I castelli delle rivolte: dalla piana di Partinico alla valle
dello Jato (Palermo). Sulle tracce degli ultimi
musulmani in Sicilia occidentale
Antonio Alfano, Giovanni Polizzi
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Antonio Alfano, Giovanni Polizzi. I castelli delle rivolte: dalla piana di Partinico alla valle dello
Jato (Palermo). Sulle tracce degli ultimi musulmani in Sicilia occidentale. Atti dei XLVIII e XLIX
Convegno Internazionale della Ceramica: Cinquant’anni di studi sulla ceramica e il contributo del
centro ligure per la storia della ceramica, Centro ligure per la storia della ceramica, pp.63-81, 2017.
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Antonio Alfano1 – Giovanni Polizzi2
I CASTELLI DELLE RIVOLTE.
DALLA PIANA DI PARTINICO ALLA
VALLE DELLO JATO (PALERMO)
SULLE TRACCE DEGLI ULTIMI
MUSULMANI IN SICILIA
OCCIDENTALE
Introduzione
A seguito delle campagne di
scavo della fortezza ossidionale del
“Castellazzo” di Jato, si è resa
necessaria una revisione dei materiali
archeologici provenienti da scavo e
ricognizione in tutti quei siti fortificati
che hanno accolto la popolazione
musulmana durante le rivolte tra ultima
età normanna e epoca sveva. Si è così
posta l’attenzione su almeno due fasi
nella realizzazione di tali fortilizi,
spesso semplici torri piuttosto che
castelli veri e propri, corrispondenti
all’inizio della dominazione normanna
ed al periodo federiciano. Monte
Palmeto, Monte della Fiera, Pizzo
Mirabella, Castellazzo di Jato, Monte
Pagnocco, La Vecchia di Corleone,
sono alcuni di questi fortilizi che,
insieme a quelli noti dalle fonti, Jato,
Entella, Celso, Gallo, definiscono in
modo chiaro l’articolazione del
paesaggio rurale e soprattutto montano
in questa porzione della Sicilia (fig. 1).
Le ceramiche rinvenute mostrano un
diretto rapporto con le produzioni
palermitane oltre a prodotti provenienti
dall’area messinese, come le pentole
invetriate, o dalla Campania come le
coppe
decorate
a
spirale.
Concentreremo la nostra attenzione sui
luoghi fortificati sorti tra la Piana di
Partinico (Monte Palmeto e Monte
Cesarò) e la Valle del fiume Jato
(Monte della Fiera, Pizzo Mirabella,
Monte Pagnocco, Castellazzo di Iato)
tutti oggetto di ricognizioni di
superficie tranne nel caso del
Castellazzo dove ormai da cinque anni
si svolge uno scavo archeologico
regolare3. Ulteriore interesse suscita il
rapporto tra questi siti forti ed il
territorio
circostante
in
cui
l’insediamento
aperto
costituisce
l’unica forma abitativa, sebbene le aree
rurali
subiscano
una
drastica
diminuzione rispetto alla tarda età
islamica o al periodo del regno
normanno. È stata inoltre dedicata
particolare attenzione all’analisi delle
strutture murarie principalmente a
Monte Cesarò; in Sicilia infatti si è
ancora lontani da un atlante delle forme
architettoniche
o
da
un’analisi
comparata delle murature medievali4.
Ciò è vero anche per monumenti
architettonici quali chiese e castelli
medievali che, a centinaia sull’isola,
sono testimoni di maestranze e scuole
diverse ed il cui studio comparato fig. 1:
1
Specializzato in Archeologia Medievale presso la
Sapienza Università di Roma. Lo studio costituisce la
prima fase di un lavoro appena iniziato che mira ad
ottenere un quadro più ampio possibile sul
popolamento rurale nella Piana di Partinico e nella
Valle dello Jato. Durante l’elaborazione del Sistema
Informativo Territoriale (SIT) si è utilizzata la
versione 2.12.2 del software QGIS Lyon.
2
Laureato in Archeologia presso l’Università degli
Studi di Palermo.
3
MAURICI et alii 2014; MAURICI et alii 2014;
MAURICI et alii in cds.
4
Questi argomenti sono trattati con ampia bibliografia
in DI LIBERTO 2004 e DI LIBERTO 2010. Altri
confronti utili al nostro studio provengono dagli scavi
di Calatamauro, Segesta e Calathamet per cui si
rimanda rispettivamente a CORRETTI –MICHELINI –
VAGGIOLI 2009, MOLINARI 1997 e LESNES – POISSON
2012.
1
Le ultime resistenze
musulmane
e
l’articolazione del
paesaggio rurale
Castelli ed abitati tra età normanna e sveva
(elaborazione GIS Antonio Alfano)
potrebbe di molto arricchire le nostre
conoscenze. Parallelamente a questo si
è iniziato lo studio dei materiali esposti
presso la Biblioteca Comunale di
Partinico provenienti sia dai siti castrali
di nostro interesse che da abitati aperti
localizzati nella Piana di Partinico5.
Questo territorio, nonostante la
ricchezza di risorse e la posizione
strategica, non è stato ancora sottoposto
ad uno studio sistematico ed i dati
archeologici acquisiti risultano da
vecchie raccolte che necessitano
assolutamente di verifiche autoptiche6.
5
Si ringrazia il personale del Comune di Partinico per
aver favorito la nostra ricerca. Si ringraziano il dott. S.
Vassallo, dirigente dell’U.O. V e le dottoresse R. M.
Cucco e A. M. G. Calascibetta della Soprintendenza ai
BB.CC.AA di Palermo.
6
Va decisamente meglio per quanto riguarda gli studi
di storia e viabilità cui si ricordano principalmente
MAURICI 1986 e FILINGERI 2014. Diverse
informazioni derivano dagli studi di Vittorio
Giustolisi: GIUSTOLISI 1975; GIUSTOLISI 1976.
Parte
del
territorio oggetto
del nostro studio è
stato sottoposto a
ricognizioni
intensive
e
sistematiche
che
hanno rivelato, per
quanto possibile, la
ricchezza
e
l’eterogeneità degli
insediamenti posti
principalmente
lungo gli assi viari
e con uno spessore archeologico che
attraversa molti secoli. Quelli che
presentano una fase di vita medievale
spesso
recano
tracce
riferibili
all’interno arco cronologico X-XIII, ad
indicare la “persistenza rurale”
nonostante i vari cambi di potere al
governo7 (fig. 2). Molti tra i siti
fortificati presentano poi, sulla base di
dati acquisiti in modo stratigrafico o da
ricognizione
di
superficie,
una
cronologia ben più antica rispetto alla
loro prima attestazione nelle fonti
scritte (fig. 3). Data la natura del
contributo tralasciamo completamente
le vicende storiche che hanno portato
ad una forte presenza musulmana in
questa porzione di Sicilia occidentale e
rimandiamo alla vasta produzione
7
Nell’area dello Jato e del Belìce Destro, 23
insediamenti hanno una cronologia X-XII, 11 solo XXI, 17 sono attivi tra XI e XII: ALFANO – SACCO
2014, ALFANO – SACCO 2015.
2
bibliografica
in
merito8. Facciamo
solo notare che la
fondazione
dell’Arcidiocesi di
Monreale
ha
costituito
un
ultimo tentativo da
parte del regno
normanno
di
Guglielmo II, di
tenere sotto stretto
controllo
la
popolazione
residente,
certamente per la
stragrande
maggioranza di
religione islamica9.
All’interno della
Magna Divisa Jati,
un macro distretto
che si estendeva da
Partinico ad
fig. 2: L’evoluzione dell’insediamento rurale nel
medioevo tra il Belìce Destro e la Piana di
Partinico (elaborazione GIS Antonio Alfano)
Altofonte fino ai confini con Corleone
ad est e Calatafimi ad ovest, sono
segnalati una serie di abitati, rocche,
punti di vedetta, mulini e percorsi viari,
tracce in parte individuate durante le
ricognizioni.
Le
dinamiche
dell’insediamento territoriale compreso
tra la fine del XII e la prima metà del
XIII secolo sono legate alle rivolte
musulmane ed al ruolo di Jato come
ultima roccaforte islamica di Sicilia.
Questo centro
insieme ad Entella, Corleone, Calatrasi,
Calathamet, Guastanella e ad altri non
ancora identificati (Celso e Gallo),
assunse il ruolo di punto forte degli
ultimi contingenti di popolazione
musulmana di Sicilia. Nel nostro
territorio i siti di Monte Palmeto,
Monte Cesarò, Monte della Fiera, Pizzo
Mirabella,
Monte
Pagnocco,
Castellazzo di Iato presentano resti di
fortificazioni che associate alle
ceramiche di superficie
8
ALFANO – SACCO 2014; MAURICI 1987; MAURICI
1995; MAURICI 1997; MAURICI 1998; MOLINARI 2012;
NEF 2011.
9
JOHNS 2002; MAURICI 1997, p. 264.
3
fig. 3: Tabella comparativa con le cronologie
disponibili per i siti noti tra età normanna e
sveva (elaborazione Antonio Alfano)
concorrono in una cronologia compresa
tra la fine del XII e la prima metà del
XIII secolo. Dopo la morte di
Guglielmo II (1189) una serie di abitati
saranno abbandonati, in favore di una
concentrazione della popolazione nelle
rocche
appena descritte, segno
ineluttabile del cambiamento sociale ed
economico
che
l’intera
Sicilia
occidentale si apprestava a subire.
Procederemo nella descrizione dei siti
partendo dalla piana di Partinico
indicando i rinvenimenti per ogni luogo
e passando poi, alla fine dell’elenco, al
territorio rurale su cui gravitano questi
fortilizi.
A.A.
Monte Palmeto
Si tratta di un rilievo calcareo alto
nel punto più alto 567 metri, dove si
trova la Montagnola occupata dai resti
cospicui di un insediamento10. L’area
risulta circondata in diversi punti da
una cinta muraria conservata in altezza
per circa un metro; si tratta di pietre
cavate in loco disposte a secco in filari
irregolari con l’uso di pietrame più
minuto per gli interstizi. Sul versante
Nord, a valle del promontorio, si trova
un acquitrino che potrebbe nascondere
la presenza di una sorgiva. Non vi si è
infatti traccia di acqua sul rilievo ma
esistono almeno due cisterne. La prima,
posta in cima, nei pressi della cinta
muraria, misura 5.50*3.40 e presenta
un rivestimento in malta idraulica; la
seconda, più a valle verso nord-est più
piccola ma non molto conservata
sempre con lo stesso rivestimento in
malta idraulica. In entrambi i casi
diverse pietre che costituiscono le
MAURICI 1998, p. 40: l’autore ipotizza che il sito sia
da identificare con uno di quelli in cui era distribuita
la Cinisi medievale. Uno in basso, descritto anche dal
geografo Idrisi, ed uno in alto frequentato solo in caso
di pericolo. In ogni caso la presenza di materiali ben
più antichi del periodo medievale, lascia immaginare
l’esistenza di un insediamento strutturato di lunga
durata.
10
4
cisterne ed il fortilizio sulla
Montagnola sono in arenaria, portate
quindi dalla piana sottostante. La parte
meridionale della Montagnola è poi
occupata da abbondanti resti di edifici
realizzati in pietra e coperti da coppi
disposti in modo abbastanza regolare
rispettando il rilievo naturale. Negli
anni passati, ricognizioni mirate hanno
portato al rinvenimento di alcuni
oggetti che attestano ulteriormente la
presenza di un abitato sul luogo11.
Oggi, tra i materiali più interessanti si
segnalano diversi frammenti di grossi
contenitori per la conservazione
dell’acqua (Tav. I, 1) o degli aridi (Tav.
I, 7). La maggior parte dei frammenti si
rinviene tuttavia lungo il pendio
occidentale nei pressi della cisterna più
grande. I reperti sono molto eterogenei
ed
abbracciano
un
orizzonte
cronologico compreso tra il II-III e la
fine del XII secolo: si tratta di alcuni
coppi a bordo ispessito, dell’orlo di
un’anforetta di tipo siciliano con spesso
ingobbio bianco12, e di numerosi reperti
con rivestimenti vetrificati. Tra questi
una ciotola emisferica con decorazione
solcata (Tav. II, 7), alcune pentole
invetriate di produzione messinese
(Tav. I, 2 e 6), tazze e vasi
miniaturistici (Tav. II, 10, 12, 13, 14),
piatti con tesa a decorazione solcata
(Tav. I, 8, 15), e numerosi catini a
calotta ribassata ed orlo ingrossato
(Tav. I, 11, Tav. II, 1, 3, 4, 5, 6). Tra i
reperti più interessanti un catino
emisferico con orlo indistinto di
produzione palermitana, ricoperto da
una spessa vetrina di colore giallo
all’interno e verde sull’orlo (Tav. III, 3)
che trova riscontro tra i rinvenimenti
delle ricognizioni sul fiume Jato13 e a
Palermo14. Altrettanto interessante una
scodella con orlo a tesa sempre di
produzione palermitana dipinta in
verde sotto una spessa e lucida
vetrina15. Alla produzione palermitana
si ascrive inoltre un frammento di
parete di anfora dipinta a tratti in
bruno. Tra i materiali medievali più
antichi, l’orlo bifido di un catino
carenato decorato all’interno, nella
parte sopra la carena, da tratti obliqui in
bruno e databile tra fine X e metà XI
secolo. Ad età islamica matura
rimandano anche i frammenti di cavetto
di altri catini ricoperti da vetrina
trasparente e decorati in verde e bruno.
A Nord – Est delle strutture si doveva
estendere un qualche tipo di abitato;
sebbene siano pochi i resti emergenti, si
raccolgono anche qui frammenti
ceramici databili soprattutto tra fine XI
e fine XII secolo La qualità dei prodotti
rinvenuti oltre a testimoniare il diretto
rapporto con Palermo per quanto
riguarda
l’approvvigionamento
ceramico, suggerisce l’esistenza di un
abitato ben strutturato. Tra i
rinvenimenti
non
ceramici,
un
eccezionale frammento di porfido ed
una moneta di Federico II databile tra il
1209 ed il 1212. A.A – G. P.
11
ALFANO – SACCO 2015, p. 311, tav. 1, n.
VIUT85.152.
14
LESNES 1993, p. 585, fig. 8, n. 69; LESNES 1997, p.
58, n. 46.
15
Un’esemplare simile da Segesta: MOLINARI 1997, p.
120, III.3.9 e da Entella: CORRETTI 2010, p. 237, fig.
74 g.
Tra questi manufatti un frammento di lastra tombale
con iscrizione in arabo: MAURICI – GIAMBONA 1997:
521; MAURICI 1999: 367. I frammenti attestano una
frequentazione del sito fino al XV secolo, sebbene
dopo i primi del XIII secolo siano note solo delle
monete.
12
RIZZO et alii 2014; MALFITANA 2009.
13
5
6
7
8
Monte
(fig. 4)
Cesarò
Dalla piana di
Partinico,
immediatamente
ad est dell’attuale
abitato si erge il
rilievo di Monte
Cesarò, occupato
nella parte più
elevata, a Nord,
da un castello16.
Non
si
rinvengono
frammenti
al
suolo a causa
della
folta
vegetazione che
ricopre l’area ad
esclusione di un catino emisferico con
orlo indistinto e ricoperto da vetrina
verde (Tav. I, 4), un orlo ingrossato di
catino a calotta ribassata (Tav. I, 3) ed
un orlo di anfora (Tav. I, 9). Anche in
questo caso, ricerche operate nel
passato hanno portato alla luce alcuni
reperti di notevole interesse come un
enkolpion17. Tra gli oggetti conservati
presso la Biblioteca Comunale di
Partinico si segnala un bottone in
avorio decorato da cerchielli incisi
(Tav. III)18.
Rispetto alle altre strutture che
presenteremo in questo contributo è
quello che conserva resti in elevato più
imponenti e tali da riconoscere la
planimetria generale. Passeremo alla
descrizione delle strutture
fig. 4: Planimetria schematica delle strutture
visibili su Monte Cesarò con indicazione delle
campionature murarie descritte nel testo
(elaborazione GIS Antonio Alfano)
evidenziando
le
apparecchiature
murarie e le tecniche costruttive.
Cisterna (1 sulla carta).
Cisterna rettangolare semi-ipogeica
orientata in senso Nord - Sud19,
conservata sino allo spiccato della
volta, probabilmente a botte, foderata
con tre strati di malta:
malta di allettamento, aderente alla
muratura, impasto grossolano, con
inclusi in cocciopesto a grana grossa.
Spessore 3 cm; secondo strato, a grana
più fine, con rilevanti quantità di
cocciopesto. Lo spessore oscilla tra
0,07 e 0,09 m; terzo strato, a grana fine,
con largo uso di inclusi calcarei e
16
AA. VV. 2001, pp. 347-348; MAURICI 1998, pp. 9293.
17
MAURICI – GIAMBONA 2000.
18
Il pezzo era stato già pubblicato dal Giustolisi:
GIUSTOLISI 1976, Tav. XIII, A.1.
Essendo l’asse Nord-Sud della cisterna leggermente
spostato verso Est, per comodità si utilizzeranno i
punti cardinali Nord, Sud, Est ed Ovest.
19
9
coccio pesto che dona alla superficie un
colore roseo. Lo spessore oscilla tra
0,12 e 0,2 m. Le guance Est ed Ovest
della cisterna sono foderate in blocchi
di forma rettangolare lisciati in faccia
vista. La malta di allettamento tra i
blocchi ha uno spessore che oscilla tra
0,15 e 0,25 m in orizzontale, e 0,2 m in
verticale. L’altezza e la profondità dei
blocchi sono costanti. Dimensioni
medie
dei
blocchi:
piccolo:
0,25x0,15x0,28
m;
grande:
0,40x0,15x0,28 m; Lo spessore dei
muri è di 0,9 m sul muro Nord, 3 m sul
muro Ovest. I muri est e sud non sono
riconoscibili perché interrati.
Mastio (2 sulla carta)
Struttura posta sulla sommità ed al
centro del pianoro orientata come la
cisterna che forma un rettangolo (12*8
m) e realizzata in blocchi calcarei
regolari alternati a coppi tra gli
interstizi. La tecnica di realizzazione
dei muri rilevata presso l’angolo sud
ovest è impostata su due filari di pietre
squadrate alternate ad un filare di coppi
vacuolati, allettati con abbondante
malta a grana grossa con numerosi
inclusi conchiliferi. Sulla parte
sommitale si riconosce un blocco
rettangolare di calcarenite ed un
frammento di macina in pietra lavica.
L’angolo orientale ha un filare di pietre
(altezza media 0,22/0,23 m) alternato
ad un filare di coppi vacuolati,
sistemati con uso abbondante di malta
(A sulla carta).
Il muro sud ha uno spessore di 2,80 m,
mentre il muro est è spesso 1,20 m. I
muri nord e ovest non sono visibili. A
Nord Est della struttura si trova un
apprestamento quadrangolare realizzato
a
doppio
paramento
(spessore
paramento esterno: 0,35 m) con
riempimento a sacco composto da
pietre di medie dimensioni, coppi e
malta con numerosi inclusi conchiliferi
e cocciopesto. A Sud della struttura, a
rinforzo del muro est dell’ambiente più
grande, corre un contrafforte con
profilo inclinato realizzato in blocchi di
grandi dimensioni appena sbozzati
posti in opera in filari regolari, allettati
con abbondante malta.
Terrazzamenti ad Ovest del mastio
La sommità del monte è sistemata a
gradoni nel versante ovest, con ricorsi
murari che formano due terrazzamenti.
Muro 3: delimita ad Ovest il terrazzo
mediano, in cui forse è stato realizzato
un passaggio. Ha una struttura con
filari orizzontali di blocchi sbozzati
(altezza 0,18 0,20 m), alternati a scaglie
di pietra o blocchi più piccoli che
creano superfici di allettamento
orizzontali. Si notano pochi coppi e
poca malta sul paramento esterno,
mentre il riempimento del muro
contiene abbondante malta20. Il
paramento interno del muro ha la stessa
tessitura di quello esterno, ma si
caratterizza per l’abbondante malta in
faccia vista.
20
Probabilmente la malta sulle superfici esterne ha
subito una forte erosione da parte degli agenti
meteorici.
10
Muro 4: Contrafforte (spessore 0,65 m)
realizzato con blocchi sbozzati di varie
dimensioni e abbondante uso di malta.
Gli interstizi sono riempiti con coppi
vacuolati. A Sud del muro 4 corre una
scarpa realizzata in pietrame minuto.
Muro 5: delimita ad Ovest il terrazzo
superiore sul quale si trova un ingente
crollo relativo alle strutture del mastio.
fig. 5: Campionature delle strutture murarie su
Monte Cesarò (foto e rilievi di Giovanni Polizzi)
Il muro è impostato sulla roccia viva,
con filari orizzontali di blocchi sbozzati
alternati a scaglie di pietra, mattoni e
blocchetti di piccole dimensioni che
creano superfici di allettamento
irregolari. Il legante è caratterizzato da
una malta ricca di calce ed inclusi
11
conchiliferi. La parte sommitale della
struttura è caratterizzata da un filare di
mattoni. Questo muro è impostato sulla
roccia viva che sembra non essere stata
regolarizzata.
Strutture a Sud della sommità.
Sul versante Sud si trovano alcune
strutture murarie che probabilmente
difendevano il fianco del monte. Tra
queste un impressionante muro che
corre per circa 100 m (solo il tratto
rilevabile attualmente) seguendo il
pendio orientale del monte. I salti di
quota sono superati con le murature che
in alcuni tratti superano i tre metri di
elevato, poggiano direttamente al suolo
naturale ed inglobano in diversi punti la
roccia. Nel punto più a valle, ad
oriente,
la
struttura
cambia
orientamento formando un angolo retto
con cui si lega al resto della cinta che
prosegue in direzione Nord.
Muro 6: si tratta di una struttura
realizzata con filari orizzontali di
blocchi sbozzati di medie dimensioni,
alternati a scaglie di pietra e blocchi di
piccole dimensioni. Abbondante malta
in facciavista e nel riempimento.
L’estremità orientale del muro, nel
punto in cui esso volge a nord, è
realizzata con una maggiore cura, con
ricorsi regolari di blocchi impostati
orizzontalmente e con un ordito più
fitto. Lo spessore del muro varia tra 1 e
1,30 m.
Muro 7: tessitura a filari orizzontali con
blocchi di grandi dimensioni alternati a
scaglie di pietrame minuto, il tutto
allettato in abbondante malta. Spessore:
0,95 m. La struttura è impostata sulla
roccia viva non lavorata.
Il mastio e le due cinte murarie,
sebbene presentino la stessa tecnica
costruttiva nonché contemporanea
realizzazione, ci informano sulla
qualità e sull’impegno tecnico di queste
opere. L’uso comparato delle fonti
scritte e l’analisi delle murature
permette di riconoscere in queste
strutture lo ḥiṣn di Idrisi21 mentre
l’assenza di coppe decorate a spirali
lascia ipotizzare che il sito fu
abbandonato entro gli inizi del XIII
secolo, in relazione alle rivolte.
A.A. - G. P.
Monte della Fiera
Si tratta di un rilievo che si
eleva fino a 971 metri posto sul
versante settentrionale che circonda la
Valle
dello
Jato.
L’estremità
occidentale del rilievo è cinta da un
muro che si conserva per un’altezza di
circa un metro e protegge un’area
(circa 200 m2) occupata da altre
strutture tra cui una cisterna in parte
scavata nelle roccia calcarea. Il muro è
realizzato in blocchi calcarei appena
sbozzati, con uso di malta e di pietrame
più minuto negli interstizi. La superfice
dell’intero monte è cosparsa in diverse
parti di frammenti relativi all’età
arcaica quali tegole a listello e
ceramica acroma o a vernice nera; solo
l’area prossima al muro appena
descritto presenta resti di ceramiche
medievali databili alla fine del XII
secolo. Si tratta di prodotti di fabbrica
palermitana quali catini emisferici con
orlo a breve tesa, catini con orlo
ingrossato a calotta ribassata, di
ceramica solcata e di alcune forme
21
La testimonianza dell’autore risale al 1150: AMARI
1880-81, I, p. 82
12
chiuse22. Come nei due siti precedenti,
l’assenza
di
alcuni
indicatori
archeologici,
fa
presumere
un
abbandono del sito tra la fine del XII ed
i primissimi del XIII. Per quanto
riguarda la natura dell’insediamento,
sia nel caso dell’età arcaica che in
quella
medievale,
possiamo
immaginare
l’esistenza
di
un
insediamento fortificato di natura
effimera utile esclusivamente al
controllo visivo della valle dello Jato e
della piana di Partinico. La notevole
altitudine del rilievo permette inoltre di
controllare il territorio fino ad Alcamo
verso Sud-Est e fino a Camporeale
verso Sud-Ovest.
Pizzo Mirabella
Sul punto più alto del rilievo di
Pizzo Mirabella, a quota 1164 m e su
un pianoro esteso per poco più di 400
m2, si trova un insediamento costituito
da due strutture rettangolari coperte con
volta a botte realizzate in pietra
calcarea sbozzata e legate con malta.
Rispetto alle notizie pubblicate nel
199423, constatiamo il disfacimento
delle strutture e diverse buche sul
terreno dovute all’attività di cinghiali
che non rendono agevole la
ricognizione al suolo. I frammenti
ceramici, non raccolti, sono molto
dilavati e poco indicativi; tuttavia
segnaliamo anche qui la presenza di
ceramica con rivestimenti vetrificati in
verde e decorazione solcata. Come nel
caso di Monte della Fiera, la presenza
di grossi contenitori per le derrate
lascia
immaginare
la
natura
dell’insediamento. La difficoltà di
LO CASCIO 2012, pp. 147-148. ALFANO – SACCO
2014, p. 20.
23
LO CASCIO – MAURICI 1994.
22
accesso sia attuale che nel passato, e la
notevole altitudine, non lasciano dubbi
sul ruolo strategico di questo punto di
vedetta sia per la Valle dello Jato che
per i monti della cintura palermitana.
Immediatamente a valle di Pizzo
Mirabella,
si
trovano
diversi
insediamenti tardoantichi e medievali
posti tutt’intorno alla Masseria Procura,
luogo di sosta e pedaggio per la
principale via che dallo Jato portava a
Palermo24. Allo stato attuale, tuttavia,
non siamo in grado di sostenere se il
sito sia sorto già alla fine del secolo XI
con l’arrivo dei Normanni o se abbia
avuto frequentazione solo in età
federiciana, durante le rivolte. La
ceramica è infatti poco dirimente in
questo caso. L’assenza di spiral ware o
invetriata da fuoco va in favore di un
abbandono già agli inizi del XIII.
Monte Pagnocco
Più chiara è la situazione del
fortilizio noto su Monte Pagnocco. Ad
una quota di 900 metri si trova la cima
del monte caratterizzata da un’area
pianeggiante di circa 600 m2
completamente
cinta
da
mura
riconoscibili anche dalle foto aree sia
storiche25 che moderne26. La struttura
segue il profilo del rilievo ed assume
una forma oblunga con una torre in
posizione
decentrata verso
est.
Purtroppo l’interro è notevole e le
strutture esposte sono concentrate sul
24
Diverse le UT (Unità Topografiche) rintracciate
durante le ricognizioni, il cui orizzonte cronologico
più consistente comprende i secoli X e XII: ALFANO –
SACCO 2014, pp. 14-16.
25
Si tratta delle foto IGM ’66-’68, Foglio 258,
Strisciata, XX, fotogramma 647 e della foto del volo
ATA ’87, Strisciata 44 B, fotogramma 28. Entrambe
consultate presso il CRICD di Palermo.
26
Basta osservare le foto di Google Earth, anche
quelle storiche a partire dal 2002.
13
lato settentrionale. Due filari di blocchi
calcarei sbozzati e legati da malta di
terra argillosa costituiscono la traccia
principale. Il sito era stato già
individuato e segnalato negli anni ’90 e
riconosciuto come uno dei possibili
luoghi dell’accampamento militare
fatto costruire da Federico II durante
gli anni delle rivolte musulmane27.
Oggi possiamo con buona
attendibilità ipotizzare che il
fortilizio costituisca uno dei luoghi
fortificati da cui si condusse
l’assedio alla musulmana Giato (in
arabo
Ğātū),
verosimilmente
realizzato per controllare gli
eventuali rifornimenti in arrivo da
Palermo28. Presenta infatti stessa
tecnica muraria delle strutture del
Castellazzo ed un recente smottamento
ha posto in luce ceramiche e vetri
databili alla prima metà del XIII
secolo; coppe decorate a spirali,
invetriata da fuoco di produzione
messinese e grossi contenitori per
liquidi. L’accesso al sito avviene ora
come in antico da un sentiero che si
snoda dalla Valle dello Jato. Il
collegamento diretto tra il Castellazzo
ed il fortilizio di Monte Pagnocco è
invece difficilmente praticabile a causa
delle
asperità
del
terreno
e
probabilmente solo piccoli gruppi di
individui
lo
percorrevano29.
27
MAURICI 1998, p. 43, nota 143.
MAURICI – ALFANO – MURATORE – SALAMONE –
SCUDERI 2014, p. 9; ALFANO 2015, in cds.
29
Abbiamo effettuato più percorsi possibili che si
inerpicano sulla montagna calcarea nel collegamento
tra Monte Pagnocco ed il Castellazzo. Sono due i
percorsi che si sono rivelati adatti ad una marcia a
passo spedito: uno (1.52 Km) che cavalca le creste
montuose ed un altro (1.61 Km) che sale direttamente
dalle falde di Monte Pagnocco e segue il rilievo
naturale. In entrambi i casi il tempo di percorrenza
28
Immediato è invece il collegamento
visivo fra i due siti.
Castellazzo di Iato
Sul pianoro noto dalle fonti
orali come “u Castiddazzu” si sono
rintracciate e scavate le strutture del
fortilizio di assedio realizzato nella
prima metà del XIII secolo. Gli assedi
avvennero tra gli anni 1223-1226 e nel
1246.
L’esistenza
di
questo
accampamento fortificato è attestata da
una serie di documenti di Federico II
dati in castris in obsidione Iati fra 1222
e 1224 e da un passo di una cronaca,
per quanto riguarda l’assedio finale del
1246. Tale fortilizio d’assedio, in
condizioni certamente migliori di
quelle attuali, fu visto nella prima metà
del XVI secolo dallo storico Tommaso
Fazello. Allo stato attuale non è
semplice distinguere fra la fase relativa
al primo e quella relativa al secondo
assedio anche per la presenza, negli
stessi strati indagati, di monete databili
ad entrambi i periodi, separati solo da
una ventina d’anni durante i quali non
sappiamo quale fu il destino del
fortilizio. É ipotizzabile che il grosso
della struttura fortificata non abbia
subito cambiamenti di grande rilievo
fra i due assedi. Le strutture occupano
un’altura
di
modestissima
modestissima altezza ma con ampia
sommità pianeggiante posta di
fronte alla porta orientale di Giato a
ca. 400 m di distanza in linea d’aria,
separata da un vallone relativamente
profondo. Sono stati rinvenuti due
tratti della cinta muraria che cingeva
il rilievo, tre torri ed alcuni ambienti
minimo, calcolato anche in ambiente GIS, è stato di 25
minuti.
14
addossati alla cinta sul lato interno.
La tecnica muraria
prevede
l’utilizzo di pietra cavata o raccolta
in loco ed utilizzata appena sbozzata
usando come legante malta di terra
argillosa. Due degli ambienti hanno
pianta quadrata mentre uno è
rettangolare;
quest’ultimo
si
caratterizza per la presenza di due
rocchi di colonna antichi con
probabile funzione di arredo mobile.
Da questo ambiente vengono poi
quattro dadi da gioco in avorio,
diversi frammenti di bicchieri in
vetro a bugne, fibbie e fermagli in
bronzo ed ancora 25 monete. Solo
qualche reperto riconducibile ad
armi. Ciò ha indotto a ritenerlo un
luogo con funzione di riposo e
distrazione per gli assedianti o una
parte privilegiata di essi. Dagli altri
ambienti provengono infatti in
massima parte resti di armi e oggetti
di corredo militare, oltre che
finimenti per cavallo. Si tratta di
quadrelle di balestra, punte di
freccia, fibbie per bardature, coltelli
ed altri oggetti di chiaro carattere
militare. Interessante anche la
presenza di una sepoltura, appena
fuori da un ambiente, forse relativa
ad un musulmano che avrebbe
potuto anche far parte della
compagine militare dell’imperatore.
Oltre ad avere il cranio orientato a SudEst, presentava un elemento di corredo
costituito da una piccola borchia in
bronzo dorato ed inciso con la figura di
un cavallo alato. Anche la ceramica, ad
esclusione di alcuni reperti di età
ellenistica relativi alla necropoli che
occupava l’area in precedenza, si
ascrive tutta alla prima metà del XIII
secolo. Si tratta nel 90% di frammenti
relativi a coppe decorate a spirali in
bruno e verde (spiral ware) di
produzione campana e di forme da
fuoco invetriate prodotte in area
messinese. La prosecuzione delle
indagini ha l’obiettivo di porre in luce
il sistema fortificato della parte
meridionale del pianoro dove si nota,
anche dalle tracce di microrilievo, la
presenza di una torre e di una rampa
d’accesso ricoperta da un lastricato30.
Il territorio
Come abbiamo già avuto modo di
sottolineare
il
territorio
rurale
circostante i fortilizi descritti risulta
essere ricco di testimonianze storiche
ed archeologiche già dalle più antiche
fasi preistoriche31. Durante il periodo
finale delle rivolte musulmane, si
riscontra tuttavia, come in altre parti
della Sicilia, un forte abbandono e
la nascita di piccoli insediamenti in
luoghi che sembrano non avere
avuto frequentazione più antica.
L’approdo di San Cataldo ha origini
molto antiche ed il suo uso perdura
fino al XIV secolo ed oltre.
Ceramiche di X – XIII secolo si
conservano presso la Biblioteca
Comunale di Partinico tra cui una
scodella carenata di produzione
palermitana decorata sul cavetto da
una figura di animale (Tav. III, 9)
ed un’anfora tipo Zisa D priva solo
30
Su tutto MAURICI et alii 2014; MAURICI et alii
2014a; MAURICI et alii in cds.
31
ALFANO – SACCO 2014; ALFANO – SACCO 2015.
15
del fondo. Dall’insediamento di c.da
Raccuglia
(1
sulla
carta)
provengono sia reperti di età antica
che medievale, nello specifico catini
emisferici con orlo a breve tesa
decorata a tratti in bruno e coppe
decorate a spirali databili tra XI e
XIII. Una fase di XIII secolo è
documentata anche sul Castellaccio
di Partinico (3 sulla carta)
immediatamente ad Ovest di Monte
Cesarò con ceramica decorata a
spirali ed anfore a larga imboccatura
ed ansa a nastro. Tra gli altri reperti
si segnala un elemento in bronzo
con una decorazione a forma di
croce latina (Tav. III). Da Case
Adotta (4 sulla carta) proviene una
scodella con rivestimento vetrificato
trasparente su ingobbio databile tra
fine XII e XIII (Tav. III, 8). A Sud –
Ovest di Monte Cesarò si trova
infine l’insediamento di c.da Santa
Caterina (2 sulla carta) in cui si
raccolgono sia ceramiche con
rivestimenti vetrificati di età
normanna che ceramica a spirali,
graffite e smaltate di XIII – XV
secolo. La presenza del porto di San
Cataldo ha certamente favorito, sui
siti della Piana di Partinico, il
perdurare
dell’insediamento
contemporaneo a quelli di Monte
Palmeto e Monte Cesarò. Situazione
molto diversa nelle valli dello Jato
e del Belìce Destro. Qui, la
creazione dei fortilizi sul Monte
Pagnocco e sul Castellazzo ed il
clima di rivolta hanno provocato un
abbandono delle campagne tranne
che in due piccolissimi insediamenti
la cui fase di vita può tuttavia
collocarsi agli inizi del XIII secolo,
poco prima della fase finale dello
scontro.
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