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Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo Sono trascorsi due decenni da quando il Pci poneva fine alla sua esistenza, tra frenesie, questioni irrisolte e un malessere che dura finora. Congiunture economiche positive, politiche neoliberiste, la ristrutturazione dei sistemi capitalistici, una regressione del welfare, modelli ideologici individualisti e l’assottigliarsi dei confini di classe per bisogni e consumi hanno ingenerato una reazione a catena che, dalle revisioni strategiche, hanno condotto le sinistre ad una auto-contestazione della propria funzione sociale e culturale. I partiti di massa si sono trasformati in “pragmatici” operatori del mercato della politica ed offrono beni di rapido consumo in cambio di favore elettorale, anziché incentivi simbolici e senso di appartenenza. Il Pci, e i partiti formatisi dopo il suo scioglimento, non fanno eccezione a questo semplicistico schema. Non si vuol qui fornire la chiave di lettura di un processo complesso quale la discesa di un partito di massa verso l’auto da fè. Si metterà ordine tra gli eventi, focalizzando l’attenzione sulla rappresentazione di sé del partito e su ciò che della riflessione al vertice era trasmesso in vaste tirature. Nel 1984, il partito aveva ancora una struttura solida e più di un milione e 600 mila iscritti1, ma si portava il fardello dell’eredità di Berlinguer, con una linea interna ed internazionale enunciata ma mai chiarita. Uscito dall’epoca della «solidarietà nazionale», il Pci sembrava cercare una via alternativa per la legittimazione: nella decisione di proporre un governo di «alternativa democratica», nell’«arroccamento operaio», nella sottolineatura della «diversità» rispetto al sistema partitico degenerante e quindi nella «questione morale» e, infine, nella condanna del colpo di stato in Polonia, con lo «strappo da Mosca». Che si voglia considerare il «secondo Berlinguer» una rottura o una continuità, resta la sensazione che, alla sua morte, vi fosse molto d’incompiuto. 1. Aspettando il XVII Congresso Il 26 giugno 1984 Alessandro Natta succede a Berlinguer. Studioso di tradizione gramsciana, collaboratore del predecessore e sostenitore dell’«alternativa democratica» e della «questione morale», il «professore» non è in cerca dell’incarico quando la 1 Cfr. «l’Unità», 20/1/1985. 1 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo situazione del Partito lo induce ad assumersi tale responsabilità2. Natta procedette tentando di non smarrire il tracciato Togliatti-Berlinguer e di garantire l’unità del gruppo dirigente e del partito in un momento propizio a divisioni. Stigmatizzato come inefficace, il suo operato, sebbene non all’altezza delle intuizioni e del fascino del suo predecessore e con andamento a volte impercettibile, fu mosso dallo stesso proposito di articolazione dei fini e garanzia del dibattito democratico. La necessità di porre rimedio preventivo alle tensioni correntizie tra miglioristi, sinistra ingraiana e «nuove leve» lo condusse ad eccessive mediazioni, che lo esposero alla critica di «cerchiobottismo»3 e «continuismo»; ad una generica richiesta di innovazione e alla pretesa di una «maggiore omologazione sia ai comportamenti politici sia agli orientamenti culturali e ideali che in quel momento raccoglievano più facili consensi»4, segnando le basi per quella che sarebbe diventata una sconfitta culturale oltre che politica. La sua segreteria, e forse questo fu il principale ostacolo ad una sua riuscita progressista, si inaugurò nel mezzo di questioni già aperte cui rispondere con slancio propositivo senza abbandonare le conquiste passate. Gli strascichi della ristrutturazione post-fordista e dell’«esaurimento della spinta propulsiva» non erano contingenti, ma investivano il sistema mondiale su cui il Pci aveva sviluppato quarant’anni di politica. Ciò si riverberava in Italia nella sensazione di opulenza data da un aumento del Pil; nel blocco del sistema democratico nella prassi democristiana della conventio ad excludendum; nello spostamento centrista dei socialisti di Craxi e l’inasprimento della tensione a sinistra; e nello sviluppo di una concezione della politica come gestione della quotidianità o espressione di un carisma personalistico, piuttosto che come tensione ideale. Ciò induceva al dibattito nel partito, per quanto ancora nell’ombra. Ma la visibilità non si fece attendere. Il 17 gennaio 1985 nella conferenza stampa della «rivoluzione copernicana», Achille Occhetto dichiara che il Pci era pronto a trattare, sulla base di programmi, con «tutte le forze democratiche, laiche e cattoliche», incurante di chi avrebbe potuto sostenere tali alleanze, secondo l’idea di un’«alternativa trasversale»5, così dimostrando la sua abilità nello sfruttare l’effetto sorpresa e la pubblicità mediatica, dote che non nasconderà fino alla fine. La 2 Per una biografia: Turi P., L’ultimo segretario, CEDAM, Padova, 1996. Cfr. Mieli P., Rossi G., I cento volti del Pci, in «la Repubblica», 21-22/7/1985. 4 Chiarante G., Da Togliatti a D’Alema, Laterza, Roma-Bari, 1996, p. 203 . 5 Botta G., Ora il Pci apre a tutti «Trattiamo sui programmi», in «la Repubblica», 18/1/1985; «Convenzione elettorale» del Pci: confronti, programmi e candidature, in «l’Unità» 18/1/1985 . 3 2 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo sovrapposizione della nuova strategia «programmatica» all’«alternativa democratica», sommata ai non rassicuranti dati sul tesseramento e sul bilancio6 induce ad affrettarsi nella chiarificazione al CC. Lì dal discorso di Natta traspare il suo istinto mediatore, prodigandosi nella difesa della linea di Occhetto, ma guardandosi dall’adottarne le forzature7 e tentando di indorare l’exploit riconducendolo a quotidiano riassestamento della rotta, mentre già alcuni mostravano segni di insofferenza rispetto ai suoi modi e tempi. 1.1 Il 12 maggio e un Referendum Alla campagna elettorale amministrativa il partito si presentava non ancora stanco della sua tradizione, orgoglioso di riproporre la togliattiana via al socialismo in una dimensione europea8 e come ingrediente necessario per sbloccare il sistema del «bipolarismo imperfetto»9 - nascondendosi parte della realtà. Sottesi all’immagine di facciata si mostravano già alcuni sparsi dubbi, perché l’area complessiva stava perdendo potere e si imponeva l’ammissione dei limiti della passata politica: l’insufficiente individuazione di un insieme coerente di obiettivi capaci di aggregare un arco di forze tale da incidere sulla distribuzione del potere e il ritardo nella trasformazione della propria organizzazione per adeguarla alla società10. Le amministrative s’erano intrecciate al referendum sui quattro punti di contingenza e se ne era drammatizzato il contenuto politico. Il gruppo dirigente era chiamato dunque ad affrontare temi che poco avevano a che vedere con le giunte di sinistra: dai convegni sul riformismo e sui rapporti con la Spd, a quelli sui cattolici, agli incontri con gli operai, a sparute visite nelle tribune televisive11 alla convocazione di elezioni primarie per stabilire i candidati o la distribuzione di questionari di valutazione sulla gestione di sinistra; inframezzato da eventi che catalizzano l’attenzione, quali il congresso di «rifondazione» della Fcgi o l’incontro con Gorbacëv. Una certa dispersione aveva distolto l’attenzione dalla concreta attuazione della pur pavoneggiata linea del «puntare 6 Ibba F., Come sono i comunisti? Il computer li vede così, ivi, 20/1/1985; Bilancio del Pci, consuntivo 1984, ivi, 27/1/1985. 7 Natta A., Relazione al Comitato Centrale. 31/1-1/2/1985, ivi, 1/2/1985. 8 Natta A., Conclusioni al Comitato Centrale del Pci, 31/1-1/2/1985, ivi, 2/2/1985. 9 Cfr. Galli G., Il bipartitismo imperfetto, Mondadori, Milano, 1966. 10 Andriani A.S., Intervento al CC. 31/1-1/2/1985, in «l’Unità«, 1/2/1985. 11 Cfr. apparizioni televisive di Natta: «Punto 7», Canale 5, 3/2/1985; «Tribuna Elettorale», Rai1, 6/4/1985; Rete4, 7/4/1985. 3 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo ai programmi» e soprattutto dall’analisi dell’esperienza delle «giunte rosse»12. Il tema di una «perdita di slancio» della vicenda amministrativa di comunisti e socialisti appare solo nella prima intervista di Natta dopo la débâcle e di sfuggita13. La richiesta di consenso slitta in tal modo dall’ambito e dalla problematica locale ad un’opzione di fiducia allo stesso governo. Natta, con leggerezza, dichiara che, qualora il Pci avesse riconfermato i risultati delle europee dell’84, si sarebbe potuto pensare ad elezioni politiche a scadenza ravvicinata e ad un ruolo di governo14, spaventando un elettorato moderato a cui si riproponeva l’incubo del «sorpasso»15. Il Pci non solo non eguagliò i risultati precedenti, ma finì per decretare l’epilogo dell’esperienza delle «giunte rosse». Il motto divenne «avviare subito l’esame critico»16. Repentina fu la pioggia di voci che lo davano per spacciato - a partire da Scalfari17, Mieli18 e Bocca19. Erano però anche realistici gli inviti a moderarsi nell’autocommiserazione, giacché era ancora il secondo partito italiano e il voto non plaudeva neanche al Psi. I consensi persi dal Pci erano andati infatti a nuovi schieramenti quali i Verdi, percepiti come meno legati al consociativismo e più rispondenti alle priorità che la società andava avanzando. C’era stato un difetto di raffigurazione del corpo sociale, un gap di rappresentanza della base tradizionale e l’incapacità di formulare un programma apprezzabile dalla nuova base potenziale. Occorreva introdurre l’adeguamento delle strutture organizzative per contrastare la crescente avversione per le forme di partecipazione partitica usuali20. Natta riconosceva di aver contribuito alla politicizzazione del confronto21, sintomo di un’incapacità di rispondere allo spostamento del Psi, di dar compattezza ad un movimento di massa, di rendere credibile l’alternativa e di evitare che fosse presagita come un periodo di vaghezza e instabilità. Il segretario del Pci ricollocava tali 12 L'unica garanzia che non si tornerà indietro, appello del Pci per le elezioni amministrative, in «l’Unità», 12/5/1985; in ivi, 24/4/1985 si citava un’analisi dell’Istituto «C. Cattaneo» di Bologna che collocava le amministrazioni di sinistra ai maggiori livelli di efficienza. 13 Ledda R., Intervista con Natta, ivi, 19/5/1985. 14 Tavola quadrata con Natta, intervista collettiva della Redazione, in «il Manifesto», 22/2/1985. 15 Mieli P., Sul Pci una doccia fredda, ma Natta dice: ci rifaremo, in «la Repubblica», 14/5/1985. 16 Natta A., Ledda R., Intervista con Natta, ivi, 19/5/1985; Segreteria del Pci, Un primo giudizio, ivi, 14/5/1985. 17 Scalfari E., Un Paese che vuole stabilità, in «la Repubblica», 14/5/1985. 18 Mieli P., Sul Pci una doccia fredda, ivi, 14/5/1985. 19 Bocca G, Più deboli e più soli, ivi, 16/5/1985. 20 Baduel U., Buona in Emilia la tenuta del Pci, intervista a L. Guerzoni, in «l’Unità», 15/5/1989; Guerzoni L., Non si è colta la mutazione sociale e culturale, ivi, 22/5/1985. 21 Cfr. Natta A., Analisi del voto, prospettiva politica e compiti del Partito, relazione al CC 23-25/5/1985, ivi, 24/5/1985: 4 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo incertezze nel disorientamento delle sinistre per l’evoluzione nei Paesi socialisti, nel disgregarsi della funzione dello Stato e delle forze nazionali, nella fragilità degli equilibri militari. Il suo esser conscio della necessità di avviare il partito ad un risoluto aggiornamento non assumeva toni che imponessero una nuova rotta. Le novità c’erano, ma affondavano nelle categorie euristiche tradizionali. La sua relazione consentiva di definire la strategia della maggioranza senza scontentare nessuno. Quasi tutti22 si identificarono nella linea, vaga, che riconfermava sia l’alternativa democratica che la ricerca di convergenze per il bene nazionale23, basate sulla difesa critica del patrimonio identitario. Era patente, però, che tra le diverse ispirazioni del partito vi fosse una tregua la cui durata dipendeva dal corso elettorale. Mentre il partito ragionava su se stesso, s’era accentuato l’ardore referendario. Il quesito riguardava la modifica del meccanismo dei «punti di contingenza» della «scala mobile». I sindacati, nonostante la resistenza dei comunisti della Cgil, avevano accettato la correzione in cambio di una riduzione dell’incidenza fiscale. I comunisti s’erano strenuamente opposti e, approvata la legge, avevano deciso di procedere sulla via referendaria, insistendo nella centralità che questa battaglia rivestiva nella contingenza economica e nell’attuazione della legalità costituzionale. Il Pci sbandiera il vessillo di solitario difensore della moralità e di un grande e sfortunato Berlinguer, la cui memoria era da onorare proseguendo le sue battaglie24. Ma mantiene basso il profilo del premio in palio, identificandolo solo nella correzione di rotta del governo. Craxi rilancia, a quattro giorni dalle urne, scommettendo sulle proprie dimissioni in caso di vittoria del «Sì», e dipingendo scenari catastrofici per l’occupazione. Il «Si» raggiunge il 45,7%, segno di un notevole malcontento verso la politica economica del governo, allargando i confini del solo elettorato comunista25. Il partito commentò che s’era dimostrato ancora in grado di mobilitare da solo grandi masse26. Mentre si infittivano i dubbi intorno all’interpretazione della realtà socioeconomica, all’adeguatezza degli strumenti e alla 22 Cfr. gli interventi riportati in «l’Unità», 25/5/1985. Cfr. Natta A., Conclusioni del CC 23-25/5/1985, ibidem. Sulla relazione di Natta cfr. Lama, intervistato da G. Pansa, «la Repubblica», 25/5/1985. 24 Cfr. Roggi E., Perché Sì, intervista ad Alessandro Natta, in «l’Unità», 2/6/1985. 25 Dati dell’indagine del prof. S. Draghi, dell’Università di Milano, riportati in Sansonetti P., Non voto come il mio partito, ivi, 13/6/1985. 26 Natta A., in Di Blasi R., Natta: il divario non è grande, ivi, 11/6/1985. 23 5 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo struttura interna27, la Direzione delineava il profilo di una forza ancor grande, che imparava dalle sconfitte28. Incombeva intanto la scadenza del mandato del Presidente della Repubblica. Si faceva strada l’idea di eleggere un personaggio delle forze della Costituente, ma non della coalizione governativa. La Dc propose Cossiga come candidato, poi eletto con l’assenso del Pci, che, con vaghe motivazioni al favore per una figura che suscitava qualche perplessità29, non riuscì a mascherare l’ansia di non restare isolato che l’aveva spinto ad un compromesso - dal quale ricavò solo la Presidenza della Camera per la Iotti e un’impressione di connivenza col potere agli occhi dell’opinione pubblica. 1.2 Un’estate Il 5 luglio Natta spiazzò tutti, annunciando la volontà di giungere ad un congresso entro la primavera seguente. Era un’idea già ventilata, ma la propose in un’accezione diversa rispetto a chi avrebbe voluto una riflessione straordinaria30. Fu spinto dalla necessità di non diventare un segretario della disgregazione per cui occorreva avviare un processo di mutamento nella continuità, adottare una politica che supplisse alla scarsa credibilità della proposta dell’alternativa, «rinnovare e rinsaldare il gruppo dirigente, impedendo che l’insuccesso metta in crisi il processo di accreditamento, nell’élite centrale del partito, del gruppo dei giovani dirigenti della “generazione dei quarantenni”, che hanno dato una prova non soddisfacente nell’organizzazione della campagna elettorale e del referendum»31. In quell’estate, si infittì lo scambio di battute nel e con il Pci, sulla sua identità, organizzazione, rappresentatività, idealità e finalità32. A far da apripista era stata l’intervista a Lama apparsa su «la Repubblica». Il discorso del sindacalista verteva sulla centralità del programma e la necessità di smettere di limitarsi a rispondere alle 27 Cfr. Pasquino G., Più attenzione ai reali processi di cambiamento, in «l’Unità», 15/6/1985; Terzi R., C’è un vicolo cieco da evitare: l’isolamento, ivi, 22/6/1985; D’Alema M., Chi voleva ridimensionare il Pci ha fallito, ivi, 23/6/1985, commenti che incalzano nell’uso spasmodico di termini come “rinnovamento, modernizzarsi, riformismo”. 28 Direzione del Pci, Comunicato sui lavori della riunione del 12 giugno, ivi, 14/6/1985. 29 Cfr. Sansonetti P., Perché diciamo sì a Cossiga, ivi, 25/6/1985; Natta A. in Macaluso E., Caro Natta che cosa c’è da innovare?, ivi, 30/6/1985. 30 Mieli P., Un congresso per il nuovo Pci, in «la Repubblica», 17/5/1985. Roggi E., Natta: in primavera il Pci a congresso, in «l’Unità», 6/7/1985; Direzione del Pci, Documento della riunione dell’11/7/1985, ivi, 12/7/1985; Natta A., Relazione al CC, 22-25/7/1985, ivi, 23/7/1985. 31 Turi P., cit., p. 573. Si noti il “non”: nonostante la patente incapacità dimostrata, Natta aveva già deciso a chi affidare il partito. 32 Colajanni N., Il Pci al bivio, in «la Repubblica», 5/7/1985. Solo sotto il titolo Il dibattito sulla politica del PCI, furono pubblicati in quell’estate una quarantina di contributi da personaggi interni ed esterni e di ogni livello gerarchico 6 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo politiche degli altri. Il perfezionamento del meccanismo interno, che evolveva in positivo con Natta dopo essersi bloccato con Berlinguer, che giustificava col carisma il suo sostanziale decisionismo, andava portato avanti. In questo dibattito, l’identità diventava qualcosa di contingente ed era attorniata da vari corollari, anzitutto per affrontare il rapporto con la propria storia e col passato prossimo berlingueriano33. L’«alternativa», un tracciato nebbioso, assumeva il carattere di un processo per rinsaldare le convergenze, basandole su un programma (la cui assenza sarà un vuoto mai colmato) che permettesse di dare una nuova immagine al partito senza inseguire altrui modelli e di uscire dall’isolamento in cui giaceva. Il riferimento alla socialdemocrazia come «imprescindibile» era la novità più corposa, sebbene distaccarsi da un legame affettivo con l’Urss fosse ancora arduo poiché si collegava al giudizio sulla fuoriuscita dal capitalismo, sul valore della democrazia, sulla gestione statale della produzione. Si caricava di nuova forza anche l’esame del centralismo democratico, dell’innovazione nella continuità e persino del nome, che ancora in quel frangente era causa di polemiche. La confusione delle opinioni era all’apice. Alla base arrivava l’impressione di una scarsa chiarezza tra gli stessi dirigenti, tanto da chiedere che il Congresso avesse come funzione fornire una linea unica sulla quale compiere la propria scelta di adesione34. Natta riassunse, alla Festa dell’Unità, le posizioni emerse dalla carta stampata e dal CC, dando avvio alla fase congressuale. Il suo atteggiamento fu improntato ad una certa «diffidenza per alcune fra le richieste di rinnovamento che miravano a superare la diversità di costume nella vita interna del Pci» e un «fastidio per la rottura di un ethos che di fatto non è ormai più rispettato neppure all’interno del partito, e che dalla generazione più giovane viene considerato integrista»35. Il Congresso sarebbe stato critico ma non distruttivo e capace di riconoscere che il secolo era dominato dalle conquiste della socialdemocrazia, ma anche che era anche stato sconfitto chi, da sinistra, aveva pensato di rispondere all’attacco neoconservatore con un «annacquamento». 33 Schiavone A., Per il nuovo Pci, Laterza, Roma-Bari, 1985; Tortorella A., Alle radici di una fase nuova, in «l’Unità», 12/7/1985; Vivanti C., Meglio la cuoca di Lenin che una democrazia di Robot, ivi, 23/8/1985. 34 Cfr. Discussione in tre sezioni sul Congresso, in «l’Unità», 21/7/1985. 35 Turi P., cit. p. 579-580; Natta A., Discorso conclusivo della Festa dell’Unità, in «l’Unità», 16/9/1985. 7 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo 1.3 Un Congresso A conclusione dell’iter pre-congressuale, il CC è chiamato ad esprimere la propria valutazione dei lavori della «Commissione dei 77», voluta dall’assise precedente per delineare un documento d’indirizzo dei Congressi. Guidata da Occhetto e D’Alema, vi s’era tentato di recuperare i dirigenti di ogni posizione, per svellere le aggregazioni correntizie e generazionali emerse i quei mesi. I perni36 erano appartenenza alla sinistra europea37 e partito di programma. All’abbandono della propria diversità, implicita nell’intenzione di unirsi alle altre forze di progresso faceva da contrappeso la difficoltà di tagliare il cordone con l’Urss, e la rivendicazione del valore storico dell’Ottobre. La tensione programmatica era diluita, nell’alternativa tra Dc e Pci, lasciando aperta l’unica via dello schieramento riformatore. «I cambiamenti ravvisabili nelle Tesi e nella piattaforma del Congresso costituiscono solo una parziale articolazione dei fini: il socialismo rimane fine ultimo»38, sebbene sfumato dalla centralità democratica, dall’abbandono della rivoluzione e dal rifiuto della statizzazione integrale. In questa cornice si inserivano le considerazioni sulle «trasformazioni della società» o sull’intesa con i nuovi «movimenti» sulla pace, l’ecologia, i rapporti tra i sessi, l’occupazione, le giovani generazioni. Questa piattaforma fu mandata in disamina a tutti i gradi di organizzazione39, dove l’attenzione si concentrò sui soli passi oggetto di emendamenti40. Una lettera di sette dirigenti della «destra» riconosceva l’oggettiva esigenza della base di trovare chiarezza e la correttezza del CC nel non sottoporle testi contrapposti, ma poneva anche quella di salvaguardare l’espressione delle idee di minoranza. In un’altra nota, senatori, intellettuali e magistrati della «sinistra indipendente» si dichiaravano «sconcertati» perché, se dall’esterno si sollecitava «un totale rovesciamento dell’identità» del partito, dall’interno si alzavano voci «tese a licenziare ogni discorso di valori e di fini»41. Il dibattito inoltre stava uscendo dalle sedi precostituite, diffondendo un atteggiamento 36 Proposte di tesi per il XVII Congresso, ivi, 15/12/1985. Di cui si discute in sede comunitaria, cfr. Soldini P., Dibattito del Pci a Strasburgo sulla scelta europea, ivi, 16/1/1986. 38 De Angelis A., op. cit., p. 313. 39 Cfr. Così si discute e si vota nei congressi di partito, in «l’Unità», 12/1/1985. 40 V. ad esempio Castellina L., Sulla Tesi 15 non c’è un equivoco, ecco perché la discuto, ivi, 28/2/1986. 41 La Valle R., Napoleoni C., Ossicini A., Lettera ai comunisti italiani, ivi, 24/1/1986. 37 8 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo che causava ancor accesi confronti42. Riconoscere la prerogativa di pubblicizzare personali posizioni, anche contrarie alla maggioritaria, fu la chiave di volta del Congresso, virtù e limite al contempo. Dava adito alla svariata gamma di sfumature presenti nel partito intorno al rapporto comunismo/capitalismo, e alle loro rispettive gestioni; alle alleanze, col Psi e con i movimenti; alla presunta diversità in base alla questione morale o la rivendicazione della propria storia43. Il 9 aprile si apriva a Firenze il XVII Congresso. L’aura del «dibattito» conduceva il discorso di Natta44, collante per i temi dell’ultimo semestre: il rinnovamento del partito, il centralismo democratico e l’organizzazione, la definizione di modernità e di una nuova programmazione in grado di gestirla, la rinascita delle sinistre europee, le sfide del reaganismo e i rapporti con gli Usa e la Nato, la ribadita posizione rispetto all’Urss, l’alternativa democratica e la linea programmatica, l’analisi delle relazioni e della strategia politica di Psi e Dc. Natta affermava dunque che i comunisti italiani si consideravano «parte integrante della sinistra europea»45, di un’Europa punto d’incontro della dimensione nazionale e internazionale e mediatrice nell’ambito Nato. I comunisti non erano però muti di fronte ad usurpazioni dei diritti dei popoli e all’approfondirsi delle lacerazioni sociali, su cui si innestava la loro «lotta contro la politica dell’amministrazione Reagan», che non era antiamericanismo; essendo al contempo capaci di «guardare con piena lucidità di giudizio alle contraddizioni dei paesi socialisti». Fu alla fine un Congresso dall’esito unitario, con l’acclamata riconferma di Natta, ma che era già segnato da inconciliabili divisioni. Cossutta definiva «un errore di storia, ma anche una capitolazione»46 le posizioni di chi avesse voluto identificare democrazia e capitalismo, riproponendo la conciliazione del suo «superamento» con il rinnovamento del partito, perché «essere moderni non significa seguire la moda e i modelli altrui». Ingrao inseriva il problema del rinnovamento del partito in quello di una «alternativa strutturale che chiami in discussione l’assetto proprietario, i poteri 42 Un es. la presentazione di un libro di Cossutta organizzato da «Interstampa», cfr. Mazzoni B., Cossutta sulle Tesi, l’URSS e il Partito, ivi, 27/1/1986; Bufalini P., Come vogliamo discutere per il Congresso, ivi, 28/1/1986; Cossutta A., Un articolo, ivi, 1/2/1986 e Bufalini P., Una risposta, ivi. 43 Un quadro abbastanza chiaro è dato da Fucillo M., Il partito divenne uno e trino, in «la Repubblica», 21/2/1986. 44 Natta A., Relazione al XVII Congresso del Pci, in «l’Unità», 10/4/1986. 45 Non più del «movimento operaio» dell’Europa Occidentale, come disse Berlinguer al Congresso del 1983. Sulle relazioni dei due Segretari cfr. Barth Urban J., Il XVII Congressi del Pci e il ‘nuovo internazionalismo’, in Corbetta P., Leonardi R. «Politica in Italia 1987», Il Mulino, Bologna, 1987. 46 Cossutta A., in XVII Congresso del Pci, Editori Riuniti, Roma, 1987. 9 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo dell’impresa, la natura dei rapporti tra Stato e società, la costruzione di una nuova unità politica europea», riproponendo un «governo costituente», per preparare le basi per le riforme di un successivo eventuale governo di programma47. Fassino sfumava, in accenno, l’identità comunista, radicandola nella «razionalità del secolo dei Lumi, nei valori di uguaglianza e di libertà della Rivoluzione Francese e del Risorgimento», potendo così invitare su questa base il Psi a costruire «insieme una modernità vera»48. La Iotti rilanciava la sfida ai socialisti sulle questioni istituzionali, per superare i «difetti gravi e le usure» di una «concezione della rappresentanza politica fondata sulla legge elettorale proporzionale» e sul «ruolo del Parlamento come centro dell’intero sistema politico»49. Napolitano incalzava su un «balzo in avanti nella caratterizzazione del nostro partito nel senso di un ‘moderno partito riformatore parte integrante della sinistra europea’», aprendo la strada ad «uno schieramento progressista come schieramento di governo per guidare, insieme alle altre forze di sinistra in Europa, questa cruciale fase di cambiamento»50. Il Congresso impostò alcune novità per l’organizzazione51, ma ribadì «il rifiuto delle correnti» e lo sbocco decisionale unitario, dunque un’essenziale diversità formale rispetto agli altri partiti. Il CC e la CCC non furono interessati da mutamenti funzionali o nominativi. Crebbe il numero dei loro membri, così come quelli della Direzione, a scapito di Cossutta, Barca, Perna e Vecchietti52, esclusioni che segnavano l’avvio di un turn over, sebbene molto graduale53. Tre «quarantenni» (Angius, D’Alema e Turco) entravano in Segreteria, con Ledda e Rubbi quali contrappeso sull’asse destra-sinistra. Occhetto divenne Coordinatore di Segreteria. Il senso dell’operazione è chiara e «la logica unitaria è nelle intenzioni una copertura all’operazione di passaggio generazionale, con l’intento di evitare le conseguenze laceranti della redistribuzione di potere in corso»54. Novità fu l’istituzione di un «ufficio di programma», presieduto da Natta e diretto da Lama, con «l’incarico e la responsabilità di predisporre, d’intesa con 47 Ingrao P., ibidem. Fassino P., ibidem. 49 Iotti N., ibidem. 50 Napolitano G., ibidem. 51 Pci, Documento sull’organizzazione del Partito, in «l’Unità», 14/4/1986. 52 Cfr. Natta A., Relazione a CC 23/4/1986, in «l’Unità», 24/4/1986; Ibba F. Gli organismi dirigenti, ivi, 24/4/1986. 53 Cfr. Natta A., Relazione a CC 23/4/1986, cit. 54 Turi P., cit. pag 599 48 10 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo la segreteria, la definizione del progetto di lavoro»55. È un Congresso carico di volontà rinnovatrici, risoltesi solo in un’indicazione per un iter trasformatore. Ci si muove, ma nel segno della continuità. 2. Mirando alla vetta 2.1. Coordinatore di segreteria Frattanto, il governo è nuovamente messo in minoranza alla Camera. Craxi rassegna le dimissioni, mentre le tensioni interne alla maggioranza s’inaspriscono56. Il Pci annuncia la propria contrarietà a «soluzioni transitorie o balneari o al rinvio alle Camere dell’attuale governo» o ad «accettare governi di cui non faccia parte»57. Trovata la mediazione tra democristiani e socialisti con la «staffetta», Craxi torna a Palazzo Chigi, ma promettendo di cederlo alla Dc nella primavera dell’anno seguente. Il Pci spera in una remota svolta58, ammonendo dell’incostituzionalità di quella soluzione59. La crisi porta ad insistere sulle riforme del sistema parlamentare e sulla questione morale, in convergenza con fasce del pentapartito «dissenzienti»60, riproponendo il Parlamento monocamerale61. In primo piano è dunque il «processo di deperimento delle istituzioni democratiche», come definito da Occhetto nella sua prima relazione d’apertura di un CC, in novembre62. In quell’occasione l’organo consultivo si trovò di fronte ad un dato incontrovertibile: Natta aveva scelto il delfino63. L’ipotesi di un cambio al vertice inizia ad assumere fondamento, sebbene sia ancora smentita64. Occhetto tenta di non provocare sul rapporto col Psi la destra migliorista, ma al tempo stesso, non 55 Ibba F. in «l’Unità», 24/4/1986. Il trasformarsi della campagna siciliana in una disputa per Palazzo Chigi v. Scalfari («la Repubblica», 15/6) e Colajanni, in «l’Unità» (12/6), Chiaromonte (ivi, 17/6), Natta (ivi, 20/6). 57 Frasca Polara G. Il pentapartito non ha prospettive, ivi, 1/7/1986. Direttive già impostate dal Segretario, Sappino M., Natta in TV: una crisi non vuol dire elezioni, ivi, 5/6/1986; Frasca Polara G., La Dc chiede a Craxi 7 anni di fedeltà, ivi, 2/7/1986 e Natta A., ivi, 5/7/1986. 58 Cfr. Occhetto A., ivi, 23/7/1986. 59 L’analisi del Pci sulla composizione del governo: Mennella G.F., L’intervento di Pecchioli al Senato, in «l’Unità», 6/8/1986; Frasca Polara G., Zangheri: i 5 uniti solo sul veto anti-Pci, ivi, 9/8/1986. 60 Cfr. Natta A., Relazione al CC. 30/7/1986, ivi, 31/7/1986; Id., Discorso conclusivo della Festa del«l’Unità». Milano 14/9/1986, ivi, 15/9/1986. 61 Cfr. Frasca Polara G., Un Parlamento con 420 membri, ivi, 25/10/1986; Documento del Gruppo del Pci della Camera per il superamento della bicamerale, ivi, 30/10/1986; Direzione del Pci, ivi, 16/12/198. 62 Occhetto A., Relazione al CC del 20-21/11/1986, ivi, 21/11/1986. 63 Cfr. Stabile A., Occhetto è il delfino, in «la Repubblica», 22/11/1986. Natta A., Conclusioni del CC del 20-21/11/1986, in «l’Unità», 22/11/1986 si complimenta per l’impostazione delle questioni da lui avanzata. 64 Frasca Polara G., Conferenza stampa dopo la direzione del Pci, ivi, 12/2/1987. 56 11 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo annunciando una «disponibilità indifferenziata», mantiene toni berlingueriani per non scontentare il centro e ammiccando ad Ingrao sulle questioni istituzionali. Si tentava intanto di concretizzare lo slancio programmatico. La Direzione presentò il documento Un programma per il lavoro65 impostato sui due punti: una spesa non più indirizzata verso le merci industriali, ma verso beni collettivi per «risanamento delle aree urbane e metropolitane, risparmio energetico, valorizzazione dell’agricoltura e delle zone interne, valorizzazione del patrimonio artistico-culturale»; una riduzione dell’orario lavorativo a 35 ore settimanali, come miglioramento della qualità della vita e mezzo per creare lavoro. La presenza dell’ «Ufficio per il programma» restava discreta, ma Natta, Lama e Occhetto dichiarano virtualmente aperta la Conferenza programmatica, per cui pure non si era fissata una data66. La questione dell’organizzazione trova in un’apposita Assemblea nazionale lo spunto di un «piano triennale» per creare il «moderno partito riformatore»: una nuova dislocazione delle sezioni esistenti e l’istituzione di nuove sezioni tematiche e di centri di iniziativa politica e culturale aperti anche ai non iscritti67. A livello culturale Natta tracciava un aggiornamento nel segno della continuità, come testimoniavano i suoi interventi a ricordo dei fatti del ’5668 e la scomparsa di Gramsci69. La gestazione del programma era contemporanea a quella della socialdemocrazia tedesca e il confronto con il suo Congresso di Norimberga era fonte di critiche e propositi70. Il programma del Pci era molto simile a quello della Spd, ma «non si tratta[va] di essere approdati a lidi altrui». Viceversa era «vero che il Pci di questi anni si trova[va] sulla stessa lunghezza d’onda della Spd, per quanto riguarda[va] alcuni problemi fondamentali»71, tra i quali la ridefinizione delle idealità socialiste in una società mutata e l’impegno per la pace e la distensione. Liquidata la «staffetta», Craxi si presenta in Parlamento con un discorso così elusivo da scatenare le ire sia della Dc che del Pci, che presenta una mozione di sfiducia, ribadendo la propria contrarietà ad elezioni anticipate72. Si corre al vertice dei «cinque», alla 65 Direzione del Pci, Un programma per il lavoro, ivi, 19/10/1986. Caprarica A., Un programma per l’alternativa, ivi, 23/10/1986. 67 Cfr. Ibba F., Gli iscritti al Pci per l’87, ivi, 23/1/1987. 68 Baduel U., L’Ungheria 1956, il Pci, la sinistra, ivi, 12/10/1986. 69 Ottolenghi F., Vacca G., Intervista a Natta a 50 anni dalla scomparsa di Gramsci, ivi, 18/1/1987. 70 V. ad es. Rodotà S., Quattro domande al Pci, ivi, 11/9/1986. 71 Natta A., cit., 6/8/1986. 72 Cfr. Occhetto A., ivi, 1/2/1987; D’Alema, Si possono evitare elezioni anticipate, ivi, 19/2/1987. 66 12 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo decisione di ammettere il disfacimento della maggioranza, alle dimissioni di Craxi73 e alla nomina di Andreotti, che restituisce l’incarico. Dopo vari rimpalli tra Craxi, Fanfani e Scalfaro, Cossiga si rassegna e scioglie le Camere. 2.2. Vicesegretario Il Pci si presenta alla campagna elettorale fiero di esser stato l’unico partito con «una linea limpida e coerente»74, di essersi offerto per la soluzione della crisi sulla base di una progettualità a breve termine, a fronte dei partiti ex governativi accomunati solo dalla pregiudiziale anticomunista e dalla ressa per Palazzo Chigi75. Per aggregare una nuova maggioranza con le forze che si opponevano allo scioglimento delle Camere, Natta procede a sue consultazioni, prima per un «governo di garanzia» e poi per l’ipotesi del Psi di «governo referendario». Al rifiuto delle altre forze, riprende il topos della «questione morale»76 e si fa portatore della causa di referendum da lui non proposti e di una sinistra pluralista e autonoma, candidando indipendenti dissenzienti socialisti77, ambientalisti, intellettuali (persino Gino Paoli), giovani (38 candidati della Fcgi) e donne (il 31% dei candidati). «Lontani dagli intrighi, vicino ai cittadini» è lo slogan78, in nome di un indirizzo programmatico del mercato, piena occupazione e sostenibilità ambientale, una maggiore produttività della spesa pubblica, riorganizzazione del sistema fiscale e per un profilo internazionale che rendesse incisiva una politica per la distensione e il disarmo. Natta è consapevole che «il risultato che si profila segna una flessione del nostro partito»79. Il Pci cala fino ad assestarsi ai livelli del 1968. L’analisi della «sconfitta» si volge alla comprensione dei flussi andati a favore delle altre forze tra i giovani e nei quartieri operai80. Pur mantenendo un ampio tasso di fedeltà, non essendo venuto meno 73 Il giudizio del Pci in Chiaromonte G., La 10^ volta per una causa persa, ivi, 10/2/1987; Segreteria del Pci, Appello per la mobilitazione di massa, ivi, 11/2/1987; Baduel U., Occhetto: una crisi tra governo e Paese, ibidem. 74 Natta A., in «l’Unità», 29/4/1987. 75 Cfr. Zangheri R., Sono privi di prospettiva, ivi, 2/5/1987; Natta A., Relazione al CC, 5/5/1987, ivi, 6/5/1987. 76 Dell’Aquila G., Torino: il Pci rilancia la questione morale, ivi, 20/4/1987 e Natta: nuova maggioranza per la fine della legislatura, ibidem, 21/4/1987. 77 Baduel U., Alternativa più riformismo, intervista a Giolitti, ivi, 15/5/1987; Cascella P., Con la mia idea di alternativa, ivi, 9/5/1987; Sappino M., Senza settarismi né rivalse, intervista ad Arfè, ivi, 7/5/1987. 78 Cfr. Zollo, Spot, volantini, manifesti e un’arma segreta: Tango, ivi, 10/5/1987. 79 Natta A., dichiarazione televisiva del 15/6/1987. 80 Cfr. Ibba F., Dove scende il Pci chi sale?, in «l’Unità», 18/6/1987. 13 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo il sostegno dell’elettorato tradizionale81, lo 0,5% dei voti slitta al PSI, lo 0,4% a DP e PRI e lo 0,2% ai Verdi, espressione di «una protesta sociale e verso il sistema dei partiti»82. Il partito non era stato capace di rendere credibile la proposta dell’alternativa come soluzione in tempi brevi83 e di concretizzarla in un programma, privato a causa dei tempi elettorali della base che forse avrebbe potuto dargli la famosa Conferenza programmatica. Ma allora nel corpo del partito fu amplificato solo il ruolo svolto dall’inadeguatezza della struttura interna a raccogliere le nuove esigenze84 e dalla necessità di un repentino cambiamento. Natta offre le sue dimissioni, respinte dalla Segreteria85. Avanza quindi la proposta di «promuovere» Occhetto a vicesegretario86. La Direzione si divide, e trapelano i nomi dei contrari: Macaluso, Bufalini, Lama, Napolitano, Speciale, Ranieri, Rubbi, Cervetti, Borghini, Chiaromonte e Vitali. La proposta è sottoposta al successivo CC, da cui sparisce l’analisi elettorale. Occhetto era garanzia delle decisioni del Congresso, responsabile delle Tesi e dell’unitarietà87. Che era lungi dall’esistere, visti i 41 no88 e le 22 astensioni. La divisione è pubblicizzata, tanto che «la Repubblica» titola: Il PCI s’è diviso89. «E’ la premessa per il consolidamento alla luce del sole delle varie tendenze interne»90, delle quali non sarebbe stato opportuno cercare fittizia ricomposizione91. Occhetto sa di aver conquistato Ingrao92 ma anche di non avere un plebiscito e di aver contro Napolitano93. Per accattivarsi il quale esordisce con un’intervista dicendo di voler lavorare per un 81 Cfr. Natta A., Relazione al CC 25-27/6/1987, ivi, 26/6/1987. Cit. in Sappino M., In un’ora al Pci s’è capito, ivi, 16/6/1987. 83 Cfr. Chiaromonte G., ivi, 17/6/1987; Spriano P., ibidem. 84 Cfr. Ignazi P., op. cit., pag 94-95. 85 Cfr. Natta A., Relazione al CC 25-27/6/1987, cit.; Napolitano G., Intervento al CC 25-27/6/1987, in ivi, 27/6/1987. 86 A sorpresa rispetto alle dichiarazioni rilasciate il 19 giugno (ivi, 20/7/1987) riguardo agli assetti al vertice: “Non ci siamo posti questo problema in nessun organismo. Quando riterrò che sia il caso di discuterlo, lo porterò in discussione io”; Natta A., Conclusioni del CC, ivi, 28/6/1987. 87 Cfr. D’Alema M., Intervento al CC, ivi, 27/6/1987. 88 La principale motivazione è di tipo metodologico, preferendo decidere prima sugli indirizzi politicoprogrammatici e poi sulle leadership. Cfr. Napolitano G. e Lama L., ibidem. 89 «la Repubblica», 26/6/1987. 90 Ignazi P., cit., p. 95. Cfr. anche. Mafai M., Dopo tre bocciature Natta sogna il ritiro, in «la Repubblica», 26/6/1987; Recanatesi F., ibidem. 91 E’ in questo senso la critica della gestione di Natta fatta da Cossutta nel suo intervento al CC. Cfr. anche la polemica su un articolo di Cossutta, scritto per «l’Unità», ma da questa mai pubblicato, essendo stato recapitato prima a «la Stampa», che, con Mieli, titola l’8/6/1987 Cossutta minaccia la scissione del Pci. 92 Cfr. Ingrao al CC come avresti votato, in «l’Unità», 21/7/1987. 93 Cfr. Baduel U., Schiettezza e unità, intervista a Napolitano, ivi, 5/7/1987. 82 14 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo moderno partito riformatore, non parlando più di «Terza via» puntando semmai ad essere una forza autonoma in un progetto europeista94. Il Pci è in movimento. Occhetto propone di rivederne gli organismi, restringendo la Segreteria, con funzioni esecutive, lasciando alla Direzione le scelte su ordini del giorno specifici, e trasformando l’Ufficio di programma in una sorta di governo ombra95. Si contano numerosi contrari. Dalla nuova Segreteria escono motu proprio Napolitano, Tortorella, Reichlin e Chiarante96. Pajetta è eletto Presidente della CCC; Veltroni responsabile della Commissione per la Stampa, la Propaganda e l’Informazione; Ottolenghi capo di «Rinascita». I «sessantenni» si spostano nell’Ufficio del Programma e Natta spiana la strada dei «quarantenni», tentando di dare una gestione unitaria alle spinte di cambiamento che percepiva. Occhetto si fa insistente sui rapporti a sinistra97, sull’esigenza di cambiamento rapido e sulla situazione organizzativa98 e ciò induce «il Manifesto» a titolare Ultimatum a Natta. Il vicesegretario bollò tali affermazioni come ridicole illazioni99, ma la partita era aperta anche dopo l’esito positivo dei referendum. Perna riapre la riflessione sulla necessità di una linea più incisiva della dirigenza, incoerente su questioni cruciali come il rapporto col Psi100. I rapporti col Psi erano punto di rottura tra l’ala migliorista e la minoranza cossuttiana, insieme con il legame con le socialdemocrazie, ribadito dai viaggi del Segretario per incontrare i leader delle altre sinistre non solo comuniste, dalla risposta morbida alla decisione della Fgci di entrare nella Internazionale giovanile socialista101, dalla presa di posizione alle celebrazioni del 70° dell’Ottobre102. All’attesissimo CC d’autunno, Occhetto avanza come proposta generale della connessione tra riforme istituzionali e alternativa politica e relega al passato ogni 94 Ibba F., Il rinnovamento del Pci, intervista ad Occhetto, ivi, 5/7/1987. Finendo per innescare la polemica con Ingraro. Cfr. Ingrao P., ivi, 21/7/1987. 95 Cfr. Criscuoli S., E ora alla Segreteria solo funzioni operative, ivi, 10/7/1987. 96 Cfr. Bosetti G., Così la discussione e il voto sui nuovi incarichi, ivi, 30/7/1987. 97 Cfr. Occhetto A., Questo Psi, ivi, 16/10/1987. 98 Cfr. Occhetto A., in «Rinascita», ottobre, 1987. 99 Cfr. Occhetto A., in «l’Unità» 20/10/1987. 100 Cfr. Perna E., Malessere nel Pci?, in «l’Unità», 14/11/1987. 101 Ufficio Stampa Pci, in «l’Unità», 8/10/1987: “La decisione della FGCI non è solo un atto che rientra a pieno nell’esercizio di un’autonomia da tempo acquisita, ma è in armonia con gli orientamenti generali del Pci. Quanto ai rapporti del Pci con l’Internazionale Socialista, la pratica attuale e gli orientamenti generali sono di dare ad essi impulso e sviluppo crescenti”. 102 Cfr. Chiesa G., Natta: gli ideali del socialismo, in «l’Unità», 4/11/1987. 15 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo sentore di compromesso storico103. A fronte della patente inattuabilità delle formule pentapartitiche, constatava che «siamo giunti a un punto critico di quella fase di allargamento progressivo delle basi democratiche» cui il Pci aveva contribuito, governando dall’opposizione fino all’apice berlingueriano. Però «l’esperienza della solidarietà nazionale si è tutta risolta nella difesa delle conquiste democratiche raggiunte», perché Berlinguer restava legato a vecchi schemi, superati da un Psi che, riconosceva, comprendeva meglio le novità. S’imponeva «un vero e proprio mutamento di ottica», però rinviato di fatto alla Conferenza programmatica e ad un CC. Accantonate le formule berlingueriane –la «questione morale» non è mai nominata –, Occhetto gioca le sue carte per acquistarsi Napolitano e Lama, e ci riesce. Ma al prezzo di scontentare Ingrao, Magri e la Castellina, ovviamente Cossutta, e Perna, Colajanni e Fanti104. A difesa del «delfino» sono i suoi «colonnelli», che definiscono la sua relazione «un salto significativo»105, «uno sforzo di presentare in modo più netto e coerente»106 la linea dell’alternativa caratterizzando l’obiettivo del partito in «un governo fondato su un programma e retto da uno schieramento delle forze di sinistra e di progresso». Da fuori, se non convince, piace la trasformazione di un Pci che acquisisce una cultura di governo107 e trova un suo spazio di movimento sulle riforme istituzionali, ponendole non come uno strumento per arrivare all’ambìto governo, ma come una disinteressata battaglia per il bene del Paese, collegata alla prospettiva dell’alternativa ma non strumentale108. Dc e Psi si dicono soddisfatti, lodano le novità, promettono riforme entro l’anno109. Ma il governo è agli sgoccioli, i motivi di polemica col Psi permangono e l’atmosfera nel partito non è delle migliori. Si continuano a perdere iscritti e afflusso di nuove forze, spia di «un modello rigido che chiede un impegno totalizzante» e dell’anacronismo del metodo di cooptazione110. Molte le 103 Cfr. l’intervista di anni dopo di Massimo De Angelis, Guadagni A., Ogni giorno lavoro con Occhetto, ivi, 23/7/1989. 104 Cfr. i rispettivi interventi: Interventi al CC, in «l’Unità», 28/11/1987. 105 Fassino P., ibidem. 106 D’Alema M., ibidem. 107 Cfr. Rossi G., in «la Repubblica», 27/11/1987; Piazzetti G., in «il Corriere della Sera», 27/11/1987; Negri G., in «il Messaggero», 27/11/1987. 108 Cfr. Natta A., in il «Corriere della Sera», 5/12/1987; Roggi E, Natta: confronto sulle riforme non significa tregua, in «l’Unità», 7/12/1987. 109 Cfr. De Mita C., in «il Corriere della Sera», 22/1/1988; Geremicca F., Tra un mese la riforma delle Camere, in «l’Unità», 28/1/1988 110 D’Alema M. alla Commissione Organizzazione del CC, cit. in Ibba F., Il Pci allo specchio, ivi, 4/12/1987. 16 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo questioni sul tappeto, dalla constatazione della perdita di forza dell’«idea di uno sviluppo fondato su un progressivo allargamento della democrazia»111 all’«insoddisfazione per l’insufficiente rinnovamento del partito e per l’inadeguata utilizzazione di capacità e competenze», fino all’osservazione della «divaricazione» tra gli intellettuali e i militanti. Si parla di una nuova legislazione del lavoro, di riforme dei contratti di formazione e di apprendistato, di estensione dei diritti dello Statuto dei lavoratori alle piccole imprese, di rivendicazioni salariali, di proposte anti-trust, di pubblicità dei bilanci, di partecipazione dei lavoratori nella gestione degli investimenti, di ambiente come valore, di riduzione dell’orario, di maggiore qualità dei servizi, di formazione permanente, di maggiori chance per donne e giovani112. La Direzione rende pubblico un documento sulle riforme istituzionali113 per creare un sistema di norme entro cui collocare il potere economico, ridare significato all’istituto della fiducia, porre fine all’abuso della decretazione d’urgenza, potenziare i canali di informazione, correggere il bicameralismo, regolamentare il voto segreto e il referendum abrogativo, introdurre quello propositivo e un nuovo sistema elettorale. Insomma, da un gran parlare di riforme era scaturita una proposta di basso profilo, che modificava solo a latere la struttura delle istituzioni. La battaglia politica si concentra sulla legge Finanziaria, che il governo tentava di far approvare con un sotterfugio al di fuori «delle norme costituzionali»114. Il Pci ne chiede le dimissioni e insiste sull’urgenza di passare ad un «governo di convergenza programmatica e di garanzia istituzionale» e sulla propria disponibilità a farne parte115. Sebbene il governo «Goria-idem» ottenga la fiducia e si sbrighi a far approvare il bilancio, i dissapori sono chiari e crolla un mese dopo116. La DC propone De Mita e un quadro di alleanze tradizionali, mentre addirittura il «Times» ipotizza che non sia più necessario mantenere i comunisti fuori dai giochi117. Questi avanzano 11 proposte118: eliminazione dell’inquirente per rispettare il pronunciamento referendario, riforma dell’immunità parlamentare, distinzione tra attività politiche e azione amministrativa, 111 Chiarante G., alla Commissione Cultura, cit. in Baduel U., Modernità e sinistra, ivi», 29/12/1987. Bassolino A. alla Conferenza dei lavoratori comunisti, cit. ivi, 5/3/1988. 113 Direzione del Pci, ivi, 7/2/1988. 114 Natta A., in «l’Unità», 12/2/1988. 115 Dell’Aquila G., Occhetto: governo di garanzia, in «l’Unità»,18/2/1988. 116 Il commento di Natta in «l’Unità», 20/2/1988. 117 Cfr. la traduzione in «l’Unità», 16/3/1988. 118 Cfr. «l’Unità», 16/3/1988 e Direzione del Pci, Per superare il pentapartito, in «l’Unità», 31/3/1988 112 17 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo riforma del codice penale con inasprimento delle pene per i reati contro la pubblica amministrazione, prevenzione e repressione del «capitale criminale», nuova regolamentazione del finanziamento dei partiti, abolizione del voto di preferenza a favore di collegi uninominali, rappresentanza paritetica tra maggioranza e opposizione nelle commissioni d’inchiesta parlamentari, sottrazione delle nomine pubbliche all’arbitrio di parte, separazione tra giurisdizione e amministrazione, riforma dei sistemi di controllo dell’ autonomia dei poteri. In questo discutere di concretezza, tuttavia, il Pci stava perdendo di vista una visione prospettica della politica, cosicché, quando la polemica socialista vi si accanisce119, non si trova in possesso di adeguati mezzi di risposta. La questione assume le forme di una polemica storiografica che mira a rimettere in discussione la figura del «Migliore» e le sue posizioni sulle politiche sovietiche120. Intini parla di un Togliatti «numero due dello stalinismo», Craxi121 chiede che i comunisti si decidano a metterlo da parte, Martelli122 lo definisce «complice e carnefice dello stalinismo». Il Pci reagisce difendendo il proprio leader123, i cui meriti furono «aver concepito una democrazia fondata sulle grandi masse, aver cercato una via originale al socialismo, e aver avvertito, già nel ’50, l’urgenza delle lotte per la pace»124, e la cui approvazione dei processi staliniani è stata «da tempo sconfessata»125. Occhetto tenta di fare chiarezza: La questione di una radicale ricollocazione storica della Rivoluzione d’Ottobre potrebbe portarci a relativizzarne il significato, a vederlo sempre più vicino a una visione giacobina della politica, che ha origine nella stessa Rivoluzione Francese, e non alle caratteristiche necessarie a una politica di trasformazione nei punti alti dello sviluppo del capitalismo126. 119 Cfr. Occhetto A., Sinistra in campo aperto, in «la Repubblica», 10/3/1988. Hobsbawm E., cit. in Paolozzi L., in «l’Unità», 19/3/1988. 120 A partire da un trafiletto di Lerner G., Domande in attesa di risposte, in «l’Avanti», 23/2/1988, nel quale si chiedeva al Pci di aprire i propri archivi per far chiarezza sugli sviluppi effettivi della prigionia di Gramsci, sulla mancata scarcerazione, sul ruolo dell’Urss e di Togliatti. 121 In conferenza stampa a Montecitorio il 23/2/1988. 122 Al congresso organizzato da «Mondoperaio» su Le riforme di Gorbaciov il 26/2/1988. 123 Natta A., cit in Salimbeni A., E su Togliatti al Psi diciamo, in «l’Unità», 7/3/1988. 124 Ingrao P., intervistato da Enzo Biagi il 1/3/1988 125 Boffa G., Bukharin e il Pci, in «l’Unità», 13/2/1988; Napolitano G., Parole e silenzi di Togliatti, in ivi, 21/2/1988. 126 Occhetto A., Sinistra in campo aperto, in «la Repubblica», 10/3/1988. 18 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo Cambiava parte dell’elaborazione ideologica comunista dal momento che si definiva come valore unico quello della democrazia e come sola rivoluzione «l’idea della non violenza» [nota]. Cossutta definisce quella del vicesegretario una riflessione «sconcertante, che sa di capitolazione»127. 2.3. Segretario Il primo maggio sopraggiunge una crisi cardiaca che allontana Natta dalla scena in piena campagna elettorale. Si riparla di successione, ipotesi che, smentita in pubblico128 e neanche sfiorata dal CC129, va acquisendo peso dopo l’ancora negativo esito elettorale. Alla vigilia il vicesegretario aveva avanzato cauti pronostici130, mettendo da parte l’erroneo slancio con cui aveva chiosato le precedenti elezioni. I socialisti diventano il secondo partito in molti comuni, guadagnando il 3% perso dal Pci, vittima anche di schieramenti verdi e liste civiche131. Flores d’Arcais evoca lo spettro del «sorpasso» del Psi, evitabile attraendo i giovani132, dunque cambiando, aggiungeva Pasquino, «il leader e poi la forma stessa del partito»133. Il gruppo dirigente era unito nel considerarla una sconfitta qualitativa, causata dalle perdite nei settori tradizionali, per «esser diventati una cosa diversa», e dalla «difficoltà a conquistare una forza nuova» per la scarsa visibilità delle novità. L’obiettivo diventava la «conquista del centro»134. A questo punto, Natta fa l’atteso passo. Chiede le dimissioni, usando a pretesto le condizioni fisiche ma aggiungendo «che anche se non mi fossi trovato in una condizione di impedimento fisico, vi avrei ugualmente chiesto di affrontare il problema del cambiamento del Segretario»135. Perché la situazione post-elettorale premeva ad un rinnovamento prima del Congresso, con cui intendeva portare a termine «l’impegno, che ho cercato di perseguire in questi anni, di formare un nuovo gruppo dirigente». Una rinuncia dettata dallo stesso spirito che gli aveva fatto accettare l’incarico «per senso del dovere e nella persuasione di agire nell’interesse generale del nostro partito». 127 Cossutta A., cit. in «l’Unità», 12/3/1988. Cfr. D’Alema M., cit. in «l’Unità», 6/5/1988. 129 Cfr. Occhetto A., Intervento al CC, ivi, 5/5/1988. 130 Occhetto A., cit. in Criscuoli S., La campagna senza insulti del comunista Occhetto, in «l’Unità», 23/5/1988. 131 Mussi F., Problemi di rinnovamento, ivi, 31/5/1988. 132 Cfr. Flores d’Arcais P., in «Micromega», giugno 1988. 133 Pasquino G., in «l’Unità», 1/6/1988. 134 Cfr. anche Tranfaglia N., Alcune idee per un programma politico di opposizione, ivi, 7/6/1988 e Nicolini R., Quando ho detto cambiare i dirigenti, ivi, 9/6/1988 135 Natta A., Lettera al CC e alla CCC, ivi, 14/6/1988. 128 19 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo Accludeva alla lettera con cui decretava la fine della sua epoca un messaggio personale per Occhetto, non divulgato, ma che si suppose contenere lamentele per le pressioni e le critiche subite136. Piovono i commenti sulle prime dimissioni di un Segretario comunista: Bodrato ha «l’impressione che sia dominante la preoccupazione umana di non far pesare sul partito una indisponibilità personale. (…) un gesto di grande lealtà»137; Cabras sostiene che «esprime senso di responsabilità e conferma di aver diritto al merito politico di una conduzione del Pci mai di ordinaria amministrazione» guidando «il partito in un periodo di transizione al nuovo, ha compiuto significative scelte di revisione e favorito aperture, ha messo in grado il Pci di avere un nuovo gruppo dirigente»; per Rodotà è «una grande lezione di stile e di moralità politica, un incitamento ad un’iniziativa fatta di comportamenti chiari e definiti». Occhetto apre un CC la cui unica incognita è vedere chi e quanti si opporranno alla sua ascesa sul filo di un omaggio a Natta138. Ma poi cambia tono. Al problema dell’identità e della presenza nella società vuole che si risponda con propositività programmatica, ma anche costruendo una «tavola di valori» per rispondere alla «ventata neoliberista». Il socialismo era da leggersi come «valore, come tendenza, come ricerca di soluzioni concrete» e non «come movimento salvifico della storia». Ridefinito l’orizzonte ideale, muta il fine che viene individuato non nell’«inventare un altro mondo», ma nel «trasformare […] questa società». Non era del tutto chiaro quale fosse la facciata e quale la sostanza, eppure, dopo un dibattito poco vivace, la quasi totalità del CC si pronuncia a favore di Occhetto. Votano contro Fanti139, Perna e Colajanni, che rassegna le dimissioni, convinto che il pensiero politico di Occhetto fosse «fondato tutto sulla concezione delle parole chiave e scelte emblematiche»140 e che il suo fosse un metodo di direzione «decisionista e autoritario, per la quale la scelta degli uomini viene prima 136 Cfr. ad es. al riguardo Macaluso E., Cinquant’anni nel Pci, Rubettino, Messina, 2003. Su questo accordo cfr. anche Mafai M., Botteghe oscure addio!, Mondadori, Milano, 1996: «Il colloquio tra i due si svolge nel garage di Botteghe Oscure, al ritorno dai funerali di Berlinguer. Parla per primo Occhetto. E’ consapevole che Berlinguer puntava su un cambio di generazione e probabilmente su D’Alema, ma ora, gli spiega, è troppo presto. ‘Adesso posso mettermi in pista’. dice Occhetto, ‘ma ho bisogno del tuo appoggio per fare prima il vice e poi il segretario’. D’Alema accetta» (p. 142). 137 Questa e successive, cit. in Cascella P., I partiti giudicano il suo gesto, ivi, 14/6/1988. 138 Occhetto A., Relazione al CC 20-21/6/1988, ivi, 21/6/1988. 139 Cfr. le rispettive dichiarazioni di voto,in «l’Unità», 22/6/1988, in cui dubitano delle stesse «qualità politiche» di Occhetto. 140 Colajanni N., Lettera al CC, in «l’Unità», 22/6/1988. 20 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo del dibattito sulla linea politica». Ingrao tace. Cossutta si astiene141. Natta garantisce il proprio appoggio142. E’ l’inizio del «nuovo corso». 3. Ultimo atto 3.1. Personaggi ed interpreti Achille Occhetto, neo eletto Segretario, nasce a Torino nel 1936 da padre partigiano, editore di Einaudi e Feltrinelli e fondatore della Sinistra Cristiana. A Milano si iscrive alla Fgci e ne è al vertice dal ’62 al ’66. Oratore alle esequie di Togliatti, legato a Longo da ottimi rapporti, nel ’68 si schiera con gli studenti. Nel ’73 diventa segretario della Sicilia. Tornato a Roma, responsabile della sezione scuola, poi per il Mezzogiorno, arriva alla Segreteria nel 1983, per volontà di Berlinguer. Massimo D’Alema, nato nel 1949 da padre dirigente comunista, è una promessa fin dall’infanzia da pioniere. Nel ’75 Segretario della Fgci, nell’80 è Segretario regionale della Puglia e nell’87 deputato. In quell’anno Natta lo chiama in Segreteria, responsabile della propaganda. Piero Fassino, coetaneo, figliodella borghesia partigiana piemontese, studia dai gesuiti, poi dal ’71 si occupa dell’area di Mirafiori ed è consigliere comunale. Nell’83 è Segretario della Federazione e arriva anch’egli alla Segreteria nell’87. Walter Veltroni nasce nel 1955 a Roma. Nel ’70 si iscrive alla Fgci. Consigliere comunale fino all’85, passa al Partito nell’81, come vice della sezione Stampa e Propaganda. Nell’83 è eletto al Cc nella sezione Comunicazioni di massa. Nell’86 è capo dell’Ufficio Stampa. Nell’87, deputato, è chiamato nella rinnovata Segreteria. 3.2. Scena Prima: sortite ad effetto La prima prova di Occhetto è la tornata elettorale in Val d’Aosta e Friuli. Nei pronostici è sempre più cauto: «è probabile che perdiamo qualcosa tra chi non comprende questo processo (n.d.r. di rinnovamento), ma abbiamo espresso elementi di novità con vigore sufficiente da attrarre forze nuove»143. Va peggio del previsto. In Friuli il Psi sorpassa di un decimo di punto144. Si disse che due settimane innovative non erano state sufficienti perciò il Segretario introduce novità sull’immagine del leader e sull’ideologia. Si lascia 141 Cfr. Cossutta A., Intervento al CC, ibidem. E Boldrini, Corbani e Pestalozza. Natta A., Messaggio a Occhetto neo segretario, ivi, 22/6/1988. 143 Occhetto A., in Sartori M., Con la sinistra europea, ivi, 25/6/1988. 144 Pellicani G., in «l’Unità», 28/6/1988. 142 21 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo immortalare in teneri atteggiamenti con la terza moglie, incarnando un nuovo tipo di dirigente comunista145. Poi, inaugurando un monumento a Togliatti, lo definisce «corresponsabile di scelte, di atti dell’epoca staliniana»146. È l’ennesimo coupe de théâtre, ingigantito dai media che titolano: Occhetto abbatte il mito di Togliatti147. Inizia un’opera di limatura delle sue parole, facendole passare solo un modo diverso per esprimere una riflessione già acquisita148. Definire «inevitabile» la scelta di un dirigente comunista dell’epoca non era un errore, aggiunge Pajetta, purché un «espressione infelice»149 non fosse oggetto di strumentalizzazione per trasformare Togliatti in un codardo. Macaluso pubblica Togliatti e i suoi eredi, Ottolenghi ne parla da «Rinascita», Chiarante ai responsabili culturali del Pci, Turci a «Mixer». Occhetto incentra sulla questione storico-identitaria la relazione d’apertura del CC150, puntando alla «conquista del centro». «Non c’è dubbio» che, già da lungo tempo, il partito non era riconducibile «esclusivamente alla Rivoluzione d’Ottobre». Le vecchie divisioni di lì scaturite erano superate e si era socialisti solo «in quanto si cercano vie originali e nuove per l’affermazione di ipotesi di rinnovamento profondo della società». Il socialismo non era più un «fine della storia» o un «altro sistema già ben definito», ma «rinnovare» la società dal suo interno. Cossutta151 definì «uscite infelici» le parole del Segretario. Scettico anche Ingrao, secondo cui il Pci aveva perso una «concreta criticità» verso il nuovo capitalismo, togliendo «respiro unificante alle lotte del lavoro» e facendo il gioco di quanti speravano si limitasse alla correzione del sistema152. La linea d’Occhetto è comunque approvata e sancita dall’ingresso di Mussi in Segreteria, da D’Alema alla direzione del «l’Unità», e da Fassino a responsabile della sezione Organizzazione. Si vara quindi un nuovo iter congressuale: per la prima volta il dibattito sarebbe svolto prima della stesura del documento153. La novità era congrua ad un Pci che voleva 145 Cfr. Marroni S., Catalano E., I baci d’Achille, in «il Venerdì», supplemento a «la Repubblica», 25/6/1988. 146 Occhetto A., cit. in «l’Unità», 9/7/1988. 147 «La Repubblica», 9/7/1988. 148 Roggi E., Occhetto su Togliatti: la novità c’è, in «l’Unità», 10/7/1988. 149 Pajetta G., ivi, 14/7/1988. 150 Occhetto A., Relazione al CC 19-21/7/1988, ivi, 20/7/1988. 151 Cossutta A., Intervento al CC, ivi, 21/7/1988. 152 Ingrao P., ibidem. 153 Cfr. Criscuoli S., Le scaramucce De Mita-Craxi, ivi, 3/9/1988; Occhetto A., in Ibba F., Così occorre ripensare Stato, mercato e socialismo, ivi, 4/9/1988. 22 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo descriversi come la sola forza del «riformismo forte», attraverso una prassi di espansione della democrazia e di un’idea di socialismo come «massima realizzazione delle libertà individuali». Occhetto continua a portare vento di novità. Il suo discorso conclusivo si tiene di sabato, per non perdere l’effetto mediatico del resoconto su «la Repubblica»154. «E’ in questo modo che si è fedeli alla lezione di tre grandi maestri della sinistra europea: Olaf Palme, Willy Brandt e Enrico Berlinguer»155, dice, cambiando l’olimpo dei padri. E’ il 18 settembre. Il 27 muore Spriano per un arresto cardiaco; il 28 Candeloro, per le complicazioni di un infarto. La Direzione intanto esamina una bozza di documento congressuale156, la emenda e la manda al Cc, dove arriva con alcune modifiche, apportate nella notte da Occhetto stesso. Si articolava in due parti, frutto della visione politica del Segretario e del suo formulario157: una sul nuovo corso politico, la situazione generale e l’alternativa; l’altra sulla riorganizzazione del partito. «La strategia del compromesso storico è definitivamente alle nostre spalle» e le idee-forza collocano la proposta dell’alternativa nell’area del «riformismo forte». La riforma dello Stato interventista diventa parte di una proposta di un nuovo sistema politico-istituzionale che si articola nel ricondurre i partiti al loro ruolo di espressione della volontà della gente; riformare la legge elettorale per garantire al cittadino che sia ben chiaro quale maggioranza voglia al governo158; approvare un nuovo regolamento parlamentare, possibilmente nella via del monocameralismo; prospettare un piano per l’introduzione della democrazia economica pur riconoscendo «il mercato strumento essenziale». Sul rinnovamento del partito vi si sosteneva che esso dovesse restare di massa, ma acquistando una più forte caratteristica di opinione. Occhetto dà eco alla proposta di un «governo-ombra»159, già ventilata ma mai resa ufficiale. Occhetto presenta di nuovo al CC una versione del documento con delle modifiche personali nella trattazione della collocazione europea160, dell’analisi dei 154 Cfr. la vignetta di Bobo di Staino ivi, 18/9/1988. Occhetto A., Così costruiamo il nuovo Pci, ivi, 18/9/1988. 156 Cfr. Occhetto: un Congresso di grande portata, ivi, 14/10/1988; Spataro P., Il nuovo corso del Pci, ivi, 15/10/1988. 157 Come ammette egli, ivi, 27/10/1988. Cfr. Bozza del documento congressuale proposta al CC del 2627/10/1988, ivi, 27/10/1988 158 Al riguardo Occhetto aveva già creato scompiglio con una dichiarazione all’Assemblea Nazionale dell’ANCI: «Chiediamo l’elezione diretta del governo, così da rispettare il diritto dei cittadini di poter scegliere come, da chi e sulla base di quali programmi saremo governati», ivi, 21-23/10/1988. 159 Occhetto A., cit. in Rondolino F., Gli elettori debbono decidere, ivi, 6/11/1988. 160 Cfr. Documento politico del Pci per il XVIII Congresso, supplemento de «l’Unità», 4/12/1988. 155 23 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo mutamenti e della lotta sociale, della definizione dell’alternativa e del riformismo forte. Un ordine del giorno161 innovativo prevedeva l’espressione di consenso sui soli «indirizzi generali», senza un’approvazione di tutto il testo. Pur votando in sostanza tutti a favore162, ciascuno ha delle obiezioni da fare: Pajetta e Macaluso vedono vaghezza nella definizione dei rapporti col Psi; Bufalini considera «contraddittoria, confusa e scarsamente comprensibile» la parte che riguarda la definizione di alternativa e di discontinuità; Cacciapuoti teme gli eccessi «demolitori» dell’autocritica; Napolitano considera molte parti «insufficienti, oscure e contraddittorie» rispetto agli indirizzi del Segretario. Cossutta presenta addirittura un documento alternativo. Bisognava prendere atto della sconfitta, dettata dal fatto che non si era colto lo sbriciolamento del blocco sociale. Di qui il pericolo del disimpegno dalla ideologia e del «pentitismo». Si dovevano evitare le tentazioni di riformismo e l’obiettivo doveva restare la trasformazione della società con la socializzazione dei grandi mezzi di produzione. Una via da percorrere nell’orizzonte europeo, costruendo «larghe convergenze tra comunisti e socialdemocratici» senza disconoscere la diversità delle due esperienze. Il nuovo anno si apre con l’ennesimo exploit di Occhetto, ancora sull’interpretazione delle rivoluzioni. «Se ci fermiamo alla fase dell’agosto 1789, alla ‘Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino’, non c’è dubbio: il Pci è figlio di questo grande atto della storia»163. E c’è di più: «La Rivoluzione d’Ottobre nasce, sulla scia della Rivoluzione francese», e anch’ella s’era allontanata dalla soluzione della contraddizione tra libertà e eguaglianza, perciò «entrambe non sono più in grado di esaurire le problematiche del presente». Ciò giustificava nuove letture della storia sì da concludere che la «Storia non ha più bisogno» di nessuna rivoluzione. Ovviamente scatena le polemiche164. La critica più autorevole viene da Bobbio, che rivendica come «liberale» la Rivoluzione francese, dunque antitetica al socialismo. E ammonisce: «ciascuno può scegliersi gli antenati che vuole, ma non qualsiasi antenato se vuol mantenere la sua 161 Cfr. Occhetto A., Relazione e intervento al CC, in «l’Unità», 25/11/1988; Angius G., ibidem. Questa e le successive cfr. ivi, 26/11/1988. 163 Occhetto A., in Adornato F., Siamo figli dell’89, in «l’Espresso», 23/1/1989. Poi in Occhetto A., Un indimenticabile ‘89, Milano, Feltrinelli, 1990. 164 Cfr. Filo diretto con Occhetto, «Italia Radio», 21/1/1989; Bandinelli A., Appunti per i gelosi custodi della rivoluzione, in «l’Unità», 24/1/1989; Tronti M., Ma dove sta lo scandalo se Occhetto riflette sull’89?, ivi, 27/1/1989; Pajetta G., Perché sono giacobino, ivi, 1/2/1988. 162 24 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo identità»165. Occhetto replica: socialismo e liberalismo capitalistico appartenevano entrambi a vecchi schemi da superare. 3.3. Scena seconda: un altro Congresso Il «nuovo Pci» di Occhetto arriva al Congresso in una certa confusione, sintetizzata da una vignetta di Bobo: «Finalmente vado ad un Congresso con le idee chiare! Per l’unità delle masse cattoliche e comuniste nel superamento del concordato in una lotta dura contro Craxi per l’unità anche con lui» e la figlia Ilaria chiede: «Pensi sia in grado di trovare la strada per Roma?»166. E’ l’ora zero del «tempo dell’alternativa»167. Come base di discussione ci sono i documenti di Occhetto e di Cossutta, 450 emendamenti e 700 mozioni. Tre gli elementi inediti nel regolamento: «apertura del partito alle posizioni più diverse, facoltà di ogni delegato di proporre nominativi da eleggere, livelli minimi di rappresentanza femminile»168. Occhetto pone come obiettivo la salvezza dell’umanità: ecologista cita Marx parlando dell’Amazzonia, ricorda Togliatti parlando del nucleare, esalta Berlinguer sulla distribuzione delle ricchezze globali. Occorreva dialogare con i nuovi movimenti sul crescente divario tra ricchi e poveri, il «flagello» della droga o l’aumento della temperatura del pianeta, senza riprendere ricette come la mutazione delle forme di proprietà. «Democrazia, competenza, decisione e controllo» erano le parole chiave per accantonare «l’individualismo capitalistico» ad Ovest e «il collettivismo burocratico» ad Est. Così, e con i programmi come metro di giudizio, ci si poteva rivolgere «all’insieme delle forze riformatrici e riformiste, laiche e cattoliche», e al nuovo Psi, riconoscendogli «le intenzioni e i meriti» «a proposito della percezione, che quel partito ha avuto, dell’esaurirsi di un lungo ciclo della vita politica del nostro paese». Il Pci non temeva lo spauracchio di un cambio di nome, una questione di cui al momento mancavano i presupposti. Cossutta è categorico169: nel Pci s’era fatto dominante il riformismo, e l’aggettivo «forte» non annullava il sostantivo. «Una mutazione genetica del Pci», un’«autoflagellazione», un «gesto suicida». Napolitano plaude alla capacità di portare avanti le innovazioni seminate a Firenze nell’86, quando si «sancì la scelta di considerarci, senza alcun residuo impaccio, parte integrante della 165 Bobbio N., in «l’Espresso», 29/1/1989. Cfr. Staino S., in «l’Unità», 18/3/1989. 167 Questo il titolo della relazione di Occhetto, cit. in Occhetto A., Un’indimenticabile ‘89, cit. 168 Ignazi P., op. cit., p. 95. 169 Cossutta A., ivi. 166 25 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo sinistra europea»170. Parlare di riformismo non era sposare «tardivamente qualcosa di estraneo», ma «portare in piena luce una parte fondamentale della nostra esperienza storica», diventando «più competitivi» rispetto al Psi. Del Pci non cambiano i simboli, gli inni e la bandiera, ma è cambiato lo stile di vita. La mozione conclusiva approva Occhetto e il partito del riformismo forte, dell’opposizione per l’alternativa, della proposta al Psi, dei rapporti coi movimenti. Il CC vede l’ingresso di 139 volti nuovi ed il suo numero aumentato. Occhetto è acclamato Segretario, con 2 no. Lo statuto171 mostra elementi di discontinuità sin nella premessa, in cui si dice essere il Pci «un’organizzazione non ideologica, alla quale aderiscono, indipendentemente dalle convinzioni filosofiche e religiose, coloro che concordano con le finalità indicate» – una società che sia ispirata a valori di libertà, solidarietà e giustizia, di valorizzazione della differenza sessuale, di non violenza e di salvaguardia dell’ambiente – che «possono essere conseguite solo con il concorso di forze di diversa esperienza, tradizione, collocazione sociale e di differente orientamento ideale». All’organizzazione del partito si affiancheranno «Centri di iniziativa su basi tematiche ai quali può partecipare chiunque si dimostri interessato». La CCC assume il nome di «Commissione nazionale di Garanzia» e lo scopo di verifica periodica delle «condizioni della vita democratica» nel partito. Su proposta del Segretario il numero dei membri della Direzione sale, per garantire «riequilibrio femminile, consistente presenza di compagni della nuova generazione politica che dirigono ormai settori fondamentali del partito, immissione di forze intellettuali attive, l’unità del partito da realizzarsi attraverso un’equilibrata rappresentanza di diversità»172. Il generale ringiovanimento ha come emblema Veltroni, il candidato che ottiene il maggior numero di consensi173 per la Direzione, la riconferma degli gli ultimi entrati (Turco, Fassino, Petruccioli e Mussi) e l’aggiunta di Veltroni stesso e Bassolino in Segreteria. 170 Napolitano G., ibidem. Statuto del Pci approvato al XVIII Congresso, Editori Riuniti, Roma, 1989. 172 Occhetto A., Relazione al CC del 5-6/4/1989, ivi, 6/4/1989 e il commento di D’Alema, ivi., 7/4/1989. 173 Cfr. Ibba F., Quel voto che mi ha escluso dalla Direzione, intervista a Cervetti, ivi, 20/4/1989; Cossutta A., Vogliamo l’Unità del Pci?, ivi, 13/4/1989. 171 26 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo 3.4. Scena terza: Signori, si chiude Molteplici sfide attendono questo Pci, anzitutto le elezioni europee. Occhetto incontra a Parigi il socialista Mauroy174; in Polonia Walesa175; a Barcellona i comunisti catalani176. Napolitano parla di un’«eurosinistra», vista la «larga confluenza tra il programma elettorale nostro e quello dei partiti dell’Internazionale socialista», attorno alla prospettiva dell’unione politica; al nesso inscindibile tra ritmo della crescita, politiche per l’occupazione, salvaguardia dell’ambiente, qualità dello sviluppo e superamento degli squilibri regionali; alla battaglia per le pari opportunità e sui diritti dei cittadini; ad una scelta di politica estera comune; alla collaborazione con l’Est, la cooperazione tra diversi sistemi economici e sociali e l’apertura di un serio dibattito sui diritti e la democrazia; all’allargamento degli orizzonti della Comunità ai Paesi non allineati; ad un’inversione di tendenza nei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo177. I risultati vedono il Pci risalire al 27,6%178. Il balcone del Bottegone riapre per un Segretario sorridente179. Il voto metteva «una pietra tombale sull’ipotesi di un Psi che ‘sfonda’ il Pci»180. Bisognava puntare tutti sulle questioni concrete per dare eco anche al voto verde e radicale, a «un modo diverso, non ideologico, di fare politica» e alla fine delle «grandi crociate». Il voto era «il riconoscimento del nuovo Pci» e premiava una scelta politica. Scatenatasi una nuova crisi di governo, Occhetto propone che si lasciasse libero «il campo ad un ministero che assuma nel proprio programma l’obiettivo della riforma del sistema politico»181. Si apre il Congresso del Psi, accompagnato dal «patto del camper» tra Craxi e Forlani, che prevedeva la sostituzione di De Mita con Andreotti182. De Mita rassegna le dimissioni183. La notizia giunge ad Occhetto nel mezzo del primo viaggio ufficiale di un Segretario del Pci negli Usa, dove era andato mosso dalla volontà di spiegare agli americani il nuovo Pci e per «ottenere in America la fiducia per la 174 Parlando per la prima volta di «eurosinistra», ivi, 12/4/1989. Cfr. Bertinetto G., Walesa abbraccia Occhetto, ivi, 22/4/1989. 176 Cfr. Rondolino F., Una sinistra per l’Europa, ivi, 23/4/1989. Vi propone un gruppo per il parlamento europeo da non chiamarsi «comunista» e formato anche da socialisti e socialdemocratici. 177 Napolitano G., Relazione al CC dell’8/5/1989, ivi, 9/5/1989. 178 Dati ivi, 20/6/1989. 179 Occhetto A., in Criscuoli S., Pci a sorpresa: vince, ivi, 19/6/1989 180 Occhetto A., in Rondolino F., Sfida del Psi fallita, alternativa possibile, ivi, 20/6/1989. 181 Occhetto A., cit. in Frasca Polara G., Lasciate libero il campo, ivi, 11/5/1989. 182 Cfr. Occhetto A., Un indimenticabile ’89, cit.; Cascella P., Il Psi tuona per una verifica, ivi, 15/5/1989. V. anche Craxi B., intervistato da Gianni Minoli a «Mixer», 14/5/1989. 183 De Mita C., Messaggio al Presidente della Repubblica, cit. ivi, 20/5/1989. 175 27 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo legittimità a governare»184. Si conclude l’era De Mita, spodestato da Forlani a piazza del Gesù e da Andreotti a palazzo Chigi. Si sviluppava nel frattempo la vicenda del governo-ombra. Pellicani, coordinatore del progetto, ne delineava le problematiche: non «dividere il partito in movimentisti e ministeriali»185 e distinguere tra «la funzione programmatica destinata ad incidere sull’azione di governo» e «la mobilitazione di movimenti in stretto rapporto con le tensioni più profonde della società». Ultimo passo è la ristrutturazione di Botteghe Oscure. Fassino186 presenta una «completa ridefinizione di funzioni e di compiti», con strutture che avranno come obiettivo l’«elaborazione del progetto». Il lavoro è riorganizzato attorno a nove aree tematiche e, soprattutto, si costituisce uno «staff» personale del Segretario. Si approfondiva infine la revisione ideologica. La risposta alla repressione di Piazza Tien Anmen è severa. Occhetto da un sit-in all’ambasciata invia un messaggio alle autorità cinesi: era un «eccidio inaudito»187, che poneva fine a qualsiasi idea internazionalista e si configurava come «un colpo di stato che usurpa il nome di ‘comunisti’»188. L’idea della necessità di cambiamento del nome inizia a risuonare. Napolitano afferma che «può essere preso seriamente in considerazione»189, in concomitanza con l’allargamento delle forze rappresentate e di un mutamento di condizione. Occhetto sembra chiudere la questione dicendo che nessuno in Direzione aveva posto il problema190. Ciò non impedisce a «la Stampa» di titolare Il Pci annuncia: cambieremo nome191. La controversia si era già trasformata in un «catalizzatore di divisioni latenti da tempo»192. Intervengono a favore Lama193, De Giovanni194, Giolitti195, mentre Hobsbawm196 esprime un parere contrario. 184 Occhetto A., cit. in «l’Unità», 6/5/1989. Pellicani G., in Criscuoli S., Quel governo fatto dall’opposizione, ivi, 8/4/1989. 186 Cfr. Così cambia la struttura di Botteghe Oscure, ivi, 19/7/1989. 187 Occhetto A., Con i giovani e i lavoratori della Tien AnMen, in Id., “Un indimenticabile ‘89”, cit. 188 Occhetto A., in «l’Unità», 6/6/1989. 189 Napolitano G., in Nuovo nome al partito?, ivi, 9/6/1989. 190 Occhetto A., ibidem. 191 Cfr. «La Stampa», 9/6/1989. 192 Gualtieri R., Il Pci, la Dc e il vincolo esterno, in Id., “Il Pci nell’Italia repubblicana”, cit., p. 97. 193 Lama L., in «Panorama», 8/6/1989. 194 De Giovanni B., Ma quelle idee sono tutte lì, in «l’Unità», 11/6/1989. 195 Giolitti A., in Frasca Polara G., Budapest ’56- Pechino ‘89, intervista a Giolitti A, ivi, 13/6/1989. 196 Hobsbwam E., in Bosetti G., Addio vecchia, cara rivoluzione, intervista ad Hobsbawm, ivi, 29/6/1989. 185 28 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo Quando il Partito ungherese decide di riabilitare Imre Nagy con funerali solenni, Occhetto decide di assistervi e vi esalta il carattere «democratico e popolare della rivolta», portando a compimento la revisione dei giudizi del ‘56 quando «Togliatti sbagliò»197. Per la prima volta, poi, il Pci partecipa al Congresso dell’Internazionale Socialista. Ciò porta alcuni a parlare di un’ormai scontata e auspicabile convergenza col Psi198. A rinfocolare le polemiche giunge un articolo di De Giovanni199, il quale tornava a riflettere su Togliatti. Era stato uomo dell’Internazionale e come tale credeva nella costruzione di un «campo», nella «vittoria finale del mondo nato dal 1917», e ciò lo aveva condotto ad una «universale giustificazione di tutto ciò che costituì il terreno di una politica concreta», che andò a coincidere con la politica di Stalin. Un «effettivo realismo» «guidato da una coltissima utopia», da un «sistema di persuasioni» che, grazie al pensiero sulla democrazia, gli garantiva una tale apertura di visioni da non chiuderlo nel personaggio di «esecutore di apparato», ma di essere un grande dirigente di un partito perciò ben radicato nella realtà italiana. Si poteva parlare di lui come di un «doppio» Togliatti, «ma la sua persona e la sua cultura non possono non rimanere coinvolte nella fine di un mondo» e riconoscerlo colloca il Pci «assai al di là della sua eredità». Quasi tutti vogliono dire la loro200. Addirittura Andreotti si meraviglia di dover difendere Togliatti e Berlinguer dai comunisti: «Occhetto deve stare attento a sconfessare i Segretari del passato perché c’è già chi pensa alla successione»201. Asor Rosa, neo-direttore di «Rinascita», annuncia che il nome di Togliatti sarebbe scomparso dal sottotitolo della rivista202, per avviare una revisione critica della tradizione che avrebbe coinvolto anche Berlinguer. La situazione all’Est scivolava lungo una china ripida: i profughi tedeschi ottengono in Ungheria la liberà di varcare le frontiere verso l’Ovest, e inizia un flusso ininterrotto di migliaia di persone. La Germania Est chiude le frontiere mentre si infittiscono le manifestazioni contro Honecker. Ma nel CC il Segretario rivolge solo un accenno 197 Occhetto A., cit. in Sappino M., Occhetto: siamo eredi di Nagy, ivi, 17/6/1989. Borghini G., Ora le forze socialiste possono pensare ad una riunificazione, ivi, 1/7/1989. 199 De Giovanni B., C’erano una volta Togliatti e il comunismo reale, ivi, 20/8/1989. 200 Giolitti A., in «l’Unità», 22/8/1989; Tranfaglia N., ivi, 21/8/1989; Fassino P., in «il Corriere della Sera», 23/8/1989; Serra M., in «l’Unità», 27/8/1989; Foa V., ivi, 28/8/1989; Magri L., ivi, 29/8/1989; Libertini L., ivi, 30/9/1989; Gozzini M., ivi, 31/8/1989; Chiaromonte G., ivi, 1/9/1989; Ugolini B., ivi, 1/9/1989; Macaluso E., ivi, 3/9/1989; Cerroni U., ivi, 6/9/1989; Occhetto A., ivi, 14/9/1989 e Id., ivi, 17/9/1989; 201 Cit. in Leiss A., Andreotti imbarazzato tira le orecchie a CL, in «l’Unità», 25/8/1989. 202 Asor Rosa A., in «Panorama», 9/9/1989. 198 29 Un capitolo di storia del Pci Michelangela Di Giacomo all’Est, la cui crisi «non cancella e non annulla le contraddizioni, le ingiustizie, gli squilibri drammatici delle società dell’Occidente»203. Nessuno parla del nome, ma il problema si ripropone dopo che il Posu adotta il nuovo nome di Partito Socialista Ungherese204. Il 3 novembre, Occhetto invia una lettera a Brandt205, lodando i risultati raggiunti in Polonia e Ungheria e segnalando l’urgenza di «un concreto incoraggiamento da parte dell’Occidente», quale la collaborazione del Pci all’Internazionale socialista. Rilancia la definizione di Pci come «la più grande forza socialista all’opposizione», tanto da poter dire che «se il nome non fosse stato già occupato ci saremmo tranquillamente potuti chiamare Partito Socialista»206. Il 9, l’Rdt annuncia che sarebbero state tolte le restrizioni ai permessi di viaggio dei suoi cittadini. Nella notte una folla in delirio abbatte il Muro di Berlino. Occhetto è in Inghilterra ad incontrare il laburista Kinnock, e commenta: «Si può dire che finisce adesso la Seconda Guerra Mondiale»207. La pressione si fa schiacciante sul precario agglomerato di idee e indirizzi diversi in cui il Pci s’era trasformato. Il lunedì «l’Unità» pubblica la notizia della partecipazione improvvisa di Occhetto ad una riunione di ex partigiani alla Bolognina208. Mescolando confusamente incerte innovazioni e strascichi della tradizione, si perse un’identità e una storia. E si cominciò a cercarne di nuove. 203 Occhetto A., Relazione al CC del Pci, 2/10/1989, ivi, 3/10/1989. Congresso del POSU, cit. ivi, 8/10/1989. 205 Occhetto A., Aiutiamo la Perestrojka, lettera a Brandt, ivi, 3/11/1989. 206 Occhetto A., cit. in Frasca Polara G., La sfida ad Est può unire la sinistra, ivi, 4/11/1989. 207 Occhetto A., cit. in Pancaldi A., E’ finita un’era, ivi, 11/11/1989. 208 Occhetto A., cit. in Donati W., Occhetto ai veterani della Resistenza, ivi, 13/11/1989. 204 30