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1. Valori musicali
I moderni mezzi di comunicazione e le tecniche di riproduzione del suono hanno fatto diventare il pluralismo musicale parte della nostra quotidianità ma il nostro modo di pensare la musica non ri ette questa
situazione.
31 agosto 1997 alle selezioni nali del Mercury Music Prize gruppi pop furono messi in composizione con compositori “classici” → le barriere che separavano gli sAli e le tradizioni musicali iniziavano a
sgretolarsi.
La musica è radicata nella cultura umana: non esiste una cultura priva di linguaggio così come non esiste una cultura priva di musica. La gente pensa per mezzo della musica, decide chi essere e si esprime
con la musica.
Spot pubblicitario Prudential 1992 - “vorrei essere ...un musicista”: usa la musica come simbolo di aspirazione e autorealizzazione, di desiderio di essere ciò che vorresti, ed usa il rock per raggiungere una
parte della società in particolare, il pubblico dei ventenni.
• ROCK: = gioventù, libertà, spontaneità → autenticità.
• CLASSICA = maturità, esigenza di assumersi responsabilità.
Messaggio PRUDENTIAL= puoi aprire un piano providenziale senza rinunciare ad essere giovane, libero e spontaneo.
MUSICA: insieme di suoni generati dall'uomo (escluso vento/canto degli uccelli), piacevoli da ascoltare, tali in sé e non per il messaggio che trasmettono (esclude il discorso).
La musica è simbolo di identità nazionale o regionale. → La musica, soprattutto il rythm 'n' blues e il rock 'n' roll, giocò un ruolo fondamentale nella creazione della cultura giovanile degli anni Sessanta → per
la prima volta i teenagers europei e americani adottarono uno stile di vita e un sistema di valori contrapposti a quelli dei genitori. La musica può essere usata come forma di riconoscimento identitario dei
gruppi.
OGGI LA SOCIETA’ → è divisa in sottoculture e ognuna di esse ha una propria identità musicale: decidere che musica ascoltare signi ca decidere e manifestare chi si vuole essere e chi si è.
Parlando di musica si parla di tante attività ed esperienze ma c'è una gerarchia secondo cui consideriamo alcune esperienze ed attività più “musicali” di altre.
Ci si aspettava che le band scrivessero da sole la propria musica e il proprio stile e soprattutto ci si aspettava che si formassero spontaneamente e non create dagli impresari dell'industria della musica → il
successo dei The Monkees, gruppo americano inventato dalla NBC-TV che non scrivevano la propria musica e “non suonavano i propri strumenti”: visto come qualcosa di sintetico, arti ciale, trasgressione del
principio dell'autenticità. Questo sistema di valori resta ancora oggi.
ANNI 80/90: ci fu la ristampa dei capolavori del rock in CD e si sviluppò una tendenza critica che mirava a giusti care lo status di capolavoro degli album delle band classiche: fu dimostrato che non si limitavano
a riprodurre ma creavano qualcosa di nuovo, di proprio e che la musica non ri etteva i gusti del pubblico o dell'industria ma in realtà i rapporti tra band classiche e industria discogra ca erano stretti → la
distinzione tra creazione e riproduzione è di cile da fare.
Oggi il nostro modo di pensare alla musica classica si basa sull'idea di un “grande musicista” = artista la cui abilità tecnica data per scontata e la cui arte è nella personale visione che è in grado di
elaborare. Le case discogra che di solito non vendono Beethoven ma l'interpretazione migliore di un esecutore → gli esecutori diventano star, come nella musica pop. la gerarchia musicale pone i
creatori della musica (o compositori) al di sopra di chi la riproduce meramente (o esecutori). L’industria della musica classica promuove i grandi interpreti nel loro ruolo di creatori o “autori”,
Musicisti rock suonano dal vivo, creano la loro musica e modellano la loro identità; insomma, hanno il controllo del proprio destino. I musicisti pop, invece, sono marionette manovrate dall’industria
discogra ca. Di conseguenza a questa considerazione la musica rock, per la propria autenticità, viene posta ad un gradino superiore rispetto alla musica pop. Nella nostra cultura è attivo un
sistema di valori che antepone l’innovazione alla tradizione, la creazione alla riproduzione, l’espressione personale alle abitudini correnti.
Pensare alla musica classica è incentrarsi sull’idea del grande musicista, de nito come un artista la cui abilità tecnica è data per scontata, ma la cui arte sta nella personale visione che lui è in
grado di elaborare.
I critici della musica pop generalmente ignorano i gruppi “look-alike”, il cui obiettivo è imitare l’aspetto e il sound delle grandi band del passato, più che sviluppare uno stile proprio (Spice Girls → è possibile
manipolare il successo nella musica pop, purché si sia in possesso della “formula giusta”)
La musica deve essere autentica, altrimenti sarebbe a malapena musica.
Ogni compositore doveva relazionarsi con Beethoven (cinquant'anni dopo, Brahms a ermò di avvertire i passi di un gignate dietro le proprie spalle).
discontinuità, contraddizione e brusche transizioni che distinguono la musica di Beethoven da quella dei suoi predecessori (e segnatamente da Haydn e Mozart).
Cambini scrisse delle sinfonie di Beethoven “Ora spicca il volo con la maestosità dell'aquila; ora striscia per senAeri groIeschi”. → si riferiva all discontinuità e alle contraddizioni della musica di Beethoven.
Questo commento è una parafrasi di quello del compositore Webern “nota acuta seguita da una nota grave”. Anche gli ascoltatori di Beethoven arrivarono alla stessa conclusione: quella era musica di un
pazzo o di un grande compositoreal quale la sordità aveva distorto l'immaginazione e forse anche compromesso l'equilibrio mentale.
Franz Joseph Froehlich vedeva nel primo movimento della Nona Sinfonia un autoritratto in musica, con la sua caleidoscopica successione di sonorità contrastanti a rappresentare le contraddittorie emozioni che
de nivano il quadro della complessa personalità di Beethoven. E vedeva nell’insieme della Sinfonia una rappresentazione della lotta di Beethoven per avere la meglio sulla devastante disgrazia della propria
sordità.
Romain Rolland elevò Beethoven al ruolo di modello di riferimento, come esempio di sincerità personale, altruismo e abnegazione: di autenticità. (L’Inno alla Gioia è oggi l’inno europeo).GIOIA ATTRAVERSO LA
SOFFERENZA: frase presa dalle lettere di Beethoven ma con la quale in realtà lui si riferiva ad uno scomodo viaggio in carrozza → divenne la “parola d'ordine” del culto di Beethoven nella prima metà
del 20° secolo.
CONCERTO: invenzione del 19° secolo → novità del concerto dell’800: prima solo nelle corti o residenze aristocratiche, ora aperto a chiunque potesse pagare il biglietto (fu solo nel 20° secolo con lo sviluppo
della tecnologia della registrazione e della trasmissione, che la musica classica diventò accessibile a chiunque). Lo sviluppo del concerto come forma di pubblico intrattenimento economicamente remunerativa
diede il via alla costruzione di sale da concerto appositamente concepite → l'esecuzione musicale si era trasformata in un rito: rituale di passaggio da un esterno a un interno.
C’E UN ETICHETTA: silenzio e fermi mentre viene eseguita la musica, evitare di battere le mani tra un movimento e l'altro; l'applauso va solo alla ne. Gli esecutori devono stare attenti al loro modo di
vestirsi, e pianisti e cantanti di un recital devono suonare e cantare a memoria. → questa idea dell'imparare a memoria si è sviluppata parallelamente all'idea che le esecuzioni dei solisti dovessero
sembrare spontanee per dare l'impressione di essere letteralmente posseduti dalla musica (si ricollega all'idea che la musica dia accesso a un mondo trascendente o renda udibile la voce della Natura).
“arte-religione”/“religione dell'arte” → si associarono alla musicalità le qualità morali: sincerità personale, fedeltà a se stessi → autenticità. Mentre la religione convenzionale soccombeva all’assalto della
scienza, la musica o riva una strada alternativa alla consolazione dello spirito.
Musica pura = purezza collegata direttamente alla musica, non ai musicisti - nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX: musica che è solo musica. Musica non accompagnata da parole, che
non racconta storie (come i “poemi sinfonici” di Liszt, Smetana o Richard Strauss). Le parole, nella musica, erano viste come una mosca nella minestra: qualcosa che la contamina o che ne diminuisce
il potere spirituale.
Parole in musica = qualcosa che contamina o ne sminuisce il potere spirituale. Nella sala da concerto regnò la musica “pura” nelle sinfonie, nei concerti, nelle sonate per pianoforte e nei quartetti per archi, i
cui e etti di intimità, emozione e consolazione dello spirito sono creati “con mezzi puramente musicali. E questa è un’eredità del XIX secolo poiché già se la musica solo strumentale esisteva già prima di allora,
era però sempre stata pensata come qualcosa di subordinato ai generi in cui la musica accompagna la parola: la cantata, l’oratorio, l’opera. Quindi: estromessa dalla musica, la parola cominciò a riempire
gli spazi attorno alla musica. Si insinuò nel santuario della sala da concerto, sotto forma di programma di sala (altra invenzione dell’800), per non dire delle chiacchiere negli intervalli, nel mondo esterno nelle
guide all'ascolto, nei CD, nei siti web. Il mondo musicale alla cui base c'era la musica di Beethoven aveva generato l'idea di una musica senza parole → paradossalmente però le parole dovevano essere in
relazione alla musica per spiegarla. Paradosso = se la musica ha bisogno di essere spiegata con le parole signi ca che è incompleta.
3 Stato di crisi? Una risorsa globale
- L'idea ottocentesca di “musica pura” - prevedeva che si dovesse comprenderla in sé per sé, al di là di signi cati esterni o dal contesto.
- La tecnologia novecentesca di riproduzione del suono ha permesso di trovare la musica sempre più vicino annullando distanze geogra che e facendoci pensare alla musica come una riserva inesauribile →
questa è l'ultima concrettizzazione dell'idea di musica che si è sviluppata nei primi anni del culto di Beethoven, anni in cui si formava il canone dei capolavori classici.
- Oggi la musica = elemento nella de nizione dello stile di vita personale.
Paradosso = da una parte la tecnologia ha dato alla musica l’autonomia che le veniva reclamata da musicisti ed esteti del XIX secolo (ma in maniera
fraudolenta poiché in realtà la “musica pura” era con nata agli ambienti borghesi della sala da concerto e del salotto) dall’altra ha distrutto alcuni presupposti fondamentali della cultura musicale ottocentesca →
quanto più ci comportiamo come consumatori musicali tanto più il nostro comportamento diventa incompatibile con la concezione ottocentesca dell'autorità del compositore.
Oggi l'idea di “autore” è azzardata se messa in relazione con la produzione in studio → le tecniche di registrazione e trattamento digitale del suono danno al tecnico e al produttore un'incidenza creativa
come quella dell’artista.
La contraddizione tra il mondo musicale di oggi e i modi di pensare ereditata dal 19° secolo è la distinzione tra arte “alta” e arte “bassa”.
Arte alta o musica “d'arte” Arte bassa
= tradizioni scritte delle classi agiate e = tutto il resto, come le tradizioni popolari → se sopravvissuti alla contaminazione dell'industria musicale, si pensava trasmettessero il carattere nazionale delle
soprattutto il repertorio di Bach, Beethoven campagne e dei suoi abitanti ma comunque continuarono ad essere considerata arte bassa → attraverso di loro si poteva ascoltare la voce del popolo ma non
e Brahms. la voce della Musica.
Una distinzione tra arte bassa e alta viene fatta sui libri di storia della musica e nelle guide all'ascolto → raccontano la storia della musica “d'arte” occidentale che dal centro Europa si è espansa al Nord
America, poi nita la storia vera e propria aggiungono uno o due capitoli sulla musica popolare. Signi cativo è anche il trattamento riservato alle tradizioni non-occidentali → ammesso che ci siano, sono a rontate
all'inizio molto velocemente insieme alla spiegazione degli elementi della musica.
Questo sistema poteva essere un atteggiamento comune all'inizio del 20° secolo ma oggi ci o re un punto di partenza inadeguato per comprendere la musica nella società pluralista di oggi.
3.1. Morte e tras gurazione
Spesso si è parlato di crisi della tradizione musicale occidentale → a ermazione eccessiva → È vero che c'è una crisi, ma per la musica “seria” contemporanea (si sottintende che la musica fuori della sala
da concerto non possa essere seria). Questo tipo di musica era totalmente di erente dalla musica classica, era una musica nuova. L’idea che la musica nuova, progressiva, debba essere per de nizione
per pochi è un fenomeno storico e
poca gente stava a sentirla. L'idea che la musica nuova, progressiva possa essere solo per un'élite è un fenomeno storico che risale all'inizio del 20° secolo, quando iniziarono i movimenti
d'avanguardia → per reazione alle convenzioni di un'arte “accademica”, istituzionalmente approvata, giovani pittori svilupparono stili personali e innovativi e pubblicarono manifesti in cui spiegavano che il loro
lavoro preconizzava un movimento artistico nuovo (or smo, vorticismo, futurismo, ecc.)
Schoenberg - compositore viennese: era consapevole del signi cato del suo addio alla tonalità (“linguaggio comune”=la musica si basa su un suono centrale o “tonica”) e della conseguente invenzione del
serialismo.
- Tecnica seriale = costruire una composizione a partire da un'unica sequenza di note da ripetere sistematicamente, ma facendo in modo che i risultati non fossero così banali (la sequenza di note poteva
essere usata all'indietro o capovolta, all'insù o all'ingiù).
→ Il pubblico però riteneva di aver perso i punti di riferimento musicali; pochi la ascoltavano, ma chi la ascoltava ci si appassionava → la musica moderna nì così per ghettizzarsi = il pubblico si allontanava da
chi continuava ad ascoltare il repertorio classico.
I musicisti pensavano si trattasse di una fase transitoria. L'etichetta “musica moderna” è rimasta attaccata alla musica di un periodo sempre più distante storicamente tanto che oggi capita che organizzatori di
concerti ri utino composizioni che risalgono a quando i nostri nonni erano bambini de nendole “troppo moderne”. La “musica moderna” prospera prevalentemente nei luoghi marginali del sussidio di Stato,
dell’Accademia e dell’industria dello spettacolo (horror).
1. forse perchè compositori come Schoenberg credevano troppo nel concetto ottocentesco di autenticità e hanno trattato gli ascoltatori con disprezzo
2. o forse perchè erano convinti che la mancanza di successo di pubblico fosse garanzia di serietà e integrità del lavoro e per questo facevano musica a un pubblico ristretto
Schoenberg fonda a Vienna nel 1918 la Società per le Esecuzioni Musicali Private = ai concerti erano ammessi solo i membri della Società e solo alla condizione di non applaudire e che non apparissero
commenti sulla stampa.
O più semplicemente la musica contemporanea “seria” fu buttata fuori da sviluppi successivi di musica popolare, “leggera”.
Con lo sviluppo e la di usione della tecnologia di riproduzione del suono la musica classica ha raggiunto il pubblico di tutto il mondo in dimensioni più grandi di quanto si sia veri cato in passato. Nell'ultimo
decennio:
• è uscito un video con “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi del violinista Kennedy. A questo video sono state applicate tecniche promozionali della musica pop → Kennedy può essere ritenuto responsabile
per la presenza delle Stagioni nelle segreterie telefoniche.
• I Tre Tenori (Pavarotti, Placido Domingo, Josè Carreras) hanno portato l'opera italiana nelle hit parade pop in seguito all'adozione della loro registrazioni di “Nessuno dorma” di Puccini come inno
u ciale della Coppa del Mondo.
• La Terza Sinfonia del compositore polacco Henryk Gorecki ha sbattuto fuori dalle classi che Madonna dopo essere stata promossa dalla stazione radio londinese Classic FM.
L'industria della musica ha riciclato la musica classica come un lucroso prodotto di punta, nicchia. Ciò che ha mantenuto in vita la musica classica è la trasformazione del suo ruolo sociale e culturale → ma,
la musicologia accademica continua a sostenere una visione in cui la musica classica è morta - la Classic FM ha l'abitudine di estrapolare singoli movimenti di sinfonie classiche
La crisi della musica classica non riguarda quindi la musica in sé, ma il modo di pensarla. Ci sono 2 atteggiamenti radicati nella cultura occidentale che condizionano il nostro modo di vedere la musica:
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1° → Tendenza a minimizzare il tempo che ci porta a pensare alla musica come a un oggetto immaginario, qualcosa che è “nel” tempo ma non “del” tempo.
2° → Tendenza a pensare al linguaggio e ad altre forme di rappresentazione culturale, tra cui la musica, come se fossero una realtà esterna.
•Lo stesso problema riguarda anche la musica più recente. Ad esempio si può credere di sapere in che modo venisse eseguita l’Ave Maria di Gounod (composizione del XIX secolo), ma non è così. C’è una
registrazione del 1904 che fa sorgere dei dubbi; fu realizzata da Alessandro Moreschi (l’ultimo castrato chiamato “l’angelo di Roma”), e risulta insolita all’orecchio moderno per i fruscii e i crepitii presenti e non solo.
È il suono della sua voce (timbro) la cosa che appare più strana: ha una focalizzazione acuta, lamentosa come una specie di urlo sublimato. Non possiamo sapere se il suono fosse leggermente modi cato anche a
causa delle tecniche di incisione di inizio secolo. E non sappiamo neanche no a che punto il modo in cui Moreschi canta l’Ave Maria fosse comune o meno. Il punto è proprio questo: noi non lo possiamo sapere
e non avremo mai modo di saperlo!
La notazione conserva la musica, ma nasconde altrettanto di ciò che rivela. Occorre distinguere due tipi diversi di notazione che possono essere utilizzati in
combinazione:
Rappresentazione dei suoni Rappresentazione delle cose che gli esecutori devono fare per produrre suoni.
La classica notazione occidentale sul pentagramma. Un esempio è l’indicazione “una corda”, che è possibile trovare in un pezzo di pianoforte: signi ca che bisogna abbassare il pedale di sinistra per
Ciascuna gura rappresenta una nota distinta e, quanto far muovere solo una corda, anziché due o tre come avviene normalmente.
acuta o grave sia questa nota, dipende da quanto alta o • “una corda” non descrive il suono ma l’azione che si compie per riprodurlo e questo principio si riferisce al tipo di notazione detto “intavolatura”.
bassa sia la sua posizione nella pagina. Un e cace - Ci sono tanti tipi diversi di intavolatura e il suo vantaggio è quello di essere molto più facile da imparare rispetto alle notazioni su rigo: invece di
riferimento è dato dalle linee orizzontali che formano il rigo su lasciare il compito all’esecutore per stabilire cosa si debba fare per riprodurre quei suoni, mostra semplicemente in che punti della tastiera si
cui sono posizionate le note scritte. La dimensione del tempo debbano mettere le dita. È su ciente eseguire la notazione.
è data dallo scorrimento della lettura da sinistra verso destra. Naturalmente la notazione simbolica per chitarra è molto più limitata rispetto a quella sul pentagramma: non si può usare per scrivere melodie ma
Nella notazione ci sono vari elementi simbolici, il cui solo accordi e non dice neppure se un accordo debba essere suonato una sola volta o ripetuto con uno speci co schema ritmico. Il vero limite
signi cato è ssato convenzionalmente ad esempio le varie dell’intavolatura è che ciascuna intavolatura funziona solo per uno strumento soltanto, poiché le cose da fare per suonare una melodia cambiano da
forme della testa delle note, i segni delle pause e le strumento a strumento. In Occidente le intavolature sono essenzialmente collegate agli strumenti destinati ai dilettanti, e l’adozione nostra
stanghette usate per rappresentare la durata ecc. universale è quella su rigo.
Non c’è da meravigliarsi che, quando i bambini iniziano a prendere lezioni di strumenti, si ritrovino a passare un sacco di tempo lontano da essi e a studiare quella che, con un uso alquanto improprio di
questo termine, viene chiamata “teoria”. Ciò che acquisiscono così è la conoscenza della notazione e, attraverso quella, un’iniziazione alla cultura della musica occidentale.
C’è una notevole corrispondenza tra i due: entrambi sottolineano come potevano “vedere” o “immaginare” la musica con uno sguardo e paragonarla ad un’immagine (la statua di Mozart e lo stampo di
Beethoven). Entrambi insistono sul fatto che il vero e proprio lavoro di composizione avvenga mentalmente e il metterlo per iscritto sia una faccenda banale, quindi la notazione per loro non è qualcosa di
intrinseco al processo compositivo, ma avviene dopo. Entrambi ci dicono che concepire la musica è un fatto puramente ideale, una conquista dell’intelletto svincolata dal meccanico scorrere della penna.
In realtà sappiamo che Beethoven portava con sé foglietti e più tardi quaderno tascabili e prendeva appunti delle idee musicali che gli venivano in mente, per non dimenticarsele. A casa teneva quaderni più grandi
in cui ricopiava gli appunti, aggiungeva nuove idee e rimodellava la musica. Ci sono molti appunti in cui Beethoven prova un’idea, poi un’altra, ecc, ed è possibile rendersi conto che i tratti più caratteristici della
sua musica si de niscono solo negli stadi conclusivi del processo compositivo.
Questa discrepanza tra ciò che egli diceva e ciò che invece davvero faceva è dovuta al fatto che gli autori successi si sono inventati quello che Beethoven diceva, ad esempio Schlosser, era stato
ispirato quasi certamente dalla lettera di Rochlitz su Mozart. I contemporanei però credevano alla loro autenticità perché rappresentavano ciò che nell’ottica del XIX secolo i compositori dovevano
aver detto. Ci dicono molto sul pensiero romantico, ma poco su Mozart, Beethoven e il processo compositivo.
La musica per Beethoven, non era un processo immateriale, ma era tutto uno scrivere, riscrivere, cancellare, riabbozzare e non un’idea ssa che non lo abbandonava mai, come asseriva Schlosser. Quando
diciamo che Beethoven “scriveva una sinfonia”, stiamo parlando di un contatto sico con la carta e penna e di un atto creativo che era inseparabile dai dettami della notazione occidentale. I compositori classici
avevano un’altra arma per a rontare la rappresentazione della musica: il pianoforte. Grazie a questo strumento moltissimi compositori si sono aiutati per comporre musica. I compositori sanno che la musica non è
qualcosa che semplicemente accade, ma è qualcosa che si fa.
Taruskin
• ha posto lo stile esecutivo al centro della storia della musica: non sarà più possibile, forse, pubblicare una “storia della musica del XX secolo” che del XX secolo prenda in considerazione solo la composizione,
ignorandone l’interpretazione.Tecniche prese a prestito dalla psicologia sperimentale stanno mettendo musicologi e teorici in condizione di studiare le esecuzioni registrate, più o meno nello stesso modo in cui nora
hanno studiato le partiture, contribuendo così a correggere l’approccio sbilanciato.
Musicologia orientata alla critica di Kerman: È vero che probabilmente i miglior esempi di ciò che Kerman aveva in mente erano i suoi libri su una serie di argomenti diversi quali la musica del XVI secolo, i quartetti di
Beethoven e l’opera. Ciascuno di questi libri metteva assieme una gran varietà di approcci contestuali e analitici, ma ciò che li contraddistingueva era il modo in cui tali approcci erano messi al servizio della musica
stessa: essi miravano a o rire al lettore un modo di apprezzare la musica più informato e sensibile, rispetto a quello che avrebbero trovato altrove. Miravano, come l’analisi ermeneutica (ma con tutti i bene ci
dell’erudizione storica e analitica), a contribuire all’esperienza della musica. In questo modo erano “critici” nel senso della tradizionale critica letteraria.
Per i teorici della musica e i musicologi, l’etnomusicologia è lo studio di quella musica che loro stessi non studiano; per gli etnomusicologi è lo studio di qualsiasi musica nel suo originale contesto
sociale e culturale, che comprende produzione, ricezione e signi cato.A causa dei suoi stretti collegamenti con altre scienze umane, in particolare con l’antropologia, l’etnomusicologia tende più della
musicologia o della teoria musicale a essere permeabile a tendenze esterne alla disciplina, e nel Dopoguerra fu in uenzata non solo dall’orientamento alla “scienza esatta” ma anche dai vari approcci strutturalisti
provenienti, negli anni Settanta dall’Europa.
Negli anni Ottanta, questa disciplina cominciò a sviluppare un nuovo orientamento alla base del quale c’era la consapevolezza che se sei un etnomusicologo occidentale che studia una società non
occidentale non puoi metterti nella posizione dell’osservatore distaccato. La tua stessa condizione di occidentale ti dà un orientamento particolare verso la società che stai osservando. Stando lì
perturbi i fenomeni che stai osservando e devi tenerne di conto nell’interpretazione di ciò che hai sentito e i membri di quella società reagiscono alla tua presenza in modi che cambiano il loro modo
di comportarsi.
Gli etnomusicologi spesso si sono trovaB a lavorare con società impegnate nella trasformazione della loro stessa identità culturale, forse all’inseguimento dell’occidentalizzazione e dell’industrializzazione.
Esempio controverso: il lavoro di Kay Kaufman Shelemay con la comunità etiope Beta Israel. I Beta Israel erano convinti di essere di origine ebraica e su questa base avevano potuto garantirgli l’emigrazione in
Israele per fuggire dagli orrori della guerra civile etiopica. Ma gli studi di Shelemay sulla loro liturgia dimostrarono incontrovertibilmente che le loro origini erano cristiane, non ebraiche; i Beta Israel in realtà non
sono a atto di origine ebraica. Doveva pubblicare i suoi risultati? Farlo, avrebbe potuto danneggiare le relazioni che la comunità aveva stabilito con lo Stato di Israele;
Farlo, avrebbe potuto danneggiare le relazioni che la comunità aveva stabilito con lo Stato di Israele; non farlo, avrebbe compromesso la sua integrità di studiosa.
Situazioni come questa indussero gli etnomusicologi a ri ettere sulla loro stessa posizione e a giudicarla: a diventare non solo critici, ma auto-critici.
IDEOLOGIA: sistema di convinzioni che è trasparente, che rappresenta sé stesso semplicemente come “il modo in cui stanno le cose” e, da questo punto di vista, è proprio l’apparente naturalezza della
democrazia capitalistica a dimostrare il suo status di ideologia. A partire dagli anni Trenta, nell’ambito della sociologia si è de nita una sottodisciplina ribelle, chiamata:
“teoria critca”, il cui scopo dichiarato è quello di esporre le conseguenze dell’ideologia nella vita quotidiana, smascherando convinzioni accettate “acriticamente” e restituendo così ai singoli il potere di
decidere da sé ciò in cui credere – dal momento che, presentandosi semplicemente come “il modo in cui stanno le cose”, le ideologie eliminano l’esistenza stessa di alternative.
La teoria critica ha avuto origine nel marxismo, ma si è sviluppata no a diventare un modello globale di cultura critica i cui e etti si sono fatti sentire in discipline disparate, quali gli studi letterari, gli studi sul
cinema e i media, la storia dell’arte e, più di recente, la musicologia.
Theodor Adorno, uno dei fondatori della teoria critica, non fu solo un sociologo, ma anche un musicista nel vero senso del termine e scrisse altrettanto di musica che di sociologia [vedi studi della Scuola di
Francoforte].
La teoria critica è essenzialmente una teoria del potere, e considera il potere soprattutto in termini di istituzioni attraverso le quali viene comunicato. Le istituzioni, in altre parole, hanno un ruolo centrale nel
rendere naturali le strutture del potere, nel far sembrare che la squilibrata distribuzione del potere che vediamo in giro per il mondo, altro non sia che “il modo in cui stanno le cose”. Nella musicologia, questo
approccio ha stimolato la ricerca storica sulla formazione del canone (il repertorio di capolavori esposti nel museo musicale) e il ruolo delle istituzioni musicali nel costruire, conservare e rendere naturale questo
canone. Ma questo processo possiamo osservarlo all’opera, oggi, nelle più importanti di tali istituzioni: quelle nelle quali la musica viene insegnata (scuole, conservatori, università).
Nella selezione dei “capolavori del rock” da stampare su CD è stata attuata una selezione che in e ettiè stata il primo passo nella decisione di quale musica rock dovesse essere accolta nel canone. E il
processo si è ripetuto nelle università, nel momento in cui si è trovato il modo di far rientrare il rock nelle tecniche d’insegnamento pensate per la tradizione classica. Questo è uno dei motivi per cui la musica
dei Beatles, non quella degli Stones, potete ascoltarla in versioni strumentali “easy listening” sugli ascensori e negli atrii partenze degli aeroporti.
Un esempio ancora più basilare di come le istituzioni scolastiche determinino e facciano apparire come naturale la cultura musicale è dato dall’” educazione dell’orecchio”, una specie di condizionamento che
ha luogo in una fase iniziale dell’apprendimento in conservatorio o all’università: agli studenti si insegna a riconoscere cose come le note o le scale, i tipi di accordo dell’armonia tradizionale e gli schemi
fondamentali della tradizione classica (binario, ternario, sonata, ecc.). Quando dico “cose”, intendo nel senso letterale della parola: gli studenti sono introdotti al mondo della musicalità occidentale, nel quale
la musica è fatta di cose da ascoltare, costruite con le note nello stesso senso in cui le case sono costruite con i mattoni. E questo ha due conseguenze:
1. La musica si trasforma da qualcosa che in primo luogo si fa (senza necessariamente sapere come) in qualcosa che si sa (senza necessariamente farla); in altre parole: viene
inglobata nelle strutture dell’industria del sapere e di una società che tende a porre la teoria al di sopra della pratica.
2. Diventa sempre più di cile concepire che la musica possa funzionare in altri modi o, in tali casi, saperla ascoltare correttamente: quanto più vi sforzate di ascoltare, tanto più la
ascoltate in termini di note, accordi e schemi formali della tradizione occidentale, e tanto meno la capite quando funziona principalmente in termini di timbro o tessuto sonoro (ad
esempio). A qualsiasi livello, quindi, ciò che sapete sulla musica può aprirvi le orecchie o chiudervele, farvi apparire certi tipi di musica “naturali” e altri non soltanto inconcepibili
ma, di fatto, inascoltabili.
L'educazione musicale è diventata un terreno di battaglia politico. Il British National Curriculum e il GSCE hanno lo scopo di coinvolgere gli studenti nella creazione e nella comprensione della musica, invece che
iniziarli a una tradizione di capolavori remota ed elitaria = Bach e Beethoven restano nel programma ma a anca7 dai Beatles e la musica balinese.
Nel 1989 un gruppo di lavoro della College Music Society (associazioni insegnanti di musica delle università americane) disse cose simili per i programmi dei corsi pre-laurea: prendere a4o della
diversi cazione etnica della società e valorizzare la richezza d'arte e di tradizioni popolari. → violenta reazione di chi vedeva l'immissione delle arti multiculturali nei programmi come un segno di
decadenza dell'educazione.
L’orientamento “critico” sviluppatosi in musicologia come risposta distorta alla richiesta di Kerman, portava con sé qualcosa sul versante politico della teoria critica, e fu dunque del tutto naturale che una linea
fondamentale di questo sviluppo fosse lo studio dei generi. Nella storia della musica, come generalmente si sottolinea, spicca l’assenza delle donne. La ragione ha a che fare più con il modo in cui la storia viene
raccontata, che con una mancanza di attività musicale da parte delle donne.
Il punto non è che le donne non suonassero, ma che suonassero a casa. Con rare eccezioni (la principale era il teatro d’opera), erano dilettanti che si esibivano per gli amici, ma non per denaro. Tutto ciò nì per
generale una specie di circolo vizioso: poiché le donne generalmente non componevano, se ne concludeva riduttivamente che, in quanto donne, ne fossero costituzionalmente, se non addirittura biologicamente,
incapaci. Conseguentemente, le poche donne che invece davvero componevano, tendevano ad adottare pseudonimi maschili, poiché questo consentiva loro di ottenere esecuzioni che, con i loro veri nomi, non
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avrebbero potuto avere – il che, ovviamente, peggiorava il circolo vizioso. E le ancor più rare donne che dichiaratamente si dedicarono alla composizione si trovarono in una situazione perdente. Le donne erano
attive musicalmente in quei campi (l’esecuzione, in particolare quella amatoriale) che i libri di storia della musica trascurano ed erano ampiamente frustrate nei loro tentativi di lavorare in quelle aree (sopra@u@o la
composizione) che sono prese in considerazione dai libri di storia.
Nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX le donne sono diventate sempre più attive come interpreti di professione. Permane pero il sessismo che domina il mercato della musica. Nonostante
lo spettacolare successo delle donne nella musica pop, la stampa specializzata è ancora incline a presupporre che le star donne non concepiscano o creino la loro musica; ne è un esempio l’immagine di “disco-
bambola” appiccicata per lungo tempo a Madonna nonostante il fatto, ben noto, che abbia attivamente collaborato come autrice alla creazione della maggior parte delle sue canzoni (anche se non di Material Girl).
Nel 1997 l'Orchestra Filarmonica di Vienna confermò la propria politica di esclusione di tutte le donne, tranne le arpiste, secondo l'idea del dire4ore Herbert von Karajan: “il posto di una donna è in cucina,
non in un'orchestra sinfonica”.
Un modo di a rontare questa situazione, per la musicologia “critica”, è di sposare la causa delle donne in musica, non solo promuovendo la composizione e l’esecuzione di musica delle donne, ma anche
sviluppando nuove maniere di scrivere la storia che riconoscano in modo più adeguato le attività delle donne.
Si deve tentare di collocare la musica delle donne nella corrente principale, rischiando così di farla travolgere dalla predominante tradizione maschile o promuoverla come una tradizione autonoma, come musica
delle donne, rischiando così la marginalizzazione nell’ambito di una cultura dominata dai maschi? Si debbono fare entrambe le cose!Ma c’è anche un’altra soluzione, che consiste nell’in uenzare il canone dei
capolavori applicandogli le indicazioni derivate dal femminismo e dagli studi di genere.