L.Piccinetti
La politica mediterranea dell’Unione Europea:quali
sfide e prospettive?
Leonardo Piccinetti
Department of Politics
University of Newcastle upon Tyne.
United Kingdom
Tel.+44/1273/628604
Email: Leonardo.Piccinetti@newcastle.ac.uk
La politica mediterranea dell’Unione Europea:quali
sfide e prospettive?
di L.Piccinetti1
Quando la Comunita’ Economica Europea fu istituita, nel 1957, legami coloniali piu’ o meno
intensi stringevano ancora alcuni Paesi della CEE a un cospicuo gruppo di Stati sulla sponda
meridionale e orientale del Meditteraneo i cosiddetti Paesi Terzi Meditteranei (PTM).2 A partire
dalla meta’ degli anni 60 si oriento’ su una politica meditteranea strutturata essenzialemente su
accordi commerciali preferenziali e di associazione con i singoli paesi del bacino.3 Con la
conferenza di Parigi del 1973, venne compiuto il primo passo in direzione di un organica politica
meditterenea, inagurando la “Politica globale medittereanea”, con l’obiettivo di superare la
frammentazione degli accordi bilaterali precedenti. . Accanto a forme diverse di cooperazione
economica, finanziaria e tecnica, tali accordi creavano relazioni commerciali privilegiate e davano
vita a nuove istituzioni comuni. I risultati di questa prima fase della politica mediterranea
comunitaria non furono però entusiasmanti. L’obiettivo prioritario della crescita e dello sviluppo
economico non fu raggiunto e,al contrario, le condizioni di molti di questi Paesi peggiorarono.
Tale percorso negativo si spiegava in parte con fattori esterni ai rapporti euro-mediterranei, a
cominciare dalla crisi in cui cadde l’economia mondiale nei primi anni 80, in conseguenza del
secondo shock petrolifero (1979). La CEE, però, aveva delle sue precise responsabilità. Il
protezionismo nei settori tessile agroalimentare e la carenza di risorse finanziarie furono cause
determinanti di questo fallimento. A ciò si aggiunsero gli effetti dell’ingresso di Grecia (1981),
Spagna e Portogallo (1986) nella CEE. Infatti, sebbene l ‘ampliamento costituisse un indubbio
successo politico ed economico per la Comunità, l’ingresso nel mercato comunitario dei
produttori ortofrutticoli dei tre Paesi si rivelò una perdita di competitività netta per le produzioni
dei Paesi terzi.
Una seconda fase della politica mediterranea dell’Unione si aprì nel 1992 sotto la formula di
“Poltica meditterenea rinnovata”. Oltre agli scarsi risultati raccolti con la politica globale, due ulteriori
motivi spiegavano il nuovo indirizzo dell’UE. Il primo era l’ampliamento a Spagna e Grecia e il
conseguente spostamento del baricentro comunitario verso il bacino medittereaneo divenuto
ormai uno sbocco naturale per ’Unione.
1
Leonardo Piccinetti e’ studente del dottorato di ricerca dell’Universita’
di Newcastle upon Tyne (email: Leonardo.Piccinetti@newcastle.ac.uk),
dipartimento di Scienze Politiche; la sua ricerca riguarda l’allargamento
dell’Unione Europea ai Paesi dell’Europa Centro Orientale e le sue
implicazioni politiche , economiche e istituzionali nelle regioni del
Nord Est Italiano. I suoi interessi di ricerca sono rivolti alle
relazioni esterne dell’Unione Europea.
2 Si intendono “Paesi Terzi Mediterranei “(PTM) i 12 Paesi coinvolti nel
processo di Barcellona, e cioe’: Algeria , Cipro, Egitto, Giordania,
Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, , Turchia, Autorita’ Palestinese.
3
Nel 1961 e nel 1963 venivano conclusi i primi “accordi di associazione”
con la Grecia e Turchia a cui seguiva l’accordo con Malta , nel 1971, e
con Cipro, nel 1973. Tra il 1965 e il 1973 venivano inoltre stipulati
accordi associativi per il mantenimento di particolari vincoli con
Tunisia e Marocco (1960) e accordi commerciali con Libano (1965), Spagna
ed
Israele
(1970),
Portogallo
ed
Egitto
(1972)
e
Iugoslavia
(1973).L’insieme di questi accordi non consentiva comunque di parlare di
una politica mediterranea della Comunità.
2
Il secondo impulso alla nuova politica veniva dagli sconvolgimenti dell’equilibrio internazionale,
con il crollo del Muro di Berlino e la fine del conflitto Est-Ovest. All’interno di questo scenario,
l’Unione cercava di assumere un nuovo ruolo, tanto sotto il profilo economico quanto sotto
quello politico del Medittereneo questo senso non poteva essere in ambito privilegiato per la
nuova proiezione internazionale dell’UE. La Politica mediterranea rinnovata consisteva nel
potenziamento delle intese preesistenti e nell’elaborazione di nuovi programmi di assistenza quali
il MedCampus, il MedInvest, il MedUrbs, il MedMedia, il MedTechno e il MedMigrazione, che,
anzitutto attraverso il trasferimento di tecnologia, dovevano contribuire allo sviluppo socioeconomico dei Paesi terzi mediterranei.
Strumento innovativo della nuova politica era la «cooperazione finanziaria orizzontale», gestita
direttamente dalla Comunità e diretta a interventi di carattere regionale e ad azioni nel settore
ambientale e della promozione degli investimenti europei nell’area del bacino mediterraneo. La
valutazione degli effetti degli accordi di associazione sulla situazione socio-economica dei PTM si
e’ rivelata del tutto insoddisfacente.4, dal punto di vista di tutti e tre gli obiettivi che si era
prefissata: intensificazione dell’interscambio commerciale , miglioramento della penetrazione
commercilae dei PTM nella Comunita’ , migliore equilibrio nell’interscambio. L’obiettivo di
sviluppare le esportazioni dei PTM nel mercato comunitario si e’ di fatto scontrato con la
preoccupazione della Comunita’ di difendere i propri prodotti, soprattutto nei settori agroalimentare e tessile.
Per quanto riguarda I prodotti agricoli, non solo le concessioni tariffarie sono state parziali, ma le
possibilita’ di esportazione dei PTM sono state limitate da una serie di meccanismi di protezione
adottati dalla Comunita’ nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC): si tratta per lo piu’ di
“barriere tarriffarie”, come calendari di importazione, contigenti, prezzi di riferimento, clausole, di
slavaguardia, normative filosanitarie, che hanno inciso sul volume delle esportazioni molto piu’
dei dazi doganali.
L’applicazione dei protocolli finanziari bilaterali con I PTM ha messo in evidenza una serie di
limiti e di contraddizioni:
1. La lentezza dell’impegno delle risorse ha determinato perdite sostanziali in ragione
dell’ingflazione;
2. Sono stati privilegiati investimenti a breve termine, mentre poca attnezione e’ stata dedicata
ad iniziative con effetti moltiplicativi dello sviluppo (la formazione professionale per
esempio);
3. Circa i due terzi dei finanziamenti sono stati assegnati ad imprese comunitarie, sotto forma di
appalti e contratti.
Ma il limiti principale e’ senza dubbio il completo fallimento dell’approccio regionale
all’integrazione, del tutto disatteso. Il carattere bilaterale degli accordi ha infatti creato una serie di
distorsioni ed ha generato rivalita’ tra gli stessi PTM, in concorrenza fra loro per strappare
migliori condizioni e maggiori finanziamenti alla Comunita’ Europea.5La ripartizione delle risorse
finanziarie tra i vari Paesi non e’ stata decisa in base alle diverse situazioni di sviluppo, ma ha
spesso seguito logiche legate agli interessi nazionali dei singoli Stati membri.
La conferenza di Barcellona
Sotto la spinta dei cambiamenti geostrategici di questi anni e dell’estensione del modello
economico liberale, l’Unione Europea ha profondamente riformulato la propria politica
mediterranea. Dal 1995 si è avviata la terza e attuale fase della politica mediterranea
4
5
Relazione del Comitato Economico e Sociale su “ la poltica medittereanea
della Comunita’ Europea”, Bruxelles, 1993
Comitato Economico e Socilae, op.cit.
3
dell’Unione, denominata «Partenariato euromediterraneo». Punto di partenza è stata la
conferenza tenuta a Barcellona nel novembre del 1995, che ha visto impegnati i 15 membri
dell’UE e 12 Paesi del bacino meridionale del Mediterraneo (Algeria,Cipro, Egitto, Israele,
Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese).In
occasione del Consiglio europeo di Lisbona del giugno del 1992, è stato formulato un
progetto di partenariato euro-maghrebino,che avrebbe dovuto portare alla realizzazione di
un’area di libero scambio.
Nel dicembre del 1994 il Consiglio europeo tenutosi ad Essen ha manifestato parere
favorevole all’idea di dare vita ad una zona di libero scambio, comprendente l’intero bacino
mediterraneo, concepita come strumento indispensabile per la creazione di un’area di stabilità
e sicurezza nell’intera regione. Su queste premesse è stata elaborata la piattaforma
negoziale,discussa ed approvata alla conferenza intergovernativa di Barcellona. Sul piano
formale, il partenariato euromediterraneo istituito a Barcellona si basa su due documenti
fondamentali: la Dichiarazione di principi, che descrive il quadro nel cui ambito dovranno
svilupparsi le nuove relazioni, e il Programma di lavoro, nel quale sono concretamente
indicate le linee operative.I 27 Ministri degli Esteri presenti a Barcellona (15 dell’UE e 12 dei
Paesi terzi delMediterraneo) hanno individuato tre principali obiettivi da perseguire.
Il primo, di natura politica, consiste nella creazione di un’area di pace e stabilità, cementata
sul dialogo tra i partner.
Il secondo, di carattere economico, mira alla creazione di una zona di benessere e sviluppo,
passando per l’istituzione di un’area di libero scambio e la successiva integrazione delle
economie dei Paesi terzi del Mediterraneo con quelle dell’UE.
Il terzo obiettivo occupa invece un ambito più ampio: esso mira alla promozione dei rapporti
sociali, culturali e umani tra le due sponde del Mediterraneo.Il partenariato euromediterraneo
rappresenta la tappa più avanzata finora raggiunta dalla Comunità nei suoi rapporti con i Paesi
terzi del Mediterraneo.
La cooperazione economica si basa sulla prosettiva della crezione di una zona di libero
scambio entro il 2010: I fondi assegnati al Medittereaneo sono quindi destinati, per la maggior
parte, al sostegno della transizione delle economie meditterenae verso la piena concorrenza ed
il libero mercato.
Il programma MEDA
Il programma MEDA rappresenta il quadro all’interno del quale si sviluppa il nuovo
approccio di cooperazione euromeditarranea definito alla conferenza di Barcellona. Esso
disciplina l’uso dei fondi stanziati dal Consiglio europeo di Cannes del giugno del 1995:
4.865 milioni di ecu per il periodo 1995-1999, destinati alla «cooperazione orizzontale». In
sostanza, si tratta di un programma organico per il Mediterraneo, equivalente a quelli adottati
dall’Unione per I Paesi ex comunisti (programma Phare) e per le ex repubbliche sovietiche
(programma TACIS).Il regolamento MEDA sostituisce, a partire dal 1°gennaio 1997, i
preesistenti accordi bilaterali siglati dalla Comunità con ciascuno dei Paesi terzi del
Mediterraneo ad eccezione dei protocolli siglati con Cipro, Malta (in scadenza nel 1999) e la
Turchia (in scadenza nel 2000). Il programma MEDA persegue due obiettivi prioritari.
Il primo è quello di sostenere i progetti che si iscrivono all’interno dei «Programmi indicativi
nazionali», documenti di programmazione triennale elaborati da nove dei dodici Paesi terzi
del Mediterraneo allo scopo di dare coerenza ai diversi interventi.
Il secondo obiettivo è quello di appoggiare tutti i progetti che siano reputati validi, promossi
dai partner euromediterranei. In particolare, vengono privilegiati gli interventi che seguono il
Programma di lavoro allegato alla Dichiarazione di Barcellona e, più in generale, i progetti
formulati da conferenze ministeriali settoriali. Nell’ambito dei Programmi indicativi
nazionali, tutti i 12 Paesi terzi del Mediterraneo possono beneficiare degli interventi regionali
4
MEDA.Attualmente, tali Programmi riguardano otto Paesi (Algeria,Egitto, Giordania,
Libano, Marocco, Siria, Tunisia,Turchia) più i Territori palestinesi. Per questi ultimi è
previsto un aiuto supplementare collegato al processo di pace, mentre i Programmi indicativi
per Cipro e Malta sono finanziati al di fuori delle risorse del MEDA. La Turchia riceve
sostegno grazie ad uno strumento preesistente al MEDA. Per Israele, infine, non previsto un
Programma indicativo dato il suo elevato livello di sviluppo.A dare esecuzione ai progetti che
si iscrivono nell’ambito del MEDA sono, in primo luogo, I governi o istituzioni da essi
dipendenti. Le procedure seguite riflettono meccanismi spesso innovativi, basati sul
collegamento con il settore privato.
I settori principali di intervento sono quattro.
Il primo riguarda il sostegno a programmi di aggiustamento strutturale, diretti a migliorare il
quadro macroeconomico dei Paesi terzi del Mediterraneo. In questo caso, gli interventi
MEDA sono orientati soprattutto ad alleviare l’impatto negativo che le politiche di riforma
economica producono a livello sociale.
Lo sviluppo del settore privato rappresenta il secondo campo d’intervento. L’idea di fondo
non è quella di assicurare sostegno pubblico alle aziende private, ma piuttosto di garantire
assistenza tecnica a programmi di privatizzazione e di riforma del settore finanziario, nonché
assicurare attività di formazione di personale specializzato.
Il terzo ambito in cui opera il MEDA è quello sociale, con lo scopo di fornire appoggio a
programmi riguardanti la sanità,l’educazione, lo sviluppo delle aree rurali ecc.
Infine, coerentemente con le direttrici tracciate alla conferenza di Barcellona, il quarto settore
d’intervento del MEDA è quello civile, con la promozione delle attività volte a rafforzare i
legami e gli scambi tra le società civili dei Paesi mediterranei. Tali azioni sono affidate ad
organizzazioni non governative, associazioni o gruppi professionali.
Il configurarsi di un processo di mondializzazione dell’economia sempre piu’ accentuato
doveva essere necessariamente portare alla costruzione di una struttura orgamizzata di
cooprazione tra l’Europa ed I suoi vicini meditteranei. I problemi posti dal divario di sviluppo
6
tra le due sponde del Medittereaneo
Quali sfide e prospettive?
Da Barcellona in poi l’Unione Europea ha aperto una fase politica del tutto nuova che si è
sviluppata nel segno della cooperazione e integrazione tra le due sponde del Mediterraneo. Le
prospettive di successo restano incerte su tutti e tre i fronti: quello politico e della sicurezza,
dove i meccanismi di prevenzione e soluzione delle crisi rimangono ancora allo stato
embrionale; quello economico, dove molteplici problemi si frappongono all’instaurazione
dell’auspicata zona di libero scambio; infine, quello socioculturale, dove le differenze e le
incomprensioni tra popoli diversi rappresentano spesso ostacoli insormontabili per l’apertura
di un dialogo.
Da piu’ parti ci si e’ chiesto come mai, a fronte dei rischi, i Paesi del Sud abbiano accettato la
creazione di una zona di libero scambio. La risposta risiede in piu’ fattori: innanzitutto,
l’Organizzazione Mondiale del Commercio e gli accordi GATT prevedono comunque, nel
medio persiodo, l’eliminazione di ogni regime preferenziale degli scambi: il libero scambio
sarebbe quindi comunque attuato in virtu’ di norme internazionali, e si e’ valutato che la
cooperazione con l’Unione Europea ed il sostegno finanziario che da essa deriva un modo
migliore per garantire una transizione “assistita”, in secondo luogo , studi economici di lungo
periodo prevedono che le imprese che sopravviveranno all’impatto con la concorrenza
6
Il rapporto PIL dei Paesi dell’UE e quello dei PTM sara’ nel 2010 di 20 a
1 , mentre oggi e’ di 12 a 1.
5
saranno senza dubbio piu’ competitive e che comunque il libero scambio rappresenta un
importnate stimolo al migliormanto dei settori produttivi e servizi.
Nel cammino verso l’integrazione, l’allargamento dell’UE ai Paesi del Mediterraneo
rappresenta forse la sfida decisiva. La presenza di Cipro nella lista dei sei Paesi prossimi ad
aderire all’Unione è, in questo senso, un fatto indubbiamente positivo (gli altri cinque Paesi,
secondoquanto stabilito al Vertice di Lussemburgo del 1997, sono l’Estonia, la Polonia, la
Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Slovenia). Allo stesso tempo,il rifiuto opposto da alcuni
Stati dell’UE all’ingresso della Turchia, costituisce una pesante incognita sugli esiti futuri
della politica mediterranea dell’Unione.
Lo sviluppo del settore privato
La Commissione Europea ha promosso numerosi programmi volti a incoraggiare lo sviluppo
del settore privato e dell’industria nei Paesi terzi del Mediterraneo. Gli obiettivi che essa
persegue, coerenti con le direttrici tracciate dalle maggiori istituzioni finanziarie
internazionali per i Paesi meno sviluppati, sono principalmente otto:
a) promuovere attività produttive nei settori diretti all’export, in vista della costituzione di una
zona di libero scambio euromediterranea;
b) favorire lo sviluppo delle Piccole e Medie Imprese, più adeguate alla struttura economica
della maggior parte dei Paesi in questione. Per raggiungere questo scopo, la Commissione
punta anzitutto sulla semplificazione delle procedure amministrative e sulla creazione di
nuove linee di credito;
c) incoraggiare l’afflusso di investimenti esteri, a cominciare da quelli europei, dei quali i
Paesi terzi del bacino del Mediterraneo sentono ancora una grave carenza;
d) promuovere i processi di privatizzazione delle imprese pubbliche,
presenti ancora in numero cospicuo in molti di questi Paesi;
e) aiutare le imprese dei Paesi terzi del Mediterraneo a diventare competitive, anzitutto
attraverso programmi di assistenza tecnica e manageriale;
f) migliorare le infrastrutture, a cominciare dalle vie di comunicazione;
g) migliorare il capitale umano, in quanto risorsa prioritaria per ingenerare lo sviluppo di un
sistema economico, anzitutto per mezzo di programmi di formazione professionale;
h) infine, instaurare un ambiente adeguato allo sviluppo degli investimenti, mediante politiche
dirette a creare un quadro macroeconomico stabile e virtuoso.
Indirizzi utili
DIPARTIMENTO INFORMAZIONI
INVESTIMENTI (BEI)
100, Boulevard Konrad
Adenauer
L-2950 Luxembourg
Tel. ++352 43791
Fax ++352 43 77 04
DELLA
BANCA
EUROPEA
PER
GLI
COMMISSIONE EUROPEA
Direzione Generale 1 B
Direzione per il Mediterraneo del Sud, Medio e Vicino oriente
200, Rue de la Loi
1049 Bruxelles
Fax ++322 2990 204
http://europa.eu.int/comm/external_relations/med_mideast/euro_med_partnership/index.htm
6
ALGERIA
Ordinatore nazionale:
Ministero delle Finanze
7 Boulevard Zirot Youcef -Algeri
Tel. +213 2 711400
Fax +213 2 735472
Mr. Ahmed Benbitour
CIPRO
Ordinatore Nazionale:
Planning Bureau
Corner of Apelli and Nirvana
Streets
Nicosia - Cyprus
Tel. +357 2 303282
Fax +357 2 366810
Mr. Symeon Matsis
EGITTO
Egyptian-European Business
Center
Direttore: Knut Paulsen
3A, Mohamed Mazhar Street
Zamalek - Cairo
Tel. 202 34 11 764
Fax 202 34 11 767
GIORDANIA
Jordanian-European Business
Service Team
C/o Delegazione CE ad
Amman
P.O. Box 926794
Amman 11110
Tel. 962 6 68 67 46
Fax 962 6 66 81 91
ISRAELE
Eurosportello: Israel Export
Institute
29, Hamared Street
P.O. Box 50084
68125 Tel Aviv
Tel. +972 3 5142849/889
Fax +972 3 5142852
LIBANO
Ordinatore nazionale:
Consiglio per lo sviluppo e la
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ricostruzione (CDR)
Avenue Riad El Soh
P.O. Box 116
5351 Beyrouth
Tel. +961 1 643966
Fax +961 1 864494
Mr. Nabil El Jisr
MALTA
Ordinatore nazionale:
Ministero delle Finanze
Floriana
Tel. +356 220437
Fax +356 224377
Mr. Bonnici
MAROCCO
Moroccan- European Business
Center
Direttore: M. Langstaff
C/o Delegazione CE a Rabat
2-bis, Avenue de Meknès
B.P. 1302 Rabat
Tel. 212 7 76 11 56
Fax 212 7 76 12 17
SIRIA
Syrian-European Business
Center
Direttore: S. Rogerson
Farabi Street / East Mezzeh
Damasco
P.O. Box 36453
Tel. 963 11 61 15 772
Fax 963 11 61 33 866
TERRITORI PALESTINESI
Palestinian-European Business
Center
Direttore: P. Carr
P.O. Box 1106
Ramallah
Tel. 02 99 86 786
Fax 02 99 86 786
TUNISIA
Euro-Tunisie Enterprise
Direttore: M. Van Frausum
C/o Delegazione CE a Tunisi
21, Avenue Jugurtha
B.P. 143 - Cité Mahrajène
8
1082 Tunisi
Tel. 216 1 788 201
Fax 216 1 788 600
TURCHIA
Eurosportello: Small and
Medium Industry Development
Organization
M.K.E.K. Biansi, Kat. 9
Tandogan - Ankara
Tel. +90 312 2122383
Fax +90 312 2238769
Miss Meral Sayin
Euromesco
Network di 27 Istituti di ricerca finanziato dalla Commissione Europea con attivita relative al
Patnernariato Euromeditteraneo
http://www.euromesco.net/
per il programma MEDA e l’evoluzione del processo di Barcellona si veda anche
http://www.euromed.net/
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