STVDI MEDIEVALI
SERIE
TERZA
Anno LVIII - Fasc. I
2017
FON DAZ IONE
C ENTR O I TALI ANO DI S TU DI
S ULL’ALTO M E DIOE VO
S POLETO
SOMMARIO DEL FASCICOLO
GEORGES DECLERCQ, History, Memory and Remembrance
in Early Cartularies and Libri Traditionum .......... pag.
1
RICERCHE
ERNESTO SERGIO MAINOLDI, L’abate Sugerio e i suoi
orizzonti mimetici: san Dionigi (non l’Areopagita) tra
Saint-Denis e Hagia Sophia sullo sfondo della rottura
tra Oriente e Occidente cristiani ............................
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23
FABRIZIO DE FALCO, I capitoli melusiniani del De nugis
curialium: ribaltamento dell’ideologia cavalleresca e
uso politico .......................................................
»
45
ROBERTO PACIOCCO, « Originalia penes scriptores remaneant ». Il processo orvietano per la canonizzazione di
Ambrogio da Massa (1240-1241) ...........................
»
93
DIETER VON DER NAHMER, Von Columban und den
Folgen seines Wirkens ........................................
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131
ATTILIO STELLA, The Liber Ardizonis. Reshaping the
Libri Feudorum in the Thirteenth Century ...........
»
175
FABIO BARBERINI, Un infante ribelle, un prestito non restituito e il fecho del Imperio (Raimon de Tors,
Per l’avinen pascor, BdT 410,6) ........................
»
229
NOTE
VI
SOMMARIO DEL FASCICOLO
EDITI ED INEDITI
BENEDETTA VALTORTA, Per una nuova edizione della
recensione A dell’« Oratio contra septem vitia » di
Ambrogio Autperto ............................................ pag.
263
DONATELLA FRIOLI - CATERINA MENICHETTI - ALESSIO
DECARIA, Un nuovo frammento di Bibbia volgare nell’Archivio di Stato di Trento ................................
»
303
DAVID A. TRAILL, The Enigmatic Vide, qui fastu rumperis and the Career of Philip the Chancellor .............
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363
RECENSIONI ......................................................
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379
LETTURE E CONGETTURE
S. BROOMHALL (ed.), Gender and Emotions in Medieval and Early Modern Europe: Destroying Order, Structuring Disorder (F. Roversi Monaco), p. 379; S. E. J. GERSTEL
(ed.), Viewing Greece: Cultural and Political Agency in the Medieval and Early Modern
Mediterranean (F. Soffientino), p. 383; L. MOULIN, La vita quotidiana secondo san Benedetto (M. Papasidero), p. 387; V. DEBIAIS - E. INGRAND VARENNE (éds.), Corpus des inscriptions de la France médiévale (VIIIe-XIIIe siècle). Indre, Indre-et-Loire, Loir-et-Cher (région Centre) (F. de Rubeis), p. 394; M. C. LA ROCCA and P. MAJOCCHI (eds.), Urban
Identities in Northern Italy (800-1100 ca.) (P. Tomei), p. 400; P. PETRONE, Fior da Fiore
dai Carmina Burana morali e di protesta, d’amore e spirituali, di donne e d’osteria. 40 canti
dei Clerici vagantes medievali tradotti nella lingua del nostro tempo con testo latino a fronte
(L. Vangone), p. 403; E. MORINI, È vicina l’unità tra cattolici e ortodossi? Le scomuniche
del 1064 e la riconciliazione del 1965 (G. M. Cantarella), p. 405; A. PALEOLOGO ORIUNDI, Il Monferrato nell’Oriente Mediterraneo (secoli XII-XV). Conquiste, amori e morti di
Aleramici e Paleologi in Terrasanta e a Costantinopoli (M. Cristini), p. 406; C. BONANNO, Trascendenza ed esistenzialità nei Mosaici di Monreale (C. Rizzardi), p. 409; A.
CZORTEK, Studiare, predicare, leggere. Scuole ecclesiastiche e cultura religiosa in Alta Valle
del Tevere nei secoli XIII-XV (P. Licciardello), p. 412; M. SANTOS NOYA, C. STEEL
und S. DONATI (hrsgs.), Alberti Magni ordinis fratrum praedicatorum episcopi. Opera Omnia Tomus I, Pars IB: De praedicamentis (N. Caminada), p. 416; T. GUARD, Chivalry,
Kingship and Crusade. The English Experience in the Fourteenth Century (M. Cristini),
p. 420; C. GIBELLINI (cur.), MARIO POMILIO, Petrarca e l’idea di poesia. Una monografia
inedita (P. Falzone), p. 423.
NOTIZIE DEI LIBRI RICEVUTI ............................. pag.
Abbiamo inoltre ricevuto .......................................... »
I libri della Fondazione CISAM ................................ »
I libri della SISMEL - Edizioni del Galluzzo ................. »
429
484
516
520
SOMMARIO DEL FASCICOLO
VII
A cura di: F. Berno, A. Bisanti, F. Canaccini, M. Conti, M. Cortesi, D. Cristoferi, I. Del Punta, E. Di Natale, G. G. Fissore, L. Lozzi Gallo, M. Montesano,
G. Murano, G. P. G. Scharf, F. Soffientino, S. Tognetti, L. Tromboni, G. M.
Varanini.
Si parla di: Si parla di: M. P. Alberzoni, G. Albini, G. Andenna - C. D. Fonseca - E. Filippini, G. Archetti, G. Arnaldi, G. Attinà, I. Aurora, L. Avellis, M.
Bartoli - J. Dalarun - T. J. Johnson - F. Sedda, M. Bellabarba - H. Obermair H. Sato, S. Bertelli, M. Bloch, B. Borghi, M. Brösch - W. A. Euler - A. Geissler - V. Ranff, I. Bueno, M. Burlamacchi, L. Cadioli, P. Cammarosano, A.
Cantisani, C. Casagrande - G. Fioravanti, M. Cassarino - A. Ghersetti, L. Catastini - F. Ghione - R. Rashed, M. Centini, P. Chiesa, P. Cicconofri - G. C.
Testa - C. Vurachi, C. Ciccopiedi, N. Ciola - A. Sabetta - P. Sguazzardo, G.
Coppola, J. Dalarun, F. D’Amato, L. d’Ayala Valva, M. De Giorgi, T. De
Giorgio, P. De Leemans - M. J. F. M. Hoenen, S. De Santis, S. Diacciati - L.
Tanzini, M. Di Branco, C. Di Fonzo, Erbe, Carni e pesce. L’alimentazione nella
Valdinievole Medievale e Moderna, P. Evangelisti, S. Farmer, M. C. Ferrari, S. Fiaschi, G. Fighera, F. Fiorentino, G. Fornasari, F. Frezza, A. Frugoni - C. Frugoni, P. Galetti, A. García-Menacho Osset - M. M. Cárcel Ortí, G. C. Garfagnini, S. Gasparri, C. Giraud - D. Poirel, A. Goldschläger, M. Gout, D. Gray, P.
Grossi, T. Herzig, S. Hutin, S. Iaria, R. Imbach - C. König-Pralong, R. Interlandi, M. Iuffrida, M. Johnston, S. Lazaris, S. Leone, E. Lombardo, I. Lori Sanfilippo, A. Luongo, E. Maccioni - S. Tognetti, L. Magionami, D. Manzoli, V.
Maraglino, S. Martinelli, L. Mascanzoni, C. A. Mastrelli, Matilde di Canossa e il
suo tempo, P. Mazzolari, P. V. Mengaldo, M. Miglio, G. M. Molli, D. Monaco,
P. Monnet, S. Muzzi, E. Necchi, M. O’Doherty - F. Schmieder, J. L. Opie, A.
Padoa-Schioppa, I. Pagani - F. Santi, E. Panofsky - F. Saxl, C. Panti, M. C.
Panzera, J.-M. Paquette, S. Péquignot - P. Savy, M. Pereira, F. Pertegato, L.
Pessa, G. Petralia - M. Santagata, G. Pilara, G. Pinto, F. Pucci Donati, A. Rigon, M. A. Rigoni, R. Rinaldi, V. Rosenberger, P. Saintyves, D. Scragg, F.
Sedda, G. Sergi, M. Spadaccini, P. Stoppacci, E. Susi, M. Tagliabue, L. Tanzini
- S. Tognetti, P. Terracciano, S. Terzi, R. Tesi, A. Thompson, O. P., N. Togni, A. Torno Ginnasi, C. Urso, A. Vanoli, G. Vickermann-Ribémont - M.
White-Le Goff, J. Vid̄ar Sigurd̄sson - T. Bolton, G. Vigini, G. Vitolo, H. M.
Wierzbicki OFM, G. Zarri.
RICERCHE
L’abate Sugerio e i suoi orizzonti mimetici:
san Dionigi (non l’Areopagita) tra Saint-Denis
e Hagia Sophia sullo sfondo della rottura
tra Oriente e Occidente cristiani
Tra il 1137 e il 1148 l’abate Sugerio avviò e portò a compimento un importante piano di ristrutturazione della basilica
dell’abbazia di Saint-Denis, alla quale egli era preposto, dando
vita al prototipo architettonico di quello che oggi chiamiamo
stile gotico 1. Il motivo che spinse Sugerio a intraprendere
questa ristrutturazione è stato da lui stesso indicato nella necessità di ampliare gli spazi interni, troppo angusti per accogliere la
grande folla di pellegrini che, in occasione delle feste, si accalcava oltre ogni limite nella basilica, mettendo a repentaglio la
vita degli astanti e impedendo il regolare svolgimento delle
funzioni liturgiche: questi problemi – che in un’occasione provocarono il ferimento di alcuni fedeli – gli erano noti sino da
quando, puer oblatus, era stato discepolo presso la scuola abbaziale, ricavandone afflizione nella giovane età e risoluto proposito di porvi rimedio una volta divenuto abate 2.
L’immediata percezione estetica che ancora oggi il visitatore
della basilica può sperimentare è contraddistinta dall’abbondante
1. Cfr. S. McK. CROSBY, Abbot Suger, the Abbey of Saint-Denis, and the New Gothic Style, in The Royal Abbey of Saint-Denis in the Time of Abbot Suger (1122–1151),
edited by S. McK. CROSBY - J. HAYWARD - Ch. T. LITTLE - W. D. WIXOM, New
York, 1981, pp. 13-23; W. CLARK, Suger’s Church at Saint-Denis: The State of Research, in Abbot Suger and Saint-Denis: A Symposium, edited by P. L. GERSON, New
York, 1986, pp. 105-130.
2. SUGERIUS S. DIONYSII Scriptum consecrationis ecclesiae Sancti Dionysii, in SUGER,
OEuvres, I, Écrit sur la consécration de Saint-Denis, L’oeuvre administrative, Histoire de Louis VII, édité et traduit par F. GASPARRI, Paris, 1996, pp. 8-10.
24
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
profusione di luce che penetra dall’alto dei finestroni costeggianti la navata e il coro, parti il cui ampliamento risale all’intervento di Sugerio. Attraverso le vetrate colorate i raggi di luce dipingono un multiforme gioco cromatico sul pavimento e
sulle pareti della chiesa, in particolare durante le giornate soleggiate. Che la percezione della luce fosse un elemento di rilievo
nel risultato prodotto dai lavori è sottolineato dallo stesso Sugerio nei versi di epigrafe composti per celebrare il completamento del coro:
Dacché la nuova parte, che è quella posteriore, si aggiunge a quella anteriore / la navata risplende illuminata nel suo mezzo, / E dal momento che diffonde una luce nuova, riluce l’opera / Eccellente, che è stata ingrandita al
nostro tempo, / Io che fui Sugerio, essendo stata fatta sotto la mia guida 3.
Per Sugerio la funzionalità della luce e degli ornamenti che
abbellivano l’interno della chiesa non era limitata alla sola percezione estetica, ma aveva una precisa valenza anagogica: la
bellezza delle gemme multicolori che ornavano la croce di
Sant’Eligio, posta all’ingresso del nuovo coro, e altri ornamenti
dell’altare maggiore 4, poteva infatti spingere la meditazione
dell’osservatore a trasferirsi « dalle cose materiali a quelle immateriali », dandogli l’impressione di trovarsi in una « regione lontana dalla sfera terrestre »:
Allorché la bellezza multicolore delle gemme, in virtù del mio amore per il
decoro della casa di Dio, mi distrae in qualche occasione dalle preoccupazioni per le questioni esteriori, e una opportuna meditazione mi induce a
riflettere sulla varietà delle sante virtù, trasponendomi dalle cose materiali a
quelle immateriali, mi sembra di trovarmi in una regione lontana della sfera
terrestre, che non si trova completamente nella feccia della terra, né dimora
3. SUGERIUS, Gesta Sugerii abbatis, § 5, in SUGER, OEuvres, ed. cit. (nota 2), pp.
120 = De administratione, II, 6, in ABT SUGER VON SAINT-Denis, Ausgewählte Schriften:
Ordinatio, De consecratione, De administratione, herausgegeben von A. SPEER - G.
BINDING, Darmstadt, 2000, pp. 326, 816-820: « Pars nova posterior dum jungitur anteriori, / Aula micat medio clarificata suo. / Claret enim claris quod clare concopulatur, / Et quod perfundit lux nova, claret opus / Nobile, quod constat auctum sub
tempore nostro; / Qui Sugerus eram, me duce dum fieret ». Le trad. in italiano sono
nostre.
4. Cfr. Ph. VERDIER, La grande croix de l’abbé Suger à Saint-Denis, in Cahiers de civilisation médiévale, XIII (1970), pp. 1-31.
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
25
interamente nella purezza del cielo, e quindi di poter essere trasferito per
dono di Dio da questa [dimensione] inferiore a quella superiore in modo
anagogico 5.
Questo esplicito riferimento alla valenza anagogica dell’arte,
che passa attraverso l’esperienza della luce e del colore, aspetti
percettivi che costituiscono anche l’esito più evidente della ristrutturazione sugeriana – la lux nova di cui i Gesta Sugerii 6 –,
sembra volersi riallacciare ai motivi dionisiani di cui l’abbazia di
Saint-Denis era depositaria, in particolare alla teologia della luce
che tanto sviluppo ha trovato negli scritti attribuiti al santo patrono della regia abbazia. Questi infatti era quel martire Dionigi, che
Ilduino, l’abate del tempo di Ludovico il Pio, aveva identificato
con l’autore del Corpus Dionysiacum, mediante un’operazione di riscrittura agiografica le cui motivazioni riannodavano con evidenti
ragioni di opportunità politico-culturale.
L’autore del Corpus, un personaggio ellenofono attivo nei
primi decenni del secolo VI, aveva a sua volta compiuto un’operazione di riscrittura agiografica con l’attribuire la sua opera a
Dionigi Areopagita, l’ateniese che si era convertito al cristianesimo a seguito della predicazione di san Paolo sull’Areopago, e
come tale menzionato negli Atti degli Apostoli (17, 34), nonché
ricordato dalla tradizione ecclesiastica come primo vescovo di
Atene. Nell’827 un manoscritto degli scritti pseudo-areopagitici
era stato inviato in dono dall’imperatore costantinopolitano Michele II il Balbo a Ludovico il Pio, ed era stato solennemente
traslato all’abbazia di Saint-Denis, quasi fosse una reliquia, lasciando all’abate Ilduino il compito di saldare attraverso la scrittura agiografica e una traduzione dell’opera il connubio tra
l’autore del Corpus e le reliquie del martire Dionigi, il quale,
5. SUGERIUS, Gesta Sugerii abbatis, § 13, in SUGER, OEuvres, ed. cit. (nota 2), pp.
134-136 = De administratione, II, 13, in ABT SUGER VON SAINT-Denis, Ausgewählte
Schriften, ed. SPEER - BINDING cit. (nota 3), pp. 344, 1016-1023: « Unde, cum ex dilectione decoris domus Dei aliquando multicolor gemmarum speciositas ab exintrinsecis me curis devocaret, sanctarum etiam diversitatem virtutum, de materialibus ad
immaterialia transferendo, honesta meditatio insistere persuaderet, videor videre me
quasi sub aliqua extranea orbis terrarum plaga, quae nec tota sit in terrarum fece, nec
tota in celi puritate demorari, ab hac etiam inferiori ad illam superiorem anagogico
more Deo donante posse transferri ».
6. Cfr. supra, alla n. 3.
26
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
insieme ai suoi compagni Rustico ed Eleuterio, era stato testimone del cristianesimo in Gallia, subendo il martirio intorno al
250 d. C. L’opera di Ilduino produsse una crasi di identità prosopografiche e di trame culturali che la storiografia medievale –
sia in Occidente sia in Oriente – trovò utile accettare come
autentica.
Nelle annotazioni di Sugerio sulla valenza anagogica della bellezza delle gemme multicolori e sulla centralità della luce nella basilica ristrutturata non è del resto impossibile riconoscere un’eco
dell’insegnamento pseudo-dionisiano sui simboli sensibili, come
possiamo leggere, ad esempio, nel De coelesti hierarchia:
Non è affatto possibile che la nostra mente ci elevi verso quell’immateriale
imitazione e contemplazione delle gerarchie celesti senza l’uso di una guida
materiale alla sua portata (ei’ mæ tñı kat’ au’tòn u‘laíaı ceiragwgíaı), se pensa che
le bellezze visibili sono immagini della bellezza invisibile (tà mèn fainómena
kállh tñv a’fanoûv eu’prepeíav a’peikonísmata). [...] Le luci materiali immagine
di un’immateriale elargizione di luce (tñv a’fllou fwtodosíav ei’kóna tà u‘likà
føta) [...] 7.
Il Buono [...] apre questi occhi chiusi dal gran peso delle tenebre. E, anzitutto, elargisce loro una luce moderata, e poi le inonda di una luce maggiore, non appena esse hanno, per così dire, assaggiato la luce e aspirano a una
luce maggiore, e le illumina con grande abbondanza “perché lo hanno amato intensamente” 8 e le porta sempre più in alto secondo la loro capacità
d’innalzarsi (a’eì a’nateínein au’tàv e’pì tà prósw katà tæn sføn ei’v a’náneusin
a’nalogían) 9.
Il motivo teologico della luce anagogica si presta dunque ad
essere identificato come possibile collante di questo multiforme
legame, cosa che il contesto storico-culturale di Saint-Denis
sembra suggerire come liaison pressoché scontata, rendendo
7. PSEUDO-DIONYSIUS AREOPAGITA, De coelesti hierarchia, I, 3, 121D, in Corpus dionysiacum II, ed. G. HEIL - M. RITTER, Berlin, 1991, 20122 (Patristische Texte und
Studien, 36), pp. 8-9; trad. it. P. SCAZZOSO, Milano, 2009, p. 85. In questa e nelle
successive citazione, abbiamo talvolta apportato delle modifiche alla traduzione di
Piero Scazzoso.
8. Cfr. Lc 7, 47.
9. PSEUDO-DIONYSIUS AREOPAGITA, De divinis nominibus, IV, 5, 700D-701A, in
Corpus dionysiacum I, ed. B. R. SUCHLA, Berlin, 1990 (Patristische Texte und Studien,
33), p. 149; trad. it. cit. (nota 7), p. 413.
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
27
plausibile l’ipotesi per cui furono proprio gli scritti dello pseudo-Dionigi a guidare le intuizioni architettoniche di Sugerio,
costituendo, di conseguenza, l’originario movente teorico dell’estetica della luce nel gotico. Tuttavia le cose che sembrano
scontate, così come le analogie più convincenti, in mancanza di
rigorose corrispondenze testuali, sono anche le più insidiose per
la ricerca storico-dottrinale, come mostra, nella fattispecie, il
lungo dibattitto storiografico sorto intorno al rapporto tra Sugerio, l’abbazia di Saint-Denis e lo pseudo-Dionigi Areopagita.
Il dibattitto deve il suo avvio a Erwin Panofsky, che ha
conferito valenza sistematica alle suggestioni ermeneutiche offerte dagli scritti pseudo-dionisiani quali possibile fonte ispiratrice di Sugerio 10. L’interpretazione di Panosfky valse ad affermare nella vulgata storiografica l’idea che la creazione di Sugerio abbia volutamente costituito una traduzione architettonica
della metafisica della luce descritta dal santo patrono dell’abbazia negli scritti a lui attribuiti. Questa interpretazione risulta
tuttavia basata più su assonanze che su prove irrefutabili: il dibattito storiografico non tardò infatti a sottoporre a critica il
paradigma panofskiano, dando avvio a una lunga serie di interventi tesi a verificare l’effettivo ruolo giocato dal pensiero
pseudo-dionisiano – in genere assimilato tout court al neoplatonismo – nell’ispirazione che ha guidato l’abate francese 11. I due
antitetici argomenti che hanno animato questo dibattito si riassumono da una parte nella constatazione dell’assenza dagli scritti
di Sugerio di citazioni verbatim che valgano ad identificare con
certezza il Corpus Dionysiacum come loro fonte, dall’altra nell’osservazione che la convergenza tematica intorno alla luce e
10. E. PANOFSKY, Abbot Suger on the Abbey Church of St. Denis and its Art Treasures, Princeton (N.J.), 1946; edited by G. PANOFSKY-SOERGEL, Princeton (N.J.) 19792;
trad. it. E. PANOFSKY, Suger abate di Saint-Denis, in E. PANOFSKY, Il significato nelle arti
visive, trad. it. di R. FEDERICI, Torino, 1962, pp. 107-145.
11. Per una recente critica del paradigma panofskiano cfr. A. SPEER, Art as liturgy:
Abbot Suger of Saint-Denis and the Question of medieval Aesthetics, in Roma, magistra
mundi. Itineraria culturae medievalis, édité par J. HAMESSE, Louvain-la-Neuve, 1998
(Textes et études du Moyen Age, 10. 2), pp. 855-875. Per una sintetica ricostruzione
del dibattito storiografico rimandiamo a F. DELL’ACQUA, L’auctoritas dello pseudo-Dionigi e Sugerio di Saint-Denis, in Studi medievali, 3a serie, LV (2014), pp. 189-213. Colgo qui l’occasione per ringraziare l’Autrice per la proficua discussione intorno ai temi sugeriani e pseudo-dionisiani.
28
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
all’anagogia, benché non attestata da parallelismi testuali, in
considerazione dei legami culturali-agiografici-codicologici sussistenti tra l’abbazia regia e “Dionigi l’Areopagita”, difficilmente potrebbe essere considerata come mera coincidenza 12.
Di fronte alla plausibilità di queste posizioni, che rendono
indecidibile il problema nei termini di una presa di posizione
verso l’uno o verso l’altro dei suoi corni, conviene partire da
una prospettiva differente, incentrata sui motivi genetici dell’opera. Qualsivoglia opera dell’ingegno deve infatti essere compresa nelle ragioni che hanno portato alla sua produzione in
base ai seguenti fattori:
1) un’occasione, legata a un casus belli, a una committenza o
a un’esigenza interiore; essa determina la necessità che muove
l’autore a intraprenderne l’esecuzione;
2) l’intenzione da parte dell’autore di contribuire con la sua
opera alla trasformazione, alla preservazione o all’arricchimento del
contesto culturale/dottrinale all’interno del quale l’opera è destinata ad essere fruita e tramandata. Tanto 1) quanto 2) sottendono un
destinatario/interlocutore, in positivo o in negativo;
3) un contesto culturale di fondo, che è palesato dalla forma
stessa dell’opera, anche senza esplicitazioni discorsive da parte
dell’autore;
4) un ancoraggio mimetico, ovvero la riproduzione nell’opera di elementi (ad esempio la citazione di un ipotesto o la riproposta di una forma-modello a cui l’autore si è ispirato) che
dichiarino senza possibilità di equivoci le sue fonti, qualora il
casus belli lo richieda.
Nel caso della ristrutturazione di Saint-Denis, possiamo domandarci – in via dubitativa – se il motivo dichiarato da Sugerio per l’intrapresa dei lavori, ovvero la necessità di accogliere
12. Sulla presenza di copie delle traduzioni del Corpus nella biblioteca di SaintDenis all’epoca di Sugerio cfr. D. NEBBIAI-DALLA GUARDA, La bibliothèque de l’abbaye
de Saint-Denis en France du IXe au XVIIIe siècle, Paris, 1985 (Documents, études et répertoires), pp. 222, 227; delle traduzioni eriugeniane appartenute all’abbazia sono note due copie del XII secolo, i mss. Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat.
18061, e Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica, Reg. lat. 67; cfr. inoltre É. JEAUNEAU, L’abbaye de Saint-Denis introductrice de Denys en Occident, in Denys l’Aréopagite
et sa postérité en Orient et en Occident. Actes du Colloque International (Paris, 21-24
septembre 1994), édité par Y. DE ANDIA, Paris, 1997 (Série Antiquité, 151), pp.
361-378.
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
29
nella basilica un maggior numero di pellegrini, valga ad esaurirne il movente. Il piano di ampliamento e di abbellimento della
chiesa, infatti, date le importanti innovazioni introdotte, difficilmente potrebbe essere giustificato in base a mere esigenze
quantitative, rispondendo con evidenza a un progetto di più
larghe ambizioni, il cui scopo fondamentale può essere intravisto nella magnificazione del connubio tra religione e monarchia, quale segno del favore divino verso la Francia e i suoi sovrani, tenendo anche presente la leggenda che vuole la chiesa
abbaziale esser stata consacrata da Cristo stesso 13. Ci sembra
dunque più economico pensare che il motivo architettonico
dell’esiguità degli spazi e dei problemi di ordine pubblico abbia
costituito per Sugerio soltanto l’occasione esteriore per mettere
mano a un progetto – probabilmente da lui meditato a lungo –
la cui principale intenzione era quella di porre in rinnovato risalto il cuore religioso della monarchia francese, tanto più che
l’abate non solo aveva speso la sua vita al servizio di essa, ma
anche aveva esercitato un’azione politica di primissimo piano –
basti solo ricordare la sua reggenza del trono di Francia durante
l’assenza, tra il 1147 e il 1149, di Luigi VII, partito per la Seconda crociata 14.
In merito agli scritti con cui Sugerio ha voluto consegnare
alla posterità un dettagliato resoconto del suo operato, possiamo
riconoscerne il motivo, oltre a quello auto-celebrativo, nell’esigenza di esplicitare, a fianco della narrazione storica, i motivi
spirituali e i fatti miracolosi che costellarono la campagna di lavori e che hanno costituito la cifra interiore e mistica della sua
13. Cfr. CROSBY, Abbot Suger cit. (nota 1), p. 17. Le ambizioni che Sugerio nutriva per una promozione della sua abbazia a un ruolo primaziale in Francia è delineato
in F. GASPARRI, La pensée et oeuvre de l’abbé Suger à la lumière de ses écrits, in L’abbé Suger, le manifeste gothique de Saint-Denis et la pensée victorine. Colloque organisé à la
Fondation Singer-Polignac le mardi 21 Novembre 2000, édité par D. POIREL, Turnhout, 2001 (Rencontres Médiévales Européennes), pp. 91-107.
14. Riduttiva ci sembra l’interpretazione di Andreas Speer, che limita alla mera
esigenza liturgica il piano di ristrutturazione di Sugerio: cfr. SPEER, Art as liturgy cit.
(nota 11), pp. 859-862: « He [Sugerius] is actually not interested in aesthetics as such,
he is more guided, so to speak, by liturgical needs. There can be no doubt about
this ». Di fatto il motivo estetico-simbolico e i richiami anagogici negli scritti di Sugerio, nonché il contesto politico-culturale di contorno, fanno sorgere il dubbio che
le cose non stiano semplicemente così.
30
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
opera – sottolineando così come questa ricadesse sotto gli auspici della divina provvidenza. I significati spirituali tratteggiati
da Sugerio, ruotanti intorno all’estetica della luce e alla sua potenzialità anagogica, di certo non risultano estranei all’ispirazione simbolico-spirituale che ha generalmente mosso l’arte medievale, per cui, anche supponendo per assurdo che Sugerio
non avesse letto gli scritti pseudo-dionisiani conservati nella biblioteca dell’abbazia, di sicuro avrebbe potuto trovare in tante
altre fonti della cultura teologica patristica e medievale ampio
appoggio per l’associazione tra la luce e l’esperienza mistica 15.
Tuttavia, al di là del discorso probabilistico, alcuni elementi
valgono ad attestare l’effettiva influenza pseudo-dionisiana sulla
concezione dell’arte in Sugerio. Questi elementi sono stati
messi in luce da Dominique Poirel nel quadro dell’analisi del
rapporto tra Saint-Denis e Saint-Victor, le due abbazie parigine
destinate a incrociarsi e ad affiancarsi nel servizio alla monarchia
francese e nell’esercitare un ruolo politico-culturale di primo
piano nel corso del XII secolo 16. È proprio a Saint-Victor che
la rinascita dell’interesse per lo pseudo-Dionigi trovò un momento focale, dopo un paio di secoli in cui non si registrarono
significative tracce di ricezione delle traduzioni carolingie del
Corpus Dionysiacum 17. Intorno al 1125 Ugo di San Vittore aveva redatto un commentario al De coelesti hierarchia dello pseudoDionigi, motivandone l’occasione con l’interesse dei suoi allievi
ad approfondire gli oscuri significati di quest’opera; resta tuttavia plausibile che dietro a questo lavoro abbia giocato in primo
15. È precisamente in questo senso che si contestualizzano le note scettiche di
Andreas Speer circa una filiazione dell’estetica di Sugerio dalla teoria del bello dovuta allo pseudo-Dionigi (ma anche ad Agostino), indicandosi per contro in fonti di
contesto alto-medievali l’origine dell’ispirazione dell’abate di Saint-Denis: cfr. SPEER,
Art as liturgy cit. (nota 11), pp. 869-872.
16. D. POIREL, Symbolice et anagogice: l’école de Saint-Victor et la naissance du style
gothique, in L’abbé Suger, le manifeste gothique de Saint-Denis et la pensée victorine cit.
(nota 13), pp. 141-170.
17. Ibid., pp. 157-158; E. S. MAINOLDI, Pour une cartographie des thèmes et des contextes de réception du Corpus Dionysiacum dans l’Occident latin, in Transmission et réception des Pères grecs dans l’Occident, de l’Antiquité tardive à la Renaissance: entre philologie,
herméneutique et théologie. Actes du colloque international organisé du 26 au 28 novembre 2014 à l’Université de Strasbourg, édité par M. CUTINO - E. PRINZIVALLI - F.
VINEL, Paris, 2016, pp. 227-228.
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
31
luogo l’esigenza di opporre una risposta a problematiche di ordine teologico-esegetico non esenti da importanti ricadute paradigmatiche. Ugo infatti percepì e tentò di smussare il conflitto tra alcuni aspetti della teologia pseudo-dionisiana, relativi al
concetto di simbolo e alla mediazione gerarchica – che stavano
incontrando una considerevole diffusione al tempo –, e il paradigma agostiniano, che escludeva invece la presenza di intermediari tra Dio e le creature 18.
Poirel ha osservato che il termine speciositas, impiegato da Sugerio nel tredicesimo paragrafo dei Gesta Suggerii (= De administratione) 19, racchiude con ogni verosimiglianza un’origine dionsianoeriugeniana, dal momento che esso risulta pressoché inesistente tra
i Padri latini, a fronte delle sei ricorrenze in Giovanni Scoto, di
cui tre nella sua traduzione del De coelesti hierarchia, che fu anche
quella utilizzata da Ugo. La riprova che l’utilizzo di questo termine per indicare il concetto di bellezza risultasse affatto desueto viene dal fatto che Ugo, nel suo commentario pseudo-dionisiano,
abbia ritenuto necessario darne spiegazione, ricorrendo a un sinonimo: « speciositatis, id est pulchritudinis » 20. Anche l’espressione
« de materialibus ad immaterialia », che compare nel medesimo
passo dei Gesta, viene ricondotto da Poirel, su basi lessicali, alle
traduzioni carolingie degli scritti pseudo-areopagitici, dal momento
che nella letteratura latina l’associazione tra questi due termini trova soltanto un’occorrenza nella Passio sancti Dionysii di Ilduino,
quattordici in Giovanni Scoto, di cui tre nel Periphyseon e undici
nelle Expositiones in Hierarchiam caelestem, e infine undici nell’Expositio in Hierarchiam caelestem di Ugo di San Vittore 21. Inoltre, per
trovare una fonte della locuzione « anagogico more », che in Sugerio ha una valenza non strettamente esegetica, significato invece
prevalente nell’impiego del termine nel latino patristico e medievale, bensì come riferimento all’ascesa interiore, è ancora allo
18. Cfr. E. S. MAINOLDI, « Immediate viam facimus ». La teologia dionisiana al bivio
dell’interpretazione di Ugo di S. Vittore, in Ugo di San Vittore. Atti del XLVII Convegno storico internazionale del CISBaM-Accademia Tudertina (Todi 10-12 ottobre
2010), Spoleto, 2011, pp. 153-171.
19. Cfr. il passo cit. supra, alla n. 5.
20. HUGO DE SANCTO VICTORE, Expositio in Hierarchiam caelestem, IV, PL 175,
997B; cfr. POIREL, Symbolice et anagogice cit. (nota 16), p. 160.
21. POIREL, Symbolice et anagogice cit. (nota 16), p. 160.
32
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
pseudo-Dionigi e ai suoi commentatori alto-medievali che bisogna
guardare 22. Ci sembra dunque possibile affermare che gli argomenti offerti da Dominique Poirel valgano a provare in definitiva
che la materia pseudo-dionisiana, eventualmente attraverso Giovanni Scoto e/o Ugo di San Vittore, abbia giocato da ipotesto per
l’elaborazione di Sugerio.
A latere di tutto questo, dobbiamo tuttavia rimarcare, come
non manca di fare lo stesso Poirel, che in Sugerio non troviamo il benché minimo accenno a temi pseudo-dionisiani fondamentali quali sono quelli della tenebra mistica e della teologia
negativa 23. Completamente assente dagli scritti dell’abate è poi
un termine pseudo-dionisiano chiave come symbolum, che ben
si sarebbe prestato a descrivere la funzione anagogica della bellezza. È di certo possibile che Sugerio abbia voluto mantenersi
prudente in merito a queste tematiche dal momento che proprio il Commentario pseudo-dionisiano di Ugo di San Vittore
aveva trovato un suo precipuo obiettivo polemico nel significato che Giovanni Scoto aveva conferito al concetto di theophania 24. Eriugena infatti, accogliendo la prospettiva della teologia
negativa per cui Dio è inconoscibile in sé, considerava il simbolo come unico tramite possibile per arrivare alla conoscenza
di Dio e aveva posto un limite all’anagogia nell’apofaticità dell’essenza divina. Ugo, seguace di Agostino e della sua concezione dell’immediatezza della conoscenza che l’uomo può avere del divino, non poteva accettare questa radicale negazione
gnoseologica, onde introdusse una distinzione tra simbolo e
anagogia, facendo del primo un segno sensibile della realtà invisibile, della seconda una via di conoscenza diretta dell’invisibile 25. Possiamo quindi supporre che Sugerio si astenne per
prudenza da queste complicazioni di ordine dottrinale, dal momento che l’intento del suo scritto non aveva punto come
obiettivo l’approfondimento teorico di queste problematiche.
22. Ibid., pp. 160-161.
23. Ibid., p. 165.
24. È significativo che Ugo, al di fuori del Commentario alla Gerarchia celeste, non
utilizzi nelle sue opere concetti o termini pseudo-dionisiani, con la sola eccezione
del termine theophania; cfr. Ibid., pp. 158-159.
25. Ibid., p. 166; MAINOLDI, « Immediate viam faciums » cit. (nota 18), pp. 163164, 169.
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
33
La plausibilità che alcuni temi pseudo-dionisiani abbiano
giocato almeno da “nozione di contesto” dietro alla concezione
di Sugerio sulla finalità anagogica dell’arte, ci permette da una
parte di constatare l’influenza degli scritti dello pseudo-Dionigi
sul pensiero dell’abate di Saint-Denis, ma al contempo ci sconsiglia di spingerci a parlare di una ricezione estesa a tutta la loro
complessità – e aporeticità – speculativa. Possiamo aggiungere
che, in mancanza di una esplicita dichiarazione di Sugerio sulle
reali fonti di ispirazione della sua ristrutturazione, il fatto che
egli avesse letto o meno il Corpus Dionysiacum non può costituire una prova testuale che ci permetta di parlare della lux nova, cioè degli effetti concreti prodotti dalla luce nella basilica
ristrutturata, come di una derivazione areopagitica, ma allo stesso tempo neanche di escluderlo categoricamente.
È quindi utile richiamare la lettura di Francesca dell’Acqua
quale tentativo di superare, dal punto di vista metodologico,
una contrapposizione interpretativa che appare irrisolvibile 26.
Dell’Acqua suggerisce che una lettura del contesto culturale in
cui l’opera architettonica e letteraria di Sugerio ha avuto origine debba necessariamente tenere in conto della complessità dei
fattori che formarono la cultura teologico-simbolica e visuale
dell’autore, senza escludere il gioco delle assonanze, dei rimandi
e delle suggestioni che non risultano riportabili a una fonte letteraria puntuale. Di conseguenza, non è tanto la presenza o
meno di riferimenti ai testi pseudo-dionisiani nell’opera letteraria di Sugerio che ci può aiutare a risolvere il quesito su Dionigi “ispiratore del gotico” – Dell’Acqua del resto non insiste
sulle inequivocabili prove testuali addotte da Poirel per cui lo
pseudo-Dionigi risulta essere stato letto da Sugerio. In mancanza di una dichiarazione esplicita da parte di Sugerio sulle proprie fonti di ispirazione per il modello architettonico realizzato,
la questione circa il ruolo avuto dal Corpus Dionysiacum nella ricerca di una nuova distribuzione della luce nella Saint-Denis
sugeriana deve limitarsi a constatare che la suggestione visuale
sulla luce anagogica offerta dai testi pseudo-dionisiani si inserisce in una tradizione simbolica di lungo corso nella storia dell’arte cristiana, per la quale la luce è considerata come manife26. DELL’ACQUA, L’auctoritas dello pseudo-Dionigi e Sugerio di Saint-Denis cit. (nota 11).
34
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
stazione del divino 27. Possiamo allora pensare che la lettura di
Dionigi, nella più restrittiva delle ipotesi, abbia concorso se
non altro a corroborare i motivi simbolici soggiacenti alle intuizioni architettoniche di Sugerio, motivi che tuttavia rilevavano da un contesto più generale e antico rispetto al Corpus.
Tuttavia, un elemento che potrebbe spiegare il motivo della reticenza di Sugerio nel palesare l’associazione tra la teologia
dionisiana e la lux nova che caratterizza la basilica da lui rinnovata, e che di fatto costituisce un elemento sorprendente e,
nondimeno, fin qui trascurato dalla storiografia, è la totale assenza nei suoi scritti di qualsiasi riferimento a Dionigi come
‘divino’ teologo, discepolo di san Paolo e primo vescovo di
Atene, cosa che avrebbe senz’altro giocato a favore della sacralizzazione dell’impresa architettonica da lui compiuta.
Le menzioni del “beato Dionigi”, tanto negli scritti sugeriani
quanto nelle epigrafi disposte nella basilica, inquadrano infatti il
santo martire, le cui reliquie riposavano nel coro magnificamente
rinnovato da Sugerio stesso, come protettore e titolare dell’abbazia, e sembrano non tenere minimamente in conto del fatto che
questi fosse identificato con l’autore del Corpus Dionysiacum, un’opera fondamentale per la cultura teologica alto-medievale, la cui
prima traduzione latina integrale è dovuta all’abate di Saint-Denis
Ilduino, predecessore carolingio di Sugerio. Sembra quasi che
quest’ultimo abbia voluto lasciare in ombra la parte orientale dell’agiografia del santo protettore dei re di Francia – le cui spoglie
mortali riposavano a loro volta nella basilica di Saint-Denis –, al
contrario di Ilduino, artefice dell’iperbolica identificazione tra il
san Dionigi apostolo e martire di Lutetia parisiorum con il convertito ateniese ricordato dagli Atti degli Apostoli nonché autore del
Corpus, o, ancora, di Giovanni Scoto, cantore del Dionigi trait d’union tra lo sbocciare della missione apostolica in terra di Francia e
la dottrina ispirata del primus Pater (cioè san Dionigi in quanto
pseudo-Dionigi Areopagita), all’insegna dell’unità tra Oriente e
Occidente cristiani 28.
27. Cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, voce ‘Luce’, in Enciclopedia dell’Arte Medievale,
Roma, 1997, VIII, pp. 25-35; F. DELL’ACQUA, « Illuminando colorat ». La vetrata tra
l’età tardo imperiale e l’alto Medioevo: le fonti, l’archeologia, Spoleto, 2003, pp. 1-2, 17,
20, 25, 53, 67, 102, 104, 125, 146.
28. Si considerino ad esempio i versi e l’epistola indirizzati da Eriugena a Carlo il
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
35
Ilduino e Giovanni Scoto furono entrambi sostenitori di
una politica culturale attagliata alle aspettative dai sovrani di
Francia sotto la cui protezione svolsero la propria attività e di
cui furono collaboratori, rispettivamente Ludovico il Pio e
Carlo il Calvo. Questi sovrani guardarono ad Oriente con intento di imitazione e di assimilazione, dal momento che il titolo imperiale da essi conseguito richiedeva anche il dispiegamento di motivi culturali e religiosi a supporto del grande progetto
politico – intrapreso da tre generazioni di sovrani carolingi – di
restaurazione dell’impero romano in Occidente, indipendentemente ma non in opposizione con il legittimo titolare, per successione storica, della corona imperale, ovvero il basileus di Costantinopoli. L’attenzione per la cultura cristiana di lingua greca
e l’identificazione di Dionigi Areopagita, discepolo di san Paolo
e primo vescovo di Atene, nonché pseudo-epigrafico autore
del Corpus Dionysiacum, con l’apostolo martire della Gallia, decapitato sulla collina di Montmartre e sepolto nel sito in cui sarà edificata l’abbazia a lui dedicata, furono gli strumenti culturali e agiografici della politica imperiale medio e tardo-carolingia, e in seguito ottoniana, che guardava a Bisanzio cercando
dei motivi unitari con l’Oriente cristiano per dare un significato provvidenziale alla ragion d’essere dell’impero in Occidente.
L’atteggiamento di Sugerio sembra invece porsi agli antipodi rispetto agli orientamenti degli eruditi carolingi a cui si deve
l’introduzione dello pseudo-Dionigi nell’Occidente latino, dal
momento che egli focalizzò i propri riferimenti agiografici
esclusivamente sul motivo del martirio e del patronato di san
Calvo a prefazione della sua traduzione del Corpus Dionysiacum: IOHANNES SCOTTUS
ERIUGENA, Carmina, 20, ed. M. W. HERREN, Dublin, 1993 (Scriptores latini Hiberniae, 12), p. 108: « Hanc libam sacro Graecorum nectare fartam. / Aduena Iohannes
spondo meo Karolo. [...] Vos qui Romuleas nescitis temnere TEXNAC, / Attica ne
pigeat sumere gymnasia »; Ibid., 21, p. 110: « Lumine sidereo Dionysius auxit Athenas / Ariopagites magnificus sophos »; Epistula « Gloriosissimo catholicorum regum Carolo
Joannes extremus sophiae studentium salutem », PL 122, 1032A-B: « Fertur namque
praefatus Dionysius fuisse discipulus atque adjutor Pauli apostoli, a quo Atheniensium constitutus est episcopus, cujus Lucas commemorat in Actibus apostolorum [...]
quoque asserunt, quantum vita ejus a fidelibus viris tradita testatur, temporibus Papae
Clementis, successoris videlicet Petri apostoli, Romam venisse, et ab eo praedicandi
Evangelii gratia in partes Galliarum directum fuisse, et Parisii martyrii gloria coronatum fuisse cum beatissimis suis consortibus, Rustico scilicet atque Eleutherio ».
36
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
Dionigi sulla regia abbazia, tanto da legittimare il dubbio che
egli non solo non abbia affatto creduto alla leggendaria e cronologicamente funambolica identificazione architettata da Ilduino e avallata da Giovanni Scoto, ma anche non abbia ritenuto
politicamente utile darvi seguito. In questo modo Sugerio palesa implicitamente l’esser venuta meno l’aspirazione all’unità con
l’Oriente come prospettiva della cultura politica e dottrinale del
suo tempo, cosa che certo non deve affatto stupire a circa un
secolo dallo scisma del 1054 e circa sessanta anni prima della
Quarta crociata, che si concluse con il sacco latino di Costantinopoli 29.
Queste impressioni sembrano trovare una conferma e nuove suggestioni di ricerca in un altro passo dei Gesta Sugerii, che
ci presenta lo sguardo dell’abate rivolto a Oriente nel tentativo
di assodare, attraverso la testimonianza dei viaggiatori che avevano potuto visitare Costantinopoli sulla via di Gerusalemme,
la superiorità dei tesori di Saint-Denis rispetto a quelli della
cattedrale patriarcale di Hagia Sophia, che all’epoca era la più
grande chiesa della cristianità ed era rinomata per le sue
magnificenze:
Era mia consuetudine conversare con [i pellegrini di ritorno da] Gerusalemme, molto curioso di apprendere da quelli, che avevano potuto ammirare i
tesori di Costantinopoli e le decorazioni di Santa Sofia, se i nostri tesori, in
confronto con quelli, avessero qualche valore. Dal momento che quelli riconoscevano i nostri come superiori, ci è venuto il sospetto che quelle cose
ammirevoli, di cui avevamo sentito parlare in precedenza, fossero stare messe in sicurezza per timore dei Franchi, affinché, a causa della rapacità compulsiva di qualche sconsiderato, l’amicizia stabilita tra Greci e Latini non si
29. Va ricordato che solo pochi decenni prima, nel 1121, Pietro Abelardo, entrato come monaco a Saint-Denis, aveva creato scandalo tra i suoi confratelli per aver
messo in dubbio l’identificazione del santo patrono dell’abbazia con il Dionigi primo
vescovo di Atene, preferendo seguire il Venerabile Beda nell’identificare l’Areopagita con san Dionigi vescovo martire di Corinto, negando ogni credito alla costruzione agiografica di Ilduino; Abelardo, di conseguenza, venne accusato non solo di disprezzare il monastero, ma anche di denigrare l’onore del regno di Francia; PETRUS
ABAELARDUS, Historia calamitatum, édité par J. MONFRIN, Paris, 1962 (Bibliothèque des
textes philosophiques), p. 90: « Ex quo illi vehementer accensi clamare ceperunt
nunc me patenter ostendisse quod semper monasterium illud nostrum infestaverim,
et quod nunc maxime toti regno derogaverim, ei videlicet honorem illum auferens
quo singulariter gloriaretur, cum eorum patronum Ariopagitam fuisse denegarem ».
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
37
trasformasse all’improvviso in sedizione o in occasione di scontro bellico.
L’astuzia è infatti caratteristica dei Greci 30.
L’affermazione di un’« amicizia » tra Latini e Greci ci sembra
in qualche modo forzosa, in considerazione delle aspre e inesauste
polemiche che lo scisma del 1054 aveva provocato. Il sospetto di
Sugerio sulla prudenza da parte greca nel celare i propri tesori artistico-ecclesiastici per timore di furti da parte dei Franchi, nonché
la sua preoccupazione che questa eventualità potesse innescare un
conflitto, costituiscono a nostro avviso la riprova che la sua percezione della situazione – da persona ben informata sulle tensioni
politico-ecclesiastiche del tempo – andasse in tutt’altra direzione
che in quella di un’irenica amicizia con i bizantini.
Queste preoccupazioni sembrano quasi preconizzare quanto
avvenne nel 1204 con il sacco latino di Costantinopoli, che lacererà definitivamente il rapporto tra le due parti della cristianità, già divise dallo scisma ecclesiale. Sugerio non può tuttavia
togliersi il sospetto che i tesori della Grande Chiesa fossero in
realtà ben superiori a quelli della sua abbazia, dando credito alla
testimonianza di chi aveva potuto constatare le cose come effettivamente stavano e, in particolare, assistere alla celebrazione
della liturgia in Hagia Sophia:
Abbiamo sentito da diversi uomini degni di fede, nonché dal vescovo Ugo
di Laon, delle stupefacenti e quasi incredibili eccellenze degli ornamenti di
Hagia Sophia, nonché di altre chiese, nella celebrazione della Messa. Se le
cose stanno così, o piuttosto poiché crediamo alla loro testimonianza, che le
cose stiano così, tanto le cose inestimabili quanto quelle incomparabili
avrebbero dovuto essere esposte all’apprezzamento della moltitudine 31.
30. SUGERIUS, Gesta Sugerii abbatis, § 13, in SUGER, OEuvres, ed. cit. (nota 2), p. 136:
« Conferre consuevi cum Hierosolimitanis et gratantissime addiscere, quibus Constantinopolitanae patuerant gazae et Sanctae Sophiae ornamenta, utrum ad comparationem illorum
haec aliquid valere deberent. Qui cum hec majora faterentur, visum est nobis quod timore
Francorum ammiranda quae antea audieramus caute reposita essent, ne stultorum aliquorum impetuosa rapacitate, Graecorum et Latinorum ascita familiaritas in seditionem et bellorum scandala subito moveretur. Astucia enim precipue Graecorum est ».
31. Ibidem: « Ammiranda siquidem et fere incredibilia a viris veridicis quampluribus, et ab episcopo Laudunensi Hugone, in celebratione missae, de Sanctae Sophiae
ornamentorum prerogativa, nennon et aliarum ecclesiarum audieramus. Quae si ita
sunt, immo quia eorum testimonio ita esse credimus, tam inestimabilia quam incomparabilia multorum judicio exponerentur ».
38
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
In queste note cogliamo un modo di rapportarsi all’Oriente
bizantino che non si pone all’insegna dell’imitazione assimilativa, bensì della rivalità mimetica, cosa che sottende sempre il
desiderio assimilativo verso il proprio modello-ostacolo. Le
considerazioni dell’inventore del gotico sembrano dunque riflettere un panorama culturale e geopolitico profondamente
mutato rispetto ai tempi carolingi e ottoniani, mostrando come
il piano degli orizzonti elettivi fosse stato sconvolto dalla ridefinizione delle relazioni tra Oriente ed Occidente cristiani causata dallo scisma del 1054. Quel drammatico strappo, destinato a
non ricucirsi più, fece così maturare la trasformazione di un
orizzonte un tempo elettivo nell’orizzonte di conflitto che
spianerà la via alla Quarta Crociata. La Grande Chiesa, lustro di
una capitale che era divenuta il baluardo di una cristianità separata, da oggetto di ammirazione si doveva conseguentemente
trasformare in modello da superare, cosa che i nuovi rapporti di
forza che le potenze occidentali avevano stabilito nelle regioni
orientali del Mediterraneo suggeriva fosse ormai a portata di
mano.
Sebbene Hagia Sophia non abbia costituito, dal punto di
vista formale, un modello architettonico per Sugerio, essa probabilmente rappresentò nel suo immaginario un esempio precipuo di quella magnificenza che una chiesa-simbolo, depositaria
di secolari significati religiosi e politici, aveva il compito di
perseguire. Tuttavia, a stemperare la tensione del confronto
mimetico, nelle considerazioni con cui Sugerio conclude il
denso tredicesimo paragrafo dei suoi Gesta – apertosi sulla speciositas delle gemme, veicolo di contemplazioni anagogiche, e
passato per la rivalità con Hagia Sophia – l’ultima parola è riservata al motivo unitario ed escatologico del discorso sulla bellezza, ovvero l’offerta delle cose più preziose per il servizio
della celebrazione eucaristica:
Che in ciasuno prevalga l’intelligenza. Personalmente confesso di tenere più
che a ogni altra cosa a questo: che le cose di maggior valore, le cose più
preziose, servano all’amministrazione della sacrosanta Eucaristia 32.
32. Ibidem: « Habundet unusquisque in suo sensu; michi fateor hoc potissimum
placuisse, ut quaecumque cariora, quaecumque carissima, sacrosantae Eucharistiae
amministrationi super omnia deservire debeant ».
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
39
Nel consegnare alla posterità le motivazioni e la descrizione
dei lavori, i fatti miracolosi che li hanno accompagnati fino al
loro compimento, nonché la rassegna degli ornamenti e i loro
motivi simbolici, gli scritti dell’abate di Saint-Denis, in particolare il De consecratione e i Gesta Sugerii, richiamano nei loro intenti e modalità il genere letterario delle ekphraseis, ovvero di
quei componimenti che la letteratura encomiastica greca ha riservato alla descrizione di significative opere d’arte figurative o
edifici. In particolare, nell’organizzazione retorica delle ekphraseis bizantine dedicate allo spazio sacro possiamo rinvenire
un’affinità tematica e contenutistica con gli scritti sugeriani e
con i riferimenti in essi offerti all’estetica dell’invisibile, i quali
vengono dischiusi proprio laddove si palesano i maggiori contatti con il pensiero pseudo-dionisiano, ossia nel tredicesimo
paragrafo dei Gesta 33. La più celebre ekphrasis bizantina – in ragione dell’importanza del suo oggetto e della posizione del suo
autore – è probabilmente quella dedicata da Paolo Silenziario,
poeta e uomo della corte di Giustiniano, alla cattedrale di Hagia Sophia, composta nel 562 in occasione della ricostruzione
della cupola e declamata il giorno stesso dell’inaugurazione 34.
Le analogie espositive con l’ekphrasis del Silenziario, quali la
rassegna dei materiali costruttivi, l’enfasi posta sulla magnificenza dell’edificio, il rilievo dato all’aspetto simbolico-spirituale,
suscitano il quesito circa la possibilità che Sugerio si sia ispirato
a degli esempi concreti del genere ecfrastico, escludendo tuttavia – non avendone alcuna prova – che egli possa aver conosciuto una versione latina dell’ekphrasis di Paolo. L’unico elemento concreto che lega gli scritti di Sugerio e il poema del
Silenziario è l’avere per oggetto due chiese che furono simbolo
del loro tempo e del connubio tra religione e politica, e che,
per vie architettoniche indipendenti, hanno nondimeno saputo
33. R. WEBB, The Aesthetics of Sacred Space: Narrative, Metaphor, and Motion in
Ekphraseis of Church Buildings, in Dumbarton Oaks Papers, LIII (1999), p. 73: « By
constantly juxtaposing the intelligible and the sensible these ekphraseis unlock the
inherent significance of the buildings they describe ».
34. Sulle opere letterarie dedicate ad Hagia Sophia cfr. G. DAGRON, Constantinople imaginaire. Études sur le recueil des Patria, Paris, 1984 (Bibliothèque byzantine. Études, 8), pp. 191-196, 265-269; M. L. FOBELLI, Un tempio per Giustiniano. Santa Sofia di
Costantinopoli e la Descrizione di Paolo Silenziario, Roma, 2005, p. 17.
40
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
tradurre la medesima aspirazione a manifestare sensibilmente l’idea della bellezza e della luce anagogiche: Saint-Denis è tempio
della luce come lo è Hagia Sophia, essendo la luce l’elemento
che più contraddistingue lo spazio percettivo di questi due edifici sacri, ed è anche l’elemento che maggiormente viene posto
in risalto nelle rispettive descrizioni 35.
Ci appare qui significativo ricordare che anche nel caso di
Hagia Sophia la proposta di riconoscere il Corpus Dionysiacum
come suo presupposto testuale è motivo presente nella storiografia bizantinistica, che, tuttavia, a differenza della storiografia
occidentale, ne ha accettato la valenza lata, senza aver mai dato
vita a un dibattito polemico paragonabile a quello innescato
dalla supposta dipendenza di Sugerio dallo pseudo-Dionigi 36.
Sugerio, gravitando nell’orbita più ampia di questo complesso
di significati, concepì la ristrutturazione di Saint-Denis in funzione
del ruolo di rinnovata preminenza che la chiesa-simbolo della monarchia francese era chiamata ad assumere nel contesto della rinascita epocale che si era avviata durante il XII secolo. La lux nova
della basilica di Saint-Denis si accese in concomitanza con il volgere di un secolo che proiettava la Francia all’avanguardia dell’Occidente, sia per la vitalità della sua monarchia, capace di guidare le
35. Il ruolo simbolico della luce nel riflesso delle coperture degli edifici più eminenti di Costantinopoli – la Grande Chiesa e il Grande Palazzo – è ampiamente sottolineato in M. C. CARILE, Il Sacrum Palatium risplendente di luce: immagine e realtà del
palazzo imperiale di Costantinopoli, in Polidoro. Studi offerti ad Antonio Carile, a cura di
G. VESPIGNANI, Spoleto, 2013, pp. 305-327, in particolare p. 318.
36. J. MEYENDORFF, Continuities and Discontinuities in Byzantine Religious Thought,
in Dumbarton Oaks Papers, XLVII (1993), p. 77: « The Dionysian conception of the
liturgy, and his view of the relationship between God and creatures in general, has
been connected with the history of architecture. Of course, there is no evidence of
a direct relationship between Pseudo-Dionysius and Hagia Sophia, but it has been
said that the dome of Byzantine churches “was not chosen for practical reasons, but
as an expression of Neoplatonic Christianity; Byzantine domed churches are Dionysius the Areopagite translated into stone and brick, marble and gold, mosaic and
gem” » (il passo qui citato da Meyendorff è da C. SCHNEIDER, Geistesgeschichte der antikes Christentums, München, 1954, p. 100). Per un approfondimento di questo rapporto mi permetto di rimandare al mio saggio La bellezza sofianica: Hagia Sophia e le
sue ekphraseis, lo ps.-Dionigi Areopagita e i presupposti del pensiero eikonico bizantino, in
L’estetica nel pensiero tardo-antico, medievale e umanistico. Atti del Colloquio L’Estetica
medievale (Università degli studi di Salerno, 17-19 Dicembre 2012), a cura di R. DE
FILIPPIS - G. GAMBALE, Roma, in stampa (Institutiones).
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
41
trasformazioni politiche e sociali che si stavano attuando all’interno
del feudalesimo, sia per lo slancio religioso che seguì alla riforma
gregoriana e alla nascita di nuovi ordini monastici, sia per la grande stagione culturale promossa dalle scuole cattedrali e dai centri
monastici della Francia 37.
Tanto il rapporto di alleanza tra la monarchia francese e il
papato, alternativo alla tensione strutturale insita tra impero e
papato, quanto il ruolo esercitato dalla Francia nel panorama
politico e militare internazionale, senza contare il successo incontrato in tutta Europa dai nuovi ordini monastici fondati in
Francia, come i Cistercensi e i Certosini, nonché l’influenza
culturale esercitata dalle sue scuole e dalle sue innovazioni sia
in ambito tecnico e produttivo sia in ambito artistico, permettevano alla Francia di assurgere a guida dell’Occidente cristiano.
La cristianità occidentale, che aveva spostato il suo baricentro
dal Mediterraneo all’Europa continentale, dietro alla propulsione esercitata dalla Francia riusciva ad accrescere la sua presenza
nel Mediterraneo orientale con avamposti creati attraverso la
conquista militare e finalizzati a fondare domini di tipo feudale.
Questo stato di cose spianò la strada nell’Occidente latino a
una nuova percezione delle proprie prerogative e del proprio
ruolo rispetto al passato condiviso da tutta la cristianità, cosa
che comportò l’emancipazione rispetto all’Oriente cristiano e
bizantino. Questo distacco si compì storicamente tra gli estremi
dello Scisma del 1054 e la Quarta Crociata, terminata nel sacco
di Costantinopoli del 1204. Il superamento culturale e spirituale
della capitale bizantina era dunque richiesto come passo necessario per consolidare la coscienza di questa emancipazione.
Non deve quindi stupire che, nel momento in cui la Francia
avocava idealmente a sé il ‘Palladio’ della guida della cristianità,
uno dei grandi artefici della rinascenza francese del XII secolo,
l’abate Sugerio, nell’esplicitare i suoi modelli mimetici e trat37. In proposito cfr. G. DUBY, Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori, trad. it. C. SANTANIELLO, Milano, 1993, p. 261 ss.; C. H. HASKINS, The Renaissance of the Twelfth Century, Cambridge 1927, passim; per una rilettura delle trasformazioni verificatesi durante il XII secolo sullo sfondo dei nuovi rapporti di potere e
dell’evoluzione delle forme di governo cfr. T. N. BISSON, The Crisis of the Twelfth
Century: Power, Lordship, and the Origins of European Government, Princeton-Oxford,
2009, passim.
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ERNESTO SERGIO MAINOLDI
teggiando la rivalità con l’Oriente, richiamandosi al simbolo di
Hagia Sophia, evocava il tema del “superamento di Salomone”:
Comparando le cose più piccole a quelle più grandi, ritengo che le ricchezze di Salomone non avrebbero potuto bastare al tempio più che le nostre a
questa nostra opera, se l’unico Autore della medesima opera non ne avesse
fornito in abbondanza ai suoi servitori 38.
Questo tema, che vantava un lungo corso nella retorica cristiana, implicando il compimento escatologico della Legge e
dell’Antica alleanza nella Nuova ed Eterna alleanza stabilita dall’Incarnazione del Verbo di Dio 39, aveva conosciuto la sua più
famosa attestazione nell’esclamazione che Giustiniano proferì il
22 dicembre 537, primo giorno dei riti di dedicazione della
‘sua’ Hagia Sophia, varcando le porte principali della chiesa e
correndo verso l’ambone: « Gloria a Dio che mi ha giudicato
degno di portare a compimento una simile opera. Salomone ti
ho superato (e’níkhsá se, Solomån)! » 40. La Costantinopoli di Giustiniano si era così candidata a raccogliere l’eredità della regalità
sacra biblica, ponendosi il suo imperatore nella continuazione
di quella che lo pseudo-Dionigi aveva denominato « gerarchia
secondo la Legge » (h‘ katà nómon ‘ierarcía), utilizzando come
suo principale strumento retorico la narrazione di Costantinopoli come nuova Gerusalemme.
Per quanto il tema del superamento di Salomone, sotto la
specie della rivalità tra Tempio e Chiesa, mostri di aver avuto
corso nella letteratura patristica latina e mediolatina 41, non è
dato sapere se Sugerio lo abbia ripreso da una particolare fonte
38. SUGERIUS S. DIONYSII, Scriptum consecrationis ecclesiae Sancti Dionysii, 3, in SUOEuvres, ed. cit. (nota 2), p. 12: « Conferebam de minimis ad maxima, non plus
Salomonianas opes templo quam nostras huic operi sufficere posse, nisi idem ejusdem operis auctor ministratoribus copiose prepararet ».
39. Per una disamina di questo tema e delle sue ricche implicazioni storico-simboliche, cfr. DAGRON, Constantinople imaginaire cit. (nota 34), p. 303 ss.
40. Diäghsiv perì tñv oi’kodomñv toû naoû tñv megálhv toû qeoû e’kklesíav tñv e’ponomazoménhv ‘Agíav Sofíav, § 27, in Scriptores originum Constantinopolitanarum, ed. Th. PREGER,
Leipzig, 1901-1907, vol. I, p. 105; una traduzione in francese della Diähsiv è offerta in
DAGRON, Constantinople imaginaire cit. (nota 34), pp. 196-211; per il luogo in questione
cfr. p. 208.
41. Su tutti cfr. AGOSTINO, De civitate dei, cap. XVII, § 8; sul versante iconografico cfr. R. HAUSSHERR, Templum Salomonis und Ecclesia Christi. Zu einem Bildvergleich der Bible moralisée, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXI (1968), pp. 101-121.
GER,
L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI
43
testuale o si sia lasciato guidare da associazioni di contesto. Tuttavia, evocando questo confronto, egli si inscriveva nel cerchio
dei millenari significati sofiologici intorno ai quali era possibile
riconoscere una sequenza che, muovendo dalla figura archetipica di re Salomone – « il più sapiente di tutti gli uomini » (1 Re
4, 31), l’innamorato della bellezza della Sapienza, come sottolinea lo pseudo-Dionigi 42, nonché autore dei libri sapienziali
dell’Antico Testamento, – e dal suo Tempio, la cui ekphrasis
vetero-testamentaria (1 Re 6-8, 1 Cr 22, 2 Cr 2-5) costituirà per
i cristiani un modello ispiratore ricorrente, passando per la
Grande Chiesa di Costantinopoli, arrivava, secondo una retorica dell’accrescimento, a riconoscere nella ‘sua’ Saint-Denis la
nuova stazione in cui la Sapienza aveva preso dimora.
ERNESTO SERGIO MAINOLDI
42. PSEUDO-DIONYSIUS AREOPAGITA, De divinis nominibus, IV, 12, 709B, ed. cit.
(nota 7), p. 157; trad. it. cit. (nota 7), p. 423: « Nei libri sacri che introducono ai
misteri potrai trovare un uomo che dice della Sapienza divina (perì tñv qeíav sofíav):
“mi sono innamorato della sua bellezza (e’rastæv e’genómhn toû kállouv au’tñv) [Sap 8, 2]” ».
ABSTRACT: This paper focuses on the problem of the possible relationship
between the description of the abbatial basilica of Saint-Denis, written by its
abbot Suger, after the restructuring promoted by himself, and the theology of
light described by Pseudo-Dionysius the Areopagite. Starting from the results
achieved by recent historiography, which pointed out precise convergences
between some textual expressions in Suger and the writings of Pseudo-Dionysius,
but also underlined the silence under which the main Dionysian topics were
treated in Suger’s works, an attempt of explanation is made about the reasons
which led Suger to drop entirely the hagiographic identification – set by his
Carolingian predecessor Ilduin and amplified by John Scottus – between the
Dionysius who has been martyr in Paris and the Dionysius who has been
disciple of saint Paul, and supposed author of the Corpus Dionysiacum. A second
field of investigation embraces the opposition between Saint-Denis and Hagia
Sophia, an opposition that Suger himself suggests in his writings, at the light of
the politico-economical confrontation between the 12th Century France and
the eastern capital city, whose Great Church in every time has been admired
and has been source of wonder. Behind these comparisons it is possible to
perceive the reference to the Temple of Solomon, which has played as an ideal
and a rhetorical model, recalled by many Christian authors in order to magnify
the churches built as being conceived as the symbolic centre of their time.