei re posteriori, già fedeli, nei quali invece dei Cristiani, vengono perseguitati gli infedeli. Ma senza dubbio verso quei Cristiani che errano perché sono stati se2
Agostino, Le lettere, 93,2,5. Lettera a Vincenzo, vescovo di
Cartenna.
309
L’ecumenismo
dotti dagli eretici, si usa una severità temperata, e di preferenza la mansuetudine (...); mediante le pene
dell’esilio e di multe cerchiamo di richiamarli a considerare che cosa e per qual causa essi le subiscono, in modo
che imparino a preferire alle chiacchiere e alle calunnie
umane le Sacre Scritture da essi lette’.1 Ecco cosa insegnava colui che i Cattolici romani chiamano il santo
dottore o il più grande dei dottori della Chiesa e che
persino tanti credenti tengono in alta stima! Questa è
una eresia (una delle sue tante) che si oppone nettamente alle parole di Cristo e degli apostoli. I figliuoli di Dio
non devono per nulla ricorrere alle autorità statali per
convertire con la forza gli increduli o per fare tornare
nel loro mezzo coloro che si sono sviati dalla verità; ma
essi devono predicare loro il Vangelo, dimostrare loro
ogni mansuetudine e pregare per loro nella speranza che
Dio dia il ravvedimento ad ambedue. Paolo scongiurava
Giudei e Gentili a ravvedersi e a credere nel Signore
Gesù Cristo, e per loro pregava, lasciandoci così
l’esempio; ma mai insegnò a fare uso o lui stesso fece
uso direttamente o indirettamente della persecuzione per
convertirli, perché egli sapeva che Dio dice: “Non per
potenza né per forza, ma per lo Spirito mio...”.2
L’apostolo sapeva che il ravvedimento è Dio a concederlo secondo il beneplacito della sua volontà a chi vuole e che la fede non è qualcosa che un uomo può imporre con la forza al suo simile perché essa è il dono di Dio.
E la stessa cosa vale per coloro che si sono sviati dalla
verità: Egli dice infatti a Timoteo come deve comportarsi con loro: “Or il servitore del Signore non deve contendere, ma dev’essere mite inverso tutti, atto ad insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che
contraddicono, se mai avvenga che Dio conceda loro di
ravvedersi per riconoscere la verità; in guisa che, tornati
in sé, escano dal laccio del diavolo, che li avea presi prigionieri perché facessero la sua volontà”.3 Nessuna forza quindi è lecito usare alla Chiesa - né direttamente, e
né indirettamente ricorrendo al braccio secolare - per
persuadere e convertire gli increduli o gli sviati. E potrei
prendere molte e molte altre Scritture per dimostrare che
Agostino ha detto il falso quando dice che la Chiesa fa
bene a perseguitare gli infedeli e gli eretici al fine di bene cioè al fine di persuaderli che sono nell’errore e farli
volgere alla verità. Ma io dico: ma non è forse vero che
Gesù ha detto di amare i nostri nemici e di fare del bene
a quelli che ci odiano (i quali naturalmente non sono
d’accordo con noi in materia di fede e dottrina), e che
lui stesso ci ha lasciato l’esempio perfetto di cosa significa amare i propri nemici e pregare per coloro che sono
nemici, e che questo esempio noi dobbiamo seguire?
Che hanno a che fare dunque i ‘castighi meritati’, che
Agostino dice è giusto infliggere ai pagani e agli eretici
appoggiandosi sull’autorità statale, con il Vangelo?
Niente. Come la notte non ha nulla a che fare con il
giorno, come l’iniquità non ha nulla a che fare con la
giustizia. Che dire allora dei ragionamenti fatti da Ago1
Agostino, op. cit., 93, 2,8; 3,9-10
Zacc. 4:6
3
2 Tim. 2:24-26
2
310
La chiesa cattolica romana
stino a sostegno dell’uso della forza da parte della Chiesa contro i suoi nemici? Essi sono vani, diabolici, follia.4 Il suo modo di ragionare in sostanza è questo: ‘Il
fine buono, cioè la conversione degli increduli e quella
degli eretici, giustifica la persecuzione da parte dei credenti (e quindi il male compiuto) nei loro confronti’. Ma
la Parola di Dio non dice così; essa condanna coloro che
la pensano in questa maniera. Paolo disse ai santi di
Roma a riguardo di coloro che attribuivano a lui e ai
suoi collaboratori la massima: “Perché non facciamo il
male affinché ne venga il bene? La condanna di quei tali
è giusta”.5 Perciò al bando i sofismi di Agostino, i suoi
perversi ragionamenti che nel corso dei secoli sono serviti al papismo, per perseguitare e torturare - con le sue
mani o per mezzo delle mani delle autorità - i non Cattolici per farli diventare Cattolici, e quelli che esso
chiamava ‘eretici’ per farli tornare nel suo seno. Chi
vuole accertarsi di persona quali siano state le nefaste
conseguenze dell’errata interpretazione agostiniana alle
parole di Gesù: “Costringili ad entrare”,6 si vada a leggere la storia del papato da Agostino in poi e soprattutto
la storia dell’Inquisizione (che fece centinaia di migliaia
di morti). Ma, dicono ora i Cattolici, il medioevo fece
male a giustificare i suoi abusi con la dottrina agostiniana e di certo se Agostino fosse stato vivo non li avrebbe
approvati quegli abusi. Quindi, la dottrina agostiniana è
retta per i Cattolici romani, ma la chiesa del medioevo
compì l’errore di usarla per difendere i suoi abusi! Ma
qui non si tratta di stare a dire che gli abusi del medioevo furono a torto giustificati con la dottrina agostiniana,
il fatto è che la dottrina agostiniana è storta in ogni caso,
sia che venga usata per giustificare degli abusi o per
giustificare quelli che non vengono definiti abusi. La
forza umana, la molestia, la paura e il terrore di essere
torturati o messi a morte da altri uomini, ed ogni tipo di
persecuzione non devono essere usati da parte della
Chiesa di Dio in nessuna misura contro gli increduli o
contro coloro che si sviano dalla verità. Chi lo fa è corrotto, riprovato quanto alla fede; e benché dica di essere
da Dio è dal diavolo.7
4
Ma come si fa ad affermare che Gesù flagellò i Giudei? Gesù
fece solo una sferza di cordicelle e scacciò tutti dal tempio,
pecore e buoi (cfr. Giov. 2:15); questa non si può chiamare
flagellazione. La flagellazione era tutt’altra cosa.
5
Rom. 3:8
6
Luca 14:23
7
Altri passi che attestano che è contrario alla dottrina di Cristo
fare alcunché di male a coloro che non ubbidiscono al Vangelo di Cristo da noi predicato (e quindi che si oppongono a noi)
o che si sono sviati dalla verità sono questi. Quando quei Samaritani non vollero ricevere Gesù nel loro villaggio perché
egli era diretto verso Gerusalemme, e Giacomo e Giovanni
chiesero a Gesù se voleva che facessero scendere del fuoco dal
cielo e li consumasse, Gesù “rivoltosi, li sgridò, e disse: Voi
non sapete di quale spirito voi siete. Poiché il Figliuol
dell’uomo non è venuto per perder le anime degli uomini, anzi
per salvarle” (Luca 9:55,56. Diod.). Paolo dice di non fare le
nostre vendette ma di lasciare il posto all’ira di Dio perché la
vendetta appartiene a Lui (cfr. Rom. 12:19); Giacomo dice che
“l’ira dell’uomo non mette in opra la giustizia di Dio” (Giac.
L’ecumenismo
Ma vediamo ora quali sono state alcune conseguenze
pratiche di questo perverso e diabolico modo di pensare
della curia romana (che lo ripeto si basa molto sulle parole di Agostino), che personalmente ritengo sia ancora
presente nei cuori di coloro che sono ai vertici della
chiesa romana per il semplice motivo che i decreti contro gli eretici emanati dai concili ecumenici (che citeremo fra breve) sono considerati irreformabili e non possono essere smentiti perché pronunciati sotto
l’assistenza infallibile dello Spirito Santo (e poi se la
chiesa cattolica dichiarasse quei decreti malvagi dovrebbe di conseguenza mettersi contro i suoi ‘santi’ papi, il che non ritengo proprio essi siano disposti a farlo,
e poi risulterebbe che la chiesa ha errato nel passato e
perciò non è infallibile come dice di essere, il che andrebbe contro l’immagine che dà la chiesa papista agli
ignoranti). In sostanza io ritengo che se essi potessero
cioè se le circostanze fossero uguali a quelle di un tempo, ci imprigionerebbero, ci torturerebbero e ci metterebbero a morte bruciandoci vivi o impiccandoci o tagliandoci la testa, appoggiandosi ancora sulle parole di
Agostino, come hanno fatto verso molti altri nei secoli
addietro. Lo so che passo da grande pessimista dicendo
queste cose in questo periodo di intenso ecumenismo,
ma non posso parlare altrimenti dopo avere studiato il
comportamento della chiesa cattolica romana nel corso
dei secoli passati.
- La persecuzione contro i Valdesi.
Nel 1179 il concilio del Laterano, sotto Alessandro III,
affermò contro gli eretici: ‘...tutti i fedeli devono opporsi energicamente a questa peste (catari, ecc.) ed anche
prendere le armi contro di essi. I beni di questa gente
saranno confiscati e sarà permesso ai principi di ridurli
in schiavitù. Chiunque, seguendo i consigli dei vescovi,
ecc., prenderà le armi contro di essi, avrà una remissione di due anni di penitenza e sarà, come tutti i crociati,
1:20); Pietro dice di non rendere male per male od oltraggio
per oltraggio (cfr. 1 Piet. 3:9).
I santi sono stati chiamati ad essere perseguitati e a soffrire per
il Signore, e non a perseguitare e fare soffrire coloro che non
vogliono credere o che si sono sviati dalla fede e dalla verità,
per indurli ad accettare la verità. A ‘perseguitare’ costoro ci
pensa il Signore; voglio dire, che ci pensa il Signore ad usare
la forza e il terrore contro coloro che non gli ubbidiscono, al
fine di correggerli, e fargli accettare la verità, ma la sua forza,
il suo terrore. Egli sa come fare; vi ricordate Saulo da Tarso?
Perseguitava a morte i santi, era ostinato in cuore suo, eppure
Dio riuscì con la sua forza e il suo terrore, a fargli accettare la
verità? Nessun uomo avrebbe mai potuto persuadere con la
forza l’ebreo Saulo ad accettare il Vangelo, ma ci riuscì il Signore. Ora, se il Signore riuscì a convertire un simile uomo
noi crediamo che riuscirà a convertire qualsiasi uomo che non
lo conosce e lo odia, e qualsiasi credente che dopo avere conosciuto la verità si è sviato da essa. La nostra fiducia è nella sua
forza e non in quella dell’uomo. Certamente non tutti i pagani
e non tutti coloro che si sono sviati dalla verità accetteranno la
verità, perché fino alla fine ci saranno increduli e sviati; ma
questo non desta nessuna preoccupazione in noi perché sappiamo che Dio retribuirà gli impenitenti come meritano sia
sulla terra che in quel giorno; cioè gli farà trovare il salario
della loro condotta. Lui è l’Iddio delle retribuzioni; abbiamo
fiducia nella sua giustizia.
La chiesa cattolica romana
posto sotto la protezione della Chiesa’.1 E nel 1208 per
ordine di Innocenzo III, che si rifece al suddetto canone,
ci fu una dura persecuzione contro i Catari e gli Albigesi
nel sud della Francia: le vittime secondo alcuni ammontarono ad oltre sessantamila persone.2 E’ vero che i Catari e gli Albigesi, quantunque dicevano di basarsi sul
Nuovo Testamento, insegnavano delle eresie (affermavano per esempio che il vero Dio non si era incarnato in
Cristo e condannavano il matrimonio) ma questo non
giustifica affatto il comportamento verso di loro della
chiesa papista perché non è questo l’atteggiamento che,
in base alla Scrittura, si deve avere verso gli eretici. Che
poi non si può dire che furono dei Cristiani a perseguitare quegli eretici, ma altri eretici cioè i Cattolici romani
di allora.3
Ma tra coloro che furono oggetto della persecuzione del
1208 ordinata da Innocenzo III contro gli eretici, ci furono anche i Valdesi che eretici non erano (quantunque
qualche residuo di cattolicesimo l’avevano ancora). Il
movimento Valdese aveva fatto la sua comparsa in
Francia durante l’ultimo quarto del dodicesimo secolo.
Esso aveva preso il nome da Pietro Valdo, un ricco
mercante di Lione che convertitosi al Vangelo verso il
1
Concilio del Laterano III, can. 27
A proposito del massacro degli abitanti di Bèziers, avvenuto
nel 1209, successe che il legato del papa - abate Arnoldo
dell’ordine dei Cistercensi - a chi gli domandava se si dovevano risparmiare i Cattolici, temendo che gli eretici potessero
fuggire col farsi passare per Cattolici, diede questa risposta:
‘Uccideteli tutti. Dio saprà ben riconoscere i suoi’. Nel rapporto che poi questo abate fece al papa si legge: ‘La città presa
d’assalto, gli abitanti tutti massacrati; non abbiamo risparmiato né ceto, né sesso, né età; circa 20.000 persone sono perite
per la spada: la città intera spoglia ed arsa fervendo in modo
meraviglioso contro di essa la vendetta di Dio’.
3
Sotto lo spietato Innocenzo III, il concilio Laterano IV
(1215), che è chiamato sacrosanto perché viene asserito che
esso si riunì nello Spirito Santo, a proposito del trattamento da
riservare agli eretici confermò e rafforzò il decreto del concilio
del 1179 infatti decretò quanto segue: ‘Condanniamo tutti gli
eretici, sotto qualunque nome; essi hanno facce diverse, ma le
loro code sono strettamente unite l’una all’altra, perché convergono tutti in un punto: sulla vanità. Gli eretici condannati
siano abbandonati alle potestà secolari o ai loro balivi per essere puniti con pene adeguate (...) Siano poi ammonite e, se
necessario, costrette con censura le autorità civili, di qualsiasi
grado, perché, se desiderano essere stimati e creduti fedeli,
prestino giuramento di difendere pubblicamente la fede; che
essi, cioè, cercheranno coscienziosamente, nei limiti delle loro
possibilità, di sterminare dalle loro terre tutti quegli eretici che
siano stati dichiarati tali dalla chiesa (...) I cattolici che, presa
la croce, si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle
indulgenze e dei santi privilegi, che sono concessi a quelli che
vanno in aiuto della Terra Santa’. (Concilio Lateranense IV,
cap. III). Ecco quale era il sentimento del papato verso coloro
che dissentivano da esso sotto Innocenzo III. Come si può ben
vedere, dalle suddette dichiarazioni è assente nella maniera più
assoluta quel sentimento di amore e di compassione che la
Chiesa di Dio deve, per comando del suo fondatore, nutrire
verso coloro che si sviano dalla verità, nella speranza che, utilizzando le armi della nostra guerra che non sono carnali ma
spirituali, Dio conceda loro di ravvedersi e riconoscere la verità.
2
311
L’ecumenismo
1176 organizzò una compagnia nota col nome di ‘Poveri
di Lione’. Egli voleva assieme ai suoi seguaci predicare
l’Evangelo rimanendo ‘laico’, ma questo gli fu vietato
dal papa che scomunicò sia lui che i suoi seguaci perché
essi si rifiutarono di smettere di predicare. Molti di loro,
in seguito alla grande persecuzione che ci fu nel sud della Francia sotto Innocenzo III, si ritirarono nell’Italia
settentrionale; soprattutto nelle valli del Piemonte. Ma
anche qui continuarono ad essere visti di malocchio dal
papato; e furono periodicamente perseguitati dalle autorità che venivano incitate contro di loro dal clero romano che voleva estirparli dal Piemonte. Durante la persecuzione che essi subirono in alcune valli Piemontesi nel
1655 (per citare solo una delle tante), essi furono minacciati di morte e di confisca dei beni dalle autorità nel
caso non avessero abiurato la ‘Religione riformata’ e
non fossero tornati alla chiesa romana. Ma essi preferirono fuggire e lasciare i loro beni anziché rinnegare la
loro fede; ecco come viene descritta questa loro fuga in
un libro che parla delle loro persecuzioni subite nel
1655: ‘Abbandonarono le loro case con mogli e figli,
grandi e piccoli, sani e malati, trascinandoli sotto la
pioggia, la neve, nel gelo e nella miseria, tra singhiozzi
e lamenti, come ognuno può immaginare. Tutte queste
migliaia di persone, povere e mal vestite, costrette a
fuggire sulle montagne e nelle caverne per cercare un
riparo, senza poter portare quasi nulla dei loro beni, si
raccomandavano tuttavia a Dio ed erano risolute a giungere fino all’estremo pure di non cambiare Religione. Il
coraggio che Dio dette loro di abbandonare piuttosto i
beni terreni che non quelli celesti, fu di grande consolazione per le altre chiese e meravigliò gli avversari: tanto
più che ognuno conosce i grandi vantaggi che vengono
offerti in quelle terre a tutti coloro che abiurano la Religione riformata, vale a dire la grazia per i criminali, la
liberazione per i prigionieri, l’esenzione dalla taglia ed
ogni altra imposta ed aggravio reale e personale per la
durata di cinque anni dal giorno dell’abiura’.1
Ma ci furono anche coloro che furono trucidati dalle
truppe di S.A.R, da sei Reggimenti dell’esercito francese, dalla milizia del Piemonte ed anche da banditi e malfattori liberati dalle prigioni. Nel libro appena citato
viene detto anche che ‘i confessori, poi, per infervorare
il più possibile il popolo perché accorresse a questa crociata, avevano distribuito dei biglietti stampati con la
promessa di indulgenza plenaria a chiunque si rendesse
utile per la distruzione di quei pretesi eretici’.2
Nel racconto dello sterminio di quelle persone in alcuni
paesi troviamo le seguenti parole: ‘L’indomani 22 (Aprile 1655), gli incendiari e i massacratori non rimasero
certo inerti: un monaco dell’ordine di San Francesco ed
un prete, che hanno voluto avere l’onore di essere i
principali incendiari, potendo agire con le loro armi
speciali in tutta tranquillità, appiccarono il fuoco al
tempio di San Giovanni e a quasi tutto ciò che rimaneva
1
Enea Balmas e Grazia Zardini Lana, La vera relazione di
quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri dell’anno
1655, Torino 1987, pag. 220-221
2
Enea Balmas, op. cit., pag. 223
312
La chiesa cattolica romana
in piedi di case a Torre e a parte di Angrogna. Là dove
trovavano ancora qualche angolo risparmiato dai primi
incendi, il prete non faceva altro che sparare un colpo
della sua carabina incendiaria per completare la distruzione. E i soldati, implacabili, corsero fin sui punti più
alti delle montagne, in posti che sembravano inaccessibili, per sgozzare tutte le creature che incontravano,
benché non opponessero alcuna resistenza (anzi, avrebbero dovuto con le loro lacrime fare cadere le armi dalle
mani dei più barbari cannibali). Nel solo Tagliaretto,
paese posto su una delle colline più alte di Torre, dopo
avere fatto mille obbrobri a 150 donne e bambini, tagliarono loro la testa. Ne hanno fatto cuocere altre e ne hanno mangiato il cervello, ma poi hanno smesso dicendo
che era troppo scipito e avrebbe fatto loro male allo
stomaco: di questo si è vantato un uomo di Cumiana in
presenza di tre persone del Delfinato degne di fede.
Molti poi sono stati fatti a pezzi ed i carnefici se li gettavano l’un l’altro. Ad una povera donna che è sfuggita
loro e vive ancora, benché sia stata orribilmente mutilata, hanno preso il bimbo in fasce e sono andati a sbatacchiarlo sull’orlo di un precipizio; altri fanciulli sono stati schiacciati contro le rocce, altri uccisi crudelmente
sotto gli occhi delle loro madri. Molti sono stati dilaniati
e tagliati a metà. Infatti due soldati prendevano una di
queste creature innocenti, uno da una parte e uno
dall’altra, tiravano ognuno dalla sua parte e poi se la
scagliavano l’un l’altro. Hanno spogliato interamente
molte persone senza distinzione né di età, né di sesso, ne
hanno tagliuzzato i corpi in modo da fare fremere al solo sentirlo raccontare, vi hanno poi sparso del sale e della polvere, li hanno rivestiti con camicie imbevute di
alcol e, appiccatovi il fuoco, le hanno fatte bruciare su
quei poveri corpi martoriati. Ad altri sono stati conficcati dei chiodi e dei cunei nella testa, altri sono stati legati
nudi, la testa fra le gambe, e fatti rotolare da precipizi
senza risparmiare un tale Pierre Simond di Angrogna,
centenario, né sua moglie novantacinquenne. Molti sono
stati bruciati nelle loro case, senza prima averli voluti
uccidere, cosa che essi invocavano come una grazia. Per
esempio a San Giovanni, in una frazione chiamata i
Brunerols, i soldati fecero irruzione da Maria di Praviglielmo e da Margherita della Carrettera, che, per la debolezza della loro età ed altre infermità, non avevano
potuto fuggire: dopo averle sollecitate ad andare alla
messa, cosa che esse rifiutarono tenacemente, le bruciarono vive insieme alle loro case. Fecero lo stesso a
‘Madona’ Lena della Torre, ottantenne cieca, a ‘Magna’
Jeanne, novantenne, ed a molti altri sia uomini che donne. Ad alcuni è stato squarciato il petto, ad altri sono
state strappate le viscere e tagliate le parti vergognose;
dopo avere abusato di alcune donne hanno conficcato
loro nel ventre molte pietre e in questa posizione sono
state trascinate finché non hanno esalato l’ultimo respiro’.3 E tutto questo avvenne perché il clero romano aveva fatto pressione sulle autorità piemontesi affinché distruggesse i Valdesi.
- La persecuzione contro gli Ugonotti in Francia.
3
Ibid., pag. 225, 226, 227
L’ecumenismo
Gli effetti della Riforma iniziata in Germania si fecero
sentire anche in Francia, dove molte migliaia di persone
adottarono i principi della Riforma dando importanza
alla Bibbia in questioni di fede e di morale ed alla dottrina della giustificazione per fede. Anche costoro, come
tutti quelli che adottarono questi principi, furono chiamati dalla curia romana Protestanti. Essi in seguito furono chiamati Ugonotti. Contro di loro furono ordite
persecuzioni da parte di Francesco I e di Carlo IX. A
proposito della persecuzione ordita da Carlo IX contro
gli Ugonotti ci sono le prove che fu l’allora papa Pio V
(1566-1572) a fomentarla e ad incoraggiarla. Le prove
sono queste lettere che lo stesso Pio V scrisse. In una di
queste egli eccita il re Carlo IX ‘ad esterminare tutti
quei scellerati eretici, a massacrare tutti i prigionieri di
guerra, senza avere riguardo per alcuno, senza rispetto
umano, e senza pietà; imperocchè non vi poteva né vi
doveva mai essere pace fra Satana e i figli della luce’.
Essi dovevano essere intieramente sterminati, ‘affinché
la razza degli empi non pullulasse di nuovo, ed anche
per piacere a Dio, il quale preferisce ad ogni altra cosa
che si perseguitino apertamente e piamente i nemici della religione cattolica’. In un altra lettera allo stesso re,
Pio V dice: ‘E questo otterrai (cioè di ristabilire la Francia nel suo splendore), se niun riguardo di persone o di
cose potrà giammai indurti a perdonare ai nemici di Dio
(...) imperciocchè in niun altro modo potrai placare Iddio, se non punirai severessimamente, con le pene dovute, le ingiurie che questi uomini scelleratissimi fanno a
Dio’. Temendo che il re Carlo IX non fosse abbastanza
crudele, Pio V scrisse alla regina madre: ‘Ci è stato detto che costì vi sieno alcuni i quali si adoperano acciò
sieno liberati alcuni di quegli eretici prigionieri, e cerchino rimandarli impuniti. Tu adunque devi fare di tutto
acciò cotali scelleratissimi uomini sieno puniti coi dovuti supplizi’, ed in un altra lettera: ‘Guardati bene, carissima figlia in Cristo, dal credere che si possa fare qualche cosa più cara e più accetta a Dio, fuori di quella di
distruggere i suoi nemici per amore della religione cattolica’. Fu in questa maniera che Pio V (il quale è annoverato tra i santi della chiesa romana e come santo è venerato e pregato) preparò la strage di migliaia di Ugonotti detta della notte di Bartolomeo, avvenuta a Parigi
nelle notti del 23 e 24 Agosto 1572.1 Vediamo ora come
1
Quanto questo papa fosse crudele e spietato e ce l’avesse a
morte con i Protestanti è attestato dal fatto che quando mandò
in Francia il conte di Santafiore a capo di un piccolo esercito
per aiutare i Cattolici francesi diede a costui l’ordine ‘di non
prendere prigioniero nessun ugonotto, e di uccidere subito
chiunque gli capitasse nelle mani’ (Leopold Von Ranke, Storia dei papi, Firenze 1959, pag. 269-270). In seguito egli ‘si
dolse del conte che non havesse il comandamento di lui osservato d’ammazzar subito qualunque heretico gli fosse venuto
alle mani’ (Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 285). Quanto
egli si compiacesse dello sterminio dei Protestanti è attestato
anche dal fatto che egli mandò in premio il cappello e la spada
benedetti al crudele duca d’Alba, per le sue stragi fatte compiere nei Paesi Bassi al tempo di Filippo II (cfr. Leopold Von
Ranke, op. cit., pag. 270, 428-430). Si ritiene che durante i sei
anni di governo del duca d’Alba (1567-1573) sarebbero state
eseguite da sei a ottomila condanne capitali.
La chiesa cattolica romana
fu accolta a Roma la notizia dell’avvenuta strage. Giacomo Augusto de Thou Presidente del parlamento di
Parigi, autore cattolico, nel libro 53 della sua Storia Universale, racconta la gioia che fu dimostrata dalla corte
di Roma al primo annunzio della strage eseguita. Ecco
le parole di de Thou: ‘Giunta in Roma la notizia del
massacro di Parigi, la gioia che essa vi arrecò fu al di là
di quanto possa dirsi. Le lettere del Nunzio furono lette
il 6 Settembre nel concistoro; e tosto fu risoluto che il
papa (che era Gregorio XIII succeduto a Pio V morto
nel mese di maggio del 1572) accompagnato dai cardinali andrebbe alla Chiesa di S. Marco per ringraziare
Dio solennemente della grazia singolare che aveva fatto
alla S. Sede ed a tutta la cristianità: che il lunedì seguente si canterebbe una messa di ringraziamento alla Minerva colla assistenza del papa e cardinali, e che si pubblicherebbe un giubileo universale; perché i nemici della verità e della Chiesa erano stati massacrati in Francia’. Oltre a ciò il papa fece dipingere i principali episodi della strage dal celebre pittore Vasari, nella sala dei
re al Vaticano, e fece coniare una medaglia col busto del
papa da un lato, e dall’altro un angelo colla spada nella
destra, e una croce nella sinistra, in atto di uccidere gli
Ugonotti, col motto UGONOTTORUM STRAGES
1572.2 Leggendo queste cose ci vengono alla mente le
parole di Gesù Cristo: “L’ora viene che chiunque
v’ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio. E questo faranno, perché non hanno conosciuto né il Padre né
me”.3
- La persecuzione contro gli Anabattisti.
Furono chiamati inizialmente Anabattisti perché ribattezzavano coloro che erano stati battezzati da fanciulli
non considerando valido il battesimo dei neonati. Comparvero in Europa nel primo ventennio del sedicesimo
secolo; erano, oltre che contro il pedobattesimo e le altre
imposture del papato, contro il prestare giuramento, erano antimilitaristi e contrari a qualsiasi uso di forza o
per offesa o per difesa.4 E per queste ragioni essi furono
crudelmente perseguitati dalla chiesa papista.5 Molti di
2
Queste lettere e queste notizie sono state citate da Luigi Desanctis in Roma papale, Firenze 1882, Terza ediz., pag. 293,
294, 295. Questo stesso papa sanguinario mentre si rallegrava
per la morte di migliaia di Ugonotti dall’altro trattava con longanimità il prete Guercino, soprannominato ‘il re della campagna’, che si era reso colpevole di ben 44 omicidi ma non per
‘zelo religioso’ ma solo per derubare e per la voglia di uccidere. Guercino fu dal papa assolto sia spiritualmente che corporalmente!
3
Giov. 16:2,3
4
La storia dice che tra di loro ci furono anche degli scellerati
che insegnavano cose perverse, si abbandonarono alla violenza e all’immoralità, ma questo non deve indurre a pensare che
tutti gli Anabattisti fossero come costoro.
5
Si deve dire purtroppo che gli Anabattisti furono perseguitati
anche dai riformatori Lutero, Melantone, Bucero e Zwingli. A
proposito di quest’ultimo approvò un editto emanato dal consiglio di Zurigo nel 1526 che ordinava che quelli che si facevano battezzare o che battezzavano altri ‘dovevano essere annegati senza misericordia’. Questo loro comportamento fu
diabolico al pari di quello della chiesa papista; né più e né meno.
313
L’ecumenismo
loro furono annegati nei fiumi, sepolti vivi, bruciati vivi
ed altri decapitati. Tra le tante testimonianze dei martiri
di questi nostri fratelli che si trovano nel libro Storia
popolare dei Battisti trascrivo queste: ‘Due giovinette,
da poco battezzate a Bamberg furono arrestate, incarcerate e severamente torturate. Ma esse non cedettero davanti alle sofferenze. Quando furono menate alla morte
portavano in testa delle corone di paglia, poste loro per
derisione. ‘Giacché Cristo - disse una di loro alla sua
compagna - portò una corona di spine per noi, perché
non dobbiamo noi in onore suo portare queste corone di
paglia? Il nostro Dio fedele, al posto di queste ci metterà
in testa una bella corona d’oro, e di fiori che non appassano’. Così andarono con gioia al rogo’;1 ‘Filippo II,
figlio dell’imperatore Carlo V, rinnovò l’editto del
1550, coll’aggiunta di alcuni articoli nel 1560 e di nuovo nel 1563. Un riassunto di esso farà comprendere la
condizione pericolosa dei credenti di quell’epoca nei
Paesi Bassi: ‘Nessuna persona doveva lasciare le Fiandre e l’Olanda senza permesso dei sacerdoti e dei magistrati. Ogni immigrante era obbligato a dare le prove del
battesimo dei suoi figliuoli, secondo il rito della chiesa
di Roma. Le levatrici, sotto giuramento, dovevano assicurare il battesimo di ogni neonato, alla cui nascita assistevano, e dare rapporto ai magistrati in ogni caso di trascuranza. Le riunioni protestanti dovevano essere proibite e soppresse. I genitori dovevano mandare i loro figliuoli in Chiesa ed alla scuola. I negozi dei librai, come
i fagotti dei rivenditori ambulanti, dovevano essere perquisisti in cerca di pubblicazioni ereticali. Ognuno era
obbligato ad assistere alla Messa ogni Domenica ed ogni festa di precetto. L’assenza di un mese portava una
pena a discrezione dei giudici. Nessuno sospetto di eresia poteva occupare un posto di fiducia. Oltre a tutto
questo rimasero in vigore tutti i provvedimenti riguardo
alla distruzione degli eretici, col fuoco, colla decapitazione, coll’annegamento, ecc.’;2 ‘Nell’anno 1551 Jeronimus Segerson ed un altro furono bruciati ad Anversa.
Le lettere di Segerson, scritte mentre era in carcere, dimostrano uno spirito di profonda pietà e di virile fermezza: ‘Preferirei - egli disse - essere torturato dieci
volte al giorno, ed essere infine arrostito sulla graticola,
anziché rinunziare alla fede che io ho confessata’. La
moglie di lui fu annegata. La storia del suo martirio è
così interessante che conviene riprodurla qui. (...) Essa
apertamente e con grande coraggio confessò la sua fede
davanti al tribunale, nella presenza dei magistrati e della
moltitudine. Fu interrogata innanzi tutto sul battesimo.
Essa disse: Io riconosco un sol battesimo, quello che era
praticato da Cristo e dai suoi discepoli, e che è stato trasmesso a noi’. ‘Che cosa ritenete voi riguardo al battesimo dei neonati?’ domandò lo sceriffo. A cui Lysken
rispose: ‘E’ null’altro che un’istituzione umana!’ Allora
i magistrati si levarono per consultarsi insieme, mentre
Lysken spiegava al popolo la ragione della sua fede (...)
Mentre era condotta via dal tribunale essa disse al popo1
W. Kemme Landels, Storia popolare dei Battisti, Torino
1918, pag. 83
2
W. Kemme Landels, op. cit., pag. 92
314
La chiesa cattolica romana
lo: ‘Sappiate che io non soffro per disonestà, né per omicidio, né per qualsiasi peccato, ma solo per la incorruttibile Parola di Dio!’ Quando fu di nuovo racchiusa
nel carcere i frati tentarono invano di distoglierla dalla
sua fede. La mattina dopo soffrì il martirio (...) condussero quella pecora al fiume Scheldt, la misero in un sacco, e l’annegarono...’.3
Spero vivamente che queste testimonianze servano a
risvegliare dal sonno coloro che in mezzo alle Chiese
evangeliche hanno intenzione di riconoscere il pedobattesimo cattolico per amore della cosiddetta unità cristiana sbandierata dalla chiesa papista.
- La persecuzione contro i Pentecostali in Italia.
Il movimento pentecostale italiano sin dal suo ‘sorgere’
all’inizio di questo secolo incontrò la forte opposizione
della chiesa papista. Certo, anche gli altri movimenti
evangelici nei primi decenni di questo secolo in Italia
incontravano la forte ostilità del clero romano; perché
anch’essi predicavano la parola della fede e riprovavano
le eresie della chiesa romana (ricordiamo quello battista,
quello metodista e quello della Chiesa dei Fratelli). Ma
qui vogliamo soffermarci brevemente sulla persecuzione che, a cominciare dal 1935, subirono quei nostri fratelli che venivano chiamati Pentecostali perché accettavano e predicavano il battesimo con lo Spirito Santo che
gli antichi discepoli ricevettero il giorno della Pentecoste; ed anche ‘tremolanti’ perché, sotto la potenza dello
Spirito Santo taluni venivano visti tremare. Diciamo dal
1935 in poi, perché fu in quell’anno che uscì da parte
del Ministero degli Interni del governo fascista capeggiato da Mussolini, la circolare n. 600/158 che vietava
l’esercizio del culto pentecostale, e che la persecuzione
contro i nostri fratelli si fece molto più dura. La circolare venne diramata dal sottosegretario Buffarini-Guidi ai
prefetti del Regno, e in essa l’autorità diceva che il culto
professato dai Pentecostali si concretava ‘in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità
fisica e psichica della razza’, e pertanto si doveva provvedere subito alla chiusura delle sale di riunione, allo
scioglimento delle associazioni in parola dei pentecostali, e si doveva vigilare ‘allo scopo di evitare che ulteriori
riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte
degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo
o forma’. Qualcuno dirà: ‘Ma che cosa c’entra la chiesa
cattolica romana in tutto questo’’ C’entra, perché nel
1929 vi era stato il concordato tra la chiesa cattolica romana e lo Stato, mediante il quale avveniva la rappacificazione tra lo Stato Italiano e la Curia romana, e mediante il quale il governo Italiano si impegnava ad assecondare i desideri e gli scopi della chiesa romana. E tra
questi desideri e scopi della chiesa romana vi era pure
quello di impedire ai Protestanti di diffondere tra il popolo cattolico romano quelle che essa chiama le idee
della Riforma avvenuta secoli addietro, ma che noi
chiamiamo semplicemente la Buona novella della pace.
A conferma che la chiesa cattolica romana fece pressione sul regime fascista affinché questo frenasse la propaganda pentecostale in questa nazione esibiamo le se3
Ibid., pag. 94-95.
L’ecumenismo
guenti dichiarazioni contenute in un fascicolo a stampa,
di distribuzione riservata, sul tema Il proselitismo dei
protestanti in Italia che il Vaticano trasmise al governo
italiano nel 1934: ‘Particolare segnalazione meritano i
pentecostali o tremolanti. Nelle loro adunanze, gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con grande pericolo
soprattutto per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e cautamente, un sopralluogo nella loro sede di via
Adige 20, in Roma. Gli stessi protestanti non approvano
il loro sistema (...). E’ bene tenere presente che la legge
italiana ammette culti diversi dalla religione cattolica,
‘purché non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume’. Quindi
non si comprende come il culto pentecostale continui ad
essere ammesso in Italia’,1 ed ancora: ‘Sua Eccellenza il
capo del governo, nel gran discorso alla seconda assemblea quinquennale del regime del 18 Marzo ultimo scorso, ha dichiarato: ‘L’unità religiosa è una delle grandi
forze di un popolo. Comprometterla e anche soltanto
incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione’.
Questa categorica affermazione, che vuol essere un programma di condotta per tutte le autorità dello stato, resterebbe sterile se ad un delitto così grave e così autorevolmente qualificato non corrispondessero nella legislazione misure convenienti a prevenirlo e a reprimerlo.
Per tutti gli altri delitti di lesa maestà, di leso regime, di
lesa nazione, la legge italiana ha proporzionati rimedi’.2
Dinanzi a queste chiare affermazioni contro i Pentecostali e queste richieste fatte dal Vaticano a Mussolini
appare chiaro che la circolare Buffarini-Guidi, emanata
l’anno seguente dal regime fascista contro i Pentecostali, non fu altro che la misura legislativa tanto desiderata
da parte vaticana contro di loro al fine di punirli per il
loro delitto. E qual’era il loro delitto? Compromettevano
l’unità religiosa dello Stato italiano oltre che professavano riti contrari al buon costume!!3 La storia si è ripetuta; come nei secoli addietro molti re e principi per avere l’appoggio del papato favorirono il più possibile i
disegni della chiesa romana tra cui anche quello di di1
Citato da Giorgio Rochat in Regime Fascista e Chiese evangeliche, Torino 1990, pag. 37
2
Citato da Giorgio Rochat in op. cit., pag. 37
3
Il testo della circolare diceva: ‘Esistono in alcune province
del regno semplici associazioni di fatto che, sotto la denominazione di pentecostali o pentecostieri o neumatici o tremolanti, attendono a pratiche di culto in riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’. Il culto professato dalle anzidette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2 della legge 24
giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso
nel regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo
risultato che esso estrinseca e concreta in pratiche religiose
contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza. Pertanto le Loro Eccellenze provvederanno
subito per lo scioglimento, dovunque esistano, delle associazioni in parola, e per la chiusura dei relativi oratori e sale di
riunione, disponendo conseguentemente anche per una opportuna vigilanza, allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e
manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma. Si gradirà sollecita assicurazione dell’adempimento’.
La chiesa cattolica romana
struggere i credenti che erano usciti da essa, vale a dire
quelli che essa chiama i Protestanti (non si deve mai
dimenticare che la chiesa romana nel corso dei secoli in
Europa si è usata dei governi degli Stati per perseguitare
tanti fratelli), così il governo fascista incitato dalla chiesa cattolica si scagliò con veemenza contro i nostri fratelli. Ma esaminando da vicino questo modo di agire del
governo fascista contro i nostri fratelli, si riscontrerà pure una forte somiglianza con il comportamento di Ponzio Pilato nei confronti di Gesù. Voglio dire con questo
che Ponzio Pilato sentenziò che Gesù fosse flagellato e
condannato per soddisfare il desiderio del popolo giudaico che era quello di togliere di mezzo Gesù infatti è
scritto che Ponzio Pilato “sentenziò che fosse fatto quello che domandavano”,4 ed anche: “Pilato, volendo soddisfare la moltitudine, liberò loro Barabba; e consegnò
Gesù, dopo averlo flagellato, per esser crocifisso”.5 Ma
come fu nel piano di Dio che Ponzio Pilato accondiscendesse a quello che il popolo dei Giudei gli domandò
di fare contro Gesù, così era nel piano di Dio che le autorità fasciste accondiscendessero a quello che la chiesa
romana chiese loro di fare contro i nostri fratelli. E come dalla morte di Cristo ne è derivato tanto bene, così
pure dalla persecuzione dei santi è scaturito tanto bene,
e questo perché Dio converte il male in bene. A Lui sia
la gloria in eterno. Amen.
Ma veniamo alla persecuzione che la chiesa romana per
mano dell’autorità fascista fomentò contro i nostri fratelli, per vedere quali furono le sofferenze che i credenti
sopportarono per amore del Vangelo durante gli anni
che seguirono la diramazione della circolare BuffariniGuidi. (Questa circolare rimase in vigore fino al 1955).
Citiamo a tale proposito delle parole del fratello Roberto
Bracco: ‘Intere famiglie sono vissute smembrate per anni ed anni; decine e centinaia di fratelli si sono consumati nell’esilio o nelle prigioni. Posizioni sociali rovinate, salute distrutta, affetti calpestati; queste sono state le
conseguenze della persecuzione (...) Diversi fratelli,
forniti di bicicletta, si misero alla ricerca, nelle zone estremamente periferiche della città, di campagne deserte, cave, grotte, boschi che comunque avessero potuto
accoglierci (...) Non posso nascondere che il disagio e la
fatica erano notevoli. Ogni sera bisognava affrontare gli
stessi pericoli e la medesima fatica e dopo le riunioni, se
si riusciva a rientrare nelle nostre abitazioni, si doveva
constatare che avevamo sorpassata notevolmente la
mezzanotte (...) Anche in questi vari luoghi eravamo
raggiunti sistematicamente dalle autorità esecutive ed
arrestati e imprigionati’.6 Ma oltre a queste parole del
fratello Bracco, vogliamo dire altre cose a proposito del
trattamento che i nostri fratelli ricevevano dai Cattolici
negli anni in cui era in vigore la circolare BuffariniGuidi.
Queste sono le cose che noi che apparteniamo a questa
generazione e che non abbiamo vissuto quegli anni ab4
Luca 23:24
Mar. 15:15
6
Roberto Bracco, Persecuzione in Italia. Ricordi e bozzetti,
Roma 1954, pag. 22, 46, 47, 48
5
315
L’ecumenismo
biamo sentito dai fratelli anziani che vissero in quel periodo.
Chi si convertiva dagli idoli all’Iddio vivente, cioè chi
abbandonava la chiesa romana dopo essersi ravveduto e
dopo avere creduto nel Vangelo, veniva messo al bando
nel suo paese o nel suo quartiere perché veniva considerato un apostata, uno che aveva dato retta al diavolo,
senza parlare degli insulti e dei torti che riceveva nella
sua vita privata dai preti e dai loro fedelissimi seguaci.
Gli stessi parenti li trattavano come se fossero stati degli
appestati capaci di trasmettergli una malattia infettiva
morale. Quando li sentivano parlare in altre lingue dicevano che avevano il diavolo ed altre diavolerie. I bambini venivano mandati dai preti a disturbare le riunioni
di culto che si tenevano nelle case dei credenti lanciando le pietre contro le porte di casa o sul tetto; talvolta
questi piccoli emissari lanciavano gli insulti che il prete
gli comandava di lanciare contro i cosiddetti evangelisti.
In quei tempi le nostre Bibbie erano messe al bando infatti i preti ordinavano a tutti coloro che ne entravano in
possesso di non leggerle, ma di bruciarle o di portarle a
loro.
Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali inflitte ‘nel
nome di Dio’ dall’Inquisizione
Ho accennato innanzi all’Inquisizione. Vediamo di
spiegare brevemente che cosa era e come agiva.
L’Inquisizione era uno speciale tribunale ecclesiastico
che aveva come scopo quello di combattere e sopprimere l’eresia.1 Il papato lo istituì quando constatò la sua
impotenza dinanzi ai progressi dei Catari e dei Valdesi.
Il papa che la istituì fu Gregorio IX (1227-1241) il quale
tra il 1231 e il 1234 istituì per l’Europa dei tribunali
d’Inquisizione, presieduti da degli inquisitori permanenti, i quali esercitavano i loro poteri entro determinate
circoscrizioni.2 A tale scopo Gregorio IX scelse i Francescani e i Domenicani, i quali dapprima furono designati a tale ufficio dai loro superiori e più tardi dal papa
stesso. Questo papa pubblicò una decretale che diventò
il fondamento della legislazione inquisitoriale nei tempi
posteriori; in questa decretale egli affermava che gli eretici che venivano condannati come tali, dovevano essere
abbandonati al braccio secolare per ricevere un castigo
esemplare, mentre coloro che facevano ritorno alla chie1
E’ superfluo che io dica che tutti coloro che affermarono di
non volersi sottomettere al papato ma solo alla Parola di Dio, e
perciò rigettarono la salvezza per meriti umani, il purgatorio,
la confessione, le indulgenze ed altre dottrine di demoni della
chiesa romana non furono per nulla eretici. Gli eretici erano
invece i Cattolici romani che perseguitavano coloro che per la
grazia di Dio avevano compreso gli inganni papisti, erano loro
che si dovevano convertire, erano loro che si dovevano
ravvedere.
2
Già prima di Gregorio comunque alcuni concili (quello del
Laterano del 1179, di Verona del 1184, e del Laterano del
1215), avevano decretato la persecuzione contro gli eretici e il
loro sterminio, per cui si può dire che di fatto l’Inquisizione
esisteva già prima che questo papa istituisse i tribunali inquisitori.
316
La chiesa cattolica romana
sa cattolica dovevano essere condannati alla prigione a
vita. Nel 1252 Innocenzo IV (1243-1254) con la bolla
Ad Extirpanda confermò l’Inquisizione autorizzando la
tortura contro tutti gli eretici. Nel 1480 su licenza papale
venne istituita l’Inquisizione in Spagna, che nel corso
dei secoli sterminò migliaia e migliaia di persone (tra
cui pure tanti Ebrei che, secondo la chiesa cattolica, dopo essersi convertiti al cattolicesimo apostatarono tornando al giudaismo).3 Nel 1542 Paolo III (1534-1549)
con la bolla Licet ab initio istituì l’Inquisizione romana,
che doveva combattere l’eresia in ogni luogo,4 ponendo
su basi amministrative centralizzate la vecchia Inquisizione medioevale. Ecco uno dei passi salienti di questa
bolla: ‘Noi, mentre aspettiamo il giorno del Concilio
testè indetto, volendo provvedere intanto perché tutto
non vada in rovina, e non potendo portare a termine tutto quanto occorre da soli, occupati come siamo, da gravi
compiti, nominiamo e deputiamo, in base all’autorità
apostolica e al valore del presente decreto, i nostri diletti
figli cardinali: Giovanni Pietro, Giovanni, Pietro Paolo,
Bartolomeo, Dionigi e Tommaso, commissari inquisitori generali e generalissimi in vece nostra e della sede
apostolica, in materia di fede in ogni singola città, villaggio, terra e luogo della cristiana repubblica, sia al di
qua sia al di là dei monti, ovunque, compresa l’Italia e
la Curia romana. E abbiamo fiducia nella fede, nella
dottrina e nella virtù dei predetti nostri diletti figli cardinali; Giovanni Pietro di San Clemente, Giovanni di
San Sisto, Pietro Paolo di Santa Balbina, Bartolomeo di
San Cesareo, Dionigi di San Marcello, e Tommaso del
titolo di San Silvestro. Diamo ad essi il potere
d’investigare contro quanti si allontaneranno dalla via
del Signore e dalla fede cattolica, o la intendano in modo errato, o siano in un modo qualunque sospetti
d’eresia (‘alias quomodolibet de haeresi suspectos’), e
contro i seguaci, fiancheggiatori, e difensori, e contro
chi presta loro aiuto, consiglio e favori, sia apertamente
che di nascosto, a qualunque stato, grado, ordine, condizione e rango appartenga. E ciò anche indipendentemente dagli ordinari del luogo, nelle stesse cause in cui questi debbano intervenire di diritto. Conferiamo, inoltre: il
potere di procedere con il sistema dell’inquisizione o
dell’investigazione, o altrimenti anche d’ufficio;
d’incarcerare chiunque risulterà colpevole o sospetto in
base agli indizi suddetti; di procedere contro di loro,
compresa la sentenza finale; di punire chi è stato trovato
colpevole; con pene adeguate in conformità alle sanzioni canoniche; e di confiscare, a norma di legge, i beni
dei condannati alla pena di morte’. L’Inquisizione romana presentava delle novità rispetto a quella medieva3
Tra i grandi Inquisitori spagnoli il più terribile fu il frate domenicano Torquemada che dal 1483 al 1498 inquisì più di
centomila persone di cui circa 10.000 furono condannate al
rogo e molte altre alla prigione a vita.
4
Faccio presente che l’Inquisizione nei secoli XIV e XV perseguì anche i bestemmiatori, gli stregoni, i sodomiti, gli adulteri, gli incestuosi, gli usurai, ed anche i violatori della domenica. Nel 1908 l’Inquisizione cambiò nome e prese quello di
Sant’Uffizio; ma dal 1965 porta il nome di Congregazione per
la Dottrina della Fede.
L’ecumenismo
le: esse erano le seguenti. Innanzi tutto mentre nel medioevo l’azione penale era affidata ai vescovi che ne restavano i titolari anche quando erano aiutati dagli inquisitori delegati, ora invece il potere di inquisire e giudicare è trasferito totalmente agli inquisitori generali nominati dal papa. In secondo luogo questa Inquisizione può
procedere contro i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti
e persino i cardinali (questo lo affermerà con chiarezza
Pio IV nella sua bolla Romanus pontifex). Altra novità
era l’universalità della sfera di competenza di questa
Inquisizione, perché mentre nel medioevo i vescovi potevano inquisire solo nell’ambito della loro diocesi e gli
inquisitori solo nel territorio fissatogli dal papa adesso
gli inquisitori generali avevano giurisdizione su tutto il
mondo. L’Inquisizione fu confermata in seguito da Gregorio XIII e Sisto V.
Vediamo ora come procedeva l’Inquisizione contro gli
‘eretici’. Bastava un sospetto, una denuncia, un accusa
per fare sì che l’inquisitore citasse le persone compromesse davanti a lui o farle trarre in arresto sia dalle autorità civili che dai propri dipendenti (sergenti, messaggeri, notai, carcerieri). Erano sufficienti due testimoni
per stabilire la colpevolezza dell’imputato (faccio notare
che i ‘maestri’ dell’Inquisizione lo chiamavano reo perché per loro egli era già colpevole dal momento che veniva accusato e doveva solo confessare le sue colpe);
ma le accuse dei testimoni venivano notificate
all’accusato solo quando gli era stata estorta la confessione oppure quando l’inquisitore riteneva che ormai
l’accusato non avrebbe più confessato, e ciò avveniva
senza fargli conoscere i nomi dei testimoni. Una volta
davanti al tribunale dell’Inquisizione all’eretico per
scampare alla morte rimaneva solo una via quella di
confessare la sua eresia e di abiurarla. Va detto però che
anche nel caso abiurasse egli non otteneva la libertà
perché veniva condannato alla prigione a vita che veniva reputata dalla chiesa una penitenza da fargli scontare
per la ‘salvezza’ dell’anima sua dato che era tornato,
secondo loro, in seno alla vera Chiesa. Sia nel caso egli
confessasse di rigettare dei dogmi della chiesa cattolica
romana e di non volere abiurare le sue convinzioni, e sia
nel caso egli non volesse confessare di essere un eretico,
per lui c’era la morte perché veniva considerato un eretico impenitente. Nel caso l’imputato, interrogato
dall’inquisitore (questa parte della procedura era chiamata ‘esame semplice’), non volesse confessare di essere un eretico il tribunale faceva ricorso contro di lui ad
ogni mezzo per estorcergli la confessione; l’imputato
veniva posto in celle strettissime senza luce, con i ceppi
ai piedi e le catene ai polsi, gli veniva fatto mancare il
cibo, non veniva fatto dormire, o se veniva fatto dormire
veniva fatto dormire sulla nuda terra. Oltre a ciò egli
veniva torturato con ogni sorta di torture fisiche perché
la tortura (che veniva chiamata ‘esame rigoroso’) era
reputata un mezzo lecito da usare in vista della ‘salvezza’ dell’accusato (ricordatevi sempre che il fine che la
chiesa cattolica si proponeva con l’Inquisizione era
quello di ‘purgare’ le anime dall’eresia per ‘salvarle’
dalla perdizione, per cui secondo lei ogni mezzo che potesse portare l’eretico a confessare i suoi errori e ad a-
La chiesa cattolica romana
biurare era lecito). Ecco cosa si trova scritto nel libro
L’Arsenale della S. Inquisizione a proposito dell’utilità
della tortura da infliggere: ‘Il reo (notate che ancora
prima che sia stata emanata la sentenza l’individuo era
definito colpevole), negando i delitti, ed essi non essendo provati, se nel tempo assegnato per le difese, non ha
dato alcuna ragione convincente a sua discolpa, ovvero
se, finite le difese, non si è purgato dagl’indizi che si
hanno contro di lui nel processo, per trarre da lui la verità, è necessario venire contro di lui all’esame rigoroso;
essendo stata inventata la tortura per supplire al difetto
delle testimonianze, quando esse non bastano per fornire
la prova intera contro il reo; e questo non è punto contrario né alla mansuetudine, né alla dolcezza ecclesiastica; anzi quando gli indizi sono legittimi, sufficienti,
chiari e concludenti nel loro genere, l’inquisitore può e
deve farlo senza alcun biasimo, acciò i rei, confessando
i loro delitti, si convertano a Dio, e salvino l’anima loro’.1 Per quanto riguarda il modo di ministrare la tortura
ecco le parole del Direttorio degl’inquisitori di Eymeric:
‘Appena pronunciata la sentenza di tortura, i ministri si
dispongono a tormentare il reo: e mentre essi preparano
1
L’Arsenale della S. Inquisizione, Roma 1730, pag. 263. Per
sostenere con le sacre Scritture la ‘salutare’ tortura a cui veniva sottoposto l’eretico i teologi papisti prendevano l’esempio
di Paolo che diede quell’uomo che si teneva la moglie di suo
padre in man di Satana a perdizione (o distruzione) della carne
affinché lo spirito fosse salvo nel giorno di Cristo (cfr. 1 Cor.
5:1-5). Ma noi diciamo: ‘Ma bisogna essere veramente dal
diavolo per sostenere con questo giudizio pronunciato
dall’apostolo Paolo la pratica della tortura dell’Inquisizione
contro gli eretici!’ L’apostolo Paolo con quel suo gesto non ha
per nulla confermato la tortura papista contro gli eretici tanto è
vero che a Tito a proposito dell’uomo settario gli dice:
“L’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca,
condannandosi da sé” (Tito 3:10,11); notate che non gli disse:
‘Dopo una prima e una seconda ammonizione torturalo o fallo
torturare fisicamente affinché rientri in se stesso e riconosca la
verità’, ma “schivalo”. Quindi Paolo ordinò a Tito di ammonire e non di torturare o far torturare i settari. La conclusione
dunque a cui si giunge è questa: i papi e tutta la curia romana
che sostennero l’Inquisizione dimostrarono di non tenere in
nessun conto la Parola di Dio, di sprezzarla. Ad essi che erano
uomini violenti e sanguinari, figli del diavolo loro padre di cui
volevano fare i desideri, importava solo mantenere gli uomini
sotto il loro dominio per riempirsi le tasche con il loro denaro;
della salvezza delle loro anime non gli importava proprio nulla. Ma Dio è giusto e come non lasciò impunito il sangue di
Abele, quello di Naboth, e il sangue dei profeti, ma lo vendicò,
così vendicherà il sangue di tutti quei santi messi a morte
dall’Inquisizione papista. Essi hanno sparso il sangue dei santi
e Dio darà loro a bere del sangue; ne sono degni. E affinché
nessuno pensi che siamo pronti a condannare solo i misfatti
della chiesa cattolica romana ma non quelli dei Protestanti,
ribadisco con forza che noi come figliuoli di Dio condanniamo
qualsiasi atto di violenza, qualsiasi sopruso, qualsiasi tortura,
qualsiasi incitamento allo sterminio dei Cattolici romani e di
eretici (veri o solo di nome e non di fatto), compiuti dai Protestanti non importa se Luterani, Calvinisti, Anglicani, Ugonotti
o altro, perché di gente omicida figlia del diavolo che ha usata
la violenza contro i suoi nemici ce n’è parecchia pure tra coloro che erano stati definiti Protestanti.
317
L’ecumenismo
l’occorrente, il Vescovo e l’Inquisitore, o personalmente, o per mezzo di altri uomini pii e zelanti nella fede,
inducono il reo a confessare liberamente la verità: che
se egli non confessa, ordinano ai ministri di spogliarlo
(anche se è donna), ed essi ubbidiscono prontamente,
non allegri, ma quasi turbati (non laeti, sed quasi turbati), e lo spogliano sollecitamente, e mentre lo spogliano
lo inducono a confessare. Che se ancora è ostinato, sia
bello e nudo tratto a parte da uomini probi, e gli si prometta salva la vita se confessa, purché giuri di non ricadere nello stesso delitto... che se né per promesse né per
minacce vorrà confessare, allora sia tormentato ecc.’.1
La tortura durava mezz’ora e non si poteva ripetere, ma
gli inquisitori riuscivano ad eludere la legge. Ecco cosa
lo stesso Direttorio diceva infatti: ‘Che se, abbastanza
tormentato, non vorrà confessare la verità, gli si facciano vedere tutti gli altri tormenti, e gli si dica che bisogna
che li provi tutti fino a che non avrà confessato. Che se
neppure in tal modo si spaventerà, allora si assegnerà
l’indomani, o il giorno dopo per continuare la tortura,
non per replicarla; perché essa non deve essere ripetuta,
ma non è proibito di continuarla’. Tra le torture applicate c’erano quella della corda, quella del fuoco e quella
dell’acqua. Quella della corda era compiuta in questa
maniera: si disponevano le braccia dell’imputato dietro
la schiena legandogli i polsi con una corda che scorreva
per una carrucola fissata al soffitto. Tirando la fune si
sospendeva il torturato per aria, e lo si lasciava in quella
posizione per mezz’ora (così gli veniva provocata la
slogatura delle braccia). La tortura del fuoco veniva applicata in questo modo. Dopo che il reo aveva sofferto
la tortura della corda veniva portato davanti ad un camino pieno di carboni accesi e veniva saldamente legato
ad un cavalletto in maniera che non potesse fare il più
piccolo movimento. Vi veniva legato con i piedi nudi,
unti con del lardo, ritenuti in ceppi e a patire per
mezz’ora sul fuoco acceso. La tortura dell’acqua consisteva invece nello stendere la persona sopra una specie
di cavalletto fatto a guisa di mangiatoia e legarvela fortemente. Poi un carnefice con una corda per mezzo di
un randello stringeva le due gambe alle caviglie, ritenendo sempre in mano il randello; un altro stringeva
nella stessa maniera i due polsi. Si portava un gran secchio d’acqua, ed un terzo carnefice, dopo avere con una
specie di piccola tenaglia di legno chiuso bene il naso al
torturato, poneva con la sinistra nella bocca del sofferente un imbuto, mentre con la destra attingeva con una
tazza dal secchio l’acqua che versava nell’imbuto, e nel
mentre gli altri due carnefici stringevano il randello.
Qualcuno forse si domanderà se in questo processo vi
fossero gli avvocati? Sì gli avvocati esistevano ma di
fatto non difendevano l’imputato perché collaboravano
con gli inquisitori. Prima di tutto non venivano scelti
dall’imputato ma dagli inquisitori e poi erano uomini di
fiducia degli inquisitori. I loro compiti erano questi: parlare poco con l’imputato (e sempre in presenza
dell’inquisitore) e poi convincerlo a confessare il suo
1
De tertio modo procedendi in causa fidei per tormenta, pag.
480,481
318
La chiesa cattolica romana
crimine. Non potevano portare testimoni a difesa
dell’imputato perché questo era proibito. E poi dovevano essere molto cauti nel ‘difendere’ l’imputato perché
ogni affermazione in favore di un eretico poteva essere
presa dall’Inquisizione come prova che anche loro fossero degli eretici e perciò dovevano essere processati
anche loro per eresia. (Secondo l’inquisitore Bernardo
Gui quegli avvocati che avessero il coraggio di difendere gli eretici si dovevano considerare come colpevoli del
delitto di complicità nell’eresia). Ecco a che cosa si riduceva il ruolo dell’avvocato nell’Inquisizione.
Quando poi il tribunale ecclesiastico sentenziava la
condanna dell’eretico e lo consegnava al braccio secolare (cioè all’autorità civile) faceva giurare questo di trattarlo con dolcezza, di risparmiare la sua vita e di non
versare il suo sangue, ma risulta dai fatti che quel giuramento che veniva richiesto era un giuramento ipocrita.
Il motivo per cui l’autorità ecclesiastica implorava la
clemenza delle autorità civili sul condannato era che essa non voleva prendere parte apertamente all’esecuzione
delle pene capitali perché ‘la chiesa aborrisce il sangue’.
Perché essa nella realtà voleva la morte dell’eretico2 e
2
A conferma che fosse così ci sono le seguenti affermazioni
papali. Urbano II (1088-1099) affermò: ‘Noi non riteniamo
omicidi coloro che, mossi da zelo per la loro Madre Cattolica
contro le persone scomunicate, hanno ucciso alcune di esse’.
Leone X con la sua bolla Exurges condannò come eretica la
seguente affermazione di Lutero: ‘E’ contrario alla volontà
dello Spirito Santo che gli eretici siano bruciati’. E poi c’è la
seguente affermazione del loro dottore ‘angelico’ Tommaso
d’Aquino: ‘... Gli eretici meritano non solamente d’essere
scacciati dalla Chiesa mediante la scomunica; essi meritano
altresì d’essere tolti dalla vita mediante la morte’ (Somma Teologica II, II quest. XI, art. 3). Ed infine questa del cardinale
Baronio: ‘Santo Padre, doppio è l’ufficio di Pietro: Pascere ed
uccidere, giusta il detto: ‘Pasci le mie pecore’ e giusta
quell’altro: ‘Ammazza e mangia’. Quando intanto il Papa ha
da fare cogli ostinati, e cogli avversari, allora è comandato a
Pietro di accopparli e scannarli, e poscia mangiarseli’ (Epist.
al Papa contro i Veneziani). Stando così le cose la chiesa papista si mise contro Crisostomo uno dei suoi padri che aveva
detto: ‘Mettere a morte un eretico sarebbe introdurre in sulla
terra un crimine inespiabile...’ (Homelia XLVI in Mattheum
cap. I). Altro esempio questo di come la chiesa papista contraddice anche i suoi padri quando gli fa comodo. Ma come
facevano i papi e i loro teologi a sostenere con le Scritture che
gli eretici dovevano essere fatti morire? Prendendo quelle parole della legge di Mosè dove viene detto di non avere pietà
neppure di un proprio familiare nel caso questi avesse predicato l’apostasia ma di ucciderlo (cfr. Deut. 13:6-11) per togliere
il male di mezzo ad Israele, e le parole di Luca che dice che
Anania e Saffira morirono per avere mentito allo Spirito Santo. Per quanto riguarda la legge di Mosè diciamo che Gesù è
venuta a completarla con l’ordine di amare i nostri nemici e
perciò sotto la grazia non è permesso a noi credenti di uccidere
uno che ha abbandonato la fede perché ha dato retta a dottrine
di demoni. L’amore non fa male alcuno al prossimo, dice Paolo. Questo non vuole dire che gli apostati vanno tollerati, perché essi devono essere allontanati dalla fratellanza e considerati come il pagano ed il pubblicano. Per ciò che riguarda Anania e Saffira diciamo solamente che non furono gli apostoli
a farli morire o a decretare la loro morte, ma Dio che è giusto
e santo. Fu un suo giudizio per cui gli apostoli non si resero
L’ecumenismo
voleva che l’autorità civile lo mettesse a morte infatti
essa aveva introdotto nei codici le leggi più feroci contro gli eretici e obbligava i funzionari pubblici ad eseguirle sotto pena di essere considerati anche loro degli
eretici. Nel 1244 il concilio di Narbona aveva dichiarato
che nel caso una persona rivestita di potere temporale si
fosse dimostrata pigra nel sopprimere l’eresia, sarebbe
stata dichiarata come complice degli eretici, e quindi
andava incontro alle medesime pene di costoro. La chiesa cattolica reputava il mettere a morte un eretico un atto pio tanto che concedeva l’indulgenza plenaria a coloro che portavano la legna per erigere il rogo. Dichiarare
dunque, come fanno taluni che difendono l’Inquisizione,
che l’esortazione alla clemenza fatta dal tribunale
dell’Inquisizione fosse sincera e che la responsabilità
della morte dell’eretico ricadesse tutta sul magistrato
secolare, è totalmente falso, è un sofisma usato per fare
credere che la chiesa cattolica romana fu sempre innocente del sangue degli eretici quando essa in realtà è
sempre stata assetata del sangue di coloro che non si volevano sottomettere ad essa e quel sangue un giorno gli
sarà domandato.
Condotto al luogo del supplizio, se il condannato dichiarava di pentirsi e di rinnegare i suoi errori il tribunale lo
restituiva all’inquisitore, il quale lo sottoponeva ad un
interrogatorio molto serrato nel quale il penitente doveva denunciare i suoi complici e rinnegare una per una le
sue eresie. Dopodiché egli veniva condannato al carcere
a vita. Nel caso invece il ‘reo’ rimanesse impenitente
fino alla fine allora veniva bruciato o vivo o dopo essere
stato ucciso pubblicamente.1 Voglio citare ora tre esempi di uomini bruciati per ordine dell’Inquisizione a motivo della loro fede in Cristo Gesù e che quindi vanno
annoverati tra i martiri di Gesù, Giovanni Huss, Giaffredo Varaglia e Aonio Paleario.
Dell’esecuzione contro Huss, che fu condannato a morte
dal concilio di Costanza nel 1415, un testimone oculare
ha raccontato le seguenti cose. Huss fu costretto ad inginocchiarsi sopra un mucchio di fascine e venne legato
saldamente con corde al palo; le corde lo tenevano strettamente avvinto alle caviglie, sotto le ginocchia, sopra
affatto responsabili della loro morte. Accettiamo i giudizi di
Dio quindi anche quando sono dei giudizi di morte perché sono giusti e sono esercitati dal Giudice dei vivi e dei morti. Ma
non accettiamo come giusta una condanna a morte contro un
credente che apostata, o diventa un sodomita o uno stregone,
di un tribunale di una chiesa non importa se formato da cardinali o vescovi o preti, o da pastori ed anziani, perché Gesù disse: “Non condannate” (Luca 6:37). E non accettiamo neppure
che un simile tribunale dia il condannato a morte nelle mani
delle autorità civili per farlo mettere a morte da esse pensando
così di non potere essere poi incolpato per la morte di esso
perché di fatto un simile tribunale si rende partecipe
dell’uccisione del condannato come si resero partecipi i membri del Sinedrio dell’uccisione di Gesù compiuta dalle mani
dei Romani.
1
Si tenga presente che gli inquisitori condannavano pure i
morti infatti esumavano pure i cadaveri dei presunti rei di eresia, e condannavano le spoglie ad essere interrate in un luogo
non sacro, oppure bruciate, confiscando i beni agli eredi della
prima o della seconda generazione.
La chiesa cattolica romana
le ginocchia, all’inguine, alla cintola e sotto le braccia.
Gli fu passata anche una catena attorno al collo. Attorno
a lui fu accumulata della legna mista a paglia, fino
all’altezza del mento. Allora, il conte palatino Luigi, il
quale sorvegliava l’esecuzione, si avvicinò in compagnia del maresciallo di Costanza ed invitò Huss a ritrattare. Essendosi egli rifiutato, si ritirarono e batterono le
mani; questo era il segnale convenuto coi carnefici che
aspettavano di accendere il rogo. Quando tutto fu consumato dal fuoco i carnefici distrussero completamente
il corpo carbonizzato, il quale venne fatto a pezzi, le ossa furono spezzate, e i frammenti e le viscere buttati
nuovamente sopra il rogo.
Della morte di Giaffredo Varaglia, un credente che fu
presente alla sua morte scrisse le seguenti cose a delle
chiese. ‘Carissimi fratelli, il portatore della presente,
volendo visitare le vostre Chiese, non ho voluto mancare di darvi avviso di quanto ha piaciuto a Dio che sia
accaduto questi giorni tra noi per l’avanzamento della
sua parola, chiamando a se il nostro buon fratello e Ministro, M. Giaffredo Varaglia, per la croce del martirio.
Il quale essendoli annunziata la morte da un collaterale
della Corte, gli rispose che non la temeva, e disse ciò
con una costanza mirabile senza turbarsi niente in quel
primo incontro, contra la natura quasi di ogni uomo.
Appresso, uscendo fuora della prigione, per andare al
luogo del supplicio, un prete se gli accostò dicendoli et
esortandolo che si convertisse. A cui egli rispose ridendo: Convertitevi voi ch’io sono per gratia di Dio già
convertito. Era condotto legato con quell’altro buon
huomo vecchio che conoscete; il quale anch’egli sofferse assai per la medesima querela essendo stato condannato di assistere alla esecutione dell’altro e di essere
scopato, marcato della marca del Re, e bandito. Andava
dunque M. Giaffredo consolando costui, e recitando ad
alta voce il Salmo: In te Domine speravi. Ma essendo
giunto al luogo, con volto ridente disse al suo compagno: non mancate di salutare in nome mio tutte le chiese
dove passerete, voi restate qua, et io me ne vado alla
gloria del mio Padre. Finalmente salito sopra il legnaio,
havendo una corda al collo, cominciò così a dire: Fratelli carissimi, primieramente io perdono a tutti quelli che
sono cagione della mia morte, molto volentieri, perciocchè in vero non sanno quel che si fanno, e priego Dio
che gli voglia illuminare. In quanto poi alla causa, per la
quale io sono posto a morte, è per tenere a fare una medesima confessione di fede, che ha tenuto e fatto S. Pietro e S. Paolo e tutti gli altri Santi Apostoli e Martiri per
la diffensione dell’Evangelio del Signor nostro Giesù
Christo, che vuol dire buona nuova, per la quale ci è annuntiata la remissione dei peccati per esso Signor Giesù,
il quale Iddio ha costituito solo Avvocato, Mediatore et
Intercessore fra lui e noi poveri peccatori. Quando servivo al Diavolo, io moriva ogni giorno per gli miei peccati enormi, bestemmiando il suo Santo nome, se io fossi morto a quel tempo sarei morto dannato. Ma ora io
muoio per vivere eternalmente con lui; non già che io
pensi che questa morte sia cagione della mia salute,
consistendo nel solo sangue di Giesù Christo. E se qui si
trova alcuno il quale habbia cognitione dell’Evangelio e
319
L’ecumenismo
tutti gli altri ancora, vi esorto a ricercare la S. Scrittura e
governarvi secondo quella, che sola contiene la regola
del ben vivere; lasciando i peccati come sono idolatrie e
fornicationi, detrattioni, furti et altre simili enormità. La
quale regola ho sempre seguitata da poi che Iddio mi ha
illuminato et al presente la ratifico con la mia morte, aspettando il guiderdone da colui che mi ha fatto tanta
gratia et onore che dopo essere stato Araldo della sua
parola, mi ha ora fatto un tanto Cavaliero e dei suoi
martiri. E sappiate che io credo alla S. Chiesa Cattolica
e non ricevo nessuna inventione umana, ma mi appoggio alla sola parola di Dio. Alle quali humane inventioni
vi priego non volere credere, perciocchè sono molto
dannose. Appresso avere detto questo e qualche altra
cosa per lo spatio di un quarto di hora, pregò tutta la
moltitudine che si degnasse pregare Dio insieme con lui:
poi inginocchiatosi, recitò l’oratione del Signore e gli
articoli della fede in volgare italiano, et ad alta voce,
distintamente, e senza apparenza alcuna di essere spaventato. Perciochè egli non era niente cambiato di colore, et havea sempre il viso giocondo e quasi ridente: di
maniera che la più gran parte del popolo si maravigliò,
dicendo: ei pare che vada a nozze. E quando recitava gli
articoli di fede si levò un mormorio della moltitudine,
dicendo alcuni: e come? si dicea che costui non credesse
in Dio, e che dicea tanti mali della Vergine Maria? il
che vediamo hora non esser vero. Donde viene questo?
Appresso a tutte queste cose ei disse al manigoldo, che
facesse il suo ufficio a suo piacere. Il quale domandogli
perdono, egli disse: Amico mio, io ti ho di già perdonato, et ora di nuovo ti perdono con tutto il cuore. E così,
havendo raccomandato lo spirito a Dio, fu dal boia
strangolato et abruciato. Et in questa maniera è passato a
miglior vita M. Giaffredo Varaglia fedel servo e martire
del Signore a’ 29 di Marzo in Turino del 58’ (ossia
1558).
A proposito del supplizio di Aonio Paleario viene detto
che dopo essere stato processato e condannato dal tribunale dell’Inquisizione qui a Roma,1 all’alba del 3 luglio
1570 fu portato dinanzi a Castel Sant’Angelo dove per
lui era stata preparata una forca e il rogo.2 C’era molta
1
I capi d’accusa mossi contro Paleario furono ristretti ai seguenti quattro articoli: 1° Ch’egli negava il purgatorio; 2° disapprovava la sepoltura nelle basiliche; 3° metteva in ridicolo
la vita monastica; 4° diceva che bastava la sola fede in Gesù
Cristo per salvarsi, senza bisogno dei riti e del culto cattolico
romano.
2
Prima di essere portato al supplizio gli fu concesso di scrivere
delle lettere a sua moglie e ai suoi figli. Ecco la lettera indirizzata a sua moglie Marietta Paleari: ‘Consorte mia carissima,
Non vorrei che tu pigliassi dispiacere del mio piacere, ed a
male il mio bene. E’ venuta l’ora che io passi da questa vita al
mio Signore e padrone e Dio. Io vi vo tanto allegramente alle
nozze del Figliuolo del gran Re, il che ho sempre pregato il
mio Signore per la sua bontà e liberalità infinita mi concedesse. Sicché, mia consorte dilettissima, confortatevi della volontà di Dio, e del mio contento, ed attendete alla famigliola sbigottita che resterà, di allevarla e custodirla col timore di Dio,
ed esserle madre e padre. Io era già di settanta anni vecchio e
disutile. Bisogna che i figli con la virtù e col sudore si forniscano a vivere onoratamente. Dio Padre e il Signor nostro Ge-
320
La chiesa cattolica romana
gente; giunto a piè della forca un frate gli gridò: ‘Riconciliati con Dio, o eretico: l’ora della tua morte è arrivata!’. Il condannato lo guardò con uno sguardo severo e
fu udito pronunciare queste parole con voce distinta:
‘Sentimi frate, io già mi sono riconciliato con Dio: né
ho bisogno del tuo ufficio ond’egli mi ascolti!... Chi sei
tu che ti poni tra il Creatore e la creatura? Polvere come
me, umiliati... e prega! Poco dopo salì sul patibolo e fu
messo a morte. Dopodiché il suo corpo fu gettato nelle
fiamme.3
Qualcuno dirà: ‘Ma oggi la chiesa cattolica romana come ne parla dell’Inquisizione? La condanna condannando coloro che la promossero? Affatto; quando ne parla o
in un modo o nell’altro la giustifica (condannando solo
certi comportamenti di taluni inquisitori che lei chiama
‘abusi’)4. Nell’Enciclopedia Cattolica per esempio alla
voce Inquisizione alla fine si leggono le seguenti parole:
‘I moderni hanno giudicato severamente l’istituzione
dell’Inquisizione e l’hanno tacciata di essere contraria
alla libertà di coscienza. Ma dimenticano che in passato
si ignorava questa libertà e che l’eresia incuteva orrore
nei ben pensanti, che erano certamente la grande maggioranza anche nei paesi più infetti di eresia’.5 Questo
implicitamente significa che essa è ancora in favore
dell’uso della forza contro coloro che non si vogliono
sottomettere ad essa e che minacciano in una maniera o
nell’altra il suo prestigio e il suo potere. E che sia così è
confermato dal fatto che, come abbiamo visto, la chiesa
cattolica romana è per l’uso della violenza nei confronti
dell’aggressore. Se si considera infatti il loro insegnamento sulla legittima difesa si noterà che è permesso ad
un gruppo di reagire con la violenza ad un aggressione.
Ecco quanto si legge nel loro Dizionario di morale cattolica: ‘Fin qui si è esaminato il diritto di legittima difesa in termini individuali: ma ciò si applica ugualmente
anche a un gruppo. Minacciato (...) nella sua identità
culturale (distruzione del patrimonio culturale...).... un
popolo può invocare il diritto di legittima difesa’.6 Facsù Cristo e la comunione dello Spirito Santo sia con lo spirito
vostro. Roma, il dì 3 luglio 1570. Tuo marito Aonio Paleario.
3
Per la chiesa cattolica romana morì anche lui eretico impenitente. Il cardinale Baronio lo conferma dicendo negli Annali
della Chiesa: ‘Quando si vide chiaro che questo figlio di Belial era ostinato e refrattario, e che non si poteva in alcun modo farlo tornare dalle tenebre dell’errore alla luce della verità,
fu meritatamente esposto alle fiamme, affinché dopo avere
sofferto in questo mondo pene momentanee, andasse a soffrire
le eterne’.
4
A proposito di alcuni inquisitori che hanno compiuto questi
‘abusi’ è vero che il papato fa presente che li punì e li scomunicò, ma a che serve dire questo quando il sistema inquisitoriale istituito dai papi, che si definivano i vicari di Cristo, era iniquo dall’inizio alla fine perché contrario alla parola di Cristo
di cui loro dicevano di fare le veci? I teologi papisti farebbero
meglio e prima a condannare in blocco l’Inquisizione ed affermare che coloro che la istituirono e la eseguirono erano dal
diavolo e non da Dio anziché mettersi a difenderla con simili
ragionamenti vani che non fanno altro che andare a loro disonore.
5
Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 47
6
Jean-Louis Bruguès, op. cit., pag. 122
L’ecumenismo
ciamo un esempio: la chiesa cattolica romana (che non
dimenticatevi oltre ad essere un organizzazione religiosa
è un organizzazione politica, uno Stato come tanti altri)
si sente minacciata dalla eresia, per cui il suo ‘patrimonio culturale’ è messo a repentaglio? Come reagire a
questa minaccia? Con la violenza; che poi la chiesa cattolica romana farebbe un uso diretto della violenza o
indiretto ricorrendo, come tante volte ha fatto, alle autorità civili, questo poco importa. L’importante per essa è
fermare coloro che minacciano la sua esistenza. Pio IX
(sotto cui fu proclamato il dogma dell’infallibilità papale) lo fece capire molto bene quando nel Sillabo degli
Errori condannò come eretica la 24esima proposizione
che dice: ‘La Chiesa non ha potestà di usare la forza, né
alcuna temporale potestà diretta o indiretta’. Ma
d’altronde come potrebbe il papato condannare
l’Inquisizione quando essa fu istituita e confermata da
degli ‘infallibili’ papi di cui alcuni sono pure stati fatti
santi? Come potrebbe condannarla senza condannare
con essa i suoi sostenitori il che significherebbe rinnegare l’infallibilità della chiesa cattolica nel corso dei secoli
e perciò apparire contraddittoria?
Badate dunque a voi stessi fratelli, perché questo loro
insegnamento sulla legittima difesa può essere da loro
preso in qualsiasi momento per ritornare ad inquisire i
suoi nemici, tra cui ci siamo tutti noi che rifiutiamo di
sottoporci al papa e ai dogmi papisti. Non illudetevi
perché essa possiede sempre qualche insegnamento con
cui sostenere e giustificare un eventuale sua violenta
reazione contro gli ‘eretici’. Anche perché, e qui mi ripeto, vi dovete ricordare che essa è uno Stato con tanto
di ambasciatori (i nunzi) nel mondo.
L’astuzia e la malvagità usate dai Gesuiti per ‘la maggior gloria di Dio’
Quando si parla delle persecuzioni che tanti nostri fratelli subirono in Europa dopo che scoppiò la Riforma
non si può non parlare dei Gesuiti, chiamati anche
Compagnia di Gesù e a ragione soprannominati ‘gli
uomini del papa’ per la loro cieca ubbidienza al papa. E
questo perché essi furono coloro che più di altri si diedero da fare con il permesso del papa per estirpare il
‘protestantesimo’ da dove si era diffuso e convertire al
cattolicesimo coloro che lo avevano abbandonato. Vediamo dunque di dare qualche cenno storico e dottrinale
su questo ordine della chiesa cattolica romana tuttora
esistente nel suo seno e tuttora molto influente in essa.
Il fondatore di questo ordine fu uno spagnolo di nome
Ignazio Loyola (1491 ca. - 1556). Costui assieme a dieci
suoi amici che egli aveva reclutato per formare un ordine che doveva avere come obbiettivo la conversione degli infedeli, dopo avere assieme a loro redatto gli statuti
della loro Società ed averla chiamata ‘Compagnia di
Gesù’ ne chiese l’approvazione a Paolo III il quale gliela accordò il 17 settembre del 1540. Ai tre voti ordinari
di castità, di povertà e di obbedienza, la società ne aggiunse un altro. Essa giurava di ‘votare la sua vita al
servizio costante di Cristo e dei papi, di combattere sotto la bandiera della Croce, di servire solo il Signore e il
La chiesa cattolica romana
romano pontefice, suo vicario in terra; essa s’impegnava
d’obbedire al papa ed i suoi successori in tutto quanto
concerneva la salvezza delle anime e la propagazione
della fede, qualunque fossero i paesi ove li avrebbero
condotti gli ordini di Sua Santità’. Così il papa si trovò a
sua disposizione un ordine pronto a tutto pur di difendere i suoi interessi che in quel tempo erano fortemente
attaccati dai Protestanti le cui idee si erano diffuse per
tutta l’Europa.
L’ordine era strutturato gerarchicamente. Al suo vertice
c’era il generale. Egli aveva il diritto di fare le costituzioni e le regole, conferiva tutte le cariche, regolava ed
ordinava a suo piacimento tutta la società; tutta
l’autorità dei provinciali e degli altri superiori dipendeva da lui; poteva dispensare dalle costituzioni e dai voti;
insomma era un monarca assoluto a cui tutti dovevano
una obbedienza cieca. Il primo generale fu Ignazio Loyola.
Il corpo della compagnia era composto da quattro categorie o gradi. La prima categoria o grado era quella dei
preti professi che avevano pronunciato i tre voti solenni
di povertà, castità, e obbedienza e aveva fatto uno speciale voto di ubbidienza al papa. Anche se tutti i Gesuiti
erano tenuti ad ubbidire al papa i preti professi facevano
questo particolare voto. Solo i Gesuiti di questa categoria potevano accedere alla carica di generale e ai posti
immediatamente inferiori.
La seconda categoria o grado era costituita da preti che
prendevano i voti semplici, non solenni, e che non pronunciavano il quarto voto al papa. Erano chiamati coadiutori spirituali.
Il terzo grado era quello dei fratelli laici; questi non diventavano mai preti, ma prendevano i tre voti semplici
ed erano incaricati del lavoro manuale nelle case: cucinare, pulire, ecc.
La quarta categoria era quella dei giovani allievi, generalmente chiamati scolastici perché la loro preparazione
avveniva attraverso le varie scuole del sapere. Alla fine
dei loro studi venivano ordinati preti e a secondo dei
loro progressi entravano tra i professi o tra i coadiutori
spirituali.
Per entrare nell’ordine occorreva prima seguire un periodo di noviziato che durava due anni durante il quale il
novizio era sottoposto ad una dura disciplina perché doveva perdere la sua individualità e mettersi interamente
nelle mani del suo superiore. Chi riusciva a superare il
noviziato prendeva i tre voti semplici; alcuni restavano
fratelli laici, altri continuavano come scolastici per diventare professi o coadiutori spirituali. Alla fine
dell’istruzione pronunciavano i voti finali; i professi aggiungevano anche il quarto voto speciale.
Gli effettivi della compagnia erano organizzati in ‘provincie’ in cui si trovavano le diverse case dell’ordine
che erano di sei tipi. Le residenze (per scrittori, studiosi,
superiori locali, membri a riposo o malati); le case di
studio (per giovani Gesuiti); un noviziato (dove venivano esaminati e preparati gli aspiranti della provincia); e
poi c’erano scuole e collegi destinati all’educazione dei
laici e case per il ritiro spirituale dove i laici andavano
in cerca di aiuto spirituale o per compiere delle devo-
321
L’ecumenismo
zioni. Ogni casa aveva un superiore (sotto cui c’erano
altri superiori intermedi), e al di sopra di tutti i superiori
delle case della provincia c’era un provinciale e al di
sopra di tutti i provinciali c’era un assistente che risiedeva a Roma con il generale.
Ad ogni Gesuita era richiesto di ubbidire incondizionatamente al suo superiore qualunque cosa egli gli ordinasse infatti nel libro delle regole dei Gesuiti dal titolo
Regulae societatis Jesu alla costituzione numero 36 si
legge: ‘Ciascuno persuada sé stesso, che coloro che vivono sotto la ubbidienza, sono condotti e diretti dalla
divina provvidenza; e che perciò debbono lasciare che i
superiori lo trattino come se fosse un cadavere, che si
lascia far tutto senza lagnarsi; ovvero come il bastone di
un vecchio, il quale colui che lo tiene in mano se ne serve quando, dove, ed in qualunque cosa egli vuole’. Il
Gesuita doveva vedere nella persona del superiore Gesù
stesso: nella regola n° 16 e 18 si legge: ‘Non guardate
nella persona del superiore l’uomo soggetto ad errare, e
sottoposto alle umane miserie; ma riguardate in lui la
stessa persona di Cristo, che è somma sapienza, immensa bontà, e carità infinita, il quale né può essere ingannato, né può volere ingannare voi. E siate certi che seguendo la volontà del superiore, voi seguite con tutta
certezza la divina volontà. Voi dovete fermamente credere che tutto quello che il superiore comanda è precetto
e volere di Dio’. Con simili regole è chiaro che il Gesuita ritenesse il suo superiore infallibile e perciò disubbidirgli per lui avrebbe significato disubbidire a Dio. E
poi che il superiore si trovava nei confronti di coloro
che erano alle sue dipendenze in una posizione che gli
permetteva di far fare loro tutto quello che avrebbe voluto senza essere contraddetto. Inoltre, affinché il superiore conoscesse bene i suoi schiavi alla costituzione n°
40 era prescritto al Gesuita che entrava nella compagnia
che egli ‘debba manifestare al superiore tutta la sua coscienza con grande umiltà, purità e carità, non nascondendo nulla di quello col quale avesse potuto offendere
Iddio, e renda ad esso, od a chi sarà da lui deputato, un
intero conto della sua vita precedente; ed ogni sei mesi
renda poi lo stesso conto incominciando dall’ultimo’. Il
Gesuita aveva inoltre l’ordine di non riferire agli esterni
le cose dell’ordine. Le regole comuni n° 38 e 39 dicono
infatti: ‘Nessuno riferisca a quei di fuori quello che si fa
o si pensa fare fra noi. Nessuno, senza espressa licenza
del superiore, comunichi le nostre costituzioni, i nostri
libri, ovvero scritti nei quali si contengono le nostre ordinazioni o privilegi. Nessuno dia o mandi fuori le istruzioni spirituali, le meditazioni, o gli esercizi della società’.
L’ordine si proponeva di convertire gli eretici e i pagani
tramite la predicazione, l’insegnamento e la confessione. Esso affermava di fare tutto ad majorem Dei gloriam (a maggiore gloria di Dio) il che significava a
maggiore gloria del papato perché per i Gesuiti glorificare il papa - per loro il vicario di Cristo sulla terra - significava glorificare Dio. Ecco perché diversi papi concessero loro tanti privilegi e li appoggiarono; perché la
loro opera tendeva a consolidare ed estendere il dominio
del papato nel mondo. Ma nello stesso tempo, e questo
322
La chiesa cattolica romana
lo si deve ben tenere presente, l’ordine procacciava pure
i suoi propri fini che erano quelli di voler dominare il
mondo e arricchirsi.
Ma l’ordine affermava altresì che per raggiungere i propri obbiettivi erano leciti tutti i mezzi anche quelli illeciti (o come esso affermava tutti i mezzi erano indifferenti), e quindi la menzogna,1 l’astuzia,2 il furto,3 la frode1
1
Ecco come si dovevano comportare i Gesuiti quando facevano una nuova fondazione in qualche luogo: ‘Si guardino i nostri religiosi di comperar fondi nel principio della fondazione,
ma se ne comprassero qualcheduno a noi comodo, ciò si faccia
con un nome imprestato di qualche amico fedele e segreto; ed
acciocché meglio risplenda la nostra povertà, i beni che sono
vicini ai luoghi nei quali abbiamo i collegi, si assegnino dal
provinciale ai colleghi lontani; dal che succederà che mai il
principe o il magistrato avranno certa notizia delle entrate della Compagnia’ (Secreta monita societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, capo I, 5).
2
Si consideri che quando nel sedicesimo secolo i Gesuiti andarono in Cina a portarvi il cattolicesimo per conquistare i cinesi
al cattolicesimo, sapendo che essi erano molto attaccati alla
loro religione e che non avrebbero mai accettato il cattolicesimo se fossero stati loro proibiti i riti della loro religione, predicavano che i cinesi potevano diventare ‘cristiani’ continuando a celebrare i loro riti in onore di Confucio e dei loro antenati. E per questa ragione si scontrarono con i missionari Domenicani che erano in Cina che avevano condannato quei riti e
dichiarati incompatibili con il ‘cristianesimo’. Clemente XI
(1700-1721) condannò quei riti e ordinò che tutti i missionari
della Cina dovevano giurare di detestare i riti cinesi e promettere di non tollerarli mai. Ma, ennesima contraddizione tra i
papi, nel 1939 sotto Pio XII la Congregazione de Propaganda
Fide dichiarò che i tempi erano cambiati e che coloro che si
convertivano al ‘cristianesimo’ non dovevano rinunciare al
culto degli antenati.
3
Sul furto, Casnedi, un loro teologo, affermava: ‘Dio non
proibisce il furto se non che quando esso è riconosciuto come
cattivo; ma quando è considerato come buono, non è vietato’
(Casnedi, Giudizi teologici, tomo I, pag. 278). Appoggiandosi
su questo diabolico insegnamento i Gesuiti si sono appropriati
nel corso dei secoli per il mondo intero dei beni altrui con
l’astuzia, sempre naturalmente ad majorem Dei gloriam. Per
esempio tante volte hanno carpito con l’inganno a danno dei
legittimi eredi (tra i quali molti sono stati da loro calunniati e
poi fatti cacciare in prigione) donazioni e testamenti. Avendo
l’autorità di confessare quando si presentavano al letto dei ricchi che erano in procinto di morire e che confessavano di essersi arricchiti illecitamente gli dicevano che se volevano salvarsi dovevano dare il loro denaro ai santi in cielo. E per sostenere ciò prendevano le parole di Gesù: “Fatevi degli amici
con le ricchezze ingiuste; affinché, quand’esse verranno meno,
quelli vi ricevano ne’ tabernacoli eterni” (Luca 16:9); che loro
interpretavano astutamente in questa maniera: se essi davano
le loro ricchezze acquistate illecitamente ai preti o ai frati in
onore dei santi (facendosi in questa maniera per amici i santi
in cielo) si sarebbero guadagnati il paradiso. E così avveniva
che il moribondo non veniva esortato a pentirsi e a riparare i
danni fatti restituendo i beni a coloro che erano stati da lui
frodati ma venivano esortati a lasciare i suoi beni ai Gesuiti (e
i legittimi eredi naturalmente si ritrovavano senza nulla). Ma
questa non è che una delle svariate maniere in cui i Gesuiti si
sono arricchiti alle spalle delle persone facendo ricorso
all’astuzia. Di loro si può ben dire quello che dice Geremia:
“Son diventati potenti nel paese, ma non per agir con fedeltà;
L’ecumenismo
e la violenza ecc. erano consentiti. Avevano una morale
che giustificava il peccato con ogni sorta di sofismi, cosicché l’aborto, l’omicidio, l’adulterio, il furto, il duello,
la menzogna, la doppiezza, l’idolatria, l’impurità, erano
permessi in svariate circostanze e se non diventarono
proprio delle virtù di certo venivano fatti passare per
delle lievi colpe o per cose da nulla. Insomma il peccato
nelle mani dei Gesuiti divenne irriconoscibile e nei loro
libri introvabile. Per cui con le loro lusinghe si acquistarono il favore di coloro che prendevano piacere in ogni
sorta di peccato. Perché questo era il loro scopo, volgere
più persone dalla loro parte per dopo spogliarle dei loro
beni se erano ricche e se in posti di autorità per usarsi di
loro per estendere la compagnia nel loro paese. La diabolica massima il fine giustifica i mezzi era (ed è)
poiché procedono di malvagità in malvagità, e non conoscono
me, dice l’Eterno” (Ger. 9:3).
1
Ecco come i Gesuiti dovevano comportarsi verso le vedove
ricche e verso gli uomini ricchi: ‘...se queste vedove accettano
simili offerte e cominciano a visitare le nostre chiese, si proveggano le medesime di un confessore dei nostri per dirigerle,
particolarmente per farle perseverare nello stato vedovile, enumerando e lodando gli effetti e la felicità di questo stato, e si
facciano i nostri padri mallevadori di quell’eterno merito che
verranno esse ad acquistarsi nel conservarsi in un tale stato, e
di essere anche un rimedio efficacissimo per evitare le pene
del purgatorio’ (Secreta monita societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, cap. VI, 1); ‘...Si descrivano ancora i vizi e i cattivi costumi di altri che aspirassero alle sue
nozze, sempre che si avvegga il direttore che tali persone sieno
di genio alla vedova, acciocché possa con tutti aborrire le seconde nozze’ (op. cit., capo VI, 9); ‘Si visitino spesso, e si ricreino, e si rallegrino con giocondi discorsi, ed istorie spirituali, ed ancor con facezie secondo l’umore ed inclinazione di
ciascheduna’ (Ibid., capo VII, 4); ‘Finalmente, purché non vi
sia pericolo che queste vedove lascino l’affezione alla società
e ci voltino le spalle, anzi proseguiscano ad esserci sempre più
fedeli e liberali, si conceda loro tutto ciò che ricerca il piacere,
il lusso e la sensualità, ma moderatamente ed escluso lo scandalo’ (Ibid., capo VII, 7); ‘Per indurre la medesima vedova a
testare di tutto ciò che possiede a favore della nostra Società si
proponga la perfezione dello stato degli uomini santi, i quali,
abbandonato il mondo ed i parenti, e rinunciati tutti i beni,
servirono a Dio con gran rassegnazione e con ilarità di animo.
Si espongano a questo effetto tutte quelle cose che si dicono e
si enunciano nella costituzione e nell’esame della Società intorno a queste rinunzie e distacchi da tutti i beni che si posseggono. Si alleghino gli esempi di quelle vedove le quali in
tal guisa in poco tempo diventarono sante, con speranza di
canonizzazione, perché in tal maniera hanno perseverato sino
alla fine della vita; e si dimostri alle medesime che non mancherà l’autorità dei nostri religiosi presso il papa per venire
all’atto di questa canonizzazione’ (Ibid., capo VII, 10); ‘Tutte
queste cose che si sono dette delle vedove dovranno eseguirsi
ancora in ordine ai mercanti, ai ricchi cittadini, agli ammogliati privi di prole, dai quali la società non rade volte acquisterà
tutta l’eredità, se prudentemente si eseguiranno queste regole’
(Ibid., capo IX, 4); ‘Se accaderà che le vedove o i ricchi a noi
addetti abbiano figlie, procurino i nostri religiosi di incamminarle dolcemente allo stato di bizzocche o di monache con far
loro lasciare una onesta dote, e gli altri beni poi a poco a poco
si acquistino per la Società. Che se abbiano figli i quali siano
atti per la Società, si procuri di tirarli alla medesima...’ (Ibid.,
capo IX, 8).
La chiesa cattolica romana
l’essenza del gesuitismo. Si insediarono alle corti dei re
e dei principi sia come predicatori che come confessori
e riuscirono con la loro astuzia ad avere da loro il permesso di aprire collegi ed altre istituzioni e a persuaderli
a distruggere quelli che per loro erano degli eretici. In
Italia aprirono diversi collegi, furono protetti dai principi e presero parte ai massacri dei Valdesi sia al nord che
al sud d’Italia. Anche nelle altre nazioni aprirono dei
collegi, e si cattivarono l’amicizia di imperatori e principi (facendogli credere che cercavano il loro interesse)
per indurli a favorire la loro società e sterminare i Protestanti.2 Quando qualche re dimostrava di favorire il protestantesimo a danno del cattolicesimo o di non gradire
la ‘Compagnia di Gesù’ nel suo paese essi erano pronti
a toglierlo di mezzo o ad incoraggiare altri a farlo. Perché anche questo era permesso ad majorem Dei gloriam. Suarez, uno dei loro teologi più conosciuti disse
infatti che un re eretico prima può essere deposto, e dopo, se continua a regnare può essere legalmente ucciso
come un tiranno. Ecco le sue parole: ‘Ma però data che
è la sentenza, (il Sovrano) è decaduto dal trono, sicché
per giustizia, non può più possederlo. Fin d’allora adunque può essere trattato come un Tiranno, e come tale da
qualunque privato può essere ucciso’3 (questa diabolica
dottrina si chiama regicidio). Alcuni esempi che confermano questo loro modo di agire sono i seguenti. Bal2
Ecco come i Gesuiti erano ammaestrati a comportarsi nei
confronti dei principi delle nazioni ad majorem Dei gloriam:
‘Insegnando poi la sperienza, che i principi ed i magnati allora
specialmente sono attaccati alle persone ecclesiastiche quando
queste dissimulano le loro odiose pratiche, e piuttosto interpretano le medesime nel miglior senso, come sarebbe nei matrimoni da contraersi cogli affini e consanguinei o simili, dovendosi in tal caso animare ed incoraggiare quei signori che mostrano un tal desiderio, ed anche speranzarli che per mezzo dei
nostri religiosi possano facilmente impetrarsi simili dispense
dal papa, il quale le concederà, se si spieghino le ragioni, si
adducano gli esempi, e si portino le favorevoli opinioni, col
pretesto del bene comune e della maggior gloria di Dio, che è
lo scopo della Società’ (Secreta monita societatis Jesu - Le
norme segrete della società di Gesù -, capo II, 2); ‘Le persone
più particolarmente favorite e domestiche dei principi, delle
quali essi principi si servono familiarmente, dovranno vincersi
ed obbligarsi per mezzo di piccioli doni, e particolarmente per
mezzo di varii offizi di pietà, acciocché informino i nostri religiosi fedelmente degli umori e delle inclinazioni dei principi e
dei magnati; e così facilmente la Società troverà la maniera di
accomodarsi all’animo dei principi medesimi’ (op. cit., capo
II, 5); ‘I nostri religiosi dirigano talmente le coscienze dei
principi e della nobiltà, che mostrino, che tutto venga da essi
religiosi suggerito, tenda unicamente alla maggiore gloria di
Dio, ed a quella medesima autorità di coscienza, che gli stessi
principi richieggono dai medesimi religiosi. Ma per quanto
riguarda la direzione dei medesimi signori ad un esterno e politico governo, dovrà farsi dai nostri confessori e predicatori a
poco a poco, ed insensibilmente non meno nella confessione,
che nei familiari discorsi’ (Ibid., capo IV, 1); ‘Si ricordino
principalmente i confessori e predicatori nostri di trattare soavemente e blandamente i principi, di non mai riprenderli nelle
prediche e nei privati colloqui, di scacciare da essi tutti i timori e di esortarli particolarmente nella speranza, nella fede e
nella giustizia politica’ (Ibid., capo IV, 4).
3
Franc. Suarez, Def. Fid. Cathol. lib. VI, cap. 4
323
L’ecumenismo
dassare Gèrard, l’assassino di Guglielmo d’Orange,
‘confessò che aveva partecipato la sua intenzione al rettore del collegio dei Gesuiti di Trèves, il rettore la aveva
approvata, gli aveva impartito la benedizione, assicurandolo che ove avesse perduto la vita eseguendo
l’attentato, sarebbe stato compreso nel numero dei martiri’.1 Ma non sempre riuscirono i loro complotti contro i
re; per esempio il re del Portogallo scampò all’attentato
che i Gesuiti avevano ordito per ucciderlo2 e per questo
vennero espulsi con la forza dal paese, imbarcati su navi
reali e sbarcati sulle coste dello Stato della chiesa e tutte
le loro proprietà furono confiscate (questo avvenne tra il
1759 e il 1761). Anche in Inghilterra un tentativo di assassinare il re non ebbe il risultato che essi volevano
perché fu scoperta la mina che doveva fare saltare il parlamento alla sua apertura il 7 febbraio 1605. I tre Gesuiti che erano tra i congiurati fuggirono, ma furono presi,
processati e condannati a morte.
L’ordine fu soppresso (anche se i Gesuiti nella pratica
continuarono a sussistere in Prussia e in Russia) da
Clemente XIV nel 17733 ma fu restaurato da Pio VII nel
1814. E in mezzo a molte polemiche sussiste ancora in
seno alla chiesa cattolica romana.4
1
G. Huber, I Gesuiti, Roma 1909, pag. 134.
Il cardinale Acciajuoli quando tornò dal Portogallo avrebbe
dichiarato ‘that the Jesuits were undoubtedly the authors of the
attempted assassination of H. M. Dom. Joseph’ (‘che i Gesuiti
erano senza dubbio gli autori del tentato assassinio di H. M.
Dom. Joseph’). Cfr. Leopold von Ranke, op. cit., pag. 1031.
3
Luigi Desanctis racconta in Roma papale che poco dopo la
soppressione dei Gesuiti si trovò una mattina affisso sulle porte del Vaticano un cartello con queste lettere I. S. S. S. V.
Nessuno capiva il significato ed il cartello fu portato al papa il
quale lo comprese immediatamente perché prima di diventare
papa era stato frate e conosceva i Gesuiti. Egli lo lesse così:
‘In settembre sarà sede vacante’. Il 22 settembre del 1774 il
papa morì. Sia nella maniera in cui morì e sia sul suo cadavere
furono riscontrati i segni di un avvelenamento.
4
La Pontificia Università Gregoriana, il Pontificio Istituto biblico, e il Pontificio Istituto di studi orientali, che si trovano
qui a Roma sono tutti gestiti dai Gesuiti. Francis Sullivan e
Carlo Maria Martini, ora arcivescovo cardinale di Milano,
tramite cui, viene detto, il movimento carismatico cattolico si
è diffuso qui a Roma sono Gesuiti. Civiltà cattolica è un periodico dei Gesuiti. Pierre Teilhard de Cardin, molto apprezzato nel New Age, era un Gesuita che al suo tempo fu condannato dalla chiesa cattolica per le sue idee panteiste ma oggi è riconosciuto da molti Cattolici come ‘un teologo
all’avanguardia dei suoi tempi’ e come ‘ il più grande modello
per il pensatore cattolico moderno’. Tra i canonizzati santi della chiesa cattolica Bellarmino, Francesco Saverio, Luigi Gonzaga, erano Gesuiti.
Molti Gesuiti di oggi insegnano apertamente cose che si oppongono alla dottrina cattolica (per esempio approvano
l’omosessualità, l’aborto, il sacerdozio delle donne, il coinvolgimento diretto nella politica, mettono in dubbio la divinità di
Cristo, l’infallibilità papale, ecc.) per cui non sono affatto ben
visti dal papa. Si deve quindi dire che i Gesuiti nel loro insieme non sono più gli uomini del papa (quali erano per esempio
al tempo di Loyola) di cui il papa si può fidare per mantenere
ed estendere la sua autorità nel mondo. E’ guerra aperta ormai
tra papa e Gesuiti. Giovanni Paolo I eletto papa il 26 Agosto
1978 aveva un atteggiamento sfavorevole alla compagnia di
2
324
La chiesa cattolica romana
COME STANNO OGGI LE COSE
Ma oggi come stanno le cose? Ancora oggi in questa
nazione benché per certi versi le cose sono diverse, nella
sostanza le cose non sono cambiate da come erano allora. Perché? Perché la chiesa romana, benché ufficialmente abbia moderato il suo parlare contro di noi arrivando a definirci comunità ecclesiali (non vere chiese
perché la sola vera Chiesa è lei), nei fatti ci detesta considerandoci delle sette formatesi per opera di alcuni usciti dal suo mezzo o dal mezzo del protestantesimo storico. Certo, contro di noi non ci sono persecuzioni a
morte come ci furono contro tanti nostri fratelli nei secoli passati in Europa o il carcere o il confino, ma la
persecuzione sussiste anche se è solo verbale nella massima parte dei casi; e non può essere altrimenti perché
noi predichiamo la Parola di verità e riproviamo le eresie e le opere infruttuose della chiesa romana come fecero i nostri fratelli antichi. Ma noi non cesseremo di
parlare in difesa del Vangelo e contro le false dottrine di
questa organizzazione che conduce milioni di anime
all’inferno. Siamo odiati, scherniti, reputati pazzi, fanatici, da persone che si chiamano ‘Cristiani facenti parte
della santa chiesa apostolica’; sì fratelli é così, ma siamo
felici di subire questi loro oltraggi perché Gesù ha detto:
“Beati voi, quando v’oltraggeranno e vi perseguiteranno
e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per
cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro
premio é grande ne’ cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi”.5 Noi sappiamo
che i profeti furono perseguitati dai Giudei disubbidienti
perché essi parlarono da parte del Signore. I profeti riprovarono tra le molte opere malvagie del popolo anche
l’idolatria a cui esso si era abbandonato e perciò furono
perseguitati, perché parlarono contro quegli spauracchi
dei loro idoli per i quali gli Israeliti andavano in delirio.
Perché dunque meravigliarci se i Cattolici romani ci odiano e ci oltraggiano, e se potessero ci toglierebbero di
mezzo con la forza perché parliamo contro quei cadaveri dei loro idoli che essi adorano, pregano e portano in
spalle nelle loro processioni? Perché meravigliarci dei
loro insulti come se ci avvenisse qualcosa di strano,
quando secoli addietro delle altre persone per avere riprovato e confutate le loro eresie furono derisi, odiati, e
messi a morte? Fratelli, sappiate che é inevitabile che si
Gesù e si proponeva di pronunciare un duro discorso di monito alla Congregazione generale dei Gesuiti che si sarebbe tenuta a Roma il 30 settembre 1978. Il papa aveva in mente, se la
Compagnia non ritornava ad assumere il ruolo che gli era stato
assegnato, di liquidare definitivamente l’ordine. Ma quel discorso non poté tenerlo perché la mattina del 29 settembre fu
trovato morto sul suo letto. Giovanni Paolo II nel 1981 depose
l’allora Generale dell’ordine Pedro Arrupe perché aveva fama
di liberale (costui infatti permetteva la pubblicazione di libri di
autori Gesuiti che andavano contro gli insegnamenti tradizionali della chiesa cattolica) e nominò un altro al suo posto. Il
cattolicesimo rimane comunque fortemente impregnato di gesuitismo perché molti istituti cattolici sono in mano ai Gesuiti
e là gli studenti imparano la ‘morale’ dei Gesuiti.
5
Matt. 5:11,12
L’ecumenismo
venga perseguitati da coloro che giacciono nell’errore
quando si dice loro la verità.
Infine vorrei dire - e qui torno a quello detto precedentemente - che benché oggi la chiesa cattolica romana
ufficialmente non si rivolge più nei confronti di coloro
che escono da lei nella stessa maniera in cui hanno parlato certi papi del passato e certi suoi dottori nei secoli
passati (appoggiandosi sulle parole di Agostino), cioè
dichiarando che bisogna usare la forza per fare ritornare
gli apostati all’ovile o che gli eretici bisogna sterminarli
in ogni maniera per estirpare così l’eresia, pure essa
conserva in lei lo stesso sentimento di odio verso coloro
che, dopo avere conosciuto il Signore escono dal suo
mezzo e cominciano a riprovare le sue dottrine diaboliche e a cercare di strappare dalla sua bocca le anime.
Basta che li guardiate negli occhi o li sentite parlare dopo avere loro detto che Maria non la si deve pregare e
non gli si deve prestare alcun culto o che il papa non è il
capo della Chiesa o che è inutile confessarsi al prete o
fare battezzare i fanciulli appena nati, per rendervi conto
di questo. Solo che a differenza di secoli addietro, è impossibilitata ad usare la forza contro di loro per farli tornare nel suo mezzo - cioè non può mettere su
l’Inquisizione come nei tempi addietro e incitare le autorità a perseguitarci o sterminarci - perché i tempi e le
circostanze non glielo permettono. Ma io sono convinto
che questa situazione sia solo temporanea, perché quando nel futuro le circostanze cambieranno per volere di
Dio, allora i papi della chiesa cattolica romana torneranno a inebriarsi del sangue dei santi, facendoli trucidare o bruciare sui roghi, esattamente come fecero Innocenzo III o Giulio III. Nessuno si dimentichi che la
Scrittura dice che “ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch’è passato”.1 Da questi millenari nemici della
croce di Cristo ci si può aspettare solo male, e non del
bene. Chi ha orecchi da udire oda. Qualcuno dirà forse:
‘Ma allora non credi che il rinnovamento in atto nella
chiesa cattolica romana sfocerà nella loro conversione?
No, non ci credo per nulla; solo un piccolo numero di
loro si convertiranno, ma la maggioranza rimarrà quella
che è sempre stata, attaccata alla tradizione pronta a difenderla anche con le armi facendo ricorso ad ogni
compromesso e ad ogni astuzia. Dalla strada che la
chiesa cattolica romana ha deciso di prendere, essa non
tornerà indietro.
CONCLUSIONE
Fratelli, termino questo mio scritto contro la chiesa cattolica romana facendovi partecipi di alcune cose.
Un appello alla fratellanza
Siamo negli ultimi termini dei tempi, sappiamo che deve venire l’apostasia e che i suoi albori sono già apparsi,
ma molti tra di noi pare che abbiano dimenticato da tanto tempo che se l’Evangelo è potuto giungere a noi come l’abbiamo ricevuto lo dobbiamo alla grazia di Dio, il
1
Eccl. 3:15
La chiesa cattolica romana
quale nel corso dei recenti secoli passati ha illuminato
degli uomini qui in Europa traendoli dalle fauci del papato; degli uomini coraggiosi che benché non sempre
affermarono cose giuste e vere pure ebbero in comune
tutti la dottrina della giustificazione per fede. Essi formarono un potente esercito contro il quale il papato si
scagliò in ogni maniera; cercò prima di persuaderli che
stavano affermando il falso, poi vedendo che si mantenevano saldi in questa dottrina li scomunicò e li perseguitò. Sì, li perseguitò in ogni maniera perché li considerò eretici ed apostati, li maledisse, alcuni di loro li
diede nelle mani del braccio secolare affinché fossero
messi a morte. Anche coloro che cominciarono a tradurre la Bibbia nella lingua volgare per farla conoscere al
popolo furono perseguitati duramente dal papato; e questo perché la curia romana non voleva che il popolo leggesse ciò che era scritto per paura che si accorgesse degli errori da essa insegnati e perpetrati. Diversi fatti storici attestano questo. Ma grazie siano rese a Dio perché
nonostante questa dura opposizione del papato la Parola
di Dio si divulgò sempre di più tra i Cattolici romani
che mai prima di allora l’avevano letta; e molti di essi
persuasi da essa che il papa non poteva essere il vicario
di Cristo e i suoi vescovi non potevano essere i successori degli apostoli si separarono dalla chiesa romana.
Ma perché dico tutte queste cose? Per ricordarvi che in
quel tempo quando ancora c’erano le inquisizioni contro
coloro che rifiutavano di sottostare al papa e che proclamavano che si viene giustificati per la sola fede, ci
furono coloro che non si lasciarono intimidire affatto
dalle minacce del papato ma con la forza che il Signore
gli diede proclamarono il Vangelo e lo difesero. E se noi
oggi abbiamo la grazia di leggere la Bibbia nelle nostre
lingue è anche perché degli uomini nel corso dei secoli
passati predicarono la Parola di Dio e la tradussero in
lingua volgare quando infuriava contro di loro la persecuzione del papato. Essi dovettero affrontare tanti
scherni, tante lotte, e tante persecuzioni dall’autorità papale perché difesero strenuamente il Vangelo, confutarono pubblicamente le eresie cattoliche romane anche
mediante dei loro scritti e non solo a parole. Oggi, però,
da quello che vedo, in seno alla fratellanza qui in Italia
le cose sono per certi versi cambiate perché troppo pochi fanno udire la loro voce di protesta in difesa del
Vangelo e contro le eresie della chiesa cattolica romana.
Eppure le eresie di perdizione della chiesa romana non
sono né scomparse e né diminuite in questi secoli dopo
la Riforma, anzi sono aumentate e non danno segno di
diminuire. Vi esorto fratelli, a non abbassare la guardia,
ma a vigilare in ogni cosa perché il diavolo va ancora
attorno ai santi a guisa di leone ruggente cercando chi
possa divorare; oggi come molti secoli fa il diavolo si
usa anche della chiesa romana per sedurre le persone e
per cercare di traviare i credenti. Per questo è necessario
continuare a proclamare con ogni franchezza la parola
della fede, e a difendere il Vangelo dai continui attacchi
che la curia romana sferra contro di esso. Oggi, più che
mai bisogna darsi da fare per predicare in ogni maniera
la parola della croce ai Cattolici, e per confutare pubblicamente le loro dottrine malefiche che hanno ingannato
325
L’ecumenismo
centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Bisogna farlo senza paura e senza farsi ingannare da questi
continui sforzi che essa sta facendo per farci avvicinare
ad essa. Nonostante in alcuni casi hanno cambiato il vestito, ed alcuni loro atti cerimoniali e nonostante molti
di loro si mettono a cantare alcuni nostri stessi cantici, si
mettono a pregare non più meccanicamente come una
volta, nonostante nel suo seno è sorto il movimento carismatico i cui aderenti affermano di avere ricevuto lo
Spirito Santo e di credere nelle guarigioni per mezzo del
nome di Gesù, pure questa organizzazione rimane sempre la stessa nella sostanza. Si mantiene in piedi con tutto il suo bagaglio di eresie, con tutta la sua pompa e con
tutto il suo potere temporale; la sua arroganza è la stessa
di secoli fa, la sua astuzia pure.
Faccio appello alla vostra carità affinché se fino ad ora
siete stati a guardare o ad ascoltare solamente vi leviate
anche voi in difesa del Vangelo, se invece il vostro sforzo si é infiacchito vi esorto a fortificarvi nella grazia di
Dio ed a perseguire in questa buona lotta con l’aiuto che
viene da Dio. Se invece siete indifferenti a tutto ciò vi
dico di svegliarvi dal vostro sonno. Considerate per un
momento gli sforzi che fanno i Cattolici per diffondere
le loro eresie di perdizione; ora, se loro che non si vergognano di proclamare tante cose storte si affaticano per
diffonderle e difenderle strenuamente non dobbiamo noi
che abbiamo conosciuto la verità dimostrare più zelo
ancora nel proclamare la verità? Se loro nella loro ignoranza cercano di confutare inutilmente la verità che noi
proclamiamo, non dobbiamo noi che abbiamo ricevuto
la conoscenza della verità fare di tutto per confutare le
loro eresie? E’ una guerra fratelli; una guerra nella quale
ciascuno mette in campo le sue armi. I nostri nemici
carnali sedotti dai nostri nemici spirituali cercano con la
menzogna di annientare la verità che annunciamo pensando di riuscirci dimenticando che nulla si può fare
contro la verità, perché quello che si può fare è per la
verità. Noi invece che siamo stati illuminati da Dio usiamo la parola della verità per distruggere i loro vani
ragionamenti che si ergono contro la conoscenza di Dio;
la vittoria è nostra perché siamo in Cristo Gesù. Non è
inutile questa guerra, non è tempo sprecato combattere
per il Vangelo cercando di persuadere i Cattolici romani
delle cose relative al regno di Dio; il tempo lo si spreca
quando si cerca il loro favore, non quando li si esorta a
ravvedersi e a credere nel Vangelo. Alcuni però si vergognano di combattere questa guerra, quasi che si trattasse di andare in guerra contro dei fratelli! Ma quali
fratelli? Altri ancora non vogliono polemizzare - questo
è il verbo che usano - con i Cattolici (questo lo si sente
ripetere purtroppo anche a RadioEvangelo qui a Roma).
E qui mi trovo costretto a dire alcune cose. Ora, polemizzare significa, secondo il dizionario della lingua italiana, ‘discutere per il gusto di discutere, piuttosto che
per arrivare ad una conclusione’ ed è un verbo che non è
presente nella sacra Scrittura. Nondimeno va detto che
se per non volere essere polemici si intende non volere
litigare allora anche noi non vogliamo polemizzare con
nessuno perché la Scrittura ci dice che il servo del Signore non deve contendere cioè non deve essere litigio-
326
La chiesa cattolica romana
so ma mite verso tutti. Ma se per non volere fare polemica si intende che non si vogliono confutare (che significa dimostrare la falsità di un’argomentazione) mediante le sacre Scritture (e la sapienza che Dio ci ha donato) pubblicamente o privatamente le tante dottrine papiste che stanno menando in perdizione milioni di anime
allora noi vogliamo essere polemici o polemisti perché
Gesù prima e gli apostoli poi hanno confutato le false
dottrine dei loro tempi e lo fecero pure pubblicamente.
Cioè essi hanno ribattuto ai loro avversari con le Scritture e con la sapienza di Dio per dimostrare che essi erravano. Anche Apollo fece ciò infatti di lui si dice che a
Corinto confutava pubblicamente i Giudei. Ma perché
costoro non vogliono polemizzare (inteso nel secondo
senso)? Perché hanno paura del papato, di questo impero che qui in Italia ha la sua sede centrale e che ancora
oggi è in grado di procurare delle ‘noie’ a coloro che gli
danno apertamente fastidio perché basta una parola del
papa (che qui in Italia ha quasi tutti ai suoi piedi) a
qualche ministro del Governo per scatenare una ‘persecuzione’ (anche se solo verbale) contro di loro.1 E perciò essi si studiano di avere buoni rapporti di vicinato
con il papato per non trovarsi il governo italiano contro
di loro che potrebbe minacciarli di togliergli certi privilegi ottenuti dal governo (ottenuti naturalmente col
permesso del papa), preferendo tacere o se non proprio
tacere evitare termini o espressioni che potrebbero sembrare offensivi nei confronti della ‘santa chiesa cattolica
apostolica romana’. Per esempio non dicono chiaramente che pregare Maria, la madre di Gesù, è idolatria e che
quindi coloro che la pregano e invocano sono degli idolatri sulla via che mena all’inferno; che il papa definendosi vicario di Cristo bestemmia, e che in effetti non è
1
Per farvi capire come in questa nazione chi parla apertamente
contro il papato si attira inequivocabilmente anche l’inimicizia
del governo italiano e dei maggiori partiti politici, basterà considerare che nel momento in cui l’onorevole Umberto Bossi,
ha detto della chiesa cattolica romana che lei si deve occupare
di cose spirituali e non di cose temporali, ed ha ricordato alcuni fatti storici quali l’Inquisizione che perseguitò anche i ‘dissidenti’ politici che erano avversi al potere temporale del papato, si è scatenato contro di lui una tempesta perché ha cominciato ad essere ammonito sia da uomini politici che dal
papato. Mi preme dire che ho citato questo esempio solo per
farvi capire come nel momento che si dicono pubblicamente
alla chiesa cattolica romana certe cose che sono vere, allora
quella che è chiamata il ‘gigante buono’ si mostra quella che è
sempre stata; la chiesa che non ammette che qualcuno le dica
che non si deve occupare di politica o che il potere temporale
che essa possiede non è in armonia con l’insegnamento del
Vangelo, e tante altre cose. E’ vero che l’onorevole Bossi ha
parlato da uomo politico che porta avanti certe idee politiche
che noi non appoggiamo (come non appoggiamo le idee politiche di nessun altro politico perché non facciamo politica),
che ha usato pure parole oltraggiose nei confronti della curia
romana che noi non siamo chiamati ad usare contro i nostri
nemici, ma rimane un dato di fatto; egli ha detto pure delle
cose vere contro cui, chi conosce la storia del papato, non può
dire che siano false, e che ricordano come il papato nel corso
dei secoli ha fatto uso della violenza per estendere e mantenere il suo potere. Riflettete fratelli sulla reazione del papato ai
discorsi di Bossi, perché essa dice molte cose.
L’ecumenismo
un ministro di Cristo ma un ministro di Satana, che i
pellegrinaggi, le processioni, e tante altre devozioni cattoliche sono delle menzogne, che il purgatorio è una
dottrina di demoni, e che la messa è un sacrilegio perché
pretende essere la ripetizione del sacrificio di Cristo, e
così via. E se talvolta devono riprovare qualche cosa del
cattolicesimo lo fanno o in tono scherzoso o superficialmente (di sfuggita) o indirettamente, ma mai con
quella franchezza, gravità e pienezza di convinzione,
che ci vogliono per fare capire ai Cattolici romani che
ascoltano o che sono presenti nel locale di culto che rimanere attaccati al papa, a certe dottrine o devozioni
significa andare all’inferno nelle fiamme. Ricordo che
un giorno, durante il periodo in cui la statua di Maria a
Civitavecchia si era messa improvvisamente a ‘piangere’ sangue, mi capitò di ascoltare un programma radiofonico a RadioEvangelo in cui si parlava di questi fenomeni ‘miracolosi’. Bene, quando si trattò di dovere
fare riferimento alla statua di Maria di Civitavecchia
non venne menzionata per nome, però ricordo che
quando si trattò di fare riferimento ad un idolo
dell’Oriente (di cui si diceva operasse prodigi) che aveva pure un nome molto complicato allora il nome fu fatto! La ragione mi sembra ovvia. Insomma, costoro vogliono procacciare quella che taluni definiscono erratamente ‘pacifica convivenza fraterna’. E si vedono le
conseguenze negative di questo loro atteggiamento, infatti molti fratelli non sanno come confutare i Cattolici
romani anzi - voglio dire - in molti casi non vogliono
confutarli perché non devono ‘polemizzare’. Ah, se
questi pastori, invece che riempire di battute e di barzellette le loro predicazioni, o se invece di presentare il
Vangelo con discorsi persuasivi di sapienza umana, si
mettessero a confutare pubblicamente le eresie papiste
così tanto radicate nei cuori delle persone in questa nazione farebbero veramente una cosa lodevole ed utile.
Io, Giacinto, termino questo mio scritto dicendo questo.
Io sono avverso a ogni dottrina perversa proclamata da
questa organizzazione religiosa, che si definisce falsamente la Chiesa di Cristo, come lo furono prima di me e
come lo sono tuttora molti altri in questa nazione e
all’estero: e questa mia avversione l’ho manifestata in
quest’occasione scrivendo contro le sue eresie con la
speranza che voi fratelli nel Signore leggendo queste
confutazioni possiate capire meglio cosa è il cattolicesimo, e confutarlo più efficacemente, e molti Cattolici
leggendo queste confutazioni siano persuasi dal Signore
stesso di essere stati ingannati e rientrando in loro stessi
escano da questo carcere sotterraneo per unirsi ai santi
che camminano alla luce della Parola di Dio.
Alcune cose che si imparano dalla chiesa cattolica romana
Certamente dallo studio della storia e delle dottrine della
chiesa cattolica romana si traggono molti ammonimenti
a cui noi tutti faremo bene di prestare ascolto per il nostro bene e quello degli altri. Io ne menzionerò solo alcuni; quelli che ritengo essere i principali.
La chiesa cattolica romana
1) La Chiesa di Dio non deve allearsi per nessuna ragione con lo Stato perché nel momento che stipula questa
alleanza si svia dalla semplicità e dalla purità rispetto a
Cristo. Lo abbiamo ben visto questo quando abbiamo
parlato della storia del papato; quando la Chiesa si alleò
con l’impero romano permettendo al potere civile di intromettersi negli affari interni alla Chiesa, in cambio di
onori e privilegi di ogni genere, assunse un altro volto.
Ed ancora oggi a distanza di tanti secoli ci sono molte
chiese che si sono alleate con il potere civile in cambio
di onori e privilegi, non tenendo in nessuna considerazione né la Parola di Dio e neppure la storia della Chiesa. Alleanza che anche per loro ha costituito l’inizio del
declino spirituale, dell’inaridimento spirituale, ma più
che l’inizio vorrei dire che è stata una tappa del loro traviamento iniziato ancora prima di stipulare l’alleanza
con lo Stato, perché siamo pienamente persuasi che per
volere mettersi a camminare a braccetto con lo Stato bisogna essere per forza di cose già traviati, già spiritualmente aridi. Ma vediamo quali sono gli effetti odierni
che produce l’alleanza con lo Stato.
L’alleanza con lo Stato, che si chiama Intesa, provoca
un insuperbimento nei credenti che la stipulano perché
gli apporta privilegi e riconoscimenti di svariato genere
di cui non possono usufruire coloro che non fanno parte
del loro ‘gruppo’. Per esempio c’è il privilegio di sposare, di disporre dell’8 x 1000, di avere i diplomi delle
proprie scuole bibliche riconosciuti dallo Stato, di avere
la facoltà di chiedere il rinvio del servizio militare in
caso si è iscritti alla scuola biblica di quella denominazione, di avere delle facilitazioni fiscali, di avere delle
sovvenzioni statali in caso un locale di culto viene danneggiato da un terremoto, di avere facilmente permessi
di svariato genere, di avere i propri locali di culto tutelati da delle leggi, ecc. E’ chiaro che i credenti facenti
parte di questo gruppo si sentiranno protetti dallo Stato;
non solo, potranno in qualunque momento invocarne
l’aiuto nel caso qualcuno mettesse in discussione i loro
privilegi o qualcuno cercasse di toglierglieli o nel caso
in seno ad una Chiesa succedesse un tumulto in cui una
fazione si impossessasse del locale di culto intestato
all’Ente. Ma se da un lato la denominazione riesce ad
ottenere dallo Stato dei privilegi dall’altro essa deve fare
delle concessioni allo Stato perché quest’ultimo non da
simili privilegi in cambio di nulla. Prima di tutto il governo esigerà il sostegno politico di coloro che fanno
parte della denominazione oggetto dei privilegi; non
importa se il governo sarà fascista, democratico o di
qualche altra tendenza, esso vorrà l’appoggio politico.
Quindi i capi della denominazione cercheranno in svariate maniere, più o meno esplicite, di indurre i credenti
a votare per quello o per quell’altro partito politico a
secondo che il partito in questione voglia o no mantenergli i suoi privilegi. Si metteranno insomma a fare politica; e tutto per mantenere intatti tutti i loro privilegi.
Faccio un esempio: mettiamo caso che un partito politico di un certo peso nella vita politica di questa nazione
voglia togliergli l’8 x 1000 o abolire sia il concordato
con la chiesa cattolica che le intese con le denominazioni evangeliche ed incamerare i beni della chiesa cattoli-
327
L’ecumenismo
ca e quelli delle denominazioni evangeliche. Subito i
capi preoccupati si metteranno a invogliare tutti a votare
contro quel partito. Siamo sicuri infatti che quand’anche
quel partito volesse l’abolizione del concordato con la
chiesa cattolica e togliergli il potere temporale essi si
schiererebbero in questo caso assieme ai Cattolici contro quel partito. E perché questo? Perché le denominazioni evangeliche sono dei piccoli papati che hanno anche loro il loro ‘patrimonio’ che non chiamano però di
San Pietro ma è pur sempre un patrimonio a cui ci tengono molto perché è il loro orgoglio e la loro forza; ed
hanno anche loro i loro papi che sanno come muoversi
nelle sfere politiche per tutelare i loro privilegi e gli ingenti beni ecclesiastici di cui sono rappresentanti davanti allo Stato. Loro sono in contatto con ministri, uomini
politici di un certo spessore, e sanno come presentare la
loro causa. Ecco alcune ragioni per cui i credenti non
devono formare denominazioni perché esse portano coloro che ne fanno parte ad insuperbirsi e finiscono col
diventare dei piccoli papati che si immischiano nelle
questioni politiche per tutelare i loro interessi e i loro
privilegi.
E poi non ci si deve mai dimenticare dell’ingerenza statale nelle chiese che fanno parte di una denominazione.
Lo so che coloro che hanno fatto l’intesa con lo Stato
affermano che lo Stato non si è ingerito negli affari spirituali delle ‘loro’ chiese, ma questo è falso e a dimostrazione di ciò basta leggere il loro statuto e il loro regolamento interno. Hanno messo infatti per iscritto, per
compiacere allo Stato, tanti precetti e regole umane che
annullano la Parola di Dio, contrastano e contristano lo
Spirito Santo. Naturalmente bisogna conoscerla la Parola di Dio e camminare per lo Spirito per potere dire che
quelle regole annullano la Parola di Dio e contrastano e
contristano lo Spirito del Signore, altrimenti si finisce
per non farci nessun caso. Dio volendo dimostreremo
questo in un altra occasione; non adesso.
Ma d’altronde che cosa ci si può aspettare dall’autorità
terrena di questo mondo che giace tutto quanto nel maligno? Che lasci la Chiesa di Dio organizzarsi seguendo
in tutto e per tutto la Parola di Dio? No, ma che esiga da
questa che è un organismo perfettamente strutturato e
collegato da Dio in ogni parte che si conformi (se essa
vuole acquisire la personalità giuridica) ad un suo
schema ben preciso che è quello delle organizzazioni
umane. Lo Stato avrà pure tutte le sue buone ragioni per
offrire la personalità giuridica solo alle chiese che decidono di strutturarsi nella maniera in cui vuole esso, questo non glielo contestiamo. Ma la Chiesa di Dio deve
rifiutare di volere diventare un ente giuridico perché non
ha bisogno di questo riconoscimento per servire Dio in
questo mondo. Essa può fare benissimo a meno di tale
riconoscimento: basti considerare per esempio che in
Italia sotto la persecuzione fascista quando le chiese erano definite dal governo delle sette pericolose e non
avevano tutti questi privilegi e riconoscimenti di oggi
riuscirono benissimo a continuare a riunirsi per offrire il
culto a Dio, per ascoltare la predicazione della Parola, e
facevano delle opere buone. Se poterono servire Dio
quei nostri fratelli in mezzo a tutte quelle avversità che
328
La chiesa cattolica romana
gli venivano dal governo perché mai oggi quando il governo non ci perseguita non potremmo servirlo anche
noi senza essere riconosciuti ente giuridico dallo Stato,
senza tutti quei privilegi che una volta era impossibile
ricevere dallo Stato? Ah, dicono i sostenitori dell’Ente
Morale, ma con il riconoscimento giuridico si riesce a
servire meglio il Signore? No, vi sbagliate grandemente,
perché non è con l’appoggio dello Stato che si serve
meglio Dio ma con l’appoggio dell’Onnipotente quando
c’è la sua testimonianza che conferma la nostra. Ossia
quando Dio opera segni, prodigi e opere potenti svariate
e distribuisce i suoi doni per confermare la sua parola.
Ecco in quali condizioni si serve meglio il Signore e le
anime vengono scosse dall’annuncio dell’Evangelo. Ma
purtroppo oggi c’è nella maggiore parte la corsa dietro i
riconoscimenti e i privilegi statali anziché lo struggente
desiderio dei doni spirituali, della manifestazione dello
Spirito Santo. E così molti hanno finito per dimenticarsi
dell’utilità dei doni dello Spirito Santo, delle rivelazioni
divine, dei segni e dei prodigi di Dio. Hanno finito per
dimenticarsi che la Chiesa in Gerusalemme ai giorni dei
dodici apostoli moltiplicava e prosperava non in virtù di
riconoscimenti e favori statali, perché di questi non ne
avevano anzi erano duramente perseguitati, ma in virtù
della potenza di Dio che era con essa, in virtù
dell’amore che regnava nel cuore dei fratelli per lo Spirito Santo. Ecco un altra cosa che non bisogna mai dimenticarsi faceva prosperare la Chiesa antica, l’amore
vero e sincero presente nel cuore di quei poveri ed afflitti fratelli. Amore che era presente perché essi erano veramente ripieni di Spirito Santo e camminavano seguendo i suoi desideri. E qui ci tengo a dire che è solo
quando si è ripieni di Spirito e si cammina per Esso che
si può avere quell’amore abbondante verso il Signore e i
fratelli. Ed oggi è proprio questo che manca nella maggiore parte; la pienezza dello Spirito e il camminare per
lo Spirito, ecco qual è la causa della mancanza di amore
che così tanto si sente in mezzo al popolo di Dio in questi tempi così difficili. No, non è quindi organizzandosi
come vuole lo Stato che si servirà meglio il Signore;
questa è un illusione, e di questa illusione ne raccolgono
i frutti amari tutti coloro, sia anziani che giovani, che si
appoggiano su questi vani ragionamenti. Nessuno vi seduca fratelli; tenetevi stretti all’insegnamento della
Scrittura; seguite l’esempio degli apostoli e Dio sarà con
voi. Ma non scendete in Egitto per ricevere il favore di
Faraone, per rifugiarvi all’ombra delle sue ali; perché
questo vostro atto vi tornerebbe a vostra confusione.1
Come la chiesa cattolica romana molte volte è rimasta
confusa proprio da coloro sotto cui si era rifugiata e a
1
Studiando la storia degli Ebrei si vedrà che molte volte essi
sono scesi in Egitto in cerca di soccorso e ciò tornò a loro confusione. Per esempio come dopo la distruzione di Gerusalemme quando i superstiti pensarono che scendendo in Egitto non
avrebbero più visto la guerra, e non avrebbero più sofferto la
fame, e disubbidirono a Dio che gli aveva detto tramite Geremia di rimanere nel paese di Giuda perché sarebbe stato con
loro e non avrebbero dovuto temere, ed invece Dio li mandò a
punire là in Egitto dove essi si credevano al sicuro (cfr. Ger.
42:1-22; 43:1-13; 44:1-30).
L’ecumenismo
cui aveva offerto denaro e appoggio spirituale per salvaguardare i suoi interessi patrimoniali, perché si sa che
a capo di una nazione non vi rimane sempre lo stesso
governo e persino lo stesso governo può revocare i favori concessi ad un gruppo di persone,1 così tutti coloro
che hanno cercato il favore dello Stato di mezzo al popolo di Dio anche qui in Italia verrà il giorno che si vedranno voltare le spalle proprio dal loro alleato. Quando
salirà al governo un uomo come Mussolini o Stalin vedrete cosa succederà di tutti i vostri privilegi e riconoscimenti. E questo lo farà Dio per correggervi e farvi
capire come l’aiuto vero e duraturo che non verrà mai
meno è il suo e non quello dello Stato in cui voi confidate.
2) La Chiesa di Dio deve vegliare del continuo per non
cadere nelle trappole che il nemico gli prepara sulla sua
strada.
Una delle maniere in cui il diavolo tenta la Chiesa è
questa: cerca di fargli credere che la persecuzione da
parte dello Stato sia un qualcosa di disonorevole per cui
è necessario fare appello allo Stato affinché smetta di
tenere questo atteggiamento nei loro confronti. Badate
fratelli a voi stessi, perché da nessuna parte nella Parola
di Dio si dice che sia un male per i santi essere perseguitati dal mondo, anzi l’apostolo Paolo diceva che egli si
compiaceva in debolezze, in ingiurie, in persecuzioni, in
necessità per amore di Cristo perché quando era debole
allora era forte. Oggi invece molti fanno il contrario; si
dispiacciono delle persecuzioni, delle necessità, delle
ingiurie a motivo di Cristo perché pensano che non
s’addice loro un tale trattamento da parte delle autorità
(o da parte di coloro che non sono delle autorità). E così
cercano di forzare il governo a emanare delle leggi in
loro favore. E in questi tentativi applicano il motto dei
Gesuiti: ‘il fine giustifica i mezzi’. La persecuzione contro di loro deve finire; anche loro vogliono avere la ‘libertà di culto’ che ha la chiesa cattolica romana, o i Maomettani o i Buddisti se sono in paesi mussulmani o
buddisti. Questo è un grave errore in cui sono caduti
molti nel corso dei secoli perché è proprio quando la
Chiesa è perseguitata che si manifesta la potenza di Dio
a favore dei suoi, quando tutti sono contro di lei, quando
persino le autorità si schierano contro di essa allora Dio
fa vedere i segni del suo favore a pro del suo popolo;
miracoli, guarigioni, liberazioni di indemoniati, liberazioni dal carcere, liberazioni da pericoli di morte di svariato genere. E poi di solito quando imperversa contro la
Chiesa la persecuzione i credenti hanno la possibilità di
comparire davanti alle autorità a motivo delle accuse
mosse contro di essi ed hanno la possibilità così di rendere testimonianza della loro fede davanti a persone che
non potrebbero raggiungere in tempo di pace. E
1
La storia del popolo d’Israele ci insegna questo. Per esempio
ai giorni di Giuseppe gli Ebrei in Egitto ebbero il favore di
Faraone, ma morto Giuseppe sorse un Faraone che li perseguitò. Si tenga presente però che Giacobbe e i suoi non scesero a
rifugiarsi in Egitto perché non confidavano in Dio, ma perché
Dio aveva operato in tale maniera in loro favore che essi non
fecero nulla per ricevere tutti quegli aiuti da Faraone in quel
tempo di bisogno.
La chiesa cattolica romana
quand’anche qualcuno venisse ucciso a motivo della sua
fede in Cristo, la sua morte porterebbe altri a credere in
Cristo o i credenti a fortificarsi nel Signore. E poi la
persecuzione contro la Chiesa è sempre un opportunità
per la Chiesa di dimostrare al mondo che essa cerca il
bene delle persone e non il loro male perché gli fornisce
l’occasione di perdonare i nemici, di fare del bene a
quelli che li perseguitano, il che va alla gloria di Dio da
un lato e dall’altro ridonderà anche a lode dei perseguitati in quel giorno quando il Signore Gesù sarà manifestato. Ed inoltre la santa condotta dei perseguitati nei
confronti dei loro nemici servirà a turare la bocca agli
avversari che calunniano la loro buona condotta. Ma
poi, e questo lo si tenga ben presente, la persecuzione
alimenta sempre l’amore dei credenti perché li porta a
cercarsi, ad aiutarsi, a stringersi invece che a disunirsi.
Quello che non avviene nella maggior parte dei casi invece quando la Chiesa possiede riconoscimenti e privilegi: è un dato di fatto che nessuno può smentire.
Un altra delle trappole che il nemico prepara contro i
credenti è quella di cercare di spingerli ad accettare dei
precetti umani che voltano le spalle alla verità come si
accetta la Parola di Dio. La reazione deve essere quindi
quella di rigettare questi precetti, non importa da chi sono stati introdotti, non importa se per anni o decenni o
per secoli si è fatto o pensato così, essi devono essere
rigettati perché fanno parte di quelle tradizioni umane
che annullano la Parola di Dio. Bisogna sradicarle per
impedirgli di continuare a portare i loro frutti velenosi
perché sono la rovina dei credenti. E non si dimentichi
che le tradizioni umane hanno in loro un germe che li
porta a moltiplicarsi automaticamente; la chiesa cattolica romana ce lo insegna questo abbondantemente.
Quindi fratelli, se volete che la Parola di Dio non continui ad essere soffocata da questi precetti umani, dovete
subito rigettarli. Se volete una riforma dei costumi, se
volete vedere il popolo tornare al Signore, dovete quindi
eliminare qualsiasi comportamento o modo di ragionare
che non trova conferma nella Parola di Dio.
3) La Chiesa di Dio non deve adeguare il suo messaggio
ai costumi della gente del mondo cominciando a tollerare questo o quell’altro peccato per accaparrarsi il loro
favore e la loro amicizia.
Le persone del mondo giacciono tutte quante nel maligno che è il principe di questo mondo e perciò giacciono
nelle tenebre. Solo il popolo di Dio giace nella luce e
quindi esso deve illuminare il mondo, sia predicando
loro la sana dottrina che praticandola senza per nulla
mescolarla con le cose storte e perverse delle genti che
sono tenebre. Se invece la Chiesa si conforma al mondo
allora la Chiesa diventerà come una prostituta che genererà figli di prostituzione che porteranno le persone del
mondo a maledire la Parola di Dio perché non la vedranno osservata neppure da quelli che si dicono
l’assemblea degli eletti di Dio.
4) La Chiesa di Dio deve aborrire l’ignoranza delle sacre Scritture.
Questo lo deve fare perché la mancanza di conoscenza
degli Scritti sacri costituisce per il diavolo un forte appoggio alla sua opera di seduzione perché tenendo na-
329
L’ecumenismo
scosta la Parola di Dio ai credenti può fargli accettare se
non tutte le sue menzogne almeno alcune, e vi assicuro
che bastano anche poche menzogne del diavolo per mettere subbuglio nella Chiesa di Dio. Perciò fratelli vi esorto a investigare diligentemente le sacre Scritture e ad
esaminare ogni cosa mediante di esse. Imparate a rigettare tutto quello che non è provabile con la Scrittura e
ad accettare quello che è in armonia con l’insegnamento
di essa.
5) La Chiesa di Dio non si deve organizzare come sono
organizzate le organizzazioni umane, ossia gerarchicamente, in forma piramidale come si è organizzata la
chiesa cattolica romana.
Quando la Chiesa si organizza sotto forma di denominazione con un presidente, un consiglio generale, dei comitati di zona ecc. diventa nel parlare un po' come la
chiesa cattolica romana, nel senso che si mette a sprezzare coloro che non fanno parte della sua stessa denominazione dicendo o facendo capire che fuori dalla loro
cerchia non c’è salvezza o che coloro che non sono dentro il loro gruppo denominazionale e non vogliono entrarvi a fare parte non sono dei fratelli ma solo degli amici (e talvolta arrivano a dire che neppure amici sono).
Il presidente di una organizzazione pentecostale italiana
si è permesso di dire ad un fratello che se loro non entravano nella loro denominazione non li avrebbe chiamati fratelli cristiani ma bensì amici cristiani. Non fa lo
stesso la chiesa cattolica romana verso quelli che non
sono al suo interno? Non ci chiama forse gli altri Cristiani ma facendo presente che non possediamo la pienezza dei mezzi di salvezza? Ma come nel caso della
chiesa cattolica romana bisogna dire che in seno a queste denominazioni che così tanto si vantano della loro
storia secolare o decennale avvengono cose orripilanti a
tutti i livelli. Gli scandali non si contano più sia dei loro
presidenti che dei pastori sotto la loro direzione. C’è un
gran numero di persone che ragionano come i Gesuiti
anche in seno alle ‘gerarchie ecclesiastiche’ delle denominazioni non importa se pentecostali, battiste, valdesi ecc. Il fine giustifica i mezzi; la menzogna, la falsità,
la doppiezza, gli inganni, denaro dato sotto banco, la
tolleranza degli omosessuali, dell’aborto, del divorzio e
delle seconde nozze, e dei divertimenti sono tutte cose
che si possono praticare basta che il fine sia quello di
portare più persone nel locale di culto ad ascoltare la
Parola di Dio, più offerte per portare avanti l’opera di
Dio, ecc. I Gesuiti dicono di fare tutto ad majorem Dei
gloriam, e loro dicono alla gloria di Dio. Ma come si
può pensare di praticare il male alla gloria di Dio? Ah,
questo gesuitismo che serpeggia in mezzo al popolo di
Dio quanto danno ha fatto e continua a fare! Tutti sono
avidi di guadagno, assetati di potere temporale e non di
potere spirituale (doni dello Spirito Santo), sono in concorrenza tra di loro e si fanno ogni sorta di torto. Sgambetti, gomitate, sono tutte cose all’ordine del giorno nella vita di questi che corrono dietro il vento. Sì, perché
alla fine la loro è una corsa dietro al vento perché dice
Mosè che quel che ne fa l’orgoglio non è che travaglio e
vanità. Guai a loro porteranno la pena della loro iniquità, della loro arroganza, della loro invidia, e della loro
330
La chiesa cattolica romana
falsità. Di Dio nessuno può farsi beffe, perché la pietra
torna addosso a chi la rotola, e chi scava una fossa vi
cadrà dentro. Ma costoro pensano che così non avvenga.
Si illudono, a danno della loro anima. Ma arriverà il
giorno in cui il Signore metterà in luce le loro opere inique e allora tutti vedranno che Dio non ha mai approvato il modo di agire perverso di questi ‘Gesuiti evangelici’ anche se magari durante le loro riunioni qualcuno si
è convertito sentendo la Parola di Dio e il locale di culto
in cui presiedevano la Domenica era pieno o stracolmo.
Tutto questo fa parte di quei frutti amari che porta
l’organizzazione ecclesiastica quando questa rispecchia
canoni umani e non la Parola di Dio. Quindi, si tenga
presente questo: l’organizzazione nella Chiesa ci vuole
altrimenti ognuno farebbe quello che gli pare e piace e
regnerebbe l’anarchia e il disordine invece che l’ordine,
l’unione e la pace. Ma questa organizzazione deve essere conforme all’organizzazione della Chiesa antica così
come la troviamo scritta negli Atti, nelle epistole e
nell’Apocalisse. Organizzazione che è confermata dallo
Spirito Santo e quindi non lo contrasta e non lo contrista. Allontanarsi da quell’esempio significa fare compromessi di ogni genere e riempirsi di guai e di dolori. E
credo che la chiesa cattolica romana faccia capire chiaramente quali sono le conseguenze amare dei compromessi fatti per difendere i propri interessi e privilegi terreni. Oggi molti riconoscono che ci vuole un risveglio in
seno alle denominazioni pentecostali perché vedono che
oramai regnano la formalità e la mondanità nel loro
mezzo, e questo è un buon sentimento, se per risveglio
non si intende solo più persone che si convertono e vengono al locale di culto ma anche la presenza della testimonianza di Dio in aggiunta a quella dei suoi servitori,
cioè la presenza di segni, prodigi, opere potenti svariate
e doni dello Spirito Santo, la presenza dell’amore di Dio
fra i fratelli, della pratica della giustizia di Dio, della
santificazione e dell’umiltà così tanto rarefatta oggi. Ma
io vorrei domandare a costoro: ‘Ma non avete mai pensato che l’organizzazione denominazionale sia uno dei
motivi che impediscono ai credenti di tornare a camminare per i sentieri antichi? Riflettete alle conseguenze
che ha portato la denominazione con tutti i privilegi statali e vedrete che fino a quando non deciderete di rinunciare anche voi al vostro papato non potrà esserci nessun ritorno sincero al Signore perché questo ritorno sarà
sbarrato da tanti e tanti impedimenti che trovano la loro
radice nell’organizzazione umana. E quand’anche ci
fosse un principio di ritorno al Signore in seno ad una
denominazione da parte di una comunità di credenti
questo non sarebbe ben visto dalla ‘curia evangelica’
perché un vero ritorno al Signore di una Chiesa significa
perdere il controllo di essa. I vertici cercherebbero subito di soffocare il risveglio. Ma non ci riuscirebbero perché il vero risveglio è inarrestabile; potranno ostacolarlo
ma non fermarlo. Il vento soffierà impetuoso; chi cercherà di fermarlo sarà definito un insensato. E così dovrete uscire dalla denominazione; non ci sarà altra scelta. Rimanere dentro significherebbe la rovina del risveglio. Ma vegliate affinché una volta usciti non cadiate
nella stessa trappola da cui siete usciti; cioè badate a
L’ecumenismo
La chiesa cattolica romana
non formare voi un altra denominazione. Rimanete organizzati esclusivamente a livello locale, con un pastore, degli anziani e dei diaconi, e continuate a servire il
Signore nella semplicità del cuore vostro senza il minimo desiderio di piacere a questo mondo perverso.
6) Come i papi hanno perseguitato coloro che mettevano
in discussione la loro autorità temporale e quella spirituale (quando per esempio questi si arrogavano il diritto
di poter deporre i re e sciogliere i sudditi dal giuramento
di fedeltà verso i loro sovrani, o dicevano di essere infallibili e non giudicabili da parte di nessuno, ecc.) e si
mettevano contro le dottrine che non hanno nessun fondamento nella Scrittura perché invenzioni umane e che
la chiesa cattolica romana predicava, e riprovavano la
loro condotta dissoluta, così anche oggi i presidenti delle denominazioni che sono dei piccoli papi fanno lo
stesso verso coloro che riprovano la loro arroganza, che
riprovano quelle dottrine da loro insegnate che non hanno fondamento nella Scrittura. Sono a capo di un impero
terreno, hanno l’appoggio dell’autorità statale, e quindi
si sentono al sicuro e liberi di potere diffamare o agire
in altre maniere contro tutti coloro che gli danno fastidio, che secondo loro mettono a repentaglio con i loro
scritti e le loro parole l’unione della Chiesa (un po' come quando i papi si scagliarono contro i riformatori accusati da loro di guastare la vigna di Dio). Ora, è vero
che taluni sono contro la Chiesa perché predicano eresie
di perdizione e dottrine che quantunque non siano di
perdizione sono sempre malefiche, e perciò vanno ammoniti severamente. Ma è altresì vero che taluni non
sono per nulla contro la Chiesa insegnando certe cose
ma solo contro la menzogna, la falsità e l’arroganza, e la
mondanità ma purtroppo agli occhi di taluni sono gente
che provoca divisioni e che non amano i fratelli, quando
non è così. Costoro naturalmente a chi danno fastidio?
A coloro che vogliono che le cose rimangano in una certa maniera e vadano avanti in una precisa maniera per
interessi personali e denominazionali. E perciò è inevitabile che essi siano perseguitati da questa categoria di
persone. Considerate da vicino il comportamento dei
papi e vedrete che anche in questo caso si trovano delle
forti somiglianze con il comportamento di alcuni che si
dicono Evangelici.
7) Dio è più grande dell’uomo e come a suo tempo
strappa dalle fauci del papa cattolico coloro che lui ha
predestinato ad essere giustificati, così a suo tempo
strappa dalle mani di questi ‘papi evangelici’ coloro che
lui ha deciso di illuminare per fargli capire che essi sono
stati riscattati a prezzo per servire Dio nella semplicità
del loro cuore seguendo i suoi comandamenti, e non per
diventare di nuovo schiavi di uomini che hanno
l’apparenza di servitori di Dio ma nella realtà sono servi
del loro ventre perché provocano scandali di ogni genere e le dissensioni contro l’insegnamento che abbiamo
ricevuto dai santi apostoli.
A Dio il nostro Salvatore che nella sua grazia ci ha tratto all’ubbidienza della fede e in essa ci rende saldi sia la
gloria ora e in eterno. Amen.
331
Indice
La chiesa cattolica romana
INDICE
PREFAZIONE ......................................................................................................................................... 1
INTRODUZIONE.................................................................................................................................... 2
Capitolo 1 ................................................................................................................................................ 4
LA SALVEZZA..............................................................................................................................4
LA DOTTRINA DEI TEOLOGI PAPISTI IN TERMINI GENERALI ..................................................... 4
L’AFFRANCAMENTO DALLA SCHIAVITÙ DEL PECCATO............................................................. 5
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................... 5
Confutazione ....................................................................................................................................................... 5
Si viene liberati dalla legge del peccato e della morte credendo in Gesù e quindi per grazia............................... 5
I riscattati devono compiere opere buone per rendere sicura e ferma la loro vocazione ed elezione .................... 8
LA GIUSTIFICAZIONE.......................................................................................................................... 9
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................... 9
Confutazione ....................................................................................................................................................... 9
Si viene giustificati dai propri peccati mediante la fede in Gesù ........................................................................ 9
Se è per grazia non è più per opere, e se è per opere non è più per grazia..........................................................12
Spiegazione delle parole di Giacomo sul valore delle opere buone ...................................................................13
Le parole di Giacomo non confermano la dottrina papista sulla giustificazione ................................................15
LA REMISSIONE DEI PECCATI ......................................................................................................... 16
La dottrina dei teologi papisti..............................................................................................................................16
Confutazione ......................................................................................................................................................17
La remissione dei peccati si ottiene credendo in Gesù......................................................................................17
LA VITA ETERNA ............................................................................................................................... 18
La dottrina dei teologi papisti..............................................................................................................................18
Confutazione ......................................................................................................................................................19
La vita eterna é il dono di Dio che si ottiene credendo in Gesù.........................................................................19
Il cristiano è certo che quando morirà andrà in paradiso con Gesù....................................................................20
Il cristiano è certo che sarà salvato dall’ira a venire .........................................................................................21
CONCLUSIONE.................................................................................................................................... 22
Capitolo 2 ...............................................................................................................................................24
I SACRAMENTI ..........................................................................................................................24
La dottrina dei teologi papisti..............................................................................................................................24
Confutazione ......................................................................................................................................................24
Cristo ha istituito due ordinamenti che non conferiscono la grazia....................................................................24
IL BATTESIMO .................................................................................................................................... 25
La dottrina dei teologi papisti..............................................................................................................................25
Confutazione ......................................................................................................................................................26
Il battesimo dev’essere ministrato a persone che hanno creduto e per immersione ............................................26
Il battesimo non rigenera l’uomo.....................................................................................................................28
I passi presi per sostenere il battesimo dei bambini non hanno il significato che gli danno i teologi papisti .......28
I peccati vengono cancellati e si diventa figliuoli di Dio quando si crede in Gesù Cristo e non quando si viene
battezzati ........................................................................................................................................................29
Che cosa è, e cosa fa il battesimo secondo la Scrittura .....................................................................................30
Il limbo non esiste...........................................................................................................................................32
Il battesimo di sangue e quello di desiderio non esistono..................................................................................32
LA CRESIMA (O CONFERMAZIONE)................................................................................................ 33
La dottrina dei teologi papisti..............................................................................................................................33
Confutazione ......................................................................................................................................................33
332
Indice
La chiesa cattolica romana
La cresima non fa ricevere al cresimando lo Spirito Santo perché non ha nulla a che fare con il battesimo con lo
Spirito Santo promesso da Gesù Cristo, e con l’imposizione delle mani compiuta dagli apostoli sui credenti
affinché ricevessero lo Spirito Santo............................................................................................................... 33
L’EUCARESTIA (LA MESSA) ............................................................................................................. 35
La dottrina dei teologi papisti ............................................................................................................................. 35
Confutazione ..................................................................................................................................................... 38
La cena del Signore va ministrata a tutti i credenti sia con il pane che con il calice .......................................... 38
Quando si benedicono il pane e il calice del Signore non avviene nessun cambiamento di sostanza degli elementi
...................................................................................................................................................................... 39
Spiegazione delle parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna” .................... 40
Gli effetti del mangiare il pane e del bere del calice del Signore secondo la Scrittura ....................................... 41
L’adorazione dell’ostia è idolatria................................................................................................................... 41
Il digiuno imposto ai comunicanti va contro la Parola di Dio........................................................................... 42
L’eucarestia non è affatto la ripetizione del sacrificio di Cristo e neppure un’offerta propiziatoria che il sacerdote
cattolico offre a Dio per i peccati .................................................................................................................... 42
Le messe per i morti sono funzioni vane ......................................................................................................... 44
Le messe in onore dei santi sono funzione vane .............................................................................................. 44
LA PENITENZA (O CONFESSIONE) .................................................................................................. 44
La dottrina dei teologi papisti ............................................................................................................................. 44
Confutazione ..................................................................................................................................................... 48
La Scrittura non conferma la confessione fatta al prete.................................................................................... 48
Spiegazione dei passi presi per sostenere il sacramento della penitenza ........................................................... 51
La confessione della specie, del numero e delle circostanze dei peccati è inutile.............................................. 53
Noi ci siamo confessati a Dio ottenendo il perdono dei peccati........................................................................ 53
La via per ottenere il perdono dei peccati da Dio sia per gli increduli che per i credenti ................................... 54
Il Giubileo e la Via Crucis sono invenzioni umane.......................................................................................... 55
La confessione fatta al prete è una scuola di perversione ................................................................................. 56
L’ESTREMA UNZIONE ....................................................................................................................... 57
La dottrina dei teologi papisti ............................................................................................................................. 57
Confutazione ..................................................................................................................................................... 57
L’estrema unzione non corrisponde all’unzione dell’olio di cui parla il Nuovo Testamento.............................. 57
Noi accettiamo l’unzione dell’olio così come ci è insegnata dalla Scrittura...................................................... 59
L’ORDINE............................................................................................................................................. 60
La dottrina dei teologi papisti ............................................................................................................................. 60
Confutazione ..................................................................................................................................................... 63
Spiegazione delle Scritture prese a sostegno del sacramento dell’ordine .......................................................... 63
I preti non possono essere i presbiteri di cui parla la Scrittura.......................................................................... 64
La testimonianza di un ex-prete ...................................................................................................................... 66
La gerarchia ecclesiastica romana a confronto con la Scrittura ........................................................................ 68
Le accuse rivolteci confutate .......................................................................................................................... 69
L’imposizione del celibato ai chierici è una dottrina di demoni ....................................................................... 70
IL MATRIMONIO................................................................................................................................. 73
La dottrina dei teologi papisti ............................................................................................................................. 73
Confutazione ..................................................................................................................................................... 77
Il matrimonio non è un ordinamento istituito da Cristo.................................................................................... 77
Non è affatto vero che il matrimonio civile non è un vero matrimonio o è un matrimonio nullo ....................... 79
Il controllo delle nascite si oppone alla Parola di Dio perché Dio ha comandato all’uomo e alla donna di
moltiplicare.................................................................................................................................................... 79
Il vincolo matrimoniale si scioglie solo con la morte di uno dei due; solo allora l’uomo o la donna possono
contrarre un altro matrimonio senza rendersi colpevoli di adulterio ................................................................. 79
I matrimoni misti sono una trappola del diavolo per fare sviare dalla fede e dalla verità i santi......................... 81
CONCLUSIONE.................................................................................................................................... 83
Capitolo 3............................................................................................................................................... 84
LA CHIESA.................................................................................................................................. 84
La dottrina dei teologi papisti ............................................................................................................................. 84
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La chiesa cattolica romana
Confutazione ......................................................................................................................................................85
Quando si diventa membri della Chiesa di Dio secondo la Scrittura .................................................................85
La Chiesa di Dio secondo la Scrittura..............................................................................................................86
I due ordinamenti istituiti da Cristo per la sua Chiesa.......................................................................................88
Chi c’è a capo della Chiesa .............................................................................................................................88
Perché la chiesa cattolica romana non è una, santa, cattolica e apostolica .........................................................89
Le accuse rivolteci confutate ...........................................................................................................................91
La salvezza non è in una chiesa ma è in Cristo Gesù........................................................................................92
La vera Chiesa non si riconosce dal gran numero dei suoi aderenti...................................................................94
Coloro che escono dalla chiesa cattolica romana perché accettano il Vangelo non sono eretici e neppure apostati
.......................................................................................................................................................................95
I loro oltraggi (passati e presenti) contro di noi; noi ci compiacciamo in essi ....................................................95
Alcuni precetti della chiesa romana confutati...................................................................................................97
Cosa c’è alla radice dei loro insegnamenti .......................................................................................................99
I miracoli: segni che la chiesa cattolica romana è nella verità? .......................................................................102
Alcune parole a proposito dell’imposizione delle mani fatta nel nome di Gesù sugli ammalati in seno alla chiesa
cattolica romana............................................................................................................................................103
CONCLUSIONE...................................................................................................................................103
Capitolo 4 .............................................................................................................................................104
IL PAPATO ................................................................................................................................ 104
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................104
Confutazione ....................................................................................................................................................104
Colui che viene chiamato papa non è il vescovo universale............................................................................104
L’apostolo Pietro non fu costituito capo della Chiesa e non lasciò successori .................................................105
Spiegazione di alcuni passi presi per sostenere il primato di Pietro.................................................................107
Colui che viene chiamato papa non è il vicario di Cristo ................................................................................109
Colui che viene chiamato papa non è infallibile ‘ex cathedra’ ........................................................................109
Le prove della fallibilità dei papi ...................................................................................................................112
Colui che viene chiamato papa non è affatto il santo Padre ............................................................................114
Colui che viene chiamato papa non ha il potere di fare santo nessuno.............................................................114
Colui che viene chiamato papa non ha le chiavi del regno dei cieli.................................................................114
Il lusso, le ricchezze ed il potere temporale di colui che si dice il vicario di Cristo e il successore di Pietro
confermano che egli non può essere un servo di Dio......................................................................................117
L’apostolo Pietro non fondò la Chiesa di Roma e non ne fu vescovo..............................................................118
Breve storia del papato..................................................................................................................................119
Come reagisce il papato quando un governo di una nazione si mette contro la chiesa cattolica romana
togliendogli i suoi privilegi ...........................................................................................................................147
Due sogni e una visione dati da Dio sul presente papa....................................................................................149
CONCLUSIONE...................................................................................................................................150
Capitolo 5 .............................................................................................................................................151
LA SACRA SCRITTURA .......................................................................................................... 151
IL SUO CONTENUTO.........................................................................................................................151
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................151
Confutazione ....................................................................................................................................................151
La Scrittura contiene tutto ciò che è necessario sapere per essere salvati e per condurre una vita santa, giusta e
temperata......................................................................................................................................................151
LA SUA ISPIRAZIONE .......................................................................................................................153
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................153
Confutazione ....................................................................................................................................................153
Gli Scritti del Nuovo Testamento, essendo stati scritti da uomini mossi dallo Spirito Santo, furono scritti per
ordine del Signore.........................................................................................................................................153
COME SI RICONOSCONO I LIBRI SACRI ........................................................................................155
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................155
Confutazione ....................................................................................................................................................155
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Indice
La chiesa cattolica romana
I Libri sacri si fanno riconoscere da soli da tutti i credenti, come la luce si fa riconoscere (da coloro che ci
vedono) in mezzo alle tenebre ...................................................................................................................... 155
LA SUA COMPRENSIONE ................................................................................................................ 156
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 156
Confutazione ................................................................................................................................................... 156
E’ il Signore che fa comprendere rettamente gli Scritti sacri e non il magistero della chiesa cattolica romana. 156
CONCLUSIONE.................................................................................................................................. 159
Capitolo 6............................................................................................................................................. 160
IL PURGATORIO E DOTTRINE COLLEGATE ....................................................................... 160
IL PURGATORIO ............................................................................................................................... 160
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 160
Storia........................................................................................................................................................... 161
Confutazione ................................................................................................................................................... 162
Il purgatorio non esiste; i morti vanno o in cielo con il Signore se sono salvati o all’inferno nei tormenti se sono
perduti ......................................................................................................................................................... 162
Spiegazione delle parole di Paolo: “Sarà salvo; però come attraverso il fuoco” .............................................. 163
Spiegazione di altri passi presi per sostenere il purgatorio ............................................................................. 164
Sapere che il purgatorio non esiste non ci fa apparire per nulla troppo limitata la misericordia di Dio e troppo
spaventosa la sua giustizia............................................................................................................................ 164
Il suffragio è un impostura papale che serve solo a fare arricchire la curia romana ......................................... 167
La testimonianza di un ex prete sul suffragio ................................................................................................ 167
L’altare privilegiato è un impostura .............................................................................................................. 169
IL GIUDIZIO PARTICOLARE............................................................................................................ 169
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 169
Confutazione ................................................................................................................................................... 169
Appena morti non avviene nessun giudizio particolare.................................................................................. 169
IL PECCATO....................................................................................................................................... 169
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 169
Confutazione ................................................................................................................................................... 171
Come i peccati vengono rimessi e l’unica distinzione esistente tra di essi secondo la Scrittura ....................... 171
LE PREGHIERE PER I MORTI (PARTE DEL SUFFRAGIO) ............................................................ 173
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 173
Confutazione ................................................................................................................................................... 173
I morti non hanno bisogno delle nostre preghiere .......................................................................................... 173
Noi dobbiamo pregare per i vivi ................................................................................................................... 174
CONCLUSIONE.................................................................................................................................. 174
Capitolo 7............................................................................................................................................. 175
IL CULTO A MARIA, AI SANTI E AGLI ANGELI; LE STATUE E LE IMMAGINI; I
PELLEGRINAGGI E LE PROCESSIONI .................................................................................. 175
IL CULTO A MARIA .......................................................................................................................... 175
Confutazione delle eresie dette su Maria....................................................................................................... 175
Le glorie di Maria ........................................................................................................................................ 182
I mariani sono degli idolatri.......................................................................................................................... 182
Ciò che dice la Scrittura di Maria.................................................................................................................. 182
IL CULTO AI SANTI .......................................................................................................................... 184
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 184
Confutazione ................................................................................................................................................... 186
I santi che sono in cielo non pregano per noi................................................................................................. 186
Il modo in cui i teologi papisti sostengono la loro devozione a Giuseppe è un esempio che mostra cosa significa
interpretare arbitrariamente la Parola di Dio.................................................................................................. 187
Coloro che la chiesa cattolica romana fa santi non erano altro che dei peccatori che ora sono all’inferno........ 187
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Indice
La chiesa cattolica romana
I protettori dei Cattolici romani non proteggono proprio nessuno ...................................................................189
Il nostro protettore, guaritore e soccorritore ...................................................................................................189
La venerazione delle reliquie è idolatria ........................................................................................................189
Alcune parole a proposito dell’interpretazione data a certi passi della Scrittura per sostenere la venerazione delle
reliquie .........................................................................................................................................................190
La seduzione perpetrata per mezzo delle reliquie ...........................................................................................191
IL CULTO AGLI ANGELI ...................................................................................................................191
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................191
Confutazione ....................................................................................................................................................191
Gli angeli del Signore non vanno invocati .....................................................................................................191
LE STATUE E LE IMMAGINI ............................................................................................................192
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................192
Confutazione ....................................................................................................................................................192
Le cosiddette immagini e statue sacre sono degli idoli e la cosiddetta venerazione alle immagini e alle statue è
idolatria ........................................................................................................................................................192
I cherubini d’oro ed il serpente di rame non furono costruiti per essere serviti ................................................194
Il culto del sacro cuore di Gesù è idolatria .....................................................................................................195
Il culto della croce è idolatria ........................................................................................................................195
I miracoli avvenuti davanti alle immagini procedono dal diavolo ...................................................................195
Passi della Scrittura che condannano il farsi statue e immagini ed il loro culto ...............................................196
I PELLEGRINAGGI .............................................................................................................................198
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................198
Storia............................................................................................................................................................198
Confutazione ....................................................................................................................................................198
La Scrittura non conferma affatto i pellegrinaggi cattolici ..............................................................................198
Una parola al ‘pellegrino’ cattolico................................................................................................................199
LE PROCESSIONI ...............................................................................................................................199
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................199
Confutazione ....................................................................................................................................................199
La processione non è una pratica scritturale ma una pratica di origine pagana ................................................199
CONCLUSIONE...................................................................................................................................200
Capitolo 8 .............................................................................................................................................201
DOTTRINE E PRATICHE VARIE............................................................................................. 201
LA FESTA DI NATALE.......................................................................................................................201
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................201
Storia del natale ............................................................................................................................................201
Confutazione ....................................................................................................................................................201
La festa di natale non va celebrata perché sotto la grazia noi non siamo chiamati a celebrare delle feste; oltre
tutto la festa di natale non solo si fonda su una data di nascita di Gesù inventata ma è pure di origine pagana .201
Il presepio è una forma di idolatria; e perciò non va fatto...............................................................................202
I SACRAMENTALI .............................................................................................................................203
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................203
Confutazione di alcuni di essi............................................................................................................................203
IL GIURAMENTO ...............................................................................................................................206
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................206
Confutazione ....................................................................................................................................................207
Sotto la grazia è proibito giurare....................................................................................................................207
Il non mantenere un giuramento fatto ai propri nemici è un atto condannato dalla legge di Dio.......................208
Il giuramento con riserva è condannato da Dio ..............................................................................................208
L’OMICIDIO........................................................................................................................................208
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................208
Confutazione ....................................................................................................................................................208
Uccidere il proprio aggressore è peccato........................................................................................................208
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Indice
La chiesa cattolica romana
Il PAGAMENTO DEI TRIBUTI .......................................................................................................... 209
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 209
Confutazione ................................................................................................................................................... 211
Cristo quando fondò la sua Chiesa, e gli apostoli in seguito non affermarono mai che i beni materiali della
Chiesa e coloro che in essa svolgono una particolare opera hanno il diritto divino di essere esentati dal
pagamento dei tributi allo Stato .................................................................................................................... 211
IL FURTO............................................................................................................................................ 211
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 211
Confutazione ................................................................................................................................................... 212
Il furto è in abominio a Dio .......................................................................................................................... 212
IL MONACHESIMO ........................................................................................................................... 212
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 212
Confutazione ................................................................................................................................................... 213
Il monachesimo non è in armonia con l’insegnamento di Gesù Cristo............................................................ 213
COLLANE, ANELLI, ORECCHINI, ECC. .......................................................................................... 213
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 213
Confutazione ................................................................................................................................................... 213
La Scrittura ordina che l’ornamento della donna non deve essere quello esteriore; perciò ella deve rigettare
anelli, collane, orecchini, braccialetti, ecc. .................................................................................................... 213
CAPELLI, PANTALONI, VELO, INSEGNAMENTO......................................................................... 214
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 214
Confutazione ................................................................................................................................................... 214
La Scrittura dice che la chioma è un onore per la donna, che si deve vestire da donna e con modestia e
verecondia, che si deve coprire il capo quando prega o profetizza e che non le è permesso insegnare............. 214
IL FUMO ............................................................................................................................................. 214
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 214
Confutazione ................................................................................................................................................... 214
Fumare, o poco o tanto, è peccato................................................................................................................. 214
IL BALLO ........................................................................................................................................... 214
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 214
Confutazione ................................................................................................................................................... 215
Il ballo in un clima di ‘sano’ divertimento è una concupiscenza carnale da cui i santi si devono astenere........ 215
LE PRESCRIZIONI DELL’ASSEMBLEA DI GERUSALEMME ....................................................... 216
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 216
Confutazione ................................................................................................................................................... 216
Le decisioni dell’assemblea di Gerusalemme devono essere ancora osservate da tutti i santi di fra i Gentili.... 216
LA CREAZIONE DELL’UOMO ......................................................................................................... 218
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 218
Confutazione ................................................................................................................................................... 219
L’uomo fu fatto da Dio a sua immagine e somiglianza, e quindi non fu mai un bruto..................................... 219
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE .................................................................................................. 220
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 220
Confutazione ................................................................................................................................................... 220
I sei giorni della creazione sono giorni di 24 ore ........................................................................................... 220
IL RITORNO DI CRISTO.................................................................................................................... 220
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 220
Confutazione ................................................................................................................................................... 221
Quando Gesù tornerà i santi viventi non morranno ma saranno mutati, ed inizierà su questa terra un regno
millenario .................................................................................................................................................... 221
I NUOVI CIELI E LA NUOVA TERRA.............................................................................................. 221
La dottrina dei teologi papisti ........................................................................................................................... 221
Confutazione ................................................................................................................................................... 221
Questo cielo e questa terra si dissolveranno e al loro posto Dio ne creerà altri migliori .................................. 221
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Indice
La chiesa cattolica romana
CONCLUSIONE...................................................................................................................................221
Capitolo 9 .............................................................................................................................................223
LA TRADIZIONE ...................................................................................................................... 223
La dottrina dei teologi papisti............................................................................................................................223
Confutazione ....................................................................................................................................................224
La tradizione cattolica romana non può procedere da Cristo perché annulla la Parola di Dio e perciò va rigettata
.....................................................................................................................................................................224
La teoria del germe del Newman è una menzogna al pari della teoria dell’evoluzione di Darwin ....................225
Il discorso fatto con le Scritture a sostegno della tradizione è falso.................................................................226
Quello che hanno detto alcuni cosiddetti padri della chiesa su ciò che non è espressamente scritto..................229
La chiesa romana rigetta l’insegnamento del millennio dei suoi cosiddetti padri.............................................229
Casi in cui i cosiddetti padri vanno contro la tradizione cattolica romana .......................................................230
Casi in cui i cosiddetti padri hanno insegnato dottrine false non accettate dalla chiesa cattolica romana oggi ..234
Casi in cui le dottrine false dei cosiddetti padri sono accettate dalla chiesa cattolica romana oggi ...................238
I cosiddetti padri l’uno contro l’altro .............................................................................................................241
I concili: le loro eresie e le loro contraddizioni ..............................................................................................243
Alcune considerazioni finali sui cosiddetti padri e sui concili.........................................................................245
CONCLUSIONE...................................................................................................................................245
Capitolo 10 ...........................................................................................................................................248
FALSIFICAZIONI ED IMPOSTURE PERPETRATE DALLA CHIESA CATTOLICA ROMANA
.................................................................................................................................................... 248
LE FALSE DECRETALI (O DECRETALI PSEUDO-ISIDORIANE)...................................................248
LA DONAZIONE DI COSTANTINO...................................................................................................248
LA LETTERA DI STEFANO II A PIPINO RE DEI FRANCHI ............................................................248
FALSIFICAZIONI APPORTATE ALLA BIBBIA................................................................................248
LA MANIPOLAZIONE DEI DIECI COMANDAMENTI.....................................................................254
LA NEGAZIONE DELLA BIBBIA AL POPOLO ................................................................................256
L’INTRODUZIONE DEI LIBRI APOCRIFI NEL CANONE DELLA BIBBIA ....................................257
LE FALSIFICAZIONI DEI LIBRI DEI COSIDDETTI PADRI.............................................................259
LA FALSIFICAZIONE DEI CANONI DEI CONCILI..........................................................................260
I FALSI MIRACOLI EUCARISTICI ....................................................................................................261
LE FALSE STORIE SUI LORO SANTI ...............................................................................................262
I MIRACOLI FALSI OPERATI DALLE RELIQUIE DEI LORO SANTI.............................................262
LE FALSE APPARIZIONI DI MARIA.................................................................................................262
Lourdes e Medjugorje ...................................................................................................................................263
Qual’è il fine delle visioni che Dio da a coloro che non lo conoscono ............................................................264
Alcuni sogni e alcune visioni dati dal nostro Dio a uomini e donne per affrancarli dal giogo della chiesa cattolica
romana .........................................................................................................................................................264
Conclusione..................................................................................................................................................266
LA FRODE DELLE RELIQUIE ...........................................................................................................266
CONCLUSIONE...................................................................................................................................268
Capitolo 11 ...........................................................................................................................................269
IL MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO ..................................................................... 269
LA STORIA..........................................................................................................................................269
338
Indice
La chiesa cattolica romana
Il papa e il movimento carismatico ............................................................................................................... 269
Maria nel movimento carismatico................................................................................................................. 270
LA DOTTRINA E LA PRASSI............................................................................................................ 271
CONFUTAZIONE ............................................................................................................................... 273
Il battesimo con lo Spirito Santo si riceve non quando si nasce di nuovo ma dopo essere nati di nuovo; quindi è
una esperienza distinta dalla nuova nascita.................................................................................................... 273
Il parlare in altra lingua è strettamente collegato al battesimo con lo Spirito Santo perché è il segno esteriore che
ne attesta l’avvenuta ricezione ...................................................................................................................... 274
L’interpretazione delle lingue non è una profezia perché chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini
.................................................................................................................................................................... 276
La profezia è un parlare agli uomini da parte di Dio e quindi non un parlare lusinghevole che incoraggia le
persone a rimanere attaccati all’idolatria e alla menzogna ............................................................................. 277
Il ricorrere nella malattia esclusivamente al Signore per essere guariti è una semplice manifestazione della
propria fiducia nella Parola di Dio ................................................................................................................ 278
Il cadere nello Spirito non è scritturale.......................................................................................................... 278
CONCLUSIONE.................................................................................................................................. 278
Capitolo 12........................................................................................................................................... 279
L’ECUMENISMO ...................................................................................................................... 279
IL CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA CATTOLICA NEI CONFRONTI
DELL’ECUMENISMO ........................................................................................................................ 279
Il decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo...................................................................................... 280
L’UNITA’ DELLA CHIESA SECONDO LA SCRITTURA ................................................................ 283
L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II .............................................................. 286
IL DIALOGO CATTOLICO/PENTECOSTALE .................................................................................. 300
A livello internazionale ................................................................................................................................ 300
In Italia ........................................................................................................................................................ 303
IL PROGETTO ‘UNITÀ ATTRAVERSO LA DIVERSITÀ’ DI OSCAR CULMANN ........................ 306
COSE PASSATE DA NON DIMENTICARE ...................................................................................... 309
Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli Anabattisti e i Pentecostali ............................................... 309
Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali inflitte ‘nel nome di Dio’ dall’Inquisizione............................... 316
L’astuzia e la malvagità usate dai Gesuiti per ‘la maggior gloria di Dio’........................................................ 321
COME STANNO OGGI LE COSE ...................................................................................................... 324
CONCLUSIONE.................................................................................................................................. 325
Un appello alla fratellanza............................................................................................................................ 325
Alcune cose che si imparano dalla chiesa cattolica romana............................................................................ 327
INDICE................................................................................................................................................ 332
339