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Adria ARCHETTI • Marco BONARINI • Pietro GALLO Luciano M EDD I»Serena NOCETI»Donatella SCAIOLA mìo amato è mìo e io sono sua Un percorso di coppia alla luce del Cantico dei cantici SAGGIO INTRODUTTIVO h a form azione cristiana della coppia, compito della Chiesa d i oggi La responsabilità della pastorale verso la coppia ha subito negli anni successivi al Vaticano II un’evoluzione importante. Sono mol­ te le esperienze di gruppi e degli stessi uffici nazionali che offrono proposte significative.' Il desiderio di questa riflessione è quello di aiutare le comunità parrocchiali a individuare una corretta visione della responsabilità pastorale verso la coppia. In modo particolare di ricollocare la formazione della coppia dentro l’intero cammino di formazione dei cristiani adulti.^ Inevitabilmente dovremo intrecciare le realtà della coppia e della famiglia; questa seconda, tuttavia, sarà vista nella prospettiva del servizio alla vita propria della coppia. Prospettive pastorali di Amoris lefitia La preparazione, la celebrazione del Sinodo La vocazione e la missio­ ne della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (4-25 ottobre 2015) e la significativa esortazione Armris letitia di papa Fran­ cesco (19 marzo 2016) sono stati tre momenti di forte ricerca nella Chiesa. ' R. B onetti - S. N icolli (a cura di), La famiglia protagonista dell’azione pastorak in parrocchia. Atti della sperimentazione del Progetto Parrocchia-Famiglia, Cantagalli, Siena 2008; PoNTiFiciUM CONSILIUM PRO FAMILIA (a cura di), «Verso Milano 2012 La famiglia cristiana soggetto di evangelizzazione», in Familia et Vita 16(2011)1; C ommissione episcopale per la famiglia e la vita , Orientamentipastorali sulla prepa­ razione al matrimonio e allafamiglia (22 ottobre 2012). ^ L. M eddi, Formare cristiani adulti Desiderio e competenza del parroco. Cittadella, Assisi 2013, 80-81. 19 I capitoli VI-VII dell’esortazione contengono diversi temi di pasto­ rale familiare: il vangelo della famiglia, la sua preparazione e forma­ zione, l’accompagnamento nei primi anni del matrimonio e nei mo­ menti di crisi, la famiglia luogo e soggetto missionario, i suoi compiti missionari verso i figli, la responsabilità pastorale verso la famiglia. Questi temi appaiono sufficientemente definiti. Una riflessione tra­ sversale, con affermazioni presenti in diversi passaggi, è quello dei mezzi e dei processi formativi per il sostegno della famiglia. Una descrizione rapida dell’intera Parte terza mette in luce alcune affer­ mazioni utili per questo argomento. 1. h a famiglia vaformata e non è solofrutto di socializzazione. L’intero documento trasmette un grido e un desiderio forte: che la famiglia non sia lasciata a una semplice «cultura tradizionale» dove la sua abilitazione avviene solo per trasmissione spontanea a diffusione so­ cializzante e imitizzante, ma includa momenti precisi in cui la coppia e poi i futuri figli siano aiutati a realizzare un’azione riflessiva sugli scopi, i modelli, le difficoltà e le risorse che possono incontrare nello svolgere la propria missione {AL 205-211). 2. La famiglia è destinataria ma anche soggetto e luogo missionario. La Chiesa invita se stessa a riconoscere la famiglia come soggetto; come risorsa e non solo come problema {AL 290). La sua missione nel­ la quotidianità avviene per la testimonianza della famiglia, sia come singoli che come insieme. Anche come vera e propria missio ad gentes. 3. Il compito della famiglia viene descritto fondamentalmente come vocazione, chiamata e sviluppo della realtà battesimale {AL 72.211). È insieme servizio alla vita e servizio al vangelo. È servizio alla gene­ razione e alla cura dei figli, sia propri che di altri. È il primo soggetto dell’evangelizzazione e formazione cristiana (meglio sarebbe chiarire che è un servizio alla socializzazione religiosa o alla trasmissione del linguaggio religioso) delle nuove generazioni {AL 80-85). Più in particolare, il suo compito è servizio alla cura e alla crescita della coppia stessa, nucleo fondante della famiglia, perché non cada nell’a­ bitudine, non si lasci prendere dalla cultura contemporanea, ma —al contrario - sviluppi le sue qualità interiori. La famiglia è chiamata a farsi responsabile della parola del vangelo da comunicare sia in casa che nei luoghi di vita. Infine, compito della famiglia è l’esercizio del­ 20 la testimonianza cristiana. Questa viene descritta in molti modi,che riguardano la trasformazione della società e del cosmo nella logica fraterna del vangelo (^L 184.200.290). 4 .1processiformativi I capitoli VI-VIII descrivono, in forma trasver­ sale, anche il modello di formazione che l’esortazione ha in mente. Si desiderano processi o forme educative che superino il modello trasmettitivo e che includano la metodologia degli itinerari, l’interio­ rizzazione della dottrina ecclesiale, la valorizzazione delle culture, la metodologia di gruppo, la qualità della relazione, la pastorale in­ tegrata. Termini continuamente usati sono «integrare», «accompa­ gnare», «sostenere», «interiorizzare». 5. I mezzi della formazione. L’esortazione presenta principalmente beni educativi intra-ecclesiali, come l’attivazione della spiritualità fa­ miliare, la lectio, la vita liturgica e la vita comunitaria {AL 9.9,1). Ma traspare spesso che la via principale è l’attivazione della coscienza e della soggettività delle singole persone. 6. La responsabilità pastorale. La Chiesa è chiamata non solo a chiedere alla famiglia di essere se stessa; ma anche a dare il sostegno neces­ sario. Deve riconoscere che la famiglia è «un già e non ancora», che va curata lungo tutto il suo lifelong cycle. La cura riguarda partico­ larmente il discernimento nelle crisi e nei fallimenti {AL c. Vili), e il sostegno ai diversi passaggi e compiti, ma anche l’attenzione ai fat­ tori sociali che impediscono una piena realizzazione della vocazione della famiglia {AL c. II). È una responsabilità «per», ma da realizzare soprattutto «con» la famiglia nello stile della condivisione e dello sharing dei beni. Come contributo alla receptio di questa ricca riflessione, sottolineia­ mo alcuni aspetti della dimensione formativa. Formare gli adulti: condividere, proporre, accompagnare, sperimentare È importante che la pastorale si confronti e scopra le ricchezze delle vie salvifiche presenti nella cultura. T ra queste c’è sicuramente la scienza pedagogica. Nel linguaggio ecclesiale si usa il termine «for­ mazione» in modo distratto; come strumento di evangelizzazione; . 21 come metodo per trasmettere-mantenere il legame religioso tra le generazioni (trasmissione religiosa); per rinsaldare i legami tra la società civile, le nuove generazioni e la realtà ecclesiale (quindi nel senso di socializzare). Poche volte il termine è utilizzato per indicare la «qualità» degli esiti del processo pastorale proprio della Chiesa. La Chiesa è consapevole di questa necessaria innovazione, Giovanni Paolo II infatti ha affermato l’«uomo via della Chiesa».^ Essa è co­ sciente della necessità di porre la maturità di fede come compito della pastorale e della catechesi a partire dalla «hbertà e soggettività della persona».^ La persona non è solo il destinatario della proposta di fede, è anche il vettore e il soggetto della sua accoglienza. L’esercizio della libertà rappresenta la condizione perché avvenga un atto di fede. Questo ci porta a dare una definizione provvisoria del termine «for­ mazione» come: «processo di apprendimento intenzionale, frutto di accordo reciproco e progressivo tra i diversi soggetti implicati, che ha come scopo quello di sviluppare competenze specifiche, per realiz­ zare una trasformazione di vita visibile e misurabile, aU’interno della finalità più ampia della istituzione che promuove tale formazione».® Ecco perché si preferisce utilizzare il termine più complesso educa­ zione-formazione, che permette di individuare sia l’elemento perso­ nale che quello sociale. Di conseguenza, introducendo il termine formazione si intende col­ locare la realizzazione di un percorso pastorale all’interno di un’at­ tenta analisi della qualità della relazione entro la quale è possibile raggiungere gli obiettivi formativi stessi. A tale riguardo le esperienze mettono in evidenza che: 1. c’è formazione quando viene risolto il problema della motivazione ad apprendere. Avendo definito formazione come azione attraverso cui avviene una trasformazione o del personale progetto di vita o * G io v a n n i P a o lo II, Lettera enciclica Redemptor kominis, 4 marzo 1979, n. 14: E F 6 /1 21 2. ■* Cf. L. M eddi , «Apprendere nella Chiesa oggi; verso nuove scelte di qualità», in A ssociazione italiana dei catecheti - P. Z uppa (a cura di), Apprendere nella comunità cristiana. Come dare «ecclesialità» alla catechesi oggi?, Elledici, Leumann 2012, 95-131. ® L. M eddi , «La formazione degli adulti nella Chiesa italiana», in http://www.lucianomeddi.eu/interventi/Formazioneadulti_Aci.pdf. 22 di alcune competenze relative al modo di vivere stesso, risulta facile comprendere che essa avviene quando il percorso risulti essere signi­ ficativo non solo per l’istituzione che lo propone, ma soprattutto per coloro a cui viene proposto; 2. la formazione richiede una nuova qualità della comunicazione. In primo luogo, come costruzione di una relazione tra chi offre e chi riceve la formazione in modo tale che sia percepito e reso evidente l’interesse reciproco innanzitutto per il bene della persona. In secondo luogo, la comunicazione-relazione viene percepita come necessario superamen­ to del modello della trasmissione-lezione intesa come comunicazione monodirezionale (da qualcuno a qualcuno, senza sviluppo della ricerca, lasciando intendere che il messaggio sia già precostituito); 3. c’è vera formazione quando il soggetto primario dell’itinerario diventa la persona invitata a raggiungere le mete formative. Qui si sperimenta quel «primato del soggetto» che è ormai radicato nella cultura contemporanea; 4. c’è formazione attraverso un percorso che faccia fare esperienza. La necessità di esperienze, attraverso le quali avviene l’apprendimen­ to di qualità, fa superare il tradizionale modello scolastico. Il termine laboratorio, che spesso viene utilizzato, vuole complessivamente in­ dicare l’insieme dei metodi e delle procedure attraverso cui si realizza una vera interazione-, 5. al cuore di questa metodica risulta sempre più determinante l’im­ portanza di abilitare gli adulti a «raccontare a se stessi la propria sto­ ria». La presa di coscienza della propria biografia spirituale permette di poterla poi confrontare con l’annuncio evangelico, con la prassi della comunità, con il linguaggio simbolico-liturgico, per realizzare quella trasformazione-conversione-maturazione che è lo scopo del processo formativo stesso. Per raccontare sarà necessario aiutare i singoli adulti ad avere consapevolezza dei propri vissuti. Per realizzare questo obiettivo sembrano prevalere due grandi modelli: quello centrato sul «vieni e vedi» {full immersiorì) e quello centrato sul «comiaciò a spiegare loro ogni cosa» (metodo ricerca-azione). All’inter­ no di questo dibattito nasce la questione del rapporto tra dottrina ed esperienza, e tra esperienze umane ed esperienza cristiana. 23 La vita di coppia come esercizio delia vita cristiana Anche per la coppia si può parlare di una formazione o mistagogia catecumenale® in quanto coppia, sia per il personale atto di fede, che per la rilettura del progetto cristiano da esercitarsi in quanto coppia e famiglia. La proposta formativa ecclesiale può incontrare gli adulti in quattro situazioni pastorali: per l’evangelizzazione anche in vita deiriniziazione cristiana, nella prospettiva del completamento della IC, in occasione di un «risveglio o reinizio» dell’esperienza di fede, come formazione della competenza cristiana. Incontrare ed evangelizzare la coppia Il primo compito che la Chiesa è chiamata a realizzare è l’evangeliz­ zazione della coppia (o di uno dei partner). Evangelizzare possiede molti significati. Seguendo le riflessioni di A d gentes, Evangelii nuntiandi e Evangelii gaudiurriJ siamo invitati a considerare l’evangeliz­ zazione come testimonianza e servizio della Chiesa alla vicinanza di Dio verso le singole persone e i gruppi umani; in modo particola­ re per i poveri e gli esclusi (Le 4,16). Ma significa anche proporre la conversione alla fede di Gesù, l’esperienza della comunicazione dell’energia vitale di Dio e un primo inserimento nella Chiesa e nella sua missione. C’è bisogno di portare il vangelo nella famiglia perché la cultura post-moderna non ha risolto la fatica della costruzione della relazione di coppia e del servizio alla vita; inoltre le politiche sociali non stanno aiutando la famiglia (cf A L c. II). Per questa evangelizzazione, la comunità esce, converte la tradizio­ nale pastorale di accoglienza in parrocchia, e si fa vicina alla cop­ pia-famiglia. Farsi compagni, accompagnare, significa: entrare in relazione; sostenere il compito familiare (della coppia e verso i figli); ® C. R o c c h e t t a , Cristiani come catecumeni. Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, Paoline, Roma 1984; «Dal catecumenato alla pastorale in stile catecumenale», in Orientamenti Pastorali 57 (2 0 1 0 )9 ; H. D e r r o i t t e , «Quel avenir pour la catéchèse des familles», in I d ., (a cura di), Théologie, mission et catéchèse, NovalisLumen Vitae, Bruxelles 2 0 0 2 , 133-148. ’ F rancesco , Esortazione apostolica Evangelii gaudium ’C EG] sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 2 4 novembre 2 0 1 3 , EDB, Bologna 2 0 1 3 , n. 28. 24 proporre il vangelo di Gesù che è centrato sull’annuncio del Regno e che svela la misericordia; accompagnare la crescita della famiglia nelle competenze umane; celebrare i momenti di passaggio, nella fede e nella vita quotidiana, dell’esistenza umana; abilitare al ruolo di sog­ getto pastorale (cf. EG 24). La comunità incontra la famiglia così com’è. Nell’andare incontro alla coppia, la Chiesa ha una propria idea di famiglia e di matrimonio, ma si rivolge a ogni forma di convivenza e di coppia. Si incontrano la coppia tradizionale, i conviventi, i divorziati, le convivenze omoses­ suali. Le forme di unione sono differenti ma, se sono autentiche, pos­ siedono tutte la stessa dinamica: le persone sono mosse dal desiderio di comunione e di relazione di aiuto. Questi desideri sono le energie da evangelizzare, sostenere, purificare e a cui rivolgere la proposta cristiana.® La nuova evangelizzazione con gli adulti; i passaggi Molti adulti (e coppie) hanno già ricevuto i sacramenti, ma non si è svi­ luppata la loro adesione al vangelo. Il servizio all’evangelizzazione, in questo contesto, si chiama «nuova evangelizzazione», e ha come com­ pito, tra gli altri, quello di aiutare coloro che chiedono segni religiosi o li hanno già ricevuti a passare da una semplice domanda di religione a un’esperienza di adesione al vangelo. La Chiesa è alla ricerca di una nuova evangelizzazione da sempre perché da molti secoli ha scelto di evangelizzare i battezzati, invece che di battezzare i convertiti.® Nuova evangelizzazione, nella sua essenza, infatti significa adeguare la propo­ sta alla situazione culturale del proprio tempo. Francesco d’Assisi è un modello ideale per ogni nuova evangelizzazione. Chi nella Chiesa si fa ministro di questa nuova evangelizzazione'® si trova ad accompagnare un cammino progressivo composto da alme­ no quattro passaggi. In primo luogo un percorso di nuova evange® S inodo dei vescovi, La vocazione e la missione dellafamiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. XIVAssemblea Generale Ordinaria, EDB, Bologna 2015, nn. 70-71. ® C. F loristan, Il catecumenato, Boria, Roma 1993, 36. L. M eddi, 3 Percorsi con adulti: dalla iniziazione alla maturità di fede, in http:// www.lucianomeddi.eu/index.php/adulti-nella-comunita-cristiana. 25 lizzazione aiuta le persone a prendere coscienza delle proprie rap­ presentazioni religiose per liberarle da infantilismi religiosi o precom­ prensioni culturali che impediscono di cogliere il messaggio come vangelo. In secondo luogo sostiene la guarigione àéWeferite personali e dell’allontanamento dalla comunità cristiana in modo che la propo­ sta cristiana sia percepita come «annuncio liberante» e significativo. Aiuta poi a comprendere l’amore e la presenza di Dio nella loro sto­ ria attraverso lo sviluppo di capacità dell’autonarrazione biografica e della riflessività. Offre infine l’annuncio del vangelo messianico, il primo annuncio del Padre nostro." Formare la competenza cristiana Coloro poi che, «mossi dallo Spirito», hanno accolto il vangelo, sono iniziati al mistero pasquale e al servizio alla missione ecclesiale'^ esercitando i tria munera battesimali.'^ Questa formazione, esemplare nel manifesto del rito eucaristico,''^ è successiva all’evangelizzazione e può essere meglio compresa se descritta in cinque competenze:'® 1. essere capaci di una lettura personale del vangelo. Questo comporta un’alfabetizzazione biblica come voluto dal Vaticano II, ma anche lo sviluppo dell’atteggiamento personale di meditazione e attualizzazione come sottolineato dalla pastorale contemporanea. Tale competenza chiede una parte di istruzione sul valore teologico del­ la rivelazione, di esperienza comunitaria tesa a comprendere le attualizzazioni del messaggio, e di esercizio utilizzando soprattutto l’esperienza della Lectio divina-, 2. essere capaci di condividere la fraternità comunitaria. Questo com­ porta la decisione di appartenenza, di condivisione del progetto, di correzione fraterna, di rispetto dei compiti e dei carismi di cia­ scuno. Tale competenza sviluppa i temi evangelici della chiamata. " M eddi , Formare cristiani adulti, 80-81. Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, L E y Città del Vaticano 1978, nn. 1- 2 . Cf. C o n c ilio e c u m e n ic o V a tic a n o II, costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 21 novembre 1964, nn. 33-36: E V 1 /3 6 8 -3 7 8 . Ivi, 81-83. L. M e d d i , Catechesi. Proposta eformazione della vita cristiana, Messaggero, Pa. dova 2 0 0 4 , 144-150. 26 dello stile del discepolo, delle regole della comunità; ma anche i temi paolini della vita della comunità. Si nutre di esercizi, ÒS. comu­ nione e di riconciliazione; 3. essere capaci di scoprire il proprio posto nella comunità messianica. Que­ sto comporta una chiara verifica vocazionale da sviluppare in tut­ to il percorso. Tale competenza chiede una parte di istruzione sul valore della vocazione e di conoscenza delle ministerialità proprie della Chiesa e necessarie alla missione in un territorio. Compor­ ta una rilettura personale e spirituale fatta anche di discernimento vocazionale sistematico ed esercizi di incontro, sperimentazione di ruolo delle ministerialità; 4. essere capaci di individuare il proprio servizio per il Regno. Questo comporta la sperimentazione di attività di volontariato, di solida­ rietà, ma anche di approfondimento della comprensione politica della situazione mondiale e sociale. In modo particolare, questo obiettivo chiede conoscenza della situazione sociale e politica alla luce della dottrina sociale della Chiesa, di esperienza di discerni­ mento comunitario circa tematiche sociali decisive. Ma soprattutto esercizi messianici. 5. essere capaci di celebrazione e di relazione personale con Dio. Questo comporta lo sviluppo di forti esperienze liturgiche, sacramentali e della personale esperienza spirituale. Occorre m i istruzione che introduca alla sapienza spirituale cristiana e anche alle altre re­ ligioni. Comporta una lettura ecclesiale del bisogno di spiritualità personale e sociale. Comporta innanzitutto esercizi spirituali nel senso dello sviluppo personale e comunitario delle pratiche spi­ rituali circa la preghiera liturgica, la meditazione profonda e la contemplazione. Sia la formazione che l’esercizio di queste competenze nella coppia si realizzano in un contesto particolare che modifica non solo i tem­ pi e le modalità di apprendimento, ma soprattutto i ruoli aU’interno della relazione stessa. Anche per questo il cammino può avvenire in modo condiviso, ma può creare anche tensioni e contribuire in modo profondo al discernimento pre-matrimoniale o all’adatta­ mento successivo. Se non ben accompagnato, può anche creare si­ tuazioni di crisi. 27 La coppia testimone del vangelo nella società e In famiglia Una riflessione molto significativa dell’esortazione ci aiuta a com­ prendere la missione della coppia; essa è chiamata per vocazione a es­ sere soggetto missionario. La coppia - infatti - non è cristiana solo in quanto vive la propria relazione nella visione cristiana e si apre alla generatività. Questa visione riguarda il «Vangelo della famiglia» o evangelizzazione. La differenza cristiana della progettualità della cop­ pia (e della famiglia) si manifesta quando, in quanto coppia e in quanto famiglia, si esercita il servizio al regno di Dio. Il documento dice: la famiglia si costituisce così come soggetto delFazione pastorale attraverso l’annuncio esplicito del Vangelo e l’eredità di molte­ plici forme di testimonianza; la solidarietà verso i poveri, l’aper­ tura alla diversità delle persone, la custodia del creato, la solida­ rietà morale e materiale verso le altre famiglie soprattutto verso le più bisognose, l’impegno per la promozione del bene comune anche mediante la trasformazione delle strutture sociali ingiuste, a partire dal territorio nel quale essa vive, praticando le opere di misericordia corporale e spirituale (Sinodo 2015, 93 = A L 290). Nel compito missionario si deve inserire anche la socializzazione/ educazione religiosa (poi cristiana) dei figli, che oggi avviene in un tempo di ripensamento del ruolo culturale della religione, del suo recupero ma anche travisamento/strumentalizzazione. Abilitare le energie spirituali Per realizzare questo cammino di evangelizzazione e formazione in vista dell’esercizio della testimonianza cristiana, la coppia ha bisogno di essere aiutata a riconoscere, sviluppare e potenziare le «energie spirituali» che, per la creazione e per la fede battesimale, sono già possedute. Infatti la «competenza cristiana» troppo spesso è intesa solamente come dimensione umana o antropologica oppure ripensata solo nella prospettiva morale. Sarebbe come dire che la formazione si occupa solo di consegnare il libro delle istruzioni e di far fare qualche esercizio di prova. In realtà vivere il vangelo è questione spirituale. Spirituale significa che implica il coinvolgimento della dimensione più profonda della persona. 28 In forma di «introduzione alla ricerca» si possono individuare queste abilitazioni spirituali. 1. La comunicazione e le relazioni La famiglia diviene soggetto di se stessa attraverso la maturazione della comunicazione interpersonale della coppia e della comunicazione intergenerazionale. Comporta lo sviluppo dell’autenticità della comunicazione, della gestione dei con­ flitti, deir assunzione di un modello di relazione adulto e non genitoriale o infantile. In questo contesto ha suscitato gioia, sorpresa e adesione profonda la valorizzazione piena e sincera fatta dall’esortazione al ruo­ lo della «fisicità» della relazione e dell’amore (cf A L c. IV) per la re­ alizzazione di una comunicazione autentica, progettuale e generativa. 2. La consapevolezza. La condizione accelerata della vita contem­ poranea, la cultura mediatica, la perdita della contemplazione della natura, la situazione di figli «unici» porta le persone a essere conti­ nuamente «fuori di sé». La pastorale familiare aiuterà la famiglia a sviluppare la parte interiore delle persone e, soprattutto, la capacità di leggersi dentro, leggere i sentimenti, le emozioni, le sensazioni; ma anche a capire il proprio sistema di valori e i punti di riferimento che si seguono, il modo di vedere le cose fondamentali della vita. In una parola a sviluppare la dimensione contemplativa e meditativa della vita; sia nel senso umano che spirituale del termine (anche per questo tema cf A L c. IV). 3. La competenza genitoriale. La natura antropologica della famiglia rimanda al servizio alla vita (cf A L c. VII). Questa competenza è complessa e oggi sottoposta alla pluralità delle agenzie socializzanti (mass media, scuola), ma soprattutto alla mancanza di una formazio­ ne a essere genitori. Il compito genitoriale è diverso per le diverse età psicosociali e chiede: controllo delle emozioni; stile educativo onedown; chiarezza dei valori da proporre; riconoscimento dell’indivi­ dualità dei figli. La relazione generativa, inoltre, deve imparare ad aprirsi alla relazione adolescenziale. 4. La coscienza della presenza di Dio. Il fondamento dell’esistenza (per noi credenti: il Padre di Gesù Cristo) non può non essere presente nella vita delle persone. Ma la sua vicinanza può non essere ricono­ sciuta. La pastorale della famiglia aiuta a scoprire questa continua presenza salvifica. La via più importante è aiutare l’interpretazione 29 della propria biografia, scoprendo in essa i segni della sua presenza nei segni umani: forza, speranza, perdono, desidèrio di bene, pazien­ za, donazione, senso di giustizia, e ancora tanto altro. In questo senso la pastorale (i catechisti) sono ermeneuti, come fece Gesù con i due discepoli di Emmaus. La narrazione biblica nella formazione della coppia e della famiglia Nei processi formativi con adulti, la Chiesa ha recuperato, da diverso tempo, il primato della narrazione biblica. La «mensa della Parola» viene imbandita in diverse forme, ma tutte hanno in comune due pas­ saggi che sempre dovrebbero essere presenti negli incontri ecclesiali. Il testo va aiutato a esprimere il proprio messaggio in modo auten­ tico, senza essere letto con le precomprensioni del lettore e della sua cultura. È un passaggio spesso difficile perché lo si possiede e lo si ascolta già dentro una ricomprensione che è nata dalla preoccupazio­ ne delle diverse comunità; inoltre è espresso con categorie cultura­ li che non sempre appartengono alla «rivelazione» di Dio anche se l’aiutano. Ma soprattutto perché i partecipanti spesso hanno difficoltà'® a «leg­ gere» il testo, sono «analfabeti biblici» e rimangono facilmente de­ stinatari dell’interpretazione proposta, con la conseguenza che «il cammino della Parola» può essere condizionato o rimanere solo a livello esteriore. La formazione cristiana degli adulti, allora, deve provvedere a costruire una certa consapevolezza dell’uso del testo biblico in modo che il messaggio sia davvero una «lettura di popolo», di comunità, come ci suggerisce D V 8. Ma la «mensa» ha bisogno di un secondo passaggio.’’^ Si tratta del confronto con la vita quotidiana, personale, ecclesiale e sociale. Nella pastorale familiare troppo spesso questa attualizzazione rimane limiI. D ia m a n t i , Gli italiani e la Bibbia. Un’indagine di Luigi Ceccarini, Martina D i Pierdomenico e Ludovico Cardani, EDB, Bologna 2 0 1 4 , cc. 9-10. ” L. M e d d i , «Incontrare la Bibbia nel contesto culturale oggi. Il compito attualizzan­ te della pastorale biblica», in C. P a s t o r e (a cura di), «Viva ed efficace è laparola di Dio» (Eh 4,32). Linee per l’animazione biblica della pastorale, Elledici, Torino 2010, 53-66. 30 tata alla relazione di coppia e sconfina nello psicologismo. Per essere «Parola di vita» il messaggio deve incontrare le diverse dimensioni dell’esistere: l’orientamento di sé, le guarigioni necessarie, la respon­ sabilità sociale, la costruzione del futuro dell’umanità, l’interpreta­ zione della cultura che orienta le scelte comuni. Perché questo avvenga i partecipanti, come abbiamo detto, vanno aiutati a comprendere il proprio racconto di vita passando dalla bio­ grafia alla riflessività. I «racconti di vita» creano la vicinanza con i «racconti biblici»; ma è la consapevolezza di sé, la riflessività, che permette alla «potenza dell’evangelo» di entrare nella profondità e purificare le radici della propria personalità. È in questo modo che possiamo portare «molto frutto». Luciano Meddi 31