In un momento casuale dell'anno (oggi si dice «in presenza di un input») il preside chiama nel suo ufficio un insegnante (scelto tra quelli che pensa gli oppongano minor resistenza) e lo incarica di fare «qualcosa» riguardo...
moreIn un momento casuale dell'anno (oggi si dice «in presenza di un input») il preside chiama nel suo ufficio un insegnante (scelto tra quelli che pensa gli oppongano minor resistenza) e lo incarica di fare «qualcosa» riguardo ali'«ambiente». L'insegnante (di solito donna, di solito di scienze) si informa un po' presso qualche collega e scopre che si è trovata coinvolta niente meno che in un progetto di durata triennale chiamato «Progetto giovani 93»; la cosa comunque non la spaventa, anzi l'argomento è interessante per lei e per i suoi alunni e comincia a lavorarci su. Bisogna raccogliere dei dati, alcuni anche attraverso analisi di laboratorio, prelevare campioni di acque, vincere resistenze di autorità, contattare enti (il tutto con due ore alla settimana e tre sedi scolastiche diverse, in ognuna delle quali la stessa insegnante è «referente» per qualcosa d'altro-droga, lavoro, recupero scolastico, coordinatrice ecc.-). Dopo un po' i colleghi si accorgono di un'attività inconsueta (il primo sintomo è la classica giustificazione dell'alunno/a «ieri non ho potuto studiare perché dovevo fare un lavoro per la professoressa di scienze» (subappalto?, lavoro domestico?, sfruttamento di minore?). Alla richiesta di chiarimenti fanno finta di capire, poi, alla prima occasione, in sala professori, invitano l'insegnante a moderare il suo sfrenato attivismo; lei stessa, ormai resasi conto dell'impegno richiestole, sarebbe ben lieta di farlo, ma spera di riuscire a concludere in tempi brevi (così si esprime in consiglio di classe). Vana illusione: come ogni ricercatore sa, dopo la raccolta di dati (relativamente facile), viene il momento di organizzare il lavoro (forzatamente frammentario, tanto più se affidato a gruppi disomogenei) e indirizzarlo verso qualche provvisoria conclusione, il che richiede sangue freddo e spesso più tempo. Si arriva così verso la fine dell'anno scolastico in un clima di ostilità ormai manifesta: i colleghi ti guardano con fastidio perché turbi l'usuale routine, i ragazzi, che forse speravano di lavorare di meno, ora, pressati dalle interrogazioni finali, considerano il tutto una perdita di tempo e l'insegnante comincia a sviluppare un complesso di colpa perché le sembra di avere trascurato «il Dio-Programma». Per fortuna, a scuola, tutto passa (nel senso che la fine dell'anno risolve tutti i problemi) e niente passa (nel senso che gli stessi problemi si ripresentano puntualmente ad ogni inizio), e così le vacanze estive portano sollievo e respiro. Nel frattempo (forse è arrivato un altro input) questo lavoro sembra diventato importante: il collega dell'altra sede, incaricato dello stesso lavoro, ne vuole una copia (perché lui non ha fatto in tempo a far niente: «si sa, il Programma») e anche il preside è interessato: qualcuno «lassù» deve fare un convegno, al quale però l'insegnante non potrà partecipare, anzitutto perché è già stata trasferita e poi perché «deve fare lezione». LA TEORIA È contenuta nelle circolari ministeriali 246/89,114/90, 327/90, 241/91 e mette l'accento sulla «rete» amministrativa che partendo dal Centro, dove è stata costituita un'apposita commissione, arriva in periferia attraverso regioni, provincie, scuole giù giù fino all'ultimo degli insegnanti «referenti» (che forse ignoravano tanta complessità). Fortunatamente «gli studenti incontrati nei seminari e nei convegni provinciali di aprile hanno per lo più risposto con tale impegno e con tale ricchezza di motivazioni e di iniziative da colpire profondamente gli adulti che sono stati testimoni di questi incontri» 1. Piacerebbe forse all'insegnante di cui sopra sapere in quale luogo recondito tali incontri sono avvenuti, ma «se possuto aveste veder tutto»!; e così deve accontentarsi di sapere di averfatto cosa gradita agli studenti, lasciandosi «coinvolgere nella loro attività» 2. E le critiche degli altri insegnanti? Ma esse «appartengono alla prassi dei processi innovativi»! Ciò che conta è che «questi progetti si muovono sostanzialmente all'interno delle finalità, delle norme e dei programmi vigenti e dunque non presentano in sé nulla di eccezionale o di eversivo...» 3. Star bene con se stessi in un mondo che sta meglio. Per chi non lo sapesse era questo il tema proposto per il primo anno del Progetto e mi sembra sia calzante per tentare una sintesi di quanto fin qui esposto. Mi sembra evidente che ci sono dei problemi di fondo perennemente irrisolti, anche se non irrisolvibili: le frasi citate sopra portano la firma di Riccardo Misasi, che era ministro nel «famigerato» '68 e padre dell'attuale provvisorio esame di maturità (in altra parte della circolare si sollecita appunto ad inserire tali attività «come parte integrante e qualificante dell'ultimo anno di corso»). C.M. 241 del 2 agosto 1991 Ibidem Ibidem