DOSSIER Nicla Vassallo, Qualche appunto sul concetto di genere
NICLA VASSALLO
QUALCHE
APPUNTO SUL CONCETTO DI GENERE
1. Epistemologie femministe e il concetto di genere
2. L’asimmetria tra donne e uomini. Spunti di riflessione
ABSTRACT: SOME THOUGHTS
ABOUT THE
GENDER
CONCEPT
OF
In
this
brief
contribution
I
insist
on
the
necessity to avoid
the term “feminist
epistemology”.
On
the
contrary,
“feminist
epistemologies”
should
be
preferred.
Another
term
we
should
scrutinize
is
gender. Finally, I
review some of the
criticalities which
arise from female
predicament.
1. Le Epistemologie femministe e il concetto di genere
Erriamo
spesso
necessitano,
declinando
invece,
del
al
singolare
plurare.
Tra
alcuni
termini
questi,
che
troviamo
“epistemologia”, nel senso proprio di “teoria della conoscenza”,
e, in particolare, un termine quale “epistemologia femminista” che
dovrebbe invece essere “epistemologie femministe”, dal momento che
tali teorie non si sono mai strutturate in senso unitario. Ciò è
tanto più esatto quando viene affrontato il complesso problema
della conoscenza. E, per venire analizzata in modo corretto, la
complessità delle epistemologie femmiste non può disporre di un
unico solitario interprete; deve piuttosto, come oggi di fatto
avviene, venir sviluppata da una pluralità di prospettive, per
quanto anch’esse, a loro volta, possano creare altri problemi. Uno
tra questi, sorretto da alcune epistemologie femministe, benché
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S&F_n. 23_2020
non da tutte, fa leva sul “critico” concetto di genere, contestato
poiché detta standard prescrittivi inconseguibili da un qualunque
essere umano. Rimane, in ogni caso, vigente la considerazione per
cui chi si ancora al concetto di genere femminile deve percorrere
una via per temi e argomentazioni.
È che il concetto di genere si ancora su “discubili grovigli”,
concetto da criticare, concetto da rivedere, concetto da negare
attraverso pratiche e norme epistemiche. Il genere rimane una
trappola epistemica, conveniente o convincente, da rivisitarsi,
nonchè idonea, per alcuni/e, a custodire l’appartenenza femminile
sotto il profilo conoscitivo, e nello sviluppare nuovi approcci
che enfatizzino competenze e doti conoscitive paritetiche ai due
(donna e uomo – solo due perché mai?) generi di matrice socioculturale.
Qualche punto deve venire specificato, non travisato, in virtù del
fatto che il genere di appartenenza gioca un ruolo nel tipo di
opportunità
cognitive
ed
esperienze
epistemiche
che
si
possono/debbono attuarsi.
Un
unico
esempio
empirico
di
chiarimento:
benché
spesso
dipendenti, rispetto agli uomini, le donne dispongono senz’altro
di maggiori occasioni per giungere a sapere che cosa significhi
essere anoressica, partorire con dolore, soffrire di depressione.
Da qui si intuisce che il soggetto conoscente non può coincidere
con quello tradizionale, ovvero con un essere irreale, neutro, ma
declinato infine solo al maschile, soggetto “perfetto” che non ha
storia, “razza”, classe sociale, preferenza sessuale, cultura,
età. Non può davvero essere.
Al fine di “catturare” il concetto di genere, specie in relazione
a un femminile vissuto al negativo, rispetto a un maschile vissuto
al
positivo,
occorre
fare
chiarezza,
eliminando
i
troppi
pregiudizi, di cui molti tra noi si nutrono. Soprattutto in quanto
il concetto di genere non si concretizza affatto in un solido
valore,
e
in
ciò
rimango
generosa,
173
dato
che,
come
ritengo,
DOSSIER Nicla Vassallo, Qualche appunto sul concetto di genere
appoggiandosi al concetto di genere femminile o maschile, si
finisce col precipitare in un “pozzo di solitudine”.
2. L’asimmetria tra donne e uomini. Spunti di riflessione
Benché il discorso filosofico sia di matrice normativa, può essere
fruttuoso mettere a fuoco alcuni fatti. Da una parte, le donne –
non tutte – vengono osteggiate nelle loro capacità e possibilità
di
acquisizione
di
conoscenza,
soprattutto
di
conoscoscenza
proposizionale. A partire da Aristotele vengono additate quali
“irrazionali”,
razionale
in
(uomo,
contrapposizione
palesemente);
viene
al
soggetto
loro
conoscente
sottratta
parecchia
autorità epistemica; sono isolate in posizioni cognitive inferiori
e
la
loro
subordinazione
al
soggetto
“uomo”
rientra
nella
quotidiana banalità; sono loro sottratte risorse quali tempo,
potere, denaro da investire in cultura; non vengono, di frequente,
considerate degne di un’educazione che riguardi la loro sessualità
(basti pensare che la differenza tra orgasmo vaginale e orgasmo
clitorideo è ancora sconosciuta a molte donne – chi ha letto il
“vecchio” Rapporto Hite ricorderà che, mentre il 70% delle donne
non
raggiunge
l’orgasmo
vaginale,
il
92%
raggiunge
quello
clitorideo) o comunque un’istruzione adeguata (le donne possono
accedere
all’università
solo
da
alcuni
decenni,
mentre
la
scolarizzazione di massa è del tutto ignota ancora a molte donne
nel mondo); e in Occidente, oltre che soprattutto in Oriente,
vengono
di
rado
previsti
per
loro
programmi
di
formazione,
educazione e/o sensibilizzazione specifici in relazione ai loro
diritti – sempre che la legge del paese tal dei tali li ammetta –
rispetto
all’hate
speaching,
alle
molestie
e
alle
violenze
sessuali, ai rischi del lavoro domestico, al fatto che il ruolo di
mogli, madri, figlie, nei casi in cui si scelga di essere mogli e
madri (purtroppo, non si può optare se essere figlie) possa
originare patologie di tipo psichico; vengono discriminate sul
lavoro
(basti
menzionare
che
in
174
Italia
le
donne
professore
S&F_n. 23_2020
ordinario sono, perlomeno secondo gli ultimi dati, il 22,3% ), e
via dicendo...
Causa o effetto che siano, questo e altro rappresentano una sorta
di prostazione di gran parte delle donne rispetto alla conoscenza,
sempre proposizionale. Chi Uomo (un’essenza), alla fin fine, di
rado, approva La Donna (altra essenza) che tra l’altro, a mio
avviso
non
esiste,
se
non
in
qualità
di
conveniente,
non
filosoficamente, convincente stereotipo?
Rimane, infine, molto da chiarire. La filosofia non può essere
dogmatica. Chiarire cosa? Basti ricordare che nel 2005 il rettore
di Harvard, Lawrence H. Summers, ipotizza che le donne siano
biologicamente e socialmente inferiori agli uomini nei settori
scientifici e ingegneristici. Non è forse assurdo, visto che a
tale ipotesi manca del tutto un sostegno giustificativo? Del
resto, una possibile ragione della penuria di donne nelle carriere
scientifiche può essere che, a differenza degli uomini, le donne
eteoresessuali non hanno una moglie? Rimane sempre illuminante
leggere e rileggere un classico testo di umorismo femminista
scritto da Judy Syfers nel 1971, intitolato Why I want a Wife, che
magnifica i vantaggi dell’avere una moglie, grazie alla quale si
viene
esentati
dalle
preoccupazioni
e
dai
compiti
casalinghi
quotidiani.
Che
fare?
Forse
abbandonare
richiederebbe un libro.
175
il
concetto
di
genere?
Ciò