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Lo svolgimento di questo lavoro inizierà con un’analisi di tipo diacronico all’interno della quale si andranno prima di tutto a delineare i momenti principali della storia degli indiani d’America e del loro rapporto con la... more
Lo svolgimento di questo lavoro inizierà con un’analisi di tipo
diacronico all’interno della quale si andranno prima di tutto a
delineare i momenti principali della storia degli indiani d’America e
del loro rapporto con la colonizzazione.
Maggiore enfasi sarà posta sulla conquista dell’Ovest americano da
parte dei pionieri e sulla creazione del mito del selvaggio West e
dell’indiano, un mito che ha prodotto subito una miriade di immagini
in cui rappresentare l’alterità indiana. Dunque si analizzeranno i
diversi problemi che l’avanzata americana ha provocato alle
popolazioni di nativi: dall’esproprio della terra sino all’esproprio della
vita stessa. Verranno dunque analizzate le figure fondamentali della
conquista del West: i pionieri, i cow-boy, l’esercito americano e gli
indiani d’America. Molta attenzione si porrà anche sulle matrici
culturali ed ideologiche che hanno permesso ai coloni bianchi di
conquistare un continente a spese di un’intera popolazione di indiani.
E infine, nel tentativo di ricostruire un quadro di riferimento storico
adeguato, sarà affrontato il problema della chiusura della frontiera
americana nel 1890 che divenne un problema centrale all’interno della
storia americana ma del quale, grazie alla strumentalizzazione politica,
ne è stata fatto un arma utile a giustificare un predominio ed un
espansione, sia geografica che culturale, continua.
La rappresentazione dell’alterità indiana verrà analizzata all’interno
delle immagini create grazie alla nuova arte del cinema. La stesura di
un contesto storico di così ampio respiro è efficace infatti a creare un
quadro di base utile a capire il perché siano state veicolate determinati
tipi di immagini. Dopo un paragrafo introduttivo sulla nascita e
sull’affermazione del cinema muto all’interno della cultura americana,
l’attenzione si sposterà sulle immagini trasmesse attraverso questa
nuova arte, in special modo sulle immagini di indiani e pionieri riprese
dalla cultura letteraria dell’ottocento e del novecento e riproposte sui
primi “grandi schermi”, immagini che con il corso del tempo si sono poi cristallizzate al punto da far divenire il genere Western uno dei
tratti distintivi della cultura americana.
Si focalizzerà l’attenzione anche sulle metodologie utilizzate e sui
motivi che hanno spinto ad utilizzare i primi cortometraggi per
svolgere tale analisi, attraverso le opere di Cerchi Usai, Adriano Arpà
e Miriam Hansen. Verranno analizzati infatti 5 differenti
cortometraggi: White Fawn’s Devotion di James Young Deer, The
Squaw’s Love, The Massacre, The Battle at Elderbush Gulch tutti e tre
di D.W. Griffith e The Invaders di Thomas Ince. Saranno utilizzati
questi film in quanto utilizzano come protagonista degli indiani e per
riuscire a capire quali fossero le immagini più utilizzate, quali fossero
i temi più frequenti messi in scena e quali facessero più presa e su
quale tipo di pubblico. Si tenterà anche di capire quale fu la ricezione
da parte del pubblico americano e infine si analizzerà la funzione
sociale, politica e culturale svolta dall’utilizzo strumentale di queste
pellicole e dell’arte cinematografica in generale.
Si arriverà dunque infine all’ultimo capitolo dove verrà preso in esame
un unico film: In the Land of the Headhunters. Esso è il primo film
proiettato negli Stati Uniti che ebbe come attori interamente indiani
americani: i KwaKwaka’wakn. L’oggetto principale di analisi della
tesi sarà infatti questo lungometraggio girato da Edward Sheriff Curtis
nel 1914 nei territori della Columbia Britannica. Verra dunque
inizialmente analizzata la società Kwakiutl attraverso i lavori di Franz
Boas e dello stesso Curtis. Sarà naturalmente oggetto di analisi anche
lo stesso Curtis e il suo retroterra culturale.
Infine l’attenzione si sposterà direttamente sul film stesso. Gli
obbiettivi che questa tesi si pone sono vari. Il primo è quello di
riuscire a capire in quale contesto culturale si inserisse l’autore. In
secondo luogo, attraverso un’analisi di tipo diacronico, come sia stato
recepito e semantizzato, sia dal pubblico che dai restauratori
dell’opera, il film stesso che come vedremo vivrà una vita travagliata.
Infine si cercherà di analizzare come, alla luce dei nuovi studi e del
nuovo restauro avvenuta nel 2008 ad opera di Evans e Glass in
collaborazione con i discendenti diretti degli attori originali, in che modo la realizzazione del film sia stata frutto non di una completa
imposizione di Curtis ma bensì di una stretta collaborazione tra il
regista e i KwaKwaka’wakn; una collaborazione che come vedremo ci
porterà ad una rilettura del concetto antropologico di “agency” in
relazione ai KwaKwaka’wakn e alla loro interazione con la
colonizzazione occidentale.
Research Interests:
Partendo dalla situazione post-bellica italiana nel campo industriale, più specificatamente nel settore siderurgico, il saggio si pone il compito di analizzare, attraverso le diverse politiche economico-industriali e le vicissitudini... more
Partendo dalla situazione post-bellica italiana nel campo industriale, più specificatamente nel settore siderurgico, il saggio si pone il compito di analizzare, attraverso le diverse politiche economico-industriali e le vicissitudini accumulatesi nel corso del tempo, come questo settore industriale sia diventato uno dei perni dell’economia di stato, che diventa direttamente produttore di acciaio e, di come la società detentrice della gestione della produzione, la Finsider, riesca prima a portare l’Italia in una situazione quasi alla pari con il resto del mercato globale fino a sprofondare negli anni ’70 in una spirale disastrosa che ha portato sino alla messa in vendita delle partecipazioni statali.
I primi due punti che si vogliono approfondire riguardano il dibattito sul rilancio del ciclo integrale e il passaggio ad una nuova impostazione tecnico-scientifica del lavoro. Questi temi saranno descritti attraverso un’ analisi degli sforzi del governo e dei suoi tecnocrati di svincolarsi dalle oscillazioni del mercato, cercando di ridurre le importazioni di scarti  di semi-lavorati e di concentrare la maggior parte della filiera produttiva in pochi centri siderurgici scelti in modo strategico e attraverso il mutamento dell’ impostazione del lavoro di tipo scientifico che porta all’abbandono della classica “organizzazione spontanea”.
Si vogliono inoltre affrontare le tematiche attorno allo scontro tra le posizioni pre-fordiste della famiglia Falk e quelle fordiste del gruppo Finsider, che andranno a formare le basi del famoso “Piano Sinigallia”. Accanto a questo dibattito si vuole prendere in analisi il ruolo svolto dagli Stati Uniti nell’indirizzare le politiche siderurgiche italiane secondo uno schema “americano” attraverso un approfondimento sull’introduzione,  prima solo nel centro di Cornigliano,  poi a tutti i centri Ilva-Italsider, delle politiche di Job Analysis e Job Evalutation.
Il saggio vuole poi esaminare la situazione siderurgica europea, soprattutto il quadro franco-tedesco dal quale scaturirà il Piano Schuman che darà vita alla CECA; si cercherà poi di delineare la situazione italiana all’interno dello scacchiere europeo e le circostanze che l’hanno portata all’ingresso nella Comunità,  nonostante il suo ruolo ancora marginale nella siderurgia continentale.
L’analisi continua tornando a focalizzarsi sulle le vicissitudini della siderurgia in Italia, con particolare attenzione al Mezzogiorno, che diviene il nuovo centro ove si vuole far sviluppare l’industria dell’acciaio dato che era diventato ormai palese che per soddisfare i consumi futuri le capacità produttive realizzate col Piano Sinigallia non sarebbero bastate. Si analizzeranno quindi i temi dello Schema Vannoni, i suoi punti in comune e le sue divergenze con il Piano Sinigallia e si approfondirà il dibattito che vedrà protagonisti molti industriali e politici, riguardo al luogo e alle modalità di apertura e produzione del IV centro siderurgico del paese.
Infine il saggio si pone il compito di capire la nascita degli errori dell’ultimo periodo di gestione della produzione siderurgica dello Stato che ha portato alla scorporazione dell’Iri e alla vendita ai privati delle partecipazioni statali. Errori individuati per lo più nell’abbandono delle linee guida di Sinigallia e Marchesi e nell’appropriazione di un nuovo modello sia gestionale che produttivo degli impianti di marca giapponese e non più americana, modello che non è riuscito a mettere radici nel tessuto sociale e culturale dell’industria siderurgica italiana che riponeva, negli anni ’70, tutte le sue speranze quasi nel solo stabilimento tarantino.
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