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Ambiente o territorio ?

AMBIENTE O TERRITORIO?» 'AMBIENTE', una parola, un concetto, un termine, uno slogan tante volte fuori luogo, abusato nei suoi riferimenti a realtà, a problemi, a progetti. Pronunciata nei modi e nei luoghi meno opportuni, ha finito per dilatarsi, omnicomprendere, estendersi, diluendo proporzionalmente il riferimento e l'identità precisa che invece le sono proprie. Va perdendo valore ogni giorno, e ciò rappresenta una vera fortuna per chi in nome di esso, viene indicato come 'nemico'. Si e vicini all'assuefazione, al delirio, sicuramente alla rassegnazione. Abbiamo creato con una nostra tipica degenerazione terminologica e semantica un'entità, certamente da valorizzare, tutelare, proteggere, disinquinare, ma dai contorni così ampi, così lievitati, così maldefiniti in fondo, che risulta improponibile un qualche tipo di approccio. Si finisce col solo sussultare, ma limitandosi, in alcuni casi ad episodi di angoscia, in altri a deprecazioni, l'indifferenza ritorna a calare la sua coltre, checché ne dicano catastrofi, emergenze, scandali e quant'altro di negativo si possa immaginare... Il retaggio culturale che contraddistingue i 'paladini' dei nostri diritti, i 'rigattieri' delle nostre deleghe, i 'partigiani' delle cause più nobili, tranne qualche eccezione, nella loro battaglia retorica o enfatica, è naturalmente desertico. Conseguenziale è stata l'appropriazione indebita e l'uso distorto che si è fatto dell'urgenza «Ambiente». Innanzitutto il distacco dalla realtà effettiva delle situazioni, delle dislocazioni, delle emersioni di realtà critiche dal punto di vista ecologico, ha favorito il suddetto insufflaggio d'indeterminazione. La speculazione ha poi fiocinato l'affioramento di una sensibilità autonomamente insorta ed amplificata e moltiplicata dai Mass-media, garantendosi con stupore quasi, lo sfruttamento di un nuovo filone aurifero, proprio laddove essa nella sua famelica corsa al profitto, gettava le sue scorie, sputava il suo disprezzo. Di qui una mobilitazione di segno ben diverso da quella che era augurabile intravedere... Ma non poteva che essere così, vista la nausea, il disorientamento, l'obnubilamento insellati nell'opinione pubblica da parziali «scoli» d'informazione o da infantili obiettori di coscienza industriale. Tutto ciò è molto grave. Un'impotenza così procurata, oltre che fatto disgustoso per la stessa storia del genere umano, rappresenterà sicuramente lo scivolo per il declino della nostra civiltà. Il proposito idealistico, l'aspirazione a grandi obbiettivi ha sempre condizionato la determinazione dell'uomo nelle sue imprese, ha sempre mobilitato grandi energie, ha eternamente coinvolto i suoi simili nel sacrificio. Ciò che è importante è la credibilità di un obbiettivo, la sua comprensibilità in tutti gli strati sociali, la sua diffusibilità. Purtroppo, dopo quello che si è fatto della coscienza ecologica, dopo l'avvelenamento mondano che si è operato al suo germogliare, l'obbiettivo, un grande affascinante obbiettivo. l'affratellamento dei popoli nel restauro ecologico degli scompensi più gravi del pianeta terra, non trascinerà più nessuno, non pervaderà l'animo delle giovani generazioni, quelle stesse che nella Storia, procurando un substrato filosofico al connaturato anelito di libertà hanno sempre dirottato il mondo occidentale verso il miglioramento delle condizioni di vita sociale e culturale. Si è persa una grande occasione, dappertutto. Il consumismo ha reso asettici i giovani. Ma più di tutto, ha imperato una sorta di anestesia. Un'inerzia mentale procurata subdolamente con la disinformazione; ingenuamente ed involontariamente con l'esasperazione dell'informazione; cinicamente ed imprudentemente con l'esercizio dialettico fine a se stesso, ripetutamente amplificato da una sempre più squallida ribalta giornalistica.