Paola Imperatore

Ondate di calore, siccità, desertificazione del suolo, aumento delle morti per inquinamento atmosferico. Queste sono solo alcune delle conseguenze della crisi ecologica e climatica a cui assistiamo quotidianamente. Questi fenomeni, tuttavia, non sono improvvisi, ma derivano da precise politiche ambientali e da modelli di gestione dei territori che sono stati perseguiti ignorando gli allarmi e le proteste delle comunità locali. “Territori in lotta” nasce dal desiderio di interrogare in modo più ampio le dinamiche dei conflitti territoriali per riflettere sulla relazione tra crisi eco-climatica, democrazia e capitalismo a partire dal territorio, oggetto e presupposto dei nuovi processi globali di accumulazione e, al contempo, terreno di conflitto sociale da cui osservare le forme di resistenza che si danno dentro e contro questo modello neoliberista.

Da quando le strade di tutto il mondo si sono riempite di giovani inneggianti alla giustizia climatica, pare che la formula transizione ecologica sia sulla bocca di tutti. Come se fosse una novità, un colpo di genio che le élite a tutti i livelli – ONU, UE, governi nazionali – avrebbero partorito per venire incontro alle comprensibili istanze di ragazze e ragazzi. Il libro di Paola Imperatore ed Emanuele Leonardi smonta questa narrazione, mostrandola per quella che è: una menzogna. L’era della giustizia climatica, inaugurata nel 2019 dagli scioperi globali, è infatti in primo luogo la presa d’atto del fallimento dell’idea che la centralità del mercato possa risolvere la crisi climatica. Piaccia o meno, a dispetto dei trattati “ambientalisti” (Kyoto 1997 e Parigi 2015), l’aumento continuo delle emissioni negli ultimi trent’anni – e, anzi, l’incremento del tasso di emissione! – testimonia la disfatta di questa transizione ecologica dall’alto. Non è un caso che i climate strike dicano una cosa semplice: “grazie per il tentativo, non è andata, lasciate spazio a noi” – cioè all’alternativa radicale, di sistema. Emerge dunque uno spazio politico inedito, tutto da riempire ma già ora carico di straordinario potenziale: la transizione ecologica dal basso, basata sul connubio imprescindibile tra protezione ambientale e contrasto alle diseguaglianze sociali. Su questo sfondo, il libro reinterpreta la storia dei movimenti ecologisti in Italia, le dimensioni della giustizia climatica odierna e l’esplosione della convergenza delle lotte – guidata da realtà diverse, con approccio intersezionale, su impulso del Collettivo di Fabbrica della ex-GKN di Campi Bisenzio.

Le lotte contro l'imposizione di grandi opere che nell'ultimo decennio, in modo sempre più frequente e capillare, si sono sviluppate sui territori lungo tutto lo stivale, si sono contraddistinte per un significativo protagonismo femminile e, più recentemente, femminista, che tale articolo si propone di indagare, pur consapevole dei limiti rispetto alla possibilità di offrire uno sguardo su tale protagonismo che sia esaustivo e tenga conto della eterogeneità dei contesti. In questo contributo si cercherà di osservare in particolare quelle forme di attivazione politica all'interno dei movimenti per la giustizia ambientale che passano per il riconoscimento di una specifica condizione (quella di madre) o identità (quelle queer) tradizionalmente subordinate nella gerarchia eteropatriarcale.

A partire dagli anni Novanta, la presenza di conflitti locali che si
focalizzano sull’uso del territorio è cresciuta esponenzialmente tanto
da rappresentare un aspetto centrale del moderno conflitto sociale. Sebbene tali proteste siano state spesso descritte come NIMBY (Not In My Back Yard)
ovvero come esito del rifiuto di pochi di pagare i costi necessari per il
bene collettivo, al centro di questi conflitti vi è in realtà uno scontro tra
due visioni di territorio, una che guarda al suo “valore d’uso” nonché alla sua vivibilità e una orientata al suo “valore di scambio” (Della Porta,
Piazza 2008). Le argomentazioni delle comunità locali, inizialmente incentrate sulla difesa dell’ambiente e della salute, si sono spesso ampliate sino a intrecciarsi a rivendicazioni più generali capaci di interrogare in modo più ampio il modello di sviluppo e i processi decisionali/democratici. Come osserva Della Porta (1999), la protesta locale si è estesa al «meta-discorso della democrazia» e alla rivendicazione di modelli decisionali maggiormente partecipativi e inclusivi. Questo contributo si propone di esplorare, a partire dal movimento No TAP, la relazione tra istituzioni/partiti e attivisti locali per comprendere come maturi nelle proteste locali una sfiducia nei confronti delle istituzioni che dovrebbero rappresentare gli stessi cittadini e come questo conduca alla ricerca di modelli di partecipazione dal basso

This paper aims at exploring the conflict, linked to the social and urban transformations produced by AirBnb, between the platform and the urban movements in Barcelona, by investigating in particular the discursive field. Notwithstanding many scholars accord in underlining the negative impacts of AirBnb on urban context, such as gentrification, reconversion of local economy, forced migration of local residents and others, the company continues to increase its business. This article suggests that part of this success is related to the convincing frame used by the platform, celebrated as "the most prominent example" of sharing economy and become a brand. Through the frame analysis this paper aims at observing, on one hand, the frame strategically used by AirBnb to attract users and to legitimize its business and, on the other hand, the counter-frame developed by the urban movements. In fact, between 2016 and 2017, a protest campaign arose in Barcelona in opposition to AirBnb with the aim, among the others, to critically discuss its win to win rhetoric. The actors of the protest frame their mobilization as a part of the right to the city by reclaiming a city for people rather than for profit. At the same time the activists try to unmask AirBnb discourse, aimed to give a social, ethical and ecological face to the platform, but considered by the challengers as an operation of social washing. In order to better contextualize my research, the article starts by discussing some data about the AirBnb business in Barcelona and the related socioeconomic and urban impacts, while, in the last part of the article, it presents the host movements strategy in which the company is investing with the aim to create an instrument of lobby on institutions that would regulate the home sharing. By starting from these consideration this research aims to offer a panoramic about the case of Barcelona by interconnecting the studies on digital platforms to those conducted on the urban social movements by means of qualitative method.

This chapter aims at reconstructing the debate around collaborative economy and environmental sustainability. Even though this model - based on sharing goods and services - was initially greeted from different perspectives as a sustainable alternative to the capitalistic economy, in the last years several scholars have put in question this optimistic interpretation. In parallel with authors that support that collaborative economy is a more sustainable model able to reduce consumption, other scholars argue that it has become a driver of hyperconsumption. The following dissertation tries, in a first part, to present the current debate around the environmental sustainability of collaborative economy, a debate still open. In this part, we also discuss the purpose of some scholars to address collaborative model with a real ecological approach (such as through a legal framework or a pivotal role of social movements linked with the issue of the sustainable consumption) in opposition to the companies that use the sustainability arguments as a brand to attract more people, making a greenwashing operation. In the second part, we show the analysis of the tools proposed in academic literature in order to measure, in a more systematic way, the environmental impact of collaborative business models.

This paper aims at exploring the current Italian ecologist archipelago by focusing on three main dimensions: organization, «frame» and action repertoire. By investigating these dimensions, we would like to address some fundamental questions: a) how does the environmental movement in Italy look like today? Who are the protagonists? What are their patterns of action and their claims? b) How the relationships between protest and ecologist groups are? c) Where environmental claims can be placed between materialist and post-materialist perspectives?
By drawing on a mixed qualitative/quantitative methodology, we aim to provide an updated overview about Italian environmentalism. We frst use the Protest Event Analysis (PEA) to trace the main trends in terms of institutionalization/radicalization, territorialisation, alliance structure and other aspects of the environmental protest, and eventually further explore the issue through the frame analysis approach based mainly on in-depth interviews and the analysis of documents drafted by social movement actors.

Se la chiusura di alcuni stabilimenti industriali, come quello della GKN Driveline di Campi Bisenzio (Firenze), e licenziamenti di massa che ne sono conseguiti sono stati definiti come «la naturale conseguenza della transizione ecologica», una lettura che riproduce la dicotomia tra ambiente e lavoro, la mobilitazione dei lavoratori GKN è riuscita in pochi mesi a ribaltare questo paradigma e articolare un nuovo immaginario in grado di ripensare la transizione ecologica. Avvalendoci di strumenti tipici della ricerca etnografica, in questo articolo cerchiamo di dimostrare che dal piano di conversione industriale elaborato dai lavoratori della GKN insieme ad alcuni accademici solidali, emerge una concezione di transizione giusta che - recuperando una tradizione ecologista operaia spesso dimenticata - mostra la possibilità di una concreta transizione dal basso che metta al centro la voce e il sapere operaio e una creativa integrazione tra fabbrica, accademia e territorio.

Since the 1970s, an environmentalist consciousness has developed that has denounced the ecological limits of the planet, ignoring however its deep interconnection with the dimension of justice. The link between environmental and social inequalities will instead be at the center of the struggles for environmental justice, which arises from the suburbs, peripheries and margins of the planet, deeply challenging the supposed neutrality of nature and revealing the intrinsic political dimension of ecology. Starting from these struggles, the aim is to reflect on the connection between ecological degradation, climate crisis, and justice.

ITA La ricerca di dottorato condotta analizza in modo comparativo i conflitti ambientali locali contro grandi opere o industrie impattanti, divenuti nell’ultimo ventennio un fenomeno dilagante in tutta Italia. Per indagare il conflitto si è scelto di adottare una prospettiva interazionista finalizzata ad esplorare in profondità lo spazio del conflitto come agito e connotato dalle interazioni tra diverse arene, ovvero quella della protesta, quella economica, quella mediatica e quella politica, tenendo conto della strutturale asimmetria tra le arene in gioco. Il conflitto sociale è in questo senso interpretato come l’esito sia di condizioni materiali-strutturali che di interazioni che si sviluppano tra le arene, partendo dall’assunto che nessuna arena è monolitica ma, al contrario, è attraversata da tensioni e fratture in grado di mutare il conflitto stesso. Al contempo, si è tentato di contestualizzare il conflitto sociale tenendo conto del fatto che i territori in cui prende forma n...

Il lavoro di ricerca sviluppato per la tesi di laurea magistrale si concentra sull'analisi della campagna di protesta nata a Carrara nel novembre 2014 contro l'escavazione intensiva di marmo nelle Alpi Apuane. In un primo momento si è ripercorso il dibattito sui movimenti sociali focalizzandosi in particolare sulla relazione tra territorio e conflitto, divenuta oggetto di specifici studi nelle scienze sociali a partire dagli anni Novanta. Ricostruendo il conflitto tra la "macchina per lo sviluppo" e “macchina contro lo sviluppo” (Clark, 1994) relativamente al caso di Carrara, si è esplorato lo scontro tra ambiente e lavoro che connota molti conflitti locali, illustrandone caratteristiche e nuovi sviluppi. Il concetto di “macchina contro lo sviluppo” non è da intendersi in un'accezione conservatrice e passatista, ma piuttosto come una macchina, quella dei movimenti sociali, che si oppone a questo modello di progresso, criticando e rielaborando l'idea esisten...

By qualitatively comparing the No Tap and No Snam protest campaigns, the paper focuses on the interaction between political context and protest in italian local environmental conflicts. The research shows a dramatic degrade in the dialectic between institution and citizens and a pivotal conflict around the same concept of democracy that reveal, at the core, a deep crisis of our society as pointed out by these attempts of people to participate to the public decisions.

By qualitatively comparing the No Tap and No Snam protest campaigns, the paper focuses on the interaction between political context and protest in italian local
environmental conflicts. The research shows a dramatic degrade in the dialectic
between institution and citizens and a pivotal conflict around the same concept of
democracy that reveal, at the core, a deep crisis of our society as pointed out by
these attempts of people to participate to the public decisions.

In the last twenty years the Locally Unwanted Land Use (LULU) protests have grown across Italy by putting scholars in front of new questions about the dynamics of local mobilization which have often led them to focus on the political-institutional context as pivotal variable to explain the conflict. By starting from this assumption, this paper aims at observing, on the one hand, the transformations of political context (the arise and decline of Movimento 5 Stelle, the centralization of power related to territories management, the tightening of repression, etc.) that have produced a Political Opportunity Structure unfavourable for LULU mobilization and, on the other hand, the feedback of local actors and their reorganization in terms of frame and strategies. While paying attention to structural dynamics, this paper investigates the role that the cultural-discursive context and the local actors' framing processes play in mobilization. With this aim, the contribute takes in consideration the spreading of new environmental movements-as Fridays for Future-and the discursive and political opportunities that these can produce also for the local campaigns here analysed. The research is been conducted by comparing three LULU campaigns (No Grandi Navi, No Cave, No TAP) and by using a qualitative approach mainly based on in-depth interviews with actors of the conflict and on the analysis of documents that they have produced. Le proteste legate all'uso del territorio rappresentano in Italia un fenomeno in costante crescita da ormai un ventennio (Nimby Forum 2018). In numerosi casi, però, queste mobilitazioni si sono scontrate con l'indisponibilità dei decisori politici ad accogliere le richieste pro-venienti dalle comunità locali. In un contesto in cui i partiti della sini-stra parlamentare si sono sempre più schierati a favore di opere o attivi-tà contestate (Piazza 2011) e in cui il sostegno delle istituzioni locali è risultato essere poco influente (Bertuzzi et al. 2019), un nuovo spazio di azione per gli attivisti locali si è aperto con l'emergere del Movimento

This paper investigates, through a qualitative method, the relationship between the local Political Opportunity Structure (POS) and the LULU (Locally Unwanted Land Use) protest campaigns, with a specific focus on party arena. Even though, traditionally, left parties have represented the main ally of LULU campaigns (della Porta and Andretta 2002, della Porta and Piazza 2008), this relationship has changed in the last decades. While these parties (differently by radical left-parties) have started to represent an adversary of local campaigns (Piazza 2011), the Movimento5Stelle (M5S), the main non-traditional party in Italy, has been able to take advantage from environmental conflicts to catalyse resources and protest votes (Mosca 2014). In the case of Carrara, analysed in this paper, the  campaign against the extraction of marble in the Apuan Alps has transformed the political arena with the success of M5S at the local elections that has put to an end to the left-electoral monopoly. This paper tries to observe the transformation of local POS and to understand the causes (in terms of cleavages, identity, frames, etc.) and the consequences (on repertoires and outcomes) of this transformation. What emerges is that while the local left parties have mainly rejected any relations with the campaign, the M5S has often represented an ally for the protest actors, both by directly participating into the mobilizations and by supporting in the institutional arenas the local campaign’s claims. The electoral results of M5S in Carrara needs to be considered also as an indirect outcomes of protest: on one hand, through a process of frame expansion (Boudet 2011), the activists have attributed the responsibility of the environmental and socio-economic problems of the city to mainstream parties, on the other, by transforming the POS, they have produced new opportunities for their claim. In fact, with the M5S administration, the actors of campaign have obtained the first outcomes in terms of policy. In order to explain the new parties’ configuration, the paper discusses Piazza (2011) argument about the emergence of new cleavages in LULU conflicts. In his view, the growth model/alternative growth and the top down/bottom up democracy model cleavages have redefined the alliance system in LULU campaigns. While the antagonist left and the radical one, pivotal actors in the LULU campaigns, support an alternative idea of growth based on the participation of territories (from below), the left-wing parties have been found to support a neo-liberal model of development and a top down approach to participation. Even though Piazza does not discuss the role of M5S in this context. My findings suggest that, while the campaign’s actors and the M5S share a common frame about the model of growth, the cleavage top down/bottom up democracy does not seem to be relevant. Rather, it is the cleavage old/new to be crucial in this case in so far as the traditional parties has been identified by the challengers as part of an old and corrupted system of power while the M5S has been considered as out of this system due also to its strong anti-establishment discourse. I conclude by suggesting new lines of research on the complex and evolving relationship between protest arena and party

Over the last decades, several local populations throughout Italy have started to mobilize against the use of land to build infrastructure which is defined by its promoters as crucial to competitiveness in the global market. These challengers have been labeled by institutions and media as NIMBY (Not In My Back Yard) and egoistic actors who operate in opposition to the public interest. Local movements have created oppositional NOPE (Not On the Planet Earth) or NIABY (Not In Anyone's Back Yard) discourse to underline the local-global dialectic oriented toward broadly questioning the effects of globalization. Using frame analysis, this paper examines nine Italian LULU campaigns in order to investigate the presence of discursive strategies able to transcend the local dimension, the ability of the challengers to develop and spread a common key of interpretation to the different conflicts and, finally, the existence of recurring and successful frames despite the local peculiarities.