Non tutti quelli che si addentrano in una caverna sono speleologi... Fin dai tempi più antichi, v... more Non tutti quelli che si addentrano in una caverna sono speleologi... Fin dai tempi più antichi, vi sono stati molti uomini, che, per varie ragioni, si sono addentrati nelle viscere della terra, passando dalla luminosità del mondo, alle tenebre di una spelonca. Il territorio Cilentano. in tal senso, con i! suo particolare fenomeno Carsico, cioè di "svuotamento e perforazione" idrogeologici dei complessi montuosi che lo caratterizzano, è un campo di analisi esemplare. Si pensi alle cavità, alle grotte, alle spelonche e ai ripari che crivellano, i monti Alburni, i massicci del Gelbison-Cervati i rilievi montuosi del Bulgheria "Scannerizzando" il tempo, facendolo cioè scorrere velocemente dinanzi ai nostri occhi, potremmo, per una stessa cavità, sicuramente osservare scenari eterogenei tra loro; sia per i protagonisti che nelle varie epoche vi si avventureranno, sia per le motivazioni che li muoveranno. Ricorderemo sempre, in questa carrellata virtuale nel tempo, che l'uomo addentrandosi in una grotta, è stato e sempre sarà, consapevole, di "abbandonare" il mondo conosciuto e di avventurarsi in una dimensione nuova, oscura, ovattata e quindi di per sé "irreale"...
AMBIENTE O TERRITORIO?» 'AMBIENTE', una parola, un concetto, un termine, uno slogan tante volte f... more AMBIENTE O TERRITORIO?» 'AMBIENTE', una parola, un concetto, un termine, uno slogan tante volte fuori luogo, abusato nei suoi riferimenti a realtà, a problemi, a progetti. Pronunciata nei modi e nei luoghi meno opportuni, ha finito per dilatarsi, omnicomprendere, estendersi, diluendo proporzionalmente il riferimento e l'identità precisa che invece le sono proprie. Va perdendo valore ogni giorno, e ciò rappresenta una vera fortuna per chi in nome di esso, viene indicato come 'nemico'. Si e vicini all'assuefazione, al delirio, sicuramente alla rassegnazione. Abbiamo creato con una nostra tipica degenerazione terminologica e semantica un'entità, certamente da valorizzare, tutelare, proteggere, disinquinare, ma dai contorni così ampi, così lievitati, così maldefiniti in fondo, che risulta improponibile un qualche tipo di approccio. Si finisce col solo sussultare, ma limitandosi, in alcuni casi ad episodi di angoscia, in altri a deprecazioni, l'indifferenza ritorna a calare la sua coltre, checché ne dicano catastrofi, emergenze, scandali e quant'altro di negativo si possa immaginare... Il retaggio culturale che contraddistingue i 'paladini' dei nostri diritti, i 'rigattieri' delle nostre deleghe, i 'partigiani' delle cause più nobili, tranne qualche eccezione, nella loro battaglia retorica o enfatica, è naturalmente desertico. Conseguenziale è stata l'appropriazione indebita e l'uso distorto che si è fatto dell'urgenza «Ambiente». Innanzitutto il distacco dalla realtà effettiva delle situazioni, delle dislocazioni, delle emersioni di realtà critiche dal punto di vista ecologico, ha favorito il suddetto insufflaggio d'indeterminazione. La speculazione ha poi fiocinato l'affioramento di una sensibilità autonomamente insorta ed amplificata e moltiplicata dai Mass-media, garantendosi con stupore quasi, lo sfruttamento di un nuovo filone aurifero, proprio laddove essa nella sua famelica corsa al profitto, gettava le sue scorie, sputava il suo disprezzo. Di qui una mobilitazione di segno ben diverso da quella che era augurabile intravedere... Ma non poteva che essere così, vista la nausea, il disorientamento, l'obnubilamento insellati nell'opinione pubblica da parziali «scoli» d'informazione o da infantili obiettori di coscienza industriale. Tutto ciò è molto grave. Un'impotenza così procurata, oltre che fatto disgustoso per la stessa storia del genere umano, rappresenterà sicuramente lo scivolo per il declino della nostra civiltà. Il proposito idealistico, l'aspirazione a grandi obbiettivi ha sempre condizionato la determinazione dell'uomo nelle sue imprese, ha sempre mobilitato grandi energie, ha eternamente coinvolto i suoi simili nel sacrificio. Ciò che è importante è la credibilità di un obbiettivo, la sua comprensibilità in tutti gli strati sociali, la sua diffusibilità. Purtroppo, dopo quello che si è fatto della coscienza ecologica, dopo l'avvelenamento mondano che si è operato al suo germogliare, l'obbiettivo, un grande affascinante obbiettivo. l'affratellamento dei popoli nel restauro ecologico degli scompensi più gravi del pianeta terra, non trascinerà più nessuno, non pervaderà l'animo delle giovani generazioni, quelle stesse che nella Storia, procurando un substrato filosofico al connaturato anelito di libertà hanno sempre dirottato il mondo occidentale verso il miglioramento delle condizioni di vita sociale e culturale. Si è persa una grande occasione, dappertutto. Il consumismo ha reso asettici i giovani. Ma più di tutto, ha imperato una sorta di anestesia. Un'inerzia mentale procurata subdolamente con la disinformazione; ingenuamente ed involontariamente con l'esasperazione dell'informazione; cinicamente ed imprudentemente con l'esercizio dialettico fine a se stesso, ripetutamente amplificato da una sempre più squallida ribalta giornalistica.
Le grotte dell'Arcangelo e// Dora Celeste Amato II culto dell'arcangelo Michele vola dall'Asia al... more Le grotte dell'Arcangelo e// Dora Celeste Amato II culto dell'arcangelo Michele vola dall'Asia alle grotte di Puglia e Campania. Le stanziante rupestri degli eremiti italo-greci. La ricerca storica, geografica e speleologica di Giovanni D'Andrea raccontata in un volume di 974 pagine. Caverne come santuari con le figure alate dell'era cristiana, luoghi scenografici di un culto soprattutto misterico. Conoscevamo, per letture e per visite personali a santuari ma soprattutto a grotte, l'importanza del culto dell'Arcangelo Michele ne! Meridione d'Italia, ma, pur essendo a conoscenza di ricerche parcellizzate che, spesso, pur valide scientificamente, non risultavano certamente esaustive, non avremmo mai immaginato che qualcuno, con umiltà e studio certosini, si fosse, invece, fatto carico di un'indagine a trecentosessanta gradi sull'argomento. Abbiamo ricevuto dall'autore, Giovanni D'Andrea, un volume di 974 pagine, edito da Guida editori nel maggio 2014, dal titolo suggestivo, "La lunga guerra all'ultimo guerriero divino nel Meridione d'Italia: l'Arcangelo Michael". Puntuale l'incipit, da Pindaro, frammento LXIV, "felice chi scende nell'Ade, e cose nascoste ha veduto: conosce così della vita la fine e l'inizio dato da Giove". Appropriata la copertina con "La raccolta degli angeli alla fine del mondo-1989", ripresa dal pittore Roger Wagner, un'immagine particolarmente diffusa in epoca medievale. E se lo studio di D'Andrea è summa di ogni tipo d'indagine sull'argomento, essa è buon viatico per accingersi al viaggio. Considerando l'unicità di questo studio e, sottostanti, gli interessi di D'Andrea, crediamo di poter dire che il tutto possa essere visto come uno specifico invito a riflettere. Riflettere su quanto può essere vìvo e presente il desiderio di scoperta, di conoscenza, d'interrogarsi, proprio lungo un periodo che privilegia fretta e superficialità. Ricerca in quanto "indagine", dice lo studioso, soprattutto per arrivare alla certezza che la presenza del culto dell'Arcangelo è legato alla stretta correlazione tra il culto micaelico in grotta e l'arrivo, e poi la stanzialità rupestre, degli eremiti italo-greci. E non "basiliani", come da molti definiti, visto che Basilio non ha mai creato un ordine monastico. Senza, naturalmente e peraltro, non sottolineare il percorso dalla Cappadocia ai romitaggi di Apulia, allora un tutt'uno con la Lucania che, a sua volta, era parte dell'attuale Cilento, oggi "Lucania storica". E, non a caso, il culto dell'Arcangelo, 'vola', è il caso, dall'Asia alle grotte di Puglia e di Campania. E si tratta sempre degli eremiti perseguitati da Leone l'Isaurico che, fuggitivi, riuscirono a trovare luoghi simili a quelli di origine, attraversando brevi bràcci di mare. Questa ricerca ha anche un valore aggiunto, quello della socializzazione, del sentirsi 'cittadini' di uno stesso, grande mondo, custodi e depositati degli insediamenti rupestri dedicati all'Angelo. Dunque, aiuto disinteressato di uomini e donne, di ogni stato socio-culturale. Semplicità e generosità. E, dice D'Andrea, "questa ricerca storica, geografica e speleologica è sicuramente dedicata a loro, ma anche a tutti quelli che della vita cercano il senso più profondo e nella vita inseguono un obiettivo costruttivo, nella consapevolezza dell'altro e dell'oltre". Ma chi è Giovanni D'Andrea? Nato a Napoli nel 1963 da padre napoletano e da madre danese, ci piace immaginare che il mare, i fiordi, parte integrante della Danimarca, l'apertura al prossimo, guerrieri di acque e di tundre, siano il nodo fondamentale di questi studi. Insiti, insomma nel dna del ricercatore. Fuso, poi, con Magna Grecia, Mediterraneo, meticciato nel senso più alto de termine. Studi classici, ambientalista da sempre, De Andreis è stato responsabile del settore mare e coste per la delegazione regionale campana del WWF; guida subacquea, direttore di macchina per la pesca mediterranea ed oceanica, suo attuale 'status lavorativo'. Socio del CAI, fa parte del suo Gruppo speleologico, oltre ad essere, da decenni, socio della Società speleologica italiana e della Società geografica italiana. Dunque volontario autodidatta? Diremmo di sì se a questi termini si accetta di dare la nobiltà dell'essere se stessi, senza difendersi o, peggio, fregiarsi di titoli accademici che, per carità, spesso o quasi sempre sono di grande, meritato, prestigio. Non a caso, le competenze di D'Andrea, la sua modestia in uno con il suo sapere, hanno permesso alle varie Soprintendenze di riconoscerne il valore, dandogli l'incarico d'importanti esplorazioni speleotopografiche. Pur continuando a navigare nel Mediterraneo con flotte siciliane, ecco, dunque, i suoi studi, da decenni, sul patrimonio carsico-rupestre, altro, straordinario, ramo culturale, spesso ignorate. Lo studio di D'Andrea continua, ininterrotto, giorno per giorno. Questo è l'amore della sua vita, questa è la consapevolezza dì non avere mai finito di conoscere. E, poi, chiunque, dopo questo nostro accostarci in punta di piedi alla sua magia, potrà essere stimolato a cercare ancora, con luì o percorrendo strade diverse. Dunque, cercheremo di compiere un volo alla maniera dei falchi di Federico II, il cui stimolo veniva dato dalla lieve spinta del
Non tutti quelli che si addentrano in una caverna sono speleologi... Fin dai tempi più antichi, v... more Non tutti quelli che si addentrano in una caverna sono speleologi... Fin dai tempi più antichi, vi sono stati molti uomini, che, per varie ragioni, si sono addentrati nelle viscere della terra, passando dalla luminosità del mondo, alle tenebre di una spelonca. Il territorio Cilentano. in tal senso, con i! suo particolare fenomeno Carsico, cioè di "svuotamento e perforazione" idrogeologici dei complessi montuosi che lo caratterizzano, è un campo di analisi esemplare. Si pensi alle cavità, alle grotte, alle spelonche e ai ripari che crivellano, i monti Alburni, i massicci del Gelbison-Cervati i rilievi montuosi del Bulgheria "Scannerizzando" il tempo, facendolo cioè scorrere velocemente dinanzi ai nostri occhi, potremmo, per una stessa cavità, sicuramente osservare scenari eterogenei tra loro; sia per i protagonisti che nelle varie epoche vi si avventureranno, sia per le motivazioni che li muoveranno. Ricorderemo sempre, in questa carrellata virtuale nel tempo, che l'uomo addentrandosi in una grotta, è stato e sempre sarà, consapevole, di "abbandonare" il mondo conosciuto e di avventurarsi in una dimensione nuova, oscura, ovattata e quindi di per sé "irreale"...
AMBIENTE O TERRITORIO?» 'AMBIENTE', una parola, un concetto, un termine, uno slogan tante volte f... more AMBIENTE O TERRITORIO?» 'AMBIENTE', una parola, un concetto, un termine, uno slogan tante volte fuori luogo, abusato nei suoi riferimenti a realtà, a problemi, a progetti. Pronunciata nei modi e nei luoghi meno opportuni, ha finito per dilatarsi, omnicomprendere, estendersi, diluendo proporzionalmente il riferimento e l'identità precisa che invece le sono proprie. Va perdendo valore ogni giorno, e ciò rappresenta una vera fortuna per chi in nome di esso, viene indicato come 'nemico'. Si e vicini all'assuefazione, al delirio, sicuramente alla rassegnazione. Abbiamo creato con una nostra tipica degenerazione terminologica e semantica un'entità, certamente da valorizzare, tutelare, proteggere, disinquinare, ma dai contorni così ampi, così lievitati, così maldefiniti in fondo, che risulta improponibile un qualche tipo di approccio. Si finisce col solo sussultare, ma limitandosi, in alcuni casi ad episodi di angoscia, in altri a deprecazioni, l'indifferenza ritorna a calare la sua coltre, checché ne dicano catastrofi, emergenze, scandali e quant'altro di negativo si possa immaginare... Il retaggio culturale che contraddistingue i 'paladini' dei nostri diritti, i 'rigattieri' delle nostre deleghe, i 'partigiani' delle cause più nobili, tranne qualche eccezione, nella loro battaglia retorica o enfatica, è naturalmente desertico. Conseguenziale è stata l'appropriazione indebita e l'uso distorto che si è fatto dell'urgenza «Ambiente». Innanzitutto il distacco dalla realtà effettiva delle situazioni, delle dislocazioni, delle emersioni di realtà critiche dal punto di vista ecologico, ha favorito il suddetto insufflaggio d'indeterminazione. La speculazione ha poi fiocinato l'affioramento di una sensibilità autonomamente insorta ed amplificata e moltiplicata dai Mass-media, garantendosi con stupore quasi, lo sfruttamento di un nuovo filone aurifero, proprio laddove essa nella sua famelica corsa al profitto, gettava le sue scorie, sputava il suo disprezzo. Di qui una mobilitazione di segno ben diverso da quella che era augurabile intravedere... Ma non poteva che essere così, vista la nausea, il disorientamento, l'obnubilamento insellati nell'opinione pubblica da parziali «scoli» d'informazione o da infantili obiettori di coscienza industriale. Tutto ciò è molto grave. Un'impotenza così procurata, oltre che fatto disgustoso per la stessa storia del genere umano, rappresenterà sicuramente lo scivolo per il declino della nostra civiltà. Il proposito idealistico, l'aspirazione a grandi obbiettivi ha sempre condizionato la determinazione dell'uomo nelle sue imprese, ha sempre mobilitato grandi energie, ha eternamente coinvolto i suoi simili nel sacrificio. Ciò che è importante è la credibilità di un obbiettivo, la sua comprensibilità in tutti gli strati sociali, la sua diffusibilità. Purtroppo, dopo quello che si è fatto della coscienza ecologica, dopo l'avvelenamento mondano che si è operato al suo germogliare, l'obbiettivo, un grande affascinante obbiettivo. l'affratellamento dei popoli nel restauro ecologico degli scompensi più gravi del pianeta terra, non trascinerà più nessuno, non pervaderà l'animo delle giovani generazioni, quelle stesse che nella Storia, procurando un substrato filosofico al connaturato anelito di libertà hanno sempre dirottato il mondo occidentale verso il miglioramento delle condizioni di vita sociale e culturale. Si è persa una grande occasione, dappertutto. Il consumismo ha reso asettici i giovani. Ma più di tutto, ha imperato una sorta di anestesia. Un'inerzia mentale procurata subdolamente con la disinformazione; ingenuamente ed involontariamente con l'esasperazione dell'informazione; cinicamente ed imprudentemente con l'esercizio dialettico fine a se stesso, ripetutamente amplificato da una sempre più squallida ribalta giornalistica.
Le grotte dell'Arcangelo e// Dora Celeste Amato II culto dell'arcangelo Michele vola dall'Asia al... more Le grotte dell'Arcangelo e// Dora Celeste Amato II culto dell'arcangelo Michele vola dall'Asia alle grotte di Puglia e Campania. Le stanziante rupestri degli eremiti italo-greci. La ricerca storica, geografica e speleologica di Giovanni D'Andrea raccontata in un volume di 974 pagine. Caverne come santuari con le figure alate dell'era cristiana, luoghi scenografici di un culto soprattutto misterico. Conoscevamo, per letture e per visite personali a santuari ma soprattutto a grotte, l'importanza del culto dell'Arcangelo Michele ne! Meridione d'Italia, ma, pur essendo a conoscenza di ricerche parcellizzate che, spesso, pur valide scientificamente, non risultavano certamente esaustive, non avremmo mai immaginato che qualcuno, con umiltà e studio certosini, si fosse, invece, fatto carico di un'indagine a trecentosessanta gradi sull'argomento. Abbiamo ricevuto dall'autore, Giovanni D'Andrea, un volume di 974 pagine, edito da Guida editori nel maggio 2014, dal titolo suggestivo, "La lunga guerra all'ultimo guerriero divino nel Meridione d'Italia: l'Arcangelo Michael". Puntuale l'incipit, da Pindaro, frammento LXIV, "felice chi scende nell'Ade, e cose nascoste ha veduto: conosce così della vita la fine e l'inizio dato da Giove". Appropriata la copertina con "La raccolta degli angeli alla fine del mondo-1989", ripresa dal pittore Roger Wagner, un'immagine particolarmente diffusa in epoca medievale. E se lo studio di D'Andrea è summa di ogni tipo d'indagine sull'argomento, essa è buon viatico per accingersi al viaggio. Considerando l'unicità di questo studio e, sottostanti, gli interessi di D'Andrea, crediamo di poter dire che il tutto possa essere visto come uno specifico invito a riflettere. Riflettere su quanto può essere vìvo e presente il desiderio di scoperta, di conoscenza, d'interrogarsi, proprio lungo un periodo che privilegia fretta e superficialità. Ricerca in quanto "indagine", dice lo studioso, soprattutto per arrivare alla certezza che la presenza del culto dell'Arcangelo è legato alla stretta correlazione tra il culto micaelico in grotta e l'arrivo, e poi la stanzialità rupestre, degli eremiti italo-greci. E non "basiliani", come da molti definiti, visto che Basilio non ha mai creato un ordine monastico. Senza, naturalmente e peraltro, non sottolineare il percorso dalla Cappadocia ai romitaggi di Apulia, allora un tutt'uno con la Lucania che, a sua volta, era parte dell'attuale Cilento, oggi "Lucania storica". E, non a caso, il culto dell'Arcangelo, 'vola', è il caso, dall'Asia alle grotte di Puglia e di Campania. E si tratta sempre degli eremiti perseguitati da Leone l'Isaurico che, fuggitivi, riuscirono a trovare luoghi simili a quelli di origine, attraversando brevi bràcci di mare. Questa ricerca ha anche un valore aggiunto, quello della socializzazione, del sentirsi 'cittadini' di uno stesso, grande mondo, custodi e depositati degli insediamenti rupestri dedicati all'Angelo. Dunque, aiuto disinteressato di uomini e donne, di ogni stato socio-culturale. Semplicità e generosità. E, dice D'Andrea, "questa ricerca storica, geografica e speleologica è sicuramente dedicata a loro, ma anche a tutti quelli che della vita cercano il senso più profondo e nella vita inseguono un obiettivo costruttivo, nella consapevolezza dell'altro e dell'oltre". Ma chi è Giovanni D'Andrea? Nato a Napoli nel 1963 da padre napoletano e da madre danese, ci piace immaginare che il mare, i fiordi, parte integrante della Danimarca, l'apertura al prossimo, guerrieri di acque e di tundre, siano il nodo fondamentale di questi studi. Insiti, insomma nel dna del ricercatore. Fuso, poi, con Magna Grecia, Mediterraneo, meticciato nel senso più alto de termine. Studi classici, ambientalista da sempre, De Andreis è stato responsabile del settore mare e coste per la delegazione regionale campana del WWF; guida subacquea, direttore di macchina per la pesca mediterranea ed oceanica, suo attuale 'status lavorativo'. Socio del CAI, fa parte del suo Gruppo speleologico, oltre ad essere, da decenni, socio della Società speleologica italiana e della Società geografica italiana. Dunque volontario autodidatta? Diremmo di sì se a questi termini si accetta di dare la nobiltà dell'essere se stessi, senza difendersi o, peggio, fregiarsi di titoli accademici che, per carità, spesso o quasi sempre sono di grande, meritato, prestigio. Non a caso, le competenze di D'Andrea, la sua modestia in uno con il suo sapere, hanno permesso alle varie Soprintendenze di riconoscerne il valore, dandogli l'incarico d'importanti esplorazioni speleotopografiche. Pur continuando a navigare nel Mediterraneo con flotte siciliane, ecco, dunque, i suoi studi, da decenni, sul patrimonio carsico-rupestre, altro, straordinario, ramo culturale, spesso ignorate. Lo studio di D'Andrea continua, ininterrotto, giorno per giorno. Questo è l'amore della sua vita, questa è la consapevolezza dì non avere mai finito di conoscere. E, poi, chiunque, dopo questo nostro accostarci in punta di piedi alla sua magia, potrà essere stimolato a cercare ancora, con luì o percorrendo strade diverse. Dunque, cercheremo di compiere un volo alla maniera dei falchi di Federico II, il cui stimolo veniva dato dalla lieve spinta del
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