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Approfondimenti/1 Catechesi e formazione cristiana/2 Luciano Meddi Si può sintetizzare questo breve intervento con un’affermazione: per realizzare la finalità di formare cristiani capaci di testimonianza nel mondo contemporaneo, la catechesi non si deve limitare a utilizzare tecniche di comunicazione, ma deve tornare a essere l’agenzia ecclesiale per lo sviluppo della vita cristiana dei battezzati, attraverso una prospettiva che fa incontrare e interagire la dimensione del dono della fede e della risposta umana, l’insieme delle risorse umane e culturali. Una prospettiva missionaria, cioè olistica e spirituale. 1. Il compito della catechesi nella missione ecclesiale Fin dall’inizio della missione ecclesiale la catechesi ha svolto un compito importante. È sempre stata uno strumento o agenzia decisiva per la realizzazione di obiettivi sia missionari che pastorali. Infatti se non tutto è catechesi, tuttavia ogni azione ecclesiale ha bisogno di formazione, ovvero di catechesi. Il catecumenato nelle sue diverse forme, la catechesi di socializzazione cristiana nel tempo della cristianità, la dottrina cristiana per “difendere” l’interpretazione cattolica della fede, l’istruzione catechistica in forma di vera scuola, ne sono stati i momenti progressivi. Lo sviluppo della Chiesa nella seconda modernità (o tardo-modernità) ha reso necessario un ripensamento della catechesi (cfr. GE 4; CD 14). La Chiesa non può più contare sul catecumenato sociale per realizzare la sua missione formativa, anzi nel momento dell’annuncio missionario è chiamata a riconoscere il valore della 39 Approfondimenti/1 libertà di coscienza religiosa (cfr. DH 1.8; AG 13; LG 8). Inoltre il contesto di notevole scolarizzazione, di pluralismo culturale e religioso, chiede sempre più ai battezzati di esercitare in prima persona la testimonianza della fede. Questi nuovi scenari della missione portano la catechesi a relativizzare il compito di sola istruzione dottrinale, e a prendere su di sé il compito di aiutare la risposta e la crescita dell’atto di fede, cioè l’educazione dei cristiani (cfr. GE 2). Questa riformulazione del suo compito, che è stata sostenuta dal magistero già con la Divini illius magistri (1931), si è sviluppata a partire dagli anni Trenta del XX secolo secondo quattro passaggi: il recupero kerygmatico del messaggio della fede, il suo confronto con i processi culturali e antropologici, la responsabilità verso la piena umanizzazione dei gruppi umani e la rilettura comunicativa della sua pedagogia. Il Vaticano II si colloca a metà di questo rinnovamento, accogliendo e anticipando molte delle innovazioni che venivano emergendo. Tutto il Concilio è il grande catechismo dei tempi moderni (cfr. CT 2) e tuttavia in quattro specifici luoghi i Padri hanno voluto lasciarci una vera ridefinizione dei compiti della catechesi: GE 2, CD 14, GE 4, AG 14. Testi cui ritornare continuamente. Questi testi ci consegnano una visione di catechesi centrata su alcune espressioni: educazione dei cristiani; rendere cosciente, viva e operosa la fede; iniziare alla vita cristiana con un tirocinio formativo. Per questo i compiti della catechesi oggi si allarghino e includano soprattutto la testimonianza della vita cristiana e la presa in carico da parte di ogni battezzato del compito missionario, la catechesi ha come scopo di formare discepoli-missionari. La testimonianza è dimensione pneumatica che ha come contenuto l’esercizio della vita nuova, la capacità di dialogo e di profezia (cfr. GE 2; AG 11-12; CJC 787). Questi compiti chiedono di pensare la catechesi come abilitazione, esercizio quotidiano della proposta cristiana. Non solo socializzazione religiosa e sacramentalizzazione, ma soprattutto sviluppo e maturità. La natura della catechesi è quindi teologica e pedagogica; non sarà solo servizio alla trasmissione-comunicazione ma soprattutto alla sperimentazione, trasformazione e acquisizione di competenze. Proprio per questo si deve sottolineare che la finalità della catechesi in questa stagione ecclesiale comporta la presa in cura della formazione degli adulti delle comunità, perché esprimano ministeri e consapevolezze nuove. Una catechesi che sappia rico40 Catechesi e formazione cristiana/2 noscere e utilizzare tutte le manifestazioni che Dio ha voluto donare alle diverse culture e religioni. Una pluralità di comprensioni e percorsi salvifici che trovano in Cristo la sua manifestazione definitiva (cfr. LG 17; GS 22; AG 9). Finalità che si possono perseguire solo attraverso la via del dialogo, sia nel momento dell’annuncio e della formazione, sia nel momento dell’esercizio della testimonianza (cfr. AG 11-12). La dimensione pedagogica si rende necessaria soprattutto per l’obiettivo di formare comunità capaci di testimoniare la responsabilità verso la fraternità umana e la sostenibilità del pianeta terra (cfr. DP 5-6, 7-11, 13.15). Un obiettivo che comporta la conversione ecologica e questa non può prescindere dalla decisione per stili di vita eco-sostenibili; cioè richiede un processo di conversione interiore che esprime parte della conversione cristiana e della fede in Dio creatore o principio, dinamismo e scopo della creazione. 2. I rischi dell’attuale stagione formativa Sarà necessario domandarsi se queste rinnovate finalità della formazione cristiana siano realizzabili con i modelli di catechesi oggi prevalenti nella comunità cristiana. Come testimoniano i documenti, in una prima fase è stato richiesto alla catechesi di sostenere la receptio del Vaticano II e a volte anche di interpretarlo con sapienza. Tenendo sempre chiaro l’obiettivo di formare comunità e singoli cristiani adulti nella fede (cfr. DCG 1971, 21) e di introdurli nella piena comunione con Cristo (cfr. DGC 1997, 80), essa ha seguito il progressivo aggiornamento della vita ecclesiale. Si è fatta carico del rinnovamento biblico della pastorale (cfr. DV, cap. VI) e con la catechesi evangelizzatrice (cfr. Medellín, 1968, cap. VIII) ha aiutato il popolo di Dio a cercare il progetto di Dio, il significato ultimo dell’esistenza e della storia (cfr. DCG 1971, 21). Condividendo il dramma della separazione tra fede e cultura proprio di molti battezzati, si è fatta carico, su indicazione di EN 44, di formare gli habitus della fede. Ha rinnovato la sua pedagogia secondo il cammino globale della comunicazione della fede: parola, memoria, testimonianza; sempre inserita nella vita di comunità vive (Messaggio 1977). Ci sembra ingiusta, quindi, l’accusa rivolta alla catechesi da alcuni interventi secondo i quali lo tsunami di scristianizzazione in cui si trova la missione sia dovuto alla « catechesi veramente scarsa o incompleta » dei decenni precedenti. Ma è anche neces41 Approfondimenti/1 sario evidenziare i limiti di alcuni modelli di catechesi. L’attuale organizzazione è guidata dal Direttorio generale per la catechesi (= DGC 1997) che ha chiesto alla catechesi di sostenere il percorso di evangelizzazione (cfr. cap. II). La catechesi ha come suo compito specifico – si dice – l’educazione (permanente) della fede; tuttavia in tutta la Chiesa essa si fa carico di realizzare il compito di primo annuncio sempre necessario sia nella missio ad gentes sia per la vita cristiana; si fa inoltre carico di organizzare i percorsi formativi propri dell’iniziazione cristiana. Questa impostazione genericamente chiamata catecumenale porta con sé molti vantaggi, ma può essere anche causa di un impoverimento delle comunità cristiane. In modo particolare perché vuol caricare sulla catechesi tutto il compito di evangelizzazione che spetta ad altre ministerialità ecclesiali e perché, a motivo della nuova evangelizzazione, si è ritenuto necessario spostare l’accento dalla Scrittura alla difesa della dottrina attraverso il Catechismo della Chiesa cattolica. L’attuale insistenza sul primo annuncio come azione veritativa rischia di impedire questo processo di spiritualizzazione e cristificazione dell’umanità. Rischia di non mettere l’accento sul compito di accompagnare la risposta della fede, la sua integrazione nella vita; cioè il compito di una catechesi adulta per la maturità della fede degli adulti. Senza queste attenzioni si rischia di ritornare al modello di sola socializzazione religiosa o catecumenato sociale, senza preoccuparsi di “cosa avviene dopo la conclusione sacramentale”. In questo modo non sarà possibile avere comunità cristiane ricche di ministerialità e incisive nel territorio. Occorre tornare al modello spirituale della conversione permanente (cfr. AG 13). È quindi necessario, come sembra riconoscere anche il prossimo Direttorio per la catechesi in fase di preparazione dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, tornare e rilanciare il compito specifico della catechesi che è il sostegno alla crescita e maturità della fede in modo particolare dei giovani e degli adulti. Queste indicazioni conciliari (cfr. GE 2.4; CD 14; AG 13-14) ben si raccordano con quelle di EG (cfr. 160-175): una catechesi fondata sulla narrazione kerygmatica e non dottrinale, centrata su percorsi di accompagnamento e formazione di competenze, avendo come obiettivo la formazione di abitudini o atteggiamenti di vita cristiana (virtù), che il magistero di Papa Francesco riassume nella significativa espressione discepolo-missionario. 42 Catechesi e formazione cristiana/2 3. La catechesi a servizio del compito di evangelizzazione Il primo compito della catechesi riguarda il primo annuncio (DGC 1997, 61-62). L’evangelizzazione tuttavia, non deve perdere di vista le prospettive missionarie del rapporto stretto con le culture e religioni; non deve inoltre essere pensata come attività che si sostituisce al desiderio di libera scelta da parte degli uomini del nostro tempo. Non si deve scambiare l’evangelizzazione con la predicazione cristiana. Nel primo post-Concilio la catechesi ha rinnovato la narrazione cristiana incentrandola sulla fede che Gesù aveva nell’avvento del Regno di Dio. Si è affermato che non si può separare evangelizzazione e promozione umana (cfr. EN cap. III; Benedetto XVI, Discorso alla Sessione inaugurale dei lavori della V Conferenza dell’Episcopato latinoamericano e dei Caribi, 2007, 3; EG, cap. IV). Ha poi affrontato il difficile tema dell’ermeneutica delle fonti cristiane e dell’inculturazione della fede, spesso scambiata con evangelizzazione della cultura. Ma ora ha bisogno di completare il suo cammino nella prospettiva spirituale. L’evangelizzazione è illuminata dalla teologia della rivelazione. È innanzitutto servizio alla continua azione della Trinità nella storia; alla sua continua autorivelazione per realizzare la piena umanizzazione. Un’azione che è spirituale ed interiore alla coscienza. L’uomo con la sua cultura accoglie l’illuminazione divina, non senza equivoci e opposizioni, come rivelazioni, cioè come sapienza. Tra queste ha un compito unico quella vissuta e annunciata da Gesù di Nazaret, raccontata e tramandata dai suoi discepoli (cfr. EN 22; DJ, cap. III). L’evangelizzazione è prevalentemente azione spirituale. Attraverso di essa la Chiesa va a cercare tutti i frammenti della Rivelazione divina presenti nella cultura e nelle religioni. Li cerca per lodare Dio, per ampliare la sua sapienza, per utilizzarli come vie che portano a Lui, per purificare ed educare il cuore dell’uomo (cfr. LG 13.17; NA 2; GS 22). Per realizzare questo compito comunica (annuncia) la narrazione cristiana, ma prima ancora sostiene tutte quelle attività che permettono a Dio, attraverso lo Spirito Santo, di sensibilizzare (aprire) il cuore dell’uomo alla porta che è il suo Figlio (cfr. AG 13). Sono attività che fanno emergere nella coscienza dei gruppi umani le presenze divine; sono attività che aiutano la conversione all’amore di Dio e favoriscono l’annuncio di Cristo. 43 Approfondimenti/1 Nel futuro l’evangelizzazione è chiamata a sottolineare soprattutto il momento del reciproco dialogo con le culture, in modo da narrare e scambiarsi le vie spirituali che Dio suscita ancora oggi (DP 6.15). Una prospettiva di evangelizzazione che mette l’attenzione sulla predisposizione del terreno perché possa generare frutti di vita cristiana. La prospettiva generativa della pastorale, infatti, nasce per affidare il seme del Vangelo perché esso possa esprimere tutta la sua energia divina. Questa prospettiva comporta anche la riformulazione dei soggetti dell’evangelizzazione, che deve includere anche la testimonianza degli uomini di buona volontà presenti nei diversi contesti perché si annunzi ai non credenti e non ai diversamente-credenti. 4. La catechesi a servizio dell’iniziazione alla/della vita cristiana L’iniziazione cristiana è il secondo compito della catechesi. Le comunità cristiane non devono essere preoccupate di veder diminuire la richiesta di battesimo dei bambini, ma piuttosto di rendere iniziatiche ovvero esperienziali le loro proposte. È certamente utile per la pastorale ecclesiale continuare la pratica del battesimo ai bambini, ma si deve prendere coscienza che questa è una pratica di socializzazione e non di iniziazione. Occorre quindi disambiguare questa importante attività ecclesiale. È stato soprattutto AG 14 a offrirci una prospettiva missionaria adeguata. L’iniziazione non è in primo luogo dono per la salvezza individuale della persona, tanto da rimanere nella prospettiva che senza il battesimo non c’è salvezza. Piuttosto si dovrà sottolineare che l’iniziazione è per la condivisione della missione ecclesiale (la testimonianza del Vangelo); il dono della grazia è per rispondere a questa chiamata divina. Perciò l’iniziazione è un processo sia sacramentale che pedagogico. L’iniziazione è dono da sperimentare; per questo la pedagogia più adatta per realizzare il compito iniziatico sembra essere quella catecumenale. Si deve però seguire l’interpretazione di AG 14, quando definisce catecumenale l’insieme della attività che fanno fare esperienza della vita nuova (tirocinium) senza separare la dimensione sacramentale da quella pedagogica (la mistagogia). Il contenuto dell’esperienza iniziatica è il dono dello Spirito ma anche l’esercizio della vita nuova, che diversi documenti conciliari riferiscono ai tria munera Christi (cfr. LG 35-37; GE 2.4). Si deve al44 Catechesi e formazione cristiana/2 lora parlare di iniziazione alla vita cristiana attraverso la catechesi permanente (cfr. DA 6.3). Questa prospettiva “compiuta” di iniziazione chiede di ripensare la collocazione dell’età più adatta per la conclusione dell’iniziazione cristiana dei ragazzi. Non è importante solo il riordino sacramentale (battesimo-cresima-eucaristia), ma anche il rapporto tra dono e risposta. La questione dell’età più adatta alla conclusione è questione missionaria decisiva. Pensiamo sia opportuno mantenere le indicazioni di Pio X Quam singulari (1910) e rafforzare, invece che diminuire, il valore di un vero e proprio catecumenato crismale per le nuove generazioni in età adolescenziale e giovanile. Molti Padri sinodali, nel recente Sinodo per i giovani, lo hanno richiesto. Come la Chiesa ha già ritenuto opportuno fare con il noviziato per la vita religiosa e il seminario per il ministero ordinato. Ci sembra questo il valore missionario profondo delle scelte di OICA (1972), che già prevedeva tre itinerari (riti) ordinari per l’iniziazione cristiana: per adulti, per adulti che completano la loro iniziazione cristiana e per ragazzi che chiedono il battesimo in età scolare. Nel futuro sarà utile rendere plurali e anche pubblicizzare l’iniziazione in differenti età psico-sociali, valorizzando il processo spirituale delle persone. L’iniziazione cristiana ha sempre bisogno di far vedere ai catecumeni il dinamismo concreto della chiamata-vocazione cristiana. Per questo sarà molto utile una pedagogia di apprendimento in comunità di vita cristiana (comunità o gruppi di pratica). Non sono decisive le pedagogie della comunicazione della fede o della sola testimonianza della fede (adatte nel momento di evangelizzazione), perché l’obiettivo dell’iniziazione cristiana è accompagnare la trasformazione del cuore della persona. Sono più adatte le pedagogie che fanno sperimentare e “assaggiare” la vita cristiana. 5. La catechesi per la crescita della personale e comunitaria risposta di fede Il compito principale della catechesi rimane la formazione cristiana. Già prima del Vaticano II i documenti invitavano la catechesi a occuparsi della fides qua, dell’echo interiore oltre che della comunicazione del messaggio. CD 14 riassume questo invito con l’espressione « rendere la fede viva, cosciente e operosa »; ma si sono usate anche le espressioni « maturità di fede » o « atteggia45 Approfondimenti/1 mento di fede ». Questa prospettiva di catechesi per la formazione cristiana è stata progressivamente disattesa. Ne è segno il fatto che la catechesi adulta e degli adulti troppo spesso non si ritiene compito delle comunità. La maturità della fede (scegliere di essere discepolo-missionario) appartiene al campo della virtù, dei carismi dello Spirito; e non avviene senza il coinvolgimento della libertà della persona e del suo mondo interiore. Essa è racchiusa nella densa espressione habitus (cfr. EN 44.48; EG 170), che nella scienza psico-sociale corrisponde all’espressione atteggiamento stabile di vita. Espressioni che rimandano alla necessità di « una pedagogia che introduca le persone, passo dopo passo, alla piena appropriazione del mistero » (cfr. EG 170, con rimando a Giovanni Paolo II, Ecclesia in Asia, 1999, 20). La catechesi adulta si configura quindi come attività che sostiene la risposta (receptio) del credente proprio come espressione dell’esercizio della fides qua; fa riferimento alla teologia della fede (cfr. DV 5) piuttosto che alla teologia della Rivelazione; si inquadra nel capitolo della antropologia teologica o meglio della antropologia vocazionale; si inserisce nella visione dei tria munera Christi, come ricordato, e della liturgia battesimale. Ha quindi un carattere evolutivo (cfr. DCG 1971, 30), perché è un percorso che dura tutta l’esistenza. Sarà utile utilizzare l’espressione personalità cristiana per indicare questa complessa finalità della catechesi: la maturità di fede dei cristiani. Questa finalità ha bisogno di una configurazione unitaria e integrata dell’azione catechistica; ha bisogno di tutte le dimensioni dell’agire ecclesiale e del coinvolgimento di tutti gli operatori pastorali; in primo luogo del ministero esplicito dei ministri ordinati (DP 7-11). L’azione catechistica, per realizzare questa finalità, deve superare la tentazione di rimanere sul piano della comunicazione e dell’istruzione. Deve entrare nel cuore della persona per purificare le cattive socializzazioni anche religiose; sostenere la guarigione delle ombre spirituali e integrare tutta la vita nella prospettiva del Vangelo di Gesù. Sarà una catechesi mistica, centrata sul processo di conversione profonda i cui punti essenziali possono essere così descritti: aiutare a conoscere il proprio stile di vita; comprenderne gli esiti vicini e futuri; confrontarli con l’esperienza di fede di Gesù; individuare il cambiamento da realizzare; inculturare le espressioni nella tradizione cristiana. Sono necessarie pratiche mistiche. Pra46 Catechesi e formazione cristiana/2 tiche formative che aiutano la persona a prendere coscienza della propria rappresentazione di vita, la confrontino con le realizzazioni e la aprano alla verità del Vangelo (cfr. Th. Groome). Pratiche che sviluppino la coscienza della presenza del Maestro interiore e delle mozioni spirituali. Sono pratiche che hanno bisogno di accompagnamento (counselling-mentoring) e allenamento (coaching). Questi passaggi e pratiche si potranno utilizzare nelle diverse esperienze di catechesi con giovani e adulti: i gruppi di revisione di vita; la lectio divina e spirituale; le catechesi al popolo; catechesi di comunità; esercizi spirituali; e anche nella letteratura spirituale oggi molto diffusa. 6. La catechesi per abilitare l’esercizio della vita cristiana Grande desiderio del Concilio è stato la nascita di una catechesi per l’esercizio della vita cristiana. La testimonianza riguarda la realizzazione delle beatitudini e la vita nuova del battezzato (cfr. AG 11-12). Oggi possiamo definire quest’aspetto come formazione delle competenze cristiane. Il Vaticano II usa con coraggio la terminologia educativa propria del tempo: educazione, formazione, tirocinio, esperienza, apprendimento. In Lumen gentium ha offerto una teologia della vita cristiana. Richiamandosi al rito battesimale, essa si definisce come esercizio della profezia, del sacerdozio e della regalità di Cristo in e attraverso tutti i battezzati. GE 2 e 4 ha indicato il quadro entro cui elaborare la mappa di tali competenze, che un autore così riassume: iniziazione al mistero della salvezza, iniziazione alla vita liturgico-sacramentale, apprendimento e tirocinio di vita morale cristiana, iniziazione all’apostolato ecclesiale, iniziazione alla diaconia dei valori umani, testimonianza gioiosa di una liberazione ricevuta in dono (G. Groppo). Una vera pedagogia mistagogica (cfr. EG 166). Queste indicazioni sembrano essere davvero utili per elaborare cammini di formazione alla testimonianza cristiana. Già il DCG 1971 (cfr. n. 21) affermava che l’esercizio della vita cristiana è innanzitutto la vocazione di tutta la comunità cristiana, dell’intero popolo di Dio soggetto della missione (cfr. EG 11-134); la testimonianza è infatti carismatica. Un cammino ideale di formazione cristiana dovrebbe sviluppare cinque competenze di base (cfr. Sinodo Straordinario 1985): acquisire la capacità di leggere in modo vitale (personale e sociale) la Scrittura (cfr. DV 8); maturare la decisione di sentirsi parte di una fraternità ecclesiale segno del47 Approfondimenti/1 la fraternità universale (cfr. LG 1.9); comprendere il proprio ruolo e ministero all’interno della comunità ecclesiale (cfr. LG 35-37, AA 2.6); scoprire il proprio carisma di testimonianza all’amore di Dio e servizio di promozione umana (cfr. GS 1, AA 7); interiorizzare la liturgia e la relazione personale con Dio (SC, cap. II). La formazione cristiana tiene conto in modo decisivo del contesto culturale in cui viene proposta e realizzata. La testimonianza e l’esercizio della vita cristiana, infatti, « condivide le loro [dei popoli] gioie e i loro dolori, conosce le aspirazioni e i problemi della vita, soffre con essi nell’angoscia della morte »; « la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri ed ai sofferenti, prodigandosi volentieri per loro » (AG 12; cfr. GS 1; DP 8-9). Per realizzare questa formazione ha bisogno di criteri per assumere dalle ricchezze dei popoli (cfr. LG 13.17, AG 9) sia i contenuti sia le pedagogie adatte a tale compito; in modo particolare ha bisogno dell’apporto missionario delle scienze umane (cfr. GS 44). Lo sviluppo di queste competenze ha bisogno di pedagogie adatte perché non si cada in nuove forme di semplice istruzione catechistica. L’educazione dei cristiani (le competenze) va ripensata in termini di processo e di progressione, individuando cioè i dinamismi spirituali attraverso cui la proposta cristiana diventa vita vissuta. Sarà quindi utile approfondire la natura antropologica dello sviluppo delle competenze di vita, come anche i documenti e gli autori sociali sottolineano (cfr. GE 1.4). Certamente sono utili i diversi catechismi che descrivono la vita cristiana, ma soprattutto c’è bisogno di pedagogie dell’esperienza (cioè della partecipazione e condivisione alla vita di gruppi sia dei cristiani attivi che di altra espressione culturale e religiosa); della ricerca-azione (cioè attività che propongono direttamente la sperimentazione della vita cristiana secondo programmi concreti); della riflessività (cioè della consapevolezza delle risonanze interiori per il superamento delle resistenze spirituali). 7. La catechesi per la costruzione di comunità capaci di profezia La missione ecclesiale ha bisogno di comunità adulte nella fede, capaci di testimonianza della parola, cioè di profezia, che è l’abilità di comprendere l’attuazione del desiderio di Dio in un 48 Catechesi e formazione cristiana/2 contesto (DP 13). Una finalità che richiede percorsi formativi centrati sullo sviluppo e l’esercizio del sensus fidei fidelium (cfr. LG 12). La competenza profetica è un carisma individuale ma soprattutto comunitario (cfr. DV 8.12b). Si realizza attraverso il discernimento dei segni per i tempi (cfr. GS 11), attraverso il quale si individuano le diverse presenze salvifiche di Dio nella storia. È una competenza che si acquisisce attraverso l’attualizzazione delle grandi parole della Scrittura e della Tradizione. La lettura comunitaria della Bibbia aiuta a comprendere il cammino di fede della persona e della comunità quando illumina i diversi livelli dell’esistenza: il mondo interiore, la definizione di sé, la progettazione della vita, la trasformazione del tempo sociale, la realizzazione della speranza. La comprensione della sapienza biblica non si sostituisce, anzi è aiutata dalle sapienze dell’umanità. Le diverse letture o approcci della tradizione biblica ed ecclesiale (cfr. Pontificia Commissione Biblica, 1993) sono possibili se la profezia non si limita al solo linguaggio intra-ecclesiale, ma utilizza in modo sapiente anche i diversi linguaggi umani (cfr. GS 44; EN 63), nella convinzione che lo Spirito di Dio suscita sapienza profetica in ogni tempo (cfr. Sap. 7,27). La profezia ha bisogno quindi anche del dialogo interculturale e interreligioso. La testimonianza e il discernimento profetico necessitano di comunità ricche di ministerialità e leadership che siano espressione di fraternità (cfr. DP 14). Per questo la catechesi sente molto forte il bisogno pastorale di una nuova immagine di Chiesa locale che superi, integrandolo, il tradizionale ruolo della parrocchia (cfr. CL 26; EG 26) e della stessa Ministeria quaedam (Paolo VI, 1972). Come si usa dire di forme di piccole comunità di vita cristiana (cfr. EN 58). 8. La natura antropologica e spirituale del servizio catechistico La catechesi adatta alla missione ecclesiale di oggi ha bisogno di elaborare una teologia dell’educazione senza limitarsi alla teologia fondamentale e alla teologia liturgica. Infatti la maturità di fede dei battezzati (cfr. GE 2) non può prescindere dall’educazione della libertà della persona e questa non è separabile dallo sviluppo dell’intero ciclo di vita umano (umanizzazione) in cui Dio ha impresso la sua immagine. Al cuore di tale long life cycle, Dio ha posto la dimensione o atteggiamento religioso, il cui studio deve ormai essere riconosciuto come uno dei luoghi per la realizzazio49 Approfondimenti/1 ne dell’integrazione tra fede e vita (cfr. EN 18-20). La scienza catechetica studia questa progressiva trasformazione, mettendo in evidenza che tali obiettivi e compiti si possono realizzare solo in un quadro trans-disciplinare (cfr. VG 2018, Proemio, 4c). La catechetica ha il compito di individuare gli itinerari formativi più adatti come ha giustamente riaffermato il Documento finale del Sinodo dei Vescovi su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (cfr. n. 133), ma non solo per annunciare la fede. La pedagogia degli itinerari (o parcours) non elimina il ruolo dei catechismi, ma li inserisce nella prospettiva dinamica del cammino della risposta di fede. Il termine itinerario può tornare a essere giustamente utilizzato per indicare la pratica della catechesi. La costruzione degli itinerari comporta che la competenza catechetica ecclesiale si abiliti a utilizzare il processo formativo unitario, trans-disciplinare. Deve dialogare intensamente con i saperi delle scienze della comunicazione, dell’educazione, della formazione e della progettazione pedagogica. In modo particolare la catechetica si dovrà impegnare nell’obiettivo di individuare i criteri per utilizzare le risorse spirituali già presenti nelle culture e nelle religioni di un preciso contesto (cfr. GS 11.22; NA 2) proprio sul piano della pedagogia della vita religiosa e cristiana. È questo un compito della teologia dell’educazione. Come affermava l’Autore della Lettera agli Efesini: « È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (Ef 4,11-13). 50 Bibliografia Adler G. – Alberich E. et Al., La compétence catéchétique. Suite aux travaux du Congrès de l’Équipe européenne de catéchèse à Gazzada (Italie) en mai 1988, Desclée, Paris 1989 Alberich E., Catechesi e prassi ecclesiale. Identità e dimensioni della catechesi nella Chiesa di oggi, Elledici, Torino 1982 Amalorpavadass D.S., Gospel and Culture. Evangelization, Inculturation and “Hinduisation”, N.B.C.L.C., Bangalore 1978 Cajilig V.G. (ed.), Catechesis for Asia. 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