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NOTIZIE ARCHEOLOGICHE BERGOMENSI 18 2010 ISSN: 1127-2155 Periodico di Archeologia del Civico Museo Archeologico di Bergamo Tutti i diritti riservati Comune di Bergamo, Museo Archeologico La responsabilità di quanto riportato nel testo, nonché di eventuali errori e omissioni, rimane esclusivamente degli Autori. Autorizzazione del Tribunale di Bergamo, n. 32 del 27.11.1993 Direttore responsabile: Stefania Casini Segreteria di redazione: Cristina Longhi Sede: Civico Museo Archeologico di Bergamo, piazza Cittadella 9, 24129 Bergamo Proprietà: Comune di Bergamo Stampato da: Artigrafiche Mariani & Monti s.r.l. - Ponteranica (Bergamo) - luglio 2012 2 Notizie Archeologiche Bergomensi, 18, 2010, pp. 155-164 ISSN: 1127-2155 L’iscrizione di Roncone (Trento) nel quadro dell’epigrafia preromana in alta quota fra area retica e camuna Serena Solano Termine, sive lapis sive es defossus in agro/ stipes, ab antiquis tu quoque numen habes Tu, Termine, o sia un sasso o un tronco piantato nel campo / anche tu sei un nume sino dai tempi antichi (Ovidio, Fasti, II, 641-642) Roncone si trova nel comprensorio delle Valli Giudicarie trentine, nell’alta Valle del Chiese, a nord del lago d’Idro. Nella seconda età del Ferro le Valli Giudicarie costituiscono una sorta di area di “frontiera” e raccordo culturale1 fra il gruppo Fritzens-Sanzeno o retico, esteso fra Trentino, Alto Adige, Bassa Engadina e Tirolo Settentrionale e Orientale2 e il gruppo della cultura BrenoDos dell’Arca, proprio della Valcamonica, della Valtrompia e della Valtellina3 (fig. 1). Sulla base dei dati archeologici ed epigrafici e delle notizie delle fonti antiche4 è stato ipotizzato che nelle Giudicarie, così come nell’alto Garda, nella Valcamonica e nella Valtellina, fossero stanziate gentes Euganeae5. Fra questi popoli secondo Plinio oltre ai Camunni e ai Trumplini starebbero gli Stoeni, menzionati da Strabone (Στüνοι: IV, 6, 6) fra le popolazioni alpine insieme a Leponzi e Tridentini e da diversi autori moderni collocati nella Valle del Chiese, sulla base dei rimandi toponomastici con Vestone, Storo, Stenico6. Emblematici della situazione di commistione culturale del territorio nella seconda età del Ferro sono i complessi sacri di Stenico, località Calferi, frequentato dal Bronzo Medio alla prima età romana7 e di Monte San Martino ai Campi di Riva del Garda, in uso dalla seconda età del Ferro (almeno dal III sec. a.C.) alla tarda antichità8, dove nel repertorio ceramico dell’età del Ferro coesistono i principali fossili-guida delle due distinte facies culturali, i caratteristici boccali con depressione sotto l’ansa tipo Breno/Stenico-Dos dell’Arca e le tazze tipo Fritzens-Sanzeno. Tra i contesti di recente indagine si collocano Storo, località Sant’Andrea e San Lorenzo, dove ricerche condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Trento hanno portato all’individuazione di un luogo di culto e di un’area insediativa in uso tra la prima età del Ferro e l’età romana9 e Roncone, località Fontanedo, dove è stato portato alla luce un contesto insediativo con materiali databili dalla prima età del Ferro alla prima età romana10. Per quel che riguarda le iscrizioni preromane le Valli Giudicarie sono molto povere di dati. Una valutazione complessiva delle attestazioni epigrafiche dalle valli prealpine e alpine lombarde e trentine rivela immediatamente quali aree forti la Valcamonica (con circa 280 iscrizioni) e la Val di Non (circa 90) di contro alle restanti zone con una marcata scarsità di iscrizioni (una trentina in totale). L’evidenza, unitamente agli altri elementi offerti dai contesti indagati e dalla cultura materiale, conferma l’esistenza di due poli culturali originali intorno alla Valcamonica (dove si sviluppa la cultura di Breno- 1) Così F. Marzatico in CIURLETTI 2007, p. 181. Sull’argomento si veda anche il contributo di MIGLIARIOSOLANO c.s. 5) DE MARINIS 1992, p. 166 e 1999, pp. 124-125. 6) Fra gli altri PACI 2000, p. 442. 2) Sui Reti e il problema della loro localizzazione e identificazione si rimanda a GLEIRSCHER 1991 e MARZATICO 1999 e 2001. 7) PERINI 1969 e 1983; MARZATICO 1992. 3) Sul gruppo Breno-Dos dell’Arca si vedano in particolare gli studi di DE MARINIS 1989, 1992 e 1999. Contributi recenti in POGGIANI KELLER 2009 e SOLANO 2010. 9) Siti inediti oggetto di scavi nel 2006-2007 e 2010-2011 diretti da N. Pisu. I materiali sono in corso di studio da parte di chi scrive. 4) In particolare PLINIO, Nat. Hist., III, 133-135 che riporta Catone. 10) BELLINTANI et Al. 2008, pp. 148-162. Fra i materiali si segnala un boccale con decorazione a stampiglia riconducibile al tipo Lovere. 8) CIURLETTI 2007. 155 Dos dell’Arca) e alla Val di Non (epicentro trentino della cultura retica) e la gravitazione delle altre vallate verso l’una o l’altra facies culturale (fig. 2). Il corpus epigrafico preromano dell’areale compreso fra Val Trompia e Alto Garda e comprensivo delle Giudicarie annovera alcuni graffiti su ceramica (i più da Stenico e Monte San Martino), un’epigrafe funeraria con testo bilingue latino/leponzio (da Voltino di Tremosine), quattro iscrizioni in caratteri latini ma in lingua encoria (una da Sabbio Chiese e tre da Monte San Martino di Riva del Garda), un’iscrizione preromana su laterizio romano da Fig. 1: Principali popoli e culture nelle aree alpine e 11 Monte San Martino , un’iscrizione da Collio in prealpine in età preromana (da GLEIRSCHER 1991). Val Trompia e una da Roncone. Un’altra La stella indica l’ubicazione di Roncone. iscrizione preromana con caratteristiche affini a quelle delle Giudicarie è nella gardesana orientale, nella zona di San Vigilio, in comune di Garda (VR), sugli ultimi ripiani meridionali del Monte Baldo12. L’analisi dei dati mostra forti affinità con la Valcamonica e consente di attribuire le poche attestazioni note, con la sola eccezione dell’iscrizione bilingue da Voltino, piuttosto all’alfabeto camuno che non a quello retico. Nella maggior parte dei casi inoltre (così per Stenico, Monte San Martino e per Sabbio Chiese) l’uso della scrittura rimanda a significati o contesti cultuali. Le iscrizioni di Collio e di Roncone sono accomunate da una medesima sfortunata sorte, essendo entrambe avulse da un contesto archeologico di riferimento, disperse e note l’una solo da una riproduzione fotografica, l’altra da un disegno. L’epigrafe di Collio, segnalata per la prima volta da De Marinis13, è stata pubblicata recentemente da A. Morandi che nell’avanzare ipotesi di lettura e trascrizione e sottolineare la singolarità del luogo di rinvenimento, a 1900 m di quota, non lontano dai laghi di Ravenole (per altro interessati dal rinvenimento di tracce di industria litica del Mesolitico antico), afferma come all’infuori delle formule onomastiche non è dato isolare altro che possa restituire un verbo, una congiunzione, un termine del lessico, che ci indirizzino verso significati della sfera funeraria, oppure normativa (una pietra di confine?), oppure onoraria14. L’iscrizione di Roncone, oggetto di una pubblicazione nel 197815 è nota solo grazie a un disegno a matita su foglio-cartoncino di 15x22 cm, donato da tal Corrado Ravagni de Probizer di Isera al Museo Civico di Rovereto e tuttora ivi conservato16 (figg. 3-4). Oltre alla riproduzione della sagoma della pietra e delle lettere iscrittevi, vi sono sul retro alcune annotazioni: pietra trovata al Doss dei Morti, con scrittura etrusca, nel settembre 1916, di un calcare stratificato di cui si trovano giacimenti colà. L’originale è in possesso di un tenente ungherese di cui segue l’indirizzo… Nell’edizione del 1978 l’autore (A. Rigotti che si limita a una sintetica presentazione) per la lettura epigrafica si avvale della collaborazione di C. Sebesta, il quale si concentra sull’analisi dei segni, trovando corrispondenze sia in ambito retico (Montisei di Serso) sia in area camuna (a Naquane, a Crap di Luine e nei grafemi incisi sulla ceramica dal Dos dell’Arca) e propone la trascrizione teuth // ithu, con un suggestivo rimando al tema deiuo- oppure ad una voce teuta (fig. 6). 11) Per le iscrizioni di Monte San Martino si vedano i contributi di Sebesta (che ha studiato i graffiti su ceramica) e Valvo (cui si deve lo studio delle epigrafi in caratteri latini ma in lingua preromana) in CIURLETTI 2007. L’importante iscrizione in alfabeto camuno su laterizio romano, già presentata in CIURLETTI 2007, è stata studiata recentemente da S. Marchesini. Nel santuario di Monte San Martino erano anche iscrizioni preromane graffite su intonaco, notate dai primi scopritori del sito e purtroppo perdute, registrate solo da alcune fotografie (CIURLETTI 2007, p. 51). 12) GAGGIA-PASOTTI 1976, pp. 197-198. L’iscrizione fa parte di un complesso inciso a tecnica filiforme con figure di 156 armati con scudo e elmo a calotta. Nell’analisi dell’iscrizione gli autori osservano le affinità con le iscrizioni camune. 13) DE MARINIS 1999, p. 124. 14) MORANDI 2006, p. 25. 15) RIGOTTI 1978. 16) Archivio Fotografico del Museo Civico di Rovereto n. 6757/ 47. Il disegno faceva parte della corrispondenza del padre di Corrado Ravagni, Carlo, medico condotto a Roncone dal 1918 al 1929, appassionato di storia locale. Fig. 2: Grafico comparativo del numero di iscrizioni preromane attestate nelle vallate alpine trentine e lombarde (© SOLANO 2010). Alla luce di quanto oggi noto, grazie anche alla scoperta di una dozzina di alfabetari in ambito camuno, si propongono in questa sede alcune considerazioni aggiuntive, alcune varianti nella lettura dei singoli grafemi e soprattutto alcune riflessioni circa il contesto di rinvenimento e il significato “territoriale” dell’iscrizione. Già De Marinis nel 1999 sottolineava l’importanza dell’iscrizione di Roncone osservando come la presenza del tipico segno ad alberello indicante la lettera “z” ci assicura che non rientra nel novero delle iscrizioni retiche redatte nell’alfabeto di Bolzano, ma in quelle di tipo camuno17. Tentiamo dunque di aggiungere alcune informazioni a quanto finora detto. Pur nella consapevolezza dei limiti della documentazione di base, i tratti abbastanza sicuri del disegno suggeriscono che le incisioni fossero agli occhi dello scopritore o di chi ad un certo punto l’ha riprodotta a disegno ben leggibili e chiare, evidenza confermata dalla verosimiglianza dei segni che possono essere ricondotti a grafemi già presenti nel repertorio noto e che tuttavia, nell’insieme/parola hanno una loro originalità. Non vi sono dunque motivi per credere che il disegno non sia autentico e derivante da un’iscrizione reale che possiamo solo in via ipotetica immaginare non troppo diversa nella sostanza e nelle dimensioni dalla riproduzione, fermo restando che in assenza di un riscontro sull’originale rimane comunque un ampio margine di incertezza in merito alla corretta trascrizione di alcuni grafemi18. La resa dei segni nel disegno suggerisce che l’iscrizione fosse realizzata con tecnica filiforme o graffita a polissoir, tecniche per altro diffuse tanto in area camuna quanto in ambito retico, impiegate anche nei già citati casi di Collio, Monte San Martino e del Monte Baldo e frequenti in Valcamonica, come ben attestato a Piancogno, Sellero-Pià d’Ort, Foppe di Nadro, Berzo Demo, Cevo. La lettura che si propone ha andamento sinistrorso, con visione capovolta rispetto a quella di Sebesta e a quella suggerita dalla scritta corsiva presente sul disegno al di sotto dell’iscrizione19 (fig. 7). Il primo grafema, l’asta verticale con trattino obliquo verso l’alto, non si presta ad 17) DE MARINIS 1999, p. 124. 18) In diverse occasioni sono state sottolineate anche da chi scrive le problematiche connesse alla documentazione e alla corretta rilevazione delle iscrizioni su roccia, là dove un semplice trattino in più o in meno ne può modificare sostanzialmente la lettura e l’interpretazione (si veda SOLANO c.s.). 19) Si tratta di una breve annotazione corsiva probabilmente in lingua ungherese (fir ma? note su data e momento dell’esecuzione del disegno?). 157 Fig. 3: L’iscrizione preromana da Roncone come riprodotta nel foglio-cartoncino conservato a Rovereto (Archivio Topografico del Museo Civico di Rovereto n. 6757/47. Riproduzione su gentile concessione della direzione del Museo). interpretazioni univoche: il segno, che compare in Valcamonica negli alfabetari di Foppe di Nadro dopo le nasali, a Piancogno, sulla roccia 16 di Naquane, al Pià d’Ort 24, 1 e 24,3 e su alcuni frammenti ceramici dal Dos dell’Arca, viene variamente risolto dagli studiosi come i, l, n, t, u20. Il secondo grafema è una e a tre tratti. Seguono un segno a V aperta con trattino verticale centrale e separato, interpretabile come a, come attestato ad esempio in area retica a Montisei di Serso, a Sanzeno, al Rungger Egg21, quindi il diffuso segno “a doppia freccia”, presente negli alfabetari camuni in posizione ricorrente fra r e t e perciò equivalente ad una sibilante (variamente risolta come s o z). Seguono una i a barra verticale e quindi tre puntini allineati in verticale, secondo una formula presente anche a Monte San Martino, a Cevo, a Berzo Demo, che si ritrova sull’iscrizione della Schnabelkenne di Castaneda e che è frequente anche nelle iscrizioni leponzie22. Dubbia rimane ancora la funzione dei puntini, per altro presenti anche in combinazioni numeriche e dispositive diverse: particella aggiuntiva a corollario delle iscrizioni? Segni di interpunzione? convenzionali sistemi di divisione delle parole? simboli para-alfabetici? Oppure lettere vere e proprie? Il grafema successivo, reso da Sebesta come una doppia sbarra verticale breve e parallela, secondo una soluzione per altro attestata sia in ambito camuno che retico, potrebbe essere invece una p resa con due trattini verticali uniti da uno orizzontale alla base (come sembrerebbe suggerire il disegno a matita), segno ricorrente ad esempio in Valcamonica a Berzo Demo. 20) PROSDOCIMI 1971, p. 50; MANCINI 1980; BELLASPIGA 1995, pp. 178-179. 21) GLEIRSCHER-NOTHDURFTER-SCHUBERT 2002, Taf. 111:22. 22) Sugli alfabetari camuni si veda TIBILETTI BRUNO 1990; 158 per confronti fra iscrizioni retiche e camune si vedano TIBILETTI BRUNO 1978, MANCINI 1991. Per le iscrizioni camune di Cevo si vedano MORANDI 2004 e 2009 e POGGIANI KELLER-MORANDI-SOLANO 2011; per Berzo Demo si rimanda a SOLANO-MARRETTA 2006 e 2009. L’edizione completa del complesso di Berzo Demo (circa 80 iscrizioni) è prevista entro il 2012. Fig. 4: Particolare del retro del foglio-cartoncino conservato a Rovereto con indicazioni circa il rinvenimento dell’iscrizione (Archivio Topografico del Museo Civico di Rovereto n. 6757/47. Riproduzione su gentile concessione della direzione del Museo). Seguono infine una i, un’altra sibilante a doppia freccia, un’altra a del tipo a V aperta con trattino centrale. Sono lievemente più grandi e non allineati e forse da considerarsi in qualche modo separatamente rispetto alla sequenza finora descritta una i obliqua all’estremità sinistra del disegno e due segni “a cappello di gendarme” resi con V rovesciate e tratti verticali al centro (il secondo in modo “frettoloso” e con i tratti uniti). Il segno ricorre in Valcamonica su ceramica in un frammento dal Dos dell’Arca e in un altro dal santuario preromano di Spinera di Breno e in maniera isolata a Berzo Demo23. Si ritrova anche in area retica su un frammento ceramico dal rogo votivo del Rungger Egg24. Le ricorrenze, mai all’interno di parola, sembrano indicare che il segno abbia una valenza paralfabetica o simbolica. Nel caso di Roncone è interessante osservare la disposizione quasi simmetrica dei due segni in una sequenza di otto grafemi divisi esattamente a metà dai tre puntini allineati. Se questo fosse intenzionale e posto per esigenze di interpunzione la prima parola (?eas) terminerebbe in -as (o-az), secondo una desinenza ampiamente attestata in ambito camuno. In sintesi, mentre l’analisi puramente stilistica dei grafemi mostra per l’iscrizione di Roncone da un lato evidenti affinità con l’epigrafia camuna e dall’altro proiezioni verso il mondo retico, la lettura rimane dubbia e diverse le soluzioni possibili (le più plausibili ci paiono teas : pisai o leas : pisai). Dal punto di vista semantico, come per la maggior parte delle iscrizioni camune e retiche risulta difficile avanzare concrete proposte interpretative. Alcune informazioni in più sul contesto di rinvenimento ci sembrano piuttosto utili a meglio comprendere l’importanza del reperto e a tentarne una proposta funzionale. Innanzitutto dalle annotazioni sul retro del cartoncino conservato a Rovereto apprendiamo come la pietra sia stata scoperta da un tenente ungherese sul Doss dei Morti. Il luogo del rinvenimento, che viene semplicemente nominato ma su cui non ci si sofferma nell’edizione del 1978, ci sembra possa costituire elemento chiave per l’interpretazione del reperto. Con il toponimo Doss dei Morti viene ancora oggi indicato un dosso alle spalle di Roncone, alla considerevole quota di 2183 m s.l.m. 23) PROSDOCIMI 1971, p. 50, 15.39-5 SD; SOLANO 2010, p.70, tav. IV:11. 24) GLEIRSCHER-NOTHDURFTER-SCHUBERT 2002, Taf. 81:2, Taf. 111:8. 159 Lo scopritore (verosimilmente il tenente ungherese citato nel cartoncino) era impegnato evidentemente nelle operazioni belliche che interessarono l’area durante la Prima Guerra Mondiale. Il territorio era infatti anche in quel periodo una zona “di frontiera”, in questo caso militare, in quanto vi correva la linea di confine tra il fronte italiano e quello austriaco. Della Guerra sulle montagne rimangono nei pressi di Roncone capisaldi, trincee, camminamenti, forti (Forte Larino a m 725 s.l.m. e Forte Corno a m 1100 s.l.m). Il Dosso dei Morti era già evidentemente noto come tale nel 1916, circostanza che esclude una connessione tra il toponimo e le tragiche vicende del conflitto mondiale. Degno di nota appare osservare come sulla base degli storici locali e di documenti d’archivio con riferimenti a eventi del 1200 e Fig. 5: Carta di distribuzione delle iscrizioni preromane del 1300, il toponimo sia collegato a motivazioni camune, retiche di Bolzano e di Magrè: iscrizioni in remote legate ad annose dispute confinarie fra alfabeto camuno; iscrizioni retiche in alfabeto di la comunità di Roncone e quelle dei paesi Bolzano; iscrizioni in alfabeto di Magrè; * iscrizioni in alfabeto latino in lingua preromana (© SOLANO 2011). contermini sull’uso e lo sfruttamento dei pascoli in quota 25 . Ancora una volta dunque una situazione di confine accomuna il nostro territorio e forse proprio in questa direzione può essere ricercata la ragione della nostra iscrizione. Confronti con situazioni analoghe di iscrizioni su roccia in alta quota sia in età preromana che romana conducono nella maggior parte dei casi a motivazioni sacre o confinarie. Iscrizioni preromane in alta quota sono note in area veneta26. Nel 1866 fu rinvenuta un’iscrizione nel territorio di Colle S. Lucia (BL), sul Monte Pore, a 2100 m sl.m. La notizia di altre stele sul luogo, poco distante da un piccolo giogo dove passava un antico sentiero e la vicinanza di antiche miniere di ferro lasciano ancora dubbia l’effettiva valenza dell’iscrizione, inizialmente caricata di un significato funerario. Un’altra iscrizione è stata rinvenuta nel 1999 a Mondeval di Sopra di San Vito di Cadore (BL), nei pressi di un laghetto a circa 2281 m s.l.m. Pur non potendo escludere l’eventualità di un uso funerario la lastra, trovata in un contesto con distese pascolative, la presenza delle forcelle e la ricchezza d’acqua sono tutti aspetti che sembrerebbero piuttosto avvalorare una interpretazione, del tutto ipotetica, in chiave di dedica alle divinità delle greggi e degli armenti o dei passi o dell’acqua, secondo l’accezione di una religiosità legata ai luoghi, alle stagioni, alle azioni27. Sempre in area veneta l’uso della scrittura in alta quota è documentato da diverse laminette bronzee iscritte, provenienti da Monte Calvario di Auronzo di Cadore (BL), a quota 928 s.l.m., trovate in associazione a materiale bronzeo a carattere votivo di età preromana e romana (simpula, dischi figurati, monete), testimonianza di un culto preromano e poi romano posto sulla sommità del monte, a controllo di un antico e importante tracciato viario28. Altrove, in area retica, una decina di iscrizioni rupestri sono state realizzate in una fenditura rocciosa ai piedi dello Schneidjochs, a 1440 m di altitudine, nei pressi di una sorgente e a poca distanza dal collegamento tra due laghi29. 25) Nella pubblicazione locale Genti di Praso, 1998 si legge: Un tempo il paese di Roncone faceva parte della giurisdizione della Pieve di Bono, anche se le acque del torrente Reveglèr erano da sempre il tradizionale confine tra le genti di Roncone e Lardaro (quelli “sopra Reveglèr”) e le genti di Pieve, di Praso e di Bersone (quelli “sotto Reveglèr”). Insomma: annose dispute di territori e di confini laceravano la vita per altro tranquilla e prosperosa della zona. Alla fine, dopo lunghe e accese discussioni, venne deciso di staccare il territorio di Roncone da quello della Pieve di Bono, creando giurisdizioni ben distinte. […] Quando però un giorno i pastori e i contadini di Roncone s’imbatterono, in vetta al monte, con i pastori e i contadini di Pieve, dalle parole si passò ben presto ai fatti… […] Non a caso, a ricordo e a monito di quel tragico scontro, il monte in questione si chiamò, e si chiama tutt’oggi, il Dosso dei Morti. Una nota di testo recita: Su un manoscritto di sette 160 fogli, proveniente da un archivio privato e intitolato Breve panoramica della preistoria, si legge che il Dosso dei Morti ha avuto tale nome perchè vi si combatté una fiera lotta per il suo possesso tra i cittadini di Praso e di Roncone e ciò avvenne verso il 1200. 26) Si veda Akeo, pp. 202 e ss. 27) Cosi G. Gangemi in Akeo, p. 204. 28) Akeo, pp. 222 e ss. 29) MANSEL 2011 con bibliografia precedente. Fig 6: Rilievo dell’iscrizione secondo la trascrizione a disegno proposta da Sebesta (da RIGOTTI 1978). Fra i contesti recentemente indagati, si segnala per la singolarità della posizione e l’abbondanza di iscrizioni il caso di Carona, in Val Camisana, nella Bergamasca. Alla quota di 2248 m s.l.m. è stata individuato un masso con segni e iscrizioni databili alla seconda età del Ferro, a epoca medioevale e post medioevale. L’analisi linguistica delle iscrizioni preromane, in alfabeto leponzio, ha permesso di riconoscere la presenza di un culto celtico al dio delle vette Pennino30. Il dio aveva un luogo di culto ben conosciuto nell’antichità al Passo del Gran San Bernardo (in Alpe Poenina) e venne assimilato e interpretato in età romana da Giove. Dediche a tale divinità sono state rinvenute altrove in alta quota nel Vallese svizzero a 2650 m sl.m. e sembrebbero collegate a santuari di passo. In età romana sono frequenti santuari di transito sui passi alpini e appenninici, spesso su precedenti indigeni, come attestato ad esempio in Valle d’Aosta anche sul Piccolo San Bernardo (in Alpe Graia), al Passo di Resia, sullo Julerpass e ancora nell’Appennino sul Monte Tifata. Oltre all’idea del sacro legata al superamento delle alte vette, alcune famose iscrizioni rupestri alpine (tre iscrizioni sul Monte Civetta fra i 1750 e i 1875 m s.l.m.; un’iscrizione sul Monte Pergol, Lagorai a 2019 m s.l.m.)31 e diversi passi dei Gromatici antichi relativi a pascua, communia, compascua e silvae32 indicano come con la romanizzazione i terreni d’altura, così come le zone pianeggianti, siano stati oggetto di attente operazioni di misurazione e definizione in relazione a forme di gestione e utilizzo comunitario e privato. La regolamentazione romana interessò anche forme preesistenti di sfruttamento del suolo, che dovettero adeguarsi alle norme del ius civile romano. Sul terreno, iscrizioni e termini bene visibili marcavano le linee di confine, che potevano essere segnalate da elementi del paesaggio naturale (fiumi, modeste alture) o da segnali artificiali (strade, monumenta), fra cui grandi pietre o massi infissi al suolo. Igino (Constitutio Limitum, in Grom. Vet. p. 198 L) raccomanda che in montagna, sulle rocce con funzione confinaria, siano posti segni o iscrizioni. Di queste operazioni di confinazione la più nota e dettagliata è ricordata da una famosa iscrizione su tavola in bronzo, nota come Sententia Minuciorum o Tavola di Polcevera dal luogo di rinvenimento (una vallata estesa dalla fascia costiera ligure poco a ovest di Genua fino al crinale appenninico). Datata al 117 a.C. in base alla menzione della coppia consolare eponima, la tavola reca la sentenza di un arbitrato emesso dal senato romano in merito al possesso e all’utilizzo di un’ampia fascia territoriale oggetto di controversia fra la comunità di Genua e alcune tribù confinanti33. Nella direzione di forme di definizione dei confini e di controllo territoriale ci sembra possa andare anche l’interpretazione di alcune iscrizioni preromane su roccia rinvenute isolate ad altitudini elevate (come nel caso di Roncone), a volte su crinali che fungono da spartiacque fra vallate diverse, dove la necessità e la volontà di razionalizzare e marcare interessi e diritti diversi di 30) CASINI-FOSSATI-MOTTA 2010, pp. 80-84. demarcazione territoriale fra le comunità municipali di Tridentum e di Feltria (CAVADA 1992; MIGLIARIO 2002, pp. 63-64). 31) Le iscrizioni del Monte Civetta (probabilmente in origine quattro) indicavano i confini tra le comunità di Bellunum e di Iulium Carnicum (BUCHI 1992; MIGLIARIO 2002, pp. 63-64). L’iscrizione del Monte Pergol segnala un tratto della 32) Sull’argomento di veda MIGLIARIO 2002, con bibliografia precedente. 33) MENNELLA 1998 e 2004; PASQUINUCCI 2004. 161 Fig. 7: Rilievo dell’iscrizione da Roncone dal disegno conservato al Museo di Rovereto (rilievo S. Solano). sfruttamento delle risorse minerarie, dei pascoli e dei sentieri nei paesaggi di altura, teatro importante di incontro fra comunità di valli limitrofe, si sommano al senso di mistero e di sacralità da sempre insita nella frequentazione delle terre alte e nel superamento delle vette. La necessità di spiegare e considerare in un più ampio contesto territoriale le iscrizioni in alta quota è negli ultimi anni resa sempre più evidente e necessaria, a seguito di eccezionali situazioni di rinvenimento, quali il già citato caso di Carona nella Bergamasca e, in Valcamonica, i complessi di Berzo Demo, località Loa e di Cevo-Dos del Curù. A Berzo Demo su un crinale montuoso tra i 1150 e i 1200 m s.l.m. sono state recentemente documentate rocce con figure di lance e armati e un’ottantina di iscrizioni, in alcuni casi disposte in lunghe seriazioni, quasi esercizi di apprendimento alla scrittura, in un contesto verosimilmente sacro, frequentato tra tarda età del Ferro ed età romana34. A Cevo, Dos del Curù alcuni massi incisi sono stati rinvenuti in associazione a strutture abitative riferibili ad un villaggio minerario posto a 2000 m di quota. La singolare posizione del sito, in un’area di miniere di rame e siderite e caratterizzato da distese pascolative ancora oggi luogo d’alpeggio estivo, e la natura di alcune iscrizioni, in relazione con quelle di Berzo Demo, arricchiscono il quadro di conoscenza della Valcamonica fra età del Ferro e romanizzazione e offrono nuovi dati e spunti di riflessione sullo studio della diffusione e della conoscenza della scrittura e sull’interpretazione delle forme di frequentazione antica dei siti d’altura35. Serena Solano Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia Via De Amicis 11 I-20123 Milano serenarosa.solano@beniculturali.it Una preliminare versione del presente contributo è stata presentata al Symposium di Valcamonica 2011 ed edita nei Pre-atti. Ringrazio il dott. F. Finotti e la dott.ssa B. Maurina, direttore e conservatore del Museo Civico di Rovereto, per avermi permesso di visionare il disegno originale dell’epigrafe di Roncone. 34) MARRETTA-SOLANO 2006; SOLANO-MARRETTA 2006 e 2009. 162 35) POGGIANI KELLER 2008; MORANDI 2004 e 2009; POGGIANI KELLER-MORANDI-SOLANO 2011. Summary The inscription of Roncone (Trento) in the context of preroman epigraphy on high altitude mountains between Raetian and Camunian regions. This paper deals with some inscriptions on movable rocks found in the Giudicarie Valleys of Trentino, in an area marked by the cultural border between the Raetian and Camunian regions. Such inscriptions are clearly linked to the ones discovered in Valcamonica. The characteristics and especially the position of the inscriptions suggest some interesting considerations about the possible role played by signs carved on high altitude mountains. The cultural interpretation underlines the sacred meaning of the rock art sites on mountain tops, explaining them as passage sanctuaries, or more generally sacred areas associated with nature and mountain. In addition to this interpretation, the practical function of such engraved rocks is more and more evident to the archaeologist. The carved signs could be used to mark a border, relating to the control and exploitation of the mineral resources, to the right of using pasturelands, and to the definition of some precise rules for the use of the territory. Riferimenti bibliografici Akeo 2002 AA.VV., Akeo. I tempi della scrittura. Veneti antichi. Alfabeti e documenti, Catalogo della mostra (Montebelluna, 2002), Cornuda (TV). BELLASPIGA L. 1995 Le iscrizioni nordetrusche, in U. SANSONI-S. GAVALDO (a c. di), L’arte rupestre del Pià d’Ort. La vicenda di un santuario preistorico alpino, Capo di Ponte, pp. 177-183. 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