UNIVERSITÀ DEL SALENTO
DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA CLASSICA E SCIENZE FILOSOFICHE
STUDI DI TOPOGRAFIA ANTICA
IN ONORE DI
GIOVANNI UGGERI
a cura di
CESARE MARANGIO E GIOVANNI LAUDIZI
ESTRATTO
MARIO CONGEDO EDITORE
GALATINA 2009
Una nota sul santuario etrusco
di Castelsecco (Arezzo)
ARMANDO CHERICI
II colle di Castelsecco - o di San Cornelio - chiude a sud-est la conca aretina dominandone sia i passaggi obbligati per la Val Tiberina (la Foce dello Scopetone e quella del Tonino), sia gli sbocchi per la Val
di Chiana (Val di Romana e la Sella dell'Olmo); l'isolamento e l'altezza del rilievo, nonché l'ampio pianoro sommitale definito e sottolineato dall'azione dell'uomo (Fig. 1), rendevano il colle immediatamente
riconoscibile anche per chi giungeva nella piana di Arezzo dalle facili vie del Casentine e del Valdarno
Superiore, perfettamente visibili per lungo e ampio tratto dalla cima. A poco più di 2 km in linea d'aria, a
nord-ovest, il colle di San Donato (305 Im) - su cui sorgeva il nucleo di Arezzo antica - è in pieno contatto
visivo con Castelsecco che, con i suoi 424 Im, si erge direttamente di fronte allo scenografico digradare
del complesso del teatro, terme e foro, realizzato nella città romana a partire dall'età augustea 1 : dall'uno e
dall'altro sito era possibile osservare il muoversi delle persone nelle loro occupazioni.
La cima del colle di San Cornelio - un triangolo di m. 700 x 300 circa con base maggiore nord-est/sudovest (Fìgg. 1-2) - doveva mostrare in antico i nudi e possenti affioramenti di roccia viva della struttura
geologica monoclinale di galestro costituente l'ossatura del rilievo. Un esteso intervento edilizio - databile
al III - II sec. a.C.2 - ha regolarizzato l'intera area realizzando un ampio e ben livellato spiazzo sommitale
(altezza media 416 Im) perimetrato da un temenos che - con un andamento a ferro di cavallo (Figg. 3-4) - in
parte coronava i versanti del colle naturalmente dirupati e, in alcuni tratti come in quello di sud-ovest, esaltava il taglio artificiale delle pendici3, taglio realizzato sia per isolare e monumentai i zzare il pianoro e gli
edifici soprastanti, sia per cavare il materiale da costruzione, che è quello degli affioramenti geologici del
colle stesso. Avendo tali sedimentazioni arenacee un diverso spessore e fornendo quindi in cava blocchi di
diversa altezza, furono utilizzati quelli di minor pezzatura sulla maggior parte del perimetro del temenos*,
privilegiando per cura e imponenza alcuni tratti del prospetto murario. Sembra infatti che i blocchi di maggior grandezza e consistenza furono concentrati nel tratto curvilineo di sud-ovest, quello che sembra esser
stato realizzato con maggior enfasi sia nella pianta che nell'alzato (Figg. 5-6, 8): conci parallelepipedi di
un'altezza massima di m. 0,70 e di larghezza fino a m. 2,50, posti in opera - grazie anche al ricorso dei ferrei forfices5 e di segni di cantiere (Figg. 7, 14) - a corsi tendenzialmente orizzontali, psudoisodomi6, per un
tratto di un'altezza massima conservata di m. 10, lungo alla base esterna circa m. 120, interrotto da 17 contrafforti larghi alla base da m. 1,20 a m. 2,60, con un aggetto massimo di m. 1,30, distanziati a intervalli ir-
1
CHERICI 1997, p. 85 ss.; VILUCCHI 2008.
MAETZKE 1982-84; IDEM 1997; COLONNA 1997.
3
II muro di S-O s'imposta su un piano artificiale tagliato a q.
404 Im.
4
Almeno per quel che è possibile giudicare oggi nei punti in
cui il muro emerge dall'interro che Io ha obliterato nel tempo:
l'indagine sull'intero perimetro non è mai stata affrontata
scientificamente.
s
Nei blocchi maggiori e più regolari è visibile il caratteristi2
co incasso di ancoraggio (Fig. 14). Tra un'assise e l'altra era
stato steso in antico uno strato di argilla a formare il letto di
posa del filare soprastante: il suo dilavamento ha determinato
la fratturazione dei blocchi maggiori.
6
II dimensionamento e il trattamento dei blocchi, così come
la loro messa in opera, trova un ottimo confronto in Arezzo
stessa, nelle strutture etnische messe in luce negli anni '60 lungo viale Buozzi: CHERICI 1997, fig. 11.
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Armando Cherici
Fig. 1 - Castelsecco.
Il pianoro visto da
Ovest; evidenti i saggi a pettine della Soprintendenza e la pista da motocross.
Fig. 2 - Castelsecco.
Il pianoro in un rilevamento cartografico
posteriore all'interro
del teatro antico.
Una nota sul santuario etrusco di Castelsecco (Arezzo)
359
Fig. 3 - Castelsecco. Parziale rilievo degli scavi (da Maetzke).
Fig. 4 - Castelsecco. "Pianta di S. Cornetto detta nei tempi bassi Castelsecco. Pianta levata dal perito Tenti nel
1826. Tutto il circuito è di Brac. Fiorentine 1240 circa". Arezzo, collezione privata. Il tecnico si premurò di evidenziare i tre rilievi costituiti dal podio del tempio maggiore e dai ruderi del probabile secondo tempio e della chiesetta
altomedioevale.
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Armando Cherici
regolari (da m. 3,90 a m. 6,80): tra i 6 contrafforti centrali l'andamento del muro è concavo (Figg. 3,6, 9) come a maggior contrasto della spinta del terrapieno interno7 - rettilineo negli altri.
È questo un tratto particolarmente imponente e sempre rimasto in vista: ha probabilmente contribuito
a formare uno dei nomi medioevale del sito, Castelsecco, e ha offerto forse un lato fortificato all'insediamento presente dall'alto Medio Evo sulla cima, con almeno due chiese: "Ecclesia sancii Retri in Castello",
citata nei documenti dall'819 8 , officiata ancora nel 1390 e non più attiva alla metà del sec. XVIII 9 ; San
Cipriano "de Castro Sicco", presente nei decimari del 1274-75, 1278-79, 1302-3, non più officiata al tempo del Lami, diruta al tempo del Repetti, considerata "antichissima" nel '700'°. Nel '300 il colle era interessato da almeno due piccoli insediamenti organizzati in un comunelle rurale: il 28 novembre 1342, "gli
uomini delle ville di San Cipriano e di San Pietro di Castelsecco, adunatisi in Arezzo, costituiscono Scaffa
del fu Neri come Sindaco per fare atto di sottomissione al vicario del Duca di Atene in Arezzo"", nel
1390 il Libro della Lira riporta l'allibrazione "Castri Sicchi" ad appena 4 lire, tra le più modeste nel territorio aretino, a indicare una realtà insediativa in declino o comunque non cospicua12.
Taciuta - forse perché ritenuta medioevale - dall'umanista aretino M.A. Alessi13, l'imponente struttura
suscita interesse a partire dal '700: a tale epoca possono esser fatti risalire i primi rinvenimenti documentati14, a tale epoca è ascrivibile una preziosa china acquerellata 15 che documenta tra l'altro, conservandosi
allora anche parte delle assise sommitali, come gli attuali contrafforti si chiudessero superiormente ad arco16: la muraglia era quindi scandita almeno su questo lato da un ritmo di false arcate che, nella parte centrale, inquadravano brevi esedre. Dei primi anni del secolo successivo è una tavola (Fig. 5)17 che documenta i gravi smottamenti ricordati in un successivo appunto manoscritto del Gamurrini18; l'archeologo
7
Si veda in proposito le riflessioni del Gamurrini a nt. 16.
*PASQUI doc. 23 (dell'819). 29 (dell'835; "cum omnibus pertinentiis vel adiacentiis suis"); 61 (del 936); 69 (del 961).
9
LAMI III, p. 1594; REPETTI, s.v. "Castelsecco".
10
"San Cornelio Vescovo Battista e Martire ... le sue reliquie credonsi le già ritrovate pochi anni or sono sotto l'altare
della sua antichissima chiesa di Castelsecco ... dedicata allo
onor suo": LAMBARDI ISOO.p. 6.
11
In «Archivio Storico Italiano» XVI.l (1862), p. 215, nr. 103
12
Gli scavi ottocenteschi del Funghini portarono in luce i
resti di una piccola chiesa absidata (f'ig. 3:G) che aveva come
altare un blocco spogliato dalle sottostanti mura etrusche, lavorato con ugnature agli spigoli (FUNGHINI 1896, tav. II);
MAETZKE 1982-84, p. 42, indica quale pertinente confronto
l'antico altare della chiesa di San Secondino a Gualdo Tadino
(NotScavi 1955,p. 191), ad Arezzo altari analoghi - quasi sicuramente realizzati con materiale di spoglio da Castelsecco sono nella chiesa di San Biagio a Monistero (fig. 16) e - poi
trasferito a S. Croce - nella dìruta chiesa di S. Michele a Capodimonte. Gli scavi degli anni '60 del secolo scorso portarono
in luce degli ambienti realizzati sul parascaenium occidentale
del teatro (fig. 15): sterri di tombaroli vi hanno riportato in luce ollette da fuoco e boccali di maiolica arcaica.
13
Autore a metà '500 di un Libellus de antiquitate urbis Arreni che costituisce il primo studio organico - pur se largamente prescientifico - sulla storia della città.
14
La tabella con iscrizione etrusca tins fui (CIE 371) fu trovato "tra il 1750 e il 1760 dentro il recinto delle mura etrusche
di Castelsecco., (Biblioteca Città di Arezzo. ms 9, e. 81), sull'iscr.: COLONNA 1997, p. 168 s., fig. 2. Alla fine del secolo
"Filippo Pìerleoni vende un anello d'oro ritrovato nella campagna d'Arezzo, presso S. Cornelio. lavorato a magliette come
le catena d'orologio", Firenze, Arch. delle Gallerie, a. 1789,
filza E. n. 8., ArchGam 81/2. All'inìzio dell'800 sono già presenti nella Collezione Dodwell "Due antefisse con testa di giovane a berretta frigia, provenienti da Castel Secco presso
Arezzo" (Notice ... 1837, p. 30, n. 19; tale tipo di antefissa
sarà rinvenuta anche negli scavi successivi: FUNGHINI 1896,
tav VI:3; MAE-TZKE 1982-84, fig. 20).
15
CHERICI 1997, fig. 7 (errata l'attribuzione alla prima metà
dell'800).
16
Archi rilevati probabilmente anche in un sopralluogo dell'Inghirami (!NGHIRAMI 1836; cf. Bulllnsi 1837, p. 96).
17
Pubblicata in CITTADINI 1853.
'* "Mura di S. Cornelio. La mattina del 18 ottobre andai dalla mia villa della Pieve al Bagnoro. detta il Bagno, al Poggio
di S. Cornelio per rivedere lo stato delle mura, che mi dicevano ch'erano quasi tutte disfatte. Ero in compagnia del giovine
Angiolo Pasqui, che veniva per trarvi qualche studio e qualche
disegno. Per gli uliveti salimmo su, scorgendo vicino alla cima
alcuni resti di fabbriche, come frammenti di mattoni, di tegoli
e scaglie di travertino. Giunti proprio sotto alle vetustissime
mura che restano dalla parte di mezzogiorno, cioè verso la valle del Bagnoro e il monte di Lignano, le vidi infatti molto deperite e guaste; e molto peggio che non quando le vidi la prima volta verso il 1853, quando ero giovinetto. Composte come
esse sono di galestro, pietra arenaria che si sfalda, e si scoce, e
facilmente per il ghiaccio e per il sole si disfa spaccandosi in
prima, e poi triturandosi sono venute a mancare quasi da per
tutto, e non vi sono rimaste che vane vestigia. Le più importanti sono queste appunto a mezzogiorno, e si vedono tuttora a
buona altezza, quantunque ne manchi ben molto alla parte superiore originaria. Vi si vedono ancora i grandi blocchi quadrilunghi sovrapposti e lavorati a subbia, alla brava, i quali cingevano l'ardua collina in giro, col sistema di spessi speroni, che
avanzano a tratti regolari e specialmente ove sono usati gli archi rientranti, e proprio a! contrasto di ciascuno di essi archi
fra loro. Tale sistema fu specialmente adoprato in quei punti,
dove era necessario di reggere il terreno superiore, affinchè
non facesse spinta verso le mura. E di fatto l'eccellenza di esso
si mostra anzi tutto da ciò: che hanno resistito le mura al tempo e a molte ingiurie naturali e artificiali, in questo luogo ove
Una nota sul santuario etrusco di Castelsecco (Are~o)
Fig. 5 - Castelsecco. Il muro a false arcate in una stampa della prima metà dell'800 (da Cittadini).
Fig. 6 - Castelsecco. Un tratto del muro a false arcate: prospetto e pianta delle esedre (da Funghini).
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Armando Cherici
Fig. 7 - Castelsecco. Segno alfabetico di cantiere in
una pietra del teatro, "5".
aretino rintraccia - come già aveva fatto il Testi (Fig. 4) e farà poi il Funghini 19 - gran parte del restante temenos, che non è dato sapere se in antico s'innalzasse fuori terra rispetto al pianoro, di cui costituisce oggi
in alcuni tratti muro di retta. Interventi di risarcimento del tratto monumentale di muraglia vengono eseguiti per cura dei proprietari dell'area nella seconda metà dell'800 e negli anni '20 del '900, con un paramento a piccole pietre, al fine di preservare le superfici coltivabili del pianoro.
Nella parte centrale del recinto, l'antico intervento di sistemazione isolò la cima naturale del colle
(424 Im), risparmiandola per costituire un ampio "podio" rettangolare, anch'esso regolarizzato con un imponente muro perimetrale: al centro di esso s'impostava una struttura templare ben più piccola, di cui il
Funghini riconosce al centro le strutture murarie rettangolari20, poi asportate dai lavori agricoli; fino agli
anni '70 del secolo scorso - prima che l'intero complesso fosse devastato da una pista da motocross (Fig.
1) - rimanevano ben visibili resti di un pavimento a mosaico in tessere bianche e nere su di una preparazione in cocciopesto impostata direttamente sugli affioramenti rocciosi. Immediatamente a S-E di detto
podio, e ad esso parallelo, fu probabilmente risparmiato un secondo "podio" (Fig. 3:C), poco più basso
del primo (m. 421 Im) e dal contorno oggi meno percepibile in quanto tutta l'area fu spianata e sistemata
dagli intensi lavori agricoli che hanno caratterizzato la penultima fase di vita del colle, area di coltura di
un podere i cui ultimi coloni, conosciuti dallo scrivente, hanno proseguito fino agli anni '60 del secolo
scorso nella raccolta di reperti - soprattutto monete e bronzetti - poi venduti ad "antiquari" fiorentini e aretini che - in media due volte al mese - giungevano in visita.
furono usate, più che laddove al sasso naturale sì appoggiavano. Si deve dire che la stessa gravita del terreno ha reso le mura più solide, e così le ha fino a noi conservate [...] Pochissimi
altri spazii murati qua e là si scorgono, e due specialmente a
tramontana e al tramonto. Ora per determinare quale fosse la
intera cinta, non basterebbero certamente quelle grandissime
reliquie, se non supplisse la natura del colle e tagli artifiziali
sul galestro, che una volta erano di grossi blocchi rivestiti, o
per ciò di base e sostegno delle mura. Attentamente in questa
guisa si può rintracciare la cinta, e assicurarsene poi con qualche blocco caduto lì attorno, o sotto la rupe, il quale anche
spezzato, nonostante si vede se fu messo in opera per le mura,
nel guardare le tacche rimastevi della subbia [...] (ArchGam
81/2).
19
FUNGHTNi 1896, tav. I.
^FUNGHINI 1896. tavv. 1:1,11.
Una nota sul santuario etrusco di Castelsecco (Arezzo)
Fig. 8 - Castelsecco. Veduta aerea del teatro e del sottostante muro a false arcate.
Fig. 9 - Castelsecco. Rilievo del teatro (architetto Chiara Braconi).
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Scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica nella primavera 1965 e nell'autunno 1969 hanno
rinvenuto, immediatamente sopra il tratto monumentale di temenos scandito da false arcate, un piccolo
teatro-1 (Figg. 3:F; 8-15): furono portati in luce i quattro ampi gradoni de 11'/ma cavea, in parte costruiti, in
pane tagliati nella roccia viva, larghi e bassi per la sistemazione dei bisellia magistratuali 22 ; anche i gradoni della media cavea - non completamente riportati in luce - risultavano in parte costruiti in blocchi regolari di arenaria locale, in parte tagliati nella roccia, mentre la stimma cavea - che raggiungeva alla base un
diametro di m. 45 {150 piedi) - doveva proseguire sulla terra di risulta dallo scavo della depressione in cui
era sistemato il teatro stesso (413 Im), come nello schema costruttivo del theatrum terra exaggeratum.
L'orchestra semicircolare, del diametro di m. 12,5 (40 piedi), era pavimentata in grandi lastre di arenaria
che proseguivano nelle due parodoi: in esse erano scolpite delle canalette con sezione a U che assicuravano il deflusso delle acque in una fognatura sotterranea raggiunta da caditoie realizzate con lastre forate,
sostituite nel 1975 con chiusini in cemento. Il palpitimi, rettilineo, forse preceduto da uno o due ampi gradoni, aveva un fronte di m. 18 x 6 (?) di largh. (60 piedi x 20); la scaenae frons, pure rettilinea, aveva il
prospetto mosso da una columnatio su 8 basamenti regolarmente disposti a pettine, di m. 2 di profondità23;
4 pilastri irrobustivano il retro del muro, che toccava alle sue estremità la testa del sottostante, monumentale, tratto di temenos. Il pulpitum era chiuso ai lati da due parascaenia: quello ovest disturbato da strutture medioevali, quello est raggiunto da una scala in pietra di 4 gradoni (Fig. 13), che limitava a valle \aparodos; Yaditus maximiis aveva una larghezza di m. 1,50 (5 piedi) ed era chiuso a monte da un muro imponente - a retta della cavea - in grandi blocchi isodomi accuratamente lavorati (Fig. 14). Di fronte al pulpitum fu rinvenuto rovesciato un altare in calcare poi rimosso e portato al Museo Archeologico di Arezzo24.
Agli scavi e al restauro segue un lungo abbandono e il totale disinteresse da parte della città per la vasta e articolata area archeologica, che viene scempiata da scavi clandestini e da una pista da motocross
(Fig. 1). Nel 1984 il teatro fu interrato dalla Soprintendenza, per preservarne quanto rimaneva.
Il complesso di Castelsecco presenta tutte le caratteristiche costitutive di un importante santuario: il
tempio, o probabilmente 2 templi sopraelevati, in asse tra loro e con la cavea teatrale, il grande temenos,
l'estesa spianata per il movimento e/o il ricovero dei fedeli (larghezza media di circa 150 m. per una
profondità di quasi 300: 500x1000 piedi), lo spazio scenico per le rappresentazioni connesse al culto.
È stato notato come gli elementi sopra elencati siano riconducibili a una specifica tipologia santuariale
centroitalica di età tardorepubblicana, che abbina il tempio e il teatro in stretta contiguità25; il santuario aretino presenta notevoli analogie sia dimensionali che planimetriche con quello periurbano del centro carricinoromano di luvanum26 (Fig. 18), in particolare l'ampio spiazzo sommitale dominato da due templi paralleli,
l'assialità del teatro non immeditamente contiguo a essi, il recinto, l'accesso che sbocca nell'area libera tra
templi e teatro privilegiando la vista dei primi: a Castelsecco la strada principale per salirvi dalla città era
forse testimoniata ancora nel secolo scorso dal sentiero che, passando per il promontorio della Castellina e
per la Bucaccia, entrava nel pianoro costeggiando a Ovest il possente muragliene meridionale: è probabilmente lungo tale percorso che Gamurrini segnala resti di costruzioni antiche 27 , dalla Castellina proviene
inoltre un frammento iscritto di una prestigiosa statua bronzea panneggiata ascrivibile al II sec. a.C.28
Per una corretta valutazione dei materiali e della loro cronologia, come anche per meglio comprendere
la natura del culto, si attende l'edizione scientifica degli scavi curati dalla Soprintendenza29. Una fibula
21 Su cui da ultimo SEAR 2006, pp. 81, 165. Pubblico alla Fig.
9 il rilievo del teatro e del muro a contrafforti curato dall'architetto Chiara Braccìni combinando il rilievo strumentale in sìtu con
la documentazione grafica e fotografica d'archivio: la pianta pubblicata in MAETZKE 1982-84, tav. II, registra la situazione nel
gennaio 1971, precedente quindi alle esplorazioni del 1983-84.
"In questo il teatro di Castelsecco anticipa il theatrum tecttim di Pompei, riferibile al primo quatto del I sec. a.C., ritenuto il primo teatro romano con tale sistemazione della ima cavea (SEAR 2006. p. 80).
23
Per un'ipotesi ricostruttiva: MAETZKE 1999; la disposizione delle 8 basì della columnatio rende molto probabile una ricostruzione della scena con la valva regia centrale e le due
valvae hospitales laterali.
24
MAETZKE 1982-84, fig. 13.
Confronti istituibili con i santuari di Foligno (Villa Fidelia), Tivoli, Preneste. Gabii, Pietrabbondante, luvanum, Teano:
MAETZKE 1982-84; COLONNA 1993, p. 343; NILSEN 2002, pp.
180, 189 ss. Sulla planimetria vedi anche BONAMICI - BIANCHI
2003,p.80.
26
Sul quale: FABBRICOTTI 1990.
25
27
28
Vd. supra, nt. 18.
CHERICI 1996; ID. 2001. L'altro accesso dalla città, più diretto e ripido, interrotto e privatizzato negli ultimi anni, era
forse segnato in antico da una piccola necropoli ricordata dal
Gamurrini: "Tra la villa Funghini e quella detta San Carlo sepolcreto con urnette di coccio", ArchGam 81/2.
29
Nota preliminare in MAEZTKE 1982-84.
Una nota sul santuario etrusco di Castelsecco (Arezzo)
Fig. 10 - Castelsecco. L'ala Est del teatro: visibili i bassi gradoni dell'/m« cavea, prima del restauro.
Fig. 11 - Castelsecco. I gradoni (sommitali ?) della media cavea.
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Fig. 12 - Castelsecco. Un tratto di canaletta tra la parodos occidentale e l'orchesta, con uno dei tombini in cemento
che, nel restauro, hanno sostituito le caditoie antiche a lastra forata.
Fig. 13 - Castelsecco. La scala che, dalla parodos orientale, saliva al soprastante parascaenium.
Una nota sul santuario etrusco di Castelsecco (Areno)
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.: •
v
••
.*f*^
Fig. 14 - Castelsecco. Parodos occidentale: il muro di retta della cavea, evidenti le ammorsature per i ferrei forfìces.
Fig. 15 - Castelsecco. Il teatro visto da Ovest poco prima delrinterramento, in primo piano gli ambienti medioevali
sorti sul parascaenium occidentale.
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Fig. 16 - Monistero (o Monastero, Arazzo), chiesa di
San Biagio. Altare altomedioevale ricavato in un blocco
delle mura della vicina Castelsecco.
Fig. 17 - Castelsecco. Uncia fusa della serie astragalo /
astragalo. Arezzo, collezione privata.
Fig. 18 - Invanititi (Chieti), area
santuariale (da Fabbricotti).
bronzea ad arco leggermente ingrossato, molla unilaterale e staffa simmetrica, recuperata nelle indagini
Fanghini 30 , farebbe risalire una prima frequentazione del sito alla prima metà dell'Vili sec. a.C. Nessun reperto sembra riferibile però ai secoli successivi, fino al III-II sec., epoca cui si data la tipologia santuariale
centroitalica sopraccennata, e a cui sono ascrivibili i frammenti fìttili di decorazione architettonica finora
editi, rinvenuti in gran copia di fronte al pulpitum31. Nello stesso periodo sembrano attestarsi i rinvenimenti
*>FUNGHINI 1896,tav.V:8.
31
Vd. MAETZKE 1982-84; confronti nella stessa Arezzo
(Santa Croce e Catona) e in Val di Chiana (Castiglion Fiorentino e Camucia: vedi // Museo ... 2005, p. 274 s., con bibl.).
Una nota sul santuario etrusco di Caste/secco
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monetali più numerosi: un bronzo di Metaponto con testa di Apollo32; una lincia romana della serie fusa
Astragalo/Astragalo, con clava, databile ai decenni centrali del III33 (Fig. 17); un sestante romano della serie fusa Testa di Mercurio / Prora34, di fine III-II sec.; un asse etrusco della serie fusa - forse di zecca locale
- Ancora / Ruota, pure ascrivibile al III sec.351 rinvenimenti monetali proseguono con singole e sporadiche
monete romano-imperiali (Augusto, Traiano, Antonino Pio, Gordiano) nonché medioevali (Ottone I)36.
Le notizie che ho potuto ottenere dai coloni del podere evidenziano la diffusa presenza sull'acrocoro
di frammenti di terracotte architettoniche, di ceramica acroma e a vernice nera; sembra assente la ceramica aretina mentre reperti o frammenti "marmorei,, sarebbero presenti solo nel rilievo a S-E del podio maggiore (Fig. 3:C), forse a testimoniare un ridisegnarsi del culto già nella prima età imperiale.
Dall'area del santuario provengono, oltre a frammenti di grandi statue bronzee37, alcuni bronzetti di
offerenti, una statuetta di Èrcole38, un "idoletto nudo col pomo nella destra"39, un piccolo gruppo bronzeo
con 5 uccelli posati su un fulmine (7)40, una tabella litica iscritta (tìns /wf)41 e almeno 63 statuette fittili tra intere e frammentarie - di bambini in fasce42, di un tipo dal modellato assai semplice, con il corpo a sezione lenticolare completamente fasciato, il volto descritto nei volumi e non nei particolari: come per le
terrecotte architettoniche, stringenti confronti vengono dallo stesso centro urbano di Arezzo (tempietto di
S.Niccolò)43 e dalla Val di Chiana: Peciano (Mulino Piegai)44, Camucia (Vivai - il Giardino)45, S. Martino
alla Rota (II Bagnolo)46. Gli esemplari di area perugina (Magione, stipe di Colle Arsiccio)47 e chiusina
(Cetona, Grotta Lattaia)48 presentano una maggior cura nel modellato delle fasce intorno al volto, o del
volto stesso, realizzato a tutto tondo e completo di frangetta o ciocche sulla fronte, come nei tipi più m^ridionali, in cui tra l'altro il corpo è cilindrico, non appiattito, e sono spesso modellati anche i piedi49. La
datazione degli ex-voto fittili da Castelsecco concorda con quelle del materiale fittile dal teatro, dei primi
- e più frequenti - rinvenimenti monetali, dei bronzetti: III-II sec. a.C.; la notevole quantità di putti in fasce tradisce un culto principale - forse non esclusivo - di tipo salutare, a tutela del parto e dell'infanzia50.
32
Così identificherei la moneta indicata come proveniente
da Castelsecco in una scheda del Gamurrini (ArchGam 81/2):
"Moneta Testa di donna a sin. / Tripode (Metaponto)", segue
un piccolo tratto per indicare il diametro, di cm. 1,5. La testa
laureata di Apollo ha nella monetazione metapontina della prima metà del III sec. un'apparenza muliebre.
w
THURLOW - VECCHI, 28, CRAWFORD, 27/10, SYDENHAM, 43.
34
"Sestante Mercurio - ROMA sopra la prua di nave" ArchGam %\ 12.
35
FUNGHINI 1896, tav. V:7; l'esemplare si aggiunge ad altri
di provenienza aretina schedati in VANNI 2001.
36
ArchGam 81/2; FUNGHINI 1896, tav. V:ll.
"FUNGHINI 1896, tav. V:2-5; cf. OMERICI 1996; Io. 2001.
38
FUNGHINI 1896, tav. V: 1,6.10; BENTZ 1992, pp. 103, 161,
216.
® ArchGam %l/2.
™ ArchGam 961 \7.
Vd.supra.nt. 13.
41
42
Archivio della Fraternità dei Laici. Inventario del Museo, I,
e. 119; FUNGHINI 1896, tav. VI:1 A MAETZKE 1982-84, fig. 21 .
43
ZAMARCHi GRASSI 1991, p. 333 ss. Il materiale risulta in
parte trafugato dalla baracca del cantiere.
«CHKRICI 1997, pp. 191, n. 5, 224, fig. 6; L'acqua ... 2003,
p. 149 s.; // Museo ... 2005, p. 294 s.
^ fi Museo ... 2005, p. 284.
46
CHERICI 1987, pp. 159, n. 8, 224, fig. 5; // Museo ... 2005,
p. 296.
47
Lac#Ha...2003,p. 151 s.
** L'acqua ... 2003, p. 157.
49
NotScavi 1885, p. 40 (Bomarzo); VAGNETTI 1971. p. 87.
con bibl.
50
Nella tradizione folklorica popolare, viva fino alla metà
del secolo scorso, il Colle di San Cornclìo era sede di leggende e di un curioso evento annuale. Vi appariva talvolta un "vitello d'oro", che spariva poi misteriosi cunicoli sotterranei
(CHERICI 1990, p. 47 s.); il 16 settembre, in occasione della ricorrenza del santo eponimo, gli aretini maschi che sì ritenevano traditi dalle proprie consorti vi salivano a piedi per una allegra scampagnata liberatoria che, tra canti, balli, merende e
bevute, durava l'intera giornata: è probabile che tale tradizione, risalente almeno al '700, derivi dal nome "parlante" del
santo, Cornelio, ma non possiamo escludere che non vi sia
un'ultima traccia della sacralità antica del colle stesso, legata a
quanto connesso con la riproduzione. Concludo riportando un
ultimo contributo del Gamurrini alla conoscenza del colle: in
una scheda del suo archivio (81/2) annota "BIBBIENA: n.b. casa
sulle pendici orientali di Castelsecco, tra Casa Matrignano e
Casa Marmorino (toponimo nella mappa catastale del 1830)".
370
Armando Cherici
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