Questo articolo propone una ricostruzione di 40 sequenze di velature storiche, presenti in buona parte delle scuole europee tra XV e XVIII secolo. Lo scopo principale è quello di documentare visivamente l'aspetto delle sovrapposizioni...
moreQuesto articolo propone una ricostruzione di 40 sequenze di velature storiche, presenti in buona parte delle scuole europee tra XV e XVIII secolo. Lo scopo principale è quello di documentare visivamente l'aspetto delle sovrapposizioni cromatiche utilizzando pigmenti e coloranti storici che, molto spesso, soffrono un degrado tale da non consentire l'osservazione nel loro aspetto originario. Oltre a questo, si intende mostrare quanto queste e le velature possano alterare la percezione del colore soggiacente. Si è quindi fatto ricorso alle fonti e all'esperienza di laboratorio, al fine di suggerire una serie di sequenze di sovrapposizioni cromatiche tra le più consuete, per poi riprodurle su una tela preparata tramite l'uso di pigmenti storici e coloranti agglutinati con olio secondo la principale tecnica pittorica sviluppata nel periodo citato. Introduzione Fino al XVI secolo gli artisti seguono la moda fiamminga dipingendo con una pellicola pittorica dall'apparenza smaltata e delicata, ottima per la pittura su tavola, nella quale diversi strati di colore molto sottili interagiscono tra di loro e, raramente, sono previste delle applicazioni monocrome di un solo strato. Quando la tela comincia a farsi strada come supporto il procedimento resta il medesimo e solamente tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII secolo nella pittura europea la pittura è a corpo. Ciononostante, le velature continuano a essere ampiamente utilizzate come soluzione tecnico-pittorica sino al XIX secolo, quando le nuove tendenze favoriscono la ricerca di altri effetti visivi tramite pennellate molto più dense. Questo aspetto è legato allo sviluppo dei colori industriali, molto più coprenti e spessi, che permettono, allo stesso tempo, un'asciugatura più rapida e una più ampia tavolozza. Le velature perdono il loro significato originale di modulazione dei colori e, anche se sono state utilizzate sino ai giorni nostri, è certo che dal XIX secolo la loro applicazione è poco frequente se non rara. Il termine "velando" si ritrova per la prima volta nel trattato De veri precetti della pittura, di Gianbattista Armenini, anche se, come si vedrà, il concetto è precedente. Armenini afferma: Quivi gli esperti adoperano le lore mestiche con gran sparmio, anzi, come si è detto, non coprendo, ma velando sottilmente quel che è sotto, ne fanno rimaner dolcissime e morbide le carni e i panni, e ciò è cosi agevole che vi si può ritornare più volte in un istante, ed ivi dargli tutta quella perfezione che un uomo eccelente possiede […]. (Armenini, [1586], 1820, p.182) Altri autori, come ad esempio Francisco Pacheco o Antonio Palomino, indicano questa pratica come 'baños'. Definire esattamente cosa sia esattamente una velatura non è semplice: il termine designa un qualsiasi strato di colore translucido o trasparente che si colloca al di sopra di uno strato inferiore, con l'intenzione di modificare il colore soggiacente, o per dargli una nuova sfumatura, per scurire, schiarire, intensificare la saturazione, o formare un colore composto. Fino al XIX secolo la relativa limitazione della tavolozza obbliga i pittori all'uso di effetti di trasparenza cromatica che permettono loro di ottenere dei toni più complessi di quelli che forniscono i pigmenti usati singolarmente. In realtà, più che di velature, spesso si tratta di sovrapposizioni cromatiche consuete previste dall'esecuzione pittorica. Già Leonardo, nel suo trattato di pittura, dedica il capitolo 201 125