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Nuova immagine di parrocchia? In che senso? MEDDI L., Nuova immagine di parrocchia? in che senso?, in Orientamenti Pastorali, 2001,49,5, 39-47. La parrocchia rimane il luogo privilegiato della pastorale rispetto a gruppi, associazioni e movimenti e tuttavia si parla di nuove immagini di parrocchia. Se ne portano diversi esempi e aumentano le proposte. Tuttavia non è sempre chiaro se e in che misura tali esperienze o progetti siano “nuove immagini”. Per rispondere a tale interrogativo occorre una migliore definizione dei criteri di analisi. Ma in ultima istanza la questione rimanda alla necessità di approfondire ancora gli elementi strutturali della “definizione” di parrocchia. La discussione in Italia circa una “nuova immagine di parrocchia” La discussione sulla necessità di una nuova immagine di parrocchia non si è di oggi. In modo esplicito o implicito essa sorge ogni volta che gli operatori pastorali prendono coscienza della difficoltà a raggiungere gli scopi che si prefiggono. Tale ricerca data ormai quasi un centinaio di anni. Per quanto riguarda la chiesa di Roma si potrebbe citare, come esempio, la ricerca pastorale e i tentativi di organizzare in modo nuovo la parrocchia negli anni ’20 messi in opera intelligentemente da mons. Scavizzi 1 . La stessa architettura delle parrocchie mette in evidenza le progressive novità che si sono maturate. Il notevole aumento delle aule catechistiche, la dotazione di attrezzature per il tempo libero (campi sportivi, oratori, sale cinematografiche e di comunità, etc.) fa comprendere visivamente l’idea di “territorio attrezzato” che parte della canonistica del tempo precedente al concilio sottolineava in riferimento ai canoni dell’innovativo (allora) Codice di Diritto Canonico del 1917. Allo stesso modo si potrebbe dire dei tentativi di riorganizzare l’aula ecclesiale negli anni ’70. Chi non ricorda il desiderio dei giovani di “spostare” i banchi perché dessero l’idea di una comunità liturgica adunata e interagente? Nella costruzione di alcune nuove chiese questo portò all’opzione di abbandonare il modello a “croce latina” e a scegliere le forme semi-circolari o a “tenda” come si diceva. Segni, questi, di un mutamento di linguaggio suggerito dalla teologia e dal concilio: una parrocchia comunità di fedeli. Il successivo Codice del 1983 consacrerà questa idea ma senza rimborsare chi fu rimproverato per prepararla e sperimentarla. In molte parrocchie si cercano nuove soluzioni architettoniche per la preghiera, la carità, la vita di fraternità e anche questi sono segnali che indicano ricerca di novità, ricentratura delle attività pastorali, nuovi stili che si affacciano all’interno della tradizionale impostazione. I modelli che vengono dalla pastorale spontanea Con un gruppo di lavoro 2 della diocesi di Roma abbiamo provato a ricostruire i passaggi di questa lenta evoluzione del “sistema” parrocchia nel secolo appena concluso. Lo abbiamo fatto attraverso interviste rivolte direttamente ai responsabili. 1 2 MANZO M., Don Pino Scavizzi. Prete romano, Casale Monferrato, Piemme, 1997. E’ l’associazione per lo sviluppo della pastorale AESP. Indicazioni e proposte in www.aesp.it Ci è sembrato di poter ricavare una tipologia di questo tipo. Prima del concilio vaticano II la caratteristica tridentina della parrocchia era lo stile prevalente. Si potrebbe dire: parrocchia santuario. Essa si occupava di assicurare i sacramenti e le forme di pietà popolare. Successivamente L’accento venne posto nella necessità di recuperare le grandi folle di persone che venivano a cercare lavoro nella città e si portavano dietro il ricordo dei propri paesi di origine. La parrocchia decise di occuparsi dei loro figli e del tempo libero. Era una parrocchia socializzante: la fontana del villaggio. Le prospettive teologiche e pastorali del concilio convinsero un cento numero di parroci a superare questa impostazione. Si mise l’accento sulla qualità della proposta di fede, la dimensione comunitaria, l’attenzione alla liturgia incarnata nella vita e alla dimensione politica della fede. Nascono in questo tempo le parrocchie a carattere assembleare che realizzano la loro intuizione comunitaria attraverso le liturgie dialogate, l’ingresso del mondo giovanile nelle sale parrocchiali. Soprattutto emerse che la parrocchia non è più unitaria. E’ fatta di strati differenti che convivono uno accanto all’altro. Molte di queste esperienze maturarono un atteggiamento molto critico verso l’istituzione ecclesiale. Alla fine dei loro percorsi si allontanarono dalla chiesa. Formarono o entrarono in gruppi di impegno politico o sociale. Alcuni gruppi presero la via delle cosiddette “Comunità di Base” 3 che al di là di alcune forme estremiste rappresentano ancora oggi uno dei pochi veri luoghi dove studiare la supposta “nuova immagine” di parrocchia. Come vedremo. Tuttavia la chiesa di Roma (Vicariato e parrocchie) isolarono questa strada. L’esplorazione di nuove forme di vita ecclesiale capaci di dare soluzione alle difficoltà pastorali prese, invece, la direzione della “complessizzazione” della organizzazione parrocchiale. L’aumentata catechesi “richiesta” ai genitori, la riorganizzazione della cresima, il crescere di una certa sensibilità caritativa e liturgica portarono la parrocchia a strutturarsi secondo le attività, l’organigramma parrocchiale. Nascono i gruppi di formazione, di servizio, di animazione liturgica, di tempo libero, etc. Li governa il consiglio pastorale con il parroco al suo vertice 4 . E’ una dinamica apparentemente comunitaria, ma solo nella apparenza. E’ una strutturazione più complessa della idea precedente: la parrocchia che dà risposte ad una generica educazione religiosa e vita liturgica. Non decollarono le “scuole di fede” previste da Evangelizzazione e Sacramenti. Dalla parrocchia comunità si passò quindi alla comunità parrocchiale. All’interno o all’esterno di questa evoluzione si muovevano nuove forme di spiritualità che creavano nuove forme di organizzazione parrocchiale. E’ facile vedere in questo caso che la novità nasce da una riconsiderazione globale dell’essere cristiano che si esprime in nuove forme di vita cristiana e quindi di organizzazione. La novità non è nella riorganizzazione della istituzione ma l’istituzione che si modella sulla novità di esperienza. Le riflessioni teologico-pastorali A partire dalla seconda metà degli anni ’80 fiorisce una interessante riflessione teologico-pastorale sulla identità della parrocchia. Gli autori sono sollecitati dalla storia e dalla provocazione del codice 3 KLEINER R. J., Gruppi di base nella chiesa italiana. Obiettivi e metodi di lavoro, Assisi, Cittadella, 1978; PERRENCHIO F., Bibbia e comunità di base in Italia. Analisi valutativa di un'esperienza ecclesiale, Roma, Las, 1980; MORGANTI M., Eucarestia raccontata. Prassi e riflessioni delle CdB italiane, Roma, Borla, 1988. 4 Anche frutto della esperienza diretta in una parrocchia romana solo i libri: MAZZOLENI A., Le strutture comunitarie della nuova parrocchia, Roma, EP, 1973; MAZZOLENI A., L'evangelizzazione nella comunità parrocchiale, Roma, EP, 1975. di diritto canonico 5 . Teologicamente si riprendono e si approfondiscono le tesi di K. Rahner e Y Congar. 6 Gli autori tendono a descrivere la natura propria di chiesa con cui si deve leggere l’identità della parrocchia 7 senza tuttavia arrivare ad una conclusione definitiva al riguardo del rapporto tra parrocchia e diocesi, da un lato, e le altre esperienze ecclesiali che anch’esse manifestano indubbiamente una chiara ecclesialità 8 , dall’altro. Questa copiosa riflessione teologico-pastorale non sembra avere influito sulla strada della pastorale diretta. Come visto in precedenza i parroci e le diocesi preferirono la via della “ri-organizzazione” della istituzione senza porsi interrogativi sul rapporto tra istituzione e teologia. Le affermazioni che la parrocchia è chiesa locale, che il parroco è pastore proprio, che la caratteristica fondamentale attribuita dal codice sta nell’essere comunità di fedeli in rapporto organico con una diocesi per mezzo del parroco, che la cura pastorale spetta alla comunità e non è il “fardello” del parroco, sono espressioni rimaste separate dalla esperienzialità. Nasce anche il dubbio che queste riflessioni siano state accuratamente tenute nascoste alla gente e ai parroci. Non si riesce bene a capire che formazione sia stata data ai Consigli Pastorali e se sia stata data una formazione preoccupata di realizzare pienamente lo spirito comunionale e missionario del concilio. In buona sostanza una toppa nuova su un vestito vecchio. Altri autori cercarono di fondare teologicamente e pastoralmente le diverse attività della parrocchia. Oppure di rivitalizzare le forme dell’agire pastorale. Soprattutto in ordine al primato della parrocchia nell’agire pastorale si colloca l’azione di formazione del COP e della rivista Orientamenti Pastorali. Questa istituzione soprattutto negli anni della contestazione al “principio parrocchiale” 9 ha mantenuto viva la difesa del ruolo della parrocchia “nostra ostinazione”. 10 Le unità pastorali? 5 A modo di esempio: BO V., La storia della parrocchia, in BO V.-DIANICH S.-CARDAROPOLI G., Parrocchia e pastorale parrocchiale. Storia teologia e linee pastorali, Bologna, EDB, 1986, 14-56; LONGHITANO A., La parrocchia fra storia, teologia e diritto, in AA.VV., La parrocchia e le sue strutture, Bologna, EDB, 1987, 5-27; BO V., Storia della parrochia. I secoli delle origini (sec. IV - V), Roma, ED, 1988; . Storia della parrocchia. Vol. II. I secoli dell'infanzia ( sec. VI - XI), 1990; Storia della parrocchia. Vol. III. Il travaglio della crescita (sec. XII - XIV), 1991; Storia della parrocchia.Vol. IV il superamento della crisi (sec. XV - XVI), 1992; ROTA L., La parrocchia nei suoi primi tre secoli: la ricerca di un equilibrio tra spinte autonomistiche e centralizzazione episcopale, La parrocchia come chiesa locale, Brescia, Morcelliana, 1993, 17-51. 6 RAHNER K., Per una teologia della parrocchia, in RAHNER H.(a cura), La parrocchia. Dalla teologia alla prassi, Roma, EP, 1963 [1956], 39-57. Cf. anche la sezione specifica del suo Handbuch: KLOSTERMANN F., Teologia pastorale generale della comunità, in KLOSTERMANN F.-GREINACHER N.-MULLER A.-VOLK L R., La chiesa locale. Diocesi e parrocchie sotto inchiesta. La chiesa locale. Diocesi e parrocchie sotto inchiesta, Roma-Brescia, Herder-Morcelliana, 1973 [1968], 7-63. 7 DIANICH S., La teologia della parrocchia, in AA.VV., Parrocchia e pastorale parrocchiale. Storia teologia e linee pastorali, Bologna, EDB, 1986, 57-103; BRAMBILLA F.G., La parrocchia nella chiesa: riflessionie fondamentale, Teologia, 1988, 13; AA VV, Chiesa e parrocchia, Torino, LDC, 1989; AA.VV. (quaderni teologici del Seminario di Brescia), La parrocchia come chiesa locale, Brescia, Morcelliana, 1993; LANZA S., La chiesa si realizza in un luogo: riflessione teologico-pastorale, in CIOLA N. (a cura), La parrocchia in un'ecclesiologia di comunione, Bologna, EDB, 1995, 109-158. 8 CANOBBIO G., Comunità ecclesiali di base: un 'alternativa alla parrocchia ?, La parrocchia come chiesa locale, Brescia, Morcelliana, 1993, 117-147. 9 Tra gli ultimi e non senza ragione: ZULEHNER P.M., Teologia pastorale 1. Pastorale fondamentale: la chiesa fra compito e attesa, Brescia [Düsseldorf], Queriniana [Patmos Verlag], 1992 [1989-1990] ma anche HERVIEU-LEGER D., Verso un nuovo cristianesimo? Introduzione alla sociologia del cristianesimo occidentale, Brescia, Queriniana, 1989. 10 SCABINI P., Parrocchia, in MIDALI M.-TONELLI R. (a cura), Dizionario di Pastorale Giovanile, Torino, LDC, 1989, 654-667. Nella prospettiva fenomenologia finora seguita e prima di riflettere sulle cosiddette “nuove immagini di parrocchia”, occorre fermarsi un attimo a comprendere un nuovo e per certi versi imprevisto sviluppo pastorale. Si può considerare “nuova immagine” l’insorgente esperienza delle unità pastorali? A ben guardare la risposta deve essere no!. Anche se la riflessione 11 mette ben in luce che esse non “devono nascere” dalla sola preoccupazione della insufficienza del clero, non si riesce ad uscire dalla percezione che la questione attualmente messa in evidenza è il problema della “gestione” della pastorale o in ordine ai più vasti problemi della società complessa o in ordine alla riorganizzazione della stessa. Ma a ben vedere nel primo caso la questione più esattamente si configura come: nuove forme di diocesi o di pastorale di insieme. Nel secondo non si comprende perché una rinnovata ministerialità e progettualità della comunità dovrebbe far perdere loro il “titolo” di comunità in un luogo. Non si risponda: perché manca il parroco-prete! Concordo quindi con chi lascia intendere 12 che siamo di fronte di nuovo ad una ricerca di modelli per le comunità e non delle comunità. I nuovi modelli: una riflessione sui criteri e alcune perplessità In questa prospettiva diventa più esplicita la riflessione sulle caratteristiche “nuove” della parrocchia. Altri articoli del dossier hanno il compito di descriverne concretamente le forme e le articolazioni. Iniziano a pubblicarsi anche tesi a tale riguardo o indagini universitarie. 13 A me basta individuare qui alcuni tratti riguardanti i criteri per definire e orientare tale questione. Le riflessioni 14 mettono in evidenza alcuni punti comuni. La criteriologia deve essere pensata come una griglia a doppia entrata. Da una parte deve basarsi ed esprimere le indicazioni ecclesiologiche 11 Alcune indicazioni: AA.VV., Unità pastorali. Verso un modello di parrocchia?, Roma, ED, 1994; GROLLA V., Unità pastorali. Nel rinnovamento della pastorale parrocchiale, Roma, EDR, 1996; DIOCESI DI MILANO, Verso le unità pastorali. Quale immagine di Chiesa?, Milano, Centro Ambrosiano, 1998; Unità Pastorali 2. Dalla necessità alla progettualità. L'unità pastorale nuovo soggetto per il rinnovamento della pastorale del territorio. Le acquisizioni del Cop e questioni aperte, in Orientamenti Pastorali, 1999,47,7-8 ;BRUNET G., Unità pastorali verso la maturità, in Settimana, 1999,33,11, 1.16; CALABRESE S., Minervino Murge: dalle parrocchie alla comunione pastorale sul territorio. Elementi di progettazione del cambio. Tesi di diploma di specializzazione UPS, Roma,1999; NIENTIEDT K., Nuove parrocchie o nuovi ministeri? Pastorale e territorio. Tra parrocchie e unità pastorali , in Il Regno-att., 1999,44,835,18, 632-634; Unità Pastorali e nuovi orizzonti per clero e laici, in Orientamenti Pastorali, 2000,48,4. 12 Così mi sembra di comprendere la suggestione di BO V., Scheda storica sulle pievi in relazione alle unità pastorali, in Orientamenti Pastorali, 1995,3, 24-25. 13 ROMERSA F.R., Il rinnovamento della parrocchia nella Chiesa italiana dal Concilio ad oggi, Roma, Pontificia Università Lateranense-Mursia, 2000; MEDDI L., La parrocchia sostenibile. Contributo per una nuova immagine di parrocchia, Roma, Pontificia Università Urbaniana-Dispense, 2000. 14 FLORISTAN C., Modelli di chiesa soggiacenti all'azione pastorale, in Concilium, 1984,6, 127-138; ANGELINI G., L'immagine concreta della parrocchia: rischi e opportunità di un progetto pastorale, in AA VV, Chiesa e parrocchia. Torino, LDC, 1989, 101-126; CITRINI T., Quale modello di parrocchia e quale pastorale della carità partire dalle esigenze del territorio, in AA. VV., Parrocchia e dintorni. Tracce per una riflessione, Milano, Ancora, 1993, 31-49; FLORISTAN C., Comunità di base, in SEVESO B-PACOMIO L., Enciclopedia di pastorale. 4. Servizio Comunità, Casale Monferrato, Piemme, 1993, 196-204 e più ampiamente Il catecumenato , Città di Castello, Borla, 1993; FALLICO A., Le cinque piaghe della parrocchia italiana. Tra diagnosi e terapia, Catania, Chiesa-Mondo, 1995; SCABINI P., Immagini di parrocchia a confronto. Istanze ecclesiologiche e pastorali, in CIOLA N. (a cura), La parrocchia in una ecclesiologia di comunione, Bologna, EDB, 1995, 65-84; MATINO G., Le strutture pastorali della chiesa locale, Roma, EDR, 1996; ZUPPA P., Pastorale della comunità. Luoghi e modelli di rinnovamento, in Rivista di Scienze Religiose, Molfetta,1996,10,2, 361-398; BRAMBILLA F.G., La prospettiva del futuro i problemi del presente, in Verso le unità pastorali. Quale immagine di Chiesa?, Milano, Centro Ambrosiano, 1998, 9-55; CAPPELLARO J. B.Servizio di animazione comunitaria, Evangelizzare: compito di alcuni o esperienza di tutti? 33 domande e risposte su un progetto-tipo per la pastorale diocesana, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1998; proprie del concilio e dall’altra deve mettere in evidenza le risposte che il modello dà alle differenti urgenze pastorali condivise. Ad ogni modello quindi si dovrà chiedere 15 : - l’ idea madre, l’intuizione originaria, la motivazione di fondo e l’immagine basale di parrocchia che viene proposta. Infatti ogni modello si basa su una tale intuizione originaria e originale su cui si costruisce il modello stesso. A volte non è conscia o espressa apertamente. - l’identità cioè l’analisi degli aspetti che riguardano la natura propria della parrocchia, la forma tipologica, la sua configurazione, gli obiettivi che si propone. - l’analisi della organizzazione proposta da un modello permette di esplorare innanzitutto la distribuzione dei ruoli e la configurazione dalla ministerialità ; poi la configurazione delle persone, del processo decisionale, del modello comunicativo. - elementi per la realizzazione infatti ogni modello si realizza attraverso un processo progressivo che opera scelte, figure, organizzazioni particolari. - percorsi formativi e i percorsi catechistici attraverso cui si pensa di poter realizzare il passaggio da una modello tradizionale a quello ritenuto adeguato. E’ proprio in conseguenza di una analisi così condotta sui maggiori modelli 16 proposti che nascono alcune perplessità. Ne esplicito alcune che hanno un carattere esemplare più che una puntuale analisi del modello stesso. Non si sfugge dalla percezione che alcuni di tali modelli siano nati per mantenere il modello di chiesa “cristianità”. Certamente i modelli proposti hanno tutti una loro positività e utilità pastorale. Ma alla domanda: per arrivare dove? Si ha l’impressione che il risultato di tutta l’operazione sperimentata e proposta sia ancora l’idea che si possa recuperare il passato. O meglio che di debba recuperare il ruolo che la parrocchia-chiesa aveva nel passato. E’ una chiesa che deve recuperare il suo ruolo sociale e soprattutto il suo compito dottrinale verso la società. L’interesse è quindi nella conservazione della “istituzione chiesa” senza prendere molto sul serio la “adultità” del mondo contemporaneo e delle sue istituzioni. La parrocchia, in realtà, non è più al centro del territorio culturale, giuridico, amministrativo, delle nostre società. Non è al centro ma è collocata nei “terreni destinati ai servizi sociali” come si dice. E spesso sono urbanisticamente ai margini del territorio mentre la vita è giocata altrove. Nonostante le numerose citazione di Lumen Gentium che si possono trovare nelle presentazioni si potrebbe sospettare che si sia ancora, invece, nella Mystici Corporis. Risulta ambiguo il rapporto tra comunità e realtà territoriale e quindi l’idea di impegno per la salvezza che ne deriva. La riflessione precedente ci porta a sottolineare che l’idea di missione e di salvezza che i modelli si portano dentro spesso coincide ancora con la sola struttura sacramentale. Assicurata la quale la parrocchia ritiene di aver assolto il proprio compito. Certo nei modelli prevale l’impegno evangelizzatore e catechistico. Ma si osservi bene: per arrivare dove? La ricezione della grazia risulta essere ancora lo scopo. Ma questo era il modello del Lateranense IV ribadito dal concilio di Trento. Una migliore analisi di Gaudium et Spes in ordine alla azione della comunità cristiana la renderebbe più incisiva. Ma difficilmente trovereste citata questa costituzione conciliare. CAPPELLARO J. B.-Servizio di animazione comunitaria, Edificare la chiesa locale. Guida alle strutture diocesane e parrocchiali, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1999. 15 MEDDI L., La parrocchia sostenibile. Contributo per una nuova immagine di parrocchia, Roma, Pontificia Università Urbaniana-Dispense, 2000, c. 5. 16 Mi riferisco in modo esplicito alle proposte genericamente definite: NIP, Chiesa-Mondo, Metodo delle cellule evangelizzatrici, del Movimento Focolari, Parrocchia per Tempi Nuovi, alla recente proposta di parrocchia per la nuova evangelizzazione e simili. Altri modelli non riescono a convincere in ordine all’idea di cristiano e di fede che pensano di realizzare. Indubbiamente questi aspetti sono i più delicati. Si pone infatti molta attenzione a descrivere la necessità che i battezzati decidano di essere e mettersi in stato di formazione. Ma sorge il dubbio che lo scopo della formazione si la formazione stessa. Che l’importante, cioè, alla fine sia il “movimento” da creare nelle comunità. Raramente si incontrano progetti in cui si definisce l’immagine di cristiano che si vuole realizzare. Si identifica con quella del movimento o spiritualità che “sponsorizza” il modello? Si identifica con la “generica proposta ecclesiale”? Questa mancata riflessione lascia sospettare che il modello non si interessi di questo aspetto più di tanto perché la sua preoccupazione è appunto la salvaguardia dell’istituzione parrocchia in quanto tale. In altri modelli la ministerialità appare definita ancora in ordine alla sola dimensione clericale ovvero in funzione di essa. Un aspetto incerto è anche la riproposizione tradizionale (dopo il concilio) del ruolo dei laici e, in essi, degli operatori pastorali. Questi sono a volte ben definiti e identificati nel compito che si chiede loro di sostenere. Ma è una definizione che prescinde da analisi seria circa la loro identità. Identità che è sempre pensata in riferimento alla funzione del parroco. Questa idea, che la funzione pastorale sia del parroco che si avvale di alcuni collaboratori, non rispecchia adeguatamente la teologia del sacerdozio dei fedeli e della iniziazione cristiana che è, da questo punto di vista, iniziazione all’agire della chiesa. La “cura pastorale” non appartiene in primo luogo al parroco o ai ministri ordinati, ma all’intera missione ecclesiale tanto da ritenere i ministri ordinati a servizio di tale identità battesimale. Probabilmente a partire da queste sottolineature si potrebbero sviluppare modelli ecclesiologicamente e prassi parrocchiali “più audaci”. Preoccupa l’impostazione psicologica e manipolatoria di alcune esperienze. Non sfugga, da ultimo, l’interrogativo se alcuni processi formativi messi in atto in alcuni modelli siano ai limiti di un esercizio manipolatorio della coscienza. Se non vengano usate, cioè, forme indebite di pressione psicologica. Non viene eliminata, quindi, la percezione che il tutto nasca dalla preoccupazione di una ristrutturazione, un lifting, della tridentina istituzione parrocchiale al cui centro permane il ruolo egemone del parroco pensato come responsabile dell’agire della comunità. Questo crea un continuo permanere di minorità dei fedeli e un rimanere nella separazione tra fede e storia o, come viene oggi suggerito, tra fede e cultura. Anche in questo aspetto della riflessione teologica contemporanea sarebbe più utile esplorare alcuni tratti della cultura moderna e contemporanea La parrocchia sostenibile Si tratta infatti di individuare per il futuro il volto di una parrocchia sostenibile. “Sostenibile” nella definizione, che deve recuperare davvero gli elementi di novità conciliari, e “sostenibile” nella prassi pastorale. Sarà una parrocchia che non parte dalla preoccupazione del pastore di riuscire a svolgere “il suo compito”, ma dalla riconsegna dell’agire pastorale all’intera comunità ecclesiale. Questo sicuramente rimodellerà anche il necessario ruolo della presidenza eucaristica dandole nuovo vigore e importanza. Ma soprattutto si realizzerà una delle dimensioni necessarie alla pastorale futura: la soggettivazione e corresponsabilità vera della comunità cristiana. 17 Senza 17 MEDDI L., Costruire la comunità: tutta la comunità soggetto dell'agire ecclesiale, Dispense, Anagni, 19981999; SILVESTRI G., La chiesa locale "soggetto culturale", Roma, EDR, 1998; MEDDI L., Tutta la comunità è soggetto di catechesi , in Via, Verità e Vita, 1999,48,174, 28-31. l’assunzione di questa direzione il carattere missionario non sarà incarnato nel vissuto delle parrocchie ma sarà solo un’altra attività da fare; quando si può. La parrocchia “sostenibile” sarà centrata sugli eventi di salvezza da realizzare attraverso l’annuncio della Parola e il dono dello Spirito. I battezzati aiutati dall’itinerario di iniziazione cristiana saranno capaci di aggregarsi per essere testimoni nel mondo del processo di salvezza che viene dal desiderio di Dio che è “l’avvento del suo regno”. Queste aggregazioni “carismatiche cioè salvifiche” saranno i nuclei di multiformi esperienze di vita cristiana. Tante quante il territorio ne chiede e quante la grazia dello Spirito riesce a far esprimere nel vissuto della chiesa. Queste esperienze globali di vita cristiana saranno i fondamenti del futuro ecclesiale. Il coordinamento delle iniziative, l’ecumene e l’ospitalità eucaristica, la sinodalità decisionale, la sussidiarietà pastorale, saranno il compito della parrocchia cioè del parroco a cui solo compete assicurare la apostolicità delle multiformi esperienze autogestire perché autogenerate dallo Spirito. Questa funzione del parroco è nella stretta relazione con il vescovo diocesano. Questa funzione o relazione eucaristica-magisteriale (apostolica) è la parrocchia sostenibile. Non uno spazio automaticamente sacro, non una serie di attività da consumare all’interno, non una vaga forma di comunità, ma una relazione tra i differenti soggetti e carismi ecclesiali. Luciano Meddi