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Il deflagrante successo dell’'Orlando furioso' tanto presso gli ambienti d’élite quanto presso le fasce più ampie del pubblico portò, nel corso del Cinquecento, alla pubblicazione di un gran numero di edizioni del poema che influenzarono... more
Il deflagrante successo dell’'Orlando furioso' tanto presso gli ambienti d’élite quanto presso le fasce più ampie del pubblico portò, nel corso del Cinquecento, alla pubblicazione di un gran numero di edizioni del poema che influenzarono in vario modo la cultura libraria e visiva del secolo. Alcune di tali stampe – tra cui in particolare le edizioni Zoppino pubblicate nel 1530 e poi nel 1536, la Giolito del 1542, la Valvassori del 1553, la Valgrisi impressa tre anni più tardi, la Varisco del 1563 e la De’ Franceschi del 1584 – proposero infatti il testo ariostesco in una veste editoriale in cui, a imitazione del format tipografico adoperato per i classici, la parola poetica veniva circondata da una serie di apparati paratestuali di commento e da corredi illustrativi originali. Parole e immagini veicolate dalle “soglie” orientavano così la lettura, l’interpretazione, la visualizzazione mentale e la strutturazione mnestica del testo ariostesco, instaurando con esso legami talvolta molto complessi, in un’ottica guidata anche dalle questioni sorte, a metà del secolo, nell’ambito del dibattito critico intorno al poema. L’intervento mira a ripercorrere le tappe della fortuna illustrativa del 'Furioso' segnate dalla pubblicazione delle sei edizioni dotate di apparati figurativi originali, per esaminare poi come le sollecitazioni provenienti da alcune di esse si rivelino capaci di dialogare, a livello tanto contenutistico quanto stilistico, con alcune opere pittoriche del Cinque e del Seicento. Si proporrà così una rilettura di alcuni dettagli di un ciclo ariostesco affrescato da Nicolò dell’Abate nel Palazzo Torfanini a Bologna, alla luce delle ispirazioni che potevano giungere all’artista dalle xilografie e dagli apparati paratestuali dell’edizione Giolito; mentre in relazione alla stampa della Varisco si cercherà di tracciare le riprese dei suoi modelli grafici nella splendida edizione De’ Franceschi che chiude il secolo, e indicare la presenza di soluzioni compositive analoghe in interpretazioni pittoriche dei soggetti tassiani proposte, nel primo Seicento, da alcuni artisti della cerchia medicea.
La critica è generalmente concorde nel riconoscere a Nicolò dell’Abate una notevole sensibilità nel penetrare fino alle pieghe più profonde delle opere letterarie che costituiscono la base testuale dei suoi dipinti. Quanto serrato sia il... more
La critica è generalmente concorde nel riconoscere a Nicolò dell’Abate una notevole sensibilità nel penetrare fino alle pieghe più profonde delle opere letterarie che costituiscono la base testuale dei suoi dipinti. Quanto serrato sia il suo dialogo con la fonte è stato più volte rilevato anche in riferimento al ciclo di affreschi ispirato all’Orlando furioso ed eseguito nello studiolo del Palazzo Torfanini a Bologna. L’intervento mira a ritornare sull’interpretazione abatiana, e in particolare sulla lettura in essa offerta della maga Alcina. L’analisi delle soluzioni mediante le quali il pittore ne interpreta la “magicità” consentirà, da un lato, di illuminare alcuni aspetti testuali finora forse troppo poco considerati della sua figura e, dall’altro lato, di discutere le sollecitazioni provenienti all’artista, oltre che da apparati illustrativi, da corredi paratestuali delle edizioni coeve del poema, in cui Alcina è oggetto di allegorizzazione e di riflessione erudita.
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