Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
VI. Futuro della catechetica, il compito e i compiti. Approccio fondamentale Luciano Meddi INTRODUZIONE Abbiamo bisogno di ripensare il quadro della catechesi (catechetica) descritto dal Direttorio generale per la catechesi 1997?1 Se si, perché?, e in che direzione? Si parla di futuro della catechetica perché si ipotizza che l’attuale proposta (genericamente chiamata catecumenale) non risponda adeguatamente ai compiti missionari e abbia perso molte delle innovazioni precedenti. Un segnale di non condivisione, inoltre, è la diversità di impostazioni catechetiche di autori, progetti e degli stessi documenti e interventi magisteriali. Ancora di più: la assenza di riflessioni sulle finalità e i compiti della catechesi.2 Risuona ancora incisiva l’osservazione di G. Angelini3 secondo il quale dopo l’abbandono del termine catechismo a vantaggio di catechesi, abbiamo introdotto una vistosa confusione che occorre disambiguare.4 Osservazione Il quadro di Congregazione per il Clero, Direttorio Generale per la Catechesi, 1997 (= DGC 1997) è praticamente conservato, pur con qualche importante modifica, nelle Bozze 2017 del prossimo nuovo Direttorio per la Catechesi, che verrà citato come DPC 2017. 2 Si vedano le diverse redazioni di J. Gevaert, Studiare catechetica (la più recente a cura di U. Montisci, LAS, Roma 2009). Giudizio analogo si ricava dalla lettura di T. Kisalu (textes réunis par) – H. Derroitte (présentés par), Les grandes signatures de la catéchèse du xxe siècle à nos jours. Tome 1, Lumen Vitae, Bruxelles 2012; H. Derroitte (dir.), Les grandes signatures de la catéchèse. Du XXe siècle à nos jours. Tome 2, Lumen Vitae, Bruxelles 2014; e anche A. Ilunga Nkuku, La spécificité de la catéchèse et sa complémentarité en Ėglise, Lumen Vitae, Namur 2014. 3 Cfr. G. Angelini, La catechesi dal Vaticano II a oggi. Analisi storica per chiarire i problemi e le linee della catechesi ai nostri giorni, in Catechisti Testimoni. Atti del IV convegno catechistico diocesano (Busto Arsizio 30 settembre-6 ottobre 1984), Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi Religiosi, Milano 1985, 49-85. 4 La complessità emerge già nella pluralità dei termini usati per indicare la catechesicatechetica; cfr. E. Alberich, L’educazione religiosa oggi: verso un chiarimento concettuale 1 135 che interpretiamo non come invito a tornare alla «chiarezza» della impostazione tridentina, ma nella prospettiva di approfondire l’intuizione iniziale. Questa breve riflessione ha lo scopo di individuare un punto di convergenza tra diverse opinioni che riguardano le finalità, i compiti e quindi la natura della catechetica. Siamo dell’opinione che la catechetica e quindi la pratica catechistica soffra di una incompiutezza e che la radice di questa si trovi già nel concilio Vaticano II che propose nuovi compiti-finalità senza adeguata riflessione epistemologica con la conseguenza che le innovazioni vennero implementate con il quadro catechetico precedente o semplicemente rifiutate. Chi scrive ritiene che la catechesi abbia il compito di sostenere la risposta di fede e l’esercizio della vita cristiana, cioè la fides qua, e che possa farlo solo con una epistemologia completa. Ritiene, inoltre, che sia un errore spostare l’accento della catechesi sia sulla questione del Primo annuncio (PA) sia sulla stessa Iniziazione Cristiana (IC). Si muoverà da una rapida discussione sulle direzioni attuali della catechesi, per poi disambiguare il linguaggio oggi più in uso per descrivere i compiti della catechesi e, infine, proporre una descrizione del compito e dei compiti della catechesi stessa.5 Il cuore di questa riflessione è quindi l’invito a recuperare e portare a compimento le innovazioni conciliari.6 1. La progressiva semplificazione della catechesi Scrivevo in una recente pubblicazione che “la situazione attuale è simile, infatti, alla cornice di un quadro. La cornice può essere troppo stretta e allora molte dimensioni della catechesi vengono sacrificate in nome della illusoria semplificazione. La cornice può essere troppo larga e allora la catechesi perde di contorni definiti fino ad ospitare tutto e il contrario di tutto, in un disordine continuo. La cornice può non esserci affatto e allora la catechesi diventa liquida e si perde in semplici processi di socializzazione e affiliazione”.7 e terminologico, in «Orientamenti Pedagogici» 44 (1997) 260, 311-333; riconsiderato in Idem, Evangelizzazione e catechesi in un mondo che cambia, in Istituto di Catechetica - Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Salesiana - Roma, Andate e insegnate. Manuale di catechetica, Elledici, Torino 2002, 17-38. 5 Per motivi facilmente comprensibili si utilizzeranno i termini catechesi e catechetica come interagenti; rimanendo chiaro che con essi si esprime l’azione e la riflessione epistemologica ad essa necessaria. 6 Ho proposto riflessioni analoghe in alcuni saggi ora raccolti in La catechesi oltre il catechismo. Saggi di catechetica fondamentale, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2017. 7 L. Meddi, Il cammino di fede. Riorganizzare la catechesi parrocchiale, Elledici, Torino 2016, 8. 136 Nel secondo post-Concilio (1978-2013) assistiamo ad una semplificazione e polarizzazione della identità e dei compiti della catechesi; semplificazione che sta portando a La catechesi deve collocarsi sul versante un progressivo impodella trasformazione cristiana verimento delle comudella persona, un qualcosa di diverso nità, sia nella qualità dei processi in atto, sia dal compito specifico dell’evangelizzazione nella perdita di catechesi adulta per comunità adulte. Questa affermazione va spiegata nelle sue diverse dimensioni.8 Più esattamente si tratta di una duplice semplificazione. Una riguarda la introduzione della cornice «processo di evangelizzazione» descritto con una riflessione teologico-pastorale che non recepisce adeguatamente la eredità missionaria conciliare; l’altra riguarda l’impoverimento del compito specifico della catechesi svuotato della ricca riflessione sviluppata tra gli anni ’60 e ’70. La semplificazione sembra essere motivata da nuove esigenze missionarie globalmente identificate con l’espressione Nuova Evangelizzazione (=NE). Tuttavia dipende anche dalla impraticabilità degli obiettivi conciliari che si vollero perseguire senza un adeguato ripensamento epistemologico della catechetica. Ambedue le semplificazioni vengono giustificate con l’affermazione che sia mutato il contesto per cui il problema catechetico a cui rispondere non sembra essere più il persistere della immaturità di fede causata dai modelli di socializzazione religiosa, ma piuttosto la crisi della trasmissione del cristianesimo; crisi che richiede un corale sforzo di comunicazione della identità cristiana. Che ci sia una crisi nella comunicazione della fede è cosa vera ma essa è legata al blocco della inculturazione e significazione della proposta cristiana e non alla impossibilità di annuncio cristiano. Il fattore più incisivo nella crisi nella comunicazione della fede non è l’impossibilità di broadcasting ma il fallimento del suo sistema educativo-formativo che non è finalizzato né adatto a superare il formalismo religioso e a favorire la conversione profonda o integrazione fede e vita. È quindi una crisi missionaria più che catechetica. Riteniamo che si debba comprendere l’involuzione della catechesi-catechetica contemporanea a partire da questo equivoco.9 Ho presentato questa tesi in Catechesi missionaria. Analisi di una definizione in Europa, in «Catechesi» 87 (2018) 1, 29-41 e in Impoverimento della catechesi missionaria in Italia? Una interpretazione, in Associazione Italiana dei Catecheti, Catechetica in ascolto, a cura di C. Cacciato, Elledici, Torino 2016, 54-85. 9 Cfr. L. Meddi, Il compito della catechesi nella nuova evangelizzazione. Superare la dissociazione fede e vita, in «Catechesi» 82 (2012-2013) 2, 12-18. 8 137 1.1. La complessità delle involuzioni Il cammino della catechetica nel XX cioè delle metateorie che guidano l’azione catechistica è davvero complesso. Mentre è facile descriverne le tappe cronologiche, più difficile è rappresentarne l’evoluzione secondo la comprensione delle finalità e dei compiti che gli vengono affidati. Forse possiamo rappresentare il cammino della catechetica contemporanea come un albero che ha una radice (il movimento di rinnovamento, anni ’30-‘60), un tronco (le conclusioni conciliari, il DCG 1971 e il Messaggio al popolo di Dio del Sinodo 1977), e che – tuttavia – si ramifica in modi spesso molto differenti.10 Dopo la pubblicazione di CT 1979, infatti, assistiamo ad una pluralità di evoluzioni. Continua la ricerca della catechesi per la vita cristiana – eredità della prima stagione post-conciliare – ma nascono altre impostazioni: la catechesi neo-dottrinale; la catechesi comunicativa; la catechesi catecumenale; la catechesi iniziatica. • La svolta neo-dottrinale Aveva radici già nel primo post-Concilio. Tuttavia emerse con la presa di posizione di J. Ratzinger nelle conferenze francesi.11 Queste produssero la stagione del CCC, della sua applicazione nei diversi contesti nazionali12 e che giunse al suo culmine con il Sinodo 2012 dedicato alla La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.13 Infine riemerge con la riproposizione del modello quadripartito della catechesi.14 Secondo questa tesi il problema pastorale a cui rispondere si identifica con il progressivo smarrimento della definizione della identità cristiana che non permette la formazione di coscienze capaci di contrastare i riduzionismi della cultura contemporanea. Cfr. L. Meddi, La catechesi oltre. Il servizio catechistico nella prospettiva missionaria ed evangelizzatrice, in «Euntes Docete n.s.» 40 (2002) 2, 113-141 ora in La catechesi oltre il catechismo, 35-56. 11 Cfr. J. Ratzinger, Transmission de la foi et sources de la foi, in «La Documentation Catholique» 65 (1983) 5, 260-267. 12 Su questo progetto fu organizzato il «Congresso catechistico internazionale nel X anniversario dell’edizione del Catechismo della Chiesa Cattolica» e nel «V anniversario dell’edizione rinnovata del direttorio Generale per la Catechesi», Città del Vaticano 2002, 8-11 ottobre [Atti non pubblicati; fotocopie dei testi in nostro possesso]. 13 Il luogo più incisivo è la Relatio ante disceptationem del Relatore Generale, S.Em. R. Card. Donald William Wuel, Arcivescovo di Washington (USA), 8 ottobre, n. 3. 14 Cfr. Institut Supérieur de Pastorale Catéchétique - F. Moog - J. Molinario (sous la direction de), La catéchèse et le contenu de la foi, Desclée, Paris 2011; I. Morel - J. Molinario - H. Derroitte, Les Catéchétes dans la mission de l’Église, Cerf, Paris 2016. 10 138 Per questa prospettiva la fede si propone e si conserva con l’insegnamento e la testimonianza liturgica. Nella trasmissione della fede non ha spazio il tema della inculturazione; ma non ha importanza neppure la pratica dell’esercizio della fede, lasciata alla responsabilità del battezzato. L’azione catechistica viene pensata dentro la vita di comunità ma con il rischio di rimanere socializzazione cristiana e formazione di sub-culture. La receptio fidei viene accompagnata con la testimonianza e con la rinnovata spiegazione del dogma cristiano. La catechesi è in realtà predicazione e/o scolarizzazione. Rispetto al rinnovamento conciliare si perde il primato della fonte biblica (cfr. la critica di biblicismo) e di conseguenza l’idea di fede come sequela e discepolato. Così facendo si crea una rinnovata e più raffinata separazione fede-vita, nascosta dietro nuove forme di identificazione religiosa. • La riduzione comunicativa La sfida della modernità aveva già portato la catechesi ad affrontare il tema della comunicazione prima con il suo superamento15 poi con l’equivalenza con la natura e la pratica comunicativa.16 Più recentemente questa impostazione sottolinea la tecnicità della messa in onda (broadcasting)17 e si affida alla qualità della relazione interpersonale. Al suo interno alcuni autori affrontano apertamente il tema della inculturazione18 intesa come processo per purificare la cultura contemporanea. Ma in maggioranza si limitano alla esplorazione di pratiche comunicative; spesso senza prendere coscienza delle modificazioni che il linguaggio dei mass/new-media porta alla presentazione del messaggio cristiano. Molto più articolata la proposta dei Vescovi asiatici (FABC) incentrata sulla narratività.19 15 Ha molto influito l’intervento di P. Babin, J’abandonne la catéchèse, in «Catéchistes» 19 (1968) 76, 415-428; Idem, La catechesi nell’era della comunicazione, Elledici, Torino 1989. 16 Ricordo O. Dubuisson, L’atto catechistico. Finalità e pratica, Paoline, Roma 1983 e A. Fossion, La catéchèse dans le champ de la communication. Ses enjeux pour l’inculturation de la foi, Cerf, Paris 1990. 17 Ad es. J. Sesé - R. Pellitero (edición dirigida por), La trasmisión de la fe en la sociedad contemporánea, Ediciones Universidad de Navarra, Barañáin 2008. 18 Tra questi cfr. Istituto di Catechetica, La catechesi dei giovani e i new media nel contesto del cambio di paradigma antropologico-culturale, a cura di C. Pastore-A. Romano, Elledici, Torino 2015; tema poco sviluppato in A. Fossion - E. Biemmi, La catéchèse narrative, Lumen Vitae, Bruxelles 2011. 19 Telling The Story of Jesus in Asia. The Message of the First Asian Mission Congress, Chiang Mai, Thailand, 18-22 October 2006, in «East Asian Pastoral Review» 44 (2007) 3; Indian Catechetical Association, Catechesis as Retelling the Story of Jesus - XII General Body Meeting 2008 held at NBCLC, Bangalore, 2-4 February 2008, in «Word &Worship» 41 (2008) 3. 139 In queste prospettive l’obiettivo e il compito della catechesi è l’innesco comunicativo collegato al tema del consenso (il desiderio) per la creazione di una rete comunicativa (appartenenza). Non si approfondiscono i passaggi della conversione che rimane un obiettivo non tematizzato. La narrazionenarratività (metodologie spesso utilizzate) possono portare, infatti, a nuove forme di religiosità popolare a forte caratterizzazione di psicologia religiosa. Le comunità si vedono convertite in luoghi di aggregazione massiva, psicologizzante, momentanei e nuovamente separati dalla vita. La persona si sente accolta ma in realtà rimane sola nel suo momento vitale. La catechesi viene scambiata con il processo di evangelizzazione e introduzione in rinnovate forme di religiosità (costruzione di nuovi villaggi religiosi).20 • La istanza catecumenale Il ripensamento catecumenale della catechesi si sviluppò prevalentemente in Spagna dove a seguito di autori come Borobio e Floristán21 si elaborò un modello di pastorale catechistica post-battesimale che tenesse in conto le dimensioni portanti del catecumenato antico (dimensioni ma non necessariamente l’organizzazione): il contesto comunitario, il messaggio biblico, l’introduzione alla vita cristiana, l’esercizio della testimonianza. Questa pastorale si rivolgeva soprattutto ad adulti che volevano approfondire o ritornare alla fede e vita cristiana. È quindi una proposta centrata sull’esercizio della fede. Una finalità e una metodologia fatta propria da diversi movimenti ecclesiali che quasi se ne impossessarono. In questi progetti il riferimento all’Ordo initiationis christianae adultorum (OICA, 1972) era come ispirazione più che attuazione; la dimensione sacramentale è strumento e non finalità. Accanto a questo prendeva piede in Francia e poi in tutta Europa un movimento catecumenale per il battesimo degli adulti.22 Questo movimento pastorale si occupava della Iniziazione cristiana degli adulti e si incentrava Spesso la comunicazione corrisponde a nuove forme di retorica religiosa: cfr. F. Rosini, L’arte della parola al servizio della Parola. Note esperienziali sulla comunicazione della fede, in Conferenza Episcopale Italiana - Servizio Nazionale per il Progetto Culturale, La predicazione oggi, EDB, Bologna 2008, 65-74. 21 Cfr. D. Borobio, Proyecto de iniciación cristiana. ¿Cómo se hace un cristiano? ¿Cómo se renueva una comunidad?, Desclée de Brouwer, Bilbao 1980; C. Floristán, Para comprender el catecumenado, Verbo Divino, Estella 1989. 22 Si veda il volume in più traduzioni Gruppo Europeo dei Catecumenati, Agli inizi della fede. Pastorale catecumenale oggi, in Europa, EP, Milano 1990; C. Floristán, Restaurazione del catecumenato in Europa nel nostro secolo, in Iniziazione cristiana e catecumenato. Diventare cristiani per essere battezzati, EDB, Bologna 1996 e il completo W. Ruspi, Il catecumenato: un futuro per la Chiesa?, LEV, Città del Vaticano 2014. 20 140 sul ruolo del gruppo catecumenale, dell’analisi della domanda di battesimo e della selezione dei contenuti più adatta per la crescita nella fede. Molte volte è stata segnalata la difficoltà dell’inserimento dei neo-battezzati nella vita quotidiana delle parrocchie. L’esperienza catecumenale sviluppata portò lo stesso H. Bourgeois23 a formulare una proposta per coloro che tornavano a credere o pervenivano alla fede dopo il battesimo da bambini. Il cammino dei recommençants seguiva il modello già sperimentato per il battesimo degli adulti mettendo l’accento sull’analisi delle rappresentazioni religiose. Questa duplice ricchezza propria dell’espressione catecumenato-le appare molto semplificata nei documenti e progetti dove la celebrazione sacramentale della IC torna ad essere la preoccupazione pastorale.24 Preoccupazione che facilmente si fuse con il tema della trasmissione della fede. • Il compito iniziatico Non separabile ma neppure equivalente appare la catechesi nel o come processo iniziatico. Questa prospettiva pastorale si è sviluppata soprattutto in paesi di lingua francese. Essa viene proposta nel nuovo direttorio per la Francia del 2006.25 Un direttorio che si caratterizza come attuazione del progetto di evangelizzazione Proporre la fede e le cui linee forza sono la possibilità di proposte e ingressi plurali nella catechesi (catechesi in tutta la vita); il carattere di sperimentazione e introduzione (iniziatico appunto!); la vita cristiana come esperienza del mistero pasquale e sacramentale. Si propone per iniziare e, si dovrebbe aggiungere, per iniziare il profondo della persona. Non lontanissima da questa prospettiva ma anche molto originale è la proposta della pastorale generativa (d’engendrement).26 Si può definire iniCfr. H. Bourgeois, Théologie catécuménale. A propos de la «nouvelle» évangelisation, Cerf, Paris 1991 [n.e. 2007] e Idem, Alla riscoperta della fede. «Quelli che ricominciano», San Paolo, Milano 1994. 24 Sono in questa linea alcuni progetti nazionali: cfr. Ufficio Catechistico Nazionale - Servizio Nazionale per il Catecumenato (a cura), L’iniziazione cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana, Elledici, Torino 2004; soffre di questa incertezza anche l’importante H. Derroitte (sous la direction), Théologie, mission et catéchèse, Novalis-Lumen Vitae, Bruxelles 2002, fortemente ispirato da Idem, La catéchèse décloisonnée. Jalons pour un nouveau projet catéchétique, Lumen Vitae, Bruxelles 2001 [si noti il sottotitolo projet catéchétique]. 25 Conférence des Évêques de France, Texte national pour l’orientation de la catéchèse en France et principes d’organisation, Bayard Éditions Fleurus-Mame-Cerf, Paris 2006 26 Cfr. Ph. Bacq - Ch. Theobald (sous la direction de), Une nouvelle chance pour l’Evangile: vers une pastorale d’engendrement, Lumen Vitae-Novalis-Ed. de l’Atelier, Bruxelles-Montréal-Paris 2005. 23 141 ziatica perché si propone la generazione della esperienza cristiana frutto della proposta e accompagnamento dell’azione spirituale in ogni persona. Si caratterizza anche per la interiorizzazione degli obiettivi fino a pensarsi come percorso per la costruzione del proprio stile di vita cristiano. In questa prospettiva è molto forte la narratività intesa come processo rivelativo in atto e quindi necessitante di un forte procedimento ermeneutico. Forse si può vedere in questa quadripartizione dell’albero catechetico almeno due versanti. Il versante chiaramente comunicativo centrato cioè sul compito di annuncio; e il versante esperienziale centrato cioè sulla concreta trasformazione cristiana della persona. Ritorna quindi la discussione sul rapporto fides quae-fides qua. A nostro avviso questa seconda impostazione esprime propriamente la responsabilità o competenza catechetico-catechistica; mentre la comunicazione della fede dovrà essere compresa come compito di evangelizzazione. E tuttavia l’intera catechetica del secondo postConcilio va sottoposta ad una duplice revisione: il rinnovamento missiologico e il ruolo della persona umana nell’intero processo. 1.2. Disambiguare il «processo di evangelizzazione» In questa progressiva «ramificazione» dell’albero catechetico si inserisce il DGC 1997. È difficile capire esattamente cosa mosse la Congregazione a redigere un nuovo documento.27 Molti osservatori hanno sottolineato la necessità di dare un giusto spazio alla pubblicazione del CCC. In effetti questo «catechismo» ha modificato molto la Parte Seconda dedicata a «il messaggio evangelico», ma in realtà dedicata all’accoglienza del CCC. In questa prospettiva DGC 1997 sarebbe uno strumento per la riqualificazione dottrinale voluta da alcuni settori della Chiesa. Altri commentatori hanno preferito sottolineare, in positivo, che DGC svolge una funzione chiaramente missionaria con la riqualificazione della catechesi dentro il «processo di evangelizzazione» (DGC I,2). Di fatto DGC 1997 impose una riorganizzazione dei compiti della catechesi secondo un «processo» (meglio dire il percorso) costituito di tre elementi: il primo annuncio, la iniziazione, la catechesi o educazione permanente cristiana (nn. 60-72).28 Impostazione simile, ma con alcune varianti 27 Cfr. C. Bissoli, Il Direttorio generale per la catechesi (1997). Origine, contenuti, confronto, in «Salesianum» 60 (1998) 3, 521-547. 28 Cfr. «Tappe e momenti del processo di Evangelizzazione», in Istituto di Catechetica - Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Salesiana - Roma, Andate e insegnate, 215. 142 importanti, troviamo in DPC 2017. È una scelta che contiene diverse ambiguità, la più problematica è la confusione tra compito iniziatico e il modello pedagogico del catecumenato. Si dovrà ricordare che la scelta di DGC 1997 di riorganizzare la catechesi nel «processo di evangelizzazione» solo in apparenza si collega con il missionario AG (cfr. l’uso delle citazioni di AG fatto da DGC 1997, nn. 46-51). Più esattamente si deve riconoscere che il Direttorio si lascia guidare dalla proposta di OICA (1972). DGC 1997 legge AG con la interpretazione di OICA. Il Rito fu una attuazione richiesta da AG, ma solo per la dimensione liturgica. La continua confusione tra IC (scopo missionario) e catecumenato (modalità pastorale e pedagogica oggetto di studio di AG 14) ha portato a semplificare il processo evangelizzatore riducendolo ad attività pastorale.29 Per questo l’espressione «processo di evangelizzazione» è oggettivamente utile, ma da più punti di vista equivoca. Tutta la stagione precedente era infatti nata nella prospettiva della «catechesi evangelizzatrice». Equivoca soprattutto perché non tiene conto adeguatamente della rinnovata prospettiva missionaria introdotta da Vaticano II e progressivamente sviluppatasi nel primo post-Concilio. DGC 1997 parte dall’idea che evangelizzazione sia una azione da compiere e non una prospettiva missionaria; mentre la teologia e la missiologia hanno chiarito che non si tratta immediatamente di una attività ecclesiale e che il termine processo va inteso in senso teologico prima che in termini di riarticolazione di passaggi pastorali. Il termine evangelizzazione infatti ha avuto una serie di ripensamenti. Il centro della riflessione è che «evangelizzazione» prima di essere un contenuto o una azione è un dinamismo. Esso esprime non tanto una azione pastorale quanto l’inserimento della Trinità nella storia (cfr. LG 1-4; 13-17; DV 2; AG 1-4; GS 22). Indica il continuo impegno di Dio verso l’umanità.30 È Dio che evangelizza ovvero cerca continuamente di suscitare il desiderio della autentica realizzazione umana che ha manifestato in Cristo (GS 41; AG 1331). Realizzazione che può avvenire solo in un cammino di conversioPer una lettura critica di questa prospettiva cfr. Meddi, Catechesi missionaria. Analisi di una definizione in Europa. 30 Si approfondiscano i verbi seminare-accogliere-coltivare-fruttificare della Colletta IX/B del Tempo ordinario, e il dinamismo-relazione tra Dio Padre e i credenti. 31 Il testo di AG 13 sembra essere molto preciso: “Ovunque Dio apre una porta della parola per parlare del mistero del Cristo (64), ivi a tutti gli uomini (65), con franchezza (66) e con perseveranza deve essere annunziato (67) il Dio vivente e colui che egli ha inviato per la salvezza di tutti, Gesù Cristo (68). Solo così i non cristiani, a cui aprirà il cuore lo Spirito Santo (69), crederanno e liberamente si convertiranno al Signore, e sinceramente aderiranno a colui che, essendo «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), risponde a tutte le attese del loro spirito, anzi le supera infinitamente”. 29 143 ne e formazione interiore frutto della apertura al suo Spirito. La riflessione missionaria successiva elaborerà questa intuizione conciliare ispirata da GS, approfondendo il tema delle aspirazioni umane come processo di piena umanizzazione, della ricomprensione del mistero pasquale nel quadro di una visione integrale della salvezza, della comprensione dei processi salvifici delle culture e delle religioni. Sono queste le dimensioni missionarie che si devono introdurre in ogni forma di organizzazione pastorale e catechistica. Non sono le singole attività ad esserlo, ma la qualità dei processi formativi. In modo particolare si deve sottolineare la natura s-Spirituale del processo espressa nel legame GS-AG con DV. La stessa rivelazione prima di essere un oggetto di conoscenza (e quindi un contenuto come il PA!) indica il processo di illuminazione che Dio (soggetto!) persegue nella storia. È, questo, il processo missionario operato dallo Spirito.32 Evangelizzazione e rivelazione coincidono nella loro natura; si completano nelle forme comunicative. Frammentare o non approfondire questa dinamica trinitaria lascia intendere che questi processi sono solo azioni specifiche prodotte dalla Chiesa. È proprio la teologia conciliare della rivelazione33 che ci permette di comprendere un altro aspetto del processo evangelizzatore. Essendo azione divina,34 il processo va descritto innanzitutto come processo interiore della coscienza umana, da sempre aperta, anche se non totalmente, alla comunione con Dio. Sia l’evangelizzazione-azione che la catechesi sono evangelizzanti in quanto si dedicano a favorire la «apertura della porta» (cfr. AG 13a) che è il desiderio e l’azione continua di Dio. Dire interiorità non significa dire autonomia o indipendenza quasi espressione di un rinnovato antropologismo. Significa dire che il processo è processo di conoscenza-comprensione-conversione-adesione. Che il processo è possibile perché siamo esseri strutturalmente aperti all’ascolto di Dio.35 Significa dire che avviene innanzitutto attraverso il processo di coscienzaautoconoscenza prima che di ascolto. E che avviene attraverso le dimensioni spirituali della persona. Significa, infine, che non è possibile realizzarlo senCfr. J.V. Taylor, Lo Spirito mediatore. Lo Spirito santo e la missione cristiana, Queriniana, Brescia 1975; Y. Congar, Lo Spirito Santo nel Cosmo, in Idem, La Parola e il soffio, Borla, Roma 1985, 151-159; B. De Marchi, The Holy Spirit, Artist of God’s Kingdom Spirit and Mission, in «Urbaniana University Journal» 67(2014) 1, 93-138. 33 Cfr. M. Epis - V. Di Pilato - L. Mazzinghi (testi di) - S. Noceti - R. Repole (a cura di), Commentario ai documenti del Vaticano II. 5 Dei Verbum, EDB, Bologna 2017. 34 Cfr. J. Ratzinger, Revelation Itself, in H. Vorgrimler (general Editor), Commentary on the Documents of Vatican II. Volume III, Burns & Oates-Herder and Herder, New York-London 1969, 170-180. 35 Cfr. K. Rahner, Uditori della Parola, rielaborazione di J.B. Metz, Borla, Roma 1977 [1941]. 32 144 za un contemporaneo processo ermeneutico sia del soggetto sia delle fonti del messaggio salvifico. Se l’espressione non fosse stata spesso equivocata, si potrebbe dire che il processo di evangelizzazione è essenzialmente un processo mistico. È questa prospettiva teologica-antropologica che permette di non svuotare la tradizione catechetica e di non semplificare l’azione catechistica. In modo particolare permette di comprendere la proposta iniziatico-catecumenale fatta da DGC 1997 come processo autenticamente rivelativo e evangelizzante. I temi del Primo annuncio, Catecumenato per la Iniziazione cristiana e Formazione permanente vanno compresi sempre dentro la prospettiva missionaria ricordata. Il Primo annuncio non può essere ridotto alla comunicazione di un messaggio e il Catecumenato non può essere ricondotto alla pratica di preparazione ai sacramenti della IC.36 Nella attuale prospettiva semplificata (e riproposta quasi identicamente in DPC 2017) non ha nessuna importanza sviluppare ciò che precede e segue il PA e la IC, perché queste azioni sono pensate come scopo e non come vie della conversione profonda o Formazione della vita cristiana. In buona sostanza il «processo di evangelizzazione» non può essere compreso come insieme di attività ecclesiali senza cadere in una nuova forma di «oggettivismo pedagogico» tipico della pastorale tridentina; di formazione come «dare forma». 2. La catechesi per la risposta della fede Ritornare e approfondire le intuizioni precedenti Si richiede un secondo approfondimento epistemologico della espressione «processo di evangelizzazione» e riguarda la riconsiderazione del ruolo della persona-soggetto. Nei documenti e riflessioni citati sembra che la fede venga compresa come semplice adesione all’annuncio. Dottrinale o biblico, nella prospettiva dinamica non cambia. In questa Lo specifico della catechesi risiede prospettiva l’atto di fede è solanella «risposta di fede», mente adesione ad una proposta legata al ruolo attivo e catechesi ed evangelizzazione della persona e dei suoi dinamismi vengono a coincidere. L’adesione Cfr. J. Gevaert, La «prima evangelizzazione» o «primo annuncio», in Istituto di Catechetica - Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Salesiana Roma, Andate e insegnate, 217-238; E. Alberich, La catechesi di iniziazione oggi: il catecumenato, in Ibidem, 239-248. 36 145 sembra essere pensata ancora nei termini di Dei Filius (1869, c. 3) ovvero come ossequio, mentre Dei verbum (1965, n. 5) la presenta biblicamente come obbedienza.37 Espressione che rimanda al tema del discepolato, che sottolinea meglio la natura spirituale e personale dell’atto di fede. Di conseguenza bisognerebbe chiarire che evangelizzazione è servizio ecclesiale al processo trinitario di rivelazione (sia come testimonianza che come annuncio) mentre la catechesi si occupa della risposta di fede. La catechetica deve recuperare il suo compito principale: studiare il percorso della Parola dentro il cuore umano. Troppo spesso si confonde l’etimologia di catecheo come semplice «far risuonare» esterno, mentre si tratta di far risuonare dentro. Che i testi conciliari intendessero il compito della catechesi legato alla fides qua e non al servizio alla fides quae è abbastanza evidente. Come evidente dovrebbe essere che l’epistemologia della risposta non è centrata sulla pratica comunicativa e neppure su quella veritativa. Nel prossimo futuro la definizione dei compiti dovrebbe seguire esplicitamente la ricchezza dei testi conciliari. Si deve superare la semplificazione avvenuta subito dopo la conclusione sinodale. 2.1. Oltre la semplificazione, la catechesi per l’echo interiore La semplificazione (e in alcuni aspetti svuotamento) portata con l’ingresso dell’espressione «processo di evangelizzazione» riguarda soprattutto il capitolo delle finalità e compiti della catechesi; quindi della identità e natura della catechesi e della catechetica. Uno sviluppo che sembra non seguire più l’identificazione tra catechesi e servizio alla risposta di fede. Il terzo elemento del «processo di evangelizzazione» (la catechesi) sembra non avere più un significato suo proprio perché pensato come agenzia a sostegno del PA e della IC. Più esattamente la catechesi si riformula come luogo e strumento di PA e come spiegazione del rito. Di conseguenza non è più utile l’assioma che lo scopo della catechesi sia la maturità di fede. Questa affermazione e i sapéri ad essa relativa sono scomparsi dopo la pubblicazione di CT. In effetti fu esclusa da DGC 1997 che la sostituì con un oscuro “scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo” (n. 80; con cit. di CT 5; CCC 426; AG 14a!). Ma l’espressione è esclusa anche da quasi tutta la riflessione Cfr. V. Di Pilato, Dei Verbum 5: la libertà della fede nel darsi della verità di Dio, in Associazione Teologica Italiana, Il Vaticano II. Il balzo innanzi della teologia, Glossa, Milano 2012, 95-121. 37 146 catechetica.38 Eppure questo era il compito affidato alla catechesi dai documenti conciliari. A una lettura più profonda ciò che viene marginalizzato è il ruolo attivo della persona e dei suoi dinamismi. Nell’analisi di progetti, documenti e autori risulta sempre più evidente che la persona torna ad essere destinataria della azione missionaria o – forse – canale comunicativo. L’azione che le viene richiesta è la adesione, frutto dello sviluppo psico-sociale del desiderio. Questa analisi – se vera in qualche aspetto – fa comprendere che la riflessione e progettazione catechetica è di fatto guidata dallo spavento introdotto dalle prime affermazioni definite svolta antropologica della teologia e più esattamente dal pensiero missiologico di K. Rahner nel suo prezioso Uditori della parola.39 Forse perché questa impostazione presuppone la visione di cristianesimo come risposta personale o di fede come libera scelta, voluta dal Vaticano II; una visione che esige una catechesi per la integrazione delle esperienze e inserita nei processi della maturità umana. Il ruolo della catechesi non può corrispondere a quello della evangelizzazione-azione ecclesiale e neppure a quello di annuncio. Certamente la catechesi è echo della rivelazione ma nella stessa prospettiva per cui anche la liturgia o la teologia o la predicazione lo sono. Lo specifico della catechesi non riguarda il «far risuonare» all’esterno, ma far risuonare nell’interno della coscienza e della storia della persona. Non sembra opportuno ridurre l’azione missionaria alla sola azione pastorale dell’annuncio equivocando la celebre espressione di san Paolo (Rom 10,14ss). Possiamo riassumere questa attenzione al processo interiore o s/Spirituale con l’espressione «risposta di fede». Possiamo intendere la receptio come “insieme delle attività che permettono ad una persona (ma anche istituzione sociale) di interiorizzare, integrare nel proprio vissuto e riesprimere culturalmente un dato culturale”.40 Nel nostro caso la fede. Eccezioni in E. Alberich, Catechesi e prassi ecclesiale. Identità e dimensioni della catechesi nella Chiesa di oggi, Elledici, Torino 1982, c. IV; L. Meddi, Educare la fede. Lineamenti di teoria e prassi della catechesi, EMP, Padova 1994, cc. III e IV; P.-A. Giguère, Catéchèse et maturité de la foi, Novalis-Lumen Vitae, Bruxelles 2002. 39 L’Istituto di Catechetica dell’UPS ha mantenuto questa impostazione soprattutto nel testo a più voci Religio. Enciclopedia tematica della educazione religiosa. Catechesi - Scuola - Mass Media, Piemme, Casale Monferrato 1998. 40 L. Meddi, Educare la risposta della fede. La receptio fidei compito della catechesi di «Nuova Evangelizzazione», «Urbaniana University Journal» 56 (2013) 3, 117-161 ora in La catechesi oltre il catechismo, 87. 38 147 2.2. Mantenere la direzione e recuperare l’impianto conciliare Erroneamente si è pensato che il Vaticano II avesse poco trattato il tema catechistico41 riducendosi ai paragrafi 13-14 di CD. Troppo a lungo non si è fatto interagire questi testi con gli importanti AG 14 e GE 2.4. Il primo erroneamente scambiato come testo «per le missioni» (e non testo missionario); il secondo erroneamente scambiato come testo «per la scuola cattolica» (e non come testo per l’educazione cristiana). La lettura unitaria di questi testi ci consiglia di ridefinire la catechesi a partire da una affermazione iniziale di GE 2 per la quale i battezzati hanno diritto alla formazione cristiana (da qui l’esatta esegesi di Gravissimun educationis come documento per l’educazione dei cristiani)42 che per il documento significa l’esercizio della vita battesimale declinata secondo alcune dimensioni;43 è in questa prospettiva che ha senso CD 14 quando afferma che la catechesi ha il compito della fede. CD 14 afferma il passaggio da dottrina ad atto ed esercizio della fede indicando per la catechesi tre compiti: viva fiat atque explicita et operosa (esplicita, viva ed operosa; ma le traduzioni sono a volte incerte). Queste si comprendono nell’unione di fides quae e fides qua. Tuttavia per questi scopi mantiene la prospettiva classica dell’insegnamento (per doctrinam illustrata) anche se rinnovata nelle fonti e negli approcci pedagogici e culturali.44 Oggi siamo maggiormente convinti che la fides qua è obiettivo più complesso della semplice comunicazione della fides quae. Comprendiamo quindi come questa prospettiva si possa realizzare quasi prevalentemente nella pratica catecumenale che, tuttavia!, AG 14 non presenta come organizzazione liturgica e disposizione formale di 41 Questa semplificazione si trova anche in autori avvertiti come M. Van Caster, La catéchèse selon l’esprit de Vatican II, in «Lumen Vitae» 21 (1966), 11-28; G.M. Medica, La catechesi nei documenti del Vaticano II, in «Catechesi» 35 (1966) 310 [1-13]; 314A [1-23]; al contrario G. Biancardi - U. Gianetto, Storia della catechesi. 4. Il movimento catechistico, LAS, Roma 2016, c. IX. 42 Cfr. E. Feifel, Educazione cristiana o educazione dei cristiani?, in «Orientamenti Pedagogici» 19 (1972) 541-566; ripreso in G. Groppo - G. Ubertalli, L’educazione cristiana: natura e fine, in N. Galli (ed.), L’educazione cristiana negli insegnamenti degli ultimi pontefici. Da Pio XI a Giovanni Paolo II, Vita e Pensiero, Milano 1992, 25-62 (2.4.) e da J.L. Corzo, Oscilaciones en la Teología pastoral de la Educación tras el Vaticano II: El magisterio de Gravissimum educationis momentum, in «Salmanticensis» 60 (2013) 2, 215-256 (qui 228). 43 L’incertezza (4 o 5 dimensioni) giustamente evidenziata da Groppo - Ubertalli, L’educazione cristiana: natura e fine, 55, deriva dalla iniziale costruzione della prospettiva. 44 Un equivoco già presente nel «Credo di Eichstätt»; cfr. la presentazione di L. Erdozain, L’évolution de la catéchèse. Panoramique de six Semaines Internationales de Catéchèse, in «Lumen Vitae» 24(1969) 4, 575-599 [qui 581]. 148 momenti e tempi, ma come tirocinio, sia per la IC che per la catechesi postbattesimale o formazione cristiana. Non deve quindi meravigliare se per realizzare questa prospettiva venga usato il vocabolario educativo e che si possa/debba parlare di vera, anche se iniziale, teologia dell’educazione.45 Impostazione epistemologica presente in CD 14 e soprattutto in GS 44 (poi ripreso da EN 63; testi quasi mai presenti nelle riflessioni catechetiche) dove la missione è intesa come azione che deve utilizzare adeguatamente i linguaggi antropologici. 3. La competenza catechetica Come ridefinire, quindi, la competenza catechetica? Quando abbiamo una riflessione catechetica? La catechesi come echo interiore si occuperà di tre finalità: lo sviluppo della personalità cristiana, il superamento del formalismo religioso (che ne è la condizione di base), la formazione delle competenze dell’esercizio della vita cristiana «Compito» della catechesi: nella quotidianità dell’esistensviluppo della personalità cristiana. za. “Questa prospettiva non «Compiti» della catechesi: può se non valorizzare i dinaabilitare i discepoli missionari. mismi psichici e spirituali della persona. La persona con la sua libertà di realizzazione e di apprendimento, con la sua vocazione di umanità e condivisione del progetto di Dio, è il cuore della svolta catechetica”.46 Il tema dei compiti è emerso continuamente nelle riflessioni finora descritte. In effetti la natura della catechetica si comprende meglio identificando i compiti che ad essa vengono affidati. La catechetica è la scienza che in ogni tempo studia la realizzazione dei compiti che la Chiesa affida alla catechesi. Oggi questi compiti non possono essere limitati al PA e alla IC. Sarà anche utile distingue tra compito e compiti. Il compito in realtà identifica la finalità ultima della catechesi. In alcuni autori recenti47 si parla a tale proposito della responsabilità o competenza catechetica. L’espressione i compiti delinea meglio le dimensioni che compongono la finalista stessa. È questa la comprensione di Groppo – Ubertalli, L’educazione cristiana: natura e fine, §§ 2.2-2.4. 46 Meddi, La catechesi oltre il catechismo, 18. 47 G. Adler, Connaître, vivre, célébrer, prier. Les tâches de la catéchèse, in Derroitte (sous la direction), Théologie, mission et catéchèse, 7-17; F. Moog (éd.), La responsabilité catéchétique de l’Eglise trente ans après Catechesi tradendae. Actes du quatrième colloque international de l’ISPC, CITP, Paris-Bruxelles-Québec 2012; Morel - Molinario - Derroitte, Les Catéchétes dans la mission de l’Église. 45 149 3.1. Il compito: sostenere la personalità cristiana (GE 2) Nella catechetica del XX secolo abbiamo almeno tre identificazioni del compito catechetico: la mentalità di fede, l’integrazione fede e vita, la maturità di fede. Identificazioni che sarà utile descrivere. Questa visione educativa della catechesi (per le finalità e per i contenuti) si è formata negli anni ‘50-‘70 e orientò la sintesi inserita (e poi abbandonata) in DCG 1971. • La ricca stagione della educazione dei cristiani L’espressione mentalità di fede nasce prima del Vaticano II in contesto di lingua francofona48 e vuole descrivere le motivazioni della crescente scristianizzazione. La fede non ispira la vita quotidiana perché la sua presentazione non risponde alle nuove condizioni esistenziali e culturali dei battezzati. Paolo VI riprese questa prospettiva nel celebre grido missionario “la rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca” (EN 20). Questa dissociazione porta alla formalizzazione dei linguaggi: religioso nei momenti privati; laico nei momenti pubblici. La catechesi sarà missionaria quando aiuta il superamento del gap ermeneutico. Si devono ricordare due filoni di questa intuizione. Quello pastorale della JOC con il suo metodo vedere-giudicare-agire; ma soprattutto la nascente psicologia della religione cristiana. Per A. Vergote e A. Godin49 questo compito si realizza purificando le rappresentazioni infantili dell’immagine di Dio. Una intuizione che venne esplicitata dal catecheta J. Colomb50 e che fu inserita nella descrizione degli obiettivi catechistici delle età psicosociali del DCG 1971. In un certo senso questo sarebbe il motivo della proposta della professione di fede presentata come scopo della catechesi da alcuni documenti.51 Cfr. J. Hofinger, Adaptation de la catéchèse missionnaire au milieu et à la mentalité, in «Lumen Vitae» 7 (1952) 3, 465-472; «Catéchèse et mentalité. Journées Nationales de l’Enseignement Religieux», Paris 15-16-17 février, in «Catéchèse» 7 (1962). 49 Cfr. A. Godin, Le mete della catechesi nelle varie tappe dello sviluppo, in Le mete della catechesi. Atti del 2° convegno «Amici di catechesi», Elledici, Torino 1961, 105-134; A. Vergote, Psychologie Religieuse, Charles Dessar, Bruxelles 1966. 50 Cfr. J. Colomb, Al servizio della fede. Manuale di catechetica, vol. II, Elledici, Torino 1970, Parte II. 51 Cfr. AG 15; CT 61; Conferenza Episcopale Francese, Direttive per l’iniziazione cristiana dei fanciulli. Dagli 8 ai 12 anni, Elledici, Torino 1981, 2.1.1.1. “la professione di fede è punto di partenza e di arrivo della catechesi”; DGC 1997, nn. 82-83 et alii; DPC 2017, n. 29; in Italia l’IVC (Ufficio Catechistico Nazionale, Itinerario per la vita cristiana. Linee e contenuti del progetto catechistico italiano, Elledici, Torino 1984) p. 20; Conferenza Episcopale Italiana, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 2014, n. 47 dove si trova la sorprendente affermazione: «La finalità dell’azione catechistica consiste precisamente in questo: favorire una viva, esplicita e operosa profes48 150 L’espressione integrazione fede e vita esprime l’originale rilettura di questo fenomeno culturale fatta dalla catechetica italiana. Fu soprattutto la scuola salesiana ad approfondire il tema.52 Questa prospettiva poneva come scopo della catechesi quello di unificare i diversi sistemi interpretativi della persona attraverso una pedagogia psico-sociale; una catechesi che univa la risignificazione dei concetti religiosi, l’inserimento della dinamica catechistica nel gruppo di vita, in continuo rapporto con il dinamismo vitale delle comunità cristiane.53 Una prospettiva che superava e integrava la pur interessante metodologia della JOC. Infine l’espressione maturità di fede. Questa appare per la prima volta in DCG 1971 nella felice definizione della finalità della catechesi: “nell’ambito dell’attività pastorale, la catechesi è quell’azione ecclesiale che conduce le comunità e i singoli cristiani alla maturità della fede” (n. 21). L’espressione nasce dalla relazione tra la rinnovata prospettiva teologica, che interpreta la fede come atto personale e integrato, espresso in DV 5, e le indagini della recente psicologia della personalità aperta al dato religioso. Soprattutto le indagini di Allport, Nuttin e Maslow. In questa prospettiva l’esperienza religiosa è atto umano, significativo, unificante e orientante la persona nel suo agire quotidiano. La dimensione religiosa ha una evoluzione (DCG 1971, 30). Nasce come sentimento religioso di natura antropomorfa e progredisce superando la visione magica dell’onnipotenza divina fino a diventare orizzonte di senso. Il processo di maturità è unitario perché ha bisogno del cammino umano ma non si identifica con esso. Si parla di maturità cristiana quando l’orizzonte di senso è il discepolato cristiano. Il processo è interiore alla persona perché utilizza i dinamismi propri della psiche umana.54 sione di fede», ripresa in Ufficio Catechistico Nazionale (a cura di) 2014, Glossario, in Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 2014: voce «comunicazione della fede». 52 Cfr. L. Meddi, Integrazione fede e vita. Origine, sviluppo e prospettive di una intuizione di metodologia catechistica italiana, Elledici, Torino 1995; G. Biancardi, Elementi di specificità e originalità nella visione di catechesi proposta dal DB, in L. Meddi (a cura di), Il Documento Base e il futuro della Catechesi in Italia, Luciano Editore, Napoli 2001, 11-28. 53 Si vedano Gc. Milanesi, Integrazione tra fede e cultura, problema centrale della pastorale catechetica, in Idem, Ricerche di psico-sociologia religiosa, PAS-Verlag, Roma 1970, 59-75 e Gc. Negri, Catechesi e mentalità di fede. Metodologia catechetica fondamentale, Elledici, Torino 1976. 54 Cfr. J. Mouroux, Je crois en toi: structure personnelle de la foi, Éd. de la Revue des Jeunes, Paris 1949; G. Del Lago, Dinamismi della personalità e Grazia. Innesto dello sviluppo cristiano nello sviluppo psichico, Elledici, Torino 1970 [1965], A. Ronco, Integrazione psichica e virtù: elementi di una psicologia delle virtù umane, in «Seminarium» 3 (1969), 531-544; R. Zavalloni, Le strutture umane della vita spirituale, Morcelliana, Brescia 1971; A. Ronco - S. Grammatico, Alla ricerca di Dio. Due ricercatori in cammino, Alpes, Roma 2016. 151 Questa impostazione è stata fatta propria del direttorio degli USA (1979). In qualche modo anche dal Documento Base italiano Il rinnovamento della catechesi (1970, c. III) anche se esplicitamente solo più tardi nel 1984 con la pubblicazione dell’IVC (Institutio Vitae Consecratae). In questa prospettiva si possono leggere alcune proposte catechetiche degli autori della Università salesiana.55 Queste tre prospettive vanno lette unitariamente. Esse non sono prive di alcuni limiti che oggi possiamo vedere più correttamente. Tuttavia è molto difficile realizzare una catechesi missionaria senza utilizzare questa ricca tradizione, se davvero si ha a cuore la conversione profonda dei battezzati. • La persona e i suoi dinamismi come via decisiva della catechesi Occorre recuperare ma anche integrare e superare questa ricca prospettiva. Per indicare il compito della catechetica sarà utile parlare di sviluppo della personalità cristiana. Questa espressione permette di andare oltre, includendola, la prospettiva di maturità di fede. La prospettiva della maturità di fede seguiva le indicazioni di alcuni criteri elaborati già da A. Godin, Gc. Negri, Gc. Milanesi. In quella prospettiva la catechetica studia come favorire l’interiorizzazione della proposta cristiana nella vita della persona;56 per questa finalità si seguivano le vie della risignificazione del messaggio stesso (dimensione ermeneutica delle fonti), della dinamica dei gruppi sociali e la loro elaborazione di culture (o sub-culture) e infine la correlazione tra compiti di vita e il messaggio come illuminazione e apertura di senso. Mi sembra che tale prospettiva fosse presente nel magistero: sia in DCG 1971 (n. 21), sia in EN 44. Occorre approfondire cosa significhi pensare la catechesi come formazione della personalità cristiana e abilitazione della vita cristiana. L’espressione «maturità di fede», infatti, va ricompresa con le proposte di J. Fowler57 che tendono a descrivere il percorso di sviluppo della dimensione religiosa della Cfr. G. Groppo, Educazione cristiana e catechesi, Elledici, Torino 1972, lezione settima e Idem, Maturità di fede, in J. Gevaert (a cura di), Dizionario di Catechetica, Elledici, Torino 1986, 408-411; E. Alberich, Catechesi e prassi ecclesiale, c. IV e il c. V del suo La catechesi oggi. Manuale di catechetica fondamentale; R. Tonelli, Itinerari per l’educazione dei giovani alla fede, Elledici, Torino 1989. 56 Cfr. L. Meddi, Il processo di interiorizzazione della fede, in «Note di Pastorale Giovanile» 32 (1998) 8, 33-52; cfr. anche J. Vallabaraj, Delving into the World of the Catechetical Education of Adults. A Multi-Perspective Elaboration, Kristu Jyoti, Bangalore 2008, cc. 4 e 10. 57 Cfr. J. Fowler, Stages of Faith. The Psychology of Human Development and the Quest for Meaning, HarperCollins, New York 1981; sintetizzato in Idem, Teologia e psicologia nello sviluppo della fede, in «Concilium» 18 (1982) 6, 153-159. 55 152 persona. Un percorso che coinvolge la dimensione interiore, quella sociale e le diverse comunicazioni religiose. In questa direzione a nostro avviso si aprono due prospettive: la riconsiderazione della persona come realtà spirituale (e non solo psicosociale) e la necessità di ripensare la catechesi come mistagogia della vita cristiana. Per questi motivi è da approfondire la visione kerygmatica di Papa Francesco in Evangelii gaudium (2013). In questo senso la catechetica è scienza pedagogica perché utilizza strumenti e percorsi attraverso i quali la persona, che già possiede i dinamismi spirituali propri della Grazia per la creazione e la redenzione, sia abilitata a renderli attivi dentro il suo dinamismo vitale. È questo il compito che chiamo «educazione della risposta» o «catechesi per la receptio».58 L’espressione «dimensione spirituale»59 mette in evidenza che non si tratta della spiritualità in quanto compito da realizzare; come finalità o stile pastorale. Piuttosto si tratta della spiritualità come insieme delle energie interiori attraverso cui avviene la realizzazione e la trasformazione della persona. Nei dinamismi spirituali vanno inclusi sia quelli di natura psichica, sia quelli che derivano dalle diverse tradizioni religiose, sia quelli sacramentali propri della tradizione cristiana. In questo senso è preferibile utilizzare l’espressione personalità cristiana per indicare il compito proprio della catechesi. 3.2. I compiti: abilitare i discepoli missionari Parlando del processo kerygmatico (EG, nn. 160-175) papa Francesco recupera l’intuizione di EN 4460 per la quale compito della catechesi, nel processo di evangelizzazione, è lo sviluppo degli habitus cristiani (EG 171); inoltre specifica meglio che il cristiano adulto nella fede non si identifica con il cristiano-cattolico e neppure solo con il discepolo, ma con il discepolo missionario (EG 119-121). Per realizzare tale prospettiva ricorda l’importanza del momento mistagogico ovvero dell’accompagnamento e della cura della fede. In questa felice espressione possiamo trovare confermati i contenuti principali che realizzano il compito dello sviluppo della personalità cristiana. Meddi, Educare la risposta della fede. Cfr. L. Meddi, La spiritualità della conversione, in Équipe Europea di Catechesi, La conversione: l’atto, il processo, l’accompagnamento, a cura di E. Biemmi-G. Biancardi, Elledici, Torino 2017, 96-126. 60 “Che questo insegnamento debba essere impartito per formare abitudini di vita cristiana e non per rimanere solamente intellettuale, nessuno lo contesterà” (cfr. EG 168-173); cfr. L. Meddi, La catechesi nella «Evangelii gaudium», in «Settimana» 30 (2014) 10, 8-9. 58 59 153 • La integrazione fede-vita: superare il formalismo e la dissociazione fede-vita Habitus può essere tradotto nelle lingue moderne con l’insieme dei significati che nelle scienze antropologiche assume l’espressione atteggiamento ovvero gli elementi portanti e specifici della personalità. La natura e la funzione propria di un atteggiamento è quello di integrare la condotta umana orientata secondo una scala di valori. La integrazione della vita attorno al kerygma è quindi un compito decisivo per la catechesi. Seguendo la originale espressione della riflessione italiana il primo passaggio di cui la catechetica si fa carico è la integrazione fede e vita. Questa espressione non indica in primo luogo la coerenza morale del battezzato, ma l’invito a riordinare tutte le dimensioni della vita personale e sociale perché si mettano a disposizione del Vangelo (essere discepolo). Un autore italiano, Gc. Negri, si domandava: “Che significa che in molte persone la fede non ispira più la vita? Come potrebbero le verità cristiane essere maggiormente ricordate nelle situazioni di vita, apparire intimamente correlate con esse, in modo da inquadrarle e renderle significative, ed essere motivanti per l’io? [Come far sì che] l’insegnamento porti a capire il cristianesimo come organico e vitale non solo in se stesso, ma anche in riferimento pieno all’io e alla sua vita concreta, esistenziale, quotidiana?”.61 Questa analisi porta allo scoperto il rapporto tra messaggio della fede e gli interessi, l’affettività, la volontà e i condizionamenti sociali in cui l’Io della persona si trova quando è chiamato a decidere per il Vangelo oppure no. L’integrazione fede-vita si gioca in questo rapporto di significato esistenziale e non di memorizzazione. L’assunzione delle verità in modo che diano forma alla vita oppure – il suo contrario – l’utilizzo formale delle stesse non è solo questione di ortodossia della verità ma dipende dal collegamento con lo sviluppo dell’io e dall’interazione tra questo e il contesto sociale in cui il processo avviene. In quanto il processo di assunzione dei sapéri avviene in base all’importanza che essi assumono per il soggetto, al riconoscimento sociale che essi hanno. (E non primariamente in collegamento con la veridicità teologica della trasmissione). La interiorizzazione del messaggio (dall’ascolto al cuore) implica il processo di selezione dei modelli di vita che la persona, a partire dalla adolescenza, è chiamata a realizzare. È un processo educativo perché si realizza nella libertà; processo che si esprime nell’aiuto ad una scelta autentica frutto Gc. Negri, Considerazioni sul fenomeno della dissociazione tra sapere religioso e mentalità di vita, in «Orientamenti Pedagogici» 8 (1961) 2, 269-297 (qui 272). Per la ricostruzione più estesa del suo pensiero cfr. L. Meddi, Integrazione fede e vita, c. IV. 61 154 di consapevolezza spirituale e di analisi delle differenti proposte culturali;62 un processo che si collega a diverse riflessioni della psicologia della personalità e psicologia della religione pubblicate già tra gli anni ’50 e ’70. La catechetica di quegli anni ha spesso utilizzato l’espressione progetto di vita per indicare la pratica di questo compito. L’integrazione di personalità è un obiettivo del dinamismo umano per il quale le diverse dimensioni (cognitiva, emotiva, affettiva, motivazionale, profonda) interagiscono in una prospettiva. Nella integrazione fede-vita la prospettiva è quella cristiana (il discepolato e la sequela). La catechetica interagisce con la psico-pedagogia, la spiritualità e con le nascenti scienze della cura del Sé (dell’anima) al fine di capire i dinamismi, le tappe e gli strumenti che favoriscono la conversione profonda del battezzato. Come afferma l’italiano DB 1970 “la fede è virtù, atteggiamento abituale dell’anima, inclinazione permanente a giudicare e ad agire secondo il pensiero di Cristo, con spontaneità e con vigore, come conviene a uomini giustificati” (52). • Abilitare la competenza cristiana: la testimonianza della vita cristiana La integrazione fede-vita permette di realizzare la formazione o esercizio della competenza (vita) cristiana. Le considerazioni catechetiche di Papa Francesco ricordate aiutano a offrire un’immagine di esperienza cristiana centrata sul binomio discepolo e missionario. L’originalità di questa espressione è racchiusa nella complementarità tra essere cristiani ed essere missionari; tra battezzati che vivono del mistero della grazia pasquale e battezzati che assumono il compito di testimonianza. Una prospettiva che supera o integra quella di GE che poneva il compito testimoniale soprattutto nella vita morale e sacramentale. Testimonianza63 è termine teologico e missiologico molto ricco. Mette in evidenza l’azione interiore della Trinità che suscita e forma il discepolo rendendolo capace di rendere visibile la vita nuova accolta e attestata con il rito battesimale (meglio dire l’intera iniziazione cristiana). La testimonianza sottolinea, inoltre, la dimensione carismatica della vita cristiana che implica il processo formativo della scoperta dello stile di vita di ogni battezzato; proTra gli altri ha sviluppato adeguatamente questo compito il catecheta americano T. H. Groome, Christian religious education. Sharing our story and vision. HarperColins Publishers Ltd., New York 1980. 63 Cfr. K. Rahner, Interprétation théologique du témoignage, in E. Castelli (ed.), Le témoignage: actes du colloque organisé par le Centre international d’études humanistes et par l’Institut d’études philosophiques de Rome, Rome, 5-11 janvier 1972, Aubier-Éditions Montaigne, Paris 1972, 173-188; L. Meddi, La testimonianza della vita cristiana come metodologia missionaria (can. 787), in «Ius Missionale» 19 (2016) 39-89. 62 155 cesso di scoperta e formazione delle proprie capacità ma anche del cammino di superamento e guarigione interiore. Testimonianza inoltre mette l’accento sulle nuove prospettive della testimonianza cristiana. Portatore dello Shalom trinitario ed essendo discepolo del Cristo, l’iniziato si identifica con i compiti messianici della giustizia, solidarietà, pace, salvaguardia del creato, misericordia e riconciliazione umana. Così l’espressione discepoli-missionari offre al compito catechetico di sviluppo della personalità cristiana un contenuto più preciso e adeguato alla svolta missionaria della pastorale conciliare. Discepolo rimanda al superamento della antica Legge,64 la decisione di realizzare le Beatitudini e l’assunzione della civiltà dell’amore inaugurata dai segni messianici. Visione, questa, che aiuta la pastorale e la catechesi ad uscire dalla prospettiva di sola socializzazione religiosa. La catechetica e i documenti sembrano aver posto poca attenzione a questo tema catechetico, presente invece nelle rinnovate descrizioni dell’apostolato dei laici dei testi conciliari. Fanno eccezione alcuni passaggi della catechetica di J. Colomb e le proposte di L. Meddi e A. Fossion.65 Il Vaticano II aveva elaborato una prima descrizione di vita cristiana in LG centrandola sull’esercizio battesimale dei Tria munera. Tuttavia come mostrato efficacemente da Groppo-Ubertalli, è GE 2.4 a presentare una adeguata teoria della educazione cristiana (dei cristiani). In questo aspetto la catechesi deve essere presentata come introduzione all’esercizio della vita cristiana. Da queste indicazioni conciliari si ricava una lista delle dimensioni dell’agire cristiano. Definire la vita cristiana è compito difficile. Si possono indicare diversi modelli. Alcuni sono chiaramente teologici, come la dimensione morale o sacramentale; altri sottolineano solo la appartenenza sociologica alla Chiesa scambiata per partecipazione salvifica; infine si deve ricordare il ricco filone delle virtù teologali (esistono insegnamenti universitari sulla esistenza cristiana). Un tentativo di ridefinire in senso antropologico il compito di formare la vita cristiana si ebbe con Tonelli,66 con la elaborazione della dottrina degli atteggiamenti religiosi che permettono l’esercizio dell’atto di Cosa che neppure il CCC ha avuto il coraggio di fare. Cfr. Colomb, Al servizio della fede. Manuale di catechetica, vol. II; Meddi, Educare la fede, 110-113; A. Fossion, La catéchèse au service de la compétence chrétienne, in «Lumen Vitae» 60 (2005) 3, 245-259. Si deve segnalate tuttavia l’utilizzo, sebbene non riflesso, della trattazione negli ateliers dei recenti congressi della ISPC di Parigi; cfr. I. Morel - J. Molinario - H. Derroitte, Les Catéchétes dans la mission de l’Église, e Etre initié à l’heure des mutations anthropologiques. VIIIème Colloque international de l’ISPC (Paris 7-10 febbraio 2017) [Atti non ancora pubblicati]. 66 Cfr. R. Tonelli, Abilitare alla fede-speranza-carità, atteggiamenti fondamentali dell’esistenza cristiana, in «Note di Pastorale Giovanile» 10 (1976) 7-9, 95-112. 64 65 156 fede. Credo si debba seguire l’insegnamento di J. Ratzinger nel collegare il tema dell’esercizio della vita cristiana alla teologia battesimale. Nella nostra riflessione67 l’accento è posto sul carattere battesimale della vita cristiana e su una maggiore relazione tra fede messianica e testimonianza del cristiano nella storia insieme alla propria comunità. Una rapida descrizione delle competenze cristiane può essere fatta in questo modo: alla fine del percorso formativo (catecumenale) il gruppo catecumenale e i catecumeni hanno raggiungo la capacità di: essere capaci di una lettura personale del Vangelo; essere capaci di condividere la fraternità comunitaria; essere capaci di scoprire il proprio posto nella comunità messianica; essere capaci di individuare il proprio servizio al regno; essere capaci di celebrazione e di relazione personale con Dio. La lettura teologico-psico-sociale della competenza cristiana aiuta la pastorale catechistica contemporanea a rispondere a due desideri. Permette alla catechesi di non essere più centrata sulla dimensione cognitiva e permette di ridefinire il tema della mistagogia nel processo catecumenale. L’abilitazione all’esercizio della vita cristiana (dal cuore alle mani attraverso l’ascolto) è un processo formativo perché non è centrato sugli orizzonti di senso (propri della dimensione interpretativa e progettuale dell’esistenza) ma su capacità-competenze da acquisire con esercizio, nel tempo. Come per altri soggetti ecclesiali, anche i semplici battezzati hanno diritto di essere aiutati ad esercitare la propria adesione al Vangelo. Hanno diritto ad un tempo di noviziato. La conversione permanente, da questo punto di vista, è proprio il tempo in cui le intuizioni e la prima adesione del cuore affrontano le difficoltà spirituali e acquistano capacità trasformativa. Questa conversione è oggetto della responsabilità catechetica. L’esercizio della vita cristiana è allo stesso momento atto decisionale e atto ermeneutico. La fede in acto – infatti - non è solo una questione morale e non si può solo presentare nella categoria del dovere e della norma. La realtà è spesso realtà conflittuale tra due valori o due responsabilità. La vita quotidiana, inoltre, presenta aspetti sempre nuovi per i quali la tradizione è solo punto di riferimento. Dunque si deve continuamente studiare come avviene il processo decisionale e questo comporta sviluppare la competenza ermeneutica della fede stessa. • Rinnovate forme di sostegno alla socializzazione religiosa La Chiesa in tutto il mondo non può permettersi di sottovalutare l’aiuto che alla evangelizzazione e catechesi viene dai diversi processi di socializ67 Cfr. Meddi, Educare la fede, c. IV. 157 zazione religiosa (SR).68 In verità ormai anche la missio ad gentes è soprattutto missio inter gentes, espressione che tra l’altro significa che avviene in contesti che già hanno avuto una prima evangelizzazione. Normalmente la missione inizia con la pratica della iniziazione cristiana dei bambini. La catechesi soprattutto in questo momento di SR va compresa come processo di pedagogia sociale e da essa trae grande aiuti.69 La socializzazione consiste nella azione di trasmissione della cultura da una generazione all’altra, e avviene come processo di appropriazione dei valori e delle acquisizioni della generazione precedente fino allo sviluppo di una nuova personalità. L’importanza di questa riflessione è da ricondurre alla constatazione che la interiorizzazione e maturazione della fede non è separabile dalla trasmissione e inculturazione della fede precedente. La risposta di fede e la iniziazione cristiana infatti presuppongono una serie di processi mentali (conoscenze, motivazioni, adesione) che hanno origine nel «simbolismo religioso» precedente. A sua volta la SR non deve essere disgiunta dall’intero processo di socializzazione esistente all’interno della società attraverso il quale avviene la trasmissione dell’insieme della cultura propria di un contesto sociale. Socializzare in senso religioso significherà permettere alle nuove generazioni di entrare nel patrimonio culturale (modelli di condotta, credenze, usanze, pratiche, religiose) proprie della generazione precedente. È da notare che anche la SR risulta tendenzialmente legata al passato e quindi a codificazioni linguistiche che spesso risultano essere difficilmente utili al processo di interiorizzazione proprio delle generazioni seguenti le quali avranno il bisogno di riesprimere personalmente la loro fede. Alla socializzazione primaria (dalla nascita alla scolarizzazione) spetta la trasmissione delle coordinate generali dell’orientamento nella vita; alla socializzazione secondaria (in rapporto con il gruppo dei pari e lo sviluppo della identità nella adolescenza-giovinezza) la realizzazione della propria identità religiosa. Oggi questo naturale ma complesso processo pedagogico avviene nel duplice contesto di secolarizzazione e pluralismo religioso. Alla catechesi chiede il continuo riferimento alle scienze ermeneutiche e in primo luogo alla analisi del pluralismo teologico. Il vasto fenomeno di appropriazione Cfr. Gc. Milanesi, Socializzazione religiosa, in J. Gevaert (Ed.), Dizionario di Catechetica, 588-592; B.L. Marthaler, La socialisation comme modèle pour la catéchèse, in «Catéchèse», 83 (1981), 67-94; A. Romano, Un decennio di attenzione all’educazione della Chiesa italiana: bilancio intermedio, in «Catechetica ed educazione» 1 (2016), 17-32. 69 Questo è il contributo maggiore della prospettiva di J. Fowler ricordata; cfr. L. Meddi, Proporre la fede: inculturare per socializzare e iniziare, in L. Meddi - A.M. D’Angelo, I nostri ragazzi e la fede. L’iniziazione cristiana in prospettiva educativa, Cittadella, Assisi 2010, 111-130. 68 158 personale proprio del pluralismo religioso comporta la relativizzazione delle appartenenze religiose primarie (istituzionali). È un fenomeno che va affrontato tenendo in conto che la religione non è proprietà delle chiese e delle religioni; è una dimensione umana molto più profonda. Non è opportuno che la catechesi si ponga a servizio di socializzazioni religiose di tipo sub-culturale. Non aiuta infatti la missione la costruzione di spazi chiusi dove si pensa di superare la complessità creando appartenenze psico-sociali che sostituiscono il faticoso processo di accompagnamento della conversione profonda. A tale scopo è spesso molto equivoco il riferimento della pastorale alle pedagogie dell’identità. Ecco perché siamo fortemente contrari alla confusione generata dal linguaggio catecumenale e alla pretesa missionaria conseguente il cosiddetto riordino dell’ordine dei sacramenti.70 Infine, la socializzazione religiosa non si deve identificare con il processo educativo della fede. Per cui la comunità ecclesiale deve farsi carico sia dei processi di socializzazione, che sono finalizzati a ottenere un consenso culturale e ad assicurare nel tempo e nello spazio la continuità e la uniformità della trasmissione e comunicazione della dimensione religiosa (nella prospettiva cristiana); sia dei processi di educazione e formazione religiosa mediante i quali la Chiesa mira ad una specifica iniziazione delle nuove generazioni.71 • La costruzione dell’itinerario di risposta Molte volte abbiamo usato il termine compito in riferimento alla catechetica. Il termine infatti è utile per definire lo spessore epistemologico della disciplina e ministerialità catechetica rispetto a discipline contigue. Tuttavia si deve ancora utilizzare il termine per individuare il concreto della responsabilità catechetica. In troppe riflessioni e progetti il concreto della catechesi si individua nel compito comunicativo, anche quando il campo di riferimento è l’iniziatico. Ci rimane davvero difficile accettare questi equivoci semantici! Oltre a non riconoscere il proprium della catechesi, questa posizione rischia di non essere efficace perché rimane nel campo «esterno alla persona». Evidentemente il termine itinerario va preso nella ricchezza della sua tradizione, sia ecclesiale che antropologica.72 Inoltre va precisato che itinerario Cfr. Meddi - D’Angelo, I nostri ragazzi e la fede. L’iniziazione cristiana in prospettiva educativa. 71 Cfr. L. Meddi, Il Catecumenato Crismale. Risorsa per la pastorale degli adolescenti, Elledici, Torino 2014. 72 Secondo la descrizione di Conférence des Évêques de France, La catéchèse des enfant. Texte de référence au service des auteurs de publications catéchétiques et des responsables de la pastorale, Centurion, Paris 1980, 3.1. 70 159 non va inteso come nuova regola di uniformità pastorale. Sappiamo quanto il termine sia legato alle diverse forme di apprendimento. Le diverse teorie della educazione-formazione hanno chiarito questo aspetto. Nonostante questi possibili equivoci continuiamo ad utilizzarlo per intendere il compito operativo decisivo per la catechetica e per le diverse pratiche catechistiche.73 4. La catechetica come dialogo tra teologia e scienze umane Si è affermato che il futuro della catechesi/catechetica va giocato nella prospettiva del recupero della densa definizione data da DCG 197174 concentrata sulla finalità di maturità di fede. Questa definizione ha messo in movimento una nuova identità della ricerca catechetica L’articolazione epistemologica come scienza in dialogo con della catechetica passa attraverso diverse scienze e sapéri. Una l’inter-trans-disciplinarità tra scienze interpretazione sostenuta da teologiche, comunicative e pedagogiche una iniziale riflessione di teologia dell’educazione cristiana, anche se a volte ancora incerta.75 La riflessione catechetica (e anche evangelizzatrice, in verità) attenta ai processi culturali e al ruolo della persona nella risposta di fede non può prescindere dalla soluzione del nodo centrale della sua epistemologia; ovvero del quadro concettuale con cui si studiano e si propongono programmi formativi.76 Tuttavia l’analisi della articolazione epistemologica dei sapéri e delle competenze della catechetica deve esse ancora approfondita. Può essere utile riar73 Il dibattito su questo tema sarà ancora molto aperto. La nostra posizione è quella di unire in modo profondo il modello catecumenale con le proposte di Fowler, Stages of Faith. Cfr. L. Meddi, Un nuovo itinerario per la formazione cristiana in Italia. Fondamenti e principi orientativi, in «Catechesi» 81 (2011-2012), 5, 3-18; cfr. anche M. Diana, Ciclo di vita ed esperienza religiosa. Aspetti psicologici e psicodinamici, EDB, Bologna 2004. 74 Prospettiva che ci sembra essere recuperata dalla bozza del DPC 2017 ai nn. 42-44 (soprattutto 44!). 75 Cfr. G. Groppo, Introduzione ad una teologia dell’educazione. Orientamenti sulla sua necessità e problematica, in P. Braido (ed.), Educare. Sommario di scienze pedagogiche, vol. I, PAS-Verlag, Zürich 1960, 13-44; Corzo, Oscilaciones en la Teología pastoral de la Educación tras el Vaticano II: El magisterio de Gravissimum educationis momentum; G. Groppo, Teologia dell’educazione, in J.M. Prellezo - C. Nanni - G. Malizia (a cura di), Dizionario di Scienze dell’Educazione, Elledici/SEI, Torino 1997, 1117-1120. 76 Vedi in questo volume i densi contributi legati a questo tema, in particolare il primo di J.L. Moral sull’«Epistemologia del curricolo di catechetica» (cfr. anche Idem, Cittadini nella Chiesa, cristiani nel mondo. Antropologia, catechetica ed educazione, LAS, Roma 2017, 32-49). 160 ticolarla secondo tre direttrici:77 la teologica, la comunicativa, la pedagogica. Ognuna di queste tuttavia ha bisogno di rispettare la complessità che le rispettive scienze e sapéri stanno sperimentando. 4.1. La radice teologica della catechetica Il Vaticano II con CD e GE aveva aperto la strada del dialogo tra discipline e sapéri chiedendo nella catechesi l’interazione tra la teologia e alcune scienze antropologiche.78 Tuttavia il suo cammino sembra essersi arenato. Nella letteratura sembra difficile definire l’epistemologia catechetica perché catechesi sembra essere un oggetto pluriforme;79 la definizione di catechetica differisce se centrata sulle esperienze, sulla tradizione ecclesiale o derivata dal confronto con le altre discipline teologiche o campo epistemologico. L’unica cosa in comune (successiva alla stagione dottrinale) è che la catechesi riguardi in prima istanza la cura della fede del catecumeno-battezzato. Non il servizio alla rivelazione, che pure ne è la condizione, se non in quanto mediazione della risposta alla chiamata divina. Ma questa aquisizione è anche il suo problema perché, a partire dal movimento kerigmatico si pensa che il servizio alla fede coincida con il servizio alla rivelazione. Questo equivoco si evidenzia già nella Prefazione del Catechismo Romano (1566); segue in catecheti come Jungmann, nel «Credo di Eichstätt» (1960) e nella descrizione della natura della catechesi di molti Direttori catechistici contemporanei. Di conseguenza per poter riflettere sulla epistemologia catechetica si deve disambiguare l’affermazione «servizio alla rivelazione» perché l’esperienza di fede è frutto di una comunicazione interiore, della sua interiorizzazione e della abilitazione di vita cristiana. La rivelazione come contenuto e messaggio svolge certamente un ruolo importante ma la rivelazione come processo trasformativo è frutto dell’auto-comunicazione di Dio nell’intimo Cfr. G. Ruta, Catechetica come scienza. Introduzione allo studio e rilievi epistemologici, ITST-Elledici, Messina-Torino 2010. 78 “[I catechisti] apprendano in teoria ed in pratica le leggi della psicologia e le materie pedagogiche” (CD 14); “tenuto conto del progresso della psicologia, della pedagogia e della didattica” (GE 1). Cfr. A. Arto, Lo studio della psicologia, in G. Lorizio - N. Galantino (Edd.), Metodologia teologica. Avviamento allo studio e alla ricerca pluridisciplinari, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1994, 109-130. 79 E. Alberich, La catequética entre pedagogía y teología: ambivalencia de una disciplina en búsqueda de reconocimiento, in J.M. Prellezo (ed.), L’impegno dell’educare. Studi in onore di Pietro Braido promossi dalla Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana, LAS, Roma 1991, 221-230. 77 161 della persona80 e ha come soggetti agenti il Maestro interiore e lo Spirito di Dio. Molti autori per definire la natura della catechesi come scienza giustamente si riferiscono alla fides qua.81 Per cui è la teologia della fede quella che presiede alla riflessione catechetica. Permane invece in questa problematica equivocità soprattutto la stagione neo-kerygmatica per la quale la natura della scienza catechetica sia interamente derivata dalla indagine teologica.82 A tale proposito si possono fare almeno due chiarimenti. In primo luogo che non è possibile e non è utile rifarsi alla teologia della incarnazione se questo porta ad una soluzione «dal di dentro» cioè in forma di teologia autoreferenziale della questione epistemologica. L’incarnazione avviene nei processi culturali cioè nei dinamismi della persona e delle culture; l’incarnazione diviene principio pastorale attraverso la teologia dei segni dei tempi che richiede sempre l’interazione con le scienze antropologiche (cfr. GS 44; EN 63). Non è corretta la lettura intrateologica della riflessione ispirata ad F.-X. Arnold e P.-A. Liege spesso divulgata. Non può esistere una teologia della catechesi senza una antropologia della catechesi. Il secondo chiarimento riguarda il continuo tentativo di ridurre la pastorale e la catechesi al solo processo multidisciplinare, che insiste su un uso strumentale delle scienze umane,83 e presentando questo uso come concretizzazione della metodologia trans-disciplinare.84 Questo sta avvenendo chiaramente con il ritorno ad una prospettiva solo comunicativa80 Cfr. K. Rahner, Dio, autocomunicazione (comunicazione) di, in Idem (a cura), Sacramentum Mundi, Morcelliana, Brescia 1975 [1967-1969], III, coll. 96-101. 81 Cfr. G. Adler, D’un catéchisme à l’autre. Libres propos, in «Catéchèse» 35 (1995) 139, 103-112; su questa linea anche D. Villepelet, Propos sur les paradigmes catéchètique contemporains. Entre «fides quae creditur» et «fides qua creditur», in «Catechésè» 41 (2001) 165, 21-44. 82 Cfr. R. Fisichella, La catechesi nel contesto della Nuova Evangelizzazione. Relazione al Congresso Internazionale di Catechesi «Il catechista, testimone della fede», Aula Paolo VI, 26-28 settembre 2013, 26 settembre 2013 (http://www.zenit.org/it/articles/la-catechesi-nel-contesto-della-nuova-evangelizzazione-prima-parte). 83 È questo il caso del DGC 1997 e, forse, del nuovo DPC 2018. Si veda anche A. Bozzolo - R. Carelli, Per una pedagogia della fede: la grazia, le sfide, il carisma, in Idd., Evangelizzazione e educazione, LAS, Roma 2011, 465-481. 84 Ci invita al netto superamento del rapporto multidisciplinare Papa Francesco in Costituzione Apostolica «Veritatis gaudium» di Papa Francesco circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche, 29 gennaio 2018 che in Proemio, 4c scrive: “In tal senso, è senz’altro positiva e promettente l’odierna riscoperta del principio dell’interdisciplinarità: non tanto nella sua forma «debole» di semplice multidisciplinarità, come approccio che favorisce una migliore comprensione da più punti di vista di un oggetto di studio; quanto piuttosto nella sua forma «forte» di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio”. 162 broadcasting della catechesi. Come è stato ricordato “la transdisciplinarità attiene invece – come indica il prefisso trans – a ciò che è insieme dentro le singole discipline, attraverso le differenti discipline e al di là di tutte le discipline”.85 4.2. La natura trans-disciplinare del giudizio catechetico Gli equivoci accennati portano conseguenze soprattutto sul piano dei rapporti intra-disciplinari propri della catechetica. In precedenza (cfr. § 3) ho descritto brevemente quale debba essere il compito della catechesi nella prospettiva del sostegno alla personalità cristiana chiamata a servire la sua vocazione battesimale. Ho provato anche a declinare questo compito nei compiti propri dell’azione catechistica sottolineando l’importanza che si inserisca la proposta evangelica nei dinamismi della persona come suggerito da molti autori nella prima stagione post-conciliare. Infine ho ricordato che, da questo punto di vista, lo specifico della catechesi è la elaborazione dell’itinerario; non nel senso di una costrizione del catecumeno ma nel senso dell’accompagnamento e sostegno della sua risposta. In quanto esercizio pratico, lo studio dell’itinerario ha bisogno di sviluppare nei responsabili e operatori della catechesi la capacità di esercitare un giudizio (oggi prevale l’espressione discernimento che non è esattamente la stessa cosa) ovvero la capacità analitica e sintetica di collegare, nella prospettiva ecclesiale, diverse dimensioni connesse alla pratica dell’esercizio della fede. Per questo hanno bisogno di un curricolo che abiliti a tale competenza.86 Sono proprio il campo e il compito della catechesi che guidano la sintesi disciplinare di un tale curricolo che abiliti a formulare un giudizio che sarà catechetico, e non altro, in quanto e quando (!) si occupa di studiare la risposta di fede, il suo esercizio di vita cristiana e l’accompagnamento offerto dalla comunità. La natura di tale giudizio è per questo trans-disciplinare. Tuttavia proprio su questo punto gli autori divergono. 85 B. Nicoluescu, Il Manifesto della Transdisciplinarità, a cura di E. Bambara, Armando Siciliano Editore, Messina 2014; cfr. L. Pandolfi, L’alterità culturale e disciplinare. Frontiere e periferie delle Scienze Religiose, in Istituto di Catechesi e Spiritualità Missionaria, Gesù è/e l’altro, a cura di T. Longhitano, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2015, 17-46. 86 Sembra questo il limite più problematico di molte offerte formative; come anche nella proposta recente di Morel - Molinario - Derroitte, Les Catéchétes dans la mission de l’Église, tutta giocata sulla comunicazione della fides quae spesso identificata con il Catechismo della Chiesa cattolica. 163 La coincidenza tra catechetica e ricerca inter-trans disciplinare, infatti, è attestata dai documenti post-conciliari e dagli autori,87 oltre a essere evidente dalla storia della pratica catechistica. E tuttavia è anche vero che da parte di alcuni sia stata in discussione la forma di tale inter-trans disciplinarità88 a cui si preferisce la sola multidisciplinarietà (che a volte copre una scelta di sola ancillarità).89 È necessario quindi rifletterci ancora. In questa stessa Cfr. M. Van Caster, Initiation, formation et enseignement. La triple tache de la catéchèse, in «Lumen Vitae» 16 (1961) 4, 631-640; E. Alberich, La pedagogia catechistica dopo il Concilio. Rassegna bibliografica sui problemi generali della catechesi, in «Orientamenti Pedagogici» 18 (1962) 2, 292-325; Gruppo Italiano Catecheti, La catechetica: identità e compiti. Atti del 2° incontro nazionale dei catecheti italiani. Frascati 23-25 aprile 1977, G.I.C., Udine 1977; Gruppo Italiano Catecheti, Teologia e catechesi in dialogo. Atti del III Incontro nazionale dei catechisti italiani, EDB, Bologna 1979; R. Giannatelli - M. Midali, Teologia pastorale - catechetica - scienze dell’educazione, in «I rapporti tra pastorale - catechesi - educazione e scienze relative (Seminario di studio del 20 marzo 1982)», UPS, Roma 1982, 47-51; G. Adler et Al., La compétence catéchétique. Suite aux travaux du Congrès de l’Equipe Européenne de Catéchèse à Gazzada (Italie) en mai 1988., Desclée, Tournai, 1989; A. Fossion, Entre théologie et catéchèse, la catéchétique, in «Lumen Vitae» 44 (1989), 401-412; L. Meddi, Catechetica, in Lorizio - Galantino (edd.), Metodologia teologica. Avviamento allo studio e alla ricerca pluridisciplinari, 400-414; G. Ruta, La catechetica: was ist das? Editoriale, in «Itinerarium» 11 (2003) 25, 9-18; J. Gevaert, Studiare catechetica, a cura di U. Montisci, LAS, Roma 2009; L. Meddi, L’autocomprensione della catechetica nel cammino della teologia italiana nel post-Concilio, in Associazione Italiana Catecheti, Catechesi ed educazione. Un rapporto possibile e fecondo, a cura di F. Kannheiser-Feliziani, Elledici, Torino 2011, 177-205; Ilunga Nkuku, La spécificité de la catéchèse et sa complémentarité en Ėglise. 88 Cfr. J.A. Jungmann, Catechetica, EP, Alba 1956 [1955]; C. Colombo, La fede come risposta alla chiamata di Dio, in Centro Catechistico Salesiano, Il contenuto della catechesi. Atti del terzo convegno nazionale, Elledici, Torino 1963, 97-112; G. Angelini, L’identità della catechesi come problema teologico, in Un Sinodo per la Catechesi, AVE, Roma 1978, 97-131; O. Dubuisson, L’atto catechistico. Finalità e pratica, Paoline, Roma 1983; E. Combi - R. Rezzaghi 1993, Catechesi. Che cos’è come si vive, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1993; Derroitte (sous la direction), Théologie, mission et catéchèse; S. Currò, Verso una nuova comprensione della catechesi e della catechetica?, in «Catechesi» 76 (2006/2007) 6, 1-11; Idem, Perché la Parola riprenda suono. Considerazioni inattuali di catechetica, Elledici, Torino 2014; C. Torcivia, Teologia della catechesi. L’eco del kerygma, Elledici, Torino 2016. Seguono questa linea molti signatures presentati in Kisalu (Textes réunis par) - Derroitte (présentés par), Les grandes signatures de La catéchèse du xxe siècle à nos jours. Tome 1, e Derroitte (dir.), Les grandes signatures de la catéchèse. Du XXe siècle à nos jours. Tome 2. 89 Sul dibattito si veda M. Midali, Teologia pastorale e scienze, in Idem - R. Tonelli (a cura), Dizionario di Pastorale Giovanile, Elledici, Torino 1989, 1064-1069; cfr. anche M. Lefebre, L’interdisciplinairité dans l’action et la réflexion pastorale, in «Nouvelle Revieu Theologique» 93 (1971) 10, 1051-1071 e più recentemente S.B. Bevans, Models of contextual Theology. Revised and expanded edition, Orbis Books, Maryknoll 2008 [2002]. 87 164 linea il dibattito italiano è stato ampiamente ricostruito90 mettendo in evidenza evoluzioni e polarizzazioni. Si deve tuttavia notare che in queste ultime posizioni catechetiche in realtà manca un interesse reale per la elaborazione dell’itinerario di accompagnamento della risposta di fede. Quasi sempre la pratica catechistica da loro descritta rimane sul piano della predicazione o sul piano di una semplice pedagogizzazione dei contenuti teologici. Troppo spesso si rimane nella logica organizzativa del catechismo. Oppure, paradossalmente, si cade nella prospettiva di una catechesi senza nessun quadro di riferimento; sostituendo all’itinerario la comunicazione interpersonale e, appunto, la retorica predicazionista. Per questa catechetica è sufficiente la figura multidisciplinare perché, si noti bene, lo scopo della ricerca non è lo studio di come l’umanità di oggi possa essere aiutata a comprendere, rispondere ed esercitare la vocazione cristiana; ma semplicemente la riaffermazione della comunicazione cristiana. Si deve invece riconoscere la impossibilità di perseguire la finalità specifica della catechesi, la maturità di fede, senza includere nella catechetica la ricerca inter-trans disciplinare.91 L’espressione inter-trans disciplinarità significa tout-court che il giudizio catechetico può essere formulato in modo adeguato (induttivo) solo attraverso lo scambio e dibattito paritetico tra tutte le discipline e sapéri attinenti il compito in oggetto (ecco la motivazione del dibattito qui riferito ai nn. 1 e 2). Induttivo significa scientifico cioè ermeneutico (nella espressione non c’è nessun desiderio positivista…) di ogni disciplina.92 Itinerario, invece, è una espressione che comprende sapéri antropologici, spirituali e teologici; mette in rapporto la soggettività, la ecclesialità e i contesti culturali. È al tempo stesso frutto di una scienza e di una sapienza; un fatto teoretico e un fatto poietico. Costruire un itinerario catechistico richiede una competenza specifica frutto di uno specifico curricolo di studi e al cui centro c’è l’acquisizione di una particolare abilità. Il catecheta nella Chiesa ha il compito e il ministero di aiutare le comunità ad emettere tale giudizio catechetico. Cfr. L. Meddi, L’autocomprensione della catechetica nel cammino della teologia italiana nel post-Concilio e G. Aranci, Pensare dalla storia: dal GIC all’AICa, in Associazione Italiana Catecheti, Pensare il futuro della catechesi. Prospettive catechetiche, a cura di C. Cacciato, Elledici, Torino 2015, 9-53. 91 Forse per questo, come ricordato, il DGC 1997 n. 80 ha abbandonato la definizione di DCG 1971 n. 21 (ma si veda anche n. 30) centrata sulla maturità di fede a vantaggio di CT 5. 92 Anche per questo si vedano gli altri contributi del presente volume e anche G. Cravotta, Il catecheta nella Chiesa d’oggi, in «Catechesi» 55 (1986) 8, 37-39. 90 165 4.3. Le dimensioni e i sapéri della catechetica In qualsiasi modo si voglia interpretare il rapporto teologia e scienze umane è da tutti riconosciuto che la formulazione del giudizio catechetico richiede diversi metodi di indagine, diverse strutture interpretative e diversi sapéri. Secondo la ricerca della Scuola di Messina e di altri essi si riassumono in tre gruppi: le scienze teologiche; le scienze comunicative e le scienze della educazione.93 Oggi forse vanno esaltate anche le scienze antropologiche in senso più vasto e in modo particolare la pedagogia sociale. A. Si noti che per interagire adeguatamente e non in modo preconcetto tutti questi sapéri hanno bisogno di passare al vaglio della critica della analitica del linguaggio e dei principi della ermeneutica. Il linguaggio teologico deve riconoscere che non può sentirsi immune dalle osservazioni a esso rivolte dalla analitica del linguaggio religioso che mettono in evidenza il riferimento antropologico delle espressioni religiose perché tali osservazioni coinvolgono anche per il linguaggio (i linguaggi) cristiani. Quando infatti affermiamo che essi esprimono una rivelazione divina non possiamo dimenticare che il processo rivelativo è in buona sostanza una ermeneutica della vita che lo Spirito suggerisce e che l’umanità scopre progressivamente. Rivelazione più che essere un contenuto definito e consegnato, è un processo che Dio ci dona e che viene appreso dentro e attraverso i processi spirituali dell’umanità. Inoltre con DV dobbiamo riconoscere che le stesse formulazioni sintetiche della Scrittura e della Tradizione fanno parte di questa progressività e per cui necessitano sempre di un continuo aggiornamento che in buona sostanza significa interpretazione e comprensione migliore della comprensione di Dio.94 Questo vale in modo particolare per la definizione di processo trasformativo. Il Vaticano II, seguendo intuizioni di Giovanni XXIII, ha iniziato una riflessione più ampia su tale questione. Da una parte questa allarga l’interpretazione di redenzione e recupera l’ampia prospettiva del Mistero Pasquale; ma dall’altra riconosce che l’azione divina è trasformativa (sal93 Cfr. Ruta, Catechetica come scienza. Introduzione allo studio e rilievi epistemologici. L’interazione tra questi tre gruppi di discipline, tuttavia, va intesa in senso globale e interattivo per evitare che la comunicazione (che in senso profondo è atto antropologico complessivo; cfr. RM 33) non sia ridotta a solo processo mediale che inevitabilmente riduce la dimensione pedagogica a sola arte operativa senza intervenire nella definizione delle finalità della catechesi stessa, mediativa – a sua volta – di un contenuto solo da comunicare. Cfr. Meddi, Catechetica. 94 Citando quasi alla lettera Benedetto XVI, Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald, LEV, Città del Vaticano 2010, 192. 166 vifica, sacramentale) in diverse modalità. La stessa Rivelazione e Scrittura hanno uno spessore trasformativo; come anche le religioni e le stesse scienze umane. Se non altro nella prospettiva della collaborazione e anticipazione dell’evento pasquale (cfr. GS 22 letto in relazione con GS 44). Quanto detto della Teologia, si deve riconoscere anche per le Scienze Umane. Esse infatti spesso si sostituiscono al vecchio linguaggio dogmatico esprimendo valutazioni e interpretazioni che non dialogano veramente con il dato religioso. Forse perché usano rappresentazioni teologiche – appunto – pre-critiche. Ma la relativizzazione dei sapéri delle SU, inoltre, si deve riconoscere soprattutto nel fatto che esse, sia quando si riferiscono alla descrizione dei soggetti sia quando propongono una azione trasformativa, sempre sono soggette alla falsificazione delle teorie in ordine ai risultati prodotti. Modello inter-trans disciplinare non significa, infatti arbitrio o selezione per interesse; perché sarebbe espressione del desiderio di potere. B. Il rapporto tra catechetica e teologia sistematica non è mai stato messo in dubbio95 come pure lo stretto legame con la Bibbia.96 Ma all’interno delle scienze teologiche si dovrà oggi riflettere seriamente se – data la definizione di compito della catechesi – sia ancora opportuno il tradizionale rapporto tra teologia liturgica e catechetica.97 Il rapporto privilegiato tra catechesi e liturgia sta portando al déplacement e forse allo svuotamento del pensiero catechetico che ormai si sposta sul trinomio primo annuncio, iniziazione catecumenale, formazione mistagogica. Allo stesso modo risulta molto ambiguo il rapporto tra catechetica e teologia fondamentale che oggi sta portando alla deriva apologetica della catechesi e quindi a nuove forme dottrinali. A mio avviso appare sempre più opportuno il legame tra catechetica, missiologia e teologia spirituale nella propria formulazione dei percorsi mistici. Il rapporto tra catechetica e missiologia è richiesto per la riqualificazione missionaria di tutto l’agire della Chiesa («per sua natura missionaria», cfr. AG 2). Purtroppo anche a seguito della lettura riduttiva portata da RedempAlcune esemplificazioni in G. Groppo, Teologia e catechesi, in L. Pacomio (coordinamento di), Dizionario Teologico Interdisciplinare, vol. I, Marietti, Casale Monferrato 1977, 99-111; Gruppo Italiano Catecheti, Teologia e catechesi in dialogo. Atti del III Incontro nazionale dei catechisti italiani; cfr. L. Meddi, Catechetica e scienze teologiche in Idem, Catechesi. Proposta e formazione della vita cristiana, 129-132, 96 Cfr. C. Bissoli, Bibbia e Educazione. Contributo storico-critico ad una teologia dell’educazione, LAS, Roma 1981 e Idem, “Va’ e annuncia” (Mc 5,19). Manuale di catechesi biblica, Elledici, Torino 2006; cfr. anche Meddi, Catechesi. Proposta e formazione della vita cristiana, c. 8. 97 Cfr. Alberich, La catechesi oggi, c. IX; L.-M. Renier, Un nouveau lien entre catéchèse et liturgie, in Derroitte (sous la direction), Théologie, mission et catéchèse, 103-118. 95 167 toris missio (1990) ha prevalso una idea di missione come azione missionaria. L’accento è stato posto sui nuovi contesti e areopaghi (RM 33), cosa che ha prodotto la imprecisa proposta, come visto, di processo di evangelizzazione di DGC 1997 (PI, c. II). Peraltro una lettura impoverita del c. II del conciliare Ad gentes (1965). A nostro avviso è mancata una rilettura catechetica a partire dai fondamenti missiologici (c. I di AG)98 per i quali tutto l’agire della Chiesa deve essere pensato a servizio del dinamismo missionario della Trinità. Missione che non è fissata nel tempo, ma è sempre in realizzazione per cui il primo passo missionario della Chiesa sarà sempre la comprensione dell’attività di Dio in un temo e contesto. Ne consegue la necessità di una continua ermeneutica dell’agire ecclesiale nelle direzioni di umanizzazione, annuncio, dialogo (culturale e religioso), iniziazione e formazione. Proprio in questa prospettiva che unisce la rivoluzione missiologica, e unendo le innovazioni di NA 2 con il capitolo sulla cultura di GS, si dovrà recuperare il tema della sacramentalità dell’agire divino nei processi salvifici propri della esperienza umana. In modo particolare sarà davvero utile ripensare i temi della iniziazione e formazione cristiana attraverso gli apporti della mistica comparata soprattutto nella ricomprensione delle pratiche di trasformazione.99 C. Anche il tradizionale legame tra catechetica e scienze umane sta subendo ripensamenti. Le teorie del linguaggio già segnalate hanno fatto superare la prospettiva solo funzionale della comunicazione come medium a vantaggio della prospettiva della comunicazione come processo.100 Ma questo non è vero nella realtà per cui sarà sempre opportuno disambiguare il rapporto catechetica-scienze della comunicazione. Esso appare più pertinente nel momento evangelizzante del processo missionario. È anche vero che non tutta la catechetica ha fatto il passaggio dalla pedagogia della istruzione alla interazione con i processi educativi e forma98 Cfr. Y. Congar, Les principer doctrinaux, in J. Schütte (sur la direction de), L’activité Missionnaire de l’Église. Décret «Ad gentes», Cerf, Paris 1967, 185-221; A. Seumois, I fondamenti teologici della missione, Le missioni alla luce del Concilio. Atti della settimana di studi missionari (Milano, 5-9 settembre 1966), Vita & Pensiero, Milano 1967, 19-31. 99 Cfr. M. Vannini, La mistica delle grandi religioni, Mondadori, Milano 2004; C. Conio, Mistica comparata e dialogo interreligioso, Jaca Book, Milano 2011; M. Vannini, Il Santo Spirito fra religione e mistica, Morcelliana, Brescia 2013; V.M. Fernández, La forza salvifica della mistica. Liberazione spirituale per tutti, San Paolo, Cinisello Balsamo 2018. Cfr. Meddi, La spiritualità della conversione, 96-126. 100 Si veda in questo testo il contributo di A. Romano; cfr. P. Zuppa, Comunicazione e prassi pastorale, in «Rivista di Scienze Religiose» 9 (1995) 1, 151-169 e la sua riflessione Raccontarsi per raccontare, in «Catechesi» 77 (2007/2008) 5, 15-25; 77 (2007/2008) 4, 2643; 77 (2007/2008) 5, 56-69. 168 tivi.101 La catechetica si comprende meglio con il tema dell’apprendimento e cura di sé. L’uso delle metodologie narrative e biografiche sono corrette ma possono assumere significati epistemologici differenti se utilizzate in un campo di sapéri o in un altro. In futuro la catechetica troverà molto giovamento dal migliore rapporto tra pedagogia sociale, apprendimento comunitario, psicologia spirituale, nuove riflessioni sulla psicologia della religione. Il cuore di questo studio dovrebbe essere un nuovo rapporto tra ermeneutica della proposta cristiana e sviluppo delle energie sociali ed intrapsichiche (spirituali) presenti nella persona e gruppi umani. Ritorna in altro modo il tema del giudizio catechetico in vista della formulazione di Itinerari di accompagnamento. Conclusione La necessità di ripensare ancora una volta la responsabilità della catechesi nella Chiesa è stata individuata, in conclusione, non a motivo di una urgenza missionaria ma nella necessità di portare a compimento in modo adeguato il cammino di rinnovamento del XX secolo. Certamente il cambio sociale e culturale chiede una evangelizzazione nuova a motivo della perdita di valore del cristianesimo ma questa crisi va interpretata nel duplice senso di una perdita di significato della proposta cristiana come elaborata soprattutto nella modernità e come non accettazione da parte di settori della Chiesa dell’elemento di libertà che la modernità stessa ci ha consegnato. Anche il cristianesimo, soprattutto nella post-modernità in cui viviamo, si deve ripensare come libera adesione di una persona alla proposta stessa. Libera non ha in questo contesto valore socio-politico, ma rimanda soprattutto all’attivazione dei processi interiori della persona stessa. In questa prospettiva riteniamo utile ripensare il compito della catechesi come compito di abilitazione della personalità cristiana e la catechetica come scienza trans-disciplinare capace di dialogare con tutti i dinamismi e i sapéri che la persona utilizza nell’esercizio della sua libera decisione. È incontestabile che questo «libero esercizio» sia reso difficile dai contesti socio-culturali, ma non riteniamo utile ripresentare una catechesi che bypassi la persona attivando offerte di socializzazione religiosa spesso di 101 Cfr. P. Zuppa, Fare formazione nella Chiesa. Prospettive pedagogico-pastorali, in «Rivista di Scienze Religiose» 24 (2010) 2, 337-362; E. Arens, Dall’istruzione all’interazione. Cambiamento di paradigma nella comunicazione della fede nella cultura moderna, in Istituto di Catechetica, La catechesi dei giovani e i new media nel contesto del cambio di paradigma antropologico-culturale, 15-26. 169 tipo emotivo. Sarà necessario approfondire da una parte come la persona perviene alle decisioni autentiche e dall’altro come nella persona e nei gruppi sociali si sviluppi in modo adeguato la personale ed individuale dimensione religiosa. A tale proposito abbiamo ritenuto utile approfondire (e non eliminare) la prospettiva che ci hanno suggerito alcuni autori degli anni ’70 (ma frutto di elaborazioni a cavallo del Vaticano II) per i quali si deve comprendere come avviene l’integrazione della proposta cristiana nell’insieme della vita di una persona o, al suo contrario, come e perché essa il più delle volte rimanga nella dissociazione ovvero insignificanza o semplice religiosità.102 Anche in contesti di lunga e molteplice socializzazione religiosa frutto dell’interazione famiglia-scuola-parrocchia. Una prospettiva psico-sociale che a noi è sembrato opportuno ricollegare alla prospettiva s/Spirituale nella antichissima linea della mistica antropologica. Una prospettiva che aiuta a ripensare il compito, i compiti (la competenza) catechetica e i suoi sapéri. Cfr. Negri, Considerazioni sul fenomeno della dissociazione tra sapere religioso e mentalità di vita, 269-297. 102 170