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Guida al testo

2018

punto org Collana diretta da Luigi Maria Sicca 44 Francesco Piro Luigi Maria Sicca Pietro Maturi Massimo Squillante Maura Striano SFIDE DIDATTICHE il pensiero critico nella scuola e nell’università prefazione Francesco Sabatini Davide Bizjak – Paolo Canonico – Rosaria Capobianco – Bice Cavallo Stefano Consiglio – Ernesto De Nito – Gerarda Fattoruso Maria Incoronata Fredella – Teresa Anna Rita Gentile – Roberta Gimigliano Chiara Mallozzi – Luca Marano – Luigi Marolda – Pietro Maturi Monica Mollo – Mario Nicodemi – Maria Grazia Olivieri Maria Rita Petitti – Francesco Piro – Luigi Proserpio – Giuseppe Recinto Fabio Maria Risolo – Luigi Maria Sicca – Massimo Squillante Maura Striano – Antonia Travaglione – Natascia Villani Editoriale Scientifica Napoli Il volume è stato finanziato da puntOorg International Research Network Dipartimento di Diritto Economia Management e Metodi Quantitativi Università degli Studi del Sannio Dipartimento di Studi Umanistici Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione Università degli Studi di Salerno Tutti i diritti sono riservati © 2018 Editoriale Scientifica s.r.l. Via San Biagio dei Librai, 39 80138 Napoli www.editorialescientifica.com info@editorialescientifica.com ISBN 978-88-9391-274-7 Indice 13 Prefazione di Francesco Sabatini 17 Guida al testo Francesco Piro, Luigi Maria Sicca, Pietro Maturi, Massimo Squillante, Maura Striano Sezione I – Didattica e pensiero critico: il potere dell’argomentare 27 1. Il pensiero critico e le competenze per l’apprendimento permanente Maura Striano, Rosaria Capobianco, Maria Rita Petitti 1.1. Pensiero critico e comunità di ricerca in Matthew Lipman 1.2. La comunità di ricerca come paradigma metodologico per il potenziamento delle competenze sociali e civiche 1.3. Quali competenze per l’apprendimento permanente? 1.4. Il pensiero critico come abilità trasversale 1.5. Imparare ad imparare e pensiero critico: competenze chiave per l’apprendimento 1.6. Le nuove sfide per la scuola delle competenze 1.7. Dalla progettazione a ritroso all’Unità di Apprendimento (UdA o UA) 1.8. Imparare ad imparare e pensiero critico: un’ipotesi di Unità di Apprendimento 2. C’è logica nel pensiero critico? Francesco Piro 27 32 37 40 44 50 55 65 83 indice 6 97 3. Competenze e pensiero critico nell’insegnamento liceale: una sperimentazione Roberta Gimigliano 3.1. Introduzione 3.2. Imparare a concettualizzare 3.3. Imparare a ragionare 3.3.1. Il ragionamento deduttivo 3.3.2. Il ragionamento induttivo 3.3.3. Il ragionamento abduttivo 3.4. Imparare ad argomentare 3.5. Imparare a giudicare 3.5.1. Introduzione 3.5.2. Il testo 3.5.3. Il saggio breve 4. Il potere intrinseco dell’argomentazione nei processi di apprendimento Monica Mollo 4.1. Introduzione 4.2. Argomentazione come dialogo 4.3. Il contesto argomentativo 4.4. Attività didattica 4.4.1. Organizzazione del corso 4.4.2. Partecipanti e metodologia 4.4.3. Analisi delle argomentazioni 4.5. Considerazioni finali 97 101 106 107 109 110 112 115 116 117 118 121 121 124 126 128 129 131 132 138 Sezione II – Didattica e pensiero critico: linguaggi, variazioni, decisioni 143 143 144 148 153 153 154 157 5. Le decisioni. Un percorso interdisciplinare per introdurre e utilizzare strumenti matematici Bice Cavallo, Gerarda Fattoruso, Maria Incoronata Fredella, Maria Grazia Olivieri, Massimo Squillante, Antonia Travaglione 5.1. Introduzione 5.2. Decidere: quale metodo e quale modello? 5.2.1. La decisione: situazioni e approcci diversi 5.3. Quali oggetti matematici per le decisioni? 5.3.1. Le Relazioni 5.3.2. Una struttura unificante: l’Alo-group 5.4. Fenomeni e modelli. Problemi di ottimizzazione: programmazione vs metodi multicriteriali indice 7 5.4.1. I metodi multi-obiettivo (MODM) e i metodi multi-attributo (MADM) 5.5. Un’applicazione dei metodi multicriteriali (AHP). Il porto di Napoli, un caso di studio 5.6. Conclusioni 160 165 175 177 6. Prospettive per una didattica critica e multidimensionale dell’italiano Pietro Maturi 6.1. Introduzione 6.2. Competenza linguistica e competenza comunicativa 6.3. Le Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica del G.I.S.C.E.L. 6.4. Due modelli contrapposti: la didattica delle lingue classiche e quella delle lingue straniere 6.4.1. Una nuova sfida: la didattica dell’italiano L2 7. Riflessioni e suggerimenti per una scuola che educhi la mente Fabio Maria Risolo 7.1. Percorsi cognitivi e umanistici 7.2. Pratiche didattiche 7.2.1. Laboratorio di didattica contrastiva italiano/dialetto 7.2.2. Laboratori di scrittura creativa 7.2.3. Didattica della scrittura: dalla prescrittura alle scritture di sintesi, al saggio breve 8. Variazione linguistica e pensiero critico: alcune riflessioni Luca Marano 8.1. Introduzione 8.2. Pensiero critico e variazione linguistica 8.2.1. Il pensiero critico visto da un non filosofo: una breve riflessione 8.2.2. La variazione linguistica: definizione e caratteristiche 8.2.3. Variazione linguistica, pensiero critico e scuola: quale legame? Una riflessione su capacità di decisione e scelta consapevole 8.3. Breve analisi linguistica 8.3.1. Caratteristiche del “corpus” 177 178 179 181 183 185 185 191 191 193 195 201 201 202 202 206 210 215 215 indice 8 8.3.2. I fenomeni linguistici 8.3.2.1. Pronomi 8.3.2.2. Soggetto 8.3.2.3. Verbo 8.3.2.4. La struttura della frase 8.4. Conclusioni 216 216 218 219 221 225 Sezione III – Didattica e pensiero critico: learning by doing 229 229 230 231 232 233 234 235 235 238 240 241 242 245 245 247 249 251 252 9. Didattica del management. Quello che accade in aula accade fuori dall’aula Luigi Maria Sicca 9.1. Introduzione 9.2. Griglia di lettura I: estensioni e sovrapposizioni 9.2.1. Organizzazioni da leggere e sovrapporre 9.2.1.1. Critical management studies e cultural symbolism 9.2.1.2. Tradurre, interpretare, tradire 9.3. Griglia di lettura II: ansia di contenitori e di contenimento 9.3.1. Le domande che gli studenti si (mi) pongono 9.3.2. Lo studente riflette su se stesso 9.4. Griglia di lettura III: la retorica delle competenze 9.4.1. Apprendimento adulto: si può insegnare il decision making? 9.4.2. Pedagogia e/o andragogia: ma lo studente universitario è adulto? 9.5. Conclusioni: attraversiamo la strada 10. L’insegnamento del Diritto privato nella relazione tra “diritto e realtà” Giuseppe Recinto 10.1. Premessa: la tradizionale tendenza a privilegiare modelli d’insegnamento deduttivi 10.2. Una possibile alternativa: il diritto come scienza pratica 10.3. Il conseguente approdo al learning by thinking and by doing: lo studio per problemi 10.3.1. La sistematicità nella trattazione degli argomenti, rispetto agli altri saperi e nella selezione del materiale didattico 10.3.2. L’“accertamento progressivo” delle capacità di analisi e di ragionamento dello studente indice 254 9 10.4. La verifica dei c.dd. learning outcomes quale esperienza di relazione 255 11. La mia esperienza d’insegnamento della Fisica Mario Nicodemi 261 12. Lo strumento musicale: percorsi di apprendimento Chiara Mallozzi e Luigi Marolda 12.1. Introduzione 12.2. Didattica dello strumento musicale. Ieri, oggi… e domani? 12.2.1. Articolazione del capitolo 12.3. A lezione di strumento: la narrazione e la didattica 12.3.1. Violino: lezione 1. Approccio allo strumento 12.3.2. Violino: lezione 2. La musica d’insieme Meditazione I 12.3.3. Violoncello: lezione 1. Un nuovo inizio 12.3.4. Violoncello: lezione 2. La valigia della tecnica Meditazione II 12.4. Conclusioni 261 261 264 265 266 267 269 270 271 272 274 Sezione IV – Didattica e pensiero critico: progettare i contesti 279 279 282 284 285 288 289 294 296 299 301 303 304 307 309 13. Ecosistemi di apprendimento per lo sviluppo del pensiero critico Luigi Proserpio 13.1. Introduzione 13.2. Insegnare il pensiero critico in una università di Economia e Management 13.3. Il caso da cui si traggono le generalizzazioni 13.4. Il concetto di ecosistema per l’apprendimento 13.5. (alcune) Metodologie per lo sviluppo di capacità critiche 13.5.1. Flipped classroom 13.5.2. Laboratori 13.5.3. Didattica basata su simulazioni e casi 13.5.4. Assignment-based classroom 13.5.5. Classi ibride 13.6. Parte tecnica dell’ecosistema didattico 13.6.1. Spazi fisici (e virtuali) 13.6.2. Software e hardware 13.6.3. Contenuti 10 311 314 315 319 322 323 323 324 327 328 332 332 333 334 334 335 335 336 337 339 341 341 345 347 348 348 350 indice 13.6.4. Fare funzionare l’ecosistema 13.7. Le difficoltà di creazione di un ecosistema di apprendimento 13.8. I problemi e le barriere per l’adozione di metodi e supporti sofisticati 13.9. Alcune soluzioni per facilitare l’adozione e la sostenibilità di un ecosistema 13.10. Conclusioni 14. E-learning e pensiero critico: uno sguardo organizzativo Davide Bizjak, Paolo Canonico, Stefano Consiglio, Ernesto De Nito, Teresa Anna Rita Gentile 14.1. Introduzione 14.2. E-learning come piattaforma organizzativa 14.3. E-learning e comunità organizzativa 14.4. Metodi di analisi dei casi di studio 14.4.1. Il case study pilota. L’Università degli Studi di Napoli “Federico II” 14.4.2. Case Study 1: L’Università di Dresda (Germania) 14.4.3. Case Study 2: Queen’s University of Belfast (Regno Unito) 14.4.4. Case Study 3: L’Alma Mater Studiorum di Bologna 14.5. Quattro categorie organizzative per lo studio dell’e-learning 14.5.1. Strategia 14.5.2. Organizzazione 14.5.3. Utenti 14.5.4. Contesto 14.6. E-learning e pensiero critico 15. Il pensiero critico nell’università tra coscienza, autonomia e libertà del soggetto Natascia Villani 15.1. La coscienza critica 15.2. L’autonomia all’interno dell’Università 15.3. Verso un’educazione esistenziale 15.4. L’Università, il lavoro e la scuola 15.5. Il Corso di Laurea in Economia aziendale e Green Economy e l’accordo con Apple 15.6. Ricerca e azione nelle scuole secondarie indice 11 361 Diario di bordo Luigi Maria Sicca 369 Bibliografia 397 Indice dei nomi 405 Notizie sugli autori 407 Hanno scritto nella Collana punto org prefazione 13 Prefazione Francesco Sabatini* Da tempo sono stati segnalati due rischi, che s’intrecciano tra loro e si sommano, per un sicuro avanzamento del sapere che ciascun individuo, debitamente istruito nella società odierna, deve saper gestire a proprio vantaggio: l’accumulo ognora crescente delle conoscenze e la presenza di strumenti velocissimi e potentissimi per raggiungerle. Ciò che dovrebbe rendere possibile per ognuno di tali individui un continuo e sicuro guadagno rispetto alle generazioni passate, in realtà si traduce troppo spesso in un carico paralizzante e/o male utilizzato. Ci manca, infatti, la capacità di assimilazione certa delle conoscenze e quindi di sfruttamento mirato di ci che in magazzino. Se ne potrebbe trarre la conclusione, di spirito luddistico, di dover frenare o condannare la produzione delle conoscenze e anche dei contenitori che le accumulano, quali enciclopedie, corpora testuali, portali, banche dati e altre simili “Biblioteche di Babele”, dal momento che anche gli strumenti pensati per il dominio di tali immensi depositi (ordine e indici alfabetici, ordini “ragionati”, mappe concettuali, parole chiave, parole calde, motori di ricerca, ecc.) non risolvono le nostre difficoltà o richiedono addetti a certi lavori preliminari. Linguista, filologo e lessicografo italiano. membro onorario dell’Accademia della Crusca, di cui stato Presidente dal 2000 al 2008, e professore emerito dell’Università degli Studi Roma Tre. 14 Francesco Sabatini In realtà, la direzione da imboccare un’altra: non solo nella migliore organizzazione delle opere che accumulano il sapere, ma soprattutto nel porre nella mente dell’utente il meccanismo necessario per l’orientamento e per la scelta di ci che utile e del modo di usarlo. E ci soprattutto perché non sempre si tratta di districarsi in una grande quantità di informazioni, ma di orientarsi sulla qualità di esse. Tenendo presente che il rapporto tra la cattiva qualità e l’ingannevolezza delle informazioni e la loro maggior frequenza esaltato dalla loro circolazione veloce e in una massa di destinatari estesa ed eterogenea. Insomma, oggi vale sempre più, e va perseguito con maggiore impegno da parte di chi opera nella formazione l’obiettivo di puntare a ottenere teste ben fatte, pi che teste molto piene (Montaigne Morin). l’obiettivo riproposto appunto con massima decisione e chiarezza in questo ”manuale della formazione” prodotto da un folto gruppo di studiosi ed educatori, attivi in diverse Università e scuole e distribuiti in un gran numero di campi disciplinari: diritto, filosofia, fisica, linguistica, logica, matematica, musica, organizzazione aziendale, pedagogia, programmazione territoriale, sistemi economici, storia, teoria dei giochi. Tale ampia varietà di competenze risulta molto produttiva, perché importante che il lettore senta espressa la stessa finalità in maniera molto tecnica, secondo gli approcci e sulla base di esperienze reali condotte in aree specifiche. Il logico illustra i tre tipi puri di ragionamento: deduttivo, induttivo, abduttivo chi educa alla comprensione dei testi presenta la serie di operazioni indispensabili che vanno dalla definizione dell’argomento trattato, all’identificazione della tesi sostenuta, all’individuazione degli argomenti di sostegno, ecc., fino alla proposta di argomenti contrari, con applicazione a un testo specifico il matematico spiega in particolare come si perviene a una decisione . E cos via. Alla fine, il tema unico ed essenziale che tutti a rontano quello di come promuovere in ogni campo lo sviluppo del pensiero critico nell’individuo destinato a vivere e operare (e anche a “cercar lavoro”) nella società prefazione 15 moderna, più ricca di possibilità ma anche più costellata di tranelli rispetto alle epoche precedenti. E non sfugga una sottolineatura: che la trasformazione delle pure conoscenze in competenze, concetto cos caro alla pedagogia e alla didattica odierne, oltre che dalla buona qualità delle nozioni (criticamente) selezionate dal docente e dalle auspicate pratiche laboratoriali, dipende fortemente anche dalla costante vigilanza autocritica dell’individuo. Per tutta questa somma di ragioni, che non ignorano le difficoltà che si pongono sulla strada dell’educatore, alle attività illustrate e raccomandate stato dato il nome di sfide. Prima di concludere questo non facile profilo di primissimo orientamento per il lettore di un’opera cos fortemente strutturata e di cos ampio respiro, devo commentare con personale interesse i capitoli che trattano dell’educazione linguistica, prospettata nell’ambito propriamente scolastico e riferita soprattutto alla padronanza che della lingua italiana dovrebbero avere oggi i giovani che la Scuola consegna all’Università. Ovviamente, non si tratta di un settore tra gli altri, ma dell’ambito in cui devono formarsi le capacità cognitive e comunicative generali e prioritarie da impiegare nell’istruzione. Ebbene, non si può fare a meno di notare che gli Autori impegnati in questo campo seguono una pista di ri essioni abbastanza diversa da quella seguita dagli Autori impegnati in altri campi. Questi procedono, con le loro proposte di avanzamento, su un terreno disciplinare che ha già assorbito le acquisizioni di contenuti e metodi scientificamente pi aggiornate chi si occupa dell’insegnamento dell’italiano si trova a constatare che in tale campo «una saldatura tra ricerca teorica e prassi scolastica non pu dirsi e ettivamente avvenuta (Risolo, cap. 7, 1). Detto questo, si comprende perché gli Autori di questi capitoli (6, 7 e 8) sono costretti a richiamare continuamente i principi essenziali con cui le scienze linguistiche (da Saussure a akobson a De Mauro e alla sua generazione, che ha prodotto le Dieci Tesi del G.I.S.C.E.L.) possono orientare anche una di- 16 Francesco Sabatini dattica rinnovata. L’obiettivo pratico proposto, in consonanza con il fine di far maturare anche nell’uso della lingua madre il “pensiero critico”, giustamente quello di far conoscere anche ai discenti il principio della forte variabilità che guida il nostro comportamento linguistico (o, come oggi diremmo, si ri ette nella produzione di una varia tipologia dei testi), per combattere la predominanza dell’idea di una rigida “norma” da rispettare. Ma bisogna riconoscere che per ottenere risultati di questo tipo si frappongono forti ostacoli non ancora superati: la maggioranza dei docenti in cattedra non ha ricevuto dall’Università la formazione adeguata a questi scopi le indicazioni programmatiche ministeriali (ispirate da una sorta di “buonismo”) hanno svalutato in buona misura il principio di una forte tecnicità da introdurre in questo campo a partire dalle prime fasce di scolarità. Perciò, ad es., si può dubitare che all’interferenza (a volte pesante) del dialetto nell’uso dell’italiano nei liceali si possa rimediare (vedi il 7.2.1.) con un’analisi in laboratorio dei due sistemi linguistici messi a confronto (presupponendo, comunque, anche appropriate cognizioni scientifiche nel docente). E anche che l’uso (inaccettabile) di strutture morfosintattiche da “italiano popolare” nella produzione scritta dei medesimi soggetti (vedi il corpus nei 8.3.1. e 8.3.2.) possa regredire, mancando una prolungata e meditata correzione di tali tendenze sulla base delle indispensabili conoscenze grammaticali. Guida al testo Francesco Piro, Luigi Maria Sicca, Pietro Maturi, Massimo Squillante, Maura Striano 1. Questo libro ha una particolarità: stato scritto da docenti che ri ettono sulle proprie pratiche didattiche e sulle strategie che hanno adottato per migliorarle. Questo un dato raro nella discussione attuale sulle istituzioni educative, discussione nella quale il docente spesso posto soprattutto come destinatario e bersaglio di un insieme di normative e prescrizioni calate dall’alto e di cui si danno magari ragioni teoriche, ma di certo non si forniscono esempi di sperimentazioni riuscite. Direttive ministeriali, “linee guida” pedagogiche, questionari e formulari da riempire, corsi di aggiornamento obbligatori, sono stati negli ultimi anni i protagonisti della vita scolastica e per molti versi anche della vita universitaria. L’immissione di griglie e direttive burocratiche omogeneizzanti purtroppo una caratteristica generale del mondo dell’istruzione in Europa ed forse un aspetto inevitabile dell’impresa di coordinare i sistemi educativi di diversi Paesi e dare eguale valore professionale ai titoli conseguiti in ciascuno. Ma in Italia essa ha assunto un aspetto di particolare virulenza che conteneva l’implicito messaggio ai docenti: «siete e dovete essere esecutori di programmi prestabiliti, non protagonisti il lato artigianale e creativo del vostro mestiere ha uno spazio residuale, non discutete, ma obbedite . Questo piglio pseudo-manageriale (come in genere il côté aziendalese – a volte esitando in ismo – che investe sempre più l’intero comparto della Pubblica Amministrazione) ha segnato il dibattito di questi 18 Francesco Piro, Luigi Maria Sicca, Pietro Maturi, Massimo Squillante, Maura Striano anni, non senza pesanti controe etti in termini di popolarità delle misure proposte e di simpatia verso chi le proponeva, come largamente noto. Il presente libro stato composto secondo una logica diversa: come analisi di “buone pratiche” già tentate e da perfezionare, che vengono raccontate o riproposte in una ri essione pi ampia, non come modelli da eseguire meccanicamente, ma come esempi a cui eventualmente ispirarsi o magari a cui contrapporre modelli alternativi nella progettazione in breve, un dialogo tra artigiani delle pratiche di di usione e rielaborazione della conoscenza. Al centro vi un concetto che viene posto come indicazione di un problema, quello di “pensiero critico”, come chiave di lettura, perché ha una caratteristica peculiare: articolabile attraverso obiettivi specifici, dunque trasportabile in una logica di “traguardi di competenza”, ma dice sicuramente qualcosa di pi . Diciamo che si tratta del modo in cui cerchiamo di rendere operativa la fascinosa, mille volte ripetuta, ma ben poco praticata, esortazione di Montaigne e poi di Morin a cercare di formare una testa ben fatta piuttosto che una testa piena . Da questo punto di vista, noi non opponiamo il “pensiero critico” ad altre forme di pensiero (il “pensiero creativo” o “il pensiero pratico”), ma piuttosto lo opponiamo allo studio mnemonico, al dogmatismo, alla incapacità di collegare e reimpiegare le conoscenze precedenti in ambiti nuovi. In breve, lo opponiamo alla scissione tra apprendimento e ri essione ed questo che giustifica il titolo del libro (“Sfide didattiche”) perché appunto contrastare questa scissione, saper ben collegare costruzione e co-costruzione di conoscenza e attivazione delle capacità di ri essione, ci che appare particolarmente difficile, per i molti motivi che analizzeremo meglio pi avanti. Quanto al contenuto del concetto di “pensiero critico”, che ovviamente pluri-interpretabile, noi proponiamo tre linee di scorrimento per declinarlo, sulle quali torneremo di qui a poco: capacità di argomentare e di comprendere le altrui guida al testo 19 argomentazioni, capacità di individuare di erenze e di variare le regole apprese in rapporto alle di erenti situazioni, capacità di apprendere dall’applicazione stessa ovvero il learning by doing di Dewey. Da questo punto di vista, l’idea centrale che occorre fissare obiettivi per lo studio che trascendano la mera capacità di applicare meccanicamente ci che stato esplicitamente formulato come parametro o regola, guidando in modo accurato e cauto a svolgere compiti complessi. Prima di entrare nel merito delle strategie di interpretazione del pensiero critico (e dell’ulteriore problema di creare opportuni contesti di progettazione di cui ci parla la quarta parte di questo volume), bisogna chiarire un ultimo punto. Perché socialmente urgente dedicare attenzione a come la Scuola e l’Università gestiscono la formazione della conoscenza? La risposta in genere fornita che occorre farlo perché bisogna adattare la Scuola al mondo del lavoro e che il mondo del lavoro oggi non richiede soltanto conoscenze specialistiche approfondite (come ovvio), ma anche, al tempo stesso, capacità di lavorare in équipe, di prendere decisioni, di ricominciare ad apprendere quanto necessario, e cos via. In breve, alla Scuola e all’Università si chiede oggi di preparare un buon “lavoratore cognitivo”, come lo si chiama spesso, che non può essere nemmeno ai gradi più bassi un mero esecutore, ma deve attrezzarsi per inseguire occasioni ed opportunità. Ora, questa risposta a nostro avviso non basta. senz’altro vero che in qualunque società del futuro, se le macchine vengono a fare gran parte del lavoro che un tempo facevano gli umani, agli umani toccherà di assumere dei compiti di natura pi raffinata, pi basati su quei compiti di sintesi e gestione adattabile che alle macchine ancora non abbiamo insegnato. Cos come senz’altro vero che, in qualunque società del futuro, la modificazione incessante delle tecnologie e delle richieste sociali obbligheranno il singolo ad attrezzarsi per saper continuare ad apprendere e dunque per mantenere le capacità di studio già acquisite (o addirittura acquisirle di nuovo se si sono perse). Ma ci non 20 Francesco Piro, Luigi Maria Sicca, Pietro Maturi, Massimo Squillante, Maura Striano tutto. Vi un altro problema centrale che quello di garantire che, in un ambiente caratterizzato dalla velocità e dall’in azione dell’informazione, vi sia anche un controllo degli individui sulle informazioni che assumono e sulle scelte che ne derivano. Un celebre esperimento propose a diversi medici degli stessi risultati di una pratica operatoria: ad alcuni fu detto che 90 pazienti su 100 erano sopravvissuti, che 68 erano ancora vivi a un anno dall’operazione e 34 erano ancora vivi cinque anni dopo ad altri fu detto la stessa cosa in modo diverso: 10 pazienti erano morti subito dopo l’operazione, 32 erano morti entro la fine dell’anno, 66 erano morti entro cinque anni. I medici a cui era stata data la prima informazione scelsero massicciamente la terapia consigliata (84 ) mentre i secondi ci pensarono sopra di pi e la scelsero nella misura del 56 . Le scelte che facciamo vengono molto determinate dal modo in cui ci vengono proposte le informazioni. Come spingere i nostri studenti e futuri cittadini a cercare anche l’altro lato dell’informazione che viene loro data? Qui vi una questione di qualità della vita pubblica che vivremo, non solo una questione di potenziamento delle capacità che possono rendere competitivi sul mercato del lavoro. Il tema del “pensiero critico” si staglia dunque come crocevia tra queste due questioni cruciali e ci aiuta ad interpretare anche la prima in un senso un po’ diverso da come essa viene posta comunemente. Non si tratta di formare una persona “ essibile”, à la Sennert, ma semmai versatile, magari capace di usare il pensiero anche controcorrente: di questo soprattutto che la società e anche l’economia hanno bisogno. 2. Veniamo di qui alle varie linee di ricerca e proposta in cui si articola questo libro ciascuna delle quali si presenta in misura maggiormente marcata in una sezione del volume, anche se l’intreccio e i rimandi tra di esse sono molteplici. La prima sezione dedicata al “potere dell’argomentare” e torna sulla prima e pi ovvia identificazione del “pensiero critico”: quel pensiero che si guida al testo 21 forma attraverso il dialogo e che prende consapevolezza di se stesso attraverso la capacità di “dare ragioni”, possibilmente in modo rigoroso. Questa sezione introdotta dall’opportuno richiamo a due tradizioni didattiche da approfondire: la Philosophy for children di Matthew Lipman e i corsi di Critical Thinking di usi nelle università americane. Maura Striano, Rosaria Capobianco e Maria Rita Petitti propongono una rivisitazione dei metodi della Philosophy for Children intesa come strumento non confinato al mondo dell’infanzia, ma che si avvale della capacità di dialogo e argomentazione per implementare un insegnamento scolastico per competenze, spiegandoci come introdurre questa implementazione nella progettazione per ”unità di apprendimento”. Francesco Piro, ricollegandosi al suo Manuale di educazione al pensiero critico del 2015, si domanda se e come costruire e posizionare dei corsi di argomentazione all’interno di percorsi scolastici e universitari. Inoltre, richiamandosi ai dibattiti dei filosofi anglo-americani sulla natura del critical thinking, a ronta la questione di come integrare l’approccio pragmatico e dialogico all’argomentazione, da lui privilegiato, con un’adeguata conoscenza della struttura logica del pensiero discorsivo. I due saggi che seguono a rontano gli stessi temi raccontandoci due diverse sperimentazioni didattiche: Roberta Gimigliano descrive la sperimentazione condotta presso il Liceo Scientifico “P.S. Mancini” di Avellino che integra lo studio dell’argomentazione e delle forme di ragionamento nello sviluppo del programma delle discipline liceali Monica Mollo spiega come, all’interno dei corsi dell’Anno ero di Ingegneria tenuti presso l’Università di Salerno, l’analisi e la pratica dell’argomentazione abbiano potuto fare da volano per l’incremento delle capacità degli studenti che avevano avuto risultati scarsi al test di accesso. Sono interventi che, in larga parte, si completano a vicenda. La seconda sezione pone il problema della costruzione di prove che stimolino a una ricezione critica degli stessi materiali di apprendimento, ponendo gli studenti di fronte all’esigenza di 22 Francesco Piro, Luigi Maria Sicca, Pietro Maturi, Massimo Squillante, Maura Striano “decidere” su casi complessi. Su questo tema, si potuto trovare una familiarità tra esperienze di discipline diversissime a prima vista, dalla Matematica all’Italiano. Il capitolo 5, a cura di un gruppo di studiosi formato da Massimo Squillante assieme a Bice Cavallo, Gerarda Fattoruso, Maria Incoronata Fredella, Maria Grazia Olivieri e Antonia Travaglione, introduce il concetto di “decisione” e le relative teorie mostrando come esse possano essere applicate a contesti interdisciplinari, potenziando la capacità di analisi degli studenti, ma anche e questo un aspetto su cui il contributo insiste particolarmente – un approccio estremamente concreto alla comprensione e all’utilizzo degli oggetti matematici. Alla “multicriterialità” discussa dall’intervento sulla decisione abbiamo scelto di contrapporre la “multidimensionalità” che Pietro Maturi introduce nella didattica dell’Italiano. Identica la battaglia contro una didattica rigida, che nel caso di Maturi, che si richiama qui a quel grande protagonista che stato Tullio de Mauro e alle Dieci tesi del G.I.S.C.E.L. si traduce in un serrato confronto tra diverse possibili metodologie d’insegnamento dell’Italiano e nella finale proposta di considerare l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua non solo come una disciplina in più, ma come un’occasione di sperimentazione didattica che pu in uenzare anche l’italiano come prima lingua. Anche qui seguono due interventi più legati ad un’esperienza diretta da raccontare: quella dei laboratori di scrittura dell’IC Plinio il Vecchio Gramsci, raccontati con una ri essione ampia sull’educazione della mente dal Dirigente Scolastico Fabio Maria Risolo laddove Luca Marano insiste sulle competenze “critiche” implicite nella formazione della competenza linguistica e sulla necessità di insegnare allo studente anche a cambiare stili e registri a seconda del contesto, avvalendosi di esempi tratti dalla sua esperienza di insegnante liceale. La terza sezione del testo dedicata al learning by doing, al cruciale rapporto tra apprendimento e sperimentazione diretta dei contenuti appresi. Qui il ventaglio disciplinare diviene anco- guida al testo 23 ra più ampio e introduce tre diversi ambienti formativi: università, scuola superiore, ma anche scuola media ad indirizzo musicale. Luigi Maria Sicca spiega come il concetto di “organizzazione” possa essere usato ri essivamente per osservare l’organizzazione dello studio, cos da essere usato nel momento stesso in cui lo si studia. Giuseppe Recinto illustra come si possa passare da un’impostazione classicamente dogmatica a un’impostazione per problemi e soluzioni nello studio liceale del Diritto. La palla passa poi alle scienze “dure”, alla Fisica, alla cui didattica dedica una intensa ri essione un fisico di fama internazionale, Mario Nicodemi, rilevando anche le resistenze che un approccio per problemi pu suscitare nello studente di Fisica, sottolineandone per anche l’imprescindibilità. Chiara Mallozzi e Luigi Marolda ci introducono alla didattica dell’insegnamento della Musica e del modo in cui la pratica dello strumento può essere portatrice di crescita di consapevolezza e di capacità di giudizio: un tema decisivo dal momento che la capacità della pratica musicale in giovane età di fecondare capacità di studio e di attenzione ormai un dato acquisito. Il libro concluso da tre ri essioni (Sezione IV) sugli ambienti di apprendimento. Partendo dall’esperienza da lui condotta presso il Corso di Studi di Economia e Management della Bocconi di Milano, Luigi Proserpio illustra come pu essere costruito un “ecosistema” didattico che abbia la funzione di connettere metodi di apprendimento utili al pensiero critico e infrastrutture necessarie per il funzionamento ottimale di tali metodi , soffermandosi in particolare sulle diverse tipologie di esperienza a classe rovesciata (flipped classroom) e sul modo di organizzarle. L’intervento collettivo di Davide Biz ak, Paolo Canonico, Stefano Consiglio, Ernesto De Nito e Teresa Anna Rita Gentile, introduce il vasto capitolo dell’e-learning e delle sue diverse tipologie, comparando quattro diversi sistemi universitari che ne fanno uso (Università di Napoli “Federico II”, Technische Universit t Dresden, Queen’s University Belfast, Alma Mater Studiorum – Uni- 24 Francesco Piro, Luigi Maria Sicca, Pietro Maturi, Massimo Squillante, Maura Striano versità di Bologna), in modo da mostrare come ai rischi, spesso sottolineati, di un possibile appiattimento nozionistico del livello dell’apprendimento corrispondano per contro potenzialità altrettanto rilevanti che si iniziano ora a sfruttare. Infine, Natascia Villani, ribadendo la dimensione etica del pensiero critico (da lei correlato con “coscienza critica”) sottolinea come esso possa essere efficacemente coltivato all’interno di strutture universitarie abbastanza raccolte da formare comunità di pratica come il caso del Suor Orsola Benincasa di Napoli. Le tre analisi dedicate agli ambienti di apprendimento sono tutte centrate sull’Università, ma introducono problemi e descrivono esperienze che sono sicuramente anche comuni alla Scuola. Ripercorrendo questi capitoli, ci accorgiamo che moltissimo potrebbe ancora essere detto, ma per ci che riguarda l’individuazione del problema, delle sue dimensioni, delle linee generali della risposta, siamo invece soddisfatti. I libri sono momenti per creare discussione e confronto, magari attraverso racconti di esperienze vere come lo sono quelle che qui raccogliamo. La nostra speranza dunque quella di riattivare la discussione e il confronto, dando cos un contributo, grande o piccolo che sia, a quella necessaria riforma reticolare e dal basso delle pratiche didattiche che sola integrerà, metabolizzerà e magari contesterà quelle proposte nella logica ormai vetusta e tutta novecentesca della “rivoluzione dall’alto”. Una procedura di trasformazione da XX secolo per una scuola e un’università del XXI secolo. Segue, a conclusione del volume, un “diario di bordo” a cura di Luigi Maria Sicca, in cui la storia di questo libro viene ripercorsa nel solco delle esperienze maturate in seno alla rete di ricerca internazionale puntOorg e del metodo di lavoro sviluppato nel corso degli ultimi dieci anni in questa sede.