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La storia del fascismo italiano è ormai abbastanza nota. Gli studi sui meccanismi e le motivazioni, per così dire, culturali del fenomeno sono invece in pieno sviluppo. Questi vertono, tra l’altro, a riconoscere una certa modernità al fascismo che, in quanto movimento e regime totalitario, è stato definito una « religione politica », disponendo di un proprio mondo estetico, di un proprio culto. All’inizio di questo studio esporremo brevemente tale carattere moderno, cultuale e totalitario del fascismo italiano, per passare ad analizzare l’importanza riconosciuta al passato, italiano e soprattutto romano, che si può riassumere nella nozione di romanità, in rapporto alla suddetta natura totalitaria e moderna del fascismo. Non è nostra intenzione presentare uno studio totale sull’importanza del mito della romanità sotto il fascismo, lavoro che peraltro è già stato fatto da molti studiosi; vogliamo solo evidenziare alcuni aspetti che hanno segnato la storiografia sul fenomeno, per poi illustrare il ruolo svolto dall’Istituto di Studi Romani, ed alcuni aspetti sconosciuti del rapporto di amicizia tra il suo fondatore, Carlo Galassi Paluzzi, e il gerarca fascista Giuseppe Bottai. La focalizzazione sull’Istituto e sulla relazione Galassi Paluzzi-Bottai fa sì che il presente studio non verta solo su un’importante manifestazione di politicizzazione della cultura, ma anche su alcuni aspetti del ruolo che definiremmo imprenditoriale, nel campo della cultura, durante la modernità totalitaria fascista, in un clima in cui si glorificò e si strumentalizzò un lontano passato con lo scopo di creare un futuro nuovo, italiano e fascista.
2022
The question of the persecution of Jews by fascism has been at the centre of historiographical debate for years now. This paper focuses on the reaction and interpretation that one of Italy’s main cultural institutes between the two world wars gave to Italian fascism. The Institute of Roman Studies, which counted leading Italian scholars among its collaborators, quickly welcomed the new fascist line and associated it with the tradition and myth of Rome. The paper demonstrates how in its policies an idea of race took shape and came very close to the Roman-national racism of Nicola Pende and Giacomo Acerbo. The aim was to shape a «respectable» vision capable of finding an ideological synthesis that could dialogue with the Holy See and impose a form of racism that would no longer be moderate but less aligned with the German model. Accordingly, the paper demonstrates how the Institute of Roman Studies was both a place where diverse tensions were present, inherent in mass politics, produced by the consecration of politics and by the ideologisation of religion.
in «Studi Storici», LIII, 2, 2012, pp. 421-438, 2012
A few weeks after the March on Rome, the fasces symbol was chosen as distinctive icon of the new political course. To reconstruct the ancient symbol was called the great archaeologist Giacomo Boni, who had always combined the intellect of the most advanced techniques of archeology and restoration to the almost sacral concept of his mission of recall of Romanity. Although Boni lived only the beginning of the Ventennio, he prematurely understood the symbolic and liturgical features related to ancient Rome that would have had a primary role in the elaboration of the fascist cult of Romanity and its rituals. Boni imagined for the new regime a series of liturgies and rites that would have had an important echo in the propaganda of the following years.
The myth of ancient Rome is a propagandistic instrument through which the Fascist regime justifies the most important topics of its political program. The aim of this paper is to demonstrate how the Fascism, between the visual and rhetoric communication, deformed the original meaning of the best known symbols and rituals of the ancient Rome to legitimize ideologically its power.
teCLa - temi di Critica e Letteratura artistica - Rivista online dell'Università degli Studi di Palermo - Dipartimento di Studi Culturali Arti Storia Comunicazione, 2014
http://www.unipa.it/tecla/comitati_autori/profilo_manfren.php L’articolo tratta il tema della presenza dell’antico nella stampa del Ventennio, analizzando in particolare il caso de “La Rivista Illustra del Popolo d’Italia”, edita dal 1923 al 1943 come allegato mensile del quotidiano mussoliniano “Il Popolo d’Italia”. Nella prima sezione, dopo un’introduzione su genesi, struttura e collaboratori della rivista, il saggio fa una panoramica sugli articoli di argomento artistico -letterario, soffermandosi in particolar modo su quelli a tematica archeologica; nella seconda parte del testo, invece, vengono analizzate alcune tavole e copertine del periodico, mettendo in luce la presenza di iconografie e soggetti strettamente legati alla Roma antica. Scopo del saggio è dunque fornire un ulteriore esempio della strumentalizzazione propagandistica del passato romano operata dal regime, il quale trasforma la stampa illustrata in un vero e proprio mezzo di diffusione di una iconografia popolare dell’antico, che viene lì riproposto attraverso modalità rappresentative più semplici e pedagogiche, ma allo stesso tempo suggestive e affascinanti.
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Living in the Ottoman Lands: Identities, Administration and Warfare, 2021
Crusading Against Christians in the Middle Ages, ed. Mike Carr, Nikolaos G. Chrissis, Gianluca Raccagni, Cham: Palgrave Macmillan, 2024
Eighteenth-Century Life, 2023
Zeitschrift für Assyriologie und Vorderasiatische Archäologie, 2022
Key concepts in modern Indian Studies, 2015
Palazzo Zevallos Stigliano e il mecenatismo aristocratico dal XVI al XX secolo, A. E. Denunzio, L. Di Mauro, G. Muto (eds.), pp. 98-107, 2013
Barkhuis, 2022
Journal of Roman Archaeology, 2022
Acta Psychiatrica Scandinavica, 2012
International Journal of Peptide Research and Therapeutics, 2014
Journal of assisted reproduction and genetics, 2016
Annals of Neurosciences, 2017
International Journal of Environmental Research and Public Health, 2020
Indigenous: Jurnal Ilmiah Psikologi