Tommaso Guariento (Padova 1985) studied contemporary philosophy at the University of Padua and at Paris 1 Panthéon-Sorbonne. He received his PhD in Cultural Studies from the University of Palermo. As a visiting fellow at the EHESS, he made research in contemporary French anthropology. He wrote several articles and essays concerning visual studies, contemporary philosophy and anthropology. He collaborates with several online magazines (Il Lavoro Culturale, L'indiscreto, Effimera, Prismo). He taught Visual Studies at the Scuola Open Source (Bari).
Dark Meshwork. For a Theory of ontological Complexity in the Age of Anthropocene This article wil... more Dark Meshwork. For a Theory of ontological Complexity in the Age of Anthropocene This article will provide a taxonomy of the ontological, anthropological and political positions that describe the need for radical epistemological change in the understanding of phenomena related to climate change and digital revolution (Tanatologism, Accelerationism, Decelerationist Cosmopolitics, Xenofeminism). Then, through the analysis of the works of Timothy Morton, Tim Ingold, Emanuele Coccia, Donna Haraway, Eugene Thacker and James Bride, the concept of "dark meshwork" will be outlined, as an ambivalent figure of darkness and hyper-complexity that emerges from the observation of physical phenomena, biological (symbiogenesis and cooperation), ontological (metaphysics of mixture), ethnographic (anthropology of lines) and iconological (the Pathosformel of the Ninfa fluida).
Lo scopo di questo articolo sarà riprendere alcune formulazioni elaborate nel campo della scienza... more Lo scopo di questo articolo sarà riprendere alcune formulazioni elaborate nel campo della scienza della mitologia di Furio Jesi e metterle al vaglio di alcune proposte più recenti: la mitocrazia di Citton, la psicoanalisi del sociale di Žižek, gli studi visuali di Didi-Huberman e l'epidemiologia delle credenze di Sperber. A partire dal concetto di macchina mitologica elaborato da Jesi in Conoscibilità della festa si sono sviluppate due nuove nozioni per rendere conto dei processi di decostruzione e montaggio di miti e ideologie. Abbiamo chiamato questi nuovi concetti: macchina orfica e macchina gnostica. Poiché la sostanza del mito e dell'ideologia non può mai essere messa in discussione dai suoi produttori, essa è un elemento pieno, molare, identitario, tautologico. Radunando gli elementi sparsi di una formulazione discorsiva, la macchina orfica produce miti ed ideologie a partire da un insieme di componenti frammentari ed eterogenei. Decostruendo le unità molari del mito e...
Nella Summa Theologiae Tommaso d’Acquino presenta quattro proprietà che descrivono in sintesi il ... more Nella Summa Theologiae Tommaso d’Acquino presenta quattro proprietà che descrivono in sintesi il funzionamento dell’arte della memoria medievale (Tommaso d’Aquino 1996, 396): l’uso delle imagines agentes, il sistema dei loci, la necessità di connettere le immagini ad una passione forte e la pratica della costante rievocazione degli stessi ragionamenti. Innumerevoli sono gli studi che hanno ricostruito la tortuosa genealogia di questo “artefatto mentale” rappresentato dall’ars memoriae (Rossi 1960; Yates 1972; Bolzoni 1995; Carruthers 2002), e tuttavia solo negli ultimi anni si è cercato di disancorare il cosiddetto universo delle arti della memoria (Severi 2004; 2018) dalla sua concezione eurocentrica. Si potrebbe incominciare ad affermare, ad esempio, che le tecniche della memoria artificiale sono universalmente diffuse (Kelly 2017), e che attraverso lo studio delle loro trasformazioni e dei loro principi sia possibile reinterpretare il funzionamento di artefatti, iconografie e strutture architettoniche non-moderne (Marot 2010). Le trasformazioni delle modalità di lettura di testi ed immagini legate alla rivoluzione digitale (Big Data, modalità di iper-lettura, machine learning applicato alla critica letteraria ed alla storia dell’arte, etc.) (Carr 2010; Hayles 2012; Wolf 2018) hanno portato alla formulazione dell’attuale paradigma della cultural analytics (Manovich 2009; 2018). Allo stesso tempo, lo studio neuroscientifico dei principi del riconoscimento visivo (Ramachandran e Hirstein 1999; Shen et al. 2017) unito alla nascita di una vera e propria digital art history (Saleh et al. 2016) impongono la necessità di rivedere criticamente le modalità di insegnamento e ricerca nel campo dei visual studies. La nostra proposta si inserisce nel tentativo di comprendere i cambiamenti nelle pratiche pedagogiche e di ricerca resi possibili dall’apporto delle neuroscienze e delle digital humanities (Larsonneur et al. 2015). In particolare, ci vorremo focalizzare sull’utilizzo del concetto di mente estesa (Clark 2008), sviluppato nell’ambito della filosofia della scienze cognitive, per rileggere criticamente alcune posizioni particolarmente allarmiste che interpretano la transizione alla iper-lettura digitale (motori di ricerca, scansione dei testi, eccessiva abbondanza di stimoli informativi) come una catastrofe cognitiva (Carr 2010; 2014). Provando a ripensare la relazione fra la modularità mentale e la plasticità delle nostre facoltà di percezione, attenzione ed apprendimento (Citton 2014; Malabou 2017) vorremo analizzare in che modo l’impiego di nuove forme di lettura e produzione di testi ed immagini digitali posseggano delle caratteristiche peculiari che riattualizzano le antiche tecniche di manipolazione dei luoghi e delle immagini proprie delle arti della memoria. Nel tentativo di immaginare una possibile ecologia dell’attenzione, dello sguardo e della memoria, le tecniche di concentrazione, di trasformazione delle forme verbali in rappresentazioni iconiche e di orientamento nel Denkraum (Kurt W. e Mazzocco 2002) potrebbero fornire la soluzione all’annoso problema dell’apparente logoramento della memoria collettiva (Candia et al. 2018).
Zoosemiotica 2.0 Forme e Politiche dell'Animalità (a cura di G. Marrone), 2017
L’articolo sarà diviso in quattro parti: nella prima tratterò la definizione di ontologia analogi... more L’articolo sarà diviso in quattro parti: nella prima tratterò la definizione di ontologia analogica descritta da Philippe Descola in Par-delà Nature et Culture (Descola 2005) e dei suoi rapporti con La Grande Catena dell’Essere di Arthur Lovejoy (1936) e con L’armonia del mondo di Leo Spitzer (1963). Nella seconda parte analizzerò la teoria del segno propria all’ontologia analogica, ovvero la “dottrina delle segnature” secondo le interpretazioni di Michel Foucault (1966), Umberto Eco (1990) e Giorgio Agamben (2008). Nella terza parte proverò a collegare la dottrina delle segnature con la principale opera del biologo estone Jakob von Uexküll, la Biologia teoretica (Uexküll 1920). Infine, nella quarta parte metterò in rapporto la descrizione del “lavoro estraniato” nei Manoscritti Economico-Filosofici del ’44 di Karl Marx (1932) ed il corso sulla società punitiva tenuto da Michel Foucault fra il 1972 ed il 1973 al Collège de France (Foucault 2013). In quest’ultima parte vorrei mostrare come i dispositivi di controllo dello spazio e del tempo che caratterizzarono la società disciplinare fra il XVIII e il XIX secolo costituiscano le basi per un processo di animalizzazione della classe operaia espresso nel concetto di “lavoro estraniato” negli scritti del giovane Marx. La mia tesi è che l’ontologia analogista - propria della società europea fino al XVI e XVII secolo - venga dislocata dal regno umano a quello animale nella teoria biologica di Uexküll, secondo un processo che chiamerei “vettore di umanizzazione”. Allo stesso tempo, la Rivoluzione Industriale, lo sviluppo di dispositivi carcerali come fabbriche, penitenziari e ospedali psichiatrici operano in senso inverso, secondo un “vettore di animalizzazione” delle classi “pericolose”.
With this article, I intend to propose a comprehensive introduction to Nick Land’s philosophy, ta... more With this article, I intend to propose a comprehensive introduction to Nick Land’s philosophy, taking into account all of his philosophical writings and identifying three main phases of his thought. The first is characterized by the development of libidinal materialism through Kant’s metaphysics and aesthetics, Freud’s Todestrieb and Bataille’s dépense. The second is focused on Deleuze and Guattari’s schizoanalysis, cyberpunk imaginary and the composition of hyperstitional texts, like Meltdown and Machinic Desire. The last phase, inseparable from his association with the CCRU, leads towards the invention of geotraumatics and complex numerological practices. Eventually, I will try to analyze the ambiguities of Land’s thought, especially within the context of his neoreactionary turn. The viral power of hyperstitions is opposed to the teleological becoming-machine of humanity, creating a dead end. Reza Negarestani’s conceptualization of human nature as upgradable entity seems to me the only possible follow-up to Land’s original project of ‘escaping the Human Security System’.
Le but de cet article est la présentation d’un nouvel outil conceptuel dans le champ des sciences... more Le but de cet article est la présentation d’un nouvel outil conceptuel dans le champ des sciences humaines (plus spécifiquement: de l’anthropologie et de la sémiologie). Cette élaboration s’inscrit dans le débat autour du tournant ontologique dans l’anthropologie, la sociologie et la philosophie contemporaine Descola (2005) ; De Castro (2009) ; Latour (2012) ; Descola et Ingold (2014). Elle s’inscrit aussi dans les récentes études de sémiotique de la nature (Marrone 2011, 2012), et de sémiotique des formes de vie (Fontanille 2015). Le concept que je présente, je le nomme micro-ontologie, en référence à la microphysique du pouvoir traitée par Michel Foucault dans Surveiller et Punir (1975) et à la microhistoire de Carlo Ginzburg (1980, 2010). On verra comment il est possible d’établir une généalogie de l’analyse micro-ontologique, quels rapports elle entretient avec la monadologie de Leibniz (1974) et de Gabriel Tarde (1893), et quelles sont les conséquences éthiques de ce choix. Je suis intéressé à élaborer une stratégie descriptive des espaces de médiation et de traduction dans et entre les collectifs. Au lieu d’avoir un regard éloigné des différences naturelles et culturelles, la perspective des micro-ontologies implique le placement de l’observateur au milieu des choses, dans les marges et les limites des univers de sens. Au lieu d’approfondir la pers- pective cartographique du tournant ontologique, je me suis intéressé à des modèles descriptifs qui travaillaient les aspects de traduction et de médiation – comme l’anthropologie de la pensée de Carlo Severi (2014), et la réflexion d’Emanuele Coccia sur l’ontologie des médias (2010)
With this article, I propose an analysis of the paradigm shift implied by the Anthropocene, by fo... more With this article, I propose an analysis of the paradigm shift implied by the Anthropocene, by focusing on the images of nature involved in its descriptions by climate sciences and humanities. The debates on Anthropocene are focused on the concepts of limit and rupture, by bringing back to the premodern images of nature as expressed in Lovejoy‘s ‘Great Chain of Being’ and in Spitzer’s ‘World Harmony’. In order to counteract the technocratic and promethean analysis proposed by Ecomodernists, Bruno Latour and Eduardo Viveiros de Castro refer to concepts whose major sources are the conservative thought and indigenous knowledges. After having problematized these proposals, we will consider the mythology of Chthulucene, recently adopted by Donna Haraway, which is able to provide a conceptual and narrative framework appropriate for the Anthropocene epoch
Today's current state of political, economic, and social crisis is fostering the proliferation of... more Today's current state of political, economic, and social crisis is fostering the proliferation of narratives and philosophies of catastrophe. Our intent with this article is to map the topography of these narratives and philosophical systems. Starting with speculative realism's fascination with catastrophes (particularly notable in the philosophy of Quentin Meillassoux), we investigate the dialectic between the crisis of imagination and the imaginary of crisis in the contemporary age using the philosophical anthropology of Ernesto De Martino, Peter Sloterdijk, and Paolo Virno. From religious systems to futurology, from divination to the technological materialization of the resurrection of bodies, imagination of the future has always been characterized by its reduction to the present or by its substitution for open fields of creative possibility. Between such absence of meaning and the excess of it lies the wide range of utopian perspectives on creativity and innovation and reactionary attempts to " immunize " against potential threat that make up the current geography of the future.
Dopo la conquista dello spazio reale, con la realtà aumentata è iniziata la colonizzazione dello ... more Dopo la conquista dello spazio reale, con la realtà aumentata è iniziata la colonizzazione dello spazio immaginario?
Quali considerazioni possiamo trarre dai casi di cronaca dove le comunità locali si organizzano c... more Quali considerazioni possiamo trarre dai casi di cronaca dove le comunità locali si organizzano contro i migranti? Si tratta di riconsiderare la relazione fra un'analisi politica a scala globale e la necessità di comprendere fenomeni neo-reazionari e neo-conservatori a livello locale. Il problema "si connette, secondo una scala ascendente, ai problemi globali dell’emergenza dei nuovi populismi e delle nuove forme di politica reazionaria che, ad esempio, caratterizzano oggi la composizione degli elettori di Donald Trump. L’Alternative right rivendica una posizione politica di nazionalismo bianco, patriarcale che si opponga alle questioni di giustizia di genere e razza. L’Alt-right non rappresenta direttamente Trump, ma lo sopporta in quanto portatore di un messaggio consono alle proprie richieste. Allo stesso modo, negli aberrati episodi di rifiuto all’accoglienza dei migrati a Goro o ad Abano, masse organizzate di “liberi cittadini” si riuniscono per rivendicare il diritto alla difesa del loro territorio da un’invasione esterna e per protestare contro il diritto alle unioni civili per le coppie omosessuali." Contraddizioni dell'accelerazionismo in rapporto alla comprensione dell'emergenza di nuovi populismi.
Dal videogioco all’arte, dai quadri alla realtà virtuale. Perché costruiamo simulazioni? L’analis... more Dal videogioco all’arte, dai quadri alla realtà virtuale. Perché costruiamo simulazioni? L’analisi continua, attraverso uno studio di Westworld e della violenza.
L’Amore. Non tutto l’amore, ovviamente, ma alcuni aspetti politici, sociologici e narrativi che l... more L’Amore. Non tutto l’amore, ovviamente, ma alcuni aspetti politici, sociologici e narrativi che lo attraversano. E che oggi, nell'epoca della più accesa disillusione, sembrano riaffiorare in una forma alterata e pervasiva.
Dio non è morto, deve ancora nascere Un percorso tra DeLillo, il Realismo Speculativo e la Singol... more Dio non è morto, deve ancora nascere Un percorso tra DeLillo, il Realismo Speculativo e la Singolarità.
Analisi delle rappresentazioni dell'industria culturale (cinema, serie, videogiochi) che mettono ... more Analisi delle rappresentazioni dell'industria culturale (cinema, serie, videogiochi) che mettono a tema la narrazione di città fortificate e mura. Attraverso la filosofia di Sloterdijk ed il concetto di filter bubble: la fine delle grandi narrazioni (Baudrillard) non ha prodotto una stratificazione verticale di piani della realtà sovrapposti, ma una topografia orizzontale di micro-narrazioni in conflitto.
Dark Meshwork. For a Theory of ontological Complexity in the Age of Anthropocene This article wil... more Dark Meshwork. For a Theory of ontological Complexity in the Age of Anthropocene This article will provide a taxonomy of the ontological, anthropological and political positions that describe the need for radical epistemological change in the understanding of phenomena related to climate change and digital revolution (Tanatologism, Accelerationism, Decelerationist Cosmopolitics, Xenofeminism). Then, through the analysis of the works of Timothy Morton, Tim Ingold, Emanuele Coccia, Donna Haraway, Eugene Thacker and James Bride, the concept of "dark meshwork" will be outlined, as an ambivalent figure of darkness and hyper-complexity that emerges from the observation of physical phenomena, biological (symbiogenesis and cooperation), ontological (metaphysics of mixture), ethnographic (anthropology of lines) and iconological (the Pathosformel of the Ninfa fluida).
Lo scopo di questo articolo sarà riprendere alcune formulazioni elaborate nel campo della scienza... more Lo scopo di questo articolo sarà riprendere alcune formulazioni elaborate nel campo della scienza della mitologia di Furio Jesi e metterle al vaglio di alcune proposte più recenti: la mitocrazia di Citton, la psicoanalisi del sociale di Žižek, gli studi visuali di Didi-Huberman e l'epidemiologia delle credenze di Sperber. A partire dal concetto di macchina mitologica elaborato da Jesi in Conoscibilità della festa si sono sviluppate due nuove nozioni per rendere conto dei processi di decostruzione e montaggio di miti e ideologie. Abbiamo chiamato questi nuovi concetti: macchina orfica e macchina gnostica. Poiché la sostanza del mito e dell'ideologia non può mai essere messa in discussione dai suoi produttori, essa è un elemento pieno, molare, identitario, tautologico. Radunando gli elementi sparsi di una formulazione discorsiva, la macchina orfica produce miti ed ideologie a partire da un insieme di componenti frammentari ed eterogenei. Decostruendo le unità molari del mito e...
Nella Summa Theologiae Tommaso d’Acquino presenta quattro proprietà che descrivono in sintesi il ... more Nella Summa Theologiae Tommaso d’Acquino presenta quattro proprietà che descrivono in sintesi il funzionamento dell’arte della memoria medievale (Tommaso d’Aquino 1996, 396): l’uso delle imagines agentes, il sistema dei loci, la necessità di connettere le immagini ad una passione forte e la pratica della costante rievocazione degli stessi ragionamenti. Innumerevoli sono gli studi che hanno ricostruito la tortuosa genealogia di questo “artefatto mentale” rappresentato dall’ars memoriae (Rossi 1960; Yates 1972; Bolzoni 1995; Carruthers 2002), e tuttavia solo negli ultimi anni si è cercato di disancorare il cosiddetto universo delle arti della memoria (Severi 2004; 2018) dalla sua concezione eurocentrica. Si potrebbe incominciare ad affermare, ad esempio, che le tecniche della memoria artificiale sono universalmente diffuse (Kelly 2017), e che attraverso lo studio delle loro trasformazioni e dei loro principi sia possibile reinterpretare il funzionamento di artefatti, iconografie e strutture architettoniche non-moderne (Marot 2010). Le trasformazioni delle modalità di lettura di testi ed immagini legate alla rivoluzione digitale (Big Data, modalità di iper-lettura, machine learning applicato alla critica letteraria ed alla storia dell’arte, etc.) (Carr 2010; Hayles 2012; Wolf 2018) hanno portato alla formulazione dell’attuale paradigma della cultural analytics (Manovich 2009; 2018). Allo stesso tempo, lo studio neuroscientifico dei principi del riconoscimento visivo (Ramachandran e Hirstein 1999; Shen et al. 2017) unito alla nascita di una vera e propria digital art history (Saleh et al. 2016) impongono la necessità di rivedere criticamente le modalità di insegnamento e ricerca nel campo dei visual studies. La nostra proposta si inserisce nel tentativo di comprendere i cambiamenti nelle pratiche pedagogiche e di ricerca resi possibili dall’apporto delle neuroscienze e delle digital humanities (Larsonneur et al. 2015). In particolare, ci vorremo focalizzare sull’utilizzo del concetto di mente estesa (Clark 2008), sviluppato nell’ambito della filosofia della scienze cognitive, per rileggere criticamente alcune posizioni particolarmente allarmiste che interpretano la transizione alla iper-lettura digitale (motori di ricerca, scansione dei testi, eccessiva abbondanza di stimoli informativi) come una catastrofe cognitiva (Carr 2010; 2014). Provando a ripensare la relazione fra la modularità mentale e la plasticità delle nostre facoltà di percezione, attenzione ed apprendimento (Citton 2014; Malabou 2017) vorremo analizzare in che modo l’impiego di nuove forme di lettura e produzione di testi ed immagini digitali posseggano delle caratteristiche peculiari che riattualizzano le antiche tecniche di manipolazione dei luoghi e delle immagini proprie delle arti della memoria. Nel tentativo di immaginare una possibile ecologia dell’attenzione, dello sguardo e della memoria, le tecniche di concentrazione, di trasformazione delle forme verbali in rappresentazioni iconiche e di orientamento nel Denkraum (Kurt W. e Mazzocco 2002) potrebbero fornire la soluzione all’annoso problema dell’apparente logoramento della memoria collettiva (Candia et al. 2018).
Zoosemiotica 2.0 Forme e Politiche dell'Animalità (a cura di G. Marrone), 2017
L’articolo sarà diviso in quattro parti: nella prima tratterò la definizione di ontologia analogi... more L’articolo sarà diviso in quattro parti: nella prima tratterò la definizione di ontologia analogica descritta da Philippe Descola in Par-delà Nature et Culture (Descola 2005) e dei suoi rapporti con La Grande Catena dell’Essere di Arthur Lovejoy (1936) e con L’armonia del mondo di Leo Spitzer (1963). Nella seconda parte analizzerò la teoria del segno propria all’ontologia analogica, ovvero la “dottrina delle segnature” secondo le interpretazioni di Michel Foucault (1966), Umberto Eco (1990) e Giorgio Agamben (2008). Nella terza parte proverò a collegare la dottrina delle segnature con la principale opera del biologo estone Jakob von Uexküll, la Biologia teoretica (Uexküll 1920). Infine, nella quarta parte metterò in rapporto la descrizione del “lavoro estraniato” nei Manoscritti Economico-Filosofici del ’44 di Karl Marx (1932) ed il corso sulla società punitiva tenuto da Michel Foucault fra il 1972 ed il 1973 al Collège de France (Foucault 2013). In quest’ultima parte vorrei mostrare come i dispositivi di controllo dello spazio e del tempo che caratterizzarono la società disciplinare fra il XVIII e il XIX secolo costituiscano le basi per un processo di animalizzazione della classe operaia espresso nel concetto di “lavoro estraniato” negli scritti del giovane Marx. La mia tesi è che l’ontologia analogista - propria della società europea fino al XVI e XVII secolo - venga dislocata dal regno umano a quello animale nella teoria biologica di Uexküll, secondo un processo che chiamerei “vettore di umanizzazione”. Allo stesso tempo, la Rivoluzione Industriale, lo sviluppo di dispositivi carcerali come fabbriche, penitenziari e ospedali psichiatrici operano in senso inverso, secondo un “vettore di animalizzazione” delle classi “pericolose”.
With this article, I intend to propose a comprehensive introduction to Nick Land’s philosophy, ta... more With this article, I intend to propose a comprehensive introduction to Nick Land’s philosophy, taking into account all of his philosophical writings and identifying three main phases of his thought. The first is characterized by the development of libidinal materialism through Kant’s metaphysics and aesthetics, Freud’s Todestrieb and Bataille’s dépense. The second is focused on Deleuze and Guattari’s schizoanalysis, cyberpunk imaginary and the composition of hyperstitional texts, like Meltdown and Machinic Desire. The last phase, inseparable from his association with the CCRU, leads towards the invention of geotraumatics and complex numerological practices. Eventually, I will try to analyze the ambiguities of Land’s thought, especially within the context of his neoreactionary turn. The viral power of hyperstitions is opposed to the teleological becoming-machine of humanity, creating a dead end. Reza Negarestani’s conceptualization of human nature as upgradable entity seems to me the only possible follow-up to Land’s original project of ‘escaping the Human Security System’.
Le but de cet article est la présentation d’un nouvel outil conceptuel dans le champ des sciences... more Le but de cet article est la présentation d’un nouvel outil conceptuel dans le champ des sciences humaines (plus spécifiquement: de l’anthropologie et de la sémiologie). Cette élaboration s’inscrit dans le débat autour du tournant ontologique dans l’anthropologie, la sociologie et la philosophie contemporaine Descola (2005) ; De Castro (2009) ; Latour (2012) ; Descola et Ingold (2014). Elle s’inscrit aussi dans les récentes études de sémiotique de la nature (Marrone 2011, 2012), et de sémiotique des formes de vie (Fontanille 2015). Le concept que je présente, je le nomme micro-ontologie, en référence à la microphysique du pouvoir traitée par Michel Foucault dans Surveiller et Punir (1975) et à la microhistoire de Carlo Ginzburg (1980, 2010). On verra comment il est possible d’établir une généalogie de l’analyse micro-ontologique, quels rapports elle entretient avec la monadologie de Leibniz (1974) et de Gabriel Tarde (1893), et quelles sont les conséquences éthiques de ce choix. Je suis intéressé à élaborer une stratégie descriptive des espaces de médiation et de traduction dans et entre les collectifs. Au lieu d’avoir un regard éloigné des différences naturelles et culturelles, la perspective des micro-ontologies implique le placement de l’observateur au milieu des choses, dans les marges et les limites des univers de sens. Au lieu d’approfondir la pers- pective cartographique du tournant ontologique, je me suis intéressé à des modèles descriptifs qui travaillaient les aspects de traduction et de médiation – comme l’anthropologie de la pensée de Carlo Severi (2014), et la réflexion d’Emanuele Coccia sur l’ontologie des médias (2010)
With this article, I propose an analysis of the paradigm shift implied by the Anthropocene, by fo... more With this article, I propose an analysis of the paradigm shift implied by the Anthropocene, by focusing on the images of nature involved in its descriptions by climate sciences and humanities. The debates on Anthropocene are focused on the concepts of limit and rupture, by bringing back to the premodern images of nature as expressed in Lovejoy‘s ‘Great Chain of Being’ and in Spitzer’s ‘World Harmony’. In order to counteract the technocratic and promethean analysis proposed by Ecomodernists, Bruno Latour and Eduardo Viveiros de Castro refer to concepts whose major sources are the conservative thought and indigenous knowledges. After having problematized these proposals, we will consider the mythology of Chthulucene, recently adopted by Donna Haraway, which is able to provide a conceptual and narrative framework appropriate for the Anthropocene epoch
Today's current state of political, economic, and social crisis is fostering the proliferation of... more Today's current state of political, economic, and social crisis is fostering the proliferation of narratives and philosophies of catastrophe. Our intent with this article is to map the topography of these narratives and philosophical systems. Starting with speculative realism's fascination with catastrophes (particularly notable in the philosophy of Quentin Meillassoux), we investigate the dialectic between the crisis of imagination and the imaginary of crisis in the contemporary age using the philosophical anthropology of Ernesto De Martino, Peter Sloterdijk, and Paolo Virno. From religious systems to futurology, from divination to the technological materialization of the resurrection of bodies, imagination of the future has always been characterized by its reduction to the present or by its substitution for open fields of creative possibility. Between such absence of meaning and the excess of it lies the wide range of utopian perspectives on creativity and innovation and reactionary attempts to " immunize " against potential threat that make up the current geography of the future.
Dopo la conquista dello spazio reale, con la realtà aumentata è iniziata la colonizzazione dello ... more Dopo la conquista dello spazio reale, con la realtà aumentata è iniziata la colonizzazione dello spazio immaginario?
Quali considerazioni possiamo trarre dai casi di cronaca dove le comunità locali si organizzano c... more Quali considerazioni possiamo trarre dai casi di cronaca dove le comunità locali si organizzano contro i migranti? Si tratta di riconsiderare la relazione fra un'analisi politica a scala globale e la necessità di comprendere fenomeni neo-reazionari e neo-conservatori a livello locale. Il problema "si connette, secondo una scala ascendente, ai problemi globali dell’emergenza dei nuovi populismi e delle nuove forme di politica reazionaria che, ad esempio, caratterizzano oggi la composizione degli elettori di Donald Trump. L’Alternative right rivendica una posizione politica di nazionalismo bianco, patriarcale che si opponga alle questioni di giustizia di genere e razza. L’Alt-right non rappresenta direttamente Trump, ma lo sopporta in quanto portatore di un messaggio consono alle proprie richieste. Allo stesso modo, negli aberrati episodi di rifiuto all’accoglienza dei migrati a Goro o ad Abano, masse organizzate di “liberi cittadini” si riuniscono per rivendicare il diritto alla difesa del loro territorio da un’invasione esterna e per protestare contro il diritto alle unioni civili per le coppie omosessuali." Contraddizioni dell'accelerazionismo in rapporto alla comprensione dell'emergenza di nuovi populismi.
Dal videogioco all’arte, dai quadri alla realtà virtuale. Perché costruiamo simulazioni? L’analis... more Dal videogioco all’arte, dai quadri alla realtà virtuale. Perché costruiamo simulazioni? L’analisi continua, attraverso uno studio di Westworld e della violenza.
L’Amore. Non tutto l’amore, ovviamente, ma alcuni aspetti politici, sociologici e narrativi che l... more L’Amore. Non tutto l’amore, ovviamente, ma alcuni aspetti politici, sociologici e narrativi che lo attraversano. E che oggi, nell'epoca della più accesa disillusione, sembrano riaffiorare in una forma alterata e pervasiva.
Dio non è morto, deve ancora nascere Un percorso tra DeLillo, il Realismo Speculativo e la Singol... more Dio non è morto, deve ancora nascere Un percorso tra DeLillo, il Realismo Speculativo e la Singolarità.
Analisi delle rappresentazioni dell'industria culturale (cinema, serie, videogiochi) che mettono ... more Analisi delle rappresentazioni dell'industria culturale (cinema, serie, videogiochi) che mettono a tema la narrazione di città fortificate e mura. Attraverso la filosofia di Sloterdijk ed il concetto di filter bubble: la fine delle grandi narrazioni (Baudrillard) non ha prodotto una stratificazione verticale di piani della realtà sovrapposti, ma una topografia orizzontale di micro-narrazioni in conflitto.
Bonjour, merci à tous et à toutes pour être-là aujourd'hui et merci aux organisateur.e.s je suis ... more Bonjour, merci à tous et à toutes pour être-là aujourd'hui et merci aux organisateur.e.s je suis ravi d'être ici. Le problème que je voudrais aborder avec mon intervention concerne la fonction politique et idéologique du discours apocalyptique dans la culture de l'extrême droite européenne et dans le processus de radicalisation du djihadisme. Je parlerai donc d'une certaine formation discursive qu'implique des éléments invariants au niveau textuel, une psychologie et une anthropologie spécifiques. Les études de théorie de la littérature sur l'apocalypse et sur l'apocalyptique comme genre littéraire ont établi un schéma narratif plutôt précis (et ici je fais référence aux travaux de John Collins sur la morphologie du genere apocalyptique et de Michele Cometa sur le discours apocalyptique dans la littérature et dans le cinéma contemporain). Au niveau philologique on peut qualifier le genre apocalyptique comme la transmission d'un message énoncé par un acteur transcendant adressé à un médiateur humain. Le contenu de ce message concerne l'avènement d'un moment eschatologique : un jugement final qui sera caractérisé par le partage entre le bien et le mal, ou, pour mieux dire, par la division des hommes en ceux qui seront jugés comme « justes » (qui seront sauvés) et les hommes injustes (qui seront punis éternellement). Les apocalypses des trois monothéismes (juif, chrétien, islamique) sont aussi caractérisées par la présence d'une chronologie d'évènements catastrophiques naturels et sociaux, par un langage poétique proche au symbolisme des rêves et des visions, par la présence abondante de nombres et de chiffres et par des détails géographiques sur les lieux des événements. Une caractéristique très importante des apocalypses historiques est la nature hétérogène et syncrétique des textes. L'apocalypse de Jean cite des passages du Livre de Daniel, et les passages apocalyptiques du Coran font référence à la bataille entre Christ et l'Anti-Christ à la fin des temps. Du point de vue sociologique, la littérature apocalyptique exhibe un désir de vengeance contre les torts subis. L'apocalypse de Jean pourrait en effet être lue aussi comme réaction aux persécutions de Dioclétien. Dans La folie de Dieu Peter Sloterdijk développe une théorie psycho-historique des trois monothéismes comme dispositifs d'immunisation contre les événements négatifs qui pourraient détruire l'ordre symbolique et sociale. Les liturgies et les rites des trois monothéismes sont lus comme des formes des souvenirs perpétuelles des torts subis. Pour les juifs il s'agit de l'exode et de la fuite d'Egypte, pour les chrétiens de la mort de Jésus, et pour les musulmans du pèlerinage obligatoire à la Mecque. Finalement la dernière caractéristique des apocalypses des trois monothéismes est le fait d'accélérer le temps. Dans Le temps qui reste Giorgio Agamben souligne l'importance de la lettre de Saint Paul de aux Romains pour la définition du temps messianique comme temps d'attente du temps de la fin (éschaton). Puisque l'apocalypse est un discours orienté vers le futur, et il est aussi un discours qui donne des dates, des signes et des indications
Il recente dibattito intorno all’ontological turn (Descola 2005; Descola & Ingold 2014; De Castro... more Il recente dibattito intorno all’ontological turn (Descola 2005; Descola & Ingold 2014; De Castro 2009; Hache 2014) ha prodotto un cambiamento di paradigma nel campo delle scienze umane. Nato in seno alla ricerca etnografica e ad una più generale messa in discussione del metodo antropologico, il discorso contemporaneo sulle ontologie inizia ad essere recepito in modo critico anche all’interno dell’ambito filosofico (Consigliere 2014a; 2014b) e semiotico (Marrone 2012). Com’è noto, la semiotica dispone già di strumenti teorici per analizzare le diverse forme di diversità culturale e le loro interazioni (si pensi al concetto lotmaniano di semiosfera ed alle riflessioni di Umberto Eco intorno all’ontologia (Eco 2007; Lotman 1985). Pensare oggi il problema della diversità naturale oltre che culturale significa porsi la domanda di ciò che i sistemi tecnologici, scientifici e culturali della modernità europea hanno prodotto (De Castro & Danowski 2014; Latour 2014), segnalando con la definizione di “Antropocene” l’entrata in un’epoca caratterizzata dalla volontà di limitare le pretese universalistiche ed espansionistiche dell’ontologia naturalista.
È nostra intenzione proporre una riflessione ancora inedita nel dibattito sulle ontologie. Il punto di partenza della nostra proposta è che i modelli descrittivi elaborati da Philippe Descola e Bruno Latour, in virtù della loro potenza descrittiva di problemi di ordine globale, abbiano bisogno di un’integrazione in scala locale. Cosa succede infatti nelle situazioni in cui i modi di esistenza e le ontologie si frammentano e si ricompongono per dare luogo a nuove strutture ibridate, o per dirla con Carlo Severi “chimeriche”? (Severi 2011; 2013). Gli spazi di traduzione fra collettivi implicano la produzione di una vera e propria micro-ontologia, uno spazio poroso e conflittuale dove i sistemi di classificazione e di produzione dell’ambiente vengono frammentati e ricomposti in modo inedito. Seguendo i modelli della microstoria (Ginzburg 1994) e della microfisica del potere (Foucault 1977), intendiamo proporre una nuova concettualizzazione degli spazi di traduzione fra collettivi di umani e non-umani. Con micro-ontologia si intende un modello analitico in grado di frammentare sia il modello “classico” di ontologia (Varzi 2005), che quello “etnografico” elaborato da Philippe Descola. Questo modello afferma che nelle interazioni fra collettivi si vengano a fermare delle strutture complesse ed evanescenti di traduzione, rimediazione e métissage.
Micro-ontologia definisce una pratica locale e contestuale di analisi delle forme di relazione fra collettivi, pratica oggi sempre più essenziale se si pensa ad es. ai problemi politici del rapporto con le società dell’amazzonia e le industrie occidentali, o alla complicata relazione fra discorso ecologista e costruzione dei fatti scientifici da parte di geologi e climatologi
Analisi del concetto di rete dal punto di vista semiotico, politico e strategico. Su Deleuze, Eco... more Analisi del concetto di rete dal punto di vista semiotico, politico e strategico. Su Deleuze, Eco, Barthes, Negri e Lotman.
Parlando di medioevo digitale, si intende definire una particolare configurazione di stili musica... more Parlando di medioevo digitale, si intende definire una particolare configurazione di stili musicali e iconici che si uniscono ad una riflessione filosofica sulla stasi del tempo presente e sull’emergenza di piattaforme capitalistiche post-democratiche e post-statali. Da un certo punto di vista, l’uso che la specie homo fa del suo ambiente è sempre eccessivo: essa può riprogettarlo, governando il corso naturale della generazione e della corruzione, generare nuove specie, eliminare intere aree. Ma la caratteristica forse più interessante, è che per millenni questa procedura non è avvenuta unicamente per un impulso alla razionalizzazione delle risorse ecologiche – il rapporto originario con l’ambiente è stato di tipo diagnostico. La natura parlava un linguaggio criptato, che solo degli esperti potevano decodificare. Iscritto nelle viscere, nei fulmini, nei petali, nei metalli, nelle forme delle nuvole e delle colline stava il futuro. Il processo di antropizzazione è leggibile come un tentativo della nostra specie di riprodurre, per mezzo di simulacri architettonici, la percezione del paesaggio che aveva conosciuto agli albori della sua evoluzione. Mescolando le scienze storiche alle acquisizioni della psicologia cognitiva e delle neuroscienze è possibile tracciare una cronologia delle rotture epistemiche che hanno caratterizzato il rapporto fra la specie homo e la sua nicchia ecologica. La più grande cesura sarebbe da porsi nel XV secolo, quando allo spazio simbolico e parlante delle civiltà non-moderne viene a sostituirsi lo spazio disincantato, matematico ed infinito della prospettiva lineare. E tuttavia, in questo spazio ideale che serve al progettista come schema vuoto per collocare gli oggetti, sono ancora visibili, per altri quattro secoli, gli stessi elementi simbolici dello spazio premoderno, sempre più sguarniti delle loro significazioni esistenziali e sempre più trasformati in semplici elementi decorativi. Il Modernismo in architettura, con il suo attacco all’ornamento ed il suo elogio dell’utilitarismo e della forma-fabbrica cerca di eliminare questo iato fra prospettiva ed ornamento, trasformando gli edifici e le città in vere e proprie macchine prospettiche secolarizzate. In meno di cinquant’anni ci si rende conto di due errori: lo spazio iposignficativo del Modernismo può diventare spazzatura ed il bisogno di decoro e surplus simbolico non si possono estinguere. Questa è la sfida del post-moderno, che si muove con l’agilità di un hyperlink nella storia e nella geografia, prelevando elementi eterogenei per fonderli in forme chimeriche, allo stesso tempo cosmopolite, kitsch e stereotipate. Ma questo concetto non è più in grado di cogliere la natura della mutazione epistemica, ecologica e politica in atto: lo spazio simbolico sembra essere tornato, come creazione di una nuova società capsulare, fatta di piccoli regni autosufficienti (paradigma politica neorazionario), o come dispendio ipertrofico di simboli (Mark Foster Gage), pura simulazione inumana (Lawrence Lek, John Rafman), culto per rovine novecentesche (hauntologia, retromania).
Independence Day: Resurgence non è solo un flop e un film molto brutto ma anche un sintomo dell’e... more Independence Day: Resurgence non è solo un flop e un film molto brutto ma anche un sintomo dell’eterno ritorno del passato nel nostro modo di immaginare il futuro.
Il termine ‘postumanesimo’ è stato usato per la prima volta nel senso critico che è entrato poi n... more Il termine ‘postumanesimo’ è stato usato per la prima volta nel senso critico che è entrato poi nel linguaggio comune da Ihab Hassan nel 1977. Nei suoi quasi quattro decenni di vita la teoria del postumano ha subito non poche evoluzioni, trasformazioni e raffinamenti, non da ultimo perché questo concetto non designa un campo teorico omogeneo e compatto, ma è piuttosto un ‘discorso’ nel senso foucauldiano del termine, una molteplicità di filoni diversi, eterogenei e frammentati, tenuti insieme da un’idea portante: la convinzione che il vecchio umanesimo sia ormai finito. Questo numero de «Lo Sguardo» si propone di fare una sorta di bilancio degli ultimi quattro decenni per analizzare i limiti e confini del concetto di postumano. Il filo conduttore del numero è quindi la domanda: che cosa è ancora vivo e attuale, oggi, nella questione del postumano? Quali sono i filoni e le tendenze che si sono progressivamente esauriti, e quali invece sono passati in primo piano? Come si sono evolute le domande, e soprattutto le risposte, alla questione del postumano?
La questione della tecnologia, e cioè dell’ibridazione tra umano e macchina, è ancora per molti il tratto più ‘appariscente’ del postumano, sia per la cultura popolare, sia per il senso comune all’interno dell’accademia; e tuttavia il trionfalismo di certo postumanesimo – e soprattutto delle sue derive transumaniste – ha alienato non pochi studiosi, a partire proprio da una delle ‘madri’ della teoria postumana, Donna Haraway. Resta il fatto che i livelli di intimità e intrusione della tecnologia nell’umano sono, semmai, enormemente cresciuti dai tempi del Manifesto Cyborg, come anche le resistenze a essi, e questo continua a sollevare inesauribili questioni ontologiche, etiche ed estetiche.
Una questione che ha invece assunto sempre più centralità è quella dell’‘animale’, tanto da imprimere una vera e propria ‘svolta’ – il cosiddetto animal turn – all’interno delle scienze umane. L’interdisciplinarità (o multidisciplinarità) che caratterizzava la ricerca sul postumano in senso spiccatamente tecnologico, orientandola primariamente verso le scienze hard (in particolare la cibernetica), si è aperta quindi anche a discipline come la biologia evoluzionistica e l’etologia, dove il post del postumano viene dunque a segnalare anche il superamento (o il progressivo sgretolarsi) della dicotomia umano/animale.
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Le trasformazioni delle modalità di lettura di testi ed immagini legate alla rivoluzione digitale (Big Data, modalità di iper-lettura, machine learning applicato alla critica letteraria ed alla storia dell’arte, etc.) (Carr 2010; Hayles 2012; Wolf 2018) hanno portato alla formulazione dell’attuale paradigma della cultural analytics (Manovich 2009; 2018). Allo stesso tempo, lo studio neuroscientifico dei principi del riconoscimento visivo (Ramachandran e Hirstein 1999; Shen et al. 2017) unito alla nascita di una vera e propria digital art history (Saleh et al. 2016) impongono la necessità di rivedere criticamente le modalità di insegnamento e ricerca nel campo dei visual studies.
La nostra proposta si inserisce nel tentativo di comprendere i cambiamenti nelle pratiche pedagogiche e di ricerca resi possibili dall’apporto delle neuroscienze e delle digital humanities (Larsonneur et al. 2015). In particolare, ci vorremo focalizzare sull’utilizzo del concetto di mente estesa (Clark 2008), sviluppato nell’ambito della filosofia della scienze cognitive, per rileggere criticamente alcune posizioni particolarmente allarmiste che interpretano la transizione alla iper-lettura digitale (motori di ricerca, scansione dei testi, eccessiva abbondanza di stimoli informativi) come una catastrofe cognitiva (Carr 2010; 2014). Provando a ripensare la relazione fra la modularità mentale e la plasticità delle nostre facoltà di percezione, attenzione ed apprendimento (Citton 2014; Malabou 2017) vorremo analizzare in che modo l’impiego di nuove forme di lettura e produzione di testi ed immagini digitali posseggano delle caratteristiche peculiari che riattualizzano le antiche tecniche di manipolazione dei luoghi e delle immagini proprie delle arti della memoria. Nel tentativo di immaginare una possibile ecologia dell’attenzione, dello sguardo e della memoria, le tecniche di concentrazione, di trasformazione delle forme verbali in rappresentazioni iconiche e di orientamento nel Denkraum (Kurt W. e Mazzocco 2002) potrebbero fornire la soluzione all’annoso problema dell’apparente logoramento della memoria collettiva (Candia et al. 2018).
pective cartographique du tournant ontologique, je me suis intéressé à des modèles descriptifs qui travaillaient les aspects de traduction et de médiation – comme l’anthropologie de la pensée de Carlo Severi (2014), et la réflexion d’Emanuele Coccia sur l’ontologie des médias (2010)
Le trasformazioni delle modalità di lettura di testi ed immagini legate alla rivoluzione digitale (Big Data, modalità di iper-lettura, machine learning applicato alla critica letteraria ed alla storia dell’arte, etc.) (Carr 2010; Hayles 2012; Wolf 2018) hanno portato alla formulazione dell’attuale paradigma della cultural analytics (Manovich 2009; 2018). Allo stesso tempo, lo studio neuroscientifico dei principi del riconoscimento visivo (Ramachandran e Hirstein 1999; Shen et al. 2017) unito alla nascita di una vera e propria digital art history (Saleh et al. 2016) impongono la necessità di rivedere criticamente le modalità di insegnamento e ricerca nel campo dei visual studies.
La nostra proposta si inserisce nel tentativo di comprendere i cambiamenti nelle pratiche pedagogiche e di ricerca resi possibili dall’apporto delle neuroscienze e delle digital humanities (Larsonneur et al. 2015). In particolare, ci vorremo focalizzare sull’utilizzo del concetto di mente estesa (Clark 2008), sviluppato nell’ambito della filosofia della scienze cognitive, per rileggere criticamente alcune posizioni particolarmente allarmiste che interpretano la transizione alla iper-lettura digitale (motori di ricerca, scansione dei testi, eccessiva abbondanza di stimoli informativi) come una catastrofe cognitiva (Carr 2010; 2014). Provando a ripensare la relazione fra la modularità mentale e la plasticità delle nostre facoltà di percezione, attenzione ed apprendimento (Citton 2014; Malabou 2017) vorremo analizzare in che modo l’impiego di nuove forme di lettura e produzione di testi ed immagini digitali posseggano delle caratteristiche peculiari che riattualizzano le antiche tecniche di manipolazione dei luoghi e delle immagini proprie delle arti della memoria. Nel tentativo di immaginare una possibile ecologia dell’attenzione, dello sguardo e della memoria, le tecniche di concentrazione, di trasformazione delle forme verbali in rappresentazioni iconiche e di orientamento nel Denkraum (Kurt W. e Mazzocco 2002) potrebbero fornire la soluzione all’annoso problema dell’apparente logoramento della memoria collettiva (Candia et al. 2018).
pective cartographique du tournant ontologique, je me suis intéressé à des modèles descriptifs qui travaillaient les aspects de traduction et de médiation – comme l’anthropologie de la pensée de Carlo Severi (2014), et la réflexion d’Emanuele Coccia sur l’ontologie des médias (2010)
È nostra intenzione proporre una riflessione ancora inedita nel dibattito sulle ontologie. Il punto di partenza della nostra proposta è che i modelli descrittivi elaborati da Philippe Descola e Bruno Latour, in virtù della loro potenza descrittiva di problemi di ordine globale, abbiano bisogno di un’integrazione in scala locale. Cosa succede infatti nelle situazioni in cui i modi di esistenza e le ontologie si frammentano e si ricompongono per dare luogo a nuove strutture ibridate, o per dirla con Carlo Severi “chimeriche”? (Severi 2011; 2013). Gli spazi di traduzione fra collettivi implicano la produzione di una vera e propria micro-ontologia, uno spazio poroso e conflittuale dove i sistemi di classificazione e di produzione dell’ambiente vengono frammentati e ricomposti in modo inedito. Seguendo i modelli della microstoria (Ginzburg 1994) e della microfisica del potere (Foucault 1977), intendiamo proporre una nuova concettualizzazione degli spazi di traduzione fra collettivi di umani e non-umani. Con micro-ontologia si intende un modello analitico in grado di frammentare sia il modello “classico” di ontologia (Varzi 2005), che quello “etnografico” elaborato da Philippe Descola. Questo modello afferma che nelle interazioni fra collettivi si vengano a fermare delle strutture complesse ed evanescenti di traduzione, rimediazione e métissage.
Micro-ontologia definisce una pratica locale e contestuale di analisi delle forme di relazione fra collettivi, pratica oggi sempre più essenziale se si pensa ad es. ai problemi politici del rapporto con le società dell’amazzonia e le industrie occidentali, o alla complicata relazione fra discorso ecologista e costruzione dei fatti scientifici da parte di geologi e climatologi
La questione della tecnologia, e cioè dell’ibridazione tra umano e macchina, è ancora per molti il tratto più ‘appariscente’ del postumano, sia per la cultura popolare, sia per il senso comune all’interno dell’accademia; e tuttavia il trionfalismo di certo postumanesimo – e soprattutto delle sue derive transumaniste – ha alienato non pochi studiosi, a partire proprio da una delle ‘madri’ della teoria postumana, Donna Haraway. Resta il fatto che i livelli di intimità e intrusione della tecnologia nell’umano sono, semmai, enormemente cresciuti dai tempi del Manifesto Cyborg, come anche le resistenze a essi, e questo continua a sollevare inesauribili questioni ontologiche, etiche ed estetiche.
Una questione che ha invece assunto sempre più centralità è quella dell’‘animale’, tanto da imprimere una vera e propria ‘svolta’ – il cosiddetto animal turn – all’interno delle scienze umane. L’interdisciplinarità (o multidisciplinarità) che caratterizzava la ricerca sul postumano in senso spiccatamente tecnologico, orientandola primariamente verso le scienze hard (in particolare la cibernetica), si è aperta quindi anche a discipline come la biologia evoluzionistica e l’etologia, dove il post del postumano viene dunque a segnalare anche il superamento (o il progressivo sgretolarsi) della dicotomia umano/animale.