Diana Nemorensis

Nuovi spunti interpretativi sui siti e sui culti delle valli d'Ansanto. In area ed in epoca osco-sannitica con ragionevole certezza la Mefite che "si mostra" nelle valli d' Ansanto è il luogo per eccellenza, il sito sacro per antonomasia. "Monstrum" ossia raro fenomeno visivo e sensoriale degno di essere "portato a vedere, mostrato", spiraculum, omphalos o umbilicus 1 , cataracta, ossia punto di interconnessione immediata tra il regno degli Inferi e quello dei Superi, il sito, per la poliforme interpretabilità che scaturisce prevalentemente dalle sue peculiarità geomorfologiche, rappresenta un unicum nel contesto italico meridionale. Siamo in presenza di un laghetto circolare dalla cui superficie emergono visibilmente esalazioni sulfuree; tutt' intorno un intenso odore di zolfo si disperde all'interno della folta vegetazione. Possibile ancora prendere in prestito le parole del più celebre visitatore dell'antichità, poiché sorprendentemente, dopo duemila anni, sono fedele riproduzione di quello che ancora oggi grossomodo si rileva: "C'è un luogo nell'Italia del centro tra alte montagne celebre ed in molte regioni famoso: le valli d'Ansanto. Tutt'intorno stringe l'oscuro confine di un bosco denso di ricco fogliame, nel mezzo un torrente impetuoso manda sonanti fragori di sassi e frenetici gorghi. Qui si mostra un'orrenda spelonca, spiraglio del crudele Dite, un baratro immenso, dal quale s'immerse Acheronte, apre mefitiche gole: laggiù scomparve l'Erinni, nume odioso e di sé liberò il cielo e la terra" 2 La descrizione nella sua parte iniziale, non v'è ombra di dubbio, coincide con quella del laghetto sulfureo noto ancora oggi con il nome di "mefite", ubicato nel territorio dell'attuale Rocca San Felice in Irpinia, sul confine con Frigento e Villamaina. Si precisi subito che Virgilio scrive di "valles Amsancti", utilizzando il nominativo plurale e non, a mio giudizio, un nominativo singolare arcaico, per cui credo opportuno premettere che il locativo "Amsancti" non vada ad intendersi come riferito ad un'unica vallata, bensì a due-tre vallette contigue, le valli sacre dell'Ansanto: la valle primaria (divinatoria-mortifera) in cui sorge il laghetto della Mefite a Rocca San Felice, la valle dei Bagni (salutifera), ove vi è la sorgente primaria delle terme di Villamaina e probabilmente anche la vallata (salutifera) più aperta nel tenimento di Frigento detta oggi delle "mefitelle-mefitinelle" in cui sono visibili manifestazioni di evaporazione gassosa-sulfurea di minore intensità ma di uguale consistenza che danno luogo ad un fenomeno di apparente ebollizione in pozze d'acqua più piccole e frastagliate. 1 Serv. ad Aen. 7, 563 : ITALIAE MEDIO: hunc locum umbilicum Italiae chorographi [historiographi] dicunt. Est autem in latere Campaniae et Apuliae, ubi Hirpini sunt, et habet aquas sulphureas [sulphuratas], ideo grauiores, quia ambiuntur siluis. propter hoc autem illic aditus esse dicitur inferorum, quia grauis odor iuxta accedentes necat, adeo ut uictimae circa hunc locum non immolarentur, sed odore perirent ad aquam adplicatae. et hoc erat genus litationis. sciendum tamen Varronem enumerare quot loca in Italia sint huius modi : unde etiam Donatus dicit locum istum quem describit poeta Lucaniae esse, circa fluuium qui Calor uocatur : quod ideo non procedit, quia ait « Italiae medio ». 2 Verg, Aen. VII,562 ssg. Tutte le traduzioni dal latino sono dell'autore.

Analecta Romana Instituti Danici. Supplementa. (L'Erma), 29

A Catalogue of Sculptures from the Sanctuary of Diana Nemorensis in the University of Pennsylvania Museum, Philadelphia; Catalogue; Appendix 1; Appendix 2; Bibliography and Abbreviations.

[FR] Le présent article vise à proposer une hypothèse sur la reconstruction de l'histoire d'un personnage "not otherwise known" (M. Crawford), le magistrat monétaire P. Accoleius Lariscolus (43 a.C.). Ce dernier appartient à une gens dont l'existence est seulement attestée par quelques monnaies (RRC 486/1) et découvertes épigraphiques. L'absence de preuves historiques sur ce personnage nous contraint à une analyse approfondie des sources matérielles: le denier et son effigie d'une part, considérés par beaucoup comme des sources d'informations pour aborder l'oeuvre du monétaire; des documents épigraphiques et monétaires d'autre part, qui sont autant d'éléments déterminants pour la recherche de l'origine de la famille et de la date d'émission de la monnaie. À travers l'analyse des trésors connus, un contexte d'émission conforme à la datation proposée par Cavedoni émerge alors: celui de la troisième Guerre Civile. L'hypothèse d'une implication de P. Accoleius dans ce conflit serait enfin étayée par une dédicace extra-italienne, faite par l'un de ses proches, qu'il aurait probablement rejoint à Philippes à la suite des armées du triumvirat.

l Santuario di Diana Nemorensis fu un importantissimo sito religioso. Nel V secolo a.C. lo spazio adibito a culto doveva essere un semplice Lucus, bosco sacro, per essere poi edificato in forma monumentale nel I secolo a.C.

Grazie ai reperti rinvenuti sulla terrazza superiore sappiamo che qui la Dea veniva venerata in un'immagine tricorpore, nel triplice aspetto di cacciatrice, protettrice delle nascite e divinità ctonia. Oltre la Dea nel Santuario erano venerate altre divinità, come la ninfa Egeria, Virbio, Iside e Babastide.

Una figura di gran rilievo nella tradizione del Santuario è quella del Rex Nemorensis, sacerdote del tempio e sposo simbolico della stessa Diana.

Trovo SCANDALOSO che il succitato e importantissimo sito risulti incustodito e divorato da incuria e abbandono.
Il tabellone, dov'è illustrata la storia e la funzione che il Santuario ebbe negli anni, è irraggiungibile essendo circondato da rovi e arbusti.
Gli scavi, coperti da un gazebo, sono totalmente privi di norme di sicurezza.
La scaletta per accedere alle rovine è scivolosa, piante crescono tra i gradini e intorno al perimetro dello scavo, i mosaici sono in parte riparati da una copertura sintetica che però non li protegge appieno e, come se tutto ciò non bastasse, è da denunciare l'uso improprio che viene fatto dell'altare scenario di offerte, fiori e frutta, ad una PseudoDiana.
A nulla sono servite le denunce esposte dalla Sovrintendenza delle Forze dell'ordine.
Questa è un'altra delle innumerevoli prove che testimoniano un totale disinteresse da parte delle Istituzioni competenti verso i beni culturali- cuore e spirito vivo della nostra terra- e dovrebbe essere loro compito non solo la messa in sicurezza del sito, ma una profonda rivalutazione dell'intera area.

20. yüzyılın başlarında, İskoç antropolog Sir James Frazer'ın üç kitap halinde yayımladığı “The golden bough” serisi ile birlikte, Diana Nemorensis kültü antropoloji ve sosyoloji camiasında dikkat çekmiştir. Zamanla Robert Graves ve Carin Green gibi birçok akademisyen ve tarihçi tarafından ele alınarak çalışma konusu olmuştur. Yapılan bu çalışmalar çoğunlukla kültün kökeni, tapınımı ve Diana Nemorensis’in kimliği üzerine olmuştur. Alföldi ise 1960 yılında yaptığı çalışmayla Octavian ile başlayan ve MS 3. yüzyıla kadar kimi imparatorluk sikkelerinde darp edilen, Tanrıça tasvirli sikkeleri inceleyerek bir tipoloji oluşturmaya çalışmıştır. Diana Nemorensis tasvir sanatına genellikle üçlü tanrıça ve atribütü olan servi ağacı ile birlikte yansımıştır. Bu çalışmada ise aynı dönemde Lydia’daki Acrasus, Mastaura ve Mostene kent sikkelerinde görülen servi ağacının Diana Nemorensis kültü ile ilişkisi ele alınacaktır. Bu bağlamda öncelikle Diana Nemorensis kültünün mitolojisi ve antik dönemdeki varlığı kısaca incelenecek ve daha sonra atribütleri açısından yansımaları, Lydia sikkeleri kapsamında tartışılacaktır.

This paper deals with the presence of the goddess Diana within Ovid’s Ars Amatoria. In particular, it analyses the two passages in which the poet refers to the goddess: despite their literary complexity and refinement, these passages have never been fully and deeply studied until now. In this case, together with an analysis of the verses themselves, they will be seen also through the clarification of Greek literary tradition, which is much more present in Ovid’s text than it is usually admitted. The portrait of Diana in the Ars Amatoria, in conclusion, is rather unique, and it finally deserves the attention that it lacked within Ovid’s commentaries.