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STVDI MEDIEVALI SERIE TERZA Anno LVIII - Fasc. I 2017 FON DAZ IONE C ENTR O I TALI ANO DI S TU DI S ULL’ALTO M E DIOE VO S POLETO SOMMARIO DEL FASCICOLO GEORGES DECLERCQ, History, Memory and Remembrance in Early Cartularies and Libri Traditionum .......... pag. 1 RICERCHE ERNESTO SERGIO MAINOLDI, L’abate Sugerio e i suoi orizzonti mimetici: san Dionigi (non l’Areopagita) tra Saint-Denis e Hagia Sophia sullo sfondo della rottura tra Oriente e Occidente cristiani ............................ » 23 FABRIZIO DE FALCO, I capitoli melusiniani del De nugis curialium: ribaltamento dell’ideologia cavalleresca e uso politico ....................................................... » 45 ROBERTO PACIOCCO, « Originalia penes scriptores remaneant ». Il processo orvietano per la canonizzazione di Ambrogio da Massa (1240-1241) ........................... » 93 DIETER VON DER NAHMER, Von Columban und den Folgen seines Wirkens ........................................ » 131 ATTILIO STELLA, The Liber Ardizonis. Reshaping the Libri Feudorum in the Thirteenth Century ........... » 175 FABIO BARBERINI, Un infante ribelle, un prestito non restituito e il fecho del Imperio (Raimon de Tors, Per l’avinen pascor, BdT 410,6) ........................ » 229 NOTE VI SOMMARIO DEL FASCICOLO EDITI ED INEDITI BENEDETTA VALTORTA, Per una nuova edizione della recensione A dell’« Oratio contra septem vitia » di Ambrogio Autperto ............................................ pag. 263 DONATELLA FRIOLI - CATERINA MENICHETTI - ALESSIO DECARIA, Un nuovo frammento di Bibbia volgare nell’Archivio di Stato di Trento ................................ » 303 DAVID A. TRAILL, The Enigmatic Vide, qui fastu rumperis and the Career of Philip the Chancellor ............. » 363 RECENSIONI ...................................................... » 379 LETTURE E CONGETTURE S. BROOMHALL (ed.), Gender and Emotions in Medieval and Early Modern Europe: Destroying Order, Structuring Disorder (F. Roversi Monaco), p. 379; S. E. J. GERSTEL (ed.), Viewing Greece: Cultural and Political Agency in the Medieval and Early Modern Mediterranean (F. Soffientino), p. 383; L. MOULIN, La vita quotidiana secondo san Benedetto (M. Papasidero), p. 387; V. DEBIAIS - E. INGRAND VARENNE (éds.), Corpus des inscriptions de la France médiévale (VIIIe-XIIIe siècle). Indre, Indre-et-Loire, Loir-et-Cher (région Centre) (F. de Rubeis), p. 394; M. C. LA ROCCA and P. MAJOCCHI (eds.), Urban Identities in Northern Italy (800-1100 ca.) (P. Tomei), p. 400; P. PETRONE, Fior da Fiore dai Carmina Burana morali e di protesta, d’amore e spirituali, di donne e d’osteria. 40 canti dei Clerici vagantes medievali tradotti nella lingua del nostro tempo con testo latino a fronte (L. Vangone), p. 403; E. MORINI, È vicina l’unità tra cattolici e ortodossi? Le scomuniche del 1064 e la riconciliazione del 1965 (G. M. Cantarella), p. 405; A. PALEOLOGO ORIUNDI, Il Monferrato nell’Oriente Mediterraneo (secoli XII-XV). Conquiste, amori e morti di Aleramici e Paleologi in Terrasanta e a Costantinopoli (M. Cristini), p. 406; C. BONANNO, Trascendenza ed esistenzialità nei Mosaici di Monreale (C. Rizzardi), p. 409; A. CZORTEK, Studiare, predicare, leggere. Scuole ecclesiastiche e cultura religiosa in Alta Valle del Tevere nei secoli XIII-XV (P. Licciardello), p. 412; M. SANTOS NOYA, C. STEEL und S. DONATI (hrsgs.), Alberti Magni ordinis fratrum praedicatorum episcopi. Opera Omnia Tomus I, Pars IB: De praedicamentis (N. Caminada), p. 416; T. GUARD, Chivalry, Kingship and Crusade. The English Experience in the Fourteenth Century (M. Cristini), p. 420; C. GIBELLINI (cur.), MARIO POMILIO, Petrarca e l’idea di poesia. Una monografia inedita (P. Falzone), p. 423. NOTIZIE DEI LIBRI RICEVUTI ............................. pag. Abbiamo inoltre ricevuto .......................................... » I libri della Fondazione CISAM ................................ » I libri della SISMEL - Edizioni del Galluzzo ................. » 429 484 516 520 SOMMARIO DEL FASCICOLO VII A cura di: F. Berno, A. Bisanti, F. Canaccini, M. Conti, M. Cortesi, D. Cristoferi, I. Del Punta, E. Di Natale, G. G. Fissore, L. Lozzi Gallo, M. Montesano, G. Murano, G. P. G. Scharf, F. Soffientino, S. Tognetti, L. Tromboni, G. M. Varanini. Si parla di: Si parla di: M. P. Alberzoni, G. Albini, G. Andenna - C. D. Fonseca - E. Filippini, G. Archetti, G. Arnaldi, G. Attinà, I. Aurora, L. Avellis, M. Bartoli - J. Dalarun - T. J. Johnson - F. Sedda, M. Bellabarba - H. Obermair H. Sato, S. Bertelli, M. Bloch, B. Borghi, M. Brösch - W. A. Euler - A. Geissler - V. Ranff, I. Bueno, M. Burlamacchi, L. Cadioli, P. Cammarosano, A. Cantisani, C. Casagrande - G. Fioravanti, M. Cassarino - A. Ghersetti, L. Catastini - F. Ghione - R. Rashed, M. Centini, P. Chiesa, P. Cicconofri - G. C. Testa - C. Vurachi, C. Ciccopiedi, N. Ciola - A. Sabetta - P. Sguazzardo, G. Coppola, J. Dalarun, F. D’Amato, L. d’Ayala Valva, M. De Giorgi, T. De Giorgio, P. De Leemans - M. J. F. M. Hoenen, S. De Santis, S. Diacciati - L. Tanzini, M. Di Branco, C. Di Fonzo, Erbe, Carni e pesce. L’alimentazione nella Valdinievole Medievale e Moderna, P. Evangelisti, S. Farmer, M. C. Ferrari, S. Fiaschi, G. Fighera, F. Fiorentino, G. Fornasari, F. Frezza, A. Frugoni - C. Frugoni, P. Galetti, A. García-Menacho Osset - M. M. Cárcel Ortí, G. C. Garfagnini, S. Gasparri, C. Giraud - D. Poirel, A. Goldschläger, M. Gout, D. Gray, P. Grossi, T. Herzig, S. Hutin, S. Iaria, R. Imbach - C. König-Pralong, R. Interlandi, M. Iuffrida, M. Johnston, S. Lazaris, S. Leone, E. Lombardo, I. Lori Sanfilippo, A. Luongo, E. Maccioni - S. Tognetti, L. Magionami, D. Manzoli, V. Maraglino, S. Martinelli, L. Mascanzoni, C. A. Mastrelli, Matilde di Canossa e il suo tempo, P. Mazzolari, P. V. Mengaldo, M. Miglio, G. M. Molli, D. Monaco, P. Monnet, S. Muzzi, E. Necchi, M. O’Doherty - F. Schmieder, J. L. Opie, A. Padoa-Schioppa, I. Pagani - F. Santi, E. Panofsky - F. Saxl, C. Panti, M. C. Panzera, J.-M. Paquette, S. Péquignot - P. Savy, M. Pereira, F. Pertegato, L. Pessa, G. Petralia - M. Santagata, G. Pilara, G. Pinto, F. Pucci Donati, A. Rigon, M. A. Rigoni, R. Rinaldi, V. Rosenberger, P. Saintyves, D. Scragg, F. Sedda, G. Sergi, M. Spadaccini, P. Stoppacci, E. Susi, M. Tagliabue, L. Tanzini - S. Tognetti, P. Terracciano, S. Terzi, R. Tesi, A. Thompson, O. P., N. Togni, A. Torno Ginnasi, C. Urso, A. Vanoli, G. Vickermann-Ribémont - M. White-Le Goff, J. Vid̄ar Sigurd̄sson - T. Bolton, G. Vigini, G. Vitolo, H. M. Wierzbicki OFM, G. Zarri. RICERCHE L’abate Sugerio e i suoi orizzonti mimetici: san Dionigi (non l’Areopagita) tra Saint-Denis e Hagia Sophia sullo sfondo della rottura tra Oriente e Occidente cristiani Tra il 1137 e il 1148 l’abate Sugerio avviò e portò a compimento un importante piano di ristrutturazione della basilica dell’abbazia di Saint-Denis, alla quale egli era preposto, dando vita al prototipo architettonico di quello che oggi chiamiamo stile gotico 1. Il motivo che spinse Sugerio a intraprendere questa ristrutturazione è stato da lui stesso indicato nella necessità di ampliare gli spazi interni, troppo angusti per accogliere la grande folla di pellegrini che, in occasione delle feste, si accalcava oltre ogni limite nella basilica, mettendo a repentaglio la vita degli astanti e impedendo il regolare svolgimento delle funzioni liturgiche: questi problemi – che in un’occasione provocarono il ferimento di alcuni fedeli – gli erano noti sino da quando, puer oblatus, era stato discepolo presso la scuola abbaziale, ricavandone afflizione nella giovane età e risoluto proposito di porvi rimedio una volta divenuto abate 2. L’immediata percezione estetica che ancora oggi il visitatore della basilica può sperimentare è contraddistinta dall’abbondante 1. Cfr. S. McK. CROSBY, Abbot Suger, the Abbey of Saint-Denis, and the New Gothic Style, in The Royal Abbey of Saint-Denis in the Time of Abbot Suger (1122–1151), edited by S. McK. CROSBY - J. HAYWARD - Ch. T. LITTLE - W. D. WIXOM, New York, 1981, pp. 13-23; W. CLARK, Suger’s Church at Saint-Denis: The State of Research, in Abbot Suger and Saint-Denis: A Symposium, edited by P. L. GERSON, New York, 1986, pp. 105-130. 2. SUGERIUS S. DIONYSII Scriptum consecrationis ecclesiae Sancti Dionysii, in SUGER, OEuvres, I, Écrit sur la consécration de Saint-Denis, L’oeuvre administrative, Histoire de Louis VII, édité et traduit par F. GASPARRI, Paris, 1996, pp. 8-10. 24 ERNESTO SERGIO MAINOLDI profusione di luce che penetra dall’alto dei finestroni costeggianti la navata e il coro, parti il cui ampliamento risale all’intervento di Sugerio. Attraverso le vetrate colorate i raggi di luce dipingono un multiforme gioco cromatico sul pavimento e sulle pareti della chiesa, in particolare durante le giornate soleggiate. Che la percezione della luce fosse un elemento di rilievo nel risultato prodotto dai lavori è sottolineato dallo stesso Sugerio nei versi di epigrafe composti per celebrare il completamento del coro: Dacché la nuova parte, che è quella posteriore, si aggiunge a quella anteriore / la navata risplende illuminata nel suo mezzo, / E dal momento che diffonde una luce nuova, riluce l’opera / Eccellente, che è stata ingrandita al nostro tempo, / Io che fui Sugerio, essendo stata fatta sotto la mia guida 3. Per Sugerio la funzionalità della luce e degli ornamenti che abbellivano l’interno della chiesa non era limitata alla sola percezione estetica, ma aveva una precisa valenza anagogica: la bellezza delle gemme multicolori che ornavano la croce di Sant’Eligio, posta all’ingresso del nuovo coro, e altri ornamenti dell’altare maggiore 4, poteva infatti spingere la meditazione dell’osservatore a trasferirsi « dalle cose materiali a quelle immateriali », dandogli l’impressione di trovarsi in una « regione lontana dalla sfera terrestre »: Allorché la bellezza multicolore delle gemme, in virtù del mio amore per il decoro della casa di Dio, mi distrae in qualche occasione dalle preoccupazioni per le questioni esteriori, e una opportuna meditazione mi induce a riflettere sulla varietà delle sante virtù, trasponendomi dalle cose materiali a quelle immateriali, mi sembra di trovarmi in una regione lontana della sfera terrestre, che non si trova completamente nella feccia della terra, né dimora 3. SUGERIUS, Gesta Sugerii abbatis, § 5, in SUGER, OEuvres, ed. cit. (nota 2), pp. 120 = De administratione, II, 6, in ABT SUGER VON SAINT-Denis, Ausgewählte Schriften: Ordinatio, De consecratione, De administratione, herausgegeben von A. SPEER - G. BINDING, Darmstadt, 2000, pp. 326, 816-820: « Pars nova posterior dum jungitur anteriori, / Aula micat medio clarificata suo. / Claret enim claris quod clare concopulatur, / Et quod perfundit lux nova, claret opus / Nobile, quod constat auctum sub tempore nostro; / Qui Sugerus eram, me duce dum fieret ». Le trad. in italiano sono nostre. 4. Cfr. Ph. VERDIER, La grande croix de l’abbé Suger à Saint-Denis, in Cahiers de civilisation médiévale, XIII (1970), pp. 1-31. L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 25 interamente nella purezza del cielo, e quindi di poter essere trasferito per dono di Dio da questa [dimensione] inferiore a quella superiore in modo anagogico 5. Questo esplicito riferimento alla valenza anagogica dell’arte, che passa attraverso l’esperienza della luce e del colore, aspetti percettivi che costituiscono anche l’esito più evidente della ristrutturazione sugeriana – la lux nova di cui i Gesta Sugerii 6 –, sembra volersi riallacciare ai motivi dionisiani di cui l’abbazia di Saint-Denis era depositaria, in particolare alla teologia della luce che tanto sviluppo ha trovato negli scritti attribuiti al santo patrono della regia abbazia. Questi infatti era quel martire Dionigi, che Ilduino, l’abate del tempo di Ludovico il Pio, aveva identificato con l’autore del Corpus Dionysiacum, mediante un’operazione di riscrittura agiografica le cui motivazioni riannodavano con evidenti ragioni di opportunità politico-culturale. L’autore del Corpus, un personaggio ellenofono attivo nei primi decenni del secolo VI, aveva a sua volta compiuto un’operazione di riscrittura agiografica con l’attribuire la sua opera a Dionigi Areopagita, l’ateniese che si era convertito al cristianesimo a seguito della predicazione di san Paolo sull’Areopago, e come tale menzionato negli Atti degli Apostoli (17, 34), nonché ricordato dalla tradizione ecclesiastica come primo vescovo di Atene. Nell’827 un manoscritto degli scritti pseudo-areopagitici era stato inviato in dono dall’imperatore costantinopolitano Michele II il Balbo a Ludovico il Pio, ed era stato solennemente traslato all’abbazia di Saint-Denis, quasi fosse una reliquia, lasciando all’abate Ilduino il compito di saldare attraverso la scrittura agiografica e una traduzione dell’opera il connubio tra l’autore del Corpus e le reliquie del martire Dionigi, il quale, 5. SUGERIUS, Gesta Sugerii abbatis, § 13, in SUGER, OEuvres, ed. cit. (nota 2), pp. 134-136 = De administratione, II, 13, in ABT SUGER VON SAINT-Denis, Ausgewählte Schriften, ed. SPEER - BINDING cit. (nota 3), pp. 344, 1016-1023: « Unde, cum ex dilectione decoris domus Dei aliquando multicolor gemmarum speciositas ab exintrinsecis me curis devocaret, sanctarum etiam diversitatem virtutum, de materialibus ad immaterialia transferendo, honesta meditatio insistere persuaderet, videor videre me quasi sub aliqua extranea orbis terrarum plaga, quae nec tota sit in terrarum fece, nec tota in celi puritate demorari, ab hac etiam inferiori ad illam superiorem anagogico more Deo donante posse transferri ». 6. Cfr. supra, alla n. 3. 26 ERNESTO SERGIO MAINOLDI insieme ai suoi compagni Rustico ed Eleuterio, era stato testimone del cristianesimo in Gallia, subendo il martirio intorno al 250 d. C. L’opera di Ilduino produsse una crasi di identità prosopografiche e di trame culturali che la storiografia medievale – sia in Occidente sia in Oriente – trovò utile accettare come autentica. Nelle annotazioni di Sugerio sulla valenza anagogica della bellezza delle gemme multicolori e sulla centralità della luce nella basilica ristrutturata non è del resto impossibile riconoscere un’eco dell’insegnamento pseudo-dionisiano sui simboli sensibili, come possiamo leggere, ad esempio, nel De coelesti hierarchia: Non è affatto possibile che la nostra mente ci elevi verso quell’immateriale imitazione e contemplazione delle gerarchie celesti senza l’uso di una guida materiale alla sua portata (ei’ mæ tñı kat’ au’tòn u‘laíaı ceiragwgíaı), se pensa che le bellezze visibili sono immagini della bellezza invisibile (tà mèn fainómena kállh tñv a’fanoûv eu’prepeíav a’peikonísmata). [...] Le luci materiali immagine di un’immateriale elargizione di luce (tñv a’fllou fwtodosíav ei’kóna tà u‘likà føta) [...] 7. Il Buono [...] apre questi occhi chiusi dal gran peso delle tenebre. E, anzitutto, elargisce loro una luce moderata, e poi le inonda di una luce maggiore, non appena esse hanno, per così dire, assaggiato la luce e aspirano a una luce maggiore, e le illumina con grande abbondanza “perché lo hanno amato intensamente” 8 e le porta sempre più in alto secondo la loro capacità d’innalzarsi (a’eì a’nateínein au’tàv e’pì tà prósw katà tæn sføn ei’v a’náneusin a’nalogían) 9. Il motivo teologico della luce anagogica si presta dunque ad essere identificato come possibile collante di questo multiforme legame, cosa che il contesto storico-culturale di Saint-Denis sembra suggerire come liaison pressoché scontata, rendendo 7. PSEUDO-DIONYSIUS AREOPAGITA, De coelesti hierarchia, I, 3, 121D, in Corpus dionysiacum II, ed. G. HEIL - M. RITTER, Berlin, 1991, 20122 (Patristische Texte und Studien, 36), pp. 8-9; trad. it. P. SCAZZOSO, Milano, 2009, p. 85. In questa e nelle successive citazione, abbiamo talvolta apportato delle modifiche alla traduzione di Piero Scazzoso. 8. Cfr. Lc 7, 47. 9. PSEUDO-DIONYSIUS AREOPAGITA, De divinis nominibus, IV, 5, 700D-701A, in Corpus dionysiacum I, ed. B. R. SUCHLA, Berlin, 1990 (Patristische Texte und Studien, 33), p. 149; trad. it. cit. (nota 7), p. 413. L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 27 plausibile l’ipotesi per cui furono proprio gli scritti dello pseudo-Dionigi a guidare le intuizioni architettoniche di Sugerio, costituendo, di conseguenza, l’originario movente teorico dell’estetica della luce nel gotico. Tuttavia le cose che sembrano scontate, così come le analogie più convincenti, in mancanza di rigorose corrispondenze testuali, sono anche le più insidiose per la ricerca storico-dottrinale, come mostra, nella fattispecie, il lungo dibattitto storiografico sorto intorno al rapporto tra Sugerio, l’abbazia di Saint-Denis e lo pseudo-Dionigi Areopagita. Il dibattitto deve il suo avvio a Erwin Panofsky, che ha conferito valenza sistematica alle suggestioni ermeneutiche offerte dagli scritti pseudo-dionisiani quali possibile fonte ispiratrice di Sugerio 10. L’interpretazione di Panosfky valse ad affermare nella vulgata storiografica l’idea che la creazione di Sugerio abbia volutamente costituito una traduzione architettonica della metafisica della luce descritta dal santo patrono dell’abbazia negli scritti a lui attribuiti. Questa interpretazione risulta tuttavia basata più su assonanze che su prove irrefutabili: il dibattito storiografico non tardò infatti a sottoporre a critica il paradigma panofskiano, dando avvio a una lunga serie di interventi tesi a verificare l’effettivo ruolo giocato dal pensiero pseudo-dionisiano – in genere assimilato tout court al neoplatonismo – nell’ispirazione che ha guidato l’abate francese 11. I due antitetici argomenti che hanno animato questo dibattito si riassumono da una parte nella constatazione dell’assenza dagli scritti di Sugerio di citazioni verbatim che valgano ad identificare con certezza il Corpus Dionysiacum come loro fonte, dall’altra nell’osservazione che la convergenza tematica intorno alla luce e 10. E. PANOFSKY, Abbot Suger on the Abbey Church of St. Denis and its Art Treasures, Princeton (N.J.), 1946; edited by G. PANOFSKY-SOERGEL, Princeton (N.J.) 19792; trad. it. E. PANOFSKY, Suger abate di Saint-Denis, in E. PANOFSKY, Il significato nelle arti visive, trad. it. di R. FEDERICI, Torino, 1962, pp. 107-145. 11. Per una recente critica del paradigma panofskiano cfr. A. SPEER, Art as liturgy: Abbot Suger of Saint-Denis and the Question of medieval Aesthetics, in Roma, magistra mundi. Itineraria culturae medievalis, édité par J. HAMESSE, Louvain-la-Neuve, 1998 (Textes et études du Moyen Age, 10. 2), pp. 855-875. Per una sintetica ricostruzione del dibattito storiografico rimandiamo a F. DELL’ACQUA, L’auctoritas dello pseudo-Dionigi e Sugerio di Saint-Denis, in Studi medievali, 3a serie, LV (2014), pp. 189-213. Colgo qui l’occasione per ringraziare l’Autrice per la proficua discussione intorno ai temi sugeriani e pseudo-dionisiani. 28 ERNESTO SERGIO MAINOLDI all’anagogia, benché non attestata da parallelismi testuali, in considerazione dei legami culturali-agiografici-codicologici sussistenti tra l’abbazia regia e “Dionigi l’Areopagita”, difficilmente potrebbe essere considerata come mera coincidenza 12. Di fronte alla plausibilità di queste posizioni, che rendono indecidibile il problema nei termini di una presa di posizione verso l’uno o verso l’altro dei suoi corni, conviene partire da una prospettiva differente, incentrata sui motivi genetici dell’opera. Qualsivoglia opera dell’ingegno deve infatti essere compresa nelle ragioni che hanno portato alla sua produzione in base ai seguenti fattori: 1) un’occasione, legata a un casus belli, a una committenza o a un’esigenza interiore; essa determina la necessità che muove l’autore a intraprenderne l’esecuzione; 2) l’intenzione da parte dell’autore di contribuire con la sua opera alla trasformazione, alla preservazione o all’arricchimento del contesto culturale/dottrinale all’interno del quale l’opera è destinata ad essere fruita e tramandata. Tanto 1) quanto 2) sottendono un destinatario/interlocutore, in positivo o in negativo; 3) un contesto culturale di fondo, che è palesato dalla forma stessa dell’opera, anche senza esplicitazioni discorsive da parte dell’autore; 4) un ancoraggio mimetico, ovvero la riproduzione nell’opera di elementi (ad esempio la citazione di un ipotesto o la riproposta di una forma-modello a cui l’autore si è ispirato) che dichiarino senza possibilità di equivoci le sue fonti, qualora il casus belli lo richieda. Nel caso della ristrutturazione di Saint-Denis, possiamo domandarci – in via dubitativa – se il motivo dichiarato da Sugerio per l’intrapresa dei lavori, ovvero la necessità di accogliere 12. Sulla presenza di copie delle traduzioni del Corpus nella biblioteca di SaintDenis all’epoca di Sugerio cfr. D. NEBBIAI-DALLA GUARDA, La bibliothèque de l’abbaye de Saint-Denis en France du IXe au XVIIIe siècle, Paris, 1985 (Documents, études et répertoires), pp. 222, 227; delle traduzioni eriugeniane appartenute all’abbazia sono note due copie del XII secolo, i mss. Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 18061, e Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica, Reg. lat. 67; cfr. inoltre É. JEAUNEAU, L’abbaye de Saint-Denis introductrice de Denys en Occident, in Denys l’Aréopagite et sa postérité en Orient et en Occident. Actes du Colloque International (Paris, 21-24 septembre 1994), édité par Y. DE ANDIA, Paris, 1997 (Série Antiquité, 151), pp. 361-378. L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 29 nella basilica un maggior numero di pellegrini, valga ad esaurirne il movente. Il piano di ampliamento e di abbellimento della chiesa, infatti, date le importanti innovazioni introdotte, difficilmente potrebbe essere giustificato in base a mere esigenze quantitative, rispondendo con evidenza a un progetto di più larghe ambizioni, il cui scopo fondamentale può essere intravisto nella magnificazione del connubio tra religione e monarchia, quale segno del favore divino verso la Francia e i suoi sovrani, tenendo anche presente la leggenda che vuole la chiesa abbaziale esser stata consacrata da Cristo stesso 13. Ci sembra dunque più economico pensare che il motivo architettonico dell’esiguità degli spazi e dei problemi di ordine pubblico abbia costituito per Sugerio soltanto l’occasione esteriore per mettere mano a un progetto – probabilmente da lui meditato a lungo – la cui principale intenzione era quella di porre in rinnovato risalto il cuore religioso della monarchia francese, tanto più che l’abate non solo aveva speso la sua vita al servizio di essa, ma anche aveva esercitato un’azione politica di primissimo piano – basti solo ricordare la sua reggenza del trono di Francia durante l’assenza, tra il 1147 e il 1149, di Luigi VII, partito per la Seconda crociata 14. In merito agli scritti con cui Sugerio ha voluto consegnare alla posterità un dettagliato resoconto del suo operato, possiamo riconoscerne il motivo, oltre a quello auto-celebrativo, nell’esigenza di esplicitare, a fianco della narrazione storica, i motivi spirituali e i fatti miracolosi che costellarono la campagna di lavori e che hanno costituito la cifra interiore e mistica della sua 13. Cfr. CROSBY, Abbot Suger cit. (nota 1), p. 17. Le ambizioni che Sugerio nutriva per una promozione della sua abbazia a un ruolo primaziale in Francia è delineato in F. GASPARRI, La pensée et oeuvre de l’abbé Suger à la lumière de ses écrits, in L’abbé Suger, le manifeste gothique de Saint-Denis et la pensée victorine. Colloque organisé à la Fondation Singer-Polignac le mardi 21 Novembre 2000, édité par D. POIREL, Turnhout, 2001 (Rencontres Médiévales Européennes), pp. 91-107. 14. Riduttiva ci sembra l’interpretazione di Andreas Speer, che limita alla mera esigenza liturgica il piano di ristrutturazione di Sugerio: cfr. SPEER, Art as liturgy cit. (nota 11), pp. 859-862: « He [Sugerius] is actually not interested in aesthetics as such, he is more guided, so to speak, by liturgical needs. There can be no doubt about this ». Di fatto il motivo estetico-simbolico e i richiami anagogici negli scritti di Sugerio, nonché il contesto politico-culturale di contorno, fanno sorgere il dubbio che le cose non stiano semplicemente così. 30 ERNESTO SERGIO MAINOLDI opera – sottolineando così come questa ricadesse sotto gli auspici della divina provvidenza. I significati spirituali tratteggiati da Sugerio, ruotanti intorno all’estetica della luce e alla sua potenzialità anagogica, di certo non risultano estranei all’ispirazione simbolico-spirituale che ha generalmente mosso l’arte medievale, per cui, anche supponendo per assurdo che Sugerio non avesse letto gli scritti pseudo-dionisiani conservati nella biblioteca dell’abbazia, di sicuro avrebbe potuto trovare in tante altre fonti della cultura teologica patristica e medievale ampio appoggio per l’associazione tra la luce e l’esperienza mistica 15. Tuttavia, al di là del discorso probabilistico, alcuni elementi valgono ad attestare l’effettiva influenza pseudo-dionisiana sulla concezione dell’arte in Sugerio. Questi elementi sono stati messi in luce da Dominique Poirel nel quadro dell’analisi del rapporto tra Saint-Denis e Saint-Victor, le due abbazie parigine destinate a incrociarsi e ad affiancarsi nel servizio alla monarchia francese e nell’esercitare un ruolo politico-culturale di primo piano nel corso del XII secolo 16. È proprio a Saint-Victor che la rinascita dell’interesse per lo pseudo-Dionigi trovò un momento focale, dopo un paio di secoli in cui non si registrarono significative tracce di ricezione delle traduzioni carolingie del Corpus Dionysiacum 17. Intorno al 1125 Ugo di San Vittore aveva redatto un commentario al De coelesti hierarchia dello pseudoDionigi, motivandone l’occasione con l’interesse dei suoi allievi ad approfondire gli oscuri significati di quest’opera; resta tuttavia plausibile che dietro a questo lavoro abbia giocato in primo 15. È precisamente in questo senso che si contestualizzano le note scettiche di Andreas Speer circa una filiazione dell’estetica di Sugerio dalla teoria del bello dovuta allo pseudo-Dionigi (ma anche ad Agostino), indicandosi per contro in fonti di contesto alto-medievali l’origine dell’ispirazione dell’abate di Saint-Denis: cfr. SPEER, Art as liturgy cit. (nota 11), pp. 869-872. 16. D. POIREL, Symbolice et anagogice: l’école de Saint-Victor et la naissance du style gothique, in L’abbé Suger, le manifeste gothique de Saint-Denis et la pensée victorine cit. (nota 13), pp. 141-170. 17. Ibid., pp. 157-158; E. S. MAINOLDI, Pour une cartographie des thèmes et des contextes de réception du Corpus Dionysiacum dans l’Occident latin, in Transmission et réception des Pères grecs dans l’Occident, de l’Antiquité tardive à la Renaissance: entre philologie, herméneutique et théologie. Actes du colloque international organisé du 26 au 28 novembre 2014 à l’Université de Strasbourg, édité par M. CUTINO - E. PRINZIVALLI - F. VINEL, Paris, 2016, pp. 227-228. L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 31 luogo l’esigenza di opporre una risposta a problematiche di ordine teologico-esegetico non esenti da importanti ricadute paradigmatiche. Ugo infatti percepì e tentò di smussare il conflitto tra alcuni aspetti della teologia pseudo-dionisiana, relativi al concetto di simbolo e alla mediazione gerarchica – che stavano incontrando una considerevole diffusione al tempo –, e il paradigma agostiniano, che escludeva invece la presenza di intermediari tra Dio e le creature 18. Poirel ha osservato che il termine speciositas, impiegato da Sugerio nel tredicesimo paragrafo dei Gesta Suggerii (= De administratione) 19, racchiude con ogni verosimiglianza un’origine dionsianoeriugeniana, dal momento che esso risulta pressoché inesistente tra i Padri latini, a fronte delle sei ricorrenze in Giovanni Scoto, di cui tre nella sua traduzione del De coelesti hierarchia, che fu anche quella utilizzata da Ugo. La riprova che l’utilizzo di questo termine per indicare il concetto di bellezza risultasse affatto desueto viene dal fatto che Ugo, nel suo commentario pseudo-dionisiano, abbia ritenuto necessario darne spiegazione, ricorrendo a un sinonimo: « speciositatis, id est pulchritudinis » 20. Anche l’espressione « de materialibus ad immaterialia », che compare nel medesimo passo dei Gesta, viene ricondotto da Poirel, su basi lessicali, alle traduzioni carolingie degli scritti pseudo-areopagitici, dal momento che nella letteratura latina l’associazione tra questi due termini trova soltanto un’occorrenza nella Passio sancti Dionysii di Ilduino, quattordici in Giovanni Scoto, di cui tre nel Periphyseon e undici nelle Expositiones in Hierarchiam caelestem, e infine undici nell’Expositio in Hierarchiam caelestem di Ugo di San Vittore 21. Inoltre, per trovare una fonte della locuzione « anagogico more », che in Sugerio ha una valenza non strettamente esegetica, significato invece prevalente nell’impiego del termine nel latino patristico e medievale, bensì come riferimento all’ascesa interiore, è ancora allo 18. Cfr. E. S. MAINOLDI, « Immediate viam facimus ». La teologia dionisiana al bivio dell’interpretazione di Ugo di S. Vittore, in Ugo di San Vittore. Atti del XLVII Convegno storico internazionale del CISBaM-Accademia Tudertina (Todi 10-12 ottobre 2010), Spoleto, 2011, pp. 153-171. 19. Cfr. il passo cit. supra, alla n. 5. 20. HUGO DE SANCTO VICTORE, Expositio in Hierarchiam caelestem, IV, PL 175, 997B; cfr. POIREL, Symbolice et anagogice cit. (nota 16), p. 160. 21. POIREL, Symbolice et anagogice cit. (nota 16), p. 160. 32 ERNESTO SERGIO MAINOLDI pseudo-Dionigi e ai suoi commentatori alto-medievali che bisogna guardare 22. Ci sembra dunque possibile affermare che gli argomenti offerti da Dominique Poirel valgano a provare in definitiva che la materia pseudo-dionisiana, eventualmente attraverso Giovanni Scoto e/o Ugo di San Vittore, abbia giocato da ipotesto per l’elaborazione di Sugerio. A latere di tutto questo, dobbiamo tuttavia rimarcare, come non manca di fare lo stesso Poirel, che in Sugerio non troviamo il benché minimo accenno a temi pseudo-dionisiani fondamentali quali sono quelli della tenebra mistica e della teologia negativa 23. Completamente assente dagli scritti dell’abate è poi un termine pseudo-dionisiano chiave come symbolum, che ben si sarebbe prestato a descrivere la funzione anagogica della bellezza. È di certo possibile che Sugerio abbia voluto mantenersi prudente in merito a queste tematiche dal momento che proprio il Commentario pseudo-dionisiano di Ugo di San Vittore aveva trovato un suo precipuo obiettivo polemico nel significato che Giovanni Scoto aveva conferito al concetto di theophania 24. Eriugena infatti, accogliendo la prospettiva della teologia negativa per cui Dio è inconoscibile in sé, considerava il simbolo come unico tramite possibile per arrivare alla conoscenza di Dio e aveva posto un limite all’anagogia nell’apofaticità dell’essenza divina. Ugo, seguace di Agostino e della sua concezione dell’immediatezza della conoscenza che l’uomo può avere del divino, non poteva accettare questa radicale negazione gnoseologica, onde introdusse una distinzione tra simbolo e anagogia, facendo del primo un segno sensibile della realtà invisibile, della seconda una via di conoscenza diretta dell’invisibile 25. Possiamo quindi supporre che Sugerio si astenne per prudenza da queste complicazioni di ordine dottrinale, dal momento che l’intento del suo scritto non aveva punto come obiettivo l’approfondimento teorico di queste problematiche. 22. Ibid., pp. 160-161. 23. Ibid., p. 165. 24. È significativo che Ugo, al di fuori del Commentario alla Gerarchia celeste, non utilizzi nelle sue opere concetti o termini pseudo-dionisiani, con la sola eccezione del termine theophania; cfr. Ibid., pp. 158-159. 25. Ibid., p. 166; MAINOLDI, « Immediate viam faciums » cit. (nota 18), pp. 163164, 169. L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 33 La plausibilità che alcuni temi pseudo-dionisiani abbiano giocato almeno da “nozione di contesto” dietro alla concezione di Sugerio sulla finalità anagogica dell’arte, ci permette da una parte di constatare l’influenza degli scritti dello pseudo-Dionigi sul pensiero dell’abate di Saint-Denis, ma al contempo ci sconsiglia di spingerci a parlare di una ricezione estesa a tutta la loro complessità – e aporeticità – speculativa. Possiamo aggiungere che, in mancanza di una esplicita dichiarazione di Sugerio sulle reali fonti di ispirazione della sua ristrutturazione, il fatto che egli avesse letto o meno il Corpus Dionysiacum non può costituire una prova testuale che ci permetta di parlare della lux nova, cioè degli effetti concreti prodotti dalla luce nella basilica ristrutturata, come di una derivazione areopagitica, ma allo stesso tempo neanche di escluderlo categoricamente. È quindi utile richiamare la lettura di Francesca dell’Acqua quale tentativo di superare, dal punto di vista metodologico, una contrapposizione interpretativa che appare irrisolvibile 26. Dell’Acqua suggerisce che una lettura del contesto culturale in cui l’opera architettonica e letteraria di Sugerio ha avuto origine debba necessariamente tenere in conto della complessità dei fattori che formarono la cultura teologico-simbolica e visuale dell’autore, senza escludere il gioco delle assonanze, dei rimandi e delle suggestioni che non risultano riportabili a una fonte letteraria puntuale. Di conseguenza, non è tanto la presenza o meno di riferimenti ai testi pseudo-dionisiani nell’opera letteraria di Sugerio che ci può aiutare a risolvere il quesito su Dionigi “ispiratore del gotico” – Dell’Acqua del resto non insiste sulle inequivocabili prove testuali addotte da Poirel per cui lo pseudo-Dionigi risulta essere stato letto da Sugerio. In mancanza di una dichiarazione esplicita da parte di Sugerio sulle proprie fonti di ispirazione per il modello architettonico realizzato, la questione circa il ruolo avuto dal Corpus Dionysiacum nella ricerca di una nuova distribuzione della luce nella Saint-Denis sugeriana deve limitarsi a constatare che la suggestione visuale sulla luce anagogica offerta dai testi pseudo-dionisiani si inserisce in una tradizione simbolica di lungo corso nella storia dell’arte cristiana, per la quale la luce è considerata come manife26. DELL’ACQUA, L’auctoritas dello pseudo-Dionigi e Sugerio di Saint-Denis cit. (nota 11). 34 ERNESTO SERGIO MAINOLDI stazione del divino 27. Possiamo allora pensare che la lettura di Dionigi, nella più restrittiva delle ipotesi, abbia concorso se non altro a corroborare i motivi simbolici soggiacenti alle intuizioni architettoniche di Sugerio, motivi che tuttavia rilevavano da un contesto più generale e antico rispetto al Corpus. Tuttavia, un elemento che potrebbe spiegare il motivo della reticenza di Sugerio nel palesare l’associazione tra la teologia dionisiana e la lux nova che caratterizza la basilica da lui rinnovata, e che di fatto costituisce un elemento sorprendente e, nondimeno, fin qui trascurato dalla storiografia, è la totale assenza nei suoi scritti di qualsiasi riferimento a Dionigi come ‘divino’ teologo, discepolo di san Paolo e primo vescovo di Atene, cosa che avrebbe senz’altro giocato a favore della sacralizzazione dell’impresa architettonica da lui compiuta. Le menzioni del “beato Dionigi”, tanto negli scritti sugeriani quanto nelle epigrafi disposte nella basilica, inquadrano infatti il santo martire, le cui reliquie riposavano nel coro magnificamente rinnovato da Sugerio stesso, come protettore e titolare dell’abbazia, e sembrano non tenere minimamente in conto del fatto che questi fosse identificato con l’autore del Corpus Dionysiacum, un’opera fondamentale per la cultura teologica alto-medievale, la cui prima traduzione latina integrale è dovuta all’abate di Saint-Denis Ilduino, predecessore carolingio di Sugerio. Sembra quasi che quest’ultimo abbia voluto lasciare in ombra la parte orientale dell’agiografia del santo protettore dei re di Francia – le cui spoglie mortali riposavano a loro volta nella basilica di Saint-Denis –, al contrario di Ilduino, artefice dell’iperbolica identificazione tra il san Dionigi apostolo e martire di Lutetia parisiorum con il convertito ateniese ricordato dagli Atti degli Apostoli nonché autore del Corpus, o, ancora, di Giovanni Scoto, cantore del Dionigi trait d’union tra lo sbocciare della missione apostolica in terra di Francia e la dottrina ispirata del primus Pater (cioè san Dionigi in quanto pseudo-Dionigi Areopagita), all’insegna dell’unità tra Oriente e Occidente cristiani 28. 27. Cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, voce ‘Luce’, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, Roma, 1997, VIII, pp. 25-35; F. DELL’ACQUA, « Illuminando colorat ». La vetrata tra l’età tardo imperiale e l’alto Medioevo: le fonti, l’archeologia, Spoleto, 2003, pp. 1-2, 17, 20, 25, 53, 67, 102, 104, 125, 146. 28. Si considerino ad esempio i versi e l’epistola indirizzati da Eriugena a Carlo il L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 35 Ilduino e Giovanni Scoto furono entrambi sostenitori di una politica culturale attagliata alle aspettative dai sovrani di Francia sotto la cui protezione svolsero la propria attività e di cui furono collaboratori, rispettivamente Ludovico il Pio e Carlo il Calvo. Questi sovrani guardarono ad Oriente con intento di imitazione e di assimilazione, dal momento che il titolo imperiale da essi conseguito richiedeva anche il dispiegamento di motivi culturali e religiosi a supporto del grande progetto politico – intrapreso da tre generazioni di sovrani carolingi – di restaurazione dell’impero romano in Occidente, indipendentemente ma non in opposizione con il legittimo titolare, per successione storica, della corona imperale, ovvero il basileus di Costantinopoli. L’attenzione per la cultura cristiana di lingua greca e l’identificazione di Dionigi Areopagita, discepolo di san Paolo e primo vescovo di Atene, nonché pseudo-epigrafico autore del Corpus Dionysiacum, con l’apostolo martire della Gallia, decapitato sulla collina di Montmartre e sepolto nel sito in cui sarà edificata l’abbazia a lui dedicata, furono gli strumenti culturali e agiografici della politica imperiale medio e tardo-carolingia, e in seguito ottoniana, che guardava a Bisanzio cercando dei motivi unitari con l’Oriente cristiano per dare un significato provvidenziale alla ragion d’essere dell’impero in Occidente. L’atteggiamento di Sugerio sembra invece porsi agli antipodi rispetto agli orientamenti degli eruditi carolingi a cui si deve l’introduzione dello pseudo-Dionigi nell’Occidente latino, dal momento che egli focalizzò i propri riferimenti agiografici esclusivamente sul motivo del martirio e del patronato di san Calvo a prefazione della sua traduzione del Corpus Dionysiacum: IOHANNES SCOTTUS ERIUGENA, Carmina, 20, ed. M. W. HERREN, Dublin, 1993 (Scriptores latini Hiberniae, 12), p. 108: « Hanc libam sacro Graecorum nectare fartam. / Aduena Iohannes spondo meo Karolo. [...] Vos qui Romuleas nescitis temnere TEXNAC, / Attica ne pigeat sumere gymnasia »; Ibid., 21, p. 110: « Lumine sidereo Dionysius auxit Athenas / Ariopagites magnificus sophos »; Epistula « Gloriosissimo catholicorum regum Carolo Joannes extremus sophiae studentium salutem », PL 122, 1032A-B: « Fertur namque praefatus Dionysius fuisse discipulus atque adjutor Pauli apostoli, a quo Atheniensium constitutus est episcopus, cujus Lucas commemorat in Actibus apostolorum [...] quoque asserunt, quantum vita ejus a fidelibus viris tradita testatur, temporibus Papae Clementis, successoris videlicet Petri apostoli, Romam venisse, et ab eo praedicandi Evangelii gratia in partes Galliarum directum fuisse, et Parisii martyrii gloria coronatum fuisse cum beatissimis suis consortibus, Rustico scilicet atque Eleutherio ». 36 ERNESTO SERGIO MAINOLDI Dionigi sulla regia abbazia, tanto da legittimare il dubbio che egli non solo non abbia affatto creduto alla leggendaria e cronologicamente funambolica identificazione architettata da Ilduino e avallata da Giovanni Scoto, ma anche non abbia ritenuto politicamente utile darvi seguito. In questo modo Sugerio palesa implicitamente l’esser venuta meno l’aspirazione all’unità con l’Oriente come prospettiva della cultura politica e dottrinale del suo tempo, cosa che certo non deve affatto stupire a circa un secolo dallo scisma del 1054 e circa sessanta anni prima della Quarta crociata, che si concluse con il sacco latino di Costantinopoli 29. Queste impressioni sembrano trovare una conferma e nuove suggestioni di ricerca in un altro passo dei Gesta Sugerii, che ci presenta lo sguardo dell’abate rivolto a Oriente nel tentativo di assodare, attraverso la testimonianza dei viaggiatori che avevano potuto visitare Costantinopoli sulla via di Gerusalemme, la superiorità dei tesori di Saint-Denis rispetto a quelli della cattedrale patriarcale di Hagia Sophia, che all’epoca era la più grande chiesa della cristianità ed era rinomata per le sue magnificenze: Era mia consuetudine conversare con [i pellegrini di ritorno da] Gerusalemme, molto curioso di apprendere da quelli, che avevano potuto ammirare i tesori di Costantinopoli e le decorazioni di Santa Sofia, se i nostri tesori, in confronto con quelli, avessero qualche valore. Dal momento che quelli riconoscevano i nostri come superiori, ci è venuto il sospetto che quelle cose ammirevoli, di cui avevamo sentito parlare in precedenza, fossero stare messe in sicurezza per timore dei Franchi, affinché, a causa della rapacità compulsiva di qualche sconsiderato, l’amicizia stabilita tra Greci e Latini non si 29. Va ricordato che solo pochi decenni prima, nel 1121, Pietro Abelardo, entrato come monaco a Saint-Denis, aveva creato scandalo tra i suoi confratelli per aver messo in dubbio l’identificazione del santo patrono dell’abbazia con il Dionigi primo vescovo di Atene, preferendo seguire il Venerabile Beda nell’identificare l’Areopagita con san Dionigi vescovo martire di Corinto, negando ogni credito alla costruzione agiografica di Ilduino; Abelardo, di conseguenza, venne accusato non solo di disprezzare il monastero, ma anche di denigrare l’onore del regno di Francia; PETRUS ABAELARDUS, Historia calamitatum, édité par J. MONFRIN, Paris, 1962 (Bibliothèque des textes philosophiques), p. 90: « Ex quo illi vehementer accensi clamare ceperunt nunc me patenter ostendisse quod semper monasterium illud nostrum infestaverim, et quod nunc maxime toti regno derogaverim, ei videlicet honorem illum auferens quo singulariter gloriaretur, cum eorum patronum Ariopagitam fuisse denegarem ». L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 37 trasformasse all’improvviso in sedizione o in occasione di scontro bellico. L’astuzia è infatti caratteristica dei Greci 30. L’affermazione di un’« amicizia » tra Latini e Greci ci sembra in qualche modo forzosa, in considerazione delle aspre e inesauste polemiche che lo scisma del 1054 aveva provocato. Il sospetto di Sugerio sulla prudenza da parte greca nel celare i propri tesori artistico-ecclesiastici per timore di furti da parte dei Franchi, nonché la sua preoccupazione che questa eventualità potesse innescare un conflitto, costituiscono a nostro avviso la riprova che la sua percezione della situazione – da persona ben informata sulle tensioni politico-ecclesiastiche del tempo – andasse in tutt’altra direzione che in quella di un’irenica amicizia con i bizantini. Queste preoccupazioni sembrano quasi preconizzare quanto avvenne nel 1204 con il sacco latino di Costantinopoli, che lacererà definitivamente il rapporto tra le due parti della cristianità, già divise dallo scisma ecclesiale. Sugerio non può tuttavia togliersi il sospetto che i tesori della Grande Chiesa fossero in realtà ben superiori a quelli della sua abbazia, dando credito alla testimonianza di chi aveva potuto constatare le cose come effettivamente stavano e, in particolare, assistere alla celebrazione della liturgia in Hagia Sophia: Abbiamo sentito da diversi uomini degni di fede, nonché dal vescovo Ugo di Laon, delle stupefacenti e quasi incredibili eccellenze degli ornamenti di Hagia Sophia, nonché di altre chiese, nella celebrazione della Messa. Se le cose stanno così, o piuttosto poiché crediamo alla loro testimonianza, che le cose stiano così, tanto le cose inestimabili quanto quelle incomparabili avrebbero dovuto essere esposte all’apprezzamento della moltitudine 31. 30. SUGERIUS, Gesta Sugerii abbatis, § 13, in SUGER, OEuvres, ed. cit. (nota 2), p. 136: « Conferre consuevi cum Hierosolimitanis et gratantissime addiscere, quibus Constantinopolitanae patuerant gazae et Sanctae Sophiae ornamenta, utrum ad comparationem illorum haec aliquid valere deberent. Qui cum hec majora faterentur, visum est nobis quod timore Francorum ammiranda quae antea audieramus caute reposita essent, ne stultorum aliquorum impetuosa rapacitate, Graecorum et Latinorum ascita familiaritas in seditionem et bellorum scandala subito moveretur. Astucia enim precipue Graecorum est ». 31. Ibidem: « Ammiranda siquidem et fere incredibilia a viris veridicis quampluribus, et ab episcopo Laudunensi Hugone, in celebratione missae, de Sanctae Sophiae ornamentorum prerogativa, nennon et aliarum ecclesiarum audieramus. Quae si ita sunt, immo quia eorum testimonio ita esse credimus, tam inestimabilia quam incomparabilia multorum judicio exponerentur ». 38 ERNESTO SERGIO MAINOLDI In queste note cogliamo un modo di rapportarsi all’Oriente bizantino che non si pone all’insegna dell’imitazione assimilativa, bensì della rivalità mimetica, cosa che sottende sempre il desiderio assimilativo verso il proprio modello-ostacolo. Le considerazioni dell’inventore del gotico sembrano dunque riflettere un panorama culturale e geopolitico profondamente mutato rispetto ai tempi carolingi e ottoniani, mostrando come il piano degli orizzonti elettivi fosse stato sconvolto dalla ridefinizione delle relazioni tra Oriente ed Occidente cristiani causata dallo scisma del 1054. Quel drammatico strappo, destinato a non ricucirsi più, fece così maturare la trasformazione di un orizzonte un tempo elettivo nell’orizzonte di conflitto che spianerà la via alla Quarta Crociata. La Grande Chiesa, lustro di una capitale che era divenuta il baluardo di una cristianità separata, da oggetto di ammirazione si doveva conseguentemente trasformare in modello da superare, cosa che i nuovi rapporti di forza che le potenze occidentali avevano stabilito nelle regioni orientali del Mediterraneo suggeriva fosse ormai a portata di mano. Sebbene Hagia Sophia non abbia costituito, dal punto di vista formale, un modello architettonico per Sugerio, essa probabilmente rappresentò nel suo immaginario un esempio precipuo di quella magnificenza che una chiesa-simbolo, depositaria di secolari significati religiosi e politici, aveva il compito di perseguire. Tuttavia, a stemperare la tensione del confronto mimetico, nelle considerazioni con cui Sugerio conclude il denso tredicesimo paragrafo dei suoi Gesta – apertosi sulla speciositas delle gemme, veicolo di contemplazioni anagogiche, e passato per la rivalità con Hagia Sophia – l’ultima parola è riservata al motivo unitario ed escatologico del discorso sulla bellezza, ovvero l’offerta delle cose più preziose per il servizio della celebrazione eucaristica: Che in ciasuno prevalga l’intelligenza. Personalmente confesso di tenere più che a ogni altra cosa a questo: che le cose di maggior valore, le cose più preziose, servano all’amministrazione della sacrosanta Eucaristia 32. 32. Ibidem: « Habundet unusquisque in suo sensu; michi fateor hoc potissimum placuisse, ut quaecumque cariora, quaecumque carissima, sacrosantae Eucharistiae amministrationi super omnia deservire debeant ». L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 39 Nel consegnare alla posterità le motivazioni e la descrizione dei lavori, i fatti miracolosi che li hanno accompagnati fino al loro compimento, nonché la rassegna degli ornamenti e i loro motivi simbolici, gli scritti dell’abate di Saint-Denis, in particolare il De consecratione e i Gesta Sugerii, richiamano nei loro intenti e modalità il genere letterario delle ekphraseis, ovvero di quei componimenti che la letteratura encomiastica greca ha riservato alla descrizione di significative opere d’arte figurative o edifici. In particolare, nell’organizzazione retorica delle ekphraseis bizantine dedicate allo spazio sacro possiamo rinvenire un’affinità tematica e contenutistica con gli scritti sugeriani e con i riferimenti in essi offerti all’estetica dell’invisibile, i quali vengono dischiusi proprio laddove si palesano i maggiori contatti con il pensiero pseudo-dionisiano, ossia nel tredicesimo paragrafo dei Gesta 33. La più celebre ekphrasis bizantina – in ragione dell’importanza del suo oggetto e della posizione del suo autore – è probabilmente quella dedicata da Paolo Silenziario, poeta e uomo della corte di Giustiniano, alla cattedrale di Hagia Sophia, composta nel 562 in occasione della ricostruzione della cupola e declamata il giorno stesso dell’inaugurazione 34. Le analogie espositive con l’ekphrasis del Silenziario, quali la rassegna dei materiali costruttivi, l’enfasi posta sulla magnificenza dell’edificio, il rilievo dato all’aspetto simbolico-spirituale, suscitano il quesito circa la possibilità che Sugerio si sia ispirato a degli esempi concreti del genere ecfrastico, escludendo tuttavia – non avendone alcuna prova – che egli possa aver conosciuto una versione latina dell’ekphrasis di Paolo. L’unico elemento concreto che lega gli scritti di Sugerio e il poema del Silenziario è l’avere per oggetto due chiese che furono simbolo del loro tempo e del connubio tra religione e politica, e che, per vie architettoniche indipendenti, hanno nondimeno saputo 33. R. WEBB, The Aesthetics of Sacred Space: Narrative, Metaphor, and Motion in Ekphraseis of Church Buildings, in Dumbarton Oaks Papers, LIII (1999), p. 73: « By constantly juxtaposing the intelligible and the sensible these ekphraseis unlock the inherent significance of the buildings they describe ». 34. Sulle opere letterarie dedicate ad Hagia Sophia cfr. G. DAGRON, Constantinople imaginaire. Études sur le recueil des Patria, Paris, 1984 (Bibliothèque byzantine. Études, 8), pp. 191-196, 265-269; M. L. FOBELLI, Un tempio per Giustiniano. Santa Sofia di Costantinopoli e la Descrizione di Paolo Silenziario, Roma, 2005, p. 17. 40 ERNESTO SERGIO MAINOLDI tradurre la medesima aspirazione a manifestare sensibilmente l’idea della bellezza e della luce anagogiche: Saint-Denis è tempio della luce come lo è Hagia Sophia, essendo la luce l’elemento che più contraddistingue lo spazio percettivo di questi due edifici sacri, ed è anche l’elemento che maggiormente viene posto in risalto nelle rispettive descrizioni 35. Ci appare qui significativo ricordare che anche nel caso di Hagia Sophia la proposta di riconoscere il Corpus Dionysiacum come suo presupposto testuale è motivo presente nella storiografia bizantinistica, che, tuttavia, a differenza della storiografia occidentale, ne ha accettato la valenza lata, senza aver mai dato vita a un dibattito polemico paragonabile a quello innescato dalla supposta dipendenza di Sugerio dallo pseudo-Dionigi 36. Sugerio, gravitando nell’orbita più ampia di questo complesso di significati, concepì la ristrutturazione di Saint-Denis in funzione del ruolo di rinnovata preminenza che la chiesa-simbolo della monarchia francese era chiamata ad assumere nel contesto della rinascita epocale che si era avviata durante il XII secolo. La lux nova della basilica di Saint-Denis si accese in concomitanza con il volgere di un secolo che proiettava la Francia all’avanguardia dell’Occidente, sia per la vitalità della sua monarchia, capace di guidare le 35. Il ruolo simbolico della luce nel riflesso delle coperture degli edifici più eminenti di Costantinopoli – la Grande Chiesa e il Grande Palazzo – è ampiamente sottolineato in M. C. CARILE, Il Sacrum Palatium risplendente di luce: immagine e realtà del palazzo imperiale di Costantinopoli, in Polidoro. Studi offerti ad Antonio Carile, a cura di G. VESPIGNANI, Spoleto, 2013, pp. 305-327, in particolare p. 318. 36. J. MEYENDORFF, Continuities and Discontinuities in Byzantine Religious Thought, in Dumbarton Oaks Papers, XLVII (1993), p. 77: « The Dionysian conception of the liturgy, and his view of the relationship between God and creatures in general, has been connected with the history of architecture. Of course, there is no evidence of a direct relationship between Pseudo-Dionysius and Hagia Sophia, but it has been said that the dome of Byzantine churches “was not chosen for practical reasons, but as an expression of Neoplatonic Christianity; Byzantine domed churches are Dionysius the Areopagite translated into stone and brick, marble and gold, mosaic and gem” » (il passo qui citato da Meyendorff è da C. SCHNEIDER, Geistesgeschichte der antikes Christentums, München, 1954, p. 100). Per un approfondimento di questo rapporto mi permetto di rimandare al mio saggio La bellezza sofianica: Hagia Sophia e le sue ekphraseis, lo ps.-Dionigi Areopagita e i presupposti del pensiero eikonico bizantino, in L’estetica nel pensiero tardo-antico, medievale e umanistico. Atti del Colloquio L’Estetica medievale (Università degli studi di Salerno, 17-19 Dicembre 2012), a cura di R. DE FILIPPIS - G. GAMBALE, Roma, in stampa (Institutiones). L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 41 trasformazioni politiche e sociali che si stavano attuando all’interno del feudalesimo, sia per lo slancio religioso che seguì alla riforma gregoriana e alla nascita di nuovi ordini monastici, sia per la grande stagione culturale promossa dalle scuole cattedrali e dai centri monastici della Francia 37. Tanto il rapporto di alleanza tra la monarchia francese e il papato, alternativo alla tensione strutturale insita tra impero e papato, quanto il ruolo esercitato dalla Francia nel panorama politico e militare internazionale, senza contare il successo incontrato in tutta Europa dai nuovi ordini monastici fondati in Francia, come i Cistercensi e i Certosini, nonché l’influenza culturale esercitata dalle sue scuole e dalle sue innovazioni sia in ambito tecnico e produttivo sia in ambito artistico, permettevano alla Francia di assurgere a guida dell’Occidente cristiano. La cristianità occidentale, che aveva spostato il suo baricentro dal Mediterraneo all’Europa continentale, dietro alla propulsione esercitata dalla Francia riusciva ad accrescere la sua presenza nel Mediterraneo orientale con avamposti creati attraverso la conquista militare e finalizzati a fondare domini di tipo feudale. Questo stato di cose spianò la strada nell’Occidente latino a una nuova percezione delle proprie prerogative e del proprio ruolo rispetto al passato condiviso da tutta la cristianità, cosa che comportò l’emancipazione rispetto all’Oriente cristiano e bizantino. Questo distacco si compì storicamente tra gli estremi dello Scisma del 1054 e la Quarta Crociata, terminata nel sacco di Costantinopoli del 1204. Il superamento culturale e spirituale della capitale bizantina era dunque richiesto come passo necessario per consolidare la coscienza di questa emancipazione. Non deve quindi stupire che, nel momento in cui la Francia avocava idealmente a sé il ‘Palladio’ della guida della cristianità, uno dei grandi artefici della rinascenza francese del XII secolo, l’abate Sugerio, nell’esplicitare i suoi modelli mimetici e trat37. In proposito cfr. G. DUBY, Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori, trad. it. C. SANTANIELLO, Milano, 1993, p. 261 ss.; C. H. HASKINS, The Renaissance of the Twelfth Century, Cambridge 1927, passim; per una rilettura delle trasformazioni verificatesi durante il XII secolo sullo sfondo dei nuovi rapporti di potere e dell’evoluzione delle forme di governo cfr. T. N. BISSON, The Crisis of the Twelfth Century: Power, Lordship, and the Origins of European Government, Princeton-Oxford, 2009, passim. 42 ERNESTO SERGIO MAINOLDI teggiando la rivalità con l’Oriente, richiamandosi al simbolo di Hagia Sophia, evocava il tema del “superamento di Salomone”: Comparando le cose più piccole a quelle più grandi, ritengo che le ricchezze di Salomone non avrebbero potuto bastare al tempio più che le nostre a questa nostra opera, se l’unico Autore della medesima opera non ne avesse fornito in abbondanza ai suoi servitori 38. Questo tema, che vantava un lungo corso nella retorica cristiana, implicando il compimento escatologico della Legge e dell’Antica alleanza nella Nuova ed Eterna alleanza stabilita dall’Incarnazione del Verbo di Dio 39, aveva conosciuto la sua più famosa attestazione nell’esclamazione che Giustiniano proferì il 22 dicembre 537, primo giorno dei riti di dedicazione della ‘sua’ Hagia Sophia, varcando le porte principali della chiesa e correndo verso l’ambone: « Gloria a Dio che mi ha giudicato degno di portare a compimento una simile opera. Salomone ti ho superato (e’níkhsá se, Solomån)! » 40. La Costantinopoli di Giustiniano si era così candidata a raccogliere l’eredità della regalità sacra biblica, ponendosi il suo imperatore nella continuazione di quella che lo pseudo-Dionigi aveva denominato « gerarchia secondo la Legge » (h‘ katà nómon ‘ierarcía), utilizzando come suo principale strumento retorico la narrazione di Costantinopoli come nuova Gerusalemme. Per quanto il tema del superamento di Salomone, sotto la specie della rivalità tra Tempio e Chiesa, mostri di aver avuto corso nella letteratura patristica latina e mediolatina 41, non è dato sapere se Sugerio lo abbia ripreso da una particolare fonte 38. SUGERIUS S. DIONYSII, Scriptum consecrationis ecclesiae Sancti Dionysii, 3, in SUOEuvres, ed. cit. (nota 2), p. 12: « Conferebam de minimis ad maxima, non plus Salomonianas opes templo quam nostras huic operi sufficere posse, nisi idem ejusdem operis auctor ministratoribus copiose prepararet ». 39. Per una disamina di questo tema e delle sue ricche implicazioni storico-simboliche, cfr. DAGRON, Constantinople imaginaire cit. (nota 34), p. 303 ss. 40. Diäghsiv perì tñv oi’kodomñv toû naoû tñv megálhv toû qeoû e’kklesíav tñv e’ponomazoménhv ‘Agíav Sofíav, § 27, in Scriptores originum Constantinopolitanarum, ed. Th. PREGER, Leipzig, 1901-1907, vol. I, p. 105; una traduzione in francese della Diähsiv è offerta in DAGRON, Constantinople imaginaire cit. (nota 34), pp. 196-211; per il luogo in questione cfr. p. 208. 41. Su tutti cfr. AGOSTINO, De civitate dei, cap. XVII, § 8; sul versante iconografico cfr. R. HAUSSHERR, Templum Salomonis und Ecclesia Christi. Zu einem Bildvergleich der Bible moralisée, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXI (1968), pp. 101-121. GER, L’ABATE SUGERIO E I SUOI ORIZZONTI MIMETICI 43 testuale o si sia lasciato guidare da associazioni di contesto. Tuttavia, evocando questo confronto, egli si inscriveva nel cerchio dei millenari significati sofiologici intorno ai quali era possibile riconoscere una sequenza che, muovendo dalla figura archetipica di re Salomone – « il più sapiente di tutti gli uomini » (1 Re 4, 31), l’innamorato della bellezza della Sapienza, come sottolinea lo pseudo-Dionigi 42, nonché autore dei libri sapienziali dell’Antico Testamento, – e dal suo Tempio, la cui ekphrasis vetero-testamentaria (1 Re 6-8, 1 Cr 22, 2 Cr 2-5) costituirà per i cristiani un modello ispiratore ricorrente, passando per la Grande Chiesa di Costantinopoli, arrivava, secondo una retorica dell’accrescimento, a riconoscere nella ‘sua’ Saint-Denis la nuova stazione in cui la Sapienza aveva preso dimora. ERNESTO SERGIO MAINOLDI 42. PSEUDO-DIONYSIUS AREOPAGITA, De divinis nominibus, IV, 12, 709B, ed. cit. (nota 7), p. 157; trad. it. cit. (nota 7), p. 423: « Nei libri sacri che introducono ai misteri potrai trovare un uomo che dice della Sapienza divina (perì tñv qeíav sofíav): “mi sono innamorato della sua bellezza (e’rastæv e’genómhn toû kállouv au’tñv) [Sap 8, 2]” ». ABSTRACT: This paper focuses on the problem of the possible relationship between the description of the abbatial basilica of Saint-Denis, written by its abbot Suger, after the restructuring promoted by himself, and the theology of light described by Pseudo-Dionysius the Areopagite. Starting from the results achieved by recent historiography, which pointed out precise convergences between some textual expressions in Suger and the writings of Pseudo-Dionysius, but also underlined the silence under which the main Dionysian topics were treated in Suger’s works, an attempt of explanation is made about the reasons which led Suger to drop entirely the hagiographic identification – set by his Carolingian predecessor Ilduin and amplified by John Scottus – between the Dionysius who has been martyr in Paris and the Dionysius who has been disciple of saint Paul, and supposed author of the Corpus Dionysiacum. A second field of investigation embraces the opposition between Saint-Denis and Hagia Sophia, an opposition that Suger himself suggests in his writings, at the light of the politico-economical confrontation between the 12th Century France and the eastern capital city, whose Great Church in every time has been admired and has been source of wonder. Behind these comparisons it is possible to perceive the reference to the Temple of Solomon, which has played as an ideal and a rhetorical model, recalled by many Christian authors in order to magnify the churches built as being conceived as the symbolic centre of their time.