Storia dell’arte
136
2013
nuova serie
n. 36
CAM Editrice
T HIS
MAGAZINE IS INDEXED IN
BHA
Bibliography of the History of Art
A bibliographic service of the Getty Research Institut and the
Institut de l'Information Scientifique et Technique of the Centre National de la Recherche Scientifique
AND IN
ARTbibliographies Modern
A bibliographic service of Cambridge Scientific Abstracts
136
2013
Settembre - Dicembre
Rivista quadrimestrale
Classe A (A.N.V.U.R.)
Aut. Tribunale di Roma n. 535/01 del 7/12/2001
Vicedirettore: Alessandro Zuccari
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Redazione: Fabio Benzi, Lorenzo Canova, Anna Cavallaro, Stefano Colonna, Helen Langdon, Stefania Macioce,
Massimo Moretti, Sebastian Schütze, Francesco Solinas, Victor Stoichita, Stefano Valeri, Caterina Volpi
Referees: Elizabeth Cropper, Dean Center Advanced Study, Washington, National Gallery of Art; Gail Feigenbaum,
Associate Director, Los Angeles, The Getty Research Institute; Annick Lemoine, Université de Rennes II, Académie
de France à Rome, Villa Medici; Xavier F. Salomon, Curator of Southern Baroque in the Department of European
Paintings, New York, The Metropolitan Museum of Art
Edita da: CAM EDITRICE S.r.l.,
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Progetto Grafico: Antonella Mattei
Stampa: Arti Grafiche La Moderna - Roma
[Dicembre 2013]
Storia
dell’arte
fondata da Giulio Carlo Argan
diretta da Maurizio Calvesi
INDICE
Maurizio Calvesi
Graziella Becatti
Editoriale.
Trentennale di una bufera
Iconografia della “svestizione”:
le origini dell’icona del catecumeno e le sue successive elaborazioni
5
10
Ch. Dominique Fuchs Morgante en Bacchus
(l’oeuvre préparatoire en stuc doré pour le bronze du Louvre)
29
M. Giulia Aurigemma Averroè, Ario e Sabellio: due inediti frammenti vasariani
38
Cesare Rossetti, “amico” del Cavalier d’Arpino:
un nuovo dipinto e alcune osservazioni sull’opera grafica
46
Il «canestro di frutta matura» nella Cena in Emmaus del Caravaggio
e la visione del profeta Amos
65
Stefano Pierguidi
Caravaggio e il ciclo della galleria di palazzo Mattei
87
Marco Gallo
Sull’iconografia dell’apostolo Pietro al sepolcro:
il «San Pietro verifica l’assenza del corpo di Cristo nel sepolcro
e si meraviglia» (Lc 24:12) in collezione Koelliker
99
M. Simone Bolzoni
Giacomo Berra
Adriano Amendola
Baldovino Breyel e una lista di «diversi quadri antichi»:
novità su Domenico Fetti e Orazio Vecellio
114
Steven J. Cody
Umberto Boccioni’s The City Rises:
Prelude to a Philosophy of the Future
125
Marina Giorgini
Růžena Zátková. Una boema in Italia tra avanguardia russa e Futurismo 139
Augusta Monferini
Un’occasione mancata: La Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Cronache e storia 1911-2011
Recensioni a cura di F. Veratelli, M. Nicolaci, S. Colonna, A. Vannugli, A. Mercanti
169
183
FIG. 1 Battesimo di Cristo, in Omelie san Gregorio Nazianzeno, XI sec. Parigi, ms. grec 533, fol 154
FIG. 2 Battesimo delle Moltitudini, in Evangelario, X-XII sec. Parigi, ms greco n. 64, fol. 64
10
Iconografia della “svestizione”: le origini dell’icona
del catecumeno e le sue successive elaborazioni*
Graziella Becatti
La sopravvivenza di alcuni modelli iconografici
permette di accostare elementi lontani tra loro sia
per limiti cronologici che di contenuto. Possiamo
dunque mettere in relazione opere diverse in cui ricorre una specifica iconografia: una figura piegata
in avanti, intenta a levarsi la veste sfilandosela dal
capo. Questa immagine è stata identificata ad oggi
come un “neofita”, ma si tratta di un catecumeno1 la
cui iconografia deriva da fonti diverse.2 Questa rappresentazione è stata segnalata in alcuni studi (tra
cui quello del Kauffmann),3 che concordano sulla
sua derivazione da miniature di matrice orientale.
Il presente contributo intende ricostruire la genesi ed il successivo sviluppo di questo tema iconografico a partire dalle prime testimonianze
letterarie e figurative fino al XVII secolo. La figura che si sveste, infatti, ha acquistato nei secoli
significati elaborati e rappresenta una interessante citazione formale.
La prima apparizione di questo gesto si colloca tra
le figure catecumenali. Le caratteristiche che si associano nelle sue rappresentazioni più antiche sono:
la posizione inclinata in avanti, il capo nascosto
dalla veste, e la sua completa o parziale nudità.
La stessa postura ricorre anche in altri ambiti talvolta in forme leggermente differenti. In questi
casi non si tratta più del catecumeno in senso
stretto, ma di un modello elaborato dalla tradizione. Pertanto esso si ritrova in nuove declinazioni,
nell’Ingresso a Gerusalemme, nella Fonte della
Giovinezza ed in diverse altre rappresentazioni.
Le origini del prototipo
L’iconografia del catecumeno nudo, che si leva la
veste sfilandosela dal capo, ha probabilmente la
sua origine e maggior diffusione nel contesto
delle scene battesimali, cui si lega con una particolare densità di significati. Questa immagine
nasce in seno alle rappresentazioni del Battesimo
delle Moltitudini, talvolta associato a quello di
Cristo, come descritto nei vangeli sinottici.4
Il battesimo è notoriamente una delle più antiche
immagini ad essere codificata dal Cristianesimo.
Dapprima le formule compositive rimangono
piuttosto semplici: la scena presenta due personaggi, generalmente Cristo ed il Battista, oppure
il catecumeno e colui che amministra il sacramento;5 tra il VI-VII secolo questo tipo di rappresentazione diviene più complessa.6
Allo stato attuale degli studi, la più antica presenza,
in data certa, del catecumeno è stata individuata
nelle immagini del Precursore che battezza i suoi discepoli e del Battesimo delle Moltitudini, rispettivamente nel Tetravangelo di Parma7 e nella raccolta
delle omelie di Gregorio Nazianzeno,8 entrambi
manoscritti dell’XI secolo9 (FIGG. 1-2). La stessa
rappresentazione ricorre in testi miniati di epoca successiva e strettamente connessi tra loro,10 custoditi
presso la Bibliothèque Nationale di Parigi.11
La presenza del catecumeno in questi manoscritti è
stata rilevata sia da Strzygowski12 che da Millet13
che ne offrono interpretatazioni diverse. Strzygow-
Desidero ringraziare in particolar modo S. Macioce che ha incoraggiato e fornito un prezioso aiuto per questo mio
saggio. Ringrazio inoltre sentitamente padre P. A. Drouin e B. Brenk per i loro fondamentali suggerimenti e consigli.
*
11
ski, infatti, la definisce una scena di genere14 mentre Millet ritiene che questo tipo iconografico sia
piuttosto un’immagine dal significato rituale.15
Quest’ultimo sostiene che, per la rappresentazione
del Battesimo delle Moltitudini, gli artisti avrebbero
preso spunto da eventi che si verificavano in alcuni
momenti dell’anno, quando i pellegrini scendevano
al Giordano nel luogo in cui Cristo fu battezzato. Si
tratterebbe, dunque, di un quadretto quasi “documentario” che si collega ad esigenze rappresentative, tipiche soprattutto dal XII secolo in oriente,
dove il pittoresco ellenistico trova una nuova forza
espressiva nella produzione delle miniature.16
La scelta di raffigurare un personaggio dalle caratteristiche tanto particolari potrebbe non essere
stata dettata unicamente da esigenze estetiche o
di cronaca, ma aver assunto un significato saliente legato al senso che la nudità e la “svestizione” assumono nei commenti al battesimo nei
primi scritti cristiani. In particolar modo, la Lettera ai Colossesi di san Paolo ci fornisce in proposito una chiave di lettura interessante:
in lui inoltre siete stati circoncisi di una circoncisione non operata dall’uomo, ma nella spogliazione
del corpo carnale, nella circoncisione del Cristo. Sepolti con lui nel Battesimo in lui siete stati anche risuscitati in virtù della fede nella potenza di Dio che lo
ha ridestato dalla morte. [...] vi siete spogliati dell’uomo vecchio e del suo modo di agire e vi siete rivestiti del nuovo, che si rinnova per una più piena
conoscenza, a immagine di colui che lo ha creato.17
Com’è noto, Paolo ricorre a questa formula della
“svestizione” anche altrove, sottolineando il senso
simbolico del gesto, immagine dell’abbandono
dell’uomo che rinasce alla nuova vita. Il battesimo
viene accostato anche alla morte di Cristo, nel momento in cui rivestito della natura umana si immerge nell’esperienza della morte per salvare gli
uomini dal peccato.18 Una caratteristica fondamentale del catecumeno che si sveste, risiede nell’atto di nascondere il volto, la sua gestualità
acquista così una valenza impersonale e assoluta.
Sulla scia delle letture paoline molti testi della patristica19 sottolineano l’importanza della nudità e
della “svestizione”,20 tesa ad evidenziare la purezza
12
dell’uomo che si spoglia del peccato. Si tratterebbe,
dunque, di una nudità primordiale, messa in relazione con quella di Adamo ed Eva prima del peccato originale. Nella liturgia battesimale della
Chiesa primitiva, infatti, si codificano molto presto
gesti associati a significati simbolici e, nel rituale
praticato nelle prime comunità romane, la “svestizione” era una delle tappe fondamentali che doveva
affrontare il catecumeno al momento del battesimo.21 Inoltre, sin dalla fine del IV secolo, un gran
numero di teologi e religiosi22 commentano il senso
del Battesimo e della sua liturgia; da queste fonti
sappiamo che, in Siria, durante i giorni della Quaresima, era uso dei catecumeni portare, come segno
di penitenza, abiti fatti di pelle di animali per poi levarli prima di immergersi nel fonte battesimale.23
Nella patristica, dunque, si accentua l’importanza
sia della simbologia della “svestizione” che della
nudità e la Catechesi Mistagogica di san Cirillo di
Gerusalemme ne è una delle prove più evidenti:
Appena entrati vi siete tolti la tunica. Ciò per la raffigurazione che si eliminava l’uomo vecchio con le sue
abitudini. Spogliati siete rimasti nudi, imitando in ciò
Cristo nudo sulla croce. Egli nella nudità spogliò i principati e le potestà trionfando a fronte alta sulla croce.
Poiché nelle vostre membra si nascondevano le potenze avverse, non vi è più permesso portare la vecchia
tunica. Non vi parlo minimamente della tunica visibile,
ma dell’uomo vecchio che si corrompe nelle passioni ingannatrici. L’anima che una volta se ne sia spogliata non
se ne rivesta di nuovo, ma dica con la sposa di Cristo nel
“Cantico dei Cantici”: “Mi sono spogliata della tunica,
perché indossarla?”. Che meraviglia! Siete stati nudi
davanti agli occhi di tutti e non siete arrossiti. Portavate veramente l’immagine del primo uomo Adamo,
che nel paradiso era nudo e non si vergognava.24
L’importanza assunta dagli scritti dei Padri della
Chiesa nell’interpretazione delle simbologie battesimali della “svestizione” e della nudità è avvalorata dalla presenza del catecumeno nelle
illustrazioni alle Omelie di Gregorio Nazianzeno,
vissuto nel IV secolo. Il primo manoscritto,
giunto sino a noi, che raccoglie i testi del santo,25
risale al IX secolo; tuttavia, la rappresentazione
del catecumeno compare più tardi, nelle copie
della raccolta dell’XI secolo26 e nelle sue versioni
posteriori, come illustrazione specifica dei sermoni XXXIX, Τα άγια φοτά,27 e XL, Έισ τον
άγιον βάπτισμα.28 La correlazione tra il testo e
l’immagine, in questi casi più recenti, non sembra lasciar dubbi sul significato e la valenza che
si sono voluti attribuire al personaggio che si sveste nonostante il suo ruolo marginale nella scena.
Egli sembra, infatti, concretizzare l’immagine
dell’uomo che abbandona la sua vecchia condizione di peccatore per accostarsi a Cristo e dunque associarsi a lui nella pienezza di una nuova
innocenza che imita la nudità sulla Croce.
Secondo alcuni studi, tuttavia, l’origine di questa
iconografia risalirebbe ad altre tradizioni figurative.29 Galavaris riteneva che le fonti fossero da rintracciare nei Vangeli o principalmente nei Lezionari.30 La rappresentazione del catecumeno che si
sveste si trova, infatti, nel già citato Tetravangelo di
Parma e in una Bibbia greca, entrambi di provenienza costantinopolitana31 (FIG. 2) e databili tra il
X ed il XII secolo.32 Alla scena dei battezzandi
sembrerebbe essersi aggiunta, nel tempo, una serie
di elementi narrativi che arricchiscono la composizione: una croce piantata su di un pilastro nel
Giordano, la presenza stessa del fiume personificato33 e figure che si tuffano nell’acqua sullo sfondo
di un paesaggio rigoglioso. Lo stile che caratterizza
queste immagini deriverebbe, secondo Millet, da
tradizioni palestinesi più vicine ad una sensibilità figurativa di tipo ellenistico.34 L’analisi del significato
specifico di questi scritti, tuttavia, permette di rintracciare la genesi del concetto, rappresentato dalla
figura del catecumeno, precisamente nella Lettera
ai Colossesi. L’immagine della “svestizione”, infatti, non trova una spiegazione esaustiva nel Battesimo delle moltitudini, ma acquista un significato
forte attraverso il pensiero di Paolo il cui passo
viene esplicitamente citato da molti autori e significativamente proprio nella LX omelia di Gregorio
di Nazianzo.35 La rilevanza di questo gesto e la sua
relativa iconografia, quindi, potrebbero aver avuto
origine nella temperie culturale e teologica dei
primi secoli del cristianesimo, tenendo conto della
raffinata formazione di eruditi come Gregorio Nazianzeno, anche se, fino ad ora, non è stato possibile attestarne la presenza prima dell’ X-XI secolo.
I modelli catecumenali nelle nuove scene di
battesimo
Dopo l’VIII secolo cambia la liturgia imposta ai catecumeni sia in oriente che in occidente e si tende sempre più a privilegiare l’amministrazione del sacramento
fin dall’infanzia.36 Da allora, l’immagine del battezzando assume forme simboliche e tradizionali.
Il Battesimo evangelico e gli altri episodi battesimali
La figura che si sveste si ritrova anche al di fuori del
contesto evangelico, tra gli astanti di altre scene catecumenali come dimostra il Battesimo di Cratone
nelle storie della vita di san Giovanni che fanno da
cornice all’Apocalisse del Trinity College (FIG. 3),
realizzata XIII secolo.37 Queste miniature insistono
particolarmente sulle scene di battesimo38 e l’uso di
una figura tipica, come quella del catecumeno, sembra voler sottolineare il senso della conversione di
un figura esemplare come Cratone e il radicale cambiamento di vita del suo seguito. Si tratta, quindi, di
una diversa accezione di battesimo sia per quanto concerne l’ambientazione che la resa formale della figura, non più nuda ma dotata di braghe, che assume una posa naturale e plastica.39 La sua raffigurazione si connette con le già citate immagini catecumenali ma la diversa resa formale mostra una nuova sensibilità discosta dal modello originario.
La gestualità del catecumeno compare in opere
monumentali del tardo medioevo, come nel Battistero di Parma nelle pitture dei nicchioni,40realizzate tra il 1370-80. Qui sembrano ricomporsi,
in una sorta di sintesi iconografica, le declinazioni
del Battesimo di Cristo e delle Moltitudini.
L’artista, identificato come “Maestro dell’Undicesimo nicchione”,41 pur realizzando pitture disomogenee, mantiene una coerenza iconografica42 proprio nelle immagini di devozione popolare e di riti
liturgici che coinvolgono maggiormente i fedeli. Il
catecumeno che si sveste, associato alla raffigurazione di santi localmente importanti, come di avvenimenti e personaggi storicamente riconoscibili,
assume di certo valenze specifiche. Conosciuto
probabilmente attraverso la tradizione figurativa
dei codici miniati, esso può essere stato scelto per
marcare l’importanza del sacramento del batte-
13
simo amministrato alla folla e collegato pertanto all’episodio del Battesimo delle Moltitudini.
È interessante notare una rappresentazione analoga
e precedente in contesti artistici limitrofi al Battistero
di Parma. Alcuni studiosi43 hanno rilevato affinità tra
i pittori del cantiere parmense e Tomaso da Modena,
attivo in quest’area geografica, in particolare a Treviso, nel ciclo di affreschi con le Storie di Sant’Orsola, realizzato nel 1355-1358. In questo caso ritroviamo un’immagine analoga del catecumeno che
si sveste, nei panni di un dignitario della corte del
principe d’Inghilterra, nella scena in cui il sovrano
si fa battezzare con il suo seguito per sposare Orsola
(FIG. 4). La posa del dignitario è senz’altro più morbida e realistica rispetto a quella che abbiamo rintracciato nelle miniature o anche nel Battistero di
Parma, in linea con la nuova sensibilità protorinascimentale. Non siamo più di fronte alla ripresa letterale del modello, ma ad una elaborazione formalmente nuova del gesto tradizionale: una figura ormai
quasi topica dei contesti battesimali.
La “svestizione” catecumenale e il compiacimento dell’anatomia
La fortuna della gestualità della “svestizione”, riproposta nei secoli, si associa, non solo alla ri-
FIG. 3 Battesimo di Cratone, in Apocalisse, XIII sec. Trinity College
14
presa di concetti tradizionali o di modelli artistici
apprezzati, ma, dal tardo medioevo in poi, anche
al gusto di una riscoperta artistica della fisicità
dell’uomo. Il modello catecumenale, dunque, subirà variazioni notevoli nella sua resa plastica e,
in certi contesti, quest’ultima avrà un’importanza
maggiore rispetto al significato originale.
Il successo di questo tipo figurativo è dimostrato dalla notevole quantità delle sue ricorrenze nella cultura del tardogotico e del primo Rinascimento. La
tradizione miniata più tarda continua ad usufruire
di questo modello, com’è possibile vedere nel Libro d’Ore della Chester Beatty Library,44 ma ora il
catecumeno trova una collocazione anche in opere monumentali di grande importanza artistica. La
figura che si sveste viene, infatti, ripresa da pittori
del gotico cortese quali Gentile da Fabriano e i fratelli Salimbeni. Questi ultimi, nati nello stesso territorio di Gentile, ne sarebbero stati fortemente influenzati nello stile, come si vede negli affreschi dell’Oratorio di S. Giovanni ad Urbino dove il catecumeno compare nel Battesimo delle Moltitudini.45
Questo ciclo è stato realizzato nel 1416 dai Salimbeni cui si riconosce una sensibilità narrativa dagli
spiccati tratti realistici. La gestualità impressa al catecumeno, che ha appena cominciato a levarsi il mantello, in mezzo ad un gruppo di battezzandi quasi
nudi, deve essere stata particolarmente congeniale al gusto aneddotico di questi pittori46 (FIG. 5).
L’immagine che ci interessa sembra fosse presente anche negli affreschi che Gentile da Fabriano
esegue a Roma per la decorazione del Laterano, realizzata solo parzialmente, poco prima della morte dell’artista.47 Irrimediabilmente perduta, essa è nota soltanto attraverso testimonianze letterarie e
grafiche che hanno consentito una
ricostruzione del programma iconografico e dello stile. Sappiamo,
dunque, che gli affreschi della
navata centrale prevedevano la rappresentazione della vita del Battista, di san Giovanni Evangelista e
che qui trovavano spazio sia il Battesimo delle Moltitudini che il
Battesimo di Cristo.48 Del Battesimo delle Moltitudini non sono FIG. 4 Tomaso da Modena, Battesimo del principe d’Inghilterra, 1355-1358. Affresco.
Treviso, Chiesa di S. Caterina
giunte immagini, ma del Battesimo di Cristo abbiamo, invece, un noto disegno di bot- tichi seguendo l’esempio del maestro. Tuttavia, antega di Pisanello conservato al Louvre49 (FIG. 6). Il che se questa immagine non fosse stata inclusa nel
foglio è stato oggetto di particolare attenzione per via progetto di Gentile, il fatto che, nel disegno, possa esdi una figura, forse aggiunta alla scena principale, ca- sere stato aggiunta ad una scena battesimale, dimoratterizzata da un notevole accento plastico, che si stra la consuetudine di questa associazione, la cui vasfila a fatica una tunica. Si tratta, ad evidenza, del bat- lenza viene arricchita formalmente da una potente tortezzando, formalmente e stilisticamente affine al pro- sione. Il battezzando, dunque, reso con maggiore natotipo catecumenale. Il suo modello figurativo è sta- turalismo, rappresenta con efficacia un’umanità che,
in tutta la sua carnalità, si avvicina al sacramento.
to rintracciato da Schmitt50 tra i rilievi di un sarcofago dionisiaco, oggi perduto, conservato nel XV se- L’eco di questa figura, legata al battesimo, semcolo proprio nella basilica lateranense e noto attra- bra diffondersi ulteriormente ed è presente in
verso un disegno del Codex Coburgensis .51 Il bas- molte pitture rinascimentali. Masolino da Panisorilievo antico raffigurava un satiro la cui postura cale, nei suoi anni romani, forse ebbe modo di vepuò effettivamente ricordare quella del battezzando dere il cantiere di S. Giovanni, come potrebbe dipur non assumendone esattamente lo stesso atteg- mostrare la posa del catecumeno nel Battesimo di
giamento. Si ritiene che il modello fosse piuttosto de- Cristo a Castiglione Olona53 (FIG. 7). Pur elabosunto dai manoscritti, ma la plasticità della scultu- rando un modello di svestizione molto originale,
ra antica ha probabilmente contribuito a vivacizza- se il riferimento pittorico risalisse effettivamente
a Gentile, potremmo supporre che anche nei suoi
re l’immagine di una consolidata tradizione.
Non sappiamo se Gentile avesse incluso la figura del affreschi fosse presente lo stesso personaggio.54
Il modello del catecumeno viene codificato, come
catecumeno nel Battesimo di Cristo oppure se si tratti di un’aggiunta apportata nell’ambito della bottega figura dal preciso significato simbolico, nel Battedi Pisanello52 ove circolavano studi dai modelli an- simo di Cristo che Piero della Francesca55 (FIG. 8)
15
FIG. 5 Salimbeni, Battesimo delle Moltitudini (part.),
1416. Urbino, Oratorio di San Giovanni
FIG. 6 Pisanello e bottega, Battesimo di Cristo, disegni dagli affreschi di
Gentile da Fabriano (part.), XV sec. Parigi, Louvre, 420r
realizza tra il 1440 e il 1471,56 dopo il soggiorno
romano.57 Sulla destra della scena si trova, isolato dalle altre figure, il catecumeno nell’atto di svestirsi. Alcuni studiosi58 ritengono che la presenza
di questo personaggio assuma nella composizione un valore funzionale al messaggio del dipinto.59
In Piero, il catecumeno rimanda, infatti, ad una stratificazione di significati: il riferimento ai testi paolini, il concetto della purificazione dal peccato originale, il senso contingente dell’ingresso del nuovo adepto nella Chiesa e la sottomissione del popolo intero al volere di Dio.60 L’aspetto formale della figura si lega ai prototipi miniati della tradizione bizantina61 ma, alcuni studi, hanno identificato occorrenze più recenti, trecentesche e quattrocentesche, che possono aver influenzato Piero.62
Il modello elaborato dal maestro diventa, probabilmente, il nuovo prototipo cui faranno riferimento
gli artisti a lui posteriori, come si riscontra nella
produzione figurativa del XVI secolo. Fra le riprese
più significative vi è quella delle Logge di Raffaello in Vaticano, dipinte durante il pontificato di
Leone X.63 Nel Battesimo di Cristo64 compare, infatti, fra i battezzandi che si preparano, anche il nostro, per la cui formulazione sono state avanzate
varie ipotesi. È stato posto l’accento sull’influen-
16
za dei Vangeli di tipo bizantino,65 infatti, nella Biblioteca Vaticana si trovavano, già a quella data,
due manoscritti ove compare la figura del catecumeno. Altri,66 invece, ridimensionano l’influenza delle miniature greche ed evidenziano
come, in Raffaello, si rintraccino i precedenti della tradizione pittorica da Masaccio a Piero. Non va,
tuttavia, trascurata la memoria delle rappresentazioni religiose che certo il Sanzio ha in mente. Pertanto, è probabile che la figura dipinta nelle Logge sia il risultato di una colta sintesi tra diverse tradizioni figurative bibliche, filtrate dalla riflessione umanistico-rinascimentale come sembrano
suggerire anche alcuni esemplari di glittica.67
Pur essendo di secondaria importanza, il catecumeno si trova in diversi ambiti artistici, italiani, francesi e fiamminghi68 e, nel tempo, gli aspetti formali
della sua postura si modificano in rapporto al contesto. Nel XVII secolo si continua a utilizzare lo
stesso modello, in nuovi codici figurativi, come nel
Battesimo di Cristo di N. Poussin a Washington
(FIG. 9) e nella Johnson Collection di Philadelphia.
Poussin si orienta sul modello raffaellesco e in alcuni disegni69 ripropone la postura del battezzando, ora divenuto oggetto di esercizio anatomico da
studiare dal vivo o attraverso i grandi maestri.70
FIG. 7 Masolino da Panicale, Battesimo di Cristo (part.), 1435. Castiglione
Olona, Battistero
FIG. 8 Piero della Francesca, Battesimo di Cristo
(part.), 1459-60. Londra, National Gallery
FIG. 9 Nicolas Poussin, Battesimo di Cristo. Washington D.C., National Gallery of Art, Philadelphia, Johnson Collection
17
FIG. 11 Ingresso a Gerusalemme (part.), XII sec. Palermo,
Cappella di Ruggero II
a sinistra:
FIG. 10 Codex Bruchsal 1, 1220. Karlsruhe, Badische Landesbibliothek
L’Ingresso a Gerusalemme: le derivazioni del
simbolo catecumenale
L’iconografia del catecumeno compare nella rappresentazione di altri episodi biblici71 e l’Ingresso di
Cristo a Gerusalemme è il contesto in cui ricorre con
maggior frequenza come avviene, ad esempio, nell’Evangelario del Codex Bruchsal 1 (FIG. 10) del 1220.
I Vangeli sinottici72 descrivono una folla festante che
accoglie Gesù e stende vesti sul suo cammino. In queste rappresentazioni, la figura del battezzando deriva da immagini diffuse negli scriptoria e nei libri di
modelli ma l’ambito delle sue riprese rimane religioso.73 L’utilizzo di questo prototipo non si limita comunque ad una scelta formale ed il suo valore simbolico emerge in due cicli di particolare rilevanza: i
mosaici della Cappella Palatina di Ruggero II a Palermo e la Cappella degli Scrovegni a Padova.
Nei mosaici di Palermo,74 della prima metà del XII
secolo,75 tra le scene della vita di Cristo compare una
figura simile a quella degli Evangelari e delle Omelie di Gregorio Nazianzeno76 (FIG. 11).
Kitzinger, in particolare, ha interpretato il programma iconografico di questo ciclo, che, nei suoi
punti salienti, era visibile soprattutto dal punto in
cui era collocato il trono del re.77 Nei mosaici,
18
l’episodio del Battesimo si collega alla Resurrezione di Lazzaro con l’intermediazione della Trasfigurazione seguendo un preciso intento teologico. Questa concatenazione narrativa, infatti,
esalta il ruolo salvifico di Cristo che dona ai battezzati la vita eterna tramite eventi prodigiosi. Sappiamo, inoltre, che, nel calendario liturgico, l’episodio della Resurrezione di Lazzaro corrisponde al
Sabato Santo, giorno in cui vengono battezzati i catecumeni;78 Lazzaro, quindi, diverrebbe emblema
della resurrezione garantita dal battesimo.
Sotto a questo registro si colloca significativamente
l’Ingresso a Gerusalemme, dove Cristo è presentato secondo la formula dell’Adventus imperiale classico come immagine dal valore temporale. Cristo incarnato, col Suo martirio, porta a compimento la salvezza dell’umanità, avviata dall’istituzione del battesimo, cui alluderebbe la gestualità del catecumeno giustificandone la presenza in questa scena piuttosto che in quella tradizionale. Sappiamo, inoltre,
che la Domenica della Palme immetteva i catecumeni
nell’ultima fase della preparazione al sacramento.
Kitzinger ha osservato che l’omelia sulla Domenica delle Palme del monaco basiliano Filagato da
Cerami79 forniva una descrizione specifica dei mosaici della cappella associandovi precise simbo-
FIG. 12 Giotto, Ingresso
a Gerusalemme (part.),
1303-1305. Padova, S.
Maria della Carità, Cappella Scrovegni
logie.80 Un passo della stessa omelia, che esorta i
fedeli a stendere davanti a Cristo i propri corpi definiti «veste dell’anima», ci permette di rintracciare
anche il senso della rappresentazione del catecumeno. Un commento analogo si ritrova negli
scritti di Andrea di Creta, basiliano vissuto
nell’VIII secolo. Nella sua omelia per la Domenica
delle Palme, infatti, egli associa esplicitamente l’immagine della “svestizione” del battesimo con il gesto di stendere le vesti dinnanzi al Cristo:
È così dunque che ci prepareremo al cammino verso
Cristo: non stenderemo vesti o palme senza anima, rami
d’albero che presto appassiranno e che rallegrano lo
sguardo solo per poco tempo. La nostra veste è la grazia
o piuttosto è Lui tutto intero di cui noi ci siamo rivestiti:
Voi tutti che il battesimo ha unito a Cristo, voi vi siete rivestiti di Cristo. Siamo noi stessi a doverci stendere.81
Il catecumeno compare proprio nella scena dove
Cristo, in veste regale, esorta i fedeli, e soprattutto il
re, sostenitore della missione della Chiesa, a promuovere la conversione tra i popoli. Anche nella
Cappella degli Scrovegni, dove Giotto lavora tra il
1303-130582 (FIG. 12), il programma iconografico è
tanto denso da essere considerato una sorta di
summa pittorica del pensiero teologico trecentesco.83
Come nel caso della Cappella palermitana, il prototipo catecumenale è raffigurato nell’Ingresso a
Gerusalemme, dove troviamo le figure del popolo
che osanna Gesù, ritratte «in sequenza, nel progressivo spogliarsi per stendere a terra le vesti».84
Frugoni ascrive questa immagine di “svestizione”
ad una ricerca di naturalezza caratteristica dell’arte
giottesca. Tuttavia, sembrerebbe che questa gestualità, così rimarcata dalla scomposizione del
movimento, assuma anche una valenza simbolica.
Tra le numerose fonti e modelli del ciclo giottesco,
Bernardo di Chiaravalle85 è stato più volte citato per
l’elaborazione della serie delle Virtù e dei Vizi.86 Secondo il preciso volere del committente,87 la virtù
della Carità ha un ruolo fondamentale nel programma iconografico, cui Bernardo di Chiaravalle attribuisce un particolare significato simbolico
in un commento alla Domenica delle Palme:
Expendunt enim saeculares homines in obsequium Domini, non quidem corpora, sed adjacente, et necessaria sunt
corporis, cum de terrena substantia elemosynas largiuntur.88
Le figure che si svestono sembrano qui ricordare la
lettura che ne faceva anche Andrea di Creta. Nella
19
FIG. 13 Jean Bellegambe, Triptique du Bain Mystique, inizio XVI sec. Lille, Palais des Beaux-Arts
stessa omelia, inoltre, Bernardo ribadiva il legame
tra l’Ingresso a Gerusalemme ed il Battesimo:
Plurima autem turba, quae sternebat vestimenta sua
in via, multitudo est martyrum sanctorum, corpora sua
ad imitationem Christi opponentium ad supplicia.89
Come metonimia catecumenale, il personaggio
che si sveste si associa al martirio dei santi, battezzati dal loro stesso sangue, e la Domenica
delle Palme inaugurava l’ultima settimana di rito
in cui i catecumeni si immergevano nel mistero
del martirio pasquale.90 Il pensiero di Antonio di
Padova, nei diversi sermoni dedicati alla celebrazione della Domenica delle Palme, ribadisce
gli stessi concetti collegando all’immagine battesimale la “svestizione”, la Carità ed il martirio.91
Con qualche variante il catecumeno ricorre nei mosaici di S. Marco a Venezia: un personaggio nell’Ingresso a Gerusalemme si spoglia portandosi
la veste sul capo senza, tuttavia, nascondere il volto. I profondi legami di Enrico Scrovegni con la
Serenissima potrebbero aver influenzato l’elabo-
20
razione del programma padovano92 ed analogie formali si riscontrano nei mosaici di Monreale,93 limitrofi alla citata cappella di Ruggero II. Tutto avvalora la circolazione di modelli iconografici ricorrenti, in opere tra loro distanti, utilizzati in maniera appropriata a seconda dei contesti.94
Il modello formale e le nuove invenzioni:
La Fonte della Giovinezza
Altre occorrenze della figura catecumenale dimostrano
ulteriormente l’importanza del modello e soprattutto la sua valenza emblematica. Strettamente connessa
con l’iconografia del battesimo, anche se in contesto
laico, è la rappresentazione della Fonte della Giovinezza. Questo tema è codificato nella letteratura francese del XII secolo95 e si ricollegherebbe alla tradizione dei bestiari nonché alle figure topiche orientali, in rapporto col paradiso terrestre ed i suoi quattro
fiumi.96 In realtà, esso trova le sue radici in epoca antica come si evince da Pausania97 o dalla leggenda del-
la ninfa Juventa, trasformata da Giove in fontana la
cui acqua aveva la virtù di far ringiovanire.98 Nel XII
secolo si diffonde in Europa il tema romanzo dell’acqua che ridona l’eterna giovinezza e la prima attestazione, non schiettamente orientale, della fonte miracolosa, si troverebbe ne Li fabliaus de Coquaigne.99
Il soggetto profano ha un parallelo nel concetto religioso della Fons vitae, le cui origini risalgono a prima del V secolo.100 La tematica dell’acqua salvifica che porta alla vita eterna è connesso alle considerazioni della patristica sul battesimo. Underwood, inoltre, ha dimostrato che il sacramento veniva
associato alla tomba di Cristo che rappresentava quindi un’immagine della Fonte della vita eterna. Lo stesso concetto si trova espresso nei distici101 che corredano il Battistero del Laterano fin dalle origini,102
per la cui elaborazione potrebbe essere stata coinvolta una personalità come quella di Leone Magno.103
Nei suoi scritti104 viene chiaramente espressa l’idea
che l’acqua del battesimo sgorga dal costato ferito
di Cristo105 e questa tradizione figurativa arriva fino
al Rinascimento come attesta l’illustrazione del frontespizio di un libello in difesa di Savonarola del
1496106 (FIG. 14). L’immagine della croce sovrasta
una moltitudine di persone che compiono azioni diverse: uomini ricchi danno vestiti ai poveri, mentre alcuni, tra cui riconosciamo la nostra consueta
gestualità, cercano di attingere al rivolo d’acqua e
sangue che sgorga dal costato di Cristo.
In un’opera cinquecentesca come il Triptique du
Bain Mystique di Jean Bellegambe107 al museo di
Lille (FIG. 13) avviene invece la fusione tra la Fons
vitae, incarnata nella crocefissione, e la Fonte della giovinezza. Nel dipinto, infatti, viene raffigurata la Croce di Cristo, con la base immersa in un
fonte bronzeo, ove accorrono festosi bagnanti seminudi; notiamo che sullo sportello sinistro alcuni
personaggi si svestono, tra cui uno che si è appena tolto la tunica, ricordo del catecumeno.
La Fons vitae cristiana trova nel tardo medioevo una
sua codificazione in ambito profano proprio attraverso la forma parafrasata della Fonte della Giovinezza.108 La diffusione di questa scena letteraria
avviene dapprima in ambito francese e gode di una
notevole fortuna soprattutto tra il XIV ed il XV secolo attraverso le rappresentazioni su arazzi.
FIG. 14 Domenico Benivieni, Fons Vitae, 1496. Incisione,
frontespizio del Discorso in difesa di Savonarola
FIG. 15 Fonte della Giovinezza (part.), 1416-1426. Affresco.
Castello della Manta, Sala baronale
21
FIG. 17 Pietro da Eboli, Balneum Tripergula, De Balneis Puteolorum, 1260.
Roma, Biblioteca Angelica
FIG. 16 Pittore napoletano (attr.), Le
quattro dracme di Pietro. Coll. priv.
Anche in questo contesto si trova occasionalmente
l’iconografia del catecumeno come nel caso degli affreschi del Castello della Manta. Nell’opera, di autore ignoto e databile probabilmente tra il 1416 ed il
1426,109 è possibile rintracciare influenze figurative
diverse. I dipinti sono stati ricondotti allo stile del tardogotico padano, ove Pisanello ebbe un ruolo centrale110e a cui è stata riconosciuta un’affinità.111 Su una
delle pareti è raffigurata la fonte della giovinezza accanto alla quale due figure (FIG. 15) si preparano all’immersione levandosi mantello e camicia. Di fronte sfila una teoria di prodi e di eroine, secondo un esemplare modello cavalleresco e su di un’altra parete è
dipinta una Crocefissione. Oltre a rimandi letterari,112
la narrazione propone vari rimedi alla paura della morte, attraverso il mito dell’eterna giovinezza e l’illusione della fama che permette di entrare nel novero
degli eroi, mentre, la Crocefissione, suggerisce l’unico modo per sfuggire all’oblio con la resurrezione.113
Potremmo osservare che le due figure in procinto di
immergersi nella Fonte della Giovinezza, compiendo un atto di “svestizione” così tradizionalmente connesso a ritualità religiose, potrebbero non essere una
semplice citazione figurativa ma istituire un legame
tra la fonte profana e quella battesimale.
22
Altri esempi: il De Balneis Puteolorum e una
“teologia del tributo”
Nel già citato De Balneis Puteolorum, realizzato
tra il 1211 ed il 1220,114 Pietro da Eboli rappresenta
una figura che si spoglia, rimanendo completamente nuda, in una miniatura che illustra il Balneum Tripergula115 (FIG. 17). Il personaggio si trova in una sorta di anticamera mentre, nella stanza accanto, dei bagnanti sono immersi in una vasca. Sotto questa scena, su uno specchio d’acqua,
vediamo l’immagine di Cristo che calpesta le porte divelte dell’inferno. In questo caso, la “svestizione” appare quasi feriale ovvero l’atteggiamento
di chi si appresta ad entrare in una vasca per lavarsi o per godere dei benefici delle acque termali.
Sembra, tuttavia, significativa l’associazione tra
questa figura e Cristo che infrange le porte dell’Averno come commenta il testo del De Balneis:
«Est locus australis quo Christus portas Averni
Fregit, et eduxit mortuos inde suos». Sin dall’antichità, si riteneva, infatti, che nella zona dei
campi Flegrei ci fossero le porte degli Inferi.116
Kauffmann rintraccia l’origine della tipologia della figura che si sveste nei manoscritti bizantini;117
si tratterebbe dunque della stessa matrice del mo- cristiani che entreranno nella Chiesa per mezzo
dello figurativo della Cappella Palatina di Paler- del battesimo, secondo una nota metafora di Termo. La gestualità, tipica del contesto battesima- tulliano. Data la scarsezza di notizie a proposito
le, potrebbe anche associarsi alla figura di Cristo di quest’opera, la sua analisi testuale può lasciare
che abbatte le porte della morte, immagine della adito a qualche azzardo interpretativo.119
salvezza promessa ai battezzati. Non è, peraltro,
trascurabile, il fatto che l’acqua termale portasse
benefici salutari ben conosciuti fin dall’antichità. La figura della “svestizione”:
A questa specifica rappresentazione potrebbe Vasari e la consacrazione del modello
connettersi il personaggio che si sveste di un’inedita tela secentesca di ambito napoletano in col- Considerata la frequenza del modello fin qui analezione privata (FIG. 16). In primo piano è raffi- lizzato, è plausibile ritenere che la figura che si svegurato, sullo sfondo di un paesaggio, il miracolo ste sia un prototipo formale. A questo proposito è
di Pietro che trova la moneta da quattro dracme emblematico un affresco che Vasari realizza nella
nella bocca di un pesce. In lontananza, alcuni ba- propria dimora a Firenze (FIG. 18). Tra i temi che
gnanti nuotano e animano l’interno di rovine anti- decorano le stanze troviamo, infatti, l’immagine di
che, costituite da colonne ed arcate immerse nella natura. Tra
questi personaggi, uno in particolare, su di uno scoglio, si toglie
un ampio camice facendoselo
scivolare sulla testa. La citazione
delle antichità, associate alla figura del catecumeno, suggerisce
che il pittore conoscesse la raffigurazione del De Balneis di Pietro da Eboli, testo, peraltro, ben
noto nella cultura napoletana.118
La correlazione tra i vari elementi figurativi del dipinto permette di constatare un utilizzo
tradizionale della figura catecumenale. La scena principale mostra Pietro che prende la dracma
delineando una vera «teologia
del Tributo». Cristo martirizzato,
al cui supplizio sembrerebbe alludere il personaggio a destra ricordando l’immagine di un
flagellatore, salda col suo sacrificio il conto dei peccati e proietta Pietro verso la sua missione
di evangelizzazione. La barca
sulla sinistra rimanda con evidenza alla pesca miracolosa ma
allude anche ai nuovi pesci che
il santo dovrà pescare: i nuovi FIG. 18 Vasari, Pittore Zeusi nello studio con modelle, XVI sec. Firenze, Casa Vasari
23
un pittore nel suo atelier, identificato come Apelle
o Zeusi.120 Accanto a lui, due modelle assumono
pose caratteristiche: una compie il gesto dello spinario, mentre l’altra si sfila la veste eseguendo con
eleganza il gesto del catecumeno. Si tratta di figure
tipicamente usate in contesti battesimali, citate
come archetipi figurativi proprio nello studio di un
pittore alle prese coi suoi modelli.
A conclusione di questa la lunga fase di elaborazione possiamo ricavare che la gestualità del catecumeno rappresenta un prototipo degno di rilievo,
tanto da divenire emblematico al pari di altre formule derivate dall’antichità. A partire dalla sua genesi, all’interno delle scene di battesimo citate nella tarda antichità, la figura del catecumeno approda
nel repertorio di un erudito artista rinascimentale, la cui autorevolezza risulta determinante per la
cultura cinquecentesca. La personificazione dell’arte pittorica, attraverso figure leggendarie
come Zeusi o Apelle, costituisce una sorta di mise
en abîme del mestiere dell’arte.
La volontà di affiancare alla rappresentazione
mitica di un pittore soggetti altrettanto significativi come lo spinario, permette di attribuire al
modello del catecumeno la stessa valenza topica;
essi costituiscono, infatti, la formula esemplare
del modello. La figura catecumenale acquista,
pertanto, il valore di un archetipo formale, sopravvissuto al di fuori dei suoi tradizionali contesti figurativi e simbolici.
Note:
Negli studi ricorre il termine di neofita anche se ci sembra più la corretta la denominazione di catecumeno. La definizione di Neofito nell’Enciclopedia Ecclesiastica, (vol.
V, Ab. Traversi, s. v. neofito, 1855, pp. 913-14) associa a
questo termine la seguente definizione: «Con questo nome
intendesi un uomo che entra in uno stato nuovo. Questo
nome deriva da due voci greche che significano nuova pianta. Vi sono perciò tante specie di neofiti quanti vi sono nuovi stati per rapporto agli ordini. La prima specie è quella
dei nuovi battezzati, cioè di quelli che pel battesimo passano dall’infedeltà alla fede: questi sono, a propriamente parlare, i veri neofiti nel senso del secondo canone del
concilio di Nicea; e questo nome fu dato ad altri per similitudine» (p. 913). Nel Grande Lessico del Nuovo Testamento, (vol. III, H. W. Beyer, s.v. Katechéo, 1965-1992,
pp. 271-278), si specifica che il verbo katechéo in origine significa risuonare dall’alto in basso. Nel Nuovo Testamento il termine compare ha il significato di “dare notizia” di qualcosa e in senso passivo come ricevere notizie. «Paolo dunque si serve, accanto al più comune didàskein anche di un vocabolo poco usato e in genere evitato nel linguaggio religioso del giudaismo, per farne un
termine tecnico indicante l’insegnamento cristiano, forse allo scopo di mettere in rilievo lo speciale carattere dell’istruzione basata sul Vangelo. In tal modo ad assumere
il significato esclusivo di insegnamento cristiano, come
si riflette ancor oggi nel concetto di catechesi, è proprio
una parola non logorata dall’uso. Specialmente l’insegnamento impartito prima del battesimo veniva designato con katechéo, e catecumeno era detto colui che si preparava a riceverlo» (p. 273). Pertanto, da questo momento
in poi, utilizzeremo il vocabolo catecumeno ogni volta che
faremo riferimento a questo figura.
1
24
J. Strzygowski, Ikonographie der Taufe Christi, Münich
1885 p. 24; M. Tanner, Concordia in Piero della Francesca’s
Baptism of Christ in “The Art Quarterly Founders Society Detroit of Arts”, 35, 1972, pp. 1-21; M. Bussagli, Il Battesimo
di Londra di Piero della Francesca. Per una rilettura in chiave trinitaria in “Quaderni medievali”, 20, 1985, p. 37, nota
38; C. Marinesco, Echos byzantins dans l’oeuvre de Piero
della Francesca in “Bulletin de la Société des Antiquaires de
France”, 1958, p. 194; C. De Tolnay, Conceptions religieuses dans la peinture de Piero della Francesca, Firenze 1963,
pp. 9-11; M. Aronberg Lavin, Piero della Francesca’s Baptism of Christ, Yale University Press 1981, p. 109; E. Battisti, Piero della Francesca, voll. I-II, Milano 1992, pp. 88-99;
M. Calvesi, Piero della Francesca, Milano 1998 p. 144.
3
C. M. Kauffmann, The Baths of Pozzuoli. A Study of
Medieval Illuminations of Peter of Eboli’s Poem, Oxford
1959, pp. 51-52, note 2-8.
4
Matteo, 3, 1-6: «In quei giorni comparve Giovanni il
Battista a predicare nel deserto [...] A lui accorrevano da
Gerusalemme, da tutta la Giudea e da tutta la zona adiacente al Giordano, e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano confessando i loro peccati»; Marco, 1, 45: «apparve Giovanni il battezzatore nel deserto, predicando un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati. Andavano da lui tutti gli abitanti della regione della Giudea e di Gerusalemme e si facevano battezzare da
lui nel fiume Giordano»; Luca, 3, 7-10, 12, 21: «Tutto il
popolo si faceva battezzare e fu battezzato anche Gesù».
5
Ci limitiamo qui a rimandare al testo di F. Bisconti, Alle
origini dell’iconografia battesimale in I. Foletti (a cura di),
Fons vitae: baptême, baptistères et rites d’initiation (IIeVIe siècle), Actes de la journée d’études, Université de Lausanne (1er décembre 2006), Roma 2009, pp. 89-98 e a tut2
ta la bibliografia precedente cui lo studioso fa riferimento.
6
G. Ristow, Die Taufe Christi, Verlag Aurelbongers
Recklingausen 1965, pp. 27-29; J. M. Spieser, Les représentations du Baptême du Christ à l’époque paléochrétienne in Folletti, cit. (nota 5), pp. 79-81.
7
Codice proveniente da Costantinopoli dove fu realizzato per poi arrivare a Malta tra il 1206-1229, a Messina in seguito poi in Toscana e Parma, P. Eleuteri, I manoscritti greci della biblioteca Palatina di Parma, Milano
1993, pp. 3-13; G. Schianchi, Il Battistero di Parma: Iconografia, Iconologia, Fonti Letterarie, pp. 56 nota 64, 537.
8
H. Omont, Miniatures des anciens manuscrits grecs
de la Bibliothèque Nationale du Vie au XIVe siècle,
Champion ed., Parigi 1926, pp. 102-6; H. L. Bordier,
Description des peintures et autres ornements contenus
dans les manuscripts grecs de la Bibliothèque Nationale,
Champion ed., Parigi 1885, pp. 140-144.
9
Rispettivamente il Ms. Pal. 5 f. 94r, Parma e il Ms.
grec 533, fol. 154, Parigi.
10
Omont, cit. (nota 8), p. 105; Bordier, cit. (nota 8), pp.
102-192.
11
Risalgono al XII secolo il Ms. grec. 64, il Ms. grec.
550, fol. 166v. Ancora in un esemplare del XIV secolo
ricorre la stessa figuretta nel Ms. grec. 543, fol. 213v.
12
Strzygowski, cit. (nota 2), pp. 20-22.
13
G. Millet, Recherches sur l’iconographie de l’Evangile aux XIV, XV et XVI siècle d’après les monuments de
Mistra, de la Macédoine et du Mont Athos, Boccard,
Paris 1960, pp. 170-215.
14
Strzygowski, cit. (nota 2), p. 22.
15
Millet, cit. (nota 13), p. 200.
16
Ibidem.
17
San Paolo, Lettera ai Colossesi, 2, 11-12; 3, 9-10.
18
San Paolo, Lettera ai Filippesi, 2, 6-11.
19
Il riferimento al passo paolino nei testi patristici, che
vanno fino al V, secolo è di notevole importanza ed è associato ai significati del Battesimo e della Pasqua. Cfr. Bilia
Patristica. Index des citations et allusions bibliques dans la
littérature patristique, VI voll., Strasbourg 1975- 1982.
20
Per l’interpretazione della nudità rimandiamo al prezioso articolo di A. Guindon, Pour une éthique du vêtement ou de la nudité, in “Laval théologique et philosophique”, 50, 3, 1994, pp. 555-570. Guindon pone in evidenza l’interpretazione negativa di questo contesto nell’esegesi moderna sottolineando che la nudità nei testi patristici assume risvolti simbolici essenzialmente positivi.
21
P. Siniscalco, In spirito e in acqua. Il pensiero degli scrittori cristiani antichi sul battesimo in Folletti, cit. (nota 5), p. 12.
22
Giovanni Crisostomo, Giovanni da Gerusalemme,
Teodoro di Mopsuestia, Narses.
23
Guindon, cit. (nota 20), pp. 564-565.
24
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi Mistagogica, 2,2
(traduzione dell’autore).
25
L. Brubaker, Vision and meaning in Ninth-Century
Byzantium. Images as exegesis in the Homilies of Gregory of Nazianzus, Cambridge University Press 1999, p.
12 e bibliografia precedente.
26
Ms. grec. 533, fol. 154.
27
Come rilevato da G. de Jerphanion (in La voix des
monuments. Notes et études d’archéologie chrétienne,
Van Oest ed., Parigi e Bruxelles 1930, pp. 165-188) le
feste del Battesimo e dell’Epifania, durante i primi tempi
dell’era cristiana, si celebravano nella stessa data.
28
Citiamo il Ms. grec. 550, fol. 166, del XII secolo; il
Ms. grec. 543, fol. 213 del XIV secolo.
29
G. Galavaris, The Illustrations of the Liturgical Homilies of Gregory Nazianzenus, Princeton 1969, pp. 70
e 90; Brubaker, cit. (nota 25), p. 12.
30
Galavaris, cit. (nota 29), p. 90.
31
Si tratta di un testo conservato alla Bibliothèque Nationale di Parigi: Ms. grec. 64, fol. 64.
32
Millet, [cit. (nota 13) pp. 170-215], faceva risalire questo manoscritto al X secolo mentre Omont [cit. (nota 8), p.
102] lo collocava nel XII secolo come compare anche nella schedatura della Biblioteca Nazionale di Parigi. L’incertezza della data del manoscritto, suggerisce di segnalare tra i primi esempi di rappresentazione del catecumeno
la raccolta miniata con le Omelie di Gregorio di Nazianzeno.
33
La personificazione del Giordano è una delle prime
aggiunte che troviamo nelle rappresentazioni battesimali
sin dal VI secolo cfr. Ristow, cit. (nota 6), pp. 18-23;
Spieser, cit. (nota 6), p. 80.
34
Millet, cit. (nota 13), pp. 208 e 587.
35
Le citazioni della Lettera ai Colossesi ricorrono proprio nei versetti qui riportati e nelle Omelie di Gregorio
di Nazianzo: IV, 24 (292, 10); XIV, 14 (876 B4); XXX,
5 (234, 7); XXXIII, 4 (110,7); XXXVIII, 4 (108, 4);
XLIV, 6 (613, A10 sg); XLV,1 (624, B1).
36
D. B. Ambrosi, s.v. Catecumeno, in Enciclopedia Ecclesiastica, Venezia 1855, vol. II, p. 495.
37
P. H. Brieger data il testo nel secondo quarto del XIII
secolo (The Trinity College Apocalypse. An introduction
and description by Peter H. Brieger, Londra 1967, p. 5)
mentre lo studio più recente di R. K. Emmerson data il
manoscritto tra il 1255-60, in Framing the Apocalypse:
the performance of John’s life in the Trinity Apocalypse
in “Visualizing Medieval Performance. Perspectives,
Histories, Contexts”, Elina Gertsman, Southern Illinois
University Carbondale, 2008, p. 33).
38
Emmerson, cit. (nota 37), p. 49.
39
Ivi, p. 46, Emmerson insiste sull’aspetto naturalistico
di questa scena.
40
Per la datazione dei dipinti del Battistero si rimanda
allo studio di M. Ferretti, Gli affreschi del Trecento. Pittori a Parma, pittori di Parma, in Battistero di Parma.
La decorazione pittorica, Milano 1993, pp. 137-152.
Vedi anche A. Kinglsey Porter, Le Baptistère de Parme,
Firenze 1916; Idem, Lombard Architecture, New Haven
25
1917; A. C. Quintavalle, Battistero di Parma. Il cielo e
la terra, Parma 1989.
41
Ferretti, cit. (nota 40), pp. 137-152.
42
Ibidem.
43
G. Delfini, Orsola: storia di una principessa in M. E.
Gerhardinger, E. Lippi, (a cura di), Orsola svelata. Il restauro del ciclo di affreschi di Tomaso da Modena, Vicenza 2009, pp. 37-39.
44
Il manoscritto risale al 1420, Ms. 84, fol. 269. Cfr.
Burlington Fine Art, Exhibition of Illuminated MSS
(1908), p. 99; cfr. Kauffmann, cit. (nota 3), nota 8, p. 52.
45
P. Dal Poggetto, Piero e Urbino, Piero e le Corti rinascimentali, Venezia 1992, p. 3. Il restauro ha messo in
luce l’importanza del ruolo della bottega di Antonio Alberti da Ferrara cfr. scheda: Antonio Alberti da Ferrara,
in Storie di san Giovanni Battista affreschi all’oratorio
di san Giovanni a Urbino, pp. 20-23; A. Rossi, I Salimbeni, Milano 1979, p. 127.
46
Dal Poggetto, cit. (nota 45), p. 5.
47
La decorazione del Laterano commissionata da Martino V, e realizzata da Gentile da Fabriano prima della
sua morte avvenuta nel 1427, fu proseguita da Pisanello
entro il 1432 (M. Righetti, Pisanello a S. Giovanni in
Laterano in M. Calvesi (a cura di), Da Pisanello alla
nascita dei Musei Capitolini, Milano 1988, pp. 107-108;
A. De Marchi, Gentile da Fabriano. Un viaggio nella
pittura italiana alla fine del gotico, Milano 1992, pp.
296-297; M. G. Bernardini, Il ciclo perduto in San Giovanni in Laterano: un problema ancora aperto, in M. G.
Bernardinni, M. Bussagli (a cura di), Il Quattrocento a
Roma. La rinascita delle arti da Donatello a Perugino,
Milano 2008, pp. 119-126).
48
Bernardini, cit. (nota 47), p. 121.
49
De Marchi, cit. (nota 47), pp. 296-297; M. Fossi Todorow, I Disegni del Pisanello e della sua cerchia, Firenze 1966, pp. 47 e 131.
50
A. Schmith, Disegni di Pisanello e di maestri del suo
tempo, Venezia 1966, p. 58.
51
Per il disegno ed i relativi problemi di attribuzione si
veda Fossi Todorow, cit.(nota 49), p. 131; si tratta del
disegno del Louvre n. 420 (r).
52
Ivi, p. 47.
53
P. Johannides, Masolino a Castiglione Olona: il Battistero e la Collegiata, in AA. VV., Arte in Lombardia
tra Gotico e Rinascimento, Milano 1988, pp. 284-296.
54
L’ipotesi è avvalorata da De Tolnay che individua la derivazione del catecumeno di Piero della Francesca da quello di Gentile nel Laterano, cfr. De Tolnay, cit. (nota 2), p. 10.
55
Data la mole degli studi su Piero della Francesca ci limitiamo a prendere in considerazione soltanto quelli che
toccano il tema del Battesimo.
56
Bussagli, cit (nota 2), p. 28; Calvesi nella scheda del dipinto [cit. (nota 2), p. 144] fornisce le datazioni possibili.
57
Battisti [cit. (a nota 2), pp. 88 e 441] propende per una
26
data da porsi tra il 1459-1460, ravvisando nell’opera le
citazioni archeologiche e rinascimentali; C. Del Bravo,
Piero e le occasioni, in “Artista”, 1991, pp. 166-169; Bussagli, cit. (nota 2), p. 28.
58
Battisti [cit. (a nota 2), p. 88.] insiste sulla differenza
tra Piero ed i suoi contemporanei.
59
Le interpretazioni tematiche del dipinto sono molteplici ed hanno messo in evidenza l’importanza del tema
Trinitario e di quello della Concordia in connessione con
il Concilio di Firenze. Ci limitiamo a citare gli studi che
hanno approfondito il tema iconografico del neofita/catecumeno e la sua valenza simbolica. Tanner, cit. (nota 2),
pp. 1, 3, 15; Bussagli, cit. (nota 2), p. 37; Aronberg Lavin,
cit. (nota 2), pp. 109, 124.
60
Tanner, cit. (nota 2), p. 3; Bussagli, cit. (nota 2), pp.
37-39; Aronberg Lavin, cit. (nota 2), p. 109; Calvesi, cit.
(nota 55), pp. 100-104.
61
Strzygowski, cit. (nota 2), p. 24; Tanner, cit. (nota 2),
p. 1; Bussagli, cit. (nota 2), p. 37 e nota 38; Marinesco,
cit. (nota 2), p. 194; Aronberg Lavin, cit. (nota 2), p. 109;
Battisti, cit. (nota 2), p. 88.
62
Aronberg, cit. (nota 2), p. 109. La studiosa mette in luce
i rimandi tra la scena di Piero, l’affresco dei Salimbeni,
Masolino a Castiglione Olona e il disegno di Pisanello.
63
Per le Logge vaticane si veda N. Dacos, Le Logge di
Raffaello, Milano 2008 e bibliografia precedente.
64
La scena del Battesimo di Cristo sarebbe stata realizzata da Perin del Vaga su disegni di Raffaello, Ivi, p. 213.
65
K.V. Andrus Walck, The “Bible of Raphael” and early
Christian antiquity, Chapell Hill 1986, pp. 122-124.
66
Dacos, cit, (nota 64), p. 201.
67
Alcune gemme mostrano una figura nudo che, con
una torsione laterale, in atto di lavarsi i capelli. Anche se
non si tratta della “svestizione” la postura richiama
quella del catecumeno.
68
Il tema ricorre in varie rappresentazioni: il Battesimo
di Cristo di Luca Signorelli nel polittico di S. Medardo
di Arcevia; nel disegno di Martens van Heemskerck, (Firenze, Uffizi n. 2315); Paul Juvenel il vecchio (i catecumeni sono due, un uomo e una donna); Bartolomeo di
Giovanni, affreschi de Lo Spedale degli Innocenti; Bartolomeus Spranger (Varsavia, National Museum); Jan
Van Scorel, (Haarlem, Frans Hals-Museum); Scuola di
van Scorel (Amsterdam, Rijksmuseum; C. Cornelisz van
Haarlem (qui il catecumeno è una donna); Jacopo Robusti (Venezia, Scuola Grande di S. Rocco).
69
Lotto 48, presentato all’asta del 09/07/1973 di Sotheby; disegno n. 5081 (Hermitage, Mosca).
70
Anche per questo secolo proponiamo una lista di
opere dove ricorre l’iconografia del catecumeno nel Battesimo di Cristo: Paris Bordon (Milano, Pinacoteca di
Brera); Inserire nome Bloemaert (Surrey, Hamhouse);
Giovanni Lanfranco (disegno, B XVIII 348.28); G. B.
Mercati (incisione, B 20 139-1); Disegno di Rubens, Pa-
rigi, Louvre; Rubens, Anversa, Musée Royal des Beaux
Arts; Orazio Borgianni e Sebastiano Ricci, New York,
Metropolitan Museum of Art.
71
Il catecumeno è presente in una miniatura del Salterio dell’Abbazia di S. Maria di Winchester del 1220-40
(oggi a Londra).
72
Matteo, 21, 8; Marco, 11, 8; Luca, 19, 36.
73
Il catecumeno compare in alcune miniature: a titolo di
esempio citiamo l’Evangelario, Suppl. Grec. 27, fol. 94
del XII secolo, nel Messale Latin. 757, fol. 322 di Giovanni di Benedetto e nel breviario di Martino d’Aragona,
nel manoscritto Rothschild 2529 (databili alla seconda
metà del XIV secolo).
74
I mosaici sono attribuiti a maestranze bizantine o siciliane: B. Brenk, L’importanza della Cappella Palatina
nella storia dell’arte, in B. Brenk, F. Agnello, G. Chiaramonti (a cura di), La cappella Palatina a Palermo, vol.
III, Modena 2010, p. 30.
75
Ivi, p. 30.
76
Nel testo si citano alcuni esempi di manoscritti con
le rappresentazioni del battesimo.
77
E. Kitzinger, The mosaics of the Cappella Palatina in
Palermo: An essay o the Choice and arrangement of Subjects, in “The Art Bullettin”, 1949, XXXI, pp. 279-280;
M. De Giorgi, G. Wolf, Dalla Fuga all’Ingresso. Sui mosaici della parete meridionale nella cappella palatina in
Brenk, Agnello, Chiaramonti, cit. (nota 74), p. 129.
78
Wolf, cit. (nota 77), p. 132.
79
Kitzinger, cit. (nota 77), p. 281. L’omelia venne letta
proprio di fronte a Ruggero II.
80
Omelia XXVI.
81
Omelia IX (traduzione dell’autore).
82
Per i riferimenti agli ffreschi si veda C. Frugoni, L’affare migliore di Enrico, Torino 2008, pp. 29-110.
83
C. Bellinati, Iconografia, iconologia e iconica nell’arte nuova di Giotto alla Cappella degli Scrovegni dell’Arena
di Padova, in “Padova e il suo territorio”, 4, 1989, pp. 16,
18; Idem, L’estetica teologica nel ciclo degli affreschi della appella di Giotto all’Arena di Padova, in G. Baldissin
Molli, V. Sgarbi, (a cura di), Giotto e il suo tempo, Milano 2000, pp. 87, 90 ; F. Flores d’Arcais, Giotto, Milano
1995, p. 140; I. Hueck, Il programma iconografico dei dipinti in D. Banzato, G. Basile, G. Baldissin Molli (a cura
di), La Cappella degli Scrovegni a Padova, Modena 2005,
pp. 82, 87. Bellinati ha proposto di identificare l’ideatore
del ciclo degli affreschi con Altegrado de’ Cattanei, personaggio di spicco a Padova, amico dello Scrovegni, che
potrebbe essere stato l’intermediario tra il signore padovano e Giotto, forse conosciuto a Roma nell’anno giubilare 1300. Docente di diritto canonico ed arciprete della Cattedrale di Padova avrebbe potuto suggerire il programma
teologico degli affreschi, anche se Frugoni (cit. p.106, nota
152) ritiene invece che l’ideazione dei dipinti sia da attribuire a uno o più ecclesiastici non meglio identificati.
84
Frugoni, cit. (nota 83), p. 183; Banzato, Basile, Baldissin Molli, cit. (nota 82), p. 200.
85
Canonizzato nel XII secolo, egli era uno degli autori
tra i più apprezzati all’epoca dello Scrovegni tanto che
Dante lo colloca nel Paradiso. Dante Alighieri, Divina
Commedia, Paradiso, canto XXXI, vv. 62-65, ed. critica
a cura di Le Monnier, Firenze 1993, pp. 513. Significativo inoltre il fatto che Dante collochi all’Inferno anche
il padre di Enrico Scrovegni.
86
Bellinati, cit. (nota 82), p. 91.
87
Frugoni, cit. (nota 83), pp. 79-83.
88
Bernardo di Chiaravalle, Sermones De Tempore. In
Dominica palmarum, 4.
89
Bernardo di Chiaravalle, Sermo in Dominica palmarum, 2, 591.
90
Ringrazio padre P. A. Drouin per avermi segnalato inno
del VIII secolo , e ancora oggi cantato, in cui il battesimo
è messo in relazione con la Domenica delle Palme.
91
Antonio da Padova, Dominica in Ramis Palmarum,
IV, 12. «Vestimenta sunt nostri corporis membra, quibus vestitur anima, de quibus dicit Salomon: Omni tempore sint vestimenta tua candida. Haec debemus in via
sternere, idest pro nomine Iesu morti et passioni exponere, ut ipsa gloriosa et immortalia in generali resurrectione mereamur recipere, quando hoc mortale induet
immortalitatem et corruptibile hoc incorruptionem».
92
Frugoni, cit. (nota 81), pp. 48-53.
93
G. Basile, Giotto. Gli affreschi della Cappella degli
Scrovegni a Padova, Milano 2002, p. 163.
94
E. Kitzinger, I mosaici di Monreale, Palermo 1960,
pp. 62-63.
95
P. D’Ancona, L’uomo e le sue opere nelle figurazioni
italiane del medioevo, Firenze 1923, p. 26; M. G. Bosco
Cattaneo, Fonti letterarie in P. Berruti (a cura di) La
Fontana della Giovinezza, Firenze 1996, p. 44.
96
Bosco Cattaneo, cit. (nota 97), p. 44.
97
Pausania, Viaggio in Grecia, II, 38, ed. critica a cura
di S. Rizzo, Milano 1997. La fonte di chiamata Canato
si trova a Nauplia ed è stata identificata con una sorgente
che si trova nel monastero Haghia Monì.
98
D’ancona, cit. (nota 97), p. 26.
99
M. Piccat, Le scritte in volgare della Fontana di giovinezza, dei Prodi e delle Eroine in G. Carità (a cura di),
Le arti alla Manta. Il castello e l’antico parrocchiale,
Torino 1992, pp. 175-176.
100
Un esempio è rappresentato da alcuni testi di san Cipriano di Cartagine, Liber de catholicae ecclesiae unitate, XI; Epistola ad Donatum, III; P. A. Underwood,
The fountain of life in manuscripts of the Gospels, in
“Dumbarton Paks Papers”, V, 1950, pp. 115-116.
101
E. Diehl, Inscriptiones latines christianae veteres, vol I,
Berlino 1925, n. 1513, p. 289: «Gens sacranda polis hoc
semine nascitur almo / Quam foecundatus Spiritus edit
aquis / Mergere peccator sacro purgande fluento / Quem
27
veterem accipiet proferet unda novum / Nulla renascentum est distantia quos facit unum / Unus fons unus Spiritus una Fides / Virgineo foetu genitrix Ecclesia natos
/ Quos spirante Deo concipit amne parit / Insons esse
volens isto mundare lavacro / Seu patrio premeris crimine seu proprio / Fons hic vita et qui totum diligit
orbem / Sumens de Christi vulnere principium / Coelorum regnum sperate hoc fonte genitos / Nec numeros
quemqua scelerum / nec forma suorum Terreat hoc natus
flumine sanctus erit».
102
Underwood, cit. (nota 102), pp. 55, 105.
103
Ivi, p. 57.
104
XVI, 701 c; LIX 4, 871; XXVIII, 5, 775.
105
Underwood, cit. (nota 102), p. 57.
106
D. Benivieni, Trattato in difensione e probazione
della dottrina di Savonarola, Firenze 1496.
107
C. C. A. Dehaisnes, La vie et l’oeuvre de Jean Bellegambe, Quarré, Lille 1980, pp. 119-123; H. Boëdec, Allégorie et spiritualité monastique au début du XVIe siècle: le “Triptyque du Bain mystique” de Jean Bellegambe,
in C. Heck (a cura di), L’ allégorie dans l’art du Moyen
Âge formes et fonctions; héritages, créations, mutations,
Parigi 2010, pp. 345-370.
108
G. Brondino, Gli orizzonti delle religioni, in Berruti
cit. (nota 95), p. 80.
109
G. Romano, Per un eroe senza nome: il maestro della
Manta, in G. Romano (a cura di), La sala baronale del
Castello della Manta. Quaderni del restauro, Milano
1992, p. 1; R. Passoni, Nuovi studi sul maestro della
Manta, in ivi; Berruti, cit. (nota 97), p. 18.
110
G. Paccagnini ha indicato come realizzatore del ciclo
lo stesso Pisanello o per lo meno la sua influenza, cfr.
G. Paccagnini, Pisanello e il ciclo cavalleresco di Mantova, Venezia 1972, p. 48.
111
Per la questione della definizione del maestro del
ciclo pittorico del Castello della Manta cfr. Romano, cit.
(nota 109), pp. 1-8 e Passoni, cit. (nota 109), pp. 37-60.
112
Bosco Cattaneo, cit. (nota 97), p. 44-45; M. L. Me-
neghetti, Il manoscritto francese 146 della Bibliothèque
Nationale di Parigi, Tommaso da Saluzzo e gli affreschi
della Manta, Romano, cit. (nota 109).
113
Berruti, cit. (nota 97), pp. 15-16, 21.
114
Kauffmann, cit. (nota 3), p. 12.
115
Il manoscritto più antico di cui disponiamo è quello
conservato alla Biblioteca Angelica di Roma e risalente
al 1260: copia dell’originale di Pietro da Eboli. Il manoscritto più antico è miniato e probabilmente destinato
ai lettori di ceto elevato: ivi, pp. 23, 36.
116
Kaufmann approfondisce la tradizione di questo riferimento inerente la miniatura, ivi, p. 51 e note 1, 6, 7, p. 52.
117
Ivi, p. 52 e nota 8. Tutte le copie miniate del De Balneis inoltre sembrano essere state eseguite nell’Italia meridionale, Ivi, p. 22.
118
A questo proposito è suggestivo notare che già nel
XIV secolo il manoscritto è stato tradotto in dialetto napoletano, Ivi, pp. 20, 21 nota 1 e bibliografia precedente.
119
Il dipinto di collezione privata è inedito. Ringrazio i
proprietari per la disponibilità.
120
L’interpretazione sul pittore raffigurato è controversa,
L. de Girolami Cheney (in Le dimore di Giorgio Vasari,
in Giorgio Vasari. Principe, letterati e artisti nelle Carte
di Giorgio Vasari, Firenze 1981, nota 35, p. 50) riconosce nella figura rapprrsentata Apelle, mentre altri studiosi
lo identificano con il pittore Zeusi. A riguardo si veda: A.
Cecchi, Le Case di Vasari a Firenze in Corti (a cura di)
Giorgio Vasari. Principe, letterati e artisti nelle Carte di
Giorgio Vasari, pp. 37-44; A. Cecchi, Le case del Vasari
ad Arezzo e Firenze, in R. Ciardi, R. Campana (a cura di),
Case d’artisti in Toscana, Cinisello Balsamo 1998, p. 59;
E. Nardinocchi, Casa Vasari a Firenze. Specchio e sintesi dell’opera di un artista, in C. Acidini Luchinat, G.
Pirazzoli (a cura di), Ammannati e Vasari per la città dei
Medici, Firenze 2011, p. 141; U. Baldini, P. A. Vogato,
The frescoes of Casa Vasari in Florence. An interdisciplinary understanding, conserving, expleting and promoting, Firenze 2006, p. 23.
COMPENDIO
Il saggio presenta il percorso dell’icona della “Svestizione”, ovvero la rappresentazione di una figura che si sveste sfilandosi una tunica dal capo. L’autrice ne rintraccia le successive modifiche e ne identifica l’origine nelle Sacre Scritture
e nelle riflessioni patristiche legate al Battesimo. La nudità in questo contesto diviene simbolo positivo di purezza. L’indagine delle testimonianze figurative ha permesso di riconoscere i diversi ambiti in cui ricorre la stessa icona. Queste progressive modifiche troveranno ampia diffusione diventando un topos iconografico rintracciabile fino all’era moderna.
28
NORME REDAZIONALI
Storia dell’arte pubblica esclusivamente testi inediti e firmati dai
rispettivi autori. I testi dovranno essere inviati alla direzione nella loro redazione definitiva, su supporto informatico (CD, o e–
mail) in formato Word, accompagnato da una conforme redazione a stampa. I testi, anche se non pubblicati, non si restituiscono.
Gli autori rivedranno le prime bozze di stampa, rendendole alla
direzione della rivista con le adeguate correzioni (la cui entità
non dovrà superare il 5% dell’intero testo) entro il termine di 10
giorni dalla consegna. La redazione potrà apportare modifiche
non sostanziali al fine di aumentare la chiarezza e l’accuratezza
del testo, informandone l’autore quando i tempi lo consentano.
STESURA DEL TESTO:
Le parole, le locuzioni e le citazioni in lingua straniera devono essere
in corsivo, così come i titoli di opere d’arte e di opere letterarie.
Tutte le citazioni sono racchiuse tra caporali (« »).
Parti di testo mancante o aggiunte dell’autore, all’interno delle citazioni vanno segnalate con 3 punti di sospensione tra parentesi quadre. Es.: I due si erano impegnati a realizzare «il paliotto d’altare
nella cappella e più una cartella che fra mezzo li doi frontespizi dove
hoggi sta il modello di stucco et anche rifare le lettere dell’epitaffio
[...] il qual paliotto farlo conforme al modello disegno di Pietro
Paolo pittore». Le parentesi quadre con i 3 punti all’interno non
vanno mai adoperate all’inizio e/o alla fine delle citazioni.
L’uso delle virgolette doppie alte (“ ”) è riservato a parole e a locuzioni in lingua italiana che si intende sottolineare (es.: la carica
di “idealità” nella pittura di Poussin), oppure alle citazioni all’interno di brani riportati (es.: «disse a Giosuè: “Ecco io do in tuo
potere Gerico”»).
I nomi dei santi sono preceduti da una maiuscola puntata quando
denominano una chiesa, secondo le seguenti modalità: la chiesa di
S. Giovanni; la chiesa dei Ss. Apostoli; la chiesa del SS. Nome di
Gesù. Viceversa, “santo/santa” vanno scritti per esteso in minuscolo
quando si tratta della persona (es.: i miracoli di san Nicola), con la
sola eccezione dei titoli delle opere, laddove rappresentino l’inizio
del titolo stesso (es.: la pala raffigurante San Nicola di Bari).
I nomi dei musei e degli enti stranieri vanno mantenuti nella grafia originale (es.: Musée du Louvre, Alte Pinakothek, Kunsthistorisches Museum, ecc.).
I riferimenti alle note vanno indicati in apice con numeri arabi dopo
la punteggiatura (es.: Sovrastato dall’imponente figura di Gian Lorenzo Bernini [...] l’inalterabile ossequio, e filiale amore»,2).
I segni di punteggiatura sono sempre successivi a caporali, virgolette alte e parentesi.
CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE:
LIBRI E SAGGI
A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, Milano 1927, pp. 312314 – E. Waterhouse, Italian Baroque Painting, II ediz., London
1962, p. 48 – R. Wittkower, Gian Lorenzo Bernini. The Sculptor
of the Roman Baroque, London 1955, ediz. it. con il titolo Bernini.
Lo scultore del Barocco romano, Milano 1990, p. 123 – G. B.
Mola, Breve racconto delle miglior opere d’Architettura, Scultura
et Pittura fatte in Roma et alcuni fuor di Roma, Roma 1663, ediz.
crit. a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 12.
ARTICOLO SU RIVISTA
M. Rothlisberger, Additions to Claude, in “The Burlington Magazine”, CX, 1968, 780, pp.115-119, in part. p. 117.
CONTRIBUTO PRESENTE IN UNA MISCELLANEA
P. Rusconi, Renato Birolli: Eldorado, in A. Negri (a cura di), Esercizi di lettura, Ginevra-Milano 2002, pp. 130-141.
CONTRIBUTO PRESENTE IN ATTI DI CONVEGNO
L. Puppi, Un racconto di morte e di immortalità: “S. Girolamo
nello studio” di Antonello da Messina, in G. Ferroni (a cura di),
Modi del raccontare, atti del convegno, Palermo 1985, p. 34.
SCHEDA DI CATALOGO
A. Barsanti, Cecco Bravo: “San Giorgio e il drago”, in A.
Barsanti, R. Contini (a cura di), Cecco Bravo, pittore senza regola. Firenze 1601-Innsbruck 1661, cat. della mostra di Firenze
(Casa Buonarroti, 23 giugno-30 settembre 1999), Milano 1999,
pp. 76-77, cat. 18.
Qualora si indichino di seguito due contributi dello stesso autore, nel secondo riferimento bibliografico il nome dell’autore
deve essere sostituito con “Idem/Eadem”: M. Calvesi, Nuovi
affreschi ferraresi dell’Oratorio della Concezione, in “Bollettino
d’Arte”, 43, 1958, pp. 309-328; Idem, Sacri paradossi del Lotto:
“I mungitori bendati” e “Amore nella bilancia”, in “Storia dell’arte”, 115, 2006, pp. 9-16
Qualora si indichino di seguito due contributi di diverso autore contenuti in un identico volume, nel secondo riferimento
bibliografico il testo di riferimento deve essere sostituito con
“Ibidem”: L. Testa, Tra maniera e natura: il Cavalier d’Arpino
e Caravaggio in casa Aldobrandini, in M. Calvesi, A. Zuccari (a
cura di), Da Caravaggio ai Caravaggeschi, “Storia dell’arte. Collana di Studi”, 1, Roma 2009, pp. 289-328; M. Pulini, Il grandangolo gentileschiano, in Ibidem, pp. 365-372.
Dopo la prima citazione, quelle successive si daranno in forma
abbreviata, seguita dall’indicazione della nota in cui l’opera è
stata citata per la prima volta: Rothlisberger, cit. (nota 5), p.
116. Qualora siano stati menzionati all’interno della stessa
nota più di un contributo ad opera dello stesso autore: Rothlisberger, cit. (nota 5), 1968, p. 116.
Per i testi senza una specifica curatele, dopo la prima citazione
si citerà l’inizio del titolo seguito da 3 punti, la dicitura “cit.”
e l’indicazione della nota di riferimento: La regola e la fama.
San Filippo Neri e l’arte, cat. della mostra di Roma (Museo
Nazionale del Palazzo di Venezia, ottobre-dicembre 1995), Roma
1995 = La regola e la fama... cit. (nota 6), p. 3.
CITAZIONI ARCHIVISTICHE
Le citazioni da codici o documenti d’archivio dovranno comprendere: luogo, denominazione dell’archivio o della biblioteca,
indicazione dell’eventuale fondo e del documento in corsivo secondo i seguenti esempi: Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana
(BAV), Vat. lat. 13650, c. 36v Roma, Archivio di Stato (ASR),
Trenta Notai Capitolini, uff. 11, Angelus Justinianus, vol. 8, c. 15r.
DIDASCALIE
Le didascalie dovranno essere redatte in base ai seguenti esempi:
- G. Cavedoni, Adorazione dei Magi, 1614. Bologna, S. Paolo
Maggiore - C. Bravo, Figura virile, ca. 1650. Matita rossa e gessetto bianco, mm 414×270. Firenze,Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi, Inv. 10595 F – U. Boccioni, Ritratto femminile.
Roma, coll. priv. (o semplicemente Coll. priv.).