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12 EUGEN EHRLICH (1862 – 1922) Nasce a Bucovina (Ucraina) nel 1862. Compie gli studi all’Uni di Vienna dove si laurea. Diventa prof di diritto romano all’uni di Czernowitz e successivamente diventerà rettore. Fonderà un seminario per lo studio del diritto vivente lebendes Recht. Autore del celebre opuscolo LIBERA RICERCA DEL DIRITTO E LIBERA SCIENZA GIURIDICA. Viene considerato l’iniziatore della scuola del diritto libero. Nella sua opera I FONDAMENTI DELLA SOCIOLOGIA DEL DIRITTO considera il vero e proprio atto di nascita della sociologia del diritto, egli aveva posto una domanda cruciale : “Di che cosa è scienza la scienza del diritto?” la sua risposta creò critiche e polemiche di Kelsen. In un’altra opera esprime un’altra domanda cruciale : “Esiste un diritto unico, o invece esistono solo diritti diversi in diversi stati e presso diversi popoli?” Muore a Vienna nel 1922 a 59 anni. LA SOCIOLOGIA DEL DIRITTO “Esiste un diritto unico, o invece esistono solo diritti diversi in diversi stati e presso diversi popoli?” Davanti a questa domanda si formano 2 gruppi: 1)Coloro che sostengono una molteplicità dei diritti Essi tendono a riferirsi alle proposizioni giuridiche (RECHTSSAETZE) o norme: consistono in istruzioni dirette ai tribunali sul modo in cui essi devono decidere in dati casi, o ai funzionari amministrativi sul modo in cui in dati casi devono agire. 2)Coloro che mettono in evidenza ciò che v’è di comune Hanno in vista non le singole proposizioni ma l’ordinamento sociale(GESELLSCHAFTLICHE ORDNUNG): esso si fonda sui seguenti istituti sociali matrimonio,famiglia,possesso,contratto,successione. Gli istituti sono percettibili con i sensi per il fatto che le persone, le quali si trovano in detti rapporti sociali, si regolano nella loro condotta secondo certe norme. Per questo anche se ci si reca in un paese straniero nonostante l’ignoranza delle proposizioni giuridiche, saremo abbastanza istruiti per poterci regolare senza creare problemi. Ma puo’ darsi un diritto un diritto senza proposizioni giuridiche? Puo’ darsi un diritto che non in altro consista che nell’ordinamento della società? La risposta è affermativa perché la società è più antica delle proposizioni giuridiche, e, prima che queste abbiano avuto origine, essa deve aver avuto un certo ordine. Ehrlich ammette quindi l’esistenza di un diritto che non in altro consista che nell’ordinamento della società. Nel periodo della cosiddetta preistoria del diritto non vi erano ancora tribunali: le controversie venivano risolte o amichevolmente mediante compromesso o terminate con vendette di sangue. I tribunali sorgono più tardi: quando le parti consentono a dirimere pacificamente la controversia ma non riescono ad accordarsi sul quantum per cui l’offeso sarebbe disposto a rinunciare alla vendetta; allora esse si sottomettono alla decisione di una o più persone di loro fiducia, che hanno il compito di stabilire l’importo del risarcimento. Fissato questo ammontare, quando in seguito si ripresenti un caso simile, il querelante dovrà accontentarsi del quantum già stabilito. Da ultimo siffatti risarcimenti vengono spesso stabiliti e proclamati da una qualche pubblica autorità o assemblea popolare. Questa fu la prima forma in cui comparvero le proposizioni giuridiche. Con il passare del tempo sorse la necessità di giudicare ogni nuovo caso con gli stessi criteri adottati nei precedenti casi simili. In tal modo nacquero i giuristi, i quali emisero decisioni nei singoli casi. Le decisioni giudiziarie divennero proposizioni giuridiche, poiché contenevano regole per la decisione di casi giuridici futuri. Nella sua forma originaria la proposizione giuridica è quindi una decisione giudiziaria. I giuristi di common law, tuttavia, non si limitano alle semplici raccolte di decisioni giudiziarie, ma divengono col tempo scrittori e maestri di diritto e come tali istituiscono proposizioni giuridiche, specie per mezzo di generalizzazioni. Ogni decisione giudiziaria contiene elementi essenziali e non: i giudici eliminano le parti non essenziali rendendo la proposizione generalmente applicabile. In seguito i giuristi tentano di prevenire l’opera dei tribunali e foggiare proposizioni giuridiche per casi non ancora divenuti oggetto di decisioni giudiziarie. Questo diritto dei giuristi in alcuni Stati è riuscito a sovrapporsi a ogni altro, come in Italia, Francia, Germania. I Tribunali ricorrono allora non alle precedenti decisioni e neppure alle leggi, ma agli scritti dei giuristi, ormai di una mole eccessive e ricchi di contraddizioni e questioni controverse. Si rese necessario porre ordine. Ciò fece innanzitutto l’imperatore romano Giustiniano, con il Digesto, il quale consta di estratti degli scritti di giuristi romani. Nella stessa via si mossero i legislatori europei e nacquero così il Codice Napoleone, l’austriaco, il Codice civile germanico,… A torto si crede oggi che tutto il diritto venga prodotto dallo Stato con le sue leggi. La maggior parte del diritto trae immediatamente origine dalla società in quanto, essa è interno ordinamento dei rapporti sociali, del matrimonio, della famiglia, … e non è mai stato ridotto a proposizioni giuridiche, le quali vengono invece alla luce nelle sentenze dei magistrati e nella giurisprudenza intesa come diritto dei giudici e dei giuristi. Non si deve, tuttavia, concludere che non vi sia affatto un diritto statale, prodotto dallo Stato con le leggi. Anche lo Stato produce diritto quando, con i suoi mezzi, dà ordini regolandoli giuridicamente. Diritto statale è innanzitutto la Costituzione. Il diritto statale consta in massima parte di norme amministrative, cioè di istruzioni indirizzate ai funzionari, ma comprende anche norme giudiziarie, cioè istruzioni ai giudici sul modo con cui debbono venire disciplinati e risolti i conflitti giudiziari. Solo tardi lo Stato divenne legislatore, essendo inizialmente un centro di forze militari, poco interessato al diritto e ai tribunali. E’ quindi errato ritenere che istituti sociali come il matrimonio, la famiglia, la corporazione, il possesso,….siano stati introdotti mediante proposizioni giuridiche se non mediante leggi. La maggior parte delle proposizioni giuridiche non è originata dalle leggi, bensì dal giudiziario diritto dei giuristi. Lo Stato è più antico del diritto. Le proposizioni che regolano il matrimonio e la famiglia presuppongono l’esistenza del matrimonio e della famiglia e così via. Le proposizioni giuridiche non possono comprendere tutto il diritto: decisioni giudiziarie si hanno solo nei casi che vengono portati innanzi ai tribunali e anche i giuristi trattano di solito unicamente di quelle questioni di cui si occupano i tribunali; ma ben pochi affari sono portati in giudizio, i più dei quali si svolgono senza controversie e molte persone furono tra loro in rapporti giuridici senza aver mai avuto a che fare con tribunali. Inoltre molti cittadini preferiscono una risoluzione amichevole della controversia sia per evitare le spese di un giudizio sia perché un tempo contadini, artigiani,…non avevano speranza di ottenere giustizia contro un potente. Inoltre che solo i più alti e considerevoli tribunali con le loro decisioni stabiliscono delle massime. Inoltre non si trovano proposizioni giuridiche per rapporti di recente origine, poiché si richiede un certo tempo prima che un sufficiente numero di controversie sia portato innanzi ai tribunali e prima che attirino l’attenzione dei giuristi che compongono libri di diritto. La proposizione giuridica è in tanto e fin tanto applicabile, in quanto e fino a che permanga il suo presupposto sociale: venendo meno i rapporti per i quali essa sussiste, non ripetendosi i conflitti di interessi ai quali essa si riferisce, essa diviene lettera morta anche se non sia esplicitamente abrogata. La maggior parte del diritto, che consiste nelle istituzioni sociali, ha origine e si sviluppa in seno alla società stessa. La moderna scienza della società o sociologia tratta il diritto come funzione sociale. Essa non può arrestarsi alla proposizione giuridica in quanto tale, ma deve considerare tutto il diritto nella sua dipendenza dalla società, e includere in questa dipendenza anche la proposizione giuridica. Ehrlich propone quindi una concezione sociologica del diritto (una concezione giurealistica) secondo la quale il diritto è un ordinamento sociale che si fonda su istituti sociali: matrimonio, famiglia, possesso,….Le realtà individuali che ricadono sotto un certo istituto sono “realtà giuridiche”. Secondo Ehrlich il diritto è non norma, ma fatto; in particolare è un fatto sociale. Ehrlich si pone un importante problema epistemologico: la questione della percepibilità di un istituto giuridico. Secondo Ehrlich un istituto giuridico non è un oggetto fisicamente apprensibile, ma un oggetto comunque percepibile con i sensi. Si può percepire un istituto in quanto è possibile percepire con i sensi che le persone che si trovano in detti rapporti sociali, si regolano nella loro condotta secondo certe norme. E’ importante evidenziare la concezione che Ehrlich ha del diritto: mette in luce la polisemia del termine. Nelle tre possibili risposte alla domanda “quid ius?”, quale quesito fondamentale della filosofia del diritto, il termine “diritto” assume tre distinti significati. Ne derivano quindi tre differenti concetti di “diritto” cui vanno associate tre differenti concezioni: Giusnaturalismo: diritto naturale (pensiero giuridico che sta al di sopra dei differenti diritti oggettivi Positivismo giuridico: diritto positivo ( diritto come insieme di enunciati giuridici) Realismo giuridico: diritto vivente ( diritto come ordinamento sociale) IN SINTESI: Ehrlich si pone due fondamentali domande sulla natura del diritto: Può darsi un diritto senza enunciati giuridici? A questa domanda dà una risposta positiva: v’è un diritto senza enunciati giuridici ( ad esempio il diritto dei Germani descritto da Tacito nel “La Germania”). Ehrlich critica il positivismo giuridico di Kelsen secondo il quale il diritto è un insieme di norme intese come enunciati giuridici o proposizioni giuridiche. Può darsi un diritto senza ordinamento sociale?Può darsi un diritto consistente in soli enunciati giuridici? Ehrlich dà una risposta negativa. Ehrlich ha formulato tre tesi sull’enunciato giuridico nella filosofia del diritto: L’enunciato giuridico non è il prius dell’istituto sociale, ma il posterius. L’enunciato giuridico è condizionato dalla società. Esso non può sorgere, se già nella società non sono sorti gli istituti ai quali si riconnette Anche in un diritto con enunciati giuridici gli enunciati giuridici non esauriscono il diritto L’enunciato giuridico è applicabile fino a che permanga il suo presupposto sociale La concezione che Ehrlich ha della norma giuridica, la quale non è a parer suo un enunciato giuridico è contrapposta a quella di Kelsen, secondo il quale la norma è, invece, un enunciato giuridico. Secondo Ehrlich, due sono le condizioni di esistenza della norma giuridica: l’opinio iuris ac necessitatis e regolarità del comportamento. Ehrlich individua poi i quattro momenti della storia degli enunciati giuridici: Un diritto senza giudici Il diritto dei giudici Il diritto dei giuristi Il diritto statale La dottrina del diritto vivente di Ehrlich si basa quindi su tre tesi: il diritto non viene prodotto dallo Stato con le sue leggi, ma trae origine dalla società, in quanto essa è interno ordinamento dei rapporti sociali il diritto è in continuo mutamento; non è qualcosa di dato e di fissocce possa venir mutato solo attraverso enunciati giuridici gli istituti sociali, sui quali il diritto si fonda, non sono introdotti mediante enunciati giuridici ( gli enunciati giuridici presuppongono infatti l’esistenza degli istituti sociali sui quali vertono) Ehrlich concepisce dunque la scienza del diritto come sociologia del diritto. Questa concezione si oppone a quella kelseniana della scienza del diritto come teoria pura del diritto. Si domanda Ehrlich: qual è l’oggetto della scienza giuridica? Risposta: l’intera struttura sociale e tutte le sue istituzioni. 13 ANTONIO PIGLIARU (1922-1969) Nasce in provincia di Nuoro nel 1922.Nel 1947 si laurea all’uni di Cagliari in filosofia, dove diverrà assistente e successivamente professore . Le prime opere hanno per oggetto la filosofia del diritto penale SAGGIO SUL VALORE MORALE DELLA PENA e la teoria dell’ordinamento giuridico PERSONA UMANA E ORDINAMENTO GIURIDICO. Nel 1959 appare il suo libro piu’ famoso LA VENDETTA BARBARICINA COME ORDINAMENTO GIURIDICO, nello stesso anno appaiono le MEDITAZIONI SUL REGIME PENITENZIARIO. Dirige ICHNUSA una rivista della Sardegna. Nel 1967 viene nominato professore ordinario di dottrina dell’uni di Sassari. Muore a Sassari nel 1969 all’età di 46 anni. LA VENDETTA BARBARICINA COME ORDINAMENTO GIURIDICO : riguarda il dibattito sulla pluralità degli ordinamenti giuridici ossia l’esistenza di più ordinamenti, uno dei quali sia lo stato. In Sardegna Pigliaru osserva la pratica persistente e diffusa della vendetta, e la colloca entro l’insieme degli ordinamenti giuridici interferenti con lo stato. L’analisi empirica conferma che la vendetta sia nella comunità barbaricina non istinto, bensì istituzione. L’originalità dell’opera di Pigliaru è duplice: FILOSOFICA : già Benedetto Croce aveva scritto che il filosofo deve considerare leggi non soltanto quelle dello Stato, ma anche quelle della mafia, della camorra, le regole di San Benedetto. Pigliaru consente con Croce nel riconoscere la giuridicità di ordinamenti come quello della vendetta barbaricina. Tuttavia, dissente da lui poiché l’ordinamento della vendetta barbaricina non è assimilabile all’ordinamento di un’organizzazione criminale. METODOLOGICA : compie un’operazione del tutto inedita di codificazione ex post di un ordinamento normativo non scritto: nel suo caso, una codificazione ex post operata da un giurista in una sede non ufficiale. Risultato di quest’opera di codificazione, sono in ventitré articoli del codice della vendetta barbaricina redatto da Pigliaru, ossia la trascrizione in termine di codice, tendendo conto anche degli schemi organizzativi del diritto penale contemporaneo della pratica della vendetta in Barbagia. Il brano tratto dalla vendetta barbaricina come ordinamento giuridico approfondisce la differenza tra l’ordinamento della vendetta barbaricina e l’ordinamento di una organizzazione criminale. La vendetta costituisce un aspetto importante ed essenziale del fenomeno del banditismo sardo, del quale costituisce un tema fondamentale. E’ sbagliato affermare che la pratica della vendetta in Barbagia si esaurisce nel quadro del banditismo, così come è erroneo attribuire unicamente l’applicazione del codice della vedetta alla società fuorilegge. Importante ricordare che l’ordinamento giuridico emergente nella pratica della vendetta in Barbagia non s’identifica con quegli ordinamenti giuridici che presiedono all’organizzazione della società dei ladroni, quest’ordinamento è tale che insieme si pone e si nega: Si pone in base ad un principio ed un’esigenza che sono universali Si nega perché tuttavia sono trattati come un principio ed un’esigenza particolari, cioè con una contraddizione interna DIFFERENZA FONDAMENTALE è dato dalla diversa situazione di questa società rispetto all’altra SOCIETA’ DEI CRIMINALI: nasce come una società particolare (cioè a fini particolari e determinati) e l’ordinamento di tale società nasce dunque a fine determinato. Esiste in quanto ogni singolo s’impegna per un atto di volontà individuale. Le norme che pongono la vendetta in questa società presuppongono il ladrone (anche se dentro il ladrone presuppongo l’uomo). COMUNITA’ BARBARICINA : è semplicemente una comunità di vita, una comunità storica, nel senso che il suo costume, la sua cultura,… sono il suo stesso processo storico, la sua stessa vita: una struttura, un sistema. E’ dunque una comunità umana, insediata in un’area culturale originaria, ma appunto entro nell’area essa è una semplice comunità umana. Le norme che pongono la vendetta in questa comunità presuppongono l’uomo negli stessi termini in cui è pensato nell’ordinamento giuridico in quanto semplice ordine umano. 13 FRIEDRICH AUGUST VON HAYEK (1899-1992) Nasce a Vienna nel 1899 da genitori appartenenti alla ricca aristocrazia cittadina. La madre era imparentata con Wittgenstein. L’esperienza della prima guerra mondiale e l’aver prestato servizio militare in un esercito multinazionale (tra esercito austro-ungarico) gli procurano l’interesse per lo studio dei fenomeni sociali e politici. Oltre alla passione per la psicologia fisiologica, i suoi primi studi si focalizzano sull’economia. Nel 1921 si laurea in giurisprudenza e 2 anni dopo in scienze politiche. Il suo primo lavoro da economista fu in qualità di funzionario in un ufficio governativo di Vienna, dove svolgeva il compito di sistemare i debiti contratti prima della guerra 1914-1918 sotto la guida del consigliere Mises. Successivamente hayek si reca all’uni di new york dove inizia un dottorato e lavora su alcune idee di teoria economica.Nel 1926 torna in austria, si sposa con Hella Frtiz e successivamente diviene libero docente di economia all’uni di Vienna. Inizia a tenere dei seminari a londra Scholl of Economics da cui nascerà il libro PREZZI E PRODUZIONE. A londra conosce il filoso Karl Popper tra cui nascerà un forte legame. A orientare Hayek verso la filosofia delle scienze sociali era stato non solo lo studio di Popper ma anche il lavoro editoriale svolto sull’opera di Carl Mengerpadre fondatore della scuola marginalistica austriaca. Nel lavoro di Menger nell’introduzione a Hayek- egli trova 3 importanti indicazioni teoriche che svilupperà nella propria opera: metodo individualistico di analisi delle istituzioni sociali = ad agire sono sempre gli individui e i concetti collettivi da noi utilizzati (stato, nazione) non sono l'espressione di una realtà distinta dell'azione individuale, ma semplicemente strumenti attraverso i quali sinteticamente ci riferiamo all'agire dei singoli individui che occupano determinati ruoli sociali. la tesi dell'ordine spontaneo e delle istituzioni sociali = ad agire sono sempre gli individui, ma le azionei oltre agli esiti intenzionali, producono variamente combinandosi le une con le altre, una cascata di conseguenze inintenzionali la tesi dell'evoluzione spontanea delle istituzioni sociali = attraverso un profondo processo evoluzionistico, le istituzioni sociali nascoano , si sviluppano e decadono senza che in tutto ciò sia un nostro consapevole intervento. Nel 1944 pubblica LA VIA DELLA SCHIAVITU’ Dopo la guerra trasferitosi a New York si dedica ad una seconda opera LA SOCIETA’ LIBERA Nel 1962 rientra in Europa all’uni di Friburgo dove torna a insegnare economia, qui scrive una serie di studi preparatori alla trilogia DIRITTO,LEGISLAZIONE E LIBERTA’, summa del suo pensiero successivamente pubblicata in 3 volumi. Nel 1969 viene chiamato professore onorario all’uni di Strasburgo, poi insignito del premio nobel per l’economia. Successivamente lascia l’austria e torna in germania dove termina l’ultima sua opera LA PRESTAZIONE FATALE. GLI ERRORI DEL SOCIALISMO. Muore a Friburgo nel 1992 all’età di 92 anni. 2 MODI IN CUI UN ORDINE PUO’ AVERE ORIGINE Per lungo tempo lo è stata la biologia interessata a quel genere particolare di ordine spontaneo l’organismo Recentemente tra le scienze fisiche è sorta una disciplina particolare che interessa quei sistemi che si autoregolano cibernetica Vi sono diversi tipi di ordine : ORDINE COSTRUITO: è una struttura ,un ordine artificiale oppure semplicemente un ordine sociale diretto dall’alto come un’organizzazione. Per esempio per i Greci l’ordine di uno schieramento di battaglia ORDINE SPONTANEO: è un ordine che si è formato per l’evoluzione. Per i Greci un ordine giusto all’interno di uno stato/comunità. Vi è molta confusione sulla credenza che ogni linguaggio/codice di costumi derivi da un ordine costruito o inversamente da un ordine spontaneo. Prima si credeva che fosse stato inventato da qualche genio del passato, oggi tutti si riferiscono che tali strutture derivino da un processo di evoluzione che nessuno ha previsto. Ma persiste comunque ambiguità/discordanza. ORDINE ASTRATTO: caratteristica di un ordine per cui non è possibile individuare/percepire un ordine di azioni con il loro significato, ma si è in grado solo di ricostruirlo mentalmente tracciando le relazioni che esistono tra i suoi elementi. ES. MERCATO IL DIRITTO è ANTERIORE ALL’ATTIVITA’ LEGISLATIVA Il diritto non è mai stato inventato, mentre l’attività legislativa sì. Il diritto è senz’altro antico quanto la società stessa, solo l’osservanza di regole comuni garantiva la possibilità di vivere pacificamente in una società. Un individuo che si aggiungeva al gruppo, pur non sapendo le regole, poteva venire accettato, se riusciva a riconoscere che gli atti di un altro si conformavano ad una pratica accettata. Importante ricordare che nessuno concepiva il diritto come qualcosa che l’uomo potesse modificare a suo gradimento. Non è un caso che con il termine LEGGE designiamo sia le regole della natura sia quelle che governano i comportamenti umani. Questi 2 tipi di legge erano concepiti entrambi come qualcosa che esiste indipendentemente dalla volontà dell’uomo. Ai tempi nostri viene designato come LEGGE il prodotto della libera invenzione del legislatore concezione del positivismo giuridico, è quindi un prodotto del razionalismo costruttivistico. Ciò che sappiamo circa le società pre-umane/primitive ci suggerisce una origine differente da quella assunta dalle teorie positivistiche. La teoria sociale ha quindi molto da imparare dall’ETOLOGIA: studio del comportamento umano e dall’ ANTROPOLOGIA CULTURALE: studio di come i comportamenti vengono trasmessi culturalmente. EVOLUZIONE DEL DIRITTO 1. gli individui hanno imparato a osservare /sanzionare regole di condotta molto prima di essere espresse verbalmente 2. Queste regole si sono sviluppate perché creavano ordine all’interno del gruppo. Uno dei motivi principali dell’uso del linguaggio deve esser stato quello di insegnare e sanzionare queste regole consolidatesi. Anche gli animali come gli umani godono di una serie di regole esse posso essere innate trasmesse geneticamente oppure apprese trasmesse culturalmente. REGOLA: disposizione ad agire o a non agire in un certo modo secondo una pratica/consuetudine. La regola è quindi una determinante dell’azione. Importante sottolineare che gli animali possiedono disposizioni che hanno un carattere generale /astratto cioè che sono dirette verso una classe molto ampia di azioni che possono differire grandemente. Mentre per noi esseri umani è persino in dubbio oggi, che le regole verbalizzate e che possono essere comunicate tramite il linguaggio, costituiscono solo una parte dell’intero complesso di regole.ES non tutte le regole del fair play sono state verbalizzate. PROCESSO DI ARTICOLAZIONE VERBALE DELLE PRATICHE Coloro che per primi cercarono di esprimere le regole a parole non inventarono nuove regole, ma cercarono di esprimere ciò che già sapevano. Nelle tribù primitive/comunità + avanzate il capo/legislatore usava la sua autorità per 2 scopi differenti: Per insegnare/sanzionare regole di condotta che gli appaiono come già stabilite, nonostante non siano d’accordo sull’importanza e su ciò che dipende l’osservanza. Per dare comandi riguardo ad azioni che gli paiano necessarie per conseguire particolari fini. In certe occasioni i suoi comandi dovranno dirigere gli individui verso azioni particolari ES spedizioni di caccia, migrazioni. Spesso l’articolazione verbale delle pratiche non riusciva ad esprimere univocamente e integralmente ciò che gli individui prendevano in considerazione nel determinare le loro azioni. Per questo il processo di articolazione poteva allora produrre nuove regole, sebbene non intenzionalmente. REGOLE NON ARTICOLATE VERBALMENTE: REGOLE NORMATIVE: regole che affermano che certe sequenze di eventi devono aver luogo. REGOLE DESCRITTIVE : regole che asseriscono la regolare ricorrenza di certe sequenze di eventi. Fintanto che le regole articolate verbalmente sono solo osservate di fatto e la loro osservanza è accertabile solo in base al comportamento esse non differiscono da quelle descrittive. Tutto ciò significa che da una proposizione soltanto fattuale non si può derivare alcuna proposizione circa la desiderabilità, appropriatezza/convenienza di un’azione, né alcuna decisione sull’agire o non agire. Nel mondo primitivo non si distingue ancora tra la conoscenza del rapporto di causa effetto, e la conoscenza della regola della condotta: vi è solo conoscenza del modo in cui si deve agire sper ottenere un qualsiasi risultato. AZIONE FINALIZZATA: lo scopo è noto all’agente DIFFERENZA AZIONE DIRETTA DA UNA NORMA: le ragioni per cui l’agente ritiene possibile un certo modo di agire al fine di ottenere un risultato voluto, ritenendone impossibile un altro. La ragione per cui tutti i membri di un gruppo fanno certe cose in un certo modo non è solo per ottenere ciò che vogliono, ma per preservare l’ordine del gruppo. DIRITTO PRIMITIVO Possiamo ora comprendere che i legislatori hanno avuto la possibilità di emendare, di ripristinare ma non la possibilità di creare un nuovo diritto. Essi per ES. HAMMURABI,SOLONE,LICURGO volevano formulare ciò che il diritto era ed è sempre stato. 15 GIORGIO DEL VECCHIO (1878-1970) Nasce a Bologna nel 1878. Nel 1900 si laurea in Giurisprudenza a Genova. Studia a Roma e a Berlino. Nel 1902 crea la sua prima opera IL SENTIMENTO GIURIDICO. 3 anni dopo pubblica il primo volume di una fortuna trilogia che successivamente sarà tradotta negli usa in THE FORMAL BASES OF LAW. Nel 1903 insegna filosofia del diritto a Ferrara successivamente insegnerà a Sassari, Messina, Bologna e Roma. Pubblica sulla nuova antologia un importante studio sulla sopravvivenza del ladino nelle valli alpine . Si arruola come volontario nella 1^ GUERRA MONDIALE. Successivamente diventerà rettore all’uni di Roma e poi preside della facoltà di Giurisprudenza. Nel 1921 fonda LA RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO e dirige anche la + rivista antica giuridica italiana l’ARCHIVIO GIURIDICO FILIPPO SERAFINI. Nel 1933 fonda l’Istituto di Filosofia del diritto di Roma e diventa promotore della Società italiana di filosofia del diritto. Muore a Genova nel 1970 a 92 anni. LA GIUSTIZIA La giustizia nelle sue fasi più antiche del pensiero, sembra essere concepita soltanto nel senso di quello prestabilito. Per ciò che aspetta agli uomini, la pratica della giustizia si fa consistere nell'osservanza dei valori della divinità, preghiera, il sacrificio, la celebrazione dei giorni festivi...si stimano allora DOVERI DI GIUSTIZIA ES. non uccidere, non rubare . Il carattere della giustizia come forma etica o deontologica ha la sua massima espressione nel sistema platonico.. per elevare la giustizia a principio regolatore Platone, trascura, respinge tutte le concezioni che tendevano assegnarle una funzione specifica o particolare sfera di applicazione, così egli nega che la giustizia consiste nel " rendere a ciascuno quello che gli è dovuto" ...Platone ripone l'essenza della giustizia nell'attuazione del proprio compito, ossia nell'esplicazione delle attitudini spettanti a ogni parte dell'anima e a ogni ceto sociale. La giustizia significa dunque la virtù che regge e armonizza l'operare tanto dei singoli, assegnando a ogni energia la propria direzione e i propri uffici. Nel successivo svolgersi del pensiero filosofico possiamo osservare: da un lato si mantiene fermo, il concetto platonico della giustizia come virtù universale, dall'altro si procede nella elaborazione di altro concetto di giustizia che viene intesa come principio esclusivamente sociale. tale duplicità si manifesta in Aristotele che riguarda la giustizia nella sua generalità, come virtù totale e l'ingiustizia come vizio intero. Il giusto si identifica con l'eguale: ossia con la misura che rappresenta il messo o l'equidistanza fra il troppo e il poco. Poichè tale misura deve ritrovarsi in ogni virtù, segue da ciò che la giustizia, comprende e abbraccia in sè tutte le virtù. Fino a qui non ci sono differenze tra i due. Nè dalla concezione platonica si allontana, sotto l'aspetto logico, la teoria che vediamo accolta da Cristianesimo, salvo qui la giustizia è riferita alla divinità...tale riferimento dà carattere metafisico, in quanto la rappresenta come espressione e adempimento di una volontà trascendente e onnipotente, nella quale la giustizia si fonda col la sapienza, bontà e misericordia. Si elabora una nuova idea di giustizia divina distinguendola da quella umana: ma non si restringe la sfera di applicazione ma produce ampliamento; il valore generale attribuito alla giustizia apparare nella parola dei Vangeli. L'influsso della dottrina platonica-aristotelica riafferma la nozione della giustizia come virtù generale, comprendendo non soltanto le azioni che l'uomo compie in se stesso, ma anche rispetto agli altri. LEIBNIZ = formula la tripartizione della giustizia : COMMUTATIVA, DISTRIBUTIVA e UNIVERSALE. ARISTOTELE distingue la giustizia in 2 tipi : DISTRIBUTIVA: che si applica nella ripartizione degli oneri o beni, mira a ciò che ciascuno dei consociati ne riceve una porzione adeguata al suo merito, egli spiega se non sono eguali le persone, non avranno neppure uguali cose. Tale giustizia consiste in un rapporto proporzionale definita da lui come proporzione geometrica. PAREGGIATRICE: sinallagmatica cioè regolatrice dei rapporti scambievoli, si applica anche qui il principio di uguaglianza ma in forma diversa, poichè qui si tratta solo di misurare impersonalmente il danno o guadagno, cioè le cose e le azioni nel loro obiettivo valore considerandosi come eguali i termini personali. Tale giustizia può riguardarsi sotto due aspetti: o in quanto determina la formazione dei rapporti di scambio secondo una certa misura allora è la giustizia è commutativa; oppure tende a far prevalere tale misura nel caso di controversi, coll'intervento del giudice e allora è giustizia giudiziaria. In materia di delitti la giustizia pareggiatrice si esercita immediatamente nella forma giudiziale, perchè si tratta appunto di riparare, contro la volontà di una della parti a un danno avvenuto ingiustamente, in materia di scambi o contratti, e l'opera rettificratice del giudice può anche non essere necessaria. 16 NORBERTO BOBBIO (1909-2004) Nasce a Torino nel 1909 da una famiglia originaria di Alessandria. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dove si laurea nel 1931. Successivamente si laurea in filosofia e poco dopo pubblica il suo primo saggio L’INDIRIZZO FENOMENOLOGICO NELLA FILOSOFIA SOCIALE E GIURIDICA (1934). Inizia la libera docenza e comincia la collaborazione con la rivista Di FILOSOFIA, grazie alla quale diventerà amico di Antonio Banfi primo a occuparsi di fenomenologia in Italia. Grazie allo studio della fenomenologia riesce a compiere il passaggio dalla filosofia speculativa alla filosofia analitica. Il suo libro + impegnativo che lo porta a dover abbandonare l’uni di camerino documenta gli interessi per la logica, l’analisi del linguaggio, e il ragionamento giuridico L’ANALOGIA NELLA LOGICA DEL DIRITTO riflessione sulla logica del ragionamento giuridico. Bobbio viene ritenuto il fondatore, non solo in italia, dell’INDIRIZZO GIUSFILOSOFICO ANALITICO, da lui inaugurato + tardi con il saggio SCIENZA DEL DIRITTO E ANALISI DEL LINGUAGGIO 1950 una sorte di manifesto programmatico, nel quale egli propone la rifondazione epistemologica della scienza giuridica sulla base dei metodi offerti dall’empirismo logico e dalla filosofia del linguaggio. Successivamente si trasferisce all’uni di Siena e poi all’uni di Padova. Si sposa a torino con Valeria Cova con la quale avrà 3 figli. Nel 1948 si trasferisce definitivamente a Torin dove insegnerà filosofia del diritto fino al 1972. In questo tempo di docenza nascono diverse opere TEORIA DELLA SCIENZA GIURIDICA, TEORIA DELLA NORMA GIURIDICA, TEORIA DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO, IL POSITIVISMO GIURIDICO. Ai corsi universitari affianca saggi STUDI SULLA TEORIA GENERALE DEL DIRITTO, GIUSNATURALISMO E POSITIVISMO GIURIDICO, STUDI PER UNA TEORIA GENERALE DEL DIRITTO. AL 1954 primo saggio su Kelsen, successivamente Bobbio inaugura in Italia lo studio della logica deontica. Poco dopo vengono pubblicati CONTRIBUTO ALLA SEMANTICA DEL LINGUAGGIO NORMATIVO (SCARPELLI), DELLE ANTINOMIE, SAGGIO SULLA COMPLETEZZA DEGLI ORDINAMENTI GIURIDICI. Insegna scienza politica a torino 10 anni dopo si trasferisce alla neonata facoltà di scienze politiche dove insegnerà filosofia politica. Elabora una teoria procedurale della democrazia IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA. Viene nominato senatore a vita nel 1984 dal presidente della repubblica Sandro Pertini. Muore a Torino nel 2004 all’età di 94 anni. Possiede una biblioteca personale costituita da un corpus di 30.000 titoli, presso torino Centro studi Piero Gobetti. FORMALISMO GIURIDICO tendenza a studiare il diritto nel suo aspetto formale, considerarlo quindi come forma riempibile dei + diversi contenuti. FORMALISMO ETICO concezione legalistica della giustizia, concezione secondo la quale la legge è giusta in quanto tale, cioè in quanto è il comando di un sovrano legittimo, indipendentemente da ogni considerazione del suo contenuto. E’ giusto ciò che è comandato ed è ingiusto ciò che è proibito. Si contrappone alla concezione sostanziale della giustizia per cui la legge è giusta per il suo contenuto in quanto comanda cose giuste e ingiusta comanda cose ingiuste. DIFFERENZA TRA QUESTI 2 FORMALISMI difficile da constatare, bisogna evitare che al formalismo giuridico si estendano le critiche mosse al formalismo etico, e che la condanna del secondo involga la condanna del primo. FORMALISMO GIURIDICO è una teoria scientifica, in quanto stabilisce un certo punto di vista e un certo metodo per conoscere il fenomeno giuridico. Essa mi porta a studiare il diritto nella sua struttura normativa, prescindendo dal contenuto delle norme. FORMALISMO ETICO è una teoria etica, la quale stabilisce un certo criterio per valutare un’azione giuridica. Essa mi porta alla giustificazione di un ordinamento giuridico ,indipendentemente dal fatto che il contenuto delle norme sia questo/quello. Il passaggio da una teoria all’altra è frequente, spetta al giurista di accettare come miglior modo di considerare il fenomeno giuridico la teoria normativa del diritto, e come miglior modo di giustificare l’ordinamento giuridico la concezione legalistica della giustizia. Il positivismo giuridico è caratterizzato dalla presenza di entrambi i punti di vista: normativo nella considerazione scientifica del diritto e legalistico nella giustificazione etica del diritto. ELEMENTI DELLA CONCEZIONE LEGALISTICA DELLA GIUSTIZIA: Considerazione della pace come fine esclusivo del diritto diritto come ordine non come eguaglianza, libertà Considerazione della coerenza come virtù giuridica per eccellenza concezione logica non etica. 1)2 MODI PER RISOLVERE CONFLITTI SOCIALI: PACE: mediante il compromesso fra le parti e l’attribuzione della forza a persona diversa delle parti. ANTITESI GUERRA : mediante la forza degli stessi contendenti. La concezione del diritto come pace implica una considerazione prevalentemente procedurale, e non sostanziale del diritto. Ciò che conta è che nella società operino una serie di meccanismi normativi ed esecutivi per impedire la guerra. Meccanismo principale coazione elemento costitutivo della norma giuridica. Per ottenere la pace non importa che la norma giuridica sia giusta, basta che essa esista e sia rispettata, che senza essa potrebbe degenerare in guerra. PACE =! GIUSTIZIA PACE: chi mira alla pace si limita a pretendere che il comportamento prescritto sia eseguito. Il fautore della pace si sofferma sul modo di far valere la norma (aspetto formale come si attui) e non sul suo contenuto (aspetto materiale ciò che prescrive). GIUSTIZIA: chi mira alla giustizia pretenderà che le norme prescrivano questo/quel comportamento, e si preoccuperà della maggiore/minore conformità delle norme a un determinato ideale. PER ELIMINARE I CONFLITTI SOCIALI L’ANTITESI sarà EGUAGLIANZA-DISEGUAGLIANZA, concezione del diritto come giustizia applicazione ad alcuni rapporti sociali del principio di eguaglianza secondo criteri variabili come merito, bisogno, rango, lavoro.. 2)HENRY IRETON: quando parliamo di giustizia non ci riferiamo tanto a ciò che è peccato agli occhi di Dio, ma a quel che è giusto secondo il fondamento della giustizia fra uomo e uomo il fatto che si osservino i patti stipulati reciprocamente. 2 concezioni del diritto: SOSTANZIALE: il diritto è giusto solo se corrisponde ad un ideale di giustizia. Essa considera il l’ordinamento giuridico come strumentale rispetto, poniamo all’eguaglianza, al benessere, alla libertà da instaurare con i consociati. FORMALE: non vi è altro modo di concepire giustizia se non come conformità/fedeltà alla norma. Essa considera l’ordinamento giuridico come strumento di pace. COERENZA non si chiede un’azione conforme a questo o a quell’ideale di giustizia, ma semplicemente un’azione conforme ai patti/leggi. E’ coerente colui che fa ciò che deve fare secondo il sistema normativo entro cui agisce, o in quanto vi si è impegnato (patti) o in quanto ne subisce l’imposizione (leggi). L’ordine richiede stabilità, e la stabilità riposa sulla coerenza. COERENZA GIURIDICA: rispetto del principio di legalità COERENZA LOGICA: rispetto del principio di non-contraddizione Un sistema giuridico, in quanto è fondato sul principio di legalità , non deve essere contradittorio lo afferma Kelsen, è una regola giuridica contenuta implicitamente in ogni ordinamento. E’ possibile affermare che in una concezione legalistica della giustizia sono presenti, contemporaneamente, una tendenza alla logicizzazione del diritto e una tendenza verso la giuridificazione della logica in pratica un riconoscimento del valore logico del diritto e insieme del valore giuridico della logica. PRIMA TENDENZA si esprime nella risoluzione della principale regola della conoscenza giuridica cioè sulla coesistenza pacifica fondata sull’efficacia di regole coattive principio di legalità. SECONDA TENDENZA si esprime nella risoluzione della principale regola della logica in una regola della coesistenza principio della non-contradditorietà dell’ordinamento giuridico. Qual è il fondamento di validità di una norma giuridica? nell’essere logicamente deducibile dal sistema. Qual è il fondamento di validità di una regola logica? nell’essere fondata sopra una convenzione iniziale. Un ordinamento giuridico per essere valido deve rispettare il principio di non-contraddizione, e un sistema teoretico per essere valido deve rispettare il principio di legalità. 17 GUSTAV RADBRUCH (1878-1949) Nasce a Lubecca nel 1878. Studia giurisprudenza prima a Lipsia e poi a Berlino dove si laurea nel 1902. Nel 1910 pubblica INTRODUZIONE ALLA SCIENZA DEL DIRITTO e nel 1914 da le stampe alla prima edizione della FILOSOFIA DEL DIRITTO. Viene chiamato come prof di diritto penale all’uni di Koenisgberg. Con l’avvenire della prima guerra mondiale egli decide di partire per il fronte come volontario della Croce rossa. Successivamente diviene professore all’uni di Kiel. Fa parte del partito socialdemocratico. Viene eletto deputato al Reichstsag e ricoprirà la carica di ministro della giustizia per 2 anni. In tale veste presenta un progetto di riforma del Codice penale tedesco che prevede l’abolizione della pena di morte. Il mese succ però il governo si dimette e lui decide di dedicarsi nuovamente all’insegnamento. Dal 1926 insegna filosofia del diritto all’uni di Heidelberg, successivamente verrà rimosso dal suo incarico dal governo nazionalsocialista. Un anno dopo pubblica una biografia intellettuale di Feuerbach. Verso la fine diviene preside della facoltà di giurisprudenza all’uni di heidelberg. Gli ultimi anni si dedica a studi di storia del diritto penale, di politica e di filosofia. Muore nel 1949 a Heidelberg all’età di 71 anni. INGIUSTIZIA LEGALE E DIRITTO SOVRALEGALE GESETZLICHES UNRECHT UND UEBERGESETZLICHES RECHT In questo articolo egli affronta il problema della validità della legge ingiusta, con riferimento alle leggi periodo nazista. L’ autore ricorre alla contrapposizione tra RECHT e UNRECHT "diritto" e "torto"/ "ingiustizia". Lo spunto è costituito dall'analisi di un caso giudiziario del 1946. In un processo davanti alla Corte D'assise era stato condannato all'ergastolo un impiegato del tribunale che, nel periodo nazista aveva denunciato un connazionale per aver ascoltato trasmissioni straniere e per aver scritto sul muro del gabinetto " Hitler è un carnefice responsabile della guerra". La delazione aveva portato alla sentenza di condanna a morte del denunciato e all'esecuzione della pena. Radbruch si domanda come si debba giudicare ora il comportamento dell'impiegato di tribunale e dei giudici che hanno provocato la morte di un'innocente grazie all'applicazione di leggi (naziste) valide, ma abberranti. In che modo risolvere il conflitto tra il valore della certezza del diritto, che ogni legge valida reca con sè indipendentemente dal contenuto, e il valore della giustizia? Enuncia una tesi che diverrà celebre come FORMULA DI RADBRUCH..il conflitto tra giustizia e certezza del diritto potrebbe essere risolto nel senso che il diritto positivo, assicurato dalla statuizione e della forza, ha la preminenza anche quando è. ingiusto inadatto al suo scopo, a meno che il conflitto tra la legge positiva e la giustizia giunga a un grado tale di intollerabilità che la legge, in quanto "legge ingiusta" debba arretrare di fronte alla giustizia... è impossibile tracciare una linea più precisa tra i casi di ingiustizia legale e le leggi che sono in vigore ancorchè ingiuste per il loro contenuto, un'altra linea di confine può essere tracciata con precisione: quando, nel porre il diritto positivo, viene di proposito negata quell'uguaglianza che costituisce il nucleo della giustizia, allora la legge non è soltanto diritto ingiusto ma addirittura non diritto. 18 FELIX E. OPPENHEIM (1913-2011) Nasce a Francoforte sul Meno nel 1913. E’ figlio di padre scienziato ed epistemologo tedesco e di madre belga ma di origini italiane. Conseguito il diploma si iscrive controvoglia alla facoltà di Giurisprudenza. Nel 1931 segue lezioni di filosofia di Radbruch a Heidelberg. Ma successivamente verrà escluso dall’uni per le sue origini ebraiche. Deve per forza lasciare la Germania e si stabilisce in Belgio a Bruxelles dove riprende gli studi e ottiene cittadinanza. Nel 1938 non appena laureato si arruola nell’esercito. Pochi anni dopo diviene prigioniero di guerra ma con gran fortuna riesce a scappare fino ad arrivare negli USA. Finalmente puo’ ricongiungersi con la famiglia a Boston. A Princeton nel dipartimento di scienze politiche riprende gli studi per conseguire il dottorato. Tramite il padre frequenta l’ambiente del neoempirismo logico. Lavora ad una stesura di una tesi sull’APPLICAZIONE DELL’ANALISI LOGICA AL LINGUAGGIO DEL DIRITTO. Lo seguono diversi nel 1994 verrà pubblicata parzialmente sulla rivista PHILOSOPHY OF SCIENCE. Il suo saggio viene definito come l’atto di nascita di una scienza nuova anticipando di qualche anno la svolta linguistica che avverrà negli studi di filosofia morale e giuridica. Nel 1944 deve interrompere gli studi per arruolarsi nell’esercito americano. Successivamente parteciperà a Bruxelles alla liberazione della città. Poi torna in Usa dove viene chiamato a ricoprire la cattedra di scienze politiche all’uni del Massachusetts. Nel 1961 pubblica il suo libro principale DIMENSIONI DELLA LIBERTA’ (DIMENSION OF FREEDOM) scopo è quello di fornire una definizione esplicativa del concetto di libertà sociale, sottraendolo a ogni connotazione/implicazione valutativa. In Italia grazie all’iniziativa di Norberto Bobbio, Oppenheim tiene un ciclo di seminari. Nel dibattito sviluppatosi sulla rivista della filosofia del 1965, egli ribadisce una tesi METAETICA tesi del non cognitivismo axiologico, tesi che pone a fondamento della critica del diritto naturale che egli formula nel saggio METAETICA DEL DIRITTO NATURALE tradotto per la prima volta in ita. Tesi che lega le opere più sistematiche posteriori a DIMENSIONI DELLA LIBERTA’ ETICA E FILOSOFIA POLITICA e CONCETTI POLITICI. UNA RICOSTRUZIONE. Oppenheim muore nel 2011 nel Massachusetts all’età di 98 anni. Lasciando moglie, 3 figli, 7 nipoti e 1 bisnipote. Le sue memorie autobiografiche sono depositate presso la biblioteca dell’uni di Oxford. OPPENHEIM dimostra che la tesi del diritto naturale e la negazione di essa sono ambedue teorie METAETICHE, e che le dispute tra chi sostiene queste 2 tesi sono veritiere solo se considerate a livello metaetico. TESI DIRITTO NATURALE 4 proposizioni che accomunano le varie teorie del diritto naturale: Il diritto naturale si riferisce a principi normativi del comportamento politico e giuridico oggettivamente validi, indipendentemente dagli impegni relativi al valore assunti da qualsiasi soggetto e da qualsiasi sistema di diritto positivo. Esistono principi di diritto naturale che sono moralmente vincolanti per i cittadini e per i detentori del potere, specialmente per i legislatori e i giudici. Il diritto naturale è fondamento della autorità legittima. Le leggi positive che siano in conflitto con l'ordine morale oggettivo, definito dal diritto naturale , sono considerate LEGGI INGIUSTE vincolanti giuridicamente ma non moralmente, o NON LEGGI prive sia di validità giuridica che morale. D. NATURALE APPARTIENE ALLA METAETICA a tutti i sostenitori della tesi del diritto naturale importa lo statuto logico degli asserti normativi del diritto naturale. HEINRICH ROMMEN commette un errore quando afferma che il d. naturale è una parte dell’etica sociale. Anche contrapporre la tesi del diritto naturale all’utilitarismo è un errore grave, perché la prima appartiene alla metaetica e la seconda all’etica normativa. Spesso sostenitori e oppositori del d. naturale si accusano vicendevolmente di essere compromessi nei confronti di una certa dottrina etico-politica ES. di tipo antidemocratico. Ma sbagliano entrambi perché qualsiasi teoria metaetica è logicamente compatibile con qualsiasi etica normativa. ES è successo che una stessa dottrina politica sia stata adottata sia da sostenitori che da oppositori . AL COGNITIVISMO ETICO la teoria metaetica del cognitivismo dei valori afferma l’esistenza di giudizi di valore intrinsechi che possono essere convalidati oggettivamente. Appoggiare il d. naturale significa appoggiare il cognitivismo dei valori. LE TEORIE DEL D. NATURALE COME QUELLE DEL COGNITIVISMO DEI VALORI POSSONO ESSERE CLASSIFICATE IN 2 TIPI: TEORIE INTUIZIONISTICHE la validità delle norme del d. naturale può essere dimostrata mediante appello a una rivelazione ES. RETTA RAGIONE, AUTOEVIDENZA, COSCIENZA MORALE , COMPRENSIONE RAZIONALE NELLA STRUTTURA TEOLOGICA DELL’UNIVERSO. TEORIE NATURALISTICHE i principi del d. naturale sono invece principi empiricamente verificabili poiché derivabili da leggi presumibilmente empiriche che riguardano la NATURA UMANA/SPONTANEA AUTOCOMPRENSIONE DI SE STESSI IN QUANTO ESSERI UMANI NEGAZIONE DEL D. NATURALE Come già affermato i sostenitori della tesi del d. naturale sono necessariamente anche cognitivisti in materia di valori, di conseguenza la negazione del cognitivismo dei valori implica la negazione della tesi del d. naturale. Rifiutare il diritto naturale equivale ad affermare che tutto il diritto sia diritto positivo, dunque equivale a negare che le leggi possano essere considerate giuste/ingiuste. La prima tesi è giusta in quanto perfettamente compatibile con la tesi secondo la quale una certa prescrizione giuridica, quantunque sia giuridicamente valida, sia moralmente sbagliata. La seconda NO, in quanto non si può dimostrare che tali asserti siano valdi/invalidi, ma si può dimostrare che che sono asserti razionali/non razionali, ossia coerenti/non coerenti con altri principi morali del parlante. Quindi possiamo affermare che il COGNITIVISMO DEI VALORI è incompatibile con la TESI DEL D. NATURALE, mentre la negazione del DIRITTO NATURALE è invece compatibile con il NON COGNITIVISMO. Tuttavia filosofi che criticano la tesi del d. naturale spesso adottano una metaetica cognitivistica. SECONDO OPPENHEIM adottare come tesi il cognitivismo dei valori è sbagliato, e di conseguenza bisogna negare la tesi del diritto naturale. Per lui il NON COGNITIVISMO DEI VALORI è il solo argomento adeguato contro la tesi del diritto naturale. SAGGI A SCELTA 19 GIOVANNI (NINO) TAMASSIA (1860-1931) Nasce a Mantova nel 1860. Allievo dello storico Pasquale del Giudice, si laurea in storia del diritto all’uni di Pavia e si perfeziona poi all’uni di Strasburgo. Insegnerà a Parma, Pisa e a Padova. E’ uno degli interventisti nella Prima Guerra Mondiale. Viene nominato senatore del Regno d’Italia da Vittorio Emanuele III. Sua figlia sarà autrice di un libro sulla guerra partigiana. Muore nel 1931 a Padova all’età di 71 anni. A lui si devono 200 studi sulla storia del diritto italiano antico. Studia in particolare il DIRITTO DEI GOTI E DEI LONGOBARDI, IL PENSIERO DEI PADRI DI CHIESA , GLI STATUTI E LE CONSUETUDINI DEI COMUNI, LE CONDIZIONI POLITICHE DELL’ITALIA MERIDIONALE PRIMA DELLA CONQUISTA DEI LONGOBARDI, LA FAMIGLIA ITALIANA DEL 400 E DEL 500. Nel suo rarissimo studio IL DIRITTO DEI FANCIULLI scritto nel 1886 all’età di 26 anni, egli solleva alcuni problemi epistemologici su ciò che potrebbe chiamarsi il DIRITTO INGENUO quel diritto che sappiamo già. Anche nel fanciullo è possibile studiare le condizioni psichiche dell’umanità primitiva, come nei selvaggi. Lo studio del diritto dei fanciulli è lo studio delle formalità giuridiche osservate dai fanciulli, nelle relazioni con il loro piccolo mondo. ES. Angelo de Gubernatis introduce come i fanciulli utilizzino una cantilena nel giuoco degli sposi. Nei contratti dei fanciulli prevalgono precise formalità, l’offerta e l’accettazione di un oggetto in cambio di un altro vengono ripetute più volte, vi si notano formole ricche di assonanze e allitterazioni. I fanciulli longobardi per confermare la permuta ripetono una lunga cantilena, lo stesso si può constare nel giuramento. Esistono diversi modi per concludere un contratto: TIRATINA D’ORECCHI le parti si toccano tra loro reciprocamente gli orecchi, usata come forma di testimonianza germanica. TOCCARE IL FERRO simboleggia la ferrea consistenza del patto ovvero il vincolo che lega le parti contraenti quasi come una catena di ferro. PORRE LA MANO SUL CUORE Colui che lo propone gli fa porre la mano 3 volte e poi grida Topp! La permuta è il contratto dei fanciulli, il credito per loro non esiste, il corrispettivo di una cosa data deve essere li pronto. Da qui deriva l’uso della WAIDA/FESTUCA cioè di un oggetto senza valore, che il creditore riceve dal debitore, quale pagamento simbolico in attesa del reale. La waida può essere un bottone che rappresenta l’antico simbolo giuridico. Oltre alla dichiarazione, alla promessa/affermazione è necessario anche una certa forma. Il giuramento a romano/tedesco consisteva nel gettare una pietra e affermando specifiche parole. In Sicilia quando 2 fanciulli si sono giurati amicizia/inimicizia dopo la promessa, era usanza che uno togliesse una capello all’altro e lo gettasse dalla finestra affermando che il giorno in cui egli lo troverà cesserà di essere amico/nemico. 20 HANS JONAS (1903-1993) Nasce a Moenchengladbach (DUESSELDORF) nel 1903 da una famiglia di origine ebraica. Studia all’uni di Friburgo e completa gli studi a Marbutgo, laureandosi nel 1924 sullo GNOTICISMO corrente del protocristianesimo. Gli interessi per la teologia e la storia delle religioni nascono per via del teologo protestante Bultmann. Il suo primo libro è influenzato dalla formazione di Heidegger AGOSTINO E IL PROBLEMA PAOLINO DELLA LIBERTA’. A causa del nazismo è costretto a lasciare la Germania e ad andare in Inghilterra. Nel 1934 pubblica LA GNOSI MITOLOGICA successivamente uscire il secondo volume DALLA MITOLOGIA ALLA FILOSOFIA MISTICA. Nel 1935 si trasferisce in Palestina e fonda con un piccolo gruppo di intellettuali ebrei un circolo PILEGESCH in ebreo significato per concubina. A Gerusalemme incontra la futura moglie Eleonore Weiner. Con lo scoppio della 2 Guerra Mondiale si arruola volontariamente nell’esercito britannico. Poco dopo si sposa con la moglie con cui avrà 3 figli ma dopo solo 14 gg è già sul fronte. Tornato vittorioso in Germania scopre tristemente che sua madre è stata vittima del campo di concentramento di Auschwitz. Decide di trasferirsi definitivamente in Palestina dove ottiene solo un insegnamento temporaneo all’uni di Gerusalemme. Gli si devono diverse opere THE PHENOMEN OF LIFE in cui enuncia i lineamenti della biologia filosofica. Poi ORGANISMO E LIBERTA’ . Ad un convegno a Boston ASPETTI ETICI DELLA SPERIMENTAZIONE SUI SOGGETTI UMANI espone una critica, dora in avanti la sua ricerca si svolgerà sulla TEORIA e sulla PRASSI. TEORIA elabora una nuova etica etica della responsabilità da cui nasce IL PRINCIPIO RESPONSABILITA’ PRASSI esplora soluzioni di problemi puntuali di etica applicata, elaborando una vera e propria prassi dell’etica della responsabilità TECNICA,MEDICINA ed ETICA sottotitolo PRASSI DEL PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’. Muore a New York nel 1993 all’età di 89 anni. IL DIRITTO DI AVERE FIGLI Distinzione tra DIRITTO e DIRITTI DIRITTO RECHT RIGHT intendiamo l’ordinamento giuridico che concede e definisce tali diritti del soggetto, che ne determina il rapporto reciproco, ne tutela il godimento tramite sanzioni, ma anche li limita e li connette a doveri complementari verso altri soggetti giuridici e verso la comunità. DIRITTI RECHTE LAW intendiamo qualcosa di cui godono soggetti-persona QUAL’E’ LA FONTE DEI DIRITTI? Per l’ordinamento giuridico vigente è la legislazione dello stato, ma non soddisfa pienamente rederebbe ogni DIRITTO POSITIVO. METADIRITTO quando ci si può domandare se il diritto è giusto e ogni singolo soggetto giuridico può opporre a esso i suoi diritti DIRITTO NATURALE diritto superiore, valido per natura, esso precede il diritto positivo in inglese ci sono 2 espressioni per la stessa parola NATURRECHT: NATURAL RIGHT: designa il nucleo costitutivo dei diritti che ogni individuo possiede da sé, prima del suo ingresso in società. Sono diritti dati insieme alla vita innati e inalienabili. NATURAL LAW: designa norme che rendono possibile la convivenza di più soggetti, quindi di una società in generale, e che integrano i diritti naturali del soggetto in tale ambito. NATURAL RIGHT viene prima del NATURAL LAW in quanto l’uomo è stato da sempre singolo, quindi prodotto originario della creazione, mentre lo stato è il prodotto artificiale che si deve adattare ad esso. CONSIDERAZIONE GENERALE nessuno dei diritti, nemmeno inalienabili, è incondizionato e illimitato per quel che concerne la sua affermazione nella realtà. Una limitazione è quella per cui il suo esercizio non può ledere il medesimo diritto di altri. Analogamente non può tacitamente sacrificare il soddisfacimento di altri diritti al proprio soddisfacimento. Però si accompagnano alla disposizione di compromessi. Quale posizione ha il diritto di avere figli nel sistema giuridico pubblico?? Lo si può annoverare fra i diritti inalienabili, quindi si posso avere figli secondo una propria volontà. A quale categoria di diritti fa parte? DIRITTI FORTI/TRANSITIVI STARK: diritti che motivano una pretesa verso gli altri, che pretendono per esempio il concorso degli altri al conseguimento del bene giuridico. Corrispondono dei doveri positivi doveri di commissione di altri. DIRITTI DEBOLI/INTRASITIVI SCHWACH: diritti che non pretendono dagli altri nient’altro che tolleranza e non impedimento. Dovere solo negativo dovere di omissione. Quindi apparentemente il diritto di avere figli appartiene ai DIRITTI FORTI perché richiede sin dal principio la collaborazione del partner sessuale. Quello che viene riconosciuto come transitivo è il diritto alla vita di figli già concepiti, il diritto di riguardarsi delle future mamme/neomamme. Il naturale diritto da parte dello stato rimane un puro diritto permesso ERLAUBNISRECHT: vi è quindi un non impedimento DIRITTO DEBOLE. Importante ricordare che persino un diritto inalienabile non è illimitato nel suo godimento, di fatto per quanto sia intimo e privato nel risultato riguarda anche la comunità che, ad esempio, in caso di rischio di sovrappopolazione può condurre al fatto che lo stato limiti l’esercizio di questo diritto naturale attraverso la legge come accade adesso in CINA. PROBLEMI CON LE NUOVE TECNICHE DI RIPRODUZIONE Coinvolgimento da parte dello stato 1) di ciò che il medico può fare o non può fare è responsabile lo stato, attraverso permesso/divieto. 2) non riguarda solamente il soggetto giuridico o il soggetto sottoposto al trattamento ma anche altri consorti, donatori di seme, madri surrogate ecc... 3) ci ritroviamo allo strano caso in cui la legge deve rivolgersi direttamente all’etica quale arbitro della formazione della volontà di legge. Deve evitare che venga finanziato pubblicamente ciò che offende il sentimento morale. DIVERSI CASI/PROBLEMATICHE Impedimento dovuto a difetto fisiologico il quale può essere superato attraverso operazione nessun problema giuridico/etico. Coniugi, ambedue non sterili, si affidano all’inseminazione artificiale nessun problema. Non coniugi si affidano all’inseminazione artificiale problema morale, vi è differenza tra ammettere e agevolare befoerdern e quindi sapersi strumento per ottenere un’infanzia senza padre fa nascere scrupoli etici. Impedimento coniuge femminile che può essere aggirato solo tramite fecondazione extracorporea e reimpianto uovo problema nuovo vasto e moralmente angoscioso che lo si deve evitare. E’ un diritto permesso consente al legislatore di decidere. Costi elevati e embrioni congelati. Marito sterile, si offre la possibilità di fecondare attraverso seme di un persona conosciuta o non serie di problemi : MEDICO: deve procurare il seme è un mediatore deve assicurare buona qualità, per questo si affida alla banca del seme controllata dallo stato. BANCA del seme: deve assicurare anonimato e immunità da pretese figli. DONATORI: devono rinunciare a ogni diritto di sapere dei loro figli naturali, a tentare di identificarli. MA!! Il mediatore non ha diritto a simili obblighi e anche la madre non può rinunciare al suo diritto di conoscere almeno l’identità del padre questo perché non è eticamente sostenibile che il futuro discendente del diritto naturale sia privato a conoscere la propria origine anche per il caso di bisogno padre legittimo che muore. Tutti questi problemi vengono però raggirati attraverso una mossa diabolica il cocktail di semi rendendo di fatto impossibile qualsiasi identificazione. Maternità surrogata donna incapace di concepire si fa impiantare un uovo di un ‘altra fecondato dal marito o da qualcun altro per portare a compimento come se il figlio fosse suo oppure una donna capace che teme una propria gravidanza fa trapiantare il suo ovulo fecondato in una sostituta affinchè lo concepisca e alla fine gli ridia il figlio. In questo caso si formano una serie di innumerevoli domande e problemi per il legislatore contano soprattutto i motivi e se deve essere ritenuto degno di considerazione. Dovrebbe limitare il suo uso a casi eccezionali ES. alto rischio di aborto spontaneo/parto prematuro debilitante comprovata pericolosità di una gravidanza per madre/bambino. Dovrebbe essere a disposizione solamente di uno stretto rapporto personale sorelle/amiche e non per affari questo garantirebbe una minor possibilità di conflitti e problemi pre/futuri al concepimento. Altro fattore importante è dare la possibilità a chi veramente ne ha bisogno di attuare questo modo di concepimento evitando quindi un odioso privilegio dei ricchi. Il diritto al soddisfacimento del desiderio di avere dei figli è un diritto molto debole dagli altri si può solamente pretendere il non impedimento delle normali chances per ottenere figli. La società è libera di garantirle/negarle secondo norme del diritto generale e della morale. 21 MIGUEL REALE (1910-2006) Nasce nel 1910 a Sao Paulo nel Brasile Meridionale da una famiglia di origine italiana immigrata in Brasile dalla Basilicata. Frequenta la facoltà di Giurisprudenza di Sao Paulo ed entra nel movimento integralista compagnia che si ispira al corporativismo e nazionalismo. E elabora un libro O ESTADO MODERNO. Con la repressione degli integralisti è costretto all’esilio e si rifugia in Italia dove conosce DEL VECCHIO e RAVA’. Al ritorno in Brasile diventa rettore dell’uni di Sao Paulo e fonda l’Instituto Brasileiro de Filosofia e la Revista Brasileira de Filosofia. In filosofia del diritto ragiona l’opposto di Kelsen anziché separare l’occorrenza concreta di un fatto giuridico della norma come Kelsen, quando distingue 2 elementi ( ATTO SENSORIALMENTE PERCEPIBILE e IL SENSO DI QUELL’ATTO), concepisce l’occorrenza concreta del fatto giuridico e la norma come 2 momenti senza la cui essenziale correlazione sarebbe inconcepibile il fenomeno specifico del diritto, e a essi affianca poi un 3 momento : il valore/fine è un tertium quid il quale appartiene ad una sfera di oggetti ideali che sono irriducibili sia alla sfera dei fatti sia alla sfera delle norme. Di qui la TESI DEL CARATTERE TRIDIMENSIONALE DEL DIRITTO: 1) DIMENSIONE NORMATIVA: dimensione della norma 2) DIMENSIONE AXIOLOGICA/TELEOLOGICA: dimensione del valore/fine 3) DIMENSIONE FATTUALE: dimensione del fatto Nel 1968 pubblica IL DIRITTO COME ESPERIENZA Muore nel 2006 nella città di Sao Paulo all’età di 95 anni. LA PENA DI MORTE E LA NON ESPERIENZA DELLA MORTE Miguel Reale fa un’analisi del problema della compatibilità tra PENA e MORTE. Prima osservazione riguarda la finalità DIFFERENZA tra PENA e SANZIONE PENA: è la forma propria della sanzione corrispondente alla violazione di una norma penale. SANZIONE: è la conseguenza giuridica di cui è munita ogni regola di diritto per garantire la sua osservanza. Il GENUS sanzione penale ha 3 specie: SANZIONE CIVILE, SANZIONE AMMINISTRATIVA e SANZIONE PENALE la pena si distingue oltre che per la sua forma anche per il contenuto, ossia in virtù del valore/interesse che essa tutela. Come conseguenza giuridica del REATO conseguenza non ad instar di ciò che succede sul piano delle relazioni naturali, ma su di un dover essere etico si presuppone un’azione axiologicamente regolata secondo il modello razionalmente espresso nella disposizione legale violata. La PENA può variare in base se sottolinea la sua natura RETRIBUTIVA, il suo scopo PREVENTIVO, o REPRESSIONE PREVENTIVA se entrambi i concetti. MA! Tutte le dottrine ammettono una fondazione razionale è necessariamente una categoria razionale per la sua natura, quanto per la sua finalità. La CONSEGUENZA GIURIDICA si pone come risultato di una di una determinata forma di valutazione dell’illecito penale correlazione di mezzo a fine. Il PENALISTA misura/gradua la pena in base della natura del bene leso, della persona del delinquente e della reazione della coscienza individuale e collettiva. IMPORTANTE sottolineare che nel diritto che riguarda la pena e la sua applicazione la ragione e l’esperienza vanno di pari passo quindi in correlazione. LA MORTE SECONDO LA FILOSOFIA ESISTENZIALE SANT’AGOSTINO non si può parlare di esperienza di morte poiché se uno prova una qualsiasi sensazione significa che è ancora vivo, quindi in uno stato anteriore alla morte. Difficile affermare quindi quando si muore, lui si pone la domanda quando l’uomo è sul punto di morire?? Per lui si vive e si muore allo stesso tempo, già quando si nasce si va in contro alla morte, ci si trova sempre a morire. MARTIN HEIDEGGER anche lui sulla stessa linea di pensiero, dirà che la morte dell’altro non rappresenta per noi alcuna esperienza. L’essere umano è destinato a morire con la morte l’esistenza si riduce all’avventura della sua impossibilità. E’ indubbio però che la morte di un nostro amico/parente non ci estranea, ma penetra nella nostra intimità, diventando la nostra esperienza di morte esperienza per partecipazione dimostra che la morte non è direttamente suscettibile d’esperienza mediante percezione e comunicazione intersoggettiva. PENA DI MORTE distruzione di un corpo, la cui fine è la fine di una possibilità esistenziale, quindi un termine nel processo biologico e punto finale degli atti del procedimento giudiziario. Secondo REALE è innegabile l’assurdità di destinare alla morte un essere umano, senza cercare di spiegare il mistero che avvolge questa sua destinazione. Dall’altra parte però se siamo tutti destinati alla morte la pena di morte equivale ad una sorte di anticipazione della morte. Si può quindi constatare che si vuole convertire la morte in uno strumento di sanzione. SARTRE si individualizza interiorizzandosi Se si possono addurre ragioni plausibili per spiegare la morte come fenomeno biologico/ addirittura se si può considerare razionale la morte perché necessaria in generale all’esistenza nell’ordine cosmico, non si può dimenticare che la morte non può essere altro che la mia morte! è il fenomeno della mia vita personale che fa di questa una vita unica, cioè una vita che non ricomincia mai, in cui non è possibile ripetere il gesto, quindi si diventa responsabili della propria morte e della propria vita. Diventa inesplicabile l’ingerenza dello stato in ciò che vi è di più intimo nell’uomo , ossia la sua vita e la sua ora di morire. SENECA afferma che la mia morte è il giorno del mio morire si può concludere che la condanna di morte da parte del giudice equivale ad una violenta sostituzione del delinquente come persona, quindi equivale alla sua morte etica prima della sua morte biologica. L’inseparabilità del concetto di morte dal concetto di persona mette così in evidenza che la morte non può essere materia di pena, poiché elimina, all’atto della sua applicazione, quello stesso essere a cui essa si rivolge! GUSTAV RADBRUCH ha ragione quando afferma che soltanto una concezione superindividualistica del diritto può ammettere la pena di morte, in quanto solo in tale concezione lo stato ha il potere di vita/morte sugli individui. PENA DI MORTE l’uomo cessa di essere progetto e diventa una proiezione cioè concetto e l’immagine che di lui ci si fa nel processo penale, vi è quindi un prevalere di uno sull’altro secondo SARTRE trionfo dell’altro. L’ASSURDO DELLA MORTE NELLA GRADUAZIONE DELLE PENE Tutte le pene costituiscono una serie di sanzioni, distribuite secondo una graduazione razionale, con la quale si cerca di valutare una serie di fattori corrispondenti a ogni ipotesi di illecito penale, e personalità del delinquente. Quando però si decreta la pena di morte si fa un salto dal piano temporale a quello atemporale della morte e quindi si rompe l’armonia graduale delle pene. Davanti alla pena di morte l’idea di proporzione scompare del tutto. In una situazione tale i fautori della pena capitale o tacciono o aggirano il problema contentandosi di un’opinione puramente soggettiva. GIUSTIFICAZIONE PENA DI MORTE Bettiol dichiarando che la necessità della pena di morte è una conseguenza del suo carattere retributivo e non viceversa ES. caso di omicidio premeditato di ascendenti/discendenti o nell’omicidio per violenza carnale. In tali casi lo squilibrio morale da essi prodotto non può essere compensato/bilanciato se non con la pena di morte , poiché l’unica che sia veramente retributiva e proporzionata al male perpetrato. SECONDO REALE in questo giudizio ciò che prevale non sono i criteri per stabilire una vera proporzione ma si nasconde un’opzione dettata dalla presunta necessità di ricomporre l’equilibrio etico della società, cioè difendere i valori della coscienza morale della società. Scopo principale della pena di morte non è per il motivo della razionalità ma per intimidire e quindi utilizzarla come strumento di prevenzione criminale, mentre si trascura quel essenziale significa per cui chi muore non prova alcuna esperienza. GEORG SIMMEL volerla convertire in un mezzo di soluzione penale vuol dire spogliarla del suo significato essenziale per ridurla alla violenta distruzione fisica del corpo. Il concetto di PENA e di MORTE sono tra di loro ontologicamente e logicamente opposti, quindi la pena è una contraddizione in termini. 22 CESARE GORETTI (1886-1952) Nasce nel 1886 a Torino, dove si laurea nella facoltà di Giurisprudenza nel 1909. Successivamente si laurea anche in filosofia all’Accademia letteraria di Milano. I suoi 2 primi studi riguardano kant e sorel. Nel 1930 pubblica l’opera + ambiziosa I FONDAMENTI DEL DIRITTO in cui introduce i lineamenti di una fenomenologia del diritto che svilupperà successivamente in LA NORMATIVITA’ GIURIDICA. Collabora per anni con la rivista di filosofia, egli insieme a Martinetti si rifiutano di giurare fedeltà al regime fascista per questo non può insegnare fino a 62 anni a Ferrara, prima era avvocato. Successivamente torna a tradurre opere APPARENZA E REALTA’. Insegna filosofia del diritto all’uni di Ferrara fino alla sua morte nel 1952 a Milano all’età di 66 anni. GORETTI nel saggio L’ANIMALE QUALE SOGGETTO DI DIRITTO rivendica per l’animale lo status di soggetto di diritto: una PERSONALITA’ GIURIDICA che non è investitura da parte dell’uomo, ma rapporto che sorge da sé, per la natura stessa delle cose. Stupisce la tesi, filosoficamente + forte e provocatoria, secondo la quale nell’animale è presente una coscienza giuridica aurorale coscienza non del diritto che si ha ma di ciò che il diritto è. Secondo lui tra la nostra psiche e quella degli animale non c’è differenza di natura ma di grado. L’animale non è una res, può soffrire ma comunque dotato di una natura diversa da noi. Perché si nega all’animale la possibilità di essere soggetto di diritto ? poiché soggetto di diritto può essere colui che è il centro di certi diritti soggettivi, i quali non sono altro che la possibilità di realizzazione e di estrinsecazione di un ordine giuridico obbiettivo, di una volontà giuridica obbiettiva. WILHELM SHUPPE Tutto ciò è assurdo, i rapporti degli animali fra loro sono regolati dall’istinto che può essere un ordinamento provvidenziale, un ordinamento giuridico. Al contatto con l’uomo l’animale viene trasportato da un mondo agiuridico in una realtà giuridica egli non è più un dominio, una res, questo suo partecipare al nostro ordinamento gli deve in un certo modo attribuire un valore di persona giuridica. Si può quindi dire che la partecipazione gli attribuisce uno status che prima non aveva. Certamente l’animale non potrà mai avere la concezione giuridica umana e non potrà mai parlare, ma nonostante tutto ciò non gli si può negare il valore di soggetto giuridico. Solo perché non è in grado di arrivare a una concezione giuridica, noi non possiamo negargli il diritto fondamentale di fuggire il dolore e di cercare il piacevole. Il diritto soggettivo dell’animale sorge in quanto noi lo facciamo partecipare all’ordinamento giuridico, sfruttandone capacità lavorativa e attività per noi è un utilitas. Diversi autori sostengono che l’animale sia escluso fra i soggetti di diritto, poiché si basano sull’EQUIPARAZIONEche si ha fra soggetto di diritto e diritti soggettivi gli animali non hanno diritti soggettivi. Ma tutto ciò non ha valore oggi non esistono dei diritti soggettivi innati, ma soltanto certe possibilità che rendono possibili la nostra esperienza giuridica al contatto con la realtà. Tanto gli uomini quanto gli animali non hanno diritti soggettivi innati, che non siano il riflesso di un ordinamento giuridico al quale in un certo modo partecipano. Anche se il cane non sa precisamente il concetto di cosa sia la proprietà, partecipando al nostro mondo, ha comunque un senso oscuro di quello che può esserlo lo dimostrano numerosi casi in cui il cane sia custode/geloso della proprietà del suo padrone. Anche l’amicizia che può dare un cane è un altro esempio a favore della tesi. Quasi tutte le legislazioni che disciplinano il reato di maltrattamento degli animali lo giustificano con un sentimento di umanità chi maltratta è malvagio e va punito. Tutto ciò ci deve far riflettere, questa personalità giuridica che ha l’animale non è attribuita dall’uomo, nessun artificio, è un rapporto che sorge da sé per la natura stessa delle cose. Come è successo per gli schiavi, anche per gli animali succede che parte da essere res e piano piano assume i suo diritti e ottenere personalità giuridica. anche se lo sviluppo di questa personalità è minore, la differenza vi è non vi è quindi contraddizione concettuale fra ESSERE OGGETTO DI DIRITTO e ESSERE SOGGETTO DI DIRITTO. Quando l’animale mediante l’addomesticamento non si ribella all’ordinamento esso accetta questo ordine e di conseguenza è titolare di personalità giuridica. Da quanto è stato affermato sembra che può essere ritenuto titolare di personalità giuridica soltanto l’animale domestico che ha deciso di partecipare all’ordinamento giuridico umano. Di conseguenza si può pensare che l’animale feroce/selvaggio non può essere soggetto di diritto, Ma non per questo oggetto di diritto, poiché esso come tale non può prestare ancora nessun servizio. Mediante l’addomesticamento può prendere contatto con la realtà umana e diventare oggetto di diritto, e prestare servizi, diventando quindi soggetto di diritto. L’uomo può vendere, uccidere per mangiarselo tutto ciò per necessità umana MA non può né deve maltrattarlo è l’unico suo diritto che riconosciamo ed è questo riconoscimento che fa dell’animale un soggetto di diritto! Ogni altra concezione è una offesa alla nostra razionalità e alla nostra umanità. 23 SIMONE WEIL (1909-1943) Nasce a Parigi nel 1909 da una famiglia agiata ebrea. Lei e suo fratello vengono cresciuti secondo principi di una severa educazione laica. Segue Alain durante e dopo il concorso di normale. Dal 1931 insegna filosofia presso i licei femminili di provincia. Oltre ad insegnare segue ambienti del sindacalismo rivoluzionario e collabora con varie riviste. Durante la rivolta dei disoccupati subisce una dura campagna di stampa, volta a farla allontanare dal liceo perché a capo dei rivoltosi, ma lei risponde con un articolo SULLA SOPPRAVIVENZA DEL REGIME DELLE CASTE. Appena 25enne scrive RIFLESSIONI SULLE CAUSE DELLA LIBERTA’ E DELL’OPPRESSIONE SOCIALE nelle quali contrappone al sogno di libertà l’ideale della libertà. Stesso anno si congeda dall’insegnamento per seguire di persona le condizioni di vita degli operai. Opera LA CONDIZIONE OPERAIA. Con lo scoppio della guerra civile in spagna decide di unirsi ai miliziani antifranchisti. Per colpa di emicrania è costretta ad interrompere l’insegnamento. Affetta da tubercolosi muore a Kent nel 1943 all’età di 34 anni. OBBLIGO E DIRITTO Un diritto senza obbligo non è efficace l’adempimento di un diritto non proviene da chi lo possiede, bensì da chi lo riconosce, nei suoi confronti obbligati a qualcosa. Quindi l’obbligo è efficace quando viene riconosciuto, di conseguenza anche se non lo fosse non cambierebbe, un diritto non riconosciuto non vale molto. Non ha senso dire che gli uomini abbiano dei diritti e dei doveri a quelli corrispondenti. Di fatto un uomo di per sé ha solo dei doveri, fra i quali alcuni nei confronti di se stesso. Gli altri solo diritti. ES un uomo solo nell’universo non avrebbe alcun diritto ma solo obblighi. Il diritto appare quando l’obbligo entra nel campo dei fatti comprende quindi la considerazione degli stati di fatto e delle situazioni particolari. I diritti appaiono sempre legati a date condizioni, solo l’obbligo può essere incondizionato, sopra ogni condizione. L’obbligo lega solo gli esseri umani, non v’è obbligo per le collettività, obblighi identici legano tutti gli esseri umani, benchè essi corrispondano ad atti differenti secondo le diverse situazioni. Nessuno può sottrarsi senza colpa, eccetto sia costretto ad abbandonarne uno, ma comunque v’è colpa se l’obbligo abbandonato è abbandonato non soltanto di fatto, ma anche negato. OGGETTO DELL’OBBLIGO Nel campo delle cose umani, è sempre l’essere umano. Questo obbligo non si fonda su nessuna situazione di fatto, né sui rapporti di forza, né sull’eredità di passato, né sul supposto di orientamento della storia perché nessuna situazione di fatto può suscitare un obbligo. Questo obbligo: Non si fonda su alcuna CONVENZIONE tutte le convenzioni sono modificabili secondo la volontà dei contraenti, mentre in esso nessun cambiamento nella volontà degli uomini può nulla modificare È ETERNO risponde al destino eterno dell’essere umano, solo esso è eterno le collettività no, quindi rispetto ad esse non esistono obblighi diretti che siano eterni. Eterno è il dovere nei confronti dell’essere umano come tale. È INCONDIZIONATO se esso è fondato su qualcosa, questo qualcosa non appartiene al nostro mondo. E’ questo l’unico obbligo relativo alle cose umane che non sia sottomesso a condizione alcuna. Non ha un FONDAMENTO, bensì verifica nell’accordo della coscienza universale. Espresso da antichi testi, viene riconosciuto da tutti, il progresso si misura su di esso. Benchè quest’obbligo non risponda al destino eterno dell’essere umano, esso non ha per suo diretto oggetto quel destino. Il destino eterno di un essere umano non può essere oggetto di alcun obbligo, per il fatto che non è subordinato ad azioni esterne. Il fatto che l’essere umano abbia un destino eterno impone un solo obbligo IL RISPETTO. L’obbligo è adempiuto soltanto se il rispetto è effettivamente espresso ES DOVERE ETERNO far si che l’altro non soffra la fame quando si ha la possibilità di aiutarlo BISOGNI DEL CORPO VS BISOGNI DELL’ANIMA B. DEL CORPO sono fisici come la fame, la protezione contro la violenza, l’abitazione, il vestiario, il caldo, l’igiene, le cure in caso di malattia. B. DELL’ANIMA riguardano la vita morale, eppure terrestri e non eterni. Se non sono soddisfatti, l’uomo cade a poco a poco in uno stato più o meno analogo alla morte vita vegetativa. Questi bisogni sono difficili da individuare e da numerare, ma ognuno ne riconosce l’esistenza. ES crudeltà conquistatore che non toccano il corpo ma la vita dell’uomo massacri, mutilazioni, carestia organizzata, schiavitù/deportazioni in massa. Gli obblighi derivano tutti dai bisogni vitali dell’essere umano. Quelli che non riguardano a quel essere umano determinato, hanno tutti per loro oggetto cose che in rapporto all’uomo hanno una funzione analoga a quella del nutrimento. RISPETTO per il campo di grano non per lui in se stesso ma perché garantisce nutrimento RISPETTO per la collettività non in se stessa ma perché nutrimento di un certo numero di anime umane. 31