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Candelaio
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Candelaio
E-book197 pagine2 ore

Candelaio

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Info su questo ebook

Commedia in cinque atti in cui alla complessità del linguaggio, un italiano popolaresco che inserisce termini in latino, toscano e napoletano, corrisponde l'eccentricità della trama, fondata su tre storie parallele.
La commedia è ambientata nella Napoli-metropoli del secondo Cinquecento, in posti che il filosofo ben conosceva per avervi soggiornato durante il suo noviziato. Il candelaio Bonifacio, pur sposato con la bella Carubina, corteggia la signora Vittoria ricorrendo a pratiche magiche; l'avido alchimista Bartolomeo si ostina a voler trasformare i metalli in oro; il grammatico Manfurio si esprime in un linguaggio incomprensibile. In queste tre storie si inserisce quella del pittore Gioan Bernardo, voce dell'autore stesso[28] che con una corte di servi e malfattori si fa beffe di tutti e conquista Carubina.
LinguaItaliano
Editoreepf
Data di uscita26 lug 2020
ISBN9788835869115
Candelaio
Autore

Giordano Bruno

Giordano Bruno wird 1548 in Nola geboren. Er studiert ab 1562 in Neapel humanistische Wissenschaften und tritt drei Jahre später in den Dominikanerorden ein. 1575 beendet er sein Theologiestudium und zieht zum erstenmal den Verdacht der Ketzerei auf sich. Es folgen ruhelose Wanderjahre durch halb Europa, während derer Bruno an jeder neuen Wirkstätte schnell durch antiaristotelische Vorträge die ansässige Professorenschaft provoziert. Zurückgekehrt nach Venedig wird er 1592 denunziert und der Inquisition übergeben.Von der Ursache, dem Prinzip und dem Einen erscheint 1584. Bruno vertritt die Meinung, daß im Universum alles beseelt sei und deshalb im Sinne der antiken Lehre des Pantheismus eine Identität von Gott und Natur angenommen werden kann. Damit kann absolutes Wissen nicht durch theologische, sondern muß vielmehr durch naturwissenschaftliche Erkenntnis erlangt werden. Brunos zentrale Auseinandersetzung mit Aristoteles findet sich in Vom Unendlichen, dem Universum und den Welten, in dem das Problem der Vielheit der Welten behandelt wird. Den Vertretern der scholastischen Methode wirft Bruno vor, in einem verschulten Aristotelismus nur Abstraktionen gelten zu lassen, dadurch aber die Pluralität der Welt nicht zu erkennen. Neben philosophischen Texten verfaßt Bruno bedeutende Lehrgedichte wie Über die Monas (1591), die ihn als auch als Literaten zeigen. Brunos Werk hat die unterschiedlichsten Interpretationen erfahren; unbestritten ist sein Einfluß auf Denker wie Spinoza und Hegel. Leibniz übernimmt von ihm den Begriff der Monade.Giordano Bruno stirbt nach 8 jähriger Kerkerhaft 1600 auf dem Scheiterhaufen in Rom.

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    Anteprima del libro

    Candelaio - Giordano Bruno

    Ebook realizzato da Litterae.eu informatica umanistica a partire da un'opera di pubblico dominio.

    Giordano Bruno

    Candelaio

    Comedia del Bruno Nolano,

    Academico di nulla academia,

    detto il fastidito

    In tristitia hilaris, in hilaritate tristis.

    Personaggi

    Bonifacio, innamorato di Vittoria

    Bartolomeo, alchimista

    Manfurio, pedante

    Vittoria, signora

    Lucia, ruffiana

    Carubina, moglie di Bonifacio

    Gioan Bernardo, pittore

    Scaramuré, negromante

    Ottaviano, spirito faceto

    Pollula, scolare di Manfurio

    Cencio, truffatore

    Marta, moglie di Cencio

    Consalvo, speziale

    Sanguino, mariuolo

    Barra, mariuolo

    Marca, mariuolo

    Corcovizzo, mariuolo

    Ascanio, servitore di Bonifacio

    Mochione, servitore di Bartolomeo

    Sonetto proemiale

    Il libro

    A gli abbeverati nel Fonte Caballino.

    Voi che tettate di muse da mamma,

    E che natate su lor grassa broda

    Col musso, l’eccellenza vostra m’oda,

    Si fed’e caritad’il cuor v’infiamma.

    Piango, chiedo, mendico un epigramma, 5

    Un sonetto, un encomio, un inno, un’oda

    Che mi sii posta in poppa over in proda,

    Per farmene gir lieto a tata e mamma

    Eimè ch’in van d’andar vestito bramo

    Oimè ch’i’ men vo nudo com’un Bia, 10

    E peggio: converrà forse a me gramo

    Monstrar scuoperto alla Signora mia

    Il zero e menchia, com’il padre Adamo,

    Quand’era buono dentro sua badia.

    Una pezzenteria 15

    Di braghe mentre chiedo, da le valli

    Veggio montar gran furia di cavalli.

    Alla signora Morgana B., sua signora sempre onoranda

    Ed io a chi dedicarrò il mio Candelaio? a chi, o gran destino, ti piace ch’io intitoli il mio bel paranimfo, il mio bon corifeo? a chi inviarrò quel che dal sirio influsso celeste, in questi più cuocenti giorni, ed ore più lambiccanti, che dicon caniculari, mi han fatto piovere nel cervello le stelle fisse, le vaghe lucciole del firmamento mi han crivellato sopra, il decano de’ dudici segni m’ha balestrato in capo, e ne l’orecchie interne m’han soffiato i sette lumi erranti? A chi s’è voltato, — dico io, — a chi riguarda, a chi prende la mira? A Sua Santità? no. A Sua Maestà Cesarea? no. A Sua Serenità? no. A Sua Altezza, Signoria illustrissima e reverendissima? non, no. Per mia fé, non è prencipe o cardinale, re, imperadore o papa che mi levarrà questa candela di mano, in questo sollennissimo offertorio. A voi tocca, a voi si dona; e voi o l’attaccarrete al vostro cabinetto o la ficcarrete al vostro candeliero, in superlativo dotta, saggia, bella e generosa mia s[ignora] Morgana: voi, coltivatrice del campo dell’animo mio, che, dopo aver attrite le glebe della sua durezza e assottigliatogli il stile, — acciò che la polverosa nebbia sullevata dal vento della leggerezza non offendesse gli occhi di questo e quello, — con acqua divina, che dal fonte del vostro spirto deriva, m’abbeveraste l’intelletto. Però, a tempo che ne posseamo a toccar la mano, per la prima vi indrizzai: Gli pensier gai; apresso: Il tronco d’acqua viva. Adesso che, tra voi che godete al seno d’Abraamo, e me che, senza aspettar quel tuo soccorso che solea rifrigerarmi la lingua, desperatamente ardo e sfavillo, intermezza un gran caos, pur troppo invidioso del mio bene, per farvi vedere che non può far quel medesmo caos, che il mio amore, con qualche proprio ostaggio e material presente, non passe al suo marcio dispetto, eccovi la candela che vi vien porgiuta per questo Candelaio che da me si parte, la qual in questo paese, ove mi trovo, potrà chiarir alquanto certe Ombre dell’idee, le quali in vero spaventano le bestie e, come fussero diavoli danteschi, fan rimaner gli asini lungi a dietro; ed in cotesta patria, ove voi siete, potrà far contemplar l’animo mio a molti, e fargli vedere che non è al tutto smesso.

    Salutate da mia parte quell’altro Candelaio di carne ed ossa, , delle quali è detto che Regnum Dei non possidebunt; e ditegli che non goda tanto che costì si dica la mia memoria esser stata strapazzata a forza di piè di porci e calci d’asini: perché a quest’ora a gli asini son mozze l’orecchie, ed i porci qualche decembre me la pagarranno. E che non goda tanto con quel suo detto: Abiit in regionem longinquam; perché, si avverrà giamai ch’i cieli mi concedano ch’io effettualmente possi dire: Surgam et ibo, cotesto vitello saginato senza dubbio sarrà parte della nostra festa. Tra tanto, viva e si governe, ed attenda a farsi più grasso che non è; perché, dall’altro canto, io spero di ricovrare il lardo, dove ho persa l’erba, si non sott’un mantello, sotto un altro, si non in una, in un’altra vita. Ricordatevi, Signora, di quel che credo che non bisogna insegnarvi: — Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila; è un solo, che non può mutarsi, un solo è eterno, e può perseverare eternamente uno, simile e medesmo. — Con questa filosofia l’animo mi s’aggrandisse, e me si magnifica l’intelletto. Però, qualunque sii il punto di questa sera ch’aspetto, si la mutazione è vera, io che son ne la notte, aspetto il giorno, e quei che son nel giorno, aspettano la notte: tutto quel ch’è, o è cqua o llà, o vicino o lungi, o adesso o poi, o presto o tardi. Godete, dunque, e, si possete, state sana, ed amate chi v’ama.

    Argumento ed ordine della comedia

    Son tre materie principali intessute insieme ne la presente comedia: l’amor di Bonifa[cio], l’alchimia di Bartolomeo e la pedantaria di Manfurio. Però, per la cognizion distinta de’ suggetti, raggion dell’ordine ed evidenza dell’artificiosa testura, rapportiamo prima, da per lui, l’insipido amante, secondo il sordido avaro, terzo il goffo pedante: de’ quali l’insipido non è senza goffaria e sordidezza, il sordido è parimente insipido e goffo, ed il goffo non è men sordido ed insipido che goffo.

    Bonifacio, dunque, nell’atto I, SCENA I, inamorato della s[ignora] Vittoria, ed accorgendosi che non possea reciprocarsi l’amore, — del che era la caggione che quella er’amica, come si dice, di fiori di barbe e frutti di borse, e lui non era giovane né liberale, — pone la sua speranza ne la vanità de le magiche superstizioni, per venire a gli amorosi effetti; e per questo manda il suo servitore a trovar Scaramuré che gli era stato descritto efficace mago. [II SCENA ] Avendo inviato Ascanio, discorre tra se medesmo, riducendosi a mente il valor di quell’arte. [III SCENA] Gli sopragionge Bartolomeo che con certo mezzo artificio gli fa vomitare il suo secreto, e mostra la differenza dell’ogetto dell’amor suo. [IV SCENA] Sanguino, padre e pastor di marioli, ed un scolare, che studiava sotto Manfurio, che da parte aveano uditi questi raggionamenti, discorreno sopra quel fatto; e Sanguino particularmente comincia a prender il capo per ordir qualche tela verso di Bonifacio. [VI SCENA] Compare Lucia ruffiana con un presentuccio che Bonifacio mandava, e ne fa notomia, e si dispone a prenderne la decima, e poco mancò che non vi fusse sopragiunta da lui. [VII SCENA] Bonifacio se ne viene tutto glorioso per certo suo poema di nova cola in onor e gloria della sua dama: nella qual festa [VIII SCENA] fu ritrovato da Gioan Bernardo pittore, al quale arrebbe discoperto il suo nuovo poetico furore, ma lo distrasse il pensier del ritratto, ed il pensier sopra un dubbio che gli lasciò Gio. Bernardo nella mente. E [IX SCENA] rimane perplesso su l’enigma; perché o più o meno intende il termino candelaio, ma non molto può capir che voglia dir orefice. Mentre dimora in questo pensiero, ecco [X SCENA] riviene Ascanio col mago, il quale, dopo avergli fatte capir alcune pappolate, lo lascia in speranza d’accapar il tutto.

    Nell’atto II, III SCENA, si monstrano la s[ignora] Vittoria e Lucia entrate in speranza di premer vino da questa pumice e cavar oglio da questo subere: e sperano, col seminar speranze nell’orto di Bonifacio, di tirar messe di scudi nel proprio magazzino; ma s’ingannavano le meschine, pensando che l’amor gli avesse tanto tolto l’intelletto, che non avesse sempre avanti gli occhi della mente il proverbio che gli udirrete dire nel principio della sesta scena nell’atto quarto. [IV SCENA] Rimasta la s[ignora] Vittoria sola, fa di bei castelli in aria, presupponendo che questa fiamma d’amor facesse colar e fonder metalli, e che questo martello di Cupido co l’incudine del cuor di Bonifacio stampar potesse almen tanta moneta, che, fallendo col tempo l’arte sua, non gli fusse necessario d’incantar quella di Lucia, iuxta illud: Et iam facta vetus, fit rofiana Venus. Mentre dunque si pasce di que’ venticelli che gonfiano la panza e non nutriscono, [V SCENA] sopraviene Sanguino, che, per quel ch’avea udito dalla propria bocca di Bonifacio, comincia a tramar qualche bella impresa, e si retira con lei per discorrere come si dovessero governar col fatto suo.

    Nell’atto III, II SCENA, viene Bonifacio con Lucia, che lo contrista, tentandolo di pacienza per la borsa: or, mentre masticava come avesse in bocca il panferlich, gli cascò il lasagno dentr’al formaggio, idest ebbe occasion di levarsela d’avanti per quella volta, per dover trattar cose importanti con dui che sopragiunsero. [II SCENA] Questi erano Scaramuré ed Ascanio, co i quali si tratta come si dovesse governare ne’ magichi cerimoni; dona parte del suo conto al mago e se ne va. [IV SCENA] Rimane, beffandosi de la smania di costui, Scaramuré; e [V SCENA] ritorna Lucia che pensava che Bonifacio l’aspettasse, e costui la rende certa che la speranza era vana e la fatica persa; e con ciò vanno alla s[ignora] Vittoria per chiarirla del tutto: il che fece costui, a fin che, col fingere di quella potesse graffar qualch’altra somma da Bonifacio. [IX SCENA] Compaiono Sanguino e Scaramuré, come quei ch’aveano appuntato qualche cosa con la s[ignora] Vittoria e m[esser] Gioan Bernardo: e questi dui con dui altri venturieri sotto la bandiera di Sanguino trattano di negociare alcuni fatti con stravestirsi da capitano e birri: del qual partito [nella X SCENA] si contentano molto.

    Nell’atto IV, I SCENA, la s[ignora] Vitt[oria] vien fuori fastidita per molto aspettare; discorre sopra l’avaro amor di Bonifacio e sua vana speranza; mostra d’esser inanimata a fargli qualch’insapore insieme col finto capitano, birri e Gio. Bernardo. Tra tanto, venne Lucia [II SCENA] che mostra di non aver perso il tempo ed [esser] vana la fatica: espone come abbia informata ed instrutta Carubina, moglie di Bonifacio; e [SCENA III] sopragionte da Bartolomeo, sdegnate si parteno. [IV SCENA] Rimane Bartolomeo, discorrendo sopra la sua materia; ed ecco [V SCENA] gli occorre Bonifacio, e raggionano un pezzo insieme, burlandosi l’un de l’altro. Tra tanto, Lucia che non dormeva sopra il fatto suo, [VI SCENA] trova m[esser] Bonifacio, il quale, disciolto da Bartolomeo, vien ad esser molto persuaso dall’estreme novelle che quella gli disse: cioè che per il meno la s[ignora] Vittoria gli arrebbe donato tutt’il suo, con questo che la andasse a chiavar per quella sera, ch’altrimente moreva: il che, per le cose che erano passate della magica fattura, non fu difficile a donarglielo ad intendere: prese ordine di stravestirsi lui come Gio. Bernardo. Lucia si parte co le vesti di Vittoria a mascherar Carubina; [VII SCENA] rimane Bonifacio, facendo tra se medesmo festa dell’effetto che vede del suo incantesimo; apresso, [VIII SCENA] si berteggia insieme con Marta, moglie di Bartolomeo, per un pezzo; e poi è verisimile ch’andasse subbito al mascheraro per accomodarsi come S. Cresconio. [XII SCENA] Ecco Carubina, stravestita ed istrutta da Lucia, fa intendere i belli allisciamenti e vezzi,che questa sofistica Vittoria dovea far al suo alchimico inamorato; e prende il camin verso la stanza di Vittoria. E [XIII SCENA] rimane Lucia con determinazione d’andar a trovar Gio. Bernardo; ma ecco che [XIV SCENA] colui viene a tempo, perché non vegliava meno sopra il proprio negocio, che Lucia sopra l’altrui. Cqua si determina de le occasione che dovean prendere, come le persone si doveano disporre al loco e tempo: e poi Lucia va a trovar Bonifacio e Gioan Bernardo a dar ordine all’altre cose.

    Nell’atto V, SCENA I, eccoti Bonifacio, in abito di Gioanbernardo, che spirava amor dal culo e tutti gli altri buchi della persona; e con Lucia, dopo aver discorso un poco, sen va alla bramata stanza. Tra tanto, Gio. Bernardo teneva il baston dritto, pensando a Carubina, ed aspettò un gran

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