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La guerra d'Algeria sulla schermo

La guerra d'Algeria sullo schermo Introduzione "La Guerra d'Algeria sullo schermo" non è un argomento che può essere trattato nella sua totalità e in maniera esaustiva in questa sede dal sottoscritto per diverse ragioni. Mi limiterò dunque ad analizzarne la parte riguardante i lavori, principalmente francesi ma non solo, che sono stati trasmessi nei cinema d'oltralpe. 1. Il rifiuto della guerra in Francia: censura e autocensura. Per affrontare il tema della «guerra d'Algeria sullo schermo» una premessa è indispensabile per comprendere a fondo la problematicità e la complessità di questo argomento. La guerra d'Algeria1 in Francia non sarà riconosciuta come tale fino al 1999 quando, con una legge specificamente concepita2, il Parlamento rimpiazzerà l'espressione «opérations effectuées en Afrique du Nord» (operazioni effettuate in Africa del Nord) con il termine ormai storico di «guerre d'Algérie». Punto su cui bisogna, a mio avviso soffermarsi per meglio interpretare ciò che incontreremo strada facendo è che la Francia, che è la protagonista di questa analisi, è dunque una nazione che per gran parte del periodo qui analizzato, ovvero fino a trentasette anni dopo la fine di quel conflitto, aveva utilizzato le espressioni più svariate per definirlo senza mai riconoscerlo e accettarlo per quello che era. «Benjamin Stora, che ne ha elencate le principali, mostra come siano state impiegate, in successione, le denominazioni rassicuranti di: «avvenimenti dopo l'avvio delle azioni armate del Fronte di liberazione nazionale nel Novembre 1954; operazioni di polizia, fino 1 Adotto in questa sede la locuzione guerra d'Algeria senza virgolette così come viene correntemente impiegata in Francia per facilitare la comprensione e rendere più scorrevole la lettura, nonostante sia ben consapevole dell'acceso dibattito riguardo una sua comune definizione, dato che in Algeria in ambito storiografico si preferisce utilizzare la locuzione guerra d'indipendenza o addirittura fino a poco tempo fa rivoluzione. Per un quadro storico generale abbastanza approfondito della guerra d'Algeria si consiglia il volume di B. Stora, La guerra d'Algeria, il Mulino, Bologna 2009. 2 Una legge "semantica" che prevede la sostituzione, nei documenti ufficiali come nel linguaggio pubblico, delle varie espressioni fin lì impiegate per indicare il conflitto con l'esplicita dicitura di «guerre d'Algérie». Cfr. legge n. 99-882 del 18 Ottobre 1999 consultata on line all'indirizzo: http://legifrance.gouv.fr/affichTexte.do? cidTexte=JORFTEXT000000578132 . 1 alla sollevazione contadina del 20 agosto 1955 nella regione di Costantina; azioni di mantenimento dell'ordine dopo il voto dei poteri speciali (marzo 1956) e l'invio di tutto il contingente in Algeria; operazioni per il ristabilimento della pace civile, durante la terribile battaglia di Algeri, nel corso del 1957; pacificazione, durante tutti gli anni che condussero all'indipendenza algerina.»3 Si comprende bene che per la società francese è stato, ed è tutt'ora, molto difficile digerire questo episodio della propria storia per quello che è: una vera e propria guerra coloniale con tutte le sfaccettature tragiche e feroci e le conseguenze che questo modello di guerra comporta. Dopo questa premessa indispensabile possiamo cominciare a distinguere diverse fasi all'interno della produzione cinematografica sulla guerra d'Algeria: la prima comprende tutta la produzione a partire dall'inizio della guerra (novembre 1954) fino alla sua fine (1962). La censura ha giocato sicuramente un ruolo importante in questo periodo estremamente delicato della storia francese, ma come nota il più grande storico francese d'Algeria, Benjamin Stora «messi da parte qualche film, cortometraggi o documentari […] i cineasti francesi non hanno veramente girato dei film né scritto delle grandi sceneggiature sulla guerra d'Algeria mentre si stava combattendo»4. Solamente dopo il 1956, dopo l'attribuzione dei «poteri speciali» ai militari e l'invio del contingente dei coscritti, la guerra d'Algeria provocherà un'opinione nella società civile che non vuole credere che la propria patria possa essere nella posizione d'opprimere, di torturare e di negare la libertà a un popolo che la domanda ad alta voce. Le parole dell'allora ministro dell'interno François Mitterand: «l'Algérie c'est la France et la France ne reconnaîtra pas chez elle d'autre autorité que la sienne [l'Algeria è la Francia e la Francia non riconoscerà al suo interno altre autorità che la propria]», pronunciate il 7 novembre 1954, sono indicative di ciò che succederà negli anni che seguiranno. Tutto ciò si rifletterà nel cinema. I rari film che nel corso di questi anni proveranno a parlare di ciò che succedeva in Algeria, anche solo come sfondo, saranno in ogni caso censurati, almeno fino alla fine del conflitto. Il primo regista che si lancerà nella «battaglia di denuncia della guerra»5 sarà René Vautier con il cortometraggio Algérie en flammes [Algeria in fiamme] nel 1957 che sarà naturalmente censurato come tutte le sue opere militanti. La censura agisce con cura, un sistema multiforme creato dopo la Seconda Guerra Mondiale controlla la produzione cinematografica. Una commissione, composta in parti uguali da funzionari e da rappresentanti della professione, è incaricata di esaminare e eventualmente di concedere un visto per la proiezione pubblica. Per di più «il ministro può sempre, per delle ragioni “d'ordine pubblico”, 3 B. Stora, La Gangrène et l'oubli. La mémoire de la guerre d'Algérie, La Découverte, Paris 1991, p. 13, citato in A. Brazzoduro, Soldati senza causa. Memorie della guerra d'Algeria, Laterza, Roma-Bari 2012, p. 161, corsivo suo. 4 B. Stora, Imaginaires de guerre. Les images dans les guerres d'Algérie et du Viêt-nam, La Découverte, Paris 2004, p. 111. Questa traduzione, come le seguenti dal francese all'italiano sono mie. 5 B. Stora, Imaginaires de guerre, cit., p. 116. 2 passare sopra alla decisione della commissione [e decidere di bloccare un film]. […] A questa censura centrale si aggiunge quella dei sindaci»6. È evidente che in queste condizioni i produttori cinematografici, prima di investire i loro soldi in film ai quali, quasi sicuramente, verrà negato il visto o verrà vietata la visione ai minori di sedici o diciotto anni, ci rifletteranno per bene e a conti fatti si rifiuteranno di trattare la guerra d'Algeria come soggetto, finendo in questo modo per autocensurarsi. Il primo film che parlerà di questa guerra «di cui non si parla», sarà realizzato da Jean-Luc Godard nel 1960 (sei anni dopo l'inizio della guerra!): Le petit soldat. La storia si sviluppa significativamente in Svizzera, quindi né in Francia né in Algeria. La guerra non è pertanto mai mostrata, resta soltanto come tela di fondo. Al suo interno c'è una lunga scena di tortura (circa 15 minuti) che però vede nel ruolo di seviziatori dei membri del Fronte di Liberazione Nazionale (Front de libération nationale) e non dei francesi. La guerra si immagina, viene percepita, suggerita ma in fin dei conti non la si vede mai concretamente. In ogni caso Le petit soldat sarà censurato, uscirà solo nel 1963 quando la guerra sarà già finita e gli algerini avranno dolorosamente ottenuto la loro indipendenza. Ma le critiche che gli verranno scagliate contro arriveranno principalmente dalla sinistra comunista, con l'accusa di non essere abbastanza schierato a favore dell'indipendenza e di gettare discredito sul FLN. Bisogna comunque riconoscere a Godard di essere stato uno dei rarissimi registi che hanno deciso di affrontare, anche se a suo modo, il soggetto della guerra algerina quand'essa era ancora in pieno svolgimento e forse in una delle sue fasi più critiche. Nel 1957 sarà vietata la proiezione nelle sale francesi del film di Kubrik, Paths of glory [Orizzonti di gloria]. Nonostante non sia un film francese è importante per capire la situazione e in che modo la censura agiva: un film antimilitarista su un fatto estremamente drammatico accaduto all'interno dell'esercito francese durante la Prima Guerra Mondiale, in piena guerra d'Algeria è inaccettabile; uscirà una quindicina d'anni dopo, nel 1973. «È questa censura, formulata come una difesa dello Stato francese, che spiega la rimozione ulteriore di qualsiasi riconoscenza della guerra d'Algeria»7. Un'altra vittima della censura sarà il film di Claude Autant-Lara, L'objecteur [L'obiettore] (che sarà presentato al Festival di Venezia nel 1961 con il titolo Tu ne tueras point [Non uccidere] presentato come un film jugoslavo), «questa «arringa» pacifista non uscirà che nel 1963, amputata di tredici sequenze»8. 6 Ibidem, p. 112. 7 Ibidem, p. 118. 8 Ibidem, p. 111. 3 2. Il dopoguerra: «troppo poco, troppo tardi»9 La sensazione di un'assenza di rappresentazione si prolunga anche durante gli anni sessanta, «la guerra, infatti, per quanto percettibile come tela di fondo, o anche elemento narrativo centrale, resta sempre confinata fuori campo, irrappresentabile»10. Come Stora ha ben notato «le immagini cinematografiche» nel dopoguerra «non si sono veramente impresse nella coscienza collettiva francese» nonostante numerosi film siano stati girati, «il sentimento sconcertante di un'assenza di questa guerra nel cinema francese s'instaura»11. L'assenza è in realtà soltanto apparente, poiché più di quaranta film francesi hanno direttamente trattato la guerra d'Algeria negli ultimi cinquant'anni. In particolare durante gli anni sessanta, sono numerosi quelli che trattano più o meno direttamente la questione della guerra: Le petit soldat (1963, ma realizzato nel 1960), Adieu Philippine (1963, ma realizzato nel 1960), Le Sahara brule (1960), Les distractions (1960), Chronique d'un été (1961), Les lâches vivent d'espoir (1961), Cléo de cinq à sept (1962), Le combat dans l'île (1962), La dénonciation (1962), Les carabiniers (1963), Le Joli mai (1963), Muriel (1963), Tu ne tueras point (1963, ma realizzato nel 1961), La belle vie (1963), L'insoumis (1964), Les parapluies de Cherbourg (1964), Objectif cinq cent millions (1966), Les têtes brulées (1967), Adieu l'ami (1968), Le paria (1968)12. I primi film che mostreranno la guerra, o almeno l'Algeria, durante gli anni sessanta, saranno tre film stranieri: Les oliviers de la justice di James Blue, Lost command [Né gloria né onore] di Mark Robson e La battaglia di Algeri, di Gillo Pontecorvo. Les oliviers de la justice è una storia piednoir13 sulla riconciliazione tra le comunità, sfortunatamente uscito nelle sale al momento del rimpatrio di quasi un milione di europei, coincidenza che ne determinerà l'insuccesso. Gli altri due sono stati entrambi prodotti nel 1965: Lost command è il primo war film (come canone americano riconosciuto) sulla guerra d'Algeria, con un cast eccezionale che annovera attori come Anthony Quinn e Claudia Cardinale ma anche francesi come Alain Delon, Michèle Morgan e Maurice Ronet. 9 Ibidem, p. 175. 10 A. Brazzoduro, Il nemico interno. La guerra d'Algeria nel cinema francese, in «Passato e Presente», a. XXVII (2009), n. 76, p. 132 - 133. 11 B. Stora, Imaginaires de guerre, cit., p. 175. 12 Questa lista è stata presa dal volume di P. Ory, L'Algérie fait écran, in J.-P. Rioux (sotto la direzione di), La guerre d'Algérie et les français, Fayard, Paris 1990, p. 675 - 676. 13 Con il termine pieds-noirs si intendono, nel linguaggio corrente francese, i coloni francesi d'Algeria rimpatriati al termine della guerra e del riconoscimento dell'indipendenza algerina nel 1962. Centinaia di migliaia di contadini poveri francesi a partire dal 1830 (anche se dovettero affrontare più di trent'anni di ostinata guerriglia prima di conquistare completamente il paese) si erano trasferiti al di là del Mediterraneo e avevano ricevuto le migliori terre algerine. Erano chiamati pieds-noirs [piedi neri], sporchi perché scalzi. In patria erano gli ultimi, ma in Algeria erano i padroni. Per un approfondimento su questa comunità vedi M. Cardinal, Les pieds-noirs, Belfond, Paris 1994 oppure J. Hureau, La mémoire des pieds-noirs, Olivier Orban, Paris 1987 oppure J.J. Jordi, 1962: l'Arrivée des pieds-noirs, Autrement, Paris 1995. 4 Il film, nonostante sia una pellicola «profondamente stereotipata (gli eroici soldati francesi) e orientalista (gli algerini sono interpretati da attori “bianchi”: George Segal è Mahidi e Claudia Cardinale è Aïcha)» rappresenta una novità perché riesce per la prima volta a mostrare «le immagini “vere” della guerra (e della tortura)»14. Il registro adottato dal film «neo-realista» italo-algerino di Gilberto Pontecorvo e Franco Solinas è completamente diverso, La battaglia di Algeri, direttamente commissionato dal FLN e prodotto da Saadi Yacef, che interpreta se stesso, è stato girato nella vera e propria Casbah ad Algeri con diversi attori non professionisti, appena tre anni dopo l'indipendenza. Il film di Pontecorvo, ufficialmente uscito nel 1966 - anno nel quale ha vinto il Leone d'oro al Festival di Venezia, mentre la delegazione francese abbandonava il festival in segno di protesta - sarà proiettato pubblicamente solamente il 20 agosto 1970 a Parigi. A causa dei pesanti attacchi della stampa francese il distributore americano (Universal Films) aveva atteso il 1970 per chiedere il visto alla censura. Non fu dunque la censura che bloccò questo film, a cui anzi concesse il visto senza nemmeno troppi problemi, ma la decisione dei direttori delle sale cinematografiche parigine alla vigilia della sua uscita a causa delle proteste delle organizzazioni degli ex-combattenti, i quali, a delle manifestazioni di protesta fecero seguire degli atti di vandalismo contro le sale dei cinema parigini che avevano in programma il film. «Questo film è stato vittima [...] dei complessi meccanismi di autocensura e rimozione che informano l'atteggiamento francese rispetto alla memoria della guerra»15. A partire dal 1968 comincia una nuova fase del cinema francese sulla guerra d'Algeria, una nuova generazione che non ha «combattuto la guerra» direttamente si impone sulla scena politica, la «sinistra anti-colonialista domina il campo della produzione cinematografica»16. Citiamo qui i titoli più importanti: Élise ou la vrai vie di Michel Drach 1970, Avoir vingt ans dans les Aurès di René Vautier 1971, Ras di Yves Boisset 1973, La Question di Laurent Heynemann 1976. Tutti questi film rifiutano le illusioni per affrontare direttamente la guerra e renderla finalmente visibile. Per contro verso la fine degli anni '70 vediamo affermarsi un cinema di rivendicazione, come ha sottolineato Stora, a questo punto tutti i portatori di una memoria algerina reclamano l'accesso alla rappresentazione. «Il problema del dopoguerra d'Algeria non è tanto quello del suo fardello morale estremamente pesante né tanto meno quello del “silenzio” ma piuttosto quello dell'impossibile riconciliazione attraverso le immagini: ogni gruppo portatore di una 14 A. Brazzoduro, Il nemico interno, cit., p. 135. 15 Ibidem. 16 B. Stora, Imaginaires de guerre, cit., p. 186. 5 specifica memoria dell'Algeria vuole andare a vedere il “suo” film, rivivere i “propri” coinvolgimenti disperati o speranze tradite dall'avvenimento ancora vicino. I guardiani della memoria dei morti si mostrano intrattabili»17 Con Le crabe-tambour nel 1977 e L'honneur d'un capitaine nel 1982 Pierre Schoendoerffer si fa interprete della memoria militare della guerra. Alexandre Arcady con Le coup de sirocco del 1979 e Brigitte Roüan con Outremer del 1989 danno voce ai Pieds-Noirs che dopo Les oliviers de la justice di James Blue del 1965 non erano più stati rappresentati sul grande schermo. Per contro nel 1982 Liberty belle di Pascal Kané e l'anno seguente Liberté, la nuit di Philippe Garrel parlano per la prima volta di quei francesi che si oppongono attivamente alla guerra d'Algeria costituendo reti e gruppi di sostegno al FLN18, come il Réseau Jeanson, creando le celebri figure dei porteurs des valises19. Come sottolinea Stora, «l'immagine narrativa, molto forte […] gioca sul registro dell'emozione, dell'affetto. […] Ma la guerra d'Algeria non è ancora entrata nel territorio della distanza ragionata, della spiegazione e dell'informazione, nemmeno negli anni novanta. I film sulla guerra d'Algeria sono fabbricati per una categoria, o parlano partendo da un gruppo portatore di una memoria algerina. […] Questa forma di rappresentazione mira ad allontanare ogni responsabilità nella condotta della guerra»20. La produzione cinematografica prosegue un po' a singhiozzo fino alla metà degli anni novanta, poi un buco nero di dieci anni segna il passaggio al nuovo millennio, nel periodo 1995 - 2005 che con un solo film sarà il momento meno prolifico dalla fine della guerra. Là-bas...mon pays di Alexandre Arcady (lo stesso di Le coup de sirocco) uscito nel 2000 parla del passato e del presente algerino, la guerra d'indipendenza e la guerra civile degli anni novanta, senza però entrare in profondità nell'analisi. «Invece di confrontarsi con le questioni che pone il conflitto algerino, Alexandre Arcady si lascia infatti trasportare da un sentimentalismo adolescenziale […]. Moltiplica i flashback verso i ricordi che conserva dell'Algeria dei suoi 17 anni. Arcady, che l'ha lasciata alla stessa età del suo eroe, è voluto ritornarci attraverso il suo intermediario. […] Ma le vittime algerine di questa sporca guerra, come gli spettatori francesi, avevano il diritto di aspettarsi altro che questo pallido viaggio interiore...»21. Dopo il 2005 usciranno sette film in tre anni: due nel 2005, due nel 2006 e tre nel 2007. Questa 17 Ibidem, p. 190 - 191. 18 Per approfondire questo tema vedi H. Hamon, P. Rotman, Les porteurs des valises, Albin Michel, Paris 1979. 19 I porteurs des valises erano il pilastro di queste reti di sostegno al FLN che agivano come quinta colonna. Il loro ruolo principale era quello di trasportare dei fondi e dei documenti falsi per gli agenti del FLN che agivano nelle città, da qui il nome “portatori di valigie”. 20 B. Stora, Imaginaires de guerre, cit., p. 191 - 192. 21 Estratto della critica di Emma Baus consultato online all'indirizzo http://www.chronicart.com/print_cinema.php? id=54 . 6 esplosione artistica è dovuta a una «nuova fase di rappresentazione e elaborazione memoriale della guerra – e del colonialismo francese in senso lato – che prende avvio tra il 1999 e 2000. […] la guerra tende ad assumere una posizione centrale, nevralgica – e alle volte ossessiva – nel discorso pubblico francese»22. Nel 2005 escono Caché di Michael Haneke pluri-premiato e Nuit noire. 17 Octobre 1961 di Alain Tasma che affrontano entrambi la guerra in maniera indiretta. Il primo evocando gli scheletri nell'armadio di un borghese parigino che da bambino aveva costretto i suoi genitori a non adottare un coetaneo rimasto orfano dopo il 17 Ottobre '61. Il secondo raccontando direttamente la tragedia della notte del 17 Ottobre 1961, divenuta anche celebre come “ratonnade de Paris ou d'Octobre”, in cui morirono, a causa di una ferocissima repressione, un numero imprecisato di Algerini che avevano violato il coprifuoco, loro imposto dalla discussa figura del prefetto parigino Maurice Papon, per manifestare pacificamente a favore dell'indipendenza della loro patria. Nel 2006 nelle sale vengono proiettati La trahison di Philippe Faucon e Mon colonel di Laurent Herbiet, mentre nel 2007 addirittura tre sono i film che parlano d'Algeria: Michou d'Auber di Thomas Gilou, Nocturnes di Henry Colomer, L'ennemi intime di Florent-Emilio Siri. Quest'ultimo rappresenta una vera e propria novità perché è il primo vero war film (secondo i canoni hollywoodiani) francese, un “film d'azione e di guerra” classico. Siri è riuscito a coniugare Hollywood «con la competenza di uno sceneggiatore come Patrick Rotman, che da trent'anni raccoglie la parola degli ex combattenti e ha prodotto alcuni documentari importanti23. Alla base di questa ambiziosa miscela c'era la convinzione che, passati cinquant'anni dagli “avvenimenti”, fosse finalmente giunto il momento per il grande pubblico di accostarsi senza riserve ad un War film sulla guerra d'Algeria»24. Purtroppo non sarà così. Il film, a confronto di altri sullo stesso tema, sarà un flop d'incassi nonostante la critica e l'accoglienza della stampa, in particolar modo «Le Monde» e «Le Figaro», fosse stata, con qualche eccezione, molto positiva. Tra il 2009 e il 2011 escono altri tre film sulla guerra d'Algeria. Hors-la-loi [Uomini senza legge] diretto da Rachid Bouchareb, del 2010, parte dalle origini della tragedia algerina, trattando in apertura un episodio particolarmente doloroso e controverso della storia del colonialismo francese: i massacri di Sétif e Guelma dell'8 maggio 194525. Da questo episodio Bouchareb sviluppa la trama 22 A. Brazzoduro, Il nemico interno, cit., p. 138 - 139. 23 Tra cui L'ennemi intime. États d'armes, 2001 e con B. Tavernier, La guerre sans nom, 1991; ma è stato anche sceneggiatore per Nuit noir. 17 Octobre 1961 (Tasma, 2004). 24 A. Brazzoduro, Il nemico interno, cit., p. 139. 25 L'8 maggio 1945, dopo diversi giorni di manifestazioni di gioia per la fine della seconda guerra mondiale intrise di rivendicazioni nazionali, circa 4mila dimostranti scesero in piazza in queste due città avanzando appunto richieste di indipendenza. Le repressioni furono sconvolgenti, un vero e proprio massacro. Le autorità francesi parleranno di 1165 morti, il governo algerino proporrà il numero di 45mila morti, per gli storici non si è ancora fissato un numero preciso di vittime che variano dai 6/8mila alle «migliaia di morti». Per approfondire la questione vedi: J. L. 7 del film: la storia dei tre fratelli algerini Saïd, Messaoud ed Abdelkader che si intreccia con quella della lotta per l'indipendenza del loro paese. Il film si chiude con l'evocazione di un altro massacro, quello del 17 ottobre 1961 (di cui abbiamo già parlato). Il contestato film di Bouchareb ha nelle sue caratteristiche «la complessità narrativa e il proposito di penetrare la storia dei personaggi dentro la scena della grande Storia, provando a interrogarsi sul labile e incerto confine che separa la giustizia dall'ingiustizia, il bene dal male.»26. Stora ne valutò sommariamente i caratteri positivi notando come esponesse un punto di vista nuovo, quello del vecchio colonizzato o dell'immigrato, e cercasse di stabilire una genealogia della violenza coloniale evocando l'esproprio delle terre e della miseria contadina. Nel 2010 esce poi Djinns, realizzato dalla coppia Hugues Martin e Sandra Martin, e nel 2011 esce Ici on noie les Algériens di Yasmina Adi quest'ultimo sulla tragedia del 17 ottobre 1961. Il filmdocumentario della Adi – che utilizza come titolo una scritta comparsa sulle rive della Senna nei giorni successivi alla tragedia – utilizza dei reperti d'archivio inediti e dando la parola ai manifestanti sopravvissuti a quella notte infernale mette in luce la manipolazione che dell'episodio è stata fatta da parte dei piani alti dello Stato. Episodio che è tornato di estrema attualità dato che finalmente un presidente della Repubblica francese ha preso parola su questo terribile episodio. François Hollande ha rotto il silenzio dicendo che «Le 17 octobre 1961 des Algériens qui manifestaient pour le droit à l'indépendance ont été tués lors d'une sanglante répression. La République reconnaît avec lucidité ces faits. Cinquante et un ans après cette tragédie, je rends hommage à la mémoire des victimes. [il 17 ottobre 1961 degli algerini che manifestavano per il diritto all'indipendenza sono stati uccisi durante una sanguinosa repressione. La Repubblica riconosce con lucidità questi avvenimenti. Cinquantuno anni dopo questa tragedia, rendo omaggio alla memoria delle vittime]»27. È un'inedita presa di posizione quella di Hollande perché è il primo uomo politico con responsabilità di governo ad ammettere che quel massacro ebbe effettivamente luogo. 3. Conclusioni. La storia della rappresentazione cinematografica della guerra d'Algeria, di cui abbiamo analizzato solo una piccola parte, non è una storia lineare. Come abbiamo potuto vedere non si può parlare di Planche, Sétif 1945, histoire d'un massacre annoncé, Perrin, 2006 26 M. Gandolfi, La decolonizzazione dell'Algeria riletta come un'epica gangster, Mymovies.it consultato online all'indirizzo http://www.mymovies.it/film/2010/uominisenzalegge/ . 27 F. Hollande attraverso un comunicato ufficiale diffuso dall'Eliseo consultato online all'indirizzo: http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2012/10/17/Francia-Hollande-riconosce-repressionealgerini-Parigi-1961_7648037.html 8 un buco nero nella rappresentazione della guerra d'Algeria nel cinema francese, ma piuttosto di un rapporto molto complicato e problematico tra esso e la guerra, che riflette emblematicamente, a mio modo di vedere, il rapporto che la coscienza pubblica francese ha avuto e ha tutt'ora con questa guerra. Una guerra senza nome o meglio, non riconosciuta come tale per più di quarant'anni, una guerra “sporca”, atrocemente combattuta da entrambe le parti, che ha segnato in maniera traumatica una generazione intera di giovani francesi (sono circa 1 milione e 200 mila i coscritti sbarcati in otto anni di guerra) e una popolazione intera (quella algerina). La denuncia pubblica della tortura, che l'esercito francese utilizzava abitualmente durante i cosiddetti interrogatori “musclés”, aveva sconvolto tutto il mondo ed è uno dei fattori che più hanno contribuito a complicare, rifiutare la rielaborazione e l'accettazione di questo capitolo doloroso e vergognoso della storia francese. Il rapporto complicato tra cinematografia e guerra d'Algeria si è espresso attraverso differenti fasi: da una totale negazione della guerra, complice una censura di Stato abbastanza attiva fino ad arrivare alla rappresentazione della guerra tramite il canone hollywoodiano del war film (L'ennemi intime 2007). «Perché non si è costruita in Francia una memoria in immagini della guerra d'Algeria? Perché dopo ogni successo momentaneo, gli spettatori si sono subito allontanati dal loro passato algerino?»28 si domanda Stora. Le ragioni profonde della storia turbata della rappresentazione cinematografica «vanno piuttosto cercate da un lato nei caratteri propri del cinema francese successivo al maremoto della Nouvelle Vague, certo non incline alle grandi narrazioni (autocelebrative o meno), e dall'altro nella peculiarità della guerra d'Algeria»: di natura eminentemente politica ed ideologica, la sua complessità di “inammissibile” conflitto interno che racchiude dentro di sé tre guerre (franco-algerina, francofrancese e algero-algerina) e «infine l'intimo rapporto tra colonialismo e modernità (e la difficoltosa elaborazione di questa eredità nel presente)»29. «Questa guerra resta profondamente intima, poco comunicabile»30. La difficoltà a riconoscere le ragioni e la sofferenza dell'altro si è tradotta nell'impossibilità di elaborare una memoria autentica e comune. La storia della guerra d'Algeria è dunque rimasta a lungo la storia di un impossibile consenso. […] Affinché un “epopea” cinematografica possa riportare l'adesione di un pubblico molto ampio, bisogna che si liberi un soffio d'unanimità culturale o ideologica»31. 28 29 30 31 B. Stora, Imaginaires de guerre, cit., p. 181. A. Brazzoduro, Il nemico interno, cit., p. 142. B. Stora, Imaginaires de guerre, cit., p. 185. Ibidem, p. 190 - 192. 9 Bibliografia BRAZZODURO Andrea, Il nemico interno. La guerra d'Algeria nel cinema francese, in «Passato e presente», a. XXVII (2009), n. 76, pp. 127 - 142. BRAZZODURO Andrea, Soldati senza causa. Memorie della guerra d'Algeria, Laterza, Bari 2012. ORY Pascal, L'Algérie fait écran, in RIOUX Jean-Pierre (sous la direction de), La guerre d'Algérie et les français, Fayard, Paris 1990, pp. 572 - 581. STORA Benajmin, La guerra d'Algeria, Il Mulino, Bologna 2009. STORA Benjamin, Imaginaires de guerre. Les images dans les guerres d'Algérie et du Viêt-nam, La Découverte, Paris 2004, solo la parte sull'Algeria. STORA Benjamin, Le cinéma en France et la guerre d'Algérie: résoudre l'absence de l'autre, Mediapart, 15 Mai 2010, consulté par internet à l'adresse: http://blogs.mediapart.fr/blog/benjaminstora/150510/le-cinema-en-france-et-la-guerre-d-algerie-resoudre-l-absence-de-l-a . 10