Domus
Augustana
Natascha Sojc (Hrsg.)
Neue Forschungen zum ‘Versenkten
Peristyl’ auf dem Palatin
Investigating the ‘Sunken Peristyle’
on the Palatine Hill
© 2012 authors
Published by Sidestone Press, Leiden
www.sidestone.com
ISBN 978-90-8890-040-2
Lay-out: P.C. van Woerdekom, Sidestone Press
Cover design: K. Wentink, Sidestone Press
Photograph cover: Front: P. Tekiel/Dreamstime.com; texture: R. Kilian
C ONTENTS
Dank
7
Acknowledgements
9
Introduction: Research on the sunken peristyle of the Domus Augustana
11
Natascha Sojc
Die bauliche Entwicklung des Versenkten Peristyls der Domus Augustana –
Erste Ergebnisse der bauforscherischen Untersuchung
47
Jens Pflug
La Domus Augustana inferiore: Organizzazione del cantiere e principali fasi
costruttive
79
Evelyne Bukowiecki
Foundations in opus caementicium and their building process in the imperial
architecture of the Palatine: Typology as a means of dating in a local system
107
Martin Fink – Pierre Wech
Das zweigeschossige Peristyl der Domus Augustana: Untersuchung der SteinBauteile und Rekonstruktion der Portiken
139
Clemens Voigts
Ninfei e latrine
185
Andrea Schmölder-Veit
Mörtel in Nymphäen der Domus Augustana
219
Andrea Schmölder-Veit – Ralf Kilian
Le incrostazioni marmoree nel peristilio inferiore della Domus Augustana
229
Tobias Bitterer
Vergleichende Untersuchungen an den Mörteln der Bauphasen 2-6 im
Fassadenbereich der Domus Augustana
249
Ralf Kilian
Die Bedeutung der neuen Erkenntnisse zum Versenkten Peristyl der Domus
Augustana für den südöstlichen Teil des Kaiserpalastes
Ulrike Wulf-Rheidt
259
NINFEI
E LATRINE
Andrea Schmölder-Veit
Introduzione
Il piano inferiore della Domus Augustana ospita un grande numero di ninfei in
uno spazio relativamente ridotto1. Tale frequenza inusuale di giochi d’acqua, è
dovuta al fatto che a partire dall’epoca tardo-flavia, ciascuna delle quattro corti
interne, che illuminavano e areavano gli ambienti circostanti, era ornata da una
fontana (fig. 1). Tutte le strutture erano costituite da grandi bacini che occupavano per intero le superfici dei cortili, ma a parte questa caratteristica comune, le
modalità di costruzione, le diverse forme scelte per le vasche, per i rivestimenti,
e per il sistema di afflusso delle acque, dettero agli impianti un aspetto molto
diversificato. Come è giusto aspettarsi in una residenza imperiale, tutte le fontane
sono allestite in forme di qualità molto elevata e devono perciò essere definite
Fig. 1. Locazione dei bacini nel
peristilio inferiore.
1
I presenti risultati sono parte del lavoro svolto grazie alla borsa di studio, per il progetto “Wasser
auf dem Palatin – Zu Verwaltung und Gestaltung der kaiserlichen Residenzen” (L’acqua sul
Palatino – Sull’amministrazione e la struttura delle residenze imperiali), sostenuta dal DAI. Si
ringrazia Letizia Abbondanza per la traduzione del testo.
Schmölder-Veit
185
ninfei2, ma oggetto della presente ricerca non è solo la ricostruzione della loro
decorazione e degli elementi dell’allestimento, bensì anche gli aspetti tecnici del
sistema di afflusso e deflusso delle acque, così come le modifiche architettoniche e
le ristrutturazioni. Lo stesso vale anche per le due latrine, che dal II secolo d. C.,
sono in uso al piano inferiore. Ciò ci consentirà di disegnare un quadro completo
dei singoli ninfei e delle latrine ma anche della loro connessione con gli ambienti
circostanti.
Le indagini necessarie si sono basate su verifiche autoptiche e su ripuliture in
loco, integrate dalla documentazione fotografica di scavo conservata nell’Archivio
della Soprintendenza Archeologica di Roma, e i risultati saranno poi confrontati
con i più recenti rilievi architettonici del Dipartimento di Architettura del DAI4.
Le ricerche del nostro team su bolli laterizi e fasi edilizie, applicate agli impianti
in esame hanno permesso la costruzione di una cronologia relativa5, e, combinate
con l’analisi degli intonaci, guidate dal restauratore Ralf Kilian, hanno condotto
ad una cronologia assoluta di tutte le fasi edilizie dei ninfei e delle latrine. Questa
nuova combinazione di approcci metodologici, messa in pratica con successo,
verrà illustrata in dettaglio in un contributo a parte6, mentre nei paragrafi che
seguono saranno esposti brevemente tutti i dati rilevanti per la datazione dei ninfei e delle latrine. Le strutture saranno di conseguenza discusse all’interno della
sequenza cronologica ricostruita, e per ogni specifica fase di vita saranno evidenziate le connessioni con gli ambienti circostanti e i possibili confronti con ninfei
contemporanei.
Fase di prima età flavia
La vasca nel peristilio 344
Con la costruzione del piano inferiore nella prima età flavia, verosimilmente
nell’età di Vespasiano7, il peristilio 44 fu dotato di una grande vasca, nel luogo
del più tardo ninfeo a pelta, in una forma molto diversa da quella successiva.
Diversamente dal ninfeo più tardo il bordo del bacino rettangolare, di circa.
2 x 25,6 metri giungeva immediatamente davanti alle colonne del portico8.
Questo margine era costituito da un muro in laterizi rivestito di intonaco, verosimilmente colorato9, visibile ancora in diversi punti durante gli scavi degli anni ’0
del secolo scorso (figg. 2 e 4)10. La vicinanza tra i porticati e la vasca permetteva
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Per una definizione del concetto: fontana è un termine generico per definire tutte le istallazioni
idriche con carattere artistico, mentre con ninfeo si intende una fontana che si distingua per l’alta qualità dei materiali da costruzione utilizzati, per la complessità del progetto architettonico, e
per la qualità artistica del sistema dei flussi d’acqua. Più in dettaglio, sull’uso dei termini si veda
Schmölder-Veit 2009, 9, 1.
Judith Grinbold dell’Università di Augsburg ha portato a termine la ripulitura con competenza
– a lei va dunque la mia sentita gratitudine.
Cfr. il contributo di J. Pflug in questo volume.
Cfr. il contributo di E. Bukowiecki in questo volume; in generale sul tema Sojc 2005/2006,
44 s.
V. il contributo di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume.
Sojc 2005/2006, 40 s. e 48, e il contributo di N. Sojc in questo volume.
Sul portico coevo, vedi il contributo di C. Voigts in questo volume.
Non è possibile ricostruire i colori di questa vasca, né di altri bacini di epoca flavia, come il
6, 7 e 9 (v. sotto). Ma si deve supporre che si trattasse di una malta idraulica blu, come
ad esempio quelle di Ercolano, Casa del genio e Casa del rilievo di Telefo, o di Pompei, Casa
di Meleagro VI 9, 2.1 (PPM IV [199], 700 fig. 82); o del Palatino, come la piscina della
prima età augustea della Vigna Barberini (Morel 2001, 5-7), e sulle pendici a est della Vigna
Barberini (Tomei 1992, 94).
Solo con i successivi restauri la parete della vasca fu aggiunta quasi per intero. Per la malta vedi
il contributo di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume (Mörtelprobe n. 8011).
186
Domus Augustana
Fig. 2. Due diversi bordi del
bacino 344: (1) primo bordo,
(2) secondo bordo.
che le colonne, comprese quelle dei cortili dei piani superiori, si riflettessero nello
specchio d’acqua11, e i portici su più piani davano l’impressione che il peristilio
fosse ben più profondo di quanto non lo fosse in realtà12. In tal modo il complesso
offriva un elemento alternativo e di contrasto con le aree del piano principale del
palazzo a nord e a ovest1, attraverso le quali si raggiungeva la corte stessa. Per i
visitatori, uno sguardo nel peristilio inferiore poteva rappresentare un elemento di
sorpresa, dotato di una speciale scenografia. In contrasto con il vicino stadio, realizzato peraltro solo nell’età di Domiziano sul medesimo livello, il nostro peristilio
aveva con il suo grande specchio d’acqua, un aspetto completamente diverso.
Gli effetti qui descritti non furono ridotti dall’aggiunta della struttura chiusa
rettangolare al centro della vasca del peristilio. La forma e la grandezza di questo
blocco, lavorato nelle rocce affioranti, si intravedono ancora oggi nelle strutture
restaurate (figg. –4)14, dalle quali si ricava un perimetro di ca. 10 x 12,7 metri.
Dell’allestimento tecnico della fontana è conservato ben poco, il sistema di rifornimento idrico è perduto interamente mentre lo scarico delle acque doveva
trovarsi in corrispondenza dell’angolo orientale dove, in una delle fondazioni del
colonnato fu risparmiato lo spazio per un canale15. L’ipotesi che anche il blocco
rettangolare che si trovava come un’isoletta al centro della vasca, come il più tardo
ninfeo a pelte, ospitasse aiuole o vasi per piante, statue o piccole architetture non
può esser confermata.
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Cfr. anche altri bacini, confinanti direttamente con portici colonnati: la piscina nel tratto inferiore del palazzo del governatore di Caesarea Marittima (Netzer 1999, 109-114, in part. 110111); la prima fase della piscina nella Villa A di Oplontis (Thomas – Clarke 2007, 229-22); cfr.
il Teatro Marittimo o il Canopo di Villa Adriana dove le aioule cominciano solo a pochi metri a
ridosso del colonnato (Jashemski – Salza Prina Ricotti 1992, 580-585).
Per una analisi generale delle corti porticate e del lusso dei colonnati si veda Förtsch 199, 86 s.
Sul numero dei piani nei peristili, cfr. il contributo di C. Voigts in questo volume.
Per motivi di semplificazione qui di seguito si è supposto un orientamento della area in senso
nord-sud.
I semicerchi interni di ciascuna pelta così come la forma a losanga al centro della struttura sono
in tufo.
Poiché in questo punto non si conosce l’andamento nella prima parete e della vasca e poiché non
si conserva alcuna apertura nella parete della vasca successiva, si deve supporre che lo scarico
delle acque in quel luogo sia stato interrotto nella seconda fase della fontana. Largh. dell’incavo
nelle fondazioni a fascia: 66 cm.
Schmölder-Veit
187
Fig. 3. Ninfeo a pelta 344
con i margini del blocco
retangolare.
Fig. 4. Ninfeo a pelta 344 dopo
gli scavi degli anni ’30 del
secolo scorso.
Si potrebbe invece tentare di interpretare diversamente l’isola centrale, come
uno stibadium, circondato d’acqua, ossia un triclinio estivo all’aria aperta, un
utilizzo confermato dalla forma a rettangolo allungato del blocco della roccia,
la cui superficie risponde a quella di norma riscontrabile anche in altri stibadia.
L’area centrale, in questo caso, invece di giochi d’acqua, potrebbe aver ospitato
una mensa per le vivande. Il gusto per questo tipo di strutture per banchetti è
documentato in epoca ellenistica e in epoca romana in domus e villae del I secolo
d. C., soprattutto a Pompei16.
Se questa interpretazione dovesse esser corretta nel piano inferiore della Domus
Augustana si aggiungerebbe un altro luogo ameno, agli eleganti ambienti usati per
16
Cfr. Amedick 199, 179-186.
188
Domus Augustana
i convivia17. L’isola triclinio potrebbe anzi aver avuto una funzione di punto di
riferimento per le coenationes 01 e 20, come troviamo nelle descrizioni di Plinio
o nella casa di Octavius Quartio II 2, 5 a Pompei18. Per raggiungere l’isola dovevano esistere probabilmente dei ponti girevoli, simili ai noti esemplari del Teatro
Marittimo di Villa Adriana19 che mettevano in risalto gli assi visuali tra l’isola e
le principali sale da banchetto circostanti (fig. 5). L’inquadramento cronologico
non può finora basarsi su elementi databili provenienti dalla vasca stessa20, ma
solo su riflessioni generali. Poiché il piano inferiore fu costruito e utilizzato nella
prima età flavia, anche il peristilio inferiore in quanto centro visuale dell’area deve
risalire a quest’epoca. Inoltre come risulta da innumerevoli villae e domus, nel I
secolo d.C. non è noto alcun cortile confrontabile, privo di giochi d’acqua o di
una fontana. Per questo il ninfeo con la vasca monumentale e con la costruzione
rettangolare deve risalire alla prima epoca flavia.
Fig. 5. Ricostruzione del ninfeo 344 con ponti nella prima
età lavia.
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Sojc 2005/2006, 40-42; Sojc – Winterling 2009, 294-00 con fig.; v. il contributo di N. Sojc
in questo volume.
Plin. epist. 5, 6, 7. Sull’interrelazione visiva tra gli stibadia e gli altri ambienti, cfr. Förtsch
199, 95 s.
Ueblacker 1985, 16 tav. 28. Non si sono conservate neppure tracce di tali strutture, e in ogni
caso esse risulterebbero invisibili dopo la costruzione del bordo della seconda vasca, e l’innalzamento del fondo della vasca stessa.
Vedi il contributo di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume (Mörtelprobe n. 8011).
Schmölder-Veit
189
Cortili minori del piano inferiore
Probabilmente in questa fase edilizia del palazzo, nel gruppo di ambienti nord
occidentali con abside rettangolare 1121, si trovava un ulteriore gioco d’acqua testimoniato dalla presenza di un canale e di un pozzo nell’ambiente 41. Qui, nella
parete occidentale, era ricavato un pozzo verticale, connesso con il piano superiore
e dotato di una profondità inusuale di m 1,2022; in esso erano inserite tubature di
terracotta2 connesse l’una all’altra, che dovevano provenire dall’alto. Che non si
trattasse di un canale di scolo delle acque piovane è probabile per i seguenti motivi: in primo luogo l’acqua piovana doveva essere scaricata al disopra dei cortili,
poiché nel piano inferiore non esistono altre grondaie e questo canale è troppo
piccolo per contenere e convogliare tutte le piogge che scendevano dai tetti. In
secondo luogo le grondaie si inserivano nelle murature in incavi di dimensioni ridotte e non in pozzi di questa profondità24. Discende da queste osservazioni che la
nostra struttura doveva essere una canalizzazione di acque bianche proveniente dal
piano superiore, verosimilmente pianificata con le murature della prima età flavia.
Risale forse a questa fase anche il canale sotterraneo che attraversa diagonalmente l’ambiente 41 (fig. 11)25, che in questo caso doveva condurre all’abside 11,
dove possiamo ipotizzare l’esistenza di un gioco d’acqua.
Come il grande peristilio 44, anche nei tre cortili minori, la 6, la 7 e
la 9 la fase di prima età flavia si distingue dalla fase più tarda. In luogo delle
vasche, che occupavano l’intera superficie all’aperto, c’erano aree calpestabili. Nei
cortili dei gruppi di ambienti disposti assialmente a ovest (6 e 7), ad un livello di m 7,8 s. l. m sembra sia stato rinvenuto un piano di calpestio26. Tuttavia, in
entrambi i casi, a causa della introduzione delle vasche, si è conservato assai poco
del suolo originario, e non siamo in grado di fare ipotesi sulla forma dei peristili.
L’ingresso si trovava comunque a est, come è testimoniato da una tamponatura
tarda che arriva quasi oltre il livello del bordo delle vasche (fig. 6). Gli ingressi
occupavano l’intera ampiezza delle grandi aperture oggi visibili mentre le altre tre
pareti della corte documentano inferiormente una muratura continua.
Anche il settore 9 sembra esser stato nella sua prima fase un cortile: e lo
si può documentare sulla base di una porta che conduce dalla corte al piccolo
ambiente 4027; i cui intradossi erano rivestiti di marmo (figg. 7 e 8). Le lastre di
marmo, a causa della successiva chiusura della porta e della ulteriore aggiunta del
bordo della vasca (v. sotto), sono per lo più coperte e ripulendo le strutture è stato
possibile evidenziarne solo i bordi. Si può supporre che esistesse un altro ingresso
sul lato corto settentrionale che creasse una diretta connessione con l’abside ret-
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Prima dell’età domizianea l’abside semicircolare aveva una forma rettangolare, ben visibile ancora ai lati diritti, dove le pareti semicircolari non sono conservati.
Largh.: cm 42. Il pozzo si trova dietro il rivestimento del muro ed è aperto fino ad un’altezza di
cm 2 solo nella parte inferiore, alla quale si riferisce l’ampiezza qui citata.
Diametro cm 26.
Cfr. le grondaie nel grande peristilio della Domus Flavia e nelle Terme di Caracalla. Menzioniamo
qui, solo per completezza un ulteriore argomento: la pioggia veniva sempre scaricata in tubature
sotterranee non – come qui – nella vasca di un ninfeo (nell’abside 11).
Il canale si distingue da quelli usati per il deflusso delle acque nel piano inferiore, poiché non
è ricoperto da bipedali “a cappucina”, ma da sesquipedali disposti orizzontalmente. Per questo
poteva avere anche un’altra funzione, p. es. come conduttura di acque bianche.
Nella vasca 7 esso era costituito da tufo affiorante, che a seguito della ripulitura di un incavo
ribassato rettangolare. Si dovette trattare di un taglio eseguito in un’epoca ancora non definibile, che sezionò tutti i pavimenti della vasca fino al tufo. Sulla sua posizione cfr. il rettangolo
inserito in nero nella pianta di D’Elia – Le Pera Buranelli 1985, 177 fig. 1. Quanto alla vasca
meridionale 6 è stato identificato come presunto piano di calpestio una sorta di pavimento di
mattonelle, che lungo il lato occidentale è divenuto il fondo del successivo scarico della vasca.
Mentre la larghezza della porta di m 1,5 non si è modificata successivamente, l’altezza era in
origine di m 2,5.
190
Domus Augustana
Fig. 6. Lato orientale del cortile 336 con tamponatura.
Fig. 7. Porta al vano 340
e bordo del bacino 339
nell’angolo nord occidentale.
Fig. 8. (1) muro del bacino 339, (2) intradosso meridionale della porta, (3) rivestimento con lastra marmorea,
(4) tamponatura successiva.
Schmölder-Veit
191
tangolare 11 e con i giochi d’acqua che abbiamo ipotizzato28. Anche durante le
fasi d’uso successive la corte era strettamente legata all’abside 11, attraverso una
grande apertura e un sistema di assi visuali interconnessi. Su tutte le altre pareti la
struttura muraria, ben visibile e ben conservata, non serba traccia della presenza
di ulteriori porte.
Il limitato numero di passaggi verso le corti minori indica che queste ultime
non erano considerate aree di passaggio o di disimpegno, mentre le numerose
finestre che vi si aprivano suggeriscono che esse fungevano sopratutto da fonti
di luce per gli ambienti annessi29. Un’ulteriore importante funzione era quella di
raccolta delle acque piovane provenienti dagli spioventi dei tetti dei cortili e la
loro distribuzione nelle canalizzazioni0.
Sull’allestimento dei cortili possiamo solo avanzare alcune ipotesi: forse essi
erano piccoli giardini come documenta la pittura parietale coeva1.
La fase domizianea
Dall’età di Domiziano sono documentate fontane anche nelle corti minori 6,
7, e 9. Le prime due fanno parte del gruppo di ambienti simmetrici (1–
22), mentre l’ultima costituiva il centro dell’angolo nord occidentale del piano
inferiore (07–11 con 8–41). Le grandi vasche occupano integralmente le
zone centrali dei cortili, originariamente aperti, della prima fase edilizia. In questo
senso essi sono uguali al ninfeo del cortile 44, che non subì modifiche documentabili in epoca domizianea.
Giochi d’acqua e vasche a nord-ovest
Innanzitutto possiamo documentare un gioco d’acqua nell’abside 11, che in
questa fase aveva una forma semicircolare, ma della struttura originaria del ninfeo
molti elementi sono andati perduti nei rifacimenti successivi e nelle spoliazioni
moderne. Le tre nicchie inferiori, alternativamente semicircolari e rettangolari
(figg. 9, 11), raggiungevano m 0,7 al disotto del piano di calpestio del corridoio2.
Un piccolo muro continuo passava davanti alle nicchie e le trasformava in piccoli
bacini alti fino a m 0,6 (figg. 10:M, 11). Anche se è lecito pensare che le condutture di afflusso delle acque terminassero al disopra dei bacini, nel muro, non possiamo documentarlo in nessuna parte dell’abside. Dalla conduttura principale che
passava al livello del pavimento e nei canali preposti (fig. 11), dovevano diramarsi
dei piccoli tubi nelle nicchie, dai quali l’acqua, in forma di fontane zampillanti,
ricadeva nelle vasche4.
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In ogni caso le strutture in laterizio sono rivestite da tracce di malta e l’esistenza di un passaggio
qui è solo ipotetica.
Sojc 2005/2006, 4-45.
Dei canali di deflusso originari non si conserva nulla attualmente poiché essi furono integralmente ingranditi e rinnovati all’inizio del II secolo d. C.
Cfr. in generale Jashemski 1979, 55-87, e i vari esempi ivi citati. Alle pareti possiamo ben
immaginare pitture di giardino, come nella Villa di Prima Porta o nella Villa A di Oplontis. V.
anche già in Sojc 2005/2006, 42 n. 21 e 45. Non sono invece pensabili fontane poiché nelle
murature non sono state rinvenute canalizzazioni.
Livello del pavimento delle nicchie: m 7,97 s. l. m. Livello del pavimento del corridoio, inferiore, pre-adrianeo, messo in evidenza grazie alle ripuliture: m 7,29 s. l. m. Cfr. la sezione in
Wataghin Cantino 1996, 29.
Il muro fu molto danneggiato dai rifacimenti più tardi al punto che non è più possibile ricostruirne la misura originaria.
Guattani 1785, LXXVIII-LXXIX. Già Deglane 1888, 147 ipotizzava che le tubature appartenessero ad un ninfeo. Tale ricostruzione è in verità molto inusuale, ma la pubblicazione di Guattani
e i resti conservati – e soprattutto la mancanza di fori per tubazioni dell’acqua nelle strutture
murarie – conducono alla soluzione qui proposta. In generale sull’interpretazione dell’abside
come ninfeo cfr. Wataghin Cantino 1966, 29.
192
Domus Augustana
Fig. 9. Abside semicircolare 311 con nicchie
inferiori.
Fig. 10. Abside 311, nicchia
occidentale: canali (K) e muro
della chiusura (M).
Fig. 11. Ricostruzione
dell’ambiente 311 con la
condutura in 341 e tra le
nicchie inferiori, la fogna soto
il bacino 339 (trateggiato),
la mura di chiusura in 311
(arancione) e la nicchia nel
muro tra 311 e 339.
Schmölder-Veit
19
Probabilmente proprio in quest’epoca fu edificato un muretto divisorio tra i
pilastri angolari a nord del 95, in modo che nel cortile potesse essere collocata
una grande vasca. Nel muro divisorio, di fronte alla nicchia centrale rettangolare
dell’abside 11, si trovava una piccola nicchia semicircolare, che fu chiusa in epoche successive e della quale non è per questo possibile conoscere misure e aspetto.
Grazie all’opera di ripulitura è stato possibile metterne in luce solo la parte superiore con la cupola che ne documenta la forma semicircolare. La nicchia è disposta
simmetricamente rispetto all’abside del ninfeo e questo ci induce a ipotizzare
anche qui un gioco d’acqua. Si aggiunga inoltre il fatto che in epoca adrianea,
correva qui una conduttura che dobbiamo ipotizzare anche in epoca domizianea.
È chiaro dunque che nel settore 11 esisteva un gioco d’acqua su entrambi i lati
del corridoio che connetteva gli ambienti 41 e 40 con il passaggio 10: le due
fontane in relazione l’una con l’altra dovevano cioè offrire un’immagine unitaria.
Inoltre, per coloro che percorrevano i corridoi 10 e 12 e la scala 8, il ninfeo
nell’abside semicircolare costituiva un punto di riferimento visuale e una conclusione ad effetto della lunga vasca, particolarmente efficace soprattutto guardando
attraverso la grande apertura a sud nel corridoio 12 (fig. 12).
La parte interna della corte 9 fu interamente occupata a partire da
quest’epoca da un bacino rettangolare, racchiuso da un bordo in muratura, largo
cm 58 e alto cm 80 (figg. 7, 12, 21)6, del quale non è noto finora il sistema di
afflusso e deflusso delle acque. I residui della malta idraulica sottile non hanno
traccia dell’impronta di lastre né di tesserae, onde dobbiamo pensare che la vasca
fosse semplicemente rivestita di colore (figg. 12, 1)7.
Un primo punto fermo per la datazione dei giochi d’acqua in quest’area è
offerto da un tubo di piombo con il bollo di un procurator di età domizianea
collocato nell’abside semicircolare 118. Poiché il luogo di rinvenimento preciso
del tubo non è stato pubblicato dobbiamo tentare di ricostruirlo; come risulta
dall’autopsia dell’opera laterizia e dell’intonaco, l’abside non presenta in nessun
luogo né l’impronta di un tubo né la traccia per tubature e questo ci fa supporre
che la fistula domizianea sia stata trasferita nei canali che correvano sul pavimento tra le tre nicchie dell’abside9, e che erano connessi tramite il pozzo verticale
dell’ambiente 41 al sistema di rifornimento (v. sopra, fig. 11). L’area fu ripensata
sotto Domiziano con l’inserimento dell’abside del ninfeo 11, e poiché quest’ultimo è la conclusione del bacino allungato 9 dobbiamo pensare che anche il
bacino risalga a questo stesso periodo. Indipendentemente da ciò le analisi della
malta nella vasca conducono alla stessa datazione. La composizione della malta
presenta varie caratteristiche rilevate anche in altre vasche del peristilio inferiore,
che, sulla base delle analisi, possono essere raccolte in un gruppo unitario, il cosidetto gruppo 140.
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Altezza del muro: m 1,15. La datazione del muro divisorio non è certa (sulla sua apertura postulata nella prima età flavia, vedi sopra).
Dimensioni della vasca: largh. m ,85, lungh. m 10,15.
Wataghin Cantino 1966, 29 e Fogagnolo 2009, 491 ritengono invece erroneamente che la vasca
fosse rivestita di mosaico blu.
Guattani 1785, LXXVIII. Il tubo di piombo fu rinvenuto durante uno scavo, assai simile a un
saccheggio, tra 1774 e 1777 (su cui cfr. Pafumi 2007, 209-212), ma non si conosce il luogo
preciso.
Il percorso dei canali nel piano pavimentale dell’abside è un ulteriore argomento per affermare
che il pozzo dell’ambiente 41 non era destinato alla raccolta delle acque piovane, poiché avrebbe dovuto concludersi in un canale di scarico sotterraneo.
V. il contributo di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume (Mörtelprobe n. 1).
194
Domus Augustana
Fig. 12. Lato setentrionale
della piscina 339 con abside 311 in fondo.
Fig. 13. Angolo nord orientale
del bacino 339 con resti della
prima malta (marcato).
Schmölder-Veit
195
Vasche simmetriche 336 e 337
Nel gruppo di ambienti simmetrici 1–22, al centro dei cortili 6 e 7 furono ricavate grandi vasche per fontane scavate nel pavimento41, che occupavano anche in questo caso interamente le superfici a cielo aperto. Entrambi i ninfei hanno
il perimetro della medesima forma: Ciascuno dei lati brevi presenta una nicchia
semicircolare mentre i lati lunghi ne presentano tre, delle quali due semicircolari
ai lati di una rettangolare42. Che si scegliessero per le vasche forme identiche dipende dalla struttura simmetrica di questo tratto: per questo, e alla luce di altre
somiglianze, entrambi i ninfei saranno esaminati insieme. La struttura superficiale
della malta dimostra che entrambe le fontane erano rivestite di colore4, e l’analisi
dei campioni – come per la vasca 9 – ha permesso anche qui di stabilire che la
malta rientra nel gruppo 1 delle vasche di epoca domizianea44, onde entrambi i
ninfei devono risalire allo stesso periodo. Il fondo delle vasche fu impermeabilizzato in maniera diversa, rispetto alle pareti, come risulta nella vasca 7 dove è stato
possibile analizzarlo in sezione45, e presenta un opus signinum rossastro con inclusi
frammenti di marmo e di tufo46.
Al centro della nicchia semicircolare a ovest della vasca 6, fu rinvenuto sul
bordo un canale largo 22 cm e alto cm 29 per il deflusso delle acque (fig. 14)47.
Fig. 14. Lato ovest del
ninfeo 336.
41
42
4
44
45
46
47
Cfr. la sezione in Wataghin Cantino 1966, tav. VII,2.
Tale perimetro è ravvisabile anche in un altro luogo del Palatino: nel giardino domizianeo della
Vigna Barberini, fu scavata una vasca della medesima forma. Cfr. Morel 1992, 484 figg. 7-9;
Morel 1996, 186, figg. 15, 16.
Sul colore vedi sopra nota 9.
V. il contributo di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume (Mörtelproben n. 6, 7, 11).
Cfr. la sezione descritta qui sopra (cfr. nota 26).
Spessore del pavimento ca. cm 10.
Uno scarico di dimensioni così notevoli è molto insolito, ma occasionalmente furono scelti deflussi di dimensioni analoghe anche per vasche molto grandi (cfr. p. es. Cozza 1952, 26: scarico
largh. cm 29, alt. cm 27). Probabilmente esistevano delle grate o sistemi analoghi che introdotti
nei tubi riducevano il flusso dell’acqua.
196
Domus Augustana
Lo scarico della fontana 7 si trova anch’esso sul lato occidentale, ma la sua dimensione originaria è stata cancellata dalle successive ristrutturazioni e deve essere
ricavata dai dati rilevati nella vasca 6. Per le condutture nelle vasche furono
tagliate le strutture murarie occidentali del cortile, al disopra del bordo delle vasche stesse (fig. 14)48, e il loro percorso successivo, così come l’esatta posizione dei
canali sono stati ripristinati dai moderni restauri nella 649, disponendo attorno
a tutta la vasca una traccia per le condutture principali, dalla quale si diramavano
piccoli tubi che terminavano lateralmente nelle nicchie – con la sola eccezione
del lato corto orientale50 (fig. 15). Le simmetrie spaziali in quest’area del piano
inferiore e la somiglianza dei perimetri delle due fontane inducono a credere che
anche nella vasca 7 avessero luogo giochi d’acqua analoghi51.
È certo dunque che in età domizianea le tre corti 6, 7 e 9 (fig. 1) furono interamente occupate da grandi vasche modificando integralmente il proprio
aspetto. Nessun cortile fu più destinato a giardino52, e l’acqua divenne l’elemento
dominante, visibile da tutti gli ambienti e da tutti i corridoi, come la descriveva
Marziale: et pereuntis aquae fluctus ubique sonat …5. Non furono scelti ninfei particolari con decorazioni stravaganti: le vasche erano anzi relativamente semplici, di
forme che troviamo già nelle case pompeiane54 e non ci sono noti in quest’epoca
rivestimenti musivi o marmorei.
Fig. 15. Ninfeo 336 con giochi
d’acqua della prima fase.
48
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50
51
52
5
54
Entrambi i canali, che attraversavano i muri sono larghi cm 20 e alti cm 25 e si trovano ad un
livello di m 8,67 s. l. m. (vasca 7), e m 8,6 s. l. m. (vasca 6), ma il fatto che la perforazione delle strutture avvenne in seguito, è rilevabile solo nella vasca 6, giacché il lato corto
occidentale della vasca 7, fu obliterato dalla costruzione della scala e risulta comunque molto
danneggiato, verosimilmente a causa del saccheggio delle tubature in piombo.
In una pianta (D’Elia – Le Pera Buranelli 1985, 177 fig. 1), ai quattro alloggiamenti per gli
zampilli, restaurati nel bordo delle vasche ne risultano altri quattro simmetrici sul lato opposto.
Forse su questo lato le tubature di afflusso non si sono conservate e per questo non sono state
riportate nelle piante e dunque considerate nel restauro.
La vasca settentrionale 7 presenta una fase più tarda che la differenzia nella sostanza dal gioco
d’acqua della 6 e non contribuisce a capire il sistema dei getti d’acqua in epoca domizianea.
Forse tali cortili, più simili a pozzi di luce, erano troppo bui e adatti solo a poche specie di piante
e questo potrebbe aver portato alla loro trasformazione.
Mart. 12,50. Egli intende qui una casa padronale.
Un buon confronto è offerto dalla Casa di Meleagro VI 9, 2.1 a Pompei (PPM IV [199],
669-701 figg. 77-82), però qui si trova anche una scaletta d’acqua e al centro una colonna con
un getto d’acqua. Nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari sono particolarmente
apprezzate in questo periodo e si trovano anche nei Praedia di Julia Felix II 4, (PPM III [1991],
20 figg. 7, 74), nella Villa di Diomede o nella rappresentazione di siepi e di transenne della
pittura coeva (p. es. Jashemski 1979, figg. 9, 97, 99 e Jashemski 199, figg. 48, 492). Cfr.
anche la villa flavia di Fishbourne (Cunliffe 1981, 10-105; Förtsch 199, 69).
Schmölder-Veit
197
I ninfei non dovevano essere strutture autonome che spezzavano il sistema spaziale della prima epoca flavia ma dovevano integrarsi armonicamente nei gruppi
di ambienti. Anche i numerosi getti d’acqua furono posizionati in modo tale da
rinviare al sistema di assi visuali tra i corridoi e le sale da banchetto.
La ricchezza del Palazzo di Domiziano, così lodata dalle fonti, non sembra
esprimersi in queste strutture in una ricerca di lusso materiale, o di artifici esotici, “struis arte”55. Ciò colpisce particolarmente se si confrontano le strutture
di Domiziano con un ninfeo neroniano sul Palatino, i cosiddetti Bagni di Livia,
un’ingegnosa creazione, rivestita di preziose incrostazioni marmoree56. Tale ninfeo
era composto da una scaletta d’acqua, inserita in un’architettura a nicchie e posta
al disopra di un pulpito con una vasca allungata dalla quale nove zampilli spruzzavano l’acqua verso l’alto. Questi diversi allestimenti di giochi d’acqua, rispondono
bene al quadro ricostruito da Henner von Hesberg, sulla base dei resti architettonici, delle varie versioni del palazzo imperiale di Nerone e di Domiziano. Mentre
con il primo si afferma la ricerca di una cultura abitativa esclusiva, con il secondo
il palazzo è paragonabile a edifici pubblici57. La creazione dei ninfei domizianei al
piano inferiore dovette perciò volutamente interrompere la tendenza neroniana,
proprio per accentuare in questa parte del palazzo le concezioni flavie58.
L’età adrianea
In tutte le vasche dei ninfei del piano inferiore troviamo uno strato di malta, che si
distingue per la presenza di tesserae colorate in genere blu cobalto (fig. 16)59.
Le analisi testimoniano che tutti i campioni di questo gruppo 2 hanno la stessa
struttura, onde si può supporre che il tipo di malta con tessere musive sia cronologicamente contemporaneo in tutte le strutture in cui è stato rinvenuto. Si
aggiunga inoltre che la malta del gruppo 2 fu utilizzata in molte aree diverse e la
sua durata può esser definita precisamente grazie alla presenza di bolli laterizi e di
fasi edilizie conosciute. È stata rilevata in corrispondenza della chiusura di alcune
aperture del cortile, risalenti, sulla base dei bolli laterizi e delle caratteristiche tecniche della muratura, all’inizio del II secolo d. C.60. Alcuni elementi testimoniano
inoltre che la datazione può essere ulteriormente circoscritta in epoca adrianea:
nella malta della parete occidentale del cortile 9 è stato rinvenuto un frammento di capitello di età adrianea61. Anche nel ninfeo a pelte 44, nel peristilio
inferiore (v. sotto) fu utilizzata questa malta, dopo che fu obliterato il bordo della
vasca adiacente al portico. Tutte trasformazioni, sicuramente contemporanee alla
ristrutturazione dei portici colonnati di epoca adrianea62. La malta del gruppo 2
fu inoltre utilizzata anche nel piano principale del Palazzo imperiale, in settori
che possiamo connettere con le ristrutturazioni di quest’epoca, ossia sul secondo
55
56
57
58
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61
62
Mart. 7, 56. Similmente anche Mart. 8, 6 e Stat., Silv. 4,2, 18-1. Cfr. Zanker 2004, 92 che
parla di una “raffinata cultura dell’abitare”.
Manderscheid 2004, 75-85.
Hesberg 2004, 59-74 in particolare 72-74.
Questa lettura non si adatta però al Palazzo nella sua interezza. Cfr. i ninfei domizianei rivestiti di marmo bianco nella Vigna Barberini (Morel 1992, 484 figg. 7-9; Morel 1996, 186
figg. 15-16).
Vedi il contributo di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume per la malta del gruppo 2
con Mörtelproben n. 2.1, 2.2, 4, 5, 8, 9, 1, 20.
Sulle tamponature cfr. Sojc 2005/2006, 4-49 figg. 5-7.
Cfr. il contributo di T. Bitterer in questo volume.
Cfr. la datazione dei capitelli in Freyberger 1990, 87; sul portico in generale vedi il contributo di
C. Voigts in questo volume.
198
Domus Augustana
Fig. 16. Bacino 339: malta con
tesserae colorati.
bordo della vasca ellittica, a ovest della Coenatio Iovis nella Domus Flavia6. E d’altra parte, nel piano superiore della Domus Augustana, in un cortile semicircolare
tra quello con il ninfeo a pelte e la facciata del Circo Massimo, furono rinvenuti
resti identificabili con la malta del gruppo 2. L’area a cielo aperto era pavimentata in laterizi databili con certezza, sulla base dei bolli, in epoca domizianea64.
Su questo pavimento fu ricavato successivamente un canale di scolo delle acque,
impermeabilizzato con la caratteristica malta, databile poiché contemporaneo
all’innalzamento del livello riferibile alla ristrutturazione della facciata verso Circo
Massimo fatta da Adriano65.
Questi rinvenimenti definiscono i confini cronologici della malta del gruppo 2
e in questo modo collocano in età adrianea anche la fase di ristrutturazione di tutti
i ninfei del piano inferiore. Non è stato possibile definire finora la provenienza
delle tessere musive, ma esse derivavano probabilmente da un precedente rivestimento parietale dei cortili che si affacciavano sui ninfei66.
Vasche 336 e 337
Si possono osservare significative trasformazioni edilizie di età adrianea sia nella
vasca 7 che più a sud nella 66 assai restaurata: nell’una il rivestimento del
fondo, delle pareti e del bordo in lastre di marmo bianco fu rifatto con la malta del
gruppo 267, mentre nell’altra fu rialzato il fondo di entrambe le fontane, e sebbene
esso si trovasse ben 19 cm al disopra di quello della prima fase68, il piano dello
6
64
65
66
67
68
Carettoni 1949, 7-76; Gibson et alii 1994, 67-97, in particolare 7 sulle ristrutturazioni adrianee. Un’autopsia in loco ha permesso di stabilire che esse furono contemporanee alla vasca della
seconda fase nella fontana ellittica.
CIL XV 118; vedi il contributo di E. Bukowiecki in questo volume.
Sojc 2005/2006, 45 con nota 9. I Ninfei nel piano superiore saranno trattati in dettaglio dalla
scrivente in altra sede.
Sull’uso di tesserae di vetro (in particolare dei colori verde e blu egizio) e sulla ricostruzione dei
mosaici sulla parete sopra la natatio nella villa dei Centroni, Sear 197, 29-5, in part. 4 s.
Da questi bacini vengono i Mörtelproben n. 5, 8, 9, 10, 1, 20. Vedi il contributo di
A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume.
Nella vasca 7 sul pavimento precedente fu in primo luogo steso un opus signinum spesso
cm 1,5, e al disopra uno strato sottile, spesso cm 2, con incluse tesserae blu. Al centro della
vasca 6 la differenza di livello tra la più recente pavimentazione e il piano della canalizzazione
è di cm 19.
Schmölder-Veit
199
Fig. 17. Vasca 337 con scarico
a forma di tubo di piombo.
Fig. 18. Ricostruzione dello
scarico.
200
Domus Augustana
scarico nelle due vasche fu mantenuto al livello antico. A tal fine fu posto orizzontalmente davanti alla cavità dello scarico nella vasca 7 un tubo di piombo, che
si concludeva da un lato nel vecchio scarico mentre dall’altro terminava a punta
(fig. 17). Per fare in modo che il tubo non scivolasse nella grande apertura dello
scarico, fu inserito in una lastra di piombo ancorata al bordo della vasca69. La parte
superiore del tubo è stata picconata ed è oggi del tutto distrutta, ma possiamo
immaginare che fosse dotata di una prolunga che raggiungeva il nuovo fondo della
vasca ad un livello più alto in modo che potesse continuare a fungere da scarico.
Sebbene i danni notevoli della struttura e la mancanza di esempi confrontabili
rendano al momento difficile l’identificazione di questa particolare forma di conduttura, dobbiamo almeno tentarne una ricostruzione (fig. 18). L’acqua doveva
defluire dal fondo della vasca attraverso una prolunga verticale verso il basso, nel
tubo di piombo, dove si raccoglievano le impurità più consistenti senza scendere
nelle tubature sotterranee. Perché questo bacino di decantazione potesse essere
regolarmente pulito, doveva esser possibile rimuovere la prolunga. Nella vasca
meridionale 6, le impronte nel terreno davanti allo scarico documentano un
dispositivo simile anche se non conservato (fig. 14).
Ad un’ultima fase di ristrutturazione, ancora non datata, risale una nuova pavimentazione in opus signinum nella vasca 7 al disopra del piano adrianeo70. In
corrispondenza del nuovo livello pavimentale fu aperto un foro nella parete della
vasca, sopra il precedente scarico, nel quale fu convogliata l’acqua (figg. 17, 19).
Poiché su quest’ultimo pavimento fu nuovamente disposto un rivestimento in
lastre di marmo bianco71, esso fu probabilmente conservato fino all’abbandono
del piano inferiore.
Mentre nella vasca 6 fu conservata l’originaria sistemazione flavia dell’alimentazione idrica (v. sopra), nella vasca 7 essa fu rinnovata in età adrianea e vi
furono inseriti nuovi giochi d’acqua. Uno dei canali di afflusso principali si trova-
Fig. 19. Scaleta d’acqua nel
ninfeo 337.
69
70
71
Lungh. cm 40, largh. ca. cm 20; largh. interna cm 12.
Lo spessore del pavimento è di cm 6. Il fondo della vasca da questo momento si trova ad un’altezza di m 8,06 s. l. m.
Cfr. le impronte delle lastre in D’Elia – Le Pera Buranelli 1985, fig. 1.
Schmölder-Veit
201
va su una scaletta d’acqua in muratura, costruita sul lato corto occidentale sopra la
nicchia semicircolare della vasca (fig. 19)72. Per questo le condutture si dividevano
dietro alla scaletta d’acqua: un tratto, inserito in un canale verticale andava verso
l’alto e si concludeva al disopra della gradinata alimentando le cascate, che da
qui scendevano nella vasca7, mentre l’altro correva lungo tutto il perimetro del
bordo della vasca come in età domizianea e vi riforniva qui i getti d’acqua. La
nuova conduttura fu allettata in una malta ricca di inclusi di tessere musive, e al
contrario del progetto di età flavia i getti d’acqua in età adrianea si trovavano solo
in corrispondenza dei lati corti (fig. 20). I giochi d’acqua – gli zampilli e la scaletta
d’acqua – erano tutti orientati verso l’ambiente 1 a est, che con la chiusura delle
finestre sul lato ovest e nord all’inizio del II secolo d.C. costituì uno dei punti di
riferimento più importanti del ninfeo. Anche nella 6 furono chiuse la maggior
parte delle aperture, ma il lato corto occidentale rimase comunque aperto verso il
corridoio 2 e i giochi d’acqua furono mantenuti nella stessa posizione. In entrambi i ninfei tuttavia, con la chiusura delle finestre i giochi d’acqua non furono
più visibili da tutte le direzioni, soprattutto non dai corridoi.
Da queste osservazioni si può dedurre che essi furono adattati alla nuova concezione del gruppo di ambienti 12–24: dalla prima età flavia i cortili 6 e 7
costituivano punti di riferimento ben visibili anche dai corridoi e con Domiziano
i ninfei furono interrelati in base alla loro forma simile in un’unità spaziale simmetrica (v. sopra). Diversamente, con Adriano, essi furono considerati monumenti
autonomi e testimoniano anche con altri indizi che la concezione degli spazi era
mutata74.
Qui, come nel ninfeo 9 (v. sotto), la tamponatura delle aperture non permetteva più di vedere i ninfei dai corridoi75 e vi dominava, a causa di queste barriere
visuali, “un’atmosfera di chiusura”76. Gli ospiti potevano essere condotti, attraverso i passaggi rivestiti di marmo, nel piano inferiore77, senza avere alcuna idea di ciò
che si trovava dietro a quelle mura, mentre solo entrando nella sale da banchetto si
apriva la prospettiva su queste e sui ninfei. Contemporaneamente i giochi d’acqua
assunsero un ruolo diverso nel sistema decorativo complessivo, poiché divennero
punti di riferimento esclusivamente per gli ambienti immediatamente confinanti.
Fig. 20. Ninfeo 337 con giochi
d’acqua della seconda fase.
72
7
74
75
76
77
Largh. della gradinata m 1,21; alt. conservata cm 0,64. I gradini, rivestiti di marmo bianco sono
concentrici alla nicchia stessa (Sojc 2005/2006, 44 con fig. 6).
Largh. del canale: cm 20.
Sojc 2005/2006, 48 s.
Un’eccezione è costituita dalla finestra dal passaggio 2 sulla vasca 6.
Sojc 2005/2006, 48.
Cfr. il contributo di T. Bitterer in questo volume.
202
Domus Augustana
Ciò implicava che potessero avere una struttura autonoma rispetto alla simmetria
del sistema di ambienti. Mentre furono mantenute le fontane del ninfeo meridionale 6 e chiuse solo le finestre nel passaggio 24, si costruì nel ninfeo 7 la
scaletta d’acqua e si sistemarono gli zampilli lungo un asse visuale principale.
Piscina 339
Modifiche simili a quelle dei ninfei 6 e 7 possono esser rilevate anche nel
ninfeo 9. Tutte le finestre e le aperture nei corridoi circostanti furono chiuse,
così che esso non fu più visibile, dai passaggi 10 e 12, né dalla scalinata 8.
Come i ninfei appena descritti, anche questa vasca non costituiva più l’unico punto di riferimento visuale, ma era un ninfeo concluso in se stesso, e aperto solo in
una direzione visuale – in questo caso verso l’abside 11. Esso fu anche rivestito di
marmo bianco e il pavimento fu rialzato di qualche centimetro78. La datazione di
questi cambiamenti di età adrianea deriva ancora una volta dall’utilizzo della caratteristica malta con tessere di mosaico incluse (fig. 16)79. Mentre l’innalzamento
del pavimento in tutte e tre le vasche fu probabilmente causato da motivi tecnici
ed ebbe a che fare con la necessità di rinnovare l’impermeabilizzazione, il rivestimento in marmo bianco rappresenta, rispetto all’intonaco colorato di età flavia,
una novità di fondamentale importanza nel sistema decorativo. In quest’epoca
anche le pareti furono rivestite di marmi colorati, e nel piano inferiore l’intero
sistema decorativo di Domiziano venne del tutto rimosso80. Probabilmente questa
nuova sistemazione riflette una mutazione nella concezione della residenza imperiale sotto Adriano, come è stato ipotizzato per i ninfei di Domiziano rispetto alla
fase neroniana, e in questo caso disponiamo anche di un confronto con i ninfei
di Villa Adriana. Qui gran parte delle numerose vasche sono rivestite di marmo
bianco, e ci permettono di ricostruire una concezione unitaria della decorazione
dei ninfei delle residenze di età adrianea81.
Tali riflessioni sono valide per ora solo per il piano inferiore, che con la nuova
decorazione ebbe probabilmente anche una diversa funzione all’interno del palazzo. In altri settori della residenza, infatti, i ninfei avevano rivestimenti in marmo
anche in epoche precedenti82.
Nella vasca 9 non ci sono noti getti d’acqua risalenti alla fase adrianea: in
un momento imprecisato successivo a quell’epoca l’unica conduttura a noi nota fu
spostata nella parete di fondo della nicchia8 che si apre nel lato corto meridionale
(fig. 21).
A tal fine, nel corridoio 12, fu collocata una tubatura di piombo che partiva verticalmente dalle fondazioni del muro meridionale del cortile e giungeva al
pavimento della nicchia84, terminando verosimilmente qui, al centro del bordo
anteriore85.
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8
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85
Sebbene il fondo della vasca sia molto restaurato, poiché evidentemente il pavimento in marmo
doveva essere sostituito, ripulendo le strutture è stato possibile stabilire che il secondo piano di
calpestio si trova a 7 cm al disopra del primo. A causa dei restauri non è conservato neppure lo
scarico e non si può dunque ricostruire per questa fase il sistema delle condutture.
Da questo bacino vengono i seguenti campioni: Mörtelproben n. 2.1, 2.2, 4 (vedi il contributo
di A. Schmölder-Veit – R. Kilian in questo volume).
Cfr. anche sull’opus sectile delle pareti il contributo di T. Bitterer in questo volume.
Cfr. Franceschini 1991, 150 (Piazza d’oro, vasche nel giardino), 154 (Piazza d’oro, ninfeo centrale), 189 (Teatro marittimo), 202 (vasca nella Poikile), 220 (stadio-giardino), 297 (Canopus).
Cfr. la vasca di età domizianea nell’area a giardino di Vigna Barberini (Morel 1992, 484 figg. 7,
8, 9; Morel 1996, 186 figg. 15, 16) e la piscina nella Domus Gai (Hurst 1995, 107 s.).
Misure della nicchia: largh. m 0,85; prof. m 0,44; alt. m 1,67.
Misure della traccia: largh. cm 19–21; alt. m 1,16.
Sul bordo della vasca, lungo la traccia è un ulteriore incavo assai mal conservato e per questo non
interpretabile con sicurezza. Probabilmente si tratta di una prosecuzione della conduttura, la cui
conclusione non è tuttavia ricostruibile.
Schmölder-Veit
20
Fig. 21. Lato meridionale
della piscina 339 con nicchia
e traforo per la condutura
successiva.
In età adrianea il ninfeo mutò significativamente funzione: con l’inserimento
di due scale esterne al bordo e con almeno un gradino all’interno, la vasca fu
trasformata in una piscina86. Gli ingressi furono collocati sui lati lunghi, uno in
corrispondenza dell’angolo nord orientale, aperto verso il passaggio 10, e l’altro
a nord ovest connesso con la porta dell’ambiente 40. Nel corridoio 10 la parete
fu abbattuta al disotto della finestra più settentrionale per lasciar posto a quattro
gradini in muratura rivestiti di marmo bianco87, grazie ai quali si poteva agevolmente giungere al bordo della vasca e da lì entrarvi, scendendo su un alto gradino
triangolare ricavato nell’angolo nord orientale (figg. 12, 1)88. La seconda gradinata è fatta di tre gradini e si trova sotto la porta dell’ambiente 4089; l’ingresso
dal bordo della vasca sarà stato sicuramente agevolato da altri gradini ricavati nella
parete della vasca stessa, dei quali però nelle strutture murarie assai danneggiate
non è più possibile individuare alcuna traccia (fig. 7). Si può tuttavia constatare
che il bordo della vasca di età domizianea, fu abbattuto al disotto della porta e
successivamente ricostruito in laterizio90, il che indica che vi era stata costruita una
scalinata molto ripida91: l’altezza dei gradini doveva evitare che essa sporgesse oltre
il bordo all’interno della vasca.
Le scalinate esterne hanno dunque gradini di altezza agevole, mentre quelle
interne li hanno molto alti e ripidi92, e poiché di norma le scale della residenza imperiale dovevano rispettare gli standard di comfort e comodità9, il motivo
86
87
88
89
90
91
92
9
Questa è l’interpretazione anche di Wataghin Cantino 1996, 29.
Misure della scalinata: alt. m 0.9, largh. m 1,52. I gradini sono alti da un minimo di 22 cm a
un massimo di 26 cm.
Anche se ci sarebbe stato spazio sufficiente nella vasca per una gradinata più ampia, con gradini
più bassi, ci si decise per un unico gradino di altezza non usuale: l’altezza tra bordo e gradino è
di cm 8,4 e tra il gradino e il fondo della vasca di cm 4,7.
Misure della scala: alt. m 0,68 e largh. m 1,48. I gradini sono alti tra i 20 e i 25 centimetri.
Si possono facilmente riconoscere al disotto del bordo i giunti delle fasi edilizie: a destra e a sinistra della porta come riempimento dell’opus caementicium furono usati pezzi di basalto, mentre
per il nuovo tratto di parete quasi solo laterizi.
Poiché la scala arrivava solo a m 0,46 di profondità, doveva essere superato un dislivello di
m 0,86; gradini di un’altezza simile – tra cm 5 e 59 – sono documentati nella gradinata inserita
successivamente nel frigidarium del Teatro Marittimo (Ueblacker 1985, 19).
Le scale sono riferibili al tipo IV della tipologia di Manderscheid (Manderscheid 198, fig. 8).
Cfr. Manderscheid 198, 46.
204
Domus Augustana
dell’inusuale altezza in questo caso deve dipendere o dal tipo di uso che si faceva
della vasca o da problemi di effetto ottico. Si voleva cioè evitare di ridurre la dimensione della vasca invadendo lo spazio destinato al nuoto, oppure si intendeva
impedire che un osservatore – magari dai piani superiori – la identificasse a prima
vista come una piscina.
Non mancano esempi confrontabili di piscinae e natationes in villae e domus,
poiché già dall’età repubblicana le grandi vasche praticabili erano molto in voga94;
ma esse appartenevano di norma a strutture termali o a piccoli bagni95. Tale connessione non risulta invece nella piscina 9: i corridoi del piano inferiore, e le
scale verso i piani superiori non conducevano a bagni nelle immediate vicinanze.
Per questo le circostanti sale da banchetto e di accoglienza sono invece molto
importanti per la definizione della sua funzione. Una connessione diretta tra banchetto e bagno risulta dalle fonti letterarie96: gli imperatori banchettavano con la
loro corte e con i loro amici e durante il pranzo o per rilassarsi tra un pasto l’altro,
usavano ogni tanto fare il bagno in compagnia. I testi specificano che si rilassavano in una piscina o in una natatio, ed anche se queste avessero fatto parte di
una struttura balneare, menzionano come elemento più importante solo la vasca
dove si nuotava. Dobbiamo dunque supporre che al piano inferiore della Domus
Augustana, in mancanza di spazio per altri ambienti termali, fu realizzata solo
una piscina, ritenuta sufficiente al ristoro durante i banchetti. Della connessione
tra sale da banchetto e di accoglienza e piscina abbiamo comunque conferme
nella documentazione archeologica. Nella villa A di Oplontis, a ovest della piscina
troviamo coenationes di rappresentanza, con vista diretta sulla natatio97. Anche
la vasca monumentale con scale nella Domus Gai rientrava probabilmente nella
cultura del banchetto all’interno del peristilio di questa parte del palazzo98.
Durante il ricevimento o la salutatio dell’imperatore al piano inferiore, la piscina 9 non veniva sicuramente usata; anzi, per evitare sguardi indesiderati sulla
vasca, l’unica visuale possibile, attraverso il corridoio 10, che era stato aperto con
la costruzione dei gradini, poteva essere chiusa con una porta99.
94
95
96
97
98
99
Si veda in generale Mielsch 1987, 10 s. Una delle piscinae più antiche, risalente al II secolo
a. C., si trova nella Villa di Quintilius Varus nelle vicinanze di Tivoli (Mielsch 1987, 4).
Il canale anulare del Teatro Marittimo, aveva infatti parimenti funzioni di piscina, ed era connesso con le piccole terme dell’isola (Ueblacker 1985, 15-20); quanto alle altre piscine che qui
occorre menzionare, di quella nella Villa dei Centroni (Cozza 1952, 257-262 fig. 6) non sono
conosciuti tutti gli ambienti circostanti né la loro funzione, così che non si può escludere del
tutto che si trattasse di un impianto termale. Nella Villa del Pastore a Stabiae le terme si trovano
ad una distanza notevole dalla piscina (De Vos 1982, 21). Sul Palatino ci sono note due piscinae:
nel Palazzo di Caligola la cosiddetta Domus Gai (Delbrueck 1921, 28), e in una domus della
prima età augustea nell’area della Vigna Barberini (Morel 2001, 5-7). Non ci sono note invece
strutture termali private formate da una sola piscina (Manderscheid 198, 442).
Suet. Nero 27, 2; SHA Gall. 17, 8; è interpretabile in questa chiave forse anche SHA Heliog.
24, 1 e 0, 2. 5. Plin. epist. 2, 17, 10-12 descrive la propria villa a Laurentinum, dove il bagno
si trovava vicino ad alcune sale da banchetto.
In ogni caso, la situazione dello scavo non consente di dire se nell’adiacente tratto orientale
dell’edificio, si trovasse una seconda struttura termale – in aggiunta a quella presente nell’ala
occidentale. Si veda parimenti anche la piscina nel settore inferiore del Palazzo del Governatore
di Cesarea Marittima (Netzer 1999, 109-114, in particolare 110-111).
Delbrueck 1921, 28-0; Hurst 1995.
Nell’apertura, all’altezza del bordo della piscina c’è un soglia, con cardine e mortasa, su entrambi
i lati, che indica la presenza di una porta a due battenti aperta verso il corridoio.
Schmölder-Veit
205
Latrine
In connessione con la piscina non ci sono strutture termali, ma due ambienti nelle
immediate vicinanze – il piccolo ambiente 40 e l’abside 11 – furono trasformati
in latrine. Esse furono pensate non tanto come servizi per i banchettanti100, ma in
virtù della loro posizione, essenzialmente per coloro che utilizzavano la piscina. Si
deve perciò supporre la contemporaneità di questi ultimi interventi edilizi, anche
se non può essere documentata con certezza assoluta. A favore di una cronologia
in epoca adrianea, della latrina 40, si può menzionare lo spostamento di una
conduttura nella nicchia che fu chiusa proprio in quest’epoca e al disotto del
secondo bordo della vasca 9 (fig. 7): un intervento, quest’ultimo, che sarebbe
risultato molto complicato dopo la ristrutturazione della piscina. Il rinvenimento
di un bipedale con bollo laterizio degli anni 14–161 d. C. sul fondo del canale
della latrina 40, non può ulteriormente circoscrivere la cronologia, ma permette
di ipotizzare una datazione adrianea101.
Nell’ambiente 40 fu inserito un canale a L nel pavimento e ne fu rivestito il
fondo con bipedali (figg. 1, 22)102; al disopra furono disposti sedili da latrina dei
quali restano solo i supporti nel muro. Davanti al braccio occidentale, sul piano
del pavimento, si vede ancora il canale igienico, tipico nelle latrine (fig. 22)10.
Esso è in marmo bianco e, assieme ai resti del rivestimento anch’esso in marmo
bianco della porta e del pavimento, è l’unica testimonianza conservata della ricchezza originaria dell’ambiente in questa fase.
Il rifornimento idrico della latrina correva sul bordo nord occidentale della piscina, giacché la tubatura di piombo al disotto del rivestimento del bordo adrianeo,
fu spostata fino alla porta della latrina (fig. 7)104. Qui esso fu condotto al disotto
della soglia, in corrispondenza dell’intradosso meridionale della porta (fig. 8), per
concludersi sopra il canale per la pulizia, forse in una piccola fontanella. L’acqua
pulita scendeva nel canale fino all’angolo nord occidentale105 ed era da lì condotta
attraverso un piccolo forellino nel canale destinato alla pulizia della latrina106.
Nell’abside semicircolare 11 le nicchie inferiori furono convertite in una latrina con sedili individuali. Anche in questo caso è da supporre una cronologia
adrianea, giacché nelle immediate vicinanze sono documentate molte trasformazioni che presentano la malta del gruppo 2. In un caso si tratta dell’innalzamento
del livello pavimentale nel corridoio davanti all’abside107 e nell’altro della chiusura
della nicchia parietale nel muro divisorio di fronte all’abside 11 (v. sopra) e il
nuovo rivestimento di quest’ultimo con lastre di marmo. A causa dei saccheggi
e delle distruzioni seguiti agli scavi del XVIII secolo, non è più possibile oggi
100 La sola esistenza delle sale da banchetto nel piano inferiore non può spiegare in questo caso la
costruzione delle latrine, che ci dovremmo aspettare già in epoca domizianea – come nel caso
della latrina flavia nell’ Esedra affacciata sul Circo Massimo.
101 CIL XV 1, 15; vedi anche il contributo di E. Bukowiecki in questo volume. Sulla datazione
cfr. Steinby 1975, 81 (con nota 10), 94.
102 Misure del canale: largh. ca. cm 90 e prof. cm 70–75.
10 Neudecker 1994, 49. Misure: largh. del canale cm 6,5; prof. cm 7. Sul lato sud non è più conservato un canale di marmo ma sulla base dell’impronta nel pavimento è possibile ricostruirne
uno.
104 La differenza di altezza tra i due bordi della vasca è di cm 9,, così che il tubo doveva avere un
diametro massimo di cm 8.
105 Il canale di marmo conservato presenta un dislivello tra estremità sud e nord di cm 15,5.
106 Nell’angolo nord-occidentale il canale si trova ad un livello di m 8,08 s. l. m. e nell’angolo
sud-occidentale a m 7,87 s. l. m., cioè cm 21 più in basso, così che l’acqua potesse scorrere
agevolmente.
107 In corrispondenza del taglio del pavimento che si trova tra il corridoio davanti all’abside e il
semicerchio interno, sono stati riconosciuti, al disotto, resti del primo pavimento ad una quota
di m 8,80 s. l. m., cioè 15,4 cm al disotto del pavimento più tardo, che è l’attuale piano di
calpestio.
206
Domus Augustana
Fig. 22. Latrina 340 visto dal
nord.
individuare una connessione diretta tra le modifiche ora menzionate e il nuovo
uso dell’abside come latrina.
Con l’aiuto dei resoconti di Giuseppe Guattani108 possiamo integrare le osservazioni fatte in situ e definire il seguente quadro della latrina: nelle nicchie inferiori furono inseriti sedili singoli adeguati al piano di calpestio del corridoio 10109,
affiancati da mensole decorate, davanti ai quali passava un canale igienico di marmo. Tutti questi elementi sono oggi andati perduti e solo un taglio orizzontale nella parete testimonia ancora l’inserimento delle lastre per i sedili (fig. 9). Il muretto
semicircolare che chiudeva inferiormente le vasche fu abbattuto di uno spessore
corrispondente alla larghezza della nicchia. In tal modo gli escrementi potevano
scivolare dalle nicchie delle latrine nel canale che cominciava sul lato nord, al
disotto della piscina, e che originariamente doveva raccogliere anche le acque di
deflusso delle fontane. Contemporaneamente anche il pavimento fu rivestito ex
novo, e lo dimostra il fatto che l’opus signinum, ancor oggi conservato, copre il taglio del muretto semicircolare. Su questo sistema di deflusso delle acque era posto
un bacino che Guattani descrive nel modo seguente: “dirimpetto alle dette nicchie
eravi in basso un labro o vasca semicircolare, che investiva tutta la tribuna suddetta. Ella era di marmo bianco, alta da terra un palmo romano; ma interamente non
poteva contenere, che mezzo palmo d’acqua”110. Oggi non sono conservati resti
della vasca o delle strutture al disotto poiché fu costruito all’interno dell’abside un
blocco di muratura moderno con un tubo di scarico delle acque.
“Latrine mono posto” come quelle che troviamo dell’abside sono rare in epoca romana, ma molti esempi simili provengono da Villa Adriana111. Esse erano
108 Guattani 1785, LXXVIII-LXXIX.
109 Guattani 1785, LXXVIII tav. I fig. F III. Cfr. anche: Deglane 1888, 146 fig. a e Daremberg
– Saglio , 2, 1 (1904) s.v. latrina, 988 fig. 462 (H. Thédenant); Neuerburg 1965, 222 s. fig.
99; Neudecker 1994, 69.
110 Guattani 1785, LXXVIII.
111 Cfr. una latrina circolare con posti singoli sulla terrazza orientale e una a due posti con una
impegnativa decorazione in prossimità delle cosiddette biblioteche in Jansen 2007, 176 con
fig. 22.; cfr. in generale le latrine singole a Villa Adriana in Neudecker 1994, 68 s.
Schmölder-Veit
207
destinate a personalità di alto rango112, e a partire dall’età adrianea esse divennero
probabilmente parte integrante della cultura del bagno e del banchetto; per questo
si trovano sovente nelle ville imperiali. Nella Domus Augustana la latrina nell’abside aveva però due difetti, dovuti al fatto che essa fu inserita in una seconda fase
edilizia: in primo luogo l’abside non poteva venire chiusa e perciò i sedili erano
ben visibili dalla piscina e dai piani superiori. In secondo luogo bisognava necessariamente passare per l’abside per arrivare alla latrina dell’ambiente 40, che poteva
invece venir chiusa ma, disponendo di una sola apertura, risultava buia e non ben
areata. I vantaggi e i difetti specifici di ciascuna delle due latrine fecero sì che si
progettassero due bagni l’uno accanto all’altro.
Il ninfeo a pelte 344
Il ninfeo più celebre nel peristilio inferiore con le sue strutture a forma di pelta
(figg. –4) risale, contrariamente alle datazioni proposte finora11, all’età adrianea:
lo confermano le analisi delle strutture e degli strati di intonaco nella vasca. Per
le strutture si possono distinguere due fasi edilizie: nella prima vasca, della prima
età flavia, era una isoletta quadrangolare, scavata nel tufo come tutta la vasca,
che attualmente si trova ad un livello più profondo di allora (v. sopra)114. In una
seconda fase furono ritagliati dei canali nel quadrato in modo che su ciascuno dei
quattro lati risultasse un semicerchio. A ciascuno di questi furono aggiunte due
piccole absidi in laterizio che dettero al ninfeo la caratteristica e inconfondibile
forma a pelte. La parte centrale è occupata da una losanga con i lati arcuati, le cui
estremità in opus caementicium costituiscono al contempo gli angoli dell’intera
struttura. Il fatto che in origine quasi tutta la superficie della vasca presentasse
roccia affiorante115, induce a credere che anche le pelte – se erano parte del progetto iniziale – fossero scolpite nel tufo. Per ovviare alle difficoltà che la porosità del
tufo causava nella resa delle piccole parti annesse si sarà pianificato di aggiungere
solo queste, come le estremità a forcella della losanga, in opus caementicium. Una
prova importante della costruzione delle forme a pelta in età adrianea è la malta
del gruppo 2, che nella vasca si trova sempre come primo strato di intonaco, a
confermare che la pelta e la losanga possono risalire solo all’età adrianea. In questa
fase il bordo della vasca fu spostato di ca. 1 metro dal portico, verso il centro della
vasca, (v. sopra; fig. 2) ed anche su questo troviamo un primo rivestimento di
malta con incluse tessere di mosaico. A differenza di tutte le altre fontane coeve,
questa vasca non era rivestita di lastre di marmo ma di un sottile strato di malta
bianca (Schlämmschicht), probabilmente in origine colorato. Questa peculiarità
deve essere ricondotta ad esigenze visive (v. oltre), poiché si sceglievano probabilmente colori diversi a seconda dei settori verticali o orizzontali delle vasche, in
modo da metterli efficacemente in evidenza.
Solo un secondo strato di intonaco, steso successivamente, servì da base per il
rivestimento di marmo bianco116, del quale si sono conservate lastre alte solo pochi
centimetri nell’area dello zoccolo; dobbiamo però supporre che tutta la vasca e le
112 Così anche Neudecker 1994, 68, che osserva che i “bagni singoli” sono caratteristici delle aree
più lussuose delle ville.
11 Finora si è creduto che il ninfeo risalisse all’età di Domiziano, cfr. ad esempio Ueblacker 1985,
55, 57-60; Tomei 1992, 925, 927, 92; Wataghin Cantino 1966, 9 s.; Zanker 2004, 91 s.;
Grüner 2006, 56 s.
114 L’analisi della costruzione del portico e della vasca ha rilevato (v. oltre) che il tufo si trovava anche
al di fuori della vasca, fino al piano di calpestio.
115 Con l’eccezione forse solo dell’angolo nord-orientale, dove la losanga, anche tra i canali nord e
est, è in opus caementicium.
116 L’analisi delle fotografie fatte immediatamente dopo lo scavo (p. es. 64da-pi DOMUS
AUGUSTANA) indica che anche il pavimento della vasca presenta impronte di lastre di marmo
(p. es. Archivio della Soprintendenza Archeologica di Roma Neg. 99).
208
Domus Augustana
sue strutture fossero rivestite di marmo bianco. Le lastre conservate hanno misure
uniformi e soprattutto una larghezza notevole, che induce ad escludere che fossero
materiali di riutilizzo117. Per questo possiamo ipotizzare una datazione di questo
secondo rivestimento, tra la fine del II e l’inizio del III secolo d. C., verosimilmente in concomitanza con il restauro severiano del rivestimento parietale118.
La forma minuta e manieristica della struttura ci fa escludere che il ninfeo
avesse una funzione nel banchetto in età adrianea, e ci fa supporre che fosse esclusivamente un gioco d’acqua decorativo.
Esso è attualmente privo di tutta la sua decorazione: al centro doveva in origine
trovarsi un padiglione anche se questa è solo un’ipotesi119. Della decorazione statuaria che vi dobbiamo immaginare manca comunque ogni traccia, e sulla base di
alcune foto di scavo vi si può solo ipotizzare la disposizione di otto statue (fig. 4).
Negli incavi quadrangolari al centro delle quattro pelte e alle estremità a forcella
della losanga, ossia ai quattro angoli della struttura, potevano essere collocate delle
basi per un numero complessivo di otto statue120. Le tubature dell’acqua per la
vasca così come i getti delle fontane che zampillavano dalla vasca e vi ricadevano,
e che dovevano contribuire fortemente all’effetto decorativo del ninfeo, non sono
più ricostruibili121. In questa fase lo scarico delle acque fu forse spostato dall’angolo sud-est all’angolo sud-ovest, e perché il pavimento si potesse inclinare in questa
direzione per creare il necessario dislivello122, tutta la vasca doveva essere innalzata
di almeno cm 4012. Per connettere questo nuovo scarico con il canale di deflusso
a sud del ninfeo a pelte, furono abbattute in questo settore le fondazioni lineari
del portico. La forma e le dimensioni degli scarichi non è più ricostruibile, poiché
ancora oggi ne esiste uno nell’angolo sud occidentale, che non è però sicuramente
quello antico124.
Poiché le strutture a pelta del ninfeo sono visibili per intero solo dai piani superiori, dobbiamo pensare che esse furono progettate principalmente in funzione
di questa prospettiva125, ed occorre inoltre chiedersi se non siano da mettere in
connessione con modifiche edilizie di età adrianea, ai piani superiori e dunque
con nuovi ambienti con vista sul peristilio inferiore. A coloro che potevano accedere ai piani inferiori si presentava invece una vista totalmente diversa: non le
pelte ma statue e forse anche i getti d’acqua, oggi perduti, che in questo lussuoso
117 Le parti sporgenti arrotondate delle absidi hanno in tutti i casi una larghezza di cm 15–15,5
mentre lungo i canali tagliati nel tufo erano apposte lastre larghe cm 72–74. Le lastre più larghe,
che si trovano lungo i lati rettilinei delle pelte sono larghe m 1,0.
118 Cfr. il contributo di T. Bitterer in questo volume.
119 Wataghin Cantino 1966, 9 s.; Förtsch 199, 84.
120 Tale è anche l’ipotesi di Lugli 1940, 124; in generale sulle statue, Tomei 1999, 17; Wataghin
Cantino 1966, 9 s. Ulteriori elementi di decorazione non sono ricostruibili. In base a quanto
documentano le foto successive allo scavo, non dobbiamo aspettarci qui vasi per piante (diversamente Förtsch 199, 68; Farrar 1998, 80; Tomei 1992, 92-9; ead. 1999, 17), poiché una
vegetazione rigogliosa avrebbe cancellato l’effetto decorativo d’insieme delle piccole parti della
struttura.
121 Più volte è stata avanzata l’ipotesi che l’afflusso dell’acqua si trovasse al centro della vasca: Tomei
1999, 17; Lugli 1940, 124. Lugli 1946, 510, ma di questo non abbiamo conferme, né nelle
evidenze dello scavo, né dalle foto di scavo. Il grande foro nella vasca è sicuramente frutto di una
distruzione recente e conduce ad un canale scavato nel tufo che corre sotto la vasca in direzione
sud-nord.
122 Lo scarico nell’angolo sud-occidentale si trova ad un livello di m 7,85 s. l. m., 20 cm più in
profondità che non sul lato nord. Una simile inclinazione è documentata anche dal canale anulare del Teatro Marittimo di Villa Adriana: Ueblacker 1985, 15.
12 Tale aumento di livello non è documentato spesso, giacché i pavimenti più tardi rivestono per
intero i livelli inferiori, ma un confronto può mostrare che le differenze di livello nel Ninfeo a
Pelte non sono casi unici: nella Villa della piscina di Centocelle il fondo della vasca fu innalzato
nel II secolo d. C. (Volpe 2007, 2).
124 Nello scarico si trova un tubo di piombo di una forma non usuale nell’antichità romana inserito
tra un muretto angolare diagonale in laterizio e un blocco di marmo.
125 Da ultimo si veda Grüner 2006, 57.
Schmölder-Veit
209
luogo di soggiorno dobbiamo immaginare come giochi d’acqua e fontane ad effetto, al centro della piacevole visuale che si aveva dagli ambienti del peristilio.
Questo vale soprattutto per le sale 01 e 20, le cui aperture sulla corte erano
ampie quanto tutta la loro larghezza e permettevano una visuale altrettanto ampia
attraverso il portico sulla corte e sul ninfeo126. Verso ciascuna delle grandi sale era
orientata con il lato lungo una delle pelte. Ma contrariamente all’effetto prodotto
allora e ancora oggi sugli osservatori affacciati dai piani superiori, possiamo solo
intuire la magnificenza degli elementi decorativi che emergevano dalla vasca, ossia
le fontane, le statue e forse anche piccole architetture.
Il ninfeo a pelte con la sua forma particolare è finora un unicum nell’architettura romana, ma l’indagine su possibili confronti ha rivelato che l’impianto
decorativo si ispirava a modelli già consolidati. Il motivo delle pelte contrapposte
è presente nell’arte musiva del I secolo d. C. e nella pittura del II secolo d. C.127,
e d’altro canto le forme convesse e concave delle vasche erano molto apprezzate
dalla fine del I secolo d. C.128 e in particolare nel II secolo d. C.129. Anche altri
edifici adrianei, in particolare Villa Adriana, rivelano questo gusto “per i perimetri
curvilinei fondati su rapporti geometrici ben meditati” (“auf genau durchdachten
geometrischen Beziehungen aufbauenden Kurvengrundrisse”)10. Il ninfeo a pelte,
sulla base di questi risultati, non può essere più definito “il precursore flavio del
Teatro Marittimo” (“flavischer Vorläufer des Teatro Marittimo”)11, ma un tipico
esempio di ninfeo adrianeo, anche se la scelta della forma resta finora priva di
confronti 12.
Le vasche nella corte porticata
Dopo l’età adrianea si osserva una vasta ristrutturazione nei portici del peristilio:
in ciascuno dei lati ovest, est e sud furono inserite due vasche (figg. 1a–f ), sull’intera ampiezza del portico, tra le sale e i corridoi e dalle mura esterne del peristilio
fino alla vasca del ninfeo a pelta1. Che questi nuovi bacini fossero connessi con
il grande ninfeo è confermato da vari indizi: in primo luogo le vasche sono larghe
quanto gli intercolumni e sono posizionate in funzione di questi ultimi (e non dei
passaggi tra gli ambienti); in secondo luogo nella vasca “d”, tra le colonne, sono
state documentate lastre di marmo del pavimento (fig. 2)14. Un terzo indizio
126 La grande apertura dell’ampio ambiente principale 01 fu creata probabilmente solo con
Adriano.
127 Cfr. per esempio i mosaici di Pompei: Aoyagi – Pappalardo 2006, 54, e PPM IV (199), 18
fig. 28.
128 Cfr. il ninfeo di età domizianea nel Leonidaion a Olimpia: Specht 2001, -41. Ringrazio Ulrich
Sinn per avermi gentilmente segnalato che la datazione domizianea non si fonda più sul confronto con il nostro ninfeo a pelte.
129 Sovente è stato suggerito il confronto con i celebri ninfei delle case private di Conimbriga,
cfr. Alarcão – Etienne 1981, 67-80; Tomei 1992, 92 nota 41; Specht 2001, 40. Che le pelte
derivassero direttamente da motivi della decorazione musiva è dubbio, cfr. la posizione di Grüner
2006, 56 s.
10 Ueblacker 1985, 55.
11 Citazione da Ueblacker 1985, 57; cfr. in termini simili anche Tomei 1992, 9; Wataghin
Cantino 1966, 40.
12 In generale Jacobson 1986, 69-85, in particolare 69.
1 Le misure delle vasche (eccetto la “e” e la “f “che non è stato possibile misurare):
vasca “a”: largh. m 1,27; lungh. della parte posteriore della vasca m 1,9; prof. cm 22;
vasca “b”: largh. m 1,2; lungh. non conservata; prof. cm 22,5;
vasca “c”: largh. m 1,24; lungh. della parte posteriore della vasca, m 2,21;
vasca “d”: largh. m 1,5; lungh. della parte posteriore della vasca, m 2,22; prof. cm 2.
A differenza dalle vasche qui descritte i tre avvallamenti del portico nord non si estendevano fino
al ninfeo a pelte, giacché il bordo della vasca copre evidentemente il piano della pavimento del
portico. Dunque in questo caso non si doveva trattare di vasche.
14 Cfr. in merito la pianta in D’Elia – Le Pera Buranelli 1985, 177 fig. 1.
210
Domus Augustana
Fig. 23. Bacino “d” nel portico
dopo gli scavi negli anni ’30
del secolo scorso.
può esser individuato nelle fotografie scattate immediatamente dopo lo scavo,
poiché il bordo superiore del ninfeo a pelte, davanti alle vasche del portico, non
arriva al piano di calpestio ma termina al disotto delle vasche stesse15.
Per inserire le vasche, nel portico occidentale fu scavata la roccia affiorante e la
adiacente fondazione a fascia fu rasata della sua porzione superiore negli intercolumni, probabilmente insieme a parti delle fondazioni in travertino delle colonne
stesse (fig. 24)16. Per impermeabilizzarle fu steso al disotto del rivestimento in
marmo del pavimento, uno strato di opus signinum, che però manca ai lati, dove le
lastre di marmo si poggiano direttamente al tufo17. Nei quattro bacini del portico
ovest e est si sono conservate così tante lastre di marmo, da indurci a credere che
l’intero rivestimento fosse in marmo bianco18. Molte lastre ed anche i blocchi
separatori nelle vasche “a” e “d” (cfr. fig. 2) serbano tracce di una precedente
utilizzazione, e sono dunque materiali di reimpiego: essi rappresentano per ora
l’unico dato sicuro per la datazione e indicano che la costruzione risale al III o IV
secolo d. C.19.
In nessuna delle vasche è stato finora individuato il sistema di afflusso e deflusso delle acque, ed evidentemente il rifornimento era regolato solo attraverso il ninfeo a pelte. Quando il livello delle acque era alto in quest’ultimo, esse scorrevano
nelle vasche adiacenti del portico, per poi viceversa rifluire al centro e ripristinarvi
15 In ogni caso il bordo della vasca è divelto in vari punti ed il dato è dunque riconducibile anche ad
un pessimo stato di conservazione. Negli anni trenta furono iniziati i restauri, che documentano
che si ipotizzava una connessione tra il ninfeo a pelte e la vasca del portico. Forse tali opere erano
fondate su osservazioni degli scavatori che conducevano a queste conclusioni. Diversamente,
Wataghin Cantino 1966, 5, ritiene che le vasche terminassero in corrispondenza del bordo del
ninfeo a pelte.
16 Ripulendo la vasca a sono state rinvenute tracce inconfondibili di piccone sulla superficie superiore di questa struttura di fondazione.
17 È stato possibile accertarlo solo nella vasca “a”, mentre le altre vasche sono troppo restaurate e
troppo mal conservate per consentirci di fare osservazioni così puntuali.
18 Dalle foto di scavo della Soprintendenza desumiamo che le vasche “e” e “f ” non avevano un
rivestimento di marmo, forse perché saccheggiato in tempi precedenti.
19 Diversamente, Wataghin Cantino 1966, 5, ritiene che le vasche siano state costruite in età
flavia, proprio alla luce del rivestimento in marmo che, però, analizzato con attenzione indica
una datazione tarda.
Schmölder-Veit
211
Fig. 24. Bacino “a” nel portico
occidentale, una fondazione a
fascia tolta in alto e il ninfeo a
pelta in fondo.
il livello. Questo sistema di flussi d’acqua non raggiungeva però i settori posteriori
delle vasche, chiusi da lastre di marmo, fino all’altezza del bordo, e privi di getti
d’acqua e di scarichi. Qui possiamo per ora immaginare solo una modalità di
rifornimento manuale.
Sulla funzione delle vasche del portico possiamo solo fare qualche ipotesi,
basata sui dati rilevati. Poiché la maggior parte di esse si trovava al disotto dei
colonnati, gli specchi d’acqua potevano esser visti solo dagli ambienti del peristilio
inferiore. Oltre all’area del cortile dunque, anche i colonnati furono trasformati
in un paesaggio acquatico, e proprio qui le vasche producevano il loro effetto più
intenso, specie da due punti di vista: dalla sala da banchetto 20 e dai portici.
Attraverso le due vasche “a” e “b” questa grande sala, che fin dall’età flavia si apriva
in tutta la sua ampiezza verso il peristilio, trovò con quest’ultimo un collegamento
più stretto e poiché entrambe sembravano un prolungamento delle pareti nord e
sud della sala stessa, fino al ninfeo a pelte, esse creavano l’impressione che i banchettanti fossero circondati da acqua su tre lati e si trovassero su un’isola. Forse a
tal fine fu scelto un nuovo allestimento e lo spazio fu trasformato in una sorta di
grotta marina, arricchendo il piano inferiore di una nuova attrazione. Le vasche
dovevano anche produrre riflessi di luce sui corridoi 14 e 21, effetti ulteriori
da esercitare sui banchettanti che si trovavano nella sala 20. Per coloro che camminavano nei portici le vasche erano ben visibili, ma erano anche un ostacolo che
rendeva gli spazi meno liberamente percorribili: forse a tal fine dovevano esistere
piccoli ponti in legno mobili sulle vasche stesse140.
140 Così anche Wataghin Cantino 1966, 6. Ponti in muratura durevoli non sono ipotizzabili, in
primo luogo poiché non ne sono stati trovati resti e in secondo luogo poiché avrebbero annullato
l’impressione globale delle vasche, come i riflessi di luce nei corridoi o l’idea di isola suggerita
dalla sala da banchetto.
212
Domus Augustana
Riassunto
Al piano inferiore della Domus Augustana nell’ornamento delle sale da banchetto
e da ricevimento e nella costruzione di un’ambientazione lussuosa, l’acqua ebbe
un ruolo fondamentale. Dall’età flavia fino al Tardo Antico furono costruiti ninfei
nei quattro cortili interni e nei portici, e i giochi d’acqua e le fontane divennero
sfondi scenografici per i corridoi ma anche scenari e punti di vista per le sale.
Di importanza particolare fu in questo contesto il grande peristilio, che con il
ninfeo a pelte domina ancora oggi il piano inferiore. Qui nella prima età flavia fu
costruito un primo ninfeo con una grande vasca che arrivava fino ai colonnati, con
al centro un isolotto rettangolare, che probabilmente fungeva da triclinio estivo.
Qualche anno dopo, sotto Domiziano, i tre cortili minori, in origine percorribili
e forse coltivati a giardino, furono trasformati in ninfei. Le vasche 6 e 7, per
analogia con la simmetria del gruppo di ambienti dove si trovavano inserite, furono progettate di forma identica e presentano nicchie semicircolari e rettangolari
molto apprezzate in questo periodo. L’unico ninfeo non collocato nel cortile era
il gioco d’acqua della nicchia semicircolare 11, all’estremità settentrionale della
vasca 9.
In età adrianea quasi tutti i ninfei subirono modifiche sostanziali, connesse
con un nuovo sistema decorativo e con mutazioni interne alle sale. Come reazione al nuovo isolamento degli ambienti 1–22, fu sciolta la simmetria tra i
ninfei 6 e 7 orientando diversamente i giochi d’acqua e le fontane verso gli
ambienti circostanti. La vasca 9, l’abside semicircolare 11 e l’ambiente 40
nell’angolo nord-occidentale del piano inferiore cambiarono totalmente funzione.
Il bacino fu trasformato in una piscina con quattro scale, e l’abside e l’ambiente
divennero latrine di lusso. Nonostante le loro diverse funzioni tutti i ninfei nelle
tre corti minori hanno un tratto in comune: furono rivestiti di marmo bianco
sotto Adriano adeguandosi in tal modo a standard decorativi ampiamente diffusi.
Il ninfeo nel grande cortile porticato assume invece anche in questo periodo un
ruolo speciale – in primo luogo poiché non presenta rivestimento in marmo, e in
secondo luogo poiché rappresenta l’unico ninfeo con strutture al suo interno. Esse
assunsero la forma di pelte, riconoscibile efficacemente però solo agli osservatori
affacciati dai piani superiori. Per i visitatori dei piani inferiori la vista del ninfeo
doveva concentrarsi invece sulle statue che lo ornavano e sui giochi d’acqua.
La progettazione adrianea dei ninfei, a parte poche eccezioni, come il rivestimento in marmo del ninfeo a pelte o il nuovo getto d’acqua nella piscina 9,
rimase immutata per tutto il periodo d’uso del piano inferiore. L’unica profonda
modifica fu nei colonnati del peristilio, quando nel III o nel IV secolo d. C. furono inserite sei vasche nei pavimenti del portico. I portici divennero così non
più percorribili senza l’uso di ponti, ma questo condusse ad una valorizzazione
del cortile nella sua interezza, e specialmente della sala 20, che grazie agli estesi
specchi d’acqua che la circondavano trasmetteva l’idea di un’isola.
In questo senso il “triclinio isola” si pone al termine di una serie di trasformazioni che connotano i ninfei del piano inferiore della Domus Augustana di età
flavia fino al tardo antico. Mentre i ninfei del I secolo d. C. erano composti su assi
visuali e offrivano punti di vista differenti dai diversi ambienti che vi si aprivano
con il tamponamento delle aperture, essi cominciarono a trasformarsi sempre di
più in strutture ornamentali funzionali ad un singolo ambiente, forse assumendo
un ruolo primario durante il banchetto. Ciò diventa particolarmente evidente nel
cambiamento di funzione della piscina, che aveva un ruolo puramente decorativo
per i corridoi circostanti e solo per alcune sale da banchetto (vani 07–09), e
che in età adrianea fu trasformata in una vera parte integrante della cultura del
simposio, in quanto spazio destinato al rilassamento.
Schmölder-Veit
21
Abstract
The ‘sunken peristyle’ of the Domus Augustana with its grand rooms was embellished with different fountains and water-jets. Great importance has always been
attached to the prominent nymphaeum of peltae, which dominated the peristyle. It
was here, where the first great basin extending from one portico to the other was
established in Flavian times. A rectangular island was raised in the middle, serving
maybe as a stibadium in summer. However, the three small courts were in this
phase accessible and perhaps decorated with plants. Only some time later were
these areas transformed into nymphaea. According to the symmetrical alignment
of the adjacent rooms, basins no. 6 and 7 were constructed identically. They
feature the well-known semicircular and rectangular niches in the margin. The
only nymphaeum of that time, which was not located in a court, was situated in a
semicircular apsis (no. 11) north of basin 9.
Presumably under Hadrian nearly all nymphaea were remodelled. These
modifications were part of a new decoration system: The banquet rooms in the
west were isolated through the closure of openings from the surrounding rooms
(1–22) so that symmetry was no longer obligatory for the nymphaea 6 and
7. Here, fountains and water-jets were from now on placed in different ways.
More fundamental modifications took place in the northwest. A totally new purpose of basin 9 was to serve as a swimming pool that could be entered by steps.
Apsis 11 and another room were converted into luxurious latrines. Apart from
these distinctions, all three basins in the courts had in common a new revetment
with white marble.
The nymphaeum in the peristyle was also an exception at this time. With its
famous peltae, not revetted with marble, the nymphaeum was conceived not only
for those visiting the ‘sunken peristyle’, but also for observers on the upper floors.
Apart from some exceptions, the Hadrianic appearance of all the nymphaea was
maintained for the next few centuries. The only larger intervention was carried
out in the porticos of the peristyle in the third or fourth century AD. Here, six
basins were broken into the pavement and connected with the central pool. Only
the bridges over these basins now enabled visitors to pass along the porticos. These
basins also framed room 20, making it simlar to an island.
These last changes marked the end of a set of innovations characterizing the
nymphaea in ‘sunken peristyle’ from Flavian times to fourth century AD.
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Illustrazioni
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colore di M. Knechtel (istruzioni dell’autrice)
2
Archivio della Soprintendenza Archeologica di Roma Neg. F1629
DAI DSC02
4
Archivio della Soprintendenza Archeologica di Roma Neg. 995
6
2110405_D-DAI-ROM-2010.1011
7, 8, 10, 12, 1, 14, 16, 17, 21 autrice
9
2110404_D-DAI-ROM-2010.1004
18
Miriam Knechtel (istruzioni dell’autrice)
19
2110407_D-DAI-ROM-2010.100
22
211040_D-DAI-ROM-2010.1002
2
Archivio della Soprintendenza Archeologica di Roma Neg. 1910
24
BT266_D-DAI-ROM-2010.1012
Illustrazioni 2, 4 e 2 sono riprodoti su concessione del Ministero per i Beni e le
Attività Culturali – Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma.
218
Domus Augustana