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Lucio Battisti

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Disambiguazione – Se stai cercando il primo album di Lucio Battisti, vedi Lucio Battisti (album).
Lucio Battisti
Lucio Battisti alla fine degli anni sessanta
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
GenerePop rock[1]
Soft rock[1][2][3]
Rock progressivo[3]
Rhythm and blues[4]
Musica latina[3][4]
Synth pop[3]
Elettropop[3]
Funk[3]
Disco[5]
Periodo di attività musicale1962 – 1994
Strumentovoce, chitarra, tastiera, pianoforte, batteria, mandolino, percussioni, güiro, chitarra hawaiana, basso, sintetizzatore
EtichettaDischi Ricordi, Numero Uno, CBS, Columbia
Album pubblicati111 (pubblicazioni postume incluse - album esteri non inclusi) (dettaglio)
Studio20 (album esteri non inclusi) (dettaglio)
Raccolte94 (di cui 16 cofanetti - pubblicazioni postume incluse) (dettaglio)

Lucio Battisti (Poggio Bustone, 5 marzo 1943Milano, 9 settembre 1998) è stato un cantautore, compositore, polistrumentista, arrangiatore e produttore discografico italiano.

Considerato uno dei maggiori cantautori italiani,[4] ha inciso in carriera 20 album in studio[6][7][8] ottenendo vendite per 25 milioni di dischi.[9][10] Fu interprete e compositore tra i più importanti e influenti del Novecento italiano;[3][11][12] compose anche per altri artisti[13] (anche internazionali come Gene Pitney,[14] gli Hollies[15] e Paul Anka[16]), mentre per i testi si affidò quasi sempre ai parolieri, con alcune eccezioni.[N 1][17][18]

Il lungo sodalizio con Mogol fu il fulcro del suo successo e ne costruì l'immagine di interprete della vita e dei sentimenti comuni; questa, che ha segnato in Italia un'epoca musicale e di costume,[4] è rimasta la principale immagine dell'artista.[19] Già dalla prima metà degli anni '70 Battisti, schivo nel rapporto con il pubblico e i media,[4] mise in pratica il ritiro dalle scene e dalla visibilità pubblica che divenne totale dall'inizio degli anni '80 fino alla morte.[20]

Dopo la parentesi della collaborazione con la moglie Velezia, si rivolse a Pasquale Panella ritenendolo paroliere più adatto alle sue esigenze di sperimentazione, dando vita a una nuova stagione di musica più libera dagli schemi usuali e di testi che, se già con Mogol avevano talvolta raggiunto un certo grado di complessità, con Panella erano diventati enigmatici, crittografici, surreali, mai descrittivi, fino a spingersi al limite del nonsenso.[21][22]

Musicista autodidatta, polistrumentista, abile in numerosi generi musicali, fu apprezzato chitarrista ritmico nonché talentuoso arrangiatore[23] e cantante dotato di una notevole forza interpretativa e di una voce caratteristica; quest'ultima lo espose a diverse critiche, a volte anche impietose, ma contribuì a determinare il suo successo grazie alla capacità di trasmettere emozioni che molti gli riconoscevano.[24] Battisti stesso sostenne di privilegiare l'emozione alla tecnica vocale.[25]

La sua frequentazione di vari generi e stili del panorama angloamericano, gli permise di realizzare un'innovativa e personale fusione tra questi e la tradizione della canzone in Italia, rendendolo un punto di riferimento nella produzione di musica leggera del Paese e ricevendo nel corso degli anni il plauso da parte di numerosi altri autori musicali, sia italiani che internazionali.[4] Negli Stati Uniti, nonostante un tentativo infruttuoso di lanciarsi sul mercato negli anni settanta,[26] la sua opera è in fase di riscoperta.[27][28]

Lucio Battisti nacque il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone in provincia di Rieti. I genitori portavano entrambi il cognome Battisti: il padre Alfiero (1913-2008[29]) era impiegato al dazio, la madre Dea (1917-1983[30]) era casalinga.

1947-1962: infanzia e adolescenza

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Nel 1947 la sua famiglia si trasferì nella frazione Vasche del comune di Castel Sant'Angelo,[31] sempre in provincia di Rieti, e nel 1950 a Roma[31] in Piazzale Prenestino 35.[32] A seguito della promozione in terza media,[31] il giovane Battisti chiese in regalo ai genitori una chitarra che cominciò a suonare principalmente da autodidatta, aiutato sporadicamente da un amico di famiglia.[33]

Lucio Battisti con Paolo Ordanini, pianista dei Campioni.

L'interesse per la chitarra crebbe in lui fin quando nel 1961 iniziò a dedicarcisi intensamente, suonandola giorno e notte.[34] Questa passione lo portò, di conseguenza, a trascurare gli studi,[35] suscitando l'irritazione del padre Alfiero, il quale minacciò di non firmargli l'esenzione dal servizio militare (a cui aveva diritto in quanto figlio di un invalido di guerra) se non si fosse diplomato; il giovane Battisti obbedì ottenendo in cambio di potersi dedicare solo alla musica nei due anni successivi e nel 1962 si diplomò regolarmente perito elettrotecnico.[36] Nel tempo, Battisti si costruì e coltivò una vasta cultura musicale, traendo ispirazione, principalmente, da artisti come Ray Charles, Otis Redding (e la musica afroamericana in generale), i Beatles, Donovan e Bob Dylan.[37][38]

1962-1966: i primi passi e l'incontro con Mogol

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Il periodo di gavetta di Battisti ebbe inizio quando entrò a far parte come chitarrista nel gruppo Gli Svitati, il cui leader era il pianista e cantante Leo Sanfelice. Successivamente, nell'autunno del 1962, all'età di 19 anni, cominciò a suonare a Napoli con I Mattatori; la mancanza di soldi, sullo spirare dell'anno, lo portò tuttavia alla decisione di tornare a casa. Successivamente fece parte de I Satiri, gruppo romano che accompagnava Enrico Pianori, e che spesso suonava a Roma nel night Cabala.[39] Nello stesso locale si esibivano I Campioni, un gruppo ben più famoso che, dopo l'abbandono di Bruno De Filippi, era alla ricerca di un chitarrista. Una prima offerta era stata avanzata ad Alberto Radius, che però rifiutò, così il leader della band Roby Matano decise di offrire il ruolo a Battisti, il quale accettò entusiasticamente. Si trasferì quindi a Milano, principale zona di attività della band, e gravitò nell'ambiente che ruotava attorno al club Santa Tecla.

Battisti, i Dik Dik e Aldo Novelli durante un episodio di Teleset, 1966.

Fu proprio Matano, che ha più volte rivendicato una sorta di "primogenitura" nella scoperta del talento di Battisti, a spronarlo a scrivere canzoni. Ne nacquero alcuni pezzi, alcuni con testi e musica di Battisti e altri con testi scritti da Matano (ma depositati a nome di Battisti, perché l'amico non era iscritto alla SIAE).[40] Molti dei brani rimasero perlopiù sconosciuti o addirittura mai pubblicati. Alcuni di questi furono successivamente rimaneggiati da Battisti sulla base di nuovi testi di Mogol, come Non chiederò la carità, poi divenuto Mi ritorni in mente.

Il 14 febbraio 1965, Battisti riuscì a ottenere un appuntamento con il discografico Franco Crepax: durante il provino, fu notato da Christine Leroux, un'editrice musicale di origine francese giunta a Milano negli anni sessanta, contitolare delle edizioni El & Chris. Ricercatrice di talenti per la casa discografica Ricordi, la Leroux rimase colpita dalle vocalità di Battisti[3] e fu lei a procurargli un appuntamento con il paroliere Giulio Rapetti, in arte Mogol. Quest'ultimo inizialmente era scettico, tuttavia rimase colpito dall'umiltà del cantante[41] e gli garantì che avrebbero qualche volta lavorato assieme «non per scrivere canzoni ma per fare degli esperimenti».[3] Superati i dubbi iniziali, i due iniziarono a collaborare e nello stesso anno scrissero insieme il primo brano, Hey ragazzo, inciso nel 1968 dall'Equipe 84.[3] Il sodalizio, ormai formato, continuò con alcuni brani affidati ad altri interpreti, fino a quando nel 1966 fu lo stesso Mogol a insistere con Battisti, scettico egli stesso circa le proprie doti vocali, perché cantasse in prima persona le sue canzoni, anziché limitarsi ad affidarle ad altri: «I tuoi provini sono sempre più belli delle versioni degli altri» gli ripeteva.[42] Mogol dovette superare non poche resistenze presso la Ricordi, la loro casa discografica (i cui esponenti sostenevano avesse una brutta voce[42]), ma alla fine, minacciando di dare le dimissioni, l'ebbe vinta.[43]

Battisti esordì come solista nel febbraio 1966 con il brano Adesso sì, composto e presentato al Festival di Sanremo 1966 dall'esordiente Sergio Endrigo e la cui cover è contenuta nella raccolta Sanremo '66 della Dischi Ricordi.[44] Seguì il primo 45 giri Dolce di giorno/Per una lira, con modestissimi risultati di vendite. Le due canzoni vennero poi portate al successo rispettivamente dai Dik Dik e dai Ribelli di Demetrio Stratos. Nel circuito degli "addetti ai lavori", Per una lira si fece notare come brano innovativo nel testo e nella scrittura musicale.

Nello stesso anno, durante una permanenza di una settimana a Londra con Mogol (che nell'occasione si incontrò con Bob Dylan), Battisti fu avvicinato dai produttori dei Beatles attraverso Paul McCartney (che successivamente si sarebbe rivelato un estimatore della musica di Battisti[45]): erano pronti a investire su di lui per lanciarlo nel mercato americano, ma Battisti rinunciò perché gli pareva eccessivo che i produttori si tenessero il 25%.[42][46][47]

1967-1968: il successo di 29 settembre e Balla Linda

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Lucio Battisti nel 1967.

Nel 1967 Mogol e Battisti composero 29 settembre, il loro primo brano importante, nel quale si distinguevano già sonorità innovative tendenti alla psichedelia.[3] Interpretato dall'Equipe 84 e più volte trasmesso nel programma radiofonico Bandiera gialla, il brano si classificò al primo posto nella hit parade e divenne presto un classico della musica leggera.[48]

Sempre nel 1967 scrissero un altro brano interpretato e portato al successo dall'Equipe 84, Nel cuore, nell'anima; per Riki Maiocchi (ex de I Camaleonti) poi scrissero Uno in più, considerata una canzone-manifesto della cosiddetta linea verde, con cui Mogol, lavorando con giovani cantanti e autori, come Battisti,[49] intendeva perseguire un rinnovamento della tradizione musicale italiana. Per quanto riguarda la carriera da solista, Battisti produsse il suo secondo singolo, Luisa Rossi/Era, che conteneva un rhythm and blues e una canzone dalle atmosfere quasi medioevali, ma non riscosse grande successo. Ancora nel 1967, scrisse Non prego per me per Mino Reitano e suonò la chitarra in La ballata di Pickwick, sigla iniziale e finale dello sceneggiato Il Circolo Pickwick, mai pubblicata su disco; la canzone è cantata da Gigi Proietti.

Battisti a Roma nella seconda metà degli anni sessanta; sullo sfondo il Colosseo, ripreso dal lato del Foro.

A gennaio del 1968 fu invitato da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni a Bandiera gialla, la sua prima apparizione radiofonica: cantò Il vento, canzone scritta per i Dik Dik. La registrazione dell'esibizione è tuttora inedita.[50]

In seguito pubblicò il singolo Prigioniero del mondo/Balla Linda. Prigioniero del mondo, canzone scritta da Carlo Donida con testo di Mogol, che doveva essere originariamente interpretata da Gianni Morandi, fu presentata con scarso successo alla manifestazione Un disco per l'estate 1968. Di questa canzone esiste anche un videoclip, che rappresenta tra l'altro il primo filmato in cui compare il cantante, girato su pellicola in bianco e nero a Tonezza del Cimone. Di maggiore successo si rivelò il retro, Balla Linda, una canzone melodica ma anch'essa già "sperimentale" per i canoni musicali dell'epoca, nel cui testo Battisti e Mogol rifiutarono la convenzione delle rime baciate.[51]

Con Balla Linda partecipò al Cantagiro 1968, classificandosi quarto[52] ed entrò, per la prima volta con una canzone da lui interpretata, in hit parade; con una versione in inglese intitolata Bella Linda ed eseguita dai The Grass Roots, ottenne un notevole successo anche negli Stati Uniti, piazzandosi al numero 28 della classifica di Billboard, per poi ottenere risonanza internazionale.[53] Il 24 ottobre[54] dello stesso anno pubblicò un altro 45 giri, composto da La mia canzone per Maria, pezzo dalle ritmiche esotiche, e da Io vivrò (senza te), brano dai ricercati arrangiamenti e denso di pathos.[3]

1969: la consacrazione come cantante e autore

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«Trovo che le canzoni che ho scritto prima del mio debutto come cantante siano state ottimamente interpretate dai Dik Dik, Equipe 84, Riki Maiocchi etc... ma a un certo punto, mi sentivo di poter dire la mia anche come cantante, cioè di aggiungere qualche cosa, non di migliore ma di diverso, magari, a quella che era la mia canzone.»

Dopo due partecipazioni consecutive come autore al 17º e al 18º Festival della canzone italiana rispettivamente con Non prego per me (interpretata da Mino Reitano e gli Hollies) e La farfalla impazzita (scritta per Johnny Dorelli e Paul Anka), Battisti prese parte come interprete (per la prima ed unica volta in carriera) all'edizione numero 19 della rassegna con Un'avventura, un brano dalla venatura rhythm and blues interpretato in coppia con Wilson Pickett, esponente di punta di tale genere musicale. Il brano si classificò al 9º posto finale[56] con 69 voti.[57] La partecipazione a Sanremo aumentò di molto la sua popolarità, ma lo espose anche a critiche di vario genere: Alfonso Madeo, sul Corriere della Sera, definì l'interpretazione di Battisti «impacciata»,[58] Natalia Aspesi, sul Giorno, criticò duramente la sua voce,[59] mentre Paolo Panelli, sul Messaggero, ironizzò sulla sua capigliatura anticonformista e «selvaggia», equiparandolo a Pierino Porcospino e ad Attila, re degli Unni.[60] In concomitanza con la partecipazione al Festival, il 31 gennaio 1969[54] pubblicò il singolo contenente Un'avventura e Non è Francesca, canzone in cui sono presenti elementi di alcuni dei più disparati generi musicali.[61]

Il 4 marzo successivo[61] pubblicò il suo primo album, intitolato Lucio Battisti, una raccolta di brani già pubblicati nei precedenti singoli più sei brani già editi nelle versioni di altri gruppi e cantanti (come 29 settembre), qui reinterpretati da Battisti; tutti comunque destinati a divenire dei classici del repertorio musicale dell'autore.[3] L'album sarà il 3º più venduto in Italia nel 1969.[62]

Il 28 marzo[54] pubblicò il secondo singolo dell'anno, Acqua azzurra, acqua chiara/Dieci ragazze, e in primavera, in alcune interviste, svelò il fidanzamento con Grazia Letizia Veronese,[63][64] di professione segretaria di Miki Del Prete nel Clan Celentano[65] e in seguito sua compagna di vita; della Veronese si era parlato poco tempo prima in alcune riviste come presunta fidanzata di Gian Pieretti[66] (relazione che Pieretti smentì solo a distanza di più di quarant'anni, in un'intervista del 2014[67]).

Il 15 aprile partecipò per la prima volta a una trasmissione televisiva, Speciale per voi di Renzo Arbore (all'epoca in onda in seconda serata sul secondo canale della Rai): si esibì con la chitarra, accennando alcune delle sue canzoni più richieste e rispose alle domande del pubblico; durante la puntata lanciò il brano Acqua azzurra, acqua chiara, presto divenuto un tormentone estivo nell'estate 1969. Con questa canzone, Battisti arrivò terzo al Cantagiro 1969 con 861 voti[68] e vinse il Festivalbar di quell'anno[69] con 343 984 preferenze, distaccando I Camaleonti, secondi classificati, di quasi 50 000 voti.[70] Da qui in avanti Battisti sarebbe stato invitato a numerose trasmissioni, partecipò a Gli amici della settimana, programma di improvvisazione musicale sempre di Arbore e Boncompagni, con i giornalisti Adriano Mazzoletti e Renzo Nissim; successivamente fu ospite anche a Caccia alla voce, gara musicale condotta da Pippo Baudo e a Batto quattro.[50]

Battisti a Poggio Bustone nel 1969.

Durante l'estate realizzò il suo primo tour, composto di 21 serate.[71] Sempre durante il periodo estivo, fondò insieme a Mogol, a Mariano Rapetti (padre di Mogol), al produttore discografico Alessandro Colombini e alla RCA Italiana (che deteneva il 50% delle quote) una casa discografica, la Numero Uno. In questo progetto furono coinvolti la Formula 3, Bruno Lauzi, Edoardo Bennato, Adriano Pappalardo, Oscar Prudente e altri; tuttavia Battisti non poteva ancora passare all'etichetta per via degli obblighi contrattuali che lo legavano alla Ricordi.

Il 14 ottobre[54] pubblicò il terzo singolo dell'anno, Mi ritorni in mente/7 e 40; il lato A fu presentato il 19 ottobre con una sua partecipazione nel programma radiofonico Gran varietà condotto da Walter Chiari.[72] Tra i singoli che pubblicò quell'anno, questo fu quello che incontrò il successo maggiore: fu l'11º singolo più venduto del 1969 e raggiunse anche il primo posto in Hit parade.[73]

Il 4 novembre andò in onda sul Programma Nazionale uno speciale dal titolo Incontro con Lucio Battisti, che lo vide per la prima e unica volta nelle vesti di conduttore affiancato da Loretta Goggi, anch'essa esordiente nei panni di conduttrice e reduce dal successo ottenuto dallo sceneggiato televisivo La freccia nera. Battisti, oltre a condurre, eseguì alcuni dei suoi brani del periodo come Acqua azzurra, acqua chiara, Non è Francesca, Mi ritorni in mente e 7:40. Balla Linda funse da sigla iniziale e finale del programma.

Nonostante il successo come interprete, la sua attività di autore per altri cantanti non si interruppe: soprattutto nei primi anni della sua carriera, partecipò costantemente come musicista e/o voce tra i cori alle incisioni di brani di altri artisti (inclusi alcuni di cui non era autore): sue sono canzoni di successo come Questo folle sentimento, dall'atmosfera vagamente psichedelica, affidata alla Formula 3; Mamma mia, affidata ai Camaleonti; infine Il paradiso della vita (una canzone scritta nel 1968 da Mogol e Battisti per Ambra Borelli, ma che non ottenne alcun successo) quell'anno fu ripresa dal gruppo inglese degli Amen Corner, con il titolo (If Paradise Is) Half as Nice, raggiungendo il primo posto delle classifiche di vendita britanniche.[74] Inoltre Patty Pravo, in un viaggio nel Regno Unito, rimase affascinata dal brano degli Amen Corner, ignorando che fosse stato scritto in origine dagli italiani Battisti e Mogol, e decise di farne una cover con il titolo di Il paradiso, rendendo la canzone popolare anche in Italia.[75]

In quel periodo ricevette anche molte offerte per dei ruoli in film musicali, ma si dimostrò non interessato, per poi riconsiderarli successivamente ma senza, comunque, prenderne mai parte.[76] Nello stesso anno venne invitato da Roberto Arnaldi a Radio Monte Carlo: qui propose l'ascolto di alcune canzoni italiane e straniere per poi parlare dei suoi gusti musicali e degli artisti che lo hanno ispirato, cantando alla chitarra alcuni dei loro pezzi, spaziando dalla musica inglese a quella americana fino alla canzone napoletana; in seguito promosse alcuni dei brani da lui composti.[37] Sebbene fosse disponibile a rilasciare interviste ai mass media, già da allora cominciò a delinearsi il suo carattere, manifestando il desiderio di privacy e di non essere costantemente sotto i riflettori e la convinzione di dover essere giudicato solo per la sua musica e non per il gossip che si crea attorno al personaggio.

Battisti, Mogol e la Numero Uno

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Dal 1969 e per tutti gli anni settanta, Lucio Battisti raggiunge il culmine della popolarità e del successo. I suoi album sono costantemente tra i primi posti nelle classifiche di vendita degli anni 1969,[62] 1971,[83] 1972,[84] 1973,[85] 1975,[86] 1976,[87] 1977,[88] 1978[89] e 1980.[90] Nel 1973, caso raro nella storia discografica italiana, riesce a conquistare il primo e il secondo posto in classifica (con Il mio canto libero e Il nostro caro angelo), distanziando opere di respiro e successo internazionali come The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd (3º) e Don't Shoot Me I'm Only the Piano Player di Elton John (4º).[85]

Durante la collaborazione con Mogol, Battisti è solito comporre la base musicale dei brani prima della stesura del testo,[21][42][91] come dichiarerà lui stesso: «I testi Mogol li scrive sempre dopo, quando c'è già la parte musicale. Mi fa suonare il pezzo alla chitarra, lo ascolta un paio di volte e comincia a buttar giù idee. Non mi dice niente. Dopo qualche giorno mi fa ripetere la canzone, dieci, venti, cento volte per quel lavoro certosino che è l'applicazione dei versi sulle note, parola per parola, secondo la metrica...»[92]. Tale metodo di scrittura verrà poi confermato sia dallo stesso paroliere sia da alcuni colleghi e collaboratori (come Mario Lavezzi[93] e Gaetano Ria[94]). A tal proposito Mogol ricorda: «Lucio scriveva la musica, io sceglievo le parole seguendo il senso della sua scrittura»[95] «Facevo sempre così: prima la sua musica e poi le mie parole.»[96]

1970: la fortuna del sodalizio con Mogol

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Mogol e Battisti a cavallo da Milano a Roma nell'estate 1970.

Nel 1970 compone Sole giallo, sole nero e Io ritorno solo per la Formula 3, Insieme e Io e te da soli per Mina, Per te per Patty Pravo, Mary oh Mary ed E penso a te per Bruno Lauzi, Io mamma, Uomini e Perché dovrei per Sara (una cantante da lui lanciata con discreto successo).[97]

Il 7 marzo è ospite per la seconda volta al programma radiofonico Batto quattro, qui le domande che Gino Bramieri pone a Battisti vengono con ogni probabilità modificate successivamente distorcendo così la natura del dialogo, con il risultato di Bramieri che ironizza pesantemente sulla sua capigliatura e sulla sua timidezza.[50][72]

Il 2 giugno viene nuovamente invitato a Speciale per voi di Renzo Arbore, dove si esibisce al pianoforte. Durante un acceso dibattito con il pubblico in sala ribadisce di non essere un cantante politicamente impegnato e vengono di nuovo criticate le sue doti vocali; Battisti sostiene che la voce non è importante e che basti, quando si canta, voler comunicare qualcosa, provocando chiaro dissenso da parte del pubblico, in particolare dal giornalista e conduttore Renzo Nissim. Alla fine Battisti, evidentemente stanco dell'ostilità dei presenti, tronca bruscamente il discorso, dimostrando ancora una volta la sua contrarietà verso le polemiche e i pettegolezzi e il desiderio di essere giudicato solo ed esclusivamente per il suo lavoro. Dopodiché canta in anteprima il brano blues rock Il tempo di morire e la melodica dai ritmi crescenti Fiori rosa, fiori di pesco.[25] Il singolo contenente le due canzoni viene pubblicato l'8 giugno.

Nel mese di giugno, su iniziativa di Mogol, i due intraprendono un viaggio a cavallo da Milano a Roma, in segno di protesta ecologica; il viaggio sarà raccontato dallo stesso Battisti in tre articoli su TV Sorrisi e Canzoni.[98][99][100] Appena tornato dal viaggio iniziò i preparativi per il tour che intraprenderà quell'estate con la Formula 3: dieci date eseguite tra L'altro mondo di Rimini, La Bussola di Marina di Pietrasanta e il locale di Gino Paoli a Sestri Levante.[100] Sarà anche il suo ultimo tour.

Il 2 settembre Battisti si aggiudica per la seconda volta consecutiva (il primo interprete a farlo) la vittoria al Festivalbar, con la canzone Fiori rosa fiori di pesco.[101] In questa occasione annuncia di avere in mente di realizzare un concept album basato sul tema dell'amore visto con angolazioni nuove.[102]

Il 15 ottobre 1970[54] esce il singolo Emozioni/Anna. A novembre il concept album annunciato in occasione del Festivalbar, Amore e non amore (realizzato con i membri della PFM), è pronto:[103] essendo però un album piuttosto sperimentale e di nicchia (la metà dei brani sono strumentali e tendenti verso il prog folk[3]), la Ricordi decide di metterlo da parte e a dicembre pubblica invece un'altra raccolta,[104] intitolata Emozioni, dove si trovano in versione stereofonica i brani tratti dai singoli già pubblicati, stavolta senza neanche un inedito.[3] Dopo questa manovra commerciale da parte della Ricordi, i rapporti di Battisti con la casa discografica cominciano a incrinarsi. La "compilation" ottiene comunque grande successo[105] e sarà il 4º album più venduto in Italia nel 1971, raggiungendo il primo posto nella classifica settimanale.[83]

1971: il passaggio alla Numero Uno

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Lo stesso argomento in dettaglio: Numero Uno (casa discografica).

Durante il 1971, Battisti compone Vendo casa per i Dik Dik, Eppur mi son scordato di te, Nessuno nessuno e Mi chiamo Antonio tal dei tali e lavoro ai mercati generali per la Formula 3, Amor mio e La mente torna per Mina, Amore caro amore bello e L'aquila per Bruno Lauzi, Un papavero per i Flora Fauna Cemento e La folle corsa, interpretata da Little Tony e dalla Formula 3.

Ad aprile[54] pubblica il singolo Pensieri e parole/Insieme a te sto bene. Il produttore discografico Alessandro Colombini, prima della pubblicazione, era molto scettico riguardo al singolo ed era sicuro che Pensieri e parole avrebbe decretato la fine del sodalizio Mogol-Battisti,[106] invece il 45 giri ebbe un successo tale da diventare «canzone regina di Hit parade», secondo la definizione che Lelio Luttazzi, conduttore della trasmissione radiofonica, dava alle canzoni che arrivavano al primo posto[107].

Il 21 aprile partecipa alla trasmissione Formula Uno presentata da Paolo Villaggio. Battisti è coinvolto in un dibattito con Herbert Pagani, Pippo Franco, Memo Remigi, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi, Pino Donaggio e Fabrizio De André. Alla domanda «Preferireste passare alla storia come cantante o come autore?» Battisti risponde concisamente: «Come autore, perché a tutt'oggi la mia attività più importante è quella di autore» e ironicamente aggiunge: «Comunque preferisco non passare alla storia della musica».[72]

In questo periodo la stampa inizia a lamentare la calante disponibilità di Battisti a essere intervistato e fotografato,[103] così il 27 aprile si esibisce al Circolo della stampa di Milano per i giornalisti e le loro famiglie.[106][108]

Lucio Battisti, Mariolina Cannuli e Mogol alla trasmissione radio Arriva il compressore, estate 1971.

A luglio si reca a Campione d'Italia per dirigere un'orchestra di 25 elementi nell'esecuzione di 7 agosto di pomeriggio,[109] brano proveniente dall'album Amore e non amore, che nel frattempo è "congelato" da otto mesi negli archivi della Ricordi suscitando preoccupazione in Battisti riguardo al fatto che, dopo tutto quel tempo, potesse essere già musicalmente "superato" e pertanto meno moderno delle sue composizioni più recenti.[103][110]

Sempre nel mese di luglio, la Ricordi pubblica finalmente Amore e non amore,[104] accompagnato dal singolo Dio mio no/Era;[54] il brano Dio mio no viene censurato dalla Rai, a causa della presenza di risvolti erotici considerati inaccettabili.[111] L'album si posizionerà al 10º posto tra i dischi più venduti dell'anno.[83]

Il 31 luglio[109] viene registrata negli studi della Rai Tutti insieme, una trasmissione televisiva musicale ideata da Mogol, dove si esibiscono dal vivo Battisti e altri artisti appartenenti (o comunque legati) alla Numero Uno: Alberto Radius, i Dik Dik, i Flora Fauna Cemento, la Premiata Forneria Marconi, Lally Stott, Mauro Pagani, Adriano Pappalardo, la Formula 3, Bruno Lauzi, Edoardo Bennato e una giovanissima Mia Martini agli esordi, voluta proprio da Battisti perché rimasto affascinato dalla sua vocalità.[112] La trasmissione si conclude con una esuberante cover di gruppo del brano Proud Mary dei Creedence. Andrà in onda il 23 settembre,[113] con un ottimo esito soprattutto tra il pubblico più giovane.[114]

A settembre scade il contratto che lo legava alla Ricordi, ed è quindi libero di passare alla Numero Uno.[103][115] Per ricavare il più possibile da Battisti, che in quel momento godeva di grande popolarità, la Ricordi iniziò a sfruttare al massimo il materiale inedito che, come da contratto, aveva ancora diritto a pubblicare, così il 28 ottobre[104] mette sul mercato un'altra raccolta, Lucio Battisti Vol. 4, a discapito del nome in effetti una semi-antologia, dove i brani inediti sono appena tre, e il 24 ottobre[54] pubblica il singolo Le tre verità/Supermarket. In Le tre verità si fanno più evidenti gli echi internazionali, in particolare dei Led Zeppelin (tra i principali gruppi che Battisti ascoltava[38]).

Durante la stagione autunnale concede una lunga "intervista cantata" a Paolo Giaccio per la trasmissione radiofonica Per voi giovani, realizzata in due riprese, la prima nello studio della Dischi Ricordi a Milano e successivamente a casa di Mogol a Dosso di Coroldo, comune di Molteno. L'intervista verrà trasmessa in cinque puntate dal 3 al 7 gennaio 1972.[116]

A novembre[54] pubblica il suo primo singolo per la Numero Uno, contenente la drammatica Anche per te e La canzone del sole. Quest'ultima, divenuta presto un classico del repertorio battistiano, è considerata, per la semplicità degli accordi e l'ispirazione artistica, un brano ideale per chi si accinge a imparare a suonare la chitarra.

Il 31 dicembre partecipa alla trasmissione televisiva Cento di queste notti, dove prima di cantare La canzone del sole accenna con la chitarra l'introduzione strumentale di Dio mio no, come chiara ripicca verso la censura del brano.

1972-1974: la crescita artistica e il progressivo distacco dai mass media

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«Cantante, compositore, editore musicale di fama internazionale, ha elevato il gusto del pubblico italiano e rinvigorito il mercato.»

Evidentemente turbata dal successo di La canzone del sole/Anche per te, la Ricordi nel marzo del 1972[54] compie un ulteriore tentativo commerciale pubblicando il singolo Elena no/Una. È l'ultimo brano inedito che la Ricordi ha diritto a pubblicare.

Durante il 1972 compone Il mio bambino per Iva Zanicchi, Io mamma per Sara, È ancora giorno e Segui lui per Adriano Pappalardo, Mondo blu per i Flora Fauna Cemento, Aeternum (di cui scrive il testo), Sognando e risognando e Storia di un uomo e di una donna per la Formula 3 e Prima e dopo la scatola per Alberto Radius. Non comporrà più per altri cantanti, con l'eccezione di due brani nel 1976.

Duetto Battisti-Mina a Teatro 10, 23 aprile 1972
Mina e Battisti prima dell'esibizione

Il 23 aprile partecipa alla trasmissione televisiva Teatro 10. Presentato da Alberto Lupo, canta in anteprima I giardini di marzo (in playback) e si esibisce dal vivo in un duetto con Mina, interpretando un medley composto da Insieme, Mi ritorni in mente, Il tempo di morire, E penso a te, Io e te da soli, Eppur mi son scordato di te ed Emozioni, accompagnati da Massimo Luca alla chitarra acustica, Angel Salvador al basso, Gianni Dall'Aglio alla batteria, Gabriele Lorenzi alle tastiere ed Eugenio Guarraia alla chitarra elettrica. Il duetto è ritenuto una delle esibizioni più importanti della musica pop italiana[118][119] e sarà l'ultima apparizione televisiva di Battisti in Italia.

Il 24 aprile pubblica il suo primo album per la Numero Uno, Umanamente uomo: il sogno. Registrato tra gennaio e febbraio,[104] si tratta di un disco a due facce: di stampo "classico" ma al tempo stesso ardito e innovativo,[120] ora melodico e suggestivo, ora cupo e inquieto.[3] L'album è il 2º più venduto del 1972,[84] accompagnato dal singolo I giardini di marzo/Comunque bella,[54] che Battisti decide di cantare anche in lingua francese, affidando la traduzione dei testi a Eddie Marnay; il singolo verrà inciso a Parigi[121][122] e rappresenta la prima di una lunga serie di esperimenti esteri da parte del musicista.

In questo periodo inizia a rifiutarsi di posare per fotografie e rilasciare interviste e, rifiutandone una per il settimanale Sogno, dichiara di preferire l'olio di ricino alla televisione;[123] la stampa, in risposta, inasprisce i toni: Sogno lo accusa di essere incoerente alle sue dichiarazioni (avendo appena partecipato a Teatro 10) e di aver scelto di non farsi più intervistare solo per attirare l'attenzione e farsi pubblicità;[123] Oggi pubblica un dibattito tra musicisti e critici sul tema «Battisti è davvero un fenomeno?» in cui Riz Ortolani lo accusa di «scopiazzare», Augusto Martelli dichiara che «Battisti è un dilettante spaventoso» e «un pallone gonfiato», mentre Aldo Buonocore dichiara che «La sua voce è una lagna, uno strazio».[124]

A settembre del 1972 avvia le sessioni di registrazione del suo nuovo album, Il mio canto libero, che viene pubblicato a novembre,[104] contemporaneamente ai singoli Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi/Confusione, Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi/vento nel vento (mai distribuiti) e Il mio canto libero/Confusione.[54] L'album è il più venduto del 1973, solo nel giro iniziale di distribuzione vende 450 000 copie.[125] Il mio canto libero è un'opera spartiacque nella carriera del cantautore e uno tra i suoi dischi più importanti[3][105] nei cui testi, oltre al tema della libertà, si trovano accenni all'ecologia e all'inquinamento,[126] argomenti a cui Mogol teneva molto e che aveva già introdotto nei titoli di tre brani strumentali di Amore e non amore. Dal punto di vista musicale Il mio canto libero rappresenta, insieme a Umanamente uomo: il sogno, entrambi contenenti vari brani divenuti dei classici, un autentico punto di svolta nell'evoluzione della musica popolare italiana.[3][127] La title track viene incisa da Battisti anche in versione francese e spagnola, quest'ultima con i testi riadattati da Carlos Ramòn-Amàrt, ottenendo un buon riscontro.[128]

Appena dopo l'uscita de Il mio canto libero viene ospitato per la seconda volta al programma radiofonico Gran varietà, allo scopo di promuovere il disco, e a condurre stavolta è Raffaella Carrà. Anche in questa occasione, il botta e risposta viene palesemente manipolato: viene difatti replicata a mo' di tormentone la risposta "seccata" di Battisti «Magari passerei subito alla canzone» alle varie domande poste dalla conduttrice, travisando di conseguenza la natura del dialogo e screditando la reputazione del cantautore.[50][72]

Battisti alla chitarra durante la trasmissione radio Supersonic, nel dicembre 1972.

Di lì a poco, il 12 dicembre, avviene un'ulteriore partecipazione ad una trasmissione radiofonica, Supersonic, nella quale interpreta Comunque bella, Innocenti evasioni, La canzone del sole e Sognando e risognando[129]; Fabrizio Zampa su Il Messaggero lo stronca scrivendo che «La sua esibizione è stata una sagra della stonatura e dell'approssimazione».[130] Con l'ultima partecipazione televisiva italiana avvenuta ad aprile dello stesso anno e l'ultimo concerto risalente all'estate del 1970, questo evento costituisce l'ultima esibizione pubblica di Battisti in Italia.

Il 25 marzo 1973 nasce l'unico figlio di Battisti e Grazia Letizia Veronese, di nome Luca Filippo Carlo. Le reazioni della stampa a questo evento causeranno la definitiva rottura tra Battisti e i giornalisti: il 26 marzo Sogno pubblica un articolo su un fantomatico e improbabile flirt tra Battisti e l'attrice di cinema erotico Zeudi Araya,[131] il 27 marzo due fotografi irrompono violentemente nella stanza della clinica dove si trovava insieme alla compagna ed al bambino, iniziando a scattare fotografie all'impazzata e costringendo Battisti a cacciarli via in malo modo;[132] in risposta a questo isolamento, Novella 2000 scrive che il cantante «ha paura anche delle ombre», descrivendo un Battisti tirchio, burbero e apatico.[133] Nel periodo successivo la stampa non allenta la presa, anzi la ricerca dello scoop assume sempre di più l'aspetto di una caccia: il 14 maggio Novella 2000 documenta con un lungo articolo l'affissione della notifica di una grossa multa sulla porta della casa milanese di Battisti,[134] mentre il 10 giugno TV Sorrisi e Canzoni titola in prima pagina «abbiamo stanato col teleobiettivo Lucio, figlio e moglie in un misterioso rifugio in Brianza pieno di provviste»,[135] dove Battisti stava facendo costruire una villa accanto a quella di Mogol a Molteno, frazione Dosso di Coroldo,[136] dove vivrà per il resto della sua vita.

Il suo distacco dalla stampa italiana e dalle esibizioni dal vivo diventa, a questo punto, totale: arriva infatti a rifiutare un'intervista con Enzo Biagi e una richiesta di Gianni Agnelli, che gli propone di esibirsi al Teatro Regio di Torino in uno spettacolo sponsorizzato dalla FIAT, per un compenso di 2 miliardi di lire.[137] Inizia invece a scrivere le musiche per un nuovo album, che incide successivamente tra luglio e agosto del 1973.[104] Parallelamente, avendo un vivo interesse per la lingua tedesca,[138] decide di cimentarsi anche nella lavorazione di un album completamente in tedesco, servendosi della collaborazione del cantante Udo Lindenberg per la pronuncia e la traduzione dei testi originali. Il disco, dal titolo Unser freies Lied, viene registrato in autunno ad Amburgo e verrà pubblicato nel 1974.[122] Successivamente nel 1979 Battisti stesso definirà l'album, comunque rivalutato dal pubblico negli anni,[139] come «un tentativo confuso».[76]

L'album in italiano, Il nostro caro angelo, viene pubblicato a settembre del 1973,[104] in contemporanea al singolo La collina dei ciliegi/Il nostro caro angelo.[54] Con questo disco, Battisti imprime alla sua musica una svolta piuttosto marcata verso le atmosfere progressive e jazz-rock, con uno stile più contenuto[3] e a tratti "quasi tribale":[120] rispetto ai due album precedenti, negli "arrangiamenti percussivi" compaiono con una certa importanza gli strumenti elettronici, tra cui il sintetizzatore, mentre si riduce il peso del pianoforte, archi e fiati (punto fermo dei lavori passati); i testi di Mogol risultano più "maturi" e orientati, oltre che sul ricorrente tema dell'amore, anche sul sociale,[140] e anche qui si trovano richiami ecologici.[3] L'album vende 500 000 copie[141][142] e si colloca al 2º posto tra i dischi più venduti del 1973, preceduto da Il mio canto libero.[85] Deciso a seguitare la sua esperienza con il mercato discografico straniero, incide il brano La collina dei ciliegi anche in spagnolo.

Battisti e Grazia Letizia Veronese nel marzo 1974.

La notorietà di Battisti nel frattempo si espande ulteriormente, tanto che anche David Bowie (per il quale Mogol ha riadattato tre anni prima i testi in italiano di Space Oddity) e Mick Ronson si dichiarano suoi estimatori, realizzando una cover di Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi, tra i brani più noti e di successo del cantautore italiano. La nuova canzone, dal titolo Music Is Lethal, viene poi inserita nel disco di debutto di Ronson, Slaughter on 10th Avenue.[143]

Nello stesso anno, inoltre, il nome di Battisti appare per la prima e unica volta nella locandina di un film, per la colonna sonora di La circostanza di Ermanno Olmi, nella quale compaiono canzoni da lui precedentemente scritte per la Formula 3.[144]

Tra la primavera e l'estate del 1974 compie, insieme a Mogol, un viaggio in Sudamerica, tra Argentina e Brasile, per prendere parte ad alcuni spettacoli televisivi.[145] La lunga permanenza ispira fortemente Battisti, che si affaccia a una nuova esperienza culturale e a «un'altra dimensione della musica»;[146] cosicché, non appena rientrato in Italia, ampliando e perfezionando il percorso musicale già intrapreso con Il nostro caro angelo, inizia a lavorare al nuovo album.

Il disco, che viene pubblicato a dicembre,[104] è Anima latina, probabilmente la sua opera più ambiziosa, complessa e sfaccettata:[147] originale fusione delle sonorità latine con alcune delle modalità espressive tipiche del progressive (brani lunghi, dall'orchestrazione e strumentazione estremamente composita e stratificata, ampio uso di sintetizzatori), con elementi che rimandano alla musica psichedelica, pop, folk, jazz e classica.[3][120] È un disco, come dirà lo stesso Battisti, votato alla valorizzazione del ritmo, reso a tratti ossessivo nelle sezioni per fiati, cori e percussioni; in buona parte dei brani il canto è soffuso e volutamente tenuto a volume basso nel missaggio (scelta che Mogol considerò «infelice»[148]), alla pari con gli altri strumenti, tanto da essere talvolta quasi impercettibile. I testi sono più criptici, quasi esoterici, in controtendenza col modo di scrivere di Mogol, e non mancano anche qui alcuni riferimenti all'ambiente e al sociale.[N 2] Tra i pezzi che ottengono maggior riscontro, la stessa Anima latina - il cui testo fu ritenuto da Mogol il migliore da lui mai scritto -[149] e Due mondi, in cui Battisti duetta con la cantante Mara Cubeddu; tuttavia, nessuno dei brani presenti nel disco è davvero rimasto nella memoria collettiva. Dall'album viene estratto, ma non distribuito, il singolo Due mondi/Abbracciala abbracciali abbracciati.[54] Mentre Battisti completa il mix dell'album, concede al giornalista di Ciao 2001 Renato Marengo una lunga intervista, nonostante fosse da tempo in silenzio stampa.[77][N 3] Fredda l'accoglienza della critica, modesta quella del pubblico: il disco vende 250 000 copie (la metà del precedente),[142][150] risultando essere l'8º album più venduto in Italia nel 1975,[86] ciononostante rimane in classifica per ben 65 settimane, di cui 13 al primo posto[5] (a tutt'oggi il record per un disco di Battisti[151]).

Anima latina ha rappresentato allora l'apice della maturazione nella ricerca musicale di Battisti oltreché una svolta nel modo di fare musica in Italia, ed è stato nel tempo ampiamente rivalutato, tanto da venir oggi riconosciuto come il massimo capolavoro di Battisti e uno dei migliori album italiani mai incisi.[150][152][153][154]

1975-1980: il nuovo percorso musicale e gli ultimi successi

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Battisti e Mogol negli anni settanta.

Tra maggio e giugno del 1975 parte per un viaggio negli Stati Uniti visitando New York, San Francisco e Los Angeles. Durante questo periodo Battisti assorbe le novità musicali nello stile e nella tecnica di registrazione, in particolare le sonorità della disco music. La RCA gli propone di realizzare un album con i suoi maggiori successi cantati in inglese per conquistare il mercato statunitense, ma Battisti, contrario a utilizzare brani già pubblicati, dichiara che «È sciocco continuare a guardarsi indietro» pur confessando di essere «eccitato dall'idea di incidere un album qui». Inoltre risale a questo soggiorno la bozza di una canzone, ispirata dall'autostrada americana Interstate 5 e provvisoriamente intitolata San Diego Freeway, che sarebbe poi diventata Ancora tu.[155][156]

A settembre realizza due filmati con la regia di Ruggero Miti e Cesare Montalbetti[157] in cui canta Ancora tu e La compagnia: secondo il giornalista e autore televisivo Michele Bovi si tratta del primo videoclip italiano, che anticipa di circa due mesi anche quello di Bohemian Rhapsody dei Queen.[158]

Nel gennaio 1976, quando i brani del nuovo album sono pronti, cede Un uomo che ti ama a Bruno Lauzi e Io ti venderei a Patty Pravo; Ancora tu fu offerta a Mina, ma la cantante la rifiutò.[159] Il nuovo disco, intitolato Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera, viene pubblicato a febbraio,[159] insieme al singolo Ancora tu/Dove arriva quel cespuglio.[54] Dopo il precedente Anima latina, Battisti cambia nettamente direzione realizzando un album funk con evidenti influenze della disco music; ritenuto all'avanguardia per l'armoniosità tra ritmo, melodia e parole,[120] l'album riposiziona Battisti ai vertici delle classifiche: vende alla sua uscita circa 500 000 copie[160] (il doppio di Anima latina) ed è il 3º disco più venduto del 1976.[87] Il brano Ancora tu viene perfino proposto nelle discoteche italiane, rimanendo costantemente al primo posto delle hit parade.[3] È l'ultimo album che Battisti incise interamente in Italia, e viene oggi generalmente annoverato tra i migliori lavori concepiti dal musicista;[148] da segnalare, durante la registrazione, la presenza di Ivan Graziani alla chitarra.[161][162] La versione in spagnolo, Lucio Battisti, la bateria, el contrabajo, etc, ottenne un ottimo esito presso il mercato discografico iberico e sudamericano.[122][148]

Lucio Battisti nella seconda metà degli anni settanta.

In un'intervista nello stesso anno a Radio Monte Carlo, ai microfoni di Max Onorari, Battisti si spinge in un lungo discorso in cui accusa i giornalisti di spingere una narrazione manipolatrice, affermando di non riconoscersi negli articoli che parlano di lui e che si basano sulle sue dichiarazioni. Dichiara anche che nel lungo periodo di silenzio le cose scritte su di lui sarebbero non autentiche, in conclusione prende le distanze da questo tipo di rappresentazione.[50]

Il 3 settembre 1976[163] contrae matrimonio civile con Grazia Letizia Veronese.

In questo periodo accoglie la proposta fattagli dalla RCA l'anno precedente e inizia a lavorare ad un album in lingua inglese sulla base dei nuovi brani che stava componendo per il suo prossimo album. Alla traduzione dei testi lavora Marva Jan Marrow, una cantautrice statunitense immigrata in Italia dove faceva parte già da tempo della Numero Uno. Realizzati i provini, si reca con la Marrow in California per la realizzazione del disco e il 4 ottobre[164] iniziano le sessioni di registrazione. Alla fine del lavoro, dopo circa nove mesi, Mogol, non entusiasta del fatto che il significato originale venisse perso, e secondo Marva Jan Marrow invidioso del risultato raggiunto,[165][166] decise di far riscrivere i testi da capo affidando l'incarico a Peter Powell, chiedendogli di tradurli in maniera più letterale.

L'album in italiano, realizzato sempre in California (con alcune parti registrate in Italia), viene pubblicato nel marzo 1977[104] con il titolo di Io tu noi tutti, da cui viene estratto il singolo Amarsi un po'/Sì, viaggiare,[54] entrambi brani di punta della seconda fase musicale di Battisti. L'album, che risulta essere il 2º più venduto dell'anno,[88] compie un passo in avanti verso le sonorità e le ritmiche funk-disco,[3] risultandone un efficace connubio "di stampo americano" musicalmente fluido e molto affine al precedente, in cui Battisti dimostra di avere pieno controllo del pop contemporaneo.[105][120] Da questo disco in poi, Battisti si avvarrà solo ed esclusivamente della collaborazione di musicisti stranieri.[3]

L'album in inglese, intitolato Images, invece viene pubblicato ad agosto[104] sul mercato statunitense e inglese. Contiene alcuni dei brani presenti su Io tu noi tutti con l'aggiunta di La canzone del sole e Il mio canto libero, con nuovi arrangiamenti. L'album, però, ottiene scarsissimo successo: tra le cause del fiasco ci furono i difetti nella pronuncia inglese di Battisti, i testi tradotti male e in maniera troppo letterale per conservare un senso in una lingua diversa[166] e la scarsa pubblicizzazione del disco da parte della RCA.[167] Per alleggerire le perdite, la RCA Italiana a settembre commercializza l'album anche in Italia, dove ottiene comunque scarso successo e si piazza al 59º posto nella classifica degli album più venduti.[88] Per il mercato iberico e latinoamericano invece,[128] Battisti pubblica l'album Emociones, che contiene tutti i brani di Io tu noi tutti, ad eccezione di Questione di cellule che viene sostituito da La canzone del sole, con lo stesso arrangiamento usato per la versione in inglese.

Battisti sulla copertina della rivista Ciao 2001, dedicata all'uscita di Una giornata uggiosa.

In autunno, lavora nuovamente all'incisione di un disco in italiano e uno in inglese: il primo, pubblicato nell'ottobre del 1978,[104] è Una donna per amico, accompagnato dal singolo Una donna per amico/Nessun dolore,[54] inciso anche in spagnolo. Il secondo avrebbe dovuto essere un altro tentativo di sfondare nel mondo anglofono e si sarebbe dovuto chiamare Friends o A Woman As A Friend;[168] avrebbe dovuto contenere gran parte dei brani pubblicati su Una donna per amico con l'aggiunta di E penso a te e Ancora tu, ma a seguito di pareri negativi e scoraggianti da parte di discografici e collaboratori, Battisti decise di non pubblicare il disco. Solo Baby It's You (Ancora tu) e Lady (Donna selvaggia donna) saranno pubblicate in un singolo nel 1979, con assai scarsi risultati di vendite[128] (le registrazioni delle tracce dell'album, alcune con nuovi arrangiamenti, sono a oggi inedite - sebbene circolino da tempo su Internet).

Al contrario, il disco in italiano, Una donna per amico, si rivela un successo: risulta essere il 4º album più venduto del 1978[89] e le sue vendite sono stimate, a secondo delle fonti, tra le 600 000 e 1 000 000 di copie,[10][169][170][171] affermandosi come il più fruttuoso successo commerciale della carriera di Lucio Battisti. È probabilmente il suo album più raffinato,[120] caratterizzato, anch'esso, da ritmi ispirati alla disco music (ritmi «imperativi» a detta dello stesso Battisti[76]) ma nel contempo eleganti e melodici; e la title track, dal ritmo e suono memorabili, rimane tra i suoi brani più famosi.[3][120] Una donna per amico è anche l'ultimo album in cui il cantautore appare in copertina; è questo, di fatto, l'ultimo servizio fotografico a cui si concede.[172]

Il 18 maggio del 1979, mentre si trova a Zurigo,[174] rilascia ai microfoni di Giorgio Fieschi della Radio Svizzera quella che resterà ufficialmente la sua ultima intervista: dove espone le cause del suo allontanamento dalla scena pubblica, parlando poi della sua concezione della musica,[175] dei risultati raggiunti e dei motivi che l'hanno spinto a incidere un album in inglese (mostrandosi perfettamente consapevole dell'insuccesso[176]); conclude parlando del suo rapporto con Mogol e dando alcuni accenni sulle musiche del nuovo disco in lavorazione.[76] Si tratta dell'unica intervista con Battisti che sia mai stata trasferita su un supporto audio per essere commercializzata.[72]

Il nuovo album, inciso tra giugno e dicembre all'estero e pubblicato nel febbraio del 1980,[104] è Una giornata uggiosa. Qui Battisti, appassionatosi agli effetti dei suoni elettronici, cambia decisamente rotta orientandosi verso il synth pop e assegnando, nella maggior parte dei brani, una funzione importante alle tastiere[174][177] (preludendo la svolta dell'album successivo[3]); ad ogni modo il disco mantiene «inevitabilmente molti punti in contatto con i lavori precedenti», come affermò Battisti nell'intervista.[76] L'album è ricordato soprattutto per l'incalzante brano omonimo, per la canzone Con il nastro rosa e per essere stato l'ultimo realizzato insieme a Mogol, rappresentando simbolicamente l'epilogo di un'epoca musicale in Italia. Una giornata uggiosa fu il 5º album più venduto del 1980[90] e il singolo estratto, Una giornata uggiosa/Con il nastro rosa,[54] venne anch'esso riadattato in spagnolo;[122] tutti i brani eseguiti in spagnolo hanno ottenuto un considerevole successo in Spagna e Sudamerica, e nel corso degli anni sono usciti svariati album del cantautore, sia in versione originale, sia con i brani cantati in italiano ma con i titoli in spagnolo, sia con le tracce riadattate in lingua spagnola.[128]

Il 4 luglio del 1980 appare l'ultima volta in TV, nella trasmissione Musik & Gäste della televisione svizzera di lingua tedesca, nella quale canta in playback Amore mio di provincia.[178] Da questo momento il silenzio di Battisti sarà totale.

La fine della collaborazione con Mogol

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Lo scioglimento, avvenuto silenziosamente e senza litigi,[179][180] fu dovuto principalmente alla divergenza artistica tra i due, con un Mogol ancorato a un universo poetico dai ben saldi punti fermi e un Battisti perennemente impegnato a rinnovarsi. La causa secondaria fu la discrepanza nata sulla ripartizione dei diritti d'autore: gli introiti infatti andavano per un quarto a Battisti e un quarto a Mogol mentre il rimanente spettava alla società editoriale, la Edizioni musicali Acqua azzurra; all'interno di essa, però, Battisti aveva una quota del 40% mentre Mogol controllava appena il 10%. Mogol non era d'accordo con tale ripartizione (più che per questioni economiche, per questione di principio[181]) e voleva cambiare le quote azionarie della società, ma da Battisti ricevette solo il silenzio.[182] Mogol, pur evitando per scelta di parlare dell'argomento (in un'occasione dichiarò: «Delle persone io dico bene, oppure taccio. […] In questo caso taccio»), ha fatto capire che la moglie di Battisti avrebbe più volte interferito nel rapporto tra lui e il marito, spingendo Battisti a non assecondarlo nella questione dei diritti d'autore.[183][184]

Mentre Mogol inizierà una collaborazione con Riccardo Cocciante, per il quale continuerà a scrivere testi simili a quelli ideati per Battisti, secondo il suo consueto stile, Battisti continuerà la sua strada con Velezia (pseudonimo di Grazia Letizia Veronese) prima e con Pasquale Panella poi, soddisfacendo così il suo costante bisogno di sperimentare e di misurarsi in nuove esperienze musicali.

Le nuove collaborazioni: Velezia e Pasquale Panella

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1981-1985: E già e l'incontro con Panella

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Lucio Battisti a Milano nel 1982.

Il 14 settembre[104] 1982 pubblica l'album E già, registrato tra maggio e luglio negli studi di Roma e Londra, un disco che rappresenta un vero e proprio rinnovamento musicale,[105] in cui l'autore si cimenta nella new wave: l'album è composto da canzoni più brevi (solo un brano su 12 supera i quattro minuti di durata) e su arrangiamenti completamente elettronici dove gli unici strumenti usati sono le tastiere, i sintetizzatori e la batteria elettronica. I testi sono scritti dalla moglie sotto lo pseudonimo Velezia; tuttavia, i numerosi spunti autobiografici presenti nei testi fanno ritenere da parte della critica che autore o almeno coautore dei medesimi sia lo stesso Battisti.[185] Il disco, pur conquistando il primo posto in classifica,[151] non ebbe il riscontro di vendita dei precedenti. L'album, da cui viene estratto il 22º e ultimo singolo del cantautore, E già/Straniero,[54] si posizionerà al 14º posto dei dischi più venduti del 1982.[186]

Tra il 1982 e il 1983 collabora con Adriano Pappalardo alla realizzazione degli album Immersione e Oh! Era ora. Nel primo i testi sono scritti da Franca Evangelisti, mentre per Oh! Era ora Battisti decide di coinvolgere Pasquale Panella,[187] collaboratore stretto del cantautore Enzo Carella, entrambi molto stimati da Battisti.[188] Successivamente, nel 1984, Battisti si incontra con Lucio Dalla, che gli propone una collaborazione, ma rifiuta. A tal proposito, Dalla dichiarò: «Lui ascoltava senza darmi importanza... disse che non si poteva fare, che si sentiva molto cambiato e che si stava muovendo in tutt'altra ricerca musicale».[189]

1986-1994: il "periodo bianco"

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Dopo essere giunto pochi anni addietro a considerare l'ermetismo un «fattore di fuga»,[76] Battisti lo rivalutò e definì «incredibili» i testi di Panella[3].

Nella seconda metà degli anni ottanta comincia la collaborazione diretta tra Lucio Battisti e Pasquale Panella, proseguendo sullo stile che avevano inaugurato con il precedente album di Pappalardo. In quest'ultima fase della sua carriera, Battisti pubblica cinque album che continuano l'esplorazione musicale iniziata con E già trattando generi all'epoca emergenti nella scena musicale italiana; i testi di Panella sono completamente diversi da quelli scritti in precedenza da Mogol: di difficile comprensione, sono densi di giochi di parole e doppi sensi.[190] Come dichiarato da Panella in una recente intervista, questa elevazione stilistica è stata una scelta dettata dall'esigenza di "tirar fuori" Battisti dalla "trivialità" che caratterizzò il periodo precedente.[191] Per volere di Battisti gli album non vengono pubblicizzati in alcun modo nei mass media,[192] saranno accolti dal pubblico con un apprezzamento via via calante e dalla critica con pareri estremamente discordi, per poi essere notevolmente riscoperti solo a distanza di anni.[193][194]

Nel marzo del 1986[104] torna sul mercato discografico con il primo album realizzato con Panella, Don Giovanni, anch'esso inciso fra Roma e Londra, tra l'estate e inizio autunno 1985. Gli arrangiamenti risultano meno elettronici rispetto a E già, ne deriva una fusione tra le nuove sonorità elettroniche e quelle più tradizionali con le melodie definite che ben distinguevano il primo periodo del musicista: infatti Battisti reintroduce chitarre, pianoforte, violino, ottoni e inserisce perfino l'arpa, e lo stesso Panella rivelerà di aver scritto le liriche su melodie ancora canoniche nella forma, con tanto di strofa e inciso.[3] La critica accoglie l'album con pareri contrastanti: per Francesco De Gregori «Don Giovanni è una pietra miliare. D'ora in poi dovremo tutti fare i conti con un nuovo modo di scrivere la musica», Michele Serra attribuisce al disco un dieci e lode, definendo geniale la scelta dei testi e lodando l'invenzione musicale/melodica,[195] e aggiunge che «Don Giovanni ridimensiona gran parte della musica leggera degli ultimi dieci anni», mentre Gianfranco Manfredi dichiara senza mezzi termini che «il disco è una palla».[196] Ottiene comunque un buon successo commerciale: vende 350 000 copie[197] e risulta essere il 3º album più venduto dell'anno;[198] da qui in avanti, Battisti registrerà solamente negli studi del Regno Unito e il numero dei musicisti partecipanti sarà più ridotto. Don Giovanni nasce come opera di transizione e viene oggi considerato uno dei migliori album di Battisti e il capolavoro tra quelli realizzati con Panella.[3][105][120][199]

Il 7 ottobre 1988[104] esce l'album L'apparenza. Battisti era da sempre abituato, fin dagli anni sessanta, a comporre prima la musica con il susseguente apporto dei testi, ma a partire da questo album, su richiesta di Panella stesso, la tecnica di scrittura dei brani viene invertita: con Panella che stende i testi e Battisti che successivamente scrive la musica.[200] Anche per questo motivo, in questo disco, la struttura tradizionale della canzone prende notevolmente le distanze: all'interno dei brani le tipiche melodie si interrompono, appaiono e scompaiono quasi disarticolando il rapporto musica-testo.[3][105][120] Con L'apparenza le vendite registrano un calo rispetto al precedente Don Giovanni: è il 17º disco più venduto dell'anno,[201] con poco più di 200 000 copie vendute.[197]

Il 10 ottobre 1990[104] esce La sposa occidentale, pubblicato dalla CBS. In questo album Battisti si rinnova ancora, addentrandosi maggiormente nelle sonorità elettroniche e spingendosi anche nella musica techno,[120] affidando un ruolo predominante alle tastiere e alla batteria.[3] Nonostante le 400 000 copie vendute[202] l'album si piazza solo al 34º posto nella classifica.[203]

La copertina dell'album Hegel (1994). In riferimento al colore di sfondo di tutte le copertine degli album con Panella (ad eccezione di Don Giovanni) e del loro stile minimalista, l'ultimo periodo di Battisti viene spesso chiamato periodo bianco[3].

In questo periodo tra il grande pubblico comincia a farsi strada un sentimento di nostalgia verso il duo Battisti-Mogol ed un rifiuto della sua produzione recente.[105] Sull'onda di questo sentimento ottengono grande successo gli Audio 2, un duo che fece dell'imitazione del Battisti prima maniera il proprio marchio. Inoltre l'ormai lunga assenza di Battisti dalle scene contribuisce a creare una vera e propria mitizzazione del personaggio, uno stato di cose ben fotografato dal singolo Battisti dei B-nario.

Il 6 ottobre 1992[104] pubblica Cosa succederà alla ragazza, stavolta sotto l'etichetta Columbia, nel quale combina insieme funk, dance, hip hop, techno,[3] arrivando a sfiorare persino il rap.[120] Dal punto di vista commerciale rappresentò un ulteriore passo indietro, piazzandosi al 57º posto nella classifica degli album più venduti, dove invece ottiene più successo una raccolta di vecchi brani scritti con Mogol, Le origini (al 26º posto).[204] Per quanto riguarda la critica Mario Luzzatto Fegiz scrisse che «Cosa succederà alla ragazza è un disco senza amore, un incubo»;[205] Alfredo Saitto parlò di «insulto al suo pubblico e alla sua stessa musica»; al contrario, Marco Mangiarotti scrisse che «Cosa succederà alla ragazza è un altro capolavoro».[205]

Nel gennaio 1994, quando il suo nuovo disco è quasi pronto, decide di non rinnovare il contratto con la Sony.[206] L'album, intitolato Hegel, viene pubblicato il 29 settembre di quell'anno[104] per la Numero Uno; i testi, complessi ed ermetici, contengono numerosi riferimenti al filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel e, musicalmente, l'album rappresenta uno dei punti massimi della ricerca e della sperimentazione battistiana.[105][120] Si posizionò al 68º posto della classifica degli album più venduti.[207] La critica, come al solito, fu estremamente discorde nel giudicare l'album: Sandro Veronesi dichiarò che «di Hegel si può anche guardare solo le figure […] e poi dire in coro che "Mogol-Battisti però era un'altra cosa", ma esaminato poco più attentamente […] finisce di farci vedere quanto è piccina, in confronto, l'attuale musica italiana», mentre Gigio Rancilio parlò della nuova musica di Battisti come di «uno scandalo non più accettabile».[208]

Nel periodo della pubblicazione di Hegel, Panella dichiara di non voler più scrivere testi per Battisti, «perché si rischiava la ripetizione».[209]

Gli ultimi anni e la morte

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Lo stesso argomento in dettaglio: Postumo (Lucio Battisti).

Negli anni trascorsi dall'uscita del suo ultimo disco, si parlerà con insistenza di un riavvicinamento artistico tra Battisti e Mogol,[210] ma tali voci non troveranno mai conferma e non si concretizzeranno.

Nel frattempo la stampa italiana non dà tregua tanto che ormai il cantautore è diventato il bersaglio preferito delle riviste di gossip. Numerose sono le foto scattate dai paparazzi che lo immortalano impegnato nelle più comuni attività giornaliere, sia in strada che nel giardino della sua villa.[211] Eva Tremila, dopo averlo sorpreso in bicicletta, scrive: «Lucio Battisti sei certamente ancora tu, senza i riccioloni ma con ancora tanto "peso" musicale.»; «Nei venticinque anni di volontario esilio dalle scene, il cantautore si è appesantito e ha dovuto rinunciare alla chioma stile "hippy" ma non ha perduto il suo carisma.»; «Pedala per smaltire.»; «Che voglia imitare Marlon Brando?»,[212] mentre Novella 2000 riporta: «Battisti: anche quando non canto rimango un "grosso" personaggio.»

Nell'autunno del 1996, data la regolarità biennale seguita dalle pubblicazioni di Battisti a partire da Don Giovanni, molti si aspettavano l'uscita di un nuovo disco. Da quel momento cominciarono a circolare voci sull'esistenza di un fantomatico nuovo album, che non sarebbe stato mai pubblicato a causa delle difficoltà da parte di Battisti nel trovare un accordo con le case discografiche, che non avrebbero accettato le sue richieste, troppo alte in rapporto al calo delle vendite degli ultimi album.

Una delle ultime immagini di Battisti, fotografato a Erba un anno prima della morte, nel settembre 1997.

Durante l'estate del 1997 su Rai 1, la trasmissione televisiva Va ora in onda lancia la moda degli "abbattistamenti", aprendo l'omonima rubrica nel programma, nella quale vengono segnalati dai fan presunti "avvistamenti" dell'artista reatino in tutta Italia, trasmettendone anche fotografie e video.[213] All'inizio di settembre del 1997 venne fotografato per l'ultima volta nel centro di Erba con la moglie mentre svolgeva delle commissioni; la foto finì in prima pagina sul Giornale di Erba e anche su Novella 2000.[214]

Tra il 29 e il 30 agosto 1998 si diffonde la notizia del ricovero di Battisti in gravi condizioni cliniche in un ospedale milanese, dove avrebbe affrontato un intervento chirurgico d'urgenza.[215][216] Durante gli undici giorni di ricovero, per volere della stessa famiglia, non viene diffuso alcun bollettino medico.[217] Il 6 settembre le sue condizioni si aggravano ulteriormente e l'8 viene spostato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale San Paolo di Milano.[218]

Lucio Battisti muore la mattina del 9 settembre 1998, all'età di 55 anni; le cause della morte non sono mai state comunicate ufficialmente e l'unico bollettino medico reso disponibile riporta solamente che «Il paziente, nonostante tutte le cure dei sanitari che lo hanno assistito, è deceduto per intervenute complicanze in un quadro clinico severo sin dall'esordio».[219] Secondo alcune voci non confermate il musicista sarebbe morto per un linfoma maligno che aveva colpito il fegato;[220] altre voci affermarono che avesse sofferto di glomerulonefrite.[221] Ai funerali, celebratisi in forma privata a Molteno, furono ammesse appena venti persone, tra le quali Mogol, e l'artista venne sepolto nel cimitero del comune brianzolo.[220]

Dal 1998 in poi

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La vedova Grazia Letizia Veronese ha deciso di adottare una politica fortemente protezionistica nei riguardi dell'eredità artistica del marito, bloccando manifestazioni in tributo (come accadde nel 2006 per il festival Un'avventura, le emozioni di Molteno, ai cui organizzatori fu intentato un ricorso[222]) e impedendo la pubblicazione o la riedizione di singoli, album e video, come nel caso del videoclip per la versione dei Delta V di Prendila così (2004),[223] di un DVD dei Dik Dik (2005).[224] Venne finanche negata l'autorizzazione per l'apparizione di immagini di Battisti nella scenografia per il brano Buonanotte all'Italia in un concerto di Luciano Ligabue (2008).[225]

Il 6 settembre 2013, pochi giorni dopo la sentenza della Corte d'appello di Milano che aveva dato ragione al comune di Molteno per l'organizzazione del festival Un'avventura, le emozioni, condannando gli eredi dell'artista a versare al comune brianzolo circa 50 000 euro a titolo di risarcimento, la salma di Battisti venne riesumata dal cimitero del piccolo comune lecchese e traslata in quello di San Benedetto del Tronto (residenza della vedova), dove tre giorni dopo, a quindici anni esatti dalla morte, venne cremata; le ceneri sono state quindi ritirate dalla famiglia e conservate privatamente.[226]

Tecnica e stile

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Dotato di voce acuta (tenorile) non impostata, drammatica, senza vibrato,[24] dal timbro chiaro tendente al falsetto,[3] e di una tecnica vocale imperfetta;[227] Lucio Battisti trasse vantaggio da tali caratteristiche. Cosciente dei propri limiti di cantante, si riteneva soprattutto interprete[228] e autore,[229] e tuttavia difendeva la peculiarità del suo stile, ponendo l'accento sull'emozione trasmessa per mezzo del canto.[25]

Lucio Battisti fu quasi completamente autodidatta in tutti gli aspetti della sua attività.[229] La gavetta sul campo nei primi anni sessanta gli fece conseguire un ottimo livello tecnico (forgiato anche dall'uso di strumenti economici) come chitarrista ritmico; si dimostrò efficace anche nel ruolo solista.[53][230]

Benché privo di studi accademici,[229] fu ascoltatore di musica instancabile e non passivo, capace di analisi delle strutture:[24] frequentò il beat, il rhythm and blues, il soul, il folk, il rock progressivo, la musica latinoamericana, la new wave, il funk, l'elettropop, la disco, il minimalismo e altro ancora.[3][4] Nel corso della carriera, questo continuo processo di assimilazione di generi e stili gli permise di riversarli progressivamente in modo originale[5] nella sua produzione, adoperando uno stile strettamente personale caratterizzato da frequenti pause e repentini cambi di ritmo e melodie,[231] e introducendo nella musica leggera italiana contaminazioni inedite, non forzate,[4] che gli valsero la fama di sperimentatore, precursore e rivoluzionario;[24][27][211] il tutto in coerenza con la sua visione della musica, attraversata da una tensione costante al rinnovamento.[232]

Sono noti il suo perfezionismo e la sua dedizione in sala di registrazione[3][5][233] e la cura quasi maniacale che dedicava agli arrangiamenti e agli accordi,[3][5][234][235] contraltare di una maggiore immediatezza e spontaneità di composizione.[5]

A fronte di stroncature come quella di Natalia Aspesi («chiodi che gli stridono in gola»),[236] di critiche severe come quelle di Renzo Nissim («non ha una voce gradevole») e a volte del pubblico stesso,[25] stanno gli apprezzamenti di produttori come Christine Leroux, che ne ammirava proprio la voce «sporca» ma capace di tensione emotiva,[3] o ancora di scrittori come Edmondo Berselli, che ne evidenziava la perfezione nella dizione della lingua italiana.[237] Ai giudizi tecnici di personaggi della scena canora più orientati alla lirica, che vedono in lui un cantante «non troppo intonato» (Andrea Bocelli),[227] si contrappone la stima di altri come Lucio Dalla, che ne ha lodato l'intensità, la timbrica insolita e la duttilità;[238] o come Francesco De Gregori, che fu onorato di ricevere da Battisti stesso un apprezzamento delle proprie doti vocali.[239]

Se i compositori Augusto Martelli e Riz Ortolani ne denigravano la capacità e l'originalità musicale, cantautori come Ivano Fossati e Rino Gaetano ne hanno invece apprezzato rispettivamente le intuizioni melodiche e la versatilità ritmica[231] e le doti avanguardistiche di arrangiatore.[23] Ennio Morricone lo considerò un talento e interprete vocale unico nonché un innovatore della canzone italiana, paragonando il suo canto a quello gregoriano e sottolineandone la meticolosità nell'armonizzazione delle sillabe con le note;[240] mentre musicalmente le sue composizioni furono da Luciano Pavarotti avvicinate a quelle di Giacomo Puccini.[241]

Si riconosce a Lucio Battisti l'introduzione nella musica leggera italiana di innovazioni tecniche e stilistiche, derivate dalla fusione della tradizione con nuove sonorità provenienti dai numerosi generi internazionali coltivati dal musicista.[3]

Alcune sue sperimentazioni, soprattutto di carattere ritmico,[233] produssero risultati anticipatori di mode ancora di là da venire come, secondo parte della critica, il drum and bass rinvenibile nell'album Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera (1976), sebbene per altri versi la raccolta sia segnata da pura uniformazione alle tendenze (emergenti in Italia) dell'epoca (disco music, funk);[3][242] nel medesimo album, il brano Il veliero suona in qualche modo pionieristico della musica house;[243][244] mentre nel brano Windsurf windsurf, contenuto nel disco E già (1982), sono riscontrabili sonorità tipiche della synthwave; o ancora le scelte stilistiche (come la voce a volume basso nel missaggio), le ritmiche e i suoni innovativi e visionari di Anima latina (1974), che è stato e continua ad essere un album fonte di ispirazione per molti artisti italiani.

Nella tecnica del suono Battisti introdusse il backmasking, sulla scia della musica psichedelica britannica e di contemporanei come i Beatles: tracce di chitarra registrate all'inverso sono rintracciabili in Era (1967), Io vivrò (senza te) (1968), Non è Francesca (1969).[3][245][246]

Il profilo di Lucio Battisti, con la folta chioma entrata nell'immaginario collettivo, come compare nella copertina dell'album Emozioni.
Periodo Mogol

La principale caratteristica delle canzoni di Battisti-Mogol è la tematica dell'amore, raccontata in modo da non farla cadere nella stucchevole banalità, mettendola prepotentemente in luce da quelle altre emozioni così complesse che non riescono a emergere all'esterno della nostra intimità. Sono i frammenti di un discorso amoroso che si compongono nel quasi paradossale racconto di Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi..., brano che non spiega l'amore ma, in senso poetico, ne suggerisce parole che svelano tutta la sua essenza.

La filosofia di Battisti risiede nella sua musica, la quale rivela un percorso indicato da egli stesso: «Ascoltare significa qualcosa». Questa filosofia popolare di Battisti individua nell'ascolto di musica e parole uno strumento per interpretare la vita, i suoi sentimenti, le emozioni, tutti tratti che caratterizzano la musica stessa e ciò che rende tali gli esseri umani. Dietro un linguaggio semplice che non scade mai in una banale rassicurazione o nella narrazione del già detto, riesce a far vivere e rivivere delle storie in cui si esprimono i confini di una identificazione amorosa universale.[247]

Tuttavia l'amore non è l'unico tema tramandato dalla discografia di Mogol-Battisti. Infatti non mancano brani in cui la poesia e la retorica incontrano l'autobiografia, come nel brano I giardini di marzo in cui Mogol ci parla della sua travagliata infanzia vissuta nel dopoguerra, tra la sofferenza e la carestia. I temi principali sono la voglia di libertà e riscatto, il bisogno di liberarsi delle catene che attanagliano l'animo, e soprattutto l'immancabile voglia di vivere.[248]

Periodo Panella

Una volta iniziata la collaborazione con Panella, la concezione poetico-letteraria di Battisti cambia completamente; abbandonando una volta per tutte la giocosa ma intelligente semplicità che caratterizzava i testi di Mogol, per approdare in una complessità ermetica che spiazza completamente gli ascoltatori. Il tema principale rimane l'amore, ma stavolta esso è intriso di spiritualità, filosofia, storia e citazioni esoteriche che solo Battisti e Panella sembrano cogliere.[249]

La concezione dell'amore nel binomio Battisti-Panella è radicalmente diversa da quella fino ad allora proposta con Mogol. L'album Don Giovanni si apre con un brano (Le cose che pensano) che è un vero e proprio manifesto del disamore. Il protagonista non è più l'incarnazione dell'eterno innamorato, tutt'altro. È un ex innamorato, che quasi dimentica la storia d'amore appena lasciatasi alle spalle, scrollandosela di dosso senza tanta cura.[250]

Nell'album Hegel, ultimo realizzato da Battisti, si affronta il tema del nichilismo che avvolge l'uomo, che, derubato della sua interiorità, cade vittima dell'alienazione. L'album sposa la visione filosofica di Ernst Junger, secondo la quale l'uomo può liberarsi del nichilismo solo attraverso le emozioni positive, come l'amicizia, l'arte e l'amore.[251] Nella traccia Estetica, uno dei brani più complessi e raffinati di Battisti, Panella compie un omaggio al filosofo a cui è intitolato il disco, lanciandosi in un'articolata descrizione di una rottura, la quale può essere interpretata come la fine di un amore ma anche come la fine di una collaborazione artistica, forse a indicare la conclusione del suo sodalizio con Battisti.[252]

Nella cultura di massa

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(EN)

«His fame and youthful following were such that he was sometimes compared to Bob Dylan, less for the political content of Mr. Battisti's songs than for the way they defined an era»

(IT)

«La sua fama e il suo seguito giovanile sono stati tali che a volte è stato paragonato a Bob Dylan, non tanto per i contenuti politici delle sue canzoni quanto per il modo in cui hanno segnato un'epoca.»

Il monumento a Lucio Battisti a Poggio Bustone.

Battisti ha lasciato venti album ufficiali, e molti suoi brani, reinterpretati dai colleghi nei numerosi tributi in suo onore dopo la morte, conservano fama e apprezzamento presso il pubblico. Secondo un'indagine, ancora nell'estate 2009 il 75% dei giovani indicava i suoi classici come le canzoni preferite per cantare insieme.[253]

I versi di Mogol sono rimasti nella memoria collettiva e alcune frasi sono diventate idiomatiche, e vengono usate in particolare nel linguaggio giornalistico: ad esempio «Lo scopriremo solo vivendo»[254] (da Con il nastro rosa) e le varianti di «Una donna per amico»[255] (dall'omonimo brano).

David Bowie è tra gli autori stranieri che hanno maggiormente apprezzato la musica di Battisti.

Sono innumerevoli, oltre alle ristampe in CD dei dischi del passato, le raccolte sia di brani originali di Battisti, sia di sue canzoni interpretate da altri artisti. Per celebrare i vent'anni dalla scomparsa, il 14 settembre 2018 Sony Music ha pubblicato per la prima volta tutti gli album rimasterizzati dai nastri originali, in edizione limitata, numerata e nel formato vinile;[256] mentre a partire dal 29 settembre 2019, al termine di una lunga battaglia legale, tutti i brani firmati da Mogol-Battisti sono stati resi disponibili sulle principali piattaforme di streaming musicale.[257]

Omaggi e apprezzamenti

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Nel corso degli anni, la produzione musicale di Lucio Battisti è stata reinterpretata in numerose cover, molti sono gli apprezzamenti espliciti di cantanti/musicisti italiani e internazionali e non si enumerano i programmi televisivi e i concerti che in tutta Italia omaggiano e commemorano l'artista di Poggio Bustone. Tra gli estimatori stranieri si ricorda in particolare Paul McCartney e soprattutto David Bowie, che riadattò il testo di Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi per la cover Music Is Lethal di Mick Ronson, che già negli anni settanta citava Battisti come il suo artista italiano preferito[27] e che, interessato a una possibile collaborazione, nel 1997 lo definì il miglior cantautore del mondo insieme a Lou Reed.[121][143][258] Anche i francesi Daft Punk e Sébastien Tellier, e il cileno Ricardo Villalobos, in tempi più recenti (anni dieci) ne hanno scoperto e apprezzato la produzione.[27]

Il 27 febbraio 1997 viene scoperto l'asteroide "9115 Battisti", intitolato in onore del musicista.[259]

Dopo anni di posticipazione e opposizione da parte della famiglia, il 20 gennaio 2024 è stato inaugurato a Poggio Bustone il museo dedicato a Lucio Battisti, dove sono state esposte le sue chitarre, i dipinti, lettere, cartoline e foto inedite.[260]

Lista dei film, telefilm e serie TV che contengono brani interpretati e/o scritti da Lucio Battisti:[261]

Opinioni politiche

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Battisti sul finire degli anni sessanta

Battisti si dichiarò sempre politicamente disimpegnato,[25][262] se non proprio apolitico,[263][264] mentre attribuiva a Mogol idee socialiste. In una lettera del 1992, comunque, Battisti scrisse che avrebbe votato per Marcello Baraghini, candidato per la Lista Marco Pannella, alle successive elezioni politiche.[265] Il testo di Io ti venderei e l'epiteto «stupida» rivolto alla protagonista della canzone gli alienarono inoltre la simpatia di alcune appartenenti al movimento femminista e gli preclusero l'opportunità di prendere parte al Festival del proletariato giovanile organizzato dalla rivista di controcultura Re Nudo.[266]

Per mezzo dei testi di Mogol trattò prevalentemente temi sentimentali, accennando talvolta ad argomenti ecologici, considerati all'epoca più elitari che popolari, e quindi marginali o addirittura sconvenienti rispetto ai temi cari alla sinistra.[267] La tematica battistiana fu in ogni caso sempre estranea agli interessi di artisti e gruppi «impegnati», attivi nell'epoca d'oro della canzone di protesta, come testimonia d'altronde il rifiuto di Non è Francesca da parte dei Nomadi,[268] che preferirono Dio è morto di Francesco Guccini.[269]

Nei primi anni settanta prese a circolare una voce, accreditata in apparenza da Re Nudo,[270] che attribuiva a Battisti simpatie fasciste e lo tacciava di finanziare Ordine Nuovo. Essa pare aver trovato terreno fertile proprio nel disimpegno del suo repertorio e nell'assenza dalle sue canzoni di temi politici di sinistra, molto comuni nei brani di altri cantautori dell'epoca: vuoi per un'«appropriazione» di Battisti da parte della destra estrema,[271] vuoi (secondo la tesi di Mogol) per un suo «ripudio» da parte del movimento sessantottino.[272]

Tra i contemporanei, Pierangelo Bertoli sosteneva che la vicinanza di Battisti al MSI fosse un fatto notorio, non bisognoso di prove;[273][274] Bruno Lauzi riferì invece di aver parlato dell'argomento con Battisti stesso, che avrebbe mostrato al riguardo un'indifferenza di comodo, rispondendo che la diceria alimentava la sua leggenda.[275]

L'interessato ebbe a smentire il finanziamento di Ordine Nuovo da parte sua, con un'autoironia sulla propria ben nota tendenza al risparmio.[276] La voce tuttavia si nutrì di vari presunti «indizi»: un'istantanea di Battisti a braccio teso (presa in uno studio televisivo mentre pare fosse intento, per mezzo di quel gesto, a dare un attacco all'orchestra),[277] passi delle canzoni e la copertina di un album (Il mio canto libero), dove si vollero rintracciare secondo i casi, anche con vistose forzature,[278] il simbolismo del nero,[279][280] i saluti romani[281][282][283] e l'esaltazione della patria.[284]

Va notato che la produzione di Battisti fu sì molto gradita agli ambienti giovanili di destra, ma altrettanto successo riscosse presso quelli di sinistra; perfino le Brigate Rosse scelsero un verso di Mogol come titolo di un manifesto[285] e nel 1978 ebbero tre membri arrestati in un covo nel quale, all'ispezione, vennero trovate copie di tutti i dischi del musicista reatino.[96][286]

Quella che segue è la discografia ufficiale di Lucio Battisti in Italia, non vengono pertanto considerati i tre album e i vari singoli interpretati in altre lingue e pubblicati esclusivamente per il mercato discografico straniero. Per approfondire, si vedano le due voci sopraindicate.

Album in studio

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Battisti in sala d'incisione il 30 dicembre 1968, durante la registrazione di Non è Francesca
Battisti e Mina

Brani affidati ad altri interpreti

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A partire dalla seconda metà degli anni novanta furono rinvenuti e quindi divulgati al pubblico, sia attraverso la radio e la televisione sia (in modo non sempre regolare) attraverso la distribuzione peer-to-peer (Napster, WinMX, eMule, ecc.), numerosi brani inediti o versioni alternative che l'artista aveva accumulato durante la sua carriera scartandoli, modificandoli o riscrivendone ora il testo, ora l'arrangiamento.[289]

Si possono dividere i brani inediti in quattro gruppi:

  • brani scritti con Roberto Matano tra il 1964 e il 1965, alcuni dei quali furono ripresi e riadattati in seguito con Mogol (come Se non sai cos'è un bacio del 1964 e Sei ancora mia / Sei stata mia del 1965[289]), di cui rimane la registrazione su nastro magnetico;[290]
  • canzoni scritte originariamente per altri cantanti a cui Battisti lasciò la registrazione di una sua versione da usare come linea guida (come La folle corsa della Formula 3 e Oh! Era ora del 1983[N 4] di Adriano Pappalardo);[289]
  • prove di registrazione e versioni alternative di brani pubblicati (come quella de Il nostro caro angelo, completamente diversa da quella poi inserita nell'album e dalla durata di quasi otto minuti);[289]
  • composizioni del tutto inedite, che non furono pubblicate in alcun modo e di cui non esiste alcuna versione edita, come Il paradiso non è qui del 1979 (che Mogol ha ritenuto essere «l'inedito più importante tra quelli scritti con Battisti»[96]) o Il gabbianone del 1985.[289]

Le esibizioni dal vivo di Battisti furono:[291][292]

  • Tour 1969, 11 concerti
  • Tour 1970, 15 concerti
  • Circolo della Stampa, Milano - 27 aprile 1971
  • Programma Tutti insieme - 31 luglio 1971 e andato in onda il 23 settembre 1971
  • Programma Natale con Supersonic - 12 dicembre 1972 e andato in onda il 25 dicembre 1972
  • Teatro 10 - 23 aprile 1972 con Mina
  • Assemblea degli studenti Cattolici Popolari, Milano - febbraio 1975

Partecipazioni a manifestazioni canore

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Festival di Sanremo

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Altre attività

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La Nazionale cantanti

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Battisti (terzo in piedi da destra) nella sua unica partita con la nazionale cantanti. Mogol è il primo da sinistra

Lucio Battisti giocò una sola partita con la nazionale italiana cantanti, la prima in assoluto, disputata contro la nazionale attori il 2 ottobre 1975. L'iniziativa della squadra non venne istituzionalizzata fino al 1981, tuttavia Battisti non vi partecipò più.[293]

Pur non essendo un appassionato di calcio, a causa della fede calcistica del padre, gli viene erroneamente attribuito di essere stato un tifoso della Lazio.[294][295][296]

L'interesse di Battisti per il disegno e la pittura, sin dalla fine degli anni sessanta, è ben documentato e può essere compreso nella lunga intervista-autobiografia concessa a Sogno nel dicembre 1970, nella quale cita il disegno come uno dei suoi hobby.[31]

L'impegno di Battisti nelle arti figurative, tuttavia, è sempre rimasto nella dimensione dell'hobby, e nel corso della sua vita il cantautore non ha mai divulgato o esposto in pubblico alcuna sua opera. Le uniche eccezioni sono un bozzetto autografato disegnato all'epoca della partecipazione a Sanremo 1969[297] e intitolato «Occhi sulla sabbia» e, soprattutto, le cinque copertine degli album scritti con Pasquale Panella. Un dipinto riportante la firma di Battisti è inquadrato per pochi secondi nel documentario Pensieri e parole trasmesso nel 2004 da Rete 4, nel momento in cui viene citata questa passione di Battisti.[298]

Annotazioni
  1. ^ Prima di iniziare la collaborazione con Mogol, Lucio Battisti era autore sia di musica che di testi, e si ritiene che nell'album E già ne sia coautore.
  2. ^ Tematiche che Mogol non riprenderà più nei successivi album con Battisti, concentrandosi esclusivamente (salvo in qualche brano) sugli eventi quotidiani e sulla passione amorosa.
  3. ^ Marengo racconterà questa vicenda nel libro La vera storia dell'intervista esclusiva a Battisti.
  4. ^ L'album, completamente registrato.
Fonti
  1. ^ a b (EN) Lucio Battisti, su AllMusic, All Media Network. Modifica su Wikidata
  2. ^ Lucio Battisti, su RockIt. URL consultato il 25 luglio 2009.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah ai aj ak al am an ao Francesco Buffoli, Lucio Battisti. Un'emozione italiana, su Ondarock. URL consultato il 6 settembre 2022.
  4. ^ a b c d e f g h Marta Tedeschini Lalli, Battisti, Lucio, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 settembre 2022.
  5. ^ a b c d e f Mazzi.
  6. ^ Fernando Fratarcangeli, Lucio Battisti – Discografia, Roma, Raro!, 2000.
  7. ^ Luciano Ceri, Lucio Battisti. Pensieri e parole. Lucio Battisti. Una discografia commentata, collana Soundcheck, Roma, Coniglio Editore, 2008, ISBN 978-8860631619.
  8. ^ Michele Neri, Annunziato Cangemi e Fabio Sanna, Lucio Battisti. Discografia mondiale. Tutte le canzoni, le produzioni, le collaborazioni, Roma, Coniglio Editore, 2010, ISBN 8860630991.
  9. ^ Tra album e diritti d'autore reddito di 4 miliardi l'anno, in Corriere della Sera, 10 settembre 1998. URL consultato il 30 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 22 marzo 2012).
  10. ^ a b Andrea Laffranchi, Ecco tutti gli inediti di Battisti, in Corriere della Sera, 30 agosto 2002, p. 40. URL consultato il 30 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2012).
  11. ^ «C'è una bellissima contraddizione che avvolge la storia, la musica, la personalità di Lucio Battisti: essere, forse, l'artista musicale più celebre di sempre in Italia, quello più conosciuto, popolare, con canzoni che sono ancora parte integrante del tessuto connettivo della cultura italiana, ma al tempo stesso essere "sconosciuto", privo di una biografia pubblica, misterioso per chiunque abbia voglia di scoprire l'uomo oltre all'artista.» Ernesto Assante (Assante, 2023).
  12. ^ «[...] Di lui resterà, soprattutto, una discografia straordinaria, che lo colloca di diritto nell'olimpo del Novecento musicale italiano.» Francesco Buffoli. Ondarock
  13. ^ http://discografia.dds.it/scheda_autore.php?ida=2
  14. ^ https://stonemusic.it/19725/rarita-discografiche-otto-volte-battisti-senza-mogol/
  15. ^ http://discografia.dds.it/scheda_titolo.php?idt=4332
  16. ^ http://discografia.dds.it/scheda_titolo.php?idt=4224
  17. ^ http://discografia.dds.it/scheda_titolo.php?idt=408
  18. ^ http://discografia.dds.it/scheda_titolo.php?idt=9590
  19. ^ Lucio Battisti, icona senza tempo della musica italiana, in Tgcom24, 18 marzo 2015. URL consultato il 5 settembre 2022.
  20. ^ L'apparizione, alla televisione svizzera tedesca, sarebbe avvenuta nel luglio del 1980: Lucio Battisti: l’ultima intervista e l’ultima apparizione tv, su Rumore, 10 settembre 2018. URL consultato il 7 settembre 2022. Tuttavia, altre fonti la collocano nel 1982: Lucio Battisti: l'ultima apparizione ufficiale nel 1982, in AdnKronos, 29 agosto 1998. URL consultato il 4 settembre 2022.
  21. ^ a b Gino Castaldo, Lucio Battisti, genio, visioni, alchimia. Un enigma inafferrabile rimasto tale fino alla fine, repubblica.it. URL consultato il 2 settembre 2022.
  22. ^ Guglielmo Motta, «L’apparenza»: lo squilibrio mentale secondo Lucio Battisti, su losbuffo.com, 16 gennaio 2018. URL consultato il 16 ottobre 2022.
  23. ^ a b «Da un punto di vista di musica leggera, andare avanti non significa solo fare canzoni più belle. Chi fa dei grandi arrangiamenti oggi, per esempio, è Battisti.» Rino Gaetano a Ciao 2001, luglio 1976. Riportato in Rino Gaetano Live, Emanuele Di Marco, 2001, p. 72.
  24. ^ a b c d Lucio Battisti, un innovatore assoluto (PDF), in VivaVerdi, gennaio/febbraio 2009, p. 6. URL consultato il 30 giugno 2010.
  25. ^ a b c d e Renzo Arbore, Speciale per voi, Secondo canale, 2 giugno 1970.
  26. ^ 'Master of none', la serie che fa scoprire la musica italiana agli americani: nella colonna sonora anche Battisti, Mina, Morricone e Vianello, in Rockol, 15 giugno 2017. URL consultato il 10 settembre 2019.
  27. ^ a b c d Christian Zingales, Lucio Battisti, su Blow Up. URL consultato il 6 settembre 2022.
  28. ^ The Quietus | Features | Low Culture | Low Culture 15: Lucio Battisti’s Anima Latina
  29. ^ Morto il padre di Lucio Battisti, in Il Messaggero, 29 novembre 2008. URL consultato il 15 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2014).
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    «Ti racconto una storia: quando c'è stato questo allontanamento, dopo ci siamo visti un paio di volte. Una volta eravamo in giardino e si avvicinò la moglie, Grazia, che ci abbracciò tutti e due e disse: «Ma perché avete litigato?» Io le risposi: «Ma io non ho mai litigato». E Lucio anche disse: «Nemmeno io ho mai litigato con lui». »
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Voci correlate

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