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Apostolo Zeno

A POSTOLO ZENO DA LLA « GA LLER I A DI MINERVA » A L « GIOR NA LE DE’ LETTER ATI » Fabiana di Br azzà I l 31 agosto 1709 Apostolo Zeno, scrivendo da Venezia all’amico cremonese Francesco Arisi, 1 gli anticipava una sua nuova impresa letteraria tutta italiana : « Ben presto in Venezia si darà principio a stampare un Nuovo « Giornale de’ Letterati d’Italia », in cui si darà notizia de’ migliori Libri che vanno solamente in Italia o di Letterati Italiani […] usciti ne’ nove primi anni di questo <corrente> secolo ». 2 L’epistolario zeniano, dal quale furono escluse le trenta lettere all’Arisi, conservate presso la Biblioteca civica di Cremona, 3 annovera, oltre a questa citata, altre testimonianze riguardanti la nascita del « Giornale » e la sua pubblicazione. Insieme forniscono un’idea degli auspici sotto i quali il « Giornale » avrebbe dovuto nascere. Un mese prima, infatti, scrivendo allo storico Uberto Benvoglienti, lo Zeno era più preciso circa i meccanismi di allestimento del « Giornale » : « Le do parte in primo luogo che in Venezia comincerà a stamparsi ben presto un nuovo Giornale de’ letterati d’Italia, al quale porranno l’opera molti soggetti de’ più accreditati che di qua da’ monti or ioriscono. Io che sono interessato di afetto con molti di loro, mi sono preso il carico di somministrare loro e libri e notizie di quanto si va stampando in Italia nelle città più famose ». 4 Una ulteriore testimonianza del 1709 è in una lettera indirizzata ad Antonio Vallisneri a Padova nella quale lo Zeno poneva l’accento sui problemi della uniformità redazionale : « Vo trascrivendo il « Giornale », di cui ho in pronto tanto che basta per far quasi un secondo tomo ; ma bisogna ch’io raggiusti ogni cosa con un metodo istesso, che 1 Nato a Cremona (3 febbraio 1657-25 giugno 1743), si trasferì in seguito a Parma per frequentare gli studi giuridici ; si addottorò, tuttavia, a Pavia e strinse rapporti con il Muratori. Tra le sue opere, citate nelle lettere dello Zeno, ricordiamo la Cremona Literata seu in Cremonenses doctrinis et litterariis dignitatibus eminentiores chronologicae adnotationes, i, Parmae, 1702 ; ii, ibidem 1706 ; iii Cremonae 1741, nella quale pubblicò tutte le notizie biograiche e bibliograiche intorno ai personaggi della storia cremonese che si interessarono delle discipline letterarie ; cfr. Claudio Mutini, Arisi, Francesco, in Dizionario Biograico degli italiani (d’ora in avanti DBI), 1962, 4, pp. 198-201. 2 Cfr. Biblioteca Civica di Cremona (d’ora in poi BCCr), ms A.a 4.34 : trenta lettere di Apostolo Zeno a Francesco Arisi. Nella lettera datata « Venezia, li 20 gennaio », lo Zeno informa l’Arisi di aver ricevuto dal Muratori il primo dei tre tomi della Cremona Letterata, opera di cui si diede notizia nella « Galleria di Minerva », iv, 1704, p. 51 ; cfr. anche lettere dello Zeno datate : « Venezia, 17 xbre 1707 » ; « Venezia, 2 giugno 1708 » ; cfr. Francesco Arisi, Agl’Ill.mi Sig.ri miei Sig.ri Proni Col.mi | Li Sig.ri Autori del Giornale de’ letterati d’Italia, Venezia, 1713, pp. 1-9 : « Siccome ascrivo a mio grande onore, che le SS. VV. Illustrissime siansi compiaciute di fare nel x loro Giornale un lungo discorso sovra il primo Tomo della mia Cremona Letterata ; così pure non che lamentarmi, debbo gloriarmi delle osservazioni da loro fatte ad alcune cose da me scritte, per averle Elleno degnate di prudentissime considerazioni ; anzi mi confesso obbligato in estremo al vedere queste osservazioni messe con tanta maniera loro propria, che à me sembrano più tosto favori, che opposizioni ». 3 Cfr. BCCr, ms AA.4.34. 4 Cfr. A. Zeno, Lettere, ii, Venezia, appresso Francesco Sansoni, 1785, p. 17, n. 196, indirizzata « al Sig. Uberto Benvoglienti a Siena, Di Villa di Merne 18 Luglio 1709 ». 156 fabiana di brazzà servirà poi di regola per l’avvenire ». 1 Scrivendo a Francesco Marmi 2 a Firenze, avvertiva il problema della revisione dei contenuti del « Giornale » e dei criteri redazionali : « Per quanto sieno esatti gli estratti de’ libri, che mi vengono da varie parti, ed anco degli autori medesimi, bisogna ch’io abbia il libro sott’occhio : altrimenti ne nascerebbono mille disordini. Chi erra nel metodo, chi nell’esame, chi nelle notizie, e chi in una, chi in altra cosa. Bisogna far meno errori che sia possibile nel primo Tomo, acciocché l’opera con minor ragione sia censurata ». 3 Testimonianze, queste, programmatiche di grande modernità, che attestano delle intenzioni e degli accorgimenti di cui doveva avvalersi la prassi redazionale de « il giornale del signor Apostolo », come fu denominato, nato uicialmente nel 1710, sotto la direzione, appunto, dello Zeno, curatore dei primi volumi. 4 E fu chiaro in dall’inizio che il « Giornale » rappresentava un modo nuovo di fare cultura, prototipo del giornalismo veneziano di impostazione enciclopedica. L’uscita del primo fascicolo riscosse consenso unanime, perché ricercò : « La rispondenza alle condizioni e alle esigenze della cultura italiana » e il suo « stimolo animatore fu un’acuta intuizione dei desideri del pubblico ». 5 Il « Giornale » inoltre incontrava le attese del Muratori, che auspicava la nascita di giornali simili a quelli che iorivano in altri paesi europei ; sottolineava il carattere prettamente « italiano », con il compito di aggiornamento bibliograico dell’erudizione italiana, soprattutto nei confronti della letteratura d’oltralpe ; fu un tramite tra i libri e il lettore ; annoverò la collaborazione di eruditi veneti come Vallisneri e Mafei, soci fondatori, aprendosi alla collaborazione di molti altri letterati d’Italia, come testimoniano anche le lettere all’Arisi. Il 1710 segna quindi una linea di demarcazione importante, in cui il ruolo dello Zeno fu quello di “traghettatore”, segnando il passaggio dalla « Galleria di Minerva » (di cui fu segretario dal 1698) alla direzione e compilazione di un nuovo progetto per molti aspetti ambizioso e tutto ricadente sotto la sua responsabilità. 6 « La Galleria », da intendersi nel senso di “biblioteca” o di “libraria”, 7 come ben illustrato nell’articolo di Donata Levi e Lucia Tongiorgi nel 1990, fu fondata nel 1696 dallo stampatore veneziano Girolamo Albrizzi, 8 e rappresentò, secondo Francesco 1 Ivi, lettera datata « Venezia, 9 dicembre 1709 », pp. 38-39. 2 Francesco Marmi (Firenze, 13.12.1665-ivi 3.12.1736) ebbe rapporti anche con il Magliabechi, curandone la biblioteca dopo la sua morte ; cfr. M. Sambucco Hamoud, Marmi, Francesco, in DBI 70, 2008, pp. 618-621. 3 Cfr. A. Zeno, op. cit., lettera datata « Venezia, 21.12.1709 », pp. 40-41 ; altri esempi la lettera a Vallisneri, datata « Venezia, 6.02.1709 », p. 43 : « Dimani avrò licenziato il Giornale da’ revisori, e subito se ne comincerà la stampa, essendo ogni cosa in ordine, carta, caratteri, e rami » e al Magliabechi, datata « Venezia 14.02.1709 », p. 45 : « Il nostro Sig. Marchese Mafei avrà bene più d’una volta comunicata a V.S. Illma la notizia del Giornale de’ Letterati d’Italia ; il cui I Tomo si va ora imprimendo, e che subito impresso, farò che pervenga anco sotto il suo purgato rilesso ». 4 Fino al 1718, poi sostituito dal fratello Pier Caterino ; cfr. C. Griggio, « La Galleria di Minerva » e Venezia : “La più sagia, la più giusta, la più forte di tutte le Repubbliche”, in Letteratura, verità e vita, a cura di P. Viti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2007, p. 370, nota 4. 5 Cfr. M. Berengo, Giornali veneziani del Settecento, Milano, Feltrinelli Editore, 1962, p. xi. 6 Sulla « Galleria » vedi L. Mozzato, La Galleria di Minerva un periodico di Girolamo Albrizzi, tesi di laurea, Università Ca’ Foscari di Venezia (relatore Prof. M. Infelise), a.a. 2002-2003 ; ho consultato un esemplare della « Galleria » conservato presso la Biblioteca civica di Treviso (I.9.C 1-6). 7 Cfr. C. Griggio, « La Galleria di Minerva » e Venezia, cit., p. 373. 8 La tipograia degli Albrizzi fu una delle più attive in Venezia ; Girolamo Albrizzi fu l’« editore dei primi periodici eruditi, come “Il giornale veneto de’ letterati”, la “Pallade veneta” e la “Galleria di Minerva” », dalla «galleria di minerva» a «giornale de’ letterati» 157 Negri, biografo dello Zeno : « piuttosto ché un Giornale, una Collezione di operette di vario argomento, o non mai uscite alle stampe, o fatte rarissime, intra le quali però di quando in quando venia innestata la relazione d’un qualche libro novello ». 1 « La Galleria », secondo Rosanna Saccardo, emanazione e organo uiciale dell’omonima Accademia, 2 divenne prodromo al « Giornale de’ letterati », e in certo modo, come scrive il Negri : « il ginnasio, ove privatamente cimentò le sue forze, e le addestrò a lungo per comparir poi franco ed applaudito atleta nella gran luce del pubblico agone ». 3 In sintesi rappresentò, come sostiene Cesare De Michelis : « il primo tentativo importante, di dar vita ad un giornale veneziano capace di raccogliere e difondere i contributi degli studiosi innovatori, che vide nella igura del segretario Zeno una delle realizzazioni del suo intento riformatore ». 4 Vero è che « La Galleria di Minerva » aveva avuto dei precedenti europei che rilettevano lo spirito dei “Journals” francesi, condividendone gli stessi progetti ambiziosi : quelli dello stesso Albrizzi o di quel « Giornale veneto de’ letterati » stampato dalla libreria di Giovanni Gabriele e Michele Hertz a Venezia (1670-1680), centro propulsore culturale in un momento in cui l’editoria veneta segnava momenti di crisi. 5 La città lagunare in tal modo si candidava a fornire la novità di un suo prototipo di giornale letterario. 6 « La Galleria » non nasceva dal nulla. Come erede del movimento scientiico e delle Accademie erudite seicentesche, aveva raccolto materiale da dissertazioni accademiche, articoli estratti dagli « Atti » di Lipsia e d’Inghilterra, dalle « Efemeridi » di Germania, dalla Biblioteca universale di Francia. Se ne diferenziava per il titolo, per l’inserzione di opere o brani originali, anticipando le nuove forme di giornale letterario. L’Albrizzi, attraverso gli Avvisi che comparvero a partire dal 1696 sulla « Galleria », invitava gli eruditi a inviare le loro opere, mosso da progetti ambiziosi e da elevati intenti : “la Galeria” sia libera, e pubblica in questo senso : cioè a dire : che si possa esporre tutto ciò c’ha in sé ingegno, sapere e frutto, e si possa non esporre tutto ciò, cui manca alcuna delle qualità da noi nominate, e riputate necessarie. Perciò sia dato luogo ad ogni opera segnata da tali caratteri siasi in qualsivoglia materia Sacra o Profana. Come pe ’l contrario non venga ammessa pur parola che ofenda la Religione, la saggia Politica, e l’onestà de’ costumi, e così appunto ; l’attività tipograica conobbe un vero decollo solo con due dei sei igli di Girolamo, in un primo tempo con l’intraprendente Almorò, in seguito con Giambattista, che diede, soprattutto dopo il 1730, un vero impulso all’azienda paterna. Per le informazioni biograiche sull’Albrizzi, vedi D. Levi, L. Tongiorgi Tomasi, Testo e immagine in una rivista veneziana tra Sei e Settecento : « La Galleria di Minerva », Pisa, 1990 (« Annali della Scuola Superiore di Pisa », Classe di Lettere e Filosoia, s. iii, xx), nota 1 ; Edizione Nazionale del cartegio di L. A. Muratori, a cura di G. Fabbri, D. Gianaroli, i, Firenze, Olschki, 1997, pp. 251-255, e in particolare M. Infelise, L’Editoria veneziana nel ’700, Milano, Franco Angeli, 20003, si veda pp. 30-34 e nota 50 soprattutto. 1 Cfr. F. Negri, Vita di Apostolo Zeno, Venezia, Alvisopoli, 1816, pp. 82-83. 2 Cfr. R. Saccardo, La Stampa periodica veneziana ino alla caduta della Repubblica, Padova, Tipograia del Seminario, mcmxlii-xx, p. 15. 3 Cfr. F. Negri, op. cit., p. 85. 4 Cfr. C. De Michelis, Zeno, Apostolo, in Dizionario critico della Letteratura Italiana, diretto da V. Branca, Torino, Utet,1986, p. 482. 5 Di origine germanica, la “bottega Hertz”, agli inizi del Settecento, era la terza grande azienda veneziana, al pari delle case Baglioni e Pezzana : cfr. M. Infelise, L’Editoria veneziana nel ’700, cit., pp. 28-30. 6 Cfr. T. Pesenti, Stampatori e letterati nell’industria editoriale a Venezia e in terraferma, in Storia della cultura veneta, i, a cura di G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Pozza editore, 1983, pp. 93-129, in particolare p. 125. 158 fabiana di brazzà anche ogni altra composizione, la quale abbenché non apporti danno per la materia di cui tratta, lo porta nulladimeno pe ’l tempo, che si perde in leggerla. 1 Precisava anche le modalità di pubblicazione, ritenendo di sollecitare la partecipazione degli intellettuali : « Non mi atterrò nella edizione a’ Giornali Oltremontani aspettando il ine del Mese per publicare i fogli : a’ misura delle materie, che mi verranno, io farò lavorare il Torchio, e correre i volumi, che per utile pubblico, e per mia gloria desidero frequentissimi ». Aidava, evidentemente, alla sua « Galleria », un ruolo di crocevia, quello di essere un mezzo di difusione delle buone opere, 2 in un secolo nel quale venivano alla luce molti libri ma non tutti di valore, in modo tale che il progetto : « non soggiaccia all’infelice destino di contraere facilmente corruzione o difetto », ainché « La Galleria » fosse « La più saggia, la più giusta, la più forte di tutte le Repubbliche ». 3 L’espressione è riferita, evidentemente, alla Repubblica di Venezia, ma credo che si potrebbe attribuire alla stessa « Galleria », intendendo per « Repubblica » quella delle Lettere. L’Albrizzi richiamava gli intellettuali perché si adoperassero nella scelta dei libri : « Si leggerà ogni sorta di Composizioni mandate di fuori da Virtuosi, o presentate da quelli di Venezia per inserirsi nella « Galleria », e dopo la lettura si riceverà l’approvazione degli Accademici intorno la loro pubblicazione ». 4 Ciò signiicava un lavoro di ammissione alla pubblicazione a seguito di accurate valutazioni dei soci accademici e di un giudizio equivalente a quello delle nostre ‘commissioni’ accademiche ancora in vita. Certamente il fatto che gli articoli, prima di essere stampati, fossero sottoposti al giudizio di persone autorevoli in campo letterario e scientiico, dava attendibilità e pregio scientiico alla rivista. « La Galleria » aveva per Impresa un ulivo intatto e sicuro ai fulmini strigliantiglisi intorno, all’insegna del motto Sibi ipsa tutamen, a signiicare anche la iducia dei letterati che sicuri nella forza delle loro idee, non temevano la critica. L’ulivo a Roma unito all’alloro rappresentava gli uomini illustri ; nella simbologia petrarchesca dei Rerum vulgarium fragmenta rappresentava la pianta sacra ad Apollo, quindi la poesia, la gloria poetica e soprattutto nel processo della poesia petrarchesca faceva tutt’uno con Laura. L’alloro resiste come le persone virtuose, agli attacchi della sorte e non teme i fulmini (come insegnavano Plinio, Svetonio, Isidoro e il Petrarca stesso, come si può cogliere osservando immagini o imprese che fanno da commento visivo ai componimenti del poeta sul tema). 5 L’immagine di Minerva, poi, che nella « Galleria » abbandona le armi, è simbolo di pace e del progresso delle idee. 6 In una tela settecentesca più tarda, risalente a circa metà Settecento, la dea Minerva indica la corretta gestione dello stato di Venezia, e reca nella mano sinistra l’ulivo. 7 « La Galleria », quindi, nasceva sotto buoni auspici, non però così sicuri da porla al riparo dai fulmini che giunsero proprio dallo Zeno appena qualche anno dopo la sua 1 Cfr. Girolamo Albrizzi a’ letterati d’Europa, in « La Galleria di Minerva overo Notizie universali […] », i, in Venetia, presso Girolamo Albrizzi, mdcxcvi, introduzione. 2 Cfr. R. Saccardo, op. cit., p. 16. 3 Ibidem. 4 Cfr. Avviso « A’ Letterati d’Europa », « La Galleria di Minerva », cit., ii, parte iii, pp. 259, 260. 5 Cfr. da ultimo A. Torre, “Fragmenta” emblematici : un percorso di ricerca, in « Studi petrarcheschi », xxii, 2009, pp. 121-150. 6 Cfr. C. Griggio, op. cit.., pp. 375-376. 7 Cfr. P. Delorenzi, La Galleria di Minerva, Venezia, Cierre, 2009, pp. 286-287, 314 : rilevante l’attenzione che « La Galleria » riservava alla ritrattistica sul tema e alla relativa simbologia. dalla «galleria di minerva» a «giornale de’ letterati» 159 uscita. 1 Infatti, nonostante gli accorati Avvisi che l’Albrizzi rivolgeva ai letterati ainché prestassero la loro collaborazione in dall’uscita del primo volume, gli efetti che ne sortirono non soddisfecero lo Zeno, che scrivendo ad Antonio Magliabechi, 2 uno degli interlocutori più importanti del segretario della « Galleria », nel dicembre 1698, quindi due anni dopo la nascita della rivista, sottolineava il carattere confuso verso il quale essa stava scivolando : « Sono più di otto mesi, che io non vi ho parte, e nulla m’ingerisco in quel suo zibaldone » : 3 è la prima avvisaglia polemica di Zeno verso la « Galleria » e l’Albrizzi, quando ancora egli igurava uicialmente nella sua veste di segretario. Secondo Saccardo vi erano dei motivi che avevano spinto lo Zeno ad abbandonare, ad un certo punto, « La Galleria » : primo fra tutti quello di non aver potuto « elevare il giornale erudito », visto che i tentativi erano falliti perché aidati a « persone di scarso valore giornalistico : per « La Galleria » di Minerva l’Albrizzi, tipografo non dotto malgrado le velleità di dottrina, e per il Giornale Veneto de’ Letterati il Moretti e il Miletti, i quali si mostrano niente più che menanti ». 4 Il giornale, nonostante la presenza redazionale di un gruppo colto, tra cui annoveriamo il cosmografo Vincenzo Maria Coronelli, Scipione Mafei e Antonio Vallisnieri, ad un certo punto non fu in grado, per Zeno, di rispondere alle esigenze dei lettori e della cultura del tempo, a causa della « scarsissima frequenza periodica […], la mancanza di ogni sistematica informazione sulle “novelle” letterarie e, inine, la pesantezza dei lunghi brani d’opere che vi venivano pubblicati ». 5 Probabilmente, come ragionava Scipione Mafei nell’Introduzione al « Giornale de’ letterati d’Italia », la causa doveva essere ricercata nel carattere non continuativo e nella mancanza di « uomini dotti e giudiziosi » : [« La Galleria di Minerva »] non può questa tener luogo di giornale, così perché non si dà regolarmente di mese in mese, onde in 14 anni appena compié il sesto tomo ; così perché, prendendo troppo vasto assunto, e più istituti abbracciando, pare al presente che la sua idea principale sia quella di pubblicare certi opuscoletti, fra’ quali alcun’ottimo per entro se ne ritrova. Ed in vero di maggiore spaccio ed applauso riuscir potrebbe cotal lavoro, se con l’assistenza e con l’arbitrio d’uomini dotti e giudiziosi si issasse a dare annualmente alla luce un tomo di operette di pochi fogli, o nuove, o inedite, o rare, delle quali sempre mai s’ha dovizia. Ma insomma lagnasi ben’a ragione Lamindo Pritanio di vedere la nostra nazione mancante da lungo tempo di sì gran soccorso agli studi ; e ben’a ragione proccura di eccitare alcun Principe a promuovere e favorire alcuna simile impresa. 6 Giudizio severo questo del Mafei, e tuttavia condivisibile per quanto attiene il fatto che l’Albrizzi trascurò l’organizzazione interna del periodico – Saccardo parla di 1 Cfr. M. Infelise, L’Editoria veneziana nel ’700, cit., p. 32 nota 55. 2 Antonio Magliabechi (Firenze, 28.10.1633-ivi, 4 luglio 1714), bibliotecario dei granduchi di Toscana, di Ferdinando II prima, poi di Cosimo III, che gli aidò la custodia della Biblioteca Medicea Palatina. Fu uno degli esponenti indiscussi della Repubblica letteraria in Italia ; cfr. M. Doni, Magliabechi, Antonio, in DBI, 67, 2006, pp. 422-427. 3 Cfr. A. Zeno, op. cit., lettera al Magliabechi, datata « Venezia, 6.12.1698 ». 4 Cfr. R. Saccardo, op. cit., p. 18. 5 Cfr. M. Liuccio, Elisabetta Caminer Turra. La prima donna giornalista italiana, Padova, Il Poligrafo, 2010, pp. 31-32. 6 Cfr. Giornale de’ letterati d’Italia, v. i, 1710, pp. 13-67 ; la citazione molto signiicativa del Mafei è stata messa nella dovuta luce dal Berengo (cfr. M. Berengo, Giornali Veneziani del Settecento, cit., p. 12 ; vedi ora Scipione Mafei. Letterati d’Italia. Introduzione al Giornale (1710), a cura di F. Brunetti con un saggio di C. De Michelis, Venezia, Marsilio, 2009. 160 fabiana di brazzà « evidente sproporzione delle sue varie parti » 1 –, e spesso lasciò alla casualità e all’improvvisazione la scelta dei lavori da inserire. Pur vantando un’esperienza nella pubblicazione di periodici di vario indirizzo, non irrilevante, secondo Saccardo, « non aveva l’autorità né l’ingegno per sostenere tale compito ». 2 Se la collaborazione dello Zeno alla « Galleria » durò così poco, capirne le ragioni, o cercarle solo nella irregolarità delle pubblicazioni o nella mancanza di una direzione ‘illuminata’, pare piuttosto limitante. Le lettere citate ci forniscono ulteriori suggerimenti circa la consapevolezza dello Zeno sulla opportunità di sorvegliare personalmente la scelta dei libri e la predisposizione del materiale, a scanso di « disordini », ponendo attenzione su « errori » che si sarebbero dovuti evitare. Insomma, l’esperienza della « Galleria », quel « guazzabuglio » ch’era diventata, che aveva portato lo Zeno a prendere le distanze, divenne un monito a seguire il lavoro organizzativo con più accorgimento, a colmare lacune, a risvegliare l’interesse del pubblico erudito con maggiore acutezza. Alle irregolarità interne, alla ineguale distribuzione delle parti testuali, rilevate da Marino Berengo si aggiungano i difetti notati dalla Saccardo riguardanti la « scarsissima frequenza periodica, la mancanza di ogni sistematica informazione sulle novelle letterarie e, inine, la pesantezza dei larghi brani d’opere che vi venivano pubblicati » tutti difetti che « restringevano di necessità il suo pubblico, e lasciavano insoddisfatta l’esigenza fondamentale del lettore erudito settecentesco ». 3 Altre critiche venivano dal camaldolese Angelo Calogerà, esponente autorevole del giornalismo erudito, promotore, insieme al letterato Girolamo Zanetti delle « Memorie per servire all’istoria letteraria » e in seguito collaboratore del giornale « La Minerva », diretto dall’abate Jacopo Rebellini, che riprendeva il modello dello Zeno nell’impostazione generale, dando prevalenza agli argomenti eruditi e religiosi. 4 Il Calogerà, che in un primo tempo aveva deinito « buonissimo » l’istituto della « Galleria » zeniana, imputava lo scarso successo del periodico alle leggerezze dei librai, che promuovevano libri da segnalare nella « Galleria » per ini esclusivamente commerciali ; simili giudizi esprimevano Mafei, Emanuele Cicogna, il Negri, che la consideravano un « guazzabuglio di cento cose diverse », uno « zibaldone ». 5 Non tutto, però, era così negativo nella rivista. Meritano di essere messe in risalto le innovative riproduzioni iconograiche che corredavano soprattutto gli articoli scientiici. Di ciò va dato merito all’Albrizzi. Non è un caso che il primo numero della « Galleria » si apra con una vignetta che raigura una biblioteca frequentata da studiosi. La stessa immagine della « galleria » e dell’esposizione in una galleria vivente, aveva l’intento di attrarre gli eruditi con l’immagine. Il ricorso a « intagli de’ Rami opportuni à suoi luochi » si ritrovava nel titolo stesso, mentre nella premessa Albrizzi assicurava che non avrebbe risparmiato fatica né « per la correzione, e per la nobilità delle Stampe, né per la inezza, e l’abbellimento dei rami ». 6 Nella « Galleria », dunque, trovavano spazio diverse tipologie di pregiate illustrazioni, espresse in molte varietà tecniche, tra cui xilograie e incisioni in rame. 7 1 4 6 7 Cfr. R. Saccardo, op. cit., p. 17. 2 Ibidem. 3 Cfr. R. Saccardo, op. cit., p. xi. Cfr. M. Liuccio, op. cit., p. 35. 5 Cfr. F. Negri, op. cit., 1816. Cfr. D. Levi, L. Tongiorgi Tomasi, op. cit., p. 195. In linea con la fruizione delle gazzette, da parte dei governi, per ini di propaganda politica degli eventi dalla «galleria di minerva» a «giornale de’ letterati» 161 Gli articoli del Vallisneri, 1 del Coronelli, del matematico e astronomo Geminiano Montanari, accompagnati da splendidi disegni e visualizzazioni d’ausilio e commento visivo all’esposizione di temi e argomentazioni, sono ciò che di meglio poteva ofrire l’editoria e la pubblicistica scientiico-erudita del ’700. Del resto i contenuti appartenevano all’ambito scientiico : vi si trovavano estratti di libri di argomento medico, isico, matematico, geograico, agricolo, ed esperimenti scientiici, che si sommavano con equilibrio non sempre riuscito con quelli letterari. Non solo le opere degli amici, come la Cremona letterata del citato Francesco Arisi, gli eruditi Discorsi sull’antiquaria del ferrarese Girolamo Barufaldi o le Lettere di Camillo Silvestri, ma trovavano posto le Vite degli uomini illustri (Trissino, Guarini, Vallisneri), e la divulgazione di opere dantesche rare : il De vulgari Eloquentia (1696), 2 nella traduzione di Gian Giorgio Trissino, e la princeps dell’Epistola xiii a Cangrande della Scala (1700), 3 quest’ultime opere studiate a fondo dallo Zeno, nello spirito della generale rinascita di Dante. Si aggiungevano anche contributi di altra natura, come quello di Nicodemo Martellini sulle cause del terremoto, sui fulmini, su Marte e sui pianeti, sugli acidi, sull’amianto, sulle nuove invenzioni di tubi ottici, sull’origine delle pulci, o sull’invasione dei topi nelle campagne di Roma nel 1690. 4 « La Galleria » accoglieva ulteriori illustrazioni scientiiche ; basti come esempio le tavole sugli strumenti in longimetria, sui citati tubi ottici, sul lusso e rilusso del mare, a cui si aggiungevano disegni riguardanti nuove scoperte, che illustravano « un’alga marina », certe « pietre cotte » antiche ritrovate ad Oderzo, ma esponevano anche suggerimenti sulla potatura degli alberi o afrontavano argomenti divulgativi, come « fabbricar una sedia » o addirittura sull’uso dei cimieri delle donne. 5 Gli argomenti di antiquaria, tipicamente settecenteschi, erano trattati e accompagnati da disegni e visualizzazioni che riguardavano soprattutto le medaglie e il loro studio. 6 Zeno curava questo settore come un vero numismatico, con scambi di bellici, l’illustrazione a corredo del testo trovò in Albrizzi un anticipatore già nel 1686 con la pubblicazione del Giornale dal campo cesareo di Buda, che riportava immagini incise di fortezze e battaglie : « il più fortunato tra i tanti giornali militari di questi anni, l’unico che ebbe la struttura di un periodico non eimero e che segnò un’evoluzione della forma giornalistica, introducendo nel modello del giornale militare, oltre ad elementi della gazzetta di informazione politica, alcuni caratteri formali tipici del giornalismo letterario, dal formato in dodicesimo ad una maggiore cura editoriale » ; cfr. m. infelise., Prima dei giornali, Roma-Bari, Editori Laterza, 2002, pp. 131 e sgg. 1 Cfr. Sagio | De Dialoghi sopra la curiosa origine di molti Insetti | Del Medico Filosofo | Antonio Vallisneri, « La Galleria di Minerva », i, parte vi, pp. 245-256 e parte x, pp. 297-328. 2 Cfr. « La Galleria di Minerva », i, parte ii, pp. 63-64. Cfr. C. Griggio, « La Galleria di Minerva »e Dante, in Studi in onore di Nicolò Mineo, promossi da Gabriella Alieri, Enrico Iachello, Paolo Manganaro, Maria Dora Spadaro, coordinati da Salvatore Claudio Sgroi e Salvatore Carmelo Trovato, 2005-2008 (« Siculorum Gymnasium », n.s. a. lviii-lxi, i) pp. 921-929. 3 Ivi, iii, parte vi, 1700, p. 219. 4 Cfr. rispettivamente : « La Galleria di Minerva », iii, parte i, pp. 9-28 ; i, parte ix, pp. 381-388 ; i, parte vi, p. 188 ; i, parte vi, pp. 170-186 ; i, parte ii, p. 11 ; i, parte iv, pp. 105-115 ; ii, parte viii, pp. 293-296 ; ii, parte iii, p. 243. 5 Cfr. rispettivamente : « La Galleria di Minerva », i, parte vi, pp. 227-229 ; ivi, parte iv, pp. 105-115 ; iii, parte iv, p. 240 ; ivi, parte iii, p. 45 ; ii, parte iv, p. 121 ; ivi, parte viii, pp. 352-357 ; i, parte vi, p. 231 ; ii, parte iii, pp. 87-102. 6 Cfr. « La Galleria di Minerva », iv, parte v, p. 100 ; ulteriore testimonianza dello Zeno per l’antiquaria e le monete è testimoniata anche nella Prefazione di Jacopo Morelli al vol. i delle Lettere dello Zeno, p. xiv : « Dallo stesso Mons. Trieste ebbi pure gli originali delle molte Lettere al P. Baldini indiritte ; colle quali pre- 162 fabiana di brazzà informazioni e giudizi che coinvolgevano eruditi di ambiente friulano (come Basilio Asquini o Domenico Fontanini). 1 L’interesse per le medaglie e l’antiquaria durerà anche oltre la metà del Settecento, con rapporti tra l’ambiente friulano e quello cremonese in particolare, dove risiedeva il canonico Antonio Dragoni, noto come il « falsario di Cremona ». 2 Il complesso delle rappresentazioni igurative di tipo letterario, e quelle scientiiche della « Galleria », costituisce un patrimonio interessante e prezioso della rivista. Per questa attenzione all’apparato iconograico « La Galleria » rappresenta un caso precocissimo di giornale illustrato ed eclettico. Forse anche questo aspetto, dell’eccessivo eclettismo, fu uno dei motivi ad allontanare lo Zeno dalla rivista, lui, che nel fondo fu letterato « puro ». 3 Evidentemente lo Zeno si era accorto della debole risonanza che essa stava riscuotendo, se a partire dal terzo tomo il suo nome non compare più, proprio in corrispondenza della vivace polemica, non più latente, emersa tra lui e l’Albrizzi ; occorre notare che tale polemica non inluenzò, in ogni caso, i rapporti dello Zeno con gli amici collaboratori, segno della stima di cui godeva universalmente e illimitatamente. La ine della collaborazione dello Zeno è da ricercarsi anche nelle economie fatte dalla rivista a detrimento della qualità e da vere e proprie diicoltà economiche. 4 Così dovette pesare l’insoddisfazione per la mancata edizione di scritti letterari inviati di amici eruditi, che spesso lo Zeno sosteneva a sue spese, aspetto questo che determinò una contrazione delle richieste del periodico e un disinteresse da parte dei zioso regalo certamente si fa al pubblico, perciocché tutte versano sopra Medaglie antiche, e danno prove viepiù manifeste del gran sapere dello Zeno in fatto di cose tali, di cui, se le Lettere si voglion eccettuare, appena d’altronde se ne ha convincente prova : e pure tanto egli accarezzava questo studio, e compiacevasi di mostrarsene intelligente, che nel suo ritratto fatto mentr’ei viveva, da Giuseppe Nazari, ed or insieme co’ libri suoi custodito, dal quale fu anco tratto quello che al principio di questo volume si vede, si lasciò egli dipingere con antiche Medaglie dinanzi e con uno de’ libri del Vaillant […] in mano ; dando quasi a vedere, che fra le molte e varie cognizioni, delle quali era fornito, accordava la preferenza alla Numismatica ». 1 Cfr. Biblioteca Bartoliniana di Udine, Fondo Bartolini, ms. 156 : due lettere dello Zeno, la prima a Basilio Asquini datata « Venezia, 5 marzo 1738 », la seconda a Domenico Fontanini datata « Venezia, 13 maggio 1742 » ; cfr. inoltre Delle masnade, e d’altri servi secondo l’uso de’ Longobardi. Ragionamento di Giusto Fontanini, steso in una lettera all’Illustrissimo signor Girolamo de Puppi, in Venezia, per Girolamo Albrizzi, 1698 ; cfr. L. Di Lenardo, Fontanini, Giusto, in Nuovo Liruti. Dizionario biograico dei Friulani. L’Età veneta. 2, a cura di C. Scalon e C. Griggio, Udine, Forum, 2009, in particolare pp. 1143-1144. 2 Dragoni don Antonio o don Antonino apparteneva al ramo piacentino della famiglia di cui esisteva un altro ramo in Friuli ; compì i suoi studi nel collegio Alberoni di Piacenza e divenne canonico primicerio della cattedrale di Cremona ; si dedicò agli studi storici ed ecclesiastici, componendo dissertazioni dogmatiche, panegirici, novelle, ecc. ; fu accusato di falsiicazione di documenti medievali relativi alla storia civile ed ecclesiastica di Cremona ; cfr. L. Mensi, Dizionario Biograico Piacentino, Piacenza, Tipograia Editrice Ditta A. Del Maino, 1899, p. 169 ; Bibliograia generale delle antiche province parmensi, a cura di Felice da Mareto, ii, Parma, Deputazione di Storia Patria, 1974, p. 369 ; M. R. Cortesi, Libri, memoria e Cultura a Cremona (secoli ix-xiv), in Storia di Cremona. Il Quattrocento. Cremona nel Ducato di Milano (1395-1535), a cura di G. Chittolini, Comune di Cremona, Banca Cremonese-Credito cooperativo, 2008, in particolare p. 198 e sgg. Il Fondo Dragoni, cospicuo, contenente documenti relativi alla frequentazione come studente e ai rapporti che intrattenne con l’ambiente piacentino, si trova in : Registri o Volumi dell’Archivio del Collegio Alberoni di Piacenza. 3 Cfr. D. Levi, L. Tongiorgi Tomasi, op. cit., p. 208. 4 Cfr. A. Zeno, op. cit., lettera al Magliabechi datata « Venezia, 15 novembre 1698 », n. 31, p. 55 : « Questo ordinario non le invio il Tassoni, conforme avea creduto di farlo, perché vi mancava l’ultimo foglio dell’errata a inirsi, ma per lo venturo ordinario lo trasmetterò senza fallo. In esso vi sarà il suo Mss., una copia stampata legata in pergamena, l’Opuscolo del Gronovio da me letto e ammirato, ma non impresso nella Galleria per la troppa spesa dei rami ». dalla «galleria di minerva» a «giornale de’ letterati» 163 collaboratori. Nonostante questa sua progressiva emarginazione, lo Zeno continuò tuttavia a prestare il suo aiuto, anche se ‘dietro le quinte’, e se « La Galleria » riuscì a sopravvivere alle critiche, lo dovette al fatto che, nonostante i suoi limiti evidenti, rappresentava pur sempre un ausilio alla difusione e all’informazione bibliograica. Lo Zeno continuò, ad esempio, a spendersi perché il Maggi rendesse noto al pubblico le sue composizioni ; 1 siamo nel 1699 e lo Zeno, pur preferendo tenersi nell’ombra, come si evince da una lettera successiva del 1701 al Magliabechi, cercava di favorire la pubblicazione delle opere che gli venivano dagli amici. Afermava la sua volontà di non prendersi « alcun travaglio di quel mal digerito zibaldone di cose », 2 se non quando si trattasse « di servire gli amici, che mi comandano, o i letterati, che mi favoriscono, essendo per altro il libro [« La Galleria »] così impasticciato, che alcuna volta ci dà a leggere ogni altra cosa, fuorché novità letterarie ». 3 Sono, come si vede, posizioni di opportunità, volte ora a sostenere la rivista, ora a criticarla ; a questa data, tuttavia, gli attacchi dello Zeno si fecero più frequenti, e la collaborazione più episodica. Tra il 1699 e il 1701 non ci risultano lettere che riguardino « La Galleria », e come scrive il Negri : « ne’ Volumi della « Galleria », che andarono posteriormente uscendo [si intende dopo i primi due tomi], il suo nome più non si vede », 4 da cui possiamo dedurre che forse il legame si andava esaurendo. Nel 1703, nella lettera al Marmi, lo Zeno tornò sulla « Galleria » con toni caustici, deinendola una « scempiaggine » che « non è assolutamente né mia opera, né mia idea » 5 e un anno dopo, scrivendo al Magliabechi, sottolineava il suo giudizio sull’Albrizzi, considerato un « mercatante », che « erami molto scaduto di amicizia per certi disgusti che aveva da lui ricevuti, onde che io non aveva più la menoma parte nella « Galleria », dove sempre per altro ce ne ho avuta pochissima ». Ennesimo caso di dissapore fra autore ed editore. Nel 1705 lo Zeno annunciò al Marmi il nuovo progetto, quello di : « un Giornale delle cose letterarie d’Italia », poiché « “La Galleria di Minerva” non ha più credito, ed è piuttosto un guazzabuglio mal composto, che una ben condita vivanda : disgusta il palato e fa nausea ; come che di quando in quando vi entri qualche coserella che solletichi il gusto ». 6 Consapevole del rapido declino, infatti, l’Albrizzi, nel 1708, nella prefazione al tomo vi, vedendo il nascere di molte Accademie Sperimentali in paesi stranieri, richiamava con tono accorato gli intellettuali ainché continuassero a collaborare : Non è stata così sterile, e povera la mia « Galleria », come molti hanno creduto, e credo sarà sempre più ricca, e strepitosa per l’avvenire. Si procurerà di far scielta de’ migliori Componimenti, che saranno mandati, e se si fosse mancato in qualche cosa nel passato, di supplire esattamente nel presente, e ne’ futuri Volumi […]. È una « Galleria », che vuol dire una Raccolta d’ogni specie di cose, che per renderla piena, e riguardevole, non basta, che sieno tutte gemme. Bisogna che vi sia il diletto per i men dotti, e per ogni sorta di dotto. Prego dunque nuovamente i benigni letterati d’Italia a inviarmi i loro Componimenti di manoscritti, e di Libri poco fa usciti o che sieno per uscire alla luce, che si procurerà di stampare il tutto con 1 2 3 5 6 Cfr. A. Zeno, op. cit., lettera al Muratori datata « 9 maggio 1699 ». Ivi, lettera al Magliabechi datata « 28 maggio 1701 ». Ivi, lettera al Magliabechi datata « 16 luglio 1701 ». 4 Cfr. F. Negri, op. cit., p. 84. A. Zeno, op. cit., i, lettera datata « Venezia, 14 Aprile 1703 », i, pp.147-148. Cfr. A. Zeno, op. cit., lettera datata « 19.12.1705 », n. 147, p. 354. 164 fabiana di brazzà la correzione possibile, non defraudando alcuno del suo nome, e della dovuta lode. Anch’io farò la mia parte, dando notizia di tutti i libri, e stranieri, e dimestici, ch’escono dai Torchi, e facendone fare l’estratto, o almeno accennandoli. 1 Si evince il carattere della rivista strumento di difusione e divulgazione per un pubblico non necessariamente colto. È qui credo che dovette manifestarsi il deinitivo dissenso con lo Zeno, che pure credeva nella divulgazione, a livello, però, di notevole controllo scientiico. Preso atto dei contrasti che costrinsero lo Zeno a lasciare la rivista, a rompere i rapporti con l’Albrizzi assumendo una posizione di distacco e di silenzio, bisogna in ogni caso riconoscere che nella sua formazione, « La Galleria » ebbe una funzione non irrilevante – osserva il Piccioni – : « “La Galleria” fu come una palestra letteraria, in cui potè addestrare le sue forze e ailare le sue armi, per presentarsi, quando si sentì tanto ricco di vigore e di esperienza, da potersi egli stesso mettere a capo di un’impresa ardua e faticosissima, in quel pubblico agone della letteratura periodica, in cui colse meritamente gli allori più onorevoli ». 2 1 Cfr. Prefazione in « Galleria di Minerva », cit., vi. 2 Cfr. L. Piccioni, Il giornalismo letterario in Italia. Sagio storico critico, giornalismo erudito accademico, i, Torino-Roma, 1894, p. 65 ; cfr. anche Epistolario di L. A. Muratori, 1706-1710, edito e curato da M. Càmpori, iii, Modena, con i Tipi della Società Tipograica Modenese, mcmx, p. 1210, dove il Muratori esprime il suo giudizio positivo sul giornale dello Zeno : lettera datata « Modena, 6 Novembre 1710 » : « Ho letto il terzo “Giornale”, che sempre più mi piace, trovandovi io tutto quel buon gusto, sano giudizio, e buon garbo che raccomanda ai lettori i giornali più famosi, che oggidì abbia l’Europa erudita. Me ne rallegro e più con esso voi mi rallegro per le utilissime giunte, che voi andate facendo alla storia letteraria, essendomi fra l’altre sembrata esquisita la spettante all’Alcionio. Seguitando in tal maniera, anche gli oltramontani si innamoreranno di cotesta vostra fatica ».