Giurisprudenza

L'articolo si domanda, attraverso un'indagine teorica, che prende spunto da un caso concretamente deciso dalla Corte di Cassazione, quali siano gli effetti di una sentenza di accoglimento di tipo additivo della Corte costituzionale, che "manipola" l'effetto giuridico disposto da una norma per una certa fattispecie. In particolare, esamina se sia possibile riportare la stessa "manipolazione" alle altre fattispecie contemplate dalla stessa norma ai fini della riconduzione del medesimo trattamento giuridico, in assenza di una ulteriore dichiarazione di illegittimità costituzionale, invocando le potenzialità ora dell'analogia, ora dell'interprtazione conforme a Costituzione, ora, più ampiamente, dell'interpretazione sistematica.
La posta in gioco del quesito è costituita, ancora una volta, dalla determinazione dei confini del controllo diffuso di legittimità delle leggi consentito ai giudici comuni, nonché, più in generale, di ciò che è lecito, nei sistemi giuridici attuali, definire come "interpretazione" e affidare pertanto al campo di attività del potere giudiziario in senso stretto.

Da qualche tempo, persino l'ultimo baluardo della sovranità statale, la "res giudicata", cede davanti all'avanzata dell'efficacia delle condanne pronunciate avverso il nostro Paese a Strasburgo.
A quali condizioni, con quali modalità e con quale impatto complessivo il giudicato nazionale deve cedere davanti ad una sentenza di condanna della Corte edu pronunciata in nome dell'art. 6 (giusto processo) della Convenzione europea? Altresì, ci sono limiti al superamento del giudicato, oggi di portata dirompente, che discende dalle condanne emesse dalla stessa Corte in virtù della reinterpretazione dell'art. 7 CEDU (riserva di legge penale) formulata a partire dal noto caso Scoppola? Quali altre brecce nella solidità del principio dell'intengibilità del giudicato vengono oggi aperte dalla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione, laddove il calcolo della pena comminata in via definitiva non sia più rispondente ai crismi della costituzionalità (in seguito a sopravvenute pronunce del giudice delle leggi)? Questi i quesiti affrontati dal presente saggio, al termine dei quali non si sfugge alla pressante domanda teorica lasciata all'inizio in ombra: se l'attuale crisi del giudicato sia espressione di un mutamento dei rapporti interordinamentali (che vede affermarsi, in definitiva, il primato del sistema convenzionale) o se sia possibile prospettare altre, forse persino più convincenti, spiegazioni del fenomeno in atto.

Setting out from the importance given to the saving clause (reservation to an act of Parliament) regarding procedural law by Art. 111(2) of the Constitution, the author discerns the "ratio" thereof in the specific need to restrain the judiciary from the possibility of altering the balance as set in the procedural devices established by the legislative branch. The article first examines what are the limits which the courts have to abide by in the reconfiguration of procedural rules, highlighting that this issue is still insufficiently addressed by the Constitutional Court. Then limits that can be derived from manipulative decisions of the Constitutional Court - particularly the so-called principle adding decisions - are specifically addressed. From this standpoint it is underlined how traditionally the limit of the saving clause mainly functions for principle adding decisions, while when the Constitutional court comes to the point of creating a rule as a consequence of its review such a limit is not very consistent. In any case, the issue needs to be reconsidered in the light of the fact that case law has shown some deference to the legislator regarding procedural rules, whose only limit is represented by the manifest unreasonableness of legislative rules. Nevertheless, recent case law, valorising the scope of Art. 111(2) of the Constitution, has elaborated a minimal core of defences pertaining to procedural guarantees, such as the guarantee of cross-examination, the stability of decisions which has become final and the possibility to impugn a decision before the Court of Cassation.

La legge n. 134/2012, intervento organico di modifica del c.d. rimedio Pinto, relativo alla procedura per conseguire l'indennizzo per irragionevole durata del processo, rischia di riportare la condizione dell'ordinamento italiano, quanto all'adempimento degli obblighi discendenti dall'art. 6 CEDU in merito ai "tempi della giustizia", a prima dell'introduzione del rimedio stesso, quando l'impennata dei ricorsi a Strasburgo da parte delle vittime della lentezza giudiziaria assicurava al nostro Stato un triste primato tra i Paesi aderenti alla Convenzione del 1950.
L'articolo esamina la giurisprudenza della Corte edu sul diritto alla ragionevole durata del processo, mettendo in risalto il contrasto della nuova normativa nazionale ed i documenti ufficiali attraverso i quali, da parte del Consiglio d'Europa, si lancia l'allarme relativo al rischio che, dopo le modifiche del 2012, il rimedio interno possa essere reputato come "ineffettivo" ai sensi dell'art. 35, par. 1, CEDU, aprendo così la via ai cittadini italiani del ricorso diretto all'istanza europea senza bisogno di esperire alcuna via giurisdizionale interna.
Si esamina altresì la ragione per cui anche il sindacato di legittimità costituzionale della citata legge per violazione dell'art. 117, co. 1, Cost. (tramite il parametro interposto dell'art. 6 CEDU) non è nella specie risolutivo, illustrando criticamente le motivazioni addotte nella sent. n. 30/2014 della Corte costituzionale a sostegno dell'inammissibilità della questione.

El artículo se centra en una sólida e importante orientación adoptada por la Corte constitucional italiana
desde comienzos de los años 90: la llamada doctrina de la interpretación conforme a la Constitución, que
fuerza a los jueces a intentar conciliar la ley y la Carta fundamental antes de plantear cuestiones de
legitimidad constitucional, declarando inadmisible o manifiestamente infundada la cuestión propuesta
cuando exista una solución interpretativa.
El trabajo indaga el fundamento de este riguroso deber descartando que se trate de un efecto colateral de la
estructura jerárquica del sistema de las fuentes y relacionándolo, en cambio, con las teorías hermenéuticas
de un derecho por principios como lo es el constitucional.
Así mismo, se analizan las técnicas de decisión desarrolladas por el órgano constitucional de control para
inducir a los jueces a su cumplimiento, evitando la innecesaria activación del control sobre las leyes.
También se ponen de manifiesto los perfiles críticos en el plano teórico de estas técnicas y sus
inconvenientes prácticos.
Finalmente se examina la relación que se instaura con el vértice de la magistratura ordinaria, la Corte di
Cassazione, que en el ordenamiento italiano tiene el deber de velar por la correcta interpretación de las
leyes, poniendo en evidencia la “competencia” que caracteriza la postura de los dos órganos en el plano de
la actividad interpretativa, la cual conduce tanto a momentos de agudo conflicto entre ellos como de
estrecha y armónica colaboración./
The article focuses on an important and wide case law followed by the Italian Constitutional Court from
the beginning of the nineties: the so called doctrine of the interpretation in conformity with the
Constitution, in according to which constitutional judges aim at inducing common judges to try to
harmonize statutes with the Constitution before raising questions of constitutional review, declaring them
consequently “inadmissible” or “manifestly groundless”, when an interpretative solution exists.
The work investigates the juridical basis of such a constrictive obligation, excluding that it could be
regarded as a collateral effect of the hierarchical structure which rules the system of the sources of law and
connecting it, on the contrary, with hermeneutical theories involved in a law made of principles, as the
constitutional law is.
Besides, it analyzes the techniques of decision elaborated by the Constitutional Court in order to propel
common judges to observe the aforementioned obligation, avoiding an useless activation of the
constitutional control. It also puts into evidence both critical aspects on a theoretical point of view and
practical drawbacks of these techniques.
Finally the work explores the resulting relationship with the ordinary jurisdictional authority’s summit,
the Corte di Cassazione, which is competent to ensure the right interpretation of the law in Italian
juridical system, pointing out the “concurring” role of the two judicial institutions in the interpretative
activity, which produces episodes of acute contrast and episodes of close harmonic cooperation as well.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione incedono inesorabili nel cammino di ridefinizione dei tratti costitutivi delle misure di prevenzione personali stabilendo, con la sentenza in commento, che non è configurabile il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale di cui all’art. 75, D.Lgs. n. 159/2011 laddove, a seguito di una detenzione di lungo periodo, il giudice della prevenzione non effettui una rivalutazione dell’attualità e della persistenza della pericolosità del prevenuto al momento della sottoposizione alla misura sospesa durante la carcerazione.

The United Sections of the Court of cassation keeps redefining the characterizing traits of personal preventive measures and, in the sentence under consideration, ruled that there is no violation of special surveillance obligations, punished by article 75 of the “anti-mafia code”, if following a long- term detention is not revalued the persistence of social danger in the offender by the judge of prevention.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione proseguono nel percorso di allineamento dei tratti costitutivi delle misure di prevenzione personali ai principi di tassatività ed offensività declinati dalla giurisprudenza costituzionale e convenzionale stabilendo, con la sentenza in commento, che il divieto di partecipare a pubbliche riunioni si riferisce esclusivamente alle riunioni in “luogo pubblico”; conseguentemente, non è configurabile il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale di cui all’art. 75 D.Lgs. n. 159/2011 in ipotesi di partecipazione ad una manifestazione sportiva, trattandosi di riunione in “luogo aperto al pubblico”.

The United Sections of the Court of cassation keeps redefining the core features of personal preventive measures and, in this judgement, ruled that there is no violation of special surveillance obligations under article 75 of the “anti-mafia code”, in case of participation in a sporting event in a place that is “open to the public”; the prohibition to participate in public meetings - whose violation gives rise to the crime - indeed concerns exclusively meetings in “public places”.