Diritto Commerciale
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I PATTI PARASOCIALI
Il patto parasociale è il contratto concluso almeno da due soci allo scopo di regolare
l’esercizio di diritti sociali o regola l’esercizio di semplici facoltà o poteri che spettano in
ragione della appartenenza ad una società, cioè il diritto di trasferire a terzi quella
partecipazione. Nell’ambito di questa facoltà si include anche i poteri processuali che
possono aspettare per far valere talune domande di giustizia.
Nozione all’art 1321 in riferimento alla regolazione di un rapporto giuridico patrimoniale,
proprio perché si tratta di contratti regolativi i soci decidono di limitare la propria libertà
in ragione di un beneficio comune. Se si aderisce ad un patto parasociale si è legati in due
rapporti:
- Rapporto contrattuale con la società
- Rapporto contrattuale parasociale
L’aspettativa è quella di conseguire determinati benefici, vi sono varie motivazioni in
ragione degli specifici diritti e facoltà che le parti decidono di regolare, in particolare tre
finalità più due aggiuntive:
1 la creazione di un indirizzo unitario e coordinato rispetto all’azione che i singoli
avrebbero. Questa nozione può essere declinata a seconda delle persone; significa dare
ordine e coerenza delle scelte sociali. Il patto parasociale assicura una gestione più
organizzata e più fluida perché anima buona parte delle finalità. Il patto parasociale può
essere stipulato sia dai soci di maggioranza sia da quelli di minoranza (in tal caso
l’indirizzo unitario si traduce nella difesa maggiore o migliore degli interessi comuni).
2 inserire alcune pattuizioni che possono essere inserite solo nel patto parasociale.
3 i patti parasociali possono essere stipulati anche solo con alcuni soci; ciò è un valore
perché regola l’esercizio dei propri diritti solo con alcuni determinati soggetti. Mentre il
contratto sociale vincola tutti i soci presenti e futuri, il contratto parasociale vincola solo
coloro che vi hanno prestato adesioni.
Ve ne sono altre due:
4 i patti parasociali richiedono minor grado di rigidità nella loro manutenzione, ciò è
confermato per quanto riguarda la forma della stipulazione. Questa caratteristica è da
maneggiare con attenzione perché, essendo soggetta alla disciplina dei contratti, tale
disciplina deve rispondere ad essa.
5 tematica della riservatezza, l’interesse alla conoscenza del contenuto del patto
parasociale è stata tradotta in termini più internisti.
Meccanismo di rinnovo del patto: sia il cc che il tuf chiariscono che i patti sono
rinnovabili ala scadenza. Ciò significa che, attraverso una pronuncia, il patto viene
automaticamente rinnovato. Ammette il rinnovo automatico solo se è possibile dare
disdetta fino all’ultimo momento utile. La CONSOB contestava la mancata
comunicazione del patto parasociale.
La liceità di certi patti, relativo a patti parasociali con cui le parti concordano a
rinunciare all’azione di responsabilità verso gli amministratori. Sono tutti casi in cui
le parti non stavano stipulando in via preventiva, ma sono patti parasociali di
rinuncia all’azione di responsabilità che erano ex post in occasione o di patti di
cessione o di patti stipulati per una transazione complessiva che chiudeva anni di
controversie giudiziarie.
Quando uno di questi elementi dovesse venire a mancare, la tenuta della vincolatività nei
confronti di tutti i soci è messa in discussione attraverso le figure della invalidità delle
delibere, le quali sono regolamentate con l’obiettivo di assicurare come presidio di
garanzia dei singoli soci al fine di consentire un ripristino della piena legalità. Tuttavia,
tale finalità tiene conto del controinteresse che entra in collisione con l’esigenza di
assicurare la piena legalità delle decisioni. Questo controinteresse è la stabilità degli atti
societari.
Queste problematiche, in senso lato, riguardano tutti gli organi societari anche in altre
società di capitale non solo quindi SPA.
La giurisprudenza viene a colmare lacune, tra cui i silenzi di legislatore per scelte di diritto
positivo.
La disciplina delle delibere assembleare delle SPA è quella più esaustiva utilizzata anche
per altri corpi di disciplina con richiami analitici a singoli commi.
Fonti normative:
- Artt 2377 con le disposizioni successive fino al 2379ter.
- Art 2373.
- Art 2434.
In questo contesto, mancano riferimenti alle delibere del collegio sindacale. Si tratta di un
silenzio con cui la giurisprudenza, nel 2018, si è trovata a fare i conti (sentenza 23 aprile
2018, il Tribunale di Milano ha visto che il regime delle delibere assembleari delle SPA
potesse essere il riferimento per adeguamenti collegiali).
Le figure tipiche sono annullabilità e nullità, che condividono con il sistema privatistico
solo il nome. Viene considerato il catalogo dei vizi di entrambe: Non conformità alla legge
o allo statuto: rientrano sia i vizi di procedimento sia vizi di contenuto. Nel quadro di non
conformità, si isola un sottoinsieme rappresentato da tre fattispecie 1 illiceità o
impossibilità dell’oggetto 2 mancanza della convocazione 3 mancanza del verbale. Quadro
complesso perché alcune fattispecie si collocano a metà tra questa macroarea che possono
costituire una causa di invalidità o possono essere talune irrilevanti: queste ipotesi
possono essere 1 la presenza di persone non legittimate 2 la invalidità di singoli voti o
errato conteggio 3 incompletezza del verbale; queste fattispecie possono costituire un
motivo di invalidità della delibera (solo annullabilità) solo se la partecipazione di persone
o voti sono stati determinanti per l’approvazione della delibera, cioè le prime due solo se
era stata determinante, l’ultima se il verbale non consente di comprendere l’oggetto della
delibera. Sono situazioni in cui l’eventuale vizio è soggetto ad una prova di resistenza.
Similmente altre ipotesi come 1 confitto d’interessi del socio il quale di per sé non un vizio
ma lo diviene solo se alcuni presupposti ulteriori sono soddisfatte e integrate cioè se il
voto del socio è stato determinante e se la delibera è nelle condizioni di determinare un
danno potenziale alla società, la norma di riferimento è la 2373 ed è implicito in questa
costruzione che il socio in conflitto d’interessi non è obbligato ad astenersi, è tenuto ad
astenersi, confermato anche al contrario al 2 comma del 2373, quanto prevede un obbligo
di astensione per un socio che sia anche amministratore rispetto alle delibere assembleari
che riguardano la sua responsabilità risarcitoria nei confronti della società.
Il regime delle invalidità è totalmente differenziato a seconda che sia nel regime di
annullabilità che nullità. È differenziato sotto quattro profili:
- Profilo della legittimazione, cioè chi può far valere l’invalidità. In materia di
annullabilità, possono impugnare l’organo amministrativo, il collegio sindacale,
tanti soci che siano stati non consenzienti rispetto alla delibera purché abbiano
titolarità di un certo numero di azioni con diritto di voto (soci o assenti o
dissenzienti o astenuti) rispetto alla specifica delibera (nelle società chiuse 5% del
capitale sociale, nelle società aperte 1x1000 del capitale sociale), il legislatore rinvia
la possibilità di un’azione risarcitoria, ma nulla pregiudica la possibilità che di
fronte ad una delibera invalida non si promuova una iniziativa che punta alla tutela
reale (annullamento o declaratoria di nullità) ma si decida la via risarcitoria nei
confronti della stessa società o anche ai soci maggioritari della delibera in questione.
In materia di nullità, la legittimazione è più estesa a chiunque ne abbia interesse e
rilevabile d’ufficio. In riferimento a chiunque ne abbia interesse, vi è un’eccezione in
materia di approvazione di bilancio, nella quale il legislatore riconduce nella
tematica dell’illiceità dell’oggetto, dove la legittimazione spetta al 5% del capitale
sociale se la revisione legale dei conti si è conclusa con un giudizio sul bilancio
positivo e senza rilievi. Rispetto alla nullità per mancata convocazione, la
legittimazione non spetta da chi abbia comunque prestato il proprio consenso al
fatto che l’assemblea si tenesse.
- Termine entro il quale l’azione invalidatoria può essere promossa: in materia di
annullabilità, il termine è di 90 giorni che decorrono da momenti diversi (dalla
trascrizione del libro delle assemblee, dal deposito del registro delle imprese se la
delibera è soggetta a deposito o l’iscrizione quando la delibera chiede di essere
iscritta); in materia di nullità, il termine è limitato rispetto al 2003 ( oggi è 3 anni che
decorrono dagli stessi dies a quo per l’annullabilità), unica eccezione azione
imprescrittibile per la delibera che abbia modificato l’oggetto sociale prevedendo
attività illecite ed impossibili. Alcune regole aggiuntive: norme speciali come il
2379ter con ulteriori limitazioni al termine. Regola trasversale sia annullabilità che
nullità è la delibera di approvazione del bilancio non può essere impugnata dopo
che sia stato approvato il bilancio successivo.
- Ripercussioni della pronuncia di annullamento o la dichiarazione di nullità: la
semplice approvazione del giudizio di annullabilità che nullità non sospende gli
effetti della delibera; occorre altresì un apposito procedimento cautelare ex art 2378
(fattispecie di sospensione degli effetti) nella quale fissa anche un criterio di
giudizio chiamando il giudicante a confrontare l’interesse della società
all’esecuzione del proprio deliberato con quello dei ricorrenti. Non solo non
sospende gli effetti, ma anche nel caso in cui la delibera fosse stata inibita sul piano
cautelare e all’esito del giudizio fosse annullata o dichiarata nulla, i diritti acquisiti
dai terzi in esecuzione della delibera sono fatti salvi se i terzi sono in buona fede.
Questa norma citata ha un’applicazione limitata perché l’assemblea di SPA è stata
svuotata di concretezze gestorie, ma cosi non è per le SRL il cui regime guarda il
regime delle impugnazioni SPA: i soci di SRL hanno più chance ad essere chiamati
per atti di gestione sia per causa legislativa (modificazioni totali dell’oggetto
sociale).
- Profilo della sanabilità, cioè possibilità che la pronuncia possa essere rimossa: vi è
una fattispecie generale dove il legislatore ha eccepito un orientamento
giurisprudenziale e riconosciuto che l’impugnazione non può avere esito se la
delibera viene sostituita con un’altra priva del vizio da cui era affetta quella
precedente. in tal caso, la maggioranza stessa torna sulle proprie decisioni e
rimuove dall’organizzazione societaria una delibera viziata, con una sostituzione di
una di eguale contenuto. Ulteriore forma di sanatoria per la mancanza del verbale:
in questa eventualità è sanabile con una verbalizzazione successiva purché
precedente dell’assemblea successiva.