greco
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Aristofane è originario del demo attico di Cidatene. Non è nota la sua data di
nascita ma gli studiosi, basandosi sulle notizie relative alla rappresentazione delle
sue opere, la collocano tra il 445 e il 440 a.C.
Aristofane nelle sue opere, conoscendo bene la città e i cittadini e i problemi della
comunità, si pone in maniera critica di fronte a questi aspetti della vita unendo a
questo però un pò di comicità in modo che gli attacchi a personaggi politici di
notevole importanza gli valessero un’azione giudiziaria. Cleone il politico fautore
della guerra, lo accusa poi di aver offeso Atene di fronte alle delegazioni straniere
per aver raffigurato nei babilonesi gli alleati della polis come sudditi del regime
demagogico. Eppure dalla notizia della vittoria della commedia agli agoni
possiamo desumere soltanto che il pubblico accettò, come anche i giudici fecero,
lo scherzo dell’opera. Oltre a questo altre notizie sulla vita di Aristofane non se ne
hanno ma su possono seguire comunque nel percorso del poeta la campagna
contro la guerra e l’atteggiamento critico che aveva nei confronti della politica e
delle tendenze culturale che emergevano in seguito alla spedizione in Sicilia.
Concludo dicendo che per quanto riguarda la morte del poeta si presume che la
data sia attribuibile intorno al 386/385 a.C.
Le 11 opere che sono rimaste riguardano il periodo della vita del poeta che va dal
425 e il 388 a.C. e le questione che vengono fuori da queste opere e le notizie che
riguardano le presentazioni mettono in evidenza l’unione tra l’evoluzione di
Aristofane in quanto poeta ma anche come cittadino.
La vita quotidiana e la realtà politica oltre che sociale di Atene dominano tutte le
opere conservate ma in particolare sono di importanza fondamentale quelle che
sono state messe in scena durante la guerra del Peloponneso. In seguito a ciò si
rafforza sempre di più, all’interno della raffigurazione della polis, la spinta della
fantasia e del ribaltamento utopistico e si amplia lo spazio dedicato alla riflessione
su quella che è la funzione stessa della commedia. Infine nel periodo che segue la
disfatta di Atene Aristofane si volge a nuovi tipi di comicità che cominceranno a
spingere la commedia verso una critica sociale che si separerà dalla realtà
contingente.
Tornando alle commedie composte durante la guerra del Peloponneso Aristofane
si concentra su quelle che sono le ostilità del momento in atto.
Negli Acarnesi e nella Pace Aristofane sviluppa un filone comico in cui i
protagonisti si dimostrano essere ostili al conflitto e quindi escogitano soluzioni
assurde affinché la guerra possa cessare.
la riflessione sulla guerra si accompagna a un’esplicita condanna alla classe
politica che con delle mosse demagogiche è riuscita ad ottenere la benevolenza
del popolo con l’unico obiettivo di tutelare i propri interessi; il bersaglio più colpito
è sempre Cleone che si vede gravemente attaccato da Aristofane appunto nei
Cavalieri.
Oltre ciò vengono inscenati altri aspetti della vita dei cittadini: nelle Nuvole viene
affrontata ad esempio la questione riguardante l’educazione dei giovani; all’interno
delle Vespe invece si prende di mira l’amministrazione della giustizia in uno
scenario sia inquietante che paradossale.
Dopo la pace di nicia, si avvia la seconda fase della guerra del Peloponneso con la
spedizione in Sicilia che si conclude in maniera disastrosa nel 413.
Le commedie di questi anni seguono approfonditamente il filone delle soluzioni
paradossali per far cessare la guerra, che il poeta aveva iniziato già con gli
Acaranesi; negli Uccelli Aristofane propone un’utopia politica mentre nella
Lisistrata assistiamo a una proposta di soluzione quale lo sciopero del sesso.
Una volta cessata l’egemonia ateniese, Aristofane manda in scena le sue ultime
commedie in un contesto politico che ha assunto ormai dei caratteri peculiari in cui
già si intravedono quei mutamenti sia ideologici che politici con i quali si arriverà al
tramonto della commedia antica.
Nelle Ecclesiazuse il tema comico della soluzione paradossale è ancora una volta
rielaborato ma questa volta con lo scopo di porre fine al malfunzionamento del
sistema assembleare; mentre nel Pluto è messa in scena un’allegoria tra ricchezza
e povertà.
Quindi come già si è più volte annunciato e lasciato intendere, la comicità di
Aristofane tocca proprio la vita di Atene e ha come principali bersagli non soltanto
persone in vista, ma anche persone comuni ed è per questi che le opere di
Aristofane sono importanti e utili per la comprensione della vita quotidiana del suo
tempo. Il poeta si riferisce per lo più ai lavori, ai prodotti, ai luogo e agli oggetti e
sono numerosi chiaramente anche i riferimenti alle persone che si occupano di
questi aspetti infatti le commedie di Aristofane sono spesso popolate da diversi
contadini o commercianti o artigiani. Quindi da questo nasce il contrasto che si
evince da cittadini e gente di campagna che sentendosi estranei alla vita della
polis, la subiscono quasi come una costrizione quella di doverci vivere a causa
della guerra e sperano in ogni modo che si possa in qualche modo ristabilire la
pace in modo da poter tornare alla loro vita nonché quella di lavorare nei campi.
Un altro aspetto circa la realtà della vita ateniese dei tempi, è rintracciabile dalla
critica verso il sistema giudiziario, basato sul sorteggio dei giudici popolari la cui
retribuzione e il moltiplicarsi dei processi, determinano in città una vera mania
processuale che il poeta attacca in maniera comica all’interno delle Vespe.
All’interno della polis le nuove correnti di pensiero che vanno sviluppandosi
promuovono profondi cambiamenti di costume rendendo obsoleti i tradizionali stili
di vita ed è in questo quadro appunto che si possono spiegare le commedie al
femminile di Aristofane che rappresentando il mondo delle donne, evidenziano il
disagio dell’uomo ateniese che ora doveva combinare a confrontarsi con la parte
femminile della società che in genere restava nascosta e al silenzio. Aristofane, ad
esempio, arriva a mettere in scena, nelle ecclesiazuse, un’utopica presa di potere
da parte delle donne che si opporrebbero al malgoverno degli uomini.
La democrazia della polis comunque vive un secolo di grande sviluppo che porrà
Atene al centro di un impero con dei tratti parecchio dispotici verso gli alleati e i
poemi di Aristofane rappresentano proprio una testimonianza del dibattito politico
della città e del progressivo trasformarsi della democrazia sotto la spinta sia di
interventi demagogici volti a creare il consenso attorno ai personaggi di modesto
spessore, ma sotto anche la spinta di interventi a favore della guerra nella
prospettiva di facili guadagni.
In realtà è possibile affermare che si tratta di un cittadino che si mostra essere
preoccupato circa la difficile e cattiva gestione sia del potere che della guerra e
che, in seguito alle pace di Nicia, un cittadino che si ritrova ad essere sempre più
disilluso riguardo una possibile ripresa della polis e queste due preoccupazione
sono affrontate da Aristofane con gli strumenti della comicità e quel che
sicuramente emerge dall’atteggiamento che tiene Aristofane è la perplessità con
cui egli guarda le varie trasformazioni che coinvolgono sia la vita sociale che la vita
politica.
Quindi nel primo periodo del suo impegno poetico si concentra sule innovazioni
demagogiche che condizionano la democrazia, sullo scontro generazionale che
vedrò opporsi padri e figli, sulle innovazioni proposte dai sofisti e sul diffuso
scetticismo nei confronti degli dei.
Nelle commedie che propone Aristofane, non si presenta come uomo e cittadino,
ma parla del suo essere proprio un poeta e quindi è possibile dire che Aristofane è
uno di quei poeti che riflettono sul significato sulla funzione della letteratura e tale
riflessione compare nella veste di parodia letterale e nella parabasi che in alcune
delle opere è dedicata a questione appunto letterarie.
Dai versi di di Aristofane emerge con chiarezza la funzione educativa che svolge la
commedia e che si esprime perfettamente nella polis democratica in cui
all’assemblea o al teatro o in tribunale, ogni ateniese riceve la propria formazione
civica e svolge il proprio ruolo di cittadino.
Aristofane riflette sulla difficoltà per un poeta di presentarsi al pubblico e di essere
apprezzato con costanza infatti l’apprezzamento risulta essere legato ai gusti e agli
umori che posso cambiare di ogni spettatore e il compito dell’autore risulta è più
complicato se si trova ad essere anche il regista della scena ed è per questo che il
poeta ha atteso prima di assumere la doppia veste di autore e regista.
Questa sua necessità è palese nella parabasi delle Nuvole in cui Aristofane illustra
la commedia e dichiara apertamente la propria poetica usando delle novità e dei
temi coraggiosi, volti a sollecitare l’approvazione di spettatori intelligenti.
Un elemento di fondamentale importanza per comprendere Aristofane è la parodia
letteraria che si riscontra nelle sue opere, attraverso cui richiama alla memoria dei
vari spettatori versi epici, lirici e tragici che usa per attaccare o anzi elogiare. Ne
emergono una ampia conoscenza degli autori sia antichi che contemporanei e una
sorprendente capacità di riproporli alla riflessione di coloro che guardano.
Sulla scena comica l’interazione tra il pubblico e gli attori si realizza in diversi modi.
In molti casi comunque quando vi è un attacco diretto durante la scena a qualcuno
in particolare, il lettore moderno potrebbe perdere parte del significato della
battuta ma il pubblico ateniese no perché si sentiva direttamente chiamato in
causa e conosceva la persona di cui si stava parlando. Il caso più importante è
quello di Socrate che nelle Nuvole è sicuramente una caricatura del personaggio
del quale peraltro mantiene delle caratteristiche.
Aristofane una grande qualità che possiede è quella di osservare e descrivere e
queste stesse qualità gli permettono di riprodurre tutto sulla scena persone di ogni
genere e di ogni provenienza. La condizione per poter riuscire a realizzare questa
riproduzione è un uso della lingua versatile quindi capace di abbassarsi alla battuta
scurrile, di creare nomi parlanti o di riprodurre anche effetti sonori. Oltre ciò
Aristofane si mostra abile anche nel riprodurre un linguaggio elevato e forbito della
tragedia prendendo in giro quello degli oracoli o quello die nuovi saperi disciplinari.
Aristofane utilizza tutti questi accorgimenti su una base linguistica costituita dal
greco parlato nell’Atene del suo tempo a un livello medio-alto infatti l’attico di
Aristofane viene considerato un modello linguistico per la poesia.
Nella poesia di Aristofane si coglie una grandezza una grandezza ricchezza
lessicale che attinge al mondo della quotidianità a cui la commedia si ispira con
dei termini che alludono alla culturale materiale e della vita del cittadino.
Dal punto di vista della forma della metrica, Aristofane alterna con una maestria
assurda e sconosciuta nella tragedia, i metri propri della aperti recitate e recitative
ai metri lirici.
La commedia di Aristofane è costituita da un insieme di elementi che difficilmente
si possono separare ed è possibile rintracciare la fortuna di Aristofane nella storia
dei diversi meccanismi della comicità che in qualche modo hanno in Aristofane un
antecedente fondamentale. Si tratta di risorse che appartengono sia al comico
della situazione sia al comico della parola che è basato sui doppi sensi più o meno
raffinati, allusione o giochi verbali.
I filologi alessandrini sottoposero la commedia a un processo di selezione,
individuandone una periodizzazione che distingue commedia antica, arcaica e
nuova.
La commedia si avvia a rappresentare situazioni che interessano l’uomo in quanto
uomo e non in quanto cittadino ed è per questo motivo che è destinata ai teatri
che si andavano moltiplicando in ogni parte del mondo greco.
RANE
Dioniso non rassegnato per la morte di Euripide, decide di raggiungere l’ade per
riportarlo in vita perché sapeva che nessuno dei tragediografi giovani possedeva la
stessa creatività e intelligenza.
Dunque si mette in viaggio con il servo Xantia e va verso la casa di Eracle, a cui
vuole chiedere la via più breve per raggiungere l’Ade.
Dopo qualche presa in giro Eracle decide di aiutare dicendogli che avrebbero
dovuto attraversare la palude Acheronte.
durante il viaggio Dioniso incontra un defunto e gli chiede di portare il bagaglio, ma
il defunto di contro chiede di ricevere una mancia che non gli verrà data.
Giunto a destinazione, Dioniso raggiunge il traghettatore Caronte, il quale si rifiuta
di trasportare Xantia perché è un servo.
Mentre remano attraverso la palude, Dioniso e Caronte incontrano le rane (il coro)
che intonano un canto ben poco gradito dal dio che non tarda appunto ad
infastidirsi.
Finalmente raggiungono la dimora di Plutone il quale, avendo scambiato Dioniso
per Eracle (visto che erano vestiti uno a imitazione dell’altra), insulta il dio e lo
minaccia.
Spaventato dunque il dio decide di ordinare al servo di scambiarsi di vestiti e di
ruoli.
Arriva però a questo punto una servita e dioniso, vedendola fare le feste per
ercole, decide di scambiare nuovamente le vesti con Xantia, immaginando un
incontro galante con la ragazza. Ma qui si ritrova oggetto di una furia vendicativa di
un’ostessa e delle sue ancelle: Eracle, infatti, aveva precedentemente
saccheggiato tutte le provviste della taverna.
Trovatosi quindi di nuovo in pericolo, il dio ordina di nuovo velocemente a Xantia lo
scambio di vesti.
Finalmente i due trovano Euripide, impegnato in una disputa con Eschilo, a
proposito di chi meriti il trono di miglior tragediografo di tutti i tempi.
Comincia allora una gara, nella quale Dioniso è il giudice. Viene portata in scena
una bilancia dove verranno pesati i versi: i due poeti reciteranno un verso per
ciascuno e quello che “peserà” di più vincerà.
La gara è vinta da Eschilo e questo mette in crisi Dionisio, il quale non sa più chi
riportare in vita.
Decide infine che sceglierà colui che troverà una soluzione migliore perché Atene
si salvi dal declino. Euripide dà una risposta generica e poco comprensibile, invece
Eschilo dà un consiglio più pratico e preciso, perciò Dioniso decide di riportare in
vita quest’ultimo.
Per concludere, Eschilo, raccomandandogli di non cederlo mai ad Euripide, cede il
trono di miglior tragediografo a Sofocle.
La commedia è stata scritta da Aristofone nel 405 a.C. mentre Atene stava vivendo
uno dei periodi più difficili e incerti della sua storia : la guerra del Peloponneso
stava giungendo al termine e la polis era sul punto di perdere la sua egemonia,
tanto militare quanto culturale. Nessuno sapeva ancora quale sarebbe stato il
destino di Atene e come se non bastasse, i due più grandi tragediografi ancora in
vita, Sofocle ed Euripide, erano morti nel 406 a.C.. Aristofane scrisse perciò una
commedia profondamente nostalgica, tanto che, il viaggio di Dioniso, inizialmente
un tentativo di salvare la tragedia, si trasforma nel tentativo di salvare Atene.
Infine, è di fondamentale importanza la sfida tra Eschilo ed Euripide, nella quale le
caratteristiche principali dei due tragediografi vengono analizzate con attenzione, i
pregi e i difetti dell’uno e dell’altro poeta vengono messi in luce. Durante la
discussione, si nota nettamente la preferenza di Aristofane nei confronti di Eschilo,
infatti la scelta finale di Dioniso sarà di riportare in vita quest’ultimo. Si può notare
anche quando Dioniso e Caronte incontrano le rane e succede qualcosa di strano:
le rane cantano in onore di Dioniso, ma quando lo vedono non lo riconoscono e lo
considerano solo un seccatore. La maggior parte degli studiosi ritiene che ciò
avvenga perché, prediligendo Euripide, Dioniso tradisce il suo ruolo di dio del
teatro; per questo le creature che lo amano non lo riconoscono.
NUVOLE
In una Grecia ormai sofista, l’avaro contadino Lesina si sveglia nel cuore della
notte tormentato dall’angosciante pensiero dei debiti che gli procura suo figlio
Tirchippide, un ragazzo spendaccione, nonché incallito scommettitore nelle
corse dei cavalli.
I creditori infatti premono di riavere il tanto dovuto, ma il vecchio escogita un
piano: mandare suo figlio alla scuola di Socrate al fine di imparare a vincere le
cause pur essendo nel torto. L’opinione del figlio però è ben diversa: egli odia
Socrate e tutti i suoi seguaci definendoli furfanti e ciarlatani allampanati.
Così Lesina prende l’iniziativa di andar egli stesso ad imparare dal grande
filosofo l’arte del parlare.
Tocca ora a Tirchippide, più giovane e inoltre colpevole del disastro
economico, imparare l’arte del parlare.Giunto alla casa di Socrate, il Pensatoio,
lo spettacolo di fronte al quale si ritrova è quello dei sofisti, presentati come
personaggi assai lunatici, che stravolgono la normalità con delle teorie tutte
loro. Ciò affascina molto il vecchio sempliciotto, che, sempre più convinto della
convenienza del seguire Socrate, si lascia trascinare fino a diventare suo
seguace. Ma le cose non sono così semplici, Lesina si dimostra troppo ottuso
per le novità sofistiche e perciò, dopo uno strano sacrificio iniziatico, i disperati
tentativi di apprendimento infruttuosi e l’incontro con le Nuvole (ritenute le vere
ed uniche divinità insieme al Caos e alla Langua), il povero vecchio si vede
costretto ad abbandonare l’impresa.
Solo dopo una disputa avvenuta tra il Discorso Giusto e quello Ingiusto,
davanti agli occhi dei protagonisti , e dopo la conseguente vittoria del Discorso
ingiusto, il ragazzo sarà convinto ad avvicinarsi al pensiero sofista.
Ma le Nuvole avvertono l’incosciente padre che dovrà render conto di ciò che
ha fatto.
Arrivato infatti il momento di saldare il debito, Lesina si trova davanti ad un
figlio completamente cambiato, il quale, liquidando con garbugli intricati i
poveri creditori, arriva a prendere a bastonate persino il padre perché gli aveva
chiesto di cantare a tavola qualcosa di Simonide o di citare Eschilo.
Tirchippide, andando su tutte le furie, non solo se la prende col padre, ma
minaccia anche la madre, riuscendo per di più a convincere Lesina di una sorta
di giusta causa dietro tutto ciò.
Lesina riconosce l’errore, si dispiace di aver tradito gli dei e aver prestato
fiducia a Socrate, ma soprattutto di non aver pagato i debiti. Infine in un atto di
rabbia, arriva a dar fuoco all’intera sede dei sofisti con i filosofi ancora
all’interno.
LISISTRATA
L’ateniese Lisistrata convoca numerose donne di Atene e di altre città, tra cui
anche la spartana Lampitò, per discutere un grave problema che le colpiva: i
loro uomini, costantemente impegnati nella guerra del Peloponneso, non hanno
più il tempo di stare con le loro famiglie. Lisistrata propone allora alle altre
donne di fare uno sciopero del sesso: finché i mariti non avessero firmato la
pace, esse si sarebbero rifiutate di avere rapporti sessuali con loro.
Dopo un’iniziale titubanza le donne si dimostrano favorevoli al piano ed
effettuano un giuramento ed occupano l’acropoli ateniese, con il fine di privare
gli uomini dei mezzi finanziari per proseguire la guerra.
Arriva quindi il coro dei vecchi ateniesi che vorrebbe mettere a fuoco alla città
ma vengono prontamente fermati dal coro delle vecchie. Gli uomini inviano n
commissario per aprire una trattativa con le donne, ma Lisistrata ne smaschera
l’ignoranza e la scarsa comprensione delle vicende che stanno accadendo.
Inoltre Lisistrata deve
penare non poco per convincere le donne, le quali iniziano a sentire il peso
dell’astinenza, a rispettare il patto. Concede solo a Mirrina la possibilità di
incontrare il marito Cinesia, ma solo per stimolare le fantasie sessuali di
quest’ultimo per poi lasciarlo ‘’a bocca asciutta’’.
Nel frattempo, l’astinenza si fa sentire non soltanto ad Atene ma anche nelle
altre città greche: arriva un araldo da Sparta per trattare la pace. Nella città
incontra Cinesia e si accorda con lui: Sparta invierà ambasciatori pronti a
firmare la pace, mentre Cinesia informerà le istituzioni ateniesi. Questo fatto
allevia decisamente la tensione tra le due parti: Lisistrata allora mette in scena
un discorso pacifista che ricorda l’origine comune di tutti i popoli greci, ma
questo discorso degenera subito in un mare di allusioni e doppi sensi sessuali
da parte degli uomini, felici per la raggiunta riconciliazione.
In un clima festoso si celebra il ritorno delle donne dai loro mariti.
PLUTO
ECCLESIAZUSE
UCCELLI
Il merito de “Gli uccelli” risiede nella sua attualità, perché rappresenta i sogni
dell’uomo di sempre. Il tema trattato, infatti, è quello dell’individuo che vuole
fuggire dalla propria città, perché essa è troppo corrotta. Egli cerca così scampo –
nemo sua sorte contentus, diceva Orazio – in un mondo “puro”, ma,
inconsapevolmente, egli finirà per votarlo allo stesso triste destino della sua patria
di origine : la commedia dimostra, dunque, la futilità di ogni utopico desiderio
umano.
Non stupisce, allora, che un’opera di questo genere possa godere ancora oggi del
favore del pubblico.
ACARNESI
La commedia tratta del malcontento delle classi popolari davanti alla guerra del
Peloponneso. Il protagonista è Diceopoli (Δικαιόπολις, letteralmente “cittadino
giusto”) che incarna il desiderio di pace.
Il conflitto tra Atene e Sparta si sta espandendo in tutta la Grecia, determinando il
cambiamento dei valori etici, religiosi e politici del V secolo: i bersagli di Aristofane
sono i sostenitori della guerra ed Euripide.
Gli Acarnesi hanno un intento pacifista e molte delle battute rivolte al pubblico
nella parabasi sono in realtà indirizzate all’uomo politico. La commedia è quindi
una satira politica e in essa Aristofane se la prende contro gli errori di politici
incapaci, unici colpevoli di avere provocato la guerra.
IPPOCRATE:
La medicina greca, come tutta la medicina antica, si muoveva tra ambito
religioso sacrale e pratica empirica, fondata sulla tradizione e sulla
consuetudine.
I principali “ospedali” erano annessi ad alcuni templi e i medici erano sacerdoti
specializzati.
Un primo tentativo di fissare alcuni principi meteodologici risale ad Alcmeone
di Crotone, autore del primo trattato medico.
Alcmeone giunge a varie conclusioni: la centralità del cervello nel
funzionamento del corpo umano, la considerazione di quest’ultimo come un
microcosmo, specchio dal macrocosmo, la cui salute è garantita dall’equilibrio
degli opposti (caldo freddo ecc..)
Ippocrate nasce intorno al 460 a.C a Cos, isola del Dodecaneso in cui era
attiva la corporazione medica degli Asclepiadi, chiamati così perché i menti si
dicevano discendenti di Asclepio, Dio della medicina. Ippocrate viaggia molto e
soggiorna ad Atene. Muore tra il 380 e il 370 in Tessaglia.
La sua fama ha fatto si che gli fossero attribuite numerose opere nate
all’interno della sua scuola.
Si è così formato poi un CORPUS di 58 scritti, in dialetto ionico, i più antichi
dei quali risalgono al V/VI secolo, che riflettono gli interessi e i metodi della
scuola.
GIURAMENTO:
Pur mantenendo i tradizionali contatti con l’ambito del sacro, ha
definitivamente diviso l’arte merca dalla superstizione, tale concezione è
espressa nel GIURAMENTO, ascrivibile alla fine del V secolo.
Il giuramento di Ippocrate è una pratica simbolo presso i medici che testimonia
la loro fedeltà e dedizione nel professare quest’arte medica.
Nel primo paragrafo la parola chiave è proprio il giuramento.
Un giuramento infatti nel nome di Apollo, Asclepio e tutti gli dei. Allo stesso
modo si richiama anche l’idea della “tradizione” e dunque del passaggio
dogmatico di quest’arte ai figli secondo un legame privo di carattere
economico. Oggi viene infatti esaltato proprio quest’aspetto. Successivamente
si fa riferimento al “regime” ossia la condotta finalizzata al bene che il medico
si sente di svolgere in supporto ai pazienti. D’altra parte oggi la medicina
culmina in un servizio verso i malati che ha il dovere di recare benefici evitando
dei danni come l’aborto o la morte. Altra questione infine è il dovere di
mantenere il segreto professionale senza abusare del ruolo che il medico
assume senza dunque invadere i compiti di altri specialisti garantendo infine il
pieno rispetto dell’integrità fisica e morale dei pazienti. Questo giuramento
rappresenta il modus operandi che ogni medico riconosce come guida che
orienta ogni scelta in campo medico.
SENOFONTE
Senofonte nasce nel demo attico di Erchia intorno al 430 a.C. da un’agiata famiglia di
proprietari terrieri che apparteneva alla classe dei cavalieri e questo dato lo si ricava
da quanto egli stesso narra di sé nelle sue opere e dalla biografia contenuta nelle vite
dei filosofi del dossografo Diogene Laerzio.
Quando Socrate muore muore, nel 399 a.C., Senofonte non si trova ad Atene, infatti
coinvolto direttamente nella guerra civile fra i Trenta e i partigiani della democrazia,
nel 401 a.C. accoglie l’invito dell’amico Prosseno che stava reclutando ,mercenari per
la campagna militare in Asia con la quale Ciro il grande Giovane intende spodestare il
fratello Artaserse II.
Nonostante socrate ne fosse perplesso, Senofonte si imbarca nell’impresa che però
non finisce bene infatti Ciro muore a cunassa e i greci sono uccisi a tradimento.
Quindi Senofonte è obbligato a prendere la guida dei diecimila nella drammatica
marcia di ritorno dalla Mesopotamia al mar Nero.
A termine dell’impresa, Senofonte non vuole tornare in patria e dunque rimane in Asia
dove prenderà parte a un conflitto contro la Persia a fianco degli spartani alla cui
guida c’è Agesilao di cui l’autore diventa sia amico che ammiratore. Quando iil
sovrano è costretto a tornare in Grecia per fronteggiare la coalizione tra Atene, Argo,
Tebe e Corinto, che si erano unite nella cosiddetta lega di Corinto, Senofonte lo
segue.
La partecipazione alla battaglia coronea al fianco di Agesilao e contro i suoi
concittadini è il motivo che porta Atene a prendere la decisione di esiliarlo, anche se
comunque non mancano altre motivazione per una scelta del genere: la
partecipazione all’impresa di Ciro, la connivenza con il regime dei trenta e anche il
rapporto con Socrate, condannato a morte dal governo democratico.
Dunque una volta bandito da Atene, Senofonte soggiorna per circa vent’anni a
Scillunte nel Peloponneso, dove ha ricevuto una proprietà dalle autorità spartane per
intercessione di agesilao.
Senofonte in questo periodo non smette di coltivare le sue attività predilette di cui
parlerà all’interno delle Anabasi.
Quando poi la Vittoria tebana a lettura provoca la fine dell’egemonia spartana nel
pelopponeso e l’occupazione di scillunte da parte degli Elei, si chiude per senofonte
un lungo periodo di tranquillità che lo porterà ad abbandonare la proprietà e a fuggire
con la famiglia a Corinto. Successivamente con il progressivo riavvicinamento tra
atene e Sparta, il bando che era stato inflitto a Senofonte viene cancellato.
Per quanto riguarda la sua morte si hanno poche notizie certe ma da alcuni riferimenti
estrapolati dalle sue stesse opere è possibile affermabile che sia avvenuta intorno al
355 a.C.
ATTIVITA’ DI SCRITTORE
Per quanto riguarda i suoi scritti questi sono diversi e affrontano i temi disparati nei
modi più differenti: accanto alle opere storiche si collocano quelle socratiche, etico-
politiche e tecnico-didattiche.
A questa molteplicità di temi corrisponde anche una varietà di generi: narrazione
storica, monografia, biografia, narrazione aneddotica, autobiografia, dialogo e trattato
dialogico.
Opere storiche
—l’anabasi: narra in sette libri la campagna militare in Asia dei diecimila mercenari
greci al seguito di Ciro il Giovane. Gli eventi narrati si collocano dunque tra il marzo
del 401 a.C. e la primavera del 399 a.C.
ricorrendo all’uso costante della terza persona per riferirsi a se stesso e
pubblicando inizialmente l'opera con uno pseudonimo, Senofonte presenta
l'Anabasi come un reso- conto obiettivo dell'impresa che lo ha visto tra i
protagonisti. In un passo delle Elleniche, lo scrittore ateniese descrive il contenuto
dell'opera di un certo Temistogene di Siracusa obiettivo con parole che si
addicono alla sua Anabasi.
La lettura dell’opera rende evidente l’intento auto-celebrativo dello scritto in cui
appunto senofonte pone l’accento sul proprio ruolo determinante nella tirata dei
diecimila, rappresentandosi come un perfetto comandante preoccupato
unicamente alla salvaguardia e al benessere dei propri soldati e capace anche di
affrontare ogni situazione, qualunque sia il grado di difficoltà.
—le elleniche: narrano in 7 libri gli avvenimenti di cinque 50 anni, dal 411 a.C. al
362 a.C.
prive di un proemio che ne illustri metodo e fine, queste rivelano la volontà
dell’autore di collegarsi cronologicamente all’opera di Tucidide.
tutto il I e buona parte del II proseguono di fatti la narrazione di Tucidide,
raccontando lo svolgimento successivo della guerra del Peloponneso fio alla sua
conclusione, suggellata dalla distruzione delle lunghe mura di atene.
La parte restante del libro II contiene il racconto del regime dei Trenta e della
successiva restaurazione che si ebbe della democrazia ad atene nel 403 a.C.
Dal libro III vengono esposte le vicende sia politiche che militari della Grecia nella
prima metà del IV secolo a.C., contrassegnate dall’egemonia di Sparta e Tebe.
Le elleniche sono suddivise in due parti distinte: nei primi due libri è evidente il
modello Tucidideo, mentre nella parte restante manca un chiaro sistema
cronologico e si registrano frequenti interruzioni in cui l’autore lascia trapelare la
propria simpatia nei confronti di Sparta.
—l’agesilao: si tratta della biografia encomiastica dell’omonimo re di Sparta.
L’opera fu composta in seguito alla morte del sovrano attingendo prevalentemente
da ricordi personali, ed è articolata in due parti: la prima, che è di carattere storico-
biografico, è dedicata alla narrazione di tutte le imprese del re; la seconda parte
invece descrive ed esalta le sue eccezionali virtù militari e le sue qualità umane.
Opere socratiche
—i memorabili di socrate: sono una raccolta di quattro libri in cui sono presenti
dialoghi ed episodi che hanno come protagonista socrate.
venne composta molto tempo dopo la morte del filosofo, quando già erano stati
pubblicati altri testi di stessa ispirazione.
Secondo quanto riportano le analisi critiche più recenti, la distanza dagli
avvenimenti e la modesta propensione per la speculazione filosofica dell’autore
hanno contribuito al sovrapporsi tra ricordi personali e altre letture socratiche, al
punto da rendere imprudente considerare l’opera attendibile dal punto di vista
storico e documentario.
Lo scopo dei memorabili è dimostrare, dopo aver raccolto il maggior numero di
esempi, l’infondatezza delle accuse che avrebbero condotto alla condanna a
morte di Socrate e quindi la rappresentazione di questo come un uomo pieno di
valori sarebbe frutto di questo obiettivo.
—il simposio: descrive il banchetto offerto dal ricco Callia nella sua casa del Pireo
per festeggiare la vittoria ottenuta nel pancrazio dal giovane Autalico, alle
panatenee nel 422 a.C.
Gli invitati, dorate il banchetto discutono di temi vari quali potevano essere le
fragranze adatte e agli uomini e alle donne, all’educazione di queste ultime, la
trasmissibile della virtù o magari l’utilità della danza e a questo tipo di
intrattenimento si alternano durante il banchetto attività come il mimo che
raffigura l’incontro tra Dioniso e Arianna.
Resta comunque ancora oggi, e forse lo resterà per sempre, irrisolta la questione
del rapporto che potrebbe esserci tra il simposio di Senofonte e l’omonimo dialogo
di Platone. Le opere presentano ovvie somiglianze, ma indubbiamente il simposio
di senofonte è bel lontano dalla portata filosofica del suo omologo platonico.
—l’economico: ha una struttura che è stata paragonata a quella delle scuole cinesi
infatti possiede una cornice narrativa nella quale l’autore introduce il dialogo tra
Socrate e critobulo per poi collegarvi la conversazione tra il filosofo e il ricco
proprietario terriero Iscomaco.
Il giovane Critobulo ha voglia di apprendere l’arte della gestione domestica ma il
filosofo, che ha dichiarato di non essere esperto in materia, preferisce raccontare
una conversazione avuta con Iscomaco che era ritenuto un perfetto cittadino e un
amministratore esemplare. La conversazione tra socrate e questo gentiluomo di
campagna contiene una quantità enorme di informazioni storico-culturali e
documentarie.
—l’apologia di Socrate: non si limita soltanto a riportare ilm discorso di difesa che
il filosofo ha esposto in tribunale, ma racconta anche episodi anteriori e posteriori
al dibattimento. L’autenticità dello scritto resta dubbia.
come anche per il simposio, non è possibile stabilire con certezza se l’apologia di
senofonte sia stata scritta prima o dopo l’omonima opera platonica ma certo è che
i due testi sono profondamente diversi: l’apologia platonica riproduce
esclusivamente i discorsi tenuti in tribunale da socrate, mentre quella di senofonte
mostra la predisposizione per le forme narrative.
Le opere etico-politiche
—la ciropedia: narra in otto libri la biografia di Ciro il Grande, fondatore dell’impero
persiano, sul quale regnò dal 559 al 529 a.C.. Il titolo con cui è stata tramandata
l’opera si addice soltanto ai capitoli del primo libro nei quali si tratta l’argomento
dell’educazione spartana.
Senofonte si concede ampio spazio di libertà nella ricostruzione dei fatti storici che
segnano le tre fasi di vita del monarca e questa mescolanza tra realtà storica e
Finzione contribuisce a creare un’immagine idealizzata di Ciro in cui senofonte lo
rappresenta come somma di tutte le virtù necessarie per poter amministrare con
giustizia e saggezza un impero vasto come quello che aveva lui.
operette tecnico-didattiche
—equitazione: invece tratta di norme pratiche per prendersi cura del cavallo, del
suo addestramento e dell’allevamento.
LE STORIE:
L’opera storica di Tucidide, indicata come ISTORIAI, si compone di 8 libri e
racconta le vicende della guerra del Peloponneso, combattuta da ateniesi e
spartani dal 431 al 411. Dato che diversi passi delle storie confermano che
tucidide vide la fine della guerra nel 404, alcuni studiosi hanno ipotizzato che la
parte finale del testo fosse andata perduta.
L’opera inizia con un proemio nel quale l’autore dichiara di avere intuito che la
guerra tra Atene e Sparta sarebbe stata più importante di tutte quelle
precedenti, perché scoppiata quando le due parti avevano raggiunto l’apice
della loro potenza.
Il capitolo 26 de libro V contiene informazioni sulla composizione dell’opera e
dichiarazioni di metodo ed è stato perciò definito “secondo proemio”
In esso tucidide esprime la convinzione che la guerra del Peloponneso durò 27
anni: la cosiddetta pace di Nicia, negoziata nel 421, non fu mai rispettata.
Per quando riguarda la scansione cronologica dell’opera, Tucidide escogita un
sistema alternativo di datazione. Colloca al termine di ciascuno di essi la
formula stereotipa: “è finiva (il numero ordinale) anno di guerra, narrati
dall’ateniese Tucidide” quindi divide ciascun anno in due semestri.
L’attuale divisione in libri non è stata proposta dall’autore, ma risale
probabilmente all’età alessandrina. La struttura delle Storie, può essere divisa
in 4 grandi sezioni. La prima coincide con il libro I, dopo il proemio, la
cosiddetta ARCAIOLOGHIA, sono esposti gli antefatti del conflitto.
All’interno di tale narrazione si inserisce la Pentecontaetia, cioè la storia dei
circa 50 anni intercorsi tra la fine delle guerra persiane e l’inizio di quella del
Peloponneso.
La seconda sezione è rappresentata dalla narrazione della guerra archidamica,
così chiamata da Archidamo, il re spartano che invase l’Attica. Nella terza
sezione, dopo il “secondo proemio” sono raccontati gli eventi del periodo
compreso tra la pace di Nicia e la spedizione in Sicilia, alla quale sono dedicati
i libri VI, VII. Il libro VIII infine tratta le vicende degli anni 412-411. a.C ,
incentrate sul colpo di stato dei Quattrocento.
CONTENUTO LIBRI:
I) dopo il proemio, Tucidide espone gli antefatti della guerra del Peloponneso:
in seguito all’intervento ateniese nel confitto tra Corinto e Corcira, gli spartani e
i loro alleati si riuniscono e decidono di porre freno alla potenza di Atene,
cresciuta in maniera inarrestabile dopo la vittoria sui Persiani.
II) 431/430- 429/428
Un attacco notturno dei Tebani contro Platea, da inizio al conflitto . Mentre
l’esercito peloponnesiaco invade e saccheggia le campagne dell’Attica, gli
ateniesi compiono una serie di incursioni sulle coste del Peloponneso. Il primo
anno di guerra si conclude con l’orazione funebre di Pericle in onore dei caduti
ateniesi. Dopo la seconda invasione spartana dell’Attica scoppia ad Atene un
epidemia che induce i peloponnesiaci a tenersi lontani dalla città rivale e a
intraprendere piuttosto l’assedio di platea.
III) 428/427- 426/425
I peloponnisiaci tornano a invadere l’attica e conquistano e distruggono Platea.
IV)425/424- 423/422
Una guarnigione ateniese guidata dallo stratego Demostene occupa Pilo, ma è
bloccata da un contingenti di truppe scelte spartane. Gli spartani respingono le
proposte di pace avanzate da Sparta, ma, dopo una serie di insuccessi in
Sicilia, in Beozia e nell’Egeo acconsentono di stipulare una tregua di un anno.
V) 422/421-416/415
Dopo la morte di Cleone e Brasida, Atene e Sparta stipulano una pace della
durata di 50 anni (cosiddetta pace di Nicia). Negli anni successivi le due città
conducono l’una contro gli alleati dell’altra una serie di azioni belliche, che
culminano nella conquista dell’isoletta di Melo da parte degli Ateniesi.
VI) 426/415-414/413
Rispondendo all’appello di Segesta, minacciata da Selinunte, gli ateniesi
decidono di inviare una spedizione in Sicilia. Alcibiade è coinvolto nelle
inchieste relative al misterioso episodio; ciò nonostante è posto a capo
dell’impresa insieme con Nicia e Lamaco. Raggiunto poi dall’ordine di rientro
immediato in patria per essere sottoposto al processo, fugge a Sparta.
VII) 414/413-413/412
Gli spartani occupano Decelea. Nonostante l’arrivo di Demostene con una
spedizione di soccorso, la situazione in Sicilia precipita: gli ateniesi sono
costretti a una rovinosa ritirata, che si conclude con un massacro presso il
fiume Assinaro.
VIII) 413/412-411/410
Dopo il disastro in Sicilia si moltiplicano gli alleati ateniesi. Mentre gli spartani
stipulano tre accordi con i persiani, ad Atene un colpo di Stato Oligarchico
rovescia la democrazia. Il regime dei Quattrocento cede quasi subito il posto al
più moderato governo dei Cinquemila. Alcibiade si adopera per assicurare
l’appoggio persiano ad Atene, che consegue una vittoria navale a Cinossema.
La narrazione si interrompe con il resoconto di un viaggio di Tissaferne, che si
reca dagli spartani per rassicurarli sulla sua fedeltà.
Presentazione dell’opera:
tucidide inizia la sua opera con l’indicazione del proprio nome e della propria
cittadinanza. Presenta quindi l’argomento delle sue Storie, cioè la guerra del
Peloponneso.