Ombra

La Divina Commedia è il regno delle ombre. Tutti i personaggi che Dante agens incontra non sono che corpi aerei, frutto della virtù formativa dell’anima razionale che, separatasi dal corpo con la morte dell’individuo, plasma l’aria circostante creando corpi reali, visibili, ma inconsistenti. Nel Purgatorio Dante si trova però a dover fare i conti con una seconda tipologia di ombra, ovvero quella che lui stesso proietta a terra, interrompendo i raggi solari. La valenza di quest’ombra risulta del tutto positiva, dal momento che diventa un “segnale della vita”, della presenza che incide e resta, denunciando dunque la consistenza del Poeta, il suo essere in carne ed ossa. E proprio la corporeità distingue la Commedia dal genere delle visiones medievali, in cui l’al di là veniva intuito solo con la mente. Ma l’ombra portata, al centro dei primi incontri nell’Antipurgatorio, diventa una struttura micro testuale profonda del poema, determina sentimenti di stupore, angoscia e meraviglia nelle anime, chiamando in causa la loro relazione nostalgica con un corpo che hanno lasciato nei sepolcri. Nel contempo risulta un importante mezzo per identificare e distinguere Dante, il quale si trova proiettato al centro della scena, oggetto di sguardi curiosi, avidi di una risposta sul senso del suo “esserci” in quel luogo. Accanto all’analisi del motivo, riconducibile ai primissimi canti del Purgatorio, risulta significativo indagare la presenza o meno dell’ombra nel nutrito corpus di opere d’arte finalizzate alla traduzione visiva della Commedia. Procedendo necessariamente per tipologie, è possibile riscontrare la sostanziale indifferenza degli illustratori per il particolare dell’ombra, in corrispondenza con quanto è accaduto nella storia dell’arte, almeno fino al Seicento. Dai codici miniati alle edizioni illustrate, dalle Commedie dipinte alle tavole indipendenti dal testo, caratteristiche della modernità, ogni artista ha interpretato liberamente la Commedia, insistendo su significati moralistici e simbolici, senza fedeltà al motivo dell’ombra. A partire dai codici miniati, si è anzi imposta una tradizione iconografica volta a individuare Dante e a distinguerlo dai corpi aerei mediante la veste rossa o altri particolari, divenuti poi canonici, come il noto profilo e la corona d’alloro. Al peso della tradizione, si deve aggiungere una difficoltà di carattere pratico, mancando per i pittori, almeno fino al Seicento, una soddisfacente teoria artistica per raffigurare le ombre. Emblema di questo sono i medaglioni monocromatici del Purgatorio dipinti da Signorelli nella Cappella di S. Brizio ad Orvieto, in cui non solo Dante, ma addirittura i corpi aerei proiettano un’ombra, che risulta non coerente con le leggi dell’ottica ma nemmeno con la descrizione verisimile e realistica del fenomeno offerta nel testo dantesco.