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Il romanzo italiano Dott. Simone Pettine Letteratura italiana Laurea triennale in Lettere moderne «L’arte, come la guerra, la filosofia, la politica, ha dei resultati, che l’oltrepassano, come riformare i costumi, purgare le passioni e simili: risultati a lei inessenziali, e che non hanno nulla a fare col suo fine proprio. Può l’artista fare un capolavoro, ancorché la storia vi sia adulterata, e poco rispettata la morale: potete anche biasimarlo, per la sua ignoranza di cose storiche o filosofiche, o per la licenza dei suoi costumi, ma onorerete sempre il grande artista». (Francesco De Sanctis) Struttura lezione • Il romanzo del secondo Settecento • L’Ortis • Il romanzo storico • Il romanzo realistico • Dal Naturalismo al Verismo I. Il romanzo del secondo Settecento Il secondo Settecento Il romanzo, nuovo genere letterario, si diffonde in Italia nel corso dell’Ottocento. Inizialmente viene osteggiato dalla letteratura tradizionalista e classicista, che lo ritiene un genere inferiore, adatto ad un pubblico di lettori ignoranti e sprovveduti. Questa polemica, però, aveva già alcuni anni alle spalle… «Il secolo passato abbondò di romanzi la più parte eroici; ma tuti scritti con tanta ineleganza di lingua, con tanta gonfiezza di stile, con tanta pazzia d’affetti, e con tanta falsità di costume, che gli è impossibile trovare una più matta spezie di libri nel mondo. Il nostro secolo poi non ha prodotto alcun romanziere, ch’io sappia, trattone l’abate Chiari; ma avverti bene, vita mia, a non legger mai alcuno de’ romanzi dell’abate Chiari, perché cose più bislacche, più abbiette, più fuor di natura non è possibile trovarne in tutta Europa, non che in Italia. Lascia che i nostri servidori di livrea, e che le più plebee nostre donnicciuole si godano i romanzi dell’abate Chiari, che pel volgo più spregievole li ha scritti; ma tu, che sei una fanciulla nobile di mente come di schiatta, non hai a leggerne alcuno mai, come neppure alcun’altra cosa scritta dall’abate Chiari». Baretti, La Frusta letteraria (giugno 1764) Il secondo Settecento Baretti cataloga il romanzo tra i generi di trastullo popolare (La Frusta letteraria, numero XVII del primo giugno 1764). Questa testimonianza è preziosa. Dimostra che il Settecento narrativo italiano aveva già conosciuto il romanzo (soprattutto quello picaresco e d’avventura). Venezia era un centro di produzione di larghissimo consumo, soprattutto grazie alla presenza di due scrittori molto prolifici: il già citato abate Pietro Chiari, e Antonio Piazza. Il secondo Settecento Nel secondo Settecento esisteva dunque un pubblico disposto a leggere romanzi, ma era composto solo dal «volgo» (persone di umile condizione, che al più sapevano leggere e far di conto). In Italia mancava ancora una classe media e borghese, disposta a scegliere il romanzo come espressione letteraria della propria visione del mondo; ciò era invece già accaduto in Inghilterra e in Francia. Da qui la semplice volontà di intrattenere il pubblico, sfruttando un «vorticoso intreccio narrativo di casi ora fortunosi e sorprendenti, ora lacrimevoli e patetici» (Tellini). «Finché io son nella dura necessità di trar l’oro dalla sola miniera del mio calamajo, non degg’io cercar quelle vene che più fruttano con minor fatica? I libraj oggidì non vendono che Romanzi, ed io non devo pertanto scrivere che soli Romanzi, se scriver voglio de’ Libri che sieno venduti, e convertire in oro l’inchiostro dell’angusta miniera a me lasciata in retaggio dalle umane vicende». Pietro Chiari, La Francese in Italia (1759) II. L’Ortis La novità dell’Ortis Un capitolo importante nella narrativa del primo Ottocento consiste nella pubblicazione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo (1802). Prima ancora della grande stagione del romanzo storico («mitologia della storia»), Foscolo apporta modifiche significative al genere letterario in questione. Il romanzesco avventuroso e l’affresco di costume cedono il posto all’indagine del mondo interiore («mitologia dell’io»). «Fra un mese avrai in nitida edizione […] una mia fatica di due anni, ch’io chiamo il libro del mio cuore. Posso dire di averlo scritto col mio sangue». Foscolo a Melchiorre Cesarotti, 11 settembre 1802 «[…] i romanzi sono fatti appunto per quel gran numero di gente che sta fra i letterati e gl’idioti, e che deve essere istruita suo malgrado dilettandola ed appassionandola per cose le quali ella vede tuttogiorno avvenire intorno a sé […] la storia notomizza la mente de’ pochi che governano, il romanziere notomizza il cuore della pluralità che serve». Foscolo, Saggio di novelle di Luigi Sanvitale parmigiano (1803) La novità dell’Ortis L’Ortis è un romanzo epistolare. Foscolo attinge a un genere insigne nella narrativa straniera: • Pamela di Richardson (1740) • Nouvelle Héloïse di Rousseau (1761) • I dolori del giovane Werther di Goethe (1774) • Les Liaisons dangereuses di Laclos (1782) In Italia era poco praticato, e comunque tendente ora all’erudizione ora alla pura evasione (Viaggiatrice di Pietro Chiari, Boezio in carcere di Benvenuto di Robbio). Tuttavia il genere epistolare richiama due forme espressive già praticate nella tradizione italiana: la “memoria” e la “lettera”. La novità dell’Ortis Il romanzo di Foscolo è un ottimo campionario di motivi romantici: • Sentimento VS ragione • «Passione» VS conformismo e ipocrisia sociale • Mito della poesia e della bellezza • Natura come proiezione dell’io • Solitudine fiera e sdegnosa • Io eroico e suicida «Nel panorama della prosa ottocentesca il romanzo foscoliano ha avuto un rilievo indubitabile, ma circoscritto entro i confini segnati dalla sua stessa genesi autobiografica. Il nesso che lega Jacopo al suo autore, dunque l’interscambio tra letteratura e vita, è connotato costitutivo dell’ispirazione ortisiana […] Un filo doppio unisce la scrittura privata e la scrittura creativa, assimilate l’una all’altra da un analogo tasso di alta letterarietà: in entrambi i casi importa la teatralizzazione del «cuore», la sceneggiatura drammatica di un segreto diario intimo […] La sua fortuna si misura pertanto meno nell’ambito del genere romanzesco e più invece sul versante della poesia». Tellini, Il romanzo italiano dell’Ottocento e Novecento La novità dell’Ortis Per quanto innovativo, quindi, non possiamo considera l’Ortis il vero iniziatore del genere in Italia: • Manca un autentico interesse narrativo (come nella Nuova Eloisa e nel Werther) • Manca la ricostruzione di ambienti sociali precisi, di personaggi dalle psicologie autonome • Prevale la spinta lirica e oratoria (una sorta di lungo monologo) III. Il romanzo storico Il romanzo storico Ai primi dell’Ottocento si diffonde in Europa una nuova forma di romanzo: il romanzo storico. L’iniziatore è lo scozzese Walter Scott (Invanhoe, Waverley), che impone una vera e propria moda. Il romanzo storico: • offre il quadro di una determinata epoca del passato (prossimo o remoto) • non mostra solo i grandi eventi, ma anche i loro effetti nel campo della vita privata (costumi, mentalità, modi di vita) • attenzione per la gente comune, mentre i grandi personaggi storici restano sullo sfondo Il romanzo storico Perché il romanzo storico si afferma proprio in epoca romantica? Tre elementi si rivelano determinanti: • interesse per il passato • sentimento nazionale, che spinge alla ricerca delle radici dell’identità dei popoli • gusto per l’esotico: è necessario rispondere agli interessi del nuovo pubblico di lettori, che desidera un genere di intrattenimento Il romanzo storico In Italia l’affermazione del romanzo in generale (e di quello storico in particolare) è ostacolata da almeno due pregiudizi: Pregiudizio retorico: il romanzo non risponde a nessuno dei generi narrativi tradizionali, sanciti dalla tradizione (poema epico, prosa storica, novella). Pregiudizio moralistico: la rappresentazione troppo viva della realtà vissuta e delle passioni è ritenuta pericolosa. Il romanzo storico In Europa il romanzo era stato già nel 1700 espressione della borghesia, prossima a diventare (o già diventata) la classe dominante. In Italia l’esigenza del nuovo genere compare con le prime lotte risorgimentali (necessità di rinnovamento politico e sociale). Non è un caso che sia il Romanticismo lombardo a difendere per la prima volta il romanzo: rappresentava l’avanguardia intellettuale della nuova borghesia. Il romanzo storico La fioritura italiana del romanzo storico è evidente sin dal 1827, quando vengono pubblicati in un solo anno: • I promessi sposi (Manzoni) • La battaglia di Benevento (Guerrazzi) • Il castello di Trezzo (Bazzoni) • La sibilla Odaleja (Varese) • Cabrino Fondulo (Lancetti) Agli “scottiani” di stretta osservanza (Bazzoni, Varese) si affianca presto la scuola manzoniana (Ettore Fieramosca di Massimo D’Azeglio, 1833). IV. Il romanzo realistico Il romanzo realistico A partire dal terzo decennio dell’Ottocento inizia a diffondersi un’altra forma del romanzo, che rappresenta vicende e costumi contemporanei: il romanzo realistico. La realizzazione più alta del romanzo realistico moderno si deve a Stendhal (Il rosso e il nero) e a Balzac (La commedia umana). «Un romanzo, signori, è uno specchio trasportato lungo una strada maestra. A volte esso riflette ai vostri occhi l’azzurro del cielo, a volte il fango delle pozzanghere sulla via. E l’uomo che porta lo specchio sulla schiena è accusato da voi di immoralità! […] Accusate piuttosto la strada in cui è il pantano, e più ancora l’ispettore stradale che lascia ristagnar l’acqua» (Stendhal). Il romanzo realistico Caratteristiche fondamentali del romanzo realistico: 1. Rappresentazione della vita quotidiana di persone dalla mediocre condizione sociale, in forma seria e/o tragica 2. Connessione organica e indissolubile tra individuo e ambiente storicosociale Tale collegamento era già stato proposto dal romanzo storico di Scott e di Manzoni, ma i romanzieri realisti lo stabiliscono anche per la realtà contemporanea. «[La vita del protagonista de Il rosso e il nero] sarebbe press’a poco incomprensibile senza l’esattissima e particolarissima conoscenza delle condizioni politiche, sociali ed economiche d’un ben determinato momento storico, cioè a dire della Francia poco prima della rivoluzione di luglio». «In nessun romanzo precedente, e anzi in nessun’opera letteraria […] le condizioni politiche e sociali del tempo sono conteste con l’azione in modo così preciso e reale». (Auerbach, Mimesis) Il romanzo realistico 3. Rappresentazione “totale” della società contemporanea, della quale non vengono offerti solo singoli quadri parziali Stendhal coglie i rapporti tra le varie classi sociali (borghesia provinciale, mondo ecclesiastico, nobiltà parigina). Balzac nel progetto della Commedia umana punta addirittura ad una ricostruzione enciclopedica della società. Il romanzo realistico 4. Tipicità dell’individuo: il personaggio rappresenta le caratteristiche di un determinato tipo sociale Tuttavia i protagonisti non si riducono ad astrazioni generiche, a personificazioni “pure” di modi di pensare e di comportarsi. Si cerca di mostrare un’individualità concreta (e complessa); Balzac dichiara di voler «fare concorrenza allo Stato civile». Il romanzo realistico 5. Visione critica del reale, la cui rappresentazione non è fine a se stessa 6. Narratore onnisciente ed esterno Si tratta del modulo narrativo dominante già nei primi decenni dell’Ottocento. Fornisce al lettore tutte le informazioni necessarie: commenta, giudica, illustra le motivazioni dell’agire dei personaggi. Il romanzo realistico in Italia (1) Si riscontra qualche esempio di romanzo di ambientazione contemporanea anche in Italia; tuttavia il romanzo storico continua a dominare il contesto letterario (e il mercato editoriale). • Antonio Ranieri: Ginevra, l’orfana della Nunziata (1839). Narra le peripezie di una fanciulla napoletana, appartenente alla classe popolare, vittima di varie angherie. Forti intenti di denuncia sociale, tuttavia anche numerose caratteristiche del romanzo d’appendice. Il romanzo realistico in Italia (2) • Niccolò Tommaseo: Fede e bellezza (1842). Un romanzo che tratta complessi problemi psicologici; si aggrovigliano ambiguamente sensualità e fede religiosa. Un’opera molto lontana dal clima culturale italiana, più vicina alla letteratura francese. V. Dal Naturalismo al Verismo Il Naturalismo La corrente letteraria del Naturalismo si afferma in Francia negli anni ‘70 dell’Ottocento. Studiarla è fondamentale per comprendere le scelte letterarie degli scrittori veristi italiani. Capuana, Verga e molti altri scrittori prendono infatti le mosse proprio dal Naturalismo francese (anche con sensibili differenze). Il Naturalismo Retroterra culturale e filosofico del Naturalismo è il Positivismo, movimento di pensiero che si diffonde dalla metà dell’Ottocento: • l’unica conoscenza possibile è quella scientifica; dunque il metodo della scienza è il solo ad essere valido • il metodo scientifico va esteso a tutti i campi (compresi l’uomo, la società e l’arte) • la scienza permette di dominare il reale e di asservirlo ai bisogni dell’uomo Il Naturalismo Il Positivismo nasce in Inghilterra, Francia e Germania, ma presto si diffonde anche in Italia. Con lui giungono la fiducia ottimistica in uno sviluppo scientifico illimitato e il culto per il sapere tecnico. Tutto il reale è un gioco di forze materiali (fisiche, chimiche, biologiche). Rifiuto della visione religiosa, metafisica, idealistica. Il Naturalismo Ad Hippolyte Taine si devono i fondamenti teorici del Naturalismo. Taine applica i princìpi positivistici alla letteratura, auspicando che anch’essa si assuma il compito di un’analisi scientifica della realtà. «Il vizio e la virtù sono dei prodotti come il vetriolo e lo zucchero» scrive Taine nel 1864. «[Il romanzo] è una grande inchiesta sull’uomo, su tutte le varietà, tutte le situazioni, tutte le fioriture, tutte le degenerazioni della natura umana. Per la loro serietà, il loro metodo, la loro esattezza rigorosa […] entrambi si avvicinano alla scienza» (Taine, 1865) Il Naturalismo Taine indica alcuni esempi moderni di scrittori «scienziati»: 1. Honoré De Balzac (La commedia umana) Con una precisione da anatomista e chimico, è stato in grado di analizzare la natura umana nelle sue accezioni patologiche. 2. Gustave Flaubert (Madame Bovary, 1857) A lui si deve la teoria dell’impersonalità. «L’artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente, sì che lo si senta ovunque, ma non lo si veda mai. E poi l’Arte deve innalzarsi al di sopra dei sentimenti personali e delle suscettibilità nervose. È ormai tempo di darle, mediante un metodo implacabile, la precisione delle scienze fisiche». (Flaubert, 1857) Il Naturalismo 3. I fratelli Edmond e Jules de Goncourt (Germinie Lacerteux, 1865) Cura nel costruire i romanzi in base ad una documentazione minuziosa; attenzione nuova per i ceti inferiori, per i fenomeni di degradazione umana e per i casi patologici. Più nel dettaglio, Germinie Lacerteux analizza la degradazione fisica e psicologica di una serva isterica. Emile Zola Emile Zola è l’autore imprescindibile del Naturalismo francese, per i seguenti motivi: • dà una sistemazione compiuta alle teorie naturaliste e alle riflessioni di Taine • riassume nella sua produzione l’intero movimento letterario letteraria • definisce con precisione le caratteristiche del «romanzo sperimentale» • è il vero e proprio caposcuola del Naturalismo Emile Zola Il romanzo sperimentale (1880) Zola riparte dal fisiologo Claude Bernard e spiega che il metodo sperimentale delle scienze è ormai pronto per occuparsi della sfera “spirituale”, cioè degli atti intellettuali e passionali dell’uomo. Anche letteratura e filosofia devono quindi entrare a far parte delle scienze, adottandone il metodo sperimentale. Il romanzo diventa resoconto di un’esperienza scientifica, esposto al pubblico di lettori. Emile Zola La scienza non ha ancora trovato con certezza tutte le leggi che regolano la vita intellettuale dell’uomo. Tuttavia Zola è certo di almeno due princìpi: • eredità biologica • influsso esercitato dall’ambiente circostante Emile Zola A che cosa serve la letteratura? Zola è convinto dell’impegno sociale (e politico) della letteratura. Il fine della scienza è rendere l’uomo padrone di ogni fenomeno, per dominarlo. Dunque il romanzo sperimentale migliorerà le condizioni dell’intera società. I Rougon – Macquart, storia naturale e sociale di una famiglia sotto il secondo impero. Ciclo di venti romanzi (1871 – 1893) in cui Zola traccia un quadro della società francese attraverso le vicende di un gruppo famigliare. Il Verismo Fin dagli anni ‘70 gli ambienti culturali milanesi diffondono in Italia i testi di Zola. Per una nuova teoria coerente e un linguaggio letterario inedito, tuttavia, bisogna attendere due intellettuali conservatori, nonché “galantuomini” meridionali: Luigi Capuana e Giovanni Verga. In seguito si aggiungerà anche il più giovane Federico De Roberto. Il Verismo non sarà mai una vera e propria scuola o un movimento organizzato, quanto piuttosto un insieme di autori mossi da alcuni interessi comuni. «Senza dubbio l’elemento scientifico s’infiltra nel romanzo contemporaneo […] ma la vera novità non istà in questo. Né sta nella pretesa di un romanzo sperimentale, bandiera che lo Zola inalbera arditamente, a sonori colpi di grancasse […] Un’opera d’arte non può assimilarsi un concetto scientifico che alla propria maniera, secondo la sua natura di opera d’arte. Se il romanzo non dovesse far altro che della fisiologia o della patologia, o della psicologia comparata in azione […], il guadagno non sarebbe né grande né bello. Il positivismo, il naturalismo esercitano una vera e radicale influenza nel romanzo contemporaneo, ma soltanto nella forma, e tal’influenza si traduce nella perfetta impersonalità di quest’opera d’arte». Luigi Capuana recensisce I Malavoglia (Fanfulla della domenica, 1881) Il Verismo Capuana diffonde in Italia le opere di Zola, soprattutto l’Assommoir. Tuttavia intende la letteratura in modo molto diverso dal Naturalismo francese. Respinge la subordinazione della letteratura a scopi estrinseci. Il romanzo non deve mostrare tesi scientifiche; l’impegno politico-sociale non deve essere la sua essenza. Per Capuana il Naturalismo è semmai un modo di fare letteratura, una tecnica particolare con cui l’autore rappresenta il mondo circostante. Del Naturalismo Capuana mostra di apprezzare e di condividere il principio dell’impersonalità dell’opera d’arte (o “eclisse” dell’autore): «Nei romanzi del Balzac, questo sparire dell’autore avviene ad intervalli. Egli si mescola ogni po’ all’azione, spiega, descrive, torna addietro, fa delle lunghe divagazioni pria di lasciar i suoi personaggi a dibattersi soli soli colle loro passioni, col loro carattere, colle potenti influenze del lor tempo e dei luoghi; e l’onnipotenza del suo genio non si mostra mai così intera come quando le sue creature rimangon libere, abbandonate ai loro istinti, alla loro tragica fatalità. I suoi successori intervengono assai meno di lui nell’azione o non intervengono affatto. Si può dire che la loro opera d’arte si faccia da sé, piuttosto che la faccian loro. E questo semplicissimo cambiamento ha già prodotto una rivoluzione che il volgo dei lettori difficilmente sarà nel caso d’apprezzare nel suo giusto valore». Luigi Capuana recensisce I Malavoglia (Fanfulla della domenica, 1881) Tuttavia, secondo Capuana, Verga avrebbe portato questa tecnica narrativa a livelli superiori: «I Malavoglia si rannodano agli ultimissimi appelli di questa catena dell’arte. L’evoluzione del Verga è completa. Egli è uscito dalla vaporosità della sua prima maniera e si è afferrato alla realtà, solidamente. Questi Malavoglia e la sua Vita dei campi saranno un terribile e salutare corrosivo nella nostra bislacca letteratura. Lasciateli fare e vedrete. Se avranno poi la consacrazione (e se la meritano) d’una traduzione francese, eserciteranno un’influenza anche in una sfera più larga e conteranno per qualche cosa nella storia generale dell’arte. Giacché finora nemmeno lo Zola ha toccato una cima così alta in quell’impersonalità ch’è l’ideale dell’opera d’arte moderna. C’è voluto, senza dubbio, un’immensa dose di coraggio, per rinunziare così arditamente ad ogni più piccolo artificio, ad ogni minimo orpello rettorico e in faccia a questa nostra Italia che la rettorica allaga nelle arti, nella politica, nella religione, dappertutto. Ma non c’è voluto meno talento per rendere vive quelle povere creature di pescatori, quegli uomini elementari attaccati, come le ostriche, ai neri scogli di lava della riva di Trezza». Luigi Capuana recensisce I Malavoglia (Fanfulla della domenica, 1881) Il Verismo Gli autori veristi: • Giovanni Verga (Vita dei campi, I Malavoglia, Mastro-don Gesualdo) • Luigi Capuana (Giacinta, Il marchese di Roccaverdina) • Federico De Roberto (I Viceré) • Matilde Serao • Salvatore Di Giacomo • Remigio Zena Q&A 1. Ma le slide le dobbiamo studiare? Studiare qualcosa in più è spesso utile; studiare qualcosa in meno è sempre dannoso. 2. Possiamo affiancare le slide al manuale? Certamente, sono pensate per facilitare lo studio. 3. Possiamo sostituire le slide al manuale e studiare solo quelle? Ah ah, NO. 4. Dove possiamo trovare le slide? Nello stesso luogo di quelle del professor Cimini (e prossimamente su Academia). Contatti utili https://unichit.academia.edu/SimonePettine Fine della lezione