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Wargame
Wargame (1)
Non solo un gioco
(#)
(wargame2.htm)
"È importante chiarire una cosa fin dall'inizio: progettare e realizzare un wargame è un'arte, non una
scienza. Militari esperti, ricercatori operativi, analisti, programmatori di computer non sono
necessariamente in grado di progettare un wargame. Sebbene alcune o tutte le conoscenze e le abilità di
tali persone siano strumenti importanti che un progettista di wargame dovrebbe possedere, la natura del
progetto richiede una miscela unica di talenti."
(Wargaming Handbook, UK Ministry of Defence, August 2017)
"Il computer è la bicicletta della mente." (Steve Jobs)
PRIMA PARTE
DI CHE COSA STIAMO PARLANDO?
La sfida
Da almeno mezzo secolo la progettazione industriale è il risultato dell'interazione fra uomo e macchina
"intelligente". Tramite le metodologie Computer-Aided Design e Computer-Aided Manufacturing l'uomo sfrutta la
propria capacità di fare domande per chiedere al computer quella di dare risposte. Il computer è una macchina
assolutamente deterministica, non ha fantasia. Se alcuni parametri inerenti alla funzione cui è adibito escono da ciò
che è previsto dal programma, il computer segnala "errore" e si blocca. Può succedere anche il contrario: l'uomo
che programma e usa la macchina, sapendo come questa "ragiona" evita di fare quell'errore che ha comportato o
comporterebbe l'allarme. La simbiosi tra cervello e macchina è in fase avanzata, la materia vivente e quella
minerale comunicano tra loro e con il mondo rivelando l'estrema complessità di quest'ultimo. Nelle pagine che
seguono tratteremo dell'uso che l'uomo fa delle macchine per "giocare" in campo sociale. Avvertiamo il lettore che
la teoria dei giochi non è semplicemente ciò che traspare dal nome, e che una giusta diffidenza per la scienza di
quest'epoca non ci deve autorizzare al rifiuto della scienza tout court. Le leggi del moto sono una conquista
dell'umanità, così come lo sono quelle della termodinamica: sbagliava il grande Galileo con la sua spiegazione
delle maree, sbagliava Engels con la sua critica del secondo principio della termodinamica. Gli uomini con le loro
teorie vanno e vengono, le leggi di natura rimangono. Non possiamo, dunque, dire: "non è che un gioco". Il rifiuto
della scienza sta diventando una moda, non dimentichiamo che il socialismo ha fatto il grande passo "dall'utopia
alla scienza". Non si può dire che gli enunciati di un movimento rivoluzionario sono corretti solo perché espressi dal
movimento stesso. Da quando la scienza ha messo tutto in relazione non si può più intendere il riduzionismo come
semplificazione della realtà, dire che la tal cosa "è nient'altro che…". Tutte le cose sono anche "altro che…"
"Se potremo sostituire il bue con la macchina; se a questa macchina non addurremo nafta (che è vecchio calore
solare messo a deposito nelle banche del sottosuolo) ma quella energia idroelettrica che ci viene annualmente
da un tributo regolare pagatoci sempre dal grande astro, allora, allora... Resterà, direte, all'uomo l'opera
organizzativa, direttiva, il girare le chiavette interruttrici. Ma hanno detto ultimamente che una macchina della
macchina sostituirà l'uomo alle manopole di questa, dopo aver registrato con processi elettronici il comportarsi
effettivo dell'uomo, il trucco che lo distingue, per ritrasmetterlo identico. Allora sarà invero la natura che ci darà
tutto, cominciando dal vassoio della prima colazione che arriverà senza che lo porti nessuno" (Mai la merce
sfamerà l'uomo, 1953).
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame.htm
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Wargame
"Vana sarebbe l'idea di fabbricare un modello del partito perfetto, idea che risente delle debolezze decadenti
della borghesia, che, impotente nella difesa del suo potere, nella conservazione del suo sistema economico che
va in pezzi e nello stesso dominio del pensiero dottrinale, si rifugia in deformi tecnologismi da robot per ottenere
in questi stupidi modelli formali automatici una sua sopravvivenza, e sottrarsi alla certezza scientifica, per cui
noi abbiamo scritto sulla sua epoca storica e la sua civiltà la parola: Morte! (Tesi di Napoli 1965)."
Wargame vuol dire gioco di guerra, ma che cos'è davvero oggi? Alle sue origini era un gioco da tavolo e forse non
aveva ambizioni militari, benché ne abbia avute sicuramente dagli scacchi in poi e abbia ormai ambizioni allargate
a campi che con la guerra non hanno nulla a che fare. O sì?
E come valutare gli apparentemente contrastanti concetti espressi nelle citazioni tratte da due importanti testi del
patrimonio teoretico lasciatoci dalla Sinistra Comunista "italiana"? Nella prima citazione è previsto con piacere il
fatto che macchine automatiche ci porteranno la colazione; nella seconda si scrive la parola "morte" sulle stesse
macchine, anzi, sulla teoria stessa che sta alla base delle macchine.
Nel primo testo abbiamo dunque un atteggiamento positivo verso i risultati universali della scienza per un
miglioramento della condizione umana; da notare che per ottenere questo miglioramento si richiede alle macchine
di registrare il comportamento dell'uomo e ritrasmetterlo invariato. È la famosa prova di Turing: si può parlare di
intelligenza artificiale quando, a un determinato stadio dello sviluppo umano, l'intelligenza delle macchine può
simulare quella naturale al punto di ingannare un essere umano in un colloquio scritto, ad esempio una chat. Il
concetto di intelligenza delle macchine si fonda quindi sulla loro capacità di compiere le stesse operazioni che
compie l'uomo senza che ci sia il bisogno di introdurre elementi imponderabili come la coscienza. La nozione di
Intelligenza Artificiale è controversa, ma per spiegarne il significato è sufficiente un livello di competenza all'altezza
di quella umana. Una macchina a controllo numerico degli anni '60, che ripeteva diligentemente e con precisione le
stesse operazioni dell'operaio qualificato, era una macchina intelligente nell'ambito della competenza specifica. Un
robot di oggi, che registra in modo approfondito la competenza dell'operaio che andrà a sostituire, è una macchina
intelligente nell'ambito della competenza specifica maturata dopo mezzo secolo di evoluzione tecnologica.
Nel secondo testo si legge come il rifiuto degli stessi risultati sia indispensabile al fine di dar forma al partito della
rivoluzione. L'uomo non può cambiare il suo essere sociale (il partito della specie umana) e trasmetterlo al futuro
se registra semplicemente sé stesso nel presente e nel passato. Il wargame è una tecnica di indagine o di
programmazione che, se adoperata a quello scopo, lavora nel futuro. Le macchine sono generalmente delle
protesi, amplificano le capacità fisiche dell'uomo. E il wargame come lo si intende oggi nell'era del computer, non è
semplicemente uno stupido modello formale: è soprattutto una protesi cerebrale che aiuta il cervello a fare il suo
specifico lavoro.
Nel 1982 fu immesso sul mercato un gioco da tavolo intitolato Lotta di classe. Progettato dal filosofo marxista
Bertell Ollman, professore di Scienze politiche all'Università di New York, era una specie di Monopoli incrociato con
un wargame. Nel gioco si fronteggiavano capitalisti e proletari cui si alleavano a seconda del contesto quattro
mezze classi. Per essere il prodotto di un professore marxista faceva un po' sorridere, ma l'editore lo vendeva
come adatto anche a bambini di 8 anni, salvandosi così l'anima.
Qualche anno prima aveva riscosso un certo successo Risiko, un wargame dove più giocatori simulavano una
guerra mondiale spostando dei segnaposto sul planisfero. Negli stessi anni era stato pubblicato, come inserto della
rivista Panorama, il gioco Colpo di Stato. Giochi, entrambi, che ricordavano in qualche modo una evoluzione
dell'antico Gioco dell'Oca. Ma mentre in quest'ultimo il risultato era totalmente stabilito dalla sorte, gli altri erano un
misto di abilità e fortuna: la prima acquisita comprendendo la struttura del gioco, la seconda con il ricorso ai dadi o
all'estrazione di carte in un mazzo. La pubblicazione di un complesso e realistico wargame da parte di una rivista
specializzata in cose militari, Eserciti ed Armi, rivelava che dal gioco si era passati pubblicamente alle simulazioni
di guerra verso le quali serpeggiavano simpatie nei piani alti degli apparati militari. Evidentemente qualcosa stava
cambiando: nel 1979 elementi dello Stato Maggiore della NATO avevano reso pubblica sotto forma di romanzo la
simulazione dettagliatissima (due volumi di 860 pagine complessive) della Terza Guerra Mondiale, compreso il
lancio dei missili a testata nucleare.
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Tutto ciò condusse alcuni compagni a cimentarsi con la realizzazione di un wargame che simulasse una situazione
rivoluzionaria. All'epoca non esistevano in commercio versioni computerizzate di wargame, e i primi tentativi resi
pubblici erano di una disarmante semplicità. In pochi anni, però, i videogiochi, con la crescita della potenza
richiesta per la naturalezza grafica, diventarono addirittura un settore trainante per l'informatica. Con un tubo
catodico a colori, la stessa tecnologia della televisione, i videogiochi conquistarono le sale-gioco pubbliche e poi le
case private.
Nel progetto, che era scritto e disegnato a mano su fogli a quadretti, era stato inevitabile partire dal materiale a
disposizione, quello dell'ultimo tentativo rivoluzionario, in Russia nel 1917, fortemente caratterizzato dalla famosa
parola d'ordine di Lenin "trasformare la guerra imperialista in guerra civile", divenuta in seguito una parola d'ordine
dell'Internazionale Comunista. Riguardo alla simulazione, le difficoltà da superare erano notevoli, perché non si era
ancora in grado, sulla base degli esempi disponibili, di realizzare degli scenari in cui fossero materializzabili
elementi astratti come ad esempio l'influenza del partito nel corso della maturazione politica e degli scontri. Era
evidente che, se si fosse adottato il solo criterio della "trasformazione" del tipo di guerra, la rivoluzione avrebbe
preso l'aspetto di uno scontro tra forze simmetriche, cioè tra eserciti, un po' come nella guerra civile spagnola.
Sbocco teoricamente possibile, ma ben poco probabile e tantomeno auspicabile nella nostra epoca. Uno schemino
stilizzato di catastrofe nell'angolo di un foglio, poco più di uno scarabocchio, denota il tentativo di uscire dalle frasi
fatte e almeno quello di pensare che fossero possibili altri approcci. La teoria delle catastrofi è la spiegazione
matematica degli eventi improvvisi che si verificano dopo l'accumulo costante di determinati fattori (l'asse che si
spezza, il terremoto che si scatena, la decisione di acquistare o vendere qualcosa osservando la variazione dei
prezzi). Quei compagni non conoscevano la matematica necessaria, ma stavano certamente valutando altre ipotesi
rispetto a quella canonica. Il problema fu messo in chiaro più tardi: i parametri puramente qualitativi esulano da una
formulazione scientifica, ma è possibile ridurli a fattori numerici, quindi scientifici. Con l'avvento del computer le
simulazioni non presentarono più problemi del genere.
Quale tipo di guerra dunque doveva essere trasformato? Quella combattuta dalla Russia dal 1914 al 1917? O
quella combattuta dagli Stati Uniti dal 1941 al 1945? È evidente che a nessuno dei due esempi si poteva ricorrere
per una utilizzazione didattica, sia che si parlasse di modelli matematici, sia che si trattasse di tavolette con pezzi
mobili segnaposto di vario tipo. E poi: perché escludere altre dinamiche, diverse dalla guerra classica, per l'avvento
di un periodo rivoluzionario?
Una parola d'ordine che sembrava incrollabile, adoperata nel contesto di un progetto realistico di wargame si
dimostrava debole e, sotto certi punti di vista, scientificamente errata. In Russia non si era tornati in trincea solo
grazie all'ampiezza delle diserzioni, fosse stato per il governo provvisorio si sarebbe passati dalla guerra civile alla
guerra imperialistica. Anche frange del partito bolscevico tentennavano. Nel corso della maturazione di una teoria
non è scientificamente corretto escludere delle ipotesi solo perché poco probabili e, anzi, nel caso specifico non
era neppure probabile che una nuova rivoluzione fosse scatenata da una nuova guerra. Oltre tutto il dibattito sulla
"questione militare" produceva una diffusione automatica dell'errore, in quanto più tardi, finita la guerra, essa era
rimasta nel repertorio dell'Internazionale Comunista, influente organismo formatosi per dirigere la rivoluzione
mondiale.
Da una giusta premessa si traeva una tesi errata: imperialismo vuol dire guerra inevitabile; quindi, occorre
trasformare questa guerra in rivoluzione. Lenin lo diceva in ambito di rivoluzione doppia e nello stesso tempo di
guerra imperialista. Il suo capolavoro politico fu quello di capire e far capire che in Russia c'era clima di rivoluzione
proletaria e non borghese: la borghesia non aveva storicamente fatto in tempo a diventare un elemento portante
della società e quindi veniva sostituita dal proletariato. Due rivoluzioni in una, in un paese immenso e arretrato
come la Russia era un compito immane e occorreva ragionare a nervi freddi sul fallimento successivo: l'Occidente,
che era in clima di rivoluzione pura, non solo non aiutò la Russia, ma permise che la peste opportunista marciasse
da Occidente a Oriente e che nel volgere di pochi anni tutte le promettenti condizioni iniziali fossero annullate.
Un grave problema di logica
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Si tratta soprattutto di una questione di metodo, perché in Russia, nel 1917, la natura della rivoluzione non era per
niente intuitiva. Ed è per questo che occorre qualche parola di spiegazione preliminare. Quella della guerra non è
l'unica questione. Lo schema tattico dei partiti rivoluzionari e poi dell'Internazionale era impostato sulla convinzione
che dopo l'abbattimento dell'autocrazia zarista si sarebbe dovuto passare al governo democratico, non alla
dittatura del proletariato. La Sinistra Comunista avrebbe precisato, dopo la Seconda Guerra Mondiale, che il
problema della guerra e della rivoluzione in Occidente non poteva porsi in termini democratici già negli Anni Venti e
ovunque il capitalismo fosse stato il modo di produzione significativo, indipendentemente dalla sovrastruttura. La
guerra è la soluzione estrema cui conduce la caduta del saggio di profitto, cui conduce cioè una crisi ormai
endemica dell'intero sistema, ma chi la vive come fenomeno è ben lontano dall'attribuirla a quelle cause: per lui le
motivazioni sono quelle ufficiali, dettate dai governi, visibilissime in quanto alimentate dalla propaganda di guerra,
adatte allo schieramento interno (produzione bellica) ed esterno (sistema delle alleanze, partigianerie).
Difficilmente un operaio russo, nel 1914, avrebbe collegato l'entrata in guerra del suo paese, poniamo, alle crisi
americane di fine '800, tuttavia le sue insopportabili condizioni di vita erano sufficienti per spingerlo alla lotta, e
certo la guerra che era chiamato a combattere aggravava la sua condizione rendendo plausibile la parola d'ordine
della trasformazione. Ma a ben vedere, verso la fine della guerra, quando le insubordinazioni, le diserzioni, il caos
degli approvvigionamenti e le malattie dilagavano, più che di una parola d'ordine si trattava di una constatazione: la
guerra civile era scoppiata, si trattava di dirigerla.
Certo, prima occorreva porre fine alla guerra mondiale, e sul come farlo i disaccordi entro il movimento anti-zarista
erano totali. Il disfattismo era il confine che separava le varie tendenze, e Lenin, che non tutto il partito seguiva, era
per una pace senza condizioni. Tutto questo, detto dopo una trattativa con il nemico tedesco per riportare in Russia
i futuri capi della rivoluzione con un treno speciale, era piuttosto temerario. Non bastava la fine dei combattimenti,
occorreva il collasso dello stato russo.
Ora, la rivoluzione in corso aveva decisamente il segno democratico borghese, quindi erano le istanze borghesi ad
essere accolte dalla politica del momento, ed era normale che in quel frangente un esercito di milioni di soldati,
caduta l'autocrazia zarista, si mettesse agli ordini del nuovo potere borghese. È qui che entra in funzione il
wargame del piccolo gruppo stretto intorno a Lenin: valutate le forze in campo, constatato il loro stato di
disorganizzazione, confrontati i dati materiali con quelli politici, il responso era stato: "Ora o mai più".
La sentenza non è del tipo "trasformazione" da avviare, cosa che sa di gradualistico e politicantesco, ma del tipo
"catastrofe" già avviata, cosa che suggerisce di prendere il potere subito, prima che il colosso statale armato si
riprenda dal colpo ricevuto. Anche la catastrofe è una trasformazione, ma non bisogna confondere i tipi logici che
possono stare in un insieme: la catastrofe in senso fisico-matematico (un invito a nozze per i wargamers
matematici), è precisamente un punto di rottura che si verifica di colpo dopo un accumulo di fattori graduali. È un
evento che si verifica ai margini tra ordine e caos. Spesso, trattando di questi argomenti, vari autori citano come
esempio di catastrofe proprio la settimana che Lenin non volle far passare. [1]
Per l'imperialismo la guerra non è un problema, è una soluzione. Se scoppia, la soluzione vince. Scrive Amadeo
Bordiga:
"Tra venti anni la alternativa tra guerra imperialista mondiale e rivoluzione. Ma non si deve intendere che dopo
la guerra verrà la rivoluzione, piano che ci ha mentito nel 1919 e nel 1945 (è noto che mi si accusa che nell'altro
dopoguerra nemmeno ci credevo, né in Italia né in Europa). La rivoluzione verrà se la guerra sarà bloccata sul
suo scatto, e capovolta, ossia se impedirà che la guerra si sviluppi. Perché tanto sia possibile sarà necessario
che un potente partito internazionale sia organizzato con la dottrina che solo abbattendo il capitalismo si
impedisce la serie delle guerre. Insomma, l'alternativa è questa: o passa la guerra, o passa la rivoluzione."
In tempo di guerra è la nazione che si compatta attorno allo stato, per questo von Clausewitz poté scrivere che lo
scontro militare matura con il maturare della crisi, che non è la politica a controllare lo stato ma è lo stato a
controllare la politica "con altri mezzi". Questa tendenza della guerra all'assoluto non è conciliabile con la sua
natura camaleontica, cioè con la necessità di adattarsi velocemente al contesto. Nasce da ciò una contraddizione:
se la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, non è per ciò stesso vero che anche la politica è la
continuazione della guerra con altri mezzi? La crisi cronicizzata pone l'osservatore in una situazione senza
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discontinuità che gli impedisce di stabilire se gli "altri mezzi" si manifestano e si applicano in una sequenza data.
Senza le discontinuità gli è difficile sapere se in un dato momento si trova in una fase o in una transizione di fase.
L'aggettivo "cronica" che a volte facciamo seguire a "crisi" potrebbe evocare l'eternità, e la fisica non si trova troppo
bene con gli infiniti. Fortunatamente, raccogliendo diversi parametri e trattandoli in modo interattivo (specie per
quanto riguarda l'accoppiata uomo-macchina) riusciamo a raggiungere dei risultati un tempo impensabili.
In uno scenario del tutto improbabile come quello necessario a preparare una Terza Guerra Mondiale Classica, è
abbastanza evidente che, se non viene bloccato sul nascere il meccanismo della sua genesi, non la si potrà
"trasformare". Le determinazioni di una guerra classica, che la farebbero passare da salvezza del modo di
produzione capitalistico a elemento della sua distruzione, non sono più da considerare ipotesi.
A parte l'aiuto che oggi possono fornire sofisticati wargame, c'è un grave problema di logica: coloro che dovrebbero
trasformare la guerra imperialista in guerra civile sono gli stessi che combattono nei ranghi della guerra
imperialista, perciò dev'esserci un passaggio di questo genere: i soldati che combattono nella guerra imperialistica
dovrebbero cambiare fronte e diventare soldati che combattono per la guerra rivoluzionaria. Chi opera questo
sconvolgimento? Per noi, se si ponesse la questione, sarebbe il partito, il più importante fattore del rovesciamento
della prassi. Ma allora la trasformazione della guerra da imperialista a civile è una conseguenza del rovesciamento
della prassi, è un prodotto della situazione rivoluzionaria, non un fattore. Se il proletariato di un paese combatte
contro il proletariato di un altro paese è perché la guerra imperialista è già incominciata e viene combattuta,
appunto, sul presupposto imperialista.
Un modello di simulazione direbbe subito che, se vengono presi in esame tutti i parametri, l'errore logico diventa
evidente, non solo, ma ne evidenzia un altro che possiamo definire storico. Mentre l'errore logico richiede un
ragionamento alla Kurt Gödel [2] per essere disvelato (un sistema non si può valutare dall'interno del sistema
stesso con gli strumenti che questo mette a disposizione), l'errore storico è il prodotto di una errata interpretazione
del punto a cui è giunta la guerra con l'evoluzione delle tecniche e delle dottrine. Nessuna dottrina militare
imponeva di mettere sul piatto della bilancia la sola soluzione della guerra, o imperialistica o civile, e in Russia si
realizzò, in effetti, una specie di pace armata.
Nel 1917 guerre e dottrine erano giunte al massimo dello sviluppo: era comparso in massa il carro armato, l'aereo
anticipava le dottrine di superiorità alla Giulio Douhet, [3] le retrovie pullulavano di attività logistica motorizzata
mentre in mare comparivano il naviglio veloce e i siluri. Persino lo spionaggio era evoluto con l'ausilio di metodi
statistici e analitici. Insomma, le modalità della guerra erano sconvolte e l'ultima carica di cavalleria, in Polonia nel
1939, fu un patetico, tragico episodio. Le basi della guerra lampo (blitzkrieg) erano già tutte presenti; quindi, era
presente la possibilità di capire che era morta, almeno dal 1920, la possibilità di insurrezione tramite la
trasformazione della guerra imperialista in guerra civile. Mobilità contro staticità. Lo compresero solo alcuni giovani
ufficiali in Germania, in Russia e in Inghilterra dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. I ferventi rivoluzionari del
Novecentosessantotto sognavano ancora barricate ottocentoquarantottesche, e qualche residuo del tempo che fu
le auspica anche oggi.
L'adozione della vecchia dottrina di guerra era già una conseguenza della controrivoluzione, non è un caso che i
nominati giovani ufficiali russi fossero fucilati e sostituiti da vecchi tromboni zaristi riciclati. La conseguenza più
grave fu però l'inquinamento del partito che non poté in alcun modo essere l'elemento realizzatore del
"rovesciamento della prassi".
Anche nel caso di guerre civili più vicine alla nostra epoca (le guerre anticoloniali sono state spesso ibride, dato
che la popolazione civile è stata costretta a schierarsi o con i colonialisti o con gli indipendentisti). Il problema del
rovesciamento della prassi poteva essere risolto soltanto con la sconfitta dell'esercito della classe dominante…
senonché sembrava che la classe dominante stesse imparando a dominare con crescente successo. Quale allora
il compito rivoluzionario?
Negli anni '30 del secolo scorso scoppiò in Spagna la guerra civile, ma non a causa di una trasformazione da
guerra imperialista. La contrapposizione tra due eserciti di uno stesso paese, per quanto internazionalizzati
dall'intervento dei paesi fiancheggiatori, li caratterizzava come eserciti nazionali, rispondenti a due frazioni della
stessa classe dominante. Lo stesso vale per la guerra del Vietnam, combattuta fra Stati Uniti e URSS sul territorio
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vietnamita con soldati vietnamiti (proxy war). O la guerra fra Iran e Iraq, fomentata dagli Stati Uniti nell'ambito di
una politica di compellence per indebolire i propri avversari. Queste guerre fra paesi che combattono a favore dei
loro sponsor credendo di combattere per sé scoppiano per motivi preesistenti, utilizzabili solo in contesto militare
nazionalista borghese. Perciò, sono guerre non utilizzabili dal proletariato nel corso di un processo di affermazione
di classe. È noto che il papa attuale ritiene il mostruoso ciclo bellico del dopo Seconda Guerra Mondiale una guerra
mondiale unica, la Terza, combattuta "a pezzi". Non crediamo che la visione della Chiesa Cattolica sull'argomento
sia simile alla nostra o viceversa, ma è certo una conferma indiretta che qualcosa del genere è nell'aria.
La guerra vista da "fuori"
Se esiste una forza in grado di trasformare una guerra imperialista in guerra civile, significa che esiste una forza in
grado di vincere gli eserciti congiunti della borghesia in guerra. Ricaviamo una sintesi estrema da quanto diceva
Lenin durante la guerra:
1) con una guerra in corso la rivoluzione sarebbe di per sé guerra civile;
2) la trasformazione della guerra tra borghesie in guerra civile è facilitata dai rovesci militari;
3) è praticamente impossibile tendere realmente a questa trasformazione senza concorrere, in pari tempo, alla
disfatta della propria borghesia.
È noto che la nostra corrente considerava "razziale" la lotta rivendicativa del contadiname nelle mani del suo
nemico storico e considerava "classista" la lotta delle borghesie emergenti. [4]
Dunque, l'elemento decisivo è il disfattismo contro il nemico principale, come affermava anche la Sinistra
Comunista "italiana", che aggiungeva: finché c'è guerra non c'è disfattismo e quindi non c'è rivoluzione. Perciò
questa deve scattare prima che la guerra conquisti la scena. Diceva Lenin prima della guerra spiegando quali
fossero le condizioni rivoluzionarie, quali fossero i fattori e quali i prodotti:
4) impossibilità per la classe dominante di mantenere saldamente il proprio dominio;
5) accumulo abnorme di bisogni e difficoltà per le classi oppresse;
6) attività orientata delle molecole sociali (polarizzazione) spinte da quanto precede a un atteggiamento autonomo.
I primi tre punti vanno chiaramente sistemati al posto dei tre che seguono. Occorre poi far seguire un settimo punto
con la condizione ben presente in Engels, quasi assente nei rivoluzionari successivi e di nuovo presa in
considerazione dalla Sinistra Comunista: il "rendimento" delle nuove armi, da valutare diversamente che nel
passato: non c'è paragone possibile tra l'adozione delle armi a canna rigata di cui parla Engels e l'adozione delle
armi a guida precisa negli anni '80 (per non parlare delle armi atomiche, dei sistemi di guerra aeronavale, delle
guerre con nuove tecnologie).
A causa della scienza, della tecnica, della complessità e ambiguità dei rapporti fra i soggetti che si scontrano, la
Terza Guerra Mondiale non sarà tendenzialmente unitaria, sotto l'insegna di grandi schieramenti determinati, ma
una polverizzazione di guerre locali, come in parte è già adesso, combattute da soldati-robot, macchine e munizioni
a guida precisa (cfr.Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio e Guerre stellari, fantaccini terrestri).
Come s'è detto, la guerra dev'essere "bloccata al suo scatto", se passa la guerra non passa la rivoluzione: non è
tanto una questione politica quanto di ingegnerizzazione tra combattente e arma in un contesto estremamente
dinamico, dove il rapporto dell'uomo con la macchina, dal cecchino individuale carico di sensori alla bomba atomica
(sterminio di massa con una sola bomba), è di completa subordinazione.
È l'industria che influenza il mondo dei wargame o sono questi a influenzare l'industria? Sempre più spesso si
sente spuntare un neologismo, ed è già nato gamification, da gioco, che fa il paio con jobification, da mestiere.
Ultimi di una lunga serie riguardante un numero crescente di campi, tanto che se ne può trarre indicazioni per
l'evoluzione darwiniana dei sistemi entro il modo di produzione capitalistico: deregulation, gentrification, rustication,
commodificaton, securitization
finanziarizzazione).
(deregolazione,
nobilitazione,
ritorno
alla
campagna,
mercificazione,
Progettare, ingegnerizzare, collaudare, vendere, utilizzare
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Stiamo cercando di capire se i problemi formali e sostanziali posti dal tema cruciale guerra/rivoluzione possono
essere affrontati con l'aiuto di uno strumento come il gioco di guerra. Questo perché la diffusione di parole d'ordine
è pesantemente influenzata da luoghi comuni, non estranei ad esempio alle politiche poliziesche all'interno dei
singoli stati. L'inquadramento delle parole d'ordine entro un meccanismo di gioco con una sua struttura, un
regolamento, mosse predisposte con i loro effetti può sfuggire a determinazioni soggettive, sempre conduttrici di
parzialità e quindi di errore. È bene ribadirlo, perché la parola "gioco" può generare equivoci. Abbiamo visto che
l'origine del wargame è antica e legata effettivamente a giochi da tavolo. Questo è ancora vero, ma si è scoperto
che l'interazione fra due soggetti che compiono scelte razionali per vincere, cioè per influenzare l'esito finale, può
essere tradotta in calcolo e adoperata per la realizzazione di modelli di realtà. A questo punto, i "giochi" sono la
base per attività che con l'aspetto ludico hanno solo una lontana parentela. La teoria ha come padri tre famosi
matematici (Joseph von Neumann, Oskar Morgenstern, John Nash ai quali aggiungeremmo Norbert Wiener per la
cibernetica).
Qui ci atterremo alla teoria e alla forma con cui essa viene diffusa, senza entrare nel merito della struttura
matematica, non solo perché non siamo in grado di farlo ma perché non è necessario, i principi sono semplici.
Basti sapere che la gamification, cioè il trattare procedure, ricerche, produzioni, corsi di formazione, ecc. con i
principi del game è sempre più diffuso. L'esempio più eclatante è quello del simulatore di volo: nato per insegnare
ai piloti le basi della navigazione aerea, passò al campo dei giochi e di qui tornò potenziato alle scuole di volo, per
poi diventare un potente strumento didattico per la simulazione del comportamento in volo di sofisticatissimi aerei
da caccia, di aerei passeggeri che ormai hanno il pilota a bordo solo per una questione psicologica e delle navette
per le imprese spaziali, specialmente quelle in progetto.
Il simulatore di volo non è un wargame, ma è particolarmente interattivo e quindi confrontabile. Anche altri tipi di
simulazione non sono wargame, però li rendiamo confrontabili quando interagiamo.
Il wargame è una merce come le altre. Ma è interattivo, euristico, didattico, insegna mentre lo si progetta, lo si
collauda, lo si usa. È talmente sottoposto a controlli da rendere tendenzialmente raro un errore. È soprattutto
impermeabile alle suggestioni della mente, ai provvedimenti dettati dalla psicologia, dalle credenze o dalla politica.
Le fasi in cui si divide l'intero suo ciclo di vita sono le stesse di qualsiasi merce non agricola (benché con l'avvento
delle tecniche genetiche anche l'agricoltura si adegui). Per quanto riguarda i wargame l'inizio del processo
produttivo coincide con la stesura dello scenario entro il quale si svolge la storia. Tale scenario può essere redatto
da un autore o prelevato come frame (quadro, cornice) da una banca dati industriale che fornisce soluzioni
prefabbricate chiavi in mano. Assemblate quelle basi che in un film sarebbero ambiente/scenario/scenografia,
occorre aggiungere la sceneggiatura, cioè la storia che gli attori vivono e la maggior parte delle volte combattono.
Si tratta di due approcci: quello dell'autore che produce in un gruppo affiatato e stabile; quello della lavorazione
diffusa dove il programmatore interviene in fasi più parcellizzate.
In entrambi i casi, i produttori sono disseminati nel mondo e possono non vedersi mai, mentre i programmatori
utilizzano metalinguaggi, interfacce grafiche per assemblare funzioni, routine, comandi, tecnica che permette a
chiunque di progettare anche se non ha conoscenze specifiche di programmazione.
Quando il regolamento è scritto e collaudato, diventa essenziale, un po' per sostenere la storia, un po' per
bilanciare le forze in campo, la fase di play testing durante la quale il programma viene distribuito soprattutto ai
giocatori volontari che già operano coordinati dal centro, in genere dall'autore.
La composizione e la consistenza dei gruppi di giocatori varia a seconda della notorietà dell'autore, della sua
fantasia e del capitale che deve anticipare in vista della commercializzazione, che è uno dei passaggi più delicati.
Bisogna infatti badare, a questo punto, alla confezione, ai segnaposto, alla grafica, alla pubblicità, e alle migliaia di
play tester che non solo collaudano ma si buttano sulla Rete per il passaparola attraverso i social network,
eccetera. Gruppi del genere possono essere molto piccoli per prodotti di nicchia, oppure molto grandi per
aggressive campagne di vendita. Leggiamo su Internet di un autore americano mediamente noto, che lavora con
venti o trenta gruppi di play tester collocati in egual misura negli Stati Uniti e in Europa.
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Wargame
Questi gruppi si sciolgono una volta terminato il lavoro e si ricompongono quando un autore ha di nuovo bisogno di
ricorrervi. Un gruppo ristretto rimane coeso per escogitare situazioni di stress estremo per il programma e per il
giocatore. E può lavorare a questa fase anche un anno tenendo in contatto i suoi membri attraverso un forum
chiuso. A lavoro terminato, il programma viene affidato a un editor professionista, uno solo, che avrà la
responsabilità dittatoriale sulla qualità del prodotto. Il ciclo di produzione completo di un buon wargame può durare
2 o 3 anni.
Il punto più importante di tutto l'iter produttivo è il responso dei play tester sulla giocabilità, cioè sull'equilibrio delle
forze in gioco. È in questa fase che vengono adottate misure per far sì che il gioco ponga i giocatori di fronte alle
stesse probabilità di vincere o perdere. Qui sorge la prima difficoltà: bisogna essere molto abili per fare interagire
giocatori del medesimo livello in un gioco che li metta assolutamente alla pari, specie se il gioco è asimmetrico;
bisogna, in altre parole, che l'intero progetto, una volta realizzato, venga rivoltato come un calzino e che i passi
critici vengano interpretati in modo da garantire parità di chance nella vittoria. Per fare ciò è indispensabile che i
giocatori collaborino e assimilino le risposte congiunte provenienti dal gioco. Tanto per fare un esempio: gli Scacchi
sono un gioco simmetrico: a parte un virtuale vantaggio del bianco, i giocatori condividono aspettative
perfettamente bilanciate. Risiko è un gioco bilanciato per quanto riguarda le mosse e il regolamento, ma sbilanciato
per quanto riguarda le aree da conquistare e difendere. Dual Powers Revolution è un gioco totalmente sbilanciato
sia dal punto di vista del regolamento, sia da quello degli obiettivi e della natura degli avversari.
Scopo di un profondo, e nello stesso tempo esteso, controllo di giocabilità è quello di rendere simmetrico ciò che
non lo è, e rendere apparentemente asimmetrico ciò che è simmetrico per non rendere il gioco piatto e noioso. Se
Risiko fosse reso completamente simmetrico sarebbe una specie di gioco degli scacchi per conquistare un
quadrato diviso in caselle uguali.
Ciò vale per i giochi da tavolo e di simulazione senza riferimento alla realtà, come un Risiko giocato sulla mappa di
un pianeta diverso dalla Terra. Se il gioco invece deve simulare la realtà per trarne informazioni e/o indicazioni per
l'azione, allora la faccenda cambia.
Tornando alla parola d'ordine "Trasformare la guerra imperialista in guerra civile", notiamo che essa ha poco senso
anche in uno scenario fin qui non esaminato, quando, cioè, c'è già una situazione di guerra civile che si sta
trasformando in guerra imperialista. In Cina, a partire dal 1923, emissari russi, capeggiati da Borodin, arrivarono
per seguire le fasi di avvicinamento per il fronte unito. Nel 1927, l'Internazionale, che aveva ordinato al Partito
Comunista Cinese di fondersi nel partito borghese nazionalista, il Kuomintang, non poté fare nulla per impedire il
massacro dei comunisti. La guerra civile si trascinò fino all'invasione da parte del Giappone. Così la disgraziata
parola d'ordine fu rovesciata, la guerra civile si trasformò in guerra imperialista. Borghesia cinese contro borghesia
giapponese e i proletari da ambo le parti a combattere per l'una e per l'altra. Sarebbe successo più tardi anche in
Russia, contro la Germania nella Seconda Guerra Mondiale: invece di essere guidati nella rivoluzione i proletari
russi furono massacrati nella "Grande Guerra Patriottica" staliniana, con milioni di morti. Incalcolabile fu il danno
politico provocato dalla insensata adesione alle soluzioni frontiste. Lo stesso discorso bisogna fare per la Spagna,
dove la guerra civile era diventata una guerra imperialista per procura. Lenin che aveva raccomandato la disfatta,
si trovò, da morto, a simboleggiare la partecipazione patriottarda. [5]
Considerazioni attuali, problemi antichi
Possibile che non sia maistato fatto un bilancio di questa parola d'ordine? È facile intuire l'obiezione a siffatta
domanda: non sarebbe corretto paragonare la grande Internazionale al gruppo di produttori di un gioco di guerra.
Noi rovesciamo questa affermazione: l'Internazionale era effettivamente un grande organismo e, proprio perché
tale, avrebbe dovuto lavorare attorno ad ogni parola d'ordine con meno approssimazione, meno "indeterminatezza
tattica", disse la Sinistra. La tattica della rivoluzione mondiale meritava ben più attenzione delle complesse relazioni
prese in esame in un gioco di guerra. O, se vogliamo, in una fabbrica diretta con metodo scientifico. Si può però
paragonare il mondo ad una fabbrica? La nostra corrente, sulla base di osservazioni di Marx, ha sottolineato che
entro la fabbrica, quindi entro il cuore del capitalismo, l'operaio non produce merci ma componenti, i quali saranno
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Wargame
certamente utili alla produzione di merci, ma all'interno della fabbrica non sono merci; solo sul mercato, fuori dalla
fabbrica, la produzione diventa merce. Per questo sarà distrutto il mondo delle aziende e delle merci; mentre
sopravviverà, affinando le proprie caratteristiche, il mondo della fabbrica e dei prodotti senza valore/prezzo.
La potenza organizzativa dell'Internazionale ha contribuito a distorcere la percezione generalizzata. Il Comitato
Esecutivo dell'IC era in pratica il suo governo, e quindi le disposizioni emanate erano ordini. E la struttura parastatale dell'insieme era controllata di fatto dal Partito Comunista Russo che risentiva più di tutti gli altri organismi
della natura e della struttura dello stato russo. Di fatto nell'apparato politico nel quale si era tradotta la Rivoluzione
russa non esisteva nessun livello dedicato all'organizzazione scientifica delle attività, niente che assomigliasse a
quel metodo che va sotto il nome di taylorismo e che l'autore chiamò appunto "organizzazione scientifica del
lavoro" (che non vuol dire catena di montaggio). Eppure, Lenin aveva invitato l'apparato del partito-stato russo a
occuparsi di Taylor in quanto il suo metodo era il riflesso di una vera e propria rivoluzione entro il modo di
produzione borghese, da trattare in quanto tale e non soltanto come strumento di produttività aumentata. Il
paradosso fu che l'unico a porsi il problema fu Aleksandr Bogdanov, che, rimasto isolato, fu politicamente zittito
senza aver avuto modo di far almeno conoscere, se non applicare le sue teorie sull'organizzazione.
Il taylorismo come gamification? Siamo certi di non sbagliare se diciamo che un qualche aggancio si trova, dato
che il wargame può essere utilizzato anche per sottoporre una fabbrica alle regole di un'organizzazione scientifica
del lavoro, la quale può assumere benissimo la forma di un programma di simulazione, o di pianificazione, o di
ristrutturazione. Il Cile di Allende aveva computerizzato la propria economia con un sistema di mainframe e
terminali con l'intento dichiarato di simulare un organismo vivente. All'epoca si poteva essere scettici; oggi è una
prassi quasi consueta ("Immaginate una fabbrica…").
Ricapitolando: in condizioni simili a quella russa del 1917, la parola d'ordine "trasformare ecc." diventava una
formula vuota perché applicabile soltanto localmente e per di più in una situazione molto particolare, che faceva da
sfondo alla presenza di soldati, marinai e proletari, fianco a fianco in tutti gli organismi spontanei che nascevano e
si dissolvevano in continuazione. Era certamente possibile, in via del tutto teorica, riprodurre artificialmente ciò che
stava accadendo spontaneamente, ed infatti il tormentato cammino dei soviet era costellato di episodi in cui
maggioranze e minoranze, nel gioco democratico, si formavano e scomparivano secondo criteri insondabili (e
questo di per sé è un elemento che mette in grave crisi la necessità di previsione o almeno di comprensione degli
accadimenti sia nella realtà, sia nel modello astratto di realtà progettabile per un wargame).
Intrecci trascurati
Comunque sia, la costituzione e la conquista di organismi in grado di cambiare la situazione erano abbastanza
frequenti e nei momenti favorevoli potevano provocare un cambiamento locale della polarizzazione di massa.
Al tempo della preparazione del "nostro" wargame le condizioni del fermento sociale non erano facilmente
riscontrabili. Anzi non esistevano, prima di tutto perché intorno al 1980 era cambiato l'intero sistema per quanto
riguarda ad esempio i legami interni a un sistema sociale e i loro riflessi esterni come si possono abbozzare in una
specie di matrice di questo genere:
1. la possibilità di dissoluzione dello stato (vedi punto 6.)
2. la tecnologia degli armamenti (vedi punto 4.)
3. la guerra di movimento (blitzkrieg, vedi punto 5.)
4. la proiezione di potenza (vedi punto 2.)
5. la logistica (vedi punto 3.)
6. l'informazione (vedi punto 1.)
7. l'outsourcing (vedi punto 8.)
8. l'esercito professionale (vedi punto 6.)
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Wargame
Intrecciando questi punti in un modello della realtà, complesso ma invariante rispetto ad essa, si possono stabilire
relazioni interne al modello in modo da realizzare una simulazione astratta quanto basta per non cadere nel
soggettivismo, ma realistica quanto basta per descrivere in modo effettuale la struttura sociale e quindi le modalità
del cambiamento.
È probabile che si siano dimenticate le motivazioni che hanno impedito di realizzare un modello astratto ma più
sensibile al cambiamento di quello attuale. Infatti, mentre i terzinternazionalisti continuavano ad affermare che si
sarebbe dovuto "fare" questo e quest'altro in un clima di attivismo disordinato, la Sinistra dispiegava un bilancio
completo e lucido della situazione storica. Presi da un attivismo sfrenato, i primi si ammalavano di noia quando
sentivano ripetere da noi che questo capitalismo soffre di una malattia senile, per cui la classe borghese, costretta
a capitolare di fronte al comunismo, è sempre meno un elemento razionale del sistema, non riesce più a
controllarlo, ne subisce i clamorosi fallimenti.
La piccola borghesia, che sarebbe stata la classe più tartassata dalla crisi, avrebbe tentato di ritagliarsi un posto
dal quale diffondere la propria ideologia del compromesso; ma la legge del valore-lavoro, annullata dalla legge
stessa, [6] avrebbe fatto mancare il supporto materiale per lo sviluppo coerente di una politica interclassista. La
classe operaia era pronta e armata, tutte le altre componenti della società erano pronte a disarmarla. Il fascismo,
"realizzatore dialettico delle istanze riformiste", era l'unica forza che potesse raccogliere, senza neanche mistificare
troppo, l'esigenza di quella che allora, per le esigenze frontiste, finì per essere chiamata "socializzazione" invece di
"rivoluzione".
È possibile oggi ipotizzare quale sarebbe stato il responso di un wargame "caricato" con i dati dell'epoca. Nella
seconda metà degli anni '20 era chiaro, a chi non si fosse lasciato catturare dal programma frontista, riformista e
revisionista, che il ciclo rivoluzionario era chiuso e che nessuna forza al mondo avrebbe potuto rovesciare la
situazione per riportarla al "Biennio Rosso" e di lì ripartire con un impianto tattico completamente diverso. Oggi,
ovviamente su di un piano storico più maturo, la stessa divergenza fra realtà e narrazione di una realtà presunta
produce la stessa necrosi sociale. Però sono passati cent'anni.
Anche senza wargame si dovrebbe capire che per l'odierna configurazione del capitalismo non si può neppure più
usare la parola "crisi", che vuol dire "mutazione repentina". L'ingorgo sistemico in cui s'è cacciata l'umanità sembra
ormai una malattia mortale senza morte dichiarata. La crescita inaudita del capitale fittizio ha fatto esplodere il
capitale; il modo di produzione attuale è precipitato in uno stato entropico; persino la sovrastruttura artistica risente
dello scenario crepuscolare. Il capitalismo minaccia la specie, ma non nasce il partito organico che la difende. Le
poderose anticipazioni di comunismo sono sempre più visibili, ma l'umanità se ne va per i fatti suoi senza
apparentemente accorgersi che non va verso un orizzonte ma verso un precipizio.
Nel Grande Wargame della Rivoluzione odierna non c'è più posto per povere e deboli parole d'ordine legate a una
contingenza micidiale per lo sviluppo del programma. Quelle che furono indicazioni che si volevano fortemente
ancorate al passato rivoluzionario della Russia dell'Ottobre 1917, sarebbero dovute diventare indicazioni
fortemente ancorate al futuro, non solo della Russia ma soprattutto del mondo capitalistico occidentale.
La grandezza dell'orizzonte invisibile è tale che il vecchio linguaggio non basta più a descriverlo. Perciò è come se
non esistesse.
Ecco perché abbiamo sentito la necessità di un ciclo di riunioni sul wargame. Abbiamo visto che l'obbligo di
utilizzare i dati nell'ambito di un progetto costringe il progettista a tener conto degli scenari plausibili (corretti), e le
teorie come quella matematica dei giochi o quella generale dei sistemi si prestano molto bene allo scopo.
Naturalmente non esiste garanzia sul fatto che con le teorie in questione non si prendano abbagli, ma esse fanno
parte di un gruppo di teorie che riguardano la complessità, si integrano e le integrano, rispondono effettivamente a
problemi reali. Tra l'altro erano "nell'aria" e non potevano essere le uniche, come dimostrano a vari livelli di
astrazione o complessità la tectologia di Bogdanov, la teoria olonica di Arthur Koestler, l'organizzazione scientifica
del lavoro di Taylor, la programmazione lineare, i diagrammi di Gantt, la tecnica PERT (Program Evaluation and
Review Technique), eccetera, tutte esperienze che possono essere ricondotte al wargame attraverso l'invariante
dell'organizzazione dell'attività umana. La borghesia ha riunito questa organizzazione sotto la voce Project
management , ma l'organizzazione riguarda tutta l'attività ed è sempre ottimizzata con il ricorso a tecniche da
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Wargame
wargame. Nel linguaggio comune è facile riscontrare l'impronta lasciata da queste tecniche:lotta contro il tempo,
guerra allo spreco, battaglia per la qualità totale, campagna per la produttività, bombardamento pubblicitario, sono
tutte espressioni che evocano uno scontro di tipo militare per ottenere una vittoria in qualche campo, cioè una
supremazia. Chi fosse scettico sull'argomento, può accendere il computer e fare una piccola ricerca sulle origini, gli
scopi e l'adozione generalizzata della tecnica PERT nell'ambito di grandi progetti. Una tecnica anzianotta, che
citiamo apposta per sottolineare che 1) l'assenza di tecnica è certamente una scelta peggiore; 2) ogni sistema
dinamico formato da sensori, attuatori, feedback e trattamento dei dati può essere assimilato a un wargame, anche
se vecchio di secoli.
Nessun grande progetto può fare a meno di tecniche anti-dissipative, e ogni rivoluzione è un grande progetto. Non
ci risulta che le parole d'ordine prodotte dall'ultimo conflitto fra classi siano state vagliate con le tecniche adatte.
Michail Tuchacevskij, comandante dell'Armata Rossa durante la guerra contro la Polonia, poi comandante delle
forze armate dell'URSS, fu uno dei pochi a ricavare dall'esperienza rivoluzionaria una strategia valida per la guerra
europea secondo principi che ricordavano un wargame, specie per quanto riguarda la guerra di movimento resa
possibile dalle nuove macchine belliche. Tra le due guerre, ufficiali tedeschi (come Heinz Guderian) ricavarono
dalla dottrina russa simulazioni militari su quella che battezzarono blitzkrieg, guerra lampo, che si integrava bene
con il kriegsspiele, gioco di guerra, wargame di cui i militari tedeschi erano storici maestri. Anche in Inghilterra vi
furono sporadici segni di adozione della tecnica russa (Basil Liddell Hart, John Fuller), [7] ma in generale le forze
armate di tutti i paesi rimasero allineate alla tradizione. Il guaio fu che rimasero allineate anche le parole d'ordine
della rivoluzione, cosa che dal punto di vista politico significò allinearsi alla socialdemocrazia, cioè al nocciolo
democratico parlamentare. Era infatti inconcepibile affidare le scelte politiche a un gioco di guerra, e del resto
all'inizio non lo facevano seriamente neanche gli addetti alla guerra stessa, proprio i tedeschi, che diedero in
passato la spinta più forte al gioco di guerra (kriegsspiele).
Oggi si fa ricorso a simulazioni da wargame non solo da parte dei militari, che hanno sviluppato programmi
potentissimi, ma da parte di chiunque "entri in gioco" su di un campo di battaglia qualsiasi, da quello del gioco vero
e proprio a quello della campagna di marketing.
Complessità e riduzionismo
Quando la Sinistra Comunista presentò una proposta di tesi sulla tattica del partito rivoluzionario (1922),
l'Internazionale la rigettò ritenendo che fosse fuori tema, cioè che contenesse inutili richiami teoretici al
funzionamento organico del partito stesso mentre ci sarebbe stato invece bisogno di incitamento all'azione. Nel
documento che motivava il rifiuto, l'Internazionale spiegò che in un corpo di tesi sulla tattica si sarebbe dovuto
sottolineare la necessità di lavorare alla "conquista della maggioranza nel proletariato" attraverso l'applicazione
della tattica del fronte unico. Ora, mentre la chiarezza teoretica è un passo indispensabile per qualsiasi azione
sociale di un certo respiro, la conquista della maggioranza è una frase da congresso democratico, da elezioni
parlamentari, non può essere applicata al rapporto partito/proletariato, così come la parola d'ordine della
trasformazione della guerra imperialista in guerra civile. Senza un contesto che tenga conto della dinamica entro le
classi in rapporto con l'ambiente eccetera, anche la "conquista" diventa un problema da bacchetta magica.
L'aggravante del fronte unico non è solo una concessione alla superstizione democratica, è in definitiva una
rinuncia alla vittoria perché si diluiscono le potenzialità del partito, fino a quel momento intatte e riconosciute dal
proletariato. Non si mette in pericolo una possibilità futura ma si distrugge una realtà effettiva. Bordiga, presente a
Mosca durante la discussione sulla "questione italiana", rifiuta l'adesione alle Tesi di Roma da parte delle
delegazioni francese e spagnola in quanto non meditata. Qualsiasi altro partito avrebbe fatto di tutto per ottenere
un consenso che, in clima democratico, significava voti favorevoli ai congressi o alle riunioni del Comitato
Esecutivo.
Il programma della rivoluzione, verificato anche per mezzo di un modello sociale, aiuta a capire quali siano le
priorità e gli ostacoli, rende subito evidente la nullità di parole pompose sbandierate come soluzioni. Pensiamo alla
parola d'ordine "governo operaio", come se fosse l'equivalente di "potere operaio", che già non è gran che. La
guerra civile può certo essere uno dei passaggi del corso rivoluzionario, ma dal punto di vista del programma non è
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Wargame
un problema di volontà. Nello schema teorico del "rovesciamento della prassi" è contemplata l'inversione
dell'influenza sulle masse, non un fatto specifico che la può provocare. Lo stesso dicasi per la "conquista della
maggioranza". Che significato può avere in un contesto rivoluzionario? Non sarà certo rimandata la rivoluzione se
non si raggiunge un'influenza del 51% sulla classe. E poi, … la maggioranza di che cosa? Delle adesioni, dei voti,
degli operai con un fucile, dei rappresentanti in qualche consesso?
Il wargame, come abbiamo visto, è un gioco antico. Può essere adoperato per considerazioni attuali sulla guerra o
sulle imprese umane come la scienza, la biologia? La prima versione del suo antenato, il gioco dell'oca, risale
probabilmente all'antichità preclassica. Questo spiegherebbe la mancanza di relazione fra la struttura e il risultato
delle mosse, dato che non entra in gioco alcuna abilità ma unicamente il risultato del lancio dei dadi. Alcuni
pensano, perciò, che l'oggetto, in quanto gioco di percorso, servisse da oracolo, un po' come nell'I-Ching cinese. Il
gioco è attestato nel Medioevo, probabilmente come rappresentazione della Via Crucis o del pellegrinaggio alla
Gerusalemme Celeste. Compare anche nel Rinascimento proprio come oracolo, quando si caratterizza per la
simbologia di origine magica. Oggi è considerato adatto solo per i bambini. In sintesi, abbiamo una tavola illustrata
con immagini significative nell'ambito di un regolamento che ci dice come utilizzare l'informazione disponibile. Forte
è la tentazione di considerare le parole d'ordine dell'Internazionale (e di tutti coloro che ne applicano il metodo,
coscientemente o meno) più adatte al gioco dell'oca che al wargame in quanto, quest'ultimo, lavoro non
improvvisato ma progettato.
(#)
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(wargame2.htm)
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Wargame (2)
Wargame (2)
Non solo un gioco
(wargame.htm)
(wargame3.htm)
SECONDA PARTE
TESI E SIMULAZIONI
Modelli riduzionisti evolutivi
Ogni wargame ha generalmente uno scenario, due o più giocatori e si svolge in un'epoca storica che mette a
disposizione risorse, tecnologie e leggi tipiche del suo tempo. Potrebbe anche essere ambientato in un contesto
del tutto fantastico, ma deve avere comunque una sorgente di risorse, un processo di produzione e riproduzione e
uno scarico di scorie. Potrebbe non avere questi caratteri sociali ed essere basato sull'informazione tratta da
simboli come nel gioco delle carte. Potrebbe essere a somma zero come nel poker oppure dividere in altro modo la
posta della vittoria. Essendo sempre accompagnato da un regolamento, il gioco è o dovrebbe essere "polarizzato"
intorno a un certo stato di equilibrio, almeno finché uno dei giocatori non vince. Una definizione del gioco potrebbe
essere: "sistema formale per l'aumento dell'informazione su sé stesso." Infatti, il regolamento smussa gli spigoli,
ordina il disordine, conserva invece di distruggere e ricostruire. La quantità di informazione dovrebbe essere
costante. Invece no. Poniamo che una unità d'informazione si paghi, ad esempio un dollaro. I due giocatori
acquisiscono informazione "nuova" l'uno dall'altro semplicemente osservandosi a vicenda mentre operano
(giocano). Se avviene uno scambio di informazione per un dollaro, il sistema ha acquisito due informazioni mentre i
dollari nello scambio hanno semplicemente cambiato di tasca, la quantità di partenza è rimasta invariata. Le due
informazioni supplementari, invece, per chi le riceve sono veramente diverse da quelle possedute in partenza,
quindi, si sommano (a meno che non si consideri l'informazione come bene condiviso, nel qual caso non ci sarebbe
neppure lo scambio).
Può darsi che il gioco dell'oca sia davvero l'antenato di tutti i giochi da tavolo. Volendo esagerare, potremmo dire
che è a uno stadio evolutivo più basso di quello raggiunto dalla macchina di Turing, cioè dal computer ma gli
assomiglia: "Se nella casella trovi x, allora vai a y, oppure lancia i dadi z." Il gioco degli scacchi è più complesso,
ma non ha questo simulacro di capacità computazionale. È senz'altro un classico modello di realtà portata a un
grado di astrazione difficilmente superabile: con pochi elementi vagamente riferibili a una scena di guerra si ottiene
un numero di mosse apparentemente infinito su di un "campo di battaglia" di sole 64 caselle. Gli egizi avevano un
gioco, il senet, basato su tavola e "pezzi" come gli scacchi; i romani conoscevano scacchi dello stesso tipo di quelli
moderni (ne parla Ovidio sottolineando il contenuto militare del regolamento).
Nulla ci impedisce di costruire uno scenario diverso da quello che è diventato lo standard universale. Alcuni
elaborati modelli di gioco degli scacchi sono stati effettivamente provati, come ad esempio quello a "scacchiera
infinita", nel quale i pezzi classici si muovono con mosse classiche sulla scacchiera classica che continua sul retro
della faccia tradizionale.
Oppure quello escogitato da militari che volevano rendere il gioco degli scacchi più realistico, quindi a un inferiore
livello di astrazione. Quei primi modelli, risalenti al XVII secolo, avevano lo scopo opposto rispetto al gioco degli
scacchi che oggi conosciamo, cioè tendevano a introdurre elementi di realtà via via più plausibili, in modo da poter
riprodurre addirittura le grandi battaglie storiche e cambiarne gli esiti. È probabile che già nell'antichità classica si
studiassero su mappa le tattiche di una battaglia prima o dopo il combattimento.
Qualunque risultato si voglia ottenere dalla progettazione di un wargame, il modello astratto migliore cui riferirsi è
sempre quello degli scacchi: in esso si parte da uno scenario stabilito per giungere a un numero altissimo di
variazioni che permettono di ottenere una vittoria o di subire una sconfitta. Non esiste infatti alcun meccanismo che
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Wargame (2)
affida al caso anche solo una piccola parte del gioco. Ma, a differenza degli scacchi, in tutti i wargame lo scenario
evolve attraverso una più o meno alta presenza di condizioni casuali, ottenute con dadi, carte, caselle o
combinazioni di tutti questi fattori.
Dai "presepi armati", cioè dai plastici sette-ottocenteschi che si trovano ad esempio al Museo degli Invalidi di
Parigi, ai wargame computerizzati progettati per la guerra moderna, gli scenari sono ottenuti con grande
approssimazione alla realtà. Ciò comporta, nello svolgimento del gioco, una pesantezza non accettabile se lo
scopo è il divertimento ottenuto con simulacri di cartone stampato, per cui si sopperisce con espedienti inseriti nel
regolamento. Il realismo invece non incide o quasi sui grandi scenari progettati dagli stati non solo per la guerra.
Oggi i grandi giochi degli Stati Maggiori e dei Paesi sono tutti computerizzati.
Abbiamo visto, con il wargame della NATO sulla Terza Guerra Mondiale, che la borghesia quando è davvero sotto
pressione non attende, per la propria preparazione a eventi futuri, che l'attualità diventi storia. Per quanto incapace
di prevedere e di progettare per non lasciarsi trascinare dal flusso degli eventi, ha sempre il vantaggio della
posizione in difesa, come diceva von Clausewitz: essendo il capitalismo un sistema del rimedio (buco-rattoppo), la
sospensione della capacità evolutiva potrebbe essere il suo tratto caratteristico derivante da una crescente
passività rispetto alla freccia del tempo altrimenti chiamata storia. Come vedremo, anche la constatazione-lamento
sull'"attacco della borghesia al proletariato", avanzata reiteratamente dato che la classe dominante è sempre
intenta al suo naturale lavoro che è quello di sfruttare i proletari, deriva da grandi premesse: la borghesia è la
classe che detiene il potere, deve difenderlo; il proletariato è la classe "oppressa", non si può difendere che
pretendendo di più rispetto a quello che ha, cioè può solo attaccare. Anche quando le venga tolto qualcosa, per
riprenderselo deve attaccare. Se i proletari sono sulla difensiva è perché qualcosa hanno già perso. Oggi i proletari
non sono neanche più sulla difensiva, semplicemente non sono.
Prendere il treno giusto
Già. Se il governo operaio non è il potere operaio, il fronte unico non è un sindacato che iscrive solo operai. Ma
attenzione: la mappa ci consente di prendere il treno giusto e di scendere alla fermata prescelta, mentre il governo
operaio e il fronte unico non forniscono informazione. Il fronte unito c'è già ed è quello che ci farà perdere se
partecipiamo: una parte degli operai è già unita con la socialdemocrazia per ragioni storiche, non dobbiamo
rincorrerla ma andare per la nostra strada, solo così daremo un senso all'abusata parola "avanguardia". La storia
della Terza Internazionale è fatta di non-sensi logici, e alla lunga il linguaggio ne risente, fino a che compie un salto
dal subire la negativa influenza della realtà sociale, all'imporre una negativa influenza sulla realtà sociale. È l'effetto
langue de bois, la lingua di legno mummificata dall'omologazione.
Abbiamo parlato spesso di modelli "riduzionistici" della realtà, modelli che ci permettono di conoscere la struttura
profonda dei fenomeni che vogliamo analizzare, siano essi parte del ciclo naturale, siano il frutto del lavoro umano
applicato alla natura.
E abbiamo visto che maggiore è il grado di astrazione di questi modelli, maggiore è la loro capacità di descrivere
realtà diverse a partire da invarianze formali.
L'ingegnere, filosofo e matematico Alfred Korzybski è l'autore del celebre enunciato: "La mappa non è il territorio".
Esso ha implicazioni che vanno ben oltre al significato "popolare" normalmente attribuitogli. Un classico modello di
alta astrazione rispetto alla realtà è lo schema di tutte le metropolitane del mondo: per quanto ognuna di esse sia
diversa dall'altra, tutte offrono la totalità dell'informazione richiesta. Arriveremo a destinazione senza fallo attraverso
la consultazione di pochissimi segni: cerchietti, bande colorate, numeri e nomi. Considerazione collaterale: siccome
l'informazione da trasmettere ("prendi il tal treno") è sempre la stessa, la grafica necessaria risulta semplificata e
praticamente identica per tutte le metropolitane del mondo: barrette colorate, pallini e nomi delle stazioni.
Il metodo esemplificato con la piantina della metro è lo stesso che sta alla base di tutti i modelli d'invarianza sotto
trasformazioni: secondo il ponderoso lemma dell'Enciclopedia Einaudi, senza il concetto esteso di invarianza
sarebbe impossibile ogni scienza. Marx afferma che
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Wargame (2)
"Ogni scienza sarebbe superflua, se la forma fenomenica e l'essenza delle cose coincidessero
immediatamente".
Cioè se la costituzione materiale delle cose corrispondesse immediatamente al modello teorico che ne ricaviamo
(sempre che si riesca a sfruttare le leggi che finora abbiamo trovato per ciò che possono dare e non per uno
scontro di opinioni filosofiche).
More is different , ha scritto il premio Nobel Philip Anderson. Stiamo parlando di realtà o del suo riflesso sul nostro
cervello? Il fatto è che i neuroni, a differenza delle rotelle, hanno un comportamento, sembra che aggiungano
qualcosa alla situazione di partenza. Ma, deterministicamente, siccome non crediamo al miracolo della creazione,
e siccome tutto quello che succedeva e succede non scaturiva/scaturisce dal niente, ecco che invece della
bacchetta magica ci viene in soccorso la teoria dell'informazione. Korzybski, che abbiamo citato, fece uno scherzo
ai suoi allievi a proposito di psicologia e di comportamento dei neuroni: arrivò in classe con una confezione di
biscotti offrendone agli allievi; questi li presero d'assalto e, chiusa la scatola ormai vuota, videro sul coperchio
l'immagine di un cane e la scritta "Biscotti per cani". Diversi si sentirono male e un paio vomitarono. I biscotti
naturalmente non erano per cani. L'informazione non aggiunge niente di fisico a un sistema, ma può provocare
effetti macroscopici. Un computer, che sia nuovo o riempito con terabyte di dati, è sempre formato dalla stessa
quantità e qualità di materia. L'informazione è una disposizione della materia diversa da quella che c'era in origine.
Oggi a sostenere il materialismo, anche evoluto attraverso nuove scoperte, si passa per materialisti scientisti e
meccanicisti. Certo, una discussone tra filosofi è un campo di battaglia dove si scontrano agguerriti militi del
pensiero, i loro neuroni sono di sicuro in fermento, ma non possono "creare" dal nulla informazione, nuova
conoscenza. Una simulazione tipo wargame può aggiungere informazione al sistema solo perché questa esiste:
anzi, non sarebbero possibili variazioni al sistema se la presenza di "novità" fosse nulla.
Il wargame può essere scambiato per un sistema dinamico di simulazione al computer, ma è uno strumento
diverso. I sistemi dinamici producono variazioni di scenari a partire da una retrospettiva storica proiettata nel futuro.
La simulazione al computer, imprescindibile, riguarda ciò che sta succedendo per prevedere in modo da prevenire.
I wargame non hanno bisogno del computer per funzionare, tanto che la maggior parte di quelli operativi sono
"manuali" e ricorrono al computer per attingere informazione tecnica dai database o dai "sistemi esperti". Ciò che
soprattutto distingue i wargame è l'interazione fra i giocatori, che, disponendo oggi di immense quantità di dati,
possono liberare i propri neuroni e scatenarli nell'ambito di regole precise. I wargamer, a differenza dei filosofi, non
riciclano idee personali in scatola chiusa ma interagiscono tra loro e con il mondo, tanto che l'effetto gioco è
registrato persino dalla risonanza magnetica e da altri sistemi di rilevazione dei neuroni "accesi".
La scienza a congresso
Non sappiamo se il wargame è Scienza con la maiuscola, ma la teoria dei giochi è sicuramente un approccio
scientifico al comportamento umano in situazioni di conflitto. Scientifico o no, il gioco di guerra è comunque
diventato un ausilio importante in molte discipline, come fosse un grimaldello tuttofare. Da che cosa scaturisce
questa potenza? I filosofi idealisti italiani consideravano la scienza come cassetta degli attrezzi per risolvere
problemi pratici. Non attribuivano al mondo della ricerca scientifica la dignità di "cultura". Qualcosa di simile, in
formato ridotto, succede a molti sinistri, convinti che le parole d'ordine e l'agitarsi sconnesso possano sostituire la
teoria.
La scienza dell'epoca borghese va trattata con circospezione, ma l'ideologia va rifiutata, specie in tutti i casi in cui
ha un nome che finisce per …ista. Dunque: stiamo perdendo tempo o c'è qualcosa che vale la pena di sviluppare
in un articolo di periodico? Dobbiamo scomodare un quartetto famoso per avere termini di confronto.
Un filosofo della scienza della nostra epoca, Imre Lakatos, ha illustrato quella che secondo lui è la situazione in un
libro intitolato non a caso La metodologia dei programmi di ricerca scientifici. Metodologia e programmi, dunque,
due aspetti strettamente collegati che non possono nascere dal nulla: essi pretendono che l'elaborazione di cui è
capace il cervello umano si applichi razionalmente all'oggetto da conoscere. Se la nostra razionalità (metodo)
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Wargame (2)
fallisce vuol dire che 1) non siamo riusciti a conoscere l'originale e 2) ci siamo basati sul vecchio riduzionismo per
avere un modello derivato dall'originale ma invariante come la mappa rispetto al territorio, lo schema di tutte le
metropolitane del mondo.
Un altro filosofo contemporaneo, Paul Feyerabend, ha risposto con un libro, Contro il metodo, nel quale cerca di
mettere in guardia contro la credenza che la scienza sia infallibile e che una ricerca abbia carattere scientifico
soltanto perché in essa si fa ricorso a risultati precedenti consolidati, come ad esempio i fondamenti di Galileo e
Newton. Non facciamo il tifo né per l'uno né per l'altro, per adesso ci viene in mente però che, sia si tratti di
metodo, intuizione o altro, la ricerca scientifica ha sempre portato a risultati nuovi, e da qualche parte questi si son
pure dovuti formare e sedimentare.
Thomas Kuhn, con il testo La struttura delle rivoluzioni scientifiche, ci dice che la scienza procede a salti. Un lento
accumulo continuo di conoscenze conduce al formarsi di un forte paradigma, la scienza "normale" di una certa
epoca. Quando quel livello di conoscenza non basta più, interviene una rottura del paradigma, "scoppia" cioè una
rivoluzione scientifica, la risposta discontinua, a cuspide, all'accumulo continuo precedente, o forse meglio, alla
normalizzazione precedente della scienza.
È noto che Karl Popper, in Logica della scoperta scientifica, giunge a una conclusione difficilmente collegabile a
quanto detto dai suoi colleghi filosofi: la scienza non procede, afferma, per programmi, metodo o rivoluzioni ma si
impone falsificando sé stessa:
"L'inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un difetto. Ogni controllo genuino
di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla. La controllabilità coincide con la falsificabilità; alcune
teorie sono controllabili, o esposte alla confutazione, più di altre; esse per così dire, corrono rischi maggiori."
Se una teoria scientifica si può definire tale solo nel caso in cui sia confutabile con metodo scientifico, abbiamo un
caso curioso di proposizione dialettica fatta propria da un liberale arcinemico dell'assolutista Hegel, del pericoloso
Platone e del terrorista Marx, già da Popper presi di mira. Si sente sullo sfondo un po' di negazione della negazione
(la teoria falsifica sé stessa), di unione degli opposti (la controllabilità coincide con la falsificabilità) e di
trasformazione della quantità in qualità e viceversa (si ha scienza quando si riesce a ridurre un aspetto qualitativo
della realtà in elementi quantitativi misurabili). La scienza ha già qualche problema con la borghesia come classe
dominante, figuriamoci con i filosofi liberali borghesi in contraddizione con la lucidità rivoluzionaria dei loro bisnonni
illuministi.
Accettiamo per un momento quanto ci dice il filosofo: la scienza è corretta solo se criticata dalla scienza.
Aggiungiamo: con una valida sperimentazione. Possiamo, ad ogni modo, raccogliere i "pensatori" citati in un
quartetto omogeneo che ci mostra il panorama scientifico del '900.
Qual è l'origine dei loro cavalli di battaglia, così famosi e così accettati da tutti (anche da noi in questo momento)?
Lakatos isola il particolare "programma" che, insieme con "metodo", ci sembra un altro modo per dire "progetto".
Feyerabend gli risponde: niente metodo, ogni cosa va bene, la scienza è anarchica e sa arrangiarsi anche nella
confusione che produce.
Kuhn controbatte: la scienza è una cosa seria, e la cosa più seria che ci sia è la rivoluzione del paradigma.
Popper, riassumendo: dovete tutti quanti passare l'esame di scientificità. Allora, come stabilite la verità di una
proposizione?
Lakatos chiude il cerchio: Popper ha appena usato la parola verità e la sua falsificabilità sa di dialettica, due termini
che in scienza sono ormai sostituiti da proposizioni più potenti.
In ogni caso, la vecchia conoscenza andrebbe a far parte dei casi particolari di quella nuova. Una teoria scientifica
non muore mai: se ha rispettato le condizioni iniziali per essere definita tale, va a far parte delle teorie scientifiche
ritenute "vere" (virgolette) nell'ambito delle conoscenze generali della loro epoca.
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Ma il quartetto, lo arruoliamo o no? Per adesso gli diamo la gavetta e lo passiamo ai servizi ausiliari, però solo se lo
prendiamo in blocco, perché le critiche reciproche dei suoi membri sono più interessanti di ciò che essi sostengono
in positivo.
La tazzina e la ciambella
Nonostante la teoria geocentrica fosse sbagliata, fu a lungo ritenuta esatta perché i calcoli delle posizioni degli
astri, delle eclissi, delle costellazioni trovavano una conferma oggettiva. Oltre a ciò, e fu il freno più importante alla
concezione eliocentrica, il sistema geocentrico era difeso non tanto dalle teorie filosofiche o dalle credenze
religiose quanto, soprattutto, da ragioni intuitive (esempio: la velocità della Terra avrebbe prodotto un vento
fortissimo; la caduta di un grave da una torre avrebbe prodotto una variazione del punto d'impatto, idem per la
traiettoria di una freccia).
Era cioè difeso proprio con gli argomenti che Galileo rifiuta perché non dimostrati attraverso un modello misurabile
e calcolabile.
Abbiamo parlato spesso di modelli "riduzionistici" della realtà, modelli che ci permettono di conoscere la struttura
profonda dei fenomeni naturali che vogliamo o dobbiamo analizzare. Abbiamo visto che maggiore è il grado di
astrazione di questi modelli, maggiore è la loro capacità di descrivere realtà diverse a partire da invarianze formali.
Questa capacità si è rafforzata con l'impiego dei computer, che ci permettono di simulare situazioni un tempo non
riproducibili.
I primi wargame erano statici. Usati probabilmente per la prima volta nelle scuole militari per studiare le battaglie
del passato, erano l'equivalente di un presepe, una scenografia tridimensionale con elementi mobili (i soldatini di
piombo). Servivano da supporto alla spiegazione di ciò che era accaduto e solo in un secondo momento furono
usati per studiare esiti alternativi disponendo i pezzi mobili in modo diverso rispetto all'originale simulato. Nei
plastici immobili venne introdotto il tempo. La cronologia degli eventi può essere decisiva per l'esito della battaglia,
perciò ogni mossa dev'essere scandita nell'unità temporale.
Le simulazioni con il metodo dei giochi di guerra uscirono dal campo puramente militare solo nel '900, ma è con
l'avvento del computer che divennero un condensato di metodologie derivate da ogni ramo scientifico. Il tempo
rende dinamiche le ricostruzioni o comunque le simulazioni. Con le odierne conoscenze (teorie dei giochi, delle
catastrofi, delle reti, dell'informazione, dei sistemi, ecc.), spazio e tempo sono posti in stretta relazione, non più
soltanto nella formuletta della velocità (v = s/t), che già ci dava l'idea dello svolgersi dei fatti come in un film invece
che come in una fotografia, ma nello spazio delle fasi, un'astrazione che rende conto dell'evoluzione di un sistema
sottoposto a fattori deterministici.
La lotta di classe è perfettamente assimilabile alla guerra, perciò non c'è da stupirsi se riconduciamo situazioni e
parole d'ordine alla teoria dei giochi e ai wargame. E non deve stupire o comunque essere rigettata per principio la
scansione temporale che porta il modo di produzione (il sistema) a evolvere secondo invarianti sotto
trasformazione. I matematici a questo punto hanno pronto l'esempio della ciambella e della tazzina da caffè, unite
dall'invarianza topologica a dispetto della trasformazione morfologica. Se si pensa che il "generale" Engels
raccomandava lo studio della "questione militare", ci accorgiamo che non c'è motivo per ignorare il suo appello. Le
simulazioni odierne possono fornire anzi una base per l'indagine sulle tattiche in tempi di rivoluzione. Non è detto
che si tratti di questioni tecniche, per le quali basta la conoscenza degli strumenti. Il wargame come lo si intende
oggi può suggerire studi inediti rispetto a quelli che, da buoni ripetenti, ancora ribadiamo da cento anni esatti.
Anticipiamo: noi sosteniamo che le Tesi di Roma sulla tattica sono un sofisticato wargame giocato senza
scacchiera o computer. Risalgono al 1922, sono riprese in vari testi successivi che ne riassumono dei particolari,
specie Partito rivoluzionario e azione economica, del 1951, e Attivismo, del 1952, e sono state alla base di tutte le
discussioni avvenute in questi 99 anni. Il nostro studio non serve tanto a spiegare quanto a evitare di incamminarci
verso il secondo secolo di catastrofici errori.
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Perché è vero che gli errori non hanno padri, ma qualcuno li commette, anche se inconsciamente, collettivamente,
ripetutamente. Le tesi sono chiare, cristalline, inequivocabili: il perno attorno al quale ruota l'azione è il partito. Non
ci sono altri protagonisti, solo comparse. Ecco la risposta dell'Internazionale a quanto in esse si sostiene:
"Queste argomentazioni non hanno che un solo scopo: esse diminuiscono, rendono meno importante la
necessità della lotta per la conquista della maggioranza della classe operaia, cioè celano il compito più
importante che si impone ad un partito così giovane come il PCd'I. Invece di dire al partito: lotta per ognuno
degli operai, cerca di conquistarlo, cerca di conquistare la maggioranza della classe operaia, le tesi avanzano
obiezioni dottrinarie che mirano a dimostrare che non si tratta di un affare molto urgente. Vi è in ciò un pericolo
così grave che l'Esecutivo non rinuncerà a nessun mezzo per mettere in guardia il partito contro questo
pericolo." [8]
L'insulsa risposta è costruita su di un paradosso logico: il PCd'I è accusato di non volere la conquista di quella
parte del proletariato che al momento è schierato in maggioranza (elettorale) con la socialdemocrazia. Il Partito
dovrebbe quindi allearsi con quest'ultima per strapparle i proletari eccetera. Deve perciò mettersi in concorrenza
con la socialdemocrazia.
Per l'IC la tattica era un programma d'azione politico, finalizzato al controllo della maggioranza del proletariato; per
il PCd'I la tattica era il risultato della genesi del partito, la premessa indispensabile per proiettarsi al di fuori della
società capitalista per controllare il processo materiale della presa del potere.
Ma che bisogno avrebbe allora un operaio socialdemocratico di passare da un partito socialdemocratico ad un altro
con lo stesso programma?
Prendiamo la situazione europea al 1921, traduciamola in elementi quantitativi misurabili e immettiamola in un
computer all'applicazione Wargame-Comunismo, realizzata sulla base dei dati originali di Marx ed Engels.
Immettiamo fronte unico, governo operaio, conquista della maggioranza, parlamentarismo e compromesso.
Premiamo Enter. Compare sullo schermo la scritta: "Errore. Dati incompatibili con quelli originari richiesti
dall'applicazione." Il computer è una macchina, non sa mentire.
Scacchi, invarianza e… macchine euristiche
Con il termine "invariante" si intende descrivere una particolarità condivisa da tutte le scienze della natura fisica,
specie quando si tratta dei loro modelli matematici. La nozione di invarianza era particolarmente cara ad Amadeo
Bordiga perché in essa si esprime aprioristicamente la possibilità di trattare problemi qualitativi per trarre da essi la
possibilità di renderli quantitativi e misurabili, perciò trattabili con i metodi della scienza, cioè ricavandone
formalismi astratti con i quali fare calcoli, come se fossero "vere e proprie macchine per conoscere."
Il classico modello di realtà rappresentato dagli scacchi permette qualche considerazione sull'invarianza. Con pochi
elementi vagamente riferibili a una scena di guerra si ottiene un numero di mosse apparentemente infinito su di un
"campo di battaglia" di sole 64 caselle.
Nulla impedisce di costruire uno scenario diverso con le stesse regole, e lo stesso vale per l'inverso: è possibile
uno stesso scenario con regole diverse. I modelli di wargame da tavolo portano alle estreme conseguenze questo
aspetto del gioco: si fa una mossa, si osservano le reazioni che essa provoca nell'avversario, si fa un'altra mossa,
dove per mossa se ne intende una qualsiasi prevista dal regolamento.
Questa capacità di plasmare un gioco secondo le esigenze, si è rafforzata con l'impiego dei computer, che ci
permettono di simulare situazioni un tempo non riproducibili perché derivanti da aspetti qualitativi non
implementabili. Anche le probabilità del verificarsi di un certo evento erano difficilmente calcolabili e in genere si
ricorreva all'aleatorio risultato di un lancio di dadi.
Quando i compagni che abbiamo citato all'inizio decisero di realizzare un wargame, incominciarono a produrre
scenari, ipotesi, raccolte di dati, arrivando ad avere una buona traccia da cui partire per la realizzazione. La traccia
era originale, ma tecnicamente dedotta dai wargame allora disponibili e che non erano gran che rispetto a ciò che
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si sarebbe voluto realizzare. Il gioco di guerra pubblicato su Eserciti ed Armi sembrava ben strutturato, ma si era
subito rivelato piuttosto impegnativo e tutto sommato inutile: anche se si trattava di un gioco, l'uso militare classico
era di freno all'utilizzo delle proprietà invarianti. Una rivoluzione non è semplicemente una guerra, anche se molti
eventi hanno la stessa natura e si possono assimilare facilmente per via della storia ben studiata e dell'effetto
realistico ben calibrato. La guerra sarà la continuazione della politica con altri mezzi, come dice von Clausewitz, ma
alcuni aspetti sono superflui nel contesto odierno di una rivoluzione.
Avendo progettato il "wargame proletario" come un'applicazione acritica dell'assunto "trasformare la guerra
imperialista in guerra civile", esso prevedeva una fase transitoria con la presenza di fanteria, marina e aviazione.
Alcuni aspetti richiedevano l'intervento dell'intelligence per attribuire i necessari coefficienti di riuscita dell'azione, e
l'insieme rispondeva bene in teoria ma era difficile farlo funzionare. Che cosa se ne fa il proletariato della marina?
La risposta era semplice ma sbagliata: serviva la marina perché in Russia, nel 1917, c'era.
Comunque, questa presenza della "specializzazione" delle varie armi non intralciava la possibilità di utilizzare le
stesse regole con scenari diversi o gli stessi scenari con regole diverse. Vale a dire che sembrava abbastanza
agevole utilizzare la struttura interna per ricavare un wargame caratterizzato dall'ipotesi "trasformare la guerra
imperialista in guerra civile" poi sottoposta a critica. In Russia la rivoluzione fu davvero un salto dalla guerra
imperialista a quella civile, ma, e lo spiega bene Lenin, le sue caratteristiche non erano il frutto di una teoria
invariante bensì di una situazione del tutto speciale. È vero che durante una guerra il proletariato è in armi, ma è
tutt'altro che sicuro l'uso che ne può fare una volta che la borghesia gliele ha messe in mano. Ciò non vale solo per
il caso specifico; anche un wargame moderno, già realizzato per computer, può rivelare un errore come questo: per
cui invece di essere un vero simulatore di guerra elettronica può limitarsi a essere un simulatore elettronico di
guerra.
A noi non serve un simulatore comunista di rivoluzione, serve un simulatore di rivoluzione comunista. Non è la
stessa cosa. Dobbiamo strappare il comunismo dalle grinfie dell'ideologia borghese e riconoscere il comunismo
delle origini come terreno di coltura del comunismo sviluppato: il quale non è una nuova forma di governo ma il
modo di essere di un'altra forma sociale. Non progetteremo questa forma sociale in veste di wargame, ma
leggeremo l'informazione che ci serve per identificarla già oggi. In fondo è quello che facciamo da quarant'anni
contro le residue scorie dello stalinismo.
È un po' come tracciare il grafico di un sistema complesso utilizzando le modalità più comprensibili, anche di primo
acchito, per capirne il funzionamento. Il più semplice e generalizzabile è quello delle coordinate cartesiane. Esso ci
mostra l'andamento nel tempo di determinate quantità espresse in unità di misura. È universale, ci permette di
rappresentare quasi tutte le dinamiche nel tempo, l'importante è sapere quale conoscenza utile trasmette. Ed è
sufficiente una semplice occhiata per apprendere se la quantità di "cose" rappresentate sale o scende. Se
avessimo scelto una tabella, avremmo dovuto interpretare i numeri, confrontarli entro la tabella e fra tabelle,
eccetera. E non per ultimo: l'impatto visivo immediato in guerra è essenziale, non solo per quanto riguarda i grafici.
Se invece di quantità nel tempo avessimo un insieme con dei sottoinsiemi useremmo un grafico a "torta", che
visualizza la composizione percentuale di qualsiasi insieme coerente con i suoi sottoinsiemi. Per quanto riguarda
l'immediatezza vale il discorso fatto per il diagramma cartesiano.
Volendo invece rappresentare una serie ordinata di operazioni entro un sistema dinamico potremmo utilizzare un
diagramma di flusso, nel quale sono raffigurate ed evidenziate le funzioni da un punto di partenza a uno di arrivo. I
bussolotti rappresentano delle funzioni collegate alle forze o alle idoneità degli apparati esecutivi. È uno degli
schemi più delicati: di solito al posto dei bussolotti finiscono persone o partiti, mentre l'uso corretto è quello delle
funzioni. La quantità d'informazione che si ricava di primo acchito da un elenco di persone o partiti è vicina allo
zero, da un diagramma di flusso possiamo ricavare un programma completo.
Il confronto fra sistemi quantitativi misurabili e sistemi qualitativi aleatori mette a dura prova il riduzionismo classico.
Ma è proprio per questo che siamo condannati a ricercare elementi di validità nel percorso della conoscenza,
percorso che non dobbiamo trascurare.
Rassegna delle forze in campo: genesi di una mossa
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All'inizio di ogni battaglia vi sono forze disomogenee che si affrontano schierando in campo più differenze che
analogie. In ogni guerra, queste forze si influenzano a vicenda e variano a seconda delle rispettive possibilità
economiche e sociali, per cui si viene a formare una certa simmetria di forze e di mezzi.
Nella fase di crescita dello scontro in una situazione rivoluzionaria, è possibile, anzi certo, che una incolmabile
differenza di simmetria sia neutralizzata da una componente contraria in grado di sovvertire le consuetudini e
rivelarsi idonea all'obbiettivo. Il gioco fra queste potenzialità rappresenta il campo insostituibile su cui si sviluppa il
wargame.
In genere per "mossa" si intende una serie più o meno importante di azioni che servono sia a conquistare posizioni,
sia a obbligare l'avversario in posizioni poco difendibili.
L'esito di una guerra in genere non è stabilito dalla ricerca di posizioni valide ma dal loro insieme nel tempo. È noto
che vi sono stati condottieri che hanno vinto tutte le battaglie ma hanno perso la guerra (e viceversa).
Questo è un dato di fatto che ha una sua logica: chi persegue un obiettivo intermedio può al massimo aspettarsi di
ottenere un risultato intermedio. Nel campo delle "situazioni" (degli scenari) se non esiste una polarizzazione
sociale di intensità sufficiente è inutile e dannoso fingere che ci sia.
Sembra una banalità, ma succede più spesso di quanto non si creda, e ci si mette in questo caso nell'impossibilità
di dar vita a qualsiasi movimento più grande. Eppure, se partecipiamo a un wargame, ci comportiamo in modo
diverso.
Mentre nella vita di tutti i giorni siamo convinti di prendere posizione in base alla nostra volontà e razionalità
personali (coloro che hanno responsabilità su altri sono una minoranza), nel wargame sappiamo che volontà e
razionalità sono fattori collettivi che maturano con l'interazione dei giocatori (i duelli fra individui non sono un buon
soggetto per un wargame).
Mentre nella vita di tutti i giorni, soli o insieme con altri, siamo convinti di capire una realtà complessa che ci viene
presentata da capi o partiti che non hanno idea di cosa sia la complessità, nel wargame siamo costretti a distillare
conoscenza dalle fonti più disparate.
Emblematico il caso della rivoluzione europea fallita dopo la Prima Guerra Mondiale: tutti i partiti socialisti e
comunisti si dichiaravano per la presa del potere dato che il proletariato lo esigeva; ma come partiti si guardavano
bene dal potenziare la tendenza, anzi, la sabotavano. Questo poteva accadere grazie a una tradizione di
doppiezza politica (dire una cosa e farne un'altra opposta) alla quale gli operai erano assuefatti.
Nel wargame non si va allo sbaraglio, ci sono delle regole che chiameremo "programma". La prima mossa la fanno
gli operai. Non perché sia stabilito dal programma o dalla consuetudine o dal lancio della monetina, ma perché i
capitalisti sono nel loro elemento, nel loro modo di produzione, sono loro che hanno la facoltà di "dare", ma lo
fanno solo se qualcuno "chiede". E di solito neanche in questo caso. Di qui la lotta.
Se nella società i parametri fondamentali dell'economia politica sono poco squilibrati nessuno chiede niente. Se
sono molto squilibrati può darsi che qualcuno chieda qualcosa, oppure no, per paura di perdere il posto o altro. Se
qualcuno chiede, questi non può essere che un operaio. Ciò non c'entra con una qualche "teoria dell'offensiva
padronale" che si scatenerebbe tutte le volte che i padroni fanno il loro mestiere. Anche gli operai hanno la facoltà
di fare il loro mestiere di classe, tra l'altro sono oggettivamente più forti; se non rivendicano nulla, il mondo
capitalistico sa come adoperare quel vantaggio.
In situazioni particolari, potrebbe anche scattare la piccola borghesia, la più tartassata nel momento in cui le
venisse tolta la delicata fonte di reddito cui è aggrappata: la bottega, l'ufficio, il negozio, la scuola, la burocrazia, il
controllo sociale. Delicata fonte di reddito perché legata completamente ad attività che non padroneggia in quanto
intrecciate a quelle di altri. Anche il salario è una variabile connessa alle decisioni di altri, ma nel caso dell'operaio
una variazione di salario non comporta una sorpresa, è storicamente normale e può essere oggetto di
contrattazione sostenuta da scioperi. Il reddito delle mezze classi, invece, ha le proprie radici in attività che
appaiono come inattaccabili, ed è un fattore di instabilità perché non usufruisce degli storici ammortizzatori sociali
di cui dispongono gli operai. Il piccolo borghese si sente avvantaggiato quando gli eventi permettono un'esaltazione
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delle sue funzioni, ma proprio per questo, oltre a patire il danno economico, si sente frustrato quando gli portano
via o gli riducono il reddito, l'unico parametro che può permettergli una distinzione sociale con l'ostentazione di
quella che percepisce come ricchezza anche se è un'infima frazione di quella vera.
Dunque: l'operaio non può che essere all'attacco. Non perché lo scelga ma perché è nella condizione materiale di
non poter fare altro che questo. En passant numero uno: strombazzare contro le cosiddette offensive padronali è
una sciocchezza. En passant numero due: von Clausewitz riteneva che a parità di tutte le altre condizioni la difesa
fosse più forte dell'attacco; nel linguaggio terzinternazionalista trionfa un concetto piagnucoloso di "difesa dei diritti"
quando invece Marx chiarisce che in questa società l'operaio non ha garanzie da difendere (Manifesto).
In alcuni wargame, a differenza che negli scacchi, il regolamento può permettere a chi muove di fare quante mosse
vuole, al limite di gettare tutto il suo potenziale in una mossa/battaglia sola. Normalmente, così facendo colui che
muove dimostra quel che abbiamo appena detto a proposito di difesa e attacco. Engels riteneva che proprio per
questo la rivoluzione non può permettersi di giocare in difesa, sarebbe una contraddizione in termini. Essa passa in
difesa solo se non risolve vantaggiosamente la questione del potere, per consolidare definitivamente la propria
vittoria.
In un gioco regolare, siccome un buon progettista di wargame deve tener conto dell'aleatorio e della psicologia,
può generare appositamente errori a scopo didattico, ripetere serie di mosse con varianti, provare strategie di largo
respiro, insomma, fermare il tempo. Tenderà così a bilanciare le forze. Come succede nella realtà. E queste sono
meglio bilanciabili mentre il gioco si svolge. Quello che ci interessa, arrivati fin qui, è che il progettista non può fare
altro che attingere dal mondo reale e calibrare il gioco sul tipo di guerra che si vuole simulare, immettendone un po'
nel mondo virtuale. Sempre però tenendo conto che occorre giungere a una riduzione della realtà a modello
lasciando la possibilità di scrivere delle regole.
Parlarne sembra astratto, ma il realismo uscito dalla finestra rientra trionfalmente dalla porta principale. Il wargame
piace un sacco al capitale. Dalle simulazioni (quella su accennata è una sintesi di quella ricordata all'inizio) ai
gadget le cifre in ballo sono notevoli.
Il mondo riprodotto negli scenari dei wargame è un po' troppo astratto e, nello stesso tempo, un po' troppo
realistico, collocato com'è fra Scacchi, Monopoli, Gioco dell'Oca e Trenino elettrico. Essendo una merce, ha
bisogno di produrre oggetti vendibili e non solo concetti. Perciò, anche se i giocatori sono mediamente attempati,
collezionano modelli in scala come i bambini. Sono pignoli, acquistano spesso compulsivamente, conoscono tutte
le attività collegate che hanno dato luogo a un mercato fiorente del nuovo e dell'usato che fattura 160 miliardi di
dollari all'anno. Il mondo delle merci gioca contro sé stesso, gli auguriamo una vittoria strepitosa, il becchino sta
aspettando da un secolo e sta manifestando segni di impazienza.
(wargame.htm)
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Wargame (3)
Wargame (3)
Non solo un gioco
(wargame2.htm)
(wargame4.htm)
TERZA PARTE
EVOLUZIONE SIMULATA
Il wargaming secondo chi lo usa
Wargame è il gioco, wargaming è il giocare. Lo Stato Maggiore delle forze armate inglesi è convinto che giocare
con i wargame sia utile alla Nazione perché abitua i cittadini a pensare in termini di conflitto e competizione anche
per campi diversi da quello della guerra. Non è un modello qualsiasi, dice, ma un programma per pensare. Questo,
con qualche modifica, sarebbe in linea con quanto diciamo anche noi: nel wargame l'uomo vive una situazione, il
programma la calcola. Il programma non deve essere confuso con la simulazione costruttivista, la realizzazione di
modelli artificiali di realtà. E nemmeno con un insieme di funzioni parziali semplici che, assemblate, conducono a
risultati complessi. Una simulazione, per quanto perfetta, non è un wargame ma solo il suo motore, mentre i dati
che l'informano sono il carburante.
Proviamo a sintetizzare la descrizione che il citato organismo militare ha pubblicato in un Handbook (manuale) per
il wargaming:
- Un wargame è composto da vari elementi, che di solito sono tutti implementati. Nessun singolo elemento, però,
costituisce un wargame.
- Una simulazione potrebbe fornire il motore che determina i risultati, e anche il carburante, ma non è il wargame.
- Anche la strumentazione, per quanto complessa e completa non è il wargame.
- Gli elementi più caratteristici di un wargame sono quelli qualitativi, i meno digeribili da un computer. Perciò
obbligano gli umani a destreggiarsi per renderli commensurabili.
- Il traguardo è strettamente connesso con il percorso per raggiungerlo.
- Impostazione e scenario rappresentano l'ambiente entro il quale è immerso il gioco (un po' come nel vecchio
concetto di etere), ma l'ambiente non è il wargame.
- Tutti i wargame sono guidati dalle decisioni dei giocatori in base ai dati che questi rilevano e non in base a
opinioni personali.
- L'aggiudicazione dei compiti è un risultato del processo di determinazione; perciò, chi aggiudica ha un grande
potere che va controllato.
- La simulazione può essere manuale, assistita da computer o totalmente automatizzata, perciò, computerizzata. È
l'esecuzione, in un tempo dato, dei modelli contenuti nel gioco.
- All'interno del wargame la modellizzazione, l'azione e la simulazione sono ulteriormente discusse con le regole, le
procedure e l'aggiudicazione.
- Il wargame richiede robustezza nel tempo, perciò dev'essere meticolosamente collaudato e duplicato.
- L'ambientazione, che può essere reale, romanzata o sintetica, è il quadro su cui può essere costruito lo scenario
sviluppato, una situazione geografica e strategica concepita al fine di fornire tutte le condizioni richieste per
sostenere il raggiungimento di scopi e obiettivi di esercizio di alto livello.
- La trama di fondo che descrive la storia politica, militare, economica, eventi e circostanze culturali, umanitarie e
giuridiche che hanno portato allo specifico conflitto di esercizi attuali. Lo scenario è progettato per supportare
l'esercizio fisico e l'allenamento e, come l'ambientazione, essere reali, romanzati o sintetici.
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame3.htm
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Tutto questo è patrocinato dal Ministero della Difesa, come dire che non si sta scherzando col giuoco. La
caratteristica principale del wargaming è la differenza rispetto ai metodi per ordinare le informazioni nei campi
gestionale, progettuale o produttivo che abbiamo visto di sfuggita (ad esempio il PERT). Il gioco prevede un
avversario, quindi è interattivo, rende l'uso del wargame diverso da quello del confronto per giungere a un
consenso o a un supplemento di discussione. Tantomeno è un anarchico brainstorming in cui si scontrano a ruota
libera idee o proposte o qualsiasi cosa che faccia parte di un processo da cui si attendono risultati. Il gioco non è
"semplicemente" argomento per la psicologia, l'antropologia o la sociologia, ma non lo è neppure per qualcos'altro
come ad esempio la matematica, che pure è ampiamente utilizzata. Forse è più legato alle teorie dell'evoluzione,
dato che affina i sensi messi in funzione quando gli uomini entrano in relazione fra loro, individualmente o in
gruppo. È apprendimento, esperienza, allenamento, adattamento, recita, partecipazione, influenzamento,
interazione, appunto. I bambini giocano alla guerra prima di sapere che cosa essa sia realmente.
Per questo non ci sembra tempo perso dedicare qualche ora a confrontare il wargaming con lo sviluppo di una
rivoluzione, specialmente quella prossima. O in corso, secondo la definizione che ne danno Marx ed Engels.
Variazione delle grandezze misurabili
Rimaniamo al momento sul generale e passiamo in rassegna le forze in campo: vediamo la solita dozzina di
elementi di cui tener conto per progettare la nostra simulazione:
La popolazione – Il capitale – I capitalisti – Gli operai – Lo stato – Le fabbriche – Le banche – L'esercito – La polizia
– I mezzi d'informazione – La piccola borghesia – I fruitori di rendita.
Da nessuna parte è nata qualche categoria nuova. Non la burocrazia, non la tecnocrazia, non la retecrazia, non la
nullocrazia. Da cento anni si rimescola la stessa solfa. La borghesia opera indisturbata senza neppur fingere di
aver voglia di migliorare sé stessa come una volta. Salta infatti agli occhi uno schema classico nel quale
potrebbero trovar posto parole d'ordine del tipo "trasformare la guerra imperialista in guerra civile" o "conquistare la
maggioranza del proletariato". Negli archivi del Naval War College americano ci sono 300 wargame diversi di
grande formato elaborati nel periodo tra le due guerre: se non fosse stato inventato il computer ne sarebbero stati
elaborati altri, sempre con le stesse caratteristiche. I militari sono conservatori, tranne quando sono vicini alla fine
di una guerra (quando hanno sfruttato al massimo le conoscenze dell'epoca sulle armi e sul warfare, cioè sul modo
di fare la guerra, producendo armi nuove ed elaborando nuove dottrine militari).
Oggi lo schema è infatti contingentemente sempre sé stesso nonostante sia storicamente superato. Se come
specie (e non come inventori dell'economia politica) vogliamo informazione e non problemi, se dobbiamo guardare
al futuro tenendo conto dell'invarianza secondo trasformazione e non semplicemente invarianza o trasformazione,
va radicalmente cambiato l'approccio, altrimenti rischiamo davvero altri cento anni senza futuro.
Però questa volta all'orizzonte c'è l'Apocalisse: superata una certa soglia tutto ciò che oggi incute più o meno
disagio, incuterà terrore. Marx, scientificamente, aveva preso in considerazione teorica anche lo sbocco
rivoluzionario pacifico, ma l'aveva relegato al margine del suo impianto generale, che era quello della lotta.
Oggi questa remota possibilità va rapportata a zero.
Perché oggi, dopo due guerre mondiali e la conseguente boccata di ossigeno all'economia politica, la scienza non
ci dice più che non bisogna trascurare ogni piccolo dettaglio se rientra anche solo in remote possibilità. Oggi siamo
nella condizione di escludere anche le remote possibilità.
Diventa dunque indispensabile tener conto non tanto dei fattori politici o comunque sovrastrutturali ma dei fattori
reali di cambiamento, come ad esempio la smaterializzazione delle merci, la robotica nella produzione e nella
logistica, la conseguente ripercussione sul warfare, l'indebolimento dello stato che è obbligato a corazzarsi contro
avverse e continue manifestazioni. L'attualità non è più una fonte di informazione per il controllo sociale perché
quest'ultimo non è più contingente, relativo a disordini sociali o tempi di guerra, ma permanente, inserito nella vita
quotidiana della popolazione attraverso mezzi tecnici fino a poco fa inimmaginabili. Pensiamo agli 800 milioni di
telecamere che in Cina controllano 24 ore su 24 tutto ciò che succede in luoghi considerati strategici per il
rilevamento di "informazione sociale". E questo fatto lo annotiamo ancora solo perché è relativamente recente e
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basato su di una tecnologia curiosa cui non siamo ancora assuefatti: ricavare da masse di molecole sociali
informazione utile a un'azione preventiva nei loro confronti; elaborare i dati delle espressioni facciali utili a
reprimere una manifestazione che sta diventando difficile da controllare; limitare il futuro tasso di microcriminalità
previsto in presenza di dati statistici raccolti dalle telecamere. Abbiamo tutti un indirizzo e-mail e soprattutto un
telefonino che ci segue a tempo pieno e che spedisce dati su tutto ciò che facciamo, ma a questo tipo di controllo
abbiamo fatto l'abitudine.
Si fa un grande uso, recentemente, della parola "libertà". Della nostra libertà individuale nessuno al di fuori di noi
stessi sa che farsene e, paradossalmente, a meno che qualcuno non sia interessato proprio a noi individualmente,
siamo più garantiti dalla raccolta universale di informazione che da qualsiasi tecnica di protezione della cosiddetta
privacy. Nel mondo siamo 7,8 miliardi; fra abitazioni private e uffici, sono in funzione almeno 10 miliardi di computer
e smartphone che raccolgono dati con criteri statistici, la miglior garanzia che, data la quantità, la sacra persona
venga ignorata in quanto tale. Ciò ha ripercussioni sul warfare, campo in cui l'informazione è a tutti gli effetti
un'arma, anzi, forse l'arma più micidiale, decisiva nella valutazione delle forze che si fronteggiano (ecco l'influenza
della realtà sul lessico o viceversa: le forze militari non si fronteggiano più almeno da un secolo).
Vediamo uno scenario letto con gli occhi del wargamer:
- ogni elemento ha il suo "valore" prestabilito, ad esempio in "Punti".
- scopo: accumulare nuovi punti o erodere quelli dell'avversario.
- intorno ai dodici elementi elencati a inizio capitolo avviene lo scontro.
Caratteristiche:
I punti si guadagnano sul campo e/o si prendono in cassa in base alla potenza di ogni giocatore (più questi è
potente, più ha modo di accumulare potenza aggiuntiva, come nella realtà).
Campo delle derivazioni 1 (wargame meccanici):
Scacchi - Gioco dell'Oca - Monopoli - Risiko
Campo delle derivazioni 2 (wargame fuzzy):
Lotta di classe - Twilight Struggle - Dual Powers 1917.
Funzione di Gettoni e Pedine, per esempio: coefficienti di correzione.
Nella simulazione dinamica dei fattori di un eventuale scontro di classe, non si potrà fare a meno di schierare le
forze tradizionalmente incaricate di svolgere la loro funzione: borghesi, proletari, partiti, sindacati, ecc. In un gioco
"scacchistico" queste funzioni sono assai limitate e soprattutto non possono evolvere.
Prendiamo i sindacati: noi abbiamo affermato che chiunque conquisti o costituisca oggi un sindacato senza che
siano variate le condizioni sociali esistenti non potrà fare altro che mettere in pratica la prassi sindacale
corporativista, perché l'esigenza di ottenere risultati entro il quadro corporativo blocca l'azione sindacale sul piano
storico.
Un sistema di soviet potrebbe teoricamente introdurre variazioni nei rapporti di forza, cioè acquisire autorità
riconosciuta, ma i soviet, in quanto organismi strutturalmente interclassisti non sarebbero che dei parlamentini
impossibilitati a svolgere la funzione che svolsero nel 1917. Ricordiamo che Lenin considerava inconseguente la
borghesia russa, quindi incapace di dirigere la propria rivoluzione, quindi incapace di conquistare i soviet. Se questi
oggi avessero un peso nel corso della rivoluzione sarebbe meglio neutralizzarli, anche se fossero conquistati dal
proletariato (con un sistema elettorale? Abbiamo visto alla prova il consigliarismo nostrano negli anni '20, le
propaggini attuali sarebbero quanto di più inadatto per l'evoluzione dei rapporti di forza).
Ormai non esistono più organismi tradizionali in grado di cambiare pelle per cambiare la storia: qualsiasi organismo
legato ai vecchi modelli politici dovrà scomparire e lasciare il posto a nuove forme di associazione immediata.
Questa non è una questione contingente e va risolta sintonizzandola con tutto l'intorno. Quando diciamo che non
sarà mai possibile trasformare i sindacati in pure e semplici appendici dello Stato perché raccolgono per loro natura
solo salariati, non vogliamo dire che bisognerà sempre partecipare alla vita sindacale. Le condizioni di invarianza
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devono essere effettive. Se fossimo dei progettisti di wargame non potremmo porre sullo stesso piano, per
l'equilibrio, un organismo proletario e uno borghese solo perché i loro seguaci hanno entrambi – poniamo – le
scarpe da tennis. È possibile trattare un organismo proletario come assolutamente diverso da uno borghese solo
quando non sia in mano ai borghesi. L'appartenenza di classe dei membri di un gruppo sociale non è garanzia di
un comportamento razionale e conseguente. D'altra parte, abbiamo un buon esempio di eccezione alla regola:
durante la Repubblica di Salò, la politica di socializzazione progettata da Mussolini e proposta anche alla
Germania, prevedeva la costituzione di sindacati governativi; la nostra corrente chiarì che in quel caso non era
possibile un qualsiasi lavoro sindacale.
Ci siamo trovati nella condizione di costituire dei consigli di fabbrica dove non c'erano; di sostituirli dove c'erano ma
avevano disertato la lotta; di scioperare insieme a sindacalisti di base quando ci siamo trovati a denunciare uno
sciopero in difesa della democrazia; di fare a botte con sindacalisti che volevano impedire dei picchetti spontanei,
eccetera. Quando gli operai sono in lotta, siamo in lotta con loro. Purché sia chiaro che non facciamo del
sindacalismo corporativo. In Partito rivoluzionario e azione economica si dice chiaramente che l'accento va messo
sulla natura dell'organismo e sull'unità dei lavoratori. Le condizioni di partecipazione vanno quindi associate a un
qualcosa di più importante che non la rivendicazione contingente, la quale non richiede certo la fondazione di un
nuovo sindacato per essere sostenuta. Ad esempio, non costituiremo mai piccoli sindacati che sono la fotocopia in
formato ridotto di quelli grossi.
La disattesa importanza virtuale dei sindacati
Da un dibattito sulla "questione sindacale" può scaturire di tutto, indifferentemente: si può ritenere corretta una
"soluzione" o il suo contrario, le motivazioni "profonde" per una scelta si trovano sempre. Non vale la pena
elencarle, le abbiamo subìte per decenni in dialoghi fra sordi tenacemente abbarbicati alla "Tradizione". Ma
vediamola un po' questa tradizione.
Notare che nel testo appena citato i Soviet non compaiono se non nella funzione di generici organismi "a contenuto
economico". Comunque, in ogni movimento rivoluzionario generalizzato devono essere presenti:
1) un ampio e numeroso proletariato di puri salariati;
2) un grande movimento di organismi a contenuto immediato che comprenda una imponente parte del proletariato;
3) un forte partito di classe, rivoluzionario.
I vecchi sistemi complessi che dobbiamo sconfiggere per liberare quelli nuovi vanno affrontati con le teorie della
complessità. Questi sistemi non richiedono tanto manuali di istruzioni quanto strategie dettate dalla loro dinamica.
È la storia che fa gli organismi, non il contrario. Abbiamo quindi che lo scenario della rivoluzione è il risultato della
corretta impostazione della teoria del materialismo storico che collega il primitivo bisogno economico del singolo
alla dinamica delle grandi rivoluzioni sociali; della giusta prospettiva della rivoluzione proletaria in rapporto ai
problemi dell'economia, della politica e dello Stato; degli insegnamenti della storia di tutti i movimenti associativi
della classe operaia così nel loro grandeggiare e nelle loro vittorie che nella corruzione e nelle disfatte.
Le teorie della complessità non ci permettono di dire a cuor leggero che un dato fenomeno è spiegato una volta per
tutte dalle conoscenze acquisite e basta. Ogni fenomeno ha una storia e quindi è cangiante nel tempo. È obbligo
nostro farlo rientrare nella sua corretta dimensione riducendolo a forme di invarianza. Una cattiva interpretazione
del riduzionismo scientifico può mostraci analogie e differenze dove non ve ne sono. In un sistema complesso,
oltre al carattere dominante di uno scenario, vi sono sempre condizioni al contorno che contribuiscono alla sua
storia:
"Le linee generali della svolta prospettiva non escludono che si possano avere le congiunture più svariate nel
modificarsi, dissolversi, ricostituirsi di associazioni a tipo sindacale." [9]
Così nel 1951. Ci sono queste condizioni nel 2021? E se no, quali nuove condizioni si potranno presentare? Intanto
si capisce che le determinazioni secondarie rientrano nello scenario solo se passibili di neutralizzazione rispetto al
cambiamento. E poi i portatori di "indirizzi sociali anche conservatori" possono rientrare nello schema solo come
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elementi che, pur di non perdere i vantaggi acquisiti, si ribellano allo status quo.
Il wargame, da tavolo o realizzato con il computer, non subisce influenze ideologiche diverse da quelle presenti nel
regolamento o nel programma implementato. L'interfaccia con il computer impedisce l'esaltazione degli elementi
soggettivi perché non provoca dibattiti. La macchina fa solo ciò che le si chiede di fare. D'altra parte, essa
sconvolge il rapporto uomo-gioco-ambiente perché rende formalizzabili scenari (modelli) che precedentemente
venivano trattati esclusivamente in quanto soggettivi/qualitativi. È vero che s'è vista gente prendere a pugni un
computer, ma questo non dev'essere scambiato per una effettiva umanizzazione: siamo noi a vedere questo effetto
quando siamo esasperati da un "comportamento" che assomiglia a quello umano anche se è soltanto un riflesso
creato dalla nostra mente. Arrabbiarsi con un computer che "sbaglia" non è un indice di buona attenzione a ciò che
realmente è una macchina.
La macchina, in altre parole, introduce, con la sua sola presenza, un elemento "galileiano" nel gioco. Essendo
capace di sbrogliare situazioni logiche complesse, permette di implementare nel wargame potenzialità che
superano quelle dello "schema scacchistico".
Nulla ci impedisce, ad esempio, di costruire un wargame nel quale la mission sia la conquista della metropolitana di
Londra. A partire dalla stringatissima mappa si possono aggiungere quanti livelli di precisione ci possano servire. E
siccome per giocare seriamente bisogna essere almeno in due, occorre affibbiare alla metropolitana un
comportamento umano simulato, una opposizione alla conquista.
Tipico è l'uso della teoria dei giochi quando si voglia ammantare di rigorosa scientificità il wargame a partire da
minime condizioni. Proprio John Nash ha paragonato la Teoria dei giochi a un Machiavelli che procede su terreno
accidentato prendendo appunti.
A proposito di teoria dei giochi, vediamo che essa è spesso citata quando si intravedono scogli "dialettici". Ma la
dialettica non è una ricetta ammendante per ricette riuscite male: non c'è niente nelle tre famose leggi della
dialettica che non sia spiegato meglio da proposizioni scientifiche. Persino Engels nell'Antidühring dimostra un
certo imbarazzo nel proprio tentativo di spiegare la negazione della negazione del seme. [10]
Il campo di gioco
Un wargame social progettato oggi deve rispondere ovviamente allo scenario di oggi. Ciò è meno banale di quanto
possa sembrare, perché è facile constatare che se immaginiamo un laboratorio per costruire questo wargame,
esso conterrà tutti gli strumenti che non erano adatti nemmeno per la rivoluzione passata (infatti è fallita) conservati
in naftalina per la rivoluzione attuale. Che così non perde neppure tempo a provare, tanto è chiaro che con quella
ferraglia non si va da nessuna parte. E non ci riferiamo soltanto alle famigerate parole d'ordine
dell'indeterminatezza tattica, ma a qualcosa di più: per esempio all'immane furto di futuro che la loro adozione ha
comportato.
Proviamo ad analizzare uno di quei "progetti sociali" che vanno tanto di moda oggi, quel misto di demagogia,
energia dissipata, inefficienza e truffa che molte università elencano nel loro programma parallelamente alla
crescita della produttività, della disoccupazione e della miseria. [11] Come abbiamo visto, la popolazione mondiale
ha raggiunto i 7,8 miliardi (crescita 80 milioni all'anno), tra i quali 4 miliardi sono urbanizzati, 2 miliardi sono
salariati, 3 miliardi sono disoccupati, precari o schiavizzati o comunque considerati poveri (la somma supera il
100% perché i dati si sovrappongono: possono benissimo esserci disoccupati urbanizzati).
Quattro dati che da soli fanno capire che cosa significhi elaborare un modello funzionante per il futuro prossimo.
Bisognerebbe gestire un sistema di questa ampiezza con molti dati plausibili e oggettivi, ma non appena si passa
alla realizzazione di un modello classico usando quei dati ci si accorge che è inutile continuare, il modello non può
rispondere. Fra tre anni saremo 8 miliardi, 3 Germanie in più. Fra cinque anni ci saranno 4 miliardi di poveri e forse
un mezzo miliardo di urbanizzati supplementari. Se anche queste cifre fossero sbagliate per eccesso il risultato
sarebbe analogo: il pianeta non resisterebbe comunque a un impatto del genere. Anche tenendo per buona la base
dell'economia politica, l'intervenire come si è fatto finora, con tagli alle inefficienze, denaro a costo zero, nuovi
investimenti, ecc. non funziona più, il mondo sta già scoppiando adesso.
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Un modello capitalistico efficiente dovrebbe infatti smetterla con quel misto di manovre restrittive e assistenziali e
passare a un modello incrementale. Ma che cosa si incrementa in un mondo che scoppia di merci e di capitali? Ad
esempio, con una serie di coefficienti che tenga conto dei diversi gradi di influenza si potrebbero abitare le aree
urbane che si sono estese a causa della rendita e sono rimaste disabitate. Negli anni '80 la rendita attenuò la crisi
attraendo capitali in cerca di allocazione e negli ultimi vent'anni si è ancora costruito nelle grandi metropoli, ma la
cosiddetta gentrification, cioè la nobilitazione delle aree per mezzo di investimenti, è stata accompagnata, a partire
dalla crisi del 2008, da un drastico ridimensionamento del mercato edilizio, per cui le semi-periferie non hanno
svolto il loro compito e in certi casi sono addirittura regredite a livelli precedenti al recupero.
Bisognerebbe sapere che cosa succede ai flussi di valore fra aree del mondo assolutamente incomparabili, mentre
oggi ci si basa esclusivamente su prezzi corretti in base al potere d'acquisto in dollari. Tra la Germania e la Nigeria
non è sicuramente il tasso di cambio che fa la differenza.
Bisognerebbe sapere quanti sono coloro che usufruiscono di effettivi redditi "sociali" (inclusi i salari per lavori
inventati, cioè inutili).
Nel nostro Quaderno n. 1 "La crisi storica del capitalismo senile", tratto da una riunione generale del 1983,
avevamo visto che rapportando la cifra in dollari del PIL mondiale al reddito nazionale al netto dell'agricoltura
(rendita) avremmo ottenuto le cifre del saggio di profitto (un'approssimazione della produzione industriale), dalle
quali avevamo infine ricavato un grande diagramma. [12]
La continuazione di quel lavoro potrebbe essere interessante, basterebbe trovare le cifre aggiornate per gli anni
successivi. Ma quello che ci interessa sottolineare è che la borghesia stessa ad un certo punto è costretta a venire
sul nostro terreno (capitolazioni) e a utilizzare unità di misura commensurabili. La storia di una competizione
dinamica fra più paesi è una fonte di conoscenza maggiore che non il resoconto economico su di un solo paese
alla volta, per quanto meticoloso sia l'autore.
Un classico modello utilizzato negli ultimi 50 anni è il picco di Hubbert: una curva di produzione del petrolio rilevata
empiricamente alla quale si sovrappone la curva-modello matematica (logistica). Tale curva, oltre a dare indicazioni
precise sui prezzi che si formeranno in ritardo rispetto alla produzione, oltre a dimostrare la validità della legge
della rendita, obbliga gli economisti a tener conto del fatto che il modello di Hubbert si rivela utilizzabile non solo
con il petrolio ma con tutte le altre fonti di energia. E, aggiungiamo noi, con tutte le materie prime (hanno in comune
la teoria della rendita). Perciò gli economisti sono stati obbligati a stabilire una unità di misura basata sull'energia,
la TEP, la tonnellata equivalente di petrolio.
Hubbert proponeva una società basata sul calcolo dell'energia scambiata. Questo modello nel modello
permetterebbe al nostro wargame di funzionare anche per i calcoli inerenti ai rapporti sociali: l'energia è un fatto
fisico, il denaro un riflesso mentale, la forma fenomenica del valore. L'economia politica sottoposta alle regole del
wargaming denuncerebbe tutta la sua debolezza in quanto basata su paradigmi qualitativi, non calcolabili. Ed è fin
troppo evidente che un tale sistema sfugge a qualsiasi forma di controllo perché si suppone che la sua
governabilità sia garantita dall'azione degli economisti, azione che si applica a concetti invece che a fatti.
Il wargaming funziona meglio con le cose che con il loro nome. Marx dice che il capitale non è una cosa ma un
rapporto. Ed è problematico dare un nome, cioè un modo per lasciarsi misurare, ad un rapporto.
Abbiamo detto che per salvare il capitalismo (fino alla prossima catastrofe sistemica) sarebbe necessario ristabilire
un ciclo incrementale. Ciò in linguaggio marxista significa contrasto della legge della caduta tendenziale del saggio
di profitto. In estrema sintesi: siccome il plusvalore si produce esclusivamente sfruttando operai, occorrerebbe un
ritorno alla condizione del capitalismo che sfruttava la forza lavoro al massimo. Un nostro modellino facile facile,
già utilizzato su queste pagine, mostra l'andamento storico del plusvalore. La massima efficienza dello sfruttamento
si ha quando la giornata lavorativa è divisa esattamente in due: metà lavoro per l'operaio, metà lavoro per il
capitalista o, il che è lo stesso, metà salario, metà plusvalore, saggio di sfruttamento 100%.
Non diciamo che sia possibile, diciamo che sarebbe l'unica strada.
Un gigantesco reloading a livello planetario. Un ritorno alle trenta annate gloriose, dal 1945 al 1975. Gloriose per il
capitalismo, si capisce.
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Wargame (3)
Abbiamo affrontato in tutti i modi il tema della transizione a partire dal grande arco storico (struttura frattale delle
rivoluzioni) per finire allo studio dettagliato di eventi come il Biennio Rosso, il II Congresso dell'IC, il Sessantotto od
Occupy Wall Street.
Per il nostro approccio abbiamo utilizzato metodologie "galileiane", suggerite anche dalla nostra corrente (come gli
schemi astratti che permettono di ridurre la realtà complessa a modelli semplici), le quali, con l'uso di
formalizzazioni matematiche diventano vere e proprie "macchine per conoscere". Un buon supporto teorico a
quanto andiamo affermando è offerto dagli schemi rappresentativi delle varie condizioni sociali, come le curve
sinusoidali dell'opportunismo, le cuspidi dei modi di produzione, il complesso diagramma del rovesciamento della
prassi, la polarizzazione sociale nell'imbuto della selezione verso il partito, nonché l'estensione della struttura
frattale implicita nel modello sociale delle transizioni di fase. Sarebbe inoltre utile conoscere anche i temi inerenti al
processo di cui abbiamo fatto cenno in uno dei capitoli precedenti citando uno studio americano: il wargame che,
da strumento che usa la matematica per simulare eventi o processi (non solo militari) passati, in corso o futuri,
diventa strumento che suggerisce nuove strade alla matematica per risolvere problemi inerenti all'uso dei wargame
(cioè, in ultima analisi, della dinamica dei sistemi). Una bibliografia ragionata potrebbe essere la seguente:
Teoria dei sistemi – Ludwig von Bertalanffy;
Teoria dei giochi – John von Neumann, Oskar Morgenstern, John Nash;
Teoria delle reti – Làszlò Barabàsi, Mark Buchanan;
Teoria dell'informazione – Claude Shannon;
Teoria del caos – James Gleik;
Teoria della complessità – Morris Mitchell Waldrop;
Teoria delle catastrofi – René Thom, Christopher Zeeman;
Teoria sintropica – Luigi Fantappié, Olivier Costa de Beauregard;
Teoria dell'autocatalisi – Stuart Kauffman.
Con le idee ben chiare su quanto precede, per avere la valutazione della maturità oggettiva di un eventuale
movimento occorre conoscere la dinamica di quest'ultimo nel tempo. Se attribuiamo un quoziente di anti-forma al
movimento in esame (rispetto al contesto e non all'ordine cronologico) quelli che abbiamo visto negli ultimi anni
vanno ordinati grosso modo così:
1) Banlieusard, Sardine, Forconi (livello elementare di manifestazione del disagio).
2) Grillini (struttura e programma da partito politico eco-populista; attento alle tecnologie usate in campo sociale ma
tutto sommato sterili perché volte a rimestare nell'esistente).
3) Nuit débout (spinte contraddittorie ma tendenzialmente ultrademocratiche proudhoniane; notevole sforzo
dedicato alle tecnologie, ma anche in questo caso per gestire una rete di parlamentini).
4) Primavera Araba (maturità elevata, ma solo in relazione al contesto. In Egitto è stata realizzata la prima rete
mesh per sopperire al blocco governativo di Internet).
5) Indignados (irrimediabilmente democratici e pacifisti, ma hanno fatto da detonatore).
6) I ribelli contro le misure governative antivirus (arrabbiati per motivi universali, hanno sviluppato la loro protesta al
di fuori di ogni schema politico, per cui l'aspetto esteriore del loro populismo assomiglia più alle manifestazioni da
stadio che all'affermazione di un programma. Non sono da sottovalutare in quanto movimento sotterraneo alla
ricerca di un surrogato alla mancanza di umanità. Cfr. Una vita senza senso).
7) Movimento greco (base anarco-studentesca, democratica. Debole tentativo di superare i propri limiti).
8) Gilets Jaunes (forse il primo movimento interclassista guidato dalle frange estreme delle non-classi, quelle
nominate da Marx nella lettera ad Annenkov. Con qualche sparso tentativo di espressione classista da parte dei
proletari).
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9) Occupy Wall Street. Collegamenti non sporadici con i lavoratori in sciopero, con i portuali e con la base dei
sindacati. Cartelli e parole d'ordine marxisteggianti (La Comune, lo sfruttamento intensivo, la presentazione
"proletaria" delle migliaia di ritratti con cartello e motivazione di appartenenza al movimento. Quest'ultimo ben più
maturo di quanto mostrasse di credere pensando a sé stesso. Piena maturità per quanto riguarda le tecnologie,
comunicazione capillare a rete; tre ponti mesh attivi).
Ribadiamo: l'elenco da 1 a 9 non è in ordine cronologico ma di attinenza a probabili sviluppi. L'ordine cronologico,
comunque, si intravede ed è interessante. Sembra che nell'insieme ci sia una generale maturazione nel tempo. Se
aggiungiamo all'elenco le manifestazioni americane con la proclamazione di "Zone liberate", più quelle di Hong
Kong e le innumerevoli di cui abbiamo avuto solo notizia senza sapere che cosa le provocavano e che cosa
volessero i manifestanti, abbiamo un quadro abbastanza preciso dello stato in cui si trovano le masse che
ufficialmente non fanno storia ma che rappresentano la tensione sociale.
Si incomincia a percepire la complessità del compito che si dovrà affrontare e l'importanza differenziata delle
singole parti che concorrono al tutto.
Nello scenario in cui ci muoviamo sarebbe auspicabile la formazione di un raggruppamento deciso e orientato con
le caratteristiche emergenti nel corso di questo lavoro. L'esperienza empirica del PCd'I è illuminante ma, essendo
stata interrotta brutalmente, non c'è stata l'occasione per collaudare l'efficienza della sua critica. Non è il numero
che conta, non una fantomatica maggioranza, ma la consapevolezza che conoscenza e determinazione di chi è
sulla scena. La consistenza in numeri viene dopo, come dimostra l'attaccamento degli iscritti agli organi dirigenti
fino al 1926, attraverso il processo del 1923, il Convegno di Como del 1924, il Comitato d'Intesa del 1925, la
bolscevizzazione e infine il Terzo Congresso truccato (proprio la necessità del trucco democratico dimostra la forza
della Sinistra nonostante l'inaudita persecuzione). Il numero è un derivato, non fa parte della struttura. [13]
Ogni movimento politico ha bisogno di organizzazione. Questo vuol dire anche dirigenti capaci e preparati, strutture
di lavoro, competenze. La migliore qualità dei capi è quella di non comparire come battilocchi. [14] Da Occupy Wall
Street in poi un movimento politico che conti non sarà mai più riconosciuto attraverso personaggi rappresentativi.
Le nostre Tesi di Milano sistemano questa controversa questione. Per noi vale il principio di autorità, da non
confondere con l'autorità personale. La linea di comando ha doppia direzione, non occorre che sia attribuita a
gerarchie interne al movimento/partito (non che il partito sia movimento, ma senza il partito il movimento
rivoluzionario non c'è).
L'importanza di essere leaderless, come mostravano di essere i movimenti effimeri nominati, risiede nella pratica
della direzione: una funzione puramente tecnica che finisce quasi sempre in mano a una guida demagogica e
politicante. L'eliminazione di funzioni rende più facile l'eliminazione dei funzionari inutili, i quali prima o poi finiscono
con il confrontare le loro vedute reintroducendo la democrazia. Perciò è indispensabile che l'intero partito assimili,
coerentemente con la sua qualità di "avanguardia", che nessun fine umano è mai stato raggiunto per merito della
democrazia, ma con il lavoro, il progetto, la trasformazione della natura secondo processi ottimizzati,
materialmente funzionali e non idealmente rappresentativi.
Diciamo che il "capo", non solo rivoluzionario ma in genere, è colui che organizza così bene ciò che deve
capeggiare che la sua figura diventa inutile perché tutti sanno che cosa fare, quando e come.
Oggi è impensabile che possa avere influenza decisiva un movimento caratterizzato dalle categorie politiche degli
anni '20. Si può dire, giustamente, che non è ancora stata sperimentata la nuova forma sociale, quella senza le
categorie di quella vecchia e che quindi si dovrà per forza passare attraverso qualche forma di transizione
graduale. È evidente: anche se la rivoluzione è un fatto repentino per quanto riguarda il passaggio del potere, è
previsto anche da Marx che ci sia una fase transitoria. Ma l'esperienza insegna che l'emergenza – nel senso di
situazione provvisoria di tensione verso un risultato – è facilmente individuabile sia quando vengono alla luce al
"momento giusto" gli elementi prima nascosti, sia quando si constata che argomenti ostici fino al giorno prima
diventano perfettamente assimilabili.
Il potenziale si renderà visibile attraverso la coerenza fra la spinta materiale e la richiesta di "cose da fare" senza
tante chiacchiere. L'importanza della sincronia fra teoria e azione (fra programma e tattica) deve portare i "capi" a
pretendere che non vengano dissipate le energie. In tempo di transizione di fase è facile muoversi in sintonia con
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Wargame (3)
l'antiforma. Se però non viene assimilato l'insegnamento della storia vincerà di nuovo la politica becera del
"confronto", e invece di lasciarci governare dalle leggi di natura ci faremo ingabbiare dalle leggi degli uomini. La
natura non ha avuto bisogno di poteri legislativi, esecutivi e giudiziari. Non ha avuto bisogno di parlamenti per
sapere che g = 9,81 m/s2, cioè che la gravità terrestre imprime quell'accelerazione a un sasso in caduta libera al
livello del mare. La natura ha predisposto il sasso e il mare, noi abbiamo dato loro un nome e li abbiamo misurati. È
la buona misura quella che ci serve per un buon wargame. Le cose ci sono già.
Guerra senza aggettivi
Nella metà degli anni '80 del secolo scorso i computer erano diventati abbastanza potenti da poter essere
programmati non solo per rispondere alle configurazioni previste dagli ipotetici o preesistenti scenari ma per
condurre una guerra simulata con sviluppi strategici nel tempo. Stati Uniti e Gran Bretagna erano avanti nella
simulazione proprio mentre in URSS gli eccellenti matematici russi venivano definitivamente sconfitti, con i loro
supercomputer, a causa del timore che i membri dell'apparato politico avevano maturato verso macchine che,
secondo loro, li avrebbero resi inutili. La paura non era del tutto infondata: sembra che la pianificazione
quinquennale sia fallita proprio perché l'apparato politico mummificato aveva boicottato i computer.
In Occidente la potenza di calcolo venne invece accolta come buon lubrificante per la riproduzione allargata del
capitale, e nel campo dei wargame fecero la comparsa programmi tendenzialmente automatici, cioè in grado di
partire da uno scenario prestabilito e produrre da sé la propria evoluzione. Questi programmi avevano dei pregi
tecnologici e un grave difetto epistemologico: da una parte permettevano, con le loro capacità evolutive, di
presentare molti cicli evolutivi diversi variando pochi parametri in poco tempo; dall'altra, ogni soluzione restava un
traguardo fisso se non si fossero cambiati i parametri di partenza, e quindi le premesse all'evoluzione. Il computer è
una macchina, da sola non evolve (per adesso).
Una volta assegnata la missione, il computer ottimizzava la scelta e l'uso degli uomini, delle armi e dei mezzi, ne
seguiva le mosse, combatteva senza provare sentimenti fuori luogo, non conosceva fame, sete, sonno, caldo,
freddo. Attribuiva punteggi, cioè onorificenze… Insomma, un soldato non ancora perfetto ma ben avanti con il
lavoro per esserlo.
Il computer "vero" riceveva regolarmente la visita dei tecnici per la messa a punto e per il prelievo delle pile di
tabulati che sfornava a causa dell'aggiornamento in corso d'opera, mentre teneva traccia delle forze Alleate
riprodotte nelle memorie quasi al vero, controllava i rilevamenti tramite una serie di sensori e valutava i risultati
degli attacchi virtuali, condotti o subiti man mano questi fluivano verso gli analisti dei dati. Il computer era stato
programmato per supportare migliaia di "oggetti" separati, ognuno dei quali poteva rappresentare una o più unità di
fanteria, uno o più carri armati, una o più navi, uno o più aerei da combattimento. I wargame degli Stati Uniti,
sistemi simulati di fanteria, marina, aviazione o missili da crociera erano in quegli anni i più avanzati. Molti sensori
di tipi diversi erano presenti in uno stesso sistema e potevano essere nello stesso tempo detector e target. Tutto
aveva contribuito a sviluppare il complesso di guerra virtuale, ma le nuove possibilità tecniche, come sempre,
avevano prodotto una rincorsa all'aumento della potenza; aumento che però aveva finito per penalizzare il sistema.
Quest'ultimo era diventato "semplicemente" potente senza aver potuto simulare conseguentemente il rapporto con
gli umani: era rimasto inesorabilmente deterministico nel senso meccanico del termine, quindi prevedibile, quindi
vulnerabile. In guerra non è proprio l'attributo che occorre per stare tranquilli.
Era necessario eliminare un tale inconveniente. Il sistema messo a punto negli Stati Uniti aveva all'inizio intenti
didattici. Se i suoi progettisti e giocatori interagenti fossero stati presi sul serio si sarebbe aperto uno spazio per
utilizzarne il nocciolo come base di un gioco educativo. Nella sua struttura esisteva, fin dal progetto, la possibilità di
aggiungere funzioni modulari. Questa possibilità, insieme a quella di produrre un report riassuntivo di ogni "partita",
aveva permesso di accedere facilmente al data base per documentare e studiare le "mosse". Il programma di un
gioco di guerra si era rivelato un potente strumento universale per apprendere tramite simulazioni.
Nel corso della commercializzazione, il programma fu presentato ai potenziali probabili clienti con un opuscolo che
ne elencava le potenzialità, la flessibilità, la semplicità d'uso, il costo contenuto, l'adattabilità e la disponibilità in
tempi brevi. Il sistema era costituito da un computer mainframe cui potevano essere collegate alcune decine di
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terminali. Gli operatori civili prendevano il posto dei comandanti delle unità combattenti e ognuno di essi costituiva il
nodo di una rete integrata che, nell'insieme, era la stessa di quella militare, con la sua squadra di pianificazione del
gioco, il controllore generale e gli arbitri. I terminali dei nodi erano computer alfanumerici elementari affiancati da
stazioni grafiche per visualizzare le operazioni, così come abbiamo visto con la mappa che visualizza il territorio e i
grafici che visualizzano le operazioni soggiacenti. Il modello matematico, nato all'inizio per simulare un teatro
aeronavale, ora si connetteva a moduli aggiuntivi in grado di simulare ogni operazione in cui si tirasse in ballo la
teoria dei giochi o qualche suo derivato, di carattere bellico oppure no. Oggi i wargame del tipo di quello appena
descritto hanno raggiunto una capacità di simulazione altissima. Ciò che arriva sul mercato, anche ad uso dei
professionisti, non è neppure paragonabile a ciò che viene progettato e utilizzato negli ambienti militari.
(wargame2.htm)
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(wargame4.htm)
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Non solo un gioco
(wargame3.htm)
(wargame5.htm)
QUARTA PARTE
MATITA E CARTA A QUADRETTI
Battaglia navale
Due fogli di carta a quadretti, due matite, due giocatori e un separatore per nascondere le mosse. L'attrezzatura di
base era così spartana che si poteva giocare dappertutto, persino a scuola durante le lezioni! Si stabiliva la
grandezza del "mare" (un quadrilatero con lettere e numeri sugli assi verticale e orizzontale), si disponeva il tipo di
"naviglio" (numero di quadretti adiacenti contornati) ed era tutto, si poteva incominciare. L'interazione fra giocatori
era costituita da quattro informazioni: coordinata, niente, colpito, affondato. Ad esempio: se alla coordinata non
corrispondeva un quadretto del naviglio si rispondeva "niente" e si segnava il quadretto con un puntino; se
corrispondeva si ribatteva "colpito" e si crociava il quadretto; quando veniva colpito l'ultimo quadretto del naviglio si
diceva "affondato". Vinceva chi colpiva per primo tutti i quadretti dell'avversario. L'unico accorgimento possibile per
contrastare l'avversario era variare la forma delle "navi" tenendo uniti i quadretti per almeno due lati.
Secondo ciò che abbiamo detto nei capitoli precedenti, anche "Battaglia navale" è un wargame. È un'astrazione
riduzionistica, è interattivo, è agonistico, permette una seppur minima difesa. È completamente diverso dagli
scacchi ma… È completamente diverso dai giochi più evoluti ma… C'è in esso un qualcosa che può aiutare a
capire come mai da millenni il mondo si dedica a questo tipo di attività. Non sono passati troppi anni da quando
fiorirono le sale da gioco, dove davanti a schermi con risoluzione televisiva si impazziva per Space invaders,
Pacman o Tetris.
Può darsi che ci sia qualche forma di invarianza profonda che unisce la scacchiera dei Romani antichi con i
wargame da guerre galattiche odierne, la speculazione sui tulipani olandesi del 1600 e il gioco patologico di chi si
rovina alla roulette, il campo di battaglia e la giocata in famiglia, ma l'invarianza evidente, senza andare a cercarne
di più complesse, come al solito si trova nelle analogie con i meccanismi della vita. Il fatto è che siamo parte del
mondo vivente in continua evoluzione e ciò significa lotta. C'è la forma primordiale di lotta, che è quella darwiniana,
la competizione per il premio al più adatto, e c'è la lotta sviluppata, che è basata sugli stessi principi ma è
ricalibrata sull'evoluzione già avvenuta, cioè sulla capacità acquisita di elaborazione, sulla capacità di progetto
intelligente che oggi viene da molti attribuita alla divinità ma che è molto umana, cioè molto vicina a una transizione
di fase che ci permetterà di superare questa lunga preistoria.
Sarebbe un po' azzardato vedere in un comunissimo gioco per bambini più di quanto esso renda già esplicito. Ma
non sarà difficile spingere le analogie almeno fino alle mappe delle metropolitane già prese in considerazione: la
mappa non è il territorio, ma se voglio prendere il treno, proprio quel treno che mi porta dove voglio, il territorio non
mi serve a niente, a questo stadio di sviluppo della mia specie devo avere la mappa.
Battaglia navale ad ogni mossa compie una ricognizione del territorio-mare; colpisce solo se la ricognizione trova la
coordinata giusta. Le altre caratteristiche vengono dopo, a cascata, fino alla vittoria/sconfitta. Potrebbe essere una
battuta di caccia, potrebbe essere un po' di tutto. È come un manichino cui si facciano indossare abiti diversi.
Infatti, su Internet, si vendono sia i manichini che gli abiti, sia i supporti (fissi) che gli accessori (variabili). Se si ha
pazienza, passione e dimestichezza con il gergo, si può comprare tutto quel che serve per un gioco fai-da-te,
palazzo o capanna, rovine o cantieri, servi della gleba o super cavalieri.
Ah, un piccolo particolare: sul wargame della rivoluzione che alcuni di noi stavano progettando e realizzando
quarant'anni fa, Battaglia navale era usato per la produzione di soluzioni locali o globali.
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Scorriamo alcuni tipi di wargame semplici, tanto per dare un'idea sommaria di cos'è un gioco di guerra e di come
sia possibile quell'alto grado di astrazione che permette un'invarianza di fondo tra piccoli e grandi sistemi. Potranno
essere utili, con le opportune attenzioni, per una simulazione in sintonia con il programma politico che il PCd'I
propose all'Internazionale Comunista nel 1922. Teniamo presente che i piccoli modelli sono strumenti intermedi fra
un diagramma di flusso disegnato con la matita su carta a quadretti e un gioco analogo computerizzato per un
grande sistema dinamico. I complessi wargame delle multinazionali, degli stati o delle forze armate, pur rispettando
gli stessi principi sono tra quelli che ci fanno considerare la quantità come soglia per ragionare in termini di qualità.
Il sistema mobilitato per la simulazione del guasto della capsula Apollo 13 e per riportare gli astronauti sulla Terra
era costituito da uomini, impianti, tecnologie, conoscenze, esperienze tali da richiedere il lavoro congiunto di
500.000 persone. Non era propriamente un wargame, ma utilizzava risorse e metodi simili.
Risiko & Co. è uno di quei giochi che non richiedono particolari attenzioni o sensibilità rispetto a ciò che succede e
che potrebbe succedere sulla mappa del mondo. La prima edizione italiana di Risiko è del 1968. In questa versione
la distribuzione iniziale delle forze era casuale e un po' squilibrata, ma nelle versioni successive furono introdotte
correzioni. Lo schema di gioco è l'estrema astrazione di una guerra mondiale. Perciò il fluire del gioco è alquanto
meccanico. Giocando con una edizione per computer, abbiamo avuto la sensazione che Risiko, riempito di
contenuti realistici come nel gioco illustrato nel capitolo precedente, potrebbe essere analogo ad esso sia come
struttura fondamentale, sia come interpretazione e gestione dei risultati.
Class Struggle (Lotta di Classe) è il board game (gioco da tavolo) creato nel 1978 in USA di cui abbiamo già
parlato. Ebbe enorme successo anche in Europa, soprattutto in Italia dove ne furono vendute 250 mila copie. La
sua funzione didattica orientata è grossolana ma esplicita. Ovviamente la lotta di classe non è quella che si evince,
così come non è quello il marxismo rivendicato dall'autore.
Twilight Struggle. Gioco da tavolo strategico progettato da famosi autori. Vincitore di premi internazionali, fu
pubblicato nel 2005. È un wargame a tutti gli effetti, ma possiede in più una caratteristica aleatoria che va al di là
degli scenari classici del tipo: "spara, colpisci, guadagna punti, vai al gradino superiore." La struttura del gioco è
quella basata sulla guerra non convenzionale che le maggiori potenze combattono dal 1945 in poi. Altrimenti detta
Guerra fredda. È un card driven wargame, ovvero un gioco di guerra in cui a ogni turno i giocatori ricevono una
mano di carte con le quali svolgono tutte le loro azioni. Anche in questo caso la mappa di gioco è tutt'altro che
realistica. Rappresenta il mondo diviso in 5 aree principali (Europa, Asia, Africa, Centro America e Sud America),
ed in questa scala globale i due giocatori si confrontano per acquisire il maggior numero di alleati, piazzando i
propri segnaposti di influenza (Influence Markers) e tentando di rimuovere i segnalini dell'avversario. Si tiene conto
dell'andamento del confronto su scala globale attraverso i punti vittoria (Victory Points guadagnati dai giocatori).
Dual Powers Revolution 1917. È un gioco da tavolo per due giocatori basato su un nocciolo che assomiglia a un
ibrido fra Risiko e Twilight (se ci sente un appassionato di giochi…). C'è un controllo area come mission, una
complessa gestione dei turni, e avversari cui sono assegnate forze asimmetriche. Un calendario determina
lunghezza della partita e possibilità di intraprendere azioni extra o ottenere alcuni vantaggi al verificarsi di certe
condizioni.
Dobbiamo necessariamente prescindere dall'impianto politico, ridotto all'osso e modificato pesantemente per
ragioni di gioco. La cosa non disturba più di tanto, perché quello che ci interessa è il motore che regge gli eventi
simulati (motore che potrebbe essere applicato a qualsiasi competizione, la strategia di un'azienda per penetrare in
un mercato, una guerra spaziale, uno stress test per verificare la logistica di un gruppo industriale; sul motore
potrebbe essere montata qualsiasi carrozzeria). Il gioco gravita quindi attorno al suo motore, che è costituito dalle
carte. Su ogni Carta Comando è riportata l'indicazione di una regione, un valore di reclutamento, un'icona azione e
un valore calendario. A inizio turno, inoltre, una Carta Comando viene scelta come obiettivo segreto, determinando
quale regione il giocatore deve prefiggersi di controllare per ottenere il punteggio indicato dalla carta stessa.
Le carte restanti dopo la mano possono essere usate per:
1) schierare unità nella regione indicata in base al valore di reclutamento;
2) attivare l'azione per spostare o rinfrescare un'unità già schierata;
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3) schierare la tessera leader su una qualunque regione conferisce un effetto speciale come:
4) spostare il segnalino Blocco;
5) ottenere subito il Volere del Popolo, come vedremo fra poco;
6) guardare l'obiettivo segreto dell'avversario.
Giocare una carta fa avanzare il numero di giorni del calendario pari al valore raffigurato. Se riusciamo a far
fermare il contatore sul 15 del mese le carte leader permettono di aver diritto ad un'azione extra; in alternativa,
potremo pescare una carta dal mazzo. Stesso discorso se portiamo il calendario al 29, 30 o 31 del mese. Passato
il 31, il mese cambia e il giocatore attivo si assicura il Volere del Popolo prendendo il rispettivo segnalino.
Il Volere del Popolo ci permette di avere dalla nostra le unità neutrali presenti in città e potremo sommare il valore
dato dalle loro tessere a quello delle nostre durante il conteggio delle maggioranze. Inoltre, nel mese di
maggio/giugno Trotsky ritorna dal suo esilio e si schiera con la fazione che ha il popolo dalla sua. Ad agosto, se
Trotsky è ancora in gioco, il giocatore Soviet ne pretenderà il controllo a prescindere da chi abbia il Volere del
Popolo. Leggiamo a modo nostro questa strana categoria del gioco:
Volere del popolo = Determinazioni verso la polarizzazione sociale in direzione del rovesciamento della prassi.
Una volta giocate quattro carte dalla propria mano, il turno termina e si procede ai conteggi.
Il Volere del Popolo rompe gli spareggi in favore di chi ce l'ha.
Tutte le tessere unità che hanno preso parte al conteggio per una maggioranza vengono capovolte sul loro lato
"esausto" raffigurante un valore differente. Le tessere che erano già sul lato "esausto" vengono rimosse dalla
mappa al termine del turno.
La regione marcata con il segnalino "barricata" diventa "area in rivolta" per il turno successivo, mentre una nuova
regione viene estratta e bloccata con il segnalino barricata.
La partita procede così, fino al raggiungimento del mese di ottobre o novembre oppure fino a quando un giocatore
non riesce a portare il segnalino punteggio sulla propria estremità (vittoria immediata).
Ciò che abbiamo scritto in questo capitolo non è facilmente traducibile in immagini, mosse e turni di gioco,
bisognerebbe avere quest'ultimo sotto agli occhi. Tuttavia, è intuibile che c'è un'ossatura generale intorno alla quale
è stato costruito il tema specifico facendo attenzione a realizzare un equilibrio fra avversari non compatibili. [15]
Tesi di Roma, un wargame da manuale
Nelle pagine seguenti lavoreremo sui classici. Incominciamo con una precisazione: in inglese si fa differenza fra
war game, che significa "gioco di guerra", ad esempio uno scenario realistico della Seconda Guerra Mondiale o di
un suo episodio; e wargame, che indica "qualsiasi scenario che utilizzi le caratteristiche militari per giungere a un
risultato" (ad esempio il gioco degli scacchi o la simulazione di una campagna nazionale di marketing o l'evolversi
dei rapporti – militari e no – fra due paesi concorrenti sul piano internazionale). Come "wargame" vanno classificati
tutti i conflitti che possono essere presi in considerazione dalla teoria dei giochi di Morgenstern, von Neumann,
Nash ecc. Dal punto di vista della simulazione con dati quantitativi ottenuti da quelli qualitativi offerti dallo scenario
così com'è, sono stati compiuti progressi decisivi ricorrendo alle discipline scientifiche:
"La maggior parte dei ricercatori sulle operazioni provengono dai ranghi degli scienziati fisici. Essi hanno
aggirato la mancanza di sperimentazioni rigorose e statisticamente valide conseguenti all'enfasi che nel
wargaming veniva attribuita alle decisioni umane. Hanno invece sottolineato l'analisi quantitativa e scientifica
degli aspetti fisici presenti nelle operazioni militari. In un primo tempo hanno basato gran parte del loro lavoro
sull'analisi statistica dettagliata dei dati operativi e sulle tecniche di modellazione matematica consuete nelle
scienze fisiche. In alcuni casi, tuttavia, hanno scoperto che potevano essere le tecniche di wargaming a essere
utili complementi alle loro analisi matematiche." [16]
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Non è forse un wargame anche il nostro lavoro per lo studio della dinamica soggiacente all'inceppamento
dell'accumulazione dal 1970 a oggi?
Diversi nostri lavori potrebbero essere raggruppati sotto il titolo di un'antologia che ricordi il wargame. Ad esempio:
- Crisi storica del capitale senile (Quaderno n. 1);
- Dinamica dei processi storici (Quaderno n.3);
- La Guerra del Golfo (Quaderno n. 4);
- Miseria crescente (Rivista n. 20);
- Crisi subprime (Rivista n. 24);
- Energia e materie prime (Rivista n. 31);
- Globalizzazione (Lettera n. 40);
- Teoria e prassi della politiguerra americana (Rivista n. 11).
È del tutto manifesto: il ricorso alle leggi della fisica per lavorare a un concetto rivoluzionario di partito in modo che
si sintonizzi con il suo programma per il domani, contribuisce a generare anche uno schema di funzionamento per
il programma dell'oggi. Non è quindi strano che il wargame, da ausilio a una strategia di controllo di eventi vari,
diventi uno strumento per la realizzazione di tali controlli. In effetti la forma partito, intesa come un essere vivente
che guida la specie verso il futuro è tanto semplice, per i comunisti, da rasentare la banalità.
Finché esiste il capitalismo, il partito comunista è il partito politico della classe operaia. Ma nella nuova forma
sociale il partito diventerà l'organo di salvaguardia generale della specie, contro i pericoli cui essa può andare
incontro, non ultimo quello di estinzione.
Non sarà una scelta, è la dinamica materiale che si riflette sulla sequenza temporale degli eventi, una condizione
senza la quale non si può parlare di situazione rivoluzionaria. Questa condizione va stabilita in anticipo perché
occorre prevedere per quali vie la nuova società diventa una possibilità reale. Nella realizzazione del wargame,
quindi prima di "giocarlo", dev'esserci il partito nello "scaffale degli strumenti" da prelevare una volta che sia
diventato possibile. Terminata la transizione, il partito sarà presente nel gioco, ad esempio come "scatola" dalla
quale vengono emanate e/o prelevate alcune delle determinazioni che avranno influenza sui segnaposto e su altri
parametri, quali la traduzione di elementi qualitativi in elementi quantitativi tramite coefficienti numerici o situazioni
confrontabili. In genere, per evitare nebulosità, i giocatori utilizzano un mazzo di carte, ognuna delle quali contiene
indicazioni per proseguire e prescrizioni varie.
Presentandosi (il partito) nella sua azione come una collettività operante con indirizzo unitario, i moventi iniziali per
i quali gli elementi e i gruppi di questa collettività sono condotti ad inquadrarsi in un organismo ad azione unitaria
sono gli interessi immediati di gruppi della classe lavoratrice suscitati dalle loro condizioni materiali.
La piazza
Questo capitolo è intitolato "La piazza" con riferimento a quel luogo tipico dell'urbanesimo antico e moderno che in
certi momenti storici è teatro del cambiamento. Essere "padroni della piazza" però ha un significato più simbolico
che altro: in effetti è un modo di dire perché nessun padrone di piazza ha mai cambiato un modo di vivere e
tantomeno di produrre.
È dal 2005, anno della rivolta delle banlieue francesi, che le piazze si riempiono con frequenza crescente. Lo
scenario del wargame che stiamo preparando è quello che stiamo vivendo da 15 anni a questa parte. Esempio: in
Francia i gilet jaune entrano nel quarto anno di scioperi e manifestazioni. In Italia, a Torino e Milano, siamo a una
ventina di sabati consecutivi di manifestazioni. Fatti come questi, con differenze non essenziali, stanno succedendo
in tutto il mondo da anni. Vediamo, adesso, e citiamo a caso, Italia e Stati Uniti, il Cile e Hong Kong, il Brasile e la
Bulgaria, paesi in cui si susseguono manifestazioni contro un po' di tutto ma, curiosamente, a favore di niente o per
qualcosa di molto sfumato, a parte le dimissioni dei governi (richiesta simbolica, il Belgio è rimasto senza governo
per tre anni e non se n'è accorto nessuno). A parte qualche eccezione in passato, si tratta di movimenti che non
riescono a darsi una continuità organizzativa.
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Wargame (4)
Il malessere sociale è altissimo ma non produce effetti eclatanti. La vita senza senso è interpretata in termini di
sofferenza dell'anima, ognuno cerca di non rimanere tagliato fuori e scende in piazza tra la folla. Essere isolati in
un momento come questo provoca diversi tipi di malessere fisico. Non si tratta semplicemente di una
somatizzazione del malessere psichico ma di una "malattia" nuova, alla quale hanno dato il nome provvisorio PSI.
Comunque, i manifestanti scendono in piazza una volta alla settimana, al sabato, per mesi, e girano per le città
senza meta, gridando slogan un po' fai-da-te come "Libertà", "Stato al macero", o gli immancabili "No green pass"
o "No vax".
Per il momento la massa manifestante è interclassista senza sapere che cosa sia l'interclassismo. Il quale è un
terreno fertile per le manovre dell'opportunismo, che nella confusione ideologica ha radici profonde. Quando
inizierà la selezione saremo costretti a ritornare su discorsi già fatti un secolo fa. Non si potrà dire che le vicende
responsabili della catastrofe controrivoluzionaria durante i primi quattro o cinque anni dalla Rivoluzione d'Ottobre
fossero impreviste o poco conosciute. La lotta contro l'opportunismo era stata una delle caratteristiche invarianti
per mezzo secolo, permettendo a Lenin una poderosa rimessa in carreggiata del movimento internazionale.
Sembrava che i problemi di tattica rivoluzionaria fossero risolti e invece no, si erano ripresentati più virulenti di
prima. La Sinistra Comunista aveva individuato in tempo il serpeggiante ingrandirsi del fenomeno e aveva tentato
di sollevare la questione già al II Congresso del 1920, dove aveva richiesto delle regole severe per l'adesione dei
vari partiti nazionali a quello che doveva diventare il partito mondiale.
Siamo sempre al fatidico punto: no selezione uguale a partito corrotto; sì selezione uguale a partito sano che però
viene sepolto dalla paura di essere minoritario, cosa che conduce alla tattica dei fronti unici, cioè a partito
opportunista.
La verifica sperimentale, coronamento di ogni ricerca scientifica, ha fornito per un secolo prove della correttezza
dei timori della Sinistra. E non si può dire che sia mancato qualche strumento di conoscenza in grado di indicare
una direzione. La bussola c'era, ma non fu consultata.
Come si può facilmente constatare dalla gran quantità di documentazione prodotta, mentre a livello
dell'Internazionale ci si perdeva in discussioni su dettagli tattici tipo conquista della maggioranza, il PCd'I tirava in
ballo le grandi questioni di principio che avrebbero dovuto guidare le scelte. Nella misura in cui… è scritto nelle
Considerazioni. Se è vero che la situazione sociale non può essere definita rivoluzionaria quando non esista un
forte partito comunista, è anche vero che tale partito non s'inventa e non si fabbrica, dev'esserci un periodo di
formazione che va riconosciuto. Da chi? Da una piccola minoranza di mutanti (nell'evoluzione del mondo vivente i
mutanti sono per forza un'infima minoranza).
Qui conviene seguire la bussola. La rivoluzione non è alle porte, ma la fiction basata sul wargame virtuale che
stiamo usando sta raggruppando dati interessanti. È un sabato di fine ottobre del 2021. Sullo schermo del
computer scorrono le immagini di una manifestazione. È in una città inconfondibile del Nord Italia, ma potrebbe
essere ovunque. E infatti si manifesta da qualche tempo in diversi luoghi per diversi scopi, in diversi paesi. Siamo
ormai abituati e l'effetto è quello di una situazione pandemica, sarà l'effetto del virus, ormai oggetto di osservazione
più da parte degli economisti che da quella degli scienziati. E si sa, l'economia non è una scienza.
Stranamente, l'economia non si occupa dei manifestanti che sfilano, eppure è chiaro che gridano slogan non
corrispondenti al motivo delle manifestazioni. Libertà, tessera verde, vaccinazioni, complotti e Stato Padrone non
c'entrano, al di là di quanto possa credere il singolo, si capisce che la pancia del popolo brontola per qualcosa di
non espresso, che fatica a essere comunicato.
Siamo dunque con il video nelle vie centrali, ci sono forse diecimila persone (scrive il giornale cittadino, quello che
trasmette le immagini scrive cinquemila, ma è avversario dei manifestanti, lo scontro avviene anche sul terreno di
una banale cifretta). La telecamera inquadra cinque o sei furgoni della polizia parcheggiati e una decina di agenti in
piedi, come in attesa ma senza brandire l'attrezzatura.
Intorno l'atmosfera in piazza è a tratti rabbiosa, a tratti spensierata. L'operatore risale la corrente, si ferma, esegue
una carrellata e una panoramica, intercala piani diversi a ritratti, scenette di costume. Professionale, non come quei
dilettanti che fanno venire il mal di mare mirando a caso, a destra e sinistra, in alto e in basso. Dieci poliziotti
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame4.htm
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Wargame (4)
risalgono il corteo. La gente fluisce lenta, come bighellonando. Scansa i poliziotti come se non li vedesse. Questi,
raggiunto un incrocio, si raggruppano spalla a spalla e… si tolgono il casco. Strano segnale. Dalla via si vede uno
scorcio della grande piazza dove sono diretti. C'è una sosta anche per gli slogan.
Fin qui l'ambiente. Il corteo è bloccato alle soglie della grande piazza. Il telefonino dell'operatore è adesso fermo.
Evidentemente ha un cavalletto, l'immagine arriva da mezzo metro al di sopra delle teste. Nessuna indicazione che
serva a identificare la fonte, a parte il sito di un giornale locale. I manifestanti hanno sciolto il corteo ma non se ne
vanno.
(wargame3.htm)
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame4.htm
(wargame5.htm)
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Wargame (5)
Wargame (5)
Non solo un gioco
(wargame4.htm)
(wargame6.htm)
QUINTA PARTE
FINALMENTE LA PIAZZA
Partito azzurro 1
"L'organizzazione del partito proletario si forma e si sviluppa nella misura in cui esiste, per la maturità di
evoluzione della situazione sociale, la possibilità di una coscienza e di una azione collettiva unitaria nel senso
dell'interesse generale e ultimo della classe operaia". (Tesi di Roma)
Nei grandi wargame istituzionali il nome degli avversari nel gioco è scelto fra i colori, possibilmente lontani da quelli
eventualmente presenti nella realtà. Siamo fermi ai bordi della grande piazza, il corteo si è sciolto ma la gente non
sfolla, ignara di quello che succede dietro le quinte. Alcuni funzionari di polizia stanno guardando il filmato
dell'operatore in piazza. Altri monitor mostrano altri filmati. Su due monitor spiccano due cartelli con scritto: Azzurro
e Arancione. Il partito Azzurro è in quella stanza; il partito Arancione è virtualmente in piazza, ma è in effetti una
simulazione nel gioco che si svolge nella stanza.
Essendo il wargame un confronto qualitativo che poggia su dati sperimentali quantitativi (ad esempio nel caso della
decisione di uno sciopero senza preavviso proclamato da pochi operai ma inaspettatamente condiviso da 10.000
operai di 100 fabbriche), non può dare luogo a modelli standard riproducibili; perciò, ogni aspetto può essere
pilotato dal giocatore. A differenza di un modello statico, il wargame permette al giocatore di dare risposte differenti
a scenari uguali, il che vuol dire affrontare eventi casuali che fanno di ogni "partita" un modello a sé, anche quando
il modello di partenza è sempre lo stesso. L'impossibilità di previsione dovuta al comportamento "creativo" dei
giocatori produce situazioni dalle quali nascono suggerimenti che in seguito vanno a influenzare la struttura
matematica:
"Tali variazioni devono essere bilanciate dall'invarianza sottostante e dalla opportunità di esplorare il grado di
determinismo inerente ad ogni situazione. I wargame sono qualitativi; se l'output richiesto da un evento è di tipo
numerico, è improbabile che un wargame sia lo strumento appropriato. Mentre la maggior parte dei wargame
include sistemi matematici che producono risultati numerici, i sistemi matematici non sono adatti a inglobare tutti
i dati qualitativi dei wargame." [17]
I risultati numerici possono variare, ma quelli qualitativi sono variabili per definizione: possono completare, ma non
sostituire l'analisi severa e minuziosa. I wargame danno il meglio di sé quando sono usati per l'assemblaggio di
informazioni utili a prendere decisioni, per formulare domande; i modelli matematici se la cavano meglio con le
risposte tendenzialmente definitive. Per questo motivo, i wargame non sono adatti per le previsioni basate sulla
proiezione nel futuro di dati del presente. Essi permettono di dedurre un ventaglio di eventualità, per cui c'è anche il
pericolo che giocando più mani della stessa partita non sia possibile ricavare indicazioni sicure perché i risultati
sono troppo dipendenti dalla probabilità. Una singola esecuzione del gioco può dare indicazioni errate che più
esecuzioni eviterebbero, così come più esecuzioni con wargame diversi possono dare una migliore garanzia di
successo.
Fine del corteo sul perimetro della piazza. Come annunciato, ci dovrebbe essere un'assemblea, ma in mancanza di
organizzatori visibili non ci sarà. Qualcuno passa un megafono a batterie, ma l'operazione non ha seguito. C'è
tanta confusione, e un ordine spontaneo non si avverte ancora. Gli interventi al megafono si fanno più radi, infine
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Wargame (5)
qualcuno comunica ai manifestanti che dovrebbe nascere un coordinamento con altre città. C'è uno stentatissimo
applauso. L'assembramento improvvisato sta per sciogliersi quando alcuni manifestanti propongono di occupare la
piazza.
Potrebbe essere un'idea, anche se occupare adesso non era previsto. Così, su due piedi sembra impossibile. Per
occupare occorre un minimo di preparazione e i manifestanti non sono attrezzati. Intanto si chiedono: chi doveva
prevedere? C'è qualcuno che prevede per noi? È sabato, domani è domenica, si potrebbe far tardi questa sera, ma
come diceva qualcuno poco fa, non c'è preparazione. Ma ci sono momenti che non bisogna lasciar scorrere senza
azione. Perché aspettare? Non fa ancora freddo. Ci sono migliaia di persone. Molte possono fermarsi. Si può
lanciare un flash mob. Ci vorrebbero delle tende, sacchi a pelo, materassini, come s'è visto in Tv o su Internet in
decine e decine di occupazioni. La proposta è accettata per acclamazione. Però sembra che nessuno si muova.
Decine di cartelli sono appoggiati a terra mettendo bene in vista la galassia populista dei manifestanti. Un catalogo
sociologico esaustivo, i cui interessi reali possono coincidere o no con le parole d'ordine scritte con e su materiali
raccogliticci. Due di questi cartelli sono piuttosto inquietanti: "No alla scienza", informano. Perché? Ritorniamo
all'alchimia?
Un centinaio di agenti sta correndo per chiudere un paio delle vie di accesso alla piazza e interrompere l'afflusso. I
manifestanti stanno correndo per tenerle aperte. C'è un breve tafferuglio senza costrutto, una specie di omaggio
alla tradizione. I manifestanti hanno la meglio per via del loro numero ma sembra non si rendano conto che la
polizia li ha praticamente lasciati fare e comunque la piazza ha una decina di uscite che danno su altrettante vie.
Nessuno dei manifestanti si fa illusioni. Quella piazza è un luogo troppo vasto, non riuscirà l'occupazione. Alcune
centinaia di persone, isolate o a gruppi quasi non si notano nel grande spazio. Però le persone non se ne vanno,
aspettano quelle che sono andate a procurarsi il necessario per occupare.
Dicevamo dietro le quinte. In quel momento quattro operatori sono al computer in un locale della Questura e due
sono seduti a scrivanie ingombre di fogli. L'insieme forma una delle unità di crisi da poco insediate nei quattro
agglomerati urbani che superano il milione di abitanti. Esisteva già un qualcosa di analogo, ma era poco di più che
una teleconferenza. Normalmente la stanza viene usata per l'addestramento con vari tipi di wargame. In caso di
emergenza si ricorre a un software commercializzato dal governo inglese che permette di interfacciarsi quasi in
tempo reale con la piazza o altri scenari. La competizione prevede due giocatori, cioè due gruppi di persone, uno
nelle Questure (Partito azzurro) e uno in piazza (Partito arancione). I due personaggi seduti alle scrivanie sono
l'arbitro e il direttore di gioco. Le informazioni sono in parte dirette, ottenute in tempo reale, in parte indirette,
ottenute da un ricco database attraverso un Pannello di controllo. Ogni gruppo in Questura è collegato in
networking con diverse persone, consulenti specializzati in qualche disciplina, fissi o consultabili al momento. Il
direttore di gioco riassume lo scenario che si è venuto a creare nella piazza:
- Manifestazione apparentemente spontanea, non autorizzata ma tollerata secondo le indicazioni del Ministero
degli Interni. Circa 10.000 manifestanti secondo la Questura (5.000 secondo un quotidiano avverso ai manifestanti,
10.000 secondo un quotidiano locale). Forse 2.000 nella piazza, il resto bloccato nelle vie adiacenti o sfollato. 300
agenti in tutto lo scenario. Criticità sulle 10 uscite/entrate della piazza, per cui 50 agenti in borghese, mescolati alla
folla e addestrati alla raccolta di informazioni, sono confluiti con i colleghi.
- Questo gruppo di agenti sembra particolarmente numeroso in rapporto alla situazione ma ciò è giustificato dal
fatto che la composizione del corteo, essendo questo improvvisato, non ha testa; quindi, sono presenti soggetti
perturbatori che vanno dal neofascismo all'anarco-insurrezionalismo.
- Per il momento i manifestanti, pur essendo decisamente superiori di numero, non tentano di sopraffare le forze
dell'ordine. Probabilmente attendono l'esito del flash mob con il ritorno di coloro che sono andati ad attrezzarsi per
l'occupazione, se ci sarà (come mai non è stata prevista, nemmeno come possibilità statistica?)
- Sit in nella piazza. Telefonini roventi stanno confermando il flash mob con una seconda chiamata. A parte questo,
nessuna parvenza di organizzazione, ma già così la situazione è delicata. In Questura si calcola che un feedback
rispetto agli appelli potrà essere avvertito e produrre effetti non prima di due ore.
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Wargame (5)
- C'è una calma surreale, agenti e manifestanti sono consapevoli che se dovessero tornare coloro che sono usciti o
arrivare nuovi manifestanti in risposta alla chiamata, la polizia non potrebbe impedire l'occupazione. Immessa la
configurazione nel programma, la risposta è di non intervenire. La qual cosa significa che si dovrebbe aspettare
domenica sera per sgomberare la piazza, confidando in un lunedì con ritorno alle personali attività. Gli agenti in
borghese che raccolgono informazioni hanno inviato dati sufficienti per elaborare stime sulla composizione sociale
del corteo ma non quelli sulla piazza attuale, che sarebbero decisivi per stabilire che tipo di atteggiamento tenere. Il
corteo sarebbe stato composto da:
- piccola borghesia commerciante (60%);
- piccola borghesia addetta al ristoro (15%); piccola borghesia del servizio pubblico (10%); piccola borghesia
intellettuale (5%); salariati (compresi i disoccupati, 5%); studenti (5%).
- Se tutti coloro che hanno un'attività per lunedì non fossero presenti, l'occupazione non sarebbe verosimilmente
possibile.
- Slogan: Libertà, No Green pass, (almeno 80%). Il resto inventato sul momento. In due casi slogan complessi
cantati in sincronia, come fossero stati "provati." Questo è un sicuro indizio del fatto che 1) i manifestanti sono divisi
e 2) incominciano ad operare sul terreno esterno. Se è corretta la seconda opzione controllare quanto credito sia
rimasto all'immagine della manifestazione "libera e indipendente".
- Per il momento il flash mob lanciato con i social network non sembra avere riscosso il successo sperato. Le forze
dell'ordine sono in attesa degli esiti. Incominciano ad affluire i manifestanti con materiale per la notte. Sono
pochissimi e la vastità della piazza li fa sembrare ancora meno. Sui social network traffico specifico quasi nullo.
L'occupazione al momento non è che un sit in con altro nome. Nessun indizio di attività futura programmata. È
stata pubblicata su Internet una bozza del sito che sarà il punto di riferimento per i manifestanti. Il movimento non
ha ancora un nome. Dati i tempi, la notizia di per sé non è interessante, oggi chiunque può pubblicare un sito con
estrema facilità. Gli analisti fanno notare che questo è un po' diverso. È ancora in costruzione, ma è completo e
funzionale. Dal numero di accessi nonostante il cartello di "Lavori in Corso" si vede che sarà un punto di riferimento
importante. È diviso in sezioni operative: Comunicazione in Rete, cioè tutto ciò che serve a informare su qualsiasi
argomento, logistica, interfaccia con il resto del mondo: stampa, organismi vari, rappresentanti dello Stato.
Secondo gli analisti il sito, data la sua complessità e interattività, richiederà molte persone per la gestione. Per
questa ragione, più che per questioni tecniche, non potrà essere pronto in tempi brevi (non prima di una settimana,
ipotesi basata sul tempo occorso per arrivare fino a questo punto).
Partito arancione 1
Localizzazione: un mercato coperto, un grande ambulatorio privato convenzionato e un parcheggio in zona semicentrale, tre elementi che contribuiscono a fare del luogo un anonimo centro di attività con abbondante traffico. In
un seminterrato ha sede una cooperativa che recupera apparecchiature colpite da "obsolescenza programmata",
cioè le ripara a dispetto della loro progettazione che prevede una durata breve. Buona parte dello spazio è
riservato a scaffalature piene all'inverosimile delle apparecchiature da utilizzare come fonte di pezzi di ricambio.
Alcuni soci della cooperativa erano un tempo fra i pochi seguaci italiani di Occupy Wall Street. Adesso si limitano a
mantenere i contatti via Internet con i sopravvissuti di quell'epoca. Hanno un piccolo sito e diffondono una
newsletter. Le apparecchiature più numerose sono quelle elettroniche. Quando sono riparate e funzionanti
vengono esposte per la vendita. Essendo tutte connesse alla rete elettrica, a quella informatica e a vari dispositivi,
cioè pronte per l'uso in caso di dimostrazione a qualche cliente, si presentano con un inestricabile groviglio di cavi
che quasi le sommerge. A dire il vero il disordine è tanto in tutto il locale, se qualcuno volesse capirci qualcosa
dovrebbe impegnarsi non poco.
Tra le apparecchiature c'è una workstation un tempo molto potente e utilizzata per la progettazione, oggi dedicata a
un programma realizzato da alcuni soci appassionati di videogame. Uno di loro segue e riferisce agli altri ciò che
sta succedendo nella grande piazza sospesa tra occupazione e sgombero.
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame5.htm
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26/06/24, 00:50
Wargame (5)
Il programma della polizia non ha previsto l'occupazione della piazza, nemmeno come possibilità statistica. Eppure,
c'era una notevole sproporzione di forze e gli stessi manifestanti hanno gridato nei megafoni che sarebbero andati
a prendere l'occorrente per poi tornare, anche per vedere l'effetto del flash mob. C'erano tutti gli elementi per
consigliare un'azione preventiva, invece la polizia sì è arroccata in difesa prima della piazza, poi delle vie d'accesso
o di fuga. Date le forze in campo, una difesa insostenibile. Ma quello che più stupisce è la scelta tradizionale di
fronte a eventi non tradizionali: è come se, sapendo che la manifestazione sarebbe risultata atipica, cioè
completamente in mano ai populisti, la polizia avesse deciso di ritenerli innocui. Cosa che forse era vera dieci anni
fa, e solo in parte, ma oggi con il mondo populista in piazza viene a mancare il controllo, proprio per questo può
succedere di tutto. Come, ad esempio, in una piazza che sta per essere occupata, dove 300 poliziotti dovrebbero
sbarrare dieci passaggi larghi quanto una via per impedire ad almeno 2 o 3 mila manifestanti di accedere
(ricordiamo che 2.000 sono già in piazza).
I dati sono grezzi, anche perché il programma della cooperativa è ricavato da una base commerciale piuttosto
vecchia. Però i loro corrispondenti americani stanno cercando un vero wargame da adattare e usare in modo
coordinato. Mentre il movimento attuale, nato in seguito alla storia della pandemia, non ha nemmeno idea di che
cosa sia un wargame. Neppure i sinistri hanno idea di che cosa sia. Teorizzano che la rivoluzione non è una
questione di macchine ma di uomini, continuano ad essere contrari all'utilizzo della "scienza borghese".
In uno spazio che può contenere facilmente decine di migliaia di persone, con vettovaglie e servizi a portata di
mano, sta formandosi una parvenza di ordine. Il lancio tribolato del flash mob ha infine avuto un effetto a sorpresa:
nel giro di tre ore sono affluite in piazza migliaia di persone. Lo spazio c'è. La piazza ha una superficie di quattro
ettari, ha tre lati circondati da portici molto spaziosi il quarto lato coincide con il fiume. Capacità 40.000 persone
calcolando una densità bassa. La fatidica decina di uscite nel caso si debba evacuare; una ventina di bar e
ristoranti entro il perimetro o a pochi metri possono offrire cibo, bevande e l'uso del WC. Sulle prime, in casi del
genere gli esercenti tendono a considerare l'invasione di manifestanti una scocciatura, come ad esempio ogni
Primo Maggio, ma poi di fronte a una folla che deve mangiare e bere, cede facilmente. E tra l'altro questa volta i
manifestanti e gli esercenti fanno parte della stessa classe.
Occupare una piazza così grande significa essere obbligati ad assicurare una difesa adeguata. L'esperienza di
Occupy Wall Street a Zuccotti Park o degli egiziani a Piazza Tahrir insegna che non si può difendere una piazza
troppo piccola, ma che una grande richiede molti partecipanti, molto decisi. Gli occupanti devono prevedere ciò che
faranno il Comune e lo Stato, ma soprattutto cosa farà l'assemblea. In alcune occasioni passate si è già parlato di
questo argomento. Cinquanta uomini senza divisa a raccogliere informazioni sembrano troppi per 10.000
manifestanti ma le informazioni che stanno inviando sono di estrema importanza. L'assemblea può diventare luogo
di scontro violento fra le numerose fazioni della politica classica, anche se queste per il momento non hanno
alcuna presa sulla massa populista. Comunque, mentre si apriva il gioco, sia il Partito azzurro che il Partito
arancione davano per scontata l'esistenza l'uno dell'altro. C'era però un problema: il Partito azzurro, ritenendo
scontate le vecchie divisioni politiche, aveva stabilito che a occupare la piazza ci fosse un Partito arancione, cioè
nemico. Ma qualcosa è cambiato. Il partito Azzurro ha messo radici anche nelle manifestazioni e nella piazza.
Dal punto di vista della composizione sociale c'è un unico grande Partito Conservatore Azzurro distribuito fra i
difensori dello Stato e i manifestanti contro lo Stato. Il Partito arancione c'è, ma per adesso non si manifesta: "esso
si forma e si sviluppa quando si saldano esigenze della dottrina e dell'azione" (Tesi di Roma). Se è così, pensano
gli operatori nella sala del wargame in Questura, allora manca poco a una radicalizzazione. L'unità contro natura
dei due partiti dovrà dissolversi e dovrà emergere il vero partito arancione.
Partito azzurro 2
Si dovranno evitare i consueti balletti alla francese, quelli standard con i dieci poliziotti-esca che fingono di essere
sopraffatti e si ritirano attirando i turbolenti nelle sacche predisposte dai cento poliziotti nascosti. In Francia odiano
lo Stato ma lo rispettano, qui non si riesce neppure a odiarlo perché lo si sbeffeggia. Queste manifestazioni che
fanno il giro del mondo finiranno per farlo saltare. O forse è più realistico dire che lo faranno soffocare, tanto è
carente di ossigeno vitale.
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Wargame (5)
Qualcosa è andato storto. Dopo decenni di esperienza le ripetizioni non dovrebbero più ingannare nessuno e
invece gli agenti, avendo perso l'iniziativa, si ritrovano assediati agli imbocchi della piazza. In questa posizione
precaria devono aspettare le decisioni dell'avversario, reinterpretarne le mosse alla luce di notizie affidabile
sull'occupazione. Intanto sta confluendo un numero imprevisto di manifestanti. Ci sono anche dei curiosi che non
fanno parte del movimento, riconoscibili dal fatto che portano la mascherina. Lungo il corteo non se n'era vista una.
Quando arriveranno i rinforzi del partito azzurro, quelli dei manifestanti-occupanti e quelli del flash mob, ci saranno
le solite scaramucce per decidere se la piazza dovrà essere tenuta o lasciata, decisione che non sortirà effetto
alcuno in un caso o nell'altro, perché i manifestanti non possono non manifestare e lo Stato non può rinunciare alle
proprie prerogative. Sarà prodotta un po' di nebbia lacrimogena fotografata da mille fotocamere, telecamere,
smartphone e tablet contribuendo a iniziare un nuovo, ennesimo futuro miliardo di immagini.
Se non si sapesse che la regia è solo dello Stato attraverso gli agenti d'influenza, si direbbe che ci sia qualcun altro
che gioca alla guerra. Non si tratta di adottare tesi complottiste, ma da una serie di sintomi quello che sta
succedendo ha tutta l'aria di essere programmato. Non ci sono più le frange bombarole pseudofasciste che
militavano in un fascismo mai esistito. Oggi si tratta di guerra dell'informazione, come ci insegna la rivista di uno dei
servizi più o meno segreti. È guerra ad alta concentrazione di tecnologia, informazione, apprendimento,
sperimentazione. È la guerra che si fanno da tempo gli Stati riportata alle loro dimensioni e caratteristiche interne.
La rete azzurra di agenti là nella piazza comunica di aver censito almeno venti correnti politiche. La polizia le
conosce tutte, anzi, ne conosce di più, alcune non partecipano. Ma questa volta, grazie a un virus interclassista, le
abbiamo tutte insieme nella stessa piazza. E la notizia, non si sa ancora se buona o cattiva, è che la gente le
scansa. È vero che le manifestazioni hanno un colore sociale indefinito, ma sappiamo che le maggioranze
silenziose come le chiamavamo negli anni '70, quando si muovono possono fare molto rumore. Quindi bisogna
valutare molto attentamente la dottrina di Hong Kong o Trump o sicuramente qualche cosa di simile da qualche
altra parte del mondo. Chiamiamo "Dottrina di Hong Kong", quella che si è manifestata in un luogo simbolo delle
metropoli verticali, dove il contatto fisico è obbligato dalla densità demografica ma negato dalla coltivazione di
psicopatologie individualistiche come lo shopping compulsivo.
Nella città cinese – nove milioni di abitanti – ci sono state manifestazioni oceaniche con la partecipazione di uno o
due milioni di persone alla volta. Le fotografie e i filmati che sono arrivati in rete sono impressionanti. La dottrina
HK consiste precisamente nel creare spazi di frizione tra i manifestanti e la polizia, spazi nei quali la folla scarica la
tensione in un gioco (un wargame frattale) senza sbocco. È una tattica vecchia, la novità della versione HK è che
ad altissimi livelli di densità demografica l'intervento del caso (e del caos) può produrre situazioni fuori controllo; e
quindi si spinge lo sfogo controllato fino alla soglia del pericolo non più accettabile, come il via libera
all'occupazione del Parlamento, evento lasciato succedere o addirittura provocato. L'episodio analogo, fatte le
debite proporzioni, avvenuto qualche mese dopo negli Stati Uniti ha sollevato più scalpore perché il Presidente è
stato accusato di esserne il promotore, ma è evidente che la differenza è solo dovuta alla rozzezza americana.
Circola voce che il Movimento abbia un vertice segreto e stia usando un programma al computer per farsi assistere
nelle decisioni. La polizia ha indagato ma non ha trovato segni di attività in tal senso. Le informazioni ricevute e
immesse nel wargame escludono che ci sia qualcuno, manifestante o no, che stia anche solo pensando di usare
simili strumenti. Se e quando si arriverà allo scontro vero con lo Stato, non sarà consigliabile sbagliare le mosse e
prendere tempo con le vecchie liturgie dei tavoli di confronto per soppesare le rivendicazioni e arrivare alla solita
soluzione del giusto mezzo. Un primo passo è già stato fatto: a parte il velo della pandemia, questo movimento non
ha rivendicazioni da sottoporre a qualcuno. Per il momento lavora a costituire sé stesso. Forse tenterà di far cadere
il governo. Non che la piazza sia così forte, ma il governo è sicuramente debole. Anzi, il governo è lo specchio dello
Stato, che è la vera debolezza a livello mondiale. Infatti, tutti si stanno chiedendo: e poi? Domanda retorica, tutti
sanno benissimo la risposta. L'apparente sintonia attuale della folkloristica marmaglia è destinata a saltare e l'unica
soluzione possibile è quella dell'azione preventiva.
Il proletariato si presenta alla storia come "classe per sé" nel momento in cui agisce sempre più consapevole del
proprio ruolo e della propria forza, ma non può raggiungere questo risultato senza darsi un programma unitario e
una organizzazione conseguente. Un tale sviluppo è minacciato dall'azione delle classi avverse che vedono nel
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26/06/24, 00:50
Wargame (5)
movimento proletario un pericolo per la propria condizione e che perciò, facendo leva sui propri interessi, cercano
di frenare quelli operai. Ciò produce crisi sociali in cui le classi si arroccano sulle posizioni raggiunte e lottano per
difenderle. Così facendo, producono situazioni complesse, molto difficili da interpretare senza riferimento alle classi
e quindi generatrici di schemi distorti ed errori nei modelli interpretativi.
Partito arancione 2
Molte volte si è verificato un processo di degenerazione per il quale l'azione dei partiti proletari ha perduto
quel carattere indispensabile di attività unitaria e ispirata alle massime finalità rivoluzionarie. Per tale via i
partiti proletari sono spesso giunti ad estendere i limiti della loro organizzazione a sfere di elementi che non
potevano ancora porsi sul terreno della azione collettiva unitaria e massimalista. (TdR)
Il modello interpretativo della polizia, o meglio dello Stato, è preciso nei dettagli, ha un database gigantesco, si
fonda su una rete di consulenti esperti ma è molto difettoso nell'individuare la composizione di classe e gli effetti
che produce. Lo Stato tende a classificare la società in due grandi insiemi: gli amici e i nemici. Le sfumature, che in
una società moderna sono importanti, sono appena registrate.
La classe media, la più numerosa e in certi momenti più influente a causa dei danni che può procurare agli equilibri
sociali, in questo momento è ferocemente allineata contro il governo, confuso con lo Stato, quello dal volto
indefinito che preleva le tasse dal borsellino del contribuente e "non restituisce l'equivalente in servizi", quello
odioso che limita la libertà, parola consunta ma molto gridata. Il "governo ladro" non conta niente ma ha una faccia,
riempie i notiziari, i giornali, le interviste. Si scende in piazza, dunque, contro il governo-Stato. Sembra che il
Movimento stia suscitando molto interesse presso gli organi nascosti dello Stato e presso l'Associazione degli
industriali. Insomma, non hanno ancora paura delle manifestazioni ma ci pensano. Alla paura. Alla incontrollata,
incombente, irrazionale paura.
Senza dubbio anche i capitalisti hanno un programma al computer per farsi assistere nelle decisioni. Teoricamente
dovrebbero essere schierati con la classe media, ma con la pandemia questa loro inclinazione si è modificata. I
capitalisti non hanno solo bisogno che la gente vada a lavorare ma, secondo il sacro principio del consumismo, che
vada anche a spendere ciò che guadagna. Nei loro schemi, capitalisti e classe media sono complementari, quindi
alleati, uno produce e l'altro compra. Nella realtà la classe media è parassitaria, come si diceva una volta, e un
wargame ben fatto sulla sua funzione sociale dovrebbe tenerne conto: l'artigiano e il bottegaio mangiano tutto ciò
che producono e l'immane esercito degli addetti ai servizi e dei percettori di rendita mangia e basta. Il virus ci ha
mostrato la radiografia della società moderna: la suddivisione in classi statistiche operata dalla polizia è del tutto
approssimativa, ma è più realistica di quella dell'ISTAT.
Ormai i cortei sono tutti non autorizzati. C'è anche questo fatto inedito: il movimento non è omogeneo e la legge
non è uguale per tutti. Nemmeno nella tradizione precedente (partiti, sindacati, sinistri) c'era omogeneità, ma
adesso le differenze si fanno macroscopiche. Nessuno dei partiti iscritti nelle liste elettorali è presente alle
manifestazioni, i sindacati latitano e le loro propaggini minoritarie ci sono ma non hanno voce in capitolo. È come
se tutta la sovrastruttura istituzionale avesse alzato una cortina che rende invisibile la natura del movimento.
Queste sono le manifestazioni della classe media e dei suoi prodotti irregolari, dagli anarchici ai micropartitini, dai
naziskin ai filosofi. Gli operai non si vedono, mescolati come sono con la folla eterogenea. E senza il suo partito la
classe operaia è solo un aggregato statistico. D'altra parte, senza la classe il partito non può esserci. In un
wargame il dilemma uovo-gallina sarebbe irrisolvibile se non venisse individuata una dinamica che scioglie il nodo
dell'inizio e attribuisce un orientamento agli eventi.
Fatte le debite differenze, nelle fasi complesse della transizione un movimento coerente con il cambiamento
potrebbe essere sottoposto a una variante moderna delle sollecitazioni cui fu sottoposta l'Internazionale e che la
nostra corrente, allora, definì "pericolo opportunista". [18] In un wargame di fatto come quello che stiamo cercando
di tratteggiare per l'arco di un secolo, l'opportunismo dev'essere ben identificato e neutralizzato.
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Wargame (5)
Von Clausewitz ha scritto che la guerra è il dominio del caso, che l'incertezza sbilancia il corso degli eventi. Questi
eventi sbilanciati li abbiamo sotto agli occhi: il movimento è solo una somma di passeggiate eterodirette, e questo
termine bisogna intenderlo alla lettera. Non appena spariranno le mosche cocchiere il caso presenterà la
soluzione. Il caso dev'essere contemplato nella struttura del grande wargame che sarà la prossima guerra. A meno
che… non si ritorni a fare il Grande Errore: che scoppi una guerra civile così tremenda da giustificare, per fermarla,
una guerra imperialista classica. Come fu contro la Comune, di fronte alla quale due eserciti imperialisti si
fermarono per dare luogo alla repressione.
Da qualche parte lo Stato avrà il suo wargame, in esso saranno previsti il caso, il caos e l'incertezza. Tireranno i
dadi? Leggeranno le carte? Diranno al computer di generare numeri casuali? Oggi, il movimento è quello che è,
rappresenta di tutto, tranne il futuro. È dal 2005, dall'incendio delle banlieue, che movimenti vari stanno alla finestra
per vedere sfilare sé stessi senza uno scopo. Probabilmente siamo quasi alla fine: il capitalismo ha definitivamente
abbandonato i presupposti su cui fondava la propria esistenza. È un paradosso, ma è anche l'unica certezza.
Ci sarebbe dunque, secondo il complottismo, un vertice segreto che guida le masse verso qualche sbocco…
segreto. E utilizzerebbe un software avanzatissimo per studiare come uscire dalla palude. Fosse vero: il guaio è
che non può essere vero, è solo una non notizia come tante che circolano in questo momento di crisi sociale.
Niente è più distante da un approccio scientifico che la politica d'oggi. Dall'estrema destra all'estrema sinistra,
passando per un insulso deserto conteso, a questo falso post-capitalismo si addicono più i tarocchi dei computer.
Non bisogna farsi ingannare: abbiamo la borghesia più antica del mondo, ma anche la più ignorante. Ha riempito di
macchine quasi pensanti gli spazi che è riuscita a rendere accessibili e non sa neppure che cosa sono queste
macchine. Non sa neppure di avere il primato mondiale della produttività (PIL/addetto produttivo). Si legga la
cristallina lucidità del riquadro precedente: la rivoluzione allarga la propria influenza, fin troppo. Le aree di
reclutamento non sono chiare come sarebbe necessario. C'è sempre quella maledetta paura di essere in pochi, di
non avere abbastanza seguito. Determinismo: non abbiamo ancora una rivoluzione, dopo un secolo, perché non
abbiamo imparato a memoria quelle dieci righe. Vero, ci sono le fatidiche "condizioni storiche sfavorevoli", ma
accidenti!
Coscienza critica e spontaneità organizzata
Per Lenin la spontaneità operaia era fortemente influenzata dall'organizzazione del lavoro, perciò si mostrava, nel
movimento rivoluzionario, come un qualcosa di completamente diverso rispetto alla spontaneità delle masse in
piazza o quella anarchica dei contadini. Un ossimoro che aveva delle conseguenze profonde, anche se non
immediatamente visibili. In tutta Europa, mentre gli operai scendevano in piazza e tendevano ad armarsi, i loro
partiti tentennavano, indecisi fra la legalità democratica e l'azione armata. L'organizzazione spontanea degli operai
metteva in discussione gli apparati politici mentre metteva in discussione il sistema capitalistico.
Si incomincia a capire il perché della spietata, vasta, e a livello storico instancabile persecuzione politica da parte
degli stalinisti verso gli oppositori, specie della Sinistra; un odio violento, cieco. In fondo l'azione organizzata contro
la confusione politica era un classico: gli uomini non giungono alla necessità del cambiamento tramite le loro idee
ma tramite le condizioni materiali in cui vivono. Spinte ideologiche, psicologiche, religiose, politiche o morali sono il
riflesso di quelle materiali e solo nel loro insieme possono trasformarsi in una spinta materiale collettiva. È per
questo che 1) Marx attribuisce alla piccola borghesia psicologicamente frustrata il potere di innesco della rottura
sociale e 2) non bisogna chiedere alla piccola borghesia di dare una definizione alla propria rabbia: produrrebbe
come risposta una mistificazione all'ennesima potenza, dato che, se dicesse la verità su sé stessa in base
all'importanza sociale del suo mandato, dovrebbe limitarsi a scrivere due righe semplici semplici di
documentazione sulla propria vigliaccheria: cioè sul terrore di essere lasciata sola di fronte al proletariato quando
questo, senza troppe cerimonie, essendo stato buttato fuori dalla fabbrica, incomincia a demolire il complesso
sistema dall'esterno, ad esempio rifiutando il lavoro quando può abbassare volontariamente il proprio livello di vita,
come hanno già fatto tre milioni di americani. In questa fase possiamo prevedere che siano decisi i passi
preliminari di ogni rivoluzione che facciano saltare, per imporsi, le vecchie categorie dell'economia politica. Ad
esempio, il reclutamento di quegli "utensili vivi" dei quali più se ne parla meno se ne vedono. La Sinistra Comunista
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Wargame (5)
"italiana" era l'unica corrente ad avere un programma atto a fornire il motore alla rivoluzione, ma si è estinta. A
parte qualche barlume di vita, non ci sono oggi organismi politici capaci di prendere decisioni in linea con quanto
era maturato con la costituzione del PCd'I. L'impatto della controrivoluzione è stato così violento che non ha
lasciato spazio per una biforcazione fra vie opposte.
Non possiamo sapere se quella corrente sarebbe stata in grado, se fosse arrivata fino a oggi, di affrontare le sfide
poste dai nuovi assetti del capitalismo e i loro effetti sociali. Ma una cosa è certa: non avrebbe mai evitato di
ragionare in termini di progetto, di modelli, di algoritmi, di intelligenza artificiale o altro che potesse risultare utile
alla rivoluzione.
La nostra sicurezza deriva dalla natura del gioco, cioè dall'interazione con l'avversario: se non si vuole perdere,
bisogna essere all'altezza delle sue armi, anzi, bisogna avere armi migliori.
If-then: se si verificano determinate condizioni, allora, con gli strumenti adatti, sono possibili esiti all'altezza del
futuro.
Il carattere essenziale della funzione del partito è l'impiego delle energie da esso inquadrate per conseguire
obiettivi che superano gli interessi dei singoli gruppi e i postulati immediati e contingenti che la classe
lavoratrice si può porre. (TdR)
I giochi di guerra offrono un quadro sicuro per lo sviluppo di alcune delle situazioni e delle dinamiche decisionali
associate ai conflitti.
Offrono la chiave per capire alcune delle situazioni e delle dinamiche decisionali associate ai conflitti, non
necessariamente armati.
Stimolano e abilitano l'apprendimento attivo perché i giocatori si confrontano con conoscenze che si sviluppano nel
tempo con impegno continuo e spesso impongono domande e sfide inaspettate mentre esplorano, sperimentano e
competono all'interno del modello artificiale fornito dal gioco.
Chiariscono prospettive, introducono approfondimenti, suggeriscono accorgimenti unici nel loro genere,
completano altre forme di analisi o formazione.
Consentono di esaminare, replicare e sviluppare una comprensione del processo decisionale in contesti complessi,
come se si fosse ottenuta in laboratorio una verifica sperimentale. Noi qui abbiamo comparato alcuni wargame
commerciali molto semplici, ma il principio su cui si basano è invariante per i tipi che abbiamo suddiviso in due
gruppi. In effetti, quello di sperimentare uno scenario realistico su di un tavolo, su di un pavimento o su di un
computer è spesso l'unico modo per esplorare problemi "irriducibili" alla comprensione. Il wargaming consente agli
utenti di interagire con diversi metodi, strumenti e tecniche (quantitative e qualitative) ma soprattutto con un
elemento umano, che al momento risponde alle "mosse" con l'intelligenza, una qualità che il computer ancora non
possiede. Prima di proseguire accertiamoci di avere ben capito che cosa sia un wargame, perché i prossimi due
riquadri affrontano il cuore del problema centrale di tutte le rivoluzioni, il rapporto fra volontà e coscienza; il
comunismo, disse Bordiga a Gramsci nel 1926, non è una politica ma una "concezione dell'universo" secondo la
quale per la rivoluzione occorre che siano uniti coscienza e volontà senza per questo finire nell'idealismo o
nell'attivismo.
Il wargame è maneggiato dagli umani e non può essere lasciato senza controllo. Nel data centre della questura il
direttore di gioco e l'arbitro garantiscono tale controllo. Nei modelli più complessi la squadra è più numerosa e i
controllori anche, fino a interessare
"centinaia di persone che condividono sistemi distribuiti in molte località geografiche. [La sezione per]
l'addestramento collettivo bi-strategico della NATO ha un elenco completo dei controlli, nomine, responsabilità e
sotto-organizzazioni richieste per i grandi wargames. Quelli di minori dimensioni e funzioni richiedono meno
controllo, ma qualunque sia la dimensione dell'organizzazione di controllo, essa detiene diverse funzioni chiave.
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Il controllo non è effettuato soltanto in fase di utilizzo, ma interessa tutto il ciclo di produzione, dalla prima
necessità avvertita al progetto, dall'utilizzo friendly al raggiungimento degli obiettivi il team di controllo deve
garantire che il wargame raggiunga i suoi obiettivi". [19]
Se il processo rivoluzionario non si imbastardisce lungo il percorso, come successe l'ultima volta, la rabbia della
piccola borghesia può diventare demolitrice: il vaso di coccio fra i vasi d'acciaio è destinato a fare una brutta fine
perché i suoi affari registrano che la capacità di ripartire il reddito entro la società diminuisce drasticamente con
l'aumento della produttività. In questa sezione del wargame può essere affrontato con risalto strategico lo schema
del rovesciamento della prassi, dove l'influenza del partito si ottiene attraverso la maturazione di condizioni
soggettive. Le molecole sociali passano da una totale situazione di caos a una moderata acquisizione di ordine,
che la nostra corrente ha equiparato alla polarizzazione fisica. Si potrebbe ad esempio stabilire in anticipo che
l'intera società è composta di un numero n arbitrario di molecole sociali e manometterlo secondo schemi prefissati
dal programma. Il numero totale rimane quello iniziale, ma sarebbe possibile con i nominati coefficienti variare la
suddivisione interna con una serie di iniziative che ampliano il "teatro di guerra" e restringono la "rosa di eventualità
tattiche", sempre meno diversificate.
L'integrazione di tutte le spinte elementari in una azione unitaria si manifesta attraverso due principali fattori:
uno di coscienza critica, dal quale il partito trae il suo programma, l'altro di volontà che si esprime nello
strumento con cui il partito agisce. (TdR)
Il partito riceve il suo programma storico dal maturare della società capitalistica, processo completamente al di fuori
della portata della volontà degli uomini o delle loro organizzazioni, cosa che i dirigenti dell'Internazionale proprio
non volevano capire. Ubriachi di successo immediato, credevano di piegare la storia con illusorie parole d'ordine
come la conquista della maggioranza. È però nel corso degli eventi che il programma storico esprime i fondamenti
utili all'imporsi della volontà. In determinati momenti delle varie epoche tali fondamenti possono essere individuati
da chiunque, ma la loro trasformazione in forza materiale applicata al cambiamento dipende dalla possibilità di far
aderire senza contraddizioni il partito formale al partito storico. Nel 1922, ad appena un anno dalla fondazione del
Partito Comunista d'Italia, si manifesta in tutta chiarezza la vittoria dei reparti d'assalto dell'opportunismo. Uno
schema universale di wargaming non è più possibile perché le differenti interpretazioni del comunismo poggiano su
basi incompatibili. Mentre la Sinistra Comunista "italiana" ribadisce l'adesione allo schema storico-materialista che
esclude il ricorso a espedienti politicanteschi, l'Internazionale ribadisce che quegli espedienti sono vitali per il
successo del movimento, visto come somma cosciente delle spinte individuali. Spinte che hanno radici nel
retroterra della forte socialdemocrazia mitteleuropea di cui l'austrocomunismo è uno dei prodotti deteriori.
Sarebbe erroneo considerare questi due fattori di coscienza e di volontà come facoltà che si possano
ottenere o si debbano pretendere dai singoli poiché si realizzano solo per la integrazione dell'attività di molti
individui in un organismo collettivo unitario. (TdR)
La nostra specie ha raggiunto un elevatissimo grado di capacità evolutiva grazie alla cooperazione sociale, che ha
in qualche modo cambiato i termini dell'evoluzione darwiniana. Ciò vale per tutti i campi in cui l'intelligenza umana
si discosta da quella animale. Il primate Homo non si è evoluto in quanto prodotto di automatismi dovuti a leggi
considerate "là fuori" ma a leggi che lui stesso ha contribuito a formare e consolidare, primo fattore fra tutti la
capacità di tramandare l'informazione acquisita e di progettare oggetti e situazioni. È chiaro che, se all'epoca gli
fosse stato possibile progettare e costruire un wargame come quelli computerizzati di oggi, il suo responso sulla
società sarebbe stato completamente diverso.
(wargame4.htm)
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(wargame6.htm)
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Wargame (6)
Wargame (6)
Non solo un gioco
(wargame5.htm)
(wargame7.htm)
SESTA PARTE
VARIABILI NASCOSTE
Indeterminismo sociale e realtà operativa
Dal 1914 al 1922 nessun modello realistico avrebbe suggerito le decisioni tattiche prese dagli uomini credendo di
essere agenti razionali, come credevano di esserlo rispetto all'economia politica. La forma democratica del
processo decisionale non avrebbe influito così profondamente sugli eventi. Ora, si può dire che con il senno di poi
è possibile ricostruire il passato e simulare un drastico cambiamento degli eventi e delle decisioni, ma che tutto ciò
non avrebbe cambiato il corso della storia. Non è questo il modo comunista di intendere il determinismo, altrimenti
non avremmo le rivoluzioni. Nelle transizioni di fase, al confine tra ordine e caos, si formano delle biforcazioni,
cuspidi che presentano al fluire della storia infinite tangenti, punti di catastrofe che fanno scattare gli eventi da un
piano all'altro, piccoli fatti locali che hanno grandi conseguenze globali.
Conoscendo gli antefatti, una razionale disposizione delle forze in una simulazione a posteriori, specialmente se
computerizzata, darebbe risultati diversi, come li diede, nel 1958, il primo wargame di simulazione per cambiare le
determinazioni che portarono a una battaglia decisiva, quella di Gettysburg. Non ci sono dubbi sul fatto che quella
battaglia della Guerra Civile Americana, studiata minuziosamente da tutti gli storici, strateghi, capi militari e
appassionati di ricostruzioni scientifiche o folkloristiche, fu ad un certo punto a una biforcazione fra vittoria e
sconfitta, per cui poteva verificarsi una svolta per quanto riguarda alcune delle ramificazioni della storia.
La proclamazione delle questioni programmatiche e la designazione degli uomini a cui si affidano i vari gradi
della organizzazione di partito devono intendersi come un prodotto del processo reale. Esso accumula gli
elementi di esperienza e realizza la preparazione e la selezione dei dirigenti dando forma al contenuto
programmatico ed alla costituzione del partito e dei suoi canali di comunicazione. (TdR)
Un processo reale, e non inventato come si usa fare in politica. Una ripetizione della battaglia di Gettysburg
sarebbe stata di grande ausilio didattico per i protagonisti, proprio perché nella guerra civile americana sono stati
commessi errori madornali a causa di inadeguata conoscenza della teoria e della pratica militare da parte dei
comandanti e dei soldati.
All'epoca delle Tesi tutti i partiti, compreso il PCd'I, applicavano il metodo democratico, quindi organizzavano
congressi, votavano su tesi spesso contrapposte, risolvevano questioni a maggioranza. Il PCd'I aveva 43.000
iscritti, era guidato da un Comitato Esecutivo di soli 5 membri e, se ne avesse avuto il tempo, avrebbe certamente
adottato il principio organico al posto del meccanismo democratico. Era contrario al parlamentarismo e partecipava
alle elezioni per disciplina all'Internazionale. Ammetteva il meccanismo democratico solo negli organismi
monoclassisti del proletariato, in pratica il sindacato e i consigli (soviet) quando quest'ultimi, eletti su base
territoriale e quindi potenzialmente interclassisti, fossero controllati dai proletari. Nelle Tesi si insiste molto sulla
formazione del partito, considerata una condizione indispensabile per la vittoria della rivoluzione. Tale formazione
non è mai demandata alla volontà dei protagonisti ma prevista sulla base della polarizzazione sociale crescente.
Questo fatto è sempre stato accompagnato da una revisione deformatrice della dottrina e del programma, e
da un allentamento della disciplina interna per modo che anziché aversi uno stato maggiore di capi adatti e
decisi alla lotta si è consegnato il movimento proletario nelle mani di agenti larvati della borghesia. (TdR)
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In realtà gli agenti della borghesia non erano e non sono affatto "larvati" se vi sono forze sane a riconoscerli.
Poiché spesso capeggiano partiti e sindacati. Da notare che l'Internazionale e i partiti che ne facevano parte, non
pensavano neppure lontanamente a ipotizzare la defezione, né delle truppe, né dello Stato Maggiore. Questo
organismo, che invece di rappresentare una snella macchina da guerra diventava sempre più gigantesco e
statalizzato, non prendeva neanche in considerazione l'ipotesi che il nemico potesse agire dall'interno con
innumerevoli cavalli di troia. Al contrario, un qualsiasi wargame non sarebbe neppure immaginabile senza una
sezione dedicata alla salvaguardia del programma, cosa che, con alta priorità, il PCd'I aveva messo in atto.
Le scissioni non si subiscono, si organizzano
Da una situazione di tal genere il ritorno, sotto l'influsso di nuove situazioni e sollecitazioni ad agire esercitate
dagli avvenimenti sulla massa operaia, alla organizzazione di un vero partito di classe, si effettua nella forma
di una separazione di una parte del partito. Per tutte le stesse ragioni va considerato come un procedimento
affatto anormale quello della aggregazione al partito di altri partiti o parti staccate di partiti. (TdR)
Importantissimo. Vedere le condizioni di ammissione all'IC, che la nostra corrente avrebbe voluto molto più severe.
Quando sono inevitabili, le scissioni, elemento importante della formazione del partito, non vanno lasciate a sé
stesse ma devono essere progettate (quindi previste dal wargame). Nel 1921 vi fu la scissione all'interno del PSI,
voluta e organizzata dalla Sinistra, poi variamente criticata. Con il senno di poi. Fu prematura o tardiva? La Sinistra
rispose che la questione si poneva proprio come l'aveva posta il determinismo della storia: la scissione andava
organizzata per evitare una situazione di fronte unico di fatto con i riformisti; l'Internazionale, al contrario, voleva
riunificare il partito. Una decisione maturata con uno schema tipo wargame non avrebbe potuto contemplare una
scelta del genere, come non avrebbe potuto contemplare una scelta suggerita da una parte dei compagni della
Sinistra che, anche loro con il senno di poi, avevano detto: "si doveva rompere prima". Certo, i destri di Tasca e i
centristi di Gramsci nel 1919 o 1920 non avrebbero seguito la Sinistra, in compenso l'avrebbero seguita Serrati e i
massimalisti: un pasticcio incoerente, dato che Serrati era presente al II Congresso dell'IC con una delegazione
italiana composta per tre quarti da elementi della destra, mentre la Sinistra, rappresentata da Bordiga e pochi altri
era stata invitata a parte. Un wargame qualsiasi, basato su uno schema a blocchi, un diagramma di flusso o una
rete di relazioni avrebbe consigliato un taglio drastico piuttosto che lassista, come realmente successe.
La delimitazione e definizione dei caratteri del partito di classe, che sta a base della sua struttura costitutiva di
organo della parte più avanzata della classe proletaria, non toglie, anzi esige, che il partito debba essere
collegato da stretti rapporti col rimanente del proletariato. (TdR)
Enunciazione in risposta alle critiche dell'IC al presunto attendismo della Sinistra. È ovvio che un wargame, che si
basa sui rapporti fra componenti sociali, non potrebbe fare a meno di pretendere che chi predicava bene non
razzolasse male. La rigidità deterministica dell'algoritmo avrebbe impedito di parlare di tattica rivoluzionaria mentre
si esponevano tesi immediatiste. Il guaio è che in casi come questo se non si usano bene le carte si perde solo la
partita, mentre un errore alla scala storica può provocare milioni di morti oltre agli strascichi nel tempo.
Il partito comunista partecipa, quindi, alla vita organizzativa di tutte le forme di organizzazione economica del
proletariato aperte a lavoratori di ogni fede politica (sindacati, consigli di azienda, cooperative, ecc.).
Posizione fondamentale per l'utile svolgimento dell'opera del partito è il sostenere che tutti gli organi di tal
natura debbono essere unitari, cioè comprendere tutti i lavoratori che si trovano in una specifica situazione
economica. (TdR)
Tesi che ricompare nelle Considerazioni del 1965, in cui viene sottolineato che anche nei periodi (storici) in cui
l'azione del partito è forzatamente ridotta... i militanti devono sentirsi parte del lavoro svolgendo tutte le funzioni del
partito sviluppato " nella misura in cui i rapporti di forza lo consentono". Se ne deduce quindi che il partito non
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conosce limiti intrinseci prestabiliti per la propria azione e che quindi occorre evitare teorizzazioni troppo legate a
scenari considerati speciali e quindi cangianti a seconda del vento che tira.
Tutto il lavoro e l'inquadramento dei gruppi comunisti tende a dare al partito il definitivo controllo degli organi
dirigenti degli organismi economici, e in prima linea delle centrali sindacali nazionali che appaiono come il più
sicuro congegno di direzione dei movimenti del proletariato non inquadrato nelle file del partito. (TdR)
La conquista di posizioni "militari" in una transizione di fase è come un wargame all'interno di un wargame
(frattale). Questa netta posizione, contrastante con la situazione sul campo anche negli anni '20, può lasciare
perplessi, e infatti sollevò critiche e produsse separazioni nel secondo dopoguerra, quando fu ripresa nell'ambito
della nuova situazione. Anche in questo caso occorre fare alcune considerazioni di fattibilità. Una relazione di
"gioco" alla Morgenstern-von Neumann lo metterebbe subito in chiaro. Siamo nello scenario previsto dalle
Considerazioni: il modello ottimale va modificato tenendo presente la legge di invarianza; non fonderemo nuovi
sindacati, non boicotteremo quelli esistenti, non fonderemo soviet, adotteremo la tattica del 1922 per quanto
riguarda "questioni" sempreverdi (fronte unico, governo operaio, parlamentarismo, conquista della maggioranza).
Considerando suo massimo interesse l'evitare le scissioni dei sindacati e degli altri organi economici il partito
comunista non disporrà che i suoi membri si regolino in contrasto con le disposizioni di essi per quanto
riguarda l'azione. (TdR)
Importante: nell'azione comune (fra elementi di una sola classe), le polemiche politiche o ideologiche non hanno
posto "per quanto riguarda l'azione". Sembra una concessione, una rinuncia alla critica, mentre è un semplice
ribadire l'unico principio cardine in ambito sindacale: nei sindacati operai conta solo l'appartenenza alla classe
operaia. Questo vale anche per i comunisti. Come affrontiamo, allora, il lavoro dedicato all'influenza, con la
conquista o la distruzione dell'apparato, la direzione della rete di fabbrica, con il corporativismo, con il
collaborazionismo, con la "scuola di guerra"? Come risolviamo la contraddizione, tipica dell'epoca imperialista,
dell'omologazione servile del sindacato, profonda, irreversibile, funzionale al mantenimento del potere borghese?
Nella RSI (la Repubblica di Salò) il sindacato corporativo era completamente controllato dallo Stato e quindi non
erano possibili azioni di alcun genere. Per di più c'era la guerra e la priorità assoluta era la sua cessazione. In un
documento del 1944 la Sinistra diffonde un documento in cui sono presenti queste indicazioni.
Totalmente erronea sarebbe quella concezione dell'organismo di partito che si fondasse sulla richiesta di una
perfetta coscienza critica. D'altra parte, non si può esigere che ad una data epoca o alla vigilia di
intraprendere azioni generali il partito debba aver realizzata la condizione di inquadrare sotto la sua direzione
o addirittura nelle proprie file la maggioranza del proletariato. (TdR)
Se "una perfetta coscienza critica" fosse richiesta come conseguenza di una configurazione da ottenere con un
wargame, salterebbe subito all'occhio che una richiesta del genere sarebbe perlomeno strana. Come fa una
macchina, infatti, a "sapere" da sé quale via imboccare? Qualcuno deve dirglielo attraverso un programma che
metta in atto un divieto esplicito. Dirglielo con un divieto? Divieto di cosa?
Una parte del proletariato è maggiormente restia all'inquadramento nelle file del Partito Comunista e attorno
ad esso perché organizzata in altri partiti politici o simpatizzante con questi. Dinanzi a questi movimenti deve
essere svolta una incessante critica dei loro programmi, dimostrandone la insufficienza agli effetti della
emancipazione proletaria. (TdR)
Ecco che sullo sfondo emergeva di nuovo il volontarismo non esplicito, quell'impazienza fallimentare che comporta
spesso la rovina delle rivoluzioni: è chiaro che, se si perde l'orientamento già nelle fasi preliminari dell'assalto al
potere, si potrà fare ben poco in seguito, quando sarà all'ordine del giorno "l'emancipazione proletaria".
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All'Internazionale sembrava che l'insistenza della Sinistra sul fine ultimo fosse una specie di attendismo; sembrava
che l'appello ad essere coerenti con la maturità della situazione fosse una perdita di tempo, che si dovesse "fare
come in Russia", senza tante storie.
Ma in Russia i bolscevichi subivano fortemente il freno delle condizioni interne rispetto alla maturazione dei fatti,
tant'è vero che negli anni successivi proclamarono una disgraziatissima "bolscevizzazione", come se le sorti
dell'assalto al potere fossero messe in pericolo dalla negligenza e dall'inerzia dei non-bolscevizzati. In poche
parole, in Russia non si aveva esperienza del marciume politico dell'Occidente, del grado di coinvolgimento del
proletariato con i riti della "superstizione democratica". Questa specifica inesperienza si ripercuoteva sul
programma del Partito Bolscevico impedendogli di funzionare come modello politico e perciò come guida
dell'Internazionale. In uno dei suoi lucidissimi interventi ai Congressi o alle riunioni del Comitato Esecutivo, Bordiga,
come sempre affezionato alle sue configurazioni fisiche dei problemi politici, paragonò l'Internazionale a una
piramide che poggiava in pericoloso disequilibrio sul suo vertice. "Il faut renverser la pyramide!" gridò di fronte ai
delegati perplessi, che non capivano il senso di quell'appello; oppure, peggio, lo capivano come richiamo alla
democrazia che deve poggiare su una larga base, mentre Bordiga alludeva all'instabilità fisica. [20]
Può sembrare eccessivo un richiamo alla metodologia del wargame in un caso come questo? Ci sembra di no.
Mentre è evidente che è impensabile un utilizzo diretto di schemi operativi come quelli già citati, è plausibile un loro
utilizzo indiretto, inconsapevole, nella migliore tradizione antibattilocchiesca. Una ricostruzione a posteriori della
funzione svolta da Lenin tra l'arrivo in Russia e l'insurrezione dell'Ottobre assomiglia molto a un sistema interattivo
fra giocatori impegnati in un duello all'ultimo sangue.
Per questa ragione nelle polemiche di tal natura non deve essere mascherato il dissenso tra i metodi anche
per la parte che non si riferisce unicamente ai problemi del momento ma riflette gli sviluppi ulteriori dell'azione
del proletariato. (TdR)
In questo paragrafo e in quello successivo è sintetizzato il senso del lavoro che la Sinistra presentò
all'Internazionale affinché lo adottasse: se si vuole parlare di tattica bisogna partire dallo scopo che si persegue con
questa tattica. Come detto più volte, la rivoluzione non si qualifica tanto per l'obbiettivo quanto per il cammino
necessario a raggiungerlo. Se si sbaglia strada all'inizio, l'obbiettivo non si raggiungerà mai. In ogni caso, il
problema del controllo e della guida degli organismi economici o immediati è risolvibile soltanto in ambiente
fortemente destabilizzato da eventi di grande portata.
Le rivoluzioni non hanno il pulsante "Reset", se si rimane sconfitti bisogna aspettare che arrivi un'altra stagione
favorevole. Solo allora, con la tattica corretta, si può passare all'azione della volontà, al rovesciamento della prassi.
Simili polemiche debbono d'altra parte avere il loro riflesso nel campo dell'azione. I comunisti partecipando
alle lotte anche negli organismi proletari economici diretti da socialisti, sindacalisti o anarchici non si
rifiuteranno di seguirne l'azione, se non quando l'insieme della massa per spontaneo movimento vi si
ribellasse. (TdR)
Negli anni '20 i comunisti erano nella CGL diretta da ultrariformisti come D'Aragona. Ciò non impediva loro di
condurre una critica severissima nei confronti dei capi sindacali che chiamavano "bonzi". La lotta per il predominio
all'interno degli organismi economici faceva parte dell'attività normale dei militanti. Oggi tale lotta non sarebbe
nemmeno concepibile: chiunque metta in discussione i vertici corporativi e responsabili verso l'economia nazionale
viene immancabilmente espulso, senza nemmeno ricorrere a un qualche tipo di procedura che preveda un appello
democratico e una votazione. Da questo punto di vista la struttura di un wargame dovrebbe poggiare su di un
processo conoscitivo che metta in luce il grado di resilienza del sistema neo-corporativo. Bisognerebbe cioè
conoscere quanto possa resistere il sistema sindacale statizzato a eventuali attacchi dovuti a una situazione di alta
polarizzazione sociale.
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Nella polemica i comunisti distingueranno sempre tra capi e masse, lasciando ai primi la responsabilità degli
errori e delle colpe, e non tralasceranno di denunciare altrettanto vigorosamente l'opera di quei dirigenti che
pur con sincero sentimento rivoluzionario propugnano una tattica pericolosa ed erronea. (TdR)
In un wargame moderno una tale distinzione delle responsabilità sarebbe problematica. Mentre la meccanica del
gioco rivelerebbe automaticamente i responsabili di una politica controproducente e dannosa sulla base delle loro
azioni, cosa che fa parte delle relazioni politiche correnti, c'è anche una responsabilità collettiva, ad esempio un
assopimento per qualsiasi motivo del contrasto di classe. Marx ed Engels tendevano a giustificare gli "eccessi" del
movimento operaio o di quello dei popoli colonizzati, mentre erano intransigenti nelle loro critiche agli operai delle
metropoli imperialiste quando si facevano coinvolgere in situazioni di compromesso.
Lo studio della situazione appare quindi come un elemento integratore per la soluzione dei problemi tattici, in
quanto il partito nella sua coscienza ed esperienza critica già aveva preveduto un certo svolgimento delle
situazioni, e quindi delimitate le possibilità tattiche corrispondenti all'azione da svolgere nelle varie fasi.
L'esame della situazione sarà un controllo per la esattezza della impostazione programmatica del partito.
(TdR)
Il tema è quello "tipico" dell'indagine intorno a dinamiche sociali che si affermano storicamente in lunghi periodi e
quindi sono difficili da riconoscere. Proprio per questo nasce il wargame di un'epoca, come la nostra, basata
sull'informazione. È evidente che se si compie una ricerca in un dato campo è perché stiamo già cercando
qualcosa in quel campo, quindi è corretto generalizzare: quanto più il partito è saldo sui suoi presupposti teoretici,
tanto è più potente la sua capacità di controllo dell'esattezza teoretica. Farsi suggerire la tattica dalle situazioni non
è semplicemente un segnale di debolezza teoretica, è proprio un'idiozia: il partito che prevedibilmente sarà alla
testa della rivoluzione prossima (o in corso, se si preferisce) deve conoscere i presupposti e i caratteri degli eventi
prima che si verifichino, esattamente come fa lo scienziato che avvia una sperimentazione per controllare la validità
di una ipotesi scientifica. Non ha alcun senso la prova senza l'ipotesi.
Il partito comunista quale lo intendiamo noi sarà abilitato alla prova della direzione del movimento rivoluzionario
solo se affronterà i problemi con le modalità di chi si applica a grandi progetti.
Le determinazioni del gioco
Il partito comunista si presenta come antesignano di quelle forme di associazione umana che trarranno
dall'aver superato la presente informe organizzazione economica la facoltà di dirigere razionalmente, in luogo
di subirlo passivamente, il gioco dei fatti economici e delle loro leggi. (TdR)
L'influenza della situazione sui movimenti d'insieme del partito cessa di essere immediata e deterministica, cioè
una dipendenza dalla natura, e diventa progettazione razionale e volontaria. La coscienza critica e l'iniziativa della
volontà che hanno limitatissimo valore per gli individui sono realizzate nella collettività organica del partito. Questo
non significa che il partito possa applicare volontà e progetto attraverso una sua iniziativa arbitraria: il gioco è
interattivo e l'azione del singolo o del gruppo devono rientrare nella dinamica del tutto. Solo così sarà possibile far
aderire le direttive connesse al programma con quelle derivanti da possibilità, probabilità, opportunità.
Dall'esame della situazione si deve trarre un giudizio sulle forze del partito e sui rapporti tra queste e quelle
dei movimenti avversari. Soprattutto bisogna preoccuparsi di giudicare l'ampiezza dello strato del proletariato
che seguirebbe il partito quando questo intraprendesse un'azione e ingaggiasse una lotta. (TdR)
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Ecco il modo di affrontare il dualismo volontà/determinazione: abbiamo percorso un sentiero disagevole e a tratti
persino difficile, ma siamo giunti a una conclusione sicura e importante: la conquista dell'influenza decisiva sul
proletariato (non la maggioranza democratica!) si ottiene attraverso la lotta e non con la trattativa, attraverso la
chiarezza e non con il linguaggio burocratico delle cancellerie, attraverso l'unità di fatto e non con dichiarazioni
sulla necessaria unità.
Il gioco interattivo obbliga i giocatori a osservare la realtà attraverso il materiale che si adotta per giocare. È chiaro
che la realizzazione di una immagine con la tecnica del mosaico assomiglia a quella realizzata con la tecnica del
puzzle; ma non è la stessa cosa. Le tessere del mosaico sono di uguali dimensioni ma di colori diversi, con esse si
possono creare infinite figure, mentre con i pezzi del puzzle si può creare una sola, determinata figura. Che
qualcuno ci vende prefabbricata e confezionata.
LETTURE CONSIGLIATE
- Anderson Philip, More is different, Science, New Series, Vol. 177, n. 4047. (Aug. 4, 1972).
- Bertell Ollman, Lotta di classe, Mondadori giochi.
- Bordiga Amadeo, "Il pericolo opportunista e l'Internazionale", L'Unità del 30 settembre 1925.
- Bordiga Amadeo, "Lenin nel cammino della rivoluzione", Prometeo n. 1 del 1924, capitolo "La funzione del capo".
- Bordiga Amadeo, Lettera a Romeo Ceglia, 1° maggio 1957.
- Creveld Martin van, On Wargaming, How Wargames Have Shaped History and How They May Shape the Future.
- Development, Concepts and Doctrine Centre, Wargaming Handbook, Ministry of Defence, 2017.
- Douhet Giulio, Il dominio dell'aria, Stabilimento poligrafico amministrazione della guerra.
- Feyerabend Paul, Contro il metodo, Feltrinelli.
- Fuller John F. C., The Decisive Battles of the Western World and their influence upon History. , 3 vols., Eyre &
Spottiswoode, London, 1945-6.
- Guderian Heinz, Achtung Panzer, W&N.
- Hackett John, La Terza Guerra Mondiale, 2 volumi, Garzanti.
- Korzybski Alfred, Science and Sanity, 1933.
- Kuhn Thomas S., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi.
- Lakatos Imre, La metodologia dei programmi di ricerca scientifici, Il Saggiatore.
- Liddel Hart Basil, Storia militare della Seconda Guerra Mondiale, Mondadori Arnoldo.
- Liddell Hart Basil, La Prima Guerra Mondiale 1914-1918, Rizzoli.
- Mason Roger C., "Wargaming: It's History and Future", Journal of Intelligence, Security, and Public Affairs 20, 2
(2018).
- Monopoli classico. Hasbro Gaming.
- Myers Brett, Dual Powers Revolution 1917, TW Games.
- n+1, Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio, n. 21 aprile 2007.
- n+1, Guerre stellari, fantaccini terrestri. Opuscolo 1983.
- n+1, Immaginate una fabbrica, n. 2 dicembre 2000.
- n+1, nn. 15-16 giugno-settembre 2004.
- n+1, Storia di una discontinuità, n. 36 dicembre 2014.
- n+1, Una vita senza senso, n. 18 ottobre 2005.
- Nagel Ernest, Newman James, La prova di Gödel, Bollati Boringhieri.
- PCInt. "Partito rivoluzionario e azione economica", Bollettino interno n. 1, settembre 1951.
- PCInt. "Pressione 'razziale' del contadiname, pressione classista dei popoli colorati" Il programma comunista n.
14 del 1953.
- PCd'I, "Tesi sulla tattica, Roma marzo 1922", Rassegna comunista, anno II, n. 17 del 30 gennaio 1922.
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame6.htm
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Wargame (6)
- Popper Karl Raimund , Logica della scoperta scientifica, Einaudi.
- Presidium del CE dell'IC, Osservazioni alle Tesi sulla tattica, Roma 1922, Archivio di n+1.
- Raccolta testi sul wargaming: https://www.goodreads.com/shelf/show/wargaming
- Novaga Andrea, Progetto e sviluppo di un game che utilizza la realtà aumentata su piattaforma Android.
- Risiko, Spin Master – Editrice giochi.
- The Art of Wargaming: A Guide for Professionals and Hobbyists Published March 1st 1990 by US Naval Institute
Press
- Trotsky Lev Davidovich e altri, Scritti e discorsi sulla rivoluzione in Cina 1927, Iskra.
- Ulam Adam B., Lenin e il suo tempo 2 vol., Vallecchi.
- Università di Bologna (Sito ufficiale), Abstract sulla modellazione matematica in Sociologia.
- Woodcock Alexander, La teoria delle catastrofi, Garzanti.
Note
[1] Cfr. Alexander Woodcock.
[2] Cfr. Nagel Ernest, Newman James, La prova di Gödel.
[3] Cfr. Il dominio dell'aria.
[4] Cfr. "Pressione 'razziale' del contadiname, pressione classista dei popoli colorati".
[5] Cfr. Trotsky Lev Davidovich e altri, Scritti e discorsi sulla rivoluzione in Cina 1927.
[6] La legge del valore-lavoro si fonda su di un paradosso mortale per il capitalismo: il plusvalore si può misurare
soltanto con il pluslavoro, cioè con il tempo di lavoro che l'operaio eroga al capitalista gratuitamente. Un operaio
può lavorare solo per un tempo inferiore alle 24 ore al giorno, quindi per avere più plus-lavoro-valore il capitalista
deve far lavorare più operai. Ma il capitalista vede solo la sua fabbrica e perciò non vuole assumere più operai,
vuole far lavorare di più e più in fretta quelli che ha. Così a lungo andare si ritrova con più debiti di quelli che è in
grado di restituire.
[7] Basil Liddell Hart, analista e storico di guerra, sostenitore della dottrina della guerra mobile, autore di una storia
critica delle due Guerre Mondiali. John Fuller, generale, teorizzatore della guerra mobile di truppe corazzate. Le
loro teorie ricavate dalla dottrina militare sovietica, furono boicottate dalle gerarchie militari tradizionaliste, ma
furono applicate con successo da tutti i belligeranti nella Seconda Guerra Mondiale.
[8] Cfr. Osservazioni del Presidium del CE dell'IC sulle Tesi di Roma.
[9] Cfr. PCInt. "Partito rivoluzionario e azione economica".
[10] Cfr. n+1, Storia di una discontinuità.
[11] Leggere ad esempio l'abstract sulla modellazione matematica in sociologia dell'Università di Bologna (sito
ufficiale).
[12] Abbiamo ripreso quei temi dopo la crisi del 2008, sul n. 24 della rivista.
[13] Secondo lo storico polacco Adam Ulam il Comitato Centrale del Partito Bolscevico era composto da 18 membri
dopo il 1905. Il CC del PCd'I aveva 5 membri. Il Partito Comunista Cinese aveva 300 iscritti nel 1923. Alla
costituzione della Terza Internazionale, nel 1919, parteciparono 35 delegati e nemmeno un comunista organizzato
(erano quasi tutti militanti emigrati).
[14] Cfr. Bordiga Amadeo, "La funzione del capo".
[15] In un certo senso è proprio per questo che il gioco è interessante, il lato politico c'entra poco: la parità delle
forze in campo (simmetria) non è ottenuta con il conteggio, la misura e il calcolo, ma con espedienti legati alla
meccanica delle forze in campo. Bisogna riconoscere un certo coraggio nell'invenzione di un elemento equilibratore
chiamato "volontà del popolo" in un wargame; con nessun riguardo agli aspetti quantitativi misurabili.
[16] Cfr. Wargaming Handbook.
[17] Cfr. Wargaming Handbook.
[18] Cfr. "Il pericolo opportunista e l'Internazionale", L'Unità.
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Wargame (6)
[19] Cfr. Wargaming Handbook.
[20] Cfr. questa rivista nn. 15-16.
(wargame5.htm)
https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/50/wargame6.htm
(wargame7.htm)
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