Coordinate: 41°44′25.97″N 12°14′00.2″E

Tevere

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Tevere (disambigua).
Tevere
Il Tevere a Roma, presso Ponte Sant'Angelo
StatoItalia (bandiera) Italia
Regioni  Emilia-Romagna
  Toscana
  Umbria
  Lazio
Province  Forlì-Cesena
  Rimini
  Arezzo
  Perugia
  Terni
Viterbo
  Rieti
  Roma
ComuniVerghereto, Casteldelci, Caprese Michelangelo, Pieve Santo Stefano, Chiusi della Verna, Anghiari, Monterchi, Sansepolcro, Monte Santa Maria Tiberina, San Giustino, Città di Castello, Citerna, Montone, Umbertide, Perugia, Bettona, Bastia Umbra, Torgiano, Deruta, Collazzone, Marsciano, Fratta Todina, Montecastello di Vibio, Todi, Alviano, Giove, Guardea, Vasanello, Orvieto, Montecchio, Baschi, Attigliano, Lugnano in Teverina, Penna in Teverina, Soriano nel Cimino, Corchiano, Bomarzo, Civitella d'Agliano, Castiglione in Teverina, Graffignano, Bassano in Teverina, Orte, Narni, Otricoli, Magliano Sabina, Collevecchio, Gallese, Civitacastellana, Ponzano Romano, Filacciano, Stimigliano, Forano, Sant'Oreste, Nazzano, Torrita Tiberina, Civitella San Paolo, Montopoli di Sabina, Poggio Mirteto, Fiano Romano, Fara Sabina, Capena, Monterotondo, Mentana, Castelnuovo di Porto, Sacrofano, Montelibretti, Riano, Roma, Fiumicino.
Lunghezza405 km
Portata media324 m³/s, a Roma
Bacino idrografico17 375 km²
Altitudine sorgente1 268 m s.l.m.
NasceMonte Fumaiolo
43°47′12.92″N 12°04′39.6″E
AffluentiChiascio, Nestore, Paglia, Nera ed Aniene (vedi tutti).
SfociaMar Tirreno
41°44′25.97″N 12°14′00.2″E
Mappa del fiume
Mappa del fiume

Il Tevere (chiamato anticamente prima Albula, poi Thybris ed infine Tiberis[1]) è il principale fiume dell'Italia centrale e peninsulare; con 405 km di corso è il terzo fiume italiano per lunghezza (dopo il Po e l'Adige). Secondo solo al Po per ampiezza del bacino idrografico (17375 km²), con 324 /s di portata media annua alla foce è anche il terzo corso d'acqua nazionale (dopo il Po e il Ticino) per volume di trasporto. Inoltre è il primo fiume appenninico per lunghezza e portata. Bagna direttamente 4 regioni (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Lazio), 8 province (Forlì-Cesena, Rimini, Arezzo, Perugia, Terni, Viterbo, Rieti e Roma) ed 82 comuni della Valle del Tevere, tra cui Perugia e Roma.

L'antico idronimo del fiume era Albula, per la tradizione in riferimento al colore chiaro delle sue acque bionde[2]. Un altro antico nome del Tevere è stato Rumon[3], di origine etrusca, da molti collegato al nome di Roma[4].

Il nome attuale deriverebbe secondo la tradizione dal re latino Tiberino Silvio, che vi sarebbe annegato[2]. Secondo Virgilio[5], invece, già gli Etruschi lo chiamavano Thybris.[6]

Diagramma degli affluenti del Tevere
Sorgente del Tevere su Monte Fumaiolo
Colonna in travertino alla sorgente del Tevere
Vista aerea della foce del Tevere
Il Tevere alle porte di Perugia

La sorgente del fiume Tevere si trova sulle pendici del Monte Fumaiolo a 1268 m s.l.m., sul lato che volge verso la Toscana, vicino alle Balze, frazione del comune di Verghereto (in provincia di Forlì-Cesena).

Fu Mussolini che nel 1923[7] fece spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo e la cosiddetta Romagna Toscana nella regione a est dell'Appennino: ciò per assecondare il suo desiderio che le sorgenti del Tevere si trovassero nel Forlivese, sua provincia di origine[7]. Accanto alla sorgente nel 1934 è stata posta una colonna di travertino, dove appaiono tre teste di lupo e sovrastata da un'aquila rivolta verso Roma (simbolo imperiale riutilizzato in epoca fascista), con incisa la frase retorica Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma[8].

Questo è lo schema dei 405 km di corso del suo percorso dall'Appennino al Tirreno[9]:

Come si vede nel diagramma, il bacino del Tevere è ricco di affluenti e subaffluenti, ma il fiume riceve la maggior parte delle sue acque dalla riva sinistra, dove ha come adduttori principali il sistema Chiascio - Topino, il Nera (che raccoglie le acque del Velino) e l'Aniene. I maggiori tributari della riva destra sono il Nestore, il Paglia, e il Treja, a cavallo tra le province di Roma e Viterbo, attorno al quale, in consorzio fra i comuni di Mazzano Romano e Calcata, è stato costituito dal 1982 il Parco regionale Valle del Treja.

Le principali località attraversate sono Pieve Santo Stefano, Sansepolcro, Città di Castello, Umbertide, Orte e Roma. Passa anche nelle immediate vicinanze di Perugia, Marsciano, Deruta e Todi. Il fiume fu utilizzato per molti secoli come via di comunicazione: in epoca romana il naviglio mercantile poteva risalire direttamente fino a Roma, all'Emporio che era situato ai piedi dell'Aventino, mentre barche più piccole e adatte alla navigazione fluviale trasportavano merci e prodotti agricoli dall'Umbria, attraverso un sistema navigabile capillare che penetrava nella regione anche attraverso gli affluenti, in particolare Chiascio e Topino.

Gli affluenti maggiori del Tevere – su un totale di 29 tra fiumi e torrenti – sono:

Nome fiume Lunghezza
km
Portata
m³/s
Principali affluenti
Nera 116 168 Velino, Corno
Aniene 99 35 nessuno rilevante
Chiascio 82 19 Topino
Paglia 86 11 Chiani
Nestore 48 11 Caina, Fersinone
Treja 37 4 nessuno rilevante
L'Aia 31 1,2 nessuno rilevante
Naia 30 1,6 Arnata
Puglia 30 1,5 nessuno rilevante
Sovara 29 1 nessuno rilevante
Farfa 25 1,2 nessuno rilevante
Faena 21 0,7 nessuno rilevante
Cremera 35,8 2,9 nessuno rilevante

I fiumi in sinistra idrografica hanno un carattere carsico, con portate abbastanza costanti, in special modo il Nera, 7º corso d'acqua italiano per portata con 168 metri cubi d'acqua al secondo. Invece i fiumi in destra idrografica hanno un carattere stagionale, con piene invernali anche di 800 metri cubi d'acqua al secondo e magre estive: i maggiori sono Nestore e Paglia, tra i principali responsabili dello storico evento calamitoso del 12 novembre 2012.

Portata media mensile

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Media anno 2013: 399,916 m³

Media totale: 324,547 m³

Portata media mensile (in m³)
Stazione idrometrica: Roma (2013)
Fonte: Analisi geografica

Dati portata fiume Tevere (Stagione 2013)

Il Tevere a Roma

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Romolo e Remo, la lupa, il Tevere e Rea Silvia, il fico e Faustolo, Rubens, 1616
Tevere con Romolo e Remo, Parigi, Museo del Louvre

L'antichità: leggende e usi del Tevere

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Il Tevere, fin dalla sua nascita, è stato l'anima di Roma, e il fatto che la città gli debba la propria stessa esistenza è descritto già dalla prima scena della leggenda di fondazione, con Romolo e Remo nella cesta che, arenati sotto il ficus ruminalis, succhiano il colare zuccherino dei frutti in attesa di una vera poppata.[11]

Tutti gli insediamenti preromani il cui convergere diede luogo alla Roma storica "vedevano" il Tevere, ma dall'alto e non da vicino (si pensi ad Antemnae, ad esempio), per evidenti ragioni di difesa e perché il Tevere è sempre stato un fiume soggetto a piene improvvise. Il punto in cui la pianura alluvionale era più sicuramente guadabile era l'Isola Tiberina, accanto alla quale (in quella zona che sarebbe poi divenuta il Foro romano a partire da un più modesto Foro boario) si localizzò in origine il punto di scambio tra le popolazioni etrusche che dominavano la riva destra (detta poi Ripa Veientana) e i villaggi del Latium vetus sulla riva sinistra (la Ripa Greca).

L'Isola era, inoltre, il punto fin dove le navi antiche, di basso pescaggio, potevano risalire direttamente dal mare. Poco a valle dell'Isola fu costruito (in legno, e tale rimase per diversi secoli) il primo ponte di Roma, il Pons Sublicius. Per le popolazioni arcaiche erano così importanti, questo ponte e la sua manutenzione, che in relazione a essi nacque il più antico e potente sacerdozio romano: il Pontifex.

Il fiume stesso era considerato una divinità, personificata nel Pater Tiberinus: la sua festa annuale (le Tiberinalia) veniva celebrata l'8 dicembre, anniversario della fondazione del tempio del dio sull'Isola Tiberina ed era un rito di purificazione e propiziatorio. Secondo Virgilio, durante la guerra fra troiani e italici Enea decapitò il giovane nemico Tarquito facendone poi rotolare testa e busto nella foce del Tevere.[12]

Porti e trasporti sul Tevere

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Il porto di Ripetta verso il 1880 (Ettore Roesler Franz)
Il Porto Leonino oggi
Resti dell'emporio romano a Testaccio

Progredendo l'interramento del fiume, le navi non poterono più arrivare come in epoca classica fino all'emporio (sotto l'attuale rione di Testaccio), ma merci e passeggeri continuavano a giungere a Roma via fiume, col metodo dell'alaggio, cioè su chiatte o barconi che venivano rimorchiati dalla riva: la forza motrice per risalire il Tevere, che nei periodi di magra non offriva più di due metri e mezzo di pescaggio, era generalmente costituita da buoi ma anche, al bisogno, da uomini. Il sistema era ancora in uso a metà dell'Ottocento, quando i buoi vennero sostituiti da rimorchiatori a vapore, che trascinavano tre o quattro chiatte, come avveniva sulla Senna fino a non molti anni fa.

Il porto dell'Emporium era stato abbandonato già in epoca medioevale, e il nuovo attracco si consolidò sulla riva destra (che era detta "Ripa Romea": era in effetti molto più comodo, per i pellegrini, sbarcare sulla riva dove era posto il Vaticano). Questo approdo era detto, per antonomasia, Ripa. Modificando il percorso delle mura a porta Portese, il porto venne ricostruito nel 1642 un po' più a monte, all'interno della cinta daziaria, in corrispondenza dell'ospizio di San Michele, e divenne il porto di Ripa Grande, dedicato a merci e uomini in arrivo da Ostia. Sulla riva sinistra, a monte di Castel Sant'Angelo, venne costruito nel 1704 il porto di Ripetta, dedicato soprattutto al traffico con il retroterra umbro. Ebbe sede qui l'idrometro storico del Tevere, installato nel 1821, e che aveva come zero idrometrico il settimo gradino della scalinata del porto stesso.

Più a valle sulla riva destra, poco più giù di porta Santo Spirito c'era un altro porto. Era detto "porto dei travertini" perché era stato utilizzato per i marmi destinati alla costruzione della basilica di San Pietro. Fu poi fatto ricostruire all'inizio dell'Ottocento (1827) da Leone XII, come porto di servizio della città Leonina e da lui prese il nome. Il porto fu dotato in quell'occasione anche di una fontana che utilizzava il condotto dell'acqua lancisiana che era stato riattivato sotto Pio VII; il mascherone che l'adornava è quello che arricchisce oggi la fontana fuori dal giardino degli Aranci. Un secolo dopo, la costruzione dei muraglioni e l'abbandono del trasporto fluviale lo obliterarono completamente. Ne rimane la traccia nella doppia scala che scende alla banchina da piazza della Rovere, e nella lapide a memoria dei lavori, che è stata conservata.

Imbarco dei battelli turistici a ponte Garibaldi (di fronte, l'Isola Tiberina)

Sul Tevere navigavano imbarcazioni di tutti i tipi (anche a vela: per discendere il fiume da Orte ci volevano tre giorni). Oltre alle chiatte trainate da rimorchiatori, alle barchette dei pescatori, c'erano anche piccole barche per trasbordare le persone da una riva all'altra: non si dimentichi che fino alla caduta dello Stato Pontificio i ponti cittadini sul Tevere erano soltanto cinque: ponte Mollo, ponte di Castello, ponte Sisto e i due ponti attraverso l'isola Tiberina, ponte Cestio e il ponte dei Quattro Capi.

Il porto fluviale (1967)

Per via fluviale, circumnavigando l'Italia dal lago Maggiore al Ticino, al Po, all'Adriatico e infine risalendo il Tevere fino ai piedi della basilica con un viaggio di quattro anni, arrivarono dalle cave di Baveno e Montorfano le 150 colonne monolitiche di marmo bianco del nuovo portico della basilica di San Paolo fuori le mura.

L'ultimo grande trasporto via fiume, su una chiatta di cemento appositamente costruita, fu quello effettuato nel 1929, dei marmi provenienti dalle Alpi Apuane e destinati all'obelisco del Foro Italico, fin dove risalirono, appunto, via fiume[13].

Canottieri sul Tevere

Lo sviluppo del trasporto stradale e ferroviario, la costruzione nel tempo di ben 23 dighe di sbarramento lungo l'intero bacino e il progressivo interramento del basso corso del fiume hanno completamente annullato questo utilizzo (durato fin verso la metà dell'Ottocento), e ormai la navigazione fluviale si limita a fini sportivi (canottaggio) e turistici, con battelli che dalla fine degli anni novanta percorrono tratti del corso romano del fiume.
A causa delle soglie costruite all'altezza dell'Isola Tiberina per regolare e armonizzare il flusso del fiume, la navigazione sul fiume è divisa in due tratte, una verso monte, dall'isola a ponte Risorgimento, l'altra verso il mare, da ponte Marconi a Ostia Antica. Va tenuto presente, quando si riflette sull'uso del Tevere, che attualmente sono 36 i soggetti pubblici che hanno titolo a intervenire sul Tevere: il numero rende evidenti, da solo, le difficoltà che presenta ogni nuovo progetto d'uso o di intervento.

Roesler Franz, I molini all'Isola

Un'altra presenza sul fiume, che datava dal Medioevo e della quale ora non c'è più traccia, erano i molini ad acqua (a Roma detti "mole", anche nel linguaggio ufficiale della burocrazia annonaria), ancorati in gran parte vicino all'Isola Tiberina.

La storia delle mole a Tevere iniziò quando Vitige, tagliando durante l'assedio del 537 l'acquedotto Traiano che forniva energia ai mulini installati sul Gianicolo, costrinse Belisario a cercare una nuova soluzione per l'approvvigionamento di farina dei romani assediati. La soluzione trovata fu quella di installare coppie di barche incatenate: ogni coppia era dotata, al centro, di una ruota che azionava le macine di pietra alloggiate sulle barche stesse. La prima coppia era incatenata alle rive del fiume presso il Ponte di Agrippa (l'attuale Ponte Sisto)[14], le altre erano collegate alla prima. A monte di questo sistema di molini galleggianti furono installate palafitte di riparo, allo scopo di deviare i tronchi con i quali i Goti cercavano di travolgerlo.

Nei secoli successivi si continua ad avere notizie dei molini sul Tevere - anche se non se ne hanno rappresentazioni sulle mappe fino alla fine del Quattrocento[15] - che appaiono però dislocati più a valle, verso l'Isola Tiberina[16].

Gaspar van Wittel, veduta di Castel Sant'Angelo con la mola

La collocazione attorno all'Isola non fu però mai esclusiva: ci furono mole sull'ansa a monte di Ponte Sisto sia sulla riva sinistra (esiste ancora in fondo a via Giulia, una via delle Mole dei Fiorentini), sia sulla riva destra sotto Santo Spirito in Sassia, all'altezza all'incirca del Ponte Neroniano. A un certo punto dell'Alto Medioevo (non si sa quando), i molini furono ancorati singolarmente alla riva, assumendo la struttura che conosciamo dalle rappresentazioni. L'impianto era costituito da:

  • un manufatto detto "torretto", sulla riva, a cui era legata, con catene di ferro, la mola[17];
  • un arco in muratura che poggiava da una parte sulla riva e dall'altra nel fiume;
  • a questo si appoggiava una passerella di legno, che collegava il sistema alla terra, consentiva di movimentare (a dorso d'asino) i carichi di cereali e di grano, e ammortizzava le variazioni di altezza del fiume;
  • la passerella portava all'imbarcazione più ampia, coperta e sormontata da una croce, nella quale era alloggiata la macina e avveniva la lavorazione;
  • la ruota, orizzontale, installata per traverso alla corrente, che trasmetteva il proprio movimento alla macina;
  • un'altra imbarcazione più piccola (detta "barchetto"), che supportava l'asse della ruota verso il centro del fiume.
Lo stesso argomento in dettaglio: Piene del Tevere a Roma.
Memorie delle alluvioni del Tevere nei secoli a Santa Maria sopra Minerva

I muraglioni di contenimento dei Lungotevere, rendono oggi difficile immaginare quanto "fluviale" potesse essere la città antica e quanto lo fosse ancora un secolo fa. Ma questa connessione con il fiume, che certo era una risorsa economica notevole, era anche - da sempre - ad alto rischio. Già Livio attesta che le piene del Tevere, spesso disastrose (come quelle del 215 a.C.[18]), erano ritenute dal popolo romano annunciatrici di eventi importanti o punizione degli dei irati, e certo comportavano - oltre che distruzioni - epidemie causate dal ristagno delle acque.

Le grandi piene (mediamente almeno 3 o 4 per secolo) sono sempre arrivate a Roma dalla via Flaminia: a valle dell'ultima confluenza con l'Aniene il fiume, libero fin lì di distendersi su territori pianeggianti e praticamente golenali, incontrava costruzioni e ponti che lo ostacolavano (ripetutamente il Pons Sublicius era stato trascinato via dalle alluvioni) e si incanalava rovinoso per vie e piazze.

Cesare immaginò di raddrizzare i meandri urbani del fiume deviandolo attorno al Gianicolo (cioè facendogli evitare Trastevere e la pianura dei Fori) e canalizzandolo attraverso le Paludi Pontine in direzione del Circeo. Augusto, di temperamento più realista e "amministrativo", dopo aver nominato una commissione di 700 esperti si limitò a disporre la pulizia dell'alveo fluviale e a istituire una magistratura apposita, i Curatores alvei et riparum Tiberis, carica che Agrippa tenne per tutta la vita. Gli esperti di Tiberio suggerirono di deviare le acque del Chiani verso l'Arno, ma per l'opposizione dei fiorentini non se ne fece nulla (il progetto fu riesumato - e ugualmente abbandonato - nel 1870). A Traiano si deve il completamento del canale di Fiumicino (la cosiddetta Fossa Traiana) iniziato da Claudio, funzionale alla navigabilità del fiume, ma anche a migliorare il deflusso delle acque verso il mare. L'ultimo imperatore che dispose una pulizia radicale dell'alveo e un'arginatura del fiume fu Aureliano.

Il drizzagno del Tevere

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Incessantemente Roma nei secoli venne allagata dalle piene del Tevere, un vero flagello per l'Urbe. Ancora sui vecchi muri del centro storico vi sono lapidi che ricordano il livello delle acque raggiunto da quelle alluvioni (vedi la foto sopra). L'ultima grande alluvione avvenne nel dicembre 1937 allorché il governo fascista decise di ampliare notevolmente il progetto già in attuazione dal 1936 da parte del Ministero dei Lavori Pubblici e quello dell'Aeronautica, ora con i cantieri allagati. Questo progetto prevedeva, tra l'altro, di accorciare il corso del Tevere per aumentare il deflusso delle acque verso il mare. Ciò era possibile tagliando un'ansa del fiume di circa 8 km che si trovava in località Spinaceto, a valle di Roma,[19] realizzando il drizzagno del Tevere. I lavori ripartirono su vasta scala dal 1938, scavando un nuovo alveo rettilineo di oltre 1 km di lunghezza insieme a colossali lavori di sbancamento che portarono i nuovi argini del Tevere a ben 400 metri di larghezza, creando un alveo capace di contenere anche le piene più copiose. Il 12 agosto del 1940 l'allora capo del governo Mussolini inaugurò il drizzagno facendo esplodere gli ultimi diaframmi e deviando le acque nel nuovo alveo artificiale. Già dall'inverno del 1940 questo invaso, assieme al nuovo drizzagno, scongiurò il pericolo di altre grandi alluvioni, alluvioni che da allora a Roma non si verificarono più per straripamento del Tevere.

Il porto di Ripetta fu demolito nel 1893 per costruire il Ponte Cavour, fondamentale per l'urbanizzazione del nuovo rione dei Prati di Castello e l'idrometro sistemato sul muro laterale della chiesa di San Rocco. In corrispondenza del nuovo ponte, cinque anni dopo venne sistemato il nuovo idrometro, con lo stesso zero idrometrico. L'attuale stazione idrometrica è situata, dal 1941, cinque chilometri più a valle, a Porta Portese (via Portuense 49).

Le osservazioni sulla portata del Tevere a Roma, iniziate nel 1782 per iniziativa dell'abate Giuseppe Calandrelli, direttore dell'Osservatorio astronomico e meteorologico di Collegio Romano, costituiscono ad oggi la serie storica più rilevante tra le osservazioni sistematiche dei fiumi italiani[20].

Lupe sui muraglioni

La spinta definitiva a riprendere l'elaborazione di un sistema di difesa della città dalle furie del suo fiume venne certamente dalla disastrosa alluvione del 28 dicembre 1870. L'inondazione arrivò, quella volta, a più di 17 metri oltre il livello normale del fiume (praticamente fino a piazza di Spagna). Il 1º gennaio 1871 fu nominata un'apposita Commissione di studio che in quattro anni non produsse risultati. Nel 1875 Garibaldi, arrivato a Roma come parlamentare, risuscitò l'idea di Cesare di deviare il corso del fiume presentando una proposta in merito. L'ipotesi suscitò gran dibattito, apparendo ad alcuni quasi blasfema, ma facendo balenare ad altri il sogno di ritrovamenti di smisurati tesori, archeologici o propriamente preziosi, inabissati nel fiume lungo i secoli.

Navigazione turistica sul Tevere

La proposta di Garibaldi risuscitò comunque la Commissione, che il 23 settembre non approvò il progetto di Garibaldi, ma quello conservativo dell'ingegnere Raffaele Canevari. Esso prevedeva l'arginatura del corso del fiume da Ponte Milvio alla Basilica di San Paolo fuori le mura, la "rimozione dei ruderi ed escavamento del fondo dell'alveo" e una stabilizzazione della sua ampiezza a 100 metri, lo "studio della situazione di un porto in luogo di quello di Ripetta nella località che si troverà più opportuna", scongiurando però l'ipotesi, che pure era stata avanzata, dell'interramento del braccio sinistro del fiume a lato dell'Isola Tiberina (quello del Ponte Quattro Capi), e quindi la sua scomparsa.

Alla fine del 1876 il Governo assegnava l'appalto del primo lotto dei lavori, che durarono 25 anni. Il Porto di Ripetta non fu mai ricostruito, ma una nuova piena disastrosa del fiume nel 1900, che superò i 16 metri, mostrò che il contenimento fornito dai muraglioni funzionava (anche se alla fine crollarono 125 metri di argine tra Ponte Garibaldi e Ponte Cestio). L'ultimo tratto dell'opera, sotto l'Aventino, fu completato nel 1926, a cinquant'anni dall'inizio.

Lo scalo de Pinedo, sulla riva sinistra del fiume, fu costruito alla fine del XIX secolo per compensare la demolizione del Porto di Ripetta.

Salvata dalle esondazioni e bonificata dall'umidità che ristagnava nelle fondazioni dei rioni cresciuti lungo il Tevere, la città perse tuttavia il contatto con il suo fiume. Le demolizioni che furono effettuate per far spazio all'arginatura, e la standardizzazione dell'altezza delle rive fecero sì che alcune delle strade storiche che corrono a lato del fiume restassero al di sotto del livello dei Lungotevere (è sufficiente, per rendersene conto, una passeggiata in Via Giulia), e che andasse in parte smarrito il senso delle situazioni urbanistiche e architettoniche di molti edifici, anche importanti, che erano stati costruiti sulle rive, dotati di giardini e approdi sul fiume - si pensi ad esempio, a Palazzo Falconieri, o alla Villa Farnesina alla Lungara.

Con i muraglioni e l'inquinamento urbano scomparvero anche - un po' più lentamente ma irrevocabilmente - figure legate al fiume, come i barcaioli o i fiumaroli[21], e le loro attività commerciali ed artigiane.

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Il Tevere a Roma

Attualmente il Tevere nella città di Roma è parzialmente navigabile da piccole imbarcazioni, canoe e battelli, in alcuni tratti a partire dalla diga di modulazione di Castel Giubileo a nord fino alla foce a Ostia a sud, a causa della presenza di alcune rapide (per esempio nei pressi dell'Isola Tiberina) e bassifondi. Sul Tevere è posta una delle sedi del famoso Circolo Canottieri Aniene. Ogni anno, da ormai circa quarant'anni, la Discesa Internazionale del Tevere percorre il fiume in canoa da Città di Castello fino a Roma.

San Cesareo di Terracina, invocato contro le inondazione del Tevere

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San Cesareo di Terracina, invocato contro le inondazioni del Tevere

San Cesareo diacono e martire, condannato a essere annegato nel mare di Terracina, è da sempre invocato contro le inondazioni del Tevere; infatti la Chiesa di San Cesareo de Arenula a Roma era situata proprio nei pressi del fiume, nel rione Regola, edificata presso "l'Onda"[22] in riferimento alle innumerevoli inondazioni del Tevere che interessarono in passato la zona. Inoltre, la Chiesa di San Salvatore in Onda originariamente era dedicata al Salvatore e a San Cesareo diacono, ma siccome a quest'ultimo era intitolata anche la Chiesa di San Cesareo de Arenula, situata nello stesso rione, vi fu la riduzione a una sola intitolazione[23]. Il diacono Cesareo è invocato anche contro gli annegamenti, alludendo alla modalità di esecuzione del suo martirio.

È interessante rilevare che la Porta di San Cesareo a Orte (edificata nel 1449) consentiva il collegamento tra il centro urbano e il ponte sul Tevere; in questa località esisteva anche una chiesa (già scomparsa nel Cinquecento) dedicata al diacono Cesareo di Terracina, santo invocato contro le inondazioni e gli annegamenti.

Ceneri di artisti famosi disperse nel Tevere

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Tra le personalità di cui sono state sparse le ceneri nel Tevere figurano:[24]

Il Tevere nelle vedute di Roesler Franz

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Lo stesso argomento in dettaglio: Ettore Roesler Franz.
  1. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 53.
  2. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 3.
  3. ^ Servio Mario Onorato, Comm. in Aen. VIII, 63
  4. ^ Massimo Pittau - Etimologia del toponimo Roma, su pittau.it. URL consultato il 3 ottobre 2021.
  5. ^ Gian Enrico Manzoni, Pugnae maioris imago: intertestualità e rovesciamento nella seconda esade dell'Eneide, Vita e Pensiero, 2002, ISBN 978-88-343-0947-6. URL consultato il 3 ottobre 2021.
  6. ^ Massimo Pittau, CITTÀ REGIONI MONTI FIUMI D’ITALIA: Origine e significato dei nomi, Ipazia Books. URL consultato il 13 giugno 2020.
  7. ^ a b COMUNE DI VERGHERETO Via Caduti D'Ungheria, 11 - 47028 Verghereto, su comune.verghereto.fc.it. URL consultato il 28 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2019).
  8. ^ Alle sorgenti del Tevere
  9. ^ Il Tevere | Autorità di Bacino del fiume Tevere, su abtevere.it. URL consultato il 3 ottobre 2021.
  10. ^ Convenzione Ramsar Lago di Nazzano (PDF), su ramsar.org.
  11. ^ Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I, 1.2-3.
  12. ^ Virgilio, Eneide, X.
  13. ^ Immagini di questo "trasporto eccezionale" sono reperibili nel sito dell'Istituto Luce.
  14. ^ quindi all'interno della cinta delle Mura Aureliane, che in quel punto scavalcavano il fiume fino a Porta Portese, a protezione di Trastevere e del Gianicolo e per ostacolare gi attacchi dalla via Aurelia.
  15. ^ Si veda ad esempio nella Cronica dell'Anonimo romano, Cap. XV, Dello grannissimo diluvio e piena de acqua, dove si narra di una piena di cinque giorni sotto il pontificato di Clemente VI, che «Danniao lo territorio de Roma più de dociento migliara de fiorini. Anche ruppe le catene e·lli ignegni delli mulinari e menaone da cinque bone mole, le quale connusse allo mare. Allora fuoro le mole perdute, aitre moite deslocate recuperate a granne pena.»().
  16. ^ Si veda, nella stessa Cronica al cap. XVIII, sulla nascita di Cola di Rienzo: «Fu nato nello rione della Regola. Sio avitazio fu canto fiume, fra li mulinari, nella strada che vao alla Regola, dereto a Santo Tomao, sotto lo tempio delli Iudei»().
  17. ^ In un'incisione di Piranesi il Ponte Cestio è indicato come "Ponte Ferrato", per le catene delle mole che vi erano ormeggiate: il "torretto" poteva anche essere una struttura esistente.
  18. ^ Livio, XXIV, 9.6.
  19. ^ Spinaceto si trova tra Roma e il mare; il tratto del drizzagno realizzato è esattamente dove il Raccordo anulare attraversa il Tevere
  20. ^ fonte: ARDIS - Regione Lazio[collegamento interrotto].
  21. ^ Erano cittadini che passavano le giornate in riva a Fiume, come per antonomasia era chiamato in romanesco il Tevere - o anche, tra il fiume e le osterie dei paraggi. Vd. Aroldo Coggiatti, Gente di Fiume, in "Capitolium", 1945 (XX), N° 7 - 8 - 9, pp. 41-43 Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive..
  22. ^ Christian Hülsen, Le chiese di Roma nel Medioevo: cataloghi ed appunti, Georg Olms Verlag, 1927
  23. ^ Panciroli Ottavio, Roma sacra, e moderna, nella stamperia del Mainardi nella piazza di Monte Citorio, 1725
  24. ^ Niente cimitero Acattolico, le ceneri dei partigiani di via Rasella riposano nel Tevere, su RomaToday. URL consultato il 10 novembre 2021.
Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
  • Cesare D'Onofrio: Il Tevere. Romana Soc. Ed., Roma 1980,
  • Umberto Mariotti Bianchi, I molini sul Tevere. Roma, Newton & Compton, 1996.
  • Armando Ravaglioli: Il Tevere fiume di Roma - Storia, curiosità, prospettive. Tascabili economici Newton, Roma 1998.
  • Denis Bocquet, "Storia urbana e storia della decisione: l'arginamento del Tevere a Roma (1870-1880)", in La Città e il fiume (a cura di Carlo Travaglini, Roma, 2008)
  • Marco Scataglini: Il viaggio del Tevere, Guide Iter, maggio 2004
  • Maria Margarita Segarra Lagunes: Il Tevere e Roma. Storia di una simbiosi. Gangemi Editore, Roma 2004.
  • Joël Le Gall: Il Tevere, fiume di Roma nell'antichità. Edizioni Quasar, Roma 2005
    (prima edizione in francese: Joël Le Gall: Le Tibre, fleuve de Rome dans l'antiquité. Presses universitaires de France, Paris 1953).
  • Il Tevere a Roma, portolano, a cura dell'Autorità Bacino del fiume Tevere e dal CITERA - Centro Interdisciplinare Territorio Edilizia Restauro Ambiente dell'Università "La Sapienza", in collaborazione con la Regione Lazio e il Comune di Roma, novembre 2006

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