AEROPORTO COME RISERVA 1
Sara Favargiotti
>UNIGE
Negli ultimi due secoli, la società ha introdotto un nuovo mezzo di trasporto ogni cinquant’anni: navi, treni, automobili e aeroplani. Tutti questi
hanno influenzato in modo significativo le trasformazioni del territorio e
gli sviluppi urbani. Tuttavia, gli aeroporti, più di altre strutture, stanno manifestando un’obsolescenza precoce rispetto alle precedenti infrastrutture
che comporta una complessità di problemi non solamente legata ai sistemi della mobilità e del trasporto. L’obsolescenza, dal latino obsolescere
ovvero «logorarsi, andare in disuso»,2 è lo stato che si verifica quando un
oggetto, una struttura o un servizio non è più utilizzato, anche se in stato
di funzionamento e ancora in buone condizioni. Il termine "obsoleto" fa
quindi riferimento a qualcosa che è già in disuso, scartato o superato, per
usura naturale o indotta da una pianificazione voluta. Spesso, nei prodotti
commerciali, l’obsolescenza si verifica perché l’acquisto di un nuovo prodotto genera più vantaggi rispetto alle difficoltà insite nella sostituzione di
singole parti. In questo senso, l’obsolescenza è in genere preceduta da un
graduale declino in popolarità. Il concetto fu elaborato nel 1930, quando
l’imprenditore Bernard London iniziò a sostenere che l’unico modo per
rivitalizzare l’economia dal collasso economico del 1929 dovesse essere
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A place to live… Ex-aeroporto Maurice Rose, Frankfurt am Main, Bonames, Germania, 2015
[Foto: Sara Favargiotti]
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quello di stimolare i consumi. Con questo intento, propose di fare dell’obsolescenza programmata una pratica commerciale per limitare volutamente la vita dei prodotti e, di conseguenza, per favorire il consumo di
nuovi. Nel 2011, riferendosi a tale prassi, Cosima Dannoritzer afferma che
i prodotti sono intenzionalmente progettati per avere una durata prestabilita. Nel suo documentario, infatti, indaga scientificamente come i produttori adottino questa pratica nel ciclo di vita di un prodotto per aumentarne
il consumo, con relativi impatti significativi sull’economia globale e ambientale. Per opporsi alle dinamiche indotte dall’obsolescenza programmata, Serge Latouche sottolinea la necessità di un cambio di mentalità:
un cambio culturale in cui riuso e riciclo possono generare nuovi usi e
"seconde vite" per molti oggetti.3
Oggetti specifici possono diventare funzionalmente obsoleti quando non
funzionano secondo le modalità per cui sono stati creati. La stessa cosa
accade per le infrastrutture, e in maniera significativa per gli aeroporti,
ovvero quando diventano inadeguati a mantenere operative le attività di
volo a causa di problemi spaziali, tecnici o ambientali. Sempre più spesso
questo avviene per aeroporti di recente costruzione, realizzati per scopi
principalmente economici o politici piuttosto che per reali esigenze di trasporto, e che ora si trovano in uno stato on-hold.
Tale obsolescenza precoce si porta dietro problematiche più complesse di
tipo tecnologico, economico ed estetico. Ci troviamo quindi di fronte a uno
slittamento di approccio: da una "obsolescenza programmata" a una "pianificazione dell’obsolescenza" per infrastrutture aeroportuali on-hold.4 Il
progetto per l’aeroporto Maurice Rose5 mostra chiaramente come la riconversione del campo d’aviazione esistente in un parco urbano ri-naturalizzato possa offrire nuove attività economiche e sociali per la valorizzazione
degli ambienti ecosistemici locali. Questa reinterpretazione del paesaggio aeroportuale permette quindi di capire il passo cruciale che molti aeroporti di piccole e medie dimensioni possono offrire: tali infrastrutture
on-hold possono essere rigenerate e possono trasformarsi in uno spazio
nuovamente di supporto per le città, diventando un luogo da vivere ovvero
a place to live before a place to leave.
La seconda vita degli aeroporti
Molti aeroporti abbandonati sono già tornati a essere parte integrata e
integrante del tessuto urbano, inglobati dall’espansione della città. Altri
sono rimasti isolati dalla città. Gli aeroporti on-hold, invece, si trovano in
situazioni più marginali rispetto al contesto urbano. Queste "categorie di
centralità" sono intese rispetto al sistema di flussi e di uso del suolo, piuttosto che a una vicinanza fisica e geografica alla città: gli aeroporti possono essere inglobati, isolati o marginali rispetto a un sistema di centralità,
flussi e attrattori che determinano il valore territoriale. Questa premessa
diventa rilevante nel pensare strategie di attivazione della seconda vita degli aeroporti. Per quelli che non si trovano al centro di un processo di trasformazione della città, in quanto isolati nonostante la città si sia espansa,
c’è bisogno di una "iniezione" di nuove funzioni centrali. Per quelli che
invece sono marginali e possono essere rapidamente raggiungibili dalla
città, la riattivazione appare come un processo più lineare. La condizione temporanea dell’aeroporto on-hold consente proprio questo, ovvero la
possibilità, per le infrastrutture aeroportuali esistenti, di trasformare lo
stato di indeterminatezza e sospensione in un’opportunità per iniziare una
seconda vita, valorizzando il loro potenziale attraverso diverse strategie di
rinnovo che lavorano con le prestazioni specifiche di ciascun caso.
A scala globale esistono numerosi progetti e sperimentazioni che mostrano diverse possibilità di attivazione della seconda vita degli aeroporti a
partire dalla lettura che Sonja Dümpelmann definisce come Airport Afterlives.6 Una situazione che si osserva è quella inerente ai molti aeroporti
(soprattutto militari) che, dopo la loro dismissione, rimangono inutilizzati
e in stato di abbandono per anni. A causa della crescita della popolazione
e della forte domanda di nuove abitazioni, molti di questi aeroporti sono
stati trasformati e organizzati per ospitare nuovi quartieri urbani: partendo dalla trasformazione delle infrastrutture tecniche (pista di atterraggio,
strade di servizio) nelle strade di scorrimento di questa nuova parte di
città, lo sviluppo urbano procede con la costruzione di nuove case, servizi
pubblici e commerciali, uffici e parchi urbani.
Si tratta di vaste aree ben collegate alle città vicine, tuttavia la memoria
dell’aeroporto viene quasi totalmente cancellata. Questo è il caso di Stapleton City in Colorado o di München Riem in Germania. In altri casi, gli
aeroporti stessi si trovano in una condizione che non permette più la loro
espansione o crescita perché la città li ha oramai raggiunti. Aeroporti che
un tempo si trovavano lontano dalle città consolidate, sono stati inglobati
dal contesto urbano diventando centralità non solo fisico-spaziali ma anche per la localizzazione di nuove funzioni.
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Questa condizione ne ha spesso semplificato la trasformazione in parchi urbani pubblici, come chiaramente dimostrato da Tempelhofer Park a
Berlino o da Downsview Park in Canada. Infine, la proliferazione di compagnie low-cost ha promosso e rivitalizzato molti aeroporti secondari o militari. Dopo la dismissione del dopoguerra, numerose strutture di piccole e
medie dimensioni sono rimaste inutilizzate per anni fino a quando alcune
autorità locali hanno deciso di investire nella loro riconversione. Il ruolo
fondamentale di questi aeroporti come hub strategici del nuovo modello di
aereo low-cost e la loro stessa struttura di dimensioni contenute ma ben
collegata, li ha resi infrastrutture aeroportuali cruciali su scala locale ed
europea.
Questi processi hanno altresì generato una rapida trasformazione dell’uso del suolo e della rete di infrastrutture connesse al trasporto terrestre.
L’aeroporto di Stoccolma-Skavsta in Svezia e quello di Liegi in Belgio
sono solo due dei numerosissimi esempi europei che hanno subito questo processo di trasformazione. Questi aeroporti mostrano inoltre come
l’integrazione di nuove attività economiche, culturali e ricreative abbiano contribuito al rinnovamento attivo e dinamico dei territori circostanti,
adducendo effetti positivi alle attività locali coinvolte. Così, gli aeroporti
low-cost sono considerati punti di riferimento nel territorio e importanti
elementi per lo sviluppo di economie locali.
Nel paese degli aeroporti
Ci si sta allontanando dall’atteggiamento moderno di dominazione e sottomissione dei territori che ha caratterizzato i decenni precedenti e le
tendenze contemporanee. Soprattutto quando si affrontano progetti infrastrutturali o post-infrastrutturali, l’attitudine contemporanea ambisce
a un atteggiamento di comprensione e di equilibrio con la condizione urbana, paesaggistica ed ecologica che è stata ereditata: una sorta di espiazione per gli eccessi del passato, per «risvegliare questi posti perduti e
scuoterli dal loro sonno».7 In questo contesto, è possibile delineare alcune tendenze che sembrano guidare gli scenari futuri: la tecnologia che
tende sempre più a una personalizzazione del trasporto, il paesaggio che
recupera e compensa ciò che è stato distrutto, il riciclo come paradigma
per rinnovare ciò che è stato abbandonato e che è in cerca di un nuovo
significato. Tuttavia, dalle prime ricerche sugli aeroporti sembrano non
esserci state evoluzioni significative nelle modalità di trasporto ma non si
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può escludere che in un futuro la tecnologia possa portare a nuovi cambiamenti. Si tratta di un tema mutevole e quello che risulta più evidente
sembra essere uno scarto nell’evoluzione tecnologica. Da un lato, quindi,
le questioni sono ancora aperte.
Gli aeroporti sono anche caratterizzati da elementi in opposizione: sono
isolati ma collegati alle città, sono spazi vasti ma delimitati, e integrano
funzioni di trasporto con servizi urbani. Molte di queste strutture diventeranno obsolete, molte verranno utilizzate per altre funzioni e molte inizieranno nuovi cicli di vita generando un’attrattività diversificata per città,
paesaggi e territori. Proprio per questo diventa interessante mantenere
la grande estensione dei campi di aviazione per scopi che ancora non conosciamo. Forse, in futuro, ci saranno mezzi aeronautici differenti, che
non possiamo ancora immaginare oggi. Forse, nei prossimi decenni, si
scoprirà un modo per produrre energia che richiederà grandi spazi. Non
si può prevedere. Allo stesso tempo, se l’aeroporto si dovesse, per esempio, trovare in un’area con grande pressione di urbanizzazione e richiesta
per un nuovo sviluppo urbanistico, forse questo spazio potrebbe essere
riutilizzato. Se così non fosse, una possibilità potrebbe essere quella di
non riusare o riciclare l’area, ma di tenerla come riserva, in attesa di nuovi
cambiamenti.
Nel paese delle ultime cose diventa quindi importante salvare gli aeroporti,
non solo quelli abbandonati e inutilizzati in cerca di nuova identità, ma
anche i numerosi aeroporti on-hold che sono già in uso ma poco operativi
e improduttivi. Tutti questi, infatti, sono occasioni per la città che non vanno sprecate per riattivare le potenzialità insite nel sistema aeroportuale,
anche prima che questo entri definitivamente in declino.
Gli aeroporti possono quindi essere considerati prototipi per la sperimentazione di un approccio urbano che porta verso infrastrutture resilienti.
Partendo dai margini e reinterpretando gli aeroporti attraverso una resilienza creativa, si devono cercare alternative per un loro adattamento ad
ambienti in continua evoluzione. In questo senso, gli aeroporti vanno salvati in quanto riserve di spazio e di energie per generare nuovi paesaggi,
per ripristinare ecologie, per la produzione di cibo, per l’allevamento, per
la gestione delle acque, per nuovi sviluppi urbani, per ricalibrare attività,
per riattivare processi, anche temporanei.
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IL LAGO DELL'EX-SNIA VISCOSA
Note
1. Questo testo nasce come una riflessione
specifica a partire dal tema trattato nella
tesi di dottorato dell’autrice, intitolata Airports On-hold. Toward Resilient Infrastructures che indaga la condizione di "transitorietà" come potenzialità per infrastrutture
obsolete, con un’attenzione specifica per gli
aeroporti.
2. Vocabolario Treccani, dizionario della lingua italiana, edito dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, treccani.it, 2015.
3. Si fa riferimento alla conferenza di Serge
Latouche tenutasi a Genova, il 5 marzo 2014,
e al suo libro Usa e getta. Le follie dell’obsolescenza, Bollati Boringhieri, Torino 2013.
4. In Italiano la traduzione letterale di onhold non trova una corrispondenza esatta.
Potrebbe essere tradotta con l’espressione
"in attesa" che rende la condizione fisica degli aeroporti cui fa riferimento, ma non restituisce l’interpretazione concettuale insita
nella formula inglese con cui è stata concepita. Infatti on-hold è diversa da espressioni
simili come stand-by o in pause che esprimono un significato passivo. La preposizione
"on", implica un’azione attiva, ovvero rivela
un embrione di attivazione positiva. Occuparsi di aeroporti on-hold significa quindi
intervenire su infrastrutture che hanno ancora un embrione di vita che può essere attivato o riattivato, per le quali il ciclo di vita
non si è ancora concluso. Si fa riferimento a
una fase di transizione e in questo senso, lo
stato di indeterminatezza di questi aeroporti
potrebbe divenire un’opportunità. Pertanto
il termine on-hold viene utilizzato in lingua
inglese per tutto lo sviluppo del testo.
5. Progetto per il campo di aviazione Maurice Rose presso Frankfurt am Main, Bonames, Germania. Progettisti: GTL Landschaftsarchitekten, 2002-2004.
6. La mostra Airport Landscape, curata da
Charles Waldheim e da Sonja Dümpelmann,
raccoglie casi, progetti e pratiche di aeroporti operativi e dismessi e riutilizzati, in siti
e aree specifiche. La mostra è organizzata
in due grandi categorie tematiche: aeroporti
operativi e Afterlives. I progetti inclusi nella sezione Airport Operations interpretano
il ruolo del paesaggio come strumento per
progettare e disegnare aeroporti tuttora attivi e operativi. I progetti presenti nella sezione Airport Afterlives, invece, descrivono
il ruolo del paesaggio come strumento per
immaginare e progettare il futuro di aeroporti abbandonati. Airport Landscape: Urban
Ecologies in the Aerial Age Exhibition, 30 ottobre – 19 dicembre 2013, Harvard University,
Graduate School of Design, Cambridge.
7. Kurt W. Forster, La luce alla ine…, in:
AA.VV., Le Gallerie-Piedicastello (Trento) –
The Trento Tunnels. Tunnel REvision, Catalogo della 12. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, 2010, pag. 55.
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Romolo Ottaviani
>UNIROMA
Il presente contributo guarda ai nuovi cicli di vita per spazi, elementi, brani
della città e del territorio, e quindi al riciclo, a partire da un approccio epistemologico cibernetico1 e riflettendo sul territorio come esito di pratiche
interattive che lo ridefiniscono come "bene comune", sia attraverso un
processo continuo e creativo capace di rimettere in circolazione l’heritage (reinterpretandolo e andando quindi oltre la tradizione e la ripetizione
meccanica di forme, tipi e regole), sia attraverso il riconoscimento di valori
di esistenza che, a differenza delle "risorse" (in balia dei cicli di civilizzazione), travalicano l’uso che una generazione o una civiltà può farne e
fondano la possibilità di produrre ricchezza durevole e valore aggiunto.2
Il contributo sceglie pertanto di salvare e di consegnare all’archivio di
Memorabilia un esempio riconducibile a una pratica sperimentale di progettazione e pianificazione interattiva ascrivibile all’ambito delle pratiche
efficaci che, attraverso strategie di democrazia partecipativa, mirano alla
costruzione sociale e condivisa del futuro di un luogo, nonché delle regole
per la sua trasformazione e riproducibilità secondo un principio di autogoverno e sostenibilità.
Il lago dell’ex-Snia è a mio avviso un importante esempio da portare nel
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