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Jung e Il Diavolo

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"Io sono e resto uno psicologo.

Non mi occupo di cio' che trascende il contenuto psicologico dell'esperienza umana : non mi pongo neppure il problema di sapere se una tale trascendenza e' possibile [...]. Ora sul piano psicologico ho a che fare con delle esperienze religiose che hanno una struttura e un simbolismo che possono essere interpretati. Per me,l'esperienza religiosa e' reale,e' vera : constato che tali esperienze possono "salvare" l'anima,possono accelerare la sua integrazione e instaurare l'equilibrio spirituale. Per me,psicologo, lo stato di grazia esiste : e' la perfetta serenita' dell'anima,l' equilibrio creatore,fonte dell'energia spirituale. Parlando sempre come psicologo,constato che la presenza di Dio si manifesta,nell' esperienza profonda della psiche,come una coincidentia oppositorum - e tutta la storia delle religioni,tutte le teologie stanno a confermare che la coincidentia oppositorum e' una delle formule piu' utilizzate e piu' arcaiche per esprimere la realta' di Dio. L'esperienza religiosa e',come la chiamava Rudolph Otto,Numinosa - e per me,psicologo, questa esperienza si distingue dalle altre per il fatto che trascende le consuete categorie del tempo,dello spazio e della causalita'. Ho molto studiato ultimamente la sincronicita' (in una formula sommaria : la"rottura del tempo") e ho constatato che si avvicina all'esperienza niminosa : lo spazio,il tempo,la causalita' sono aboliti. Constato che il conflitto interiore e' sempre la fonte delle crisi psicologiche profonde,pericolose : talmente pericolose che possono distruggere l'integrita' umana. Ora,questo conflitto interiore si manifesta,psicologi camente,con le stesse immagini e con lo stesso simbolismo attestati in tutte le religioni del mondo e utilizzati anche dagli alchimisti. E' per questo che sono portato a occuparmi della religione - di Yahve',di Satana,di Cristo,della Vergine. Comprendo che un credente veda in queste immagini altra cosa di cio' che io,psicologo, abbia il diritto di vedervi. La fede del credente e' una grande forza spirituale; e' la garanzia della sua integrita' psichica. Ma sono medico : mi occupo della guarigione dei miei simili. La fede,da sola,non ha piu' il potere,ahime' ! di guarire certe persone. Il mondo moderno e' desacralizzato : per questo e' in crisi. Occorre che l'uomo riscopra una fonte piu' profonda della propria vita spirituale. Ma,per fare questo,e' obbligato a lottare con il Male,ad affrontare la sua "Ombra",a integrare il "Diavolo". Non c'e' altra via d'uscita. Per questo,Yahve' ,Giobbe,Satana rappresentano, psicologicamente ,delle situazioni esemplari : sono come dei paradigmi dell'eterno dramma umano". Jung: Alchimia e reintegrazione Posted by: "Mille Nomi" lachimera70@hotmail.com Tue Mar 1, 2011 3:18 am (PST)

"Per quindici anni ho studiato l'alchimia,ma non ne ho parlato a nessuno,non volevo suggestionare ne' i miei pazienti,ne' i miei collaboratori. Ma dopo 15 anni di ricerche e osservazioni, le conclusioni si sono imposte con una forza ineluttabile : le operazioni alchemiche erano reali ; solo che questa realta' non era fisica ma psicologica. L'alchimia rappresenta la proiezione di un dramma nello stesso tempo cosmico e spirituale in termini di "laboratorio" . L'opus magnum aveva come obiettivo tanto la liberazione dell'anima umana quanto la guarigione del Cosmo. Cio' che gli alchimisti chiamavano la "Materia" era in realta' il Se'. L'"anima del mondo",l'anima mundii,identificata dagli alchimisti con lo spiritus mercurius, era imprigionata nella "materia".E' per questa ragione che gli alchimisti credevano nella verita' della "materia": perche' la "materia" era in effetti la loro propria vita psichica. Ora,si trattava di liberare questa materia,di "salvarla",in una parola di oottenere la pietra filosofale,cioe' il "corpo glorioso",ilcorpus glorificationis. Ma questo lavoro e' difficile e cosparso di insidie : l'"opera alchemica" e' pericolosa. Fin dall'iniziio, si incontra il "Drago",lo Spirito ctonio,il "Diavolo" o,come lo chiamano gli alchimisti,il Nero,la nigredo. E questo incontro provoca la sofferenza. La "materia" soffre fino alla sparizione della nigredo; in termini psicologici, l'anima si trova nei tormenti della malinconia,essa lotta con l'"Ombra". Il mistero della congiunzione, mistero centrale dell'alchimia, persegue proprio la sintesi degli opposti,l'assimilaz ione del "Nero", l'integrazione del "Diavolo".

> Occorre che l'uomo riscopra una fonte piu' profonda della propria vita spirituale. Ma,per fare questo,e' obbligato a lottare con il Male,ad affrontare la sua "Ombra",a integrare il "Diavolo". Questa una delle grandi realizzazioni che Jung ha raggiunto e donato agli uomini. Jung ha esibito una immagine pubblica di studioso e scienziato, ma lui stesso sapeva che era una immagine deformata e non reale, Jung era effettivamente un "praticante" e perseguiva una conoscenza di tipo gnostico. I suoi doni all'uomo sono stati doni concreti, cio utili per chi pratica la ricerca di una conoscenza che anche trasformazione. .. Cari saluti Pino All'uomo riesce molto difficile, sembra, vivere con gli enigmi o lasciarli vivere, anche se sarebbe saggio pensare che, data la fondamentale enigmaticit dell'esistenza, un numero maggiore o minore di questioni insolubili non fa differenza. Ma forse proprio questo l'insopportabile: che nella propria anima debbano esserci cose irrazionali le quali scuotono la coscienza nella sua illusione di chiarezza e certezza, ponendola a contatto con l'enigma della sua esistenza... C.G. Jung - Opere vol. 13, Studi sull'alchimia (L'albero filosofico) Mi dico: con il drago arriva anche la perla.

Leibniz espone i princpi ispiratori dei Saggi di Teodicea: con questa opera - oltre a dare fondamento a uno dei cardini del suo sistema filosofico (l'armonia prestabilita) - egli intende rispondere sia a quei filosofi che, come Bayle nelDizionario storico e critico, avevano chiamato Dio a rendere conto del male dell'uomo, sia a quei teologi (cattolici e protestanti) che avevano assunto una posizione analoga a quella di Bayle. G. W. Leibniz, Saggi di Teodicea, Prefazione Taluni [...] non accontentandosi di servirsi del pretesto della necessit per provare che la virt e il vizio non sono n bene n male, hanno l'audacia di far la divinit complice dei loro disordini, e imitano gli antichi pagani, i quali attribuivano agli di la causa dei loro delitti, come se una divinit li spingesse a mal fare. Questa confusione sembra sia stata aumentata dalla filosofia dei cristiani, la quale riconosce meglio di quella degli antichi la dipendenza delle cose dal Primo Autore, e il suo concorso in tutte le azioni delle creature. Alcune abili persone del tempo nostro sono arrivate al punto da togliere ogni azione alle creature; e il Bayle se n' servito per rimettere in vigore il dogma dimenticato dei due princpi, o di due divinit, l'una buona, l'altra cattiva, come se questo dogma soddisfacesse meglio alle difficolt sull'origine del male; sebbene, del resto, egli riconosca che un'opinione insostenibile, e che l'unit dei princpi fondata senza contestazione sulla ragione a priori; ma egli ne vuole inferire che la nostra ragione si confonde e non sarebbe in grado di soddisfare alle obiezioni e che nondimeno deve stare salda ai dogmi rivelati, che ci insegnano l'esistenza di un solo Dio, perfettamente buono, perfettamente potente e perfettamente saggio. Ma molti lettori i quali fossero persuasi dell'insolubilit di queste obiezioni, e che le credessero per lo meno altrettanto forti quanto le prove della verit della religione, ne caverebbero conseguenze perniciose. Ammesso che non ci sia il concorso di Dio nelle cattive azioni, non si cesserebbe di portare in campo delle difficolt in quanto Egli le prevede e le permette, potendole impedire mediante la sua onnipotenza. Per questo alcuni filosofi, e persino qualche teologo, hanno preferito negargli la

conoscenza dei particolari delle cose, e soprattutto dei futuri eventi, piuttosto che attribuirgli ci che essi credevano offendesse la sua bont. [...] Essi hanno senza dubbio grande torto, ma non minore il numero di coloro i quali, persuasi che nulla si faccia senza la volont e la potenza di Dio, gli attribuiscono delle intenzioni e delle azioni assolutamente indegne del sommo e ottimo fra tutti gli esseri, tanto che si potrebbe dire che questi autori hanno rinunziato in effetti al dogma il quale riconosce la giustizia e la bont di Dio. Essi hanno sostenuto che, essendo Dio il Padrone sovrano dell'Universo, Egli potrebbe, senza alcun pregiudizio della sua santit, far commettere peccati solo perch cos gli piace o per avere il piacere di punire, e perfino che potrebbe prendersi il piacere di affliggere gli innocenti senza commettere alcuna ingiustizia. Alcuni sono giunti perfino ad affermare che Dio opera effettivamente cos, e, sotto il pretesto che noi siamo nulla in confronto a lui, paragonano gli uomini a quei vasi di coccio di cui non ci preoccupiamo se nel trasporto si frantumano o, in generale, agli animali che non sono della nostra specie e non abbiamo scrupolo di maltrattare. Io credo che molte di queste persone, del resto bene intenzionate, giungano a simili pensieri perch non riflettono abbastanza sulle conseguenze. Essi non si accorgono di distruggere la giustizia di Dio; perch quale nozione possiamo attribuire a una giustizia simile, che ha solo la volont per regola, nella quale, cio, la volont non diretta dalle regole del bene, e anzi si dirige verso il male? A meno che non sia la nozione del tiranno data da Trasimaco che, presso Platone [nel I libro della Repubblica], afferma che il giusto non altro che ci che piace al pi potente. Alla medesima conclusione giungono, senza riflettere, coloro che fondano ogni obbligazione sulla costrizione e, di conseguenza, assumono la forza come misura del diritto. Ma certamente si abbandoneranno presto massime cos strane, e cos poco atte a rendere gli uomini buoni e caritatevoli con l'imitazione di Dio, quando si sar ben considerato che un Dio che si compiace del male altrui, non si distinguerebbe dal Principe del male, del quale parlano i manichei, posto che fosse l'ultimo signore dell'Universo: mentre bisogna attribuire al vero Dio i sentimenti che lo rendono degno di essere chiamato il Principe buono. [...] Per fortuna queste teorie oltranziste non si trovano quasi pi presso i teologi. Tuttavia alcune persone di spirito, che si compiacciono di sollevar difficolt, le fanno rivivere, cercando di aumentare il nostro impaccio con l'aggiungere alle dispute della filosofia le controversie che nascono dalla teologia cristiana. I filosofi considerano le questioni della necessit, della libert e dell'origine del male; i teologi vi aggiunsero quelle del peccato originale, della grazia e della predestinazione. La corruzione originale del genere umano, derivante dal primo peccato, ci sembra aver imposto una necessit naturale di peccare, se non si ha il soccorso della grazia divina. Ma poich la necessit incompatibile con la punizione, se ne dedurr che una grazia sufficiente dev'essere concessa a tutti gli uomini: ci che non pare troppo conforme all'esperienza. (Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 237-239)

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