Analysing the state of the art indigital humanities can be noticed that the main results achieved... more Analysing the state of the art indigital humanities can be noticed that the main results achieved by now in the application of digital tools to the study of arts and literature concerned the empowering of the availability of texts and documents. Research programs focused on the building of digital archives and databases, in fact, mainly addressed the digitalisation and the fruition of cultural objects. However, the great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers toward the conception of digital tools underlying a critical and interpretative value, grounding on the great range of possibilities enabled by the semantic web. Semantic web, in fact, is not just about representing meanings, it’s about creating them (through the use of RDF and RDF schema) and linking them to shared definitions (onthologies); additionally, thanks to the principle of inference, these meanings are connected to each other in a network that continuously produces knowledge. Grounding on the work I am developing at the CTL Lab of the Scuola Normale Superiore, within the ERC project Looking at Words Through Images (PI Professor Lina Bolzoni), in this intervention I aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation of textual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wideranging map of different texts could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective overpassing traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, musics, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus representing the structure itself of cultural systems.
The article analyses two literary texts by the Italian writer Carlo Emilio Gadda: the anti-fascis... more The article analyses two literary texts by the Italian writer Carlo Emilio Gadda: the anti-fascist satire Eros e Priapo, written between 1944 and 1945; and the novel Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, first published in 1946. The deformed descriptions of the human figure in these texts are contextualised alongside a collection of anti-fascist caricatures from the same period, Enrico Gianeri’s Il Cesare di cartapesta (1945), and read as emotional symptoms of ongoing social conflicts. In fascist Italy, the representation of the body becomes the battlefield where a few resisting emotional communities contrast the strict management of public sentiment performed by the regime. In this context, deformations of the image of Mussolini and fascist society can be interpreted as performances of anger that deconstruct the official emotional regime and reveal the regime of fear on which fascism built its power.
I confini del saggio. Per un bilancio sui destini della forma saggistica, edited by Federico Bertoni, Simona Carretta, Nicolò Rubbi, «Ticontre. Teoria Testo Traduzione», 9 (2018).
Analizzando l’opera saggistica di Cesare Garboli, questo articolo propone di pensare al saggio co... more Analizzando l’opera saggistica di Cesare Garboli, questo articolo propone di pensare al saggio come a una proiezione anamorfica: un’operazione conoscitiva che deforma il testo analizzato per sottrarlo alle convenzioni percettive e interpretative; un intervento critico che istalla dentro l’opera una diversa e obliqua immagine dell’opera. A partire da questa metafora visiva, e ricorrendo ad alcuni assunti teorici elaborati dalle scienze neurocognitive, il saggio può essere interpretato come un terzo spazio che ibrida lo spazio della critica e quello dell’invenzione, sovrappone analisi e scrittura creativa. Lo spazio del saggio è il risultato di un blending concettuale, ovvero della fusione di domini conoscitivi precedentemente irrelati. A convergere nel terzo spazio del saggio non sono soltanto due “generi” o modalità discorsive, critica e letteratura, ma due modalità della cognizione, il pensiero analitico e il pensiero immaginativo. Nei suoi saggi Garboli riformula i significati dei testi di partenza in un nuovo testo che sfrutta risorse letterarie, ricorre a pattern narrativi, utilizza un linguaggio ad alta densità metaforica e stilistica, contamina elementi storici ed elementi finzionali. Riproducendo in anamorfosi le opere di cui parla, Garboli intende demistificare ogni illusionismo letterario, mostrando il legame delle parole con il mondo della vita, la loro origine materiale, il radicamento della creatività nell’esperienza individuale del corpo che si muove in un contesto storico e biografico.
Analysing the work of Cesare Garboli, this article aims at representing the essay as an anamorphic projection. The essay deforms the literary text to deconstruct perceptive and interpretative conventions. It brings within the literary work a divergent image of the work itself. Building on this visual metaphor, and drawing on theoretical insights from neurocognitive sciences, the article interprets the essay as a third space in which criticism and invention are hybridised, analysis and creative writing are overlapped. The essay results from a conceptual blending, that is, the merging of two mental spaces previously unrelated. The third space of the essay doesn’t just blend two genres or discourses, such as criticism and literature, but two cognitive modes, namely analytical thought and imaginative thought. In his essays, Garboli reshapes the meanings of the analysed texts and creates a new text drawing on literary resources, such as narrative patterns, metaphorical and stylistic density, contamination of history and fiction. In reproducing literary works as anamorphoses, Garboli aims at deconstructing the illusionism of literature. He shows how words are rooted in life, how creativity has a material origin and is determined by the existence of the body in its biographical and historical contexts.
Il saggio propone di individuare in alcuni dei volti descritti nell'Orlando furioso una traccia c... more Il saggio propone di individuare in alcuni dei volti descritti nell'Orlando furioso una traccia caricaturale, una tendenza alla deformazione del ritratto analoga a quella che ha portato alla nascita della caricatura.
L'oggetto di questo saggio è il tradimento come dispositivo di produzione della discorsività verb... more L'oggetto di questo saggio è il tradimento come dispositivo di produzione della discorsività verbo-motoria che definisce in letteratura il motivo della donna abbandonata: una messa in scena di emozioni radicali, affidata a una tipologia testuale che incorpora la memoria di alcune immagini antiche, di configurazioni espressive arcaiche. Il motivo della donna abbandonata viene analizzato seguendo in parallelo le storie di Olimpia nell'Orlando furorioso e di Armida nella Gerusalemme liberata.
La centralità strutturale del personaggio di Goffredo all'interno della Gerusalemme Liberata, rip... more La centralità strutturale del personaggio di Goffredo all'interno della Gerusalemme Liberata, ripetutamente segnalata dalla critica, trova un’interpretazione figurativa, e persino un’intensificazione, nelle immagini che Bernardo Castello concepisce per illustrare le due principali edizioni genovesi del poema tassiano: la Bartoli del 1590 e la Pavoni nel 1617 . In questi set illustrativi Goffredo è centrale per la frequenza con la quale ricorre la sua rappresentazione, forse quantitativamente seconda solo all’immagine di Gerusalemme, che occupa stabilmente lo sfondo delle incisioni, quasi a tradurre visivamente il legame indissolubile, creato dall’enjambement dei primi due versi del poema, tra il «capitano» e la sua meta, il «gran sepolcro». Ma la figura di Goffredo è anche il centro organizzatore, il perno compositivo, delle singole immagini nelle quali compare.
Manzonis Europa – Europas Manzoni. L’Europa di Manzoni – Il Manzoni dell’Europa, ed. by B. Vinken, A. Oster, F. Broggi, München: Herbert Utz Verlag, 2017, pp. 143-187.
Le vicende narrate nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto implicano una riflessione sulla forma... more Le vicende narrate nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto implicano una riflessione sulla formazione emotiva e relazionale dell'individuo. Il saggio propone di rintracciare nel discorso psicologico contenuto nel Furioso la rappresentazione di un processo del sé che intercetta alcune costanti antropologiche e biologiche. In particolare, l'opera sembra stilizzare e dare forma ai processi di emersione della coscienza non in quanto dispositivo etico-morale, ma in quanto consciousness , costruzione del sé a partire da uno stadio istintuale e pulsionale. Utilizzando le teorie della coscienza elaborate in ambito neurocognitivo, il saggio cerca di individuare le mediazioni stilistiche che conducono dalle predisposizioni della mente-corpo all'elaborazione della scrittura, per leggere nella complessità dell'intreccio ariostesco il manifestarsi della tensione tra stati di esistenza puntiformi e discontinui e una percezione del sé coerente e stabile. Astolfo, personaggio dallo statuto anomalo, diventa testimone e strumento del tentativo, sempre precario, di sollevarsi dalle emergenze vitali nucleari per approdare a una dimensione compiuta della coscienza.
The events narrated within Ludovico Ariosto's Orlando furioso imply a reflection on the emotional and relational development of the human being. The present essay detects in the psychological discourse contained within the Furioso the representation of a " self process " intercepting some anthropological and biological constant. Particularly, Ariosto's work stylizes and gives shape to the emergence of consciousness, conceived not as an ethical and moral entity but as the process transforming the in-stinctual dimension of life into self-awareness. Grounding on neurocognitive theories of consciousness , the essay individuates the stylistic mediations leading from the attitudes of the embodied mind to the elaboration of writing. So to read in the complexity of Ariosto's plot the emerging tension between intermittent and discontinuous states of existence and a coherent and stable self-perception. Astolfo, with his anomalous status as a character, witnesses the precarious attempt to raise from the nuclear emergences of life and achieve the fulfilment of consciousness.
The great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers to... more The great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers towards a conception of digital tools as having a critical and interpretative value, grounded in the great range of possibilities enabled by the semantic web. The semantic web, in fact, is not just about representing meanings, it is about creating them and linking them to shared definitions; additionally, these meanings are connected to each other in a network that continuously produces knowledge. Based on the work we are developing at the CTL Lab of the Scuola Normale Superiore, within the ERC project Looking at Words Through Images, in this intervention we aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to Humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and the arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation of textual and visual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wide-ranging map of different texts and images could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective that transcends traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, music, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus representing the structure itself of cultural systems.
Il saggio si propone di analizzare l’influenza che la pratica dei media audiovisivi ha avuto sull... more Il saggio si propone di analizzare l’influenza che la pratica dei media audiovisivi ha avuto sulla trasformazione della scrittura di Debenedetti in direzione di quella fisionomia orale che molti interpreti hanno ravvisato nei quaderni delle lezioni universitarie. L’ipotesi è che la pratica cinematografica degli anni Trenta, intrecciata a una precoce riflessione critica e teorica sul nuovo linguaggio, e poi il confronto nel secondo dopoguerra con la scrittura per lo schermo nella redazione dei testi per il cinegiornale La Settimana Incom, abbiano contribuito all’elaborazione da parte di Debenedetti di una concezione relazionale, pubblica e interattiva della parola. La partecipazione alle vicende collettive imposta dal trauma storico legato alla dittatura e alla guerra si associa così a una riconfigurazione della funzione intellettuale accelerata dalle esigenze produttive, estetiche e comunicative del sistema dei media. In consonanza con le pratiche di ibridazione che il linguaggio dei media agisce nel corpo della letteratura europea tra le due guerre, Debenedetti sperimenta nella sua Radiorecita su Jean Santeuil (1952) una critica dialogica, sceneggiata, polifonica, in cui prendono forma gli elementi stilistici, i problemi teorici e le strategie argomentative che ritroviamo attivi nella sua saggistica matura. La tensione orale che percorre la scrittura di Debenedetti corrisponde a un metodo, a una precisa posizione conoscitiva, in cui l’andamento conversativo della critica, e la valorizzazione degli elementi sonori della scrittura, servono a rintracciare la sostanza vivente che pulsa dentro le rappresentazioni dell’immaginario, prendendola in carico attraverso la voce e consegnandola «in diretta» alle orecchie di chi legge.
The present essay is aimed at analysing how the knowledge of audiovisual media affected the trasformation of Giacomo Debenedetti’s writing toward the “oral shape” frequently noticed by scholars, particularly in his notes for the university lectures. First the experience as a screenwriter during the Thirties, intertwined with an early critical and theoretical reflection on the language of cinema; and then, after World War II, the work as a copywriter for the newsreel La Settimana Incom, triggered in Debenedetti the elaboration of a relational, public, interactive idea of writing. Thus the participation in public events, imposed by the historical trauma due to war, dictatorship and persecution, is connected to the re-configuration of the intellectual role speeded up by the productive and aesthetic needs of the communication system. Mirroring the hybridization with media languages that affected European literature during the Twentieth century, Debenedetti tests in his Radiorecita su Jean Santeuil (1952) a dialogic, dramatised, polyphonic criticism, where he gives shape to the fundamental stylistic, theoretical and argumentative patterns of his ultimate production. The oral tension endowing Debenedetti’s writing is a method, a precise epistemological position. The conversational attitude of his criticism, the appreciation of the musical elements of writing, enable Debenedetti to track the living essence pulsating within fictional representations, in order to embody it in his own voice, and deliver it to the readers’ ears.
L’opera di Carlo Emilio Gadda Eros e Priapo, composta tra il 1944 e il 1945 ma pubblicata, in un'... more L’opera di Carlo Emilio Gadda Eros e Priapo, composta tra il 1944 e il 1945 ma pubblicata, in un'edizione filologicamente controversa, soltanto nel 1967, testo ibrido all’incrocio tra saggio, bozzetto narrativo e invettiva, può essere letta come una galleria di violente caricature letterarie, di equivalenti verbali della caricatura visiva, a cominciare dalla reitirata allusione a Mussolini, definita dalla serie irresistibile dei soprannomi e delle descrizioni deformanti. Analizzando le strategie di rappresentazione attivate da Gadda come una forma di intersezione tra caricatura verbale e caricatura visiva, questo intervento si propone di indagare i procedimenti retorici e stilistici della caricatura. E di delineare la sua struttura concettuale, che condivide con la parodia una dinamica basata sui concetti di somiglianza e differenza: sulla riconoscibilità dei tratti caricaturati si fonda l’efficacia della deformazione polemica o satirica. Se è vero che nella rappresentazione del corpo, e in particolare del volto, sono inscritti complessi significati psicologici, storici e politici, deformando le immagini sociali la caricatura costituisce un modo per mettere in discussione le rappresentazioni convenzionali della realtà e degli individui. Come hanno dimostrato alcune ricerche neuroscientifiche, anche dal punto di vista cognitivo la caricatura può essere considerata uno strumento di comprensione del mondo: il nostro cervello, infatti, utilizza la selezione, la stilizzazione e l’enfatizzazione degli elementi per dare senso al groviglio delle percezioni e individuare delle regolarità. Studiosi come Ramachandran, Zeki, Gallese, Kandel hanno invidivuato una omologia tra i processi cerebrali di base e l’iperbole, ovvero l’accentuazione percettiva dei tratti, inscrivendo così la caricatura tra i procedimenti fondamentali dell’elaborazione artistica, radicati a livello neurologico. Per il nostro cervello deformare il mondo significa individuarne le caratteristiche nascoste, che rimarrebbero inespresse se non fossero caricate. Analogamente, la caricatura funziona come un dispositivo critico, che isola ed enfatizza alcuni dettagli per rovesciare gli schemi della rappresentazione.
The most recent contributions on cognitive narratology conceive the tale as an instrument of thou... more The most recent contributions on cognitive narratology conceive the tale as an instrument of thought and the literary narration as the representation of fictional minds that take a shape within stories. Such a perspective allows us to redefine the notion of literary narrativity, by shifting our attention from the connection over time of happenings composing a plot of causal relations, to the occurrence of events which provide a greater knowledge about the world and the mind processes that organize our experience. By assuming this theoretical perspective, our intervention aims at showing that narrative forms are rooted into the biological-cognitive processes related to the emergence of consciousness, which – according to Antonio Damasio – range from structuring a core-self to a complex unfolding of an autobiographical-self. In this sense, Orlando furioso by Ludovico Ariosto seems to be a quite meaningful case-study, since its structure is based on elementary and primary forms of emotion that, once immerged into the complexity of relational contexts, produce an ‘extended’ consciousness: this latter does not belong to any of the individual characters but consistently emerges from the plot composition. The complication of the simple forms of consciousness is then accompanied by a complication of the meanings that the narrator tries to draw from the tale and which are continuously re-modulated according to the development of the narration.
In light of the blurring of strict boundaries separating different literary genres, literary theo... more In light of the blurring of strict boundaries separating different literary genres, literary theory during the twentieth century considered criticism as a particular kind of rewriting, in which the meaning of the primary text is recreated through a new text, that is the text of the critic. This theoretical turning point is grounded in the idea that style can be a method of comprehension, and writing an extension of the mind, through which thoughts are shaped and not merely transcribed. If the space of writing is the very place where thought happens, rewriting becomes a strategy for understanding. The enhancement of writing as an interpretative tool is particularly relevant to the essay, conceived as a hybrid genre bridging criticism and literature. Indeed, the essay assumes stylistic patterns commonly associated with literature, such as a narrative tendency, the use of figurative and metaphoric language, and a combination of historical and fictional elements. Moreover, the cognitive value of the act of rewriting is endorsed by more recent research on human cognition. Philosophical, cognitive, and even neuroscientific studies, in fact, have underlined the role of empathy and reenactment in the processes of comprehension, elaborating the idea that cognition is an embodied process, instead of a pure intellectual faculty.
La pubblicazione del libro postumo di Carlo Alberto Madrignani, «Verità e visioni. Poesia, pittur... more La pubblicazione del libro postumo di Carlo Alberto Madrignani, «Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica» (Pisa, 2013) rappresenta in questo intervento un punto di partenza per riflettere sulla funzione dei modelli epistemologici che hanno informato la critica letteraria del Novecento e sulle conseguenze della loro crisi. Il pensiero ultimo di uno studioso come Madrignani, infatti, lascia emergere le contraddizioni interne e i sintomi di esaurimento della ‘tradizione del moderno’, aprendo la strada a ipotesi di riformulazione della funzione critica e delle sue strategie di conoscenza. Valorizzando i punti di tensione e di frattura segnalati come ineludibili nelle riflessioni di fine secolo, la critica letteraria può superare la posterità incompleta e contraddittoria incarnata dalla cultura postmoderna e dalla sua attitudine decostruttiva. In particolare, incorporando le nuove metafore e possibilità metodologiche suggerite dalle rappresentazioni del mondo e dell’essere umano che si stanno affermando in campo scientifico, la critica può arrivare a scardinare le dialettiche bloccate e improduttive che hanno tenuto in ostaggio la lunga fine del secolo breve.
Carlo Alberto Madrignani’s posthumous book «Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica» (Pisa, 2013) represents the starting point of this contribution, aiming at investigating both the function and the crisis of the epistemological models that shaped literary criticism during the 20th century. Madrignani’s late thought, in fact, addresses the inner conflicts of the ‘tradition of modernity’, also showing the symptoms of its vanishing. Assuming the breaking points remarked by the philosophical debate at the end of the last century, literary criticism could overcome the incomplete and contradictory posterity represented by the postmodernist culture and its deconstructionist attitude. In particular, embodying the new metaphors and methods coming from the disrupting representations of the world and of the humankind provided by scientific research, criticism could find an exit strategy from the paralysis of meaning characterising the long end of the short 20th century.
La presente rassegna muove dal contributo che gli studi sul cervello hanno fornito all’avanzament... more La presente rassegna muove dal contributo che gli studi sul cervello hanno fornito all’avanzamento delle scienze cognitive e allo studio delle pratiche simboliche (prima parte), per poi stringere sui rapporti tra filosofia cognitiva e letteratura, fissati nella definizione disciplinare di Cognitive poetics, strettamente connessa alle elaborazioni della lingustica cognitiva (seconda parte). Nella terza sezione, a partire dalla riconfigurazione della narratologia abilitata dalle scienze della mente, che individuano nella narrazione uno strumento cognitivo decisivo per lo sviluppo della specie umana, si discuterà la possibilità di storicizzare lo studio della mente, indagando le articolazioni tra costanti cognitive e variabili culturali.
Analysing the state of the art indigital humanities can be noticed that the main results achieved... more Analysing the state of the art indigital humanities can be noticed that the main results achieved by now in the application of digital tools to the study of arts and literature concerned the empowering of the availability of texts and documents. Research programs focused on the building of digital archives and databases, in fact, mainly addressed the digitalisation and the fruition of cultural objects. However, the great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers toward the conception of digital tools underlying a critical and interpretative value, grounding on the great range of possibilities enabled by the semantic web. Semantic web, in fact, is not just about representing meanings, it’s about creating them (through the use of RDF and RDF schema) and linking them to shared definitions (onthologies); additionally, thanks to the principle of inference, these meanings are connected to each other in a network that continuously produces knowledge. Grounding on the work I am developing at the CTL Lab of the Scuola Normale Superiore, within the ERC project Looking at Words Through Images (PI Professor Lina Bolzoni), in this intervention I aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation of textual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wideranging map of different texts could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective overpassing traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, musics, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus representing the structure itself of cultural systems.
The article analyses two literary texts by the Italian writer Carlo Emilio Gadda: the anti-fascis... more The article analyses two literary texts by the Italian writer Carlo Emilio Gadda: the anti-fascist satire Eros e Priapo, written between 1944 and 1945; and the novel Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, first published in 1946. The deformed descriptions of the human figure in these texts are contextualised alongside a collection of anti-fascist caricatures from the same period, Enrico Gianeri’s Il Cesare di cartapesta (1945), and read as emotional symptoms of ongoing social conflicts. In fascist Italy, the representation of the body becomes the battlefield where a few resisting emotional communities contrast the strict management of public sentiment performed by the regime. In this context, deformations of the image of Mussolini and fascist society can be interpreted as performances of anger that deconstruct the official emotional regime and reveal the regime of fear on which fascism built its power.
I confini del saggio. Per un bilancio sui destini della forma saggistica, edited by Federico Bertoni, Simona Carretta, Nicolò Rubbi, «Ticontre. Teoria Testo Traduzione», 9 (2018).
Analizzando l’opera saggistica di Cesare Garboli, questo articolo propone di pensare al saggio co... more Analizzando l’opera saggistica di Cesare Garboli, questo articolo propone di pensare al saggio come a una proiezione anamorfica: un’operazione conoscitiva che deforma il testo analizzato per sottrarlo alle convenzioni percettive e interpretative; un intervento critico che istalla dentro l’opera una diversa e obliqua immagine dell’opera. A partire da questa metafora visiva, e ricorrendo ad alcuni assunti teorici elaborati dalle scienze neurocognitive, il saggio può essere interpretato come un terzo spazio che ibrida lo spazio della critica e quello dell’invenzione, sovrappone analisi e scrittura creativa. Lo spazio del saggio è il risultato di un blending concettuale, ovvero della fusione di domini conoscitivi precedentemente irrelati. A convergere nel terzo spazio del saggio non sono soltanto due “generi” o modalità discorsive, critica e letteratura, ma due modalità della cognizione, il pensiero analitico e il pensiero immaginativo. Nei suoi saggi Garboli riformula i significati dei testi di partenza in un nuovo testo che sfrutta risorse letterarie, ricorre a pattern narrativi, utilizza un linguaggio ad alta densità metaforica e stilistica, contamina elementi storici ed elementi finzionali. Riproducendo in anamorfosi le opere di cui parla, Garboli intende demistificare ogni illusionismo letterario, mostrando il legame delle parole con il mondo della vita, la loro origine materiale, il radicamento della creatività nell’esperienza individuale del corpo che si muove in un contesto storico e biografico.
Analysing the work of Cesare Garboli, this article aims at representing the essay as an anamorphic projection. The essay deforms the literary text to deconstruct perceptive and interpretative conventions. It brings within the literary work a divergent image of the work itself. Building on this visual metaphor, and drawing on theoretical insights from neurocognitive sciences, the article interprets the essay as a third space in which criticism and invention are hybridised, analysis and creative writing are overlapped. The essay results from a conceptual blending, that is, the merging of two mental spaces previously unrelated. The third space of the essay doesn’t just blend two genres or discourses, such as criticism and literature, but two cognitive modes, namely analytical thought and imaginative thought. In his essays, Garboli reshapes the meanings of the analysed texts and creates a new text drawing on literary resources, such as narrative patterns, metaphorical and stylistic density, contamination of history and fiction. In reproducing literary works as anamorphoses, Garboli aims at deconstructing the illusionism of literature. He shows how words are rooted in life, how creativity has a material origin and is determined by the existence of the body in its biographical and historical contexts.
Il saggio propone di individuare in alcuni dei volti descritti nell'Orlando furioso una traccia c... more Il saggio propone di individuare in alcuni dei volti descritti nell'Orlando furioso una traccia caricaturale, una tendenza alla deformazione del ritratto analoga a quella che ha portato alla nascita della caricatura.
L'oggetto di questo saggio è il tradimento come dispositivo di produzione della discorsività verb... more L'oggetto di questo saggio è il tradimento come dispositivo di produzione della discorsività verbo-motoria che definisce in letteratura il motivo della donna abbandonata: una messa in scena di emozioni radicali, affidata a una tipologia testuale che incorpora la memoria di alcune immagini antiche, di configurazioni espressive arcaiche. Il motivo della donna abbandonata viene analizzato seguendo in parallelo le storie di Olimpia nell'Orlando furorioso e di Armida nella Gerusalemme liberata.
La centralità strutturale del personaggio di Goffredo all'interno della Gerusalemme Liberata, rip... more La centralità strutturale del personaggio di Goffredo all'interno della Gerusalemme Liberata, ripetutamente segnalata dalla critica, trova un’interpretazione figurativa, e persino un’intensificazione, nelle immagini che Bernardo Castello concepisce per illustrare le due principali edizioni genovesi del poema tassiano: la Bartoli del 1590 e la Pavoni nel 1617 . In questi set illustrativi Goffredo è centrale per la frequenza con la quale ricorre la sua rappresentazione, forse quantitativamente seconda solo all’immagine di Gerusalemme, che occupa stabilmente lo sfondo delle incisioni, quasi a tradurre visivamente il legame indissolubile, creato dall’enjambement dei primi due versi del poema, tra il «capitano» e la sua meta, il «gran sepolcro». Ma la figura di Goffredo è anche il centro organizzatore, il perno compositivo, delle singole immagini nelle quali compare.
Manzonis Europa – Europas Manzoni. L’Europa di Manzoni – Il Manzoni dell’Europa, ed. by B. Vinken, A. Oster, F. Broggi, München: Herbert Utz Verlag, 2017, pp. 143-187.
Le vicende narrate nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto implicano una riflessione sulla forma... more Le vicende narrate nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto implicano una riflessione sulla formazione emotiva e relazionale dell'individuo. Il saggio propone di rintracciare nel discorso psicologico contenuto nel Furioso la rappresentazione di un processo del sé che intercetta alcune costanti antropologiche e biologiche. In particolare, l'opera sembra stilizzare e dare forma ai processi di emersione della coscienza non in quanto dispositivo etico-morale, ma in quanto consciousness , costruzione del sé a partire da uno stadio istintuale e pulsionale. Utilizzando le teorie della coscienza elaborate in ambito neurocognitivo, il saggio cerca di individuare le mediazioni stilistiche che conducono dalle predisposizioni della mente-corpo all'elaborazione della scrittura, per leggere nella complessità dell'intreccio ariostesco il manifestarsi della tensione tra stati di esistenza puntiformi e discontinui e una percezione del sé coerente e stabile. Astolfo, personaggio dallo statuto anomalo, diventa testimone e strumento del tentativo, sempre precario, di sollevarsi dalle emergenze vitali nucleari per approdare a una dimensione compiuta della coscienza.
The events narrated within Ludovico Ariosto's Orlando furioso imply a reflection on the emotional and relational development of the human being. The present essay detects in the psychological discourse contained within the Furioso the representation of a " self process " intercepting some anthropological and biological constant. Particularly, Ariosto's work stylizes and gives shape to the emergence of consciousness, conceived not as an ethical and moral entity but as the process transforming the in-stinctual dimension of life into self-awareness. Grounding on neurocognitive theories of consciousness , the essay individuates the stylistic mediations leading from the attitudes of the embodied mind to the elaboration of writing. So to read in the complexity of Ariosto's plot the emerging tension between intermittent and discontinuous states of existence and a coherent and stable self-perception. Astolfo, with his anomalous status as a character, witnesses the precarious attempt to raise from the nuclear emergences of life and achieve the fulfilment of consciousness.
The great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers to... more The great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers towards a conception of digital tools as having a critical and interpretative value, grounded in the great range of possibilities enabled by the semantic web. The semantic web, in fact, is not just about representing meanings, it is about creating them and linking them to shared definitions; additionally, these meanings are connected to each other in a network that continuously produces knowledge. Based on the work we are developing at the CTL Lab of the Scuola Normale Superiore, within the ERC project Looking at Words Through Images, in this intervention we aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to Humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and the arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation of textual and visual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wide-ranging map of different texts and images could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective that transcends traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, music, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus representing the structure itself of cultural systems.
Il saggio si propone di analizzare l’influenza che la pratica dei media audiovisivi ha avuto sull... more Il saggio si propone di analizzare l’influenza che la pratica dei media audiovisivi ha avuto sulla trasformazione della scrittura di Debenedetti in direzione di quella fisionomia orale che molti interpreti hanno ravvisato nei quaderni delle lezioni universitarie. L’ipotesi è che la pratica cinematografica degli anni Trenta, intrecciata a una precoce riflessione critica e teorica sul nuovo linguaggio, e poi il confronto nel secondo dopoguerra con la scrittura per lo schermo nella redazione dei testi per il cinegiornale La Settimana Incom, abbiano contribuito all’elaborazione da parte di Debenedetti di una concezione relazionale, pubblica e interattiva della parola. La partecipazione alle vicende collettive imposta dal trauma storico legato alla dittatura e alla guerra si associa così a una riconfigurazione della funzione intellettuale accelerata dalle esigenze produttive, estetiche e comunicative del sistema dei media. In consonanza con le pratiche di ibridazione che il linguaggio dei media agisce nel corpo della letteratura europea tra le due guerre, Debenedetti sperimenta nella sua Radiorecita su Jean Santeuil (1952) una critica dialogica, sceneggiata, polifonica, in cui prendono forma gli elementi stilistici, i problemi teorici e le strategie argomentative che ritroviamo attivi nella sua saggistica matura. La tensione orale che percorre la scrittura di Debenedetti corrisponde a un metodo, a una precisa posizione conoscitiva, in cui l’andamento conversativo della critica, e la valorizzazione degli elementi sonori della scrittura, servono a rintracciare la sostanza vivente che pulsa dentro le rappresentazioni dell’immaginario, prendendola in carico attraverso la voce e consegnandola «in diretta» alle orecchie di chi legge.
The present essay is aimed at analysing how the knowledge of audiovisual media affected the trasformation of Giacomo Debenedetti’s writing toward the “oral shape” frequently noticed by scholars, particularly in his notes for the university lectures. First the experience as a screenwriter during the Thirties, intertwined with an early critical and theoretical reflection on the language of cinema; and then, after World War II, the work as a copywriter for the newsreel La Settimana Incom, triggered in Debenedetti the elaboration of a relational, public, interactive idea of writing. Thus the participation in public events, imposed by the historical trauma due to war, dictatorship and persecution, is connected to the re-configuration of the intellectual role speeded up by the productive and aesthetic needs of the communication system. Mirroring the hybridization with media languages that affected European literature during the Twentieth century, Debenedetti tests in his Radiorecita su Jean Santeuil (1952) a dialogic, dramatised, polyphonic criticism, where he gives shape to the fundamental stylistic, theoretical and argumentative patterns of his ultimate production. The oral tension endowing Debenedetti’s writing is a method, a precise epistemological position. The conversational attitude of his criticism, the appreciation of the musical elements of writing, enable Debenedetti to track the living essence pulsating within fictional representations, in order to embody it in his own voice, and deliver it to the readers’ ears.
L’opera di Carlo Emilio Gadda Eros e Priapo, composta tra il 1944 e il 1945 ma pubblicata, in un'... more L’opera di Carlo Emilio Gadda Eros e Priapo, composta tra il 1944 e il 1945 ma pubblicata, in un'edizione filologicamente controversa, soltanto nel 1967, testo ibrido all’incrocio tra saggio, bozzetto narrativo e invettiva, può essere letta come una galleria di violente caricature letterarie, di equivalenti verbali della caricatura visiva, a cominciare dalla reitirata allusione a Mussolini, definita dalla serie irresistibile dei soprannomi e delle descrizioni deformanti. Analizzando le strategie di rappresentazione attivate da Gadda come una forma di intersezione tra caricatura verbale e caricatura visiva, questo intervento si propone di indagare i procedimenti retorici e stilistici della caricatura. E di delineare la sua struttura concettuale, che condivide con la parodia una dinamica basata sui concetti di somiglianza e differenza: sulla riconoscibilità dei tratti caricaturati si fonda l’efficacia della deformazione polemica o satirica. Se è vero che nella rappresentazione del corpo, e in particolare del volto, sono inscritti complessi significati psicologici, storici e politici, deformando le immagini sociali la caricatura costituisce un modo per mettere in discussione le rappresentazioni convenzionali della realtà e degli individui. Come hanno dimostrato alcune ricerche neuroscientifiche, anche dal punto di vista cognitivo la caricatura può essere considerata uno strumento di comprensione del mondo: il nostro cervello, infatti, utilizza la selezione, la stilizzazione e l’enfatizzazione degli elementi per dare senso al groviglio delle percezioni e individuare delle regolarità. Studiosi come Ramachandran, Zeki, Gallese, Kandel hanno invidivuato una omologia tra i processi cerebrali di base e l’iperbole, ovvero l’accentuazione percettiva dei tratti, inscrivendo così la caricatura tra i procedimenti fondamentali dell’elaborazione artistica, radicati a livello neurologico. Per il nostro cervello deformare il mondo significa individuarne le caratteristiche nascoste, che rimarrebbero inespresse se non fossero caricate. Analogamente, la caricatura funziona come un dispositivo critico, che isola ed enfatizza alcuni dettagli per rovesciare gli schemi della rappresentazione.
The most recent contributions on cognitive narratology conceive the tale as an instrument of thou... more The most recent contributions on cognitive narratology conceive the tale as an instrument of thought and the literary narration as the representation of fictional minds that take a shape within stories. Such a perspective allows us to redefine the notion of literary narrativity, by shifting our attention from the connection over time of happenings composing a plot of causal relations, to the occurrence of events which provide a greater knowledge about the world and the mind processes that organize our experience. By assuming this theoretical perspective, our intervention aims at showing that narrative forms are rooted into the biological-cognitive processes related to the emergence of consciousness, which – according to Antonio Damasio – range from structuring a core-self to a complex unfolding of an autobiographical-self. In this sense, Orlando furioso by Ludovico Ariosto seems to be a quite meaningful case-study, since its structure is based on elementary and primary forms of emotion that, once immerged into the complexity of relational contexts, produce an ‘extended’ consciousness: this latter does not belong to any of the individual characters but consistently emerges from the plot composition. The complication of the simple forms of consciousness is then accompanied by a complication of the meanings that the narrator tries to draw from the tale and which are continuously re-modulated according to the development of the narration.
In light of the blurring of strict boundaries separating different literary genres, literary theo... more In light of the blurring of strict boundaries separating different literary genres, literary theory during the twentieth century considered criticism as a particular kind of rewriting, in which the meaning of the primary text is recreated through a new text, that is the text of the critic. This theoretical turning point is grounded in the idea that style can be a method of comprehension, and writing an extension of the mind, through which thoughts are shaped and not merely transcribed. If the space of writing is the very place where thought happens, rewriting becomes a strategy for understanding. The enhancement of writing as an interpretative tool is particularly relevant to the essay, conceived as a hybrid genre bridging criticism and literature. Indeed, the essay assumes stylistic patterns commonly associated with literature, such as a narrative tendency, the use of figurative and metaphoric language, and a combination of historical and fictional elements. Moreover, the cognitive value of the act of rewriting is endorsed by more recent research on human cognition. Philosophical, cognitive, and even neuroscientific studies, in fact, have underlined the role of empathy and reenactment in the processes of comprehension, elaborating the idea that cognition is an embodied process, instead of a pure intellectual faculty.
La pubblicazione del libro postumo di Carlo Alberto Madrignani, «Verità e visioni. Poesia, pittur... more La pubblicazione del libro postumo di Carlo Alberto Madrignani, «Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica» (Pisa, 2013) rappresenta in questo intervento un punto di partenza per riflettere sulla funzione dei modelli epistemologici che hanno informato la critica letteraria del Novecento e sulle conseguenze della loro crisi. Il pensiero ultimo di uno studioso come Madrignani, infatti, lascia emergere le contraddizioni interne e i sintomi di esaurimento della ‘tradizione del moderno’, aprendo la strada a ipotesi di riformulazione della funzione critica e delle sue strategie di conoscenza. Valorizzando i punti di tensione e di frattura segnalati come ineludibili nelle riflessioni di fine secolo, la critica letteraria può superare la posterità incompleta e contraddittoria incarnata dalla cultura postmoderna e dalla sua attitudine decostruttiva. In particolare, incorporando le nuove metafore e possibilità metodologiche suggerite dalle rappresentazioni del mondo e dell’essere umano che si stanno affermando in campo scientifico, la critica può arrivare a scardinare le dialettiche bloccate e improduttive che hanno tenuto in ostaggio la lunga fine del secolo breve.
Carlo Alberto Madrignani’s posthumous book «Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica» (Pisa, 2013) represents the starting point of this contribution, aiming at investigating both the function and the crisis of the epistemological models that shaped literary criticism during the 20th century. Madrignani’s late thought, in fact, addresses the inner conflicts of the ‘tradition of modernity’, also showing the symptoms of its vanishing. Assuming the breaking points remarked by the philosophical debate at the end of the last century, literary criticism could overcome the incomplete and contradictory posterity represented by the postmodernist culture and its deconstructionist attitude. In particular, embodying the new metaphors and methods coming from the disrupting representations of the world and of the humankind provided by scientific research, criticism could find an exit strategy from the paralysis of meaning characterising the long end of the short 20th century.
La presente rassegna muove dal contributo che gli studi sul cervello hanno fornito all’avanzament... more La presente rassegna muove dal contributo che gli studi sul cervello hanno fornito all’avanzamento delle scienze cognitive e allo studio delle pratiche simboliche (prima parte), per poi stringere sui rapporti tra filosofia cognitiva e letteratura, fissati nella definizione disciplinare di Cognitive poetics, strettamente connessa alle elaborazioni della lingustica cognitiva (seconda parte). Nella terza sezione, a partire dalla riconfigurazione della narratologia abilitata dalle scienze della mente, che individuano nella narrazione uno strumento cognitivo decisivo per lo sviluppo della specie umana, si discuterà la possibilità di storicizzare lo studio della mente, indagando le articolazioni tra costanti cognitive e variabili culturali.
Il libro contiene il primo studio complessivo dedicato all’opera di Cesare Garboli. Offre un ritr... more Il libro contiene il primo studio complessivo dedicato all’opera di Cesare Garboli. Offre un ritratto cubista dell’ultimo saggista italiano, critico creativo e scrittore in fuga tra media e linguaggi diversi. E lo integra con una discussione piú generale sul significato della critica, sulla sua crisi, le sue trasformazioni, le sue possibilità. La saggistica di Garboli ha cercato instancabilmente nella letteratura la traccia lasciata dalle forze vitali, dalle esperienze essenziali, dai movimenti profondi della condizione umana. Prolungando questa ricerca e confrontandola con le metodologie critiche piú aggiornate, le scienze della mente e la teoria dei media, il libro mappa il presente e interroga il futuro delle pratiche interpretative. In un momento di inaudita espansione delle capacità poietiche della tecnica, che preme sull’immagine umana e la deforma in senso già post-umano, come può la critica tornare a mostrare il legame originario tra la letteratura e la vita – biologica, esistenziale, sociale – degli esseri umani?
"Dalla quarta di copertina di Salvatore Silvano Nigro:
Questo libro di Paolo Gervasi porta in ... more "Dalla quarta di copertina di Salvatore Silvano Nigro:
Questo libro di Paolo Gervasi porta in fronte, come una "porta", un frontespizio, il ritratto postumo che Carlo Levi fece a memoria del suo amico Giacomo Debenedetti. In calce al ritratto, Levi aggiunse un'epigrafe: «Dalla Torino adolescente / più antica dell'amicizia / scopriva la poesia / e fraterni i poeti». Ed è dentro il perimetro di questa «Torino adolescente», che si muove Gervasi nel suo inseguimento di una trama fatta di articoli dispersi e negletti, di pagine narrative, di esperienze pittoriche e poetiche; con il proposito di disegnare (raccontando) un ritratto di Debenedetti da giovane, nella città di Gobetti e di Gramsci. L'indagine sui «motivi originari della critica debenedettiana» e sulla nascita di un racconto critico come forma di un'«eresia», fanno di questo libro un contributo notevole alla storia di un uomo e di una generazione di grandi umanisti che conobbero il destino di persecuzione e di esilio in patria profetizzato da Gobetti.
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Intervention at the International Conference Literature and Social Emotions, University of Bristo... more Intervention at the International Conference Literature and Social Emotions, University of Bristol, 22 June 2018.
Participation in the International Conference «Critica delle emozioni», FICLIT – Dipartimento di ... more Participation in the International Conference «Critica delle emozioni», FICLIT – Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica, University of Bologna, November 22-23, 2018.
Warburg Institute Postgraduate Symposium Mnemonic Waves, 2018
In his essay on The Experiment of Caricature, Gombrich stated that caricatures deform human physi... more In his essay on The Experiment of Caricature, Gombrich stated that caricatures deform human physiognomy to make mental and emotional states visible and rely on the instinctual capacity of the mind of recognising hints of psychological life in the alteration produced by moving lines. This interpretation of caricature can be traced back to the link between motion and emotion established in Aby Warburg’s research on Pathosformeln, according to which artistic forms conveying extreme feelings and passions alter the static image of the human body, verging on deformation. Bridging Gombrich’s and Warburg’s insights, caricatures can be seen as the Pathosformeln of modernity. Caricatures elaborate a modern tradition of recurring patterns and pathos formulae, which activates the same «inborn responses» embodied in ancient Pathosformeln. Gombrich’s analysis of caricatures assumes the «biologically conditioned» connection between body-reading and mind-reading that was implied in the idea of Pathosformeln, thus opening Warburg’s legacy to the confrontation with psychoanalysis as much as with cognitive and neurocognitive sciences.
This conference will explore the theme of resistance in Italy looking at the literature, politics... more This conference will explore the theme of resistance in Italy looking at the literature, politics and aesthetics of innovation and subversion in Italian culture from Dante to the present. Whilst we hope to re-examine what one might designate as the classical Resistance (1943-45), we are equally interested in examining the ideas and practices challenging domineering tradition, illegitimate power and status hierarchies from early modern Italy up to now. http://www.sussex.ac.uk/languages/newsandevents/italianstudiesconference
«Emotional Objects: from lost amulets to found photos», part of the «Being Human Festival», led by the School of Advanced Study, University of London in partnership with the Arts & Humanities Research Council and the British Academy, 17-25 November 2017.
With this talk, I hope I can suggest a standpoint on the literary work of the Italian contemporar... more With this talk, I hope I can suggest a standpoint on the literary work of the Italian contemporary writer Michele Mari by showing how his writing is consistently focused on the relation between memories and objects. In his last book, Leggenda privata, an autobiography disguised as a horror story (but also the other way round: a horror story disguised as an autobiography), published a few months ago, he writes: «All my books are about the soul entrusted to things».
The aim of my research is to provide evidence for the existence of a mode of representation that ... more The aim of my research is to provide evidence for the existence of a mode of representation that I call literary caricature. I plan to examine a broad corpus of mainly Italian literary texts, from the Renaissance to the Twentieth Century, in order to detect descriptions of human figures based on overstatement, exaggeration, deformation. Once collected, these texts will be analysed through a theoretical framework pivoting on the concept of hyperbole. I take hyperbole to be a cognitive device encompassing both verbal and visual caricatures, and enabling the human mind to understand the world by misshaping it.
Gianni Celati ha suggerito che la narrazione dell’Orlando furioso procede attraverso il concatena... more Gianni Celati ha suggerito che la narrazione dell’Orlando furioso procede attraverso il concatenamento di impulsi elementari, di ostinazioni e raptus, di moti psico-fisici immediati. Nella filigrana delle vicende narrate si può quindi leggere il conflitto permanente tra alcuni nuclei emotivi ed esperienziali fondamentali, che arriva a sabotare la continuità della coscienza. La complessità dell’intreccio diventa anche una rappresentazione della complessità della vita psichica. Con il presente intervento vorrei verificare l’idea che un personaggio in particolare del Furioso possa essere interpretato come la messa in figura di un’ipotesi di gestione e dominio di questa complessità. Si tratta di Astolfo, il paladino che, trasformato dalla maga Alcina in mirto, entra nel poema emergendo da un’esperienza di smarrimento dell’identità. Riconquistata la forma umana, Astolfo affronta e sconfigge diverse manifestazioni della dismisura, del mostruoso, dell’informe, della mutevolezza e dell’instabilità. Ed è chiamato a dissolvere il castello di Atlante, liberando i cavalieri dalle loro ossessioni ripetitive e dando la possibilità alle loro storie di dispiegarsi. Recuperando il senno di Orlando, poi, il paladino non solo contribuisce alla soluzione della vicenda bellica del poema, ma reintegra nell’universo poematico la possibilità di superare e vincere le intermittenze della coscienza. Astolfo, l’eroe incosciente, diventa funzione del prodursi della coscienza. Che non dipende, come dimostrano le sue avventure «fortunose», determinate dal caso e modellate dalle circostanze, da un atto supremo della volontà, ma da un’elaborazione contingente e flessibile dell’esperienza. L’intervento seguirà un doppio percorso interpretativo, testuale e visivo. Attraverso l’analisi testuale vorrei mostrare come le vicende che riguardano Astolfo possano essere lette come prove di dominio empirico della realtà, psichica e relazionale. Facendo interagire i testi con alcune immagini, poi, tratte dalla tradizione illustrativa del poema e da altre interpretazioni figurative del Furioso, vorrei suggerire che l’eroe ariostesco, misurando quasi cartograficamente lo spazio narrativo e segnando i suoi confini, incarna uno sguardo sul mondo che corrisponde al tentativo, percepito in tutta la sua precarietà, di sollevarsi dalle emergenze nucleari e di conquistare una visione prospettica sul reale.
Nell’Orlando furioso il narratore, mentre manovra i fili della narrazione e gestisce i molteplici... more Nell’Orlando furioso il narratore, mentre manovra i fili della narrazione e gestisce i molteplici piani dell’entrelacement, esplicita il proprio punto di vista sul racconto, e crea così una dimensione di senso che scaturisce dalla sua relazione con la materia narrata. Rappresentandosi come colui che scrive negli intervalli di lucidità concessi dalla pazzia d’amore, si mostra coinvolto al pari dei suoi personaggi nei processi di costruzione della soggettività che il poema mette in scena. In particolare nei proemi che introducono i canti con generalizzazioni morali ed etiche, o con considerazioni sociali e politiche, la voce narrante sembra voler segnalare ed elaborare i significati fondamentali del racconto, le verità che scaturiscono dagli eventi narrati. La straniante modernità dell’attitudine metadiscorsiva che emerge in queste zone del testo è testimoniata dal fatto che fin dalla prima ricezione del Furioso i proemi rappresentano un elemento problematico, in conflitto con i precetti che informano la nascente teoria dei generi e condannano l’esposizione della soggettività del poeta epico. Analizzando il modo in cui alcuni proemi elaborano e ridiscutono – attraverso l’irruzione dell’io – la materia narrata, intendiamo mostrare come riflessione e narrazione istituiscono un rapporto di reciproca tensione, poiché la formulazione delle sentenze è turbata dall’esperienza della voce narrante, presa nella stessa rete che invischia i personaggi: il complicato costituirsi delle loro soggettività retroagisce sulla costruzione della soggettività del narratore, pazzo d’amore come i suoi eroi. Raccontando e tematizzando l’esperienza amorosa e il rapporto tra maschile e femminile, il narratore interroga i processi di formazione delle identità, mette alla prova la tenuta dei codici etici e comportamentali, lavorando sul proprio posizionamento e disciplinando le proprie pulsioni.
Un'analisi delle rappresentazioni della sovranità nelle illustrazioni di tre edizioni genovesi de... more Un'analisi delle rappresentazioni della sovranità nelle illustrazioni di tre edizioni genovesi della Gerusalemme Liberata, ideate da Bernardo Castello.
Two of the most important novelists of the 20th century, James Joyce and Marcel Proust, associate... more Two of the most important novelists of the 20th century, James Joyce and Marcel Proust, associated the revolutionary newness of their writing to the description of astonishing, unexpected moments of deep consciousness, breaking into reality and changing the individual perception of the world. Thus their novels, instead of being grounded on a plot, are pivoted on these explosions of awareness, the renowned Joyce’s epiphanies and Proust’s intermittences du cœur. Such literary examples allow studies on narratology to redefine the notion of narrativity by shifting the attention from the connection over time of happenings composing a plot of causal relations, to the occurrence of events which provide a greater insight into the mind processes that organize our experience. In order for a story to make sense, the presence of a fact is not enough: a cognitive mutation is needed, producing an increase of knowledge about the world. The present contribution aims at showing that, conceived as the extension and stylisation of an essential nucleus of sense, narrative form adhere to the deep processes of the emergence of consciousness outlined by neurosciences. According to the studies of Antonio Damasio, the bodily control of basic biological mechanisms gives rise to a proto-self, determined by the perception of primary sensations of existence. When an organism creates a relationship with its environment and comes into contact with the objects of its knowledge, a core-self emerges and modifies the proto-self: this modification is the first event in which the organism takes part, that is its first action. By organizing the pulsation of the core-self, the mind creates the autobiographical-self which arranges punctual events, the single interactions of the self with the environment, into more complex narrative schemes, which are upper levels of consciousness. The fundamental narrative form consists of the constitution of the core-self, since it includes the meaning of a primary event, of a basic interaction between subject and context; the autobiographical-self engages in combining events into more complex plots, into structured narrations that may assure the permanence and continuity of the self. As clearly emerging from Joyce’s and Proust’s anomalous but crucial narrations, what distinguishes a story from a merely inert juxtaposition of facts is the capacity to represent a quality of experience and to embody the qualia of existence, i.e. its essential features, the primary structures of emotion.
Una lezione sull'edizione del 1840 dei Promessi Sposi, che nell'interazione tra parole e immagini... more Una lezione sull'edizione del 1840 dei Promessi Sposi, che nell'interazione tra parole e immagini produce un dispositivo compiutamente multimediale.
Una presentazione dei progetti digitali del CTL (Centro per l'Elaborazione Informatica di Testi e... more Una presentazione dei progetti digitali del CTL (Centro per l'Elaborazione Informatica di Testi e Immagini della Tradizione Letteraria - SNS) e una riflessione sugli strumenti impiegati, con particolare riferimento al web semantico.
L’opera di Carlo Emilio Gadda Eros e Priapo, composta tra il 1944 e il 1945 ma pubblicata soltant... more L’opera di Carlo Emilio Gadda Eros e Priapo, composta tra il 1944 e il 1945 ma pubblicata soltanto nel 1967, testo ibrido all’incrocio tra saggio, bozzetto narrativo e invettiva, può essere letta come una galleria di violente caricature letterarie, di equivalenti verbali della caricatura visiva, a cominciare dalla reitirata allusione a Mussolini, definita dalla serie irresistibile dei soprannomi e delle descrizioni deformanti. Analizzando le strategie di rappresentazione attivate da Gadda come una forma di intersezione tra caricatura verbale e caricatura visiva, questo intervento si propone di indagare i procedimenti retorici e stilistici della caricatura. E di delineare la sua struttura concettuale, che condivide con la parodia una dinamica basata sui concetti di somiglianza e differenza: sulla riconoscibilità dei tratti caricaturati si fonda l’efficacia della deformazione polemica o satirica. Se è vero che nella rappresentazione del corpo, e in particolare del volto, sono inscritti complessi significati psicologici, storici e politici, deformando le immagini sociali la caricatura costituisce un modo per mettere in discussione le rappresentazioni convenzionali della realtà e degli individui. Come hanno dimostrato alcune ricerche neuroscientifiche, anche dal punto di vista cognitivo la caricatura può essere considerata uno strumento di comprensione del mondo: il nostro cervello, infatti, utilizza la selezione, la stilizzazione e l’enfatizzazione degli elementi per dare senso al groviglio delle percezioni e individuare delle regolarità. Studiosi come Ramachandran, Zeki, Gallese, Kandel hanno invidivuato una omologia tra i processi cerebrali di base e l’iperbole, ovvero l’accentuazione percettiva dei tratti, inscrivendo così la caricatura tra i procedimenti fondamentali dell’elaborazione artistica, radicati a livello neurologico. Per il nostro cervello deformare il mondo significa individuarne le caratteristiche nascoste, che rimarrebbero inespresse se non fossero caricate. Analogamente, la caricatura funziona come un dispositivo critico, che isola ed enfatizza alcuni dettagli per rovesciare gli schemi della rappresentazione.
Come si ri-configurano nello spazio digitale le immagini nate
per illustrare poemi cavallereschi ... more Come si ri-configurano nello spazio digitale le immagini nate per illustrare poemi cavallereschi e abitare le pagine dei libri? Un workshop per scoprire come la tecnologia permetta di rievocare e sprigionare la loro potenza evocativa e la capacità di comunicare anche a distanza di secoli.
Analysing the state of the art indigital humanities can be noticed that the main results achieved... more Analysing the state of the art indigital humanities can be noticed that the main results achieved by now in the application of digital tools to the study of arts and literature concerned the empowering of the availability of texts and documents. Research programs focused on the building of digital archives and databases, in fact, mainly addressed the digitalisation and the fruition of cultural objects. However, the great shift from the web of documents to the web of data challenges humanities researchers toward the conception of digital tools underlying a critical and interpretative value, grounding on the great range of possibilities enabled by the semantic web. Semantic web, in fact, is not just about representing meanings, it’s about creating them (through the use of RDF and RDF schema) and linking them to shared definitions (onthologies); additionally, thanks to the principle of inference, these meanings are connected to each other in a network that continuously produces knowledge. Grounding on the work I am developing at the CTL Lab of the Scuola Normale Superiore, within the ERC project Looking at Words Through Images (PI Professor Lina Bolzoni), in this intervention I aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation of textual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wideranging map of different texts could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective overpassing traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, musics, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus representing the structure itself of cultural systems.
Seguendo la traccia di eterogenee suggestioni e intuizioni letterarie, nel libro «Elogio della le... more Seguendo la traccia di eterogenee suggestioni e intuizioni letterarie, nel libro «Elogio della letteratura» Bauman e Mazzeo costruiscono una mappa del presente, dei suoi nodi e delle sue crepe, delle forze che lo attraversano e di quelle che lo opprimono. Una geografia dinamica in cui letteratura e sociologia offrono sguardi convergenti e approcci integrati al “problema umano”.
Cesare Garboli, il più complice dei suoi lettori, sosteneva che nella poesia di Penna, apparentem... more Cesare Garboli, il più complice dei suoi lettori, sosteneva che nella poesia di Penna, apparentemente così accessibile, parla in realtà la voce di un legislatore mitico che detta le leggi immutabili del desiderio. La conclamata semplicità dei suoi versi somiglia all’immediatezza originaria e fondativa dei testi sacri, e le sue folgorazioni istantanee ai frammenti di un discorso divino, le tavole spezzate di una religione antichissima e dimenticata. Ora che l’opera di Penna esce in edizione pregiata, condividendo la carta finissima e la rilegatura preziosa dei testi religiosi, potrebbe sembrare che Garboli abbia avuto ragione, che il discorso mitologico sia stato ricomposto, e che il testo sacro sia pronto per essere restituito al rigoroso culto che istituisce. Del resto, l’assunzione nel cielo dei Meridiani equivale a una consacrazione culturale. E modifica immediatamente, attraverso l’evidenza materiale dell’oggetto-libro, anche la percezione critica dell’oggetto testuale.
Cesare Garboli è stato un avaro custode della propria scrittura: solo una piccola porzione dei su... more Cesare Garboli è stato un avaro custode della propria scrittura: solo una piccola porzione dei suoi articoli e interventi, o degli scritti legati all'attività editoriale, ha superato l'occasionalità ed è stata raccolta in volume. Il libro recentemente pubblicato da Adelphi e curato da Laura Desideri e Domenico Scarpa, La gioia della partita. Scritti 1950-1977, restituisce la conoscenza di una parte significativa di questa produzione sommersa, del lavoro quotidiano che non è andato a coagularsi nell'opera saggistica. Ma che dell'opera è parte integrante, se è vero che nel caso di Garboli il senso dell'opera consiste proprio nel rovesciare il carattere secondario, funzionale e paratestuale, servile e occasionale, dello scrivere critico. La critica assume su di sé, come Sganarello di fronte a Don Giovanni, tutte le domande del testo, e non solo: dell'esperienza umana che il testo trasfigura. Il lavoro diventa creazione, il critico si scopre scrittore, e la sua produzione acquista un significato autonomo. Anche per questo La gioia della partita non è un volume apocrifo o postumo: è un libro di Garboli, che come i libri di Garboli pubblicati in vita afferma la ragione di leggere un critico – questo critico – di per sé, staccando i suoi testi dalle loro occasioni. Questo primo volume di un dittico che restituirà una parte degli scritti dispersi dell'intera carriera di Garboli, poi, ha il merito supplementare di offrire un ritratto del critico da giovane, di restaurare, con parsimonia e oculatezza, un periodo che la severa selezione d'autore aveva più vigorosamente inabissato: il periodo incipitario, quello degli anni Cinquanta e Sessanta. Del quale fa parte anche la scrittura più propriamente editoriale, sempre citata quasi come mitologica attività di Garboli, e ora concretamente verificabile grazie alla selezione di risvolti e presentazioni pubblicata nella sezione del libro intitolata allo «scrittore-editore», secondo l'autodefinizione che Garboli utilizzava, non senza il gusto della sprezzatura, per sottolineare la natura gregaria della propria ispirazione.
L’operazione che Dario Tomasello ha tentato nel suo «Ma cos’è questa crisi. Letteratura e cinema ... more L’operazione che Dario Tomasello ha tentato nel suo «Ma cos’è questa crisi. Letteratura e cinema nell’Italia del malessere» (Il Mulino, 2013) è autenticamente archeologica, nel senso foucaultiano: rifiutando lo schiacciamento prospettico che inchioda all’attualità il discorso dominante sulla crisi, il libro risale la traccia del malessere sociale inscritta nelle pratiche simboliche, per ricollocare le radici della “crisi” all’origine stessa dello sviluppo capitalistico italiano, nel cuore del boom e delle sue promesse progressive, che il cinema e la letteratura smentiscono in tempo reale, mostrandone il costo umano nelle vicende dei vinti novecenteschi.
Il lavoro più recente di Calabrese affonda radicalmente in un groviglio di domande essenziali che... more Il lavoro più recente di Calabrese affonda radicalmente in un groviglio di domande essenziali che l’analisi cognitiva ha il merito di rimettere al centro dello studio dei processi creativi: che cosa significa l’arte, e la narrativa in particolare, per l’esistenza umana? Che tipo di presa ha sui nostri corpi e sul loro agire sociale? Perché è importante, in che modo lo è, e perché e come dovremmo continuare a usarla? La fiction e la vita. Lettura, benessere, salute (Mimesis, 2017) “dimentica” le risposte che a queste domande ha dato la tradizione umanistica, per rappresentare l’arte come pratica necessaria alle forme di vita della specie umana, definendo l’interazione profonda, fisiologica tra il complesso corpo-mente e l’esercizio immaginativo. Non si tratta di leggere per educarsi, per diventare, genericamente o metaforicamente, “persone migliori”: si tratta, si potrebbe dire brutalizzando lo stile argomentativo di Calabrese, di nutrire il cervello di storie per indurlo a produrre più mielina, la struttura che lubrifica le fibre nervose e rende più efficienti le connessioni neurali.
La vaporosa malinconia lasciata dalla partenza di un ospite gradito. La commozione nel veder trio... more La vaporosa malinconia lasciata dalla partenza di un ospite gradito. La commozione nel veder trionfare chi parte svantaggiato. La nostalgia per un luogo in cui non si è mai stati. Ognuno e ognuna di noi probabilmente ha provato almeno una volta uno di questi stati d’animo. E magari ha fatto fatica a descriverli e a nominarli, ha pensato che non fossero condivisibili, ha tentato di scuotersi di dosso queste strane sensazioni. Non sapendo che invece queste emozioni esistono: sono culturalmente riconosciute, hanno dei nomi, una storia e una geografia. La tribù baining che vive sulle montagne della Papua Nuova Guinea chiama awumbuk la malinconia lasciata dalla partenza di un amico che si è ospitato, e dispone ciotole d’acqua negli angoli della casa per assorbire la foschia che l’ospite lascia dietro di sé. L’empatia verso un outsider, l’eccitazione per la vittoria di chi è destinato alla sconfitta, in Giappone si chiama ijirashi. Il finlandese definisce kaukokaipuu il desiderio di essere in un luogo lontano, diverso da quello in cui siamo e in cui forse non saremo mai. L’esistenza di queste parole testimonia che in alcuni luoghi, per effetto di particolari configurazioni sociali, la materia impalpabile e le sfumature impercettibili di cui sono fatte le emozioni si sono condensate in modo da dare luogo a dei concetti, a delle realtà interiori riconoscibili, che hanno richiesto la legittimazione di un nome. A guidarci in queste e in molte altre scoperte di geografia emotiva è l’Atlante delle emozioni umane compilato da Tiffany Watt Smith, recentemente pubblicato da Utet nella traduzione di Violetta Bellocchio. Sottotitolo: 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai.
Durante il Novecento la critica letteraria, rispondendo alla pressione contestuale esercitata dal... more Durante il Novecento la critica letteraria, rispondendo alla pressione contestuale esercitata dal perfezionarsi, in tutti i settori dell’attività umana, degli apparati tecnico-scientifici, ha tentato di strutturarsi secondo modelli ad alto quoziente di formalizzazione, esemplati sui paradigmi delle scienze esatte. Tuttavia, accanto a questa tendenza, in aperta opposizione oppure in dialettica continuità, alcune esperienze hanno mantenuto la critica agganciata a una dimensione retorica e discorsiva, situata nella creatività del linguaggio. Come più volte messo in evidenza dagli studi di Alfonso Berardinelli, la forma del saggio, riattivando nel Novecento una tradizione che risale alle origini della modernità, ha permesso alla critica di coniugare le esigenze dell’analisi e le risorse dell’invenzione, riconoscendo nelle potenzialità ricreative della scrittura una modalità di comprensione interna e ravvicinata del processo letterario. Il saggio si configura come una strategia di conoscenza che descrive le esperienze letterarie raccontandole come storie individuali, secondo un approccio empirico che rifiuta di ricondurre il caso critico a un sistema teorico di riferimento, dato a priori. Nella genealogia della saggistica italiana, indagata, sulla traccia di Berardinelli, da Angela Borghesi, i saggi di Cesare Garboli si segnalano per la loro tendenza a strutturarsi come storie, racconti e romanzi critici, piccole biografie orientate da un criterio narrativo che sostiene l’ipotesi interpretativa. Garboli scrive in presenza degli autori e delle autrici, racconta spesso episodi che riguardano una sua prossimità biografica ed esistenziale rispetto agli scrittori e alle scrittrici, e mostra se stesso, il critico, sulla scena della vicenda creativa, che in questo modo viene raccontata nel suo farsi.
Le scienze della mente sono un eterogeneo insieme di discipline che studiano le strategie umane d... more Le scienze della mente sono un eterogeneo insieme di discipline che studiano le strategie umane di assorbimento, elaborazione e trasmissione della conoscenza. Non coincidono integralmente con lo studio dei processi fisiologici del cervello, anche se la conoscenza dei meccanismi cerebrali è un presupposto fondamentale per lo studio delle funzioni mentali complesse, delle quali fanno parte anche le pratiche simboliche, quindi l’arte e la letteratura. La mappa del cervello e la mappa della mente non sono perfettamente sovrapponibili: sono però confrontabili e intersecabili. E in una delle loro intersezioni si situano i processi creativi, che rappresentano un’elaborazione dell’esperienza umana di immersione nel mondo. Studiare i prodotti artistici da una prospettiva cognitiva significa osservare i movimenti che avvengono nella mente quando una forma si stacca dall’informe delle percezioni e delle cognizioni per assumere un significato estetico e culturale. I fenomeni della creatività possono essere analizzati come la culturalizzazione di alcune funzioni cerebrali fondamentali, quali la tendenza all’astrazione e alla formazione di concetti sintetici, all’iperbole, al raggruppamento, alla simmetria, ecc. L’arte lavora per isolamento e selezione di elementi caratteristici, per intensificazione, astrazione e assolutizzazione di dettagli, e quindi riproduce e amplifica i processi conoscitivi radicati a livello neurobiologico, che consistono nell’individuare e registrare costanti: il cervello è una macchina della creatività che cerca modelli coerenti in un groviglio confuso di segnali ambientali e corporei. L’arte è connaturata all’esperienza umana perché è una declinazione della capacità di trasformazione e organizzazione della realtà che è propria del cervello. La mente funziona secondo meccanismi di creazione del significato analoghi a quelli osservabili nei prodotti della creatività, che del resto non è un dominio separato e opzionale dell’attività mentale, in quanto i processi di comprensione ed elaborazione dell’esperienza sono fondamentalmente inventivi. La mente racconta storie, proietta immagini mentali sulle situazioni sconosciute, individua nella realtà dei ritornelli, produce similitudini, analogie, metafore. Crea continuamente blending concettuali, ovvero interseca, fonde e sovrappone domini concettuali diversi, generando nuovi spazi mentali, nuovi domini concettuali e nuovi significati, stabilendo somiglianze e concatenazioni dove regna la differenza.
La comprensione della poesia di Penna conosce nel corpo a corpo con la critica un approfondimento... more La comprensione della poesia di Penna conosce nel corpo a corpo con la critica un approfondimento e uno scarto. Il poeta che scrive poesie sul bianco taccuino inondato dal sole si scopre un poeta sapienziale, un poeta che sintetizza in forme assolute ed enigmatiche alcune verità radicali sull’esistenza. Un poeta che, ricorrendo alla assolutizzazione della forma e alla essenzializzazione dei significati introduce una differenza irriducibile nel contesto della poesia novecentesca. Penna, nel ritratto di Garboli, è «il solo poeta italiano che abbia creduto di parlare in positivo e a gola spiegata, dicendo chiaramente chi era e che cosa voleva in contrasto con la grande e vincente formula montaliana di negatività, quindi a prezzo di un continuo accento di sfida e di una terribile infrazione sistematica che sarebbe ingeneroso e riduttivo ricondurre al solo tema omosessuale». La vera trasgressione penniana non riguarda il sesso, e va ricercata nel «miracolo di felicità» collocato dentro un sistema che vieta alla poesia ogni accesso alla vitalità. Alla rimozione dell’esistenza si contrappone la strana gioia di vivere «di un poeta indisponibile ad allinearsi con chi rimane a terra, ma anche costretto, se voleva nuotare, a tuffarsi dalla rupe sbagliata».[15] L’omosessualità come contenuto non basta a definire il senso della differenza di Penna: «più forte dell’identità dei sessi è il pensiero della diversità e del disordine dell’amore, di ogni amore».”[16] Lo scandalo è la faglia che l’amore apre, sempre, nella vita degli individui, e nella quale si inserisce l’irriducibilità dell’Altro. Penna allora diventa un mitico trascrittore delle leggi del desiderio, della loro misteriosa ineluttabilità, della loro potenza lacerante che si sottrae a ogni simbolizzazione, a ogni allegorica sublimazione. Le pulsioni del desiderio sono tutto ciò che siamo e ciò che vogliamo: questo sta scritto nelle rughe degli idoli di pietra interrogati da Penna, e conficcati nel deserto delle nostre esistenze.
L’oralità è il tratto fondativo dell’intera opera di Gabriele Frasca: praticata nella disponibili... more L’oralità è il tratto fondativo dell’intera opera di Gabriele Frasca: praticata nella disponibilità di tutte le sue scritture a lasciarsi vocalizzare, e studiata come fatto culturale antropologicamente decisivo. Dalla poesia, al romanzo, alla saggistica, passando per gli esperimenti ibridi e intermedi (del resto ibridi, e intermedi – intermediali – sono tutti i suoi esperimenti con la scrittura), l’oralità per Frasca non è un’opzione poetica, è il medium che ha originato tutti gli altri, e quindi il solo dal quale è possibile ricavare un’arte del discorso comprensiva, in grado di rimescolare e riattivare tutti i saperi prodotti dalla cultura umana.
Nel luglio 2014 Matteo Renzi parlava a Strasburgo della necessità da parte dei giovani italiani d... more Nel luglio 2014 Matteo Renzi parlava a Strasburgo della necessità da parte dei giovani italiani di riconoscersi come la “generazione Telemaco”, la generazione di coloro che devono “meritarsi l’eredità”. Il Presidente del Consiglio non citava Omero, bensì rimasticava un libro dello psicoanalista Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco (Feltrinelli, 2013) . La riflessione di Recalcati sulla ricerca della funzione paterna si inseriva in un più ampio progetto di individuazione di una sintomatologia sintetizzata nella metafora della “evaporazione del padre”, che emblematizza la dissoluzione dei limiti, dei legami, dei principi di mediazione prodotta dal capitalismo contemporaneo per assicurare campo aperto al godimento compulsivo del consumo. Variamente declinata a partire da alcuni assunti lacaniani, questo tipo di analisi del presente si è imposta come dominante nel dibattito culturale e politico attuale, affermando la necessità di opporre alla deriva del godimento un tentativo di riformulazione del Nome del Padre che consenta nuove forme di contrattazione del desiderio. Proprio a queste conclusioni, e alla forma di riduzione della politica a psicologia che le rende possibili, Paolo Godani muove una critica serrata nel suo libro Senza padri (DeriveApprodi, 2014), additando la strisciante tentazione di restaurare la funzione simbolica del Padre come un’attitudine reazionaria e conservativa. Nell’ottica di Godani la dissoluzione dei legami sui quali si fonda l’esistente andrebbe semmai accelerata e assecondata in quanto premessa per la creazione di una comunità di uguali. Il legame, il vincolo, è esattamente quello che il capitalismo contemporaneo utilizza per controbilanciare le proprie spinte disgregatrici, e quindi per conservarsi e riprodursi.
Lamberto Maffei ha scritto, per la collana “Voci” del Mulino, un Elogio della lentezza (Il Mulin... more Lamberto Maffei ha scritto, per la collana “Voci” del Mulino, un Elogio della lentezza (Il Mulino, 2014) percorso dal gusto rinascimentale ed erasmiano per il paradosso. Il libro si apre con l’immagine di una tartaruga sul cui dorso è issata una grande vela gonfiata dal vento, accompagnata dal motto Festina lente, “affrettati lentamente”, l’emblema al quale Cosimo I de’ Medici affidava la sintesi della sua filosofia politica. Anziché inscenare un conflitto schematico, da risolvere unilateralmente, tra lentezza e velocità, Maffei, riprendendo alcuni degli spunti contenuti nel suo precedente, importante libro La libertà di essere diversi (Il Mulino, 2014) mostra la complessità delle relazioni tra due modalità del pensiero, tra due attitudini cognitive biologicamente radicate. Da un lato il pensiero rapido, prevalentemente automatico e inconscio, che guida le reazioni irriflesse e immediate agli stimoli ambientali, legate alle necessità primarie della sopravvivenza, ed è riconducibile alle aree più arcaiche del cervello, alle facoltà tradizionalmente associate all’emisfero destro. Dall’altro lato il pensiero lento, riflessivo, logico, il pensiero razionale associato all’emisfero sinistro, strutturato secondo sequenze temporali, espresso e messo in forma attraverso il linguaggio, modellato da un alto quoziente di plasticità neuronale, dalla plasmabilità delle connessioni sinaptiche, che si modificano a contatto con l’ambiente e nell’interazione sociale e culturale.
Ascoltare la poesia di Amelia Rosselli, accedere acusticamente al flusso delle sue parole dette, ... more Ascoltare la poesia di Amelia Rosselli, accedere acusticamente al flusso delle sue parole dette, anziché percorrere silenziosamente i segni neri stampati sul foglio bianco, comporta il non trascurabile vantaggio di incontrare i versi in una dimensione mentale separata, parallela. Chi ascolta viene sbalzato fuori dallo spazio culturale, privato delle coordinate intellettuali che solitamente guidano la comprensione della “letteratura”. Il luogo nel quale la poesia di Rosselli accade annulla le mediazioni, cancella le cartografie, eccede le griglie della critica, elude le genealogie e le affiliazioni imperfette della storia letteraria.
Da cosa dipende la straripante pervasività sociale, culturale, antropologica della narrazione, co... more Da cosa dipende la straripante pervasività sociale, culturale, antropologica della narrazione, costante culturale che si manifesta identica nel tempo e nello spazio? Perché gli esseri umani sono così irresistibilmente attratti dalle storie? Alcuni studiosi sostengono che la narrazione sia un elemento accessorio nell’esistenza umana, un’attitudine superflua, una forma di sovrapproduzione dell’attività mentale e sociale, e quasi un analogo delle droghe, un fattore psicotropo, un’alterazione degli stati mentali, usato dagli uomini per procurarsi piacere senza finalità biologiche, approfittando del fatto che il cervello, proprio come contiene i ricettori per le sostanze stupefacenti, è vulnerabile al potere delle storie. La narrazione sarebbe quindi un effetto collaterale dell’evoluzione, una facoltà che si è sviluppata in modo parassitario a partire dalla configurazione assunta dal cervello per svolgere altre funzioni di base. Contro queste ipotesi, nel suo libro "L'istinto di narrare" Gottschall formula l’idea radicale che la capacità di inventare e raccontare storie abbia rappresentato per la specie umana un vantaggio evolutivo decisivo, uno dei tratti che l’hanno definita rispetto agli altri esseri viventi.
Nella letteratura contemporanea Auerbach vede “una tecnica per dissolvere la realtà che passando ... more Nella letteratura contemporanea Auerbach vede “una tecnica per dissolvere la realtà che passando per il prisma della coscienza si frange in aspetti e significati molteplici.” Ma non si tratta soltanto di una dissoluzione conseguente alle spinte centrifughe e disgregatrici esercitate sulla realtà dall’accelerazione semiotica ed esperienziale novecentesca. Si tratta anche di una “scomposizione” della realtà nelle sue componenti nucleari, di una ricostruzione del suo codice genetico. Nella lacrima della signora Ramsey, come nelle reminescenze proustiane e nelle epifanie joyciane, c’è il DNA dell’uomo: si tratta di oggetti nei quali è miniaturizzata l’essenza dell’esistenza umana, dai quali emana non solo “la pienezza e profondità vitale d’ogni attimo”, ma anche il nucleo di quanto “negli uomini in genere vi è di elementare e universale”, “i tratti elementari della nostra vita.”
L'arte è una rappresentazione della coscienza riflessiva, una riproduzione del "processo del sé",... more L'arte è una rappresentazione della coscienza riflessiva, una riproduzione del "processo del sé", ovvero del percorso attraverso il quale la mente diventa cosciente della propria presenza cognitivo-corporea nel mondo. L'arte ci riguarda e ci coinvolge profondamente proprio in quanto crea proiezioni del nostro essere nel mondo, modelli della realtà emotiva e percettiva, fornisce informazioni sulle modalità non immediate di concettualizzazione dell’esperienza. Contiene schemi attraverso i quali processare i contesti ambientali e gli impulsi interiori. Permette di passare attraverso esperienze che non sarebbero immediatamente accessibili, allarga l’orizzonte di conoscenza e lo spettro di possibilità dell’esperibile."
Si potrebbe dire che la letteratura sia la creazione di dimensioni nelle quali agiscono diverse t... more Si potrebbe dire che la letteratura sia la creazione di dimensioni nelle quali agiscono diverse teorie della mente, e nel caso della letteratura contemporanea spesso scrivere è istallare direttamente il lettore nello spazio nel quale si dispiega una teoria della mente.
Come ha mostrato il premio Nobel per la medicina Eric Kandel, approccio psicoanalitico e approcci... more Come ha mostrato il premio Nobel per la medicina Eric Kandel, approccio psicoanalitico e approccio neuroscientifico compongono un continuum, una disciplina unica in grado di descrivere i movimenti della vita psichica, le formazioni della coscienza, i meccanismi della comprensione, e quindi i fondamenti cognitivi della creatività.
Con il suo ultimo libro Fabrizio Tonello descrive una serie coerente di processi sociali che conv... more Con il suo ultimo libro Fabrizio Tonello descrive una serie coerente di processi sociali che convergono verso la definizione della contemporaneità come età dell’ignoranza, polemicamente contrapposta alla percezione diffusa di vivere dentro una “società dell’informazione”, o addirittura “della conoscenza”. La cartografia di Tonello è utile perché segna alcuni punti di crisi che nascondono un rovescio di potenzialità da elaborare. Per immaginare strategie possibili di ripopolamento del deserto culturale che stiamo attraversando: tenendo conto di tutte le trappole e di tutti i rischi segnalati da Tonello, ed evitando di cantare scioccamente le “magnifiche sorti e progressive” della civiltà.
Per non dimenticare la pluralità di voci, opere, pratiche e strategie di impegno civile e politic... more Per non dimenticare la pluralità di voci, opere, pratiche e strategie di impegno civile e politico nella storia culturale italiana.
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Papers by Paolo Gervasi
A partire da questa metafora visiva, e ricorrendo ad alcuni assunti teorici elaborati dalle scienze neurocognitive, il saggio può essere interpretato come un terzo spazio che ibrida lo spazio della critica e quello dell’invenzione, sovrappone analisi e scrittura creativa. Lo spazio del saggio è il risultato di un blending concettuale, ovvero della fusione di domini conoscitivi precedentemente irrelati. A convergere nel terzo spazio del saggio non sono soltanto due “generi” o modalità discorsive, critica e letteratura, ma due modalità della cognizione, il pensiero analitico e il pensiero immaginativo.
Nei suoi saggi Garboli riformula i significati dei testi di partenza in un nuovo testo che sfrutta risorse letterarie, ricorre a pattern narrativi, utilizza un linguaggio ad alta densità metaforica e stilistica, contamina elementi storici ed elementi finzionali. Riproducendo in anamorfosi le opere di cui parla, Garboli intende demistificare ogni illusionismo letterario, mostrando il legame delle parole con il mondo della vita, la loro origine materiale, il radicamento della creatività nell’esperienza individuale del corpo che si muove in un contesto storico e biografico.
Analysing the work of Cesare Garboli, this article aims at representing the essay as an anamorphic projection. The essay deforms the literary text to deconstruct perceptive and interpretative conventions. It brings within the literary work a divergent image of the work itself.
Building on this visual metaphor, and drawing on theoretical insights from neurocognitive sciences, the article interprets the essay as a third space in which criticism and invention are hybridised, analysis and creative writing are overlapped. The essay results from a conceptual blending, that is, the merging of two mental spaces previously unrelated. The third space of the essay doesn’t just blend two genres or discourses, such as criticism and literature, but two cognitive modes, namely analytical thought and imaginative thought.
In his essays, Garboli reshapes the meanings of the analysed texts and creates a new text drawing on literary resources, such as narrative patterns, metaphorical and stylistic density, contamination of history and fiction. In reproducing literary works as anamorphoses, Garboli aims at deconstructing the illusionism of literature. He shows how words are rooted in life, how creativity has a material origin and is determined by the existence of the body in its biographical and historical contexts.
The events narrated within Ludovico Ariosto's Orlando furioso imply a reflection on the emotional and relational development of the human being. The present essay detects in the psychological discourse contained within the Furioso the representation of a " self process " intercepting some anthropological and biological constant. Particularly, Ariosto's work stylizes and gives shape to the emergence of consciousness, conceived not as an ethical and moral entity but as the process transforming the in-stinctual dimension of life into self-awareness. Grounding on neurocognitive theories of consciousness , the essay individuates the stylistic mediations leading from the attitudes of the embodied mind to the elaboration of writing. So to read in the complexity of Ariosto's plot the emerging tension between intermittent and discontinuous states of existence and a coherent and stable self-perception. Astolfo, with his anomalous status as a character, witnesses the precarious attempt to raise from the nuclear emergences of life and achieve the fulfilment of consciousness.
Through Images, in this intervention we aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to Humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and the arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation
of textual and visual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wide-ranging map of different texts and images could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective that transcends traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, music, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus
representing the structure itself of cultural systems.
The present essay is aimed at analysing how the knowledge of audiovisual media affected the trasformation of Giacomo Debenedetti’s writing toward the “oral shape” frequently noticed by scholars, particularly in his notes for the university lectures.
First the experience as a screenwriter during the Thirties, intertwined with an early critical and theoretical reflection on the language of cinema; and then, after World War II, the work as a copywriter for the newsreel La Settimana Incom, triggered in Debenedetti the elaboration of a relational, public, interactive idea of writing. Thus the participation in public events, imposed by the historical trauma due to war, dictatorship and persecution, is connected to the re-configuration of the intellectual role speeded up by the productive and aesthetic needs of the communication system.
Mirroring the hybridization with media languages that affected European literature during the Twentieth century, Debenedetti tests in his Radiorecita su Jean Santeuil (1952) a dialogic, dramatised, polyphonic criticism, where he gives shape to the fundamental stylistic, theoretical and argumentative patterns of his ultimate production.
The oral tension endowing Debenedetti’s writing is a method, a precise epistemological position. The conversational attitude of his criticism, the appreciation of the musical elements of writing, enable Debenedetti to track the living essence pulsating within fictional representations, in order to embody it in his own voice, and deliver it to the readers’ ears.
Se è vero che nella rappresentazione del corpo, e in particolare del volto, sono inscritti complessi significati psicologici, storici e politici, deformando le immagini sociali la caricatura costituisce un modo per mettere in discussione le rappresentazioni convenzionali della realtà e degli individui. Come hanno dimostrato alcune ricerche neuroscientifiche, anche dal punto di vista cognitivo la caricatura può essere considerata uno strumento di comprensione del mondo: il nostro cervello, infatti, utilizza la selezione, la stilizzazione e l’enfatizzazione degli elementi per dare senso al groviglio delle percezioni e individuare delle regolarità. Studiosi come Ramachandran, Zeki, Gallese, Kandel hanno invidivuato una omologia tra i processi cerebrali di base e l’iperbole, ovvero l’accentuazione percettiva dei tratti, inscrivendo così la caricatura tra i procedimenti fondamentali dell’elaborazione artistica, radicati a livello neurologico. Per il nostro cervello deformare il mondo significa individuarne le caratteristiche nascoste, che rimarrebbero inespresse se non fossero caricate. Analogamente, la caricatura funziona come un dispositivo critico, che isola ed enfatizza alcuni dettagli per rovesciare gli schemi della rappresentazione.
By assuming this theoretical perspective, our intervention aims at showing that narrative forms are rooted into the biological-cognitive processes related to the emergence of consciousness, which – according to Antonio Damasio – range from structuring a core-self to a complex unfolding of an autobiographical-self. In this sense, Orlando furioso by Ludovico Ariosto seems to be a quite meaningful case-study, since its structure is based on elementary and primary forms of emotion that, once immerged into the complexity of relational contexts, produce an ‘extended’ consciousness: this latter does not belong to any of the individual characters but consistently emerges from the plot composition. The complication of the simple forms of consciousness is then accompanied by a complication of the meanings that the narrator tries to draw from the tale and which are continuously re-modulated according to the development of the narration.
Carlo Alberto Madrignani’s posthumous book «Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica» (Pisa, 2013) represents the starting point of this contribution, aiming at investigating both the function and the crisis of the epistemological models that shaped literary criticism during the 20th century. Madrignani’s late thought, in fact, addresses the inner conflicts of the ‘tradition of modernity’, also showing the symptoms of its vanishing. Assuming the breaking points remarked by the philosophical debate at the end of the last century, literary criticism could overcome the incomplete and contradictory posterity represented by the postmodernist culture and its deconstructionist attitude. In particular, embodying the new metaphors and methods coming from the disrupting representations of the world and of the humankind provided by scientific research, criticism could find an exit strategy from the paralysis of meaning characterising the long end of the short 20th century.
A partire da questa metafora visiva, e ricorrendo ad alcuni assunti teorici elaborati dalle scienze neurocognitive, il saggio può essere interpretato come un terzo spazio che ibrida lo spazio della critica e quello dell’invenzione, sovrappone analisi e scrittura creativa. Lo spazio del saggio è il risultato di un blending concettuale, ovvero della fusione di domini conoscitivi precedentemente irrelati. A convergere nel terzo spazio del saggio non sono soltanto due “generi” o modalità discorsive, critica e letteratura, ma due modalità della cognizione, il pensiero analitico e il pensiero immaginativo.
Nei suoi saggi Garboli riformula i significati dei testi di partenza in un nuovo testo che sfrutta risorse letterarie, ricorre a pattern narrativi, utilizza un linguaggio ad alta densità metaforica e stilistica, contamina elementi storici ed elementi finzionali. Riproducendo in anamorfosi le opere di cui parla, Garboli intende demistificare ogni illusionismo letterario, mostrando il legame delle parole con il mondo della vita, la loro origine materiale, il radicamento della creatività nell’esperienza individuale del corpo che si muove in un contesto storico e biografico.
Analysing the work of Cesare Garboli, this article aims at representing the essay as an anamorphic projection. The essay deforms the literary text to deconstruct perceptive and interpretative conventions. It brings within the literary work a divergent image of the work itself.
Building on this visual metaphor, and drawing on theoretical insights from neurocognitive sciences, the article interprets the essay as a third space in which criticism and invention are hybridised, analysis and creative writing are overlapped. The essay results from a conceptual blending, that is, the merging of two mental spaces previously unrelated. The third space of the essay doesn’t just blend two genres or discourses, such as criticism and literature, but two cognitive modes, namely analytical thought and imaginative thought.
In his essays, Garboli reshapes the meanings of the analysed texts and creates a new text drawing on literary resources, such as narrative patterns, metaphorical and stylistic density, contamination of history and fiction. In reproducing literary works as anamorphoses, Garboli aims at deconstructing the illusionism of literature. He shows how words are rooted in life, how creativity has a material origin and is determined by the existence of the body in its biographical and historical contexts.
The events narrated within Ludovico Ariosto's Orlando furioso imply a reflection on the emotional and relational development of the human being. The present essay detects in the psychological discourse contained within the Furioso the representation of a " self process " intercepting some anthropological and biological constant. Particularly, Ariosto's work stylizes and gives shape to the emergence of consciousness, conceived not as an ethical and moral entity but as the process transforming the in-stinctual dimension of life into self-awareness. Grounding on neurocognitive theories of consciousness , the essay individuates the stylistic mediations leading from the attitudes of the embodied mind to the elaboration of writing. So to read in the complexity of Ariosto's plot the emerging tension between intermittent and discontinuous states of existence and a coherent and stable self-perception. Astolfo, with his anomalous status as a character, witnesses the precarious attempt to raise from the nuclear emergences of life and achieve the fulfilment of consciousness.
Through Images, in this intervention we aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to Humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and the arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation
of textual and visual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wide-ranging map of different texts and images could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective that transcends traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, music, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus
representing the structure itself of cultural systems.
The present essay is aimed at analysing how the knowledge of audiovisual media affected the trasformation of Giacomo Debenedetti’s writing toward the “oral shape” frequently noticed by scholars, particularly in his notes for the university lectures.
First the experience as a screenwriter during the Thirties, intertwined with an early critical and theoretical reflection on the language of cinema; and then, after World War II, the work as a copywriter for the newsreel La Settimana Incom, triggered in Debenedetti the elaboration of a relational, public, interactive idea of writing. Thus the participation in public events, imposed by the historical trauma due to war, dictatorship and persecution, is connected to the re-configuration of the intellectual role speeded up by the productive and aesthetic needs of the communication system.
Mirroring the hybridization with media languages that affected European literature during the Twentieth century, Debenedetti tests in his Radiorecita su Jean Santeuil (1952) a dialogic, dramatised, polyphonic criticism, where he gives shape to the fundamental stylistic, theoretical and argumentative patterns of his ultimate production.
The oral tension endowing Debenedetti’s writing is a method, a precise epistemological position. The conversational attitude of his criticism, the appreciation of the musical elements of writing, enable Debenedetti to track the living essence pulsating within fictional representations, in order to embody it in his own voice, and deliver it to the readers’ ears.
Se è vero che nella rappresentazione del corpo, e in particolare del volto, sono inscritti complessi significati psicologici, storici e politici, deformando le immagini sociali la caricatura costituisce un modo per mettere in discussione le rappresentazioni convenzionali della realtà e degli individui. Come hanno dimostrato alcune ricerche neuroscientifiche, anche dal punto di vista cognitivo la caricatura può essere considerata uno strumento di comprensione del mondo: il nostro cervello, infatti, utilizza la selezione, la stilizzazione e l’enfatizzazione degli elementi per dare senso al groviglio delle percezioni e individuare delle regolarità. Studiosi come Ramachandran, Zeki, Gallese, Kandel hanno invidivuato una omologia tra i processi cerebrali di base e l’iperbole, ovvero l’accentuazione percettiva dei tratti, inscrivendo così la caricatura tra i procedimenti fondamentali dell’elaborazione artistica, radicati a livello neurologico. Per il nostro cervello deformare il mondo significa individuarne le caratteristiche nascoste, che rimarrebbero inespresse se non fossero caricate. Analogamente, la caricatura funziona come un dispositivo critico, che isola ed enfatizza alcuni dettagli per rovesciare gli schemi della rappresentazione.
By assuming this theoretical perspective, our intervention aims at showing that narrative forms are rooted into the biological-cognitive processes related to the emergence of consciousness, which – according to Antonio Damasio – range from structuring a core-self to a complex unfolding of an autobiographical-self. In this sense, Orlando furioso by Ludovico Ariosto seems to be a quite meaningful case-study, since its structure is based on elementary and primary forms of emotion that, once immerged into the complexity of relational contexts, produce an ‘extended’ consciousness: this latter does not belong to any of the individual characters but consistently emerges from the plot composition. The complication of the simple forms of consciousness is then accompanied by a complication of the meanings that the narrator tries to draw from the tale and which are continuously re-modulated according to the development of the narration.
Carlo Alberto Madrignani’s posthumous book «Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica» (Pisa, 2013) represents the starting point of this contribution, aiming at investigating both the function and the crisis of the epistemological models that shaped literary criticism during the 20th century. Madrignani’s late thought, in fact, addresses the inner conflicts of the ‘tradition of modernity’, also showing the symptoms of its vanishing. Assuming the breaking points remarked by the philosophical debate at the end of the last century, literary criticism could overcome the incomplete and contradictory posterity represented by the postmodernist culture and its deconstructionist attitude. In particular, embodying the new metaphors and methods coming from the disrupting representations of the world and of the humankind provided by scientific research, criticism could find an exit strategy from the paralysis of meaning characterising the long end of the short 20th century.
Questo libro di Paolo Gervasi porta in fronte, come una "porta", un frontespizio, il ritratto postumo che Carlo Levi fece a memoria del suo amico Giacomo Debenedetti. In calce al ritratto, Levi aggiunse un'epigrafe: «Dalla Torino adolescente / più antica dell'amicizia / scopriva la poesia / e fraterni i poeti». Ed è dentro il perimetro di questa «Torino adolescente», che si muove Gervasi nel suo inseguimento di una trama fatta di articoli dispersi e negletti, di pagine narrative, di esperienze pittoriche e poetiche; con il proposito di disegnare (raccontando) un ritratto di Debenedetti da giovane, nella città di Gobetti e di Gramsci. L'indagine sui «motivi originari della critica debenedettiana» e sulla nascita di un racconto critico come forma di un'«eresia», fanno di questo libro un contributo notevole alla storia di un uomo e di una generazione di grandi umanisti che conobbero il destino di persecuzione e di esilio in patria profetizzato da Gobetti.
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This interpretation of caricature can be traced back to the link between motion and emotion established in Aby Warburg’s research on Pathosformeln, according to which artistic forms conveying extreme feelings and passions alter the static image of the human body, verging on deformation.
Bridging Gombrich’s and Warburg’s insights, caricatures can be seen as the Pathosformeln of modernity. Caricatures elaborate a modern tradition of recurring patterns and pathos formulae, which activates the same «inborn responses» embodied in ancient Pathosformeln. Gombrich’s analysis of caricatures assumes the «biologically conditioned» connection between body-reading and mind-reading that was implied in the idea of Pathosformeln, thus opening Warburg’s legacy to the confrontation with psychoanalysis as much as with cognitive and neurocognitive sciences.
http://www.sussex.ac.uk/languages/newsandevents/italianstudiesconference
Con il presente intervento vorrei verificare l’idea che un personaggio in particolare del Furioso possa essere interpretato come la messa in figura di un’ipotesi di gestione e dominio di questa complessità. Si tratta di Astolfo, il paladino che, trasformato dalla maga Alcina in mirto, entra nel poema emergendo da un’esperienza di smarrimento dell’identità. Riconquistata la forma umana, Astolfo affronta e sconfigge diverse manifestazioni della dismisura, del mostruoso, dell’informe, della mutevolezza e dell’instabilità. Ed è chiamato a dissolvere il castello di Atlante, liberando i cavalieri dalle loro ossessioni ripetitive e dando la possibilità alle loro storie di dispiegarsi. Recuperando il senno di Orlando, poi, il paladino non solo contribuisce alla soluzione della vicenda bellica del poema, ma reintegra nell’universo poematico la possibilità di superare e vincere le intermittenze della coscienza. Astolfo, l’eroe incosciente, diventa funzione del prodursi della coscienza. Che non dipende, come dimostrano le sue avventure «fortunose», determinate dal caso e modellate dalle circostanze, da un atto supremo della volontà, ma da un’elaborazione contingente e flessibile dell’esperienza.
L’intervento seguirà un doppio percorso interpretativo, testuale e visivo. Attraverso l’analisi testuale vorrei mostrare come le vicende che riguardano Astolfo possano essere lette come prove di dominio empirico della realtà, psichica e relazionale. Facendo interagire i testi con alcune immagini, poi, tratte dalla tradizione illustrativa del poema e da altre interpretazioni figurative del Furioso, vorrei suggerire che l’eroe ariostesco, misurando quasi cartograficamente lo spazio narrativo e segnando i suoi confini, incarna uno sguardo sul mondo che corrisponde al tentativo, percepito in tutta la sua precarietà, di sollevarsi dalle emergenze nucleari e di conquistare una visione prospettica sul reale.
In particolare nei proemi che introducono i canti con generalizzazioni morali ed etiche, o con considerazioni sociali e politiche, la voce narrante sembra voler segnalare ed elaborare i significati fondamentali del racconto, le verità che scaturiscono dagli eventi narrati. La straniante modernità dell’attitudine metadiscorsiva che emerge in queste zone del testo è testimoniata dal fatto che fin dalla prima ricezione del Furioso i proemi rappresentano un elemento problematico, in conflitto con i precetti che informano la nascente teoria dei generi e condannano l’esposizione della soggettività del poeta epico.
Analizzando il modo in cui alcuni proemi elaborano e ridiscutono – attraverso l’irruzione dell’io – la materia narrata, intendiamo mostrare come riflessione e narrazione istituiscono un rapporto di reciproca tensione, poiché la formulazione delle sentenze è turbata dall’esperienza della voce narrante, presa nella stessa rete che invischia i personaggi: il complicato costituirsi delle loro soggettività retroagisce sulla costruzione della soggettività del narratore, pazzo d’amore come i suoi eroi.
Raccontando e tematizzando l’esperienza amorosa e il rapporto tra maschile e femminile, il narratore interroga i processi di formazione delle identità, mette alla prova la tenuta dei codici etici e comportamentali, lavorando sul proprio posizionamento e disciplinando le proprie pulsioni.
The present contribution aims at showing that, conceived as the extension and stylisation of an essential nucleus of sense, narrative form adhere to the deep processes of the emergence of consciousness outlined by neurosciences. According to the studies of Antonio Damasio, the bodily control of basic biological mechanisms gives rise to a proto-self, determined by the perception of primary sensations of existence. When an organism creates a relationship with its environment and comes into contact with the objects of its knowledge, a core-self emerges and modifies the proto-self: this modification is the first event in which the organism takes part, that is its first action. By organizing the pulsation of the core-self, the mind creates the autobiographical-self which arranges punctual events, the single interactions of the self with the environment, into more complex narrative schemes, which are upper levels of consciousness. The fundamental narrative form consists of the constitution of the core-self, since it includes the meaning of a primary event, of a basic interaction between subject and context; the autobiographical-self engages in combining events into more complex plots, into structured narrations that may assure the permanence and continuity of the self. As clearly emerging from Joyce’s and Proust’s anomalous but crucial narrations, what distinguishes a story from a merely inert juxtaposition of facts is the capacity to represent a quality of experience and to embody the qualia of existence, i.e. its essential features, the primary structures of emotion.
Se è vero che nella rappresentazione del corpo, e in particolare del volto, sono inscritti complessi significati psicologici, storici e politici, deformando le immagini sociali la caricatura costituisce un modo per mettere in discussione le rappresentazioni convenzionali della realtà e degli individui. Come hanno dimostrato alcune ricerche neuroscientifiche, anche dal punto di vista cognitivo la caricatura può essere considerata uno strumento di comprensione del mondo: il nostro cervello, infatti, utilizza la selezione, la stilizzazione e l’enfatizzazione degli elementi per dare senso al groviglio delle percezioni e individuare delle regolarità. Studiosi come Ramachandran, Zeki, Gallese, Kandel hanno invidivuato una omologia tra i processi cerebrali di base e l’iperbole, ovvero l’accentuazione percettiva dei tratti, inscrivendo così la caricatura tra i procedimenti fondamentali dell’elaborazione artistica, radicati a livello neurologico. Per il nostro cervello deformare il mondo significa individuarne le caratteristiche nascoste, che rimarrebbero inespresse se non fossero caricate. Analogamente, la caricatura funziona come un dispositivo critico, che isola ed enfatizza alcuni dettagli per rovesciare gli schemi della rappresentazione.
per illustrare poemi cavallereschi e abitare le pagine dei libri?
Un workshop per scoprire come la tecnologia permetta di
rievocare e sprigionare la loro potenza evocativa e la capacità
di comunicare anche a distanza di secoli.
Grounding on the work I am developing at the CTL Lab of the Scuola Normale Superiore, within the ERC project Looking at Words Through Images (PI Professor Lina Bolzoni), in this intervention I aim at discussing how research tools embodying this knowledge architecture can affect theoretical and methodological approaches to humanities. Indeed, several crucial issues of the critical inquiry on literature and arts can be deeply reshaped by the application of semantic tools: the semantic annotation of textual elements could enhance the analysis of stylistic phenomena, and a wideranging map of different texts could reveal unexpected relationships between heterogeneous corpora. Moreover, in a broader perspective overpassing traditional disciplinary boundaries, the attribution of stable meanings to single pieces of information, and the discovering of the recurrence of the same meanings in apparently unconnected objects (literary texts, essays, images, musics, belonging to different periods and places) can allow the construction of networks that reproduce the spreading, interconnection and
distribution in Time and Space of concepts and shapes, thus representing the structure itself of cultural systems.
Ora che l’opera di Penna esce in edizione pregiata, condividendo la carta finissima e la rilegatura preziosa dei testi religiosi, potrebbe sembrare che Garboli abbia avuto ragione, che il discorso mitologico sia stato ricomposto, e che il testo sacro sia pronto per essere restituito al rigoroso culto che istituisce. Del resto, l’assunzione nel cielo dei Meridiani equivale a una consacrazione culturale. E modifica immediatamente, attraverso l’evidenza materiale dell’oggetto-libro, anche la percezione critica dell’oggetto testuale.
L’esistenza di queste parole testimonia che in alcuni luoghi, per effetto di particolari configurazioni sociali, la materia impalpabile e le sfumature impercettibili di cui sono fatte le emozioni si sono condensate in modo da dare luogo a dei concetti, a delle realtà interiori riconoscibili, che hanno richiesto la legittimazione di un nome. A guidarci in queste e in molte altre scoperte di geografia emotiva è l’Atlante delle emozioni umane compilato da Tiffany Watt Smith, recentemente pubblicato da Utet nella traduzione di Violetta Bellocchio. Sottotitolo: 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai.
Il saggio si configura come una strategia di conoscenza che descrive le esperienze letterarie raccontandole come storie individuali, secondo un approccio empirico che rifiuta di ricondurre il caso critico a un sistema teorico di riferimento, dato a priori. Nella genealogia della saggistica italiana, indagata, sulla traccia di Berardinelli, da Angela Borghesi, i saggi di Cesare Garboli si segnalano per la loro tendenza a strutturarsi come storie, racconti e romanzi critici, piccole biografie orientate da un criterio narrativo che sostiene l’ipotesi interpretativa. Garboli scrive in presenza degli autori e delle autrici, racconta spesso episodi che riguardano una sua prossimità biografica ed esistenziale rispetto agli scrittori e alle scrittrici, e mostra se stesso, il critico, sulla scena della vicenda creativa, che in questo modo viene raccontata nel suo farsi.