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Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo 2/2016 a cura della Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo dati storici ed archeologici a confronto Antonio Alfano This paper focuses on the territory of the Diocese of Cefalù during the Norman and Swabian reigns, with the presence of numerous ecclesiastical institutions set up following the immigration of latin colonists from Italy and Europe. The diocese was founded during the reign of Leo III the Isaurian in conjunction with the allocation of a military contingent in a pattern known in Calabria and Asia Minor. In 1132 Roger II created the Diocese of Cefalù separating the territory from Messina. The goal of the following research is to present the Norman’s bound of diocese, showing the existence of several extra,territorial property. At the end of this paper we will consider some religious buildings located along the eastern border, unfortunately poorly preserved, but also tangible sign of the prestigious past of the Diocese of Cefalù in the Middle Ages. Il presente contributo trae spunto dalla elaborazione della tesi di specializzazione in Archeologia Medievale, discussa nell’a.a. 2009(2010 presso l’Università degli Studi “Sapienza” di Roma1. A distanza di qualche anno, non sono stati affrontati studi sul territorio madonita nel medioevo e ciò che presenteremo, può ritenersi aggiornato. Attraverso lo studio di quanto già edito sulle vicende storiche della diocesi, tenteremo di unificare il dato noto da fonti e toponomastica con quello recuperato archeologicamente. Ritenendo che la storia di un territorio passi attraverso la storia del suo popolamento, si è cercato di evidenziare l’importanza complessiva dell’area madonita. Durante il processo di elaborazione della tesi abbiamo infatti tracciato un quadro generale delle attestazioni archeologiche note a partire dal VI secolo nell’immenso territorio diocesano, che sebbene delineato in età normanna, ha costituito l’area di studio cui riferirsi. In linea con le ricerche di superficie degli ultimi anni in Sicilia2, si è operata una ricognizione asistematica concentrando l’attenzione sulle evidenze monumentali superstiti allo stato di rudere, siano esse, chiese, castelli, mulini. L’immediato areale circostante i monumenti individuati è stato sottoposto infine a metodologia sistematica raccogliendo tramite campionatura i materiali archeologici. Anticipando brevemente le conclusioni, ci si è resi conti che quasi in tutti i casi, i luoghi occupati da monumenti medievali sono stati frequentati nel passato più o meno recente ed a volte durante l’Eneolitico o l’Età del Bronzo Medio. Ad accompagnare il testo, una serie di carte ed elaborazioni grafiche realizzate in ambiente GIS. La prima attestazione documentaria di Cefalù come sede vescovile risale all’ VIII secolo quando risulta suffraganea della metropolita Siracusa, capitale della Sicilia bizantina3. L’unico nome attestato di un vescovo è 1 A. Alfano, La diocesi di Cefalù in età Normanna e Sveva: proposta di un GIS per il territorio (rel. Prof.ssa F.R. Stasolla). Cfr. i numerosi contributi in NEF – ARDIZZONE 2014. CARRA 1992, p. 66; MAURICI 1994, p. 38 e nota 97; PARTHEY 1866, Notitia 1, p. 76, n° 582; Notitia 3, p. 129, n° 717; Notitia 8, p. 171, n° 248; Notitia 9, p. 186, n° 157. In questi ultimi anni la periodizzazione storica legata alle diverse culture che si sono susseguite in Sicilia è stata abbandonata è si è preferito adottare i termini di tardaoantico ed alto medioevo. In senso strettamante cronologico il tardoantico va dall’età costantiniana alla costituzione del thema di Sicilia (IV – fine VII); la fase altomedievale abbraccia in pieno VIII e IX secolo. Tale considerazione ha fatto superare la divisione tra età bizantina ed età islamica. Su queste considerazioni di carattere storico cfr. NEF - PRIGENT 2006. Anche per quanto riguarda la ricerca archeologica la Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Dipartimanto dei Beni culturali e dell’Identità siciliana www.regione.sicilia.it/beniculturali Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Palermo sopripa.uo5@regione.sicilia.it A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 2 Niceta, che era stato presente a Costantinopoli durante la riunione per l’VIII concilio ecumenico nell’ 8694. Sempre nel IX secolo è attestato un anonimo topotereta di città in qualità di capo del contingente militare distaccato dell’armata centrale di Costantinopoli. L’importanza di questa figura è duplice e legata sia ai rapporti con l’impero che al ruolo centrale della Sicilia. Topotereti di città5 sono attestati infatti solo in Tracia e nel thema di Sicilia, luoghi di importanza militare strategica che necessitavano di un tipo di difesa particolare. Il ruolo cruciale di Cefalù e del suo territorio sulla costa tirrenica a metà strada tra Palermo e Messina, suggerisce inoltre una specifica volontà di controllo6. Nonostante queste poche informazioni le evidenze archeologiche ci aiutano a definire ed ampliare il discorso sulla cittadina anche in epoche precedenti. Nata come frourion alla fine del V sec. a.C. forse in relazione alla distruzione cartaginese del 409 a.C. di Himera, ebbe un notevole sviluppo in età ellenistica ed ancor più in quella romana come documentano gli impianti stradali urbani e la ricchezza delle necropoli7. La cinta muraria in opera poligonale, databile agli anni di fondazione della cittadina, risulta ancora in uso nel VII secolo come documentano i restauri ed i rifacimenti in pietrame minuto di diversi settori8. A seguito degli scavi archeologici al Duomo di Cefalù si è ipotizzato di anticipare la creazione della diocesi ad un periodo anteriore al secolo VIII, ma tale proposta risulta di difficile accoglimento in mancanza di indagini estensive9. Ad avallare l’ipotesi altomedievale, l’assenza di Cefalù dalle lettere di Papa Gregorio Magno (590(604) e le poche notizie sulle sedi confinanti più vicine: Termini ad ovest ed Alesa ad est. Tutte e due sono però documentate dalla metà del VII e la loro nascita è certamente da attribuire agli anni del regno dell’Imperatore Eraclio10. La costituzione della diocesi è da ricercare negli eventi iniziali del secolo VIII quando, intorno al 732(733 d.C., avviene una rioganizzazione ecclesiastica dell’Italia del sud per volontà dell’imperatore Leone III Isaurico. Com’è noto il sovrano sottrae l’Italia del sud e l’Illirico all’autorità dei pontefici romani e pone le due regioni sotto l’influenza del patriarcato di Costantinopoli. Sia in Calabria che in Sicilia l’imperatore è promotore di “un’attiva politica di fondazione episcopale” ed è possibile che la diocesi di Cefalù sia nata in quegli anni11. Ad avallare questa ipotesi è la costituzione dei vescovadi di Trapani, Amantea, Nicopolis e Rossano, quest’ultimi in Calabria, che avviene negli stessi anni. Questo, secondo il Prigent, rimanda ad un modello di vescovado fortificato ed avocazione strategica noto anche in Tracia ed Asia Minore cui si aggiungerebbe la presenza dei topotereti12. Con l’inizio dell’invasione arabo(musulmana diversi cronisti ci presentano Cefalù quale centro fortificato strategicamente importante sia per il controllo della costa che per l’area delle Madonie. Un primo assedio alla città avviene tra l’836 e l’837 ma i Musulmani furono costretti alla ritirata. Tra l’857 e l’858 la città cade in mano ai conquistatori ma tutti i cittadini furono risparmiati e posti nelle condizioni di allontanarsi liberamente sebbene la fortezza fosse distrutta13. La città costituiva lo sbocco a mare sul Tirreno di Castrogiovanni(Enna punto nevralgico della difesa bizantina e capitolata un anno dopo Cefalù14. Questa continuava ad essere periodizzazione rimane valida e verificata grazie agli scavi stratigrafici degli ultimi anni. Cfr. da ultimo ARCIFA 2010 con bibliografia precedente ed aggiornata. KEHR – GIRGERSHON 1975, p. 362. Tale notizia risulta molto interessante in considerazione del fatto che la città era già caduta in mano musulmana da un decennio. Sempre nel IX secolo è noto un anonimo topotereta di Cefalù. Questi funzionari dell’amministrazione bizantina erano i rappresentanti delle sedi patriarcali ai concili ecumenici: PRIGENT 2006, p. 149. In altre zone dell’impero sono noti topotereti ecclesiastici ovvero rappresentanti delle sedi patriarcali durante i concili ecumenici. La funzione principale dei contingenti militari guidati da un topotereta di città fu, per la Sicilia, quella di difendere gli interessi italiani dell’impero. La creazione di queste figure è inoltre legata alle prime incursioni degli arabo-musulmani: PRIGENT 2006, p. 155. TULLIO 1993. TULLIO 1993-94, p. 1216. TULLIO 1974, p. 129; Id. 1985, pp. 43 sgg. Il mosaico e le pertinenze del probabile edificio di culto appartengono allo Strato V (individuato durante l’esplorazione). Il nartece è costituito da un tratto di muro orientato E-O realizzato in doppio paramento di ciottoli, parzialmente sbozzati e legati da malta di colore bianco, con entrambe le facce intonacate. Cfr. anche TULLIO 2006, p. 31, fig. 12. Sulle sepolture cfr. TULLIO 1985, p. 45, fig. 40. Interessante è notare come la sacralità del luogo sia rimasta inalterata attraverso i secoli considerando che il luogo verl’area sarà scelta per la costruzione della cattedrale normanna. Analoghe raffigurazioni sono presenti in mosaici datati al VI secolo soprattutto in area africana, che fanno intendere ancora una volta come la Sicilia sia parte integrante di un sistema mediterraneo in piena attività legato al commercio transmarino. Sui mosaici di confronto: TULLIO 1985, p. 48. Sul ruolo centrale della Sicilia in età bizantina valgono ancora le conclusioni di André Guillou: GUILLOU 1975-76. Per un aggiornamento anche bibliografico cfr. KISLINGER 2002; NEF – PRIGENT 2006. CARRA 1985, pp. 136-140; TULLIO 1994, pp. 57-59. Per altri materiali archeologici riferibili a questo periodo cfr. TULLIO 2006, p. 21 e note 26-28. Tra i rinvenimenti più interessanti è da segnalare il sigillo plumbeo del patrizio e diochete Antioco di cui si conoscono altri sigilli datati alla prima metà dell’VIII sec. Cfr. CARRA 1988, p. 62. Sul nostro sigillo, datato al secondo quarto dell’VIII secolo cfr. KISLINGER – SEIBT 1998, pp. 15-17. PRIGENT 2014, p. 95. Un calunniosus episcopus Alesae è documentato al concilio lateranense del 649. Altri due vescovi sono noti fino alla seconda metà del IX secolo: PETTINEO – RAGONESE 2003, p. 9. A Termini i vescovi Pasquale e Giovanni sono documentati rispettivamente ai concili lateranensi del 649 e del 680 ma la ricerca archeologica degli ultimi anni non ha portato alla scoperta di alcun edificio ecclesiastico e la consistenza insediativa di età bizantina è molto labile: BELVEDERE et alii 1993; MAURICI 1994, p. 42. PRIGENT 2009, pp. 223-225. PRIGENT 2014, p. 96. AMARI 1854, I, p. 307 e p. 325; PERI 1952-53, pp. 60-61. Il Maurici ritiene proprio che la caduta di Enna sia stata favorita dalla presa di Cefalù a nord e di Butera ad est per tagliare rispettivamente gli approvvigionamenti ed i contatti con la capitale Siracusa: MAURICI 1994, p. 39. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 3 considerata sede vescovile, forse affidata a Reggio Calabria insieme alle altre sedi isolane dopo la caduta di Siracusa nell’878. In questo senso si spiega la presenza del vescovo Niceta nell’869, dieci anni dopo la caduta, e nel secolo XI l’arcivescovo di Reggio indicato come metropolita di Calabria e Sicilia15. In età islamica, infine Cefalù e Caltavuturo sono presenti tra le ‘città’ (mudūn) menzionate dal geografo Al( Muqqadasī intorno al 98816. Concludendo il discorso sulla diocesi in età altomedievale passiamo a delineare un quadro generale per il periodo compreso tra la conquista normanna (1063) e la morte di Federico II (1250). Le prime attestazioni documentarie di età normanna sono riferibili al 1081 – 1082 quando il conquistatore Ruggero I assegnava Cephalud insieme agli altri abitati delle Madonie e dei Nebrodi alla istituita diocesi di Troina comprendendo un territorio vastissimo che dalla costa ionica giungeva ad flumen Gorcae (l’odierno Torto)17. Qualche anno più tardi, nel 1096, lo stesso Ruggero univa Troina a Messina e manteneva inalterati i confini territoriali: “…vadit per maritimam usque ad flumen Tortum et ascendit per flumen usque ad caput ejusdem unde ipsum flumen exit, et revertitur ad magnam viam Francigenam Castrinovi et vadit ex illa parte ad montem S. Petri et vadit ad tres pereiros et descendit ad flumen Salsum de Nicosi…”18. Il passo riporta le stesse informazioni che erano già presenti nella definizione territoriale del vescovado di Agrigento nato nel 1093, toponimi oggi rintracciabili nell’area tra Caltavuturo e Petralia che definivano i confini con la diocesi di Troina19. All’inizio del regno di Ruggero II, nel 1121, un certo Raoul risulta dominus di Cefalù ma, appena dieci anni dopo ritorna al demanio regio ed è eletta a sede di vescovado20. In realtà la politica ecclesiastica di Ruggero II era finalizzata ad avere un controllo capillare sul territorio e sulla gerarchia ecclesiastica, tanto che nello stesso anno (1131) vengono scorporate da Messina le diocesi di Cefalù e Lipari(Patti con una divisione quasi equa dell’estensione territoriale ed un più capillare controllo delle zone montuose dove nel frattempo erano fiorite realtà religiose di tutto rispetto. Qualche tempo fa Salvatore Tramontana affermava che “negli anni di Ruggero II mancava ancora una vera e propria rete di chiese e cappelle rurali sorte, se non sempre e non solo per favorire processi di colonizzazione o assicurarne la continuità, certamente per offrire alla gente delle campagne un quadro amministrativo e religioso che garantisse la regolarità dei servizi divini e della liturgia sacramentale, messa, preghiere, battesimo, confessione, matrimonio, commemorazione e culto dei morti e che rafforzasse il potere dei signori ed accelerasse nelle zone con larga presenza musulmana le conversioni” 21. Questa affermazione va in qualche modo corretta poiché in realtà sono diversi ed articolati gli insediamenti religiosi sorti nel territorio madonita e distribuiti lungo assi viari funzionali anche alle politiche commerciali ed espansionistiche del regno. Certamente altre aree dell’isola sono interessate da una maggiore presenza nel territorio di chiese o monasteri, come il territorio dei monti Nebrodi, ma è comunque fondamentale impostare le linee di ricerca sulla consapevolezza che la ricchezza economica del territorio oggetto del nostro studio costituiva la base di sostentamento ed accrescimento delle numerose fondazioni religiose22. Al controllo ecclesiastico del territorio si coniuga la riorganizzazione del sistema viario volto al raggiungimento delle località più impervie ed all’attraversamento trasversale del territorio isolano23. Il 14 settembre 1131 l’antipapa Anacleto II creò il vescovado di Cefalù suffraganeo dell’arcidiocesi dei Messina e con un controllo di fatto sulla fondazione agostiniana di Bagnara Calabra, da cui proveniva il primo vescovo Jocelmo e a cui si riferì Ruggero II per la creazione del nuovo clero24. Tale fondazione risponderebbe alla riaffermazione della presenza del potere reale D’ALESSANDRO 1985, p. 9. La lista delle città è sicuramente incompleta ed integrabile con le fonti della prima età normanna per apprezzare il panorama più ampio possibile relativamente alla storia del popolamento. Maurici 1988-89, p. 20. PIRRI 1733, I, p. 495; STARRABBA 1893, pp. 46-48. PIRRI 1733, I, p. 382 sgg. I tres pereiros corrisponderebbero ad Pira subtus Petra Heliae sovrastato da un altum montem qui est supra Pyra riconosciuto in Monte Corvo m 1241 slm proprio sopra c.da Peri: CARRA et alii 2007, p. 1945; Una volta superate le sorgenti del fiume Torto il confine proseguiva per la cosiddetta via Palermo-Messina per le montagne, oggi corrispondente alla SS 120, che tocca tutti i centri pedemontani fino a raggiungere Messina. La stessa strada è poi attestata dal viaggiatore arabo Idrisi nel 1154. Il percorso descritto da quest’ultimo toccava Palermo, Termini, Caccamo, Pittirana, Sclafani, Caltavuturo, Polizzi, Petralia, Gangi, Sperlinga, Nicosia, Troina, Maniace e Randazzo. Da qui si valicavano i Nebrodi ed il percorso si biforcava verso Montalbano e Messina per raggiungere il tirreno, oppure si avanzava verso lo Ionio attraverso Moio, Castiglione, Mascali, Taormina, Messina. ARLOTTA 2005, p. 863, nota 112 e pp. 866-868, nota 115; RIZZITANO 1994, pp. 32, 36, 48, 60-62. PERI 1955, PP. 627-660. GARUFI 1940, pp. 89-90; VALENZIANO 1979, p. 6 TRAMONTANA 1977, p. 173. Sul territorio dei Nebrodi per un possibile termine di paragone cfr. NEF 2005; Congresso Messina 1983; SCADUTO 1947. Il prezzo da pagare per la Legazia Apostolica era un controllo ecclesiastico nominale del territorio che doveva sottostare alla regalità normanna. La chiesa latina di Roma aveva ottenuto un’isola ricca e politicamente centrale ma doveva scontare le libertà dei conquistatori. Sulle fondazioni in età normanna e sul rapporto tra potere regio e potere ecclesiatico: CORRAO - D’ALESSANDRO 1994; FODALE 1995 e FONSECA 1987. La prerogativa per la Sicilia e la Calabria è concessa da Papa Urbano II nel 1098 al conte Ruggero: MALATERRA, libro IV, cap. XXIX, pp. 343–346. Su Cefalù GIUNTA 1979, p. 17. WHITE 1984, p. 296. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 4 tra l’antica capitale dei normanni Messina e la nuova, Palermo25. Nell’ottobre dello stesso anno Ugo arcivescovo di Messina definisce l’elenco degli abitati che da quel momento avrebbero fatto capo a Cefalù: …Donamus siquidem, atque authorizamus, iam dicte ecclesie in diocesi nostra ipsum Cephaludum cum omnibus pertinentiis suis, Amistretum cum suis, Tosam cum suis, Polenam cum suis, Grateram cum suis, Roccam asini cum suis, Golesanum cum suis, Policium cum suis, Calatabuturum cum suis, Sclafanam cum suis, Alcusam cum suis, et ut flumen Tortum incipit et ad mare descendit, et a mari usque Cephaludum, et omnia que infra consistunt cum universo iure episcopali26. Purtroppo questa informazione non fornisce notizie precise sui limiti del territorio ma ci da informazioni sulle località di pertinenza diocesana da cui probabilmente si traevano le decime27. Secondo il White le dotazioni alla chiesa di Cefalù avvennero dopo l’innalzamento ufficiale a vescovado e per questo una ricognizione dei confini fu ordinata da Ruggero II all’ammiraglio Giorgio d’Antiochia nel febbraio del 1132 (fig. 1). Il documento costituisce l’unica testimonianza della reale consistenza del territorio diocesano iniziale ed è per questo oggetto di una serie di considerazioni che ci apprestiamo a fare. ! Cominciamo col riportare la parte che interessa: Incipit enim a via ubi est quadrivium unde procedit via que ducit petraliam et castronovum et biccarum et panormum et hic est finis eiusdem divisionis a parte orientis. Inde discendi per vallem respicientem ad occidentem et hec vallis est versus orientem de casali Sankeci et discendi sicut predictum est ad occidentem usque ad vallem super mandram zumac et inde ascendit per semitam respiciendo ad occidentem usque ad viam qua venitur ab agrigento, et sabuco, et ducit panormum. Inde dividitur predicta semita et descendit ad occidentem usque ad vallem ubi est quidam vallo et preterit vallonem ipsum et ascendit per vallem usque ad portam que dicitur rupes cervorum et predicta rupes est a parte meridiei in ipsis terris et de casali quod nominatur Rahal Ray. A predicta autem rupe reveritur respiciendo ad orientem et preterit vallonem et ascendit per serram usque ad rupem que dicitur Themum et inde dividit terras per medium usque ad verticem excelsi montis qui respicit super casale Rahal Ray et est iste mons a parte meridiei in prefato casali et inde descendit per serram ad gar gazum et quot aque descendunt a parte orientis sunt episcopatus et quot aque descendunt a parte occidentis sunt Luce de melli. Inde descendit usque ad vallonem respicientem ab oriente gar gazum et ille vallo recipit aquam descendentem a fonte qui est in casali Rahal Ray et inde preterit vallonem usque ad vallem prope existentem et ascendit vallis ipsa ad orientem Rahal Ray usque ad verticem montis qui est in capite NEF 2003, p. 184. PIRRI 1733, I, p. 389; VALENZIANO 1979, p. 6. Nell’ordine le località moderne sono: Cefalù, Mistretta, Tusa, Pollina, Gratteri, Isnello, Collesano, Polizzi Generosa, Caltavuturo, Sclafani e Alcusa. Quest’ultima non rintracciata sul terreno si presume fosse nell’area tra Cerda e Aliminusa: cfr. CUCCO 2007. In tutte le conferme successive l’elenco presentato rimane inalterato e si aggiungono diverse chiese e casali: VALENZIANO 1979; Id. 1987; WHITE 1984, pp. 292-315. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 5 predicte vallis ascendendo per montem ipsum usque ad pedem montis qui est super fontem Rahal Ray et inde vadit ad parvam vallem que ascendit usque ad magnam via qua venitur Petralia scilicet in loco qui dicitur hager ben challuf et inde vadit ad viam usque ad campum a parte orientis ad fontem qui dicitur ayn lanreb et descendit per vallem que est a parte meridiei usque ad hager mengel et usque ad haiar lifac descendendo per vallem ipsam usque ad flumen Tortum et inde descendit per flumen ipsum usque ad pantanum quod est in parte orientis ad chandac harse et usque ad viam que est ab oriente in monte excelso et inde preterit per viam viam usque ad viam quadruvii unde incepit predicta divisa et ita concluditor supradicta divisa28. Nonostante i rilevanti dati di carattere toponomastico possiamo rintracciare solo alcuni toponimi utili comunque a dare una definizione d’insieme dei confini. Il quadrivium in cui si incrociano le vie per Petralia, Castronovo, Vicari e Palermo corrisponderebbe all’odierno quadrivio di Brignoli, chiamato così per la vicinanza della masseria omonima, in cui le odierne SP 53 ed SP 8 procedono rispettivamente per Vicari, Castronovo e Petralia giungendo alla SS 120 che abbiamo già visto essere il probabile tracciato per la via Palermo(Messina per le montagne29. L’abitato di Sankeci o Sankegi sarebbe da localizzare nei pressi di Vallelunga30 mentre Mandram Zumac, oggi Masseria Mandragiumenta, si trova a circa 1 km a sud del quadrivio. Altro abitato identificato è Rahal Ray, localizzabile in c.da Regalsciacca a circa 4 km da Castronovo di Sicilia e menzionato nel documento ben cinque volte31. Indicazione viaria fondamentale è la magnam viam riconducibile alla stessa magnam viam Francigenam Castrinovi nota già nel 1096 nei confini della diocesi di Messina che attraversava il Torto nella zona di Alia e proseguiva per Petralia ed ancora attraverso i monti Nebrodi. Il percorso era d’importanza regionale perché utilizzato anche dai pellegrini che si dirigevano verso Messina prima di partire per Roma, Gerusalemme o Santiago. Pantanum si riferisce ad un luogo acquitrinoso nei pressi dell’odierna Campofelice di Roccella da cui parte il confine della divisa oggetto di alcune controversie tra il potere regio e la sfera ecclesiastica32. Nel nostro caso la località costituirebbe il confine occidentale del primitivo territorio di pertinenza diocesana. Harse è infine da collegare al Casale di Carsa (Arsa, Harsa), per metà di pertinenza vescovile. La prima menzione si ottiene dalla bolla pontificia di Alessandro III del 116933 con l’elenco dei beni e dei diritti vescovili, ma è probabile che il casale fosse già stato donato da re Ruggero II nel 113234. Il territorio del casale era sicuramente tra i più importanti in possesso della diocesi sia per la sua posizione geografica sia perché nel corso di tutta l’età normanna e sveva fu oggetto di controversie di natura amministrativa. Ricadeva in un’area che andava dal fiume Torto fino al fiume Platani nei pressi di Cammarata toccando i confini di una serie di abitati più o meno grandi; era percorso da un reticolo viario molto articolato che comprendeva gli attraversamenti verso Agrigento ed i percorsi da e verso il complesso montuoso delle Madonie. Una prima definizione ci viene da un diploma del 117635 in cui si evince che la parte di pertinenza diocesana andava dal fiume Torto alla via di Castronovo fino alla masseria Mandragiumenta36 ed al quadrivio di Brignoli. Il documento riporta tutta una serie di informazioni toponomastiche oggi difficilmente riscontrabili ma costituisce uno spaccato sulla feudalità in età normanna rendendo diversi dati sulla natura e la consistenza degli abitati37. L’importanza di questo territorio si apprezza dai documenti successivi in cui si riportano le ricognizioni dei confini e le delimitazioni con gli abitati vicini; tra questi un diploma del 1189 con una controversia tra i contadini del casale di Carsa e di quello di Ottumarrano38 ed uno del 1290 che riporta i confini dell’intero Il testo era sia in greco che in latino ma del primo la pergamena è ridotta in brandelli: SPATA 1862, pp. 423-428. Nel 1188 il quadrivium è ancora preso come riferimento per la definizione dei confini di alcune terre presso Vicari dove si trovava il casale di Arsa o Carsa già donato alla diocesi nel 1132: GARUFI 1898, p. 151-153; Id. 1940, pp. 36-37; WHITE 1984, p. 435-437. BRESC - D’ANGELO 1972, p. 401. Lo stesso risulta abbandonato nel 1188: WHITE 1984, p. 436. BRESC - D’ANGELO 1972, p. 400; MAURICI 1998, p. 100. Nell’area di Regalsciacca sono note diverse tombe rupestri frequentate in età tardo antica e poste in relazione alla presenza di piccoli nuclei abitativi o fattorie: GIUSTOLISI 1999, pp. 98-122. La contrada si trova ad sud-ovest del fiume Torto a circa 5 km ed intorno al 1340 si ricorda il feudo che aveva un’estensione molto vasta. L’importanza della zona è giustificata dalla presenza della via francigena che attraversava l’area. La terra de Pantano sarà concessa alla chiesa di Cefalù ne nel 1153. Con questa concessione vi è la volontà precisa di ampliare il patrimonio ecclesiastico nei pressi della Roccella: NOTO 1980, p. 85 e p. 90. È anche possibile che il pantanum indicato nel diploma non corrisponda al luogo nei pressi della Roccella ma sia identificabile in generale con un luogo acquitrinoso. Casale de Arsa cum omnibus pertinentiis suis: GARUFI 1899, p. 113; MIRTO 1972, pp. 37, 157. Questo si evince da un diploma del 1188 in cui si ricorda che il casale era ex dono domini gloriosi Regis Rogerii beate memorie: GARUFI 1898, p. 151; WHITE 1984, pp. 435-437. Il documento è noto attraverso un transunto del 1286: SPATA 1862, p. 452. L’inchiesta che compare nel documento si era resa necessaria a seguito dei contrasti tra i contadini cristiani e quelli musulmani. I confini vengono infatti riportati due volte per accogliere le informazioni da entrambe le parti. Per questo il toponimo Mandragiumenta risulta essere mandram zumach e demnec zemmach. Nel diploma compaiono: Biccaro, Bonifato, Calatabuturo, Camarata, Casaba, Cassaro, Chiminna, Cuscasino, Gurfa, Michiken, Policio, Petralia, Yhale, Zyet. Per la maggiore parte di questi il documento è l’unico che li riporta per tutta l’età medievale. I toponimi moderni sono Garcia e Tumarrano. Cfr. WHITE 1984, pp. 438-439. Sui casali dell’area di Valledolmo: GRANATA 1982, pp. 9-10. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 6 tenimento39. Da un esame sommario dei dati toponomastici presentati nel documento, possiamo subito affermare che il territorio descritto corrisponde solo in minima parte a quello che in seguito sarà di pertinenza diocesana e corrispondente all’area che dal fiume Torto si spinge verso est fino a Campofelice di Roccella a nord e Caltavuturo ( Polizzi a sud. Considerando che la diocesi era stata creata da pochi mesi è probabile che la definizione dei confini rispecchi la volontà di rendere disponibile nell’immediato un territorio fertile assicurandone i proventi al clero appena costituito. L’affermazione risulta accettabile analizzando altri documenti in cui il territorio diocesano risulta notevolmente più ampio e ricco sia in beni che in diritti. Tra questi analizziamo un diploma del 1145 in cui alcuni giustizieri regi intervengono su richiesta del re nella definizione delle divise della chiesa di Cefalù e quelle delle terre di Gratteri. Il documento si è conservato in modo parziale ma è comunque un utile strumento di riflessione poiché fornisce una serie di dati toponomastici rimasti pressoché inalterati sino ad oggi. Riportiamo come prima il passo che interessa: Itaque convocatis subscriptis ydoneis viri set prudentibus quorum verbis credendum erat ut nostris qui comprehenderunt certa loca finium predictorum silicet de Petralia et Grateria et Golisano et Cestudo. Postquam circuivimus et confidavimus studiose ipsas divisas predicte ecclesie discrevimus hoc modo terminis suis terras eius videlicet quod ascenditur a mari per flumen gratere usque ubi eidem continuatur flumen sancti yconij. A quo ascenditur per idem flumen gratere ad orientem ut similiter ei continuatur flumen rahal batal. Inde ad orientem ut dictum est ascenditur per idem flumen usque dum itur in quondam vallonem montis pilati qui protenditur versus meridiem et per eumdem vallonem usque ubi ulmi sunt et inde in rupem quamdam in pede montis pilati et inde ascendendo versus orientem itur ad cristam ubi sunt olivastri. Postmodum obliquando versus meridiem usque ad….ecclesia.…ubi.…similiter olivastri exinde ad viam ubi olivastri.…descenditur per quemdam vallonem versus orientem per quem vallone usque ad pantanum.…solicum et inde ad lapidem que est in via que dicitur.…inde ad quemdam lapidem forcuta montis Gibilmagne a quo.… pantanulum et inde versus orientem.…rupem eiusdem….a qua descenditur ad fontem frigidam.…et inde per signa ficorum….usque ad vallonem.…inde ad petram.…in pede rupi Cessudi et inde ad vineam.…usque.…obliquando versus meridiem per serram serram pervenitur ad serronem super vineis Casudi et inde super terras….ad quoddam pantanulum a quo vadit versus orientem qua pendente versus aquilonem per serronem usque ad cacumen montis michine a quo ad collem Sorbi et indem per cristam montis aqui et inde per terras Ursonis vicecomitis per quemdam serram usque ubi est coacervus lapidum fixorum in divisione….descenditur per vallonem qui dicitur…qui respicit ad aquilonem silicet per vallonem vallonem calamidorum usque per pedem montis rotundi ubi continuatur alii valloni….per quem vallonem Malpertus pervenitur a mare40. Oltre ad una serie di preziose informazioni utili alla ricostruzione dell’ambiente geografico delle Madonie in età normanna, si hanno delle delimitazioni precise per quanto riguarda il territorio di proprietà ecclesiastica confinante con quello dei signori di Petralia, Gratteri, Collesano e Cestudo41. Partendo da ovest si riconoscono il flumen sancti yconij42 ed il flumen gratere oggi rispettivamente torrente Armizzo e torrente Piletto; seguendo il percorso di quest’ultimo, si raggiungono le pendici di Pizzo Punti (m 1200 slm) e Pizzo Dipilo (m 1385 slm) a sud di Gratteri, forse identificabile con il montis Pilati. Di sicura identificazione è il montis Gibilmagne, oggi Pizzo Sant’Angelo, alle cui pendici si trovano il monastero e la piccola frazione di Gibilmanna43. LA MANTIA 1917, p. 482, doc. 204 e p. 510 doc. 212. Questo diploma esula dalla nostra analisi poiché datato al periodo aragonese ma risulta comunque di interesse per i dati toponomastici sicuramente rimasti inalterati da età normanna. Tra le informazioni più interessanti si ricordano la pietra detta “de Palumbis” oggi Roccapalumba nei pressi del fiume Torto e la “crux viarum” che viene da Caltavuturo e va a Cammarata corrispondente al quadrivio di Brignoli dei documenti precedenti. Il fiume Rahal batal indica la probabile presenza di un abitato. Cfr. GARUFI 1899, p. 57; Cfr. anche BRESC-D’ANGELO 1972. Lapidum fixorum sono le pietraie delle creste montuose delle Madonie: CORRAO 1988, p. 357-358. Sull’intero documento GARUFI 1899, pp. 57-59. Sulle signorie feudali in area madonita cfr. PERI 1952, Id. 1952-53, Id. 1955. L’arrivo dei cavalieri Normanni è fondamentale per la riorganizzazione del territorio voluta fortemente dal potere regio ed è proprio al rapporto che intercorreva tra queste forze e la sfera ecclesiastica latina che si deve ricorrere per ricostruire la crescita e lo sviluppo della Sicilia nord-occidentale. La chiesa di Sant’ Icono – San Cono fu consacrata nel 1148 dal Vescovo Stefano di Mileto e compare nella bolla pontificia di Alessandro III del 1178 tra le conferme alla chiesa di Cefalù: CUSA 1868-1882 p. 481 e 718; MIRTO 1972, p. 159; SPATA 1862, p. 431. Il documento preso in esame attesta che probabilmente nel 1145 la chiesa era già costruita ma non consacrata. Per quel periodo il signore delle terre di Gratteri è Camerino Gastanel: AA.VV. 2001, p. 327; PERI 1952-53, p. 239. La località è nota dal 1087 come di pertinenza della diocesi di Messina e probabilmente rimarrà tale per tutta l’età normanna e sveva poiché non è citata in nessuna delle conferme della diocesi di Cefalù: AMICO 1888, p. 2, 26, 50, 65. In possesso di Cefalù è invece la chiesa di Santa Maria de Zibelmagno presente nel 1178 nella bolla di Papa Alessandro II ed in tutte le conferme successive: 1178: CUSA 1882 p. 481 e 718; MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803; SPATA 1862, p. 431; 1190: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168; 1228: PIRRI 1733, II, p. 806; 1223: MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 210. Sul Pizzo Sant’Angelo, a seguito di una ricognizione sono state individuate tracce archeologiche relative ad un insediamento di età ellenistica posto in relazione con il frourion di Cefalù distante circa 6 km in linea d’aria verso nord: TULLIO 1985a, p. 100. Per il rapporto tra Gratteri, Gibilmanna e Cefalù cfr. PORTERA 1978, p. 86 sgg. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 7 Prima del montis Gibilmagne il documento riporta l’esistenza di una via che potrebbe essere l’attuale S.P. 54 bis che ricalca in parte il tracciato della Regia Trazzera n. 115 e l’odierno confine comunale tra Cefalù e Gratteri. Il confine continuava lasciando ad est il feudo di Tudino, Casudi, appartenente a Gratteri, e raggiungendo il vallonem Malpertus. Da qui a mare seguendo il corso dell’odierno torrente Malpertugio si chiudeva la divisa44. Proprio al torrente Malpertugio terminavano i confini orientali diocesani almeno fino al 1159, quando il territorio dell’abitato di Pollina risulta in possesso della chiesa di Cefalù (fig. 2). !" #$%$ & Come abbiamo visto, nel documento di fondazione della diocesi (1131), il territorio di Pollina risulta tra quelli sui quali venivano pagate le decime alla chiesa di Cefalù e nel 1137 il signore di quelle terre è Roberto di Montescaglioso, dominator terrae pollae45. Tra questa data ed il 1159 anche il territorio di Pollina rientra tra quelli della diocesi, facendo avanzare il confine est all’attuale fiume di Pollina ed i cui limiti sono facilmente rintracciabili nella toponomastica moderna46. Il diploma in questione è il risultato di una controversia che opponeva Gilberto, Vescovo di Lipari e Patti, e Bosone Vescovo di Cefalù sulle delimitazioni dei confini tra le rispettive proprietà di Plinga e Pollina. Per dirimere la questione il giustiziere regio Rainaldo di Tusa stabiliva le delimitazioni di Pollina: ….Ascendit enim versus meridiem per vallonem manhusite quod latine in alio nomine dicitur malpertus et inde usque ad quoddam trivium in quo est una via que ducit ad casale sancte anastasie et alia via que ducit ad casale sancti helie et alia via que ducit Pollinam et ab ipso trivio versus meridiem descenditur per vallonem profundum usque ubi dicitur fastilarnebe et inde per vallem vallem usque ad flumen asini. ab ipso enim flumine a capite incipitur et descendit usque ad locum ubi est divisio gratere. et inde per flumen flumen usque ad illud flumen quod dicitur oedezebuchi quod venit de Giracio et inde itur per flumen usque ad mare.47 Un documento inedito, datato 1146, conservato presso l’ASP Tab. Cefalù, perg. n° 104, riporta delle indicazioni geografiche che ci aiutano a definire in modo migliore il confine tra Cefalù e le terre limitrofe. Un breve commento è riportato dal Bresc: il confine saliva dal mare attraverso il vallone Malpertugio e poi proseguiva lasciando ad est il feudo di Sant’Anastasia e quello di Tudino. Da qui attraverso il vallone della Calcaria (odierno Cozzo Carcarella) raggiungeva il Dirrupum Rubeum (Timpa Rossa nei pressi di Gibilmanna), la Fons Heremite (Romito) e ritornava al mare attraverso il vallone San Biagio ed il torrente Piletto (il flumen gratere del documento sopra citato). BRESC 1985, p. 58. Il confine di Malpertugio, prossimo a Cefalù, si può immaginare sia stato sempre un punto di riferimento già dalla fondazione della diocesi nel 1131 in quanto il documento assegna la terra dal fiume Torto al mare e da qui a Cefalù: “et ut flumen tortum incipit et ad mare descendit, et a mari usque Cephaludum, et omnia que infra consistunt cum universo iure episcopali”: PIRRI 1733, I, p. 389; VALENZIANO 1979, p. 6. Nel documento che ce lo presenta lo stesso Roberto e sua moglie fanno alcune donazioni alla chiesa di San Pietro Apostolo quae apud Pollam sita est. GARUFI 1912, p. 352. La signoria dei Montescaglioso venne meno in una data imprecisata facendo tornare al demanio le terre e da qui, in data imprecisabile, a Cefalù. Roberto fu signore tra il 1135 ed 1138: GARUFI 1912, p. 352. GARUFI 1899, pp. 81-83; PERI 1952-53, p. 70 nota n°3. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 8 Partendo dalla costa attraverso il vallone Malpertugio, noto anche come manhusite, si prosegue verso sud fino a raggiungere un trivio probabilmente all’altezza del km 9 della S.S. 286. Qui si incontrano ancora le strade che conducono alle case ed all’Abazia di S. Anastasia48, in c.da S. Elia49 ed a Pollina. Dal trivio continuando verso sud si raggiunge l’odierno Bivio Frassalerno e le omonime case, forse identificabile con il vallonem fastilarnebe50. Per vallem vallem si raggiunge il flumen asini odierno torrente Castelbuono che in realtà diventa torrente Isnello, in prossimità dell’omonimo paese51. Il confine proseguiva per il torrente Castelbuono, flumen flumen, e confluiva nell’odierno fiume di Pollina, il flumen oedezebuchi quod venit de giracio52. Abbiamo visto come in un territorio così piccolo si incontrano diverse entità ecclesiastiche facenti capo a tre sedi diocesane. Da qui si spiega il fine del documento del 1159 volto ad assicurare territori dall’una e dall’atra parte, probabilmente raggiungendo un compromesso, ma evitando controversie che potevano infastidire anche l’apparato regio. Il fiume di Pollina costituiva quindi il confine orientale del territorio diocesano anche se il vescovado percepiva le decime di abitati che stavano aldilà, quali Tusa e Mistretta. L’estensione geografico(amministrativa di questi centri costituiva probabilmente un’enclave della diocesi di Cefalù all’interno del più grande territorio della diocesi di Messina, anche se purtroppo non conosciamo i limiti. La totale assenza di documenti che trattano il territorio ad est del Pollina conferma l’ipotesi come d’altra parte si può osservare nei documenti che elencano i beni diocesani. Nel privilegio di fondazione del 1131 si legge chiaramente che la terra di Cefalù andava dalle sorgenti del fiume Torto al mare e da qui alla cittadina; tra il 1145 ed il 1159 risulta poi l’ampliamento53 verso est che abbiamo appena trattato, così come in tutte le conferme successive che riguardano il territorio diocesano si fa solo menzione delle decime percepite e non figura alcuna chiesa di proprietà vescovile a Tusa o Mistretta54. Fonti più tarde (1592), utilissime per la ricostruzione della storia della chiesa di Cefalù, ci informano invece che il confine andava dal fiume Torto ad una località nei pressi di Caronia nota come Pietra della Colubra55. L’informazione è giustificata dall’autore sulla base di un privilegio di re Ruggero II che concedeva a Cefalù la completa giurisdizione sul mare. Si tratta, con tutta probabilità, di un’interpretazione errata della diplomatica più antica. In due documenti rispettivamente del 113256 e del 114557 il re concedeva alla chiesa i diritti sulla pesca, sulle tonnare e sui proventi del porto. Nel secondo si fa un riferimento specifico alla dogana del porto e della tonnara di Tusa, vicina all’odierno paese di Caronia, ma non vi è alcuna notizia di carattere territoriale58. Procedendo in ordine cronologico, l’ultima porzione di territorio controllata direttamente dalla diocesi è quella costituita dalla Roccella59. La località corrisponde probabilmente alla Roccamaris del documento di istituzione della diocesi di Troina del 1081, ma sicuramente era già esistente quando nel 1098 il Papa Urbano II concede la chiesa di San Giovanni di Roccella all’Abbazia della SS. Trinità e San Michele Arcangelo di Mileto in Calabria60. La chiesa normanna è ancora ben conservata e risulta tra i pochi edifici medievali superstiti dell’intera area. Il casale è attestato solo in questo documento mentre la chiesa risulta esistere già nel 1150 come proprietà della Santa Trinità e San Michele Arcangelo di Mileto in Calabria. Anche nei documenti successivi rimarrà di competenza miletina: WHITE 1984, p. 295, nota 12. La chiesa è ricordata come S. Anastasie de Grateriis perché fondata all’interno della divisa di Gratteri il cui signore, abbiamo già visto era Camerino Gastanel. Il casale è noto solo in questo documento mentre la chiesa di S. Elia è nota già nel 1134 come appartenente insieme a vigne e pascoli alla diocesi di Lipari e Patti: Ruggero II, p. 102; WHITE 1984, p. 147 In effetti l’area è caratterizzata da un vallone che raggiunge i 200 m slm in prossimità del torrente Castelbuono mentre le aree intorno sono tutte sopra i 350 m slm. Isnello è conosciuto nelle fonti come al-Himar o Roccam Asini. È noto a partire dal 1131 quando è menzionato tra le pertinenze di Cefalù ed anche nelle conferme successive. Non compare invece in quelle della diocesi di Messina tanto che il Peri sosteneva che il casale ricadesse in uno dei territori degli abitati limitrofi: Peri 1952-53, pp. 237-238. Il fiume di Pollina risulta oggi quello dalla portata più ampia ed effettivamente le sue sorgenti si trovano a poca distanza da Geraci Siculo. L’abitato è noto già nel IX secolo dalle cronache della conquista ed in seguito sarà di pertinenza della diocesi di Troina e poi Messina: AA. VV. 2001, pp. 324-325. Il casale di Polla sarà presente in tutti i documenti successivi a partire dalla bolla pontificia di Alessandro III del 1169 che sancisce il riconoscimento ufficiale della nuova diocesi di Cefalù: GARUFI 1899, p. 113; MIRTO 1972, pp. 37, 157. Oedezebuchi deriva dall’arabo wād ī az-zabbǖğ, fiume dell’oleastro, riconosciuto nel fiume della Nocilla ossia il fiume di Pollina: CARACAUSI 1983, p. 207, nota 227; CANCILA 2008, pp. 35-36. È possibile restringere questo arco temporale al periodo compreso fra il 1145 ed il 1159 poiché, come si ricorderà, nel documento che fissa i confini tra Cefalù e Gratteri si nomina ancora il torrente Malpertugio quale limite orientale. Un unico riferimento può essere costituito dalla chiesa di Santa Lucia di Mistretta, nota nel 1175 e forse sotto la giurisdizione della diocesi di Cefalù: GARUFI 1899, p. 16; WHITE 1984, p. 306, nota 71. TULLIO 1993, p. 61. Nel 1288 sul luogo detto Colubra è presente il diritto ecclesiastico di montare la tonnara: MIRTO 1972, p. 119 sgg. MIRTO 1972, p. 61 sgg. FILANGERI 1999, p. 70. Sul ruolo di Tusa nel mediovo cfr. PETTINEO - RAGONESE 2003, ma la carta del territorio diocesano presentata a pag. 15 nel contributo risulta sostanzialmente da rivedere. Il territorio è posto all’interno dei confini diocesani ma apparteneva alla contea di Collesano: NOTO 1980. La capitale normanna si sposta prima da Mileto a Messina e poi a Palermo. La chiesa rimarrà sotto la giurisdizione di Mileto fino al 1136 quando verrà posta sotto quella di Cefalù: NOTO 1982, p.87. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 9 Una data così alta nel tempo è interpretabile come esigenza da parte dei Normanni di cristianizzare un territorio occupato dai musulmani che, ormai vinti, costituivano comunque la compagine sociale più forte61. Nel 1205 Paolo Cicala conte di Alife e Collesano dona alla chiesa di Cefalù il territorio i cui confini vengono descritti: …a flumine Gratterie in loco qui dicitur Pantanum usque ad flumen Senescalci sicut incipit a ponte memorati flumiinis Gratterie et vadit per viam publicam usque ad predictum flumen Senescalci et vadit usque ad mare ac deinde per maritiman et litus maris reveritur per Roccellam ad supradictum flumen Gratterie et usque ad Pantanum ad illud videlicet tenimentum quod ibi habuit ex antiquo memorata chepaludensis ecclesia62. Il flumine Gratterie, incontrato nei documenti precedenti, corrisponde all’odierno torrente Piletto mentre il flumen Senescalci è l’Imera. Altra nota topografica è la viam publicam, oggi Regia Trazzera 29863, che collega i due fiumi e ricalca il confine comunale dell’attuale paese di Campofelice di Roccella64. ll toponimo Pantanum infine è riferibile ad un luogo acquitrinoso localizzabile nella piana costiera ad ovest del torrente Piletto. La Roccella era animata da una serie di mulini sparsi nel territorio e dal castello medievale con il borgo circostante dove si trovavano la chiesa di San Giovanni65 e la chiesa di Santa Maria. Quest’ultima è nota a partire dal 1218 quando il Vescovo di Cefalù, Arduino, concede al monastero di Santa Maria di Montevergine, in Calabria, il castello di Roccella con i diritti ed i tenimenti e la possibilità di costruire una chiesa dedicata a Maria Vergine, quindi il territorio di Roccella resta in possesso del vescovo per pochi anni mentre rimane la giurisdizione sulla chiesa di San Giovanni già nota in tutti i documenti precedenti66. Proprio la perdita della Roccella è uno degli eventi che caratterizzano un periodo di contrasti tra la chiesa cefaludese e l’imperatore Federico II67. In conclusione il limite più probabile per i confini diocesani in età normanna e sveva potrebbe essere il seguente: partendo da ovest si risale il corso del Fiume Torto fino alla sorgente nei pressi dell’odierna stazione ferroviaria di Valledolmo; si prosegue lungo la SP 8 fino alla confluenza nella SS 120 a sud di Caltavuturo, si continua per Polizzi forse attraverso la RT 28468 e poi si sale verso nord seguendo la RT 115 e la S.P. 54 b verso Gibilmanna ed il vallone San Biagio, attuale confine comunale tra Cefalù e Gratteri. Lasciando ad est Pizzo Sant’Angelo, Rocca San Nicola, Cozzo Zurrica e la chiesa di Sant’Anastasia69 si giunge al torrente Malpertugio e si prosegue verso sud fino al torrente Castelbuono le cui acque si riversano sul fiume di Pollina. Da qui al mare si individua il confine orientale del territorio diocesano. Un’ultima notazione di carattere territoriale va fatta per le proprietà fuori dal confine diocesano. Nel 1140 la contessa Adelicia donava la chiesa di Santa Lucia presso Siracusa ed i casali di Girepizi, Agulia, Cardinale e Mattile con i villani che vi risiedevano70. Ad eccezione di un diploma del 1172, non conosciamo la consistenza territoriale odierna di questi casali che rimangono di proprietà vescovile per tutta l’età normanna e sveva comparendo nei documenti di conferma dei beni diocesani71. ' ( ) (fig. 3) La creazione della diocesi di Cefalù è uno degli eventi politico(ecclesiastici più rilevanti dell’età di Ruggero II che segna il sostegno all’antipapa Anacleto II contro il clero latino di Roma capeggiato dal Papa72. Anacleto II creò nel 1131 il vescovado staccandolo dallo sconfinato territorio di Messina e gli assoggettò la prioria agostiniana di Bagnara Calabra da cui verranno i primi vescovi di Cefalù. Abbiamo già visto come nello stesso anno l’Arcivescovo Ugo di Messina definisca l’elenco degli abitati di riferimento per le decime della nuova sede e di come la definizione dei confini rispecchi la volontà del sovrano di rendere disponibile nell’immediato un territorio ricco e fertile. Nel marzo del 1132 Ruggero II concedeva a Cefalù l’esenzione doganale sui traffici HIMERA III. 2, p. 297. NOTO 1980, pp. 102-105. La persistenza di questo tracciato dall’età antica è confermata dalla presenza, lungo il percorso, di diversi insediamenti rintracciati dalle prospezioni di superficie: HIMERA III. 2, p. 253. Interessantissimo come a distanza di secoli il confine del tenimento risulta invariato. Ancora nel 1852 gli stessi confini sono riportati in una carta topografica del territorio di Roccella – Campofelice: Himera III. 2, p. 235. La prima attestazione risale al 1098: WHITE 1984, p. 295, nota 12. 1136: GARUFI 1899, p. 25-26, PIRRI 1733, II, p. 799; 1178: MIRTO 1972, p. 59; GARUFI 1899, p. 202; PIRRI 1733, II, p. 803; 1190: MIRTO 1972, p. 168; GARUFI 1899, p. 234; 1223: MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 210. Secondo la Cucco la chiesa di Santa Maria Vergine potrebbe invece segnare il rinnovato diritto di proprietà sul territorio della Roccella da parte dell’Abbazia di Montevergine: HIMERA III. 2, p.301. D’ALESSANDRO 1985, pp. 12-13. Questo primo tratto concide con la magnam via Francigena Castrinovi. Gibilmanna ed il suo territorio apparterranno per tutta l’età normanna e sveva alla diocesi di Messina mentre Cefalù possedeva solo la chiesa di Santa Maria de Zibelmagno. Casalisbus Girepicii et Cardinalis, Agulie et Mactile cum villanis eorum dono et concedo Cephaludensi ecclesie : GARUFI 1912, p. 353; PIRRI 1733, II, p. 799; WHITE 1984, p. 296 e pp. 312-315; Nel documento del 1172 sono descritti i confini del casale di Girepizi: GARUFI 1899, pp. 150-51. Sempre nel 1172 risulta che viene restituito al vescovo il pantano di Agulia per piantare una vigna: SPATA 1862, pp. 443-444. Di recente Giseppe Cacciaguerra ha delineato i confini su cartografia moderna del casale di Agulia che comprendeva l’intero abitato dell’attuale paese di Priolo Gargallo, di fronte all’isola di Thapos: cfr. CACCIAGUERRA 2011. - Sull’età di Ruggero II cfr. CASPAR 1999. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 10 marittimi sino ad Amalfi e tutti i proventi sulla pesca e sulle tonnare; inoltre il vescovo doveva percepire tutti i diritti e le tasse di ancoraggio nell’approdo di Cefalù73. ( ) Ulteriore incremento dei possedimenti diocesani si ha nel 1136 quando Ruggero II dona alla chiesa di Cefalù le chiese di San Giovanni di Roccella e SS. Cosma e Damiano presso Cefalù con i rispettivi beni e 39 villani74. Le due chiese erano già note dal 1098 come appartenenti all’Abbazia della Santa Trinità e San Michele Arcangelo di Mileto in Calabria75. Tre documenti del 1140 ci informano sulle donazioni della contessa Adelicia nipote di Ruggero I. Il primo riguarda i possedimenti extra(territoriali presso Siracusa con la chiesa di Santa Lucia ed i casali di Girepizi, Agulia, Cardinale e Mattile; gli altri due fanno riferimento alla chiesa di San Pietro di Collesano. Entrambi citano la donazione di un forno a Collesano, la possibilità di tagliare legna nei boschi della contessa ed il diritto di pascolo sulle terre di Adelicia. Non vi è alcun riferimento esplicito sull’appartenenza della chiesa alla giurisdizione di Cefalù ma è la più probabile conclusione già rimarcata da numerosi storici76. Nel 1145 il re Ruggero II concedeva in perpetuo una serie di privilegi che avrebbero accresciuto il potere della signoria vescovile di Cefalù77: dovevano pervenire alla chiesa le rendite ed i diritti regi sulla città e sul mare; si doveva essere giudicati nel tribunale del vescovo per tutti i reati di natura civile e penale tranne per quelli di omicidio e tradimento; gli abitanti di Cefalù erano esenti dal servizio militare; si poteva tagliare MIRTO 1972, p. 61. Interessante risulta l’esenzione sulle importazioni del legno necessario “ad hedificandos domos”, segno della ricostruzione della città dopo le distruzioni operate durante la conquista. Proprio in questi anni si data il nuovo piano urbanistico della cittadina il cui fulcro è costituito dalla grande piazza della Cattedrale. GARUFI 1899, p. 25. A seguito del passaggio a Cefalù il re concede dei beni in Calabria all’abate David di Mileto che era stato protagonista delle donazioni: WHITE 1984, p. 296 e pp. 398-400. BATTAGLIA 1896, p. 113; D’ALESSANDRO 1985, p. 11; GARUFI 1899, p. 38. Il White riteneva invece che San Pietro non appartenesse a Cefalù: WHITE 1984, p. 297. A favore dello studioso si ricorda un documento del 1181 in cui Roberto di San Giovanni dona al vescovo di Cefalù la chiesa di San Pietro de Golisano (Collesano) con tutti i suoi possedimenti. MIRTO 1972, p. 42 sgg.. PIRRI, II, p. 800. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 11 liberamente la legna nella foresta per usi edilizi o domestici; si potevano vendere i propri beni immobili purchè l’acquirente continuasse a risiedere a Cefalù78; veniva concessa la possibilità di sottrarsi alla carcerazione pagando una fideiussione. Tutte queste prerogative vengono proposte dal re con l’intento di attrarre importanti dignitari ed ecclesiastici latini che avevano attraversato lo Stretto di Messina con i predecessori di Ruggero II ed ora si stavano stabilendo definitivamente nelle terre tolte ai Musulmani. Sull’esempio di Ruggero II anche la nobiltà normanna fu generosa in concessioni al vescovado stabilendo un rapporto di fiducia con la gerarchia ecclesiastica79. Tra le prime concessioni si deve alla contessa Adelicia, nipote di Ruggero II, la donazione della chiesa di San Nicola de Malo Vicino (Malvicino) nel 1156, nei pressi di Isnello con il suo territorio ed un mulino80. Arduino vescovo di Cefalù aveva affidato la rettoria della chiesa a Giovanni di Brucato, un protetto di Adelicia81. Nel 1185 il vescovo Bosone concedeva a Rainaldo della famiglia dei San Giovanni la rettoria a vita della chiesa di San Nicola de Malo Vicino82. Nel XIV secolo il feudo in cui sorge la chiesa sarà ricordato come Bonvicino, segno di augurio per il ripopolamento del territorio83. Della chiesa restano oggi solo due aperture realizzate in mattoni ed inglobate in un edificio successivo. Sempre il vescovo Bosone nel 1167 concedeva a Pietro di Tolosa di edificare la chiesa di San Nicola de Franchis con annesso ospedale84. Già nel 1137, un conte, Roberto di Montescaglioso, che si definisce dominator terrae Pollae, fa alcune donazioni alla chiesa di San Pietro Apostolo apud Pollam85. Non sappiamo se la chiesa appartenesse al vescovado poiché non compare in nessuna conferma successiva, ma è probabile che lo sia stata. Dalla metà del XII secolo si evidenziano una serie di donazioni alla chiesa di Cefalù di proprietà extra(territoriali che contribuiscono ad aumentare il quadro dei beni. Nel 1140, come abbiamo già visto, vengono donati la chiesa di Santa Lucia presso Siracusa ed i casali vicini presenti in tutte le conferme successive. Nel 1141 una devota benefattrice, Lucia di Cammarata dona al vescovo Jocelmo la chiesa di Santa Maria poco fuori Cammarata nel territorio della diocesi di Agrigento86. Diversi documenti successivi ampliano le dotazioni di questo edificio di culto che sarà dedicato nel 1153 alla presenza dell’arcivescovo Giovanni di Bari87. Ancora, nel 1168 un’inchiesta reale ci porta a conoscenza della chiesa di S. Salvatore di Capizzi ricostruita da un notaio di nome Rapaldo e donata a Cefalù. Non conosciamo la data della sua prima costruzione e/o dedicazione ma la chiesa risulta presente tra i beni diocesani anche nelle conferme successive fino ad età sveva88. L’ultimo edificio cultuale di proprietà cefaludense fuori dal territorio di pertinenza risulta essere la chiesa di Santa Lucia di Mistretta; ne abbiamo notizia da un diploma del 1175 in cui un certo Riccardo, ex canonico di Cefalù, la riceve in dono proprio dal vescovo Guido a condizione che, alla sua morte, lasciasse tutte le sue proprietà alla chiesa89. Il vescovado era nato sotto la forte influenza di Ruggero II che aveva avuto il sostegno dell’Antipapa Anacleto II; con l’età dei Guglielmi i rapporti con il papato di Roma si fanno più intensi e si stringono alleanze volte a favorire la penetrazione della chiesa latina in Sicilia. Nel 1169, da Papa Alessandro III, vengono “finalmente” riconosciute ufficialmente la diocesi di Cefalù e quella di Lipari(Patti suffraganee dell’arcivescovado di Messina che doveva provvedere anche alla scelta dei vescovi per le due sedi90. Con l’ufficializzazione del vescovado lo stesso Papa emanerà tre bolle che ci aiutano a definire quasi tutti i beni ed i diritti vescovili allo scadere dell’età normanna. In un primo documento datato al 1169 compaiono la stessa Cefalù, i casali di Arsa e di Polla, le chiese di Santa Lucia di Siracusa con i casali e di Santa Maria di Cammarata91. Nel 1171 viene rinnovata la conferma per Cefalù, i casali di Arsa e Polla, le chiese di Santa Lucia di Siracusa con i casali, di Santa Maria di Cammarata ed in aggiunta all’elenco precedente, la chiesa del SS. Salvatore a Capizzi; viene infine riportato l’elenco delle decime della diocesi: Cefalù, Mistretta, Tusa, Pollina, Segno della volontà di ripopolamento della nuova cittadina dopo la conquista. Sulle signorie feudali dell’area madonita cfr. PERI 1952, pp. 190-194. Il territorio era di pertinenza del signore di Gratteri della famiglia dei Gastinel: BRESC 1985, p. 59. GARUFI 1899, p. 76; PIRRI, II, p. 801. GARUFI 1899, pp. 202-204. Rainaldo era figlio di Roberto di San Giovanni cui il vescovo Bosone aveva concesso le chiese di Collesano e Polizzi: GARUFI 1941, app. doc. 2. AA. VV. 2001, pp. 292-293; BRESC 1985. WHITE 1984, p. 304. FARELLA 1977, p. 6. GARUFI 1912, p. 352. Le rovine erano presso il convento francescano di Santa Maria di Cacciapensieri poco fuori dal paese di Cammarata: WHITE 1984, p. 298, nota 27. GARUFI 1899, p. 64. CUSA 1868-1882, p. 484 e 723; MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110; SPATA 1862, p. 437. Prima di quella data è probabile che la chiesa fosse tra i beni diocesani ma non resta alcun documento a conferma. GARUFI 1899, pp. 161-162; WHITE 1984, p. 306, nota 71. Prima di questa data i vescovi di Cefalù erano noti come eletti. Il primo che si definisce episcopus è Bosone (electus nel 1157 ed episcopus fino al 1172). GARUFI 1899, p. 113; MIRTO 1972, pp. 37 e p. 157. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 12 Gratteri, Isnello, Collesano, Polizzi, Caltavuturo, Sclafani, Alcusa92. L’ultimo documento datato al 1178 ci fornisce la conoscenza più particolareggiata delle proprietà vescovili93: i casali di Arsa e Polla, i benefici ecclesiastici di Collesano, Caltavuturo, Polizzi e Mistretta donati dalla contessa Adelicia94, le chiese di Santa Lucia di Siracusa con i casali, Santa Maria di Cammarata, San Nicola di Malvicino di Polizzi95, San Nicola di Caorata o Capiata di Polizzi, Santa Maria di Gibilmanna96, Sant’Icono di Gratteri97, San Giovanni di Roccella e del SS. Salvatore a Capizzi; vengono nuovamente elencati i diritti di decima per Cefalù, Mistretta, Tusa, Pollina, Gratteri, Isnello, Collesano, Polizzi, Caltavuturo, Sclafani, Alcusa cui si aggiunge il casale di Bacco; infine si aggiunge l’obbedienza di tutte le chiese nel territorio diocesano compreso il priorato premonstratese di San Giorgio di Gratteri. Quest’ultimo merita un ampliamento del discorso poiché ci aiuta a definire la natura e la struttura religiosa dei diversi monasteri, chiese o eremi presenti nel territorio delle Madonie in età basso medievale. La chiesa faceva parte di un cenobio Premonstatense (Agostiniani riformati) venuti dalla Normandia al seguito dei cavalieri normanni e costituisce l’unica casa di quest’ordine fondata in Sicilia98. Oggi si conserva la struttura architettonica della chiesa mentre del cenobio rimane solo qualche traccia nei muri affioranti sul terreno circostante. Non conosciamo la data certa di fondazione ma possiamo presumere sia avvenuta prima del 1148, anno della morte di Ruggero III di Puglia primogenito di Ruggero II; infatti nel 1191 in un diploma con cui il re Tancredi, figlio di Ruggero III, concede al priore Salatiel della chiesa di San Giorgio di Gratteri il casale Amballut99, si ricorda che l’edificio fu fondato dal padre100. Il Pirri riporta la notizia della fondazione al 1140 confermata poi da una bolla papale di Innocenzo II (1139( 1143)101. Nel 1155 re Guglielmo II dona alla chiesa delle proprietà terriere tra Petralia e Gangi nel territorio della diocesi di Messina. Il documento più importante sulla conoscenza dei beni di proprietà della chiesa è relativo ad un privilegio di conferma dei beni di Papa Lucio III datato al 1182. Nell’elenco sono riportate le chiese di San Leonardo di Isnello con mulini, San Nicola de Gratta102, San Cataldo di Partinico con mulini e San Pietro de Prato Gange103. In età Sveva Papa Innocenzo III conferma all’ abate del monastero, Gerardo, i beni già citati più la vigna Raal Germani, la vigna Sancti Yconii104, la vigna Gellebi, la mandram de Sarno ed il diritto di pascolo nei territori di Petralia e Castrogiovanni105. Nel XIV secolo la chiesa passa tra le proprietà dell’ordine degli Ospedalieri di San Giovanni di Messina106. Tornando all’elenco dei beni riportato nel terzo diploma di Papa Alessandro III del 1178, vediamo che non compaiono alcune chiese che documenti precedenti ci informano essere di proprietà vescovile. In una data indefinita del 1166 Martino di Bisignano dona al vescovo Bosone la chiesa di Santa Maria e Domenica a Polizzi che aveva precedentemente fatto costruire107. Sempre a Polizzi lo stesso vescovo Bosone concede agli eredi di Mauro Blancabarba l’amministrazione della chiesa di San Filippo108. Infine nel 1178 è nota tra le proprietà di Cefalù la chiesa di Santa Maria di Gratteri confermata anche in un diploma del 1196109. Ulteriore ampliamento dei beni vescovili risulta dalla bolla di Papa Clemente III del 1190 che, al solito elenco dei beni, aggiunge il casale di Montemaggiore tra quelli in cui la “Prenominatam videlicet civitatem cephaludenssem cum omnibus pertinentiis suis, Mistretam cum suis, Tosam cum suis, Pollenam cum suis, Grateram cum suis, Roccam Asini cum suis, Golesanum cum suis, Policium cum suis, Calatabuturum cum suis, Sclafanam cum suis, Alcusam cum suis, et ut flumen torte incipit et ad mare descendit, et a mari usque Cephaludum”: MIRTO 1972, pp.162-164; PIRRI 1733, II, p. 801. MIRTO 1972, pp.159-161. Non abbiamo purtroppo alcun documento su queste donazioni mentre abbiamo già visto qualcosa sulla chiesa di Santa Lucia di Mistretta. Nel 1176 conosciamo anche un certo Biagio priore di Caltavuturo che acquista per conto del vescovo di Cefalù un piccolo casale ed una cisterna sempre a Caltavuturo: GARUFI 1899, p. 154. Secondo il Bresc Malvicino rimaneva il nome di un territorio e di un mulino di proprietà della chiesa di San Nicola ma né casale né terra sembrano esistenti in quella data. È possibile che Malvicino sia stato un tentativo mal riuscito di insediamento territoriale: BRESC 1985. Gibilmanna rimane un centro legato alla diocesi di Messina ancora in età sveva. Con tutta probabilità, all’interno dell’abitato la diocesi di Cefalù aveva la proprietà della chiesa di Santa Maria. Il territorio di Gibilmanna apparteneva comunque già dal 1145 a Cefalù come si evidenzia nei documenti che definiscono i confini tra Gratteri e Cefalù. La chiesa viene consacrata nel 1148 ma è probabile che sia esistita anche prima come documenta il “flumen sancti yconij” presente nella definizione dei confini tra Gratteri e Cefalù del 1145: GARUFI 1899, p. 57. SCELSI 1981, p. 65. Sulla storia del priorato cfr. WHITE 1984, pp. 316-317. Casale quod dicitur Amballut quod fuit olim Symonis Senescalci cum iustis tenimentis et pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 64; VALENZANO 1987, pp. 23-24. Il luogo in cui sorgeva il casale forse corrisponde a Buonfornello: MAURICI 1998, p. 66. GARUFI 1899, p. 247; MIRTO 1972, p. 64. PIRRI 1733, II, p. 839; KEHR – GIRGERSHON 1975, p.366. Questi documenti non sono però conservati. Sorgeva di fronte alla Grotta Grattara ma fu sommersa da un’ alluvione nel 1914: SCELSI 1981, pp. 71-72. Non identificata. Abbiamo già parlato del flumen sancti yconii e della chiesa di San Cono di Gratteri cui sicuramente si riferisce il territorio in cui sorgeva questa vigna. PETRACCA 2006, p. 144. PETRACCA 2006, pp. 143-144. GARUFI 1899, pp. 95-96; ; PIRRI 1733, II, p. 801; WHITE 1984, p. 303. Dal 1199 la chiesa rientrerà tra i possedimenti del monastero di San Filippo d’Agira: PIRRI 1733, II, p. 1250. GARUFI 1899, p. 146. PIRRI 1733, II, p. 804. La chiesa è oggi nota con il nome di Santa Maria di Gesù: SCELSI 1981, pp. 77-80. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 13 chiesa aveva diritto di decima110. Nel casale era presente la chiesa di Santa Maria di Montemaggiore, donata ai monaci cluniacensi dal vescovo di Cefalù nel 1157111. Questo documento segna lo stato dei possedimenti alla fine dell’età normanna. Nel 1195 l’imperatore Enrico VI di Svevia dà una conferma dei beni e delle prerogative al vescovo Giovanni Cicala (1194(1216) senza alcuna nuova aggiunzione112. Nuovi beni risultano invece da una concessione dell’imperatrice Costanza del 1198 che dona il casale di Odesver e fa restituire all’episcopio i diritti sul mulino detto Fundeca presso Scillato113. Prima di passare a trattare il periodo in cui regna Federico II dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alle proprietà sul territorio vescovile di altri enti o istituzioni ecclesiastiche. Antecedentemente alla fondazione del vescovado nel 1131 l’Abbazia della SS. Trinità e San Michele Arcangelo di Mileto possedeva le chiese di San Giovanni di Roccella114, San Cosma e Damiano presso Cefalù115, Santi Innocenti, San Filippo e Santo Stefano a Mistretta, Santa Barbara a Caltavuturo, Sant’Anastasia in territorio di Gratteri116 e San Nicola de Caca. Tutte queste strutture sono note a partire dal 1098 e saranno confermate tra i possedimenti dell’Abbazia per tutta l’età normanna117. Vi sono inoltre le proprietà della diocesi di Lipari(Patti, nata nel 1131 insieme a quella di Cefalù: Santa Maria e Santa Venera a Tusa, San Pietro nel casale di Sichro118, Santa Maria Grecorum o Vocante o de Bucanto a Mistretta ed infine la chiesa di Sant’Elia di Gratteri119. Infine vi sono le proprietà di altre istituzioni religiose come gli ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme che possedevano a Polizzi la chiesa di San Nicola con annesso ospedale120 o ancora il monastero di San Filippo di Agira proprietario della chiesa di Santa Maria Di Gadera o La Latina di Polizzi con il suo vastissimo territorio121; i cluniacensi possedevano Santa Maria di Montemaggiore122 ed infine i teutonici tenevano il casale della Gulfa – Gurfa e numerosi beni a Polizzi e Gangi. L’articolato elenco definisce, se ancora ce ne fosse bisogno, la grande impronta territoriale che i Normanni hanno dato a quest’area caratterizzata da una forte presenza musulmana, ma anche dalle numerose famiglie feudali latine venute al seguito dei nuovi conquistatori123. L’età di Federico II si apre con un diploma del 1201 che conferma alla chiesa di Cefalù beni e privilegi acquisiti a partire dalla fondazione; nel documento si fa esplicito riferimento al tenimentum di Odesver124, a quello di Carsa ed al castello di Pollina125. Proprio il regno di Federico II segna uno stravolgimento dell’assetto territoriale di tutta la Sicilia con una modifica sostanziale dell’aspetto delle campagne. L’abitato accentrato di medie e grandi dimensioni, quasi sempre fortificato, risulta il nuovo ed unico tipo di insediamento rurale esistente126. È così che molti degli abitati presenti nel territorio oggetto del nostro studio scompaiono entro la seconda metà del XIII secolo: Bacco(Vacco, Marcatobianco ( Bonifato, Burgitabis, Calcusa, Coscasino, Gulfa, Miccichè, Raciura, Regalsciacca, Sant’Elia, Sant’Anastasia e Sankegi127. Così come accade in Sicilia occidentale, le rivolte hanno ifluito sull’abbandono di questi abitati poiché ancora alla fine del XII secolo la popolazione era costituita in maggioranza da musulmani128. I rapporti tra l’Imperatore ed il vescovado sono contrassegnati da una serie di episodi atti a favorire la diocesi di Palermo a discapito di quella di Cefalù; tra Montem Maiorem cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 235; MIRTO 1972, p.169. BRUEL 1894, V, 538. La chiesa corrisponde all’attuale Santa Maria degli Angeli poco fuori dal paese in direzione Alia. Nelle fondamenta della chiesa è stata trovata un’epigrafe in caratteri greci attestante il culto di San Giacomo ma non si sa se questo sia indice della presenza di monaci officianti in rito greco: CUCCO 2007a, p. 95. MIRTO 1972, pp. 74-76. MIRTO 1972, pp. 30-31 e pp. 57 e sgg. Il casale Odesver inglobava le rovine del Tempio della Vittoria di Imera costruito dopo il 480 a.C. a seguito della vittoria sui cartaginesi. Per portare alla luce il tempio classico furono distrutte tutte le strutture successive: cfr. MAURICI 1998, pp. 69-70. A Scillato in c.da Fondaco esiste ancora un mulino. Passa sotto il protettorato del vescovo di Cefalù nel 1136: GARUFI 1899, p. 25-26, PIRRI 1733, II, p. 799. Passa sotto il protettorato del vescovo di Cefalù nel 1136: GARUFI 1899, p. 25 sgg. L’edificio si trova oggi in territorio comunale di Castelbuono. Per le date delle conferme si rimanda all’elenco alla fine del capitolo. WHITE 1984, p. 295, nota12. L’odierno paese di Castelbuono sarà fondato nel XIV secolo presso il belvedere di Ypsigro. L’abbiamo già incontrata nella definizione dei confini tra Pollina e Plinga nel 1145. PIRRI 1733, II, p. 831. La chiesa è nota già nel 1033-34 quando ancora la potenza musulmana non era stata sconfitta: DI GIOVANNI 1880. Vi sono altre chiese di cui non si conoscono le appartenenze ma con tutta probabilità dovevano riferirsi a Cefalù. Si rimanda all’elenco alla fine del capitolo per i riferimenti principali in cui sono note nei documenti. I feudatari si pongono subito in un rapporto di favore con il vescovo di Cefalù e fanno notevoli elargizioni di beni o chiese alla diocesi. “Odesver quod est ad flumen quod dicitur Senescalci”. Il flumen Senescalci corrisponde all’attuale Imera. MIRTO 1972, pp. 52-56. La repressione antimusulmana si fa acuta negli anni tra il 1220 ed il 1240 con il conseguente spostamento della popolazione dalle campagne ai centri fortificati: BRESC 1976, p. 190; MAURICI 1998, pp. 42-44. Per i singoli siti si rimanda all’elenco alla fine del capitolo in cui compaiono le date principali che li menzionano nelle fonti documentarie. Dai documenti sappiamo che alcuni abitanti dei casali, ormai spopolati, si trasferiscono in abitati più grandi: Bartolomeo di Coscasino risiede a Castronovo nel 1289 e Nicola di Cassaro abita a Petralia Sottana nello stesso periodo: BRESC – D’ANGELO 1972, p. 380, nota 4. Abbiamo notizia anche dello spopolamento precoce di certi insediamenti come il casale Sankegi già 1188: “locum ubi dicebatur fuisse casale Sankegi”. WHITE 1984, p. 436; GARUFI 1898, p. 151. MAURICI 1995, p. 9; Sulla popolazione delle Madonie in età normanna: GIUNTA 1985, p. 20; PERI 1978, p. 66. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 14 questi si segnala il trasferimento forzato dei sarcofagi ruggeriani nella Cattedrale di Palermo e la perdita del possesso del Castello di Cefalù. Il primo episodio vede come protagonista il vescovo Giovanni Cicala che, al ritorno da una missione in Levante, scomunica l’Imperatore per il fatto commesso. Questi in risposta donava il tenimento di Cultura o Cuctura senza restituire le due arche funerarie129. I contrasti si acuirono qualche anno dopo tra Federico II ed il nuovo vescovo Arduino II eletto intorno al 1217 è mandato in esilio perché accusato dalla curia regia di sperpero. Il presule aveva allora chiesto l’intervento di Papa Onorio III che aveva emanato una bolla di conferma dei beni della chiesa; tale documento, datato al 1223, ci riferisce lo stesso elenco di beni e diritti che aveva la chiesa già da tempo con l’aggiunta dei diritti di decima per il casale di Coscasino130. Nel 1224 si apre il processo al vescovo Arduino II, presieduto dall’arcivescovo di Cosenza in qualità di legato apostolico. Accusato di sperpero dei beni della chiesa, di mancata manutenzione della Cattedrale e di condotta poco decente si difende affermando: di aver iniziato la riparazione di molti edifici di culto; di aver speso 800 tarì per il castello di Pollina; di aver fatto costruire alcuni mulini e di aver riparato quello di Roccella; di aver acquistato la chiesa di Santa Maria di Roccella131; di aver avuto restituiti i feudi di Caltavuturo, Cammarata, Capizzi e Mistretta; infine di aver ricomprato i beni della chiesa di Santa Lucia di Siracusa, donati dalla Contessa Adelicia e venduti dai suoi predecessori. Processo e contesa si chiudono con un compromesso: Federico II acquisisce la custodia del castello di Cefalù ed Arduino II viene reintegrato nei suoi privilegi ottenendo la restituzione dei beni che erano stati usurpati alla chiesa di Cefalù. Il fortilizio era considerato di importanza fondamentale per la presenza imperiale nel territorio delle Madonie in favore di una completa latinizzazione ed eliminazione dei fedeli di religione musulmana132. La pace sembrava fatta ma alcuni anni dopo, nel 1238, il vescovo fu definitivamente rimosso e mandato in esilio dallo stesso imperatore che evidentemente non aveva gradito l’esito del contenzioso133. Dopo la morte di Federico II (1250) altri avvenimenti caratterizzano il controverso rapporto tra l’impero ed il vescovado di Cefalù il cui nuovo rappresentante, Riccardo Guzzetta, lamentava nel 1251 di non ricevere più i diritti di decima su Caltavuturo, Collesano, Polizzi e Scillato134. L’età sveva si conclude nel 1266 con un’indagine sui diritti di percepire i proventi del porto di Cefalù usurpati a partire dall’esilio del vescovo Arduino II135. Da questo momento in poi iniziano una serie di inchieste per verificare i diritti del vescovado sia sulla stessa Cefalù che sul territorio diocesano nel quale si andavano affermando i poteri signorili di alcune nuove famiglie come i Ventimiglia conti di Geraci cui si deve la costruzione di Castelbuono nei pressi dell’antico casale di Sichro136. Infatti a partire dall’età sveva si verifica uno iato tra i poteri di carattere pubblico ed il controllo ecclesiastico del territorio dovuto proprio all’emergere di nuovi domini signorili che si erano già affermati in età normanna137. La famiglia Ventimiglia, approdata in Sicilia dopo il 1242 sarà quella più ricca e influente nell’intero territorio madonita e sarà partecipe del rapporto tra l’impero ed il vescovado di Cefalù138. * ) % . In generale: MAURICI 1998, p. 72; : Alcusam cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389; VALENZANO 1978, p. 86; ,-: Alcusam cum suis. PIRRI 1733, I, 802; - : Alcusam cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. -.: Algusam cum suis. MIRTO 1972, p. 159; PIRRI, II, p. 803. /0: Algusam cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !! : Alcusam. MIRTO 1972, p. 141 (1 (+ . ,/: Casale de Arsa cum omnibus pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 113; MIRTO 1972, pp. 37, 157. - : Casale de Arsa cum omnibus pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI 1733, II, p. 801. !., # -,&: Casale Charse. SPATA 1862, p. 452. -.: Casale de Arsa cum omnibus pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803. ..: Casalis Arshe quod est ecclesie cephaludensis. WHITE 1984, p. 436; GARUFI 1898, p. 151. ./: Divisionum Harse et Huedmarram. GARUFI + MIRTO 1972, p. 32. MIRTO 1972, p. 140-143. L’elenco riprende l’ordine dei beni e dei diritti tracciati dalla bolla di Papa Alessandro III nel 1178. Nota in effetti a partire dal 1218: NOTO 1980, pp. 106-109. I castelli erano instrumenta regni permettendo il controllo e lo sviluppo del territorio regolandone la vita. Proprio nel corso delle guerre ai saraceni nel castello di Cefalù furono tenuti dei prigionieri di fede non cristiana: cfr. BRESC 1985, p.62; BRESC – D’ANGELO 1972, p. 378. Sul processo al vescovo Arduino II: cfr. GRANÀ 1988. Nel documento si riporta che gli stessi diritti si percepivano già dalla morte dell’Imperatrice Costanza: cfr. MIRTO 1972, pp. 193 - 195. Su Scillato FRISA 2005. MIRTO 1972, p. 110. CANCILA 2008. Sulla situazione dei domini territoriali in età tardo-medievale cfr. LESNES 1997. CANCILA 2010; CORRAO 1985; MOGAVERO FINA 1980: Enrico Ventimiglia, figlio di Filippo, viene in Sicilia ed ottiene l’intera Contea di Geraci per effetto del matrimonio con Elisabetta contessa di Geraci, Ischia, Procida e Lementini, fortemente sostenuto dall’Imperatore Federico II. Sui rapporti tra i Ventimiglia ed il Vescovado: cfr. CORRAO 1993; FODALE 1985. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 15 1898, p. 153. /0: Casale de Arsa cum omnibus pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !0 : Tenimentum Harsa. MIRTO 1972, p. 55; PIRRI, II, p. 804. !! : Casale de Arsa cum omnibus pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 141. !/0: (confini di Carsa in età aragonese – LA MANTIA 1917, p. 482, doc. 204 e p. 510 doc. 212). ' . In generale: MAURICI 1998, p. 66. - : Casale de Bacco .GARUFI 1914, pp. 175(76. -.: Casale de Baccho cum suis. MIRTO 1972, p. 160. /0: Casale de Bacco cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !! : Casale de Baccho. MIRTO 1972, p. 141. 0. %.!: Calatabutor. PIRRI I, p. 495. 0.-: Castellum Calatubuturi. PIRRI I, p. 495 : Calatabutur cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. 20: abitato fotificato (hisn) in Idrisi – AMARI 1880(81, I, p. 112. 2 : Calatabutor. AMICO 1888, p. 16. 2,: ότάρτος τού χάλάτουδουθούρ. CUSA 1888, p. 482. ,,: Calatabutor. AMICO 1888, p. 26. - : Calatabuturum cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. !., ( -,): Calatabuturo. SPATA 1862, p. 452. -.: Callatabuturum cum suis. MIRTO 1972, p. 159. /0: Calatabuturi. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !! : Calatabuturum. MIRTO 1972, p. 141. !2 : Calatabuturo. MIRTO 1972, p. 193. 0. %.!: Golisanum. PIRRI I, p. 495. 0, : Golisanum. MALATERRA, p. 45. 0.-: Golesanum. AMICO 1888, p. 2. : Gollisanum cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. 2 : Golesanum. AMICO 1888, p. 16. ,,: Golosanum. AMICO 1888, p. 26. ,-: Omnia igitur illa que ab ecclesia nostra ipse in Golosano et Policio diu sub nostro et predecessorum nostrorum. VALENZANO 1979, p. 43. - : Golesanum cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. -.. Golesani cum suis. MIRTO 1972, p. 159. /0: Golisani. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !! : Golesanum. MIRTO 1972, p. 141. !2 : Golisano. MIRTO 1972, p. 193. In generale: MAURICI 1998, p. 79. !., # -,&: Cuscasino. SPATA 1862, p. 452. . : AMARI 1854(1868, vol. III, parte I, pp. 291(292. !! : Coscasinum. MIRTO 1972, p. 203(206. In questa data vengono riconosciuti al vescovo i diritti parrocchiali sul centro. Tale informazione indica implicitamente l’esistenza di almeno una chiesa. 3 0. %.!: Grattera. PIRRI I, p. 495. 0.-: Gratera. AMICO 1888, p. 2. : Gratteram cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. ,,: Grateram. AMICO 1888, p. 26 - : Grateram cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. -.. Grateram cum suis. MIRTO 1972, p. 159. /0: Grateram cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !! : Gratteram. MIRTO 1972, p. 141. !20: in un documento si parla di castella. MONGITORE 1734, p. 107 . : Roccam Asini cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. - : Roccam Asini cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. 20: al,Himar o Rocca Asini. AMARI 1880(81, I, p. 114. -.: Roccam Asini cum suis. MIRTO 1972, p. 159. /0: Roccam Asini. GARUFI 1899, p. 234. MIRTO 1972, p.168. !! : Roccam Asini. MIRTO 1972, p. 141. !20: in un documento si parla di castellum e castrum. Mongitore 1734, p. 107. 4 0. %.!: Mistrectum. PIRRI I, p. 495. 0.-: Mistretum. AMICO 1888, p. 2. 0 : villa et castellum. MAURICI 1992, p. 325. !!: è in possesso di Matteo Bonello che viene ricordato come di Creun o di ά=έστάτου. PERI 1952(53, p. 257. : Amistretum cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. 2 : Mistretum. AMICO 1888, p. 16. ,,: Mistrettum. AMICO 1888, p. 26. - : Mistretam cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. -,: il centro è ricordato come villa che può indicare sia un abitato fortificato che un casale. MAURICI 1998a; PIRRI, II, p. 1043. -.. Mistretam cum suis. MIRTO 1972, p. 159. /0: Mistrettam cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p.168. !! : Mistretam. MIRTO 1972, p. 141. 4 In generale: MAURICI 1998, p. 91; MENDOLA 2010, pp. 15(27. 2/: È attestato un Gervaius de Monte Majori baro. GARUFI 1899, p. 83. /0: Montem Maiorem cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 235; MIRTO 1972, p.169. !! : Montem Maiorem. MIRTO 1972, p. 141. 5 In generale: MAURICI 1998, p. 69. /.: Casalis Odesver quod ipsa domina Imperatrix concesserat ecclesiae Cephaludensis. BATTAGLIA 1896, p. 124. !0 : Tenimentum quoque Odesver quod est ad flumen quod dicitur Senescalsci. Mirto 1972, p. 55; Tenimentum quoque Odesver .PIRRI, II, p. 804. !! : Casale Odesver cum viribus et pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 141. 0. %.!: In generale BORGESE 1999. Politium. PIRRI I, p. 495. 0.-: Polich. AMICO 1888, p. 2. : Policium cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. 2 : Polich. AMICO 1888, p. 16. ,,: Poliz. AMICO 1888, p. 26. ,-: Omnia igitur illa que ab ecclesia nostra ipse in Golosano et Policio diu sub nostro et predecessorum nostrorum. VALENZANO 1979, p. 43. - : Policium cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. !., ( -,): Policio. SPATA 1862, p. 452. -.: Policium cum suis. MIRTO 1972, p. 162. /0: Policium cum pertinetiis suis. MIRTO 1972, p.169. !! : Policium. MIRTO 1972, p. 141. !2 : Policio. MIRTO 1972, p. 193. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 16 % . In generale: MAURICI 1998, p. 94. 0. %.!: Polla. PIRRI I, p. 495. : Pollinam cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. -: Roberto di Montescaglioso si definisce dominator terrae Pollae e fa alcune donazioni alla chiesa di San Pietro Apostolo apud Pollam sita est. GARUFI 1912, p. 352. 2 : Polam. AMICO 1888, p. 16. 2/: Polline. GARUFI 1899, p. 82; PERI 1953, I, p. 70. ,,: Polam. AMICO 1888, p. 26. ,/: Casale de Polla cum omnibus pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 113; MIRTO 1972, pp. 37, 157. - : Casalia de Polla cum omnibus pertinentiis suis e Pollenam cum suis .MIRTO 1972, p. 162; Casale de Polla cum omnibus pertinentiis suis e Pollinam cum suis. PIRRI, II, 801. -.: Casalia de Polla cum omnibus pertinentiis suis e Polenam cum suis. MIRTO 1972, p. 159; Casale de Pollina cum omnibus pertinentiis suis e Pollinam cum suis. PIRRI, II, p. 803. /0: Casalia de Polla cum omnibus pertinentiis suis e Palenam cum pertinentiis suis. GARUFI 1899, p. 235; Casalia de Polla cum omnibus pertinentiis suis e Pollenam cum suis MIRTO 1972, p.168. !0 : Castellum Polline cum tenimentis et pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 55 e p. 205; PIRRI, II, p. 804. !! : Casalia de Polla cum omnibus pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 141. ! !: Castellum Polline. PIRRI, II, p. 806 0. %.!: Roccamaris. PIRRI I, p. 495. 0.-: Roccamaris. AMICO 1888, p. 2. 20: da Idrisi è ricordata come Sakhrat al,hadīd. AMARI 1854(1868, I, p. 64. 2 : Roccammaris. AMICO 1888, p. 16. ,,: Roccam maris. AMICO 1888, p. 26. !! : è ricordato il castello di Roccella in cui Federico II mantiene una guarnigione. AA. VV. 2001, p. 355. 0. %.!: Schafa. PIRRI I, p. 495. 0.-: Sclafa. AMICO 1888, p. 2. : Sclafam cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. 2 : Sclaphan. AMICO 1888, p. 16. ,6: appartiene a Goffredo di Montescaglioso. AA. VV. 2001, p. 359. ,,: Sclafam. AMICO 1888, p. 26. - : Sclafanam cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. !2 : Sclafano. MIRTO 1972, p. 193. 7 0. %.!: Tosa. PIRRI I, p. 495. 0.-: Tosa. AMICO 1888, p. 2. : Tusam cum suis. PIRRI 1733, I, p. 389. 2 : Tosam. AMICO 1888, p. 16. ,,: Tosam. AMICO 1888, p. 26. - : Tosam cum suis. MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. -.: Tosam cum suis. MIRTO 1972, p. 162. /0: Tosam cum petinentiis suis. MIRTO 1972, p.168. !! : Tosam. MIRTO 1972, p. 141 3 (+ ( (4 (presso Siracusa): 60: Casalisbus Girepicii et Cardinalis, Agulie et Mactile cum villanis eorum dono et concedo Cephaludensi ecclesie. GARUFI 1912, p. 353; PIRRI, II, p. 799; WHITE 1984, pp. 312(315. ,/ (non vengono citati espressamente): GARUFI 1899, p. 313; MIRTO 1972, p. 37. - (non vengono citati espressamente): MIRTO 1972, p. 162; PIRRI, II, p. 801. -! (definizione dei confini di Girepizi): GARUFI 1899, pp. 150(51. -! (si parla del pantano di Agulia): SPATA 1862, pp. 443(444. -. (non vengono citati espressamente): MIRTO 1972, p. 159; PIRRI, II, p. 803. /0 (non vengono citati espressamente): GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. !! (non vengono citati espressamente): MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. + + appartenente a San Giorgio di Gratteri. In generale: MAURICI 1998, p. 66; / : Casale quod dicitur Ambullat quod fuit olim Symonis Senescalci cum iustis tenimentis et pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 64; VALENZANO 1987, pp. 23(24. 8+ 6,: BRESC 1985, p. 58, nota 4. 20 (chiesa): PIRRI, II, 1263(64. 2 (chiesa): WHITE 1984, p. 295. 2/ (casale): Casale Sancte Anastasie. GARUFI 1899, p. 82. -0 (chiesa): WHITE 1984, p. 295. -/ (chiesa): WHITE 1984, p. 295. ' 94 !., ( -,): Gaitus aly el Bonifati. SPATA 1862, p. 452. ' %' . In generale: MAURICI 1998, p. 70. /.: Burgidebus. BATTAGLIA 1896, pp. 123( 124. In generale: MAURICI 1998, p. 74. !., ( -,): Cassaro. SPATA 1862, p. 452. ..: et reliqua medietas est casalis Cassari, et mandra est in tenimento cassari. WHITE 1984, p. 436; GARUFI 1898, p. 152. 8* 6 (chiesa): PIRRI II, p.774; Ruggero II, p. 102; WHITE 1984, p. 147. 2/ (casale): Casale Sancti Helie. GARUFI 1899, p. 82; 3 . In generale: MAURICI 1998, p. 92. 0.-: Gibelman. AMICO 1888, p. 2. 62: montis Gibilmagne. GARUFI 1899, p. 58. ,,: Gibelman. AMICO 1888, p. 26. /.: Gibelman. AMICO 1888, p. 50. ! ,: Gibelman. AMICO 1888, p. 65. 3 In generale: MAURICI 1998, p. 84. !., ( -,): Gurfa. SPATA 1862, p. 452. 20: Casale Gurfe. Ruggero II, p. 312. ) ' (il toponimo indica la presenza di un abitato ma è noto solo un fiume con questo nome). 62: flumen Rahal batal. GARUFI 1899, p. 57. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 17 ) : ( . Nella descrizione dei confini della diocesi di Cefalù. !: Casali quod nominatur Rahal Ray. SPATA 1862, p. 425. In generale: MAURICI 1998, p. 96. -0: GARUFI 1914, p. 100. !60: COLLURA 1961, p. 311. ; % ; . (nei pressi di Valledolmo). Nella descrizione dei confini della diocesi di Cefalù. !: Casali Sankeci. SPATA 1862, p. 424 ..: Locum ubi dicebatur fuisse casale Sankegi. WHITE 1984, p. 436; GARUFI 1898, p. 151. . /,: Sillatum. MIRTO 1972, p. 57 sgg. ) . 02: Casale quod vocatur Sichro. CATALIOTO 2007, p. 184. 6: CATALIOTO 2007, pp. 206(207 e 249 7 % 62: GARUFI 1899, pp. 57(58. 6,: BRESC 1985, p. 58 ..: è noto un certo Adam de Tudino: GARUFI 1899, p. 226. <) (forse Alia) .In generale: MAURICI 1998, p. 65. !., ( -,): SPATA 1862, p. 452. ) 8+ 7 4 ) + 4 8+ 3 . 6,: BRESC 1985, p. 58, nota 4. 20: PIRRI 1733, II, 1263(64. 2 : UGHELLI 1717(1722, pp. 952(953. 2/: GARUFI 1899, p. 82. -0: WHITE 1984, p. 295. -/: WHITE 1984, p. 295. ' . (Passa in seguito alle proprietà di Sant’Anastasia di Caltabellotta) 0/.: WHITE 1984, p. 295. 00: WHITE 1984, p. 295. !!: WHITE 1984, p. 295. 2 : UGHELLI 1717(1722, pp. 952( 953. -0: WHITE 1984, p. 295. -/: WHITE 1984, p. 295. " . 0/.: WHITE 1984, p. 295. 00: WHITE 1984, p. 295. !!: WHITE 1984, p. 295. , (la chiesa passa sotto la giurisdizione della diocesi di Cefalù): GARUFI 1899, p. 25 ssg. 2 : UGHELLI 1717(1722, pp. 952(953. -0: WHITE 1984, p. 296. -/: WHITE 1984, p. 296. 4 . 0. : WHITE 1984, p. 295. -0: WHITE 1984, p. 295. -/: WHITE 1984, p. 295. 3 (passa a Cefalù nel 1136 – NOTO 1982, p.87). 0/.: WHITE 1984, p. 295. 00: WHITE 1984, p. 295. !!: WHITE 1984, p. 295. 4 . 0. : WHITE 1984, p. 295. 0/.: WHITE 1984, p. 295. 00: WHITE 1984, p. 295. !!: WHITE 1984, p. 295. 2 : UGHELLI 1717(1722, pp. 952(953. -0: WHITE 1984, p. 295. -/: WHITE 1984, p. 295. = 0/.: White 1984, p. 295. 00: White 1984, p. 295. !!: White 1984, p. 295. 2 : UGHELLI 1717(1722, pp. 952(953. -0: WHITE 1984, p. 295. -/: WHITE 1984, p. 295. 4 . 2 : WHITE 1984, p. 295. -0: WHITE 1984, p. 295. -/: WHITE 1984, p. 295. ) % 8* 3 6: PIRRI 1733, II, p.774; Ruggero II, p. 102; WHITE 1984, p. 147. 2/: GARUFI 1899, p. 82; 4 > ' 4 : CATALIOTO 2007, p. 42 e PIRRI 1733, II, pp. 1016, 1027, 1029, 1042, 1053, 1057, 1059, 1060. 0.% 0: SELLA 1944, p. 30. 4 7 6: CATALIOTO 2007, pp. 206(207 e 249; ? (Sichro). 02: CATALIOTO 2007, pp. 184; WHITE 1984, p. 388. 6: CATALIOTO 2007, pp. 206(207 e 249. > 7 6: CATALIOTO 2007, pp. 206(207 e 249. 2: CATALIOTO 2007, pp. 208(209 e 249. ) 8+ 4 !!: WHITE 1984, p. 70 " 3 02: CATALIOTO 2007, p. 184; WHITE 1984, p. 388. In una definizione di confini nei pressi di Sichro (Castelbuono si riporta “transit rivulum in via sancti (sic) cosme e damiani”. 6!%6 : WHITE 1984, p. 70. 3 . La chiesa era annessa ad un ospedale e posta sotto la protezione della regina Costanza. /,: PERI 1952(53, p. 229 nota n° .3 3 ' anche nota 4 4 (appartenente all’ordine dei Giovanniti). --: PIRRI 1733, II, p. 830; 0.% 0: SELLA 1944, p. 30 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 18 4 " 3 . 0 %66: DI GIOVANNI 1880, p. 17; Per tutta l’età normanna la chiesa appartiene al monastero di San Filippo di Agira in diocesi di Messina. 26: CUSA 1882, p. 650(52. -!: PIRRI 1733, II, p. 830. !!2: AMICO 1888 , Lexicon topograph. sicul. v. not. S. Philippi de Agyrio, p. 100. 4 0: DE PASSAFLUMINE 1645, p. 57; PIRRI 1733, II, p. 833; SCADUTO 1947, p. 163. 0.% 0: SELLA 1944, p. 30 4 4 . Fondazione cluniacense (MENDOLA 2010, pp. 15(17). 2-: BRUEL 1894, V, 538. -!: WHITE 1984, p. 231 e p. 301. 0.% 0: SELLA 1944, p. 30. + -: Roberto di Montescaglioso si definisce dominator terrae Pollae e fa alcune donazioni alla chiesa di San Pietro Apostolo quae apud Pollam sita est. GARUFI 1912, p. 352. ,: Ruggero II, p. 12 ) " . -!: Il vescovo Bosone di Cefalù concede agli eredi di Mauro Blancabarba l’amministrazione della chiesa. GARUFI 1899, p. 146; WHITE 1984, p. 305. 3 . .6: nel diploma si parla di una bottega sitam in vico a porta maris itur ad portam civitatis quintam videlicet ab ecclesia sancti Georgii. GARUFI 1899, pp. 198(200. 3 . (Compare anche tra le chiese di proprietà di Mileto in Calabria ma nel 1136 passa a Cefalù). ,: GARUFi 1899, p. 25(26, PIRRI 1733, II, p. 799. 2 : UGHELLI(COLETI I, pp. 952(953. -.: MIRTO 1972, p. 159; GARUFI 1899, p. 202; PIRRI 1733, II, p. 803. /0: MIRTO 1972, p. 168; GARUFI 1899, p. 234. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. 8 3 . 62: Nella definizione dei confini tra Gratteri e Cefalù è menzionato un “flumen sancti yconij”. GARUFI 1899, p. 57. 6. ( ): CUSA 1882 p. 481 e 718; SPATA 1862, p. 431. -.: MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803; WHITE 1984, p. 307. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. /,@ PIRRI 1733, II, p. 804. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 210. 4 3 . -.: MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 210. !!.: PIRRI 1733, II, p. 806. !,,: sottoscrive un documento un certo frate Andrea in qualità di priore di Santa Maria di Gibilmanna: MIRTO 1972, p. 110. 4 3 (oggi 4 3 ). -.: PIRRI 1733, II, p. 804. /,@ PIRRI 1733, II, p. 804. 4 " ." ,,: GARUFI 1899, p. 95; PIRRI 1733, II, p. 801; WHITE 1984, p. 303. //: proprietà di San Filippo d’Agira, PIRRI 1733, II, p. 1250. = 4 . In generale BRESC 1985, pp. 54(70. 2,: GARUFI 1899, p. 76; PIRRI 1733, II, p. 801 e p. 803. -.: MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803. .2: GARUFI 1899, p. 202. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. = . -.: MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II (San Nicola de Camarata), p. 803. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. 4 4 : dedicata a Santa Maria si trovava all’interno del castello di Isnello. Oggi in stato di rudere: VIRGA 1877, p. 50. 4 ! .: NOTO 1980, pp. 106(109. ! !: PIRRI 1733, II, p. 806 # 4 = &. 60: BATTAGLIA 1895, p. 113; GARUFI 1899, p. 38: San Pietro appartiene a Cefalù. WHITE 1984, p. 297: San Pietro non appartiene a Cefalù. . (la chiesa viene donata a Cefalù): GARUFI 1899, p. 173 > nota nel XIV secolo ma databile per la struttura ad epoca normanna: BRUNAZZI 1997, p. 365 PIRRI 1733, II, p. 828. !! : In questa data vengono riconosciuti al vescovo i diritti parrocchiali sul centro. Tale informazione indica implicitamente l’esistenza di almeno una chiesa. MIRTO 1972, pp. 203(206. A % 4 . -2: GARUFI 1899, p. 161. La chiesa era probabilmente sotto la giurisdizione di Cefalù: WHITE 1984, p. 306, nota 71. 60: GARUFI 1912, p. 353; PIRRI 1733, II, p. 799; WHITE 1984, p. 296 e pp. 312( 315. ,/: GARUFI 1899, p. 313; MIRTO 1972, p. 37 e p. 137; - : MIRTO 1972, p. 162; PIRRI 1733, II, p. 801. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 19 -.: MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. 4 – 4 " : 6 : PIRRI 1733, II, p. 799; WHITE 1984, p. 298, nota 27 (Le rovine insistono presso il convento francescano di Santa Maria di Cacciapensieri poco fuori dal paese di Cammarata). 62: CUSA 1882 p. 615(617 e p. 716. 6,: CUSA 1882 p. 617(619 e p. 717. 20: PIRRI 1733 II, p. 801. 2 : GARUFI 1899, p. 64. ,/: GARUFI 1899, p. 313; MIRTO 1972, p. 37 e p. 137. - : MIRTO 1972, p. 162; PIRRI 1733, II, p. 801. -.: MIRTO 1972, p. 159; PIRRI 1733, II, p. 803. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. . ,. (risulta ricostruita): CUSA 1882, p. 484 e 723; SPATA 1862, p. 437; WHITE 1984, p. 305. - : MIRTO 1972, p. 162; PIRRI 1733, II, p. 801. -.: MIRTO 1972, p. 159; GARUFI 1899, p. 202; PIRRI 1733, II, p. 803. /0: MIRTO 1972, p. 168; GARUFI 1899, p. 234. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. 3 3 La chiesa è fondata dal duca Ruggero III di Puglia, primogenito di Ruggero II, che muore nel 6.. 60: PIRRI 1733, II, p. 839. 22: CUSA 1882, p. 360. ,2: MAZZARESE FARDELLA 1983, pp. 3(5. -.: MIRTO 1972, p. 160; PIRRI 1733, II, p. 803. .!: MIRTO 1972, p. 165. /0: GARUFI 1899, p. 234; MIRTO 1972, p. 168. / : GARUFI 1899, p. 247; MIRTO 1972, p. 64. !0 : MAZZARESE FARDELLA 1983, pp. 10(12; MIRTO 1972, p. 59. !! : MIRTO 1972, pp. 140 e 203; NOTO 1980, p. 110. Tra le proprietà della chiesa erano: ( .!: MIRTO 1972, p. 165; !0.: PETRACCA 2006, p. 144); = 3 93 ( .!: MIRTO 1972, p. 165); o anche = 7 (Gratteri) ( !0.: PETRACCA 2006, p. 144); ( ,2: MAZZARESE FARDELLA 1983, pp. 3(5; .!: MIRTO 1972, p. 165; !0.: PETRACCA 2006, p. 144); 3 ( .!: MIRTO 1972, p. 165); % 3 ( !0.: PETRACCA 2006, p. 144); il casale + (noto anche nel / : Casale quod dicitur Ambullat quod fuit olim Symonis Senescalci cum iustis tenimentis et pertinentiis suis. MIRTO 1972, p. 64; VALENZANO 1987, pp. 23(24). Lo stesso casale anche nella conferma di Papa Innocenzo III del 1208 PETRACCA 2006, p. 144). Nel 1201 si aggiungono un mulino in contrada Dehyr (?) o Tehyr, la mandram di Acquaviva ed un villano: BRESC – DI SALVO 2001, p. 29; MIRTO 1972, p. 59. Nel 1208 ancora la vigna Sancti Yconii, la vigna Gellebi, altri mulini da localizzarsi nel territorio delle Madonie, la mandram de Sarno ed il diritto di libero pascolo nei territori di Petralia e Castrogiovanni ( !0.: PETRACCA 2006, p. 144). ) 0.% 0 3 ' . PIRRI 1733, II, p. 830. Nota anche come 4 4 ed appartenente al’ordine dei Giovanniti. 4 . Nota già nel 1033(34. = ' . Corrisponde alla chiesa di San Nicola di Malvicino (PERI 1993, p. 188, nota 218). 4 4 . Nota nel 1157 (BRUEL 1894, V, 538) 4 . 4 . Forse nota già nel 1130: DE PASSAFLUMINE 1645, p. 57; PIRRI 1733, II, p. 833; SCADUTO 1947, p. 163. 4 3 (Il castrum Sparthi si trovava nel luogo ove sorge oggi Motta d’Affermo, BRESC 1975a, nota 10). 4 3 > ' 4 . CATALIOTO 2007, p. 42 e PIRRI 1733, II, pp. 1016, 1027, 1029, 1042, 1053, 1057, 1059, 1060. > 4 = . La chiesa nota anche come ' si trovava a Polizzi. La prima notizia si ha nel 1177 poiché vicino si trovava un mulino donato da Ruggero d’Aquila, conte di Avellino agli Ospitalieri di Messina. PIRRI 1733, II, p. 934; TOOMASPOEG 2003, p. 125. = (?) 4 3 = + . Nota nel 1116. = . Corrisponde alla chiesa di San Nicola de Franchis o dei Latini o dei Normanni, eretta nel 1167 per volere di Pietro di Tolosa al tempo del vescovo Bosone (1157(1172) che fu capo di Capitania quando la città, alla fine del XII secolo, si divise in sei capitanie. È nota anche la chiesa di http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 20 Santa Niculeddu d’i mulina del XV secolo ma forse sorta su preesistenze: CARCASIO 2000, pp. 193(194. Nel XIV secolo il termine capitania scompare e nei documenti si comincia a parlare di quartieri che prendono il nome dalle chiese già a capo di capitania: San Blasio, San Giorgio, Santa Maria Maddalena, Santa Maria Maggiore, San Nicolo e San Pancrazio (PERI 1993, pp. 183(184). " . Era a capo di capitania e poi quartiere. ' ) Gli elenchi appena presentati costitutiscono un enorme fonte di informazioni per il medioevo normanno di area madonita, ma se passiamo in rassegna i dati archeologici dobbiamo cedere ad uno sconfortante panorama di assolutà assenza di scavi o semplice analisi delle strutture murarie siano essi pertinenti a castelli, chiese o mulini. Sebbene le evidenze siano spesso a bella vista non si registra nessuno scavo in abitati, chiese o castelli citati che ci possa essere di aiuto alla ricostruzione del popolamento rurale nel medioevo. In questo panorama gli unici elementi archeologici sono costituiti dagli studi editi intorno alla colonia di Himera139, dallo studio inedito sulla Valle del Torto140 e da quello di taglio preistorico intorno all’area di Scillato141. Grazie a queste informazioni si sono potute calare nella cartografia moderna circa 150 UT che abbracciano l’intero panorama del medioevo dal VI al XIII secolo (fig. 4). Durante l’elaborazione della tesi di specializzazione la nostra attenzione si è concentrata sul territorio interno compreso tra Cefalù e Polizzi (fig. 5). 6 #> %$ & HIMERA III. 1 e HIMERA III.2 CUCCO 1999-2000. FORGIA 2008-2009; Ead. 2009. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 2 8 21 3 ) Sono infatti le due località più ricche di informazioni storiche e quelle in cui si concentra il maggior numero di edifici di culto. Lungo il percorso infine si distribuiscono altri luoghi sacri frequentati fino al basso medioevo ed anche in età moderna, ad indicare la persistenza e l’importanza di questo attraversamento. Lungi da noi tentare di identificare il possibile tracciato del percorso, sebbene l’orografia montuosa e valliva abbia certamente costituito un elemento imprescindibile per l’attraversamento in più punti rintracciabili fino ad ora. Nel tentativo di ricostruire questo itinerario attraverso la presenza di luoghi di culto, un punto a nostro sfavore è costituito dalla copertura boschiva attuale, che, eccezionale e varia dal punto di vista scientifico e naturalistico, costituisce un grosso elemento ostativo per l’esplorazione di ampie porzioni di territorio. Fino almeno al medioevo svevo infatti, come si può ricavare dalle fonti, molte zone, ora non accessibili, erano occupate da coltivazioni specializzate. L’itinerario religioso parte da Polizzi e tocca i territori attuali di Collesano, Isnello e Gratteri per poi giungere a Cefalù (figg. 6(7). Lungo il percorso si incontrano qundici chiese, se consideriamo anche il territorio extra(urbano, il monastero di San Giorgio a Gratteri e i due ospedali di Polizzi e Cefalù. L’alto numero di fondazioni religiose è legato direttamente proprio alla presenza degli ospedali fondati entrambi da Pietro di Tolosa nel 1167. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 22 ,+ Nel 1205 a Cefalù si aggiungerà anche l’hospitale di Cefalù e Roccella poiché dotato del feudo di Roccella142. Erano punti di sosta obbligati per i pellegrini in transito che proseguivano per Messina attraverso la costa. Di un itineraro interno tra Polizzi e Cefalù parla anche Idrisi143 e ciò costituisce la prova ulteriore di questo importante percorso, oggi non più esistente, che ha condizionato la vita sociale e religiosa di quest’area madonita. Nello specifico infine, tratteremo di tre edifici religiosi, oggi semi(diruti, dislocati lungo l’itinerario: San Pietro di Polizzi, San Leonardo di Isnello e San Giorgio di Gratteri. Su questi ospedali ARLOTTA 2005 con ampia bibliografia. RIZZITANO 1994. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo - 23 3 3 (fig. 8) Localizzazione: periferia del centro abitato. Toponimo: San Pietro di c.da Samperi. Microtoponimo: Piano del Signore. Altitudine: 900 m s.l.m. UTM: 33SVB131853. . ) ) http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 24 Descrizione: la chiesa orientata E(O resta visibile nella sua volumetria solo per la parte absidale (fig. 9) ed il lato nord di cui si conserva un ampio lacerto lungo 7 m. Tutto il lato sud è costituito da blocchi di cemento di misura standard 20x40 cm e la facciata non si conserva. / 8 L’intero edificio è realizzato in blocchi parallelepipedi di roccia scistosa disposti su filari orizzontali. Un’unica apertura nella parte alta dell’abside è strombata verso l’interno ed ha il lato esterno costruito in blocchi di calcarenite di diversa grandezza lavorati verso l’interno con un piano obliquo. Lungo il lato nord è stata praticata un’apertura in tempi moderni (fig. 10), larga ca. 1 m e funzionale all’utilizzo della chiesa come stalla, di cui rimane ampia traccia nelle due mangiatoie che si trovano sui lati lunghi. 0+ http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 25 Il catino absidale (fig. 11), con una corda di 4 m, si conserva sino all’imposta dell’arco. A circa 1,70 m dal piano di calpestio, alla base della finestra, è inserita una cornice in blocchi di calcarenite che fuoriescono a 45° dal filo della muratura e si concludono in alto con un piccolo listello (se ne conservano 5 a destra e 4 a sinistra alti 20 cm con le superfici molto rovinate) (fig. 12). ! ) http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 26 Sulla destra dell’abside, a ca. 50 cm dal pavimento si trova una nicchia quadrangolare (45x45x30 cm) in blocchi di calcarenite ricavata nella muratura (fig. 13). Il tetto è realizzato in mattoni sistemati su di una intelaiatura in ferro ed il pavimento è in cemento. = ) B Altre informazioni: a circa 500 m di distanza, sempre in contrada san pietro (samperi), è venuta alla luce una necropoli ellenistica la cui fase di vita si colloca tra il IVed il III sec. a.C. Al di sotto dello strato superficiale di accumulo si sono evidenziati i resti di un insediamento medievale cui la Chiesa di San pietro probabilmente faceva parte. Bibliografia essenziale: CONTINO 1993; SALAMONE CRISTODARO 1987, pp. 13(20; TULLIO1993, pp. 5(24; TULLIO et alii 2005, pp. 15(18; (fig. 14) Localizzazione: da Isnello si svolta al km 23 della sp 9 bis a sinistra e si percorre una mulattiera fino a scorgere i ruderi della chiesa. Toponimo: contrada giacchino. Microtoponimo: contrada giacchino. Altitudine: 650 m s.l.m. UTM: 33SVB115983. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 6 ) ) 27 8 # & Descrizione: la chiesa orientata e(o resta visibile nella sua volumetria solo nella parte nord ed in una porzione del lato est dove si individuano i resti di una nicchia o abside semicircolare a destra della quale resta un ampio tratto del catino absidale (figg. 15(16). 29 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 28 , Ampi tratti murari pertinenti alla struttura sono affioranti lungo il perimetro ma quasi del tutto coperti dalla vegetazione di tipo avventizio.L’ edificio è realizzato in blocchi parallelepipedi di calcare, sistemati in filari orizzontali, alternati in modo casuale a pietre di medie e grandi dimensioni appena sbozzate e diversi frammenti di tegole negli interstizi (fig. 17). - Il tutto è legato con poca malta ma a seguito dell’uso continuativo della struttura si riscontra, in diverse parti, un ampio uso di cemento. L’ingresso originario, ad ovest, è articolato in due aperture che immettono in un endonartece di cui resta parte del pilastro occidentale. Il lato nord è servito da due ingressi: uno ora tamponato http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 29 all’interno del nartece ed uno nell’aula di culto. Una nicchia rettangolare (70X74X100 cm) è ricavata nella muratura, sicuramente funzionale al culto, reca tracce di intonaco (fig. 18). .= ) B La stessa è oggi occupata nel suo volume da una serie di blocchi di forma rettangolare allettati con cemento. Nell’aula di culto si trovano infine i resti di una struttura realizzata in età moderna il cui muro occidentale si appoggia sul lato interno della chiesa medievale e non contribuisce ad una lettura completa dell’edificio antico. Allo stato attuale non risulta alcuna traccia del pavimento, coperto con tutta probabibilità dalla fitta vegetazione. Di particolare interesse è la presenza di alcuni lacerti di affreschi a soggetto religioso. Si trovano nella parete interna, in prossimità dell’alloggio quadrangolare ed i soggetti riconoscibili sono costituiti dalla parte inferiore di due figure in tunica e manipolo all’interno di una cornice (fig. 19). Bibliografia essenziale: SAMONÀ 1935, pp. 6(7; VIRGA 1878. 3 3 (fig. 20) Localizzazione: sentiero di 1.7 km a S(O del paese percorribile a piedi o in auto. Toponimo: Vallone San Giorgio. Microtoponimo: San Giorgio. Altitudine: 667 m s.l.m. UTM: 33SVC089012 / http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo !0 ) ) 30 3 Descrizione: l’edificio orientato NO(SE presenta un unico ingresso a nord ed è diviso internamente in tre navate che si concludono in absidi semicircolari. Quella centrale è grande circa il doppio delle laterali e presenta un’ unica apertura a sesto acuto a circa 3,5 m dal piano di calpestio. L’ingresso è sormontato da un arco a triplice ghiera segnato in alto da una cornice a cilindretti sfalsati. Nella muratura, ai lati dell’ingresso, sono scolpiti due capitelli: quello di sx con motivo di cespo di foglie (fig. 21) e quello di dx con ordito geometrico e volute (fig. 22) ! http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 31 !! Sopra l’arco, in facciata, restano i piedritti di due archi che forse facevano parte di un protiro d’ingresso. sempre nella parte alta della facciata, speculari all’ingresso per circa 5 m sono due aperture circolari. Anche in controfacciata sono i resti dei piedritti degli archi che dividevano l’aula in tre navate. Sono presenti ampi tratti del pavimento originario costituito da irregolari lastre calcaree. sul lato est si aprono sei monofore mentre ad ovest sono sette. sul fianco esposto ad est inoltre si trovano due ingressi, con arco a sesto acuto, a metà ed in prossimità dell’abside sinistra che si conserva per circa un terzo della sua estensione. Dell’apertura mediana si conservano anche gli otto gradini d’ingresso in calcare e di forma rettangolare. Nelle absidi rimangono ampie tracce dei risparmi lungo i muri che dovevano costituire l’alloggio per le colonne (fig. 23). ! + 8 ) http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 32 Due pilastri realizzati in blocchi squadrati dividono le absidi; quello di destra è conservato nella sua interezza perchè sfruttato come appoggio per un muro successivo che fa parte di una struttura rettangolare per il ricovero di animali che ingloba l’abside destra. L’ingresso dell’ambiente è a nord preceduto da cinque gradini poichè il piano è soprelevato di circa 1 m rispetto alla chiesa. Al suo interno sul lato sinistro sono due grandi aperture rettangolari e strombate ora tamponate ed una terza apertura quadrata più piccola (fig. 24). !6 8 8 Il tetto, conservato in parte, ha un’intelaiatura lignea sulla quale sono poggiate delle tegole. nella parte alta dell’abside l’intonaco scrostato evidenzia la tecnica costruttiva in filari di piccoli blocchi di calcarenite alternati a frammenti di mattoni o tegole (fig. 25). !2 > http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 33 Tornando alla chiesa, nella parte interna del muro est, in prossimità dell’ingresso, sono resti di decorazioni geometriche incise su intonaco e campite in rosso. Passando al retro, solo l’abside centrale risulta emergere mentre le laterali sono nascoste da un muro rettilineo. Sia quest’ultimo che il muro dell’abside principale presentano una partitura movimentata da lesene appiattite. L’imposta di un arco si nota chiaramente sul lato sud. Il presbiterio è realizzato in blocchi squadrati di calcarenite così come tutte le aperture mentre il resto della chiesa in pietre calcaree di medie dimensioni unite da malta. Ad ovest della chiesa (circa 50 m) è presente un grande serbatoio per le acque, di forma poligonale utilizzato per convogliare la portata di un piccolo torrente. Alla base del lato occidentale dell'edificio si intravedono una serie di muri, disposti con diversi orientamenti, i cui rapporti con la chiesa non sono chiari a causa di una vegetazione avventizia costituita principalmente da edere e rovi. Tutte le creste dei muri sono ad un livello inferiore rispetto al piano di calpestio della chiesa. A circa 15 m dallo stesso lato occidentale corre un muro parallelo alla chiesa alto 60(90 cm che potrebbe costituire il limite di un terrazzamento o un contenimento per le strutture che si trovano tra il suddetto muro e la chiesa. L’edificio costituisce ciò che resta del priorato di San Giorgio di Gratteri che aveva una sua autonomia all’interno della diocesi di Cefalù. All’esterno della chiesa sul lato occidentale, la presenza di muri affiornanti realizzati nella stessa tecnica costruttiva della chiesa può essere indice della presenza delle strutture del priorato che non si sono conservate altrettanto bene come la chiesa. La presenza di un muro trasversale che si lega all'angolo nord( occidentale della chiesa potrebbe essere indizio che gli spazi del priorato fossero legati strutturalmente alla chiesa anche se non vi sono altri segni che questo (fig. 26). !, ) ( Sul lato est, all’esterno, si trovano degli scassi quadrati per travi sia sopra la prima apertura che ai lati della seconda forse segno della presenza di un portico. Il ricovero per animali che occulta l’abside destra ha sicuramente avuto due fasi di vita: una prima corrispondente alle aperture rettangolari strombate ed una seconda, dopo la loro tamponatura, quando è stata aperta una finestra più piccola sullo stesso lato. Altre informazioni: nel terreno tutt’intorno alla chiesa si raccolgono diversi frammenti reperti archeologici tra cui si riconoscono ceramiche invetriate e smaltate ed anche coppi a superficie striata, segno della frequentazione del luogo probabilmente già dal VI(VII secolo. Bibliografia essenziale: BRUNAZZI 1989, pp. 378(386 DI STEFANO 1979, pp. 34(35 e pp. 55(56; ORSI 1929, p. 217; SAMONÀ 1935, p. 22; SCHWARZ 1946, pp. 63(64; WHITE 1984, pp. 316(317. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 34 Analizzando nel complesso il lavoro possiamo giungere ad alcune considerazioni sia di carattere storico che archeologico. Il censimento di circa 150 evidenze documentarie e materiali ci pone di fronte al problema di verificare ed individuare le linee evolutive dell’insediamento tra la fine dell’età tardoantica ed il periodo svevo. Scendendo nel dettaglio il territorio oggetto dello studio presenta ad oggi due principali fasi nella storia dell’insediamento: la prima alla fine dell’età tardoantica tra il VI ed il VII, e la seconda nella piena età normanna e l’età di Federico II. Si presenta inoltre una certa difficoltà relativa alla sostanziale differenza delle informazioni in nostro possesso per i due grandi periodi storici; tutte le UT censite per il VI(VII secolo (ben 59) derivano da testimonianze materiali con la totale assenza di dati storiografici, mentre le UT di XI(XIII (ben 98) sono note, quasi esclusivamente, da notizie riportate nella diplomatica medievale ed in generale dalle fonti archivistiche. Come già ampiamente discusso, si ricorda che gli studi di topografia nel nostro territorio si contano sulle dita di una mano, e che sono concentrati nella valle del fiume Imera e dei suoi affluenti. Per le altre zone si è davanti ad un terreno vergine in attesa di essere esplorato in modo sistematico e le cui informazioni potranno colmare il vuoto di conoscenza che attualmente abbiamo. Tornando all’età tardoantica le evidenze archeologiche mostrano la probabile specializzazione nella distribuzione dell’insediamento; si va dai grandi insediamenti o fattorie, noti già in precedenza, come le UT 2, 3, 12, 15, 16, 17, 19, 20, 22(24, 26, ed altri ancora, alle testimonianze che presentano una continuità di vita o una rioccupazione in età medievale delle UT 1, 12, 18, 25, 32, 34, 36, 43, 44, 117. In tutti i casi si tratta di località i cui indicatori cronologici principali sono costituiti dalla terra sigillata africana di tipo D, da anfore e da coppi a superficie striata che spesso costituiscono l’unica testimonianza di antichi luoghi d’abitazione o lavoro. Interessante è poi la presenza di UT che definiamo “d’altura” per la semplice localizzazione geografica a quota piuttosto elevata come ad esempio le UT 116, 117, 133(138. Si tratta di frequentazioni, in linea con la realtà dell’insediamento sparso di età tardoantica, che si pongono in posizione privilegiata ad una quota notevole rispetto all’area circostante. Sicuramente aree non dedite alla coltura monocerealicola ma caratterizzate da una produzione diversificata che sfruttavano le risorse legate al bosco ed alla pastorizia. La presenza di anfore tardo antiche di produzione africana poneva comunque questi luoghi all’interno dei traffici commerciali. Per quanto riguarda i periodi storici successivi sono 7 e UT di VIII(IX secolo, tutte nell’area della Valle dell’Imera oltre a Cefalù e Caltavuturo. Alle cronache della conquista arabo(musulamana risalgono ancora Caltavuturo (UT 66), Collesano (UT 53), Qal’at as(sirat (UT 54), Sclafani (UT 76) e Cefalù (UT 143). È probabile che la nascita della diocesi nel corso dell’ VIII secolo abbia influito molto sulle dinamiche insediative dell’area madonita ma ci sfugge la consistenza materiale di questi insediamenti. Le diocesi di Termini ed Alesa non sopravvivono alla conquista mentre quella di Cefalù sembra sopravvivere almeno fino alla seconda metà del IX secolo, quando è attestato il vescovo Niceta, il cui nome chiaramente greco, ci permette di avanzare qualche considerazione riguardo alla presenza bizantina nel territorio oggetto dello studio. Sono infatti numerosi gli agiotoponimi di natura greca presenti nel territorio quali San Nicola, San Calogero, Sant’Anastasia, San Giorgio, San Basilio ed altri ancora che potrebbero indicare la presenza bizantina almeno fino alla fine del IX secolo. Inoltre una delle UT, la 13, indica la presenza del culto di San Giacomo (attuale Santa Maria degli Angeli di Montemaggiore) con la testimonianza di un’epigrafe in caratteri greci. Le altre attestazioni, per i secoli altomedievali, riguardano città arroccate che potevano garantire una maggiore difesa ma ci sfugge la conoscenza dell’insediamento rurale di tipo sparso. Tra questi centri solo Cefalù (UT 143) e Caltavuturo (UT 66) sono menzionati nel IX secolo, probabilmente perché posti sulla direttrice di attraversamento verso l’interno e verso Enna, luogo strategico fondamentale. Anche per il X secolo i dati archeologici e documentari sono scarsi nonostante un’importante fonte sulla storia del popolamento quale il rescritto del califfo fatimida Mu’izz. Questo prevedeva la costruzione di una città fortificata in ognuno dei distretti in cui era divisa l’isola, dove la popolazione sparsa per le campagne potesse essere concentrata, e dove una moschea principale sarebbe stata un punto di aggregazione e controllo. Il supporto archeologico a queste affermazioni è praticamente assente ma siamo comunque informati che l’abitato sparso fosse la principale forma insediativa. La stessa considerazione va fatta per l’età normanna che aggiunge a queste scarne informazioni una mole di dati in gran parte ancora da verificare. Come supposto già per altri luoghi della Sicilia, è probabile che la maggior parte degli abitati noti in questo periodo fossero fondazioni più antiche144. La presenza di toponimi in rahal (UT 84) o di chiara derivazione araba Il dato è ampiamente verificato nell’area dello Jato e del Bèlice destro in Sicilia ocidentale: cfr. ALFANO – SACCO 2014. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 35 come Amballut (UT 77) ci può essere d’aiuto nel ricostruire la storia del territorio, ma bisogna procedere con cautela poiché nulla vieta di pensare che siano da attribuire ad iniziative di popolamento di età normanna: ciò perché la compagine sociale del periodo prevedeva una notevole presenza di musulmani così come ebrei e ortodossi. Le circa 90 UT di questo periodo, divise tra abitati, castelli, chiese e mulini ci informano di un territorio popolato in maniera capillare in cui alla rete insediativa corrispondeva una efficace rete stradale. Questa favoriva la penetrazione verso sud (la cosiddetta strada di Polizzi di un documento del 1145) o gli attraversamenti trasversali dalla valle del fiume Torto verso l’area centro(meridionale delle Madonie per mezzo della magnam viam Francigenam Castrinovi, già nota nel 1096. Accanto ai centri fortificati, sede dei diversi poteri feudali (UT 6, 67, 71, 85, 87, 143), si pongono gli abitati di carattere aperto basati sullo sfruttamento agricolo o sulle risorse legate al bosco (UT 65, 68, 73, 77(84, 86, 89(91). Diversi risultano poi i mulini, importanti anche per la gerarchia ecclesiastica che ne possedeva molti. Tra questi solo quelli ricadenti nell’area di Polizzi possono essere attribuiti con buona probabilità ad età normanna (UT 93, 94, 95) mentre per gli altri disponiamo di attestazioni documentarie (UT 139(142) o di strutture posteriori che forse ricalcano le antiche (UT 109, 112). La novità più consistente, ed anche più importante per le caratteristiche dell’insediamento rurale, è la diffusione di fondazioni religiose. Le stesse sono distribuite in maniera eterogenea in tutto il territorio diocesano e costituiscono un importante strumento di controllo del potere, favorito in ogni modo dai feudatari, che dispensano beni e risorse per garantirsi favori ecclesiastici. La stragrande maggioranza delle fondazioni risponde al rito latino, segno della grande impronta territoriale che la politica normanna aveva voluto per l’intera isola. Per la verità le fondazioni sotto il controllo diretto della diocesi di Cefalù sono poche (UT 51, 82, 101, 102, 103, 106, 123, 124, 126, 127) mentre abbiamo già visto come altre istituzioni religiose posseggano diversi centri religiosi, come la diocesi di Lipari(Patti cui appartiene la chiesa di Sant’Elia (UT 144) o l’Abbazia della Santissima Trinità e San Michele Arcangelo di Mileto che possedeva le chiese di Sant’Anastasia (UT 99), Santa Barbara (UT 118), San Cosma e Damiano (UT 120) e San Giovanni (UT 51); Quel che risulta è che l’organizzazione territoriale riflette una varietà sociale molto differenziata, frutto dell’ottima politica di controllo della monarchia normanna e delle rigide disposizioni delle gerarchie ecclesiastiche. Con l’inizio dell’età federiciana subisce profonde trasformazioni anche l’assetto territoriale in cui gli abitati che si possono considerare minori tendono a scomparire, mentre si fortificano i centri posti in posizione privilegiata. In particolare i casali di Alcusa (UT 62), Bacco (UT 65), Coscasino (UT 68), Bonifato (UT 79), Cassaro (UT 80) Gulfa (UT 83), Raciura (UT 86) e Burgitabis (UT 50), individuabili, se si esclude l’ultimo, lungo il fiume Torto, scompaiono dalla documentazione archivistica entro la metà del XIII secolo. L’unico centro della valle del Torto che ancora resiste è Montemaggiore (UT 72) nel cui territorio si riscontrano diverse altre attività (UT 1, 4, 5, 12, 14), la presenza della chiesa cluniacense di Santa Maria (UT 13) e del Castellum di Monte Roccelito (UT 6) che conferisce all’area la natura di centro privilegiato. Di contro, alla sparizione di questi centri, altri assumono un ruolo più importante testimoniato anche dalla presenza di diversi centri religiosi. Il tipo di abitato che si viene a delineare è quello di dimensioni medio(grandi, fortificato ed in possesso di potenti famiglie feudali, che dalle fonti è noto come terra. La floridezza di questi centri, tutti nel massiccio montuoso delle Madonie, si ripercuote nella presenza di fondazioni religiose garanti della latinizzazione dei luoghi. È possibile che le rivolte musulmane che caratterizzano la Sicilia occidentale in questo periodo abbiano coinvolto anche il territorio madonita e la popolazione si fosse spostata presso i centri più grandi. A tal proposito è interessante ricordare come i centri a resistere siano quelli tenuti sin dall’inizio dalla feudalità normanna che aveva garantito la latinizzazione dei territori. Collesano (UT 53), Caltavuturo (UT 66), Gratteri (UT 69), Polizzi (60), Scillato (UT 75) e Sclafani (UT 76) sono gli abitati principali di questo territorio che rimarranno floridi per tutto il basso(medioevo, favoriti dalla politica della famiglia Ventimiglia. È probabile che in alcuni casi l’uso delle fonti sia stato un po’ ingenuo, anche se, in mancanza di riscontri archeologici, non si possono fare ipotesi più precise sulla conoscenza del territorio in età medievale. Si spera di poter approfondire la ricerca sul campo anche solo in aree campione che già dalle prime indagini si sono rivelate interessanti, come quelle intorno alla valle del torrente Isnello. Occorre quindi verificare sul terreno ciò che si è conservato, sia per chiarire i problemi cronologici che di storia dell’insediamento, al fine di sottoporre a tutela un patrimonio comunitario che altrimenti andrebbe perso. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo - 2/2016 A. Alfano, La diocesi di Cefalù tra alto e basso medioevo 36 ' AA. VV. 1985(1989, La basilica Cattedrale di Cefalù. Materiali per la conoscenza storica e il restauro, voll. 1(8, Palermo. AA. VV. 1997, Archeologia e Territorio. Palermo. AA. 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