ADORNO
ADORNO
ADORNO
Adorno parla di un concetto fondamentale: il carattere di feticcio della musica. Questo significa che
la musica, in una società dominata dal capitalismo, viene trattata come una merce, un prodotto
commerciale. Così come succede con altri beni materiali, la musica viene trasformata in un oggetto
che può essere venduto, comprato e consumato. Il termine "feticcio" è usato per indicare come la
musica perda il suo valore artistico e culturale intrinseco, e venga invece valorizzata solo per il suo
aspetto commerciale.
Adorno sostiene che la musica popolare o "di massa" (come il jazz e la musica leggera ai suoi tempi)
sia diventata un oggetto feticcio, perché non viene più apprezzata per la sua capacità di esprimere
emozioni o idee complesse, ma piuttosto per il piacere immediato che offre al pubblico. La musica
viene semplificata, resa ripetitiva, e confezionata in modo da essere facile da consumare. Questo
processo di mercificazione fa perdere alla musica il suo potenziale critico e creativo.
La regressione dell'ascolto
Un altro concetto importante nel saggio è quello della regressione dell'ascolto. Adorno osserva che,
con la diffusione della musica di massa, il modo in cui le persone ascoltano la musica è cambiato
radicalmente. Secondo lui, gli ascoltatori moderni non si approcciano più alla musica con attenzione e
profondità. Invece di cercare di comprendere i significati più profondi o apprezzare la complessità
della musica, tendono a consumarla passivamente, senza sforzarsi di ascoltare attivamente.
Adorno afferma che questo tipo di ascolto passivo porta a una "regressione". In altre parole, gli
ascoltatori tornano a uno stadio primitivo o infantile nel loro rapporto con la musica. Non cercano più
di cogliere l'arte dietro le note o di apprezzare la struttura e le intenzioni dell'artista. Si limitano a
godere della superficie, come un bambino che si diverte con un giocattolo senza capire come
funziona.
Per Adorno, la colpa di questa regressione dell'ascolto è anche dell'industria culturale. In una società
capitalista, l'industria musicale produce musica in serie, come se fosse una fabbrica. La musica
diventa un prodotto standardizzato, sempre uguale a se stessa. Le canzoni tendono a seguire schemi
ripetitivi e prevedibili, senza sorprese o variazioni significative. Questo porta gli ascoltatori a
diventare abituati a un tipo di musica facile e immediata, che non richiede sforzo intellettuale.
Secondo Adorno, questo processo di omologazione è pericoloso, perché porta a una perdita di
individualità e di capacità critica. Se la musica è sempre uguale e viene consumata senza riflessione,
le persone smettono di esercitare il loro giudizio critico. Si accontentano di ciò che l'industria offre
loro, senza cercare alternative o forme di espressione più complesse. In questo modo, la musica
diventa uno strumento di controllo, che contribuisce a mantenere le persone passive e conformiste.
In sintesi, il saggio di Adorno critica duramente la mercificazione della musica e l'effetto che questa
ha sugli ascoltatori. L'industria culturale, secondo lui, ha trasformato la musica in un prodotto
commerciale, svuotandola del suo valore artistico e riducendola a un semplice oggetto di consumo.
Questo ha portato a una "regressione dell'ascolto", dove le persone non ascoltano più la musica con
attenzione e profondità, ma la consumano passivamente, senza riflettere.
Il messaggio di Adorno è ancora molto attuale. Anche oggi, l'industria musicale tende a produrre
canzoni facili da consumare e spesso ripetitive, e molti ascoltatori si limitano a seguire le mode senza
esplorare altre possibilità artistiche. Adorno ci invita, quindi, a ripensare il nostro rapporto con la
musica e a cercare di riscoprire il suo valore artistico e culturale, al di là delle logiche commerciali.